La ruspa nella Chiesa?

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La ruspa nella Chiesa?

“Il rito invalido della consacrazione dei vescovi”

18 giugno 1968: la “ruspa” Montini abbatte la trave portante della Chiesa?

   18 giugno del 1968? Che cosa è successo in questa data, vi chiederete? Alla maggior parte delle persone, e soprattutto a coloro che, militando nella “anti-chiesa” conciliare, infiltrata palesemente dalla sinagoga di satana, si reputano ancora cattolici, nonostante l’evidenza dei fatti dimostri che essi siano modernisti ultraprotestanti massonizzati fino al midollo, e non abbiano più alcuna idea di che cosa significhi essere cattolici, non conoscendo più il Catechismo, la Tradizione dei Padri, e soprattutto il Magistero della Chiesa, credendo che il tutto si risolva nella frequentazione di un rito paganeggiante, protestantizzato, massonizzato in 33 “scene” con al centro l’agape rosa+croce ed il deicidio offerto al “signore dell’universo”, che ancora essi osano definire “Messa”, della quale non hanno nemmeno la più pallida idea, o avvezzi a sacramenti francamente invalidi ed illeciti “somministrati” da falsi sacerdoti invalidamente ordinati da falsi vescovi molti dei quali di discendenza massonica, o da “cani sciolti”, senza giurisdizione e missione canonica: a queste persone, dicevo, questa data non dice alcunché! Molti di noi hanno ormai compreso che il cosiddetto “novus ordo missae”, è un nuovo vero “mostro conciliare”, dal tenore gnostico-luciferino, schiaffo cruento a tutta la dogmatica cattolica ed ai dettami evangelici, oltre che alla tradizione bi-millenaria della Santa Chiesa Cattolica. Qualcuno ha obiettato: “ … ma non è stato concesso con il “summorum pontificum” del 2007 di celebrare in “forma straordinaria” la Messa antica?” A parte che questa è stata una ennesima “presa per i fondelli” (ci si passi l’espressione rustica), il considerare cioè la “vera” Messa solo un rito straordinario, da celebrare “una tantum” per accontentare gli inguaribili antiquati e trogloditi tradizionalisti, alla domanda si può rispondere tranquillamente con quanto affermava Don Carl Pulvermacher nel 1977: “Quando saranno scomparsi i sacerdoti validamente consacrati, essi [i modernisti-massonizzati della sinagoga di satana –n.d.r.-] permetteranno la celebrazione della Messa in latino”. Questa espressione, apparentemente candida ed ingenua, nascondeva una verità sconvolgente che purtroppo si è realizzata sotto una sapiente regia, non solo umana, come vedremo, ma anche e soprattutto luciferina. È quanto cercheremo di illustrare in questo scritto.

L’argomento che tratteremo, addentrandoci nei meandri di Encicliche, Codici, trattati antichi e recenti, occidentali ed orientali, riguarda la “consacrazione dei vescovi”, la cui formula è stata modificata ed applicata, appunto per la prima volta, in quel fatidico 18 giugno 1968, formula che costituisce un passaggio fondamentale ed obbligato nella costruzione della Gerarchia cattolica, nonché la base di tutti i Sacramenti. Scardinando con machiavellica lucidità questa “Consacrazione”, con il renderla cioè invalida nella “materia” e nella “forma”, tutto l’edificio Cattolico, umanamente, crolla inesorabilmente nel giro di pochi decenni, esattamente come è accaduto negli ultimi anni, lasciando veramente la Chiesa Cattolica, come annunziato dalla SS. Vergine alle apparizioni de La Salette, oscurata da una eclissi mostruosa: “… la Chiesa sarà eclissata!” … da un “orribile mostro conciliare”!

Iniziamo quindi con ordine, poiché l’argomento è della somma importanza in riferimento alla salvezza della nostra anima, che nella maggior parte dei casi è, nel mondo della nuova “chiesa dell’uomo”, affidata a semplici laici vestiti, come da sacrilego carnevale, da vescovi, cardinali o preti (che in verità hanno già “coerentemente” dismesso l’abito sacerdotale, abbigliandosi alla moda e con indumenti griffati, come ognuno può constatare).

Partiamo allora dalle basi teoriche iniziando da considerazioni teologiche apparentemente barbose, ma indispensabili per una corretta comprensione dell’argomento. Dalla teologia dei Sacramenti apprendiamo che: “L’ordinazione vescovile è fondamentale essendo la “sorgente” di tutti i Sacramenti, sia direttamente, [pensiamo alla Cresima e all’Ordine sacerdotale], sia Indirettamente: [i Sacerdoti ordinati, con missione canonica, amministrano a loro volta: Eucarestia, Battesimo, Confessione, Matrimonio, Unzione degli infermi].”

Affinché un Sacramento abbia validità, sono necessarie tre cose: “la materia, la forma e l’intenzione” (v. Tab. 1). Ad esempio, per il Battesimo occorre l’acqua (materia), poi è indispensabile la forma (cioè le parole: “io ti battezzo nel Nome … etc.”, ed infine l’intenzione conforme a quella della Chiesa Cattolica. Se nel bagnare la testa al bambino, l’officiante dice: “ io ti lavo la testa nel nome …”, pur in una cerimonia in chiesa con tutti gli elementi circostanti abituali validi, il Sacramento non ha alcuna efficacia, e rappresenta al massimo il tentativo di uno shampoo per il mancato battezzato. Allo stesso modo se il celebrante dicesse: “io ti battezzo nel nome di Renzi, Berlusconi e Bersani, il Sacramento non sarebbe valido, poiché non conforme alle intenzioni della Chiesa che sono quelle di battezzare nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. A tutti è chiaro allo stesso modo che nel Sacramento dell’Eucaristia la “materia” è il pane azzimo e, se per caso si usasse un’ostia di cioccolato bianco, ci sarebbe invalidità del Sacramento anche nel proferire la “vera” formula della Transustanziazione. Nel caso del Sacramento dell’Ordine, la materia è rappresentata dal “contatto” fisico tra l’impositore ed il ricevente l’ordine, come spiega mirabilmente San Tommaso nella “Summa” e quindi dall’imposizione delle mani. La sostanza di una “forma” sacramentale costituisce una cosa che è indipendentemente dagli accessori o cose accidentali che la circondano. Pertanto la “sostanza” di una forma sacramentale è il suo significato. “Il significato deve corrispondere alla grazia prodotta dal Sacramento”. Nel Concilio di Trento si definisce (Denzinger 931): «Il concilio dichiara, inoltre, che nella somministrazione dei Sacramenti c’è sempre nella Chiesa il potere di decidere o modificare, lasciando salva la sostanza di questi sacramenti, così come Essa giudichi meglio convenire all’utilità di coloro che li ricevono, e nel rispetto dei Sacramenti stessi, secondo la diversità delle cose, dei tempi e dei luoghi.»

   Veniamo a chiarire già da subito che cos’è la significatio “ex adjunctis” di un Sacramento, [significato adiuvante] elemento, questo, che costituisce il punto centrale della questione e di cui discuteremo pure ampiamente in seguito. Per il momento ci basti sapere: • Il valore o l’efficacia dei Sacramenti viene da Cristo, non dalla Chiesa; e il Cristo ha voluto che essi si comportino nella maniera degli agenti naturali, “ex opere operato”.

  • Un ministro indegno o anche eretico (ma non con scomunica “maggiore”, anche se “ipso facto”!) amministra validamente i Sacramenti se utilizza “scrupolosamente” la materia e la forma proprie a ciascun Sacramento, con l’intenzione di fare ciò che fa la Chiesa.
  • L’utilizzazione della materia e della forma del Sacramento, con l’integralità della “significatio ex adjunctis” garantisce che il ministro manifesti l’intenzione della Chiesa.
  • La “significatio ex adjunctis” deve esprimere il significato del Sacramento; se le modifiche introducono una “contraddizione”, il Sacramento non ha efficacia perché manca manifestamente l’intenzione.
  • Se la “significatio ex adjunctis” è tronca, il Sacramento può essere dubbio perché l’intenzione può praticamente mancare.

– In questi casi è legittimo ricercare le intenzioni di coloro che hanno modificato il rito per valutare la sua validità (cf. notazione di Leone XIII in “Apostolicae Curae”).

E in quel fatidico, nefando giorno, il “18 giugno 1968” si è perpetrata l’“Eliminazione radicale” del rito romano antico, consacrato “infallibilmente” da Pio XII nel 1947! Fortunatamente, con l’aiuto della Provvidenza, si è costituito un “piccolo resto” di consacrati “isolati”, in costante pericolo di vita, vescovi, Cardinali e sacerdoti usciti dalla “scuola” e dalle “mani” del Cardinale Siri (eletto validamente Papa almeno 3 volte all’unanimità, incarico accettato col nome di Gregorio XVII), che potranno così perpetuare, ad onta degli adoratori di lucifero, i marrano-massoni, attuali usurpatori, la Chiesa Cattolica, unica Chiesa fondata da Cristo, fuori dalla Quale non c’è salvezza eterna (extra Ecclesia nulla salus!), ed adempiere a tutte le promesse di “indefettibilità” (di assistenza continua) che il Signore Gesù ci ha fatto nel Santo Vangelo! Come questo sia potuto succedere, chi siano stati gli infami autori di questo sfregio luciferino alla Santa Chiesa Cattolica, e quindi a N.S. Gesù Cristo stesso, a Dio Padre Creatore, ed allo Spirito Santo (con una specifica eresia “anti-filioque” nella formula), con quali assurdi e, per certi aspetti, ridicoli pretesti abbiano compiuto questo sacrilego aberrante misfatto, lo vedremo a breve.

Oggi i fedeli si trovano oramai al cospetto di una “contro-religione” totalmente “A-cattolica”, nella quale è stato reso invalido il Rito della Consacrazione vescovile, con la conseguente invalidità di TUTTE le Ordinazioni sacerdotali e di tutti i “Sacramenti”, amministrati quindi illecitamente, invalidamente e sacrilegamente da laici, consapevoli o meno, “finti” preti e “carnevaleschi” vescovi! Persino gli occupanti, usurpatori recenti del “Soglio di Pietro”, non hanno mai ricevuto una ordinazione vescovile valida! “Si è trattato invero di un’operazione chirurgica mirata, di un cesello orafo “a sfregio”, della rimozione dell’ingranaggio fondamentale di tutto l’impianto gerarchico-ecclesiastico, strutturato come un perfetto “orologio svizzero”, immagine terrena della Gerarchia celeste, e di cui l’orologiaio “perfido” conosceva esattamente il meccanismo, tutto incentrato sulla Consacrazione vescovile: rimuovendo la ruotina “cardine”, si è avviata una caduta con effetto “domino” che sta portando inesorabilmente alla distruzione totale della Gerarchia ecclesiastica (almeno di quella apparente!), con la creazione conseguente di una “falsa” gerarchia composta da semplici laici, cosa della quale purtroppo non ci si è resi ancora conto in pieno (sperando che non ce se ne renda conto solo una volta sprofondati nell’inferno, quando cioè oramai è troppo tardi!). Ma veniamo ai fatti!

Abbiamo già ricordato sommariamente i capisaldi teologici dei Sacramenti Cattolici, ora torneremo in particolare sul significato dell’ “ex adjunctis”, già in precedenza accennato, elemento essenziale di un Sacramento. Che cos’è allora la “Significatio ex adjunctis” di un Sacramento (Significato delle parole aggiunte)? A costo di essere ripetitivi, cerchiamo di fissare bene in mente:

  • Il valore o l’efficacia dei Sacramenti viene da Cristo, non dalla Chiesa; e il Cristo ha voluto che essi si comportino nella maniera degli agenti naturali, “ex opere operato” (attuati mediante un’operazione).
  • Un ministro indegno, o peccatore notorio, (… ma non lo scomunicato, anche “ipso facto”!) amministra validamente i Sacramenti se utilizza scrupolosamente la materia e la forma proprie a ciascuno con l’intenzione di fare ciò che fa la Chiesa (come già ricordato).
  • L’utilizzazione della materia e della forma del sacramento, con l’integralità della “significatio ex adjunctis” garantisce che il ministro manifesti l’intenzione della Chiesa.
  • La “Significatio ex adjunctis” deve esprimere il “significato del Sacramento”; se le modifiche introducono una contraddizione, il Sacramento non ha efficacia perché “manca manifestamente l’intenzione”.
  • Se la significatio ex adjunctis è tronca, il Sacramento può essere dubbio perché l’intenzione può praticamente mancare.

L’antichità del rito tradizionale.

  • Il Padre Jean Morin (1591-1659), sapiente oratore, pubblicava nel 1655 un’opera rimarchevole sul soggetto degli “ordines” latini ed Orientali. Si tratta del: “Commentarius de sacris Ecclesiae ordinationibus secundum antiquos et recentiores Latinos, Graecos, Syros et Babylonios in tres partes distinctus”, la cui seconda edizione apparve ad Amsterdam nel 1695.
  • Più tardi, un benedettino di Saint-Maur, Dom Martene (1654-1739), pubblicava nel 1700, una sapiente edizione, notevole per rigore, raccogliendo i “Pontificali” di ordinazione della Chiesa Cattolica antecedenti all’anno ‘300 fino alla sua epoca. – Si tratta del ”De antiquis Ecclesiae ritibus libri quatuor”. Dom Martene fu discepolo di Dom Martin, e fu diretto per molto tempo da Dom Mabillon. Su queste autorevoli basi, e su una tradizione millenaria, S.S. Papa Pacelli, Pio XII, definì con Magistero solenne, “infallibile” ed “irreformabile” la formula definitiva (formula, si badi bene, che aveva consacrato un elenco lunghissimo di “fior” di Papi, Cardinali e Vescovi, Santi per vita, fede e dottrina, avallati da fatti straordinari e miracoli!).

La decisione infallibile di Pio XII:

I lavori scientifici di recensione e di giustapposizione dei riti (Padre Morin, Dom Martène, etc.) hanno permesso di identificare la “forma invariabile, essenziale, nel rito latino, da più di 17 secoli”. • A partire da tali lavori, Pio XII ha designato “infallibilmente” le parole del “prefazio” che costituiscono la “forma” essenziale del Sacramento (in: Costituzione Apostolica “Sacramentum Ordinis”, punto 5, del 30 nov. 1947). Eccole:

   “Comple in Sacerdote tuo ministerii tui summam, et ornamentis totius glorificationis instructum coelestis unguenti rore sanctifica”. («Compi nel tuo sacerdozio la pienezza del tuo ministero, e, rivestitolo con le insegne della più alta dignità, santificalo con la rugiada del celeste unguento»)

S. Pio XII cioè non ha creato un rito, Egli ha semplicemente designato la forma essenziale del Sacramento in un Rito di tradizione quasi bi-millenaria. Al termine della Costituzione Apostolica citata, chiude con le terribili parole, che dovrebbero far tremare l’inferno (ma non hanno fatto tremare il “santo” della sinagoga di satana: il marrano e capo degli “Illuminati di Baviera”, noto omosessuale e spia del K.G.B., G. B. Montini, il sedicente Paolo VI, anti-Papa insediato al posto del Cardinale Siri, -validamente eletto con il nome di Gregorio XVII, esiliato sotto minaccia atomica … ma questa è un’altra storia … la racconteremo in altra sede!-: “Nulli igitur homini liceat hanc Constitutionem a Nobis latam infringere vel eidem temerario ausu contraire” (… a nessun uomo è lecito infrangere questa Costituzione o modificarla con temerario ardimento). Or dunque, Pio XII non ha creato nulla: egli ha semplicemente constatato e quindi definito la “forma essenziale” nel Prefazio del Rito di Consacrazione nel Pontificale (il volume che contiene tutte le cerimonie presiedute dai Vescovi ed Autorità Superiori).

A questo punto, incomprensibilmente, apparentemente senza motivazioni apostoliche, teologiche, liturgiche,

il RIBALTONE!!!:

Eliminazione radicale della forma essenziale del rito latino.

21 anni dopo la promulgazione infallibile di Pio XII della “forma” essenziale, rimasta invariata per oltre 17 secoli, G.B. Montini (il sedicente antipapa Paolo VI) la sopprime totalmente.

S.S. Pio XII, nel 1947, in ”Sacramentum ordinis” ha designato le parole del prefazio che costituiscono la “forma” essenziale, le riportiamo ancora:“Comple in Sacerdote tuo ministerii tui summam, et ornamentis totius glorificationis instructum coelestis unguenti rore santifica”. Il marrano Montini, usurpante la Cattedra di S. Pietro, con un ribaltone sacrilego senza precedenti, ha designato nel 1968 nel Pontificalis romani un’altra forma essenziale che non conserva NULLA della forma essenziale fissata “infallibilmente” da Pio XII. Ecco la nuova “assurda” formula: “Et nunc effúnde super hunc Eléctum eam virtútem, quæ a te est, Spíritum principálem, quem dedísti dilécto Fílio tuo Iesu Christo, quem ipse donávit sanctis Apóstolis, qui constituérunt Ecclésiam per síngula loca ut sanctuárium tuum, in glóriam et laudem indeficiéntem nóminis tui”. Questo è un fatto di portata e gravità senza pari!! Non resta una sola parola, una sola sillaba della “forma” che S.S. il Papa Pio XII aveva giustamente (1947) definito infallibilmente essenziale e assolutamente richiesta per la validità del sacro Episcopato !

In breve: … « la “forma” essenziale e necessaria alla validità è stata TOTALEMENTE soppressa dal nuovo ordinale di Paolo VI!» (Abbé V.M. Zins, 2005). Questo il fatto nudo e crudo, vedremo poi gli infami autori di tale sfregio sacrilego e le blasfeme e le ridicole ragioni addotte a sostegno del ribaltone, che è tra l’altro veicolo sottile di eresie perniciose e gravissime, contro la SS. Trinità, contro l’Incarnazione del Cristo, e contro lo Spirito Santo, configurando un assurdo gnostico-manicheo, peraltro già intrufolato nell’anglicanesimo e nel giansenismo, un movimento novatore, pre-modernista del 1700, condannato giustamente come eretico, e contro il quale il nostro S. Alfonso Maria de’ Liguori è stato un martello tenace ed implacabile nella sua denuncia e demolizione. Chi pensa che con questo rito, o partecipando a pseudo-funzioni (??) tenute da laici, falsamente consacrati da questo rito, faccia parte della Chiesa Cattolica, è un illuso: pensando di marciare sotto il vessillo di Cristo, in realtà segue lo stendardo di satana. “Apriamo gli occhi: il nostro pensiero costante, l’unico che conti per davvero, sia sempre la conquista della salvezza dell’anima, che si ottiene con laboriosità ininterrotta, mediante la vigilanza, la prudenza, la preghiera incessante e la conoscenza delle Sacre Scritture, rigorosamente e correttamente interpretate, e del Magistero autentico della Chiesa, Corpo mistico di Cristo, Sposa immacolata di Cristo, Maestra e via di Verità e Vita. Non c’è posto per la falsa misericordia che chiude i due occhi sulla peccaminosità, sul pentimento, prospettando infine l’inferno “buono” per tutti!!!”

Gli autori dell’infamia

Cerchiamo allora di esaminare più da vicino la questione riguardante la formula di consacrazione dei vescovi. Intanto ci cominciamo a chiedere chi ne siano gli autori. Guarda caso, ci troviamo a che fare con personaggi già noti, fortemente compromessi con istituzioni massoniche e ferocemente anticristiane, al centro delle “apparenti” stravaganze già arcinote nella cosiddetta “nuova messa”, un rito di ispirazione vagamente anglicano-protestante, vera liturgia rosa+croce in 33 ”atti”, osannante il massonico e gnostico “signore dell’universo” al quale viene pure offerto il deicidio di Gesù Cristo, e fuorviante totalmente dal contesto teologico tridentino, pertanto carico di anatemi imperituri, in particolare per chi ne ha o ne dovrebbe avere consapevolezza. Non paghi dello “scoop” anticattolico ed antiliturgico, di per se stesso già gravissimo, e mirando a radere al suolo totalmente la Gerarchia cattolica, e quindi la Chiesa stessa, avviano questa nuova “pratica” che, confondendo tradizioni apostoliche inesistenti, costruite in biblioteca per attribuirsi un’aureola di sapienza (un “baro” da falsi sapienti), e mescolando riti orientali, siriaci ed africani, di difficile controllo documentale, ed oltretutto già rigettati nel passato perché eretici e blasfemi, creano questo nuovo rito gettando fumo negli occhi con ignobili menzogne e contraffazioni. E allora, chi sono gli autori del Pontificale Romano? Eccoli: Giovanni Battista Montini, detto Paolo VI, figura arcinota, il cui ruolo, decisivo nella “contro-Chiesa”, è riconosciuto ormai da tutti come determinante. Non ci dilungheremo affatto su tale losco figuro, anche perché la cosa, a noi di stomaco delicato, ci farebbe nauseare e vomitare, e così rinviamo i lettori al trittico di Don Luigi Villa che lo ha “degnamente” e compiutamente descritto con dovizia di particolari ed abbondante documentazione. L’altro degno ancor più losco figuro, già noto ai lettori attenti, è il mons. Annibale Bugnini, il tristemente noto BUAN 1365/75 (nome in codice di appartenenza alla “loggia”) che ebbe la “sfortuna” di dimenticare ad una conferenza in Vaticano, su una sedia, una borsa che malauguratamente fu rinvenuta da un giornalista che ne rivelò il contenuto (oh, questi giornalisti non si fanno mai i fatti propri!): erano documenti segreti della loggia di appartenenza massonica dell’incauto. Così “sgamato”, fu inviato come nunzio apostolico in Iran, per chiudere ingloriosamente la sua turpe carriera. Ma l’incarico più “tecnico” fu assunto da un oscuro benedettino, dom. Bernard Botte, OSB, di cui nessuno aveva mai saputo nulla, (a Buan probabilmente lo avrà segnalato l’amico e compagno di loggia: Salma, Salvatore Marsili, abate OSB dell’abazia di Finalpia, anch’egli finito nella lista Pecorelli!), e che qualche anno prima del nuovo pontificale, pubblicava un libro in cui illustrava una strana e fino ad allora oscura, presunta “tradizione di Ippolito”, un Ippolito che non si capisce chi fosse stato, o forse “Ippoliti”, visto che se ne contano due o tre (!?!), la stessa “tradizione” già implicata fraudolentemente nella stesura della “messa di BUAN” (l’attuale rito spacciato per Messa cattolica dalla setta marrano-modernista, attualmente usurpante il Soglio di Pietro)!

Il “Pontificalis Romani” (con il nuovo Sacramento dell’Ordine) è stato promulgato da Giovanni Battista Montini, la “ruspa”, l’anti-papa, sedicente Paolo VI, il 18 giugno 1968. – Montini nomina Annibale Bugnini, che è stato quindi l’artefice (il braccio della ruspa in azione!) dei due documenti liturgici essenziali del suo “pontificato”, demolitore ruspante: 1) il Pontificalis Romani, promulgato il 18 giugno 1968 e 2): in Cena Domini, promulgato il 03 Aprile 1969 (Novus Ordo Missae). Il 07 gennaio 1972, Montini ha egli stesso “ordinatoBugnini all’Episcopato (ovviamente in modo invalido!!), nominandolo poi, il 15 gennaio 1976, Arcivescovo titolare di Dioclentiana. Ma davanti allo scandalo della sua nota e divulgata appartenenza massonica fin dal 23 aprile del 1963, sotto il nome in codice di ’Buan 1365/75, lo “esilia” come pro-Nunzio apostolico a Teheran … oramai il burattino logoro e “scoperto” si poteva mettere da parte, con un bel calcio nel fondo schiena!

Dom Bernard Botte, benedettino dell’abbazia del Mont-César (Belgio) fu, sotto l’autorità di Bugnini, il principale artigiano del testo, inventando la rocambolesca ricostruzione di un fantomatico rito, da una pretesa tradizione apostolica di Ippolito (ma non sa nemmeno lui di quale Ippolito si tratti!), nota evidentemente a lui solo …, e di cui non si era mai sentito parlare in precedenza nella Chiesa … una favola partorita dalla fervida fantasia di questo strambo benedettino, [forse compagno dell’abate di Finalpia, Salvatore Marsili, affiliato con la sigla Salma 1278/49 e compagno di Buan nella P2], subito fatta propria da chi intendeva distruggere la Gerarchia, il Sacerdozio ed i Sacramenti cattolici.

Quali sono le origini del Pontificalis Romani, e da dove proviene questa formula di Paolo VI? Le Ragioni addotte da Montini, il falso “papa” Paolo VI nel Pontificalis Romani per promulgare questa riforma, ufficialmente sono:

– « … Si è giudicato bene di ricorrere, tra le fonti antiche, alla preghiera consacratoria che si trova nella “Tradizione apostolica di Ippolito di Roma”, documento dell’inizio del terzo secolo, e che, in una grande parte, è ancora osservata nella liturgia dell’ordinazione presso i Copti ed i Siriaci occidentali. In tal modo, si rende testimonianza, nell’atto stesso dell’ordinazione, dell’accordo tra la tradizione orientale ed occidentale sul carico apostolico dei Vescovi » Paolo VI (Pontificalis Romani,1968). L’inganno è palese, poiché è provato (come vedremo più avanti) che :

– La pretesa (*) Tradizione apostolica attribuita ad Ippolito di Roma, o ad altri autori, è un tentativo di ricostituzione fatto da Dom Botte dopo il 1946, ed « in modo costruttivo », secondo l’espressione di R.P. Hanssens, nel 1959.

– La Tradizione apostolica d’Ippolito suscita dal 1992 un dibattito tra specialisti che la qualificano come di «pretesa Tradizione apostolica», quindi quantomeno dubbia, se non fantomatica! Questa controversia divenne oggetto di un seminario nel 2004 nel quale si concluse che: –1) La preghiera di consacrazione di Paolo VI si ispira, ma non s’identifica, con la pretesa Tradizione apostolica attribuita ad Ippolito; essa rappresenta una creazione “artificiale” di Dom Botte nel 1968.

.2) La preghiera consacratoria di Paolo VI, la cui forma essenziale è ispirata alla pretesa (*) Tradizione Apostolica d’Ippolito, presenta delle similitudini con i riti Abissini, riti di eretici “monofisiti”, i quali non costituiscono dei riti validi, ma piuttosto dei riti risultanti da dibattiti teologici nati alla fine del XVII secolo.

.3) I riti copto e siriaco non utilizzano affatto la formula detta d’Ippolito, (dello stesso avviso è perfino Dom Botte!). inoltre i riti utilizzati dal siriaco al copto, ai quali ci si è falsamente ispirati, venivano utilizzati per insediare un Patriarca già consacrato Vescovo, e quindi non conferivano in alcun caso il Sacramento dell’ordine!

.4) La formula del c.d. Paolo VI non manifesta alcun «accordo tre le tradizioni orientale ed occidentale», ma viene recuperata piuttosto da una pretesa (*) ’Tradizione apostolica d’Ippolito’, testo che secondo alcuni proviene invece da ambiti egiziano-alessandrini, nei quali i riti traducono, secondo Burton Scott Easton, le influenze della sinagoga (The Apostolic Tradition of Hippolytus, Burton Easton, 1934, pag. 67 ed. del 1962, Archon Books).

(*) [Noi abbiamo préferito scrivere, in accordo con il comitato internazionale “Rore sanctifica”: La “pretesa” tradizione apostolica a proposito di questo documento denominato: “la Tradizione apostolica attribuita ad Ippolito” (o a diversi autori “Ippoliti”), conformandoci così alla denominazione dei lavori Scientifici ed universitari che si è imposta da un paio di decenni nel mondo degli specialisti che trattano di questo soggetto.]

In sostanza, la “contestazione d’Ippolito”, conosciuta dagli specialisti già dal 1946, ossia ben 22 anni prima del Pontificalis Romani, continua nel 1990 ed oltre, anche da parte dei Bollandisti (Gesuiti seguaci di Bolland, particolarmente eruditi nelle documentazioni ecclesiastico-liturgiche). Sarebbe troppo lungo e noioso riportare tutti i documenti, veri o presunti, ed i dibattiti successivi sul tema! In conclusione, la preghiera consacratoria di Paolo VI s’ispira, ma non riproduce neppure quella della pretesa (*) “Tradizione Apostolica d’Ippolito’ che è stata quindi solo un po’ di “fumo negli occhi”, un “bluff” per prendere tempo in attesa di tempi migliori e … di nuove invenzioni, e costituisce pertanto una creazione artificiale di Dom Botte nel 1968. L’inganno verrà meglio compreso successivamente, quando qualche “topo di biblioteca”, inopportuno ed inatteso intrigante, va a scovare le formule ed i riti orientali nelle lingue originali, fraudolentemente addotti essere un modello di ispirazione onde fondere le consuetudini liturgiche occidentali ed orientali, sicuri che nessuno mai andasse a verificarle, fidandosi della perizia dei falsi “sapienti” incaricati; questo però ci fa capire ulteriormente la volontà sottile con la quale si sia perpetrato l’inganno tra l’indifferenza, l’insipienza e, non voglia Iddio, la connivenza di tanti presunti “conoscitori di cose divine”, mollemente adagiati nei loro dorati e molleggiati giacigli, come i “cani muti” già catalogati dal profeta Isaia! Ma … “Qui habitat in caelis irridebit eos, et Dominus subsannabit eos.”(Ps. II, 4)! Tremate, il giudizio arriverà anche per voi … come un ladro, quanto meno ve lo aspettate … e lì sarà pianto e stridor di denti!

Osservando la giustapposizione dei riti succitati, ne esce una grande similitudine, anche se confusa, tra il rito di Paolo VI e “l’ordinanza ecclesiastica” nella sua recensione etiopica ed i riti abissini; la preghiera consacratoria quindi, la cui formula essenziale era inizialmente considerata essere parte della pretesa’Tradizione apostolica d’Ippolito’, è similare ai riti abissini! Ma questo “archeologismo storico-geografico” è manifestamente essere una eresia monofisita e quindi antitrinitaria! Infatti i riti abissini devono essere letti nel contesto del “monofisismo: Nunc autem effunde desuper virtutem Spiritus principalis, quem dedisti dilecto Filio tuo Jesu Christo [… allora dunque effondi dall’alto la virtù dello Spirito principale, che hai dato al Figlio tuo diletto Gesù Cristo]. Ciò vale ugualmente per la forma dell’Ordinanza ecclesiastica di recensione etiopica: … Et nunc effunde eam quae a te est virtutem principalis spiritus, quem dedisti dilecto puero tuo Iesu Christo … [… ed ora effondi quella che da te è la virtù dello Spirito principale …]. Ma perché questa formula afro-orientale, è sostanzialmente eretica, anzi blasfema, applicata ad una Consacrazione vescovile? L’enigma che si pone nella formula, riguarda lo “spiritus principalis”, che designerebbe lo Spririto-Santo (anche se lo “spirito del principe” – come pure correttamente si potrebbe tradurre – ci sembra ben altra cosa, oltretutto con un vago “odore di zolfo”!), il quale viene trasmesso al Figlio, e questo significherebbe quindi, nel contesto etiope-abissino, che Gesu-Cristo diviene Figlio di Dio per mezzo di questa “operazione” che è per essi dunque una unzione divinizzante o meglio una “adozione” seguita da una “unione deificante”, quindi una “sola” natura sussistente, ciò che corrisponde appunto al “monofisismo”. [il “Monofisismo”, eresia condannata dal Concilio di Calcedonia nel 451, “riconosceva” al Cristo la sola natura divina, negando che la natura umana di Cristo fosse sostanzialmente la nostra, fatto che quindi impedirebbe la nostra Redenzione attraverso di Lui e negherebbe il “fiat” della Vergine Maria”. Esso ancora oggi è praticato dalle chiese orientali copte di Egitto ed Etiopia e dalle maronite della Siria occidentale].

Queste concezioni alle quali si è accennato, debordano inoltre dal quadro della Cristologia per estendersi alla Teologia Trinitaria, poiché, per questa formula così malamente manipolata, lo Spirito-Santo non sarebbe consustanziale al Figlio. L’affermazione è pertanto “antitrinitaria”, ed “anti-filioque”. In parole povere c’è un’aberrante similitudine tra il rito del sedicente Paolo VI ed i riti appartenenti agli eretici monofisiti!.

Questi riti di consacrazione, ai quali si richiama il Montini, appartengono nei fatti a “chiese” eretiche che adottano principi già condannati abbondantemente dal Magistero Cattolico, principi antitrinitari e cristologicamente a-cattolici.

Senza volerci addentrare ulteriormente in questioni molto “specialistiche”, possiamo concludere che alla fine il rito di Botte-Bugnini-Montini, non è né copto, né maronita occidentale, essendo essi confusamente sovrapposti tra loro ma non coincidenti, e quel che più è evidente è che la preghiera consacratoria (la forma del Sacramento), non riprende nemmeno quella della pretesa “tradizione apostolica” del fantomatico Ippolito; dissimili sono pure il rito nestoriano ed armeno!

Questi fatti contraddicono la parola del Montini secondo la quale: “… si è ben giudicato di ricorrere, tra le fonti antiche alla preghiera consacratoria che si trova nella tradizione apostolica di Ippolito di Roma, documento dell’inizio del III secolo, e che, per una gran parte è ancora osservata nella liturgia dell’ordinazione presso i Copti ed i Siriani occidentali”.

No, non è Pinocchio a Bengodi, ma Paolo VI, il falso “papa”, in “Pontificalis Romani” [forse sarebbe meglio ribattezzarlo “ponte-fecalis”!]. In realtà sappiamo oggi benissimo, e chiunque può constatarlo, come i riti copto e siriaco occidentale non utilizzino affatto la “prefabbricata” preghiera consacratoria della pretesa “Tradizione apostolica di Ippolito”. Lo stesso dom Botte, in opere successive, aggiungeva fandonie a menzogne per giustificare il suo operato chiaramente in malafede. Ad esempio in un’opera del 1957, opponeva la “tradizione apostolica di Ippolito”, alla tradizione siriaca autentica [“La formula di ordinazione – la grazia divina nei riti orientali”; in l’Oriente siriano, abst., vol. II, fasc. 3, 3° trim. 1957, Parigi, pag. 285-296]. Si tratta alla fine, di un inaudito abuso, quello perpetrato il 18 giugno 1968 dall’antipapa sedicente Paolo VI; egli ha avuto il “temerario ardimento” di rimpiazzare un rito latino antico, invariabile nella sua forma essenziale da oltre 17 secoli, con una creazione artificiale ricavata da una ricostruzione di dom Botte apparsa negli anni 1950, e poi nel 1990 contestata dagli specialisti (quelli veri!). Il Montini si è giustificato con un sedicente ritorno alle origini, un falso archeologismo, riproducendo il metodo utilizzato da eresiarchi in passato, nei confronti del quale S.S. Leone XIII scriveva, bollandoli severamente: «essi hanno grandemente sfigurato l’insieme della liturgia conformemente alle dottrine erronee dei novatori, con il pretesto di ricondurla alla sua forma primitiva ». (Lettera enciclica: Apostolicae curae, 1896).

Si è preteso giustificarsi con delle menzogne: a) la forma citata non riproduce affatto la forma della pretesa tradizione apostolica attribuita ad Ippolito; b) la forma citata non è mai stata in uso nei riti copto e siriano occidentale. Si è commesso un attentato contro lo Spirito-Santo, avendo avuto, come detto, l’audacia inaudita di rimpiazzare, con una creazione puramente umana, un rito invariabile nella sua forma essenziale e quasi bi-millenaria, di cui lo Spirito-Santo è stato garante della costanza, coronata poi dalla decisione infallibile di Pio XII (Sacramentium ordinis) meno di 21 anni prima dell’atto ignobile del fasullo Paolo VI e quindi irreformabile da parte di un “vero” Papa [un vero Papa non avrebbe mai apportato, né poteva, una modifica al Magistero definito da un suo predecessore!]. Ecco quindi le origine smascherate di un rito aberrante: una creazione puramente umana!

Ricordiamo al proposito, anche per respirare un po’ di aria pura, San Tommaso d’Aquino che pone la questione: “Dio è il solo a realizzare l’effetto interno al sacramento?” Risposta: «Ci sono due modi di realizzare un effetto: in qualità di agente principale o in qualità di strumento. Secondo la prima maniera, è Dio solo che realizza l’effetto del Sacramento. Ecco perché Dio solo penetra nelle anime ove risiede l’effetto del Sacramento, e un essere non può agire direttamente la dove Egli non c’è. Anche perché appartiene solo a Dio il produrre la “grazia”, che è l’effetto interiore del sacramento (S. Th. I-II, Q.112, a. 1). Inoltre, il carattere, effetto interiore di certi Sacramenti, è una virtù strumentale derivante dall’agente principale che è qui Dio. Ma, nella seconda maniera, cioè agendo in qualità di ministro, l’uomo può realizzare l’effetto interiore del Sacramento; perché il ministro e lo strumento hanno la stessa definizione: l’azione dell’uno conduce ad un effetto interiore sotto la mozione dell’Agente principale che è Dio. » [Summa theologiae -III, Q.64, 1-]. In poche parole, l’uomo non è che il ministro, lo strumento dell’azione di Dio in un Sacramento. E qui sorge la domanda: “Chi è che ci assicura in modo assolutamente certo che Dio agisce al meglio in un rito creato nel 1968”? Seguiamo ancora San Tommaso, che si chiede: “L’istituzione dei sacramenti ha solo Dio per autore? « È a titolo di strumento, lo si è visto, che i Sacramenti realizzano degli effetti spirituali. Ora lo strumento trae la sua virtù dall’Agente principale. Vi sono due agenti, nel caso di un Sacramento: Colui che lo istituisce, e colui che usa del Sacramento già instituito applicandolo quanto a produrre il suo effetto. Ma la virtù del Sacramento non può venire da colui che non fa che usarne, perché non si tratta così se non al modo di un ministro. Rimane dunque che la virtù del Sacramento gli viene da Colui che l’ha instituito. La virtù del Sacramento non venendo che da Dio, ne risulta che Dio solo ha istituito i sacramenti». [Summa theologiae -III, Q.64, 1-] Dio solo ha istituito i Sacramenti, e allora: Chi ci assicura in modo assolutamente certo che un rito creato nel 1968 trasmetta la “virtù” di un Sacramento che ha solo Dio come autore? Chiediamo venia ed un po’ di pazienza, per la lunga citazione di San Tommaso, che però è fondamentale nella logica da seguire nel valutare teologicamente e dottrinalmente il problema. Egli continua: : “L’istituzione dei sacramenti ha Dio solo per autore? « Obiezione n°1: Non sembra, perché è la Santa Scrittura che ci fa conoscere le istituzioni divine. Ma ci sono alcuni elementi dei riti sacramentali che non si ritrovano menzionati nella Santa Scrittura, come la santa Cresima, con la quale si dà la confermazione, e l’olio con cui si ungono i sacerdoti, e certe altre parole e gesti che sono in uso nei Sacramenti. Risposta all’obiezione n° 1: Gli elementi del rito sacramentale che sono d’istituzione umana non sono necessari al Sacramento, ma contribuiscono alla solennità di cui lo si circonda per eccitare devozione e rispetto in quelli che lo ricevono. Quanto agli elementi necessari ai sacramenti, essi sono stati istituiti dal Cristo stesso, che è nello stesso tempo Dio ed uomo; e se essi non ci sono tutti rivelati nelle Scritture, la Chiesa comunque li ha ricevuti dall’insegnamento ordinario degli Apostoli; è così che San Paolo scrive (1 Co XI, 34) : «Per gli altri punti, io li regolerò alla mia venuta». [Summa theologiae -III, Q. 64, 1-]. Se gli elementi del rito “necessari” al Sacramento sono stati istituiti dal Cristo stesso, chi è che ci assicura in modo assoluto che gli elementi del rito creato (… nientemeno che da dom B. Botte, l’amico di Buan 1365/75, !?!) nel 1968 contengano effettivamente gli elementi necessari al Sacramento istituito dallo stesso N.S. Gesù Cristo? Ricordiamo, al proposito, pure il giudizio di San Pio X :« … allorché si sappia bene che la Chiesa non ha il diritto di innovare nulla che tocchi la sostanza del sacramento » [San Pio X, 26 dicembre 1910, “Ex quo nono”]. Quindi veniamo alle “1+3” condizioni di validità del Sacramento di consacrazione: 1) Perché una consacrazione episcopale sia valida, si richiede innanzitutto che il consacratore abbia egli stesso il potere d’ordine, cioè che egli sia validamente (ed ontologicamente) Vescovo (che non sia ad esempio un massone di 30° grado scomunicato “ipso facto”!). Successivamente, sono necessarie 3 condizioni all’esistenza del Sacramento della consacrazione episcopale (vale a dire alla sua validità) : • la materia e la forma: « I sacramenti della nuova legge devono significare la grazia che essi producono e produrre la grazia che essi significano. Questo significato deve ritrovarsi … in tutto il rito essenziale, e cioè nella materia e nella forma; ma esso appartiene particolarmente alla “forma”, perché la materia è una forma indeterminata per se stessa, ed è la “forma che la determina” ». [Leone XIII, Apostolicae Curae, 1896]. • l’intenzione del consacratore: «la forma e l’intenzione sono egualmente necessarie all’esistenza del sacramento», «Il pensiero o l’intenzione, dal momento che è una cosa interiore, non cade sotto il giudizio della Chiesa; ma Essa deve giudicarne la manifestazione esteriore » [Leone XIII, in Apostolicae Curae, 1896]. E il Santo Padre S.S. Pio XII sottolinea efficacemente la questione alla “Conclusione dei lavori del 1° congresso internazionale della liturgia pastorale d’Assisi”, il 22 settembre 1956: «Ricordiamo a questo proposito ciò che Noi diciamo nella Nostra Constituzione Apostolica “Episcopalis Consecrationis” del 30 novembre 1944 (Acta Ap. Sedis, a. 37, 1945, p. 131-132). Noi vi determiniamo che nella consacrazione episcopale i due Vescovi che accompagnano il Consacratore, devono avere l’intenzione di consacrare l’Eletto, e che essi devono per conseguenza compiere i gesti esteriori e pronunciare le parole, per mezzo delle quali il potere e la grazia da trasmettere siano significate e trasmesse. Non è dunque sufficiente che essi uniscano la loro volontà a quella del Consacratore principale e dichiarino che essi fanno proprie le sue parole e le sue azioni. Essi stessi devono compiere quelle azioni e pronunziare le parole essenziali.»! Ma quali siano state le modifiche o soppressioni “sospette” (per usare un eufemismo) del rito montiniano? Ecco cosa è stato soppresso: -.1) Il giuramento del futuro vescovo che promette a Dio «di promuovere i diritti, gli onori, i privilegi dell’autorità della santa Chiesa romana… d’osservare con tutte le sue forze, e di farle osservare agli altri, le leggi dei santi Padri, i decreti, le ordinanze, le consegne ed i mandati apostolici … di combattere e di perseguire secondo il suo potere gli eretici [una delle principali funzioni del vescovo!!!], gli scismatici ed i ribelli verso il nostro San Pietro, il Papa, ed i suoi successori». -2) L’esame attento del candidato sulla sua fede, comprendente la domanda di confermare ciascuno degli articoli del credo. -3) L’istruzione del vescovo: «Un vescovo deve giudicare, interpretare, consacrare, ordinare, offrire il sacrificio, battezzare e confermare». In nessuna parte, quindi, il nuovo rito menziona che la funzione del vescovo sia quella di ordinare, di confermare e di giudicare (di slegare e legare). -4) La preghiera che precisa le funzioni del vescovo, dopo la preghiera consacratoria. Nel Pontificalis Romani, si definisce quindi una forma essenziale insufficiente. Per Pio XII, la forma deve significare in modo univoco l’intenzione del rito di fare un Vescovo per ordinare dei preti: «allo stesso modo, la sola forma sono le parole che determinano l’applicazione di questa materia, parole che significano in un modo univoco gli effetti sacramentali, cioè il potere di ordine e la grazia dello Spirito Santo, parole che la Chiesa accetta ed impiega come tali» [Pio XII, Sacramentum Ordinis, 1947].

La forma designata come “essenziale” da Paolo VI non indica il potere d’ordine né la grazia dello Spirito-Santo come grazia del Sacramento: « La forma consiste nelle parole di questa preghiera consacratoria; tra di esse, ecco quelle che appartengono alla natura “essenziale”, sicché sono quelle esatte perché l’azione sia valida: «Et nunc effunde super hunc electum eam virtutem, quæ a te est, Spiritum principalem, quem dedisti dilecto Filio Tuo Jesu Christo, quem ipse donavit sanctis apostolis, qui constituerunt Ecclesiam per singula loca, ut sanctuarium tuum, in gloriam et laudem indeficientem nominis tui» [ed ora effondi su questo eletto quella virtù che viene da Te, lo Spirito “principale” (e chi è!?! -n.d.r.-), che desti al Figlio tuo diletto, e che Egli donò ai suoi Apostoli, perché si costituisse la Chiesa come tuo santuario a gloria e lode del tuo Nome …] (Paolo VI, Pontificalis Romani, 1968.] I termini supposti per definire il vescovo figurano in un’altra parte del prefazio: «ut distribuát múnera secúndum præcéptum tuum » [Paolo VI, Pontificalis Romani, 1968). Alla maniera degli anglicani, i difensori del rito montiniano devono allora invocare l’“unità morale” del rito. Nel Pontificalis Romani, la forma essenziale è senza dubbio, insufficiente. Il sacramento (ex opere operato) non può operare ciò che esso non significa!!! « La sola forma sono le parole che determinano l’applicazione di questa materia, parole che significano in modo univoco gli effetti sacramentali, cioè il potere d’ordine e la grazia dello Spirito-Santo, parole che la Chiesa accetta ed impiega come tale». [Pio XII, Sacramentum ordinis, 1947]. Le parole del prefazio del Pontificalis romani “non” significano il potere d’ordine: “Ut distribuant munera secundum praeceptum tuum”. (Che essi distribuiscano dei “doni” (di chi!?!) secondo il tuo comandamento). Il termine adottato “distribuant munera” è equivoco, esso esprime dei doni, dei carichi, delle funzioni (vedere il diz. Gaffiot per “munus”), si tratta di un termine profano che non esprime affatto il potere d’ordine. Dom Botte traduce il greco κλήρους (Klerous) con ’carichi’ (La Tradition apostolique, Ed. Sources chrétiennes, maggio 1968). Ora un “carico” ecclesiastico non è un ordine. Un anglicano può accettare l’espressione di distribuzione di carichi, un luterano ugualmente. Questa ambiguïtà è voluta … siamo ben lontani dalle parole essenziali del rito latino (comple sacerdote tuo); queste parole esprimono in modo univoco il potere d’ordine (Episcopum oportet … ordinare – il Vescovo deve ordinare!).

Il sacramento (ex opere operato) non può operare ciò che esso non significa e quindi la forma è da considerarsi “difettosa”. A differenza di tutti i riti precedentemente adottati, è patente la “contro-intenzione” del rito, quella di “non” significare il potere di ordinazione dei preti, e quindi la volontà di non ordinare! Noi abbiamo messo in evidenza una contro-intenzione a livello della forma del rito, contro-intenzione che appare in un contesto ecumenico che fornisce la “chiave” per la comprensione della messa in atto di questo rito. Non a caso Jean Guitton, scriveva: «Questa Chiesa ha cessato di chiamarsi cattolica per chiamarsi ecumenica», ed il massone Bugnini (sempre lui, quello della messa del baphomet, il Buan 1365/75!) dichiarava sull’Osservatore Romano del 19 marzo del 1965: “Noi dobbiamo spogliare le nostre preghiere Cattoliche e la liturgia Cattolica da tutto ciò che potrebbe rappresentare l’ombra di una pietra d’inciampo per i nostri “fratelli” separati (quelli che la Chiesa una volta chiamava “eretici” e “scismatici”,, vale a dire i Protestanti.-n.d.r.-)”. Un caso simile, a proposito delle false ordinazioni anglicane, fu inesorabilmente ed infallibilmente stroncato da un Papa “vero”, S.S. Leone XIII nella sua famosa (oggi occultata con ogni mezzo dai marrani e dagli apostati modernisti conciliari!) lettera Enciclica del 1896, la già citata “Apostolicae curae” nella quale si dimostravano 4 punti: –1) La forma del Sacramento è stata rimpiazzata da una forma ambigua che non significa precisamente la grazia che produce il Sacramento. (come quella di Montini!) –2) Il rito anglicano è stato composto e pubblicato in circostanze di odio del Cattolicesimo (come quello del marrano Montini! –n.d.r.-) e in uno spirito settario ed eterodosso (appunto quello ecumenico e neoterico); – 3) Le espressioni del rito anglicano non possono avere un senso Cattolico (così come quello del rito modernista novordista –n.d.r.-). – .4) L’intenzione del rito anglicano è contrario a ciò che fa la Chiesa (la vera Chiesa Cattolica). Una conclusione infallibile, irreformabile e senza appello!!!

E allora siamo qui a parlare di una cosa gravissima, della quale pochi sono a conoscenza, e coloro che sanno, si guardano bene dal farne parola, e cioè della INVALIDITA’ formale e materiale della consacrazione vescovile del “Pontificalis Romani”, che sta producendo nei fatti l’estinzione dell’Ordine sacerdotale cattolico e di conseguenza di tutti i Sacramenti: quella che oggi appare essere la Chiesa Cattolica, è costituita in realtà da un esercito di laici, di “zombi” spirituali, da “finti” e presunti sacerdoti e vescovi che stanno lentamente ma inesorabilmente soppiantando i pochi veri “residui” Vescovi e sacerdoti, oramai solo ultraottantenni, e cioè i Vescovi ordinati con il “rito Cattolico”, o sacerdoti ordinati da “veri” Vescovi a loro volta ordinati prima del fatidico 18 giugno 1968.

Discorreremo adesso addirittura delle ERESIE contenute nella formula del rito del “Pontificalis Romani”!! Effettivamente costateremo nella “forma” essenziale:.1) un’eresia monofisita, 2) un’eresia anti-filioque, 3) un’eresia anti-Trinitaria, tali da configurare una forma essenziale “kabbalista e gnostica” (la Gnosi in generale, e quella talmudica-cabbalista in particolare, è propriamente la “teologia” di lucifero), e creare quindi un “eletto manicheo”. Una forma quindi, che non solo rende invalida ogni presunta consacrazione, ma ne inverte i valori spirituali, consacrando cioè un “servo di lucifero”, quasi un rituale da 30° grado massonico. C’è chi ha attaccato la Chiesa dal tetto, chi dalle mura esterne, che dal portone e dalle finestre, ma Montini, “ruspa” di lucifero, L’ha praticamente rasa al suolo, scardinandone i pilastri portanti: la Santa Messa e la Consacrazione vescovile con la sequela di tutti i Sacramenti!

Ma torniamo alla nostra formula di ispirazione copto-etiopica, come dimostrato in precedenza: «Et nunc effunde super hunc electum eam virtutem, quæ a te est, Spiritum principalem, quem dedisti dilecto Filio Tuo Jesu Christo» [Pontificalis Romani, 1968 (forma essenziale)]. Qui si afferma l’eresia monofisita, l’eresia dei monofisiti etiopici [che negano la natura divina di Cristo]. Queste due righe citate infatti si ritrovano tal quali nel loro rito abissino di consacrazione episcopale. Questa eresia consiste nel considerare che il Cristo abbia bisogno di ricevere dal Padre lo Spirito-Santo per divenire ‘Figlio di Dio’, e per poter comunicare a sua volta, lo Spirito-Santo ai suoi Apostoli. Il Figlio riceve lo Spirito ad un dato momento (al battesimo secondo gli Etiopi) cosa quindi che nega la natura del “Fiat” della Santissima Vergine Maria, “fiat” che permette nello stesso momento la sua verginale Concezione, realizzando così il Mistero centrale della Fede Cattolica: l’Incarnazione di Nostro Signore Gesù-Cristo, vero uomo e vero Dio per mezzo dello Spirito-Santo. Negazione totale della verità cattolica dell’Incarnazione del Verbo! Ma nella “forma essenziale” c’è spazio per l’eresia anti-Filioque [l’eresia di Fozio e dei sedicenti “Ortodossi”, scismatici ed eretici orientali, che negano il procedere dello Spirito-Santo anche dal Figlio]. In questa forma infatti si afferma l’eresia anti-Filioque etiopica, secondo la quale “Non è più il Figlio che spira, con il Padre, lo Spirito-Santo (cf. il filioque del Simbolo di Nicea), ma è il Figlio che riceve dal Padre lo Spirito-Santo. Si tratta di una inversione (secondo un tipico costume satanico), delle relazioni nella Santa Trinità tra il Figlio e lo Spirito-Santo. Incredibile! Pensare che al Credo della Messa la Chiesa ci fa cantare a proposito dello Spirito-Santo «qui ex Patre Filioque procedit»!. Questa formula esprime la fede della Chiesa nello Spirito Santo come terza Persona della Santa Trinità. Lo Spirito-Santo procede dal Padre e dal Figlio come da un solo Principio e possiede, con il Padre ed il Figlio, gli stessi attributi di onnipotenza, di eternità, di santità; Esso è uguale al Padre ed al Figlio a causa della divinità che è Loro propria. L’utilizzazione del termine Puer Jesus Christus nella “forma”, in Ippolito, «modello» del rito della consacrazione dei vescovi riformato dal Montini, è rimpiazzato da: “dilectus Filius” = tuo Figlio diletto, Gesù Cristo. Malgrado tutto, questa correzione indica ancora e sempre una inferiorità del Figlio poiché il Cristo è designato anche, come nei Greci scismatici, come canale transitorio dello Spirito-Santo. Manca dunque allo Spirito-Santo la relazione essenziale in seno alla Santa Trinità come Persona emanante dal Padre e dal Figlio dall’eternità. Un errore fondamentale dunque che rende la forma dell’ordinazione intrinsecamente inoperante e dunque invalida!. Ed anche se la rettitudine della fede del vescovo consacrante fosse certa, questa non potrebbe “sopperire” né correggerebbe la forma e l’intenzione che è normalmente veicolata dal rito. Ma non è ancora finita: la “forma” inventata da B. Botte per Bugnini, su richiesta di Montini, proclama anche una eresia anti-Trinitaria! Ed infatti il «Signore» che è: Dio, il Padre; il Figlio Gesù-Cristo, consustanziale al Padre; e «lo Spirito che fa i capi (!?!) e che Tu hai dato al tuo Figlio diletto, Gesù-Cristo» non costituiscono affatto una designazione teologicamente corretta delle tre Persone divine nell’unità della sostanza e distinte per le loro Relazioni proprie! Qui il discorso è sottile, ma è palese il voler rinnegare la formulazione di San Tommaso quando dice: Pater et Filius et Spiritus Sanctus dicuntur “unum” et non unus. (Quodl. 6,1+2) [si dicono un “unico” e non uno]. Di conseguenza la nuova formula di consacrazione episcopale è egualmente invalida a causa di questa eresia antitrinitaria. Ma c’è ancora dell’altro: questa “forma” sembra a ragione, provenire addirittura da un sistema gnostico e kabbalista! Riportiamo ancora la formula: «Et nunc effunde super hunc electum eam virtutem, quæ a te est, Spiritum principalem, quem dedisti dilecto Filio Tuo Jesu Christo » Con la modifica di “Spiritus principalis” in “Spiritum principalem”: cioè un genitivo che diviene un accusativo, l’essere dello Spirito è assimilato ad una qualità (forza), lo Spirito diviene cioè una sorta d’“energia”, e non più una “Persona”. Questo concetto eretico deriva da un sistema “gnostico” (il discorso sui concetti della “gnosi spuria” e kabbalista, richiederebbe un’opera monumentale). La messa in equivalenza mediante un accusativo, proprio della “fabbricazione” di Dom Botte (che non si ritrova né presso gli etiopi, né nella sinossi della ’Tradizione apostolica’ e neppure nelle Costituzioni apostoliche), tra la “forza” (virtus) che viene dal Padre e lo Spiritus principalis, fa nuovamente assimilare la Persona dello Spirito-Santo ad una semplice “qualità” proveniente da Dio, ma senza essere Dio. Questo è nuovamente un negare lo Spirito-Santo come Persona divina e quindi la sua consustanzialità divina. Ma addirittura in certe traduzioni “diocesane” lo Spirito vi appare con una minuscola, ma egualmente il ’Figlio’ vi appare con una minuscola: “Signore, spandi su Colui che tu hai scelto la tua forza, lo spirito sovrano che tu hai dato a tuo figlio”. Facendo il legame di questi elementi con la concezione kabbalista di Elia Benamozegh, si arriva alla riduzione dello Spirito e del Figlio a due “eoni” inviati da Dio, ma che non sono Dio, bensì degli “éoni” [coppia di entità che Dio manderebbe ogni tanto per “illuminare” gli uomini], come nel sistema dell’eretico gnostico Valentino, o delle forze semplici, “virtù” o energie spirituali. Questo riduce la Santa Trinità ad un concetto puramente simbolico, espressione di un sistema gnostico sotto le apparenze monoteiste. Questo lascia trasparire la profonda conoscenza che il “marrano” Montini [la cui famiglia materna era giudaica, o più probabilmente kazara] avesse della kabbala e della gnosi spuria che egli ha travasato nel Cattolicesimo facendola apparire “cristiana” ai poveri “ignari” fiduciosi della sua (finta) infallibilità! A chi volesse saperne di più, si consiglia : “Dell’Origine dei Dogmi Cristiani”, di Elia Bénamozegh. Cap. III. Caratteri dello Spirito-Sainto, pag. 271, e, sempre dello stesso rabbino, gli: Atti del convegno di Livorno (settembre 2000) Alessandro Guetta (ed.) Edizioni Thalassa de Paz, Milano, coop srl. – Dicembre 2001 Via Maddalena, 1 – 20122 Milano. Quindi la SS. Trinità è intesa seconda la “gnosi spuria”: «Non è più la Trinità di Persone nell’unità della sostanza, ma è l’Infinito, l’Assoluto, l’Eternità, l’Immensità incomprensibile, inintelligibile, vuota e senza alcuna forma, l’“ensof” in cui le tre Persone non sono più che delle emanazioni temporali (…). Secondo il paganesimo, l’Essere primordiale, che è nello stesso tempo il Non-essere, si differenzia e si rivela solamente dopo un certo tempo, facendo emanare dal suo vuoto interiore le tre divinità che i pagani hanno adorato. Così si elimina la S.S. Trinità in vista della religione noachide. E qui il discorso si allargherebbe a dismisura esulando dalle intenzioni di questo scritto. Ricordiamo solo che la negazione dell’eternità della Trinità divina è la negazione della creazione “ex nihilo”, è la negazione della differenza essenziale tra Dio e l’universo; è l’abbassamento del Creatore al livello della sua creatura o la deificazione della creatura, in particolare dell’uomoIn verità questa è stata sempre la costante del “falso” pontificato di Montini: sostituire l’uomo a Dio. Oltre queste chiare eresie e l’intento noachide, la “forma” montiniana, nasconde un’ulteriore intenzione “occulta”, quella di designare un «Eletto» manicheo, aggiungendo l’espressione : “super hunc Electum”. Electus ha due sensi (cristiani) secondo il Gaffiot (termine electus) • scelto da Dio per la salvezza,: VULG. Luc. 18,7 • scelto per ricevere il battesimo : AMBR. Hel. 10, 34. Poi il Gaffiot aggiunge un ultimo senso: • membro d’élite della setta dei manichei, [eretici gnostici, seguaci di Mani]: MINUC. 11,6. Ora, essendo gnostica la natura del sistema dal quale deriva questa formula, questo è il vero senso, e cioè: l’intenzione del rito d’ordinazione episcopale di Paolo VI è un rito che conferisce dei poteri ad un eletto manicheo! .

Il grande autore cattolico francese Dom Guéranger (quando in Francia c’erano ancora i sacerdoti cattolici! … bei tempi …) nelle “Instituzioni Liturgiche”, presenta in 12 punti fondamentali la «Marcia dei pretesi riformatori del cristianesimo » : – Egli dimostra che l’eresiarca antiliturgista odia la Tradizione, rimpiazza le formule liturgiche con i testi della Scrittura Santa per interpretarli a suo modo, introduce delle formule «perfide», rivendica i diritti dell’antichità di cui si fa beffe cambiandone il rito, sopprime tutto ciò che esprime i misteri della fede cattolica, rivendica l’uso della lingua volgare, sopprime le genuflessioni ed altri atti di pietà della liturgia cattolica, odia la Potenza papale, organizza la distruzione dell’episcopato, rigetta l’autorità di Roma per gettarsi nelle braccia del principe temporale. Alla luce delle considerazioni di dom Guéranger, della cui retta dottrina c’è da essere assolutamente certi, siamo quindi alla presenza di eresie antiliturgiste, e del maggiore eresiarca antiliturgista mai comparso sulla faccia della terra: G. B. Montini, sedicente Paolo VI, “giustamente” in procinto di canonizzazione, “santo” della attuale “sinagoga di satana” che oggi domina la Sede di Pietro ed i Sacri palazzi dell’urbe e dell’orbe, così come da visione profetica del Santo Padre Leone XIII (un “vero” Papa)!

Ma torniamo al nostro argomento, facendo un po’ di riepilogo. Ripetiamolo, anche ad essere petulanti: il rito Romano, soppresso il 18 giugno del 1968, è un rito antico, invariabile nella sua forma essenziale da più di 17 secoli, ed infatti tutti i Vescovi cattolici di rito latino (tra i quali Santi straordinari, tipo S. Francesco di Sales, S. Alfonso Maria de’ Liguori, tanto per citarne qualcuno), sono stati consacrati con questo rito. Che cosa, quindi ha questo nuovo Rito che non va? Si può rispondere così: “ Il rito di Pontificalis Romani è stato creato nel 1968 e non è MAI stato utilizzato nella Chiesa. Nessun Vescovo cattolico è mai stato consacrato in questo rito. Questo rito non possiede gli «elementi necessari» secondo la teologia sacramentale. (dell’angelico Dottore) Esso è INTRINSECAMENTE invalido. Questo non è un rito cattolico!!! A tal proposito accenniamo ancora all’“eletto manicheo”, che sarebbe l’unico titolo che il rito, o meglio questa “pantomima”, spacciata per consacrazione vescovile, conferirebbe! Gli “eletti” manichei, o “perfetti”, costituivano, nell’ambito del Manicheismo, una “religione” di carattere gnostico, che annoverava influssi disparati derivanti da tradizioni giudaiche, iraniane, ed afro-orientali, in un “minestrone” ecumenico comprendente elementi di buddismo, cristianesimo, zoroastrismo, tradizioni iraniche, giudaismo talmudico e paganesimo variegato, il tutto ben cementato dalla cosmogonia e teogonia gnostica, in un sistema codificato secondo presunte “rivelazioni” spirituali di un “paracleto”, il presunto “spirito gemello” di Mani (da cui Manicheismo), nobile personaggio vissuto nel III secolo d. C. in Persia: “eletti” quindi, erano un gruppo ristretto di religiosi osservanti rigorose norme morali e comportamentali, che libererebbero le “fiammelle” divine imprigionate nei corpi materiali creati da un “demiurgo” malefico, il Dio dei Cristiani: agli eletti si contrapponevano gli “auditores” che erano i collaboratori degli eletti, verso i quali avevano doveri servili (elemosine), che non li avrebbero però liberati dalla materia continuando così ad essere obbligati a trasmigrare in corpi diversi (metempsicosi gnostica!). L’obiettivo inconfessato della sceneggiata della “falsa” consacrazione cattolica vescovile, non è altro quindi che la blasfema “istituzione” di eletti manichei (vescovi della anti-chiesa gnostica) nell’ambito della dottrina gnostica, “gnosticismo” del quale è infarcito il talmudismo “spurio” giudaico, al quale si “abbeverava”, per tradizione familiare, l’apostata Montini e si abbeverano i marrani della “quinta” colonna infiltrati nella Chiesa, nonché tutti gli aderenti alle conventicole massoniche! I fatti e gli argomenti fin qui riportati hanno dimostrato quanto segue, per il rito di consacrazione episcopale promulgato da Giovan Battista Montini, il 18 giugno 1968 a Roma, nel Pontificalis Romani:

.1) Questo rito non è antico, ma è stato creato nel maggio 1968 da diversi materiali. .2) Questo rito rivendica una origine oggi contestata dagli specialisti (veri) della questione.

.3) Questo rito non riproduce affatto quello della pretesa (*) “Tradizione apostolica” attribuita ad Ippolito.

.4) Questo rito non è, e non lo è mai stato, praticato in Oriente, presso i copti ed i siriani occidentali.

.5) Questo rito si rivela, dall’inchiesta, non essere null’altro che una “costruzione” puramente umana di Dom Botte.

.6) Questo rito possiede una “forma” essenziale insufficiente.

.7) Questo rito non esprime l’intenzione di conferire il potere di ordinare dei sacerdoti cattolici.

.8) Questo rito subisce le condanne che Leone XIII indirizzò (in “Apostolicae curae”) infallibilmente ai riti anglicani simili in tutto al rito montiniano.

.9) Questo rito nega la Santa Trinità.

.10) Questo rito nega l’unione ipostatica delle due nature nella Persona di N.S. Gesù Cristo

.11) Questo rito nega la “spirazione” dello Spirito dal Figlio, nega cioè il “Filioque” .12) Questo rito veicola una concezione kabbalista e gnostica dello Spirito-Santo. .13) Questo rito rilancia, nel 1968, l’attacco contro lo Spirito-Santo sviluppato mezzo secolo prima dal rabbino di Livorno, Elia Benamozegh (1828-1900).

.14) Questo rito serve a creare, in modo sacrilego e blasfemo, gli “eletti” Manichei, e quindi vescovi gnostici!

Ne risulta da ciò che precede, così come dai testi infallibili di Leone XIII, di Pio XII e del Magistero tutto, che è assolutamente IMPOSSIBILE considerare un rito tale come INTRINSECAMENTE VALIDO e capace di consacrare dei veri Vescovi cattolici, veri successori degli Apostoli di Nostro Signore Gesù-Cristo.

 

La strana sindrome di nonno Basilio -13-

 

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La strana sindrome di nonno Basilio-13-

   Eccomi ancora qui, esimio direttore, spero di non essere diventato una presenza ingombrante per lei e per i suoi lettori. Oggi le voglio raccontare un episodio occorsomi recentemente che mi vede protagonista con i soliti miei nipoti ed una figura nuova, nientemeno che una “fiamma” ( anche se mi pare che me ne avesse già presentata un’altra non molto tempo fa … ma … questi giovani!) di mio nipote Mimmoo, una certa Martina, una bella ragazza, per la verità, dall’aria seriosa, forse con un tantino di “puzza al naso”, molto sicura di sé, ma gentile nei modi e rispettosa. Era un giovedì, lo ricordo bene, perché è il giorno dedicato tra l’altro alla preghiera per i sacerdoti, giorno in cui recito abitualmente la “preghiera infuocata” di San Luigi Maria Grignion De Montfort, sottolineandone alcuni punti con i miei nipoti. Trattasi, come lei ben sa, di una stupenda preghiera dai toni profetici, che il Santo faceva per invocare l’aiuto di Dio e della Santa Vergine sui sacerdoti della sua congregazione, ed è zeppa di riferimenti biblici sia vetero-, che soprattutto neo-testamentari. Si sprecano naturalmente le citazioni dal salterio, a cominciare dall’incipit “Memor esto congregationis tuæ quam possedisti ab initio …” dal salmo LXXIII e via via, fino ad un’ampia citazione dal Salmo LXVII, che, le dico sinceramente, è uno di quelli miei favoriti anche se, come concordano unanimamente i Padri della Chiesa, di problematica comprensione, e di cui il Santo della Vandea offre una interpretazione veramente illuminante, e attinente ai nostri tempi. Caro direttore, colgo qui l’occasione per invitarla a pregare, lei con i suoi lettori, per i sacerdoti di questa “congregazione” degli ultimi tempi, che consentirà alla Chiesa attraverso l’unica “vera” linea apostolica, di rivivere e tornare agli splendori più vivi, con questa stupenda orazione, che a quanto sembra è finita nei cassetti polverosi, sostituita da preghiere banali, impregnate di ecumenismo indifferentista, impastate spesso con elementi sentimentali e sociologici di dubbia interpretazione, e finanche veicolo di “sterco” gnostico. Qui siamo nella sicurezza “cattolica” della vera tradizione!! Pare che sia efficace anche nei casi più difficili! A questo punto si inserisce Martina, che esordisce dicendo che in effetti la Bibbia è l’unica norma di fede e di morale, e scoprendo subito la certe, prosegue col dire che la giustificazione si ottiene per grazie mediante la fede, indipendentemente dalle opere buone, e dal rifiuto del Magistero ecclesiastico in nome del sacerdozio universale dei fedeli e dell’assistenza diretta dello Spirito Santo ai fedeli che leggono la Bibbia, ciò che giustifica il libero esame. La mia chiesa, dice tra lo stupore di tutti noi, è costituita dalla comunità dei fedeli, in cui i pastori hanno il compito di predicare la parola di Dio e amministrare i sacramenti che sono due, il Battesimo e la Cena. Il culto consiste nella predicazione della parola di Dio e nella Santa Cena, si rifiuta il concetto di Messa come Sacrificio, ma si ritiene ci sia una consustanziazione, ossia una specie di presenza di Cristo nel pane e nel vino. A questo punto, subodorando la magagna, dico: “visto che tu hai apprezzato i versetti biblici, cara Martina, ti chiedo, ma cosa è per te la Bibbia? Lei prontamente mi risponde: “La Bibbia è tutto, è una rivelazione completa, pertanto non c’è bisogno di nient’altro, né di documenti, né proposizioni, né dogmi o asserzioni presunte”. “Martina, scusami -ribatto io- visto che dici di conoscere bene la Sacra Scrittura, ma in quale passo è scritto questo?” “Ma guardi, mi risponde, lo ritengo evidente. La presunta Tradizione è da evitare … rappresenta un’aggiunta papista non sostenuta dalla Bibbia”. Figlia cara, ribatto io, la Tradizione è tutto ciò che non è scritto nella Bibbia, conservato per ininterrotta trasmissione orale e scritto successivamente in vari documenti della Chiesa, in parte divenuto articolo di Fede in seguito alla proclamazione di dogmi da parte del Papa o di atti di Concili. Non ha valore … e perché? C’è forse un passo, un capitolo, un versetto della Bibbia che dica di essere l’unica fonte della dottrina? Dimmi dove questo è scritto!!…” “… non saprei,… no non c’è”. Cara Martina, alla fine del vangelo di San Giovanni si afferma esplicitamente ed espressamente che tutti i libri del mondo non basterebbero a contenere l’immensità della Rivelazione divina, e che le poche cose scritte sono state scritte per la salvezza degli uomini, perché credendo abbiano la salvezza nel nome di Cristo”! “Vi sono ancora molte altre cose compiute da Gesù, che, se fossero scritte una per una, penso che il mondo stesso non basterebbe a contenere i libri che si dovrebbero scrivere”. (Giov. XXI, 25) … “ma quella di Giovanni è una semplice figura retorica “… “Beh, visto che tu capisci tutto e tratti il Vangelo come un qualunque testo letterario e non come parola di Dio”; “no, no, aspetti … sì, è parola di Dio, ispirata non dettata”.  “Cara Martina, Dio quindi ha parlato a patriarchi, profeti, apostoli, ma ti chiedo ancora … Gesù, ai suoi Apostoli in particolare, ha mai ordinato di scrivere”? “Ma … non c’è la prova …” risponde lei imbarazzata, “E allora come mai sono stati scritti? Una cosa ascoltata o vista da persone diverse, viene raccontata o descritta in modo diverso, anche perché fatto in tempi diversi … l’ispirazione quindi non preserva da imprecisioni o inesattezze umane. Ciascuno ha scritto quello che ricordava. Ad esempio in San Matteo i ladroni che insultavano Gesù erano due, mentre in San Luca era uno solo, mentre l’altro Lo implorava di ricordarsi di lui … la parola di Dio si contraddice forse?” “Ah,no … non è possibile …”! “Ecco, vedi che discrepanze del genere provano che i due Autori attingono alla medesima tradizione, ricordata in modo diverso evidentemente … Questo dimostra quindi la priorità della Tradizione sulla Scrittura, che tu pensi di conoscere solo perché ogni tanto citi qualche versetto con il quale sei stata imbeccata … e ancora, perché S. Paolo scrive: “Restate saldi… e conservate le tradizioni che vi sono state insegnate, sia a VIVA VOCE, sia per iscritto” (II Tess. II, 14)! “E poi, Martina, perché le Traduzioni della Bibbia in tutte le lingue volgari senza conservare gli originali autentici?” Qui con aria seccata, un po’ saccente, esplode: “.. la Chiesa papista aveva vietato le traduzioni per mantenere il suo controllo autoritario … la gente spasimava per poter leggere la Bibbia, ma non poteva perché solo pochi dotti conoscevano le lingue antiche …”. Qui si inserisce la Caterina, mia nipote, un po’ a sorpresa: “… e quali conseguenze ha avuto la diffusione della Bibbia tradotta in tutte le lingue … finalmente a disposizione di tutti, grazie all’invenzione della stampa? La conseguenza più funesta è stata, ovvio, l’interpretazione a proprio piacimento, col risultato di una confusione babelica, quello che volevano appunto i settari, e che la Chiesa voleva evitare e che faceva sia con la spiegazione corretta ed univoca dei Padri e dei dottori riconosciuti, sia di Occidente che d’Oriente, sia con la Storia Sacra divulgata con mezzi visivi (sculture e affreschi …) e sonori (canti inni e mottetti sacri)! Dalla materna sollecitudine della Chiesa, la gente, anche se analfabeta, poteva imparare tutto quello che c’era da sapere per salvare l’anima”. “E già – riprende col viso congesto Martina – solo quello che serviva al potere papista … la Bibbia doveva essere alla portata di tutti! …”. Ma si doveva pure interpretare! “A questo ci hanno pensato Lutero ed i vari interpreti protestanti …”. “E tu, cara Martina, tu ritieni di saperla spiegare meglio dei vari Papi e dei dottori della Chiesa? Ma che modestia … e chi ti da l’autorità e la certezza che la tua interpretazione sia corretta?”. “… e poi vorrei farti un’altra domanda elementare, (ma d’altra parte, io che sono oramai “al lumicino”, posso permettermi solo questo …). Scusami, Martina, ma … Cristo è un’unica Persona? E perché avrebbe dovuto fondare più chiese?”. “Si, ma le ha fatte fondare dai suoi Apostoli” “… e che cos’è la Chiesa?” … “La Chiesa è comunità dei credenti”, mi risponde prontamente” … “ma credenti in cosa”? ribatto io … le varie confessioni divergono tra loro in fatto di dottrina, come possono costituire una comunità? … ci sono quindi credenze correte ed altre non corrette … dunque sono portato a pensare che alcune confessioni sbagliano, visto che pare ce ne siano in giro circa sedicimila!?! … lo scopo delle sedicimila sette è quindi solo negativo, cioè niente carità, niente verità, solo unione per distruggere la Chiesa unica e vera, quella Cattolica romana, in combutta con le conventicole esoteriche, gnostiche e mondialiste. E allora se nelle varie confessioni ci sono dottrine false, qual è la vera dottrina?”. “Ma è quella luterana epurata dagli errori papisti” mi risponde piccata!. “Perdonami ancora, Martina, ( … ho come il sospetto che cominci ad infastidirsi …) ma se il Fondatore è unico, doveva lasciare la continuazione della sua opera ad un suo Vicario, e questi ad un altro dopo di lui e così via … e visto l’importanza dei Martiri era ovvio che il luogo che aveva visto il martirio del primo Vicario, dovesse essere il cuore della Chiesa”. “Ma questo non dimostra che il vicario debba essere necessariamente il Vescovo di Roma!”, mi rintuzza altera! “E chi dovrebbe essere secondo te? Tutti i successivi Vicari di Cristo: Lino, Cleto, Clemente, Sisto e … fino a S. Marcello I (mi rivolgo a Mimmo che assiste …, un po’ “sulle spine” e via via sempre più paonazzo a questo dialogo) prima di Costantino il Grande, che ufficializzò poi il culto nell’Impero, sono morti martiri a Roma (l’unico a non essere ucciso, ma solo per caso, fu il diciassettesimo: Papa S. Callisto). E sempre a Roma, il centro della Chiesa, designato da Cristo stesso. il Signore Gesù, che, apparso a S. Pietro che fuggiva dalla furia neroniana, appena fuori Roma, alla richiesta: “quo vadis Domine?”, risponde “… a farmi crocifiggere di nuovo a Roma, al tuo posto”. Allora Pietro comprende il senso della missione affidatagli e ritorna a Roma per affrontare impavido il martirio sulla croce a testa all’ingiù”. “Ma è solo una leggenda, sbotta ancora Martina!”. “Certo tutto il Cristianesimo è una leggenda, come vuole la “riforma” dalla quale nasce lo scetticismo, la secolarizzazione, il rifiuto del soprannaturale, il nulla per finire nel pleroma o nell’ensof! Infatti le filosofie successive, provenienti dalle conventicole dei rosa+croce e dallo gnosticismo giudaico-massonico, dal naturalismo al nichilismo, attraverso i secoli, sono state generate dal pensiero protestante, ferocemente anti-tomistico, così come lo sfruttamento dei popoli mascherato da lotta di classe, e finanche il “modernismo” infiltratosi subdolamente nella chiesa di Cristo, Una, Santa, cattolica, Apostolica Romana … ma di questo parleremo un’altra volta. E poi che cosa è una leggenda? È “ciò che si legge” si legge ciò che è stato scritto per tramandarne la memoria, perché era un fatto buono, di amore, che non andava dimenticato … sono le radici della nostra cultura, del nostro essere, del nostro esistere. Leggende autentiche, di verità, di apparizioni, di miracoli. Ma credendo solo in una Bibbia manipolata a proprio uso e consumo, mutilata, interpretata da chiunque, anche senza essersi sottoposto alla prova del palloncino per verificarne il tasso alcoolemico … è così che il ramo amputato dalla vite si secca e muore per essere gettato nel fuoco”. E a proposito di alcool, stanco di blaterare, invito la bellicosa Martina a bere con me un “goccetto” di buon vinello nostrano, tanto per lubrificare le corde vocali, ma lei … non capisco perché … rifiuta! E poiché vedo che Mimmo la porta via imbarazzato e celere, la invito a tornare per poterle chiedere delle altre stranezze, che puzzano di eresia da un miglio di distanza, da lei professate. Direttore, prosit! Saluti e … sentirà, … ne vedremo ancora di belle!

 

 

 

denunciare i lupi

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Denunciare i lupi!!

  1. Tommaso d’Aquino insegna l’obbligo per un cattolico

di denunciare i peccatori:

 

Per la pubblica denunzia dei peccati dobbiamo distinguere. Infatti i peccati sono o pubblici od occulti. Se sono pubblici non si deve provvedere soltanto al colpevole perché diventi più onesto, ma anche agli altri che sono a conoscenza del peccato perché non ne siano scandalizzati. Perciò questi peccati devono essere rimproverati pubblicamente, stando all‘esortazione dell‘Apostolo [1 Tm V, 20]: «Quelli che risultano colpevoli riprendili alla presenza di tutti, perché anche gli altri ne abbiano timore»; parole queste che, secondo S. Agostino [ De verbo. Dom. xvi, 7.] si riferiscono ai peccati pubblici.

Se invece si tratta di peccati occulti, allora valgono le parole del Signore: «Se il tuo fratello commette una colpa contro di te» (Matteo, XVIII,15): poiché quando uno offendesse te pubblicamente davanti agli altri, allora non peccherebbe solo contro di te, ma anche contro gli altri, turbandoli. Siccome però anche con i peccati occulti si può predisporre l’offesa di altri, dobbiamo qui suddistinguere. Infatti ci sono dei peccati occulti che causano al prossimo un danno, corporale o spirituale: quando uno, p. es., tratta segretamente la consegna della città al nemico; oppure quando un eretico privatamente distoglie i credenti dalla fede. E poiché in tal caso chi pecca segretamente non pecca solo contro di te, ma anche contro gli altri, bisogna subito procedere alla denunzia, per impedire tale danno: a meno forse che uno non fosse fermamente persuaso di poterlo impedire con un’ammonizione segreta. (Summa, II-II, q. 33, art. 7.) .

Senza la vera fede è impossibile piacere a Dio.

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Senza la vera fede è impossibile piacere a Dio

   “La virtù della fede, fondamento di una vita cristiana, ci dà una certezza assoluta delle verità che noi crediamo; una certezza più assoluta di quella che si basa sulla testimonianza dei nostri occhi e della ragione: essa poggia su Dio, la cui parola non può fallire, e sulla Chiesa, che è similarmente infallibile quando ci insegna la sua parola. ”

[Rev.do p. Francois Xavier Schouppe S.J. (fonte: “Brevi sermoni per le Messe basse della Domenica” Esposizione metodica della dottrina cristiana, composta da quattro serie: A, p. 290, London: Burns & Oates, Imprimatur 1883].

“Essere un vero Cattolico significa possedere il più saldamente tutte quelle verità che Cristo e suoi Apostoli hanno insegnato, che la Chiesa Cattolica ha sempre proclamato, che i Santi hanno professato, che i Papi e i Concili hanno definito, e che i Padri e Dottori della Chiesa hanno difeso. Colui che nega o esita nell’accettare anche una sola di quelle verità, non è cattolico. Egli afferma così di esercitare il diritto di giudizio privato per quanto riguarda la dottrina di Cristo, e quindi è un eretico. Il vero cattolico riconosce e crede che non ci possa essere nessun compromesso tra Dio e il diavolo, tra verità ed errore, tra la fede ortodossa ed eresia!”

[-fr. Michael Mueller, C.SS. R., A.D.1880]

Omelia della Domenica in Albis e I dopo Pasqua

san Tommaso A.

Omelia della Domenica in Albis e I dopo Pasqua

-Dio si vede-

   Allorché Gesù Cristo risorto, glorioso trionfatore della morte e dell’inferno, apparve a porte chiuse ai suoi discepoli, ov’erano congregati, non era con essi Tommaso; ed eglino al suo arrivo presero a narrargli la prodigiosa comparsa del divino Maestro, l’annunzio di pace, la vista delle sue mani e del suo lato, ed il gaudio di cui erano stati ripieni: ed egli, “se non vedrò, disse, nelle sue mani l’apertura dei chiodi, e nel suo lato quella della lancia, ed entro non vi porrò il dito e la mano, alle vostre parole non presterò fede”. Per guarire l’incredulità di Tommaso si degnò comparire per la seconda volta il buon Redentore, ed entrato a porte chiuse, ov’era Tommaso con tutti gli altri discepoli, annunziata di nuovo la pace, rivolto a Tommaso, “ecco, disse, le mie mani, ecco il mio fianco, appressati, e metti pure e dito e mano nelle mani mie, e nel traforato mio petto, e cessa d’essere incredulo, e impara ad essere fedele”. Tommaso allora, io credo, esclamò, voi siete il mio Signore e il mio Dio. “Dominus meus, et Deus meus”. Ah Tommaso, ripigliò Gesù, tu credi, è vero, ma dopo aver veduto: beati coloro che senza il testimonio de’ sensi credono alla rivelata verità. Ma l’apostolo Tommaso, entra qui S. Gregorio magno (Hom. 26 in Evang.), non fu del tutto incredulo. Altro fu ciò che vide, altro ciò che credette. Vide e palpò l’umanità del suo Signore, ma confessò credendo la sua divinità, che veder non potea – qui facciam punto, uditori umanissimi. Qual fu quella di San Tommaso, nel senso del citato Gregorio, tale desiderio che sia la vostra fede. Dalle create cose, che sono sotto i vostri occhi, io vorrei che ascendeste a vedere quel Dio che le trasse dal nulla. Questi ingannati figliuoli degli uomini van dicendo, che Dio non si vede! Dio non si vede da chi veder nol vuole; ma dalla vista di tutto il creato si vede Dio, come lo vide Tommaso dalla veduta umanità del Salvatore. Dio dunque si vede, che mi accingo a dimostrarvi, se mi seguite cortesi con tutta attenzione.

Dio si vede. Non parlo d’Abramo, che vide per lume superno nella pienezza dei tempi Iddio liberatore, e il giorno in cui doveva spuntare per la salvezza del mondo. “Vidit et gavisus est” (Joan. VIII, 56). Non parlo di Isaia, che vide il Signore assiso su di un trono sublime, adorato da tutte le angeliche intelligenze. Non parlo dell’evangelista S. Giovanni, che estatico Lo contemplò nell’isola di Patmos, né di tanti altri profeti che in simboli Il videro, e in misteriose figure, e perciò si chiamarono veggenti. Cessate son le profezie, i simboli, le figure. Iddio ora in altro modo si vede. Si vede non con gli occhi del corpo, ma con quelli dell’intelletto. Cogli occhi del corpo né si vede, né veder si può, perché Iddio, purissimo spirito, affatto esente dalla materia, non è oggetto proporzionato all’organo materiale degli occhi corporei. Se alcun di noi volesse veder con gli occhi il suon di un musicale strumento, o veder con l’orecchio una statua, una pittura, si renderebbe ridicolo. Agli oggetti diversi vanno applicati i diversi sentimenti del corpo, e perciò siccome con l’occhio non può vedersi il suono di una cetra, lo squillo di una tromba; così con l’occhio stesso non si può vedere Dio, perché oggetto non proporzionato a quest’organo, perché spirito affatto immateriale, purissimo, semplicissimo.

Se Dio però è necessariamente invisibile all’occhio corporeo, agli occhi della mente Egli è visibilissimo. Quante cose da noi si veggono coll’intelletto, sebben non si veggano cogli occhi del corpo! L’anima puro spirito non è visibile agli occhi nostri, e pur si vede cogli occhi dell’intelletto e della ragione. Per adattarmi alla capacità di tutti, portiamoci col pensiero a piè del soglio di Salomone. Ecco qui due madri che contrastano per due bambini, uno vivo e l’altro estinto. Ditemi in qual di questi due si trova l’anima? In questo corpicciuolo pallido, freddo, contraffatto? Non già. In quest’altro, voi dite, rubicondo, vezzoso, qui è l’anima che gli dà vita, grazia e movimento. E come osate ciò asserire, se l’anima non è visibile, se non la vedete? La vediamo ben chiaro nel colore del volto, nella vivacità dello sguardo, nel riso, nel moto, nel gesto.

Voi vedete la faccia altrui, dice S. Agostino (Tract. 75 in Joan.), e non vedete la vostra. Per l’opposto voi non vedete l’altrui coscienza, l’intenzione, il pensiero altrui, e pur vedete la coscienza vostra, il vostro pensare, le vostre affezioni, le vostre tendenze, e quanto si aggira nella vostra mente, nella vostra memoria, nel vostro cuore. E come vedete tutto ciò? Colla vista intellettuale della vostr’anima ragionevole. Si presenta al vostro sguardo una nave, dice il romano oratore, che in alto mare appena spunta sull’orizzonte: vedete che al variar dei venti, varia le vele, che si tiene salda contro i flutti, i turbini e le procelle, che a tenor dell’arte nautica regola il proprio corso, e voi dite, quella nave è ben governata da bravo nocchiero. Se foste richiesti, come potete asserire, che sta al governo di quella nave un esperto nocchiero che non si vede, e appena da voi si scopre la nave stessa? Lo veggio, francamente risponderebbe ciascuno di voi, lo vedo con gli occhi di mia facoltà intellettiva, coll’uso della mia ragione, la quale mi insegna essere cosa impossibile, che quella nave fra tanti e così diversi accidenti di mar tempestoso, di fieri contrasti, di minacciose procelle, possa tenersi forte, e così ben regolare il suo corso, senza la mente, la mano, la direzione di un valente pilota.

Così premesso e ben inteso, ritorniamo al nostro argomento. Sono presso a sei mila anni che esiste questo globo terraqueo, equilibrato sopra se stesso in mezzo all’aere. Sono anni altrettanto che il sole, ogni giorno, secondo la frase dell’Ecclesiaste, spunta dall’oriente, tramonta all’occaso, si aggirano sul nostro capo la luna, le stelle, i pianeti. Or io domando: chi ha dato il moto a questi corpi di mole immensa? La materia per se stessa è inerte, non può mettersi in movimento senza impulso d’un estrinseco agente. Questo agente si dee necessariamente supporre che abbia in sé una innata virtù di dare ai corpi il moto, senza bisogno di altro movente, per non risalire ad una successione infinita, ch’è un assurdo che offende il buon senso, e ripugna alla ragione. Questo libero agente dunque è una prima cagione, eterna, che esiste da sé, che a quei corpi materiali, ai quali è dato l’essere, diede ancora il movimento, e questo primo agente, e questa causa motrice è Dio. Son presso a sei mila anni che la terra si veste di erbe, si adorna di fiori, biondeggia di spighe, e di tanti frutti è feconda; erbe e frutti che agli uomini, ai quadrupedi, ai volatili, ai rettili, somministrano opportuno alimento; erbe e frutti che in se stessi conservano i semi, onde riprodursi e moltiplicarsi a pro di tutte le creature viventi. Domando or di nuovo, chi ha introdotto al mondo questa tanto ben ordinata armonia tra cielo e terra, tra elementi e piante, tra stagioni e stagioni, tra uomini ed animali? Chi è l’Autore d’un ordine così sorprendente? Chi lo mantiene con tanta costanza, che il corso di tanti secoli non ha potuto alterare d’un punto? Se così asserite, perché non affermate altrettanto allorché con stupore ammirate la struttura magnifica d’un superbo palazzo? Perché lodate il saggio architetto? Perché non dite piuttosto che è spuntato da terra a guisa d’un fungo? Perché incontrandovi con un bel quadro encomiate l’eccellente pittore, e non attribuite invece l’egregio lavoro ad un accidentale rovescio di colori, così a caso accozzati?Possibile che in tutte le opere dell’arte si ravvisi un autore, e non si riconosca poi in tante meraviglie, che ci presenta la natura?

Leggete il gran libro del mondo, come lo leggeva un S. Antonio Abate. Nel mare, ne’ fiumi, ne’ monti, nelle piante, ne’ fiori, riscontrava egli le orme parlanti d’una Sapienza creatrice, che il tutto regge, che governa il tutto a benefizio dell’uomo, e che alla sua provvidenza per le necessità dello stesso unisce il comodo che lo solleva, il gusto che lo conforta, il bello che lo ricrea.

Della grandezza delle create cose, dice lo scrittore della Sapienza, e dalla loro bellezza è facile conoscere e vedere in quelle il volto e la mano del creatore che li formò. “A magnitudinis speciei, et creaturae cognoscibiliter poterit Creator horum videri! (Sap. XIV). L’essenza di Dio, soggiunge S. Paolo, l’onnipotenza, e tutti gli altri suoi infiniti attributi sono al nostro sguardo invisibili, ma dall’uomo ragionevole, per mezzo delle cose create, se ne acquista l’intelligenza, e coll’intelletto si conoscono e veggono. “Invisibilia ipsius a creatura mundi, per ea quae facta sunt, intellecta conspiciuntur” (Rom. I, 20). Si conosce da questo, prosegue lo stesso Apostolo, l’eterno potere, e la divinità di Colui che le produsse, “sempiterna quoque eius virtus, et divinitas”; così che coloro che veder nol vogliono si fan rei di una cecità inescusabile, “ita ut sint inexcusabiles”. Fin qui l’Apostolo delle genti. Queste divine cose invisibili le conobbe pure col lume della natura e della grazia la verginella e martire S. Barbara. Per ea, leggiamo nella sua storia, “per ea quae visibilia facta sunt, divina opitulante gratia, ad invisibilia pervenit.” Rapita quest’anima pura dalla beltà, dalla magnificenza, dall’ordine, dal concerto delle visibili creature, da queste, come per via di gradi, salì a contemplare e a conoscere le altissime invisibili divine perfezioni, fino a consacrare a Dio il giglio della sua verginità, eleggendoLo per isposo, fino a tenersi costante nelle più fiere persecuzioni, e ne’ più atroci tormenti, fino a lasciare il capo e la vita sotto la spada del proprio crudelissimo genitore.

Perché voi dunque, direi a taluni, nello spettacolo meraviglioso della natura non vedete Dio? Quel Dio che le trasse dal nulla? Ecco il perché: avete, come dice l’Apostolo, l’intelletto oscurato dalle tenebre degli errori, che corrono in questo secolo. Il peccato, le ree passioni vi han posto una benda che vi accieca: il fuoco de’ sensuali piaceri manda un fumo sì denso, che, secondo la frase del reale Profeta, non vi lascia vedere neppur la luce del mezzo giorno. “Supercecidit ignis, et non viderem solem”. Come volete vedere Dio nello specchio delle creature, se le creature da Dio proibite sono il vostro idolo? Se, per far tacere i rimorsi della rea vostra coscienza, dite nel vostro cuore che Dio non esiste? Lo dite nel cuore, lo so, per iniquo desiderio di perversa volontà, dir nol potete per convincimento e persuasione del vostro intelletto. E pur il dite. E perché? È facile il conoscerlo. Perché coll’idea di un Dio per voi chimerico, vorreste sottrarvi alle sue minacce vorreste respirare l’aura lusinghiera di una piena libertà di coscienza: perché questo Dio, che negate, amareggia i turpi vostri piaceri: perché avete tutto il motivo di temerlo nemico, e giusto punitore dei vostri misfatti: ond’è che a vostro dispetto, anche non volendo, Lo conoscete, ma in un’oscura idea tumultuosa, senza merito, e senza profitto.

Cristiani devoti, da questo tratto che non fu per voi, ritorno a voi. Iddio si vede col cuore, dice S. Agostino citando quelle parole evangeliche:“Beati mundo corde, quotiam ipsi Deum videbunt” (De serm. dom. in mont. c. 2), e come l’occhio corporeo non può distinguere gli oggetti sensibili, se non è purgato dalle fecce e dall’immondezze; così un cuor che dalle macchie del peccato, e da ree affezioni purgato e mondo non sia, non può vedere Dio con merito nella vita presente, e nol vedrà per castigo nella vita futura. Volete fin d’ora vedere Dio cogli occhi dell’anima? Conchiude S. Agostino, Lo vedrete, ma prima pensate a purgare il cuore: “Deum videre vis? Prius cogita de corde mundando” (Serm. 173. De temp.). Un cuor puro, un cuor mondo chiedeva al Signore il penitente Profeta. Un cuore puro per battesimale innocenza, o mondato per sacramentale penitenza, egli è come un nitido specchio che vede in sé rappresentata l’immagine di Dio. Iddio che abita in un cuor innocente, o in cuor ravveduto, si fa conoscere colla luce, che gli comunica, colla pace di cui lo riempie. Ah dunque, fedeli amatissimi “mundemus, ci esorta l’Apostolo Paolo, “mundemus nos ab omni inquinamento carnis, et spiritus” (2 ad Cor. VII, 1). Purghiamoci da ogni lordura d’opera carnale, da ogni infezione e traviamento di spirito, e per tal mezzo vedremo Dio in tutto il creato, Lo vedremo rappresentato, dice il citato Apostolo, come in lucido specchio:“Videmus nunc per speculum in aenigmate” (1 Cor. XIII, 12), Lo vedremo cogli occhi dell’intelletto e della fede, per vederLo poi “facie ad faciem” nella beata eternità, che Dio ci conceda!

Lettera di S. Atanasio al suo gregge (IV secolo d.C.)

S. Atanasio

Lettera di S. Atanasio al suo gregge (IV secolo d.C.)

“Dio solo vi consoli! … Che cosa vi rattrista… è il fatto che altri hanno occupato le chiese con la violenza, mentre voi, durante questo periodo, ne siete fuori? È un dato di fatto che essi hanno i locali: ma voi avete la Fede Apostolica! Essi possono occupare le nostre chiese, ma sono al di fuori della vera Fede. Voi rimanete fuori dai luoghi di culto, ma la Fede abita in voi! Prendiamo in considerazione: che cosa è più importante, il luogo o la Fede? La vera Fede, ovviamente! Chi ha perso e chi ha vinto nella lotta: colui che occupa gli edifici, o colui che custodisce la Fede? Vero è che le premesse sono buone solo quando è predicata la Fede Apostolica: tutto è santo, quando tutto si svolge là in modo Santo…

Voi siete coloro che sono felici: voi che rimanete all’interno della Chiesa della vostra Fede, che vi attenete saldamente ai fondamenti della Fede che vi proviene dalla Tradizione Apostolica. E anche se un’esecrabile gelosia ha cercato di scuoterla in tante occasioni ed in diversi modi, non è riuscita nell’intento! Ma sono essi che hanno deviato dalla Fede, allontanandosene nella crisi attuale! Nessuno mai prevarrà sulla vostra Fede, amati fratelli! E noi crediamo pure che Dio ci ridarà indietro le nostre chiese un giorno.

E quanto più violentemente essi cercano di occupare i luoghi di culto, tanto più essi si separano dalla Chiesa. Essi sostengono di rappresentare la Chiesa, ma in realtà, da se stessi se ne stanno espellendo, andando fuori strada. Anche se i Cattolici fedeli alla Tradizione sono ridotti ad una manciata, essi sono la vera Chiesa di Gesù Cristo”!

(Coll. selecta SS. Eccl. Patrum, Caillau e Guillou, vol. XXXII, pp. 411-412)

La strana sindrome di nonno Basilio -12

nonnoCaro direttore, mi permetto oramai, indegnamente, di fregiarmi del titolo di suo amico, non so se la cosa le faccia piacere … spero di si, perché per me oramai lo è! Riflettevo qualche giorno fa sull’espressione che ripetutamente Gesù nel Vangelo cita: “Chi ha orecchie per intendere, intenda!”… e alla mia povera mente, non le saprei dire perché, si presenta la figura del profeta Giona per il quale si staglia alla perfezione il detto: “non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire”, pare oggi molto in voga, specie in certi ambienti che è meglio non specificare, ma che lei saprà certamente individuare. Giona (che significa “colomba”) inviato a Ninive, è figura degli Apostoli inviati a predicare il Vangelo ai pagani, ci diceva lo Zio Tommaso, di Gesù stesso che restò tre giorni e tre notti nel sepolcro, come Giona nel ventre della balena, e dello Spirito Santo che scese su Gesù sotto forma di colomba … ma … “attenzione, -interviene Caterina all’improvviso, non essendomi accorto del suo ingresso in sala- una colomba che vola verso l’alto a testa in su, … perché a testa in giù, come in certe insegne liturgiche attuali, tipo la croce pettorale dell’usurpante “Ciccio formaggio” [la solita macchietta di Mimmo!?!], rappresenta ben altro spirito …, quello della colomba del satanico O.T.O., … per non dire del baphomet rappresentato sulla stessa croce pettorale” (… direttore, ma che vorrà mai dire, boh !?). “La conversione di Ninive – dialogo quindi con Caterina – è figura di quella di Roma destinata ad essere la capitale della Nuova Alleanza. Gesù stesso, agli ebrei che gli chiedevano un segno, rispose: “vi sarà dato il segno di Giona il profeta: come infatti Giona è stato ingoiato nel ventre di una balena per tre giorni e tre notti, così il Figlio dell’uomo sarà [sepolto] nel seno della terra tre giorni e tre notti” (Mt., XII, 39-40). Gesù, citando Giona, annuncia la sua morte, la sepoltura e la resurrezione. La missione di Giona continua quella dei profeti a lui anteriori, i quali avevano minacciato sventure (d’altra parte questo è il ruolo del profeta!), castighi per i peccati di Israele, specialmente per i peccati di idolatria e d’infedeltà a Dio. Ma gli ebrei non avevano voluto credere ai profeti e non si erano convertiti. Allora Dio, prima di scatenare la sua collera, fa un ultimo tentativo: suscita un nuovo profeta, Giona, e lo manda a Ninive, la grande metropoli pagana, una specie di New York dell’epoca, una delle più importanti in quei tempi, ricca di ogni corruzione (come oramai la quasi maggioranza delle nostre città e cittadine nostrane attuali!). I Niniviti si convertiranno, a differenza degli ebrei che non avevano voluto convertirsi quando erano stati inviati loro gli altri profeti, anzi li avevano perseguitati ed uccisi”. Ricordo brevemente i fatti narrati, soprattutto a beneficio di mio nipote, giunto inatteso, Mimmo, un testone, carentissimo in fatto di conoscenze bibliche: “Il Signore dice a Giona: “Va’ a Ninive, rimprovera ai suoi abitanti la loro iniquità e poi ritorna a Me”. Giona si alza, ma invece di obbedire, fugge lontano da Dio, in direzione opposta a Ninive, verso Tarsis, nella Spagna meridionale, allora estremo limite della navigazione mediterranea. Certamente Giona, formato da Elia, sapeva che Dio è Onnipresente, ma da buon “pio-israelita” pensava che, in virtù dell’Alleanza stipulata con Abramo, non sarebbe mai intervenuto fuori della Giudea. Egli pensava che, una volta fuori della Giudea, Dio lo avrebbe lasciato in pace. Ma perché mai non voleva predicare ai Niniviti? San Girolamo (in: Commento su Giona, Prologo, P.L., t. XXV, c. 1.117) lo spiega così: “Innanzi tutto si vedeva sminuito nella sua dignità profetica, essendo egli trasferito presso i pagani. Tutti gli altri profeti erano stati inviati in Israele, Giona, invece, era … diciamo … declassato, poiché inviato in Assiria, a Ninive! Inoltre lo Spirito Santo gli aveva rivelato che la conversione dei pagani avrebbe segnato la fine del primato di Israele. Per Giona, che, pur essendo un profeta, era pur sempre un uomo e un “pio israelita’, questo era un compito ingrato; non se la sentiva! Infine Giona sapeva bene che ‘Dio è misericordioso, paziente, sempre pronto a perdonare chi si pente’, ed è proprio per questo che non voleva andare a Ninive, per rispetto umano o paura che, qualora essa si fosse pentita, Dio l’avrebbe perdonata e lui avrebbe fatto una figura meschina”. Giona, quindi, si imbarca per traversare il Mediterraneo e andare addirittura verso la Spagna meridionale. Ma Dio non è d’accordo … fa sollevare una grande tempesta! Tutti i passeggeri, che sono pagani, sono presi dal panico, mentre solo Giona resta indifferente, poiché, tormentato dal rimorso di aver disobbedito a Dio, è noncurante di ciò che succede attorno a lui e, per la tristezza, si addormenta. Il capitano della nave, anche lui un pagano, meravigliato da tanta calma, lo prende per un “santo” e lo invita a pregare il “suo” Dio. Giona comincia a pregare, ma la tempesta non cessa. Allora i pagani pensano che quella tempesta sia l’effetto dell’ira di chissà quale divinità offesa, e tirano a sorte per sapere chi ne sia il colpevole. La sorte cade su Giona. I marinai gli chiedono allora che cosa fare per calmare la collera di Dio, ed egli risponde: “prendetemi e gettatemi in mare. Infatti so che è a causa del mio peccato che la tempesta si è sollevata”. I marinai, pur se addolorati, lo gettano in mare, che immediatamente si calma ed allora una balena ingoia il profeta. Giona, nel ventre della balena, prega Dio, Gli chiede perdono e promette di fare la sua volontà. Dio allora comanda alla balena di “sputare” Giona sulla riva del mare. Giona, questa volta, non avendo altra scelta, si reca a Ninive e predica la penitenza per i peccati che vi si commettono. Ninive era talmente grande che ci volevano tre giorni di marcia a piedi per percorrerla da un capo all’altro … e pensare che allora non c’era il traffico automobilistico! … Giona durante la sua “marcia” non cessa di gridare: “Ancora quaranta giorni e Ninive sarà distrutta”. I Niniviti, impressionati sia dal messaggio che dalla gravità del messaggero, si pentono e fanno penitenza dei loro peccati, credendo in Dio. La cosa giunge sino alle orecchie del re: ossia il popolo comincia il “pentimento”, Dio lo accetta e decide di non distruggere Ninive; poi interviene anche il re (come nel Natale di Gesù prima vanno ad adorarLo i pastori, poi tre re pagani). Questo per farci capire che il regno di Cristo non domina solo sulle singole anime, ma su tutta la società, poiché l’uomo è creato “animale socievole” e quindi in società, sotto la legittima autorità, e non solo in privato, deve dare a Dio il culto dovutoGli. Anche il re fece pubblica penitenza, si rivestì di sacco e si cosparse il capo di cenere. Ecco perché Gesù porta i Niniviti ad esempio contro i Giudei del suo tempo: mentre i Niniviti, che erano pagani, si convertirono di fronte alla predicazione di Giona, un semplice profeta, i Giudei non vollero convertirsi di fronte alla predicazione di Gesù Cristo, vero Dio e vero Uomo. Questo episodio ci fa capire che già nell’Antico Testamento si preparava la missione “ad Gentes”, s’iniziava l’universalismo religioso del Nuovo Testamento”. Sempre rivolto alla mia cara nipote, con un sorriso di compiacenza, continuo: “Gesù e san Paolo l’hanno promulgato e praticato, ma era già nello spirito del Giudaismo mosaico, totalmente diverso da quello talmudico cabalistico, che idolatra Israele e odia i goym (in particolare noi stupidi ed insulsi –secondo loro- Cristiani!). Il Giudaismo attuale, per quanto possa ricordare, ha rotto con Mosè ed i profeti, ha assorbito culti pagani, idolatri e frutto di superstizione, mutuati dai popoli loro confinanti e dalle peregrinazioni erranti a cui erano sottoposti, ed in particolare è impregnato da dottrine gnostiche, cioè della dottrina del serpente primordiale. In realtà il vero Giudaismo con Mosè e tutti i profeti annunciava Cristo e la Chiesa, che è il vero e nuovo Israele, secondo lo spirito e non secondo la carne. I Sommi Sacerdoti, gli scribi e i farisei-sadducei hanno crocifisso Gesù, e la storia continua nella sua Chiesa, Corpo mistico di Cristo. È proprio ciò che Gesù rimprovera ai Giudei del suo tempo: “i pagani di Ninive fecero penitenza, e voi no; perciò inciampando nella Pietra angolare,“morirete nel vostro peccato” l’orgoglio (il peccato massimo, come recita il salmo XVIII): il rifiuto del Messia, che perdura tuttora! “Le vicende attuali, ricorda Caterina, evidentemente ben ferrata sull’argomento, ci mostrano che nulla è cambiato, lo stesso odio che animava i Giudei increduli duemila anni fa contro Cristo, anima quelli increduli di oggi contro la Chiesa e contro chi, come Giona, predica la verità, la penitenza, Gesù Cristo, unico Salvatore dell’uomo, sia pagano, sia ebreo. Roma, come Ninive, si è convertita, prima il popolo, poi Costantino; invece Gerusalemme, tranne il “piccolo resto” degli Apostoli e dei primi discepoli cristiani, con qualche sporadico caso nel corso dei secoli, si è indurita (prima i sacerdoti, poi il popolo) nel rifiuto di Cristo”. Mimmo, che sembra avere un impegno urgente, sollecita la conclusione del discorso … “Giona, dopo aver terminato la sua missione di tre giorni, scappa da Ninive, ha paura di essere distrutto assieme ad essa, si rifugia su una collina abbastanza, ma non troppo, lontana, per veder, al sicuro, il castigo della città. Passano quaranta giorni e Ninive non è distrutta. Allora Giona si rattrista e si incollerisce, teme di fare la figura del brocco, falso profeta. “Giona ha paura delle umiliazioni – interviene ancora Caterina – e chiede a Dio di farlo morire. Dio, allora, gli dà una piccola lezione: fa nascere un albero di ricino che lo ripari dal sole; in una sola notte spunta e diventa alto e frondoso, in modo da poter far ombra al profeta che lo apprezza grandemente; però il giorno dopo, Dio manda un verme che, rodendo le radici dell’arbusto, lo fa seccare. Il sole sorge implacabile, un vento di scirocco caldo comincia a soffiare e rende l’aria insopportabile. Giona ne è talmente “sciroccato” che di nuovo comincia a pregar Dio di ritirarselo da questo brutto mondo. Dio lo interroga: “Credi che tu possa indignarti perché un alberello si è seccato?”. Giona risponde di sì! Dio lo rimprovera dicendogli: “Tu sei in collera perché un alberello che è nato in una notte, senza alcuna tua fatica, è seccato in un giorno. E tu vorresti che Io assista, indifferente, alla distruzione di questa enorme città con i suoi abitanti che si son pentiti?”. Uscito Mimmo, anche lui “sciroccato”, cerco di trarre le opportune considerazioni. Mi rivolgo all’attenta Caterina e continuo a dire: “questo libro biblico ispirato vuole farci capire il mistero della Misericordia di Dio verso gli uomini, anche i più disgraziati, anche i pagani o non-ebrei, che riconoscono le loro miserie e ne chiedono perdono. Sant’Agostino (Epistola 102 ad Deogratias, PL, t. XXXIII, c. 383 ss.) ci spiega la morale di questo episodio, come ci ricordava opportunamente lo zio Tommaso, santo sacerdote, nelle sue lezioni domenicali a noi nipoti che pendevamo (ma non sempre!) dalle sue labbra, così: «Giona gioca un ruolo ingrato, in questa scena finale, oltre che nella prima [la fuga]. Egli è figura del popolo ebraico, che si irrita quando vede che anche le nazioni pagane sono chiamate da Cristo al suo Regno. Invece di far penitenza come i Niniviti, o i pagani convertiti dai dodici Apostoli, resta in disparte, urtato, piagnucoloso e lamentoso, sulla collina. L’alberello rappresenta la religione mosaica dell’Antica Alleanza, che deve cedere il passo – seccando – alla Nuova ed Eterna Alleanza. Il sole che brucia l’albero è Cristo “Sol justitiae”, il verme che ne rode le radici è ancora Gesù: “Ego sum vermis et non homo” (e Felicina per compiacere lo zio iniziava subito la recita del salmo XXI), simbolo dell’umiltà. Ma questo vermicello, in poco tempo, secca l’albero, poiché Cristo è venuto non solo per Israele ma per tutte le genti e, quindi, secca tutte le speranze e le glorie terrestri dell’Israele carnale (le fronde dell’albero, sotto cui Giona si riparava). Preghiamo – conclude il Santo Vescovo d’Ippona il “verme divino”, Gesù, che ci roda, ci consumi e tolga da noi ogni albagia». E Caterina aggiunge subito: ricordo di aver letto un libro di don Barsotti che parla proprio di questo argomento e commentava: «Israele non è eletto per la distruzione dei popoli, ma per la loro salvezza” (p. 20); Israele non voleva capire che tutti i popoli e tutte le terre non solo erano sotto il dominio sovrano di Dio, ma erano creature del suo amore […], ciò lo ferisce nel suo orgoglio. […] L’unica cosa che avrebbe dovuto fare Dio [e dovrebbe ancora … secondo gli ebrei] era  quella di distruggere tutte le Nazioni per far regnare Israele”. Ma “Quando Israele vorrà conservare esclusivamente per sé i doni che ha ricevuto da Dio … viene condannato, rigettato, e al suo posto entrano le Nazioni”; “… è vero, Caterina cara, in effetti tutto il Libro di Giona sembra voglia ‘canzonare’ Israele che non sa accettare il piano divino”, e vedi che il Signore ha uno spiccato senso dell’umore, un po’ come “Pulcinella, che ridendo e scherzando, disse la verità”! E poi, proprio questo è il destino del cristiano: essere gettato in mare, essere ingoiato dal pesce, perché nell’abisso della tenebra possa scoppiare dal suo cuore il grido della speranza”. Però, caro direttore, attenzione!… : “il profeta è un cibo indigesto. E così come il pesce non riuscì a digerire Giona, allo stesso modo il mondo non riuscirà mai a digerire Cristo e la sua Chiesa”! Ma una volta “sputato” fuori, risorge a nuova vita e a nuovo splendore! Diceva al proposito lo zio Pierre, senza farsi ascoltare troppo in giro (ed anche lei, mi raccomando!): “… non si illudano i tentacoli, le propaggini, vere armi agenti nell’ombra per conto della “balena cabalista”, e cioè le conventicole massoniche, le associazioni politiche agnostiche, comuniste o progressiste (in progresso verso il nulla e verso il fuoco inestinguibile dell’inferno!), e tutte le istituzioni mondialiste, che preparano il nuovo ordine (o meglio disordine!) mondiale, compresa l’antichiesa modernista ecumenica! [ma che linguaggio strano, questo zio Pierre!] create e sostenute con i mezzi finanziari immensi di cui sono stati defraudati i popoli goym ingannati, ed il cui unico vero fine, al quale lavorano in combutta incessantemente, è quello di distruggere, a qualunque costo, il Cristianesimo e la Chiesa cattolica! Ma “… portae inferi non praevalebunt!” Babilonia sarà distrutta al colmo del suo splendore, sarà arsa quando si riteneva ormai vittoriosa e sicura, protetta dai baluardi della propria infamia, della propria superbia e del disprezzo delle leggi divine; la Babele adultera, prostituita a tutti gli idoli, cadrà miseramente nella desolazione nel pieno del suo orgoglio, attirandosi la giusta ira divina che non avrà alcuna remora né pietà nel radere al suolo e sprofondare negli inferi la culla degli abomini insieme a tutti i suoi falsi sacerdoti e profeti. S. Giovanni nell’Apocalisse ha tutto predetto, e tutto si attuerà, stiamone certi … !” . Caro Direttore, a questo punto la saluto e le auguro un buon pranzo, magari con un buon piatto di pesce, ma … che non sia indigesto, mi raccomando! Buon appetito a tutti da Nonno Basilio e famiglia. Alla prossima.

La strana sindrome di nonno Basilio -11-

nonno

Caro direttore, oramai è divenuta una consuetudine vitale scambiare un po’ di chiacchiere con lei, se le fa piacere ovviamente, in modo che mi possa aiutare, con i suoi pregiatissimi lettori, nell’affrontare i problemi morali, religiosi soprattutto, che mi si presentano da quando sono in conversazione con i miei nipoti, Caterina e Mimmo, che mi aggiornano sulle per me strane, inverosimili novità sbandierate allegramente dalla nostra, a dir poco, società corrotta senza freni dallo gnosticismo massonico e modernista, approfittando anche della lassità morale e dottrinale (mi viene spesso da sospettare in “malafede”) di chi era stato preposto a “custodire il gregge”, trasformatosi in mercenario, o peggio, in lupo travestito (sempre più malamente, per fortuna … almeno per chi ha occhi per vedere!) da agnello innocuo e sorridente bonaccione. Un bel giorno, un lunedì per la precisione, giorno particolarmente dedicato al culto cristiano dei morti, stavamo, con i miei nipoti appunto, recitando i Salmi penitenziali, in particolare, i celebri “Miserere” – salmo L (mio nipote Mimmo pensava in un primo momento si trattasse del titolo di una canzonetta di musica leggera lanciata da uno … zotico (musicalmente parlando) con cappellaccio e chitarra … non saprei dirle per la verità come si chiami … boh … mi perdoni! (… ma a questi giovani nessuno insegna più nulla?!?), il “De profundis”, salmo CXXIX -. A questi poi mi è sempre piaciuto personalmente aggiungere lo stupendo Salmo LXIV, mio cavallo di battaglia nelle gare che organizzava mio zio Tommaso (come le ho già detto in precedenza.. o no !?): “Te decet hymnus, Deus in Sion”, con i meravigliosi versetti “ad te omnis caro veniet… “A te, che ascolti la preghiera, viene ogni mortale. Pesano su di noi le nostre colpe, ma tu perdoni i nostri peccati. Beato chi hai scelto e chiamato vicino, abiterà nei tuoi atri. Ci sazieremo dei beni della tua casa, della santità del tuo tempio …” (mi piacerebbe citarli in latino, che musica soave … ma quel testone di Mimmo farebbe storie … !). Spiegavo all’attenta Caterina le composte e profonde cerimonie funebri alle quali assistevo da ragazzo, officiate dal rigoroso ed efficace zio Tommaso, santo sacerdote … buon’anima! (come lui oramai se ne trovano ben pochi mi dicono, … peccato!). Ma ecco che il dispettoso Mimmo, con fare distaccato, rompe l’incanto esclamando all’improvviso: “ … nonno, ma queste sono situazioni da museo antico … oramai i corpi dei deceduti si bruciano e le cerimonie in chiesa vengono celebrate alla presenza dell’urna con le ceneri dell’estinto che poi vengono poste in bell’evidenza sul mobile d’epoca nel salotto di casa! Aggiornati, risveglia la tua mente!!” Le confesso, caro direttore, che se non fossi stato seduto saldamente in poltrona, sarei stramazzato a terra, e certamente sarei stato più contento se mi avessero inferto una coltellata alla schiena con una lama ondulata, tale l’orrore provato, un vero cadere “in profundis”! Mi ci è voluto un bel po’ per riavermi dal colpo, e solo dopo aver consultato il cardiologo, misurata la pressione e trangugiata una quantità imprecisata di medicine varie che la mia cara Genoveffa (mia moglie, per chi avesse perso le missive precedenti) mi ha porto con preoccupazione e santa pazienza. A stento riesco a dire a Caterina che la disciplina della Chiesa Cattolica, che io ricordi, codificata nel codice di diritto canonico promulgato da Benedetto XV nel 1917, vieta espressamente le seguenti azioni: a) Cremare una salma. b) Formalmente cooperare alla cremazione. c) Dare ordine che il proprio corpo o quello di un altro sia cremato. d) Far parte di una società, i membri della quale si impegnano a far cremare il corpo proprio e quello delle persone di cui possono disporre. e) Dare l’assoluzione sacramentale ad una persona che ha ordinato che il suo corpo sia cremato e che non vuole revocare tale ordine; dare a questa stessa persona, dopo la morte, la sepoltura ecclesiastica. (canoni 1203; 1240 §1 n. 5; 2339). In breve, come posso, anche per le mie condizioni fisiche, cerco di far capire ai miei nipoti i motivi per opporsi alla cremazione sotto pena di peccato mortale! : la Chiesa considera la pratica della cremazione dei cadaveri “una pratica barbara, che ripugna non solo alla pietà cristiana, ma anche alla pietà naturale verso i corpi dei defunti e che la Chiesa, fin dai suoi primordi, ha costantemente proscritto” (Istruzione della Sacra Congregazione del Sant’Uffizio, 19 giugno 1926). Cerco di elencare poi, con sforzo mnemonico, per me titanico, alcuni motivi per i quali non sia opportuno procedere alla cremazione dei cadaveri.

1) Perché Nostro Signore Gesù Cristo stesso ha voluto essere sepolto (Gv XIX,40), secondo tutta la tradizione dell’antico testamento. 2) Perché l’incenerimento sembra voler significare che i corpi sono per sempre risoluti e dispersi (ritorno al “pleroma” gnostico!), mentre il rito contrario dell’inumazione accompagna l’idea della morte equiparata al sonno (Gv XI, 11-39) ed esprime con più aderenza la fede cristiana nella finale risurrezione. 3) Perché l’inumazione esprime il simbolo cristiano e biblico del corpo considerato come una semente che dà luogo ad una nuova vita:“se il grano di frumento, caduto in terra, non muore, resta solo; ma se muore, produce molto frutto” (Gv XII, 24; vedi anche 1 Cor XV, 36-44). 4). Perché tutta la liturgia della Chiesa onora il corpo del defunto, che è stato tempio dello Spirito Santo, ed è destinato a risorgere dalla morte, mentre la cremazione lo distrugge violentemente nel fuoco, simbolo del fuoco eterno … il fuoco di lucifero! 5) Perché la Chiesa ha sempre praticato il culto delle reliquie dei Santi, mentre ha riservato la pena del fuoco ai corpi degli eretici impenitenti. 6) Perché già i primi cristiani l’avevano in orrore come lo testimonia il pagano Minucio Felice: i cristiani, scrive, “execrantur rogos, et damnunt ignium sepulturas”.(“esecrano i roghi, e condannano le sepolture col fuoco” … mi perdoni la traduzione approssimativa!). 7) Perché ovunque si sia diffuso il Vangelo, è scomparsa la cremazione. 8) Perché la cremazione è stata reintrodotta dai nemici della Chiesa (marrani e massoni in primis), prima con la rivoluzione francese e poi nel XIX secolo, per negare la resurrezione dei corpi e per combattere la Chiesa stessa. 9) Perché è la setta massonica che ha promosso e promuove le società per la cremazione. “Infatti, interviene Caterina, è la medesima setta che ha chiesto ed ottenuto (sotto l’antipapa Montini, il marrano sedicente Paolo VI, noto massone illuminato di Baviera, figlio di massoni, omosessuale ebreo che andava in giro ornato, in luogo della croce pettorale, di “efod”, lo scapolare del gran sacerdote del sinedrio, utilizzato anche da Caifa quando condannò il divino Maestro, nemico giurato della Chiesa cattolica), la modifica della legge ecclesiastica contro la cremazione, ennesimo cedimento dei neo-modernisti ai nemici della Chiesa, o consegna guidata alla sinagoga di satana?”. Direttore ma cosa vorrà dire mai Caterina, non la capisco proprio … sono cose assurde che le mie orecchie mai hanno udito … e poi parlare così di un Papa! … ma lei mi rassicura dicendo che era un antipapa, perché il Papa, quello vero, designato dallo Spirito Santo, era stato cacciato via e relegato in esilio … ma che storia è mai questa? Direttore, mi aiuti per favore, la prego! Caterina incalza aggiungendo: “oggi, per rassicurare i Cattolici, le società per la cremazione (tutte nelle mani dei frammassoni … ma guarda un po’!?) citano Paolo VI , ma in realtà l’atmosfera è ancora quella dei tempi che furono, quando con i riti cremazionisti (e ora le “sale del commiato” nel “tempio crematorio”) si volle creare una “morte laica” da sostituire alle cerimonie del cattolicesimo. I cremazionisti (che brutto neologismo … orrore!) citano (per convincere i Cattolici sprovveduti ed ignoranti) le parole con le quali vien detto che la cremazione non è cattiva in sé e non è più proibita in ogni caso. Omettono invece le altre parole del testo dell’istruzione “Piam et constantem” della Suprema Congregazione del Sant’Uffizio, dove viene ancora ricordato che “la Chiesa si è sempre studiata di inculcare la inumazione dei cadaveri, sia circondando tale atto con riti destinati a metterne in risalto il significato simbolico e religioso, sia comminando pene canoniche contro coloro che agissero contro una sì salutare prassi (…). Deve essere usata ogni cura perché sia fedelmente mantenuta la consuetudine di seppellire i cadaveri dei fedeli; perciò gli ordinari con opportune istruzioni ed ammonimenti cureranno che il popolo cristiano rifugga dalla cremazione dei cadaveri (…)”. Parole al vento, e lo si poteva e doveva prevedere! Tutto quello che è rimasto del decreto del 1963, è, come si dice, che ‘la Chiesa non proibisce più la cremazione’! Balle … ovvio!..”. “Cara Caterina, riprendo io, la Chiesa (quella Cattolica vera, fondata sulla Pietra angolare che, spiace per i modernisti – si fa per dire eh! -, non cambierà mai parere perché infallibile, e non comprende la necessità di aggiornamenti capricciosi … o luciferini che dir si voglia – fatti per piacere al mondo e al “signore di questo mondo” (… ma hanno mai letto questi signori, la lettera dell’Apostolo S. Giacomo che dice : “Gente infedele! Non sapete che amare il mondo è odiare Dio?” – Giac. IV,4 – ?) – non cambierà la sua posizione riguar­do alla cremazione. E’ però chiaro che non è proibito bru­ciare i corpi umani quando, in circostanze straordinarie (p. es. nel corso di epidemie), questo sia il mezzo necessario per evitare pericoli alla salute o per combattere l’epidemia stessa. Rivolgendomi a Mimmo, che cerca di controbattere arrampicandosi su specchi coperti da sapone, continuo: torniamo un po’ alla Sacra Scrittura, vediamo cosa ci dice al proposito. Nell’Antico Testamento si nota l’assenza totale del rito funebre della cremazione, e nel Nuovo Testamento troviamo ripetuti riti di seppellimento che, anche questi, non hanno nulla a che fare con la cremazione. Possiamo riscontrare anche la presenza di un divieto specifico della cremazione, ritenuta un rito abominevole, che si riferisce al crudele culto pagano in onore di Moloc, una deità pagana degli Ammoniti, al quale si immolavano dei fanciulli che venivano arsi vivi. Per questa ragione è scritto: “Non darai i tuoi figli per essere offerti a Moloc, e non profanerai il nome del tuo Dio. Io sono il Signore” (Levitico XVIII,21). “Non imparerai ad imitare le pratiche abominevoli di quelle nazioni. Non si trovi in mezzo a te chi fa passare suo figlio o sua figlia per il fuoco” (Deuteronomio XVIII,9-10). ” … Achaz non fece ciò che è giusto agli occhi del Signore, suo Dio, ma seguì l’esempio d’Israele e fece passare per il fuoco persino suo figlio, seguendo le pratiche abominevoli delle genti che il Signore aveva cacciate davanti ai figli d’Israele” (II Re XVI,2-3). Prima ancora della sua morte, difendendo l’atto di amore di Maria di Betania, Gesù aveva fatto un riferimento specifico all’inumazione dicendo: “… l’ha fatto in vista della mia sepoltura” (S. Matteo XXVI:12). In seguito è specificato che Giuseppe d’Arimatea e Nicodemo presero il corpo di Gesù e lo avvolsero in fasce con gli aromi, seguendo il modo di seppellire presso i Giudei (S. Giovanni XIX,40). I cristiani, seguendo l’esempio di Gesù e secondo l’uso invalso tra gli Ebrei (si veda pure il libro di Tobia, ove c’è un riferimento esplicito e ripetuto a Tobi che seppelliva i morti [I, 17-19; II, 7-9; XII, 12-13; XIV, 2], cosa che gli veniva accreditato a merito), non accettarono mai la cremazione proprio per non uniformarsi alle consuetudini pagane. Nel Nuovo Testamento abbiamo diversi riferimenti al seppellimento, ma mai alla cremazione. I cristiani antichi, allo scopo di manifestare la propria fede nella resurrezione dei morti, attuarono costantemente l’inumazione dei defunti, condannando in diverse occasioni la cremazione in polemica con autori pagani. Questa loro consuetudine permise la costruzione di quei grandi cimiteri cristiani che sono le catacombe, le quali soltanto nel sottosuolo di Roma, con i loro stretti corridoi sotterranei, si diramano per oltre quaranta chilometri e rappresentano una testimonianza sempre attuale della fede in Cristo che vince la morte. Occorre anche sottolineare che i cristiani non accettano la cremazione non perché, come qualche dissennato ha affermato, hanno timore che non possano poi risorgere dalle ceneri, ma piuttosto i credenti non inceneriscono i loro corpi per un atto di rispetto verso il Creatore e perché esso è il tempio dello Spirito Santo. Caterina riprende a parlare, anche per darmi tempo di riprendere fiato, e dice : “La dispersione delle ceneri non ha di per sé nulla di anticristiano, ma sorge il dubbio che oggi tale prassi, nel nostro particolare contesto culturale laicista, (un eufemismo che sta per “ateo” … o peggio ancora: massonico), esprima una vaga religiosità new age, naturalistica, panteistica, kabbalistica, riferita ad un dio cosmico e impersonale, signore dell’universo, il “nulla” primordiale, il pleroma, l’ensof cabalistico con tutte le idiozie ed i deliri paranoici gnostici. La Chiesa non ha mai ignorato che anche quella riduzione in polvere che risulta dalla cremazione non pregiudichi alla ricostituzione dei corpi risorgenti; ma una Religione in cui tutta la realtà è segno, non poteva disconoscere che la combustione del cadavere è un antisegno della Risurrezione. L’incinerazione elimina tutto il simbolismo dell’inumazione e priva di significato i mirabili vocaboli stessi trovati dai primi cristiani: cimitero, cioè dormitorio; camposanto, cioè luogo di consacrati a Dio; deposizione, non nel senso fisico di porre già entro la terra, ma nel senso legale, onde le salme sono date in deposito da restituire il giorno della Risurrezione. Questi valori simbolici parvero così potenti che la Chiesa li fece trapassare in valori teologici: il far cremare la propria salma fu tenuto per professione di incredulità. Ecco, dunque, ribatte Caterina, che le nuove norme (ammesso che siano state emanate da autorità legittime … ma con tanti dubbi …) non sono davvero “variazione” da poco e sembrano inquadrarsi in un progetto per rendere in tutto il cattolico “uno come gli altri”. “Ma consentimi, nonno, un’ultima considerazione: ma lo sai che cosa aveva giurato, colui che ha permesso questo scempio, nel giorno della sua intronizzazione, per altro invalida, perché il vero Papa c’era già … anche se esiliato? –(Direttore, ma questa Caterina a volte non la capisco proprio, ma cosa voleva dire? Mah, questi giovani!)? Ascolta bene: «Io prometto: – di non diminuire o cambiare niente di quanto trovai conservato dai miei probatissimi antecessori, e di non ammettere qualsiasi novità, ma di conservare e di venerare con fervore, come vero loro discepolo e successore, con tutte le mie forze e con ogni impegno, (… ma mi faccia il piacere, n.d. Bas..!) ciò che fu tramandato; – di emendare tutto quanto emerga in contraddizione alla disciplina canonica, e di custodire i sacri Canoni e le Costituzioni Apostoliche dei nostri Pontefici, quali comandamenti divini e celesti, (essendo Io) consapevole che dovrò rendere stretta ragione davanti al (tuo) giudizio divino di tutto quello che professo; Io che occupo il tuo posto per divina degnazione e fungo come il tuo Vicario, assistito dalla tua intercessione. Se pretendessi di agire diversamente, o di permettere che altri lo faccia, Tu non mi sarai propizio in quel giorno tremendo del divino giudizio… (pp. 43 o 31). Perciò, sottoponiamo al più severo anatema dell’interdizione – (si tratti di) noi o di un altro! – chiunque abbia la presunzione di introdurre qualsiasi novità in opposizione a quella Tradizione evangelica o alla integrità della Fede e Religione cristiana, oppure tenti di cambiare qualsiasi cosa, accogliendo il contrario, o di consentire con i presuntuosi che osassero farlo con ardire sacrilego»! (dal: “Liber Diurnus Romanorum Pontificum”, pp. 54 o 44, P.L. 1 o 5). Direttore, ma cosa dice Caterina? Questo individuo non può essere il Papa, il Signore non poteva metterci nelle mani di uno sciacallo … peccheremo gravemente contro i dogmi del concilio Vaticano contenuti nei documenti “Dei filius” e “Pastor Aeternus” firmati da Pio IX nel 1871, e contro lo Spirito Santo, nell’impugnare la verità conosciuta, peccato -lei certamente lo sa- che non sarà perdonato né in cielo né in terra, come da parola evangelica del divino Maestro! Direttore qui c’è qualcosa che puzza e che non torna, perché Gesù Cristo non può essere assolutamente un bugiardo dopo averci affidati a Pietro, a cui ha assicurato assistenza divina, né il Magistero della Chiesa, per dogma di fede, può essere falso e fallibile … direttore, a questo punto mi sono sentito male, mi sono assopito ed ho avuto quel malore del quale le ho già parlato in passato, per cui sogno un fumo bianco da un comignolo, con grida di gioia, … ma poi il fumo diventa grigio, sempre più grigio, poi nero, nerissimo, e attossica l’aria, brucia gli occhi, irrita il naso, la gola, i bronchi, mi assalgono violenti colpi di tosse ed alla fine stravolto mi rianimo … ma che malattia è? Possibile che non ci sia uno specialista che comprenda questo sintomo? Direttore, mi aiuti, è terribile! … “Misere mei Deus, secundum magnam misericordiam tuam, et …”. Alla prossima!!

Omelia della Domenica di Pasqua

Santa Pasqua I°

Omelia della Domenica di Pasqua

[del Canonico G.B. Musso, 1851]

-Risurrezione Vera e Costante-

   Quanto grande dovett’essere la sorpresa delle sante donne, che si condussero a visitare il sepolcro di Gesù Cristo! Credevano trovarlo chiuso , e lo trovarono aperto, credevano trovarvi il suo corpo, e vi trovarono un angelo. Ma quanto più grande fu la loro allegria in sentire dall’angelo stesso: voi cercate Gesù Nazzareno poc’anzi crocifisso Lo cercate invano. È questo il luogo ove venne riposto, Egli è risorto, non è più qui. “Surrexit, non est hic”. Per sì glorioso risorgimento la Chiesa è tutta in giubilo, in mille guise festose esprime la sua letizia, e vuole che sia comune a tutti i suoi figli un giorno sì lieto. “Haec dies, quam fecit Dominus, exultemus et laetemur in ea.” Esulta la nostra madre perché risorse da’ morte il divino suo Sposo. Esulta per la speranza, che siano risorti dal peccato i figli suoi. Sarà piena la sua allegrezza, se la nostra resurrezione sarà conforme a quella del Redentore. Quella fu vera e costante. E la nostra, uditori miei, la nostra qual è? Ha queste due qualità, di vera e costante? Vediamolo a nostra consolazione, o nostra riforma colla maggiore brevità.

  1. I. “Surrexit Dominus vere” (Luc. XXIV, 34). Fu vera la resurrezione di Gesù Cristo, e i soldati custodi del suo sepolcro ne diedero, anche non volendo, chiara testimonianza con l’infelice astuzia d’asserire che dal sepolcro fu tolto il suo corpo, mentre dormivano, come riflette S. Agostino. Fu vera, e pel corso di giorni quaranta si fe’ vedere alla Maddalena, a Pietro, a Giacomo, a Giovanni, agli Apostoli, ai discepoli in Galilea, al castello di Emmaus, al mare di Tiberiade. Fu vera, e prima di ascendere al cielo si mostrò a cinquecento discepoli. E a togliere ogni dubbio su la verità del suo corpo risorto, comparso a porte chiuse in mezzo agli Apostoli nel cenacolo congregati, la pace sia con voi, dice loro, non vi turbate, Io son quel desso che fui tra voi. Accertatevene, miei cari, ecco queste son le mie mani, questi i miei piedi, questo il mio fianco. “Videte manas meas, et pedes meos, quia ego ipse sum” (Luc. XXIV, 39). Se la mia comparsa può parervi un fantasma, appressatevi, e toccata il vero ravvivato mio corpo. Uno spirito non è né carne, né ossa onde si renda palpabile. Fu vera, e rivolse l’incredulità di Tommaso a confermare la fede del suo risorgimento, e, viene, gli dice, e metti il tuo dito nell’apertura delle mie mani, de’ miei piedi traforati dai chiodi, e poni la mano in quella ferita, che nel mio petto ha lasciato la lancia. Fu vera, finalmente, e gli Apostoli in Gerosolima, nella Giudea, nella Samaria, in tutte le parti dell’universo l’annunziano con fermezza, la predicano con lo zelo più ardente, la confermano co’ più stupendi miracoli, la sigillano col proprio sangue; e la verità comprovata di Gesù Nazzareno risuscitato confonde la pagana filosofia, atterra gli idoli, discaccia i demoni, e su le rovine del gentil esimo fa piantare la croce, e adorare il Crocifisso.

Non si pretende che il risorgimento di un peccatore abbia tutti questi luminosi caratteri di verità; ma è indispensabile una sostanziale somiglianza e conformità tra la Risurrezione del Salvatore, e la nostra. Voi nella presente solennità vi siete accostati al tribunale di penitenza, ed alla sacra mensa colla sacramentale Comunione, avete fatto la Pasqua. Siete con questo veramente risorti dal peccato alla grazia, dalla morte alla vita? Veniamo ad un troppo necessario confronto. Gesù Cristo, fra le altre prove del suo vero risorgimento, mostra e mani e piedi e costato. Lasciate che io veda le vostre mani, per giudicare se siete veramente risorti. Ritengono queste ingiustamente la roba altrui? Continuano a fare scarse misure, a spogliare i poveri, a falsificare scritture, a scrivere lettere infamanti, a mandar biglietti amorosi, canzoni oscene, ad impiegarsi in azioni indegne? Voi non siete risorti, siete ancor morti! Osserviamo i piedi. Son questi sempre rivolti alle cose sospette, al ridotto, al giuoco, alle pericolose conversazioni? Voi non siete risorti, siete ancor morti! Vediamo il cuore. Se questo è gonfio dalla superbia, infetto dalla lussuria, avvelenato dall’odio, posseduto dall’avarizia, voi non siete risorti, siete ancor morti! Non fu resurrezione la vostra, fu una larva, un’ombra, un’apparenza, che agli occhi del mondo vi fe’ comparire risorti alla luce di grazia, ma in realtà non va ha cavati dalle tenebre ed ombre di morte. A che giova la Confessione, se non intacca il vostro cuore dal peccato? A che giova la pasquale Comunione per un’anima impenitente? La pelle della pecora nasconde, ma non fa cangiare il lupo. La vera conversione cangia il lupo in agnello, come avvenne a S. Paolo. Tu sarai convertito davvero, disse S. Remigio a Clodoveo re di Francia, se tu farai tutto l’opposto di quel che già facesti. Adorasti gli idoli, ora devi incenerirli, abbruciasti la croce, ora devi adorarla! ”Adora quod incendisti, incendi quod adorasti.”

La vera conversione di un’anima traviata è abbandonare del tutto la strada dell’iniquità e della perdizione, e d’incamminarvi in quella della penitenza e della salute. Consiste la risurrezione vera in un totale cangiamento di vita, di volontà, di pensieri, di affetti, di azioni, di costumi. Lo Spirito del Signore opera questa gran mutazione in quell’anima che apre gli occhi a’ suoi lumi, che porge orecchio alle sue voci, che ascolta gli impulsi della sua grazia. “Insiliet in te Spiritus Domini … et mutaberis in virum alium” (I Re, X, 6). Senza di questa mutazione, per cui si deponga l’uomo vecchio con tutte le sue viziose abitudini, e si rivesta il nuovo con ricopiare in sé Gesù Cristo per l’imitazione dei suoi esempi, sarà la nostra risurrezione un inganno, una illusione, un fantasma.

II. Io voglio credere però che la risurrezione vostra sia vera, che siate passati da morte a vita, e lasciato il vecchio fermento, gustiate degli azzimi della sincerità e della purezza. Ma per essere somigliante a quella de Gesù Cristo fa d’uopo che sia costante. Egli è risorto da morte, dice l’Apostolo, ed alla morte non è più soggetto. “Christus resurgens ex mortuis iam non moritur, mors illi ultra non dominabitur” (Rom. VI, 9). Ecco il modello del vostro risorgimento. Cristo è risorto per non morire mai più; voi, risorti con Cristo, non dovete più spiritualmente morire.

Fu vera, fu stupenda la risurrezione di Lazzaro quatriduano già fetido, ma non fu permanente. Vivo uscì dal sepolcro, ma dopo alcuni anni tornò morto nel sepolcro. Ah! Miei direttissimi, non avvenga a voi per mutazione di volontà, ciò che a lui avvenne per necessità di natura. Mantenete la grazia ricevuta, conservate la vita riacquistata. M’interrogate de’ mezzi da adoperarsi per rendere costante il vostro risorgimento? Seguite ad ascoltarmi, ed osservate la facil maniera per riuscirvi. Fate per l’anima quel che fate pel corpo. Col cibo si mantiene la vita del corpo, col cibo si mantiene la vita dell’anima. Cibo dell’anima è la parola di Dio o udita, o letta, o meditata. Lo dice in termini espressi il nostro divin Salvatore, “Non in solo pane vivit homo, sed in omni verbo quod procedit de ore Dei” (S. Matt. IV, 4). L’uomo non vive solament e di pane, o di qualunque altro cibo che viene sotto di questo nome, ma del cibo vivifico di quella parola, che esce dalla bocca di Dio. La parola di Dio ha creato il mondo, la parola di Dio ha convertito il mondo, la parola di Dio mantiene nella fede e nella grazia il cattolico mondo. Chi non si pasce di questo cibo, non può conservare la vita dell’anima. “Iustus ex fide vivit” (Rom. I, 17). Il giusto vive di fede, e la fede è per fondamento la divina parola. Cibo dell’anima è altresì la santa Comunione Eucaristica, ricevuta con mondezza di cuore, con frequenza discreta. Cibo dell’anima è l’orazione mentale, è la preghiera, colla quale si ottiene il pane cotidiano della divina grazia.

Per mantenere la vita del corpo, si ripara dall’inclemenza delle stagioni, dal freddo, dal caldo eccessivo, dalla furia dei venti, dalle arie infette. L’aria infetta per l’anima è quella che si respira nei teatri, ne’ festini, nelle bettole, nelle conversazioni licenziose. Venti furiosi sono le tentazioni, che assaltano per la via dei sensi non custoditi. Freddo, l’accidia, la vita oziosa, l’omissione dei propri doveri. Caldo eccessivo, il fuoco dell’ira, il fuoco della libidine. Tutto ciò conviene riparare, se come la salute del corpo vi preme quella dell’anima.

Se il corpo cade infermo, quanto si fa per risanarlo? Medici, medicine, consulti, tutto si adopera, nulla si omette per ristabilirlo, l’anima anch’essa è soggetta ad infermità. La sua medicina è il Sacramento della Penitenza. A questa probatica fa d’uopo accostarsi frequentemente, acciò le vostre piaghe non si convertano in cancrene, acciò le spirituali malattie non rechino la morte.

Ditemi in grazia, uditori umanissimi, vi si domanda troppo, se vi si chiede che abbiate un’ugual cura a mantenere la vita dell’anima come l’avete a conservare la vita del corpo? In un secolo così delicato siamo ridotti a discendere a patti sì dolci, a condizioni così limitate. Ma si adempiano almeno con quell’impegno che vi assicuri d’una resurrezione vera, d’una risurrezione costante e permanente come fu quella di Gesù Cristo, glorioso ed eterno trionfatore della morte, del peccato, e dell’inferno.

 

La mina vagante nel tempo: Execrabilis e … i colpi mortali al vaticano II

UNA MINA VAGANTE NEL TEMPO

“Execrabilis”

e … i colpi mortali al ” Vaticano” II

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INTRODUZIONE

Come è stato possibile che il v-2 (il Concilio Vaticano II) abbia acconsentito, senza alcun credito, ad eretiche ed assurde proposizioni, ed ottenuto anche l’obbedienza dai vescovi in tutto il mondo? Come si può comprendere che i prelati della Chiesa Cattolica abbiano potuto accettare dalla “setta del v-2” atti ed insegnamenti proposti che sono completamente contrari a tutto ciò che Cristo ha affidato alla sua Chiesa? È successo questo indubbiamente perché i sacerdoti di oggi hanno perso il contatto con la conoscenza apostolica, lo zelo apostolico e la vigilanza apostolica. Sono stati persi l’Amore per la Tradizione Apostolica, l’amore per la parola di Dio, e il risultato? Oggi abbiamo sacerdoti che non hanno più amore per gli insegnamenti della Chiesa cattolica, né lo zelo per la sua Verità, verso la quale essi mancano di rispetto per la sue sentenze, che vengono ora disconosciute e calpestate. – Dopo aver perso la conoscenza Apostolica della parola di Dio, la gerarchia si è unita con i nemici della Chiesa Apostolica nella soppressione del suo Primato e della sua Sovranità. Privi di conoscenze apostoliche, essi non accettano la religione Cattolica Apostolica Romana come l’unica e divina Religione che Dio ha dato all’umanità. Non credono più che la Religione Cattolica abbia dei diritti che gli altri non hanno. Il clero non crede più che l’uomo sia legato in coscienza ad accettare ed a credere che questa sia l’unica religione divina e che non ce ne sia nessun’altra.

C’è un prezzo da pagare da parte di coloro che negano alla Chiesa Apostolica il suo primato e la sovranità. A coloro che osano contestare o attaccare la parola di Dio o l’interpretazione divinamente istituita e docente di questa parola, è inflitta una terribile punizione.

Questo scritto, servirà a far comprendere principalmente come il Concilio v-2 sia stato illegalmente indetto con l’intento di condurre la Chiesa a perdere il suo primato e la sua sovranità e a far guerra contro i decreti e le sentenze di Cristo e della sua Chiesa, meritando la punizione comminata a chi osa manomettere la parola di Dio ed ometta la salvaguardia delle sentenze della sua Chiesa.

Come gli uomini della “setta v-2” possano essere così duramente ostinati ed insensibili alle punizioni terrificanti imposte dalla Chiesa di Cristo è un fatto umanamente incomprensibile. Anche qui si può allora supporre che questa sia un’ulteriore conseguenza della loro conoscenza apostolica totalmente misconosciuta.

COLPI MORTALI AL V-2

Chi viene a conoscenza della bolla “Execrabilis” per la prima volta, è in genere felicissimo di sapere della sua esistenza, e piacevolmente sorpreso di scoprire che la Chiesa ha una formidabile arma per colpire con colpi letali i suoi nemici.

L’ORIGINE di “EXECRABILIS”

Perché la Chiesa è stata indotta a promulgare questa Bolla papale, dalla portata così devastante per i suoi nemici, nel 1459? Per l’assistenza speciale dello Spirito Santo che conferisce, giocando un ruolo decisivo, il dono soprannaturale della prudenza, Papa Pio II ha esercitato questo mezzo per condannare l’errore del “conciliarismo” così dilagante ai suoi tempi.

Dopo la morte del Papa Bonifacio VIII nel 1300, i “soliti” nemici di Cristo, sia all’interno che all’esterno della sua Istituzione divina, come due ganasce della stessa tenaglia, tentarono la fuga dagli insegnamenti della Chiesa, tramandati attraverso i Pontefici Apostolici, e cercarono di appellarsi, anche politicamente, contro i pronunciamenti papali, ad un Concilio generale di tutta la Chiesa, eludendo l’Autorità Papale e, se necessario, finanche la sua eliminazione, e questo fino all’elezione di Martino V nel 1417. Questo atteggiamento sprezzante, arrogante nei confronti del Papa, è conosciuto come “usurpazione del potere papale da parte di un’assemblea conciliarista.”

Chiaramente, il “conciliarismo” è un pericolo incombente per la Chiesa, il Papato e la Dottrina divina, in ogni tempo. Facendo affidamento sull’errore del “conciliarismo”, re e clero divennero diffidenti nei confronti della Santa Sede, minacciando di appellarsi ai futuri Concili e ai futuri Papi nella speranza di cambiare la politica o la dottrina della Chiesa. Nel perseguimento di questa pratica, gruppi particolari, ad esempio i soliti marrani, hanno cercato di insediare individui dal pensiero anti-cattolico sul trono di Pietro, cosa che era già loro riuscita con l’antipapa Anacleto II, il cripto-giudeo Pietro Pierleoni, evento provvidenzialmente sventato dall’intervento tenace di San Bernardo di Chiaravalle, con l’aiuto del potere secolare nelle persone del Re di Francia e dell’Imperatore Rotario.

Quindi, nel 1458, Pio II salì al sommo Soglio, egli stesso indottrinato con un atteggiamento “Conciliarista”; tuttavia, una volta seduto sullo scranno di Pietro, realizzò le insidie e tutto il male che si celava nell’appellarsi ad un futuro Concilio riunito con l’espresso o segreto scopo di ribaltare la tradizione della Chiesa ed il deposito della Fede, lasciando la porta aperta all’infiltrazione della “sinagoga di satana”. Così seria era diventata la questione, nel frattempo peggiorata, che nel 1459 Pio II si sentì spinto a proclamare la sua ormai famosa Bolla, “Execrabilis”, del 15 febbraio di quello stesso anno, con la messa al bando di qualsiasi nociva manovra ed associandola a due delle più severe punizioni che la Chiesa possa infliggere. In “Execrabilis” egli ha dato la legge definitiva della Chiesa per proteggere la Chiesa stessa, la fede e l’ovile dai concili illegali, non solo nel suo tempo, ma in tutti i tempi a venire. Questo pronunciamento Papale, è un insegnamento in cui la Chiesa impegna la sua infallibilità poiché si riferisce specificamente alla fede ed alla morale. Inoltre, esso non può essere revocato o reso inoperante o nullo. Papa Pio II, in obbedienza al suo dovere solenne e fondamentale di proteggere la fede e la morale presso i fedeli, ha munito la Chiesa Apostolica di questa potente arma per combattere i concili illegali di cui i “soliti” nemici avrebbero potuto servirsi, e per infliggere loro dei colpi mortali.

Muniti quindi dalla Giustizia apostolica, noi cattolici di oggi dobbiamo usare quest’arma contro l’illegale “concilio” Vaticano 2°, un concilio malvagio, convocato in mala fede per eludere la dottrina divina di Cristo, gli insegnamenti e la pratica della sua Chiesa; un “concilio” satanico chiamato a “liberare” l’umanità dalle sentenze passate della Santa Sede, le sentenze di associazione delle chiavi di Pietro. Dobbiamo allora usare “Execrabilis” per combattere a morte l’abominevole, il detestabile, l’esecrabile “concilio” v-2 che ha avuto il coraggio di riaprire le sentenze infallibili della Chiesa di Cristo, in violazione alle leggi che vietano esplicitamente questo atto anti-cattolico messo in atto contro i precetti divini.

Raramente si troverà un pronunciamento infallibile così breve e così totalizzante e coinvolgente come è “Execrabilis”. “Execrabilis” è così concisa che sembra, ad una prima lettura, che il suo messaggio travolgente non assuma particolare importanza, nel suo significato.

Così disastroso invece è l’effetto di “Execrabilis” per il Concilio v-2 che la conoscenza della sua esistenza ha fatto in modo da risvegliare i cattolici che si oppongono al v-2, mescolando sentimenti di vulcanica opposizione a brividi scuotenti verso l’antipapa Montini, sedicente Paolo VI (novello Anacleto, il cripto-giudeo), mente operante e principale “conduttore” di questo “concilio” v-2, il trionfo dell’anti-suprannaturale. Era così terrorizzato da “Execrabilis”, lo stesso antipapa Paolo VI, come lo sono oggi i suoi lacchè di ogni risma, che si sono impegnati da se stessi allo spasimo nel modellare gli argomenti contro la sentenza definitiva e inappellabile di “Execrabilis”, nel vano tentativo di sfuggire i suoi effetti “abroganti” tutti i documenti e decreti del loro perfido “concilio” v-2. Si può dire che “Execrabilis” sia la scopa ecclesiale che spazza la Chiesa, “Santa Sposa di Cristo”, ripulendola delle opere peccaminose di un “concilio” illegale, e precipitandole in una pattumiera di fuoco e zolfo. Come un cane indisciplinato è spaventato dall’essere scoperto nelle sue malefatte e cacciato via da una scopa manovrata dalle mani di una coscienziosa madre di famiglia, così anche i “cuccioli” corrotti e refrattari del v-2 sono terrorizzati da “Execrabilis” nelle mani della Santa Madre Chiesa.

 

Che cosa dice e fa “Execrabilis”

 Ecco il testo di Execrabilis che vieta tutti gli appelli ad un futuro Concilio:

 Bolla “Execrabilis” (18 gennaio 1459)

 Appellantes a Summo Romano Pontifice ad futurum concilium, eorumque consiliarii et fautores poenis excommunicationis criminisque laesas maiestatis divinae et humanae subiiciuntur.

Summarium

Plurima oriuntur mala ab appellatione interposita a Rom. Pont. ad futurum concilium. – 1. Hic Pont. eam damnat et a mandatis Papae provocari prohibet. – 2. Contravenientibus poenas excommunicationis et interdicti et criminis laesae maiestatis infligit. – 3. Sanctio poenalis.

Pius episcopus servus servorum Dei, ad futuram rei memoriam.

Execrabilis et pristinis temporibus inauditus tempestate nostra inolevit abusus, ut a Rom. Pontifice, Iesu Christi vicario, cui dictum est in persona beati Petri: Pasce oves meas, et quodque legaveris super terram, erit ligatum et in caelis, nonnulli, spiritu rebellionis imbuti, non sanioris cupiditate iudicii, sed commissi evasione peccati, ad futurum concilium provocare praesumant, quod quantum sacris canonibus adversetur, quantumque reipublicae christianae noxium sit, quisquis non ignarus iurium intelligere potest. Namque (ut alia praetereamus, quae huic corruptaela manifestissima refragantur) quis non illud ridiculum indicaverit, quod ad id appellatur quod nusquam est, neque seitur quando futurum sit? Pauperes a potentioribus multipliciter opprimuntur, remanent impunita scelera, nutritur adversus primam Sedem rebellio, libertas delinquenti conceditur, et omnis ecclesiastica disciplina et hierarchicus ordo confunditur.

  • 1. Volentes igitur hoc pestiferum virus a Christi Ecclesia procul pellere, et ovium nobis commissarum saluti consulere, omnemque materiam scandali ab ovili nostri Salvatoris arcere, de venerabilium fratrum nostrum S.R.E. cardinalium conctorumque praelatorum ac divini et humani iuris interpretum Curiam sequentium consilio et assensu, ac certa nostra scientia, huiusmodi provocationes damnamus, et tamquam erroneas ac destabiles reprobamus, cassante set penitus annullantes, si quae hactenus taliter interpositae reperiantur, easque, tamquam inanes ac pestiferas, nullius momenti esse decernimus et declaramus. Praecipientes deinceps, ut nemo aurea, quovis quaesito colore, ab ordinationibus, sententiis. Sive mandatis quibuscumque nostris ac successorum nostrum, talem appellationem interponete, aut interpositae per alium adhaerere, seu eis quomodolibet uti.
  • 2. Si quis autem contrafecerit, a die publicationis praesentium in Cancellaria apostolica, post duos menses, cuiuscumque status, gradus, ordinis vel conditionis fuerit, etiam si imperiali, regali vel pontificali praefulgeat dignitate, ipso facto sententiam execrationis incurrat, a qua, nisi per Romanum Pontificem, et in mortis articulo, absolvi non possit. Universitas vero sive collegium ecclesiastico subiate interdico, et nihilhominus. Tam collegia et universitates, quam praedictae et aliae quaecumque personae, eas poenas ac censuras incurrant, quas rei maiestatis et haereticae pravitatis fautores incurrere dignoscuntur. Tabelliones insuper ac testes, qui huiusmodi actibus interfuerint. Et generaliter qui scienter consilium, auxilium dederint vel favorem talibus appellantibus, pari poena plectantur.
  • 3. Nulli ergo hominum liceat hanc paginam nostro rum voluntatis, damnationis, reprobationis, cassationibus, annullationibus, decreti, declarationis et mandati infringere, vel ei ausu temerario contraire. Si quis autem hoc attentare praesumpserit, indignationem omnipotens Dei ac beatorum Petri et Pauli apostolorum eius se noverit incursurum.

   Datum Mantuae, anno Incarnationis dominicae millesimo quadringentesimo quinquagesimo nono, decimo quinto kalendas februari, pontificatus nostri anno primo.  

[“Ai nostri tempi si sta verificando un esecrabile abuso, sconosciuto in età precedenti, e precisamente che gente, imbevuta dello spirito di ribellione, presuma di appellarsi dal  Pontefice di Roma, – il Vicario di Gesù Cristo, cui fu detto nella persona del santo Pietro: «Nutri il  mio gregge» e «Qualunque cosa tu legherai in terra, sarà legata anche in Cielo»: – non certo per  desiderio di più alta giustizia, ma al solo scopo di sfuggire le conseguenze dei loro peccati, ad un  futuro Concilio, mentre chiunque non ignori completamente la legge può giudicare quanto ciò sia  contrario ai canoni sacri e dannoso alla Comunità Cristiana. Poiché – trascurando altre cose, che ancor più manifestamente si oppongono a tale corruzione – chi non giudicherebbe ridicolo che si faccia appello a qualcosa che non esiste e di cui nessuno conosce il momento in cui comincerà ad  esistere?

I miseri sono oppressi dai più forti con ogni mezzo, i crimini rimangono impuniti, si dà esca alla ribellione contro la più alta Sede, si concede la libertà ai delinquenti e la disciplina ecclesiastica e l’ordine gerarchico vengono confusi. Perciò, desiderosi di allontanare dalla Chiesa di Cristo questo pestifero veleno, di provvedere alla salvezza del gregge a Noi affidato e di tener lontano dall’ovile del nostro Salvatore ogni causa di scandalo,  noi condanniamo i ricorsi in appello di tal genere, col consiglio e il consenso dei nostri venerabili fratelli Cardinali e di tutti i prelati e giureconsulti della legge Divina ed umana, appartenenti alla Curia, e sulla base della nostra sicura conoscenza li denunziamo come falsi e detestabili, li infirmiamo nell’eventualità che qualcuno di tali appelli, esistente al momento, sia scoperto e dichiariamo e decretiamo che essi – come vani e pestilenziali – sono privi di alcun significato. Quindi noi diffidiamo chiunque dal ricorrere con tali appelli, sotto qualunque pretesto, contro le nostre ordinanze, sentenze e provvedimenti, o contro quelle dei nostri successori, o di aderire a tali appelli, fatti da altri, od infine di fame uso in qualsiasi modo. Se alcuno di qualsiasi stato, rango, condizione od ordine esso sia, anche se insignito della dignità Imperiale, regia o Papale, contravverrà a ciò dopo lo scadere di due mesi dalla pubblicazione di questa Bolla nella Cancelleria Papale, egli incorrerà «ipso facto » nella sentenza di anatema, da cui potrà essere assolto, solo dal Pontefice di Roma ed in punto di morte. Le Università o corporazioni verranno colpite da interdetto ecclesiastico, e nondimeno corporazioni ed Università, come le suddette e tutte le altre persone, incorreranno in quelle penalità e censure, in cui incorrono gli offensori, che abbiano commesso «crimen laesae maiestatis», ed i promotori di depravazioni eretiche. Inoltre scrivani e testimoni, che abbiano sottoscritto atti di tal genere ed in generale tutti coloro che abbiano coscientemente dato consigli, aiuto od appoggio a tali appellanti, saranno puniti con le medesime pene. Perciò non è permesso ad alcuno di contravvenire o di opporsi con impudenti perversioni a questo documento della nostra volontà, con cui noi abbiamo condannato, riprovato, infirmato, annullato, decretato, dichiarato ed ordinato quanto sopra. Se tuttavia alcuno oserà, sappia che incorrerà nello sdegno dell’Onnipotente Iddio e dei santi Apostoli Pietro e Paolo”.

Data a Mantova nell’anno 1459 dell’Incarnazione di nostro Signore, nel quindicesimo giorno prima delle calende di febbraio, nel primo anno del nostro Pontificato (18 gennaio 1459).]

“PER OTTENERE UNA SENTENZA DI PIU’ ALTA GIUSTIZIA”

Per dare un esempio di come facilmente si potrebbe perdere il significato di “Execrabilis”, si prenda la frase “… sono ansiosi di ottenere una sentenza di appello “di più ALTA GIUSTIZIA.” Qui vediamo che lo scopo di fare appello ad un Concilio illegale è invece quello di sfuggire al giudizio passato della Santa Sede. Ma “Execrabilis” taglia via ogni dubbio mettendo fuori gioco i corrotti e i malvagi, dicendo che un Concilio non può essere utilizzato per riaprire le sentenze! “Execrabilis” ci dice che, una volta che la Chiesa abbia emesso una sentenza, questa non può essere più contestata dai Concili o da chicchessia, anche da futuri Papi.

Una volta che la Chiesa si è espressa, ha parlato in modo definitivo e per sempre!

    Nessun giudizio, emesso con un pronunciamento infallibile su fede e morale, può essere impugnabile da nessun Concilio, per cui anche il conciliabolo-ribaltone v-2, a causa della sua palese illegittimità, era assolutamente impotente nel farlo. La Chiesa non corregge mai se stessa, perché non fa mai errori di fede o di morale. Con Cristo come Capo e lo Spirito Santo come sua guida, non ci può essere nessuna necessità di perfezionare o riaprire le sentenze!

Eppure, questo era lo scopo vero del v-2, quello di riaprire e ridiscutere le sentenze passate della Chiesa, Una, Santa, Cattolica ed Apostolica. Pertanto, proprio la pretesa del “concilio” v-2 di riaprire le sentenze della Chiesa, rende il v-2 un “concilio” illegale, insensato, inutile e, cosa più importante, reso nullo dalla legge della “vera” Chiesa. La Chiesa ha spinto la spada della verità infallibile nel cuore malvagio del concilio v-2, infliggendogli un colpo mortale 500 cento anni prima che il v-2 stesso sollevasse la propria testa, che è la stessa del serpente primordiale!

ERRORI CONCILIARISTI NEI SECOLI PASSATI

L’eresia conciliarista (l’idea cioè di usare un Concilio per riaprire sentenze infallibili), coraggiosamente affrontata ed opportunamente contro-legiferata nel XV secolo da S.S. Papa Pio II, riemerse in epoche successive, in particolare nel XIX secolo, al Concilio Vaticano I, e riapparve nuovamente nel XX° secolo alla morte di S.S. Papa Pio XII.

VATICANO I

     Circa quattrocento anni dopo “Execrabilis”, il Concilio Vaticano primo (1869-70), il XX Santo Concilio dogmatico, ha ritenuto opportuno amplificare e riaffermare il diritto, esattamente come stabilito in “Execrabilis”. Nel 1869, nei loro sforzi per distruggere il Regno di Dio sulla terra, cioè la Chiesa cattolica, i suoi “soliti” nemici si erano accaniti sulla irreformabilità e definitività dei pronunciamenti della Chiesa, cercando di confutarne la verità nei confronti proprio della loro infallibilità e permanenza. La storia ci dice che il Vaticano I venne convocato per definire la dottrina della Chiesa (Dei Filius) e l’infallibilità papale (Pastor Aeternus), ma pochi libri oggi ci dicono il perché la questione dell’infallibilità fosse diventata un problema così ardente e vitale.

Chiaramente, c’erano due fazioni al lavoro: una era a favore dell’infallibilità; l’altra voleva invece vedere le passate sentenze della Chiesa riaperte, modificate o cancellate. Così come oggi, da un lato c’erano i fedeli cattolici apostolici, mentre l’altra parte comprendeva i marrani ed i loro seguaci, molti dei quali erano confusi e ingannati – così come lo erano pure molti Vescovi al “concilio” Vaticano II – ingannati perché veniva fatto loro credere che le sentenze della Chiesa potessero essere cancellate o modificate.

Il problema dei marrani al Vaticano I introduceva in pratica lo stesso cuneo usato al v-2: una dottrina della Chiesa nuova e diversa, che contraddicesse tutte le sentenze riguardanti i Giudei, o presunti tali, e la “quinta colonna” clericale. Essi richiedevano un atteggiamento diverso nel pensare dei cattolici verso gli ebrei, contrario a tutto ciò che la Chiesa ha da sempre professato ed insegnato. Volevano, i novatori, imporre un’accettazione del giudaismo rabbinico talmudico considerandolo una retta religione, addirittura superiore e migliore del Cristianesimo.

Nel 1869-70 gli ebrei (come sempre) volevano essere esonerati dall’accusa di deicidio e pretendevano la rimozione della maledizione di Dio che la loro malvagità aveva riversato sulla loro razza. Una volta aperta loro la porta, non ci sarebbe stata più alcuna barriera per la “sinagoga di satana”, che avrebbe così comodamente veicolato nella Chiesa tutta la sua congeria di false dottrine gnostiche, come in effetti più tardi doveva avvenire ad opera del Concilio v-2 (1962-65).

Nel 1869-70 i nemici marrani ed i fiancheggiatori della “quinta colonna” cercarono di raggiungere il loro obiettivo con l’inganno, inducendo i prelati al Concilio ad approvare le dichiarazioni diametralmente opposte a quelle che la Chiesa aveva sempre osservato, precedentemente al Vaticano I, in palese contraddizione quindi con se stessa. Ciò avrebbe corrisposto naturalmente alla riapertura dell’intera somma delle sue passate sentenze infallibili, che come tali sono irreformabili. Quel che i marrani avevano in mente, naturalmente, era la distruzione dell’intero deposito della fede, lo “stripping” della Chiesa cattolica, la sua scomparsa (ove mai possibile!).

I marrani, per ottenere il loro scopo al Concilio Vaticano I, avevano escogitato una manovra scaltra ed intelligente, un po’ come la storia della signora che si era fermata all’angolo della strada da un venditore che le aveva offerto la possibilità di acquistare un cappotto di visone a buon mercato. Il venditore mostra il cappotto di vero visone, lei paga e riceve una scatola ben infiocchettata. Ma, sorpresa: all’arrivo a casa, aprendo la scatola, essa trova non un morbido, lussuoso cappotto di visone, bensì un soprabito di opossum spinoso.

Tale era la vecchia esca ed il gioco dello scambio che i marrani avevano provato al Concilio Vaticano I. In primo luogo essi si avvicinarono ai Padri conciliari con la proposta di firmare un “appello alla conversione degli Israeliti,” la cui un’intenzione era evidentemente lodevole! Ma più tardi, gli ebrei aggiunsero delle asserzioni, le stesse vecchie solite bugie eretiche proposte da sempre, che sono in aperta contraddizione con la dottrina prevista al riguardo dalla Santa Chiesa Cattolica (Pinay, Complotto contro la Chiesa, pp. 18-19).

La guerra Franco-prussiana e la Costituzione dogmatica circa l’Infallibilità papale furono dichiarate nella stessa settimana. In mezzo agli orrori ed alle atrocità della guerra, Pio IX aveva un’unica preoccupazione: il benessere della Chiesa universale! Egli non pose termine al Concilio Vaticano I fino a quando non fu prodotta una nuova dichiarazione dell’Infallibilità del Papa in materia di fede e di morale, che regolasse la questione una volta e per sempre. Questo pronunciamento infallibile significa, ancora una volta, che le passate sentenze della Chiesa sono irreformabili, e non possono essere riaperte mai più. Così nessuno può alterare la dottrina tradizionale permanentemente infallibile della Chiesa in ogni tempo!

E Dio sa come Pio IX avesse avuto momenti difficili nell’ottenere il pieno appoggio della maggioranza dei Vescovi nell’impegnarsi nella dottrina della Chiesa tradizionale e costante dell’Infallibilità. Non che i prelati fossero contro l’Infallibilità, ma essi mostravano segni di incertezza e perplessità sul quando e sul come questa dottrina dovesse essere applicata. Non capivano, nel 1869-70, l’importanza e l’urgenza di dichiarare nuovamente e solennemente questo dogma che era già stato riconosciuto e dichiarato ai Concili di Lione e di Firenze. I nemici della “quinta colonna”, in mezzo a loro, avevano provato tutto il possibile per persuadere i Vescovi che una nuova dichiarazione nei tempi moderni fosse inutile, il che sarebbe come dire che coloro che hanno detto le preghiere del mattino, come i bambini, non hanno più bisogno di ripeterle più tardi e nella loro vita!

Pio IX voleva invece un Concilio dogmatico che riaffermasse l’Infallibilità papale per una ragione molto semplice e vitale: voleva mettere cioè in chiaro che le sentenze passate della Chiesa, essendo infallibili come tali, di conseguenza sono permanenti, vincolanti per tutte le epoche e quindi non devono essere mai più riaperte o riformate in modo da dare loro nuove espressioni!

Le sentenze della Chiesa sono irreformabili e costanti perché sono gli echi di vita degli insegnamenti infallibili della fede verso il “gregge” attraverso i secoli. E Pio IX voleva un Concilio dogmatico aggiornato onde precisare questo.

Purtroppo, molti prelati non riuscivano a vedere perché la Chiesa, nonostante le sue sentenze, non potesse essere un po’ più elastica, come essi stessi sembravano disposti ad essere nei loro giudizi personali. Sarebbe stato come render loro la vita più facile se la Chiesa non fosse stata così inflessibile. Ma questo avrebbe messo a repentaglio la fede, e condotto alla sua demolizione, inevitabilmente, nel momento in cui veniva favorita la politica di compromesso. Tale è l’esempio americano, per quanto riguarda tale politica, per cui si può facilmente constatare che, in qualunque paese ove l’influenza dell’ebraismo e della Massoneria sia forte, i vescovi locali sono deboli per ciò che riguarda l’esigenza di proteggere la Santa Chiesa nella costanza e nella permanenza delle sue decisioni.

Prendiamo come esempio gli Stati Uniti. I prelati americani, disobbedendo ai Papi, trattenevano i sacerdoti dalla lettura e dall’insegnamento, dai loro pulpiti, delle encicliche papali, perché il loro contenuto avrebbe potuto offendere gli ebrei, i protestanti ed i massoni. Queste encicliche avrebbero repentinamente avvisato la popolazione cattolica del pericoloso nemico che si annidava nella loro terra e avrebbe anche reso noto il dovere di superarli; ma in nome di una falsa pace, venendo meno al loro dovere di proteggere il gregge, i vescovi americani trattenevano le loro lingue, -come i cani muti di Isaia! -; così che la gente rimaneva nella propria ignoranza, e si è avuto tutto il tempo per inculcare, per osmosi, la mentalità anti-cristiana del nemico dalle idee fratricide. Consapevolmente od inconsapevolmente, le azioni e i discorsi dei vescovi americani troppo spesso rispecchiavano le sofisticherie della sinagoga e delle grandi logge, e la gente, si sa, imita quel che vede e sente fare e dire dai loro pastori.

Pure altre roccaforti ebreo-massoniche dettero prova di influenzare la dottrina “fallibilista”, ed oltre ai prelati americani, anche 140 vescovi tedeschi, ungheresi, francesi ed italiani rivolsero una petizione simile al Santo Padre, che naturalmente rifiutò saggiamente di adottare il motivo pregiudiziale. La votazione finale del Concilio pronunciata al momento da 975 prelati, ancora una volta dichiarava alfine l’Infallibilità papale con la costanza e l’irreformabilità delle decisioni della Chiesa, mettendo al bando gli appelli ad un Concilio ecumenico che superasse l’autorità del Papa.

Il piano ebraico fallisce: lo scoppio della guerra Franco-prussiana, causando la chiusura frettolosa del Concilio Vaticano, giunse come un evento fortuito, per cui il piano degli Ebrei, che al momento stavano per proporre una “postulazione” sugli ebrei, prima di avviare una discussione generale con i Padri conciliari ingannati e caduti nel tranello del “ribaltone”, miseramente abortì. Nonostante il Concilio fosse in procinto di dichiarare l’Infallibilità e la non-riapertura delle sentenze passate, i perfidi Giudei avevano comunque in animo di attuare il loro “colpo di mano” in ogni caso. Ma grazie allo scoppio della guerra, essi non riuscirono quindi a recare in porto il loro piano.

LA MORTE SOFFIA DAL VATICANO I

   Per combattere il male conciliarista con la riapertura di passate sentenze, il Concilio Vaticano, nella sua prima costituzione dogmatica, emessa il 18 luglio 1870, dichiara: (alla fine del capitolo III della “Pastor Aeternus”): “È evidente che il giudizio della Sede Apostolica, che detiene la più alta autorità, non può essere rimesso in questione da alcuno né sottoposto ad esame da parte di chicchessia [Ep. Nicolai I ad Michaelem Imperatorem]. Si discosta quindi dal retto sentiero della verità chi afferma che è possibile fare ricorso al Concilio Ecumenico, come se fosse investito di un potere superiore, contro le sentenze dei Romani Pontefici.” (Canoni dogmatici e decreti, pp. 249-250). Si ribadisce quindi, in pieno, il contenuto dogmatico di “Execrabilis”!

D’altra parte già nelle parole usate da papa S. Niccolò I, e al Sinodo di Quedlinburg (1085), si sottolineava: che ” … non è consentito a nessuno di rivedere le sue [del Santo Padre] sentenze e sedersi in giudizio su ciò che è giudicato” (citato nella nota in calce al documento del Vaticano I; ibid., pp. 256-257).

Non c’è assolutamente nessuna possibilità di appellarsi su un giudizio infallibile. E così il Concilio Vaticano Primo ha assestato il colpo di grazia anche al v-2. Il Concilio Vaticano I, come “Execrabilis”, ha fatto in modo che il v-2 sia nato già morto, un aborto immondo ed abominevole!

Non c’è niente di ambiguo in “Execrabilis”, e tutto quanto prescritto in questa grande Bolla è stato riaffermato parimenti al Primo Concilio Vaticano, poco meno di 150 anni fa!

Contrariamente a quello che dicono i nemici di Cristo, i Cattolici non devono essere giuristi canonici per comprendere il senso semplice, il significato elementare della bolla cosiddetta “Execrabilis”, opposta vigorosamente allo pseudo-Concilio Vaticano II, un “conciliabolo” messo in piedi in modo truffaldino per sfuggire alle sentenze della Chiesa. Tuttavia, il nemico marrano e la “quinta colonna”, sempre tenacemente, instancabilmente in azione, oggi più che mai sta usando questo falso argomento, spurio, nella speranza che i sacerdoti ed i laici si sentano sconfitti e perdano la fiducia nell’uso delle armi di cui la Chiesa si è da tempo dotata, come se questi potenti strumenti siano inutili o non dicano ciò che con forza dichiarano. Il solito “nemico marrano”, in azione all’interno della Chiesa, desidera utilizzare i propri avvocati, i falsi teologi o teosofi, affabulatori tutti, istruiti nelle false interpretazioni, nelle erronee applicazioni per sovvertire le leggi della Chiesa eternamente valide. Il “nemico marrano” inoltre si è autoreferenziato proponendosi come l’unico qualificato a dirci cosa la Chiesa abbia stabilito. I marrani e i gerarchi della “quinta colonna” fingono che le leggi passate della Chiesa siano antiquate e inapplicabili alle circostanze odierne, perciò cerchiamo noi di essere attenti ai trucchi secolari dei marrani, dei “nemici di tutti gli uomini”, della razza di vipere, dei ciechi che guidano altri ciechi, e consapevoli del tradimento rivoltante che stanno mettendo in atto, a detrimento delle nostre anime.

QUATTRO CARATTERISTICHE FONDAMENTALI

    Riprendiamo la riesamina di “Execrabilis”: essa possiede quattro caratteristiche importanti: -1 la natura vincolante delle decisioni della Chiesa; -2 l’ampio coinvolgimento di persone sulle quali ricade la condanna; -3 i requisiti richiesti per la rimozione dell’anatema; -4 l’effetto delle leggi della Chiesa sui comitati ed istituzioni erroneamente convocati ed utilizzati.

A). La nozione di “decisione”, così come utilizzata in “Execrabilis”, amplificata e riaffermata dal Concilio Vaticano I, abbraccia radicalmente dogma, dottrina, insegnamento e culto. “Execrabilis” copre non solo le sentenze della Chiesa esistenti allora, al tempo di Papa Pio II, ma anche le sentenze di Papi successivi contro eventuali attacchi da parte di un Concilio illegale o di un Pontefice illegittimamente usurpante (come ai nostri tempi, ad iniziare dal 1958). Così è coinvolto ogni giudizio della Chiesa che riguardi la fede e la morale. Condannate perciò sono tutte le soppressioni, innovazioni, modifiche e false dottrine introdotte dal Concilio cosiddetto Vaticano II° (v-2), che attua il tentativo di cambiare il pensiero e l’atteggiamento dei cattolici sulla fede e sulla morale. Questa legge, perla del Magistero della Chiesa, è una difesa contro chi tenta di modificare le decisioni della stessa Chiesa contro l’ebraismo rabbinico, il naturalismo, la Massoneria, il comunismo, l’umanesimo, il supernaturalismo, l’ecumenismo massonico e tutte le altre aberrazioni eretiche attualmente in voga.

B). La successiva nota da sottolineare è l’ampio coinvolgimento delle persone su cui ricade la condanna di “Execrabilis”: tutti coloro – incluso un Papa (che a quel punto non sarebbe più da ritenersi un Papa “vero”) – che violano la legge prevista da “Execrabilis” sono ritenuti colpevoli. Così, per cominciare, tutti coloro che tramino e convochino un Concilio illegale, si insediano in commissioni e progetti agli schemi … anti-cattolici, o prendano parte nella sua causa contro la Chiesa… o implementino o promuovano tali Concili con sentenze di rottura (compresi gli inventori, per gli allocchi, ed i propugnatori della “idiota per idioti”, “ermeneutica della continuità”), violano tutti l’intento e lo spirito di “Execrabilis” ed automaticamente (ipso facto!) vengono posti fuori dalla Chiesa di Cristo, l’unica vera, con l’ “anatema” finale, espressione che si compendia in un’unica parola: “dannazione”!

Di conseguenza, ecco la fine del neo-antipapa, il sedicente Giovanni XXIII, emulo dell’altro antipapa suo predecessore ed omonimo, che ha convocato il cosiddetto concilio Vaticano II° per chiedere di eludere ed “aggiornare” le sentenze della Chiesa, e l’omosessuale “illuminato” Montini, colui che indossava l’efod al posto del Crocifisso, il sedicente Paolo VI, che si è accuratamente applicato nel promuovere ed implementare il “concilio” illegale e, completandone i lavori, nel rilasciarne tutti i suoi “falsi” obbrobriosi documenti: essi si sono posti al di fuori dalla Chiesa con l’indignazione di Dio sulle loro anime! … altro che santi! Santi sì, ma della sinagoga di satana!

Allo stesso modo scomunicati, con l’ira di Dio, sono tutti i sacerdoti e i religiosi che hanno lavorato nelle varie commissioni preparatorie degli schemi “ribaltanti” e anche i prelati, consultori, consulenti, esperti che hanno partecipato, condividendole coscientemente e consapevolmente, alle attività anti-cattoliche del concilio c.d. v-2 in qualsiasi modo e sotto tutti gli aspetti, in quanto i loro sforzi costituivano l’adesione e l’elargizione in favori, nonché l’assistenza ai nemici di Cristo, che avevano fatto appello ad un “concilio”. Allo stesso modo banditi dalla Chiesa sono tutti i Vescovi diocesani che hanno consentito l’apertura dell’ovile del Salvatore, permettendo così in esso, l’ingresso di lupi voraci. Gli insegnanti, i professori, i rettori e presidi di facoltà, di seminari, collegi, università che hanno promosso e promuovono tuttora il lavoro del falso concilio v-2, rientrano nella condanna di “Execrabilis”, poiché ivi si diffondono le false dottrine dei nemici della Croce, opposte alle sentenze della Chiesa di Cristo.

Così estesa è la copertura dei colpevoli che persino giornalisti, scrittori e testimoni e, in generale, tutti coloro che consapevolmente abbiano fornito consigli, aiuto, o favoriscano tuttora quelli che hanno fatto appello al concilio c.d. v-2 (cioè ebrei e massoni in primis, ma anche tutti i “novatori” modernisti e progressisti) sono puniti con la stessa drastica pena. Colpevoli sono tutti coloro che intenzionalmente accettano l’eretico “concilio” v-2 e i suoi pessimo frutti, tutti i sacerdoti che, in violazione del loro giuramento di difendere la Chiesa contro l’eresia, abbracciano i nuovi e strambi insegnamenti del v-2, sapendo che si oppongono alle decisioni della Chiesa Cattolica Apostolica di sempre, sottostando all’illegale soppressione del Sacrificio della Messa (offerto oltretutto, come un rituale rosa+crociano al “signore dell’universo”, cioè al baphomet-lucifero della massoneria!) e tollerano l’anti-cattolico “novus Ordo” che si allontana in modo impressionante dal Catechismo del Sacrosanto Concilio di Trento, per insegnare le false dottrine della “setta vaticano-2”, o in qualsiasi modo favoriscano l’attecchimento dell’esecrabile ed illegale “concilio” v-2: “Tutti sono scomunicati dalla Chiesa Apostolica con l’indignazione di Dio sul loro capo!”

C). Il terzo notevole aspetto della bolla “Execrabilis” è l’assoluzione riservata al Sommo Pontefice che unicamente ha quindi il potere di revocare la sentenza di scomunica rimettendo ai colpevoli questo peccato particolarmente grave.

Questa riserva di assoluzione naturalmente presuppone un legittimo Pontefice in grado di rimuovere la terribile scomunica. Ma, dal 1958, nessun legittimo rappresentante di Cristo occupa la Sede Apostolica terrena che possa emettere sentenza. Usurpatori, uomini che sopprimono il primato della Chiesa di Cristo e la sua sovranità, uomini indegni che “giustamente” rifiutano il triregno incoronato e tutto ciò che esso sta a significare: tali “impostori” non possono né scomunicare né tantomeno sollevare dalla sentenza di scomunica, essendo essi stessi scomunicati. Questi impostori, nonostante la loro forzata “elezione”, hanno, con le loro eresie, spinto se stessi fuori dalla Chiesa e pertanto non possono revocare la scomunica, perché colui che si mette fuori della Chiesa non può legittimamente esercitare il potere papale (Vedi p. Saenz, La sede vacante, Veritas, dicembre 1975). Coloro che sono fuori della Chiesa non sono ovviamente all’interno della Chiesa né, a maggior ragione, possono esserne i capi!

Poiché la Sede di Pietro è in questo momento “impedita”, e quindi vacante per ciò che riguarda l’adozione di provvedimenti efficaci, coloro che sono caduti nell’anatema di “Execrabilis” sono in gravissima difficoltà perché, come ci dice il Concilio di Trento, “I sacerdoti non hanno alcun potere di assoluzione in casi riservati alla Sede Apostolica, eccetto che in punto di morte.” Il tridentino ci dice anche: “… che debba essere di nessun valore quell’assoluzione che il sacerdote pronuncia su colui sul quale non abbia giurisdizione, ordinaria o delegata (dottrina sul sacramento della penitenza, capitolo VII).

Per un sacerdote che assolva un peccato riservato, in punto di morte, è fondamentale che ci sia un riconoscimento di colpa. È essenziale quindi in questo caso, che il peccatore abiuri il concilio v-2. Egli deve cioè pentirsi di aver partecipato al concilio v-2 illegale, o di averlo anche solamente promosso, sostenuto o attuato, così come pure l’aver favorito coloro che hanno partecipato al suddetto illegale concilio c.d. v-2. Senza pentimento non può esserci alcuna assoluzione del peccato riservato, che rimane così non confessato. In tale stato peccaminoso, impenitente ed insolvente, il peccatore va incontro al suo “caloroso” destino, al giudizio del Creatore!

Il mondo ha assistito così alla sorte dei presunti “papi” del v-2 che sono andati incontro alla loro morte impenitenti ed insolventi rispetto ai loro crimini, perpetrati nel corso del c.d. v-2, contro Dio e la sua Chiesa, così come definito in “Execrabilis” e dal Concilio Vaticano I.

Al capezzale di Angelo Roncalli (c.d. Giovanni XXIII) si trovavano molti prelati della Chiesa, tra i quali due suoi confessori, ma nessuno di loro si è premurato nell’aiutarlo a riconciliarsi e pacificarsi con il Creatore, perché essi stessi non volevano ammettere l’inesattezza dell’illegale Concilio v-2 che ha emesso sentenze di rottura con la dottrina della Chiesa, e non volevano ugualmente ammettere che l’alterare, il soppiantare ed il sopprimere le sentenze infallibili della Chiesa, costituisse un peccato mortale, oppure che sia peccaminoso convocare un Concilio per raggiungere questi malvagi obiettivi, o che la Chiesa possa infliggere sanzioni, estese nell’eternità, su coloro che infrangono le sue leggi. Ciò che è legato sulla terra è legato anche in cielo, sotto il potere delle chiavi!

  1. Battista Montini (il sedicente antipapa Paolo VI), l’immediato successore di Giovanni XXIII, si è particolarmente distinto oltre che nell’illegale concilio c.d. v-2, anche nel momento della morte. Anticipando infatti la sua morte, già nel 1963 all’età di 66 anni, nell’anno della sua elezione, l’antipapa Paolo VI nelle sua ultime volontà e nel Testamento aggiunto nel 1972 e nel 1973, sembrava essere molto consapevole del fatto che egli non fosse un vero rappresentante di Cristo, al punto da chiedere che non gli venisse fatto né un funerale, come per i veri Pontefici, né avere una sepoltura simile.

Nel suo tipico caustico ostinato rifiuto delle genuine pratiche cattoliche e della Santa tradizione dichiarava: “… per quanto riguarda il mio funerale: che sia semplice e animato dalla pietà religiosa. Non vorrei avere il catafalco, come è consuetudine per i funerali dei Papi; invece lasciate che le cose si svolgano in modo umile.” Per quanto riguarda la sua tomba, non ne voleva alcuna: “Nessun monumento per me”. Il V-2 doveva essere il suo monumento, il sepolcro dell’empietà!

Nelle sue ultime volontà e Testamenti, il c.d. Paolo VI ha scritto del suo desiderio principale: “l’attuazione dell’eretico concilio c.d. v-2.”… Lasciate che le sue prescrizioni siano messe in atto.” Per quanto riguarda l’eretico ecumenismo di matrice massonica, ha dichiarato: “l’approccio con i fratelli separati deve procedere spedito …” Ha aggiunto, con la sua solita ingannevole doppiezza modernista, “ma senza deviare dalla vera dottrina cattolica” (sic!). Le false idee tenute dal marrano Montini, per quanto riguarda “la vera dottrina cattolica” erano lontane, come il cielo dista dalla terra, dalle verità divine proclamate alla Santa Chiesa cattolica nei fondamenti della rivelazione soprannaturale.

Nel suo testamento finale il Montini, l’antipapa Paolo VI ha contraddetto tutti gli avvertimenti della Chiesa contro il mondo, la carne e il diavolo. Tutti i veri Pontefici hanno raffigurato il mondo come la città di Satana opposta alla città di Dio (Chi ama il mondo odia Dio – lett. di S. Giacomo). Si è sempre consigliato ai fedeli di servire Dio, non il mondo. Ma Paolo VI, il papa fasullo, diceva “si deve osservare il mondo, amarlo e servirlo” (da “Il testamento di Paolo VI” – L’Osservatore Romano 24 agosto 1978, pagine 1, 2).

Considerando che i suoi giorni fossero contati – come indicato dal suo frequente riferimento alla morte – Montini aveva fretta di procedere nell’inculcare più profondamente il concilio c.d. v-2. Gli ultimi mesi della vita del “pontefice degli Illuminati di Baviera”, hanno visto un programma intensificato nell’attuazione del programma del c.d. v-2, che comprendeva tra l’altro, la sua funesta dedizione nel rendere il Vaticano un luogo d’incontro particolarmente cordiale ed il rifugio per gli ebrei, massoni, comunisti, cioè tutti i nemici dichiarati dell’unica “vera” Fede e dell’unica “vera” Chiesa.B. Montini, da buon marrano, principe degli eresiarchi, indossatore inverecondo dell’efod, il paramento tenuto da Caifa quando condannò Gesù a morte, ha sempre cercato di rinsaldare sempre più i legami tra Cattolici ed ebrei favorendo questi ultimi. Notizie e fotografie giornalistiche hanno ripetutamente registrato i suoi ostentati decreti papali in contraddizione con le leggi della Chiesa, onde fraternizzare e sostenere attivamente i nemici della Croce e dell’Ordine Cristiano. Nelle udienze private ha sempre detto falsamente che ebrei e musulmani, i quali notoriamente rigettano la Trinità, disprezzano e disconoscono Gesù Cristo, adorano lo stesso Dio dei Cattolici. Quando egli non poteva ospitare il nemico presso il Vaticano, mandava rappresentanti all’ONU, l’organizzazione mondialista ateo-massonica, onde sottolineare “la pace”, cosa che significava che la Chiesa non si sarebbe opposta al suo nemico, e rassicurando continuamente in questa promessa che egli stesso aveva fatto pubblicamente per primo all’ONU nell’ottobre del 1965.

Quest'”uomo del peccato”, G.B. Montini, l’antipapa sedicente Paolo VI, devastò il cuore e l’anima della famiglia cattolica nel sollecitare la libera interpretazione delle leggi del matrimonio, in modo da distruggere i matrimoni più cattolici.

Nelle sue udienze generali vi erano continue sollecitazioni a “seguire il concilio [v2].” Questa è solo una breve lista dei molti crimini mostruosi del falso “papa” Paolo VI contro la fede in Cristo e la sua Chiesa durante i suoi ultimi giorni di vita. Fino al giorno della sua morte Montini, tra un amante e l’altro, aveva occupato tutto se stesso nel lavorare per l’ulteriore avanzamento dell’illegale concilio c.d. v-2.

Senza rimpianto o rimorso, l’ignobile, senza temere neanche per un attimo l’ira di quel Dio da lui tanto disprezzato, si è allontanato da questa vita lasciando dietro di sé il caos in tutto il mondo spirituale: milioni di anime che languono per la divina Messa ed i Sacramenti, Messa che egli, avvalendosi della sua falsa autorità, ha soppresso sostituendola con un rito blasfemo, in stile rosa+croce, una liturgia che offre culto all’uomo e al “signore di questo mondo” (il luciferino baphomet, adorato dalla massoneria come “signore dell’universo”). Senza contare la devastante formula della consacrazione dei Vescovi, studiata meticolosamente a tavolino con il suo degno compare, il massone Annibale Bugnini, [Buan 1375/65] formula sacrilega ed eretica che non consacra affatto validamente nessun vescovo, che a sua volta quindi non consacra nessun sacerdote, il tutto ridotto perciò ad un grottesco e funesto carnevale satanico! Tanta è la devastazione del c.d. v-2, abbattutasi sulla sede di Pietro e sull’episcopato ( … quello che resta), e che vede dappertutto conventi, monasteri, seminari, pressoché completamente svuotati, ed una società totalmente secolarizzata, scristianizzata e massonizzata! La Sposa di Cristo è disorientata, confusa, dispersa, recisa come grano dalla falce. I sacerdoti di Cristo si sono allontanati da Lui, non volendo capire cosa sia successo per mano dell’ “l’uomo della perdizione”. Ecco come quest’uomo scellerato è andato incontro al suo Giudice, a Colui che dice: “A me la vendetta, sono io che ricambierò”,(Rom. XII, 19 – citando dal “Cantico a Dio Roccia di Israele” in Deuter. Cap. XXXII).

Poi venne Albino Luciani (c.d. Giovanni Paolo I), occupante la sede Papale per soli 33 giorni, che volontariamente preferì calcare le orme tracciate dai suoi due immediati predecessori, anche nell’assunzione dei loro nomi. Offrendo il suo pieno sostegno al concilio illegale, c.d. v-2, Giovanni Paolo I rifiutò la Tiara e l’intronizzazione, designando se stesso come “il primo ministro” della setta della Contro-Chiesa conciliare fondata dagli antipapi c.d. Giovanni XXIII e Paolo VI, i due burattini principali della sinagoga, ai quali era stata illegittimamente dato il trono di Pietro per attuare il complotto contro la Chiesa di Cristo. Giovanni Paolo I non aveva alcun desiderio di essere un vero Pontefice; non volendo essere riconosciuto o accettato come il Sommo Pontefice della Chiesa di Cristo, cosa che in effetti non era, e di cui era ben consapevole nell’accusarsi tale.

Due dei suoi più scandalosi testamenti sono: 1) la raccolta di lettere e: 2) le sue dichiarazioni per quanto riguarda la propria mancanza di fede.

In una «lettera» mal concepita a Cristo, egli osò presumere giudicare in Gesù Cristo, autore della carità: la parola di Dio, i suoi detti e la promessa. Circa la sua incredulità, ha dichiarato pubblicamente che non accettava la Religione divina, affidata alla Chiesa Cattolica, per salvaguardare ed insegnare, come l’ “unica vera religione” con i diritti che le altre non hanno, e che egli non credeva che solo la verità avesse il diritto di esistere. Alla fine, ha detto, “mi sono convinto che ci si era sbagliati” (Vedi Veritas, agosto-settembre 1978, pagine 14, 19). Infine è stato ripagato con una buona bevanda tossica, che lo ha rispedito dopo 33 giorni, a colui di cui era servo!

Il quadro è chiaro: nessuno di questi tre v-2 falsi “Papi”, infelici e lugubri titolari usurpanti della cattedra papale, ha rigettato o rivisto gli atti anticristiani contro la Chiesa e la Fede, alterati dal v-2. E il giudizio di “associazione a delinquere contro la Chiesa” di “Execrabilis”, cade come un macigno su tutti e tre. Tale era il loro “status” quando l’angelo della morte ha trasportato le loro anime nell’aldilà per il giudizio divino! Dice infatti il Salmo XXXVI: “Dominus autem irridebit eum, quoniam prospicit quod veniet dies ejus” [Ma il Signore ride dell’empio, perché vede arrivare il suo giorno].

Tutti: laici, Vescovi, sacerdoti, religiosi e cardinali che hanno collaborato al v-2 stanno passando inesorabilmente all’altra vita nello stato di impenitenza e di insolvenza del loro colpevole coinvolgimento nel famigerato Consiglio v-2: senza perdono sacramentale, a causa del loro deciso rifiuto di riconoscere l’erranza del v-2, ed ostinati nella loro negazione nell’ammettere le conseguenze che le azioni sataniche del v-2 hanno prodotto sulla terra, onde il mondo è in estrema difficoltà. Essere implicati quindi in qualsiasi modo e ad un qualsiasi titolo in un “concilio” come il v-2, è certamente cosa da non essere respinta con leggerezza … “Dominus autem irridebit eos …

Ed anche gli ultimi finti “papi”, senza tiara e senza giuramento, dal sedicente Giovanni Paolo II agli attuali, si sono ingegnati per attuare le direttive del v-2 e peggiorarle, se possibile, fino a stravolgere totalmente il volto della Santa Sposa di Cristo ed infangare il potere del Papato, e ricadendo, per colmare la misura, tra l’altro, come vedremo poi, nell’altra maledizione comminata agli eretici usurpanti da Paolo IV in “cum ex Apostolatus officio”. Karol Wojtyɫa, marrano teosofo-comunista, non si crogiolava forse nel chiamare Paolo VI suo “padre” e “mentore”? Venendo a Roma dalla Polonia, oltre la Cortina di ferro, ha dichiarato più e più volte che egli si impegnava ad attuare tutti i desideri di Paolo VI per quanto riguardava il Concilio v-2. In altre parole che egli avrebbe espresso la volontà ed il testamento dell’anti-cristiano Paolo VI, piuttosto che eseguire la volontà ed il testamento di Gesù Cristo, il cui sangue ha sigillato per sempre l’Alleanza del Santuario, nel sacrificio della Croce, che ogni sacerdote ha il dovere di offrire “in memoria di Me.” Così il divino patto del Santuario, abbandonato da Paolo VI, continuerà ad essere abbandonato, sostituito e soppiantato dal patto satanico dello stesso, ed il suo nuovo ordine sotto il “ministero” (si fa per dire …) di Giovanni Paolo II e successori, che hanno tanta fretta di finire il turpe lavoro iniziato da tempo, prima che vengano scoperti, denunciati, e buttati come pula nel fuoco, dove li attende soddisfatto il loro “puparo”! Il “In memoria di Paolo VI”, in luogo di “In memoria di ME” – è la linea guida della attuale “sinagoga di satana” dilagata nella Chiesa. Tutti i falsi ed ingannevoli successori nella linea del v-2 hanno sul capo la terribile condanna dell’anatema di “Execrabilis” e di “Ex cum apostolatus officio”!

D). La quarta caratteristica essenziale di “Execrabilis” è il suo effetto demolitivo sul v-2 e su qualsiasi Concilio chiamato a modificare e ad eludere le sentenze della Chiesa.

Execrabilis” pronuncia, dichiara e decreta che tutti questi concili – non importa in quale epoca o territorio, e con quale modalità vengano convocati – sono condannati in anticipo, riprovati, annullati, respinti! In effetti, con questo decreto di nullità del v-2, tutti i relativi documenti, decreti e le sue operazioni sono stati completamente svuotati del loro lordume, sono stati spogliati di ogni legittimità e resi totalmente nulli ed inoperanti! È come se il V-2 non fosse mai stato mai convocato, e per questo non vincola all’obbedienza né la Chiesa, né qualsiasi fedele, né oggi né mai!

Ed ancora, il Concilio di v-2, convocato su richiesta dei nemici di Cristo, è spazzato via come sterco putrido, e nessun Cattolico è da esso vincolato in alcun modo, tanto più che l’adesione intenzionale o l’obbedienza al condannato e nullo concilio v-2, fa ricadere “ipso facto” sul suo capo la scomunica e l’ira di Dio. Scomunica ed ira che non sono immagini astratte, eventi occultabili, bensì, come dichiara Pio VI in “Auctorem fidei”, condanne che imprimono un carattere indelebile nell’anima che viene così proiettata, in eterno, lì dove è “pianto e stridore di denti”. In questo modo, oltretutto, la Chiesa Apostolica salvaguarda e mantiene il rispetto per i suoi Concili validi.

IL (FALSO) CONCILIO ECUMENICO VATICANO II

   Sono trascorsi oltre 90 anni dal Concilio Vaticano I al conciliabolo c.s. Vaticano II: per i Giudei il tempo non significa nulla quando si tratta di ottenere il risultato cercato. Questo spiega perché il mondo giudaico può attendere pazientemente da un secolo all’altro, tramare da un Concilio ad un altro, aspettando l’opportunità di raggiungere il suo obiettivo. Dopo tutto, i giudei hanno organizzato il tutto aspettando 2.000 anni per ottenere ciò che volevano dal concilio v-2. Questo enorme successo dell’ebraismo nel guadagnare il controllo della Chiesa doveva passare in pratica, attraverso un semplice grimaldello, cioè quello di ottenere un “concilio”, più o meno falso ed artificioso, ma apparentemente accettato, in grado di raggiungere quello che i Giudei non erano riusciti ad imporre nel Concilio precedente.

Così è stato, e quel che questi nemici di Cristo e della sua Chiesa non erano riusciti ad ottenere dal Vaticano I, col passare del tempo, giocando sulla loro astuzia, l’infiltrazione subdola della “quinta colonna” ed il tradimento della gerarchia corrotta, è stato dai Giudei guadagnato nel corso del concilio vaticano 2° il cui intento dichiarato in partenza era quello di offrire l’opportunità di eludere, vanificare ed annullare le sentenze passate della Chiesa.

Il concilio v-2 era stato preceduto da un “concilio ebraico”, al gran Kahal, che aveva pianificato le molte richieste scandalose poi fatte e concesse da questo “concilio” illegale così manipolato dall’ebraismo internazionale. Le sue decisioni distruttive hanno prodotto un rimpasto profondo ed una destrutturazione della Fede Cattolica e della Chiesa, come è evidente nelle diocesi e parrocchie in tutto il mondo, che costituiscono il risultato diretto della riapertura della totalità delle sentenze irreformabili della Chiesa. Di conseguenza, tutto – dottrina, insegnamento, culto, pensiero ed atteggiamento – è stato intaccato e danneggiato dai nemici di Cristo attraverso il concilio V- 2.

Il motto dei Marrani: – I marrani hanno utilizzato una trovata truffaldina, l’”aggiornamento della Chiesa” come loro trucco ingannevole per influenzare i Vescovi del concilio a modificare le sentenze della Chiesa. Questo “mantra” progressista è tuttora utilizzato per convincere e tenere a bada i cattolici legati al v-2. Questo slogan è un astuto richiamo alla vanità dei cattolici giovani e degli anziani che non desiderano essere etichettati come “non al passo coi tempi” in modo da convincerli a non cambiare atteggiamento. Questo trucco dell’ebraismo ha avuto un notevole successo, come dimostra il fatto che la maggior parte dei Cattolici, pur sapendo che il v-2 si sia allontanato in modo impressionante dalla fede millenaria della Chiesa, rimane tuttavia aderente alle sue nuove imposizioni.

Alcuni dimostrano addirittura una ottusità ed una ignoranza tale da razionalizzare i cambiamenti radicali della “contro-Chiesa” dicendo: “questo è il modo in cui ho sempre pensato che la Chiesa dovesse essere. Le vecchie modalità erano troppo limitative, troppo legalistiche, antiliberali. Ora tutto ciò è stato cambiato; si trattava solo di leggi artificiali che dovevano essere modificate o abrogate!”

Il problema qui è il non riuscire a distinguere tra regole amministrative o disciplinari, e leggi e sentenze della Chiesa. È vero che i Papi sono esseri umani, ma poiché agiscono come Vicari di Cristo, le leggi e le sentenze della Chiesa diventano disposizioni divine, e le sentenze di Dio, per loro natura, sono infallibili, come il potere delle Chiavi affidate alla sua Chiesa, e pertanto non sono soggette a modifiche o abrogazioni, e nessuno può legittimamente giudicare o cambiare i decreti e le sentenze della Chiesa, costanti ed infallibili!

Come è possibile poi “aggiornare la Chiesa”, ripristinando pratiche tralasciate del passato, per esempio facendo rivivere il diaconato laico che si è rivelato inutile e molto pericoloso per il sacerdozio celibatario e pertanto giustamente messo fuorilegge. La confusione delle distinzioni è il veicolo usato per l’”aggiornamento”, per cui i cattolici sono ripiombati in antiche pratiche già respinte, scartando quelle che si sono da sempre rivelate sane e giuste, e sono stati indotti ad accettare la sostituzione, con false pratiche e teologie perverse, della verità di Dio. Le solite “dissotterrate” tradizioni umane in luogo della legge divina, come denunciato già da Gesù nel Vangelo …. nulla di nuovo sotto il sole … della sinagoga! Negli “aggiornamenti” il disordine diventa la regola principale. Basta osservare ciò che succede nei cosiddetti “movimenti” introdotti nella Chiesa cattolica, ove vengono sdoganate pratiche profane, irriverenti verso Dio e le autorità, in scenari da stadi deliranti, in una confusione paganeggiante, introducendo, come cristiane, ideologie eretiche, filosofie nichiliste, neuro-psichismi orientaleggianti, presunti e fasulli carismi millantati da neuropatici demenziali, assurde stramberie dal sapore gnostico e kabbalistico, ove si confonde amore con passionalità, carità con vizio, impudicizia, passionalità carnale, addirittura contro-natura …. bolge degne di gironi infernali dove si idolatrano falsi profeti o personaggi di estrazione chiaramente anticristiana e luciferina, il tutto autorizzato e sostenuto da false gerarchie e da carnevaleschi prelati. Tutto questo è oggi possibile grazie all’aggiornamento, al rinnovamento satanico avviato dai marrani nel concilio v-2 per il trionfo della “contro-Chiesa” che prepara l’avvento dell’anticristo.

Il PREZZO DELL’AGGIORNAMENTO

   I sostenitori del v-2, in aperta ribellione contro Dio, hanno contratto la stessa malattia spirituale degli ebrei: la cecità e la durezza di cuore, incorrendo così nell’ira di Dio. Occorre che essi considerino ora se vale la pena di aderire all’esecrabile concilio, rispettarne le decisioni, per poi perdere l’anima in eterno!

Lasciamo che la gerarchia, i sacerdoti, i religiosi, le suore e i laici, che incautamente pensano che partecipando ai peccati del v-2 siano impegnati nella mentalità moderna nell’”aggiornamento” e “rinnovamento” della Chiesa, facendo notare chiaramente il pericolo spirituale in cui sono sprofondati dal “concilio” esecrabile v-2 ed inducendoli ad obbedire all’ingiunzione celeste di tirarsi fuori dalla “contro-Chiesa” del v-2, la “prostituta”, per non partecipare dei suoi peccati e riceverne le piaghe (Apoc. XVIII:4).

Unica via d’uscita, per essere in pace con Dio, è quella di rinunciare completamente al v-2, “uscirne fuori” in qualsiasi modo, con ogni mezzo, senza mai tornare indietro. Se non si riesce a trovare un sacerdote “non v-2” per confessare la colpa passata, si può fare come la Chiesa insegna circa coloro che non hanno nessun sacerdote disponibile: fare un atto di contrizione perfetta:

“Deus meus, ex toto corde paenitet me omnium meorum peccatorum, eaque detestor, quia peccandi, non solum paenas a Te juste statutas promeritus sum, sed presertim quia offendi Te, summum bonum, ac dignum qui super omnia diligaris. Ideo fermiter propono, adiuvante gratia tua, de cetero me non peccaturum, peccandique occasiones proximas fugiturum. Misere nostri, Domine, miserere nostri!”

Davanti a Dio, bisogna rinunciare al v-2, a tutte le sue opere e alle sue pompe, risolversi saldamente di non partecipare mai più ad una qualsiasi delle sue attività. Quindi dobbiamo metterci nelle mani di Dio misericordioso ed attendere il giorno in cui possiamo ricevere l’assoluzione da un sacerdote cattolico apostolico veramente fedele. Molti di noi probabilmente dovranno morire senza incontrare un vero sacerdote, ma bisogna confidare in Dio… mantenere i suoi comandamenti… mantenere saldamente la Fede… rispettare le leggi e le sentenze della Chiesa Apostolica, senza lasciarsi ingannare o confondere dalla “contro-Chiesa” v-2.

CANONE 58, del 4 ° CONCILIO DI TOLEDO

   Oltre ad “Execrabilis” e al Concilio Vaticano I, come possiamo essere ulteriormente sicuri che un falso concilio abbia favorito i Giudei nei confronti della Chiesa Cattolica, ricevendone anticipatamente la disapprovazione e la condanna? A questa certezza siamo guidati dal Canone LVIII del quarto Concilio di Toledo, tenutosi in Spagna per controllare l’influenza giudaica, così forte in quel periodo storico, in quella nazione (Vedi Veritas, luglio-ottobre 1975, pp. 33-34). Questo grande Canone dichiara:

Canone LVIII. “Di coloro che prestano aiuto e favore agli ebrei contro la fede del Cristo. La cupidigia di taluno è tale che a ragion di questa si separano dalla Fede, come disse l’Apostolo, molti anche tra i sacerdoti, ed altri, ricevendo doni dagli ebrei fomentano la loro perfidia patrocinandoli; questi vengono, non senza ragione, qualificati come membri dell’Anticristo, poiché contro Cristo operano.

   Qualsiasi Vescovo, Sacerdote o Secolare che continui a prestar loro appoggio contro la Fede Cristiana, sia perché fatto a regali, sia per puro e semplice favore, verrà considerato come un vero e proprio profano e sacrilego, privato della Santa Comunione e ritenuto straniero nel regno di Dio; perché è giusto che si separi dal corpo di Cristo, colui che si fa patrono dei nemici del Signore” (J. T. y Ramiro, Collecion de Canones de todos los Concilios de la Iglesia, tomo II, pag. 305).

Questo canone, sferra un colpo mortale sul v-2, anche se è solo uno di una lunga serie di leggi contro gli ebrei, a protezione e difesa della Chiesa, emanate dai diversi Concili di Toledo. Questo Canone “spazzatutto” è importante e decisivo contro il concilio v-2 per due motivi:

.1) – In primo luogo, i canoni del Concilio di Toledo sono stati dichiarati essere “in eterno” vincolanti e costanti. Significativo è che questo canone, come gli altri di questo e degli altri Concili toledani contro i Giudei, non può essere giammai modificato o abrogato o dichiarato inoperante o inapplicabile ai nostri tempi!

.2) – In secondo luogo, ai concili di Toledo era presente il delegato del Sommo Pontefice incaricato di offrire consigli e dare assenso ai provvedimenti adottati. Così i Canoni del Concilio di Toledo contro gli Ebrei e contro coloro che nella Chiesa danno loro aiuto, sostegno e protezione nella loro guerra contro la Chiesa e la Fede, sono delle sentenze eternamente vincolanti della Santa Sede. Queste sentenze sono particolarmente applicabili alla campagna sovversiva odierna dell’ebraismo condotta con l’assurda affermazione che la Sacra Scrittura e la Fede cattolica sono “antisemite” ed “offensive per gli Ebrei”, per cui devono essere modificate onde conformarsi alla mentalità anticristiana della sinagoga!

Di conseguenza, nel momento in cui Roncalli (l’antipapa Giovanni XXIII) convocava il concilio v-2 in favore della comunità ebraica ed a sostegno della sua guerra contro Cristo e la sua Chiesa, era automaticamente separato dal Corpo di Cristo (cioè la Chiesa Cattolica), sulla terra e in cielo, come giudicato dal Canone LVIII del 4° Concilio di Toledo. Così pure ha fatto il marrano Montini (l’antipapa sedicente Paolo VI) separandosi dal Regno di Dio e dalla Chiesa cattolica nel suo continuo recare, nell’illegale e esecrabile v-2, il sostegno alla comunità ebraica contro la Fede Cristiana. Non ci può essere nulla di più chiaro, di più certo del Canone LVIII del IV Concilio di Toledo nel comprendere e rigettare la truffa perpetrata da marrani e traditori, sciogliendo così, caso mai ancora ve ne fossero, ogni dubbio residuo.

IL V-2 AGISCE FAVORENDO I GIUDEI

   Quali sono che le azioni che costituisce favore e sostegno ai Giudei contro la Fede dei Cristiani? Se ne elencano alcuni tra le più ovvie.

Partecipare ai loro banchetti di falsa filantropia, è un atto che favorisce i Giudei contro la Fede Cristiana… prendere parte alle riunioni “interconfessionali” in sinagoga favorisce e supporta i Giudei … permettere agli Ebrei di eliminare libri cattolici o riscrivere libri sulla dottrina cattolica alterata, è favorire e sostenere gli appartenenti al corpo dell’anticristo… permettere agli Ebrei conferenze o insegnamenti in scuole cattoliche, nei seminari, in collegi, Università, è dare sostegno e favore ai Giudei contro la Chiesa cattolica e la fede…; invitare permettendo agli Ebrei di parlare da pulpiti Cattolici, è favorire e sostenere la guerra dei Giudei contro Cristo…; dare ascolto agli insegnamenti erronei dello gnostico talmud ebraico ed alle loro pretese di interpretare la Sacra Scrittura meglio dell’insegnamento cattolico, è contribuire a rafforzare la falsa religione ebraica, favorire e sostenere la comunità ebraica contro la fede cattolica e la Chiesa di Cristo…; il rimuovere immagini sacre sostituendole con l’arte iconoclasta ebraica nelle chiese per soddisfare i Giudei, costituisce un insulto a Cristo… sostenere la falsa accusa di «antisemitismo» favorendo e aizzando l’animosità dei Giudei verso Cristo … promuovere relazioni fra Cattolici ed Ebrei, un dialogo che è impossibile, promuovere legami più stretti tra Cristiani ed Ebrei è favorire i Giudei … proteggere ed aiutare un incredulo, gnostico-talmudico, massone ebreo che siede sulla cattedra di Pietro, è favorire e sostenere la guerra dei Giudei contro Gesù Cristo, il figlio di Dio, che è diventato uomo per amor nostro…; seguire e supportare gli usurpanti della Santa Cattedra Apostolica, che si impegnano a proseguire e ad implementare il “concilio” illegale v-2 è porgere aiuto e sostegno alla guerra dei Giudei contro la Fede e la Chiesa divina.

L’elenco potrebbe andare ancora avanti. È impossibile per chiunque partecipi ai lavori del concilio pro-Ebrei v-2 non aiutare la guerra dei Giudei contro Cristo e la sua Chiesa. La punizione per il sostegno ed i favori ai nemici della fede, è la separazione dal Regno di Dio, dal Corpo di Cristo, sia sulla terra che in cielo, come il Canone LVIII sancisce.

V-2 AL CONTRATTACCO

     Presi sotto il fuoco pesante delle armi del potente arsenale della Chiesa, con i suoi molteplici canoni e sentenze (non dimentichiamo pure Innocenzo III ed il Sacro Concilio Laterano IV, del quale ci occuperemo in altra sede!), i propugnatori del V-2 procedevano, ed ancora procedono, con fretta frenetica per mettere in campo la loro contro-forza, consistente essenzialmente in forme propagandistiche di critiche e sarcasmi, sia da parte di Paolo VI, sia da tutti gli altri traditori della Fede ed altri agenti, diretti contro coloro che si opponevano e tuttora si oppongono al v-2 illegale ed ai “papi” fasulli.

Ecco allora che gli scomunicati Giovanni XXIII e Paolo VI, obbligano con forza all’”obbedienza” a se stessi e al loro “concilio” v-2, impegnati ed impegnando chiaramente alla disobbedienza a Dio Onnipotente, dal momento che si contrappongono alle fonti della Rivelazione soprannaturale e alle sentenze infallibili della Chiesa di Cristo divinamente fondata. Il marrano Montini, c.d. Paolo VI andava così lontano da etichettare (nel 1973) come “tralci distaccati” coloro che osavano sottolineare le sue palesi eresie, al punto tale da sembrare che coloro che volessero mantenersi obbedienti a Dio, cadevano sotto scomunica. Tanto sapientemente ingannevole, invertita nei valori e completamente assurda, era la sporca tattica dei “papi” fasulli e dei loro lacchè. In verità, i “tralci recisi” sono proprio i “papi” fasulli ed i loro seguaci, tagliatisi fuori dall’ortodossia e dalla Tradizione Apostolica. Come predetto nelle sacre Scritture, oggi quei fedeli Cattolici che si oppongono ai “papi” fasulli ed al loro malvagio concilio v-2, sono tacciati di eresia e combattono sui bastioni della resistenza della Fede contro religiosi mascalzoni e traditori!

Il vegliardo padre Saenz era uno di questi combattenti sui bastioni della Fede. Nella sua opera “La sede vacante” ha tenuto a sottolineare che i titolari della Santa sede che si comportano come Roncalli, Montini ed eventuali successori, sono deposti da Dio stesso. Questa non è una semplice opinione personale o teologica, ma una sentenza inappellabile contenuta in una famosa bolla di Paolo IV del 1558, “Cum ex apostolatus officio”, già in precedenza ricordata, bolla totalmente confermata da un’analoga bolla di S. Pio V del 21.12.1566, la “Inter multiplices curas”. In un opuscolo del 1975: “Paolo IV ha anticipato Paolo VI”, diffuso largamente in varie parti del mondo, Hugh McGovern ricordava appunto questa bolla, la qual cosa procurò grande apprensione e sgomento negli ambienti della “chiesa dell’uomo” e tuttora ne procura, al punto che molti, anche tra gli infiltrati in ambienti falsamente “tradizionalisti”, (in realtà una quinta “colonnetta” a sostegno della setta v-2, per riportare nella rete i “pesciolini” eventualmente sfuggiti alla pesca e alle trappole progressiste), si affannano a rigettarla, o almeno occultarla per non cadere in un imbarazzo smascherante e senza via d’uscita.

BOLLA DI PAOLO IV APPROVATA E CONFERMATA DA S. PIO V

Ci ha provato ad esempio l’Abbé des Graviers, scrivendo nel Corriere de Roma (n. 156, pp 9-12) che, avendo appreso del problema per cui qualcuno volesse applicare a Montini (il falso Paolo VI) la bolla di Paolo IV, si meravigliava di questo, perché secondo lui i cattolici comuni non hanno alcuna conoscenza del diritto canonico, per cui non possono ragionevolmente dedurre dalla bolla, che il cardinale Montini (c.d. Paolo VI) fosse stato invalidamente eletto alla Sede romana, e fingendosi inorridito nello scoprire che i cattolici sensibili, che hanno cioè la capacità di leggere e comprendere uno scritto elementare, andassero dicendo che la Sede Apostolica è vacante (almeno in apparenza!) dal 1958, dalla morte del Santo Padre, Papa Pio XII.

L’Abbé des Graviers pensava che poiché non vi è una sentenza di applicazione della Bolla nel passato, è in dubbio il fatto che possa essere applicata in questo momento. Si tratta di un argomento veramente stupido e demenziale, anche perché nel passato non c’è stato nessun Papa che si sia discostato ereticamente dal deposito della Fede cattolica in materia di morale e di costume. A questa obiezione, manifestando ancor più il suo pensiero già tanto traballante, per non dire in malafede, dichiarava che: “In ogni caso, questo poco importa, perché nel 1918 abbiamo avuto il codice di diritto canonico con Papa Benedetto XV con la costituzione Providentissima Mater Ecclesia. Secondo il Graviers questa è diventata la legge della Chiesa ed è essa che definisce che cosa sia un eretico, e quindi, sempre a suo dire, “è indispensabile sapere quale sia la definizione di un eretico”. Inoltre egli adduce il fatto che Montini non abbia mai riportato condanne canoniche. Egli dimentica intanto che il non essere dichiarato eretico ufficialmente non significhi molto, perché l’eresia “ipso facto”, come precisa Pio VI in “Auctorem fidei” è soggetta ad anatema senza bisogno di sentenza formale di un’autorità: Nell’artic. XLVI infatti leggiamo: Condanna … la proposizione la quale asserisce che “l’effetto della scomunica è solamente esteriore, perché solo di sua natura esclude dall’esteriore comunicazione della Chiesa“; Quasi che la scomunica non sia pena spirituale, che lega nel cielo ed obbliga le anime (S. Agostino, Epist. 250, Auxilio Episcopo; Tract. 50 In Johann., n. 12); come FALSA, PERNICIOSA, CONDANNATA NELL’ARTICOLO 23 DI LUTERO, PER LO MENO ERRONEA].

L’Abbé ha pure detto che sarebbe stato impossibile a Montini (c. d. Paolo VI) insegnare eresie Ex Cathedra, visto che egli non aveva mai pubblicato nulla Ex Cathedra. … e bla, bla, bla … ovviamente usando argomenti evasivi ed inconsistenti intorno alla Bolla del Papa Paolo IV che invece automaticamente giudica una persona essere un eretico senza un giudizio formale, qualora il colpevole sia decaduto dalla fede prima della elevazione ad un Ufficio della Chiesa.

Inoltre l’Abbé Graviers asserisce “che per quanto di sinistro possa esserci in questa Bolla, i Canoni 2.264, 2.228, 2.232, 2.242 e 2.265, hanno “assorbito” in se stessi la questione dell’eresia”, e così la conclusione è abbastanza semplice: “non è possibile ricorrere alla costituzione di Paolo IV come arma contro Paolo VI (Montini).” Egli ignora che la Chiesa Apostolica ha già giudicato e definito come giusto, onesto, corretto, il doversi applicare, nella forma più completa, tutte le precedenti sentenze della Chiesa insieme alle loro sanzioni più severe, contro coloro che attaccano la Sposa Immacolata di Cristo col tentativo di ucciderla.

Ma c’è ancora un’altra risposta molto più semplice agli argomenti farfuglianti dell’Abbé Graviers e dei suoi epigoni: “Evidentemente, le sentenze della Chiesa, come le Bolle di Papa Paolo IV e di S. Pio V, diventano operative senza necessità di ulteriori approvazioni ufficiali. La Bolle, da se stesse, costituiscono il rimprovero e la sanzione canonica essenziale, senza alcun’altra autorizzazione! Di conseguenza, colui che, prima della sua elezione alla cattedra papale, fosse stato un eretico pertinace, manifesto, pubblico, come è contemplato nelle bolle summenzionate, non può essere il legittimo successore di Pietro. Se egli occupa la Santa Sede, lo fa da usurpatore!” Punto!

IL CODICE CANONICO

     Per quanto riguarda il Codice (C.J.C.), siamo ben consapevoli che i nemici della Chiesa hanno tentato di attenuare la portata di tutte le leggi e sentenze della Chiesa mediante una raccolta di canoni che diventavano sempre più deboli e più ambigui ad ogni successiva manomissione. Il marrano Montini (l’antipapa c.d. Paolo VI) aveva istituito una Commissione per rinnovare i canoni della Chiesa Apostolica. Quest’opera distruttiva è continuata infatti sotto la direzione dei successivi “papi” e marrani, fasulli “papocchi”. Il processo di annacquamento, tuttavia, era già cominciato ai tempi di Papa Pio X, che chiese, per la compilazione di un nuovo Codice, l’ausilio del Cardinale Gasparri, all’epoca incaricato, che purtroppo accettò l’aiuto di un marrano della “quinta colonna” come il cardinale Rampolla. Per i marrani, che sono sempre alla ricerca di qualche scappatoia dalla vera dottrina della Chiesa apostolica per ciò che riguarda la questione degli Ebrei, l’invito a collaborare alla stesura di un Codice, era un evento entusiasmante, un’innovazione, una ghiotta opportunità per spazzare via qualsiasi legge della Chiesa che limitasse ed ostacolasse l’azione della “sinagoga di satana”.

Finché le leggi della Chiesa sono state prontamente disponibili ed applicate tal quali erano, hanno sempre rappresentato una grave minaccia per i nemici della Croce, per cui essi avevano finalmente l’opportunità di eliminare o attenuare le scomuniche e le altre sanzioni previste nei Canoni della Santa Chiesa. Ed infatti. che la “quinta colonna” dei nemici infiltrati all’interno della Chiesa, aveva come principale preoccupazione il rimuovere questi ostacoli fastidiosi: ma com’era possibile abolire con un solo colpo secoli di antiche leggi e sentenze della Chiesa, Bolle papali ed insegnamenti di Cristo, dei suoi Apostoli e dei Padri della Chiesa primitiva? Come era possibile rimuovere il tutto modificandolo in modo che il clero ebraico segreto potesse servire il “padrone” ebreo senza timore di essere deposto e scomunicato, e come fare per poter falsificare anche la dottrina chiara e ferma della Chiesa nei confronti degli Ebrei, al fine di promuovere il loro vero obiettivo: la sconfitta del Cristianesimo e la vendetta sul suo nemico capitale di sempre, Gesù Cristo?

Nel corso dei secoli gli Ebrei e la loro “quinta colonna” del clero corrotto, ripetutamente hanno fatto tentativi per sopprimere le leggi che tutelano la Chiesa contro gli Ebrei: per raggiungere questo obiettivo quindi, le Bolle papali con la loro tutela normativa in materia di Giudei, non dovevano ricadere sotto la categoria delle disposizioni immutabili, per sempre vincolanti, ed infallibili. Per questo scopo, essi hanno sempre cercato di sfruttare ogni possibilità che veniva loro offerta, adottando di volta in volta i percorsi più disparati. La compilazione di un Codice andava ben oltre quello che essi avessero potuto sperare. Durante il periodo turbolento della prima guerra mondiale (1914-18), quando tutta l’attenzione era ovviamente focalizzata sugli eventi bellici, il lavoro sul Codice, nella carenza di una stretta ed attenta sorveglianza, poteva offrire un’ampia ed insperata opportunità al nemico interno, ai traditori della “quinta colonna”. Di conseguenza, dal voluminoso corpo di leggi e sentenze che rappresentava la difesa più efficace della Santa Chiesa contro la segreta infiltrazione ebraica, con le sue attività distruttive nel seno di questa istituzione divina e nelle società cristiane, sono state soppresse, escluse, stralciate, tutte quelle disposizioni che potessero ostacolare il trionfo del giudaismo talmudico gnostico-kabbalistico sul Cattolicesimo divinamente istituito.

Ovviamente questa subdola azione dei marrani dimostra, qualora ancora ce ne fosse bisogno, che la legislazione della Chiesa per quanto riguardava gli Ebrei, li aveva tenuti in scacco per secoli e fu uno dei principali ostacoli alla prevaricazione sul Cattolicesimo. E’ stato il Cardinale Gasparri che ha approvato il tutto asserendo che nel Codice la legislazione passata della Chiesa non era stata alterata e che rimaneva pertanto in vigore. Ma in pratica le leggi di tutela della Chiesa contro la sinagoga di satana, come pure le sue molte leggi contro le eresie, erano state accuratamente lasciate fuori dal Codice. Questa omissione dolosa e mirata doveva essere stata intrapresa da una persona molto interessata nella vicenda, una persona che si trovava al servizio di un’organizzazione che voleva le leggi ecclesiastiche sugli Ebrei e sulle eresie meticolosamente modificate, eliminando così l’inghippo esistente (Complotto contro la Chiesa, pp. 430 – 433.) Oggi sotto il blasfemo v-2, questa operazione di espurgo, nelle nuove edizioni, delle sentenze di difesa della Chiesa nella lotta con l’ebraismo, è stata estesa anche ai libri che si pretendono cattolici.

Nel libro “Complotto contro la Chiesa”, i cui autori (M. Pinay era uno pseudonimo) hanno affermato di aver avuto la benedizione finale del Cardinale Ottaviani, è menzionato che le leggi che riguardano gli Ebrei sono una parte della “dottrina della Chiesa e della fonte della verità rivelata da Dio” (p. 434), fonte che ci giunge attraverso le due sorgenti della rivelazione soprannaturale. “Complotto” aggiunge: i nemici all’interno dell’azione demolitiva, portano il loro attacco contro la Tradizione Apostolica con argomenti lusinghieri, apparentemente giusti, che non consentono di rendere individuabile il veleno delle loro manovre. “Tra le altre cose, dicono, la Chiesa deve adattarsi ai nuovi tempi e combattere, con il progresso, per l’unità dei cristiani.” Tuttavia, la loro ambizione non è certamente la vera unità cristiana: essi cercano di “distruggere la miglior difesa della Santa Chiesa, quella che l’ha preservata attraverso i secoli dall’astuzia del suo nemico ostinatamente più famigerato e di dura cervice” (ibidem).

Questo trucco non può però funzionare perché, anche se una Commissione per il Codice Canonico adotta una politica di disuso o di esclusione per quanto riguarda leggi e sentenze costanti, questo equivarrebbe in pratica alla riapertura peccaminosa ed anatemizzata delle sentenze dei passati Pontefici e dei Concili dogmatici. Un Codice che ricorresse al disuso, all’elusione, all’esclusione (in tutto o in parte) o all’occultamento di leggi e sentenze contro gli Ebrei e contro le eresie, come le Bolle di Papa Paolo IV e Pio V, per esempio, sarebbe un Codice incompleto, ma in nessun modo potrebbe servire (come quello ridicolo del 1983!) come base per rendere inesistente la costante e permanente Legge Divina, operando automaticamente attraverso leggi e sentenze omesse od occultate dal nemico interno con l’inganno dei membri della Commissione del Codice stesso. Tali leggi e sentenze rimangono quindi, sia ben chiaro, costanti ed in vigore “in eterno”, anche quando sono fraudolentemente ignorate o si pensa che siano cadute in disuso; disuso o ignoranza non le ripulisce a distanza, non certo più di quanto la negligenza dei dieci comandamenti possa rendere le leggi di Dio inoperanti o inapplicabili!

Così un Codice che nasconda o escluda dal contesto completo dell’associazione di leggi e sentenze, permettendo loro di cadere in disuso, assolutamente non può distruggere la forza giuridica e l’effetto di tali leggi e sentenze. Si tratta in modo assiomatico dell’esercizio del Potere legante affidato da Cristo a Pietro ed alla sua Chiesa Apostolica. Il disuso o la esclusione non può separare ciò che è stato legato in terra ed in cielo. Di conseguenza, è impossibile per qualsiasi Codice, rendere inoperanti le leggi e le sentenze infallibili della Chiesa, operanti in perpetuo, con eterna validità. Argomenti alla moda che si oppongono a questo assioma sono futili e pretestuosi. Dio non potrà mai essere raggirato!

Per chiunque, allora, dire che il Canone LVIII del IV Concilio di Toledo, la Bolla “Execrabilis” di Pio II, “Cum ex apostolatus officio” di Paolo IV, o “Inter multiplices curas” di Pio V, la costituzione “Pastor Aeternus” del Concilio Vaticano I, e tutte le altre sentenze della Chiesa che definiscono l’illegalità del v-2, nonché l’impossibilità per un pubblico eretico ostinato di occupare legittimamente la cattedra di Pietro, non possono essere usati contro il v-2 o i titolari fraudolenti di un Sacro Uffizio, non è né accettabile né veritiero, è semplicemente luciferino! E non è un argomento valido il dire che la Chiesa militante non possa utilizzare tutte le armi atemporali ed eterne che la Chiesa ha approntato contro i suoi nemici in qualunque tempo, né dire che queste armi non si applichino alla presente situazione infernale: il dirlo è appoggiarsi a menzogne sataniche a fronte di verità divine!

Lasciate dunque che non ci sia più alcun inganno: i fedeli della Chiesa militante devono, come una battaglia all’ultimo sangue, tassativamente utilizzare, senza alcun falso rispetto e timidezze codarde, tutto l’arsenale di cui si è dotata la Chiesa: leggi, sentenze, encicliche, bolle, catechismi e dottrine divine contro il blasfemo e sacrilego v-2, contro i “papi” fasulli, che hanno architettato il luciferino v-2, contro i suoi documenti e tutti i mali che ne sono derivati. Spetta alla Chiesa militante far sapere al mondo che tali armi esistono e vanno utilizzate efficacemente. Abbiamo, quindi, tutti l’obbligo di far conoscere l’esistenza e l’effetto del colpo mortale di “Execrabilis”, della dichiarazione affermata dal Consiglio Vaticano I, così come del Canone LVIII (del IV Concilio di Toledo), il canone VIII del XVII Concilio di Toledo, i canoni contro la quinta colonna della Chiesa (già all’epoca operante in modo apparentemente devoto, ma pugnalando sistematicamente alle spalle ogni vero cattolico che lavorasse rettamente per la Chiesa di Cristo), cioè i cripto giudei, dei Concili XII (Can. IX), XIII (Can. IX), e XVI (Can.I) di Toledo, il canone XXV del III Concilio lateranense, i Canoni finali del IV Concilio Lateranense (67-70), delle Bolle di Papa Paolo IV e di S. Pio V contro eretici e Giudei (oltre a quelle citate ne esistono ancora numerose altre), della citata autorità di p. Saenz. La loro diffusione deve essere un imperativo categorico ed assoluto per i veri Cattolici romani, una corazza ed uno scudo per gli odierni, più che mai, “soldati di Cristo”! Il rovesciare il nemico ed il suo malvagio “concilio” spetta a Dio, naturalmente, ma alla Chiesa militante spetta l’agire in modo che le sentenze della Chiesa possano essere applicate, utilizzando così le armi provvidamente fornite.

La nostra condizione

   Per criticare ed abbattere coloro che giustamente affermano che il Concilio v-2 sia illegale e pertanto non degno di considerazione ed obbedienza, i novatori eretici non si astengono dal diffamarli e calunniarli come disonesti. Chi stupidamente e sconsideratamente segue il v-2, rifiutando di ascoltare quelli che dicono loro che è una nefandezza, indulge nella ipocrita accettazione di un concilio anti-cattolico e, fingendosi cattolico, obbedisce nello stesso tempo ad un “concilio” messo in atto da coloro che odiavano ed odiano il Cattolicesimo, con l’intento di attaccare e distruggere (si fieri potest!) la Religione divina.

Anche se la nasconde deliberatamente ai Cattolici, la “quinta colonna” dei chierici, il nemico-interno, la “bestia della terra” dell’Apocalisse, quella che induce ad adorare la prima bestia (quella “del mare”, il giudaismo farisaico), conosce molto bene la Tradizione Apostolica e scritturale, nonché la base canonica sulla quale le affermazioni della Chiesa militante sono saldamente fondate, e nello stesso tempo sono proprio questi i punti centrali sui quali il “nemico” porta i suoi attacchi.

Noi Cattolici apostolici poggiamo i piedi stabilmente sopra le due Fonti della rivelazione soprannaturale, proprio le due sorgenti combattute così aspramente da quella “quinta colonna” dei marrani all’interno della Chiesa, durante gli anni del concilio v-2.

Noi Cattolici abbiamo i piedi sopra la Roccia di Pietro ed il potere vincolante delle chiavi, esplicitato infallibilmente ed IRREFORMABILMENTE dalle leggi e dalle sentenze di Cristo e del suo Vicario, Pietra inamovibile ed infrangibile della sua Chiesa.

Ci troviamo nel momento della vigilanza Apostolica contro il nemico della Croce: le “bestie” descritte da S. Giovanni nell’Apocalisse! Ci leviamo allora in piedi con gli Apostoli che avevano continue vessazioni dai Giudei testardi ostinati, spiritualmente ciechi, ciechi alla guida di altri ciechi, alcuni dei quali penetrati furtivamente nella Santa Chiesa millantando una finta-conversione, in realtà con il motivo più recondito e tenace di abbattere la Chiesa fin dall’inizio e con il tentativo di acquistare le proprietà spirituali e terapeutiche degli Apostoli. La divina Religione cattolica è sempre stata “offensiva” o “anti-semitica” per gli Ebrei, che si dichiarano da sempre e in ogni luogo, perseguitati, volendo suscitare pietà e compassione per farsi accogliere dalle loro ignare vittime, lacerati dal loro rifiuto di Cristo e dal sangue che essi stessi hanno invocato che ricadesse su di loro e sui loro figli, tentando illusoriamente di essere “liberati” dall’obbligo della conversione e dell’accettazione della società costruita sull’Ordine Cristiano.

Ci ritroviamo nella dottrina della Chiesa contro i perfidi Giudei; dottrina che risale a Cristo stesso, che espresse questo giudizio divino contro un popolo indurito, contro i Giudei increduli: “Voi avete per padre il diavolo e volete sod­disfare i desideri del padre vostro; egli fu o­micida fin da principio, e non perseverò nella verità; perché in lui non c’è verità; quando men­tisce parla di quel che gli è proprio, perché è bugiardo e padre della menzogna. A me in­vece, perché vi dico la verità, non credete. Ma se dico la verità, voi non mi credete.” (Giovanni VIII, 44-45).

Noi Cattolici della “vera” Chiesa di Cristo lanciamo l’accusa contro il concilio v-2 e contro l’ingerenza della “sinagoga di satana” (Apoc. II, 9) con l’affermazione precisa di illegalità e di rapina perpetrata nel “concilio” stesso, e opponendoci all’interferenza dominante del mondo Giudaico negli affari della Chiesa divina; ma non lo facciamo per conto nostro o per nostra iniziativa: è la stessa Chiesa Apostolica, attraverso il potere legante delle Chiavi affidate a Pietro ed ai suoi Successori, che pregiudica il concilio v-2 riconoscendolo esecrabile, illegale, non vincolante, e che condanna coloro che lo hanno attuato e coloro che fedelmente lo seguono, all’anatema e all’ira di Dio sul proprio capo. A loro la Chiesa fa sentire la sua voce “con la campana, il libro e le candele.” Suona una campana… un libro si chiude… una candela si spegne. Suona la campana per la morte spirituale di un’anima… la chiusura del libro indica la cancellazione di un nome dal libro della vita… lo spegnimento della candela figura l’oscurità spirituale alla quale un’anima condannata è destinata. “Campana, libro, candela …”

Il pensiero di DIO

   Dio è contro il concilio v-2! È Dio stesso, attraverso la sua Chiesa, che è contro il concilio v-2 con le sue sentenze invertite e di rottura, esecrabile, denunciando la sua vile contro-religione che è quella della “prostituta biblica”. Il buon senso ci dice che Dio è dalla parte della sua Chiesa, la divina Chiesa che Egli stesso ha fondato, quella Santa Chiesa Cattolica Apostolica Romana in vigorosa opposizione alla prostituta del v-2 che si maschera come sua Chiesa ed ingannevolmente parla a suo nome. Questa prostituta del v-2 con cui i Vescovi e i religiosi della terra commettono fornicazioni, contaminando se stessi con il falso ecumenismo e collaborando diabolicamente con il nemico della Croce. Questa “prostituta” del v-2 ha fatto sì che “gli abitanti della terra si siano ubriacati con il vino della sua prostituzione (Apoc. XVII, 2). Già Naum aveva profetizzato al riguardo (Na. III, 4-6): “ … Propter multitudinem fornicationum meretricis speciosae, et gratae, et habentis maleficia, quae vendidit gentes in fornicationibus suis, et familias in maleficiis suis. Ecce ego ad te, dicit Dominus exercituum, et revelabo pudenda tua in facie tua; et ostendam gentibus nuditatem tuam, et regnis ignominiam tuam. Et projiciam super te abominationes, et contumeliis te afficiam, et ponam te in exemplum …. [ “Per le tante seduzioni della prostituta, della bella maliarda, della maestra d’incanti, che faceva mercato dei popoli con le sue tresche e delle nazioni con le sue malìe. Eccomi a te, oracolo del Signore degli eserciti. Alzerò le tue vesti fin sulla faccia e mostrerò alle genti la tua nudità, ai regni le tue vergogne. Ti getterò addosso immondezze, ti svergognerò, ti esporrò al ludibrio …].

Cristo stesso infligge il colpo mortale ai peccatori dell’illegale v-2. La sua Chiesa Apostolica condanna e annulla il concilio v-2, perché rende i cattolici nemici di Cristo e della sua Chiesa … rende coloro che promuovono o supportano le blasfemie del concilio illegale, traditori della loro eredità cristiana, distruttori del Deposito della Fede. Non avremo più nessuna religione, nessuna Chiesa Cattolica, nessuna civiltà cristiana finché i cattolici ignoreranno colpevolmente le leggi e le sentenze della Chiesa accettando illegalmente i “papi” fasulli ed il loro concilio v-2, illegale e detestabile.

Nessun cattolico sincero può desiderare associarsi agli atti traditori del v-2 o ai “papi” fasulli e marrani. In particolare i chierici incorrerebbero tra l’altro nella condanna del Canone XXVII del Concilio lateranense III, ove si legge, nelle ultime righe: “I vescovi o i sacerdoti che non si oppongono con forza a tali cose (alle eresie del tempo, ma naturalmente anche a quelle di ogni tempo -n.d.r.-) siano puniti con la privazione del loro ufficio, fino a che non ottengano il perdono della Sede Apostolica”. È ridicolo d’altra parte obbedire a ciò che dice l’eretica “chiesa dell’uomo”, e non è certo per onorarla che la Chiesa di Cristo ha dato il suo Colpo di grazia; “et portæ inferi non prævalebunt adversum eam”!!! (Matteo XVI,18.), ha sentenziato Nostro Signore Gesù Cristo! Tocca a noi difenderla e difenderci!

Con l’aiuto di Dio ce la faremo!

 

 

APPENDICE

BOLLA DI PAOLO IV

( Cum ex Apostolatus Officio)

 (….)

5. Et insuper qui ipsos sic deprehensos aut confessos vel convictos scienter quomodolibet receptare vel defendere aut eis favere vel credere seu eorum dogmata dogmatizzare praesumpserit, sententiam excommunicationis eo ipso incurrant, efficianturque infames, nec voce, persona, scriptis vel nuncio aut procuratore aliquo et publica seu privata officia aut consilia seu synodum vel concilium, generale vel provinciale, nec conclave cardinalium aut aliquam fidelium congregationem seu electionem alicuius, aut testimonium perhibendum admittantur, nec admitti possint; sint etiam intestabiles, nec ad haereditatis successionem accedant; nullus praeterea cogatur eis super aliquo negotio rispondere. Quod si forsan iudices extiterint, eorumsententiae nullam obtineant firmitatem, nec aliquae causae ad eorum audientiam deducantur; et, si fuerint advocati, eorum patrocinium nullatenus recipiatur; si vero tabelliones extiterint, in strumenta confecta per eos nullius sint penitus roboris vel momenti. Et insuper clerici omnibus et singulis ecclesiis, etiam cathedralibus, metropolitanis, patriarcali bus et primatialibus, ac dignitatibus, monasteriis, beneficiis et officiis ecclesiasticis, etiam, ut praefertur, qualificatis, per eos quomodolibet ostenti, et tam ipsi quam laici, etiam, ut praemittitur, qualificati et dignitatibus praedictis praediti, quibuscumque regnis, ducatibus dominiis, feudi set bonis temporali bus per eos possessis privati existant eo ipso; regnaque, ducatus, dominia, feuda et bona huiusmodi publicentur et publicata sint, efficianturque iuris et proprietatis eorum, qui illa primo occupaverint, se in sinceritate fidei et unitate sanctae Romanae Ecclesiae, ac sub nostra et successorem nostro rum Romanorum Pontificum canonicae intrantium obedientia fuerint.

  • 6. Adiicientes quod si ullo umquam tempore apparuerit aliquem episcopum, etiam pro archiepiscopo seu patriarcha vel primate se gerentem aut praedictae Romanae Ecclesiae cardinalem, etiam, ut praefertur, legatm, sed etiam Romanun Pontificem assumptionem, a fide catholica deviasse aut in aliquam haeresim incidisset, promotio seu assunptio de eo, etiam in concordiam et de unanimi omniun cardinalium assensu facta, nulla, irrita et inanis esista, nec per susceptionem muneris, consecrationis, aut subsecutam regiminis et administrationis, possessionem, seu quasi, vel ipsius Romani Pontificis inthronizationem aut adorationem, seu ei praestitam ab omnibus obedientiam, et euiusvis temporis in praemissis cursus, convaluisse dici aut convalescere possit, nec pro legitima in aliqua sui parte habeatur, nullamque talibus in episcopos seu archiepiscopos vel patriarchas aut primates promotis, seu in cardinales vel Romanum Pontificem assumptis, in spirituali bus vel temporalibus administrandi facultatem tribuisse aut tribuere censeatur, sed omnia et singula per eos quomodolibet dicta, facta, gesta et administrata ac inde secuta quaecumque viribus careant, et nullam prorsus firmitatem nec ius alicui tribuant; sintque ipsi sic promoto et assumpti eo ipso, absque aliqua desuper facienda declaratione, omni dignitate, loco, honore, titulo, auctoritate, officio et potestate privati; liceatque omnibus et singulis sic promotis et assumpsit, si a fide antea non deviassent nec haeretici fuissent, neque schisma incurrissent aut excitassent vel commissent. (….)
  • 10. Nulli ergo omnino hominum liceat hanc paginam nostrae approbationis, innovationes, sanctionis, statuti, derogationis voluntatum, decretorum infrimgere vel ei ausu temerario contraire. Si quis autem hoc attentare praesumpserit, indignationem omnipotens Dei ac beato rum Petri et Pauli apostolo rum eius se noverit incursurum.

   Datu Romae, apud S. Petrum, anno Incarnationis dominicae millesimo quingentesimo quinquagesimo nono, XV Kadas martii, pontificatus nostri anno IV.

[5-Pene per il delitto di favoreggiamento delle eresie]

Inoltre, incorreranno nella sentenza di scomunica «ipso facto», tutti quelli che scientemente (scienter) si assumeranno la responsabilità d’accogliere (receptare) e difendere, o favorire (eis favere) coloro che, come già detto, siano colti sul fatto, o confessino o siano convinti in giudizio, oppure diano loro attendibilità (credere) o insegnino i loro dogmi (eorum dogmata dogmatizare); e siano tenuti come infami; né siano ammessi, né possano esserlo (nec admitti possint) con voce, sia di persona, sia per iscritto o a mezzo delegato o di procuratore per cariche pubbliche o private, consigli, o sinodi o concilio generale o provinciale, né conclave di cardinali, né alcuna congregazione di fedeli od elezione di qualcuno, né potranno testimoniare; non saranno intestabili, né chiamati a successione ereditaria, e nessuno sarà tenuto a rispondere ad essi in alcun affare; se poi abbiano la funzione di giudici, le loro sentenze non avranno alcun valore e nessuna causa andrà portata alle loro udienze; se avvocati il loro patrocinio sia totalmente rifiutato; se notai, i rogiti da loro redatti siano senza forza o validità.

Oltre a ciò, siano i chierici privati di tutte e ciascuna delle loro chiese, anche cattedrali, metropolitane, patriarcali e primaziali, delle loro dignità, monasteri, benefici e cariche ecclesiastiche (et officiis ecclesiasticis) in qualsivoglia modo, come sopra riferito, dalle qualifiche ottenute anche regolarmente, da loro come dai laici, anche se rivestiti, come si è detto, regolarmente delle suddette dignità, siano privati «ipso facto», anche se in possesso regolare, di ogni regno, ducato, dominio, feudo e di ogni bene temporale posseduto; i loro regni, ducati, domini, feudi e gli altri beni di questo tipo, diverranno per diritto, di pubblica proprietà o anche proprietà di quei primi occupanti che siano nella sincerità della fede e nell’unità con la Santa Romana Chiesa sotto la nostra obbedienza o quella dei nostri successori, i Romani Pontefici canonicamente eletti.

6 – Nullità della giurisdizione ordinaria e pontificale in tutti gli eretici.

Aggiungiamo che, se mai dovesse accadere in qualche tempo che un vescovo, anche se agisce in qualità di arcivescovo o di patriarca o primate od un cardinale di Romana Chiesa, come detto, od un legato, oppure lo stesso Romano Pontefice, che prima della sua promozione a cardinale od alla sua elevazione a Romano Pontefice, avesse deviato dalla fede cattolica o fosse caduto in qualche eresia (o fosse incorso in uno scisma o abbia questo suscitato), sia nulla, non valida e senza alcun valore (nulla, irrita et inanis existat), la sua promozione od elevazione, anche se avvenuta con la concordanza e l’unanime consenso di tutti i cardinali; neppure si potrà dire che essa è convalidata col ricevimento della carica, della consacrazione o del possesso o quasi possesso susseguente del governo e dell’amministrazione, ovvero per l’intronizzazione o adorazione (adoratio) dello stesso Romano Pontefice o per l’obbedienza lui prestata da tutti e per il decorso di qualsiasi durata di tempo nel detto esercizio della sua carica, né essa potrebbe in alcuna sua parte essere ritenuta legittima, e si giudichi aver attribuito od attribuire una facoltà nulla, per amministrare (nullam … facultatem) a tali persone promosse come vescovi od arcivescovi o patriarchi o primati od assunte come cardinali o come Romano Pontefice, in cose spirituali o temporali; ma difettino di qualsiasi forza (viribus careant) tutte e ciascuna (omnia et singula) di qualsivoglia loro parola, azione, opera di amministrazione o ad esse conseguenti, non possano conferire nessuna fermezza di diritto (nullam prorsus firmitatem nec ius), e le persone stesse che fossero state così promosse od elevate, siano per il fatto stesso (eo ipso) e senza bisogno di una ulteriore dichiarazione (absque aliqua desuper facienda declaratione), private (sint privati) di ogni dignità, posto, onore, titolo, autorità, carica e potere (auctoritate, officio et potestate).]

 

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Bolla “Inter multiplices curas” di S. Pio V

(che conferma la precedente)

 

Bolla XXXIII (-21.12.1566-)

(Boll. Rom. Ed. Taur. VII)

 

     Declaratio quod sententiae in favorem reorum de haeresi inquisitorum a quibuscumque iudicibir contra stilum vel dispositionem iurisdictionis Offici sanctissimae Inquisitionis latae et ferendae, non transierint nec transeant in rem judicatam; et jurisdictio cardinalium inquisitorum ipsas causas revidendi; et confirmatio constitutionis Pauli quarti editae contra haereticos (1).

.(1)- [Haec bulla Pauli IV, cum ex. Est in tom. VI, pag. 551.]

Pius Papa V, motu proprio, etc.

   Inter multiplices curas, quae animum nostrum assidue pulsant, illi in primis est, prout esse debet, … ( …)

  • 3. Et insuper, vestigiis felicis recordationis Pauli Papae IV, praedecessoris nostri, inhaerendo, constitutionem alias contra haereticos et schismaticos per eumdem Paulum praedecessorem, sub data vide licet Romaese apud Sanctum Petrum, anno incarnationis dominicae millesimo quingentesimo quinquagesimo octavo, quinto decimo kalendas martii, pontificatus sui anno IV, editam, tenore praesentium renovamus et etiam confirmamus, illamque inviolabiter et ad unguem observari volumus et mandamus, iuxta illius seriem atque tenorem. (….)

 

[Dichiarazione che le sentenze degli inquisitori in favore dei colpevoli di eresia, inquisiti da qualunque giudice contro quanto disposto dalla giurisdizione dell’Ufficio della Santissima Inquisizione, già pronunciate o da pronunciare non passino in sentenza, e diritto dei cardinali inquisitori di riesaminare quelle stesse cause, conferma dell’editto di Paolo IV, pubblicato contro gli eretici.]

 [3) … Ed inoltre rifacendosi al felice esempio del nostro predecessore Papa Paolo IV rinnoviamo e confermiamo ancora una volta il decreto contro gli eretici e gli scismatici, pubblicato a Roma presso S. Pietro dallo stesso Paolo, nostro predecessore, nell’anno 1558 dell’Incarnazione del Signore il 15 febbraio, anno quarto del suo pontificato. Tale decreto rinnoviamo e confermiamo e vogliamo e comandiamo che sia osservato in maniera precisa e inviolabile.]