Gli infermi provvedano prima all’anima poi al corpo.

Gli infermi provvedano prima all’anima poi al corpo

[Cocilio Lateran. IV – Costituz. XXII]

Gesù guarisce

   L’infermità del corpo dipende talora dal peccato, come disse il Signore all’ammalato che aveva sanato: “Va e non voler più peccare, perché non debba accaderti di peggio (Jon. V: 14), col presente decreto pertanto stabiliamo e comandiamo severamente ai medici dei corpi che quando sono chiamati presso gli infermi, prima di tutto li ammoniscano e li inducano a chiamare i medici delle anime, cosicché dopo che è stato provvisto alla salute spirituale degli infermi, si proceda al rimedio della medicina corporale con maggior efficacia: cessando infatti la causa, cessa anche l’effetto.

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Questo decreto è motivato dal fatto che alcuni, quando soffrono, e i medici cercano di persuaderli a provvedere alla salute della loro anima, cadono in una estrema disperazione, da cui segue più facilmente il pericolo di morte.

I medici che trasgredissero, dopo la sua pubblicazione da parte dei prelati locali, questa nostra costituzione, siano esclusi dall’ingresso in chiesa fino a quando non abbiano soddisfatto nel debito modo per questa trasgressione.

Del resto, poiché l’anima è molto più preziosa del corpo, proibiamo ai medici sotto minaccia di anatema di consigliare all’ammalato per la salute del corpo qualche cosa che si risolva in danno per l’anima.

Omelia della III Domenica dopo Pasqua

Omelia della III Domenica dopo Pasqua

[del canonico G.B. Musso, 1851]

Assalonne 2

– Recidivi –

   “Miei cari (così Gesù Cristo a’ suoi discepoli nell’ultima cena, come abbiamo da S. Giovanni nell’odierno Vangelo), miei cari, fra poco più non mi vedrete, “Modicum, et non vìdebitis me”; e dopo un altro poco voi ritornerete a vedermi,” – “Modicuum, et videbitìs me”. Attoniti i discepoli a questo parlare si domandano a vicenda qual ne sia il significato, e si protestano di non intenderlo. Fra non molto (dir volea, secondo alcuni sacri spositori, il divino Maestro) fra non molto verrà l’ ora e la potestà delle tenebre, sarà percosso il pastore e disperso il gregge, avverrà quel che più volte ho predetto, il Figliuol dell’uomo sarà dato in man da’ gentili, sarà flagellato, deriso, crocifisso, sepolto, e perciò più non mi vedrete, “Modicum et non videbitis me”; ma poi dopo un altro poco, cioè dopo tre giorni, risorto da morte apparirò a voi in Galilea, e di nuovo mi rivedrete, “Modicum, et vìdebitis me”. Questa vicissitudine rinnovano in istrano senso colpevole non pochi cristiani. Dicono anch’ essi (almeno col fatto) a’ lor piaceri, a’ lor vizi , in vicinanza di Pasqua o di qualche altra solennità: convien accostarsi a’ santi Sacramenti, bisogna lasciar il peccato, male pratiche, giuochi, ridotti, fra poco non mi vedrete. “Modicum, et non videbitis me”; ma siccome ogni cosa ha il suo tempo, dopo poco, passati i giorni santi torneremo a vederci. “Modicum, et vìdebitis me”. Ad impedire, quanto per me fia possibile, questa dannevolissima alternazione dal male al bene, dal bene al male, io vengo a dimostrarvi, che il far passaggio dal peccato alla grazia, dalla grazia al peccato, in una parola, che il ricader nel peccato egli è un delitto, che merita maggior castigo, sarà il primo punto della presente spiegazione; egli è un delitto che porta all’ultimo de’ castighi, cioè l’impenitenza finale, sarà il secondo, se mi degnate di attenzione cortese.

I – Il ricadere in peccato merita maggior castigo. Volete vederlo? rammentate Caino, allorché tinte le mani del sangue di Abele, andava fuggiasco sulla faccia della terra. Ahimè, diceva egli preso dall’orror del suo misfatto, ahimè, chiunque m’ incontrerà vendicherà col sangue mio il sangue del mio tradito fratello. No, rispose Iddio, nol voglio. Perciocché ti porrò in fronte un tal segno, in cui ognun legga il mio divieto. Anzi chi avesse 1’ardire di ucciderti, sarà punito sette volte di più, “punietur septuplum”: ma come? Il primogenito de’ presciti uccide il primogenito degli elètti, e non dev’essere ucciso, e l’ uccisore di questo scellerato, sette volte di più sarà punito, “septuplum punielur” (Gen. IV, 15)? Adoro, o Signore, i vostri profondi giudizi; ma non gl’intendo. Scioglie la Glossa la difficoltà, per questa ragione, perché sarebbe questi un secondo omicida, del primo assai più reo, “quia est homicida secundus”. E qual differenza passa tra il primo, ed il secondo omicida? Eccola, il primo, cioè Caino, non avea ancor veduta in faccia la morte, né della morte i tristi effetti e le lagrimevoli conseguenze, e perciò in questo senso è meno grave il suo reato. Ma il secondo omicida, dopo aver veduto morto un simile a sé, a terra steso, senza colore, senza moto, senza respiro, e poco dopo putrido, fetente, inverminito, ridotto ad uno scheletro, risolversi poi a dar morte ad un altr’uomo, merita costui di essere più gravemente punito “septuplum punietur”.

Ecco il vostro caso, peccatori fratelli, voi quando la prima volta peccaste per bollore di gioventù, o per impeto di passione, o per debolezza d’animo, o per isconsigliato trasporto, foste in qualche modo degni di compassione e di scusa; ma dopo aver conosciuto che il vostro peccato vi ha ucciso l’anima in seno, dopo aver conosciuto che, secondo la giusta espressione di S. Paolo, avete, quanto è da voi, rinnovata la crocifissione e la morte al Figliuol di Dio, dopo aver provato angustie d’animo, riclami della sinderesi, timori della rea coscienza, frutti amarissimi del peccato, dopo averlo detestato e pianto a piè del confessore, a piè del Crocifisso, tornando di nuovo a commetterlo, la malizia si fa maggiore, maggior la gravezza, merita per conseguenza punizione maggiore, “septuplum punietur”.

Fingete che il figliuol prodigo, dopo essere stato accolto fra i dolci amplessi e le tenere lagrime del suo buon genitore, da lui distinto con ricco anello, con abito sontuoso, con lauto banchetto, co’ tratti dell’amor più sviscerato, colle dimostranze della più viva allegrezza, si fosse dopo pochi giorni nuovamente partito dalla casa paterna, senza dargli un addio, per portarsi in que’ lontani paesi a ricominciare le sue scostumatezze, e consumare le sue sostanze; che avreste voi detto? Figlio disleale? figlio snaturato! Mostro d’ingratitudine! Sarebbero state queste le vostre giuste invettive. Or queste stesse invettive ricadrebbero sopra di voi, se dopo esser tornati a Dio ritornaste al peccato. Voi come il prodigo fuggiste dal Padre celeste, e al par delle sue furono le vostre dissolutezze e le vostre disgrazie. Pentiti poi de’ vostri traviamenti faceste a lui ritorno, ed egli accogliendovi a braccia spiegate, e a cuore aperto vi rivestì dell’abito preziosissimo della grazia santificante, foste ammessi alla sacra mensa, pasciuti delle carni immacolate del divino Agnello, e si fece in cielo gran festa pel vostro ravvedimento, come ne assicura il Vangelo. Se dopo tali grazie e tal finezze voltaste di nuovo a Dio le spalle per ripigliare il primiero costume di vita licenziosa, qual termine potrebbe esprimere la vostra sconoscenza, e qual vi trarreste addosso esemplare castigo!

Ma che dissi sconoscenza? Ingiuria invece, ingiuria atroce, insulto gravissimo. Udite come parla a Dio, colla voce del fatto più esprimente che le parole, chiunque dopo essersi riconciliato con Dio ritorna ai peccati di prima : Signore, ho provato quanto è tristo il mondo, quanto costa lo sfogo delle passioni, quanto è amaro il peccato, e punto da rimorsi, sazio di me stesso e stufo di peccare, sono a voi ricorso ravveduto e pentito. Ho allora sperimentato colla quiete di mia coscienza il bene della vostra amicizia, ho gustato il dolce della vostra grazia. Con tutto ciò mi sento ora nausea del vostro servizio, mi trovo allettato da’ miei trascorsi piaceri, voglio di nuovo provare se starò meglio, se sarò più contento con soddisfar nuovamente i miei sensi, i miei capricci, le mie passioni. À tanto affronto, a tanto insulto, lascio a voi considerare, uditori, quale e quanta convenga rigorosa punizione e tremenda vendetta.

Né solo il ricader in peccato merita maggior castigo, ma porta all’ultimo e massimo di tutti i castighi, qual è l’impenitenza finale.

II – Io leggo che tutti i veri penitenti, entrati una volta nella strada della salute, d’ordinario non si sono più voltati addietro. Cosi Adamo, cosi Eva, cosi Davide, così Manasse. Mirate Matteo, mirate Zaccheo, si convertono, fanno restituzioni e limosine, e usure non più. Piange Pietro, piange la Maddalena, questa abbandona per sempre le sue vanità, quegli abbomina per sempre i suoi spergiuri. Si converte Paolo, di persecutore si cangia in Apostolo, di lupo in agnello, e più non si muta, e compie col martirio l’intrapresa carriera. Si converte Agostino, scrive le sue Confessioni, e versa lagrime sui suoi trascorsi fino all’estrema agonia. Un S. Camillo, un S. Andrea Corsino , le sante Maria Egiziaca, Margherita da Cortona, escono dalla via di perdizione, e non ci metton piede mai più. Volgete 1’antico Testamento ed il nuovo, leggete la storia della Chiesa, e vedrete che un vero penitente d’ordinario non cangia più strada, non muta più volontà. Una volontà per l’opposto, che domani ripiglia quel che ieri lasciò, che colla stessa facilità pecca e si pente, si pente e torna a peccare, mostra che la sua conversione non è sincera, ma di sola apparenza; ciò non di meno quest’istessa apparenza va lusingando il peccatore recidivo per modo che, non ostante la sua incostanza, crede una cosa facile passare dal peccato alla giustificazione onde ingannato s’incammina ad un morbo insanabile, che lo porta a morire impenitente.

Insegnano i fisici che una piaga non si può rimarginare se non colla quiete e col riposo, e perciò se avvenga che si apra una piaga nel nostro polmone, difficilmente si può saldare; perché essendo questo sempre in moto giorno e notte, nella vigilia e nel sonno, per dare al corpo il necessario respiro, quel moto continuo impedisce che si chiuda la piaga, che congiunta con lenta etica febbre cagiona la morte. Non altrimenti passando voi, recidivi fratelli miei, con un movimento continuo dal peccato alla grazia, dalla grazia al peccato, o per dir meglio dalla confessione alla colpa, dalla colpa alla confessione, questo moto, questa incostanza farà che le piaghe della vostr’anima non possano rimarginarsi, e come avviene agli etici vi lusingherete di sempre star meglio, mentre sarete già marci, già morti agli occhi di Dio, e prossimi a chiudere la vita nell’ impenitenza finale, ultimo e massimo di tutt’i castighi.

Avverrà a voi, che Dio non voglia, ciò che avvenne ad Assalonne. Questo discolo figlio di Davide, dopo aver ucciso il suo fratello Ammone, fugge dall’indignato padre, esce fuori del regno; ma dopo tre anni, mal soffrendo il lungo esilio, tanto si adopra, tanto promette, che finalmente ottiene grazia e perdono. Eccolo di ritorno in Gerusalemme, eccolo nella reggia fra le braccia del genitore, che gl’imprime in volto mille teneri baci. “Post haec” (II Re, XV, 1), dopo sì amorevoli tratti chi il crederebbe? Macchina il perfido contro del padre, forma disegni a toglierli la corona di fronte, e gli eseguisce. Già innalzato lo stendardo della ribellione, gli ha contro sollevato tutto Israele, e già coll’armi alla mano s’impegna in sanguinosa battaglia: ma disfatto il suo esercito nella foresta di Efraim, si dà avvilito a precipitosa fuga, passa sul suo destriero sotto una quercia, il vento gli solleva la chioma, s’impaccia questa fra’ rami, gli sfugge di sotto il cavallo, ed ei resta in aria sospeso pe’ suoi capelli: si divincola in questo stato, si vuol liberare, ma non può, ma non vi riesce: veeie appressarsi Gioabbo, e come io ne penso, gli avrà detto al cuore un pensiero: quegli è Gioabbo mio parente, quegli, che già una volta si è tanto adoprato per riconciliarmi col padre, senza dubbio ei viene a liberarmi: porta in mano una lancia, con quella senz’altro reciderà l’impaccio della mia chioma. Si accosta Gioabbo, e gli trapassa il cuore con tre colpi di lancia.

Cristiani penitenti, già vel dissi, voi avete data la morte co’ vostri peccati a Gesù Cristo vostro fratello, che con questo nome s’è compiaciuto appellarsi. Iddio compatendo la vostra fragilità, mosso dal vostro pentimento, dalle vostre preghiere, dalle vostre promesse, vi ha accordato il perdono, ed abbracciandovi vi ha stampato in fronte il bacio di pace. “Post haec”, se dopo tratti così amorevoli, vi rivoltate contro un Dio sì pietoso, se armati di peccato gli muovete guerra, aspettatevi pure il tragico fine di Assalonne. Verrà sì, verrà anche per voi il giorno estremo, il punto di morte, in cui, come sospesi tra il tempo e l’eternità, agitati confusi non vi sarà dato di liberarvi da’ vostri affannosi timori. Chiamerete allora quel confessore, quel Gioabbo, che già vi riconciliò con Dio: verrà alla sponda del vostro letto; ma sarete in quel punto da tre pensieri, come da tre lance, trafitti. Il pensier del passato: Oh! io era in grazia di Dio, feci quella buona confessione, se mi fossi mantenuto a Dio fedele non mi troverei in queste angosce. Il pensier del presente: ecco il ministro di Dio che mi assolve, ma quest’assoluzione sarà forse un colpo per me di pesantissimo sacrilegio. Il pensier del futuro: Ah! che la spada della divina giustizia mi pende sul capo, e tra poco scaricherà su di me il colpo fatale della giusta sua collera, e della mia eterna condanna.

Ecco l’ordinario fine de’peccatori recidivi. Si rassomigliano costoro al cane, che torna a divorarsi quel cibo che vomitò: “Sicut canis qui revertitur ad vomitum suum”, così nei Proverbi: “Sicut canis reversus ad vomitimi” [Cap. XXVI, 11], così S. Pietro [2 Piet. II, 22]. Or che sarà di questi sordidi cani? Che ne sarà? Udite S. Giovanni. “Foris canes, et venefici, et impudici” [Apoc. XXII, 15], fuori del regno dei cieli, fuori questa razza di cani stomachevoli, che vomitano il veleno de’ propri peccati, e ritornano ad ingoiarlo colla stessa franchezza,“foris canes”!

I convertiti per lume celeste, conchiude l’Apostolo, i quali gustarono quanto è dolce star bene con Dio, e di nuovo cadono in peccato, egli è impossibile che si rialzino ad abbracciare un’altra volta la penitenza. “Impossibile est eos, qui semel sunt illuminati, gustaverunt bonum Dei, et prolapsì sunt, rursus reverti ad poenitentiam” [Ebr. VI, 4,5,6.]: non già che sia ciò assolutamente impossibile, come insegnano Padri e Teologi. Finché c’è vita, c’è speranza, c’è luogo a perdono; ma la scrittura santa in più luoghi e S. Paolo nel testo citato, si servono della parola impossibile” per significare la grande grandissima difficoltà di risorgere, e di salvarsi per quei che ricadono nel mortale peccato già detestato e pianto. Se questo tuono non ci riscuote, v’è a temere il fulmine che c’incenerisca; che Dio ci liberi!

Città del bene e città del male

 

Città del Bene e città del male!

(titolo redaz.)

Dal cap. XIX del “Trattato dello Spirito Santo”, vol. I

[di Mons. J.J. Gaume]

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   L’uomo compie il suo pellegrinaggio quaggiù tra i due eserciti nemici. Noi conosciamo questi formidabili eserciti, i loro Re, i loro Principi, la loro formazione, i loro piani. Resta da studiare i loro mezzi d’azione, le loro vittorie e le loro sconfitte. Nate nel cielo, la Città del bene e la Città del male, non aspettano che la creazione dell’uomo per stabilirsi sulla terra. Difatti, l’obiettivo della lotta è l’uomo. Adamo è creato; egli respira, apparisce agli sguardi dell’universo, nella maestà della sua regia potenza. Adorno di tutte le grazie dell’innocenza e di tutti gli attributi della forza, egli è bello della bellezza dello stesso Dio, la cui immagine risplende in tutto il suo essere.  Per mantenerlo nella sua dignità, durante la vita del tempo; per innalzarlo ad una più alta dignità, durante l’eternità, divinizzandolo, gli è data la Religione. Unire l’uomo al Verbo incarnato, in modo da fare di tutti gli uomini e di tutti i popoli altrettanti verbi incarnati; tale è il fine supremo della religione. Satana nel vedere svilupparsi sulla terra il concetto divino da lui combattuto in cielo, fremette. Per arrestare l’opera della infinita sapienza, il suo odio spiega tutti i suoi mezzi. Egli oppone alla religione che dee divinizzare l’uomo e condurlo ad una eterna felicità, una religione che dee renderlo una bestia e trascinarlo per sempre nell’abisso dell’infelicità. Tutto ciò che Dio fa per salvare 1’uomo, Satana lo scimmiotta per perderlo. Fra questi mezzi di santificazione e di perdizione il parallelismo è completo.

Il Re della Città del bene ha la sua Religione. Il Re della Città del male ha la sua. Il Re della Città del bene ha i suoi angeli; ha la sua Bibbia, i suoi profeti, le sue apparizioni, i suoi miracoli, le inspirazioni, le minacce, le sue promesse, i suoi apostoli, i suoi sacerdoti, i suoi templi, le formule sacre, le sue cerimonie, le sue preghiere, i sacramenti, i sacrifici. Il Re della Città del male ha i suoi angeli; ha la sua Bibbia, i suoi oracoli, le sue manifestazioni,‘i suoi prestigi, le sue tentazioni, le sue minacce, le sue promesse, i suoi apostoli, i suoi sacerdoti, i suoi templi, le sue formule misteriose, i suoi riti, le sue iniziazioni e sacrifici.

Il Re della Città del bene ha le sue feste, i suoi santuari privilegiati, i suoi pellegrinaggi.

Il Re della Città del male ha le sue feste, i suoi luoghi fatidici, i suoi pellegrinaggi, i suoi soggiorni preferiti.

Il Re della Città del bene ha le sue arti e le sue scienze; ha la sua danza, la sua musica, la sua pittura, la sua statuaria, la sua letteratura, la sua poesia, la sua filosofia, la sua teologia, la sua politica, la sua economia sociale, la sua civiltà.

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Il Re della Città del male ha parimente tutte queste cose.

Il Re della Città del bene ha i suoi segni di riconoscenza e di preservazione: il segno della croce, le reliquie, le medaglie, l’acqua benedetta.

Il Re della Città del male ha i suoi segni cabalistici, le sue parole di passo, i suoi emblemi, i suoi amuleti, i suoi talismani, la sua acqua lustrale.

Il Re della Città del bene ha le sue congregazioni di propaganda e di devozione, legate a voti solenni.

Il Re della Città del male ha le sue società segrete, destinate ad estendere il suo regno, e legate da giuramenti terribili.

Il Re della Città del bene ha i suoi doni, i suoi frutti, le sue beatitudini.

Il Re della Città del male possiede la contraffazione di tutto ciò.

Il Re della Città del bene è adorato da una parte del genere umano.

Il Re della Città del male è adorato dall’altra.

Il Re della Città del bene ha la sua dimora eterna oltre la tomba.

Il Re della Città del male ha la sua nelle stesse regioni.

Svolgiamo alcuni punti di questo parallelismo tremendo e tanto poco temuto: la Bibbia, il culto ed il sacrificio.

L’uomo è un essere istruito. A fine di conservarlo eternamente simile a sé stesso, eterizzando l’insegnamento primitivo, il Re della Città del bene ha degnato fissare la sua parola mediante la scrittura: egli ha dettato la Bibbia.

La Bibbia dello Spirito Santo dice la verità, sempre la verità, nient’altro che la verità. Essa la dice intorno all’origine delle cose, intorno a Dio, intorno all’uomo e intorno a tutto quanto il creato. Essa la dice sul mondo soprannaturale, sui suoi misteri, sui suoi abitanti, e sopra i fatti luminosi che provano la loro esistenza ed il loro intervento nel mondo inferiore. Essa la dice sulle regole dei costumi, sulle lotte obbligate della vita, sul governo delle nazioni mediante la Provvidenza, sopra i castighi del delitto e sulle ricompense della virtù. Per illuminare il cammino dell’uomo attraverso ai secoli, consolare i suoi dolori, sostenere le sue speranze, essa gli annunzia mediante numerose profezie, gli avvenimenti che debbono compiersi nel suo passaggio, mostrando in lui tutto il termine finale verso cui deve camminare.

La Bibbia dello Spirito Santo dice tutta la verità. Da lei, come da un focolare sempre acceso, escono la teologia, la filosofia, la politica, le arti, la letteratura, la legislazione, in una parola, la vita sotto tutte le sue forme. Per quanto siano così numerosi e così varii tutti i libri della Città del bene, non sono né possono essere che il commento perpetuo del libro per eccellenza.

La Bibbia dello Spirito Santo non si contenta d’insegnare, ma canta le glorie ed i benefìzi del Creatore, canta la bellezza della virtù, la felicità dei puri cuori ; canta i nobili trionfi dello spirito sulla carne; e, per educare l’uomo alla perfezione, canta le perfezioni di Dio medesimo, suo modello obbligato e suo magnifico rimuneratore.

Ora a misura che il Re della Città del bene ispira la sua Bibbia, il Re della Città del male ispira la sua.

     La Bibbia di Satana è un miscuglio artificioso di molte menzogne e di alcune verità: verità alterate ed oscure per servire di passaporto alla favola. Essa mentisce intorno all’origine delle cose: mentisce su Dio, sull’uomo e sul mondo inferiore: essa mentisce nel mondo soprannaturale, sui suoi misteri ed i suoi abitanti, mentisce sulle regole dei costumi, sulle battaglie della vita, sui destini dell’uomo. Per mezzo d’oracoli sparsi in ogni sua pagina, essa inganna la curiosità umana, sotto pretesto di rivelarle i segreti del presente ed i misteri dell’avvenire.

Ad ogni popolo soggetto al suo impero, Satana dà un esemplare della sua Bibbia, lo stesso per il fondo, ma diverso nei particolari. Percorrete gli annali del mondo, voi non troverete una sola nazione pagana che non abbia per punto di partenza della sua civiltà un libro religioso, una Bibbia di Satana. Mitologie, libri sibillini, Vedas; sempre e dappertutto avete un codice che ispirato dà nascita alla filosofia, alle arti, alla letteratura ed alla politica.

La Bibbia di Satana diventa il libro classico della Città del male, come la Bibbia dello Spirito Santo diventa il libro classico della Città del bene. La Bibbia di Satana unisce alla prosa la poesia. Sotto mille nomi diversi essa canta Lucifero e gli angeli ribelli; essa canta le loro infamie e le loro malizie: inneggia tutte le passioni; e per attirare l’ uomo nell’abisso della degradazione essa gli mostra gli esempi degli dei. Oggetto di infiniti commenti, la Bibbia di Satana diviene un mortale veleno, anche per la Città del bene. Sant’Agostino ne piange le devastazioni, e san Girolamo denunzia in questi termini il libro infernale:

« La filosofìa pagana, la poesia e la letteratura pagana, sono la Bibbia dei demoni.» [Cibus est daemoniorum, secularis philosophia, carmina poetarum, rhetoricorum pompa verborum. Epist. de duób. filiis. ]!

All’insegnamento scritto o parlato non si limita il parallelismo della Città del bene e della Città del male: esso si manifesta in un modo forse più imponente nei fatti religiosi. Nella Città del bene, nessun ragguaglio del culto è lasciato all’arbitrio dell’uomo. Tutto è regolato da Dio medesimo. L’antico Testamento ce lo mostra dettando a Mosè, non solamente gli ordinamenti generali ed i particolari regolamenti, concernenti i sacerdoti e le loro funzioni; ma altresì dando il disegno del tabernacolo, determinandone le dimensioni e la forma, indicante la natura e la qualità dei materiali, il colore delle stoffe, la misura degli anelli, e persino il numero dei chiodi che devono essere adoprati nella sua costruzione. La forma dei vasi d’oro e d’argento, i turiboli, gli arnesi, le figure di bronzo, i sacri utensili, tutto è di ispirazione divina. Lo stesso è del luogo in cui l’Arca dee riposare, dei giorni in cui fa d’uopo consultare il Signore, delle precauzioni da prendere per entrare nel santuario, delle vittime che debbono essere immolate, o delle offerte che bisogna fare per piacere a Jehovah ed ottenere i suoi responsi e i suoi favori. [Exod, xxxv, e seg.]

In ciò per cui vi era legge sacra nella Sinagoga, continua ad esservene una non meno sacra nella Chiesa. Nessuno ignora che tutti i riti del culto cattolico, la materia e la forma dei sacramenti, le cerimonie che li accompagnano, gli abiti dei sacerdoti, la materia dei vasi sacri, l’uso dell’incenso, il numero ed il colore degli ornamenti, la forma generale, e il mobiliare essenziale dei templi, come pure i giorni più favorevoli alla preghiera sono determinati non per i particolari ma per lo stesso Spirito Santo, ovvero in suo nome, per la Chiesa. Si comprende quanto questa origine soprannaturale sia propria a conciliare al culto divino il rispetto dell’uomo, e necessaria per prevenire l’anarchia nelle cose religiose. Satana lha compreso meglio di noi. Questa grande scimmia di Dio ha regolato da se medesimo tutti i particolari del suo culto. Ecco ciò che bisogna sapere e ciò che non si sa, attesoché, a malgrado dei nostri dieci anni di studi alla scuola dei Greci e dei Romani, noi non conosciamo la prima parola dell’iniquità pagana. Le sue usanze religiose, la forma delle statue, la natura delle offerte e delle vittime, le formule di preghiere, i giorni fasti o nefasti, e tutte le altri parti dei culti pagani, ci appariscono come il risultato della ciarlataneria, dell’immaginazione e del capriccio degli uomini; ma è un errore capitale. La verità è, che niente di tutto ciò è arbitrario.

Ascoltiamo luomo, che meglio di tutti ha conosciuto i misteri della Religione di Satana. « É cosa costante, dice Porfirio, che i teologi del paganesimo hanno appreso tutto ciò che riguarda il culto degli idoli dalla scuola medesima dei grandi dei. Essi medesimi hanno loro insegnato i propri segreti più nascosti; le cose che loro piacciono; i mezzi di costringerli; le formule per invocarli; le vittime da offrirli e il modo di offrirle; i giorni fasti e nefasti; le figure sotto le quali volevano essere rappresentati; le apparizioni per le quali essi rivelavano la loro presenza; i luoghi che frequentavano con più assiduità. In una parola, non c’è assolutamente niente che gli uomini non abbiano appreso da essi per ciò che risguarda il culto da rendersi a loro, poiché tutto vi si pratica dietro i loro ordini ed i loro insegnamenti. »

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   Ed aggiunge: « Quantunque noi si possa affermare ciò che anticipiamo con una infinità di prove senza replica, ci limiteremo a citarne un piccolo numero, per mostrare che parliamo con cognizione di causa. Così l’oracolo di Ecate ci mostrerà, che sono gli dei che ci hanno insegnato come e di qual materia le loro statue debbano esser fatte. Quest’oracolo dice: Scolpite una statua di legno ben levigato come ve lo insegnerò : fate il corpo di una radice di ruta selvatica, poi ornatelo di piccole lucertole domestiche, stiacciate della mirra, dello storace e dell’incenso con gli stessi animali, e lascerete questo impasto all’aria aperta durante il crescer della luna; allora, indirizzate i vostri voti nei seguenti termini.

« Dopo aver dato la formula della preghiera, l’oracolo indica il numero delle lucertole che devonsi prendere: quante differenti formule pronunzierò tanti di questi rettili piglierete; e fate queste cose con diligenza. Voi mi costruirete una abitazione con i rami di un olivo selvatico ; e rivolgendo fervide preghiere a quella immagine, voi mi vedrete mentre dormirete. » Il gran teologo del paganesimo continua : «Quanto alle attitudini nelle quali devonsi rappresentare gli dei, essi medesimi ce l’han fatto conoscere; e gli statuari si sono religiosamente conformati alle loro indicazioni. Così Proserpina parlando di se stessa dice: Fate tutto ciò che mi spetta nell’ideare la mia statua. La mia figura è quella di Cerere adorna dei suoi frutti, con candide vesti e calzatura d’oro. Attorno alla mia figura scherzano lunghi serpenti che strisciandosi sino a terra, solcano le mie tracce divine; dalla sommità del mio capo, altri serpenti arrivano sino a miei piedi e avvolgenti intorno al mio corpo formano tante spire piene di grazia. Quanto alla mia statua essa deve essere di marmo di Paros, o d’ avorio molto liscio. »

Pan insegna ad un tempo la forma sotto cui vuole essere rappresentato e l ‘inno che si dee cantare in onor suo : « Mortale, rivolgo i miei voti a Pan, il dio che unisce le due nature ornate di corna, bipede, con le estremità di un capro e propenso all’ amore.» Non è dunque il medio evo che per primo abbia rappresentato il demonio sotto la forma di un montone. Prediligendo questa forma, Satana, libero o forzato, si faceva giustizia: e nel dargliela il paganesimo restava fedele ad una tradizione troppo universale per essere falsa, troppo inesplicabile per essere inventata. Lo stesso Spirito Santo lo conferma, insegnandoci che i demoni hanno costume di apparire e di eseguire de’ giri infernali, sotto la figura di questo animale immondo. A causa di questi delitti, il paese di Edon è condannato ad essere distrutto : E in mezzo a queste ruine danzano i demoni sotto la forma di caproni e di altri mostri conosciuti dall’antichità pagana.

La contraffazione satanica va anche più oltre. Il Re della Città del bene si chiama lo Spirito dei sette doni. A fine di scimmiottarlo e di ingannare gli uomini imitandolo, il Re della Citta del male si fa chiamare il Re dei sette doni. Quindi egli indica i giorni favorevoli per invocare i suoi sette grandi satelliti, ministri dei sette doni infernali. Nei suoi oracoli, Apollo pigliando in imprestito la forma biblica così parla: «Ricordati d’invocare nello stesso tempo Mercurio ed il Sole, il giorno consacrato al Sole: di poi la Luna, allorché apparirà il suo giorno; poi Saturno; finalmente Venere.

Tu adopererai le parole misteriose, trovate dai più grandi maghi, il Re dai sette doni conosciutissimo da tutti…. chiama sempre sette volte, a voce alta, ciascuno degli dei ». Sarebbe facile moltiplicare le testimonianze: ma a che giova? quelli che sanno le conoscono. Vale meglio affrettarsi a concludere, dicendo con Eusebio: « Che l’illustre filosofo dei Greci, il teologo per eccellenza del paganesimo, e interprete dei misteri nascosti, fa conoscere con tali citazioni la sua filosofìa per via di oracoli come racchiudenti i segreti ammaestramenti degli dei, allorquando evidentemente essa non rivela altro che le insidie tese agli uomini mediante le potenze nemiche, vale a dire per mezzo dei demoni in persona. » L’ispirazione satanica a cui si deve nel suo complesso e nei suoi ultimi particolari, la religione pagana dei popoli dell’antichità, prescrive con la stessa autorità e regola, con la stessa precisione i culti idolatri dei popoli moderni. Interrogate i sacerdoti, o come oggi noi diciamo i medium, i quali presiedono a queste forme differenti di religione, tutti vi diranno che esse vengono dagli spiriti, dai manitous o da qualche personaggio amico degli dei e incaricato di rivelare agli uomini il modo di onorarli: essi non mentiscono. Satana è sempre lo stesso, ed egli regna presso questi popoli infelici con lo stesso impero ch’egli esercitava anticamente tra noi. Cosi le formule sacre dei Tibetani, dei Cinesi, dei negri dell’Africa, dei selvaggi dell’America e dell’Oceania, i loro misteriosi riti, le loro pratiche, ora vergognose, ora crudeli e ridicole, la distinzione dei giorni buoni o cattivi, del pari che la forma bizzarra, orrida, spaventevole o lascivia dei loro idoli, non debbono essere imputati a malizia naturale dell’uomo, ai capricci dei sacerdoti od all’immaginazione ed alla inabilità degli artisti. [Chi crederà che i Chinesi per esempio, supposto che sieno Chinesi, non potessero rappresentare i loro dei, altrimenti che con fantocci ridicoli o idoli mostruosi? « In Cina, scrive un missionario, l’idolo principale è ordinariamente di una straordinaria grandezza, con un viso gonfio, col ventre di una ampiezza smisurata, una lunga barba finta e altri vezzi dello stesso genere…. Noi trovammo dentro una pagoda parecchi idoli’alti 12 piedi, il cui ventre aveva almeno18 piedi di circonferenza. » Annali etc., n° 72, p. 481;e n° 95, p. 341. — Si può dire la stessa cosa di tutti i popoli idolatri, antichi e moderni.]

Tutto viene dai loro dei, e tutti i loro dei sono tanti demoni: “omnes dii gentium daemonia”.

Preghiere per ogni giorno -Mercoledì-

PREGHIERE ed “Esercizio di Virtù” PER OGNI GIORNO DELLA SETTIMANA

MERCOLEDI‘-

 tutti santi

A tutti i Santi, e specialmente ai Santi Avvocati

[da: La via del Paradiso, III edizione, Siena 1823 -imprimatur-]

 

– In Nomine Patris, et Filii etc.

– Deus in adjutorium meum intende;

– Domine, ad adjuvandum me festina.

Gloria Patri, et Filio etc.

Benedictus Dominus in Sanctis suis.

Dio eterno, Dio infinito, vi benedico, e vi ringrazio, che abbiate già comunicata la vostra gloria a tanti Eletti di ogni età, di ogni sesso, e di ogni condizione, e vi supplico a concedermi di essere imitatore sulla terra di quelli che riconosco, e invoco per intercessori nel Cielo. Pater, Ave, Gloria.

Beati Cittadini della Santa Sionne, e specialmente Voi, Santo N., di cui porto il glorioso Nome, e Voi Santi N. N. miei Avvocati, e Voi Sante N. N. mie Protettrici, mentre mi rallegro, che liberi finalmente dalle miserie del mondo, siete giunti a godere la beatifica contemplazione della SS. Trinità, pregate per me il Signore, e ottenetemi dalla sua infinita misericordia, che si degni di purificare il mio cuore da ogni affetto terreno, e infiammarlo del suo santo Amore . Pater, Ave , Gloria .

Beati Cittadini della Santa Sionne, Santo del mio Nome, Santi miei Avvocati, e Sante mie Protettrici, supplicate il nostro Signor Gesù Cristo, che mi conceda la sua santissima Grazia, onde io vinca ogni viziosa voglia, e tentazione. Pater, Ave, Gloria.

Beati Cittadini della Santa Sionne, Santo del mio Nome, Santi miei Avvocati, e Sante mie Protettrici, mortificate con la vostra potente intercessione i miei sentimenti, riformate i miei cattivi costumi, fate che sempre io eseguisca l’adorabile Divina Volontà, e che ami e serva il Prossimo, come comanda Dio vivo, perenne Fonte di Carità. Pater, Ave, Gloria.

Beati Cittadini della Santa Sionne, Santo del mio Nome, Santi miei Avvocati, e Sante mie Protettrici, liberatemi dai nemici visibili, e invisibili, dalla morte improvvisa, e da ogni male; e impetratami dal Dio delle misericordie la grazia di riceverLo degnamente prima della mia morte; e finalmente ottenetemi la S, Perseveranza finale, onde io spirando alla vostra presenza nelle braccia di Gesù, di Maria, e di Giuseppe, e con i loro soavissimi Nomi su le labbra e nel cuore, venga a rallegrarmi eternamente con Voi per i meriti di Gesù Cristo Signor nostro. Così sia. Pater, Ave, Gloria.

 Antif.: Angeli, Archangeli, Throni, et Dominationes, Principatus, et Potestates, Virtutes Cœlorum, Cherubini, atque Seraphim, Patriarchæ, et Prophetæ, Sancti Legis Doctores, Apostoli, omnes Christi Martyres, Sancti Confessores, Virgines Domini, Anachoretæ, Sanctique omnes, intercedite pro nobis.

Domine, exaudi orationem meam.

– Et clamor meus ad te veniat.

Oremus

Protege, Domine, Populum tuum. et Apostolorum tuorum Petri, et Pauli, et aliorum Apostolorum patrocinio confidentem perpetua defensione conserva.

Omnes Sancti tui, quæsumus Domine, nos ubique adjuvent, ut dum eorum merita recolimus, patrocinia sentiamus, et pacem tuam nostris concede temporibus, et ab Ecclesia tua cunctam repelle nequitiam: iter, actus, et voluntates, nostras, et omnium famulorum tuorum in salutis tuae prosperitate dispone; Benefactoribus nostris sempiterna bona retribue, et omnibus Fidelibus defunctis requiem æternam concede.

Per Dominum nostrum Jesum Christum Filium tuum. etc.

POVERTÀ CRISTIANA

 La povertà è una virtù, che ha per oggetto di moderare la cupidigia, e l’attacco alle ricchezze, e ai beni di questa Terra, considerando quanto sieno vani, brevi, e pericolosi. Esercitatevi oggi in questa difficile Virtù. Se siete povero, sopportate volentieri la vostra indigenza, se ricco, staccate il vostro cuore dalle ricchezze, fatene sempre buon’uso, e moltiplicate le vostre elemosine, se non volete, che in voi si verifichi quanto disse il Signore: Oh quanto è difficile che un Ricco entri nel Regno dei cieli! Coloro, che sono, o vogliono dìventar ricchi, cadono nella tentazione, tutte le insidie del demonio, e in molti desideri inutili, e dannosi, che sono la cagione funesta della loro rovina, e della loro dannazione.

Cinque Gradi di Povertà Cristiana 

  1. Distaccare interamente il cuore dalle cose temporali, ed esser pronto abbandonarle, o a perderle, quando piacerà a Dio.
  2. Non desiderare maggior fortuna di quella, in cui la Divina Provvidenza vi ha collocato.
  3. Scacciare dall’animo ogni sentimento di vanità, di orgoglio, e di presunzione, e disprezzare interamente le pompe e i piaceri del mondo.
  4. Spogliare lo spirito d’ogni proprietà, e spregiare il proprio giudicio, e volontà con tutti que’ desiderj, che non siano conformi a quelli di Dio.
  5. Umiliarsi e riconoscere che in noi non vi è che debolezza, miseria, corruzione in qualunque grado noi siamo superiore agli altri.

Preghiera .

   Gesù mio, Signor mio, e Dio mio, che vestendovi con profonda incomprensibile Sapienza della nostra natura, voleste nascere così povero, che neppure aveste ove riposare il vostro Capo adorabile, e che dopo esser vissuto nella più grande indigenza, moriste nudo su la Croce, deh! fate, che a vostro esempio io rinunzi con tutto lo spirito agli onori, alle grandezze, e ai beni passeggieri di questo Mondo; che io comprenda essere un miserabile inganno il pretendere di arrivare al beato soggiorno della vostra gloria per altra via di quella, che Voi stesso avete calcata, e ci avete mostrata; e che penetrato da questa verità, io viva tra i commodi della vita, come se non gli avessi. Cosi sia.

Preghiere per ogni giorno – Martedì –

PREGHIERE ed “Esercizio di Virtù” PER OGNI GIORNO DELLA SETTIMANA

MARTEDI’

[da: La via del Paradiso, III edizione, Siena 1823 -imprimatur-]

Ai Santi Angeli

ang. gerarchie

 

Preghiera rivelata dal Nostro Signor Gesù Cristo a S. Metilde,

per cui ella vide innalzarsi al Cielo una scala d’oro di nove gradi, sopra ciascun de’ quali stava un Ordine di Angeli.

In conspectu Angelorurm psallam tibi Deus meus;

Adorabo ad Templum Sanctum tuum et confitebor Nomini tuo. – Gloria Patri etc.

O Angeli Santissimi, Nunzj e Ministri del sommo Re della Gloria, e fedelissimi Esecutori de’ suoi comandi, purificate, vi prego, le mie Orazioni; offritele alla Maestà dell’Altissimo; e fate che spirino un soave odore di Fede, di Speranza e di Carità.

Pater, Ave, Gloria.

O felicissimi Arcangeli, Capitani della Milizia Celeste, impetratemi il lume dello Spirito Santo, istruitemi ne’ Divini Misterj, e avvaloratemi contra il comune inimico.

Pater, Ave, Gloria.

O Principati sublimi, Direttori, e Governatori del Mondo, governate in tal guisa l’anima mia, che la superbia disordinata de’sensi sia sempre vinta, e domata dalla ragione.

Pater, Ave, Gloria.

O invittissime Potestà, raffrenate il maligno spirito, quando mi assale, e tenetelo lontano da me quando cerca di allontanarmi da Dio.

Pater, Ave, Gloria.

O potentissime Virtù, illustrate, e fortificate il mio spirito, affinché pieno del vostro valore, si avanzi in ogni santa virtù, e resista ad ogni assalto infernale.

Pater, Ave, Gloria.

O beatissime Dominazioni, impetratemi un perfetto dominio di me medesimo, ed una santa e lodevole libertà di ripugnare a tutto ciò che non è da Dio.

Pater, Ave, Gloria.

O Troni stabili, e sempiterni, insegnate all’anima mia la vera umiltà, acciocché divenga domicilio di quel Signore, che risiede benignamente negli umili.

Pater, Ave, Gloria.

O sapientissimi Cherubini, tutti intenti alla Divina contemplazione, fatemi apprendere perfettamente la mia viltà, e l’eccellenza del mio supremo Creatore.

Pater, Ave, Gloria.

O ardentissimi Serafini, accendete col vostro fuoco il mio cuore, acciocché ami e sospiri quella infinita bellezza, che è amata incessantemente da voi. E così sia.

Pater, Ave, Gloria.

O Serafini, o Cherubini, o Troni Celesti, date gloria per me all’Eterno Padre, e pregateLo per la salute dell’anima mia.

Gloria Patri etc.

O Virtù, e Potestà, o Angeliche Dominazioni, date gloria per me all’Eterno Figlio, e pregateLo per la salute dell’anima mia.

Gloria Patri etc.

O Principati, o Arcangeli, o Angeli Santi, date gloria per me allo Spirito Santo, e pregateLo per la salute dell’anima mia.

Gloria Patri etc.

O Celesti Angeliche Gerarchie, inchinate per me la Regina del Cielo, e della Terra, il rifugio dei poveri peccatori, la Madre di Dio Maria, e impetratemi la sua santa efficacissima protezione.

Salve Regina etc.

 

Antif. Angeli Domini, Dominum benedicite in æternum.

Domine exaudi Orationem meam.

– Et clamor meus ad te veniat.

Oremus

Deus, qui ineffabili providentis sanctos Angelos tuos ad nostram Custodiam mittere digneris, largire supplicibus tuis, et eorum semper protectione defendi, et æterna societate gaudere. Per Christum Dominum nostrum. Amen.

PAZIENZA 

   La Pazienza è una Virtù che sostiene lAnima contro i movimenti cagionati da un male presente o temuto, e le dà coraggio e forza di sostenere per amor di Gesù Cristo tutte le avversità, che le sopravvengono o da Dio, o dalle creature, senza turbarsi e senza allontanarsi dal suo dovere. Esercitatevi oggi in questa Santa Virtù, considerando che la Pazienza ci è necessaria per ottenere quanto ci è stato promesso, e che Gesù Cristo dice; Sarete beati quando gli uomini vi malediranno, e quando vi perseguiteranno, e quando contro la verità diranno di voi ogni male ; e perciò vi esorto a soffrire allora queste ingiurie non solamente con pazienza, ma ancora con letizia, e con esultanza. Rendete ben per male, amate sinceramente i vostri nemici e pregate per quelli, che vi calunniano, e vi perseguitano.

Quattro Gradi di Pazienza . 

1- Soffrire con rassegnazione le infermità, e i travagli, che ci vengono immediatamente della mano di Dio.

2- Soffrite egualmente quelli, che ci vengono dagli uomini, considerandoli come venuti da Dio, che gli vuole, o permette per nostro maggior bene.

3- Soffrite con lo spirito medesimo i torti, che ci vengono dai parenti, dagli amici, e dai beneficati .

4- Desiderare di patir qualche cosa per amor di Gesù Cristo, e rallegrarsi quando ciò ci avviene.

Preghiera.

Gesù Signor mio, Autore di tutti i beni, e vero specchio di pazienza, che avete sofferto il dolore della Circoncisione, le ingiurie, e gli obbrobri de’ perfidi Giudei, e i tormenti infiniti della vostra dolorosa Passione con una costanza affatto Divina, fatemi, vi prego, la grazia, che io superi con coraggio tutte le difficoltà che mi allontanano dal perfettamente servirvi; che sopporti pazientemente ogni ingiuria, e che il mio spirito nelle avversità, e nelle prosperità di questa vita si mantenga sempre eguale, e sottoposto alla vostra santissima volontà. Cosi sia.

La strana sindrome di nonno Basilio -14-

nonno

Esimio direttore mi rivolgo ancora alla sua cortese attenzione alla ricerca di un aiuto che possa dirimere questioni e risolvere dubbi che mi assalgono soprattutto nelle discussioni con i mie peraltro carissimi nipoti. Ora poi ci si è messa pure Martina, l’ultima “fiamma” di Mimmo, di fede non cattolica, come le accennavo nella mia ultima missiva; ma il mio sgomento non nasce dal fatto che questa ragazza sia protestante (ognuno è libero di esercitare il libero arbitrio!), ma da quello che Mimmo asserisce quando mi racconta che oramai anche nel Cattolicesimo sono penetrati concetti luterani, decisamente apostatici, propinati da coloro che dovrebbero essere i custodi del “Depositum Fidei” della Santa Romana Chiesa. Tanto per farle capire meglio: Mimmo, commentando l’incontro precedente con Martina, mi fa: “… ma nonno, anche molti preti cattolici sono oramai allineati su queste posizioni che tu ritieni aride e assurde, che offendono la ragione umana, e sono quindi tralci secchi, auto-amputati dalla vite da cui viene la linfa vitale, pronti per il fuoco che brucia … non per quello che purifica l’oro. Oramai ad esempio si professa che “… la comunità dei credenti rappresenta Dio in terra, cioè ogni credente che esercita il suo “libero esame” sulla Bibbia, è illuminato dallo Spirito Santo”. Ma sentitelo! … Ecco, se questo è vero, caro direttore, vuol dire che lo Spirito Santo cambia sovente opinione, anche in modo clamorosamente contrastante e contraddittorio, forse per il tasso alcoolemico! … per la verità questo “spirito” mi sa che non è Santo, e se non è santo, è uno spirito ingannevole, fumoso, sulfureo (qui c’è puzza di “farfariello”, come la nonna Margherita definiva il “nemico” omicida e bugiardo!) … e il suo libero esame è la ricetta ideale per una grande Babele, esattamente come è avvenuto per l’arcipelago protestante (oramai una immensa Micronesia … con tutto il rispetto per la Micronesia, o meglio una galassia di credenze e pseudofedi) che conta oltre 16.000 (sedicimila!, sì, ha letto bene) sette. Se questo era lo scopo, si è andati ben oltre le più rosee previsioni … e a proposito del Papato, ancora mi rivolgo a Mimmo :“Il primato di Pietro tra gli apostoli, è stato ripetutamente sottolineato nei Vangeli che parlano di “Simone e i suoi compagni” nominando Pietro ben 195 volte, a differenza del benamato Giovanni che figura solo 29 volte, a sottolineare appunto che la barca di Pietro, cioè la Chiesa di Cristo, doveva essere guidata dall’abile pescatore “di uomini” dalla mente pratica e dalla volontà energica, anche se difetti umani ne aveva, indicando così che la sequela di Cristo non è preclusa a nessun uomo, anche se poco istruito o titubante”. Del resto, esimio direttore, tutti gli Apostoli erano gente semplice, ah … nel frattempo giunge Caterina, e di eruditi e dotti ce n’erano anche allora, ma il Signore non li scelse, tranne uno, un giovane scaltro, poliglotta, abile nel fare conti e gestire finanze, che poteva diventare un ideale cortigiano, un politico, un burocrate inflessibile, un diplomatico, un cattedratico dal pensiero unico e politicamente corretto … o corrotto al bisogno, certamente un chierico dal “credo” modernista. Questo giovane di belle speranze, figlio di Karioth, non fece una carriera altrettanto brillante con Gesù, perché era convinto fino al midollo che “il regno di Dio” fosse di questo mondo, (come pensano per l’appunto anche i modernisti pseudo-cattolici e progressisti amanti panteisticamente del mondo ed aperti al mondo e quindi, affacciati sulla voragine infernale, alle influenze nefaste del “principe di questo mondo”, altrimenti detto nelle conventicole: “signore dell’universo” il baphomet …) e non aveva capito proprio nulla del messaggio di Gesù, anche dopo anni di permanenza con Lui (per la verità anche gli altri hanno faticato molto cominciando a realizzare l’importanza della loro missione solo dopo la Pentecoste) … solo i rozzi, modesti ed incolti pastori di Betlemme avevano capito tutto e subito”. Dai Vangeli è innegabile che Pietro avesse “il primato”, interviene decisamente Caterina: “su questa pietra …” Negli elenchi degli Apostoli è costantemente nominato per primo … il primo, Simone, detto Pietro, uno dei tre prediletti che assistono alla Trasfigurazione sul Tabor e qui è l’unico che prende la parola … Gesù monta sulla barca e paga il tributo per sé e Pietro …(evitando l’evasione fiscale!), l’espressione “la barca di Pietro” è diventata simbolo della Chiesa …, numerosissimi sono gli episodi citati, ne ricordo ancora uno: “chiunque cadrà su questa Pietra sarà schiacciato e chiunque sul quale la Pietra cadrà sarà schiacciato”. La grande Pietra è la Chiesa, l’unica Chiesa, nella sua essenza più profonda, che non può essere toccata dalle mancanze, dai tradimenti di troppi suoi prelati, chierici e comuni fedeli, una cosa è la Chiesa, Corpo mistico di Cristo e Sposa immacolata di Cristo, altro sono gli uomini di Chiesa, o come ricordava spesso lo zio Pierre, gli uomini “infiltrati” nella Chiesa, quelli della “quinta colonna”, i marrani, per pascersi e tradire. Poco prima della Passione Gesù dice, “Simone, Simone, ecco satana ha cercato di vagliarvi come il grano. Ma Io ho pregato per te, affinché la tua fede non venga meno, e tu, ravveduto che sia, conferma i tuoi fratelli” (Luca XXII, 31, 32). Dopo la Resurrezione sulle rive del lago dice: Simone di Giovanni, mi ami tu più di costoro? E Pietro “Signore, tu lo sai che ti amo” e il Signore: “Pasci i miei agnelli”(Giov. XV;15-17), una chiara investitura non a semplice capo degli Apostoli, ma di tutta la Chiesa, perché il gregge è tutta la Chiesa … triplice investitura, che cancella la triplice negazione dettata dalla paura. “Ma Martina dice che questa è solo retorica”-ribatte Mimmo-, … “eh già sempre retorica, sempre retorica -sbotto io- … ma questo significa essere schiavi della parola, oltretutto tradotta in modo confacente alla idea di base o comunque finalizzata ad uso proprio, elemento tipico delle sette. Ma qui, caro Mimmo, devi dire a Martina, non abbiamo a che fare con parole semplicemente umane, ma col Verbo Incarnato, con la “Verità”, che non è un’idea, un’affermazione astratta, ma una Persona. Questa scrittura appena citata, testimonia l’elezione del primo Papa, mentre nelle sette si nega che questa elezione sia mai avvenuta … c’è una somiglianza tra questo e l’atteggiamento di scribi e farisei “custodi di scritture che non intendono” e “ciechi che guidano altri ciechi”. “E come la mettiamo con i papi indegni e simoniaci e gli antipapi, caro nonno”, … mi chiede Mimmo, un tantino su di giri? “Ti rispondo subito caro mio -ribatto io- la verità viene infangata e perde potere di persuasione se annunciata da un indegno? Ti chiedo: il cielo è azzurro? E cessa di esserlo se ad affermarlo è un assassino, un ladro, un corrotto, un adultero? Conta la verità, e solo quella, anche se annunziata da un indegno. Se l’indegno annunzia una blasfemia, chiunque esso sia, va respinto senza riguardo alcuno … e questo anche se la blasfemia o l’eresia viene proclamata da una persona apparentemente degna!” . “Adesso nonno voglio chiederti: ma che cos’è questa storia delle indulgenze, così importanti per la Chiesa Cattolica, e che per i protestanti, e purtroppo anche per molti cattolici attuali, non avrebbero alcuna validità? Caro Mimmo cercherò di chiarirti almeno sommariamente quello che è il nodo della indulgenze, così che tu possa affrontare l’argomento con un minimo di cognizione di causa. Le indulgenze rappresentano i mezzi che i viventi hanno per suffragare le anime dei morti in purificazione. Per negare questa semplice verità di fede, e quindi anche il Purgatorio, millantando le Sacre scritture, devi sapere che il genio di Lutero ha dovuto alleggerire le Bibbia, dando sforbiciate a destra e a manca, appunto per eliminare i testi che davano fastidio, tacciandoli di essere apocrifi …”; “sembra infatti -dice Mimmo “ignorantello” imbeccato evidentemente con malizia- che … si tratti di testi tardi, non scritti in ebraico, che non si trovano nel testo masoretico … sono scritti in greco e quindi non sono attendibili …”. Caro direttore, a questo punto ho dovuto con sforzo titanico ricorrere alla mia malconcia memoria, che in questa occasione però si è comportata mirabilmente (boh … i misteri della mente umana! …). “Caro Mimmo, per tua conoscenza devi sapere che La Bibbia greca, quella detta “dei Settanta” … è una traduzione di comodo, eseguita prima del terzo secolo prima di Cristo, per facilitare la conoscenza della Scrittura, dato che il greco era la lingua più diffusa all’epoca, e molti ebrei erano ellenizzati e pertanto non più in grado di leggere l’ebraico … e non si tratta affatto di scritti apocrifi … in realtà la Bibbia greca è un ponte, un punto di passaggio obbligato dal Vecchio al Nuovo Testamento …. I tagli effettuati servivano a portare acqua al mulino degli apostati …; ad esempio l’eliminazione, tra gli altri, dei libri dei Maccabei …, infatti nel secondo libro si legge che Giuda Maccabeo ordinò che nel tempio di Gerusalemme si tenessero riti di suffragio per le anime dei caduti in battaglia contro i pagani ellenistici. “Riti di suffragio”, molto prima della nascita di Cristo, perché sotto le vesti dei guerrieri morti erano stati trovati degli amuleti: essi erano stati fedeli al punto di dare la vita per la fede in Israele, ma non del tutto, perché avevano superstiziosamente confidato nella protezione di oggetti inanimati anziché affidarsi al Signore. Quindi pur essendo salvi dal fuoco eterno, avevano una colpa da espiare. Come mai Giuda Maccabeo avrebbe ordinato un rito di suffragio, se inutile? Il Purgatorio era allora una realtà già nota, ed il suffragio per le anime dei defunti era considerato valido dagli Ebrei che attendevano il Redentore ormai imminente e che prefigurano quindi assai vicino la Chiesa. I santi Ebrei come Abramo, i Patriarchi, Mosè, Elia, fino a Giuda Maccabeo e fratelli sono Santi anche per le Chiesa di Cristo, perché ispirati da Dio. Giuda Maccabeo sapeva bene quel che faceva quando ordinò il suffragio dei caduti … e quindi – caro Mimmo -tutto questo puoi pensare che sia apocrifo e non conti … ma vallo a raccontare agli asini come te, va …! Come compito ti aggiungo di meditare bene (visto che i suoi nuovi “frequentati” usano sempre questa espressione “meditate!”… invece di salvarsi … meditano ognuno a suo modo, ma mai secondo una verità garantita!) il versetto: “Io sono la vite, voi i tralci” … se non siete attaccati a me, cioè in unione spirituale con Me, Cristo Dio-uomo, disseccate. E che cosa sono i migliaia di tralci rappresentati dalle chiese protestanti, se non tralci staccati dalla vite e quindi seccati o in via di disseccamento, pronti per il fuoco o già in esso? Mimmo tenta ancora una sortita: “ma la Chiesa papista non può dimostrare di essere il tronco, i protestanti affermano che la Chiesa papista è eretica! I Modernisti finto-cattolici, contraddicendo tutto il Magistero di sempre, dicono oggi che “non c’è una sola Chiesa ma una varietà di chiese adatte alle diverse circostanze e culture dei differenti popoli …” per fortuna interviene Caterina che chiude per adesso la questione, “… e questo è il solito comodo ed accomodante relativismo, a braccetto con scismatici ed eretici di ogni risma, esploso dopo il conciliabolo “Tradimentino”, il cv2 (ma che vorrà dire, direttore? Boh!?), di cui non c’è traccia nei Vangeli, e di cui S. Paolo scrive: “Mi è stato segnalato infatti a vostro riguardo, … che vi sono discordie tra voi. Mi riferisco al fatto che ciascuno di voi dice: “Io sono di Paolo”, “Io invece sono di Apollo”, “E io di Cefa”, “E io di Cristo!”. Cristo è stato forse diviso? Forse Paolo è stato crocifisso per voi, o è nel nome di Paolo che siete stati battezzati?” (1 Cor. I-11,13). Direttore la saluto, la questione non è chiusa, io non ci capisco più nulla, ma che fino ha fatto la Chiesa Cattolica? La scongiuro, mi aiuti lei se può …!

Preghiere per ogni giorno – Lunedì –

PREGHIERE ed “Esercizio di Virtù” PER OGNI GIORNO DELLA SETTIMANA

LUNEDI’

Anime-purganti

Corona in Suffragio delle Anime del Purgatorio

(i 33 Pater noster)

arricchita di giorni cento d’Indulgenza dal S. P. Pio VI

[da: La via del Paradiso, III edizione, Siena 1823 -imprimatur-]

– Adjutorium nostrum in Nomine Domini;

– Qui fecit Cœlum et Terram.

De profundis clamavi ad te, Domine etc.:

De profundis clamavi ad te, Domine;

Domine, exaudi vocem meam. Fiant aures tuæ intendentes in vocem deprecationis meæ.

Si iniquitates observaveris, Domine, Domine, quis sustinebit?

Quia apud te propitiatio est; et propter legem tuam sustinui te, Domine.

Sustinuit anima mea in verbo ejus;  speravit anima mea in Domino.

A custodia matutina usque ad noctem, speret Israel in Domino; 

quia apud Dominum misericordia, et copiosa apud eum redemptio.  Et ipse redimet Israel ex omnibus iniquitatibus ejus”.  

I. Consideriamo lo stato compassionevole delle povere Anime del Purgatorio. Elle son giuste, amiche di Dio, e destinate al Cielo, ma trovandosi rinchiuse in oscura prigione sotto la sferza della Divina Giustizia acerbamente tormentate, senza poter far opera, che sia loro di merito, tutte perciò rivolte a noi chiedono per pietà l’aiuto delle nostre orazioni.

Un’Ave Maria, con dieci Pater noster, in fine “Requiem æternam etc.”.

II. Consideriamo quanto facilmente possiamo noi per mezzo delle nostre orazioni ajutare le Anime del Purgatorio, e l’obbligo, che per natura abbiamo di suffragarle. Elle non sono più in istato di potersi ajutare da se medesime, ed a noi sono tuttavia congiunte per vincolo di santa Carità. Mentre però Iddio si degna di accettar per loro suffragio le nostre orazioni, è cosa ragionevole, e giusta il pregare per loro, affinché possano uscire da quell’incendio di fuoco, che le tormenta, ed entrare nel Paradiso a goder la faccia amabilissima di Dio, ed in essa ogni contento .

Un’Ave Maria, con dieci Pater noster, in fine “Requiem æternam etc.”

III. – Consideriamo che le Anime soccorse, giunte che saranno al Cielo, come Spose singolarmente amate da Dio, intercederanno presso Sua Divina Maestà per chi con tanta pietà liberolle dalle pene sì atroci del Purgatorio. In verità questo dovrebbe essere a noi motivo bastante di suffragare abbondantemente quelle Anime, per mandarle ben presto al Cielo, ove ci sieno particolari avvocate, ed efficaci interceditrici presso il Signore.

Un’Ave Maria, con dieci Pater noster, in fine “Requiem æternam etc.”.

Unite a quelle voci, con cui sempre vi parlano, o Eterno Padre, le Piaghe amorose di Gesù vostro Figliuolo, e Salvator nostro, vi offeriamo queste orazioni, supplicandovi ad accettarle in conto di suffragio per le Anime Purganti, e particolarmente per quelle, che sono state divote di questo santo Esercizio.

Un’Ave Maria, con tre Pater noster, in fine “Requiem æternam etc.”.

Di poi il Salmo “Miserere mei Deus”: 

Miserere mei, Deus,

secundum magnam misericordiam tuam; et secundum multitudinem miserationum tuarum, dele iniquitatem meam.

Amplius lava me ab iniquitate mea, et a peccato meo munda me.

Quoniam iniquitatem meam ego cognosco, et peccatum meum contra me est semper.

Tibi soli peccavi, et malum coram te feci; ut justificeris in sermonibus tuis, et vincas cum judicaris.

Ecce enim in iniquitatibus conceptus sum, et in peccatis concepit me mater mea.

Ecce enim veritatem dilexisti; incerta et occulta sapientiae tuæ manifestasti mihi.

Asperges me hyssopo, et mundabor; lavabis me, et super nivem dealbabor.

Auditui meo dabis gaudium et laetitiam, et exsultabunt ossa humiliata.

Averte faciem tuam a peccatis meis, et omnes iniquitates meas dele.

Cor mundum crea in me, Deus, et spiritum rectum innova in visceribus meis.

Ne projicias me a facie tua, et spiritum sanctum tuum ne auferas a me.

Redde mihi lætitiam salutaris tui, et spiritu principali confirma me.

Docebo iniquos vias tuas, et impii ad te convertentur.

Libera me de sanguinibus, Deus, Deus salutis meæ, et exsultabit lingua mea justitiam tuam.

Domine, labia mea aperies, et os meum annuntiabit laudem tuam.

Quoniam si voluisses sacrificium, dedissem utique; holocaustis non delectaberis.

Sacrificium Deo spiritus contribulatus; cor contritum et humiliatum, Deus, non despicies.

Benigne fac, Domine, in bona voluntate tua Sion, ut ædificentur muri Jerusalem.

Tunc acceptabis sacrificium justitiæ, oblationes et holocausta; tunc imponent super altare tuum vitulos.”

in fine “Requiem æternam etc.”. 

Oremus.

Fidelium Deus omnium Conditor, et Redemptor, animabus famulorum, famularumque tuarum remissionem cunctorum tribue peccatorum, ut indulgentiam, quam semper optaverunt, piis supplicationibus consequantur. Qui vivis, et regnas etc. Amen.

Esercizio di virtù:

UBBIDIENZA

L’ Ubbidienza è una Virtù, con la quale ci soggettiamo a Dio, e alla sua Santa volontà, e agli Uomini per amor di Dio. Esercitatevi oggi in questa Santa Virtù, rammentandovi, che Gesù Cristo fu obbediente fino alla morte, e morte di Croce; e ch’egli stesso diceva : Io sono sceso dal Cielo non già per fare la mia Volontà, ma la volontà di quello, che mi mandato. Non entreranno nel regno de Cieli tutti quelli che dicono, Signore, Signore, ma chi farà la volontà di mio Padre. Quello, che ascolta i suoi Superiori, ascolta Me; quello, che gli disprezza , disprezza Me.

Quattro Gradi di Ubbidienza.

1. Obbedire con puntualità alle Leggi di Dio, della Chiesa, e dei Superiori.

  1. Obbedire con volontà, non solo eseguendo, ma volendo ancora la cosa comandata.
  2. Obbedire con l’intelletto, credendo, che la cosa comandata sia la più conveniente, e cercando anzi ragioni per sostenerla, sempreché non sia peccaminosa.
  3. Riconoscere Dio in qualunque Superiore, prendendo la sua voce, e i suoi Ordini, come da Dio; e perciò eseguirli con semplicità, con prontezza, con umiltà, e con coraggio, e perseveranza.

Preghiera.

   Dolcissimo, Gesù Creatore, e Signore del Mondo, per quella obbedienza, che vi assoggettò sì strettamente alla volontà dell’Eterno Padre, e che anteponeste alla vostra medesima vita, chiamandola il vostro cibo, e la più cara vostra delizia, datemi, vi supplico, questa santa Virtù, perché io sia sempre inviolabilmente sottoposto ai vostri Divini Comandi, alle vostre Sante Ispirazioni, alle Leggi della Chiesa, e al volere dei Superiori. Così sia.

Consacrazione alla SS. Vergine di La Salette

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Consacrazione alla SS. Vergine di La Salette 

   “O Santissima Madre, Nostra Signora di La Salette, che solo per mio amore, avete versato tante lacrime amare nella vostra misericordiosa apparizione, guardatemi dall’alto con benevolenza mentre mi consacro a Voi senza riserva alcuna. Da questo giorno, la mia gloria sarà quella di sapere che io sono un vostro figlio, per poter asciugare le vostre lacrime e consolare il vostro afflitto cuore. Cara Madre, ricevetemi sotto la vostra protezione e singolare custodia, nel seno della vostra misericordia, a Voi raccomando oggi e sempre l’anima mia, e il corpo mio; a voi affido ogni mia speranza e consolazione, ogni angustia e miseria, la vita mia e la fine della vita mia.

Degnatevi, o carissima Santa Madre, di illuminare la mia intelligenza, di dirigere i miei passi, di consolarmi con la vostra materna protezione, in modo che, esente da ogni errore, al riparo da ogni pericolo di peccato, rafforzato contro i miei nemici, possa, con ardore e coraggio intrepido, camminare nei sentieri tracciati per me da Voi e dal vostro Figliuolo. Amen”.

bambini la salette

“Il Santuario di La Salette è di grande autenticità ed è destinato ad per avere un gran futuro”.

“Amo questa devozione e sono lieto che essa sia divulgata”.

[S.S. Papa Pio IX] 

“Con tutto il mio cuore, benedico La Salette e tutto ciò che appartiene a La Salette”.

[Papa Leone XIII]

“Io approvo la promozione di questa consacrazione.”

Papa Gregorio XVIII (15/06/2015)

Ricordatevi o Nostra Signora di “La Salette”, vera Madre di dolore, delle lacrime che avete versate per me sul Calvario; ricordatevi anche della pena che vi siete data per me, al fine di sottrarmi alla giustizia di DIO, e vedete se, dopo aver fatto tanto per il Figlio vostro, potete ora abbandonarlo. Rianimato da questo consolante pensiero, io mi prostro ai vostri piedi malgrado le mie infedeltà e le mie ingratitudini. Non disprezzate la mia preghiera, o Vergine Riconciliatrice, ma convertitemi, fatemi la grazia di amare Gesù al di sopra di tutto e di consolar Voi stessa con una vita santa, perché possa un giorno vedervi in cielo Amen.

Indulgenza 500 giorni (S. Pæn. Ap., 20 nov. 1930)

Omelia della II Domenica dopo Pasqua.

Omelia della Domenica II dopo Pasqua

[Canonico G.B. Musso, 1851 -imprimatur-]

Gesù Buon Pastore

GesùBuonPastore

   “Ego sum pastor bonus”, dice nell’odierno Vangelo secondo la Volgata Cristo nostro Signore, e secondo il testo greco: “Ego sum ille pastor bonus”! quasi dir voglia: “Io son quel buon Pastore veduto in ispirito dai Patriarchi, predetto dai Profeti, e figurato in Abele, in Giacobbe, in Davide, tutti pastori amatissimi della propria greggia”. Il buon pastore mette la vita per sue pecorelle. Ma il mercenario, che non è, e non merita il nome di pastore, al vedere appressarsi il lupo abbandona l’armento, si dà alla fuga, onde il lupo fa strage, rapisce, disperde le spaventate agnelle. E perché pratica così vilmente il mercenario? Appunto per questo che egli è mercenario, prezzolato, a cui le pecore non appartengono, ed altro non ha a cuore che il proprio vantaggio. Io però, che sono il vero e buon Pastore, Io che conosco ad una ad una le mie pecorelle, e da esse son conosciuto, Io per la loro salvezza son pronto a dare e darò la mia vita, “animam meam pono prò ovibus meis”.

Così parla, così dipinge sè stesso l’amorosissimo nostro Redentore. Seguiamo, uditori fedeli, l’evangelica allegoria, e vediamo quanto è mai buono questo nostro divin Pastore, e quanto noi dobbiam essere sue docili e buone pecorelle.

Merita ogni attenzione il dolce argomento.

I – Per lo peccato del nostro incauto progenitore Adamo, eravam noi come tante pecore erranti, “omnes nos quasi oves erravimus” (Isaia LV, v, 6). Immaginate una greggia percossa e dispersa da fulmine tremendo aggirarsi per balze e per dirupi senza guida, senza pastore, non può questa altro aspettarsi che il precipizio o le zanne del lupo. Tal’era la condizione infelice dell’umana nostra natura, “omnes nos quasi oves erravimus”. Quando il Figliuol di Dio, mosso a pietà di noi, lascia le novantanove pecorelle, ossia, come spiegano dotti Spositori, i nove cori degli Angeli, e viene quaggiù in cerca della pecora smarrita, cioè della perduta umana generazione, e viene, “saliens in montibus transiliens colles”(Cant. II, 8), vale a dire, dal cielo nel seno della Vergine Madre, da questo nella grotta di Betlemme, da Betlemme in Egitto, indi a Nazaret, e finalmente in Gerosolima. Qui osservate com’Egli adempie col fatto quanto aveva già detto colle sue parole, che per la salute delle sue pecorelle sacrificherà la sua vita. “Animam mea pono pro ovibus meis”.

Vedete voi quella turba di fanti, di sgherri con faci, con lanterne, con bastoni, con spade avvicinarsi all’orlo degli ulivi? In capo a questa masnada è Giuda traditore. Ecco il lupo. Che fa il buon Pastore in tal cimento? Di sé non curando, pensa soltanto a sottrar dalle loro mani i suoi cari. Va incontro al capo ed alla schiera, e, chi cercate voi? dice intrepido e fermo. Se Gesù Nazzareno, Io son quel desso, lasciate però ire in pace i miei discepoli, “sinite hos abire” (Joan. XXVIII, 8). Così avvenne: Gesù resta fra le funi e le ritorte, e i suoi discepoli si salvano colla fuga.

Ecco il buon Pastore in mano de’ lupi rabbiosi tratto a’ tribunali, legato ad una colonna. Oh Dio! quale ne fanno sanguinosissimo scempio! Ed Egli intanto va dicendo in suo cuore: questo mio sangue laverà le macchie delle mie pecorelle, sarà il balsamo per le loro ferite, sarà il prezzo del loro riscatto, e la morte, a cui mi avvicino, darà ad esse la vita, “animam meam pono pro ovibus meis, et ego vitam aeternam do eis” (Jonn. X).

Era tanto l’amor di Davide ancor pastorello per la paterna greggia, che qualora orso o leone giugnea a rapire una qualche agnella, armato di tutto se stesso se gli scagliava contro, e ghermitolo per la gola, gli togliea dalle zanne la palpitante preda. Tanto fece per noi il divino nostro Pastore; con questa differenza però, che Davide acquistò nome di valoroso e di forte, e Gesù Pastor buono, fu computato tra gli scellerati, e qual malfattore crocefisso.

Sembrerà questa l’ultima prova dell’amor di Gesù nostro buon Pastore verso di noi suo gregge avventuroso. Ma no: compiuta l’umana redenzione, rotta la catena della nostra schiavitù, prima di separarsi da noi per ascendere al Padre, udite con quai sentimenti e con qual cuore prende a parlare a Simon Pietro. Simone figliuol di Giovanni, gli dice, mi ami tu più di tutti questi, che qui son presenti? “Simon Joannis, diligis me plus his” (Joan. XXI)? Signore, Pietro rispose, sì che io Vi amo, e voi lo sapete. Se veramente tu mi ami, ripiglia Gesù, dammi prove dell’amor tuo con pascere gli agnelli della mia greggia, “pasce agnos meos”. Ma tu mi ami davvero? soggiugne Gesù per la seconda volta. Ah Signore, ripete Simon Pietro, Voi vedete il mio cuore, mi protesto che Vi amo. Se dunque tu mi ami, pasci i miei agnelli, pasce agnos meos. Con una terza domanda Gesù l’interroga: Pietro, tu mi ami? Mio Signore, risponde Pietro turbato e confuso, Voi lo chiedete a me? Niuna cosa è al vostro sguardo nascosta, Voi siete lo scrutatore dei cuori: e meglio di me sapete che Vi amo. Conoscerò, conchiude Gesù, il tuo amore per me dalla cura che avrai di pascere le mie pecorelle, pasce oves meas. Breve fu il suono di queste parole, ma a quale e quanto grave senso si estendono! Pietro, parmi dir volesse, tu sei quella pietra, che ho posta per fondamento della mia Chiesa. A te, primo fra’ miei Apostoli, e mio vicario, ho dato in modo tutto singolare le chiavi del regno de’ cieli, e con esse la potestà suprema di sciogliere e di legare con giudizio irrefragabile pronunziato sulla terra, ed approvato nel cielo. Ma ciò non basta. Ti costituisco da questo istante Pastore universale di tutto il gregge che mi son formato col mio Vangelo, co’ miei sudori, collo sborso di tutto il sangue mio. Tu pascerai non solo i miei agnelli, ma come Pastor de’ pastori anche le pecore madri, “pasces oves meas”. Pasci dunque gli uni e le altre con guidarle all’erbe salubri, e ai limpidi fonti. Pasce colla dottrina, colla predicazione, coll’esempio, coi sacramenti: difendi la mia e la tua greggia e da quei lupi, che l’assalgono a viso aperto, e da quei, che si ascondono sotto la pelle di agnelli: ad un cuore che mi ama, o Pietro, Io devo affidarla, e non ad altri darne il governo, che a un cuore che abbia dell’amore per me, “pasce agnos meos, pasce oves meas”.

II Che dite, che vi pare, uditori del cuore, dell’amore, della bontà del divino nostro Pastore? Che cura, che impegno, che sollecitudine, che tenerezza per noi! Quale ora dovrà essere la nostra corrispondenza? Ecco, Egli è il nostro buon Pastore, dobbiam noi essere sue fide e buone pecorelle. E come? Egli stesso nel suo Vangelo ce n’insegna il modo. “Oves meae, dice, vocem meam audiunt” (Joan. X. 27). Le mie pecorelle ascoltano la mia voce e l’apprezzano, ascoltano i miei avvisi e li seguono, ascoltano i miei precetti e gli osservano, ascoltano le mie ispirazioni e le accolgono, ascoltano la voce de’ miei ministri e la rispettano, ascoltano parola da loro annunziata e ne profittano. “Oves meae voce meam audiunt”. È questo un segno, che sono pecorelle del mio ovile quelle anime che ascoltano e si pascono della mia parola letta ne’ libri, predicata da’ pergami; e a tenore delle verità e delle massime ch’essa propone, emendano la vita, regolano il costume, raffrenano le passioni, adempiono la legge, praticano la virtù, edificano il prossimo, santificano sé stesse, “oves meae vocem meam audiunt”.

Ma che segno sarebbe se invece si ascoltasse più volentieri la voce de’ bugiardi figliuoli degli uomini, che promuovono dubbi circa la fede, che spargono massime ereticali, che bestemmiano quel che ignorano? Che sarebbe se più piacessero i laidi discorsi, i motti maliziosi, le favole oscene, le scandalose novelle? Di queste pecore infette, rognose, direbbe Gesù, io non sono il Pastore, esse non appartengono al mio ovile , “non sunt ex hoc ovili”(Joan. X, 16).

Le pecore inoltre hanno in sommo orrore il lupo, orror tale, che al solo sentirne gli ululati, sebbene difese da ben chiuso e riparato ovile pure si vedono ritirarsi negli angoli più rimoti, e tremar da capo a piedi, tanto è l’orrore e lo spavento di questo loro nemico. È tale, ascoltanti, l’orror vostro, il vostro spavento per il peccato, nemico dell’anima vostra? Ne temete il pericolo, ne fuggite l’aspetto? Buon segno, miei cari, se è così, buon segno; voi siete pecorelle del gregge di Cristo. Perseverate ad odiarlo, ad abbominarlo, e dite sempre col reale profeta: Iniquitàtem odio habui et abominatus sum (Ps. 118).

Altra proprietà delle pecore, dice Cristo Signore, è il seguitare il proprio pastore, di cui conoscono la voce e la persona, “oves illum sequuntur” (Joan.). Siamo disposti a seguir l’orme del nostro Pastore Gesù Cristo? Beati noi, arriveremo a buon termine. Chi mi seguita, dice Egli, non cammina fra le tenebre dell’errore, “qui sequitur me, non ambulat in tenebris” (Joann. VIII, 12). Ma chi vuol venir dietro a me, convien che neghi se stesso e le proprie voglie, che si addossi la propria croce, e calchi le mie pedate; “Si quis vult post me venire, abneget semetipsum, tollat crucem suam, et sequatur me” (Luc. IX, 23). E che vuol dire, interroga S. Agostino, questo sequatur me? Vuol dire imitare i suoi esempi, “quid est me sequatur, nisi me imitetur? (Tract. 51, in Jo.). Chi corre la vita del piacere non imita Gesù, che va per quella del Calvario. Gli esempi di questo nostro Pastore sono di umiltà e di mansuetudine, di pazienza, di carità; non può esser sua pecorella chi non è imitatore delle sue virtù.

La pecora finalmente dà il latte e la lana come in retribuzione al pastore che la guida, la pasce, la governa e la difende. Gesù buon Pastore, o fedeli, anche Egli vuol da voi, e vi chiede il latte e la lana; ma non per sé. Vi chiede il latte, cioè la cristiana educazione della vostra prole. I sentimenti di pietà, di timor di Dio, di religione, di rettitudine, di onestà, ed altre buone e sante massime, sono quel latte, che dovete istillare nel cuor de’ vostri figliuoli. I salutari avvisi, i saggi consigli, le dolci ammonizioni a’ vostri inferiori, a’ vostri eguali, anche questo è latte, col quale S.Paolo avea pasciuti i suoi figli rigenerati in Cristo Gesù, lac potum dedi (I Cor. V, 2), e che Gesù aspetta da voi.

Aspetta da voi, e vi domanda anche la lana per coprire tanti suoi poverelli mezzo ignudi, esposti al rigor delle stagioni, tremanti, intirizziti dal freddo. Oh Dio ! Se il vostro cuore non si commuove, in vista di tanta miseria, come potete sperare di essere riguardati da Gesù Cristo in qualità di sue pecorelle? Visitate, visitate la vostra casa, aprite i guardaroba, o facoltosi, e vi troverete tante vesti rimesse, quanto per voi inutili, tanto pe’ poveri necessarie. Per carità coprite Cristo ignudo ne’ vostri ignudi fratelli. Imitate S. Martino ancor catecumeno, S. Filippo Benizio, S. Giovanni Canzio, S. Tommaso da Villanuova, e tanti altri caritatevoli servi di Dio, che si trassero le vesti di dosso per coprire l’altrui nudità. contrassegno più chiaro, carattere più certo di nostra predestinazione non vi è di questo, qual è spargere le viscere della nostra carità verso i bisognosi nostri fratelli.

Ma il vestire non basta, convien anche cacciar la fame, la fame, dico, che fa andar pallidi tanti vecchi cadenti, tante vecchierelle tremanti, tanti storpi impotenti, che fa languire tanti infermi sulla paglia, che fa gemere tante famiglie che non han cuore a mostrar faccia.

Ravviviamo la fede, cristiani miei cari. Nel giorno estremo, nella gran valle saranno da’ capri separate le agnelle, e alla destra parte da Gesù benedette; quelle agnelle, dissi, che avranno dato ascolto alla sua voce, che avranno seguito i suoi esempi, avuto in orrore il peccato e dato il latte di cristiana educazione alla prole e la lana a soccorso degl’indigenti. A queste Cristo Signore rivolto in aria dolcissima, “venite a me, dirà loro, voi avete camminato sull’orme mie, voi mi siete stati fedeli, mi avete pasciuto famelico, e coperto ignudo, venite per voi non son giudice, sono e sarò per sempre il vostro buon Pastore, venite ai pascoli, venite ai fonti di eterna vita, il mio regno sarà il vostro ovile; voi sarete sempre mie, Io sempre vostro”. Vogliam noi, uditori, goder di simil sorte? Siamo buone, fide, docili pecore, e sarà Gesù nostro buono ed eterno Pastore.

Preghiere per ogni giorno – Domenica –

PREGHIERE ed “Esercizio di Virtù” PER OGNI GIORNO DELLA SETTIMANA

DOMENICA

Alla SS. Trinità

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[da: La via del Paradiso, III edizione, Siena 1823 -imprimatur-]

In nomine Patris, et Filii, et Spiritus Sancti, Amen.

– Domine, labia mea aperies;

– Et os meum annunciabit laudem tuam.

Sia benedetta, lodata, glorificata, e per sempre ringraziata la SS. Trinità.

I. Voi tutti invoco, o SS. Angioli della prima Gerarchia, Angeli, Arcangeli e Principati, perché insieme con noi adoriate la SS. Trinità, e le rendiate grazie di tutti benefizj, che della sua misericordia e Potenza abbiamo ricevuto, ed in particolare della potenza del Padre per averci creati dal nulla, e data un’anima a sua immagine, e somiglianza, capace della Beatitudine eterna; e a nome nostro pregateLo, che ci dia lume, e forza di confermarla nella sua grazia Divina, per amarLo poi, e goderLo eternamente nella Celeste Patria.

Sia benedetta, lodata, glorificata, e sempre ringraziata la Santissima Trinità,

   “Gloria Patri, et Filio, et Spiritui Sancto, sicut erat in principio, et nunc, et semper; et in sæcula sæculorum. Amen”. [Si dica nove volte].

Credo in Deum Patrem etc. [si dica il Credo].

– Sanctus, Sanctus, Sanctus; Sanctus Pater, Sanctus Filius, Sanctus Spiritus Sanctus. O Beata Trinitas unus Deus, miserere nostri [Si dica tre volte].

II. Voi tutti invoco, o Santi Angioli della seconda Gerarchia, Podestà, Virtù, e Dominazioni, perché insieme con noi adoriate la SS. Trinità, e Le rendiate grazie di tutti i benefici, che dalla sua misericordia, e sapienza abbiamo ricevuti, e in particolare dalla infinita Sapienza del Divin Figlio per averci redenti dalla schiavitù del Demonio, prendendo umana carne, e morendo sopra il Legno della Croce; e a nome nostro pregateLo, che ci conceda grazia di detestare i nostri peccati con la memoria continua di un tanto benefizio, e di collocare le anime nostre nelle sue amorosissime Piaghe, onde partecipare colla sua Divina Grazia del frutto di una sì copiosa Redenzione.

Sia benedetta, lodata, glorificata, e sempre ringraziata la Santissima Trinità.

“Gloria Patri, et Filio” etc. [Sì dica nove volte]. Credo in Deum, Patrem etc. [Si dica il Credo].

Sanctus, Sanctus, Sanctus; Sanctus Pater, Sanctus Filius, Sanctus Spiritus Sanctus. O Beata Trinitas Unus Deus, miserere nostri. [Si dica tre volte].

III. Voi tutti invoco, o Santi Angioli della terza Gerarchia, Troni e Cherubini, e Serafini, perché con Noi adoriate la SS. Trinità, e Le rendiate grazie di tutti i benefizi, che dalla sua Misericordia, e Bontà abbiamo ricevuti, e in particolare dalla immensa Bontà, del Divinissimo Spirito, che continuamente inspira modi bastanti per santificarci; e a nome nostro pregateLo, che infiammandoci il cuore di una perfetta carità ci conceda vera cognizione di noi stessi, e del nostro Dio, onde conservare sempre illibata nelle anime nostre la sua divina Grazia, e ottenere così quel fine, per cui siamo stati creati.

Sia benedetta, lodata, glorificata, e sempre ringraziata la Santissima Trinità,

“Gloria Patri, et Filio” etc. [Sì dica nove volte] .

– Credo in Deum, Patrem ec. [Si dica il Credo].

Sanctus, Sanctus, Sanctus; Sanctus Pater, Sanctus Filius, Sanctus Spiritus Sanctus. O Beata Trinitas Unus Deus, miserere nostri. [Si dica tre volte].

Sia benedetta, lodata, glorificata, e sempre ringraziata la Santissima Trinità,

“Gloria Patri, et Filio” etc. [Sì dica tre volte] . 

Antif. Te Deum Patrem Ingenitum, Te Filium Unigenitum, Te Spiritum Sanctum   Paraclitum, Sanctam et Individuam Trinitatem, toto corde et ore confitemur, laudamus, atque benedicimus; Tibi gloria in sæcula.

-Benedicamus Patrem, et Filium cum Sancto Spiritu.

-Laudemus, et superexaltemus eum in sæcula.

Oremus

Omnipotens sempiterne Deus, qui dedisti famulis tuis in confessione veræ Fidei æternæ Trinitatis gloriam agnoscere, et in potenzia Majestatis adorare Unitatem, quæsumus, ut ejusdem Fidei firmitate ab omnibus semper muniamur adversis; Per Dominum nostrum Jesum Christum etc. Amen.

[I Padri Natale, Mancusi, e Giuseppe Erasmo affermano che questa preghiera fu rivelata ad un illustre Servo di Dio della Compagnia di Gesù, che bramava di glorificare la SS. Trinità in una maniera che fosse di suo maggior gradimento. I 30 Gloria Patri, e i tre Credo sono ad onore dei 33 anni, ne’ quali il nostro Signore Gesù Cristo glorificò in terra la SS. Trinità con la sua Vita, Passione e Morte. Per ogni Gloria Patri si lucrano 30 giorni d’indulgenza.]

Esercizio di virtù:

UMILTÀ

L’umiltà è una Virtù, che ci dà la perfetta cognizione di noi stessi, delle nostre miserie, delle nostre debolezze, del nostro nulla: e perciò c’impedisce di stimarci, e di sollevarci sopra lo stato in cui dobbiamo essere, e ci rende spregevoli a noi medesimi, e modera o annienta il desiderio che naturalmente abbiamo di essere stimati, onorati, e preferiti agli altri. Esercitatevi dunque oggi in questa virtù fondamentale del vero Cristiano, e fare qualche azione, che la riguardi particolarmente, ricordandovi di ciò che dice Gesù Cristo – Imparate da me, che sono mansueto, ed umile di cuore. Se non divenite piccioli come i Bambini, non entrerete nel Regno de’Cieli. Prendete sempre l’ultimo posto, ovunque siate. Tutto ciò, che la maggior figura nel mondo, è aggetto di abbominazione dinanzi a Dio. 

Sei Gradi di Umiltà.

1- Non dite cosa, che ridondi in vostra lode .

2- Confondetevi, se ricevete lodi ripensando, che non siete quale vi giudicano.

3- Non fate opera veruna per vostro onore, ma unicamente e puramente per gloria di Dio.

4- Giudicate tutti migliori di voi; scusate gli altrui mancamenti , ed aggravate i vostri difetti.

5- Soffrite con pazienza i disprezzi, considerando che maggiori gli meritate per i vostri peccati.

6- Desiderate di patire un qualche oltraggio senza vostra colpa, per rassomigliarvi in qualche cosa a Gesù, che tanti ne tollerò per voi .

Preghiera .

   O Gesù, Salvatore delle anime nostre, che per darci l’esempio della vera umiltà siete disceso dal Cielo in terra: e vestendovi della nostra carne, voleste nascere in una stalla, esser circonciso, ed esser battezzato al pari di un peccatore; lavaste i piedi ai vostri Discepoli; foste coperto d’ignominie, e trattato come l’ultimo de’ viventi; e che finalmente vi piacque di esser posto in Croce fra due ladri; concedetemi una umiltà profonda, affinché non abbia mai stima alcuna di me medesimo, né disprezzo per il Prossimo, ma riconoscendo anzi la mia bassezza e viltà, mi sottoponga di buon’animo a tutti per amor vostro . Fatemi la grazia; o mio Dio, che profitti de’ consigli, che per la emenda de’ miei difetti mi verranno suggeriti, e che in cuor mio non mi adiri contro chiunque potesse rimproverarmene, e manifestargli altrui. Rendetemi insomma, come voi, mansueto, ed umile di cuore. Così sia.