De Segur: BREVI E FAMILIARI RISPOSTE ALLE OBIEZIONI CONTRO LA RELIGIONE [risp. XXXIII-XXXVI]

 

XXXIII.

A CHE SERVE LA CONFESSIONE?

R. Primieramente, bisogna che serva a qualche cosa buona, perché è un’istituzione divina, e Dio non opera senza motivo. Ma di più voi domandate a che serve la confessione? Confessatevi e vedrete a che serve. – Vedrete, che serve a divenir buono da malvagio, vedrete che serve a correggersi dei vizi, e ad avanzare a gran passi nelle virtù le più eroiche. – A che serve la confessione? Domandatelo a quel fattorino, a quel povero ragazzo, che vergognose abitudini degradavano e il cui vituperio si imprimeva già sulla sua faccia. Eccovelo tutto cambiato nel fisico come nel morale. Che fece dunque egli mai? Si confessò, si confessa…. Per lo avanti ei non si confessava. – A che serve la confessione? Domandatelo a quell’operaio poc’anzi sì libertino, sì passionato per la bettola, attualmente così casto, così sobrio, così ordinato, così laborioso; diventato in poco tempo il modello de’ suoi compagni! La sua moglie ed i suoi figli trovano che la confessione serve a qualche cosa. – A che serve la confessione? Domandatelo a quella povera donna nel colmo della miseria, carica di prole, maltrattata dal suo marito…. Ella volle più volte, l’infelice, andare a finire le sue pene in un fiume… II pensiero di Dio. e de’ suoi figli la ritenne. Essa s’avvicina al confessore… io non so ciò che le dica; ma eccovi, essa entra in casa colla pace nel cuore e quasi colla gioia sul volto. Essa sopporta dolcemente le sue pene; soffre senza lagnarsi i duri trattamenti del suo marito… Costui si meraviglia per il di lei cambiamento, poi l’ammira, poi l’ama, poi l’imita. Numerate: un suicidio di meno: una madre conservata a sei o sette figli; una buona unione, ed una famiglia virtuosa di più! – Dopo questa povera donna, è un servitore che da lunghi anni faceva dei piccoli profitti un po’ arrischiati, alle spese del suo padrone. Un rimorso l’ha turbato, va a trovare il prete… Se il padrone tien l’occhio a suoi affari, può vedere che la spesa scema senza che il treno della sua casa sia diminuito…. E riceve un bel giorno un biglietto di quattro o cinque cento franchi da mano sconosciuta. – Numerate: un marìuolo di meno; forse il vitupero della galera risparmiato ad un’onorevole famiglia, un onesto servitore di più. – A che serve la confessione? Domandatelo ai poveri di quel comune. Il ricco proprietario del luogo li lasciava nella loro miseria; spendeva per sé tutta la sua immensa fortuna Dopo qualche tempo si confessa… ed eccolo diventato il padre degli infelici; previene le loro privazioni… Le persone povere conoscono che la confessione serve a qualche cosa! La confessione è il segreto della virtù.  È dessa che rende, che conserva la pace del cuore, senza cui non v’ha felicità. È dessa, che previene un’infinità di delitti, e di disgrazie. È dessa, che solleva il povero peccatore, la cui debolezza l’ha diviso da Dio! È dessa soprattutto, che consola il moribondo pronto a comparire avanti il suo Dio, e il suo Giudice. – Qual cambiamento vedreste nel mondo, se tutti sì confessassero sinceramente, seriamente, come si deve fare! Le leggi e la gendarmeria non avrebbero più guari ad esercitarsi. Vi sarebbe in questa sola legge della Chiesa: “Tu confesserai i tuoi peccati almeno una volta all’anno” di che rigenerare il mondo ed arrestare tutte le rivoluzioni. Giudicate adunque dell’albero dai suoi frutti. La stessa cosa è della confessione, come di tutta la religione, essa non ha altri nemici che le passioni.

XXXIV.

IO NON HO BISOGNO DI CONFESSARMI. NON HO NIENTE DA RIMPROVERARMI , NON HO NE’ UCCISO, NE’ RUBATO, NE’ FATTO TORTO A PERSONA. NON AVREI NULLA A DIRE.

R. È questo il risultato del vostro esame di coscienza? Mio buono amico, l’una delle due cose: O siete un uomo eccezionale, o non vedete chiaro nella vostra coscienza. Volete che ve la dica francamente? lo son certo, che voi siete un uomo simile agli altri, e che la seconda ipotesi sola è la vera. — Voi non avete niente a rimproverarvi? — Esaminiamo un poco — Sarebbe singolare che io vedessi più chiaro di voi in voi stesso! – 1.° Primieramente come state voi in riguardo a Dio? Voi mi confesserete, che Gli dovete qualche cosa! Non è per niente che Egli è vostro creatore, vostro padrone, vostro padre, vostro ultimo fine! L’adorate voi? Lo pregate voi ciascun giorno? Lo ringraziate dei suoi favori? Gli domandate perdono delle mancanze che commettete contro la sua legge? Obbedite voi a questa legge? Colui, che dovrebbe essere la prima occupazione della vostra vita vi ha parte anche solo in qualche cosa? I poveri selvaggi idolatri adorano i loro falsi Dei. E voi, che conoscete il Dio vivente, e vero, non vivete voi, come se non esistesse? Ecco dunque un punto, che avevate molto male esaminato, quando or ora mi dicevate, che non avevate niente a rimproverarvi, e che eravate impicciato a trovare qualche cosa a dire al vostro parroco. – 2.° E nei doveri verso gli altri siete voi più fedele? Mettete la mano sulla coscienza. Ancor là quante miserie! Carità fraterna, efficace, e sincera; affabilità, e prontezza in servir gli altri; misericordia verso i poveri, indulgenza per le mancanze dei vostri fratelli; rispetto per la loro riputazione; perdono delle ingiurie; aiuto scambievole; buon esempio; doveri di cittadini; doveri verso la famiglia, doveri di buon figlio e di buon padre, doveri di buono sposo; doveri di buon padrone o di buon servo; doveri di buono e fedele amico; doveri di operai coscienziosi, o di padroni giusti ed umani ecc.; la lista è ben lunga. Gli adempite voi tutti? – Anche in ciò una buona materia per la vostra prossima confessione! – 3,° Sui vostri doveri verso voi stesso, credo potervi assicurare che se voi non praticate la religione vi ha ancora a dire di più. Osservate: Avete un’anima; qual cura ve ne prendete? Vivete quasi come non ne aveste. Quando fate del bene, quali motivi vi animano? Sapete che è l’intenzione che fa l’azione, come dice il proverbio. Un’intenzione cattiva rende cattive le azioni anche le migliori in apparenza. È egli dunque il motivo del dovere che vi fa agire? È il desiderio di compiere la volontà di Dio, di piacere a Dio, o non è piuttosto l’interesse personale, l’ostentazione, il desiderio d’essere stimato ed apprezzalo dal mondo? Come state voi di sobrietà, di temperanza? Come state voi soprattutto di castità? Se vostra figlia facesse in vostra presenza ciò che voi fate avanti Iddio che vede tutto, voi la scaccereste di vostra casa come un’infame !… Se un altro dicesse alla vostra moglie, a vostra sorella, a vostra figlia, ciò che diceste tante volte a mogli, a giovanette, che pensereste voi di lui? non lo giudichereste ben colpevole? Non siete dunque insozzato di ciò che macchia gli altri? Potremmo spingere ben più avanti questo esame del far vostra coscienza; la cava, credetemi, non è punto esaurita. Eccovi ben molto per convincervi se volete esserne convinto, che malgrado la vostra perfetta innocenza, avete tutto il necessario per fare un’eccellente, lunga o soda confessione. Voi avete da una parte i peccati: vi feci conoscere i più gravi; d’altra parte avete, non ne dubito, una buona volontà. Voi conoscete qualche buon prete che sarà lieto di ricevervi e di perdonarvi in nome di Dio. Andate adunque a trovarlo e con buone disposizioni. Non vi ha che il primo passo che alquanto costi; la difficoltà passa ben tosto; la gioia rimane. — « Ma è già da molto tempo che non vi sono stato! »—perciò ne avete maggior bisogno. —«Ma io ne ho troppe a direi » — Tanto meglio; i pesci grossi sono i migliori. I confessori amano assai più i gran peccatori che i piccoli; dacché però ben si pentono. — «Ma giammai mi sovverrei di tutto!» — A che serve ciò? Dite quel che vi ricordate; pentitevi di tutto, e Dio che conosce la buona volontà vi perdonerà tutto. Il pentimento è la cosa principale nella confessione. Credetemi, andate a confessarvi. Vedrete che sarete contento e meravigliato di voi quando avrete finito. La vera felicità sulla terra è la pace del cuore frutto della buona coscienza.

XXXV.

CONOSCO DE’DEVOTI CHE NON SONO MIGLIORI DEGLI ALTRI UOMINI. CERTUNI CHE SI CONFESSANO NON SONO MIGLIORI PER CIÒ.

R. Ciò prova 1.° O che questi non sono sinceri, o almeno che sono poco istruiti nella religione, praticandone l’esteriore, ma non ne curando lo spirito di cui devesi soprattutto occupare. – 2.° Oppure che la loro indole è stranamente ribelle, giacché un’influenza cosi potente non li rende migliori del comune degli uomini. – 3.° Ovvero (e ciò è il più probabile) che voi non li giudicate con imparzialità, e che siete ingiusto con essi.  – I cristiani, notatelo bene, non lasciano d’esser uomini dacché sono cristiani. Essi conservano la debolezza, l’inconseguenza della nostra povera umana natura, che il peccato sì profondamente corruppe; la loro condotta, da quel tempo, non è sempre d’accordo coi loro principi, i loro desideri, le loro risoluzioni. – Ma se ]a religione non corregge tutti i difetti di carattere, se non distrugge interamente e subito tutte le imperfezioni, almeno le diminuisce e le distrugge a poco a poco. Essa ordina incessantemente di combatterle; offre mezzi semplicissimi e potentissimi per diventare non solo buoni, ma perfetti quanto il comporta l’umana condizione. Osservate i santi: guardate S. Francesco di Sales, S. Francesco Zaverio, S. Vincenzo de’ Paoli, non erano altro che veri cristiani! – Così pure le anime rette e coraggiose che usano questi mezzi, si correggono prontamente, e finiscono per diventare migliori, poi buone, poi perfette. Ciò che è certo si è che la maggior parte di quelli che gridano contro i devoti sono, il più delle volte, dieci volte più malvagi di questi; vedono la festuca nell’occhio del loro vicino, e non s’accorgono della trave che hanno nel proprio. La religione non può che render migliore. Colui che ha difetti, essendo cristiano, avrebbe questi medesimi difetti, e maggiori ancora, se non Io fosse. E di più egli avrebbe il grande, e capitale difetto che voi avete, voi che lo biasimate d’essere religioso: di non rendere cioè a Dio il culto d’adorazione, di preghiera, e d’ubbidienza, ch’Egli esige da tutti gli uomini.

XXXVI.

COME IL CORPO DI GESÙ CRISTO PUÒ EGLI ESSERE PRESENTE NELL’EUCARISTIA? CIÒ È IMPOSSIBILE.

R. Non ho che una cosa a rispondervi; ma essa basta: Ciò è; dunque è possibile. Ciò e; dunque lo dovete credere, benché voi non comprendiate come ciò possa essere. Dico adunque, che ciò è, che Gesù Cristo è veramente, e sostanzialmente presente nella santa Eucaristia, e che dopo la Consacrazione della Messa non vi ha più pane sull’altare, tra le mani del sacerdote, ma il corpo e il sangue di nostro signore Gesù Cristo vivente, velato sotto le umili specie del pane e del vino. – Per convincervene, io non vi farò vedere tutti i secoli cristiani dagli apostoli fino a’ nostri giorni, che credono, adorano, proclamano altamente questa presenza reale di Gesù Cristo nel acramento dell’Eucaristia. Sarebbe senza dubbio gran cosa il vedere i più grandi ingegni, i più profondi, e più saggi dottori, adorare colla fede la più perfetta il sacrosanto mistero dell’altare… Ma oltre che ciò ci condurrebbe a troppo lunghe spiegazioni, io non voglio fare di ciò che un affare di buona fede; si è ad essa sola, che io mi rivolgo, e non voglio, che citarvi testualmente quasi senza commenti le parole medesime di Gesù Cristo, che dice essere l’Eucaristia Lui stesso, il suo corpo, il suo sangue, la sua carne. – Due volte egli parla dell’eucaristia nel Vangelo: La prima per prometterla (un anno circa avanti la sua passione), la seconda (la vigilia della sua passione), per instituirla, e compiere così la sua promessa.  – 1.° La prima parola è in S. Giovanni, al capo VI ; eccovela, la propongo al vostro buon senso. – « In verità, in verità vi dico: Chi crede in me ha la vita eterna. » Egli sulle primo esige fede alla sua parola; perché ciò che va a dire è il mistero più grande della fede. « Io sono il pane di vita… Io sono il pane vivo, che son disceso dal cielo: chi di un tal pane mangerà, vivrà eternamente. E il pane che io darò, ella é la carne mia per la salute del mondo [Notate questa parola: Gesù Cristo promette questo pane misterioso; ancora non lo dona; lo darà più tardi: « Il pane che io darò. » Non è dunque, come dicono i protestanti, una maniera figurata di parlare della dottrina che predicava, perché questa dottrina la donava; non si può promettere ciò che si è già donato, e ciò che si dona.] – I Giudei, ai quali egli parlava, dissero allora ciò che voi dite: Come può Egli dare la sua carne a mangiare? Come mai ciò può essere? — E non lo volevano credere. Osservate, come nostro Signor Gesù Cristo loro afferma di nuovo la sua presenza reale nel pane eucaristico. « In verità, in verità vi dico: se non mangerete la carne del Figliuolo dell’uomo, e non berrete il suo sangue, non avrete in voi la vita. Chi mangia la mia carne, e beve il mio sangue, ha la vita eterna; ed Io lo risusciterò nell’ultimo giorno. Imperocché la mia carne è veramente cibo, e il sangue mio veramente bevanda. Chi mangia la mia carne, e beve il mio sangue sta in me, ed Io in lui. Chi di questo pane mangia, vivrà eternamente. » – Che ne dite? Non credete voi alla parola di Gesù Cristo stesso, che v’assicura, l’Eucaristia essere il suo corpo e il suo sangue con una chiarezza d’espressioni cosi forte e viva, che i protestanti cercano e ricercano invano da trecento anni, ed arrovellano il cervello per sottrarsi a questa evidenza? – 2.° Se questa prima parola di Gesù Cristo è chiara come la verità stessa, la seconda che è la parola medesima dell’istituzione dell’Eucaristia non lo è di meno. La vigilia della sua passione, nostro Signore, dopo la cena prende del pane tra le sue mani divine e venerabili, lo benedice, e lo presenta ai suoi apostoli dicendo: « Prendete e mangiatene tutti; perchè questo è il mio corpo. » – Non è ciò chiaro? « Questo, ciò che tengo in mano e che vi presento, è, che? il mio corpo. » Quindi concede ai suoi Apostoli, che furono i suoi primi preti, l’ordine ed il potere di fare ciò che egli ha fatto, aggiungendo queste parole : « E ogni qual volta farete ciò, lo farete in memoria di me: » cioè come io stesso or ora ho fatto. Uomini di buona fede udite e giudicate; questo è il mio corpo !!! – Per me, io vi dichiaro, questa sola parola mi basta, e non solamente essa è per me una prova sfolgorante della presenza di Gesù Cristo nella Eucaristia, ma essa mi prova d’una maniera non meno irrefragabile la sua divinità… Giammai un uomo disse, poté dire una simile cosai… Due osservazioni molto semplici vi faciliteranno inoltre la fede al mistero dell’Eucaristia. – 1.° Il corpo di Gesù Cristo nell’Eucaristia è in uno stato glorificato, soprannaturale, tutto differente dallo stato del corpo umano quale noi lo vediamo in questa vita. – Ciò, che era impossibile nello stato mortale terrestre e passibile, diventa possibile nello stato immortale, celeste, ed impassibile— Non si può dir dell’uno ciò, che si dice dell’altro. – Così il ferro, il rame, non possono prendere la forma dello stampo, quando sono nel loro stato ordinario. Esponeteli all’azione del fuoco, metteteli in fusione, nello stato di liquido: essi prenderanno facilmente questa forma. Questo cambiamento di stato rende possibile ciò che non lo era dapprima. — Lo stesso noi possiamo dire del corpo di nostro Signore nel Sacramento dell’altare. Quand’anche sì dimostrasse, che è assolutamente impossibile, che nello stato in cui l’abbiamo osservato, egli sia presente nei santo Sacramento, ciò non proverebbe l’impossibilità di sua presenza in uno stato nuovo e che sfugge alla nostra analisi. – 2.° La natura ci offre numerosi esempi di questo cambiamento, che vi pare impossibile, d’una sostanza in un’altra. Quello che colpisce di più è il nutrimento del corpo. Il pane che mangio è cambiato per l’opera misteriosa della digestione nel mio corpo, nella mia propria carne, e nel mio proprio sangue. La sostanza del pane è cambiata in quella del mio corpo. – Ciò che Dio opera ciascun giorno naturalmente in noi, perché non lo potrà operare in modo soprannaturale nel mistero dell’Eucaristia? Voi vedete dunque, che non è impossibile, che per la divina onnipotenza, il pane ed il vino siano cambiati sui nostri altari nella sostanza del corpo e del sangue di nostro Signor Gesù Cristo, e che la Chiesa insegnando la sua presenza reale nel santo Sacramento, non insegna, come lo pretendono alcuni ignoranti e sciocchi, un’assurdità, una cosa impossibile, e ripugnante alla ragione. – Ora come si opera quest’ammirabile prodigio? Io non so, ed i più grandi dottori non lo sanno più che gli altri. È il mistero della fede, il segreto di Dio. Ciò che sappiamo, è che esiste, e ciò basta. Per questa adorabile presenza Gesù Cristo, il Re delle anime, la vita dei cristiani, il capo della Chiesa, il rifugio dei peccatori, l’amorevole e dolce Salvatore, il consolatore di tutti i dolori, è incessantemente in mezzo a’ suoi figli… Dio, e uomo nello stesso tempo, è il vivo legame, che ci unisce a suo Padre, e al nostro Padre. Egli l’adora perfettamente, supplisce all’imperfezione dei nostri omaggi. Egli domanda misericordia per i continui peccati del mondo. – Egli è presente a tutte le umane generazioni, che ama e che egualmente salvò, per ricevere da ciascuna di esse sino alla fine del mondo l’omaggio delta fede, dell’adorazione, del culto e delle preghiere. Se il santo Sacramento è il mistero della fede, è pur anco, e molto più, il mistero dell’amore!… Crediamo, amiamo, ed adoriamo.

25 Aprile: LITANIE O ROGAZIONI. – Litanie dei Santi

LITANIE O ROGAZIONI.

ISTRUZIONE.

Litania, che vuol dire Preghiera, è parola greca derivata dal verbo lìtanevo, che significa: “prego”. Le Litanie Maggiori cadono nel giorno 25 Aprile, e si dicono maggiori, o perché ebbero origine dalla maggiore delle Chiese, quale si è Roma, o perché comandate in tutta la Cristianità da S. Gregorio, detto “Magno”, il quale, se non ne fu l’istitutore, dacché egli stesso ne parla come di cosa già in uso, fu però quel Papa che le universalizzò dopo di averle celebrate con una solennità tutta particolare, allorquando nel 598, per impetrare la cessazione della peste che desolava tutta Roma, chiamò tutto il Clero e, tutto il Popolo ad una Processione di penitenza che fece capo alla chiesa di Santa Maria Maggiore e durante la quale si serenò il cielo, cessò la mortalità, e si vide sulla mole Adriana un Angelo che rimetteva nel fodero la propria spada, per significare che il flagello era cessato. Fu in quella circostanza che all’antica mole Adriana si mutò il nome in quello di Castel sant’Angelo, e vi fu eretta la grande statua di S. Michele. – Le Litanie Minori, che nel rito Romano si celebrano al Lunedi, Martedì e Mercoledì avanti l’Ascensione, nel Rito Ambrosiano si celebrano otto giorni dopo. Sebbene vogliano alcuni che queste Litanie minori fossero già in uso al tempo di S. Agostino, dacché nel discorso 173 raccomanda al popolo di santificare il triduo precedente l’Ascensione, non solamente, col digiuno, ma eziandio col pregare nella chiesa non meno di sei ore. S. Avito e S. Gregorio di Tours ne attribuiscono l’istituzione a S. Mamerto vescovo di Vienne in Francia nell’anno 468, sotto il Pontificato di S. Ilario, e ne assegnano per occasione le grandi disgrazie che desolavano tutta l’Europa mondata dai barbari, sotto la condotta di Attila, e per liberarsi dalle quali non si trovava altro mezzo che quello di propiziarsi il Signore coll’orazione e col digiuno. Prima però che s. Mamerto le celebrasse nella propria diocesi, s. Lazzaro, arciv. di Milano, che morì nel 461, le aveva per la stessa ragione ordinate nella propria, cioè in tutta la Chiesa ambrosiana. Però solamente sotto il pontificato di Leone III, circa l’anno 800, si estesero a tutto il mondo cristiano. Nel triduo delle Litanie fu comandato il digiuno; ma, siccome coll’andare del tempo fu stabilito che da Pasqua all’Ascensione non si avesse a digiunare, onde attenersi all’insegnamento di Gesù Cristo : « Nessuno digiuna finché ha in casa lo Sposo, verrà però il tempo in cui lo Sposo si allontanerà e allora sarà tempo di digiunare, » si tolse ancora il precetto del digiuno nei giorni delle Litanie. La Chiesa ambrosiana però, volendo tener l’antico costume di digiunare in questo triduo e riconoscendo giustissima la disciplina di non digiunare nei 40 giorni del tempo pasquale, stabili di celebrare le Litanie nel Lunedì, Martedì e Mercoledì della settimana successiva all’Ascensione e cosi supplire ai quattro giorni delle Ceneri precedenti la prima domenica di Quaresima, nei quali, per attenersi all’antico costume si continua il Carnevale. – Le processioni che si fanno in questi giorni sono dirette ad ottenere la fecondità della campagna, la tranquillità delle case, e la santità delle persone, insomma la benedizione di Dio in tutte quante le cose. Chi appena può disporre di sé, deve farsi un dovere di intervenire a queste solennissime processioni. Chi non può assistervi, non lasci almeno di recitare particolari preghiere, e specialmente quella che qui si soggiunge.

PER I GIORNI DELLE LITANIE

Dio della bontà e della misericordia, Padre amoroso ed Arbitro sovrano di tutta quanta la natura, che regolando ogni cosa secondo i consigli della vostra sapientissima Provvidenza, avete a noi assoggettate tutte le creature dell’universo perché ci fornissero, giusta il bisogno, il cibo, il vestito l’alloggio, la difesa, e fino conveniente ricreazione; Voi da cui solo dipende l’opportunità delle stagioni, la fecondità della campagna, la prosperità del commercio, la tranquillità degli Stati, la salute dei nostri corpi e la santificazione delle nostre anime, degnatevi di volger propizio il vostro sguardo sopra di noi, e fate che tutto ci serva ad alleviare le miserie del tempo per assicurarci beata la eternità. – Come liberaste Noè dalle acque del Diluvio, Lot dalle fiamme di Sodoma, Davide dagli orsi, Daniele dai leoni, e poi Naamano dalla lebbra, Tobia dalla cecità, la casa di Raab dall’eccidio, e la Samaria dalla fame, liberate ancor tutti noi da ogni inondazione, da ogni incendio, da ogni carestia, da ogni contagio, da ogni persecuzione e da ogni guerra. Purgate l’aria da ogni influsso cattivo, la terra da ogni insetto dannoso”, e mandate a suo tempo il vento e la rugiada, la serenità e la pioggia, onde ogni seme fruttifichi in abbondanza. Togliete ai nostri nemici, così pubblici come privati, cosi visibili come invisibili, la volontà e la forza di nuocere, onde tra noi regni costantemente la sicurezza e la pace. Allontanate insomma da noi tutti quanti i vostri flagelli, onde alle nostre preghiere uniamo sempre più fervorosi i nostri sinceri ringraziamenti. – Che se mai pei nostri peccati voleste visitarci con qualche traversia, dateci nel tempo stesso lo spirito della cristiana pazienza, onde, ricevendo dalle vostre mani, e sopportando in espiazione dei nostri falli i vostri paterni castighi, ci assicuriamo quel premio che voi tenete preparato nel cielo a chi porterà con rassegnazione la propria croce sopra la terra. Pater, Ave, Gloria.

LITANIE DEI SANTI

Kyrie eleison,

Christe eleison,

Kyrie eleison.

Christe, audi nos;

Christe, exaudi nos;

Pater de cœlis Deus, Miserere nobis,

Fili redentor mundi Deus, Miserere nobis.

Spiritus Sancte Deus, Miserere nobis.

Sancta Trinitas unus Deus, Miserere…

Sancta Maria, ora pro nobis.

Sancta Dei Genitrix, ora

Sancta Virgo virginum, ora

Sancte Michael, ora

Sancte Gabriel, ora

Sancte Raphael, ora

Omnes sancti Angeli et Archangeli, orate

Omnes sancti beatorum Spirituum Ordines, orate

Sancte Joannes Baptista, ora

Sancte Joseph, ora…

Omnes sancti Patriarchæ et Prophetæ, orate…

Sancte Petre, ora…

Sancte Paule, ora…

Sancte Andrea, ora…

Sancte Jacobe, ora…

Sancte Joannes, ora…

Sancte Thoma, ora…

Sancte Jacobe, ora…

Sancte Philippe, ora…

Sancte Bartholomæe, ora…

Sancte Matthæe, ora…

Sancte Simon, ora…

Sancte Thaddæe, ora …

Sancte Mathia, ora …

Sancte Barnaba, ora…

Sancte Luca, ora…

Sancte Marce, ora…

Omnes sancti Apostoli et Evangelistas, orate…

Omnes sancti Discipuli Domini, orate…

Omnes sancti Innocentes, orate…

Sancte Stephane, ora…

Sancte Laurenti, ora…

Sancte Vincenti, ora…

Sancti Fabiane et Sebastiane, orate…

Sancti Joannes et Paule, orate…

Sancti Cosma et Damiane, orate…

Sancti Gervasi et Protasi, orate …

Omnes sancti Martyres, orate…

Sancte Silvester, ora…

Sancte Gregori, ora…

Sancte Ambrosi, ora…

Sancte Augustine, ora…

Sancte Hieronyme, ora…

Sancte Martine, ora…

Sancte Nicoláe, ora…

Omnes sancti Pontifices et Confessores, orate …

Omnes sancti Doctores, orate …

Sancte Antoni, ora

Sancte Benedicte, ora…

Sancte Bernarde, ora

Sancte Dominice, ora

Sancte Francisce, ora

Omnes sancti Sacerdotes et Levitæ, orate …

Omnes sancti Monachi et Eremitæ, orate …

Sancta Maria Magdalena, ora…

Sancta Agatha, ora …

Sancta Lucia, ora …

Sancta Agnes, ora …

Sancta Cæcilia, ora…

Sancta Catharina, ora

Sancta Anastasia, ora

Omnes sanctæ Vìrgines Viduæ, orate…

Omnes Sancti et Sanctæ Dei, intercedite pro nobis.

Propitius esto, parce nobis, Domine.

Propitius esto, exaudi nos, Domine.

Ab omni malo, libera nos Domine.

Ab omni peccato libera nos,…

Ab ira tua, libera…

A subitanea et improvisa morte, libera …

Ab insidiis diaboli, libera nos …

Ab ira, et odio et omni mala voluntate, libera nos…

A spiritu fornicationis, libera …

A fulgure et tempestate, libera …

A flagello terræmotus, libera …

A peste, fame et bello, libera …

A morte perpetua, libera …

Per misterium sanctæ incarnationis tuæ, libera …

Per adventum tuum, libera …

Per nativitatem tuam, libera …

Per baptismum et sanctum jejunium tuum, libera …

Per crucem et passionem tuam, libera …

Per mortem et sepolturam tuam, libera …

Per sanctam resurrectionem tuam, libera …

Per admirabilem ascensionem tuam, libera …

Per adventum Spiritus Sancti Paracliti, libera …

In die judicii, libera …

Peccatores, te rogamus, audi nos.

Ut nobis parcas, te rogamus …

Ut nobis indulgeas, te rogamus

Ut ad veram poenitentiam nos perducere digneris, te rogamus …

Ut Ecclesiam tuam sanctam regere et conservare digneris, te rogamus …

Ut [domnum apostolicum] et omnes ecclesiasticos ordines in sancta religione conservare digneris, te rogamus…

Ut inimicos sanctæ Ecclesiaæ humiliare digneris, te rogamus…

Ut regibus et principibus christianis pacem et veram concordiam donare digneris, te rogamus …

Ut cuncto populo christiano pacem et unitatem largiri digneris, te rogamus …

Ut nosmetipsos in tuo sancto servitio confortare et conservare digneris, te rogamus …

Ut mentes nostras ad cœlestia desideria erigas, te rogamus …

Ut omnibus benefactoribus nostris sempiterna bona retribuas, te rogamus…

Ut animas nostras, fratrum, propinquorum, et benefactorum nostrorum ab æterna damnatione eripias, te rogamus …

Ut fructus terræ dare et conservare digneris, te rogamus …

Ut omnibus fidelibus defunctis requiem æternam donare digneris, te rogamus …

Ut nos exaudire digneris, te rogamus …

Fili Dei, te rogamus …

Agnus Dei, qui tollis peccata mundi, parce nobis, Domine.

Agnus Dei, qui tollis peccata mundi, exaudi nos, Domine.

Agnus Dei, qui tollis peccata mundi, miserere nobis.

Christe, audi nos.

Christe, exaudi nos.

Kyrie eleison.

Christe eleison.

Kyrie eleison.

Pater noster, (secreto)

… et ne nos inducas in tentationem,

Sed libera nos a malo.

Salmo 69

Deus, in adjutórium meum intènde; * Domine ad adjuvàndum me festina. Confundàntur, et revereàntur,* qui quærunt animam meam: Avertàntur retrórsum, et erubéscant, * qui volunt mihi mala: Avertàntur statim erubescéntes, * qui dicunt mihi: Euge, éuge. Exùltent et læténtur in te omnes qui quærunt te, * et dicant semper: Magnificétur Dóminus: qui diligunt salutare tuum. Ego vero egénus, et pàuper sum: * Deus, àdjuva me. Adjùtor meus, et liberator meus es tu: * Domine ne moréris. – Glòria Patri, etc.

V. Salvos fac servos tuos,

R. Deus meus speràntes in te.

V. Esto nobis, Dòmine, turris fortitùdinis,

R. A facie inimici.

V. Nihil proficiat inimicus in nobis.

R. Et filius iniquitàtis non appónat nocére:

V. Dòmine, non secundum peccata nostra fàcias nobis.

R. Neque secundum iniquitàtes nostras retribuas nobis.

V. Oremus prò Pontifice nostro Gregorio,

R. Dominus consérvet eum, et vivificet eum et beàtum faciat eum in terra, et non tradat eum in anima inimicórum éjus.

R. Oremus prò benefactóribus nostris.

R. Ritribùere dignàre, Dòmine, òmnibus nobis bona facientibus propter nomen tuum vitam ætérnam. Amen.

V. Oremus prò fidélibus defùnctis.

R. Requiem ætérnam dona eis, Dòmine, et lux perpétua luceat eis.

V. Requiescant in pace.

R. Amen.

V. Pro fratribus nostris abséntibus.

R. Salvos fac servos tuos, Deus meus, speràntes in te.

V. Mitte eis, Dòmine, auxilium de sancto:

R. Et de Sion tuére eos.

V. Domine, exaudi oratiónem meam.

R. Et clamor meus ad te veniat.

V. Dominus vobiscum.

R. Et cum spiritu tuo.

Oremus

Deus, cui próprium est miseréri semper et parcere: sùscipe deprecatiònem nostram, ut nos, et omnes fàmulos tuos, quos delictorum caténa constringit, miseràtio tuæ pietàtis clementer absólvat. [O Dio, che soltanto Tu usi sempre misericordia e largisci perdono, accogli la nostra preghiera affinché la tua generosa e pietosa bontà liberi noi e tutti i tuoi servi dalle catene del peccato.]

Exàudi, quæsumus, Domine, sùpplicum preces. A confiténtium tibi parce peccatis; ut pàriter nobis indulgéntiam tribuas benignus et pacem. [Usaudisci, o Signore, le nostre supplici preghiere e perdona i peccati di coloro che a Te li confessano, accordando pure a noi tutti benignamente il perdono e la pace.]

Ineffàbilem nobis, Dómine, misericórdiam tuam cleménter osténde: ut simul nos et a peccàtis omnibus éxuas, et a pœnis, quas pro his meremur, eripias. [Mostraci, o Signore, la tua ineffabile misericordia! essa ci liberi da tutti i peccati e ci sottragga alle pene che meritiamo.]

Deus, qui culpa offénderis, pœniténtia placàris; preces populi tui supplicàntis propitius réspice, et flagella tuæ iracùndiæ, quas prò peccàtis nostris meremur, avèrte. [O Dio, che sei offeso dalla colpa e placato dalla penitenza, rivolgi benigno lo sguardo al tuo popolo supplice ed allontana i flagelli del tuo sdegno, che abbiamo meritato con i nostri peccati.]

Omnipotens sempitèrne Deus, miserére famulo tuo Pontifici nostro Gregorio et dirige eum secundum tuam clementiam in viam salutis ætérnas: ut, te donante, tibi placita cupiat, et tota virtute perficiat. [O Dio onnipotente ed eterno, abbi pietà del tuo servo Gregorio, nostro Papa, e conducilo nella via della eterna salvezza secondo la tua clemenza: col dono della tua grazia egli ricerchi ciò che Tu desideri e lo adempia con tutta la sua forza.]

Deus, a quo sancta desidéria, recta Consilia, et justa sunt opera: da servis tuis illam, quam mundus dare non potest, pacem; ut et corda nostra mandatis tuis dedita, et hostium sublata formidine, tempora sint tua protectione tranquilla. [O Dio, sorgente di desideri santi, di retti giudizi, di opere giuste, elargisce ai tuoi servi la pace che il mondo non può dare affinché i nostri cuori assecondino i tuoi comandamenti e, liberi dal timore dei nemici, per la tua protezione viviamo giorni di tranquillità.]

Ure igne Sancti Spiritus renes nostros, et cor nostrum, Domine: ut tibi casto corpore serviamus et mundo corde placeàmus. [Purifica, o Signore, col fuoco dello Spirito Santo i nostri sensi e i nostri affetti, affinché possiamo servirti con corpo puro e piacerti per mondezza di cuore.]

Fidelium Deus omnium conditor et redemptor, animàbus famulorum famularumque tuàrum, missionem cunctorum tribue peccatorum: ut indulgéntiam, quam semper optavérunt, piis supplicationibus consequàntur. [O Dio, creatore e redentore di tutti i fedeli, concedi alle anime dei tuoi servi e delle tue serve la remissione di tutti i peccati, affinché, pel mezzo delle nostre fervide suppliche, ottengano il perdono che hanno sempre desiderato.]

Actiones nostras, qæsumus Domine, aspirando præveni, et adjuvàndo proséquere: ut nostra oràtio et operàtio a te semper incipiat, et per te cœpta finiàtur. [Previeni, o Signore, le nostre azioni con la tua ispirazione e accompagnale col tuo aiuto, affinché ogni nostra preghiera e ogni nostra attività sempre da Te abbia inizio e, intrapresa, per Te giunga a compimento.]

Omnipotens sempitèrne Deus, qui vivorum dominaris simul et mortuorum, omniumque misereris quos tuos fide et opere futuros esse prænoscis: te supplices exoràmus; ut prò quibus effundere preces decrévimus, quosque vel præsens sæculum adhuc in carne rétinet, vel futurum jam exutos corpore suscepit, intercedéntibus omnibus Sanctis tuis, pietastis tuæ cleméntia, omnium delictorum suorum venia consequàntur. Per Dominum nostrum Jesum Chrìstum, etc. [O Dio onnipotente ed eterno, che regni sui vivi e sui morti ed hai misericordia verso tutti coloro che per la fede e le opere prevedi saranno tuoi, umilmente Ti raccomandiamo coloro per i quali intendiamo pregare, sia che la vita presente ancora li trattenga nel corpo, sia che, spogliati del corpo, li abbia già accolti la vita futura; fa’ che ottengano dalla tua misericordiosa clemenza il perdono dei loro peccati per l’intercessione di tutti i tuoi Santi. Per il ….]

V. Dóminus vobiscum.

R. Et cum spiritu tuo.

V. Exàudiat nos omnipotens et miséricors Dominus.

R. Amen.

V. Et fidélium ànimæ per misericórdiam Dei requiescant in pace.

R. Amen

“Pio XII ha detto che dovevo succedergli” – Papa Gregorio XVII

 

“Pio XII ha detto che dovevo succedergli” – Papa Gregorio XVII – Il Papa “vero” legittimo!

Nel 1938 Papa Pio XI si esprimeva dicendo: “Se il Papa muore oggi, domani se ne avrà un altro, perché la Chiesa continua. Sarebbe una tragedia molto più grande invece, se morisse il cardinale Pacelli, perché ce n’è uno solo. Io prego ogni giorno: certo Dio può inviare un altro uomo da uno dei nostri seminari, ma ad oggi, c’è solo lui in questo mondo.” Dopo la morte di Pio XI, il Cardinale Pacelli infatti diventerà Papa Pio XII, e nel 1953, anche lui avrebbe approvato un uomo da elevare al Papato, di 46 anni, Giuseppe Siri, l’arcivescovo di Genova. Quando Pio XII nominò cardinale G. Siri, nel porgli il cappello rosso in testa, un reporter presente ebbe a sottolineare: “questo è un momento storico, il Papa incorona il prossimo Papa.” In effetti, Siri ha scritto nel suo diario personale ora pubblicato: “Pio XII mi ha detto che devo succedergli, egli sta preparando per me lo stesso percorso che Pio XI aveva preparato per lui.”

Il “papa” falso, l’agente massonico (33° liv.): A. Roncalli.

“Questo piano (per installare un falso papa) è stato rivelato anche in una lettera del cardinale Tisserant, il 12 marzo 1970, quando ha fatto allusione appunto alla elezione ‘pianificata’ di ‘papa’ Giovanni XXIII: “L’elezione dell’attuale Sommo Pontefice è stata fatta in fretta. L’elezione di Jean XXIII, venne discussa in numerose riunioni”.

“Nessuno può essere in grado di dare informazioni sul processo dopo il conclave. È stata imposta una segretezza più stretta che mai! E’ assolutamente ridicolo dire che OGNI CARDINALE POTEVA ESSERE ELETTO. I miei migliori saluti. (Fotocopia della lettera pubblicata sul libro di F. Bellegrandi: Nichita Roncalli – p. 30)…

“In un’altra lettera, il cardinale Tisserant ha detto ad un abate docente di diritto canonico che l’elezione di Giovanni XXIII era illegittima perché è stato voluta e “preparata” da forze aliene ALLO SPIRITO SANTO “. (‘Vita’ 18 Settembre, 1977, p. 4: ‘Le profezie sui papi nell’elenco di San Malachia’, de “Il Minutante”- [ ‘Profezie sui papi di Malachia di Armagh’]”(Fonte del testo è: L’Eglise Eclipse par Les Amis du Christ Roi de France 1997)

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Il Papa Prigioniero Gregorio XVII segnala il colpo massonico!

“Siri ha detto che dovevamo pregare per i conclavi futuri, di modo che coloro che volessero partecipare possano essere veramente liberi da ogni tipo di condizionamento o di influenza, non solo in termini etnici o politici, ma anche sociale. Bisogna pregare perché non ci sia alcuna manipolazione da parte di alcuna setta”. [FFr. Raimondo Spiazzi, “Il Cardinale Giuseppe Siri”, Bologna: Studio Dominicani, 1990. (Nota: La citazione dal libro di Spiazzi è stato tratta dall’articolo della rivista “30 Giorni”, “infiltrati Sì …?”, Novembre 1991, pag. 55.) sua Santità, sempre sotto sorveglianza, parlando di come mantenere l’integrità delle decisioni nei “futuri conclavi” … cosa che chiaramente implica che in quelli “passati” [dal 1958 al 1978 –ndr.- ] il VERO LEGITTIMO RISULTATO del Conclave (che lo aveva reso Vicario di Cristo con il nome di GREGORIO XVII) sia stato manipolato satanicamente (cioè falsificato) dalla setta massonica … che aveva installato con successo il “fratello” 33° Roncalli (il sedicente “nuovo” Giovanni XXIII), per accelerare il loro suo obiettivo secolare della distruzione totale della Chiesa cattolica.

Quando gli usurpatori del Vaticano hanno scoperto che si parlava del vero Papa …

“Nella settimana che seguì la pubblicazione di questo articolo (” Il Papa: poteva essere il cardinale Siri”, luglio 1986 – v. nel blog, “quattro articoli”), Monsieur de Franquerie ricevette due telefonate da Roma, a dimostrazione che in Vaticano era stata letta anche questa piccola recensione altamente confidenziale. L’interlocutore voleva sapere se l’articolo fosse attendibile, della qual cosa, Monsieur Franquerie diede loro conferma.

 

L’articolo venne poi tradotto in inglese, tedesco, spagnolo, italiano e distribuito in tutto il mondo ….”(L’Eglise Eclipsée da Les Amis de Christ-Roi, Edizioni Delacroix, 1997 Parigi)

Tutti i veri cattolici devono una quantità incredibile di grazie al marchese de la Franquerie ed ai suoi illustri colleghi, per la loro provvidenziale intervista fatta al “cardinale Siri” (in realtà Papa Gregorio XVII) il 18 maggio, 1985 . Quell’incontro provvidenziale ha spianato infatti la strada per l’odierna Campagna di restauro del vero Pontificato [PRC] – il cui unico obiettivo è quello di ripristinare visibilmente il degno successore di Papa Gregorio XVII, Papa Gregorio XVIII, sul suo legittimo trono.

* Il Marchese de La Franquerie era un realista francese. Nel 1926 venne nominato redattore capo della rivista approvata della Chiesa, la Rassegna Internazionale di società segrete [RISS]. Venne nominato ciambellano di Sua Santità, Papa Pio XII, ed era un noto esperto di Massoneria … per questo era molto rispettato, e anche temuto, da vari prelati del suo tempo. Sono state queste “qualità” che gli permisero di ottenere l’accesso al Papa in ostaggio, a Genova, e di ottenerne udienza quel fatidico giorno di maggio. Di questo storico 18 maggio 1985, esiste la registrazione fatta da uno dei testimoni oculari presenti, signor Luis-Hubert Remy.

E’ importante notare che Papa Gregorio XVII, in incontri clandestini con esponenti del Clero cattolico tradizionale nel giugno 1988, avrebbe inoltre rivelato di essere stato eletto Papa, di avere accettato l’incarico, evendo scelto il nome di Gregorio XVII durante il Conclave del 26 ottobre 1958, e che i suoi carcerieri, fiancheggiatori massonici, avrebbero potuto ucciderlo in qualsiasi momento. (Ed infatti meno di undici mesi dopo questi segreti incontri del giugno 1988, Gregorio XVII, in seguito a “misteriosi” malanni, morì nell’arco di poche settimane, il 2 maggio 1989.). [TCWblog]

UN’ENCICLICA AL GIORNO, TOGLIE IL MODERNISTA APOSTATA DI TORNO … e pure il masso-illuminato dell’«ECCLESIA»: HUMANUM GENUS

HUMANUM GENUS

S. S. Leone XIII

LETTERA ENCICLICA AI VENERABILI FRATELLI PATRIARCHI PRIMATI ARCIVESCOVI VESCOVI E AGLI ALTRI ORDINARI AVENTI CON L’APOSTOLICA SEDE PACE E COMUNIONE.

“CONDANNA DEL RELATIVISMO FILOSOFICO E MORALE DELLA MASSONERIA”

VENERABILI FRATELLI SALUTE E APOSTOLICA BENEDIZIONE

Il genere umano, dopo che “per l’invidia di Lucifero” si ribellò sventuratamente a Dio creatore e largitore de’ doni soprannaturali, si divise come in due campi diversi e nemici tra loro; l’uno dei quali combatte senza posa per il trionfo della verità e del bene, l’altro per il trionfo del male e dell’errore. Il primo è il regno di Dio sulla terra, cioè la vera Chiesa di Gesù Cristo; e chi vuole appartenervi con sincero affetto e come conviene a salute, deve servire con tutta la mente e con tutto il cuore a Dio e all’Unigenito Figlio di Lui. Il secondo è il regno di Satana, e sudditi ne sono quanti, seguendo i funesti esempi del loro capo e dei comuni progenitori, ricusano di obbedire all’eterna e divina legge, e molte cose imprendono senza curarsi di Dio, molte contro Dio. Questi due regni, simili a due città che con leggi opposte vanno ad opposti fini, con grande acume di mente vide e descrisse Agostino, e risali al principio generatore di entrambi con queste brevi e profonde parole: “Due città nacquero da due amori; la terrena dall’amore di sé fino al disprezzo di Dio, la celeste dall’amore di Dio fino al disprezzo di sé (De Civit. Dei, lib. XIV, c. 17). – In tutta la lunga serie dei secoli queste due città pugnarono l’una contro l’altra con armi e combattimenti vari, benché non sempre con l’ardore e l’impeto stesso. Ma ai tempi nostri i partigiani della città malvagia, ispirati e aiutati da quella società, che larga mente diffusa e fortemente congegnata prende il nome di Società Massonica, pare che tutti cospirino insieme, e tentino le ultime prove. Imperocché senza più dissimulare i loro disegni, insorgono con estrema audacia contro la sovranità di Dio; lavorano pubblicamente e a viso aperto a rovina della Santa Chiesa, con proponimento di spogliare affatto, se fosse possibile, i popoli cristiani dei benefizi recati al mondo da Gesù Cristo nostro Salvatore. – Gemendo su questi mali, spesso, incalzati dalla carità, Noi siam costretti a gridare a Dio: “Ecco, i nemici tuoi menano gran rumore e quei che t’odiano hanno alzato la testa. Hanno formato malvagi disegni contro i tuoi santi. Hanno detto: venite, e cancelliamoli dai numero delle nazioni” (Psalm. XXXII, 2-5). – In sì grave rischio, in sì fiera ed accanita guerra al Cristianesimo, è dover Nostro mostrare il pericolo, additare i nemici, e resistere quanto possiamo ai disegni ed alle arti loro, affinché non vadano eternamente perdute le anime che Ci furono affidate, e il regno di Gesù Cristo, commesso alla Nostra tutela, non solo stia e conservisi intero, ma per nuovi e continui acquisti si dilati in ogni parte della terra. – Chi fosse e a che mirasse questo capitale nemico, che usciva fuori dai covi di tenebrose congiure, lo compresero tosto i Romani Pontefici Nostri Antecessori, vigili scolte a salute del popolo cristiano; e antivenendo col pensiero l’avvenire, dato quasi il segnale, ammonirono Principi e popoli non si lasciassero ingannare alle astuzie e trame insidiose. Diede il primo avviso del pericolo Clemente XII (Cost. In eminenti, 24 Aprile 1738); e la Costituzione di lui fu confermata e rinnovata da Benedetto XIV (Cost. Providas, 18 maggio 1751). Ne seguì le orme Pio VII (Cost. Ecclesiam a Jesu Christo, 13 Settembre 1821); poi Leone XII con l’Apostolica Costituzione Quo graviora (Cost. in. data del 23 Marzo 1825), abbracciando in questo punto gli atti e i decreti de’ suoi Antecessori, li ratificò e suggellò con irrevocabile sanzione. Nel senso medesimo parlarono Pio VIII (Encicl. Traditi, 31 Maggio 1829), Gregorio XVI (Encicl. Mirari, 15 Agosto 1832) e più volte Pio IX (Encicl. Qui pluribus, 9 Novembre 1846. Alloc. Multiplices inter, 25 Settembre 1865, ecc.). – Imperocché da fatti giuridicamente accertati, da formali processi, da statuti, riti, giornali massonici pubblicati per le stampe, oltre alle non rare deposizioni dei complici stessi, essendosi venuto a chiaramente conoscere lo scopo e la natura della setta massonica, quest’Apostolica Sede alzò la voce, e denunziò al mondo, la setta dei Massoni, sorta contro ogni diritto umano e divino, essere non men funesta al Cristianesimo che allo Stato, e fece divieto di darvi il nome sotto le maggiori pene, onde la Chiesa suol punire i colpevoli. Di che irritati i settari e credendo di poter, parte col disprezzo, parte con calunniose menzogne sfuggire o scemare la forza di tali sentenze, accusarono d’ingiustizia o di esagerazione i Papi, che le avevano pronunziate. – In questo modo cercarono di eludere la autorità ed il peso delle Costituzioni Apostoliche di Clemente XII, di Benedetto XIV, e similmente di Pio VII, e di Pio IX. Nondimeno tra i Frammassoni medesimi ve ne ebbe alcuni i quali riconobbero loro malgrado, che quelle sentenze dei Romani Pontefici, ragguagliate alla dottrina e alla disciplina cattolica, erano altamente giuste. E ai Pontefici si unirono non pochi Principi ed uomini di Stato, i quali ebbero cura o di denunziare all’Apostolica Sede le Società Massoniche, o di proscriverle essi stessi con leggi speciali nei loro domini, come fu fatto nell’Olanda, nell’Austria, nella Svizzera, nella Spagna, nella Baviera, nella Savoia ed in altre parti d’Italia. – Ma la saggezza dei Nostri Predecessori ebbe, ciò che più conta, piena giustificazione dagli avvenimenti. Imperocché le provvide e paterne loro cure, o fosse l’astuzia e l’ipocrisia dei settari, ovvero la sconsigliata leggerezza di chi pure aveva ogni interesse di tener gli occhi aperti, non avendo né sempre né per tutto sortito l’esito desiderato, nel giro d’un secolo e mezzo la società Massonica si propagò con incredibile celerità; e traforandosi per via di audacia e d’inganni in tutti gli ordini civili, incominciò ad essere potente in modo da parer quasi padrona degli Stati. – Da sì celere e tremenda propagazione ne sono seguiti a danno della Chiesa, della potestà civile, della pubblica salute, quei rovinosi effetti, che i Nostri Antecessori gran tempo innanzi avevano preveduti. Imperocché siamo ormai giunti a tale estremo da dover tremare pei le future sorti non già della Chiesa, edificata su fondamento non possibile ad abbattersi da forza umana, ma di quegli Stati, dove la setta di cui parliamo o le altre affini a quella e sue ministre e satelliti, possono tanto. – Per queste ragioni, appena eletti a governare la Chiesa, vedemmo e sentimmo vivamente nell’animo la necessità di opporCi, quanto fosse possibile, con la Nostra autorità a male si grande. E colta bene spesso opportuna occasione, venimmo svolgendo or l’una or l’altra di quelle capitali dottrine, in cui il veleno degli errori massonici pareva che fosse più intimamente penetrato. Così con la Lettera Enciclica “Quod Apostolici muneris“, sfolgorammo i mostruosi errori dei Socialisti e Comunisti: con l’altra “Arcanum” prendemmo a spiegare e difendere il vero e genuino concetto della famiglia, che ha l’origine e sorgente sua nel matrimonio: con quella che incomincia “Diuturnum” ritraemmo l’idea del potere politico, esemplata ai principi dell’Evangelo, e mirabilmente consentanea alla natura delle cose e al bene dei popoli e dei sovrani. – Ora poi, ad esempio dei Nostri Predecessori, Ci siam risoluti di prender direttamente di mira la stessa società Massonica nel complesso delle sue dottrine, dei suoi disegni, delle sue tendenze, delle sue opere, affinché, meglio conosciutane la malefica natura, ne sia schivato più cautamente il contagio. – Varie sono le sètte che, sebbene differenti di nome, di rito, di forma, d’origine, essendo per uguaglianza di proposito e per affinità de’ sommi principi strettamente collegate fra loro, convengono in sostanza con la setta dei Frammassoni, quasi centro comune, da cui muovono tutte e a cui tutte ritornano. Le quali, sebbene ora facciano sembianza di non voler nascondersi, e tengano alla luce del sole e sotto gli occhi dei cittadini le loro adunanze, e stampino effemeridi proprie, ciò nondimeno, chi guardi più addentro, ritengono il vero carattere di società segrete. – Imperocché la legge del segreto vi domina e molte sono le cose, che per inviolabile statuto debbonsi gelosamente tener celate, non solo agli estranei, ma ai più dei loro adepti: come, ad esempio, gli ultimi e veri loro intendimenti; i capi supremi e più influenti; certe conventicole più intime e segrete; le risoluzioni prese, e il modo ed i mezzi da eseguirle. A questo mira quel divario di diritti, cariche, offici tra’ soci; quella gerarchica distinzione di classi e di gradi, e la rigorosa disciplina che li governa. – Il candidato deve promettere, anzi, d’ordinario, giurare espressamente di non rivelar giammai e a nessun patto gli affiliati, i contrassegni, le dottrine della setta. Così, sotto mentite sembianze e con l’arte d’una continua simulazione, i Frammassoni studiansi a tutto potere di restare nascosti, e di non aver testimoni altro che i loro. Cercano destramente sotterfugi, pigliando sembianze accademiche e scientifiche: hanno sempre in bocca lo zelo della civiltà, l’amore della povera plebe: essere unico intento loro migliorare le condizioni del popolo, e i beni del civile consorzio accomunare il più ch’è possibile a molti. Le quali intenzioni, quando fossero vere, non sono che una parte dei loro disegni. Debbono inoltre gli iscritti promettere ai loro capi e maestri cieca ed assoluta obbedienza: che ad un minimo cenno, ad un semplice motto, n’eseguiranno gli ordini; pronti, ove manchino, ad ogni più grave pena, e perfino alla morte. E di fatti non è caso raro, che atroci vendette piombino su chi sia creduto reo di aver tradito il segreto, o disubbidito al comando, e ciò con tanta audacia e destrezza, che spesso il sicario sfugge alle ricerche ed ai colpi della giustizia. – Or bene questo continuo infingersi, e voler rimanere nascosto: questo legar tenacemente gli uomini, come vili mancipii, all’altrui volontà per uno scopo da essi mal conosciuto: e abusarne come di ciechi strumenti ad ogni impresa, per malvagia che sia: armarne la destra micidiale, procacciando al delitto la impunità, sono eccessi che ripugnano altamente alla natura. La ragione adunque evidentemente condanna le sètte Massoniche e le convince nemiche della giustizia e della naturale onestà. – Tanto più che altre e ben luminose prove ci sono della sua rea natura. Per quanto infatti sia grande negli uomini l’arte di fingere e l’uso di mentire, egli è impossibile che la causa non si manifesti in qualche modo pe’ suoi effetti. “Non può un albero buono dar frutti cattivi, né un albero cattivo frutti buoni” (Matth. VII, 18). Ora della Massonica sètta esiziali ed acerbissimi sono i frutti. Imperocché dalle non dubbie prove che abbiamo testé ricordate apparisce, supremo intendimento dei Frammassoni esser questo: distruggere da capo a fondo tutto l’ordine religioso e sociale, qual fu creato dal Cristianesimo, e pigliando fondamenti e nome dal Naturalismo, rifarlo a loro senno di pianta. – Questo per altro, che abbiamo detto o diremo, va inteso della setta Massonica considerata in se stessa, e in quanto abbraccia la gran famiglia delle affini e collegate società; non già dei singoli suoi seguaci. Nel numero dei quali può ben essere ve ne abbia non pochi, che, sebbene colpevoli per essersi impigliati in congreghe di questa sorta, tuttavia non piglino parte direttamente alle male opere di esse, e ne ignorino altresì lo scopo finale. Così ancora tra le società medesime non tutte forse traggono quelle conseguenze estreme, a cui pure, come a necessarie illazioni dei comuni principi, dovrebbero logicamente venire, se la enormità di certe dottrine non le trattenesse. La condizione altresì dei luoghi e dei tempi fa che taluna di esse non osi quanto vorrebbe od osano le altre. Il che però non le salva dalla complicità con la setta Massonica, la quale più che dalle azioni e dai fatti, vuol esser giudicata dal complesso de’ suoi principi. – Ora fondamentale principio dei Naturalisti, come il nome stesso lo dice, egli è la sovranità e il magistero assoluto dell’umana natura e dell’umana ragione. Quindi dei doveri verso Iddio o poco si curano, o mal ne sentono. Negano affatto la divina rivelazione; non ammettono dogmi, non verità superiori all’intelligenza umana, non maestro alcuno, a cui si abbia per l’autorità dell’officio da credere in coscienza. E poiché è privilegio singolare e unicamente proprio della Chiesa cattolica il possedere nella sua pienezza, e conservare nella sua integrità il deposito delle dottrine divinamente rivelate, l’autorità del magistero, e i mezzi soprannaturali dell’eterna salute, somma contro di lei è la rabbia e l’accanimento dei nemici. Si osservi ora il procedere della setta Massonica in fatto di religione, là specialmente dov’è più libera di fare a suo modo, e poi si giudichi, se ella non si mostri esecutrice fedele delle massime dei Naturalisti. Infatti con lungo ed ostinato proposito si procura che nella società non abbia alcuna influenza, né il magistero né l’autorità della Chiesa; e perciò si predica da per tutto e si sostiene la piena separazione della Chiesa dallo Stato. Così si sottraggono leggi e governo alla virtù divinamente salutare della religione cattolica, per conseguenza si vuole ad ogni costo ordinare in tutto e per tutto gli Stati indipendentemente dalle istituzioni e dalle dottrine della Chiesa. – Né basta tener lungi la Chiesa, che pure è guida tanto sicura, ma vi si aggiungono persecuzioni ed offese. Ecco infatti piena licenza di assalire impunemente con la parola, con gli scritti, con l’insegnamento, i fondamenti stessi della cattolica religione: i diritti della Chiesa si manomettono; non si rispettano le divine sue prerogative. Si restringe il più possibile l’azione di lei; e ciò in forza di leggi, in apparenza non troppo violente, ma in sostanza nate fatte per incepparne la libertà. Leggi di odiosa parzialità si sanciscono contro il Clero, cosicché vedesi stremato ogni giorno più e di numero e di mezzi. Vincolati in mille modi e messi in mano allo Stato gli avanzi dei beni ecclesiastici; i sodalizi religiosi aboliti, dispersi. – Ma contro l’Apostolica Sede e il Romano Pontefice arde più accesa la guerra. Prima di tutto egli fu sotto bugiardi pretesti spogliato del Principato civile, propugnacolo della sua libertà e de’ suoi diritti; poi fu ridotto ad una condizione iniqua, e per gli infiniti ostacoli intollerabile; finché si è giunti a quest’estremo, che i settari dicono aperto ciò che segretamente e lungamente avevano macchinato fra loro, doversi togliere di mezzo lo stesso spirituale potere dei Pontefici, e fare scomparire dal mondo la divina istituzione del Pontificato. Di che, ove altri argomenti mancassero, prova sufficiente sarebbe la testimonianza di parecchi di loro, che spesse volte in addietro, ed eziandio recentemente dichiararono, essere veramente scopo supremo dei Frammassoni perseguitare con odio implacabile il Cristianesimo, e che essi non si daranno mai pace, finché non vedano a terra tutte le istituzioni religiose fondate dai Papi. – Che se la setta non impone agli affiliati di rinnegare espressamente la fede cattolica, cotesta tolleranza, non che guastare i massonici disegni, li aiuta. Imperocché in primo luogo è questo un modo di ingannar facilmente i semplici e gli incauti, ed un richiamo di proselitismo. Poi con aprir le porte a persone di qualsiasi religione si ottiene il vantaggio di persuadere col fatto il grand’errore moderno dell’indifferentismo religioso e della parità di tutti i culti: via opportunissima per annientare le religioni tutte, e segnatamente la cattolica che, unica vera, non può senz’enorme ingiustizia esser messa in un fascio con le altre. – Ma i Naturalisti vanno più oltre. Messisi audacemente, in cose di massima importanza, per una via totalmente falsa, sia per la debolezza dell’umana natura, sia per giusto giudizio di Dio che punisce l’orgoglio, trascorrono precipitosi agli errori estremi. Così avviene che le stesse verità, che si conoscono pei lume naturale di ragione, quali sono per fermo l’esistenza di Dio, la spiritualità ed immortalità dell’anima umana, non hanno più pei essi consistenza e certezza. Or negli scogli medesimi va per via non dissimile ad urtare la setta Massonica. – L’esistenza di Dio, è vero, i Frammassoni generalmente la professano: ma che questa non sia in ciascun di loro persuasione ferma e giudizio certo, essi stessi ne fan fede. Imperocché non dissimulano, che nella famiglia massonica la questione intorno a Dio è un principio grandissimo di discordia; ed anzi è noto come pur di recente si ebbero tra loro su questo punto gravi contese. – Fatto sta che la setta lascia agl’iniziati libertà grande di sostenere circa Dio la tesi che vogliono, affermandone o negandone la esistenza; e gli audaci negatori vi hanno accesso non men facile di quelli che, a guisa dei Panteisti, ammettono Iddio, ma ne travisano il concetto: ciò che in sostanza riesce a ritenere della divina natura non so quale assurdo simulacro, distruggendone la realtà. Ora abbattuto o scalzato questo supremo fondamento, forza è che vacillino anche molte verità di ordine naturale, come la libera creazione del mondo, il governo universale della provvidenza, l’immortalità dell’anima, la vita futura e sempiterna. – Scomparsi poi questi, come dire, principi di natura, importantissimi per la speculativa e per la pratica, è agevole il vedere che cosa sia per addivenire il pubblico e il privato costume. Non parliamo delle virtù sovrannaturali, che senza special favore e dono di Dio niuno può né esercitare, né conseguire, e delle quali non è possibile che si trovi vestigio in chi superbamente disconosce la redenzione del genere umano, la grazia Celeste, i Sacramenti, l’eterna beatitudine: parliamo dei doveri che procedono dalla onestà naturale. Imperocché Iddio, creatore e provvido reggitore del mondo; la legge eterna, che comanda il rispetto e proibisce la violazione dell’ordine naturale; il fine ultimo degli uomini, posto di gran lunga al di sopra delle create cose, fuori di questa terra; sono queste le sorgenti e i principi della giustizia e della moralità. I quali principi se, come fanno i Naturalisti ed altresì i Frammassoni, si tolgano via, incontanente l’etica naturale non ha più né dove appoggiarsi, né come sostenersi. E per fermo la morale, che sola ammettono i Frammassoni, e che vorrebbero educatrice unica della gioventù, è quella che chiamano civile e indipendente, ossia che prescinde affatto da ogni idea religiosa. Ma quanto sia povera, incerta, e ad ogni soffio di passione variabile cotesta morale, lo dimostrano i dolorosi frutti, che già in parte appariscono. Imperocché ovunque essa ha cominciato a dominare liberamente, dato lo sfratto alla educazione cristiana, la probità e integrità dei costumi scade rapidamente, orrende e mostruose opinioni levan la testa, e l’audacia dei delitti va crescendo in modo spaventoso. Il che si lamenta e deplora da tutti; e spesse volte, sforzati dalla verità, non pochi di quegli stessi l’attestano, che pur tutt’altro vorrebbero. – Oltre a ciò, per essere l’umana natura infetta dalla colpa di origine, e perciò più proclive al vizio che alla virtù, non è possibile vivere onestamente senza mortificare le passioni, e sottomettere alla ragione gli appetiti. In questa pugna è bene spesso necessario disprezzare i beni creati, e sottoporsi a molestie e sacrifici grandissimi, a fine di serbar sempre alla ragione vincitrice il suo impero. Ma i Naturalisti e i Massoni, ripudiando ogni divina rivelazione, negano il peccato originale, e stimano non esser punto affievolito né inclinato al male il libero arbitrio (Conc. Trid. Sess. VI, De justif., c. I.). Anzi esagerando le forze e l’eccellenza della natura, e collocando in lei il principio e la norma unica della giustizia, non sanno pur concepire che, a frenarne i moti e moderarne gli appetiti, ci vogliono sforzi continui e somma costanza. E questa è la ragione, per cui vediamo offerte pubblicamente alle passioni tante attrattive: giornali e periodici senza freno e senza pudore; rappresentazioni teatrali oltre ogni dire disoneste; arti coltivate secondo i principi di uno sfacciato verismo; con raffinate invenzioni promosso il molle e delicato vivere; insomma cercate avidamente tutte le lusinghe capaci di sedurre e addormentare la virtù. Cose altamente riprovevoli, ma pur coerenti ai principi di coloro che tolgono all’uomo la speranza dei beni Celesti, e tutta la felicità fanno consistere nelle cose caduche, avvilendola sino alla terra. – Ed a conferma di ciò che abbiamo detto, può servire un fatto più strano a dirsi, che a credersi. Imperocché gli uomini scaltri ed accorti non trovando anime più docilmente servili di quelle già dome e fiaccate dalla tirannide delle passioni, vi fu nella setta Massonica chi disse aperto e propose, doversi con ogni arte ed accorgimento tirare le moltitudini a satollarsi di licenza: così lesi avrebbero poi docile strumento ad ogni più audace disegno. – Quanto al consorzio domestico, ecco a un dipresso tutta la dottrina dei Naturalisti. Il matrimonio non è altro che un contratto civile; può legittimamente rescindersi a volontà dei contraenti; il potere sul vincolo matrimoniale appartiene allo Stato. Nell’educare i figli non s’imponga religione alcuna: cresciuti in età, ciascuno sia libero di scegliersi quella che più gli aggrada. – Ora questi principi i Frammassoni li accettano senza riserva: e non pure li accettano, ma studiansi da gran tempo di fare in modo, che passino nei costumi e nell’uso della vita. In molti paesi, che pur si professano cattolici, si hanno giuridicamente per nulli i matrimoni non celebrati nella forma civile; altrove le leggi permettono il divorzio; altrove si fa di tutto, perché sia quanto prima permesso. Così si corre di gran passo all’intento di snaturare le nozze, riducendole a mutabili e passeggere unioni, da formarsi e da sciogliersi a talento. – Ad impossessarsi altresì della educazione dei giovanetti mira con unanime e tenace proposito la setta dei Massoni. Comprendono ben essi, che quell’età tenera e flessibile lasciasi figurare e piegare a loro talento, e però non esserci espediente più opportuno di questo per formare allo Stato cittadini tali, quali essi vagheggiano. Quindi nell’opera di educare e istruire i fanciulli non lasciano ai ministri della Chiesa parte alcuna né di direzione, né di vigilanza: e in molti luoghi si è già tanto innanzi, che l’educazione della gioventù è tutta in mano dei laici; e dall’insegnamento morale ogni idea è sbandita di quei grandissimi e santissimi doveri, che l’uomo congiungono a Dio. – Seguono le massime di scienza sociale. Dove i Naturalisti insegnano, che gli uomini hanno tutti gli stessi diritti, e sono di condizione perfettamente eguali; che ogni uomo è, per natura, indipendente; che nessuno ha diritto di comandare agli altri; che volergli uomini sottoposti ad altra autorità, da quella in fuori che emana da loro stessi, è tirannia. Quindi il popolo è sovrano: chi comanda, non aver l’autorità di comandare se non per mandato o concessione del popolo; tantoché a talento di questo egli può, voglia o non voglia, esser deposto. L’origine di tutti i diritti e doveri civili è nel popolo, ovvero nello Stato, che si regga per altro secondo i nuovi principi di libertà. Lo Stato inoltre dev’essere ateo; tra le varie religioni non esservi ragione di dar la preferenza a veruna: doversi fare di tutte lo stesso conto. – Ora che queste massime piacciano ugualmente ai Frammassoni, e che su questo tipo e modello vogliano essi foggiati i governi, è cosa notissima, e che non ha bisogno di prova. Egli è un pezzo, di fatti, che, con quanto hanno di forze e di potere, apertamente lavorano per questo, spianando così la via a quei non pochi più audaci di loro, e più avventati nel male, che vagheggiano l’uguaglianza e comunanza di tutti i beni, fatta scomparire dal mondo ogni distinzione di averi e di condizioni sociali. – Da questi brevi cenni si scorge chiaro abbastanza, che sia e che voglia la setta Massonica. I suoi dogmi ripugnano tanto e con tanta evidenza alla ragione, che nulla può esservi di più perverso. Voler distruggere la religione e la Chiesa fondata da Dio stesso, e da Lui assicurata di vita immortale, voler dopo ben diciotto secoli risuscitare i costumi e le istituzioni del paganesimo, è insigne follia e sfrontatissima empietà. Ne meno orrenda e intollerabile cosa egli è ripudiare i benefizi largiti per Sua bontà da Gesù Cristo non pure agl’individui, ma alle famiglie e agli Stati; benefizi, per giudizio e testimonianza anche di nemici, segnalatissimi. In questo pazzo e feroce proposito pare quasi potersi riconoscere quell’odio implacabile, quella rabbia di vendetta, che contro Gesù Cristo arde nel cuore di satana. – Similmente l’altra impresa, in cui tanto si travagliano i Massoni, di atterrare i precipui fondamenti della morale, e di farsi complici e cooperatori di chi, a guisa di bruto, vorrebbe lecito ciò che piace, altro non è che sospingere il genere umano alla più abbietta e ignominiosa degradazione. – Ed aggravano il male i pericoli, onde sono minacciati tanto il domestico, quando il civile consorzio. Come di fatti esponemmo altra volta, esiste nel matrimonio, per unanime consenso dei popoli e dei secoli, un carattere sacro e religioso: oltreché per legge divina l’unione coniugale e indissolubile. Or se questa unione si dissacri, se permettasi giuridicamente il divorzio, la confusione e la discordia entreranno per conseguenza inevitabile nel santuario della famiglia, e la donna la sua dignità, i figli perderanno la sicurezza d’ogni loro benessere. – Che poi lo Stato faccia professione di religiosa indifferenza, e nell’ordinare e governare il civile consorzio non si curi di Dio, né più né meno che se Egli non fosse, è sconsigliatezza ignota agli stessi pagani; i quali avevano nella mente e nel cuore così scolpita non pur l’idea di Dio, ma la necessità di un culto pubblico, che giudicavano potersi più facilmente trovare una città senza suolo, che senza Dio. E veramente la società del genere umano, a cui siamo stati fatti da natura, fu istituita da Dio autore della natura medesima, e da Lui deriva come da fonte e principio tutta quella perenne copia di beni senza numero, ond’essa abbonda. Come dunque la voce stessa di natura impone a ciascuno di noi di onorare con religiosa pietà Iddio, perché abbiamo da Lui ricevuto la vita e i beni che l’accompagnano; così per la ragione medesima debbono fare popoli e Stati. Opera perciò non solo ingiusta, ma insipiente ed assurda fanno coloro, che vogliono sciolta da ogni religioso dovere la civile comunanza. – Posto poi che per volere di Dio nascano gli uomini alla società civile, e che il potere sovrano sia vincolo così strettamente necessario alla società stessa, che, dove quello manchi, questa necessariamente si sfascia, ne segue che l’autorità di comandare deriva da quello stesso principio, da cui deriva la società. Ed ecco la ragione, che l’investito di tale autorità, sia chi si voglia, è ministro di Dio. Laonde fin dove è richiesto dal fine e dalla natura dell’umano consorzio, si deve obbedire al giusto comando del potere legittimo, non altrimenti che alla sovranità di Dio reggitore dell’universo: ed è capitalissimo errore il dare al popolo piena balia di scuotere, quando gli piaccia, il giogo dell’obbedienza. – Così ancora chi guardi alla comune origine e natura, al fine ultimo assegnato a ciascuno, ai diritti e ai doveri che ne scaturiscono, non è da dubitare che gli uomini sono tutti uguali fra loro. Ma poiché capacità pari in tutti è impossibile, e per le forze dell’animo e del corpo l’uno differisce dall’altro, e tanta è dei costumi, delle inclinazioni, e delle qualità personali la varietà, egli è assurdissima cosa voler confondere e unificare tutto questo, e recare negli ordini della vita civile una rigorosa ed assoluta uguaglianza. Come la perfetta costituzione del corpo umano risulta dall’unione e compagine di vali membri che, diversi di forma e di uso, ma congiunti insieme e messi ciascuno al suo posto, formano un organismo bello, forte, utilissimo e necessario alla vita; così nello Stato quasi infinita è la varietà degl’individui che lo compongono; i quali, se, parificati tra loro, vivano ognuno a proprio senno, ne uscirà una cittadinanza mostruosamente deforme; laddove, se distinti in armonia di gradi, di offici, di tendenze di arti, bellamente cooperino insieme al bene comune, renderanno immagine d’una cittadinanza ben costituita e conforme a natura. – Del resto i turbolenti errori, che abbiamo accennati, debbono troppo far tremare gli Stati. Imperocché tolto via il timore di Dio e il rispetto delle divine leggi, messa sotto i piedi l’autorità dei Principi, licenziata e legittimata la libidine delle sommosse, sciolto alle passioni popolari ogni freno, mancato, dai castighi in fuori, ogni ritegno, non può non seguirne una rivoluzione e sovversione universale. E questo sovversivo rivolgimento è lo scopo deliberato e l’aperta professione delle numerose associazioni di Comunisti e Socialisti: agli intendimenti dei quali non ha ragione di chiamarsi estranea la setta Massonica, essa che tanto ne favorisce i disegni, ed ha comuni con loro i capitali principi. Che se non si trascorre coi fatti subito e da per tutto alle estreme conseguenze, il merito di ciò deve recarsi, non già alle massime della setta o alla volontà dei settari, ma alla virtù di quella divina religione, che non può essere spenta, e alla parte più sana dell’umano consorzio, che, sdegnando di servire alle società segrete, si oppone con forte petto all’esorbitanza dei loro conati. – E volesse il Cielo, che universalmente dai frutti si giudicasse la radice, e dai mali che ci minacciano, dai pericoli che ci sovrastano si riconoscesse il mal seme! Si ha da fare con un nemico astuto e fraudolento che, blandendo popoli e monarchi, con lusinghiere promesse e con fini adulazioni entrambi ingannò. – Insinuandosi sotto specie di amicizia nel cuore dei Principi, i Frammassoni mirarono ad avere in essi complici ed aiuti potenti per opprimere il Cristianesimo; e a fine di mettere nei loro fianchi sproni più acuti, si diedero a calunniare ostinatamente la Chiesa come nemica del potere e delle prerogative reali. Divenuti con tali arti baldanzosi e sicuri, acquistarono influenza grande nel governo degli Stati, risoluti per altro di crollare le fondamenta dei troni, e di perseguitare, calunniare, discacciare chi tra’ sovrani si mostrasse restio a governare a modo loro. – Con arti simili adulando il popolo, lo trassero in inganno. Gridando a piena bocca libertà e prosperità pubblica; facendo credere alle moltitudini che dell’iniqua servitù e miseria, in cui gemevano, tutta della Chiesa e dei sovrani era la colpa, sobillarono il popolo, e lui smanioso di novità aizzarono ai danni dell’uno e dell’altro potere. Vero è bensì che dei vantaggi sperati maggiore è l’aspettazione che la realtà: anzi oppressa più che mai la povera plebe vedesi nelle miserie sue mancare gran parte di quei conforti, che nella società cristianamente costituita avrebbe potuto facilmente e copiosamente trovare. Ma di tutti i superbi, che si ribellano all’ordine stabilito dalla provvidenza divina, questo è il consueto castigo, che donde sconsigliatamente promettevansi fortuna prospera e tutta a seconda dei loro desideri, trovino ivi appunto oppressione e miseria. – Quanto alla Chiesa, se comanda di ubbidire innanzi tutto a Dio supremo Signore di ogni cosa, sarebbe ingiuriosa calunnia crederla perciò nemica del potere de’ Principi, od usurpatrice dei loro diritti. Vuole anzi essa, che quanto è dovuto alla potestà civile, lesi renda per dovere di coscienza. Il riconoscere poi da Dio, com’essa fa, il diritto di comandare, aggiunge al potere politico dignità grande, e giova molto a conciliargli il rispetto e l’amore dei sudditi. Amica della pace, autrice della concordia, tutti con affetto materno abbraccia la Chiesa; e intenta unicamente a far bene agli uomini, insegna doversi alla giustizia unir la clemenza, al comando l’equità, alle leggi la moderazione; rispettare ogni diritto, mantenere l’ordine e la tranquillità pubblica, sollevare al possibile privatamente e pubblicamente le indigenze degl’infelici. “Ma – per usare le parole di Sant’Agostino – credono o vogliono far credere che non torna utile alla società la dottrina del Vangelo, perché vogliono che lo Stato posi non sul fondamento stabile delle virtù, ma sull’impunità dei vivi” (Epist. CXXXVII, al. III, ad Volusianum c. v, n. 20). Per le quali cose opera troppo più conforme al senno civile e necessaria al comune benessere sarebbe, che Principi e popoli, in cambio di allearsi coi Frammassoni a danno della Chiesa, si unissero alla Chiesa per respingere gli assalti dei Frammassoni. – In ogni modo, alla vista d’un male sì grave e già troppo diffuso, è debito Nostro, Venerabili Fratelli, applicar l’animo a cercarne i rimedi. E poiché sappiamo che nella virtù della religione divina, tanto più odiata dai Massoni, quanto più temuta, consiste la migliore e più salda speranza di rimedio efficace, a questa virtù sommamente salutare crediamo che prima di tutto sia da ricorrere contro il comune nemico. Tutte queste cose pertanto, che i Romani Pontefici Nostri Antecessori decretarono per attraversare i disegni e render vani gli sforzi della setta Massonica; tutte quelle che sancirono per allontanare o ritrarre i fedeli da così fatte società; tutte e singole Noi con l’Autorità Nostra Apostolica le ratifichiamo e confermiamo. E qui confidando moltissimo nel buon volere dei fedeli, preghiamo e scongiuriamo ciascuno di loro per quanto su questo proposito fu prescritto dall’Apostolica Sede. Preghiamo poi e supplichiamo voi, Venerabili Fratelli, che cooperiate con Noi ad estirpare questo rio veleno, che largamente serpeggia in seno agli Stati. A voi tocca difendere la gloria di Dio e la salvezza delle anime; tenendo, nel combattimento, questi due fini davanti agli occhi, non vi mancherà coraggio né fortezza. Il giudicare quali sieno i più efficaci mezzi da superare gli ostacoli è cosa che spetta alla prudenza vostra. – Pur nondimeno trovando Noi conveniente al Nostro ministero l’additarvi alcuni dei mezzi più opportuni, la prima cosa da farsi si è togliere alla setta Massonica le mentite sembianze, e renderle le sue proprie, ammaestrando con la voce, ed eziandio con Lettere Pastorali, i popoli, quali siano di tali società gli artifizi per blandire ed allettare; quali la perversità delle dottrine e la disonestà delle opere. – Conforme dichiararono più volte i Nostri Predecessori, chiunque ha cara quanto deve la professione cattolica e la propria salute, non si lusinghi mai di poter senza colpa iscriversi, per qualsivoglia ragione, alla setta Massonica. Niuno si lasci illudere alla simulata onestà; imperocché può ben parere a taluno che i Massoni nulla impongano di apertamente contrario alla fede e alla morale: ma essendo essenzialmente malvagio lo scopo e la natura di tali sètte, non può essere lecito di darvi il nome, né di aiutarle in qualsivoglia maniera. – È necessario in secondo luogo con assidui discorsi ed esortazioni mettere nel popolo l’amore e lo zelo dell’istruzione religiosa: e a tal fine molto raccomandiamo, che con ragionamenti opportuni a voce e in iscritto si spieghino i principi fondamentali di quelle santissime verità, nelle quali consiste la cristiana sapienza. Scopo di ciò è guarire con l’istruzione le menti, e premunirle contro le molteplici forme degli errori, e i vari allettamenti dei vizi, massime in questa gran licenza di scrivere ed insaziabile brama di imparare. – Opera faticosa di certo: nella quale tuttavia partecipe e compagno delle fatiche vostre avrete specialmente il clero, se in grazia del vostro zelo sarà ben disciplinato e istruito. Ma causa così bella e di tanta importanza richiede altresì l’industria cooperatrice di quei laici, che all’amore della religione e della patria congiungono probità e dottrina. Con le forze unite di questi due ordini procurate, Venerabili Fratelli, che gli uomini conoscano intimamente ed abbiano cara la Chiesa; perché quanto più crescerà in essi la conoscenza e l’amore di lei, tanto maggiormente saranno aborrite e schivate le società segrete. Egli è per questo che, giovandoCi della presente occasione, torniamo non senza ragione a ricordare la opportunità inculcata altra volta, di promuovere caldamente e proteggere il Terz’Ordine di San Francesco, di cui recentemente con prudente condiscendenza mitigammo la regola. Imperocché, secondo lo spirito della sua istituzione, esso non mira ad altro, che a trarre gli uomini all’imitazione di Gesù Cristo, all’amore della Chiesa, alla pratica di tutte le cristiane virtù: e però tornerà efficacissimo a spegnere il contagio delle sètte malvagie. Cresca dunque di giorno in giorno questo santo sodalizio, da cui, tra molti altri, può anche sperarsi questo prezioso frutto, di ricondurre gli animi alla libertà, alla fraternità, alla uguaglianza: non quali va sognando assurdamente la sètta Massonica, ma quali Gesù Cristo recò al mondo e Francesco nel mondo ravvivò. La libertà diciamo dei Figli di Dio, che affranca dal servaggio di Satana e dalle passioni, tiranni pessimi: la fraternità, che da Dio prende origine, Creatore e Padre di tutti: l’uguaglianza che, fondata sulla giustizia e carità, non distrugge tra gli uomini tutte le differenze, ma dalla varietà della vita, degli offici, delle inclinazioni forma quell’accordo e quasi armonia, voluta da natura a utilità e dignità del civile consorzio. – In terzo luogo esiste un’istituzione, attuata sapientemente dai nostri maggiori, e poi coll’andar del tempo dimessa, la quale può servire ai di nostri come di modello e di forma a qualcosa di simile. – Intendiamo parlare dei Collegi e Corpi di arti e mestieri, destinati, sotto la guida della religione, a tutela degl’interessi e dei costumi. I quali Collegi, se per lungo uso ed esperienza riuscirono di gran vantaggio ai nostri padri, torneranno molto più vantaggiosi all’età nostra, perché opportunissimi a fiaccare la potenza delle sètte. I poveri operai, oltre ad essere per la stessa condizione loro degnissimi sopra tutti di carità e di sollievo, sono in modo particolare esposti alle seduzioni dei fraudolenti e raggiratori. Vanno perciò aiutati con la massima generosità, e invitati alle società buone, affinché non si lascino trascinare nelle malvagie. Per questo motivo Ci sarebbe assai caro che, adattate ai tempi, risorgessero per tutto sotto gli auspici e il patrocinato dei Vescovi a salute del popolo siffatte aggregazioni. E Ci è di grandissimo conforto il vederle fondate già in molti luoghi insieme coi patronati cattolici: due istituzioni, che mirano a giovare la classe onesta dei proletari, a soccorrere e proteggere le loro famiglie, i loro figli, e a mantenere in essi con l’integrità dei costumi l’amore della pietà, e la conoscenza della religione. – E qui non possiamo passare sotto silenzio la Società di San Vincenzo de’ Paoli, insigne per lo spettacolo e l’esempio che porge, e si altamente benemerita della povera plebe. Le opere e le intenzioni di codesta società sono ben note: essa è tutta in sovvenire i bisognosi e i tribolati, prevenendoli amorosamente, e ciò con mirabile sagacia, e con quella modestia, che quanto meno vuol comparire, tanto è più opportuna all’esercizio della carità e al sollevamento delle umane miserie. – In quarto luogo, a conseguir più facilmente l’intento, alla fede e vigilanza vostra raccomandiamo caldissimamente la gioventù, speranza dell’umano consorzio. – Nella buona educazione di essa ponete grandissima parte delle vostre cure, e non vi date mai a credere di aver vigilato e fatto abbastanza, pel tener lontana l’età giovinetta da quelle scuole e da quei maestri donde sia da temere l’alito pestifero delle sètte. Fate che i genitori, i direttori spirituali, i parroci, nell’insegnare la dottrina cristiana, non si stanchino di ammonire opportunamente i figli e gli alunni intorno alla rea natura di tali sètte, anche perché imparino per tempo le varie e subdole arti, solite usarsi dai propagatori di quelle per irretire la gente. Anzi quei che apparecchiano i giovinetti alla prima comunione faranno benissimo, se gl’indurranno a proporre e promettere di non ascriversi, senza saputa dei propri genitori ovvero senza consiglio del parroco o del confessore, a società alcuna. – Ma ben comprendiamo, che le comuni nostre fatiche non sarebbero sufficienti a svellere questa perniciosa semenza dal campo del Signore, se il Celeste padrone della vigna non ci sarà largo a tale effetto del suo generoso soccorso. Convien dunque implorarne il potente aiuto con fervore veemente ed ansioso, pari alla gravità del pericolo e alla grandezza del bisogno. Inorgoglita dei prosperi successi, la Massoneria insolentisce, e pare non voglia più metter limiti alla sua pertinacia. Per un’iniqua lega ed un’occulta unità di propositi da per tutto i seguaci suoi congiunti insieme, si dànno scambievolmente la mano e l’uno rinfocola l’altro a più osare nel male. Assalto sì gagliardo vuole non men gagliarda difesa: vogliam dire che tutti i buoni debbono collegarsi in una vastissima società di azione e di preghiera. Due cose pertanto dimandiamo da loro; da una parte, che unanimi, a schiere serrate, a piè fermo resistano all’impeto ognora crescente, delle sètte; dall’altra, che sollevando con molti gemiti le mani supplichevoli a Dio, implorino a grande istanza, che il Cristianesimo prosperi e cresca vigoroso; che riabbia la Chiesa la necessaria libertà; che i traviati ritornino a salute; che gli errori alla verità, i vizi faccian luogo alla virtù. – Invochiamo a tal fine l’aiuto e la mediazione di Maria Vergine Madre di Dio, affinché contro l’empie sètte, in cui si vedono chiaramente rivivere l’orgoglio contumace, la perfidia indomita, la simulatrice astuzia di Satana, dimostri la potenza sua, essa che trionfò di lui sin dal suo primo concepimento. – Preghiamo altresì San Michele, principe dell’angelica milizia, debellatore del nemico infernale; San Giuseppe, sposo della Vergine Santissima, Celeste e salutare patrono della cattolica Chiesa; i grandi Apostoli Pietro e Paolo, propagatori e difensori invitti della fede cristiana. Per il patrocinio di essi e per la perseveranza delle comuni preghiere confidiamo, che Iddio si degnerà di sovvenire pietosamente ai bisogni della umana società, minacciata da tanti pericoli.

A pegno poi delle grazie Celesti e della benevolenza Nostra impartiamo con grande affetto a voi, Venerabili Fratelli, al clero e a tutto il popolo commesso alle vostre cure l’Apostolica Benedizione.

Dato a Roma, presso San Pietro, il giorno 20 Aprile 1884, anno VII del Nostro Pontificato.

LEONE PP. XIII

Dopo aver letto, nei giorni appena trascorsi, l’opera di F. Sarda e Salvany (v. in: exsurgatdeus.org/massonismo e Cattolicesimo I, II, III) e l’Enciclica su riportata del Santo Padre, S. S. Leone XIII, non ci resta da aggiungere altro, se non che le idee del massonismo, oramai dilaganti, imperanti nella nostra società moderna, cosiddetta “civile” [leggi: massonizzata!], ben oltre il quadro descritto per quei tempi, sono diventate le colonne portanti del “modernismo religioso” attuale, altresì imperante “in toto” nella falsa chiesa dell’uomo, che ha preso il posto della Chiesa di Cristo, la Chiesa Cattolica, tornata, come millenni orsono, nelle catacombe, dopo l’estromissione nel 1958 del Papa legittimamente eletto: Gregorio XVII [cardinal G. Siri], dopo il c.d. concilio Vaticano II, il conciliabolo già condannato anzitempo da Pio II nella sua terribile bolla “Execrabilis”, e dopo l’intronizzazione di satana in Vaticano, nella cappella Paolina, il 29 giugno del 1963, in una doppia messa nera, alla presenza del falso papa allora appena insediato. In realtà il modernismo religioso attuale del “Novus ordo” ed il massonismo, hanno la medesima radice spirituale: il “luciferismo pragmatico”. Che Dio, che “irridebit eos et subsannabit eos…”, ci liberi! E la Vergine Maria schiacci il serpente infernale che Le insidia il calcagno quanto prima! “… Ipsa conteret caput tuum”. Noi ci sentiamo sicuri, confortati dalla parola di Gesù il Cristo “Non prævalebunt”, e per la sentenza già pronunziata per il traditore, antico o moderno che sia: “… melius illi erat, si natus non fuisset”!  

… et Ipsa conteret caput tuum!

DOMENICA I DOPO PASQUA

DOMENICA I DOPO PASQUA

Introitus 1 Pet II, 2. Quasi modo géniti infántes, allelúja: rationabiles, sine dolo lac concupíscite, allelúja, allelúja allelúja. [Come bambini appena nati, alleluia, siate bramosi di latte spirituale e puro, alleluia, alleluia,] Ps LXXX:2. Exsultáte Deo, adjutóri nostro: jubiláte Deo Jacob. [Inneggiate a Dio nostro aiuto; acclamate il Dio di Giacobbe.] V. Glória Patri, et Fílio, et Spirítui Sancto. R. Sicut erat in princípio, et nunc, et semper, et in saecula saeculórum. Amen – Quasi modo géniti infántes, allelúja: rationabiles, sine dolo lac concupíscite, allelúja, allelúja allelúja. [Come bambini appena nati, alleluia, siate bramosi di latte spirituale e puro, alleluia, alleluia.]

Oratio V. Dóminus vobíscum. R. Et cum spiritu tuo. Orémus. Præsta, quaesumus, omnípotens Deus: ut, qui paschália festa perégimus, hæc, te largiénte, móribus et vita teneámus. [Concedi, Dio onnipotente, che, terminate le feste pasquali, noi, con la tua grazia, ne conserviamo il frutto nella vita e nella condotta.] Per Dominum nostrum Jesum Christum, Filium tuum: qui tecum vivit et regnat in unitate Spiritus Sancti Deus, per omnia saecula saeculorum. R. Amen.

Lectio

Léctio Epístolæ beáti Joannis Apóstoli. – 1 Giov. V:4-10.

“Caríssimi: Omne, quod natum est ex Deo, vincit mundum: et hæc est victoria, quæ vincit mundum, fides nostra. Quis est, qui vincit mundum, nisi qui credit, quóniam Jesus est Fílius Dei? Hic est, qui venit per aquam et sánguinem, Jesus Christus: non in aqua solum, sed in aqua et sánguine. Et Spíritus est, qui testificátur, quóniam Christus est véritas. Quóniam tres sunt, qui testimónium dant in coelo: Pater, Verbum, et Spíritus Sanctus: et hi tres unum sunt. Et tres sunt, qui testimónium dant in terra: Spíritus, et aqua, et sanguis: et hi tres unum sunt. Si testimónium hóminum accípimus, testimónium Dei majus est: quóniam hoc est testimónium Dei, quod majus est: quóniam testificátus est de Fílio suo. Qui credit in Fílium Dei, habet testimónium Dei in se”.  [Carissimi: chiunque è nato da Dio trionfa del mondo; e ciò che ha trionfato del mondo è la nostra fede. Chi è che vince il mondo, se non chi crede che Gesù è figliolo di Dio? È Lui che è venuto per mezzo dell’acqua e del sangue, Gesù Cristo: non nell’acqua solo, ma nell’acqua e nel sangue. Ed è lo Spirito che attesta, perché lo Spirito è verità. Poiché sono tre che rendono testimonianza in cielo: il Padre, il Verbo e lo Spirito Santo: e questi tre sono una sola cosa. E sono tre che rendono testimonianza in terra: lo Spirito, l’acqua e il sangue: e questi tre sono concordi. Se ammettiamo la testimonianza degli uomini, dobbiamo tanto più ammettere la testimonianza di Dio, che è superiore. Ora è Dio stesso che ha reso testimonianza al suo Figlio. Chi crede nel figliolo di Dio ha in sé la testimonianza di Dio.] – Deo gratias.

Omelia sulla lettura.

[Mons. Bonomelli: “Nuovo saggio di Omelie”, Marietti ed. Torino, vol. I; 1899 – Omel. XV]

Di S. Giovanni, oltre il Vangelo, che porta il suo nome, abbiamo tre lettere: le due ultime piuttosto che lettere si potrebbero dire biglietti, perché brevissime, affatto confidenziali e prive d’importanza sia dogmatica, sia morale, sia polemica, e indirizzate a persone private. – La prima lettera, da cui è tolto il brano recitatovi, è di grandissima rilevanza sotto ogni rispetto, e si direbbe un’eco del Vangelo, tanto a quello è somigliante. Quando fu scritta? Prima o dopo il Vangelo? Lo ignoriamo. A chi fu scritta? Questo pure ignoriamo, né di ciò vi è traccia in tutta la lettera: essa non porta indirizzo né a principio, né infine, non saluti, a differenza di tutte le altre lettere, e perciò sembra uno scritto esortativo indirizzato in generale alle Chiese da lui fondate. L’argomento della lettera è stabilire la divinità di Gesù Cristo e la verità della umana natura assunta, contro alcuni eretici gnostici, che cominciavano a negarla, e inculcare la necessità della fede in Lui e la carità scambievole fra i credenti. – Mandati innanzi questi pochi schiarimenti generali sulla lettera di S. Giovanni, poniamo mano alla spiegazione dei versetti, che avete udito. “Quanto è nato da Dio vince il mondo; e questa è la vittoria, che ha vinto il mondo, la nostra fede!” Che cosa è la terra, o dilettissimi? È un campo di battaglia. Chi sono i combattenti? Da una parte Cristo, coi suoi seguaci, che Lo precedettero, che vissero con Lui e che dopo di Lui vivranno fino al termine dei secoli, continuando l’opera di Lui; dall’altra il demonio, coi suoi seguaci, da Adamo ed Eva fino all’ultimo uomo che vivrà sulla terra. Quali sono le armi, che si adoperano? Dalla parte di Cristo e suoi seguaci: la verità, la fede, la speranza, la carità, l’umiltà, la purezza, la mortificazione e andate dicendo: dalla parte del demonio e suoi seguaci: la menzogna, l’empietà, l’odio, l’orgoglio, la sensualità, le passioni tutte sfrenate. Tutti gli uomini pigliano posto più o meno in questi due gran campi di battaglia. S. Giovanni, che tratteggia più volte questa gran lotta in tutti i suoi scritti, qui ci fa sapere che tutti quelli che sono nati da Dio [Il testo dice: Tutto ciò che è nato da Dio vince il mondo; perché non dice: Chiunque è nato da Dio, ecc.? Credo che quel neutro equivalga propriamente al chiunque, che indica persona; ma forse Giovanni usò il: Tutto ciò ecc. in forma neutra, perché colla persona volle significare tutti i doni della fede, della grazia ecc. che vengono da Dio.), ossia tutti quelli che per il battesimo sono rigenerati e divenuti figliuoli di Dio ed esercitano le virtù proprie dei figliuoli di Dio, che hanno il loro compimento nella carità, come sopra ha detto, vincono il mondo]. – Con questa parola, “mondo”, san Giovanni non intende certo di significare la terra, che calpestiamo, ma gli uomini che vivono secondo le massime del mondo, gli schiavi delle sue cupidigie e, in una parola, i seguaci di colui, che Gesù Cristo stesso chiamò “principe dì questo mondo”, gli uomini malvagi colle loro passioni! – Sì, ripiglia S. Giovanni, spiegando meglio il suo concetto e ripetendo la stessa verità in altra forma: Questa è la vittoria, cioè quelli riportano la vittoria, quelli hanno in mano l’arma sicura della vittoria sul mondo, che hanno la fede: la fede li farà vincitori del mondo. Che fede è questa che ci farà vincere il mondo e le sue passioni? Non certo la sola fede, nuda delle opere, che è morta per se stessa: ma la fede viva, che dalla mente discende al cuore, che dal pensiero si travasa nelle opere, che, secondo l’espressione di san Paolo, opera per la carità. Datemi un uomo che creda fermamente ciò che la fede insegna e ciò che crede per fede pratica colle opere, che al Simbolo congiunga il Decalogo: quest’uomo naturalmente disprezzerà il mondo, respingerà le sue lusinghe e calpesterà i suoi piaceri colpevoli: quest’uomo, ossia la fede di quest’uomo vincerà il mondo: “Hæc est Victoria, quæ vincit mundum, fides nostra”. – Né di questa sentenza si appaga S. Giovanni, ma la ribadisce nel versetto seguente in forma d’interrogazione e piena di energia: ” Chi è mai colui che vince il mondo, se non chi crede che Gesù è il Figliuolo di Dio? Come se dicesse: Nuovamente e più fortemente l’affermo: solo colui che crede ed opera conformemente alla fede, vince il mondo: a chi non crede è impossibile vincere il mondo. E questa fede, o Giovanni, in chi si appunta? In Chi si compendia? Da chi trae origine e forza? In Gesù Cristo, autore e consumatore della fede, come scrive S. Paolo, “autore”, perché viene da Lui, “consumatore”, perché Egli solo ci dà la forza di attuarla nelle opere, Gesù Cristo, che è il Figliuolo di Dio! Accenna con questa espressione al fondamento di tutta la nostra fede, che è la divinità di Gesù Cristo. Perciò badate che S. Giovanni non dice già che — Gesù è Figliuolo di Dio — ma sì “che è “il” Figliuolo di Dio”, cioè Figliuolo per eccellenza, Figliuolo unico, Figliuolo proprio di Dio, a Dio Padre consustanziale. Scolpitevela bene addentro nel cuore questa verità, o cari: Gesù Cristo è Dio ed Uomo, vero Dio e vero Uomo: se voi togliete in Lui la divinità, non vi resta che l’uomo, è distrutta la redenzione, perché un uomo non poteva riscattarci dal peccato, non poteva soddisfare la divina giustizia, cade tutta la sua autorità, e noi ci troviamo ai piedi d’un uomo, siamo adoratori di un uomo, il massimo dei delitti. Crediamo dunque che Gesù è il Figlio di Dio, Dio come il Padre, ed uniti a Lui, saremo forti della sua forza, e come Egli ha vinto il mondo, così lo vinceremo noi pure. – Gesù Cristo è il Figlio di Dio, vero Dio! Ma come lo sappiamo noi? Come si è provato tale? Ascoltate S. Giovanni: “Gesù è il venuto per acqua e sangue”. Come per acqua? Lascio alcune interpretazioni date e mi attengo a quella che mi sembra più chiara, più naturale e meglio fondata. Gesù, allorché ricevette il battesimo al Giordano, ricevette la solenne testimonianza dal Padre, che disse: ” Questi è il Figliuolo mio diletto, in cui trovo tutte le mie compiacenze: Lui ascoltate” [Alcuni vogliono intendere quelle parole ” E venuto nell’acqua, pel battesimo, cioè viene in noi col battesimo. Ma le parole del versetto 9° non lo permettono, perché là si parla di testimonianza resa a Gesù, la massima, quella del Padre]. – Testimonianza splendidissima ripetuta colle stesse parole nella Trasfigurazione. Ma Gesù è anche il venuto nel sangue, cioè nella passione e morte, che non si può disgiungere dalla risurrezione, nella quale provò luminosamente ch’ Egli era Dio, signore della morte e della vita. E qui S. Giovanni, quasi per ribadire la cosa, ripete: Gesù è il venuto [È da osservare quel modo di dire assai efficace : “Il Venuto”, come si ha nel greco, che designa Gesù Cristo come il Messia, “Il Venuto” per antonomasia], non nell’acqua soltanto, ma nell’acqua e nel sangue: ha provato ch’Egli era Dio nel suo battesimo di acqua e nel battesimo del suo sangue, coronato dalla sua gloriosa Risurrezione. Alle prime due prove tiene dietro la terza, dicendo: “E lo Spirito attesta, che Cristo è la verità”, cioè è veramente il Figlio di Dio! E che vuol dire in questo luogo S. Giovanni? Nel Vangelo (Cap. XV, vers. 26) S. Giovanni riferisce queste parole dette da Gesù nell’ultima Cena: “e quando verrà il Paraclito, che vi manderò dal Padre, lo Spirito di verità, che procede dal Padre, Egli farà testimonianza di me”, vale a dire, “vi farà conoscere che Io sono il Figlio di Dio”, Gesù Cristo dunque afferma che la venuta dello Spirito Santo sarebbe stata una prova, una solenne testimonianza della sua divinità, ed è quella notata dallo stesso S. Giovanni nella sua lettera. Onde per conchiudere in poche parole le sentenze di S. Giovanni, noi dobbiamo tenere che Gesù Cristo ci mostrò la sua divinità nel suo Battesimo al Giordano, nella sua Passione, morte e risurrezione, e finalmente nella venuta dello Spirito Santo, nella trasformazione degli Apostoli e nella fondazione della Chiesa. E non erano quelli miracoli solenni, strepitosissimi, che mostravano la sua divina potenza? Non cadevano sotto gli occhi di tutti? Non si potevano verificare da tutti colla massima facilità? – S. Giovanni, proseguendo, fa cenno d’una analogia e mette innanzi un paragone per confermare la sua sentenza, e il paragone è questo: “Poiché son tre, che attestano in cielo: Padre, Verbo e Spirito Santo, e questi tre sono una cosa sola; e tre sono quelli che attestano in terra, lo Spirito, 1’acqua ed il sangue, e questi tre riescono ad una sola cosa”, E volle dire: Il Padre, il Verbo e lo Spirito Santo colle loro manifestazioni esterne dal cielo hanno attestata e comprovata la missione divina di Gesù Cristo, e come le tre divine Persone sono una sola cosa, una sola essenza o sostanza, così la loro testimonianza esterna si unisce e si concentra in una sola, attestando la stessa verità, così le tre grandi manifestazioni esterne, ad intervalli succedute sulla terra e accertate dagli uomini, al Giordano, nella passione, morte e Risurrezione di Gesù Cristo, e nella venuta dello Spirito santo, tornano allo stesso, raffermano la medesima verità, e mettono in luce la divina origine e missione di Gesù Cristo. – Allora si comprende ciò che S. Giovanni soggiunge nel seguente versetto: “Se noi accettiamo la testimonianza degli uomini, maggiore è la testimonianza di Dio: e la testimonianza di Dio è quella, con cui ha attestato intorno al Figliuol suo”. Se noi accettiamo, e dobbiamo accettare, la testimonianza degli uomini degni di fede, e credere quello ch’essi affermano, a maggior ragione dobbiamo accettare la testimonianza stessa di Dio che dal cielo ripetutamente attesta intorno a Gesù Cristo, e ci assicura ch’Egli è il Figlio dell’Eterno. Insomma il sacro Scrittore ci mette innanzi tre Testimoni in cielo e tre sulla terra: i tre Testimoni in cielo sono le tre divine Persone distintamente nominate e che sono una sola cosa o natura; e i tre testimoni sulla terra, pure nominati, spirito, acqua e sangue, siano fatti, siano persone, cospiranti nella stessa cosa e affermanti anch’essi sulla terra ciò che le tre Persone attestano dal cielo. Voi vedete, o cari, che non si poteva esprimere in forma più precisa e più netta il grande mistero della augusta Trinità. S. Giovanni proclama che sono tre le Persone divine, Padre, Figlio, o Verbo, e Spirito Santo, e che queste tre Persone sono una cosa sola od unica essenza. È quel mistero, che abbiamo imparato bambini sulle ginocchia della madre e al catechismo in chiesa; che abbiamo professato la prima volta che facemmo il segno di croce, e nel quale e pel quale fummo rigenerati nel Battesimo e accolti nel grembo della Chiesa. Questo mistero trascende le forze della nostra povera ragione, è vero; ma Dio lo ha rivelato chiarissimamente, la Chiesa lo professa come una delle verità fondamentali della fede, e noi lo dobbiamo tenere con tutta fermezza. Sappiate poi anche, o dilettissimi, che se la sola ragione non può dimostrare e conoscere questa verità colle sole sue forze, nondimeno essa, studiandolo, vi trova tanta convenienza, tanta luce, tante armonie, che per poco ne è rapita ed è costretta ad esclamare: “la santa Trinità delle Persone nella unità della essenza, è mistero, mistero altissimo, ineffabile, ma non solo non offende la ragione, la illumina, armonizza con essa, getta un riverbero di luce su tutto il creato, specialmente sulla natura dell’uomo: la S. Trinità è un mistero per la ragione umana, ma sarebbe più grande mistero il non ammetterlo”. Crediamo adunque, o cari, sì alto mistero, crediamolo colla semplicità, con cui lo credevamo fanciulli, persuasi che, se supera le forze della ragione, ad essa non si oppone, anzi ad essa mirabilmente consuona. – Siamo all’ultima sentenza del nostro commento: “Chi crede nel Figlio di Dio, ha in se stesso la testimonianza di Dio”. Chi legge e medita alcun poco le sante Scritture e particolarmente gli scritti di S. Giovanni, sa bene, che la stessa verità si ripete spesse volte, o, dirò meglio, la si presenta sotto varie forme, sia per inculcarla meglio, sia per farcene vedere tutti i lati, che non sempre si affacciano subito sotto una sola forma. E ciò, se non erro, accade in questo versetto, nel quale conferma e si svolge meglio ciò che sopra è detto. Chi crede nel Figlio di Dio, chi per fede viva, salda ed operosa unisce la sua mente e il suo cuore a Gesù Cristo, Figlio di Dio, forma quasi una cosa sola con Lui, ed ha in sé, come un germe, la verità e la vita eterna, che poi a suo tempo si manifesterà in tutta la sua pienezza; possiede colla grazia e colla fede viva Gesù Cristo stesso, del quale San Paolo ebbe a dire, che, “Cristo abita in noi per la fede”. – Osservate di grazia, o dilettissimi: se voi tenete stretto alla vostra persona, p. es. un corpo qualunque odoroso, un mazzo di fiori, non è egli vero, che voi partecipate della loro fragranza finché ad essi vi tenete uniti? Ciò che avviene del nostro corpo avviene altresì della nostra mente e del nostro cuore. Se noi colla mente ci teniamo fermi alle verità della fede, e colla nostra volontà le veniamo attuando nelle opere, la nostra mente e la nostra volontà si abbelliscono della bellezza di quelle verità, e quasi direi rimangono imbalsamate della fragranza della grazia, e si trovano necessariamente unite a Lui, dal quale vengono la verità e la grazia, che è Gesù Cristo stesso. Allorché voi pensate al padre, alla madre, all’amico lontani e li amate, non è egli vero che in qualche modo il padre, la madre, l’amico sono nella vostra mente e nel vostro cuore? Lo dite voi stessi: “Noi li abbiamo in mente, li teniamo sempre nel nostro cuore”. — È ciò che insegna S. Tommaso. E in questo senso che si dice Gesù Cristo abitare in noi, Dio dimorare in noi e spandersi in noi lo Spirito di Lui, e noi diventare suoi templi, sue membra, e partecipi della divina natura. – Vedete, o cari, un granello, che è affidato alla terra: sembra che voi, possedendo quel piccolo granello, non possediate che quel piccolo corpicciuolo, cosa da nulla per se stesso; ma aspettate alcuni mesi, lasciate compiere alla natura il suo occulto lavorìo. Che è avvenuto? Il granello è cresciuto e, fatto pianta, ha prodotto i suoi fiori e finalmente i suoi frutti che cortesemente ci porge, curvando sotto essi i suoi rami. Eravate possessori d’un solo granello, e più tardi siete possessori d’una pianta e di molti saporosi frutti. Così noi, o dilettissimi: ora, qui in terra possediamo il granello della fede, la radice della carità; un giorno troveremo che il granello è diventato albero carico di frutti di vita eterna. E quando verrà questo giorno? Quando, chiudendo gli occhi a questa luce del tempo, li apriremo alla luce della eternità; quando, addormentandoci la sera qui sulla terra, ci sveglieremo al mattino in cielo!

Alleluja

Alleluia, alleluia – Matt XXVIII:7. In die resurrectiónis meæ, dicit Dóminus, præcédam vos in Galilæam. [Il giorno della mia risurrezione, dice il Signore, mi seguirete in Galilea.] Joannes XX:26. Post dies octo, jánuis clausis, stetit Jesus in médio discipulórum suórum, et dixit: Pax vobis. Allelúja. [Otto giorni dopo, a porte chiuse, Gesù si fece vedere in mezzo ai suoi discepoli, e disse: pace a voi.]

Evangelium

Munda cor meum, ac labia mea, omnípotens Deus, qui labia Isaíæ Prophétæ cálculo mundásti igníto: ita me tua grata miseratióne dignáre mundáre, ut sanctum Evangélium tuum digne váleam nuntiáre. Per Christum, Dóminum nostrum. Amen. Jube, Dómine, benedícere. Dóminus sit in corde meo et in lábiis meis: ut digne et competénter annúntiem Evangélium suum. Amen.

Dóminus vobíscum. – Et cum spíritu tuo.

Sequéntia sancti Evangélii secúndum Joánnem.

Gloria tibi, Domine! – Joannes XX:19-31.

“In illo témpore: Cum sero esset die illo, una sabbatórum, et fores essent clausæ, ubi erant discípuli congregáti propter metum Judæórum: venit Jesus, et stetit in médio, et dixit eis: Pax vobis. Et cum hoc dixísset, osténdit eis manus et latus. Gavísi sunt ergo discípuli, viso Dómino. Dixit ergo eis íterum: Pax vobis. Sicut misit me Pater, et ego mitto vos. Hæc cum dixísset, insufflávit, et dixit eis: Accípite Spíritum Sanctum: quorum remiseritis peccáta, remittúntur eis; et quorum retinuéritis, reténta sunt. Thomas autem unus ex duódecim, qui dícitur Dídymus, non erat cum eis, quando venit Jesus. Dixérunt ergo ei alii discípuli: Vídimus Dóminum. Ille autem dixit eis: Nisi vídero in mánibus ejus fixúram clavórum, et mittam dígitum meum in locum clavórum, et mittam manum meam in latus ejus, non credam. Et post dies octo, íterum erant discípuli ejus intus, et Thomas cum eis. Venit Jesus, jánuis clausis, et stetit in médio, et dixit: Pax vobis. Deinde dicit Thomæ: Infer dígitum tuum huc et vide manus meas, et affer manum tuam et mitte in latus meum: et noli esse incrédulus, sed fidélis. Respóndit Thomas et dixit ei: Dóminus meus et Deus meus. Dixit ei Jesus: Quia vidísti me, Thoma, credidísti: beáti, qui non vidérunt, et credidérunt. Multa quidem et alia signa fecit Jesus in conspéctu discipulórum suórum, quæ non sunt scripta in libro hoc. Hæc autem scripta sunt, ut credátis, quia Jesus est Christus, Fílius Dei: et ut credéntes vitam habeátis in nómine ejus.” – [In quel tempo, la sera di quel giorno, il primo della settimana, essendo, per paura dei Giudei, chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli, venne Gesù, si presentò in mezzo a loro e disse: Pace a voi! E detto ciò mostrò loro le mani e il costato. E i discepoli gioirono nel vedere il Signore. Ed egli disse loro di nuovo: Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, così anch’io mando voi. E detto questo, soffiò su di loro e disse: Ricevete lo Spirito Santo. A chi rimetterete i peccati, saranno rimessi; a chi li riterrete, essi saranno ritenuti. E uno dei dodici, Tommaso, detto Didimo, non era con loro quando venne Gesù. Ora gli altri discepoli gli dissero: Abbiamo visto il Signore. Ma egli rispose loro: Non crederò se non dopo aver visto nelle sue mani la piaga fatta dai chiodi e aver messo il mio dito dove erano i chiodi e la mia mano nella ferita del costato. Otto giorni dopo i discepoli si trovavano di nuovo in casa e Tommaso era con loro. Venne Gesù a porte chiuse e stando in mezzo a loro disse: Pace a voi! Poi disse a Tommaso: Metti qua il tuo dito, e guarda le mie mani; accosta anche la tua mano e mettila nel mio costato; e non voler essere incredulo, ma fedele. Tommaso gli rispose: Signore mio e Dio mio! E Gesù: Tommaso, tu hai creduto perché mi hai visto con i tuoi occhi; beati coloro che non vedono eppure credono. Gesù fece ancora, in presenza dei suoi discepoli, molti altri miracoli, che non sono stati scritti in questo libro. Queste cose sono state scritte, affinché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e affinché credendo, abbiate vita nel nome di lui.] – R. Laus tibi, Christe!

Per Evangelica dicta, deleantur nostra delicta.

OMELIA

Omelia della Domenica in Albis e I dopo Pasqua

[Canonico G.B. Musso, Ed. napol. 1851, vol. I -imprimatur-]

-Dio si vede-

   Allorché Gesù Cristo risorto, glorioso trionfatore della morte e dell’inferno, apparve a porte chiuse ai suoi discepoli, ove erano congregati, non era con essi Tommaso; ed eglino al suo arrivo presero a narrargli la prodigiosa comparsa del divino Maestro, l’annunzio di pace, la vista delle sue mani e del suo lato, ed il gaudio di cui erano stati ripieni: ed egli, “se non vedrò, disse, nelle sue mani l’apertura dei chiodi, e nel suo lato quella della lancia, ed entro non vi porrò il dito e la mano, alle vostre parole non presterò fede”. Per guarire l’incredulità di Tommaso si degnò comparire per la seconda volta il buon Redentore, ed entrato a porte chiuse, ov’era Tommaso con tutti gli altri discepoli, annunziata di nuovo la pace, rivolto a Tommaso, “ecco, disse, le mie mani, ecco il mio fianco, appressati, e metti pure e dito e mano nelle mani mie, e nel traforato mio petto, e cessa d’essere incredulo, e impara ad essere fedele”. Tommaso allora, “io credo, esclamò, voi siete il mio Signore e il mio Dio”. – “Dominus meus, et Deus meus”. “Ah Tommaso, ripigliò Gesù, tu credi, è vero, ma dopo aver veduto: beati coloro che senza il testimonio de’ sensi credono alla rivelata verità”. Ma l’apostolo Tommaso, entra qui S. Gregorio magno (Hom. 26 in Evang.), non fu del tutto incredulo. Altro fu ciò che vide, altro ciò che credette. Vide e palpò l’umanità del suo Signore, ma confessò credendo la sua divinità, che veder non poteva – qui facciam punto, uditori umanissimi. Qual fu quella di San Tommaso, nel senso del citato Gregorio, tale desiderio che sia la vostra fede. Dalle create cose che sono sotto i vostri occhi, io vorrei che ascendeste a vedere quel Dio che le trasse dal nulla. Questi ingannati figliuoli degli uomini van dicendo, che Dio non si vede! Dio non si vede da chi veder nol vuole; ma dalla vista di tutto il creato si vede Dio, come lo vide Tommaso dalla veduta umanità del Salvatore. Dio dunque si vede, che mi accingo a dimostrarvi, se mi seguite cortesi con tutta attenzione. – Dio si vede! Non parlo d’Abramo, che vide per lume superno nella pienezza dei tempi Iddio liberatore, e il giorno in cui doveva spuntare per la salvezza del mondo. “Vidit et gavisus est” (Ioan. VIII, 56). Non parlo di Isaia, che vide il Signore assiso su di un trono sublime, adorato da tutte le angeliche intelligenze. Non parlo dell’evangelista S. Giovanni, che estatico Lo contemplò nell’isola di Patmos, né di tanti altri profeti che in simboli Lo videro, e in misteriose figure, e perciò si chiamarono veggenti. Cessate son le profezie, i simboli, le figure, Iddio ora in altro modo si vede. Si vede non con gli occhi del corpo, ma con quelli dell’intelletto. Cogli occhi del corpo né si vede, né veder si può, perché Iddio, purissimo spirito, affatto esente dalla materia, non è oggetto proporzionato all’organo materiale degli occhi corporei. Se alcun di noi volesse veder con gli occhi il suon di un musicale strumento, o veder con le orecchio una statua, una pittura, si renderebbe ridicolo. Agli oggetti diversi vanno applicati i diversi sentimenti del corpo, e perciò siccome con l’occhio non può vedersi il suono di una cetra, lo squillo di una tromba; così con l’occhio stesso non si può vedere Dio, perché oggetto non proporzionato a quest’organo, perché spirito affatto immateriale, purissimo, semplicissimo. – Se Dio però è necessariamente invisibile all’occhio corporeo, agli occhi della mente Egli è visibilissimo. Quante cose da noi si vedono coll’intelletto, sebbene non si vedano cogli occhi del corpo! L’anima puro spirito non è visibile agli occhi nostri, e pur si vede cogli occhi dell’intelletto e della ragione. Per adattarmi alla capacità di tutti, portiamoci col pensiero ai piedi del soglio di Salomone. Ecco qui due madri che contrastano per due bambini, uno vivo e l’altro estinto. Ditemi in qual di questi due si trova l’anima? In questo corpicciuolo pallido, freddo, contraffatto? Non già. In quest’altro, voi dite, rubicondo, vezzoso, qui è l’anima che gli dà vita, grazia e movimento. E come osate ciò asserire, se l’anima non è visibile, se non la vedete? La vediamo ben chiaro nel colore del volto, nella vivacità dello sguardo, nel riso, nel moto, nel gesto. – Voi vedete la faccia altrui, dice S. Agostino (Tract. 75 in Joan.), e non vedete la vostra. Per l’opposto voi non vedete l’altrui coscienza, l’intenzione, il pensiero altrui, e pur vedete la coscienza vostra, il vostro pensare, le vostre affezioni, le vostre tendenze, e quanto si aggira nella vostra mente, nella vostra memoria, nel vostro cuore. E come vedete tutto ciò? Colla vista intellettuale della vostra anima ragionevole. Si presenta al vostro sguardo una nave, dice il romano oratore, che in alto mare appena spunta sull’orizzonte: vedete che al variar dei venti, varia le vele, che si tiene salda contro i flutti, i turbini e le procelle, che a tenor dell’arte nautica regola il proprio corso, e voi dite: quella nave è ben governata da bravo nocchiero. Se foste richiesti, come potete asserire, che sta al governo di quella nave un esperto nocchiero che non si vede, e appena da voi si scopre la nave stessa? “Lo veggio, francamente risponderebbe ciascuno di voi, lo vedo con gli occhi di mia facoltà intellettiva, coll’uso della mia ragione, la quale mi insegna essere cosa impossibile, che quella nave fra tanti e così diversi accidenti di mar tempestoso, di fieri contrasti, di minacciose procelle, possa tenersi forte, e così ben regolare il suo corso, senza la mente, la mano, la direzione di un valente pilota”. – Così premesso e ben inteso, ritorniamo al nostro argomento. Sono presso a sei mila anni che esiste questo globo terraqueo, equilibrato sopra se stesso in mezzo all’aere. Sono anni altrettanto che il sole, ogni giorno, secondo la frase dell’Ecclesiaste, spunta dall’oriente, tramonta all’occaso, si aggirano sul nostro capo la luna, le stelle, i pianeti. Or io domando: chi ha dato il moto a questi corpi di mole immensa? La materia per se stessa è inerte, non può mettersi in movimento senza impulso d’un estrinseco agente. Questo agente si deve necessariamente supporre che abbia in sé una innata virtù di dare ai corpi il moto, senza bisogno di altro movente, per non risalire ad una successione infinita, ch’è un assurdo che offende il buon senso, e ripugna alla ragione. Questo libero agente dunque è una prima cagione, eterna, che esiste da sé, che a quei corpi materiali, ai quali è dato l’essere, diede ancora il movimento, e questo primo Agente, e questa causa motrice è Dio. Son presso a sei mila anni che la terra si veste di erbe, si adorna di fiori, biondeggia di spighe, e di tanti frutti è feconda; erbe e frutti che agli uomini, ai quadrupedi, ai volatili, ai rettili, somministrano opportuno alimento; erbe e frutti che in se stessi conservano i semi, onde riprodursi e moltiplicarsi a pro di tutte le creature viventi. Domando or di nuovo: “chi ha introdotto al mondo questa tanto ben ordinata armonia tra cielo e terra, tra elementi e piante, tra stagioni e stagioni, tra uomini ed animali? Chi è l’Autore d’un ordine così sorprendente? Chi lo mantiene con tanta costanza, che il corso di tanti secoli non ha potuto alterare d’un punto?” Se così asserite, perché non affermate altrettanto allorché con stupore ammirate la struttura magnifica d’un superbo palazzo? Perché lodate il saggio architetto? Perché non dite piuttosto che è spuntato da terra a guisa d’un fungo? Perché incontrandovi con un bel quadro encomiate l’eccellente pittore, e non attribuite invece l’egregio lavoro ad un accidentale rovescio di colori, così a caso accozzati? Possibile che in tutte le opere dell’arte si ravvisi un autore, e non si riconosca poi in tante meraviglie, che ci presenta la natura? – Leggete il gran libro del mondo, come lo leggeva un S. Antonio Abate. Nel mare, ne’ fiumi, ne’ monti, nelle piante, ne’ fiori, riscontrava egli le orme parlanti d’una Sapienza creatrice, che il tutto regge, che governa il tutto a benefizio dell’uomo, e che alla sua provvidenza per le necessità dello stesso unisce il comodo che lo solleva, il gusto che lo conforta, il bello che lo ricrea. – Dalla grandezza delle create cose, dice lo scrittore della Sapienza, e dalla loro bellezza è facile conoscere e vedere in quelle il volto e la mano del Creatore che li formò. A magnitudinis speciei, et creaturæ cognoscibiliter poterit Creator horum videri!” (Sap. XIV). L’essenza di Dio, soggiunge S. Paolo, l’onnipotenza, e tutti gli altri suoi infiniti attributi sono al nostro sguardo invisibili, ma dall’uomo ragionevole, per mezzo delle cose create, se ne acquista l’intelligenza, e coll’intelletto si conoscono e vedono. Invisibilia ipsius a creatura mundi, per ea quæ facta sunt, intellecta conspiciuntur(Rom. I, 20). Si conosce da questo, prosegue lo stesso Apostolo, l’eterno potere, e la divinità di Colui che le produsse, sempiterna quoque eius virtus, et divinitas; così che coloro che veder non vogliono si fan rei di una cecità inescusabile, ita ut sint inexcusabiles”. Fin qui l’Apostolo delle genti. Queste divine cose invisibili le conobbe pure col lume della natura e della grazia la verginella e martire S. Barbara. “Per ea – leggiamo nella sua storia – per ea quæ visibilia facta sunt, divina opitulante gratia, ad invisibilia pervenit.” Rapita quest’anima pura dalla beltà, dalla magnificenza, dall’ordine, dal concerto delle visibili creature, da queste, come per via di gradi, salì a contemplare e a conoscere le altissime invisibili divine perfezioni, fino a consacrare a Dio il giglio della sua verginità, eleggendoLo per sposo, fino a tenersi costante nelle più fiere persecuzioni, e nei più atroci tormenti, fino a lasciare il capo e la vita sotto la spada del proprio crudelissimo genitore. – Perché voi dunque, direi a taluni, nello spettacolo meraviglioso della natura non vedete Dio? Quel Dio che le trasse dal nulla? Ecco il perché: “avete – come dice l’Apostolo – l’intelletto oscurato dalle tenebre degli errori, che corrono in questo secolo”. Il peccato, le ree passioni vi han posto una benda che vi acceca: il fuoco dei sensuali piaceri manda un fumo sì denso, che, secondo la frase del reale Profeta, non vi lascia vedere neppur la luce del mezzo giorno. “Supercecidit ignis, et non viderem solem”. Come volete vedere Dio nello specchio delle creature, se le creature da Dio proibite sono il vostro idolo? Se, per far tacere i rimorsi della rea vostra coscienza, dite nel vostro cuore che Dio non esiste? Lo dite nel cuore, lo so, per iniquo desiderio di perversa volontà, dir nol potete per convincimento e persuasione del vostro intelletto. E pur il dite. E perché? È facile il conoscerlo. Perché coll’idea di un Dio per voi chimerico, vorreste sottrarvi alle sue minacce vorreste respirare l’aura lusinghiera di una piena libertà di coscienza: perché questo Dio, che negate, amareggia i turpi vostri piaceri: perché avete tutto il motivo di temerLo nemico, e giusto punitore dei vostri misfatti: ond’è che a vostro dispetto, anche non volendo, Lo conoscete, ma in un’oscura idea tumultuosa, senza merito, e senza profitto. – Cristiani devoti, da questo tratto che non fu per voi, ritorno a voi. Iddio si vede col cuore, dice S. Agostino citando quelle parole evangeliche:Beati mundo corde, quoniam ipsi Deum videbunt (De serm. dom. in mont. c. 2), e come l’occhio corporeo non può distinguere gli oggetti sensibili, se non è purgato dalle fecce e dall’immondezze; così un cuor che dalle macchie del peccato, e da ree affezioni purgato e mondo non sia, non può vedere Dio con merito nella vita presente, e non Lo vedrà per castigo nella vita futura. Volete fin d’ora vedere Dio cogli occhi dell’anima? Conchiude S. Agostino, Lo vedrete, ma prima pensate a purgare il cuore: Deum videre vis? Prius cogita de corde mundando (Serm. 173. De temp.). “Un cuor puro, un cuor mondo” chiedeva al Signore il penitente Profeta. Un cuore puro per battesimale innocenza, o mondato per sacramentale penitenza, egli è come un nitido specchio che vede in sé rappresentata l’immagine di Dio. Iddio che abita in un cuore innocente, o in cuore ravveduto, si fa conoscere colla luce, che gli comunica, colla pace di cui lo riempie. Ah dunque, fedeli amatissimi mundemus, ci esorta l’Apostolo Paolo, mundemus nos ab omni inquinamento carnis, et spiritus(2 ad Cor. VII, 1). Purghiamoci da ogni lordura d’opera carnale, da ogni infezione e traviamento di spirito, e per tal mezzo vedremo Dio in tutto il creato, Lo vedremo rappresentato, dice il citato Apostolo, come in lucido specchio:Videmus nunc per speculum in aenigmate (1 Cor. XIII, 12), Lo vedremo cogli occhi dell’intelletto e della fede, per vederLo poi facie ad faciem nella beata eternità, che Dio ci conceda!

Credo

Offertorium

V. Dóminus vobíscum. R. Et cum spíritu tuo. Orémus Matt XXVIII:2; XXVIII:5-6. Angelus Dómini descéndit de coelo, et dixit muliéribus: Quem quaeritis, surréxit, sicut dixit, allelúja. [Un Angelo del Signore discese dal cielo e disse alle donne: Quegli che voi cercate è risuscitato come aveva detto, alleluia.]

Secreta

Suscipe múnera, Dómine, quaesumus, exsultántis Ecclésiæ: et, cui causam tanti gáudii præstitísti, perpétuæ fructum concéde lætítiæ. [Signore, ricevi i doni della Chiesa esultante; e, a chi hai dato causa di tanta gioia, concedi il frutto di eterna letizia.] Per Dominum nostrum Jesum Christum, Filium tuum: qui tecum vivit et regnat in unitate Spiritus Sancti Deus, per omnia saecula saeculorum. R. Amen.

Communio [Joannes XX:27] Mitte manum tuam, et cognósce loca clavórum, allelúja: et noli esse incrédulus, sed fidélis, allelúja, allelúja. [Metti la tua mano, e riconosci il posto dei chiodi, alleluia; e non essere incredulo, ma fedele, alleluia, alleluia.]

Postcommunio S. Dóminus vobíscum. – Et cum spíritu tuo.

Orémus. Quaesumus, Dómine, Deus noster: ut sacrosáncta mystéria, quæ pro reparatiónis nostræ munímine contulísti; et præsens nobis remédium esse fácias et futúrum. Per Dominum nostrum Jesum Christum, Filium tuum: qui tecum vivit et regnat in unitate Spiritus Sancti Deus, per omnia sæcula sæculorum.

Amen.

 

F. Sarda Y Salvani: MASSONISMO E CATTOLICESIMO -3-

F . Sarda y Salvany:

MASSONISMO E CATTOLICESIMO:

Parallelo tra la dottrina delle logge e quella della santa Chiesa cattolica, apostolica e romana. -3-

XVII

Quanto differisce la dottrina del massonismo e quella del Cattolicesimo circa la beneficenza

Su questo punto, come per tutto il resto, il criterio massonico è in opposizione diretta con il criterio francamente cristiano; con questa sola differenza, qui il nemico lavora in modo molto più abile, ed introduce nella società una confusione molto più grande. Qui il demone della massoneria porta la sua maschera fin sugli occhi, per così dire; cosa che fa che sia banalmente considerato come l’angelo della carità, anche da persone che su altri soggetti sono molto abili a comprendere dall’inizio il suo inganno infernale. Qui si scambia frequentemente per dolce riflesso della luce celeste ciò che non è altro che il sinistro bagliore delle fiamme dell’abisso. Qui l’arte di ingannare è il più possibile ingegnosa; al punto tale che l’orpello e lo stagno circolano talvolta sul mercato della vita sociale e sono accettate come moneta corrente allo stesso titolo dell’oro e dell’argento meglio purificato. La ragione di ciò, a ben considerare, si trova nella delicatezza della materia alla quale si fa subire questa alterazione. In altre branche, il nemico ha bisogno di sostituire al vizio una virtù, e questo per dare a questo vizio i colori dell’apparenza di questa stessa virtù, ciò che, come si vede, è una cosa difficile. Qui invece la cosa è più facile, poiché il sentimento naturale di compassione che ci ispirano le afflizioni ed i bisogni dei nostri simili, diviene simpatia e finisce per sedurre con ciò che sarebbe imprevidente, anche dopo aver rimosso l’aureola del soprannaturale. Qui il naturalismo presenta qualcosa di nobile e di elevato che gli permette certi falsi aspetti del divino, anche quando compie gli sforzi più grandi per separarsi da Dio e muoverGli guerra. È dunque un campo di operazioni più favorevole alla seduzione, e la massoneria esercita questa seduzione in tre maniere: 1° – essa storna l’attenzione dell’uomo dai bisogni principali del suo fratello, come quelli dell’anima, per fissarla solo sui bisogni del suo corpo che sembrano più pressanti, perché sono più visibili e più sensibili; 2° – mediante questi obiettivi falsificati o per lo meno mutilati, essa gli propone egualmente una serie di stimolazioni puramente umane, come la pura soddisfazione di un sentimentalismo femminile, o la soddisfazione ancor più grossolana dell’amor proprio, della vanità e del rispetto umano; 3° – conformemente al carattere puramente umano di questi stimoli, essa suggerisce come mezzi per esercitare la carità, mezzi semplicemente terrestri, subordinati ad una moralità puramente terrena, e pertanto esente da qualsiasi scrupolo. Ecco i tre aspetti che, a nostro umile avviso, caratterizzano la beneficenza massonica, volgarmente chiamata “filantropia”, e la pongono in diretta opposizione con la beneficenza cristiana, la sola che possa glorificarsi del bello e santo nome di “carità”. La carità, al contrario di ciò che abbiamo visto per la filantropia di cui la massoneria si copre come maschera, si distingue per i seguenti caratteri: 1° – Essa ha come obiettivo l’uomo completo, l’uomo intero, vale a dire con il suo corpo e l’anima; ma il fine supremo dell’anima è il suo principale scopo. 2° – L’amore di Dio ed il sentimento del dovere, ecco il suo principale stimolo: e di conseguenza, in tutti i casi essa ha un motivo sovrannaturale. 3° – I suoi processi sono in tutto conformi alla legge divina, e per la stessa ragione non sono per nulla, neanche nei minimi dettagli, in opposizione alla più rigida morale. Questi tre punti di vista, del massonismo e del Cattolicesimo relativamente alla beneficenza, vengono esposti, confrontati ed esaminati nei paragrafi seguenti che, come i nostri lettori avranno avuto già modo di intravedere, hanno un carattere praticamente incontestabile ed hanno nell’ora presente una sovrana opportunità.

XVIII

Si esamina il primo dei tre punti di vista segnalati più in alto.

Trattando del modo di sovvenire ai bisogni del prossimo, dobbiamo mostrare la differenza radicale che esiste, tra il massonismo ed il Cattolicesimo, nel modo di apprezzare questi bisogni. Per il massonismo, che non è altro che “naturalismo”, l’uomo non ha altri bisogni che quelli della vita naturale; questi bisogni occupano il primo posto, o meglio essi costituiscono gli unici bisogni. Tutto il fine dell’uomo, secondo il naturalismo massonico, è in se stesso e non esce dalla sfera della sua vita materiale e terrena. I soli bisogni degni di essere presi in considerazione nell’uomo sono quelli che si riconducono al suo corpo, al più, alla sua intelligenza, per ciò che riguarda le verità della filosofia umana. Da questo il naturalismo conclude con una logica rigorosa, benché si appoggi sopra un falso principio, che la sofferenza, sia fisica che morale, è per la creatura umana il male essenziale, e che non possa essere vista altrimenti, e sia da considerare unicamente nella sua opposizione al bene terrestre. Da ciò risulta che ogni beneficenza massonica, o ispirata dal massonismo, abbia come unico oggetto di liberare l’uomo da questa sofferenza, o almeno alleviarla, senza andare assolutamente più in là, poiché non esistono altri orizzonti per i suoi occhi bendati., Questo uomo che pretende a torto di essere caritatevole, crede bonariamente di aver fatto molto, o meglio di aver fatto tutto quando abbia appagato la fame dell’indigente con un pezzo di pane, o coperto le sue membra nude con un sottile pezzo di stoffa, o portato qualche sollievo ai suoi dolori, procurando i rimedi prescritti dal medico o dal chirurgo e, quando non riesce nell’intento, si crede nell’impossibilità assoluta di fare ciò che sia di più perfetto; e a ben vedere non si può esigere di più da chi nell’uomo non vede che il suo involucro esteriore, cioè solamente il suo corpo. Il Cattolicesimo ha dell’uomo una idea ben superiore, e pertanto si pone a suo riguardo in modo completamente diverso. Esso vede in lui un coro e soprattutto un’anima; di conseguenza, distingue tra ordini di bisogni e di sofferenze, e prescrive in suo favore due specie di opere di beneficenza, che il Catechismo designa sotto il nome soave di « Opere di misericordia corporale e spirituale ». E siccome riconosce la superiorità dell’anima sul corpo, riconosce pure, molto logicamente, che le opere corporali appartengano ad un ordine inferiore alle opere spirituali, e che esse debbano essere subordinate a queste ultime, benché possano essere esse stesse elevato allo stesso rango se nel compierle ci si proponga un fine spirituale, oltre al motivo superiore della fede che deve animarle tutte. Tale è l’apprezzamento giustissimo del Cattolicesimo. Il fine supremo dell’uomo, il suo fine più nobile, l’unicamente importante, poiché definitivo, è quello della sua anima immortale, che deve salvare e che può perdere. Dunque ogni opera di beneficenza, qualunque sia la sofferenza che abbia come scopo di alleviare, deve principalmente avere di vista questo fine ultimo dell’uomo, ed essere considerato principalmente come un mezzo per arrivare a questo fine nobilissimo. Il pane che viene dato per lenire la fame, il vestito destinato a coprire la nudità del povero, la visita ed il rimedio destinato al sollievo dell’infermo, hanno come fine immediato, e per così dire tangibile, di lenire la fame e vestire la nudità, risollevare da un’infermità, ma devono avere come fine superiore ed ultimo il perfezionare l’anima ed aiutarla ad ottenere i beni che gli sono propri e cioè: la verità e la grazia di Dio, e soprattutto la felicità eterna! Certamente questo non fa che questo soccorso materiale che viene dato, valga di meno o sia dato con minore spontaneità ed abbondanza; ma esso viene porto in maniera più degna dell’uomo e della sua nobilissima condizione; esso viene offerto non come ad un cane o ad un cavallo, ai quali vogliamo unicamente conservare la vita, ma come si deve effettivamente donare ad un essere ragionevole per il quale si desiderano, oltre all’assistenza passeggera del momento, le gioie della suprema felicità. Questo sia detto per i bisogni che possono in qualche modo essere soccorsi, e per i dolori che possono ricevere qualche sollievo. Ma quando il bisogno è tale che nessun soccorso umano possa soddisfarlo, e che la spina del dolore sia così profonda che alcuna mano d’uomo può strappare, ah! È allora che si vede molto chiaramente quanto sia vano, impotente, sterile, la beneficenza puramente umana, e quanto sia sublime, feconda e potente la vera carità! È allora infatti che la luce della fede rivela agli occhi dell’afflitto tutta la sua filosofia sul dolore insegnandogli in primo luogo, che essa è transitoria, e che di conseguenza non ha il carattere del male assoluto ed inaccessibile ad ogni speranza; in secondo luogo che essa è meritoria e che può e deve essere, accettandola con rassegnazione, il principio e la causa di una felicità infinita; in terzo luogo che essa è soddisfattoria, vale a dire che essa serve mirabilmente, nel piano divino, a purificarci, a farci espiare e pagare in questa vita i debiti a volte molto pesanti che abbiamo contratto con la suprema Maestà. Tutto questo modifica, eleva e, in qualche modo, trasforma talmente la sofferenza agli occhi del buon cristiano, che considera l’afflizione non solo come qualche cosa di tollerabile, ma spesso, e lo si vede in tante anime giuste, come qualcosa di desiderabile. Trasformazione meravigliosa, impero completo dello spirito sulla materia, realizzata dalla fede e dalla grazia di Dio, per rendere efficace la vera carità, che è unicamente soprannaturale e cristiana. Si constata dunque quale distanza immensa, infinita, separi primariamente l’idea cattolica della carità, dall’ideale naturalista e massonica della stessa virtù. Questa differenza traspare in modo ancor più evidente per il modo in cui il massonismo ed il Cattolicesimo considerano l’uomo ed il suo fine ultimo, come constateremo anche più chiaramente nei successivi paragrafi.

XIX

Si esamina il secondo dei punti segnalati più in alto.

Il massonismo essenzialmente opposto al Cattolicesimo, nel modo di apprezzare l’oggetto materiale della beneficenza, vale a dire l’uomo, non lo è meno nell’apprezzare il motivo formale e della regola di questo apprezzamento, che deve può e essere esclusivamente l’amore di Dio. Vediamo ora questo secondo aspetto della questione, che non offre un minore interesse. Il motivo formale delle beneficenza massonica o naturalista si riduce all’amore dell’uomo per l’uomo stesso, senza considerazione per un’altra idea superiore. In vero questo sentimento è chiamato giustamente “filantropia”, parola greca che significa “amore dell’umanità”. Questa parola è sonora ed ampollosa, non possiamo negarlo, e talvolta è a questa sonorità musicale che bisogna attribuire l’effetto che produce su certe immaginazioni. Ma se ci arrestiamo un istante ad esaminarne il valore ideologico, è possibile che lo troveremo anche vuoto ed insignificante, per quanto in apparenza pomposa, come succede per la maggior parte delle parole la cui risonanza è in proporzione alla loro vacuità di significato. Amare l’uomo solo per l’uomo, significa esporsi a due inconvenienti molto gravi, e così possiamo diffidare di tutti i filantropi passati e presenti ed evitarli con il loro sistema assurdo ed impotente. In primo luogo si presentano dei casi, e sono i più frequenti, nei quali l’uomo è di per se stesso poco amabile, sia che si consideri dal punto di vista fisico o da quello morale: ed in questi casi, se non devo amare l’uomo per ciò che vale, ditemi, vi prego, come posso fare per dare una base, un motivo all’amore che devo avere per degli esseri poco simpatici? In secondo luogo, esistono degli altri casi, anche molto numerosi, in cui l’uomo è estremamente amabile, ed allora, se non ci sono altre ragioni che amare l’uomo per se stesso, oh! … è ancora peggio: ditemi, quali limiti, qual freno darete a questo sentimento per impedirgli di essere disordinato e mantenerlo entro i giusti limiti? – Ci si permetta di dare qualche sviluppo a ciascuno dei due pensieri: l’uomo, abbiamo detto, è spesso un essere molto poco amabile. Gli esempi in appoggio a questa verità sono conosciuti da tutti, e sarebbe ozioso riportarli per provarlo con lunghe dimostrazioni. Considerato fisicamente, il povero è d’ordinario ripugnante: quasi sempre il misero è disgustoso e più sovente, l’infermità impressiona negativamente. I poveri simpatici e buoni non si trovano che nei drammi teatrali o nei romanzi: nella vita reale, la casa del povero, lungi dall’attirare, ripugna. Bisogna fare uno sforzo, fare spesso violenza ai movimenti naturali della sensibilità e dell’impressionabilità per avvicinarsi al letto di un tisico, per penetrare nella mansarda o nella soffitta dell’indigente. Chiamiamo a testimoniarne le persone le più generose e le più dedite alle opere di carità. Coloro che sono decisi su questo punto, lo sono perché sono riusciti a vincere da sé nella battaglia contro la natura; ed è in ciò che precisamente consiste il merito principale della loro virtù. Questa battaglia esiste specialmente quando si considera nel povero non la sua difformità fisica, ma la sua difformità morale, che è talvolta ancor più sordida. Ci sono dei poveri che sono realmente buoni, che hanno un cuore nobile e riconoscente, ma ve n’è di quelli che sono cattivi ed hanno degli istinti perversi, vili, abietti, e che non sanno ricambiare i benefici ricevuti se non con una nera ingratitudine. E tuttavia essi devono essere amati da colui che è veramente caritatevole, e molto più degli altri, perché deve soccorrerli non solo nei loro bisogni fisici, ma ancor più correggerli nelle loro deformità morali. E benché lo spirito ripugni nell’avvicinarsi ad una di queste creature degradate, bisogna ugualmente accostare il proprio cuore a questo altro cuore a volte gangrenato e corrotto. Ditemi ora dunque: quando l’uomo non è amabile, né fisicamente né moralmente; quando al contrario è nel fisico e nel morale antipatico, disprezzabile, degno di odio e talvolta ben colpevole, se l’uomo non deve essere amato se non quando e perché lo meriti, come tale uomo potrà essere amato? Che il naturalismo discorra finché vorrà, esso non troverà mai un motivo sufficiente per determinarsi a fare del bene a tali creature, se non nel merito che tale azione ha agli occhi di Dio nostro Signore. – Vediamo ora la controparte di questo ragionamento. Si supponga che un misero o indigente, invece di essere poco simpatico, lo sia sfortunatamente anche oltre misura. Supponiamo il caso, che non è raro, in cui una donna che possiede un fascino pieno di attrazione e che abbia bisogno del soccorso di un uomo, o ancora quello in cui un uomo nel pieno vigore giovanile abbia bisogno di essere soccorso da una donna dalla mano carezzevole e delicata. Se la beneficenza deve essere puramente umana, come dice il naturalismo, chi regolerà i movimenti naturali del cuore? E notate che qui parliamo dello straripamento degli istinti più nobili, ma comunque di un’esondazione!. Chi può sostenerli, frenarli, se essi deviano? Se nel primo caso c’è bisogno del motivo della fede, come uno stimolante divino, non è certo che nel secondo si abbia bisogno ancor più del motivo della fede come di un moderatore divino? Quale uomo riservato e discreto invierà le nostre giovani ed angeliche “sorelle di carità” a respirare l’atmosfera viziata dei campi, che somigliano così poco ad un chiostro, senza un divino salvacondotto? Quale campione cattolico o qual giovane prete affronterà senza danni per la sua anima certi focolai di infezione senza questa celeste salvaguardia? E come, in questi casi si potrà praticare, anche senza un vero successo, ma semplicemente senza incorrere in gravi danni, la nobilissima ma delicatissima e fragilissima virtù della carità? Noi crediamo aver detto abbastanza per essere compresi, e perché si veda chiaramente che se c’è una circostanza in cui sia necessario, non solo di credere in Dio, ma di pensare molto a Lui, è quando si tratta di essere veramente caritatevole. È così che la religione ha sempre insegnato con profonda saggezza; è quello che conferma nella pratica una esperienza certa mai smentita. Amare l’uomo per l’uomo solo, ed amarlo sinceramente, è una formula più facile da scrivere nei libri massonici e da sviluppare pomposamente nei gioiosi banchetti delle logge, che da impiantare nelle sale degli ospedali e nelle mansarde delle periferie dei nostri grandi centri suburbani. Amare l’uomo per l’uomo solo ed amarlo sinceramente, sono due cose praticamente irrealizzabili! La prova ne è evidente, poiché praticamente la cosa non si è mai vista realizzare. L’uomo sente non raramente per l’altro uomo null’altro che un sovrano disprezzo, se non addirittura una avversione profonda, nel caso in cui non provi per lui un’attrazione puramente sensuale ed una grossolana passione. La ragione di questo è molto chiara. L’uomo per l’uomo solo non è in fondo, e non può essere logicamente, che l’uomo considerato per il proprio interesse. Senza l’idea di Dio chi, in effetti è unicamente il mio prossimo, se non io stesso? L’egoismo è dunque la conseguenza inevitabile del principio naturalista. Ebbene! Questo egoismo umano ha ordinariamente due forme che lo volgono in brutalità: a) la forma del disprezzo, quando si prova per il fratello l’indifferenza o la repulsione; b) quella di un grossolano appetito, quando il fratello eccita una colpevole passione. E la filantropia naturale, lo abbiamo visto, non ha rimedi contro questo doppio male. E tuttavia questa falsa carità grida, si agita, fa capricci, come dunque si procura stimolanti per le sue opere? Come e con quale filo a piombo e con quale livella li rinnega e li ordina? Noi studieremo queste questioni con maggiori dettagli di quanto fatto qui, nel successivo paragrafo, nel quale vedremo e costateremo in modo più suggestivo le differenze essenziali che distinguono la vera dalla falsa beneficenza, quella che è cattolica e quella detta massonica, quella che è di Dio, e quella che è del demonio, la scimmia di Dio!

XX

Si esamina il terzo punto menzionato più in alto, quello che oggi è il più pratico.

Stabilendo la beneficenza, senza l’amore di Dio come stimolante, e senza la legge di Dio per regola, è chiaro che il massonismo vada alla ricerca di altri stimolanti e di altre regole. È appunto là che brilla il suo “genio”! Entriamo nell’esame del quadro che offre ai nostri occhi la filantropia o carità naturale. – Costa all’uomo spogliarsi di ciò che gli appartiene per darlo sconsideratamente ad un altro uomo. Perché egli si decida a questo difficile sacrificio, occorre che gli si offra una ricompensa. Il Cattolicesimo la offre da quaggiù nei vantaggi del merito, e nell’avvenire con la prospettiva della ricompensa. Coloro che escludono Dio dalla beneficenza, non possono riconoscere in essa né questo merito soprannaturale, né questa ricompensa promessa. – Essi devono cercare e proporre all’uomo delle compensazioni nella vita presente, ed essi la offrono nel modo seguente: – In primo luogo, essi eccitano la sensibilità naturale, che non può fare a meno di commuovere l’uomo, anche il più depravato, al sola vista delle afflizioni altrui. Questo sentimento è il più nobile di tutti quelli che sono puramente umani, ma è così debole per se stesso, che non produce qualche atto in favore dell’indigente che nel caso in cui non sia necessario imporsi per questo dei pesanti sacrifici. Tra il veder soffrire il fratello ed imporre a se stessi qualche sofferenza, è chiaro che si opterà per la prima soluzione, a meno che una ragione superiore non incoraggi od obblighi a fare altrimenti. In secondo luogo essi lusingano con la vanità mediante i pubblici applausi, e portano tale uomo o tale donna ad essere generosi ed a compiere questo o tal altro atto di carità come ostentazione dell’amor proprio. In terzo luogo, essi minacciano con il ridicolo del rispetto umano colui che non doni di buon grado o dia mal volentieri la somma di denaro che gli si domanda, somma che si porge alla fine mormorando e brontolando, non con un sentimento di compassione fraterno per l’indigente, ma talvolta maledicendolo, a causa della costrizione che opera con le sue esigenze. Noi vediamo tanti esempi di questo genere, dalle sottoscrizioni ufficiali o i doni volontariamente forzati che il governo impone sotto il pretesto delle calamità pubbliche, fino alle commissioni che, sotto una forma più o meno autoritaria, percorrono talvolta i quartieri della città con lo stesso oggetto. – In quarto luogo, quando questo non sia sufficiente, cioè quando il ricco non si risolva a soccorrere il povero con lo stimolante della sua naturale sensibilità, o per un movimento di vanità, o sotto l’impulso del rispetto umano, il massonismo per questo non si perde d’animo; esso conosce perfettamente tutte le risorse che fanno agire l’uomo bestiale “animalis homo”, e non mancherà di metterli tutti in gioco. Esso fa allora appello alla frivolezza, in cambio dell’elemosina che vuol trarre dalla sua borsa, perché non si può dire che l’ottenga dal cuore, lo sottomette alla tentazione più forte, perché è la più grossolana: gli offre cioè dei divertimenti. A questo scopo apre come un mercato pubblico di sensualità, per ottenere in favore delle opere di beneficenza un contributo in rapporto al gusto di ognuno: offre delle canzoni a colui al quale piace ascoltarle, delle danze più o meno indecenti a chi ha il palato meno delicato, i sorrisi ed i favori di una donna a colui che ha bisogno di questo apparato per allentare la sua borsa. Si vede allora ciò che nessuno potrebbe credere se non lo vedesse con i propri occhi. Le grandi calamità nazionali, i grandi lutti della patria, sembrano produrre nelle anime lo stesso effetto dei più gloriosi trionfi, poiché si traducono ugualmente all’esterno con divertimenti e feste: a questo punto la contraffazione della carità ha snaturato i sentimenti più naturali dell’uomo; in tal modo si è venuto a spogliare della sua natura ed a cadere in ciò che è contrario alla natura, a forza di voler fuggire il soprannaturale cristiano. Vogliano i nostri lettori osservare bene la progressione discendente di questi stimolanti “naturalistici” ai quali si è dovuto ricorrere per rimpiazzare lo stimolante soprannaturale. Dapprima le emozioni o l’impressionabilità nervosa; in seguito la sete di applausi, più tardi la paura del ridicolo e la censura; infine la sete di piaceri. Di modo che, per non volere attenersi alla carità discesa dal cielo e penetrata dai profumi del tempio, si giunge a chiederla con le passioni più basse dell’umanità, e perfino ricorrendo all’infamia della prostituzione. – Perciò si vede chiaramente innanzitutto quanto una beneficenza di questo tipo abbia ben poco di nobile, e poi quanto ben poca consistenza abbia. L’elemosina procurata con tali mezzi deve logicamente considerarsi un semplice soccorso materiale. Colui che dona per tali motivi da al più uno scudo o un franco, ma non offre un sentimento del cuore capace di incoraggiare il povero, di fargli comprendere che lo si guarda come un proprio simile, che lo si abbracci e lo si consoli come un fratello. Ed ancor mano lo si rispetterà o servirà come un’immagine vivente di Dio. Si da al povero, così come si getta un pezzo di pane ad un cane che si vuole allontanare dal cammino, o come si paga al governo la tassa di un contributo. Questa carità, al più, è una carità passeggera, un fuoco di artificio che non dura oltre la festa per la quale viene preparato. Durante qualche istante, sotto la prima impressione di una grande catastrofe, al cospetto delle esigenze dell’opinione pubblica fortemente eccitata, si fa qualcosa, si raccoglie una certa somma; ma ben presto l’egoismo nativo e l’indifferenza abituale riprendono i loro antichi diritti. Non c’è nulla delle opere che richiedono perseveranza, che domandano pazienza. Non è così che vengono fondate istituzione che vivono per secoli, come ad esempio gli ospedali e gli asili, che assorbono una intera vita, tutta una fortuna; ciò che si fa attualmente è artificioso, frivolo, temporaneo, giornaliero. Nulla di strano, l’idea di Dio e dell’Eternità, non presiedono a nulla di tutto questo!

XXI

Seguito sullo stesso soggetto.

 Se la beneficenza senza Dio deve essere necessariamente fatta con stimolanti sufficienti, deboli, incostanti, poco disposti a tutto ciò che abbia il carattere di vero sacrificio, non è men certo che in assenza di regole e di moderatore, debba essere inevitabilmente poco delicata, senza scrupolo alcuno nei suoi mezzi e nei suoi processi. Cosa si propone la beneficenza senza Dio? Tutt’al più di trarre l’indigente da un imbarazzo materiale. – Non prendendo Dio come motivo primario, né come fine ultimo, né come regolatore dei mezzi da impiegare per giungere a tal fine, è naturale e logico che essa giudichi buoni e convenienti tutti i processi, a condizione che essi acquisiscano una somma di denaro con il cui aiuto si uscirà abilmente da una difficoltà. Essa non può supporre che per delle pure ragioni di umana convenienza, si rinunzi ad impiegarli: soprattutto quando si sa già in precedenza che il criterio della convenienza umana è molto elastico in tutte le questioni di morale che si offrono al suo apprezzamento, e soprattutto lo è ancor più quando una maggiore elasticità possa dissimularsi e darsi un’apparenza di onestà, con il pretesto che la si tolleri perché opera buona, per … soccorrere pressanti bisogni. – Qualcuno dei nostri lettori avrà probabilmente trovato eccessivo ciò che abbiamo detto più in alto, e cioè che una certa carità moderna non esiti talvolta a ricorrere anche alle turpitudini della prostituzione. Noi siamo stati ben lontani, quando abbiamo scritto questo, dal pensare di avere sottomano un fatto che giustificasse la nostra asserzione. È satana stesso, che diviene talvolta a nostro vantaggio, nelle nostre opere, un eccellente collaboratore, che ci fornisce questa prova per mezzo di uno dei suoi rappresentanti più autorevoli della stampa locale (della città di Barcellona). Noi prendiamo ricopiamo da questo organo satanico il passo seguente, che sembra espressamente scritto per darci ragione. Vi è scritto infatti: « I due avvenimenti del giorno più curiosi sono una festa di carità a Parigi ed un processo in Germania. La festa di carità è consistita in un concorso di nuoto al quale hanno preso parte delle donne. Questo concorso ha avuto luogo di notte, nel ginnasio nautico. Queste donne hanno nuotato in pubblico e con abilità. Noi ci dispensiamo dal menzionare il tipo di pubblico che ha assistito ad uno spettacolo così nuovo e attraente: la carità scusa tutto, secondo la moderna dottrina, e non osiamo meravigliarci di ciò che potrebbero tentare nel tempo le dame francesi, sempre sotto la copertura della carità. E allora? È così che poco a poco la carità puramente umana stima leciti ed onesti per un suo fine dei mezzi che altrimenti non potrebbe impiegare se dovesse sottostare al freno severo della legge di Dio. Ma senza parlare di cose indegne di essere menzionate, la pratica della carità senza Dio presenta un altro genere di inconveniente che, per essere di un ordine più o meno abietto, non manca di essere molto in voga. Tali sono coloro che risultano dalla frode e dalla malversazione con la quale mani poco delicate riescono a stornare a loro profitto personale dei fondi destinati al sollievo dei bisogni altrui. Questa lebbra è così contagiosa e colpisce oggi fortemente ogni specie di carità laica o civile che nelle recenti calamità abbiamo potuto vedere con i nostri occhi personaggi che non si potevano certamente sospettare di attacchi al clericalismo, andare a depositare i loro doni tra le mani del vescovo o del curato, sicuri così, con tal mezzo, di vedere arrivare questi doni alla loro vera destinazione, perché incerti nel saperli arrivare invece per tutt’altro cammino. Sì, il trionfo della Carità Cattolica sulla sua rivale, sul suo nemico, la sua contraffazione, la carità massonica o civile, è manifesta, splendida, indiscutibile, abbiamo potuto costatarlo in occasione degli ultimi terremoti. Il buon senso naturale ha prevalso spontaneamente in questa occasione nella maggior parte dei cuori, sul pregiudizio della setta: tutti hanno compreso che il miglior filo conduttore della carità, dal cuore di colui che può soccorrere fino al cuore di colui che ha bisogno di essere soccorso, e pertanto dalla borsa ben guarnita del primo, alla borsa vuota del secondo, è il filo della credenza religiosa, e che tutt’altro modo di domandare la carità e tutt’altro modo di praticarla e distribuire dei soccorsi, sarà attuale e liberale, fin tanto che si vorrà, ma non darà mai risultati. – In definitiva, sia ha bisogno di credere in Dio, di parlare di Dio, di pensare a Dio e di credere a Dio per dare molto al prossimo, e dare in modo tale che il prossimo sia veramente soddisfatto. Le epidemie dell’ultimo anno hanno mostrato nella stessa vicina Nazione un altro vantaggio, dello stesso genere, della vera carità sulla carità massonica. La massoneria aveva allontanato dagli ospizi e dagli asili gli infermieri e le infermiere appartenenti agli istituti religiosi, avendo messo al loro posto dei laici dal repubblicanesimo più accentuato ed i meno sospetti di clericalismo. Arriva l’ora terribile, non si tratta più di praticare gli ordinari trattamenti, ma di esporre la propria vita per la salute del prossimo. E questi valenti secolari d’ambo i sessi abbandonano quasi tutti vergognosamente il loro posto, provando con ciò che erano solo dei soldati che non servono che in tempo di pace. E la stessa massoneria che domina nella maggior parte dei consigli municipali e provinciali, deve subire l’umiliazione di fare un nuovo appello ai religiosi ed alle religiose che essi avevano allontanato con violenza dai letti degli ammalati. E religiosi e religiose sono accorsi subito all’appello dei loro nemici, non per vantarsi di una vittoria sì gloriosa, o per rinfacciare loro l’incoerenza presente e la loro ingiustizia passata, ma semplicemente per morire per i loro fratelli, così come accaduto a molti di essi. Quale lezione? Il mondo attuale li ha visto all’opera, e certamente non si può essere probabilmente più convincenti! Esso li ha sotto gli occhi e sotto mano, affinché veda e tocchi ciò che può e sa fare con tanta facilità la carità che ha Dio come principio, come fine, come regola, e che non può né sa fare in altro modo, per numerosi che siano i suoi sforzi, la carità che si ostina a fare a meno di Dio.

XXII

Opposizione radicale che esiste tra il cattolicesimo e la massoneria, nel modo di apprezzare l’arte.

L’arte è uno dei punti sui quali ci siamo proposti di indicare rapidamente in cosa differisca l’apprezzamento e l’influenza del massonismo e del Cattolicesimo. Andremo ora a trattare questo soggetto, ma senza dargli gli sviluppi che desideriamo, per non prolungare oltremodo un soggetto che oltrepassa già i limiti ordinari. L’arte, nelle sue diverse manifestazioni, come espressione del bello, innato nell’uomo, potrebbe chiamarsi il meno umano di tutti i concetti umani, o se si vuole, il meno terrestre, tanto è ideale, sublime e vicino al divino ed al celeste. Tutti i popoli, gli infedeli ed i cristiani, hanno riconosciuto nell’arte vera e nei veri artisti, qualcosa di divino il « quid divinum », che dà alle opere d’arte un carattere che le distingue essenzialmente da tutte le altre cose concepite dal sapiente o dell’artista di talento. L’arte e l’artista vivente respirano e si sviluppano in una regione molto più elevata e più pura di quella in cui si muove il comune mortale; essi godono di orizzonti illuminati da una luce più viva di quella di cui si gode nelle comuni sfere della vita; essi appartengono all’umanità, ma ne sono, come noi abbiamo visto, la parte più nobile; è con esse che, nell’ordine naturale, si manifesta nel modo più evidente, l’origine divina dell’uomo e la fiammella del fuoco celeste dispensata dalla mano del Creatore in questo vaso di fango che si chiama corpo. È una ragione in più per cui, il nemico di Dio e dell’uomo si sforza di rapire loro l’onore ad entrambi, oscurando con neri vapori e bagliori sinistri dell’abisso, la pura e serena luce del cielo, che l’arte e l’artista hanno la missione di far risplendere con l’aiuto delle loro opere sulle aride vallate terrestri. Il naturalismo o il massonismo, ha qui uno scopo facile da comprendere: fare che ciò che il Creatore ha elargito all’uomo per guardare unicamente in alto, sia rivolto unicamente in basso; padroneggiare ed esaltare un’arte che sia l’espressione delle concupiscenze che abbrutiscono ed animalizzano l’uomo; in luogo di proporgli e raccomandargli un’arte che sia l’espressione dei sentimenti elevati che nobilitano ed elevano la sua dignità. La materia in qualche modo spiritualizzata, era, per così dire, la formula dell’arte cristiana. Lo spirito abbassato quanto più possibile alle vili soddisfazioni della carne: ecco la divisa dell’arte naturalista. Cantare, dipingere, scolpire di modo che la poesia, il quadro, la statua o il monumento, siano come tante ali per mezzo delle quali l’uomo si elevi, al di sopra della sua condizione di esiliato, a gioie superiori, a sentimenti più nobili e, di conseguenza, ad un livello superiore nelle sue idee e nei suoi atti; tale sarà l’apostolato divino dell’arte che in qualche artista giunge ad essere una vera religione. Cantare, dipingere, scolpire, perché le immondizie della materia lusinghino ancor più i sensi, perché l’uomo trovi più gioia in ciò che lo avvilisce e lo imbratta, perché si getti più risolutamente nel fango; perché egli dimentichi ed anche detesti il cielo con la più cieca ostinazione: tale è l’apostolato satanico dell’arte empia e nemica di Dio. – da queste caratteristiche si riconoscerà facilmente a quale movimento obbedisca e quale luce, se celeste o infernale, si rifletta sulla fronte della maggior parte degli artisti del nostro tempo infame. Per il fatto che anche molto spesso allontani l’uomo da Dio, e lo degradi, l’arte moderna lascia chiaramente vedere quali siano il suo principio ed il suo spirito: se non è Dio, è certamente il suo nemico! La massoneria, che è questo nemico universale di Dio, organizzato, concentrato e costituito, per così dire, in una vasta congiura di forze nemiche di Dio, proclama, propaga ed incoraggia quest’arte avvilita e corruttrice che abbrutisce l’uomo, mentre che l’arte ispirata dalla fede cristiana tende costantemente a divinizzarlo: la musica, la letteratura, la pittura, la scultura sono nelle mani della massoneria e nelle mani di spiriti che essa ispira disgraziatamente, come tanti focolai ardenti di grossolana sensualità e di brutale concupiscenza che, dopo aver disseccato il cuore come una febbre bruciante, lo indurisce al punto che non potrà mai provare un sentimento più nobile. Con le emozioni della carne e dei nervi svaniscono nell’anima la gioia serena, pura ed entusiasta che produce in esso la vera bellezza. In luogo dell’estasi intellettuale artistica, si trova e si ottiene l’ebbrezza e l’eccitazione nervosa, che non è che l’imitazione e la parodia. Ditemi di grazia: non è questo più frequentemente il carattere dell’arte della nostra epoca? Non sono forse i suoi effetti manifesti e deplorevoli?

XXIII

Come si vede chiaramente l’applicazione di questa dottrina

nei piaceri moderni.

Giungiamo al termine di queste semplici considerazioni, che non sono certamente un enunciato di idee, e che richiederebbero, per essere sviluppate in modo conveniente, molto più dello spazio di quello che abbiamo potuto loro consacrare nell’insieme. L’applicazione più comune e più pratica di ciò che noi dicevamo nel precedente paragrafo sull’arte che ha subito l’influenza funesta della massoneria, si offre chiaramente ai nostri occhi nelle distrazioni o nei piaceri pubblici, e nella stampa, branca speciale della letteratura, che può e deve essere annoverata tra questi passatempi. Sì, i divertimenti pubblici e la stampa moderna sono generalmente oggi, un puro massonismo [e non c’erano ancora il cinema e la televisione! –ndt. -], vale a dire il prodotto dell’influenza massonica e nel contempo un mezzo per propagarlo ed estenderlo. Noi ne abbiamo la prova sottomano, e per comprenderlo, è sufficiente ricordare i principi che abbiamo enunciato in precedenza. Il massonismo non è null’altra cosa che il naturalismo; ed i divertimenti moderni e la letteratura contemporanea si sforzano, da molti anni, di essere esclusivamente naturalisti. Ne risulta che essi sono radicalmente ed assolutamente massonici e … massonizzanti, un effetto e nel contempo una causa molto attiva di questa orribile cospirazione di tutti gli elementi sociali contro il regno soprannaturale di Dio Nostro-Signore sulla creatura e sulla società umana. – Che il naturalismo sia assolutamente l’oggetto e l’ispiratore di tutto ciò che l’uomo scrive, canta o propone per il piacere dell’umanità, è innegabile a meno che non si sia ciechi o miopi nel costatarlo su ogni locandina teatrale, in ogni pubblicazione giornalistica circolante tra il pubblico, o in tutti i cartelli agli angoli delle strade. Attualmente, la materia non è più idealizzata come ai tempi in cui si credeva universalmente che essa fosse uno degli oggetti primordiali dell’arte, ma l’idea si materializza, si prostituisce, si avvilisce vergognosamente per essere un apparato seducente per l’uomo. Una gran parte, o meglio la quasi totalità degli spettacoli e della produzione letteraria del giorno sono delle cloache immonde, che non causano nausea a tutti gli stomaci, semplicemente perché questi hanno contratto anch’essi una deplorevole infermità, e sono diventati assolutamente carnali e grossolani. E non è solo la critica cattolica che formula questo giudizio e avanza questa condanna, i dottori del razionalismo contemporaneo stesso, nei loro frequenti intervalli di lucidità e nei momenti di sano apprezzamento costatano questo male, lo deplorano e lo stigmatizzano. Zola nel romanzo, Echegaray nell’arte drammatica, Sara Bernhart nell’ambizione plastica di quest’arte, sono tre tipi che possono personificare in pieno tre scuole che meriterebbero meglio il nome di “ignobile prostituzione”. Queste scuole regnano oggi e predominano quasi in assoluto, e come il sovrano Pontefice lo ha denunciato per la massoneria, esse esercitano sul gusto una influenza sociale che in qualche modo può definirsi un dominio. Si leggono queste produzioni e non si legge nessun’altra cosa! Si ascolta, si vede, si applaude tutto questo con furore, e non si ascolta, non si vede e non si applaude se non questo: ogni altro nutrimento artistico ed intellettuale diviene senza gusto ed insipido per i palati abituati a queste salse fortemente speziate. Ecco precisamente un campo nel quale la massoneria può gloriarsi di regnare anche su coloro che apparentemente sono i suoi più risoluti nemici. L’anima si spaventa alla vista delle numerose famiglie cattoliche, e sinceramente cattoliche, che con il favore del romanzo e dello spettacolo massonico, respirano, bevono e mangiano ogni giorno ed ogni notte, a dosi piene, il veleno del massonismo più sottile e più raffinato. Nelle letture, gli spettacoli, non si predica null’altro che l’odio dell’ordine soprannaturale cristiano, o quantomeno l’astrazione voluta ed affettata di quest’ordine. Questi uomini vanno formando insensibilmente i loro sentimenti, le loro idee ed i loro costumi su questi modelli naturalistici; essi si abituano a pensare, a sentire, a giudicare, a determinarsi secondo questo criterio; e alla fine essi si trovano ad essere, nel loro foro interiore, dei perfetti massoni di grado superiore, benché nella loro vita, essi non abbiano mai visto un triangolo, né portato grembiulini, né assistito ad alcun rito ufficiale della setta. Che importa tuttavia che essi non abbiano partecipato a riti esteriori, se la loro vita è interamente conforme al suo spirito, se essi sono diventati proseliti delle sue massime e delle sue usanze e se, così spesso, senza forse rendersene conto, ne sono divenuti dei campioni calorosi e zelanti? Questo non è tutto; qui il pregiudizio è tanto più grande ed il risultato più considerevole quanto più l’azione è segreta e procede da persone contro le quali si è meno in guardia. Così vanno oggi le cose; ed è ciò che spiega l’immensa influenza del massonismo scientifico, letterario, artistico e pratico nella società attuale. Noi abbiamo convenuto ingenuamente che non c’è massone che non sia passato attraverso le prove grottesche dell’iniziazione, quando in realtà il massonismo conta soprattutto sul prestigio e sull’influenza di coloro che non si sono mai sottomessi a simili cerimonie. A che cosa dunque servono questi riti simbolici? Queste logge misteriose? Questi clubs tenebrosi? Se si attribuiscono alla massoneria tutti i risultati ottenuti su molti degli infelici cattolici, questi vanno ben al di là delle loro speranze. Pertanto, e lo abbiamo detto già fin dall’inizio, e tale è l’oggetto vero del nostro presente lavoro, il massonismo è nella nostra epoca più pericoloso della stessa massoneria. Ci piace dirlo ancora: quest’ultima potrebbe ben indebolirsi ed anche sparire dal quadro delle istituzioni, mentre l’altro dimorerebbe e regnerebbe in modo assoluto e quasi esclusivo, così come oggi la cosa comincia disgraziatamente a delinearsi.

EPILOGO

Eccoci giunti, conformemente al piano che abbiamo tracciato, al termine delle nostre considerazioni sul massonismo ed il Cattolicesimo. Noi ci fermiamo qui, senza far posto a mille altre questioni che si presentano in questo momento sotto la nostra penna e che ci renderebbero interminabili su questo soggetto. Ci sembra del resto che noi abbiamo sufficientemente provato la nostra tesi, cioè l’aver dimostrato l’opposizione radicale ed assoluta che esiste tra il massonismo ed il Cattolicesimo, mostrando successivamente la soluzione opposta che essi danno a tutti ed a ciascuno dei problemi filosofico-sociali che si agitano oggi in Europa. Non resta più da ascoltare su questo soggetto che la voce più autorevole di tutte, cioè quella del Dottore supremo che, dalla suo soglio di Roma, ci ha parlato con tanta precisione e chiarezza nella sua celebre enciclica Humanun Genus. Non ci resta che ascoltare la voce della massoneria alfine di decidere come catalogare per nostro conto questi cattolici più ciechi e più ostinati, che non ha potuto convincere nemmeno l’oracolo universale del Vaticano, e che hanno bisogno, per uscire dalla loro strana perplessità, della decisione più autorizzata forse da satana stesso: noi vogliamo parlare dell’oracolo delle logge. Sì, questo oracolo ha pure parlato, ha reso omaggio alla verità delle affermazioni pontificie, a vergogna di tanti pretesi cattolici che si ostinano a tacciarle di esagerazioni e di pessimismo. Sì, è la mano ufficiale della massoneria che ha scritto in uno dei suoi bollettini più autorevoli (Bulletin Maçonnique de la grande Loge symbolique Écossaise), le seguenti frasi di una spaventosa esattezza. Tutti i nostri lettori vi vedranno la sintesi e nello stesso tempo la conferma di tutto ciò che abbiamo scritto su questo soggetto: « la franco-massoneria – viene detto – non può fare a meno di ringraziare il sovrano Pontefice, Leone XIII, per la sua ultima Enciclica che, con una autorità incontestabile ed una grande abbondanza di prove, viene a dimostrare una volta in più, che esiste un abisso insormontabile tra la Chiesa, di cui egli è il rappresentante, e la rivoluzione, della quale la massoneria è il braccio destro. È bene che coloro che sono esitanti cessino di riporre vane speranze di conciliazione. Bisogna che tutti si abituino a comprendere che è giunta l’ora di optare tra l’ordine antico che si appoggia sulla rivoluzione, e l’ordine nuovo che non riconosce altri fondamenti che la scienza e la ragione umana: tra lo spirito di autorità e lo spirito di libertà. » [Fine. Leggi l’enciclica in: UN’ENCICLICA AL GIORNO, TOGLIE IL MODERNISTA APOSTATA DI TORNO … e pure il masso-illuminato dell’«ECCLESIA»: Hunanum genus/exsurgatdeus.org]

 

F. Sarda Y Salvani: MASSONISMO E CATTOLICESIMO -2-

Sarda y Salvany: Massonismo e cattolicesimo -2-

VIII

Il concetto intrinseco e fondamentale del massonismo e la sua opposizione essenziale al cattolicesimo sono posti in una luce più ampia.

Il massonismo non differisce dal naturalismo; ed il naturalismo, come abbiamo visto nel paragrafo precedente, è la negazione della caduta originale dell’uomo, della sua riabilitazione mediante Gesù-Cristo, e di conseguenza dei diritti individuali e sociali sulla creatura che Egli ha riscattato. Il massonismo non è, come pensano taluni, l’ateismo puro, benché come conseguenza logica, esso conduca là; non è parallelamente né la demagogia né il socialismo, benché per sua inclinazione naturale, conduca infallibilmente la società ai suoi estremi. Esso non è niente di tutto ciò. Il massonismo si sforza di mantenersi nella sfera abitata dai conservatori onesti e saggi a modo loro: esso vuole che la società riposi sui suoi fondamenti; esso è partigiano dell’ordine, dell’equità, del mutuo rispetto delle classi e degli interessi; solo esso vuole tutto questo ma senza Gesù-Cristo, senza il Cristianesimo, completamente fuori dall’atmosfera cristiana. Questo è un problema difficile, ben più, insolubile, perché dopo che la rivelazione cristiana si è compiuta, è impossibile sottrarvisi senza cadere nell’abisso della più orribile anarchia individuale e sociale. Le cose oggi non sono più quelle che erano prima della venuta di Gesù-Cristo. La società o gli individui che non sono stati cristianizzati, possono certamente mantenersi in un certo stato di onestà naturale di cui la storia ci offre qualche raro esempio; ma la società in cui gli individui che hanno conosciuto il Cristo ed in seguito l’hanno rinnegato, non possono, per un giusto castigo del cielo ed in virtù delle inflessibili leggi della logica, evitare di cadere negli abissi profondi della più abietta empietà, del più ripugnante satanismo. È quel che insegna la storia e che dimostra l’esperienza di tutti i giorni. È la ragione è facilmente comprensibile. Colui che non ha conosciuto Gesù-Cristo e non ha alcuna idea della sua rivelazione, può non essere cristiano; questo è un male considerevole, ma non il peggiore di tutti i mali. Ma l’aver conosciuto il Cristo e la sua rivelazione ed in seguito apostatare, non è nulla meno che l’anticristianesimo deliberato e volontario. Tra questi due stati c’è la stessa differenza che intercorre tra la semplice ignoranza della verità e la guerra aperta e dichiarata verso questa stessa verità. Tale oggigiorno è la situazione della massoneria, o meglio, del massonismo. Il suo obiettivo è l’organizzazione di un ordine sociale senza il Cristo; ma per la forza delle circostanze, si vede nell’obbligo di organizzare un ordine sociale contro il Cristo. Esso vorrebbe semplicemente una società non cristiana, secondo il modello di taluni popoli dell’antichità; ma esso giunge invece ad una società anticristiana o satanica. Per parlare più chiaramente, il naturalismo ha potuto un giorno non essere altro che l’assenza più o meno colpevole del sovra-naturalismo; oggi, per forza di cose, il naturalismo non può essere che l’anticristianesimo. Il Papa nella sua celebre enciclica “Humanum genus”, percorre le diverse sfere dell’ordine sociale in cui il massonismo, oggi dominante, lascia vedere più chiaramente la sua influenza naturalista o anticristiana. Sulla sua sequela ed alla luce dei suoi dotti insegnamenti, noi speriamo di mettere queste verità alla portata di coloro che non hanno mai discorso su queste materie, riducendole ai punti seguenti:

La religione,

Lo stato,

La famiglia,

La proprietà,

L’educazione,

L’insegnamento scientifico,

La beneficenza,

Le lettere e le arti, i divertimenti.

Sono invero tanti i problemi in cui si manifesta francamente oggi l’opposizione che esiste tra il criterio massonico ed il criterio cristiano, e del quale la semplice indicazione suppone un programma di studi che comporterebbero non solo qualche breve capitolo su di una rivista popolare, ma volumi e volumi. Quantunque sia, noi pensiamo tuttavia che facendo notare come, su ciascuno di questi punti, al “si” massonico si opponga sempre il “no” cristiano, e reciprocamente, potremo chiarire per un gran numero di lettori certi dubbi che potrebbero derivare relativamente all’universalità ed alla preponderanza del massonismo all’epoca nostra; ed essi vedranno quanto sia vero ciò che noi diciamo recentemente, che cioè: un gran numero di persone che credono, forse in buona fede, di aborrire cordialmente il massonismo e la massoneria, al contrario pensano, parlano, decidono ed agiscono “massonicamente”. È questa una osservazione che non lasceremo mai di ripetere, e che l’estrema pazienza e bontà dei nostri benevoli lettori ci permetterà talvolta ancora di ricordare: perché, non dubitino, è la che si trova il segreto dei nostri mali presenti e della formidabile oppressione che esercita su di noi la tirannica massoneria.

IX

L’opposizione radicale che esiste tra il massonismo ed il cattolicesimo nel modo di intendere il concetto della religione.

Così noi andiamo ad esaminare ad uno ad uno i principali punti sui quali si manifesta la contraddizione essenziale esistente tra la soluzione cattolica e la soluzione massonica. È il mezzo più pratico di mostrare, anche a coloro che sono meno versati in questo genere di studi, quanto sia profondo l’abisso che separa il massonismo dal Cattolicesimo, e più di tutto ciò che c’è di formalmente massonico in un gran numero di idee che professano oggi, senza il minimo scrupolo, taluni uomini che non di meno vogliono farsi passare per onesti cristiani. Il primo problema che si offre all’intelligenza umana, è quello della Religione, o per meglio dire: questo problema racchiude tutti gli altri. Ma noi qui vogliamo unicamente parlare di religione in ciò che l’uomo ha l’obbligo di conoscere di essa; ed è inteso che, parlando di religione, noi non abbiamo da considerare se non la sola vera, la religione Cattolica, apostolica, romana. Stabilito questo, noi andiamo a vedere che il “si” o “no” del contraddittorio del criterio massonico e del criterio cattolico hanno lo stesso punto di partenza. Il massonismo sostiene che la religione è una questione puramente individuale e che riguarda il foro interno di ciascuno; che l’uomo è libero di servire ed adorare Dio nel modo che gli sembrerà il migliore, e che nessuno può essere obbligato o costretto da un altro a praticare questi o quegli atti di religione. Tale è il fondamento sul quale il massonismo stabilisce la sua teoria della libertà assoluta dei culti, che è per esso il primo dei pretesi diritti dell’uomo, il più sacro ed il più inviolabile dei diritti. Così infatti tutti i legislatori moderni, ispirandosi a questo criterio massonico, hanno iscritto in prima linea questo diritto fondamentale, che è stato denominato, con nome sonoro e pomposo, di libertà di coscienza. Il Cattolicesimo sostiene al contrario, che questa libertà di coscienza non esiste; che la rivelazione di Gesù-Cristo è obbligatoria per l’individuo, così come per le nazioni, che l’uomo libero non ha il diritto di vivere al di fuori della fede o di professare delle opinioni che gli siano contrarie, senza fare di debolezza e rendersi disprezzabile; che se l’uomo deve avere incessantemente dei sentimenti di carità e di compassione per colui che si inganna in buona fede, egli deve essere perciò severo nei riguardi di colui che professa sistematicamente l’errore; che nelle società cristiane che vogliono vivere e governarsi cristianamente, è logico che gli attacchi contro la fede siano passibili di pene, come lo sarebbe l’attacco contro un’altra istituzione fondamentale qualsiasi di questa società, e che ugualmente, in queste società, non si può stabilire come base la libertà di coscienza, ma tutt’al più concedere una tolleranza più o meno larga che la si demarchi bene, per Dio! – o in virtù delle circostanze antecedenti e concomitanti, si trovi già stabilito e radicato il fatto di una diversità più o meno considerevole di opinioni in materia di religione. Ma questo fatto, quando realmente esiste, non può mai essere sanzionato come un diritto, ancor meno esser proposto ufficialmente come un progresso, ma ben al contrario, ci si deve sforzare di portarvi rimedio e di farlo sparire, come si farebbe per qualunque calamità sociale. La religione, presso il Cattolicesimo, non è una relazione libera tra l’uomo e Dio, una relazione che ciascuno possa regolare o determinare a suo gradimento. Altrimenti, bisognerebbe considerare come perfettamente legittime e gradite a Dio tutte le impurità, le oscenità e le prostituzioni di coloro che onoravano Venere e Adone nei templi di Cipro; tutte le crudeltà dei sacrifici umani che offrivano a Teutate gli antichi galli; gli orribili festini ove si servivano le carni dei prigionieri che gli Irochesi celebravano in onore della loro falsa divinità; l’immolazione dei genitori anziani che prescriveva ai Massageti una assurda pietà filiale; il sacrificio della vedova sulla catasta di legna nel rogo del marito, come esige il cerimoniale dei funerali in India, o le ecatombe spaventose con le quali il monarca sanguinario del Dahomey solennizza le sue feste. Se è giusto che l’uomo onori la Divinità a suo piacimento, si devono considerare queste mostruosità come lecite, giuste e gradite al Cielo, e colui che vi partecipa non merita più del castigo di quest’altro che predica la falsa Bibbia, o di chi pratica le meraviglie e gli incantesimi dello spiritismo. E il massonismo, o deve ammettere come logiche tutte queste assurdità, o convenire, mediante una rigorosa e razionale conseguenza, che non c’è altra maniera legittima di onorare Dio se non quella con la quale Egli voglia essere onorato, e che essendosi Dio Padre degnato di inviare il suo unico Figlio al mondo per insegnargli col suo esempio e la sua dottrina questo mezzo unico con cui essere servito ed onorato, sarebbe una rivolta contro Dio e contro il suo Cristo, il ricorrere ad altri mezzi, o insegnare che l’uomo è libero di determinare il suo criterio religioso, qualunque esso sia, in opposizione al criterio rivelato dal Figlio di Dio; soprattutto dopo che quest’ultimo ha sigillato il suo Vangelo con queste formali parole, espresse e decisive, che distruggono assolutamente ogni pretesa di libertà umana su questo punto: « colui che crederà e sarà battezzato, sarà salvato; ma colui che non crederà, sarà condannato » [“Qui crediderit, et baptizatus fuerit, salvus erit; qui vero non crediderit, condemnabitur”. Marc, XVI, 16]. Si veda dunque di cosa si fanno eco tutte queste disgraziate vittime dell’illusione che sostiene oggi l’assurda e fallace teoria massonica secondo la quale la religione è una questione libera e puramente interiore, e ciascuno è capace di servire ed onorare Dio a suo modo. È inutile far notare che coloro che pretendono di servire ed onorare Dio liberamente, hanno l’abitudine di non servirLo ed onorarLo affatto in alcun modo, e di non ricordarsi affatto dell’esistenza di Dio. Se si pretende che nessun altro all’infuori di Dio possa giudicare gli atti interiori che non si producono in alcun modo all’esterno, si dice allora la verità, ma una verità di La Palisse [ovvia]: perché se questi fatti sono puramente interni e non producono alcunché all’esterno, essi sono assolutamente occulti, ed è chiaro che essi non cadano e non possono cadere sotto nessuna giurisdizione che non sia la giurisdizione diretta dello stesso Dio, il solo che vede le cose nascoste. È per questa ragione in questo senso che si dice che la Chiesa stessa non può giudicare degli atti puramente interiori; ma questo non vuol dire che tali atti siano liberi. Dio può giudicarli, ed in effetti li giudica in modo terribile; e la Chiesa può imporli come regole, come regole severe, benché non le appartenga propriamente giudicare altrove, se non al tribunale della misericordia, il fedele che viene ad accusarsi.

X

Un altro punto sul quale il massonismo ed il Cattolicesimo sono radicalmente opposti l’uno all’altro, è la maniera di considerare lo Stato civile.

Se esiste un’opposizione radicale tra il massonismo ed il cattolicesimo nel loro modo di apprezzare i rapporti diretti dell’uomo con Dio, ciò che costituisce il problema religioso, la loro opposizione non è meno radicale nel loro modo di esprimere l’idea che essi si fanno dello Stato civile, ciò che costituisce un altro punto egualmente importante. Lo Stato per il massonismo, è indipendente, sovrano, senza altro freno né soggezione che le proprie leggi, che non possono essere emanate da altra autorità che non sia la sua. Lo Stato, massonicamente parlando, è il principio di tutto ciò che costituisce la vita sociale, la fonte dell’autorità, l’autore del diritto, l’istitutore della famiglia, il fondamento della proprietà, il direttore unico dell’insegnamento: in una parola, in qualche modo, è un Dio. Lo Stato, secondo l’espressione paradossale e storica di Rousseau, è il principio di tutte le insanie liberali moderne; esso è come la risultante delle volontà di tutti i cittadini, e pertanto in tutta la sua onnipotente entità, esso rappresenta il diritto libero di tutti, e mostra, per mezzo del suffragio universale, che è la libera volontà dei suoi membri. – E ciò che la maggioranza dei suffragi dichiara buono, è buono; ciò che dichiara come vero, è vero; e non esiste, né in cielo né in terra, alcuna regola superiore a quella, e le sue decisioni sono senza appello. Da questo risulta praticamente che questa indipendenza assoluta dello Stato si trasforma, per tutti coloro che sono sotto la sua dipendenza, in una servitù la più odiosa e degradante. Il dio-stato, in possesso di tali attribuzioni, è un despota orribile, che detta con una brutalità senza uguali le sue leggi capricciose e le impone secondo il suo beneplacito, senza altra forza né prestigio che quello che gli danno la frusta e la sciabola che esso brandisce al di sopra della massa abbrutita. Da lì, per effetto di una reazione naturale della dignità umana, vi è come conseguenza, nel popolo, una continua rivolta contro questo genere di autorità umana divenuta odiosa, e da tutte le labbra sfugge spontaneamente questa esclamazione celebre di un poeta: « chi ha costituito l’uomo giudice dell’uomo? » Perché in effetti, se colui che deve comandarmi e giudicarmi in questa vita non mi comanda e non mi giudica in virtù di un principio che sia superiore a lui e a me, in virtù di quale diritto quest’uomo mi comanda e mi giudica? Questo non può essere per il solo fatto brutale che sia più forte di me. Tale è il fondamento della teoria massonica sui diritti dello Stato ed i doveri del cittadino. Esaminiamo ora l’insegnamento cattolico sul medesimo soggetto. – Il Cattolicesimo insegna che l’uomo è stato creato da Dio per vivere in società, e con tal mezzo ottenere il suo fine eterno. L’organizzazione sociale non è dunque il risultato di un patto o di una convenzione tra i membri di una società come lo ha falsamente preteso Rousseau, ma è l’effetto della volontà di Dio, che ha creato l’uomo per questo fine, e non per altro. La società è dunque divina nel suo fine e nel suo principio. Ed essendo così, le sue basi fondamentali, di cui la prima è l’autorità, sono ugualmente di diritto divino. È così che ogni autorità legittima è di diritto divino. Coloro che si burlano del diritto divino, suppongono falsamente che il Cattolicesimo non lo riconosca che come l’aureola sacra della regalità. Non c’è nulla di più falso. Per la Chiesa, ogni autorità legittima è di diritto divino, che questa autorità sia regale, aristocratica, democratica, o mista. Per la Chiesa, colui che comanda legittimamente non comanda mai né in nome suo, né in nome del popolo; egli comanda sempre in nome di Dio, che solo può autorizzare un uomo a comandare su di un altro uomo suo eguale. Da ciò risulta, come conseguenza di questo divino insegnamento, che colui che comanda, chiunque sia, non è, in questa prerogativa di comando, nessun’altra cosa che il ministro o il rappresentante di Dio, « il ministro di Dio per il bene », come dice San Paolo (Dei minister in bonum, – Rom. XIII, 4), e che non può comandare legittimamente secondo il suo umore o il suo capriccio, ma seguendo le leggi della retta ragione e della rivelazione, precedentemente stabilite. E risulta ancora da questo che colui che governa debba essere il primo a venir sottomesso alle leggi che egli si è incaricato di applicare, supponendo che il rigore non lo abbia fatto con le leggi da se stesso, ma che non abbia fatto che promulgare e prescriverne l’osservazione, considerandole come una semplice applicazione pratica di un’altra legge più elevata, di cui egli si riconosce come il primo e più fedele vassallo. E così, nello stesso tempo in cui si trova applicato il carattere dell’autorità, che acquisisce una sorta di divino riflesso, l’obbedienza si trova parimenti elevata ed nobilitata, poiché in definitiva risulta che essa si applica non secondo il capriccio dell’uomo, ma per un ordine emanato da Dio. – L’insegnamento della Chiesa su queste verità di diritto pubblico cristiano è talmente formale, che se un legislatore o governo comanda, non secondo la legge di Dio, ma secondo il proprio capriccio o secondo il suo buon piacere, essa permette di dargli il nome di “tiranno”, ed essa vuole che, se prescrive qualcosa di opposto alla legge di Dio, non si sia affatto obbligati ad obbedirgli. È così che la dottrina cattolica garantisce con eguale saggezza sia i diritti dell’autorità che quelli della libertà, e risolve con questo il problema complicato delle relazioni tra il capo ed i soggetti, problemi che le costituzioni massoniche moderne si sforzano invano di risolvere dopo tanti anni, e che ogni giorno di più si aggravano. Discorrono dunque parlando da massoni e non da cattolici, coloro che dicono che bisogna curvare la testa davanti ad ogni ordine arbitrario dello Stato, anche a dispetto dei diritti della coscienza cristiana; coloro che professano il principio insensato della sovranità nazionale, e quest’altra insania che tutti i poteri emanano dalla nazione; e quest’altra stupidaggine che pretende che il re ed il parlamento possano tutto, eccetto che fare di un uomo una donna. E discorrono e parlano massonicamente coloro che, nei casi dubbi, in presenza di una legge unica e vessatoria si traggono dall’imbarazzo dicendo: « è una legge dello Stato », come se dopo questo, non vi sia nient’altro da esaminare. Noi sappiamo che, contro questa teoria assordante dello stato-Dio, si sia immaginato recentemente un sistema di contrappesi, basato sulla teoria dei diritti individuali del cittadino, diritti imprescindibili e non soggetti all’azione della legge. Ma siccome la base di questi pretesi diritti individuali non è altro che il puro razionalismo, senza altra legge o regola superiore se non la volontà dell’uomo che deve esercitarli, ne risulta, in senso inverso, lo stesso inconveniente. Con questa brillante teoria si verrebbe a sostituire al dispotismo governativo, l’oligarchia popolare che è, in fin dei conti, il dispotismo delle folle che conduce sempre all’oppressione della minoranza e dei più degni, da parte della moltitudine e dei più audaci. E tutto questo per non ammettere nella società civile un moderatore divino, una legge superiore all’uomo, un Principio soprannaturale! Tutto questo per volere stabilire la società sul naturalismo, emanazione infernale della massoneria!

XI

Come differiscono il massonismo ed il cattolicesimo in ciò che concerne la costituzione della famiglia.

L’opposizione non è meno evidente tra le dottrine che professano il massonismo ed il cattolicesimo rispetto alla costituzione della famiglia. E non potrebbe essere altrimenti, dato che la famiglia è l’elemento sociale per eccellenza, e che è a questo elemento più che a tutti gli altri che deve essere applicato dalla Chiesa il criterio soprannaturale, e dalla massoneria il criterio naturalista o secolarizzante. La massoneria insegna che l’atto costitutivo della famiglia, che è il matrimonio, non abbia assolutamente nulla e che vedere con Dio e con la Religione. L’uomo, essa dice, si unisce alla donna, perché la comunità di natura li chiama a questa unione, di cui alcuna legge divina deve regolarne le condizioni. Ma poiché questo è grossolanamente bestiale per essere accettato senza protesta da parte del genere umano, che malgrado tutto si riconosce superiore in qualche cosa ai cani ed ai cavalli, la massoneria ha inventato, per colore e per rendere meno ripugnante queste unioni senza l’intervento di Dio, una certa falsa sanzione, che è per quanto possibile una imitazione della verità, e che essa ha decorato con il nome di “matrimonio civile”. Così non è più Dio ma lo Stato che si attribuisce il diritto di sanzionare l’unione legale dei due sessi, di prescriverne e determinarne le condizioni. L’assurdità di una tale unione è così evidente, che è sufficiente esporla perché il più cieco la comprenda. Spogliando il matrimonio della sua sanzione divina e soprannaturale, non gli resta che una sanzione umana, che per quanto rispettabile possa essere, non lascerà di essere sempre umana, di procedere dal re o dal parlamento, o dai due insieme. La legge umana non può dunque dare a questo contratto di matrimonio una forza maggiore di quella che da agli altri contratti civili che essa autorizza o instituisce. Ebbene, negli altri contratti, la legge non può imporre altri obblighi che quelli che i contraenti vogliono imporsi; ed anche ognuno di essi può aggiungere al contratto le condizioni, restrizioni o riserve, che stipulano d’accordo con l’altra parte contraente. Il matrimonio resta dunque ridotto alle condizioni di un qualunque contratto, o meglio di un semplice “traffico” secondo una espressione che non è senza grazia, di un ingegnoso scrittore. In questo “traffico”, al quale le parti interessate sono libere di aggiungere o togliere le condizioni che detta loro la libera volontà, non è di conseguenza, non è che più o meno l’annullamento completo della legge coniugale, una vera abolizione del matrimonio [“il contratto della vacca”]!. I massonizzanti obiettano che è precisamente per la conservazione di questo legame che è stata stabilita la legge; che nessuna unione ha effetti civili e di sanzione più garantita e quindi di formalità legali che il suddetto matrimonio civile. Vana osservazione! Innanzitutto è un capriccio dispotico della legge volere intervenire, in nome del solo uomo, in un contratto come questo, imponendo delle leggi così assolute, mentre si lasciano tutti gli altri contratti alla libera e sovrana disposizione dei contraenti. La logica è nell’uomo più potente che un articolo di legge; e quando questo articolo è illogico e sconclusionato, allora la legge perde la sua forza e la sua autorità, nel pensiero di coloro che devono rispettarla. Così nel caso presente, la legge ad esempio prescriverà, opportunamente e ragionevolmente, che un uomo non possa sposarsi che con una donna, che questa unione sarà indissolubile, e che non possa contrarsi con questo o quest’altro grado di parentela. Tuttavia, poiché essa non prescriverà tutto ciò in virtù di un principio superiore, di una legge superiore, di una legge divina, ma perché così è sembrato buono al legislatore monarchico o democratico, cioè a giudizio di un uomo, ad un certo momento, un comune cittadino, anch’egli uomo come colui che ha proclamato questa legge, dirà: « Se due donne acconsentono a vivere con me in un onesto matrimonio, non lo possono fare? E se una o più donne [oggi pure uomini, e un domani forse anche delle bestie! –ndr.-] contraggono con me questa unione, e conveniamo tra noi tre che questo contratto non sarà valido per un certo tempo, riservandoci il diritto di rinnovarlo o dissolverlo ogni anno, ogni cinque anni, o ogni mese, o in ogni istante, perché non lo possiamo? E se vogliamo contrarre questa unione con i nostri cugini, nipoti, zii, ed anche con i nostri fratelli, chi potrà impedirlo? In cosa i diritti di altri sarebbero lesi? Quale legge generale sarebbe violata? Non si è visto all’inizio del mondo, queste unioni contrarsi necessariamente tra i parenti più ravvicinati? La poligamia non è stata in diversi popoli una legge generale? E dopo tutto, perché queste cose siano possibili, non è sufficiente che gli interessati lo vogliano, senza pregiudizio per terzi? Se si ritiene inutile l’intervento di Dio nel contratto coniugale, perché comparire davanti al sindaco o il giudice? Se il matrimonio è una pura funzione umana, non è sufficiente all’uomo ed alla donna usare del loro rispettivo umano diritto per essere uniti? Così può ragionare ogni Cittadino contro la legge massonica; e la legge massonica non può rispondere a questa argomentazione che deriva dal semplice buon senso. Ma quando anche la legge umana trovasse tanta forza morale ed un diritto sufficiente per dare una sanzione conveniente ad un atto così grave come quello in questione qui, è certo che oggi la legge umana, precisamente perché si è privata del suo fondamento che è la legge di Dio, non è sicura essa stessa di ciò che prescriverà domani, in opposizione a quanto essa prescrive attualmente. Spieghiamo ancora il nostro pensiero. Il voto di un parlamento ha stabilito oggi che l’uomo e la donna sono legittimamente sposati con la sola formalità della loro dichiarazione davanti al sindaco o al giudice, in tal modo che essa è oggi matrimonio, perché lo ha stabilito così il voto di un parlamento. Di conseguenza, domani non sarà più lo stesso, se un nuovo voto del parlamento decide diversamente. Così la formalità augusta del legame coniugale, base della famiglia, dipenderà sempre da una maggioranza di deputati che avranno stabilito che il matrimonio debba essere considerato come stabilito in questo o quest’altro modo. Questa maggioranza potrà decretare che il legame che unisce l’uomo e la donna non è individuale, ma sia possibile la poligamia o la poliandria, e tale sarà la legge, se decide in tal modo; essa potrà votare che il contratto matrimoniale sia temporaneo e non più perpetuo, e questa legge dipende dal loro voto; esso potrà stabilire ancora che gli sposi possano divorziare a richiesta dei due coniugi o di uno di loro, come stanno per fare i rivoluzionari francesi, e tale sarà la legge, in ragione del loro voto! Ed in virtù di un criterio razionalista e massonico, la giurisprudenza più scrupolosa non potrà opporvisi per nulla. Che si voglia costatare se sia si o no, è certo che la pretesa istituzione del matrimonio civile, provochi radicalmente con essa la distruzione di ogni vero matrimonio, e che non sia niente altro che una maschera sotto la quale si nasconda momentaneamente per confondere il popolo che non vede dove lo si vuole veramente condurre. È qui necessario mettere in opposizione con gli odiosi insegnamenti della massoneria sul matrimonio, la dottrina della Chiesa cattolica sul medesimo soggetto? Non credo, tutti i nostri lettori la conoscono sufficientemente. La Chiesa Cattolica insegna l’istituzione divina del matrimonio, considerata sia nel Cristianesimo, sia fuori da esso. Fuori dal Cristianesimo, prima della sua apparizione e nei paesi dove non ancora è brillata la sua luce divina, l’uomo e la donna si uniscono non in virtù di un diritto che conferisce loro lo Stato, secondo delle formalità prescritte dalla legge civile, ma in virtù di un principio di ordine superiore stabilito da Dio all’inizio del mondo, quando ha detto: « l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà alla sua sposa, ed essi saranno una sola carne ». Così, al pari della legge naturale, è la sola volontà dei contraenti che costituisce davanti a Dio il matrimonio; tutt’al più interviene l’autorità del padre di famiglia a benedire e sanzionare questa unione. Nelle religioni positive, pur tra tante grandi stravaganze, è sempre la Religione che si presenta per autorizzare e consacrare il matrimonio. Il Cristo l’ha elevato alla dignità di Sacramento, ed ha dichiarato che esso è il simbolo della mistica unione che esiste tra Lui e la sua Chiesa; e dopo averlo così elevato, ha lasciato alla sua Chiesa la cura di determinarne le regole e le circostanze, di garantirne l’unità e la perpetuità, sottraendo queste leggi al capriccio incostante degli uomini ed alla instabilità delle leggi umane, spesso così capricciose quanto gli uomini dai quali esse emanano. Che si dica ora se il massonismo ed il Cattolicesimo non siano in opposizione radicale relativamente al loro rispettivo concetto del matrimonio! Che si dica ancora quale dei due principi pervenga meglio ai fini sublimi del matrimonio, dell’onore della donna, alle prerogative ed alla dignità umana!

XII

Opposizione radicale tra il massonismo ed il cattolicesimo nel loro modo di considerare i diritti della potestà paterna.

Il massonismo insegna ancora delle mostruosità le più enormi relativamente alla famiglia; esso non si contenta di insegnarle, le mette in pratica. È questa una conseguenza del modo di organizzare unicamente “al civile” questa istituzione fondamentale, e dell’assurdo principio che ha prevalso e secondo il quale la famiglia è una creazione della legge civile, da cui essa trae la sua esistenza e la sua forza. Il massonismo fa ancora un passo in più: esso afferma infatti che tutti i diritti che nascono dal matrimonio non sono, secondo il suo pensiero, che una creazione dello Stato, e sono unicamente sottomessi allo Stato. Da ciò risulta che il primo e principale di questi diritti familiari, quello conosciuto con il nome di “potestà paterna”, non appartenga ai genitori che in virtù di una concessione supposta dalla legge civile, e nella forma e secondo la misura che le piace accordare. Da qui nasce il diritto che si arroga lo stato massonico sull’educazione, che esso decora pomposamente con il nome di “educazione obbligatoria”, e che è uno dei punti essenziali del programma che la massoneria annuncia e prepara per l’avvenire. Così il padre e la madre, secondo questo orribile sistema, dando la luce ai propri figli, esercitano non una funzione naturale, bensì una funzione sociale, questi figli appartengano loro per conto dello Stato che, in qualche modo, è il loro supremo signore, per cui i figli stessi sono dello Stato, prima di essere dei loro genitori: lo Stato ha giurisdizione su di essi ancor prima dei genitori. Questo è un despotismo orribile, che trasforma le famiglie in semplici centri di allevamento ad uso di questo feroce tiranno, maestro di tutta la gioventù: dispotismo brutale e disumano, che si è proposto come un nuovo dogma rigeneratore dell’umanità all’epoca della rivoluzione francese, e che dopo di essi è stato, in modo più o meno dissimulato, il fondamento obbligato di tutte le legislazioni ispirate dalla massoneria. – E tuttavia questi principi sono falsi, mostruosamente falsi, contrari ad ogni diritto positivo e naturale. La famiglia non è una creazione dello Stato. Al contrario, si potrebbe con più ragione dire che lo Stato è una creazione, un’amplificazione della famiglia, perché non si concepisce lo Stato senza delle famiglie già esistenti, raggruppate o ingrandite per costituirlo. I diritti della famiglia non vengono dunque per concessione dello Stato, e non è lo Stato che conferisce ad un padre la sua autorità paterna; tutt’al più la riconosce e ne regola l’esercizio. È dunque una menzogna, una grossolana menzogna, dire che i figli appartengano allo stato prima di appartenere ai genitori, e che essi li danno alla luce per conto dello Stato per cui questi ne possa disporre a suo buon grado, a sua volontà e piacimento. Di conseguenza, il principio sul quale si fonda l’educazione obbligatoria è parimenti una menzogna: lo Stato non può obbligare il padre ad allevare suo figlio in questa o quella maniera, o impedirgli di allevarlo a suo gradimento, secondo le regole o le condizioni che gli impone la sua coscienza, in accordo con un’altra Legge più elevata. È dunque una tirannia contro natura, inumana, antisociale ed antireligiosa, pretendere di imporre ai popoli questo modo di considerare l’istituzione domestica nei suoi principi e nei suoi diritti essenziali. – Non è così che la Chiesa l’intende; al contrario, Essa che viene accusata di opprimere tutte le libertà, è in questo, come in tutto il resto, la guardiana zelante dei diritti della vera libertà. Essa insegna che i padri hanno dei figli che vengono loro da Dio, che li ha costituiti padri unicamente allo scopo più nobile di procurare a Se stesso nuovi servitori e nuovi eredi del suo Cielo, ed anche allo scopo di dare alla patria dei buoni ed onesti cittadini. La Chiesa riconosce al padre e alla madre il diritto ed il dovere di allevare i loro figli per questo fine supremo; ma Essa è gelosa dei diritti della libertà naturale, al punto tale che se un padre ed una madre non appartengono per battesimo alla sua giurisdizione, essa si considera impedita nell’intervenire nell’educazione del fanciullo, fino a che egli non abbia raggiunta l’età di agire e pronunziarsi secondo la propria coscienza. È così che è severamente proibito battezzare i figli degli infedeli contro la volontà dei loro genitori, eccetto quando uno di essi almeno sia soggetto alla Chiesa per Battesimo. La Chiesa considera come un attentato contro il diritto naturale l’educazione di un figlio minorenne nella Religione Cristiana contro la volontà espressa di suo padre e di sua madre non battezzati. E più tardi, quando il figlio è giunto alla sua maggiore età, la Chiesa non lo ammette alla professione religiosa senza il permesso dei genitori, quando essi hanno bisogno dei loro figli per sovvenire a qualche loro fabbisogno; e non è che nel caso in cui il rifiuto dei genitori sia assolutamente irragionevole e senza fondamento, o perché questa presunta necessità non esista, che il figlio maggiorenne è ammesso nella Chiesa per abbracciare lo stato religioso senza il permesso dei genitori. Con quale delicatezza quindi la Chiesa rispetta tutti i diritti naturali! Essa li rispetta infinitamente più che il naturalismo, che non è che la contraffazione del vero diritto naturale, come il liberalismo è la contraffazione della vera libertà, ed il razionalismo è la contraffazione di tutto ciò che è veramente ragionevole. Tuttavia, o cecità! Le legislazioni che si sono ispirate a questo principio cristiano, sono chiamate tiranniche ed oppressive della dignità umana; le si accusa di violare i diritti della natura, di profanare il focolaio domestico. E quelle, al contrario, dalla setta massonica, ispirate dal suo grossolano materialismo, sono proclamate libere, nobili, patriottiche, adatte ad elevare il cittadino. È così che si giunge direttamente a questa condizione ignominiosa ed abietta della famiglia, nella quale i figli non sono che una “cosa” della nazione, “carne da macello” a disposizione del capo supremo, se questo si impegna in imprese militari che renderanno il suo nome odioso; “materiale da officine”, se non ha lo spirito militare, ma lo spirito da burocrate, che domina la nazione. È là che ci conduce a passo da gigante la massoneria, man mano che il suo soffio infernale riesce a strapparci alla Chiesa. Essa emancipa l’uomo, è vero, ma strappandolo dal seno e dalle braccia di una Madre tenerissima, e per sottometterlo, mani e piedi legati, al regime della verga, unico scettro che possa convenire per governare una società caduta in sì profonda abiezione.

XIII

Quanto differiscono essenzialmente il massonismo ed il Cattolicesimo nei loro princìpi sulla proprietà.

 La proprietà è una delle altre istituzioni fondamentali della società che hanno subito l’azione distruttiva del massonismo. E doveva essere logicamente così: una volta distrutta o considerevolmente alterata la nozione di famiglia, quella della proprietà, che è tanto rassomigliante ad essa, doveva prima o poi avere una sorte analoga. Così il concetto massonico della proprietà, conformemente a ciò che abbiamo visto per il matrimonio, non è né più né meno che la distruzione della proprietà. Il massonismo considera la proprietà non come un diritto naturale dell’uomo, diritto anteriore alla sua condizione di cittadino, ma come una creazione del diritto civile, e pertanto subordinato in tutto alle disposizioni arbitrarie del dio-stato. È così che abbiamo visto lo Stato, per motivi di pura convenienza personale, dichiarare nulla la proprietà sacra appartenente ad una comunità, proprietà che riposa tuttavia sui diritti uguali a quelli della proprietà secolare e privata; ed anche fare delle leggi per la proprietà e ripartirne i carichi, così come per regolarne il godimento e la trasmissione, al punto tale che il proprietario è finito non essere nient’altro che l’amministratore dei suoi beni o una sorta di usufruttuario privilegiato. Tutto questo deriva dalla falsa nozione che si ha di questa verità, la più delicata dopo il matrimonio. Lo stato massonicamente costituito, benché non lo dica chiaramente, viene a costituirsi come il proprietario assoluto di tutti i beni dei cittadini, allo stesso modo di come si considera proprietario di tutti i loro figli. Con questo principio, esso annulla il sacro diritto della proprietà, secondo il suo beneplacito, così come ha distrutto già il diritto della Chiesa e delle comunità per mezzo della disammortizzazione; esso rende inoltre impossibile il libero uso di questa proprietà, uso che è essenziale, per mezzo delle leggi della disaggregazione (o espropiazione): per i più futili motivi, esso spoglia i cittadini contro la loro volontà, come frequentemente si vede oggi, per mezzo della facoltà sì largamente concessa della espropriazione forzata; senza parlare poi dell’arroganza con la quale tratta, come abbiamo costatato, le questioni dell’eredità e della trasmissione delle proprietà. Così lo stato massonico, senza professare apertamente il socialismo, che abbandona quanto alla forma ed al nome, non però quanto al fondo, ai demagoghi della strada e dei clubs; … senza professare, io dico, apertamente il socialismo, lo stato massonico è nel suo spirito, nei suoi fini ed in diversi suoi processi, perfettamente socialista. Si è al punto che se il socialismo puro e senza veli riuscisse un giorno a prevalere nella prassi, esso non avrebbe nulla da inventarsi per impiantare le sue orribili teorie; gli sarebbe sufficiente generalizzare i principi che il criterio massonico e liberale hanno precedentemente stabilito, e dedurne tutte le conseguenze logiche e tutte le applicazioni. – La dottrina del Cattolicesimo sulla proprietà è in assoluta contraddizione con tutto questo. Il Cattolicesimo riconosce la proprietà come un diritto naturale ed inerente alla personalità umana. Secondo il Cattolicesimo, l’uomo è proprietario così come socievole, come uomo, per natura, cioè per volontà espressa di Dio. Così anteriormente a tutte le legislazioni civili, l’uomo era già proprietario, nessuno poteva, ad esempio, spogliarlo del prodotto della sua caccia, o del frutto dell’albero che egli aveva piantato, o dell’opera delle sue mani. Le legislazioni civili non possono dunque spogliare arbitrariamente nessuno della sua proprietà; esse non possono fare altro che garantirne e regolarne l’esercizio, perché il cittadino goda dei suoi beni senza pregiudizio per gli altri. Ma esse non possono strappargli i suoi beni sacri ed inviolabili, come si è fatto nel nostro secolo con tante leggi ingiuste, che non sono, considerandole secondo i princìpi della morale e del diritto, che degli atti di brigantaggio legale. Questa nozione molto elevata della proprietà, deriva, come per l’autorità e la famiglia, dal considerarla non una creazione dell’uomo, bensì una istituzione divina; a questa nozione della proprietà di diritto divino, opposta a quella nozione menzognera della proprietà di diritto umano, il Cattolicesimo ha aggiunto la sanzione del settimo precetto del Decalogo, che più che la proibizione del furto, è in realtà una consacrazione del diritto di proprietà. Questo comandamento difende dal furto e dalla rapina, non solo ai soggetti particolari, ma pure agli Stati ed ai governi; ed è appoggiandosi ad esso che l’Antico Testamento maledice la memoria di questa regina Gezabele che si impadronì della modesta vigna del povero Naboth, e che la Chiesa ci offre nella storia dei suoi Vescovi, la grande figura di san Giovanni Crisostomo che si presenta coraggiosamente alla presenza dell’imperatrice Eudosia per esigere la restituzione di alcune monete ad una vedova sventurata, alla quale questa maestà imperiale le aveva sottratte. È così che la Chiesa intende il diritto di proprietà ed il settimo comandamento. La proprietà di diritto umano o di pura istituzione civile, come la intende e la pratica il massonismo, è sufficiente indicarlo qui, è esposta, relativamente alla sua sicurezza legale, agli stessi rischi e pericoli che abbiamo menzionato parlando del matrimonio. Se la proprietà è una pura creazione del diritto positivo umano, essa è soggetta, come quello, alle variazioni ed alle vicissitudini che possono provenire da un cambio di legislazione. E siccome la legislazione cambierà con il potere legislativo, quando, con qualche colpo di rivoluzione oggi assai probabili, il paese si lascerà imporre una camera legislativa composta da elementi socialisti, formando una maggioranza parlamentare, questa camera potrà votare semplicemente l’abolizione della proprietà, o la sua riorganizzazione secondo l’ideale del collettivismo, o semplicemente la sua ripartizione eguale tra tutti i cittadini, conformemente al sistema comunemente ammesso dai partigiani della teoria socialista. Una camera legalmente costituita può emettere un voto del genere, e nessuno potrà legalmente né impedirlo, né disprezzarlo; e non c’è giurisprudenza al mondo, stante i principi massonici, che possa tacciare questo voto di assurdità: essa deve riconoscere come perfettamente logica, soprattutto se una tale camera socialista ricordi, nelle considerazioni o nei preliminari di una sua legge futura, che una tale abolizione della proprietà non è una cosa nuova, ma che è stata già messa in pratica da alcuni anni, contro la Chiesa, senza il nome di disammortizzazione, e che grazie ad essa, si vedono figurare, come proprietari, un gran numero di coloro che sono oggi i detentori di questi beni. Io lo chiedo al giureconsulto più furbo, cosa si può rimproverare ad una tale legge, ammettendo le teorie massoniche? I poveracci che essa ha spogliato, potranno qualificarla come un attentato odioso e criminale, ma il popolo, la scienza ed il buon senso saranno forzati a chiamarla una legalità! Tale è la conseguenza dell’esclusione dell’idea di Dio dalle umane istituzioni. Non c’è alcuna di questa istituzioni che non resti come sospesa in aria, se gli si toglie il fondamento divino, perché l’ordine sovrannaturale è la condizione indispensabile dell’ordine naturale. Tutto ciò che concerne l’uomo, può, a prima vista, sussistere qualche tempo senza Dio, ma ben presto arriverà il languore e la morte. È così che un albero al quale abbiano tagliato segretamente la principale radice, non vede già nei primi giorni sfiorire i suoi rami; ma infallibilmente non tarderà a vederli disseccare e morire, privi della linfa necessaria. Bisogna inoltre notare che ciò che concerne l’uomo, senza cessare di essere soprannaturale e divino, può essere semplicemente umano, come abbiamo già detto in precedenza, a meno che non divenga francamente satanico. L’uomo non può vivere emancipato e senza avere un maestro, come sogna nel suo insensato orgoglio. Se si detronizza Dio, questo trono lasciato vacante sarà immediatamente occupato dal demonio!

XIV

Dottrina del massonismo e del Cattolicesimo sull’educazione pubblica.

Seguendo il programma che abbiamo tracciato per mettere in rilievo le divergenze essenziali delle dottrine che separano il massonismo dal Cattolicesimo, ci accingiamo a parlare in questo momento dell’educazione, che è uno dei punti sui quali esiste l’opposizione più radicale tra i criteri di ognuno di essi. Il massonismo ed il Cattolicesimo si trovano nello stesso tempo in presenza di un fanciullo ed essi convengono che questo ragazzo, oltre agli alimenti materiali che nutrono il suo corpo, abbia bisogno di un alimento morale che nutra il suo spirito; essi si accordano anche nell’ammettere che l’educazione è necessaria. Il Cattolicesimo vede nel fanciullo un essere che Dio ha creato a sua immagine e somiglianza, ma un essere degradato, corrotto dal peccato originale, che ha fatto nascere in lui una moltitudine di germi che conviene combattere nonché delle cattive inclinazioni che occorre reprimere. È un campo in cui non si può sperare di raccogliere bei fiori o bei frutti se non quando non si sia gettata una buona semenza, che si dovrà irrorare in tempo conveniente, alla quale si attaccheranno costantemente delle erbe cattive da estirpare, in una parola: si dovrà coltiverà con estrema cura. – Se non dovesse essere così, egli non resterà sterile e senza vegetazione, ma produrrà in abbondanza dei frutti velenosi pieni di ogni genere di perversione e di malizia. E queste cure, che consistono nel mostrare a volte tenerezza e talvolta severità verso il bambino, talvolta nell’incoraggiarlo e talvolta nel fargli delle reprimende, costituiscono quella che nel Cattolicesimo si chiama “l’educazione”. Perché queste cure producano dei buoni risultati, la prima nozione da inculcare al fanciullo, è la legge morale, che egli deve rispettare, e la sanzione eterna di questa legge che deve sperare o temere secondo che l’osservi fedelmente o la violi. E siccome egli non può avere legge senza legislatore, né sanzione legale senza giudice che l’applichi, bisogna cominciare ad inculcare allo spirito del fanciullo l’idea di Dio, che è il Legislatore invisibile, la cui autorità dà la sua forza alla legge, ed il giogo che, mediante castighi o ricompense, procura l’osservanza della legge. Così con i consigli, le massime, gli esempi ed i soccorsi del suo organismo divino, che è la Chiesa, il Cattolicesimo crede di possedere il sistema di educazione migliore, il più perfetto ed il più ragionevole, il solo che permetta di dirigere il fanciullo fin dalla prima età, a dominare i suoi affetti ed i suoi sentimenti più intimi. Tale è l’educazione cattolica, basata interamente sull’ordine naturale. – Il massonismo procede in modo ben diverso, secondo il suo criterio grossolanamente naturalista. Esso prende il fanciullo, e comincia ad ingannarsi nell’idea fondamentale che se ne fa: esso lo considera non come un essere viziato dal peccato originale, ma come un essere perfetto, nel pieno possesso di se stesso, ed in tutta l’integrità della sua perfezione morale. Si domanda allora: se il bambino è perfetto e in lui non c’è nulla di vizioso o di sregolato, a cosa gli può essere utile l’educazione? A nulla assolutamente! La dove non c’è da combattere il germe cattivo e le tendenze colpevoli, ciò che si deve desiderare è che l’albero cresca secondo tutta la sua naturale esuberanza, senza che il ferro del giardiniere venga a tagliare alcuni dei suoi rami più rigogliosi. Converrà allora istruirlo, non allevarlo: che egli apprenda le lettere, i logaritmi, la geografia, la fisica, la chimica, la storia, la musica e la ginnastica, perché il maestro non si occupa di formare il cuore. Egli ha così tutto ciò di cui ha bisogno per il suo perfetto sviluppo. E seguendo questo processo, molto logico, dato che si parte dalla negazione del peccato originale, è inutile parlare al fanciullo di Dio o della Religione, e di tutto ciò che vi si riconduce: ecco come logicamente viene giustificato quel che si chiama “l’insegnamento laico”, novità che la massoneria si sforza da alcuni anni di introdurre nel nostro paese. I nostri lettori vedono allora chiaramente in cosa consista la differenza essenziale che passa tra il massonismo ed il Cattolicesimo nel modo di concepire i fondamenti relativi all’educazione? Il semplice buonsenso è sufficiente a portare su questo punto un giudizio imparziale. L’uomo non nasce perfetto, come la massoneria vorrebbe supporre; l’uomo nasce e cresce non con una sviluppo pacifico, ma in mezzo a battaglie penose e continue contro di lui e quasi tutto ciò che lo circonda: l’opera dell’educazione consiste dunque nell’insegnargli a combattere per facilitargli la vittoria. E quali armi gli dà per combattere, quali lezioni gli offre, per affrontare questa lotta, l’educazione laica o senza Dio? Nessuna, assolutamente! Al contrario essa permette che si sviluppino in lui tutti gli istinti cattivi, che sono appunto i principali nemici da combattere, facendogli carezzare oltretutto l’idea di una totale indipendenza che non si accomoda con alcun pensiero di soggezione o di repressione. Essa le lascia aperte con lamentevole temerarietà tutte le vie di uscita attraverso le quali le passioni possono prodursi con foga ed impetuosità, una volta allentate le potenti molle che la Religione sola è in grado di comprimere e regolarne l’esercizio, molle che essa qualifica come insensate superstizioni. Essendo il fanciullo imbevuto di queste idee, ne risulterà necessariamente che, se ha un “sangue vivo”, diventerà una belva feroce; se ha invece un temperamento indolente, sarà un suino di Epicuro, mai un uomo capace di portare sulla sua fronte, non diciamo la nobiltà del cristiano, ma neppure la dignità di un uomo ragionevole.

XV

Cosa pensano il massonismo ed il Cattolicesimo dell’insegnamento ufficiale

 Dal momento che il Cattolicesimo ed il massonismo differiscono essenzialmente quando si tratta di precisare e di fissare ciò che si intenda ordinariamente per educazione, si potrà giudicare come ancora più profondo sia l’abisso che li separa nella questione dell’insegnamento. Qui tuttavia c’è un vantaggio: l’opposizione mutua dei due sistemi è più franca e più evidente; qui il velo di copertura non serve e non impedisce di conoscere fin dal primo momento quali siano i nemici contro i quali il Cattolico sincero del nostro tempo debba guardarsi. Il Cattolicesimo ci insegna che ogni insegnamento debba essere subordinato al dogma, per aver con esso una relazione più o meno diretta. La ragione è chiara: ciò che si chiama la scienza, anche nel suo concetto più degno e più elevato, non è ordinariamente la verità certa, bensì la verità presunta, o la verità che si ritiene essere tale, nonostante gli esempi molto frequenti che le teorie più autorizzate ed universalmente accettate, poco tempo dopo sono state annoverate come tra i più celebri paradossi. Essendo lo spirito umano essenzialmente fallibile, non si può avere un’altra idea della verità filosofica o scientifica. Non è così per la verità religiosa, nella sua parte formalmente dogmatica e definita: essa è la verità certa, fissa, oggettiva, indipendente da scoperte del domani o del secolo seguente; la verità una, immutabile, indefettibile, eterna come Dio. È dunque una regola rigorosamente scientifica che la verità puramente presunta ed ipotetica sia subordinata alla verità fissa ed assoluta, che questa sia la pietra di paragone per verificare la verità di quella; che ciò che è conosciuto come certo “a priori”, sia base e guida di cui ci si possa servire per verificare, accettare o rigettare le conoscenze acquisite posteriormente. Ecco perché il Cattolicesimo esige che tutto l’ordine delle conoscenze umane parta da questo principio in cui tutti i suoi insegnamenti dogmatici sono indiscutibili, e bisogna che si resti fedelmente e scrupolosamente attaccati ad essi, senza permettere il minimo scarto, con il pretesto della “libertà”. È così soltanto che si insegna e che si apprende in modo cattolico. In questo sistema, siano rese grazie a Dio! Non arresta in nessuno né è di danno al legittimo slancio dell’intelligenza umana; esso anzi lo favorisce, al contrario dandogli dei principi certi, come lo prova l’esperienza ripetuta centinaia di volte, che mostra in tutti i tempi i geni più sublimi che abbracciano con lo sguardo vasti orizzonti ed estendono il campo delle loro investigazioni, benché il Cattolicesimo esiga da essi questa subordinazione espressa ai suoi dogmi infallibili. Al contrario, per la larghezza di vedute, l’elevazione delle idee, la fecondità delle scoperte, la profondità dei ragionamenti, i figli delle fede hanno potuto in tutti i secoli accettare di essere messi in parallelo con i partigiani del libero pensiero. Essi lo possono ancora oggi, certi che questi ultimi resteranno ben lontano dietro ad essi. L’insegnamento organizzato massonicamente si dichiara in tutto e per tutto, “libero pensiero”. Tale è disgraziatamente quello che oggi si applica in quasi tutti i centri ufficiali, anche nella nostra Spagna. Secondo le dichiarazioni molto serie che abbiamo raccolto con impressione di orrore dalla bocca dei funzionari che malgrado tutto vogliono considerarsi cattolici, il professore è tenuto a chiudersi entro i limiti di una certa prudenza, senza offendere ciò che è legalmente reputato come inviolabile; anche se non si riesce oggi a capire cosa si intenda con questo, tanto sono divenuti labili ed incerti i limiti di questa inviolabilità. La scienza, o ciò che viene spacciato sotto questo nome, è dunque libera, al punto da permettersi ogni specie di arditezze e licenze, ivi compresa quella di insegnare che l’uomo sia nato da un orango-tango perfezionato, o che Dio non è che un puro fantasma della superstizione popolare. Massonicamente parlando, tali sono i diritti della scienza, tali i privilegi dell’insegnamento. E se qualcuno forma così la gioventù, e aggiunge ai suoi insegnamenti i principi della morale calcati sulla teoria del libero amore o sui funesti programmi della liquidazione sociale, non può essere logicamente né rimproverato né impedito. È vero che il massonismo dottrinale e viscido non tollera tali applicazioni del criterio del libero pensiero, ma questo prova soltanto che il massonismo, oltre che falso, è in più incoerente nella sua falsità, cosa che lo rende doppiamente iniquo ed odioso. In effetti, se non si ammette per la scienza il freno del dogma cattolico, perché ammettere quello del governo? Se la Chiesa non ha il diritto di esigere, in nome di Dio, il rispetto di certe verità, con qual diritto il ministro può esigere che si rispettino come inviolabili certi principi o istituzioni sociali? O l’intelligenza umana è libera, nella sua marcia e nei suoi sviluppi, di andare ove gli piacerà o dove non è: se essa è libera, lo è interamente; ed allora che la si lasci andare liberamente e senza alcun ostacolo. Rendiamo più chiara questa verità. Datasi una certa linea, con i principi massonici si può avere l’unica conseguenza della franca proclamazione della libertà confessionale, senza il timbro dell’Università. Ma questo non conviene alla setta, che sa in modo certo che sul terreno della libera concorrenza, sarebbe battuta dall’insegnamento cattolico. Alla setta conviene il monopolio ufficiale, l’insegnamento con l’avallo razionalista dello stato, che si costituisca per questo suo unico depositario e dispensatore legale. È così che si è creato ciò che nessun altro secolo aveva conosciuto, « l’idolo dello stato insegnante », così come abbiamo visto parlando della proprietà, del matrimonio e della patria potestà. Come risultato si ha l’odioso assoggettamento del cittadino al dominio di una tirannia cento e mille volte più ignominiosa di quella che, come si è preteso fraudolentemente, abbia mai oppresso altre volte l’insegnamento sottomesso al nobile Magistero della Chiesa di Dio.

XVI

Cosa pensano il massonismo ed il Cattolicesimo sull’insegnamento ufficiale (…seguito)

La tirannia massonica dello Stato insegnante, di cui abbiamo parlato in precedenza, irrita tanto più quanto più è giustificata e quando viene esercita in una nazione esclusivamente o quasi esclusivamente Cattolica, così com’è per fortuna, la nostra Spagna, al riparo dei sogni della Rivoluzione. Succede così che alla violazione brutale dei diritti della verità religiosa si aggiunge la violazione non meno empia dei diritti dei cittadini, malgrado le continue proteste con le quali lo stato massonico o liberale si dichiari con zelo protettore e guardiano di questi stessi diritti. In effetti chi può negare che i padri di famiglia cattolici, anche coloro che praticamente lasciano a desiderare sotto il rapporto del Cattolicesimo, desiderino tutti per i loro figli l’insegnamento cattolico? Chi può disconoscere che questi padri di famiglia costituiscano ancora oggi la maggioranza, o la quasi totalità dei contribuenti? Tuttavia chi dei nostri lettori si ferma per contemplare con orrore ciò che accade? Che si fermino quindi a contemplare questa infamia, che non ha ancora fissato la loro attenzione: essi pagano l’insegnamento ufficiale, danno i loro soldi ai maestri, sostengono le università, le istituzioni, le scuole normali e primarie; essi sostengono tutto questo con i loro contributi dapprima, e poi con la loro adesione ed i loro nomi iscritti sui registri delle matricole, quando affidano i loro figli a queste istituzioni. Sembrerebbe dunque che pagando l’istruzione che è venduta loro sicuramente a caro prezzo, essi debbano almeno ottenere che sia conforme al loro desiderio ed alla loro volontà. Ma non è affatto così: lo stato vende il “suo” insegnamento, lo vende caro, lo vende con privilegio esclusivo, non permettendo che si consideri valido ciò che non sia di gusto né di colui che lo paga, né di colui che lo riceve, condizione che si considera obbligatoria in ogni contratto di vendita; ma al contrario esso dà questo insegnamento contro la volontà e gli interessi dell’uno e dell’altro, violando così con il suo dispotismo professorale, i diritti del portafoglio, della dignità e della coscienza. Lo Stato insegnante, convertito in un mercato di programmi, li offre in cambio di denaro buono e sonante … dopo averli falsificati ed avvelenati; ed il dio-stato non arrossisce nel praticare ciò che ogni giorno punisce in ogni individuo che altera un commestibile o una bevanda! Ed il padre, il povero padre deve pagare con il suo denaro l’avvelenamento morale di suo figlio, e acconsentire a questo avvelenamento, almeno nel caso in cui voglia fargli abbracciare una carriera: perché lo stato massonico ha tagliato tutti i canali dell’acqua della scienza, obbligando tutti i cittadini a non poter bere se non alla sua sorgente mefitica ed avvelenata, onde ottenere un diploma che metta i loro figli in condizione di entrare in una facoltà o di esercitare una professione. Questa tirannia è simile a quella che utilizzavano negli ultimi tempi della persecuzione contro il Cristianesimo, gli Imperatori romani, quando imponevano degli idoli nei luoghi ove si vendevano i generi di prima necessità, sul mercato pubblico, ed esigevano da ogni cittadino l’adorazione dell’idolo prima di cedergli la carne, il vino o il pane di cui avevano quotidianamente bisogno. È quanto è predetto puntualmente per i tempi dell’anticristo, nell’Apocalisse di San Giovanni, quando si dice che « … verrà un tempo in cui nessuno potrà comprare né vendere, se non è marchiato dal carattere della bestia » cosa che può ben significare la rivoluzione. È così già anche ora con l’insegnamento ufficiale, dispensato unicamente dall’organo e dal sigillo della massoneria: nessuno potrà essere avvocato, medico, ingegnere, etc., se non sia passato sotto il rullo di questa macchina, che ne fa per bene un massone completo, o per lo meno indebolisce il vigore e la forza delle proprie convinzioni cristiane. Lo stato massonico vuole le coscienze, che esso proclama libere, come la moneta che non può circolare senza il marchio del suo conio o del suo punzone. – Che la Chiesa abbia le stesse esigenze per i “suoi”, che dopo tutto sono suoi e “vogliono” esserlo, questo viene indicato come una oppressione dispotica, la servitù del pensiero; che lo stato massonico agisca allo stesso modo verso le intelligenze è invece cosa nobile, generosa, liberale, con questa particolarità nuova: che qui ci si sente oppressi da un processo unico, ci si vede obbligati, con suprema umiliazione, a pagare ed a mettere da se stessi la catena ignominiosa che si deve portare. Così va oggi il mondo, così va nell’Europa, così va, padri cattolici, per i figli di questa nazione cattolica! L’Episcopato e la buona stampa lanciano ogni giorno il loro grido d’allarme, denunciando i discorsi ed i libri che il cattolico paga con il proprio denaro, affinché la massoneria faccia loro servire a strappare la fede alle anime. Che non si dica che noi esageriamo, perché su questo soggetto noi non diciamo che un quarto di ciò che occorrerebbe dire. La rete massonica è una trama sì abilmente ed universalmente ordita in tutta la nazione. Alla scuola primaria, o al collegio, o all’università, non c’è un’anima che non veda esposta la sua fede a cadere in una qualche trama di questa rete. E questo non parlando che dell’insegnamento ufficiale; se noi esaminiamo poi quello che si offre in una moltitudine di atenei, circoli, accademie, biblioteche popolari: quasi tutte, ad eccezioni di quelle che sono francamente cattoliche, sono delle vere succursali del massonismo, i nostri amici vedranno quanto potremmo generalizzare ancor più la nostra proposizione. Riassumendo: satana, sotto il mantello del professore, regna oggi nel mondo ed è la causa dei principali disastri. Non prova questo in modo tanto eloquente che è su questo terreno che tutti i buoni Cattolici devono immediatamente condurre la battaglia principale? [Continua …]

 

F. Sarda Y Salvani: MASSONISMO E CATTOLICESIMO -1-

F. Sarda y Salvany:

MASSONISMO E CATTOLICESIMO:

Parallelo tra la dottrina delle logge e quella della santa Chiesa cattolica, apostolica e romana. [Parigi, 1890] -1-

INTRODUZIONE

Alla prima impressione di stupore causato nel mondo dall’importantissima enciclica “Humanum genus” del nostro Santo Padre il Papa, Leone XIII, enciclica diretta contro la franco-massoneria e così conosciuta dai nostri lettori, si è accesa dappertutto una discussione ardente e febbrile sui punti principali di questo documento, il più considerevole forse tra tutti quelli che siano stati indirizzati al mondo cattolico dalla Santa Sede durante questo secolo. Questo documento non è tra quelli che la setta può più o meno occultare immergendolo tra la confusione delle sue arguzie e delle sue fanfaronate, o nella miserabile cospirazione del silenzio. No: questa parola sovrana ha oltrepassato fin dall’inizio per importanza tutti gli avvenimenti del giorno, essendo essa stessa l’avvenimento più rilevante e più solenne; essa ha coperto tutti i clamori della stampa e dei clubs: essa proveniva così dall’alto ed aveva un tale ascendente morale, che niente era stato capace di dominarla. Oggi ancora, malgrado tutto, tutti coloro che parlano o scrivono trattano del soggetto, i buoni come i cattivi, i cattolici ed i razionalisti. L’enciclica in effetti ha trovato dappertutto un’eco favorevole od ostile; dappertutto ancora essa è ricevuta o con una assoluta sottomissione o con una certa resistenza: da nessuna parte trova neutralità o indifferenza. Noi dunque, pure parliamo a nostra volta, e poiché abbiamo il grande onore di occupare in vero una modesta rilevanza nell’agone contemporaneo, non possiamo né dobbiamo tralasciare l’occasione che ci si presenta di combattere la buona battaglia! Il primo effetto, diciamo noi, prodotto nel mondo pontificio è stato l’ammirazione, lo sbigottimento, un profondo stupore. Come è possibile, molti dicono, che il Sovrano Pontefice abbia avuto una tale audacia? Poggiando i piedi all’inverso, se ci è permesso parlare così, come per scappare da Roma a mo’ di fuggitivo, è mai possibile che il Pontefice oppresso osi guardare in faccia e con sguardo intrepido i poteri [forti –ndt.] attuali che, tranne qualche rara eccezione, sono tutti raggiunti dagli anatemi lanciati contro la franco-massoneria? Non spera, Egli, nulla dall’Inghilterra o dalla Prussia? E con quale ardimento lancia questo guanto di sfida ai franco-massoni coronati di Prussia e di Inghilterra? Non si troverà nella necessità di chiedere ad uno di questi governi un asilo per poter gestire l’ultimo scampolo della sua indipendenza? Come dunque si chiude la porta di tutti questi Stati con tale tempestiva dichiarazione di guerra a tutto il mondo ufficiale? Bisogna convenire in verità che il Papa si espone molto, perché questo documento, è come un fischietto suonato da una sì suprema Autorità in faccia a tutti i rivoluzionari democratici o aristocratici dei tempi presenti. Egli si espone troppo? Ha dunque un santo ardore? Si spinge oltre? Dunque Egli si sente forte, anche davanti ai “potenti”? Questo potere che lo si presenta come alle prese con la morte. Ma è che egli respira vigorosamente, molto vigorosamente, amici miei! E questo moribondo che non si decide mai a morire, comunica una vita più abbondante a coloro che già vivono. Vedete cosa accade oggi, come uno spettacolo per il mondo che non attende da lui alcun servizio; ma questo non lo impaurisce affatto, Egli brucia, per così dire i suoi vascelli, questo insigne capo delle armate spirituali e, nuovo Ferdinando Cortez, Egli affronta impavido le “rapide” della Rivoluzione; Egli prende l’offensiva e mette tutto a ferro, fuoco e sangue fino all’interno delle fortezze del nemico; Egli affronta il “mostro” in un corpo a corpo per colpirlo al cuore. E viva Dio!, Egli lo ha colpito con un’abile mossa; ed ecco vediamo il mostro che si dibatte in convulsioni disperate, versando un sangue immondo ed annunciante con ruggiti orribili il furore che gli causa questa prima disfatta. Questo per ciò che concerne il “mostro” rivoluzionario. Ma per noi, è una certezza indubbia che il colpo più terribile, più decisivo, più mortale portato dall’enciclica, ha colpito la Rivoluzione all’acqua di rosa, benevola, quella che porta il nome di “cattolicesimo liberale”: il Syllabus è stato la sua sentenza di morte, l’enciclica Humanum Genus è stata la sua esecuzione e la sua sepoltura. Essi se ne vanno dogmatizzando incessantemente, questi signori semirivoluzionari [i cattolici liberali –ndt. -], che sono i peggiori di tutti, per il fatto stesso che non vogliono apparire, denunciando inoltre che la eccellente e ferma strategia dei cattolici più strenui, che provoca contro l’attuale nemico i rudi combattimenti che noi tutti ben conosciamo, sia stravagante. Per paura di non sappiamo quali conflitti giornalieri, essi vorrebbero che non si dicesse nulla, che non si parlasse neppure di queste questioni, o che si affrontassero almeno sempre in uno stile che possa, essendo l’impresa difficile, vincere il nemico ma senza irritarlo, oppure senza umiliarlo: che si combattano quanto si voglia le sette dei secoli passati, ma mai, assolutamente mai la setta attuale: come se nelle nostre cattoliche case dovessimo dare un gran colpo di spada solo al cadavere di un turco, azione che è espressione di un modo pacifico di combattere e che non offre molta difficoltà; che infine in ogni caso, ci si tenga in guardia, operando non con l’opportunità, che è una gran legge, bensì con l’opportunismo, che ne è la contraffazione e la vergognosa parodia. Ed ecco in mezzo a questi spari improvvisi, dall’alto del suo Sinai, la voce del Papa: egli sanziona, con questa Enciclica, che sarà ormai l’espressione più completa del decalogo antirivoluzionario, tutta la propaganda che, durante gli ultimi anni, son venuti a sostenere al prezzo di mortali difficoltà, i capi più valorosi dell’intransigenza cattolica. Egli solleva nel momento che sembra il più inopportuno, cioè contro tutte le regole dell’opportunismo, la questione fra tutte la più bruciante con i toni più critici e contro le persone e le cose più raccomandabili; lasciando una volta di più risoluta e decisa, una verità oggi spesso misconosciuta, benché di buon senso, e cioè che non c’è mai un momento migliore per combattere se non quello in cui i nemici si presentano o accettano il combattimento. – L’enciclica “Humanum genus”, già dicendo semplicemente “io ci sono” ha ottenuto due grandi vittorie per la buona causa della verità: 1°sulla rivoluzione crudele essa ha dato la misura del suo valore e della sua forza; 2° sulla rivoluzione ipocrita, ha evidenziato ancora una volta la sua falsità e le tolto la maschera. – Essa ha dato, a tutti noi Cattolici, nello stesso tempo una grande consolazione ed una grande lezione: a) la consolazione di sapere che noi sosteniamo un buono, un eccellente combattimento quando noi parliamo, già da qualche tempo, come parla oggi il Papa; b) l’incoraggiamento a continuare a sostenere ancora lo stesso combattimento, sempre allo stesso modo, ma con entusiasmo nuovo ed un nuovo coraggio intrepido. – In questo opuscolo, noi abbiamo compendiato un commentario semplice e popolare di questo documento pontificale. Conoscere il nemico è già un grande vantaggio per poterlo vincere ed abbattere. Facciamo dunque conoscere al mondo attuale, meno cattivo forse che ingannato, le dottrine di questa setta infernale, la cui organizzazione materiale offre un danno minore della sua continua propaganda nell’ordine delle dottrine. Noi crediamo di assolvere ad un solo unico dovere. Che i lettori ritengano anch’essi un dovere il contribuire secondo il loro potere alla diffusione di queste idee, principalmente nelle classi più modeste e meno istruite, e pertanto ancor più esposte alle seduzioni della setta infernale. Sabadell, mese del Sacro-Cuore, 1885.

MASSONISMO E CATTOLICESIMO

I

A quali fini questa nuova condanna della franco-massoneria e delle sue dottrine pronunciata dal Sovrano Pontefice nell’enciclica “Humanum Genus”?-

Il massonismo è la stessa cosa della massoneria?

L’oggetto dell’enciclica “Humanum genus” è la condanna della massoneria. Questa setta infernale era già stata a più riprese riprovata e condannata dalla Santa Sede dai precedenti Pontefici; la prima questione che si pone in presenza di questo nuovo documento è la seguente: perché mai questa nuova condanna contenuta nella attuale enciclica se a Roma era già stata pronunciata sullo stesso soggetto una sentenza ufficiale, autorizzata, definitiva e di conseguenza gravemente obbligatoria per i veri Cattolici? Perché il Papa ci parla ancora sul medesimo soggetto, e perché gli “ultramontani” considerano questo documento come una vera “novità”? Noi cercheremo di rispondere, nella modesta misura delle nostre forze, a questi dubbi; e questi stessi dubbi ci metteranno in condizione di studiare e di comprendere perfettamente l’importanza speciale che offre il suddetto documento rispetto a tutti gli altri precedenti dello stesso genere. Certo la massoneria è condannata, sotto questo stesso nome, già da molto tempo, ed il nostro Santo Padre, il Papa, tiene conto delle condanne dei suoi gloriosi predecessori. Così altre volte come oggi, era peccato appartenere alla massoneria, e questa setta è stata maledetta da quando è stata per la prima volta dichiarata satanica ed anticristiana dal Dottore universale. Ma ciò che non avevano fatto i precedenti atti pontificali, era il definirla, il rappresentarla, fotografarla in qualche modo, mostrando ciò che essa è in se stessa e nelle sue opere, con l’ampiezza e l’estensione che dispiega l’attuale Vicario di Cristo. È là ciò che fa il carattere speciale e dominante della presente Enciclica. La massoneria è detestabile; essere massone è un crimine! Noi tutti Cattolici sappiamo e predichiamo già questo. Ma che cos’è essere massone? Quali sono le dottrine essenzialmente massoniche? Fino a qual punto il massonismo ha infettato la società attuale? È questo ciò che ignorano un gran numero di uomini, anche tra i cosiddetti “buoni”; è questo che molti, anche tra i Cattolici sinceri, non vogliono comprendere interamente; è ciò che per molti non era che una manìa insensata, un tema fastidioso di affrontare la convenzione di fanatici e di intransigenti: ed ecco che il principale effetto della parola pontificia è stato, questa volta, dopo aver condannato di nuovo la setta, quello di     1° – smascherarla, dopo averla riprovata. 2° – Dipingerla; richiamando l’attenzione del mondo sulla massoneria si è richiamato anche il massonismo. Essendo così estesa l’azione della massoneria, dopo aver studiato per lungo tempo ed attentamente la parola di Leone XIII, noi abbiamo intitolato il presente lavoro, non “massoneria e Cattolicesimo”, ciò che sembrava essere una formula più concreta, ma “massonismo e Cattolicesimo”, titolo che abbraccia completamente tutto l’ampio concetto massonico. Perché a nostro umile avviso, c’è là il concetto più essenziale, più esatto, più naturale dell’enciclica. Tuttavia qualcuno riderà della nostra distinzione qualificandola sovranamente astratta e metafisica, se non addirittura arbitraria e puerile. Noi andremo a provare che essa è, al contrario, semplicemente molto pratica, facile da comprendere e di applicazione indispensabile ed immediata. La massoneria è un’associazione o una setta, fino ai nostri giorni interamente segreta, oggi pubblica ed ufficiale e conosciuta dappertutto, fin per strada, pressoché uguale ad una istituzione legale. Essa ha la sua organizzazione, la sua dottrina, i suoi processi, le sue iniziazioni, le sue assemblee, etc. I massoni sono coloro che vi sono affiliati e che non vi hanno rinunciato con un’abiura formale. Tale è, riassumendo, la società chiamata massoneria. Per il momento ci basta darne una nozione fondamentale. Ci sono la massoneria ed i massoni; ma questo non è ancora il “massonismo”. Il massonismo è più ed ancor più di questo! Tale è l’obiettivo principale e più esteso a cui mira, come si può vedere, l’enciclica “Humanum genus”. Il massonismo è la dottrina massonica che abitualmente si ritiene, si professa e si pratica, che ritengono, professano e praticano realmente molti di coloro che materialmente non possono essere chiamati massoni, perché non sono materialmente iscritti nei registri della setta. Il massonismo è l’influenza massonica nelle leggi, nella diplomazia, nelle letture, nei divertimenti, nelle opere di beneficenza, nell’insegnamento ed in tutte le sfere della vita sociale. Si può essere fautori, complici e colpevoli di tutto questo, senza essere positivamente affiliati alle logge o aver rivestito il ridicolo grembiulino massonico. Per rendere più chiaro il nostro pensiero, ricorreremo ad un mezzo semplice e popolare di comparazione. La luce che i fisici chiamano diffusa, e che è quella che rischiara durante il giorno, i luoghi in cui non penetrano i raggi del sole, non è certamente il sole stesso. Tuttavia è la luce del sole, benché non sia il disco solare. È da lui che proviene tutta la sua beltà, il suo splendore, la sua benefica influenza. Così è per il massonismo; è lo splendore, l’irraggiamento diffuso di questo focolaio tenebroso di perversione anticristiana che si chiama la massoneria. Esso estende la sua influenza molto più lontano da quest’ultima; esso avvelena corrompe ed uccide massonicamente anche un gran numero di coloro che ignorano l’esistenza dei massoni e della massoneria. L’effetto di questo massonismo o di questa massoneria diffusa, molto più funesto di quello della massoneria stessa, nel suo senso concreto e materiale, è questo orribile potere che possiedono oggi le logge nel mondo intero, e che non possiederebbe certamente se la massoneria non avesse potuto contare che sul concorso dei suoi affiliati ufficiali, e se non fosse aiutata e servita dalla protezione più efficace di un gran numero di massoni incoscienti, vale a dire di cattolici impregnati, talvolta senza volerlo, altre volte per loro devianze, dal massonismo più raffinato. Ci sembra che questa distinzione non apparirà oramai strana e metafisica a qualcuno di quelli che forse sorridevano all’inizio. Ci sembra che essi comincino a percepire dal nostro linguaggio la questione posta, lo scopo che noi perseguiamo. Da questo punto di vista elevato, si aprono ai nostri occhi orizzonti estesi ed immensi. Si vedrà già come, prendendo le parole del Papa singolarmente, e soprattutto quelle che hanno come scopo di smascherare la massoneria, noi metteremo, con l’aiuto di Dio, il dito nella piaga, e troveremo in questo ammirevole documento emanato da Roma la diagnosi di ogni male sociale dell’ora presente. La prima causa e la prima radice di questo male è la massoneria, il cui effetto più generale e più terribile nelle sue conseguenze è ciò che abbiamo chiamato “massonismo”. Questa denominazione volgare ed usuale, data come autentica da Roma in altri documenti è – perché non dirlo a nostra volta? – quella di liberalismo. Noi lo vedremo, con l’aiuto di Dio, nei capitoli seguenti. Mediante la distinzione che abbiamo indicato, il marchio iniziale e la divisione naturale del nostro lavoro, noi parleremo in primo luogo della massoneria considerata nel suo oggetto materiale, o della setta in particolare, in concreto, e questo solo come maniera di costruzione del luogo; in secondo luogo e principalmente, noi parleremo della massoneria considerata nel suo oggetto formale, “formaliter”, o del “massonismo” e delle sue opere e delle influenze massoniche in generale. Il Papa ha aperto una breccia attraverso la quale dobbiamo passare senza paura né rispetto umano, noi tutti che ci gloriamo di marciare sotto gli ordini di un Capo molto valoroso!

II

L’esistenza nel mondo attuale di questo orribile focolaio di anticristianesimo che si chiama: la massoneria.

La prima cosa che fa l’enciclica “Humanum genus” sul soggetto della massoneria, è affermarne l’esistenza. In questa affermazione sembra meritare di essere segnalata in ragione della sua importanza capitale, la tattica dei settari che, quando si sentono colpiti da una condanna pontificale, è sempre la stessa: innanzitutto essi assicurano, con tono scherzoso, che questo errore o questa setta contro la quale è lanciata l’anatema non esiste, che questa “eresia” non è che un mito fiorito nella immaginazione del Papa; poi, essi cercano sempre di distinguere nella dottrina riprovata un buono ed un cattivo concetto, pretendendo che in un senso la condanna sia legittima, ma non in tal altro, che è precisamente quello che essenzialmente la motiva. L’Arianesimo ed il pelagianesimo, che furono le eresie più formidabili; il giansenismo ed il liberalismo, che sono state le eresie più funeste degli ultimi tempi, hanno brillato fra tutte per l’abilità con la quale esse hanno saputo mantenersi come su di un campo di battaglia vasto e ben protetto dal favore di queste sottigliezze diaboliche. Contro queste sottigliezze tortuose che più di tutto il resto caratterizzano la loro perfidia nativa, la Chiesa ha sempre opposto l’infallibilità del suo insegnamento, non solo in ciò che riguarda le dottrine considerate da un punto di vista speculativo e teorico, ma anche relativamente alla loro esistenza pratica, nell’ordine dei fatti che si trovano esposte in un libro, o incarnate in una setta o in un’istituzione. Di modo che l’autorità decisiva del Magistero pontificio, si esercita non solo sul dogma e sugli insegnamenti che gli sono opposti, ma anche sul fatto dogmatico, vale a dire su ciò che noi potremmo chiamare la sua realizzazione pratica nella sfera sociale. Non è dunque una oziosità che il Papa cominci su questo grave documento affermando l’esistenza della massoneria. Per poco che si conosce il mondo miserabile nel quale viviamo oggi, questo mondo che nonostante le sue fastidiose pretese di “lumi” e di civilizzazione, è talvolta così insensato, così arretrato e su molti punti più credulone e facile da ingannare rispetto a tre secoli fa; per poco, lo ripeto, che si conosca il mondo malvagio col quale dobbiamo convivere, si vedrà che ciò che conveniva innanzitutto, era questa solenne, autorizzata e definitiva affermazione. Così in verità, da circa un anno, parlando con un uomo considerevole, che si picca di essere un “sapiente”, e che lo è realmente in una certa branca, noi abbiamo inteso con tristezza cadere dalle sue labbra questa affermazione magistrale, che cioè “la franco-massoneria è una chimera”, e che noi non siamo altro che fanciulli lattanti, tremanti al cospetto di un fantasma, noi che ci occupiamo sempre della massoneria. Sono numerosi, o almeno lo sono stati fino ad oggi, coloro che hanno creduto che realmente la massoneria non sia che una macchina da guerra inventata dagli oratori o dai giornalisti ultramontani. Essi non osservano che queste imprese nelle quali non si vede niente della massoneria, costituiscono precisamente il primo dei trucchi massonici, quello che la setta utilizza con più ardore e, senza contraddizione, con più successo. Per tutti questi uomini, le parole gravi del Papa che afferma, nella pienezza della sua infallibile autorità, che la franco-massoneria esiste, ed esiste veramente, questa parola pontificia è caduta come una bomba in mezzo alle loro negazioni innocenti o perfide. È dunque certo e dimostrato e non solo con la testimonianza dei fatti, che i ciechi volontari hanno potuto solo fino a questo giorno non vedere, ma in modo molto più formale ancora con l’autorità della Chiesa, che esiste una setta chiamata “massoneria” o franco-massoneria. È questo un fatto reale, vivente, palpitante, attuale, come gli altri che nel mondo esteriore e sensibile, richiamano la nostra attenzione. Esiste una vasta associazione o lega, segreta fino a questi ultimi tempi, quasi pubblica ed ufficiale oggi, che conta in ogni nazione dei centri secondari chiamati “logge”, ed i cui adepti o affiliati si contano a milioni, ordinati sotto una bandiera comune, senza riguardi per le differenze di nazionalità o politiche, ed animate da uno stesso odio contro il Cristo e la sua santa Chiesa. Come esiste in pieno giorno e allo splendere del sole una società visibile, organizzata, avente i suoi capi riconosciuti ed accettati, con la sua gerarchia; società che si chiama il Cristianesimo, perché essa è in qualche modo la personificazione delle dottrine e dei precetti di Cristo, suo immortale Fondatore; così esiste un’altra società che è nata e si è ingrandita col favore delle tenebre, anche essa organizzata ed in possesso della sua gerarchia, sottomessa a dei capi formidabili e misteriosi; società che, essendo come una personificazione di tutti gli odi contro il Cristo, può certamente definirsi l’anti-cristianesimo organizzato, o meglio l’anticristo, e perché? Unicamente per dei motivi di convenienza strategica non porta questo nome, ma quello di massoneria o di franco-massoneria. – Una tal società, formidabile “chiesa di satana”, in opposizione diretta ed in lotta continua con la Chiesa del Cristo, si trova diffusa, come sua eterna rivale, in tutto il mondo conosciuto, e lavora con tutto il suo potere nell’estendere ogni giorno le sue incommensurabili frontiere. Ed il suo desiderio è quello di stabilire in tutti i paesi e con tutti i mezzi un reame universale di satana al posto del Reame universale di Gesù-Cristo, al quale suo Padre ha dato in eredità tutti i secoli e tutti i popoli, benché, per fini conosciuti dalla sua insondabile provvidenza, ma che noi conosciamo in parte, Egli abbia permesso che questo divino Reame sia in lotta continua con il reame di satana, fino all’ora del trionfo completo del Cristo nel giorno del Giudizio Universale. Questa società infernale esiste, lavora cospira, scrive, perora, legifera, governa, lotta, estende il suo impero, porta in se stessa la chiave della maggior parte degli avvenimenti moderni. La sua opera è questo mondo ufficiale stabilito dappertutto, o direttamente contro Dio o, vergognosamente, facendo astrazione da Dio, o ipocritamente, volendo che Dio divida con i suoi nemici, il suo sovrano dominio. Dai suoi centri esce, come ispirato da satana, quasi tutto quello che si predica e si insegna ai popoli, in opposizione con quel che insegna la santa Chiesa Cattolica, apostolica romana. Il mondo, il demonio e la carne avevano già da Adamo, delle massime, delle attrazioni e dei processi opposti alla verità, la massoneria è venuta, nei tempi moderni, a dare a tutte queste forze individuali e, per così dire, separate e disunite, una funesta unità di obiettivo, di principio e di processi, la cui perfezione e saggezza non si comprendono e non si spiegano se non riconoscendo che siano di origine diabolica. Il diavolo è cattivo, è certo, ma egli ha una natura angelica che, secondo gli insegnamenti della teologia, non è stata distrutta né dal peccato né dalla punizione che gli è stata inflitta. – Qual è l’estensione materiale, e da questa l’influenza disastrosa di questa chiesa anticristiana, in precedenza molto segreta e occulta, ma oggi visibile, apparente, preponderante e regnante sovrana? Se ne avrà l’idea con la statistica, e i dati seguenti, che noi riprendiamo, per ciò che concerne l’Europa, da un giornale autorizzato e che crediamo ben informato:

Inghilterra.- La Grande Loggia d’Inghilterra, la cui sede è a Londra, data dal 1717; essa ha ai suoi ordini la cifra enorme di 2.019 logge. Un’altra potenza, di rito « antico ed accettato » per l’Inghilterra ed i paesi delle Gallie, porta il titolo di Supremo Consiglio del 33° grado. Essa fu stabilita nel 1845, e conta 88 capitoli.

Scozia. La Gran loggia scozzese, la cui sede è ad Edimburgo, fu fondata nel 1738, ed ha sotto i suoi ordini 891 logge. Il Supremo Consiglio del 33° grado del rito scozzese antico ed accettato conta 10 capitoli.

Irlanda. – La gran loggia d’Irlanda. La cui sede è a Dublino, ha sotto i suoi ordini il numero considerevole di 1014 logge.

Danimarca. – La grande loggia di Danimarca, la cui sede è a Copenhagen, fu fondata nel 1747 ed ha 10 logge ai suoi ordini.

Svezia e Norvegia. – La grande loggia di questi paesi, la cui sede è a Stoccolma, fu fondata nel 1754, ed ha 33 logge ai suoi ordini.

Belgio. – Il grande oriente del Belgio si è stabilito a Bruxelles nel 1832, e dispone di 24 logge.

Olanda. – Il grande oriente del Paesi Bassi ha la sua sede a la Haye, e fu fondato nel 1756, è disposta in 79 logge, nel 1884, riunenti 2185 associati.

Germania. – La Germania settentrionale possiede otto poteri massonici e cinque logge indipendenti, con un totale di 42.496 massoni attivi. La gran loggia nazionale, la loggia madre, si trova a Berlino, e fu fondata nel 1774. Essa conta 113 logge che riuniscono 13.095 affiliati. La grande loggia regionale di Germania, la cui sede è pure a Berlino, data dal 1774, e conta 107 logge, con un totale di 8.762 associati. La gran loggia reale di York, la cui sede è pure a Berlino, fu fondata nel 1798; essa conta 61 logge e 4.774 membri. La gran loggia di Amburgo , che ha la sua sede in questa città, fu fondata nel 1740, e conta 31 logge e 2.629 affiliati. La gran loggia eclettica di Francoforte fu fondata il 18 marzo 1783, e conta 12 logge e 1.396 membri. La gran loggia di Baviera, il “sole, fu fondata il 21 gennaio 1741, e conta 24 logge e 1701 membri. La gran loggia regionale di Sassonia, la cui sede è a Dresda, fu fondata nel 1811, e conta 18 logge e 3000 membri. La grande loggia dell’unione massonica, che ha la sua sede a Darmstadt, fu fondata nel 1846; essa conta 9 logge e 896 membri.

Francia. – Il grande oriente di Francia risiede a Parigi, fu fondato nel 1736, e tiene sotto la sua obbedienza 66 “laboratori”, 13 nel dipartimento della Senna, 208 negli altri dipartimenti, 14 ad Algeri, 11 nelle colonie, e 28 nelle nazioni straniere. – Oltre al grande oriente, esiste a Parigi: 1° il supremo consiglio del rito scozzese antico accreditato per la Francia e le sue dipendenze (o possessi fuori dal continente); 2° l’ordine massonico orientale del Misraim o d’Egitto; 3à la grande loggia simbolica scozzese di Francia.

Lussemburgo. – Il consiglio supremo del granducato del Lussemburgo fu stabilito nel 1844, e conta due logge.

Ungheria. – Il grande oriente d’Ungheria risiede a Pesth; fu fondato nel 1871 e conta 15 logge. Il grande oriente di Ungheria, fondato nel 1870, conta 24 logge e 783 membri.

Italia. – Il grande oriente di Italia, supremo consiglio, fu fondato nel 1861, e conta 150 “laboratori”.

Spagna.- Il grande oriente nazionale di Spagna, gran loggia spagnola, risiede a Madrid. Fu fondato il 15 gennaio 1726 da lord Warton; ha ai suoi ordini 182 logge. In più esiste un supremo consiglio della massoneria spagnola, fondato nel 1868; conta 216 logge e tre capitoli.

Portogallo. – Il grande oriente di Lisbona ed il supremo consiglio della massoneria portoghese, fondata nel 1805, si fusero nel 1869 e contano114 logge.

Svizzera.- La grande loggia di Berna, fondata nel 1844, conta 74 logge. Riassumendo da questa tenebrosa statistica risultano, solo in Europa, esserci 5.486 logge parrocchie de questa chiesa infernale. Noi diciamo: in Europa soltanto, perché bisogna notare che c’è un ugual numero nelle altre contrade del mondo conosciuto e specialmente in America, ove la corruzione massonica è penetrata in modo particolare.

III

La massoneria ha realmente l’influenza e la potenza che si suppone nel mondo attuale?

 Dopo avere affermato l’esistenza della massoneria contro coloro che sotto un pretesto qualunque si sforzano di far passare per un mito fantastico questa tenebrosa cospirazione contro Dio, il Papa viene a formulare sullo stesso soggetto, altre due affermazioni molto importanti: primariamente la sua formidabile influenza sociale attuale; secondariamente il carattere pernicioso ed assolutamente anticristiano di questa influenza sociale. Sono queste, due verità che i partigiani della setta si ostinano ad oscurare ed a velare, ma ora non è più loro possibile negare la sua esistenza materiale. « Nello spazio di un secolo e mezzo, dice il Papa, la setta massonica ha fatto dei progressi incredibili. Impiegando nello stesso tempo l’audacia e l’inganno che ha invaso tutti i gradi della gerarchia sociale, essa comincia a godere, in seno agli stati moderni, di un potere che equivale quasi alla sovranità. Da questa rapida e formidabile estensione, sono risultati necessariamente per la Chiesa, per l’autorità dei princìpi e la salute pubblica, dei mali che i nostri predecessori hanno previsto da lungo tempo avanzare. Ben presto ci si è trovati in presenza di gravissimi motivi di timore dell’avvenire, non sicuramente per la Chiesa, le cui fondamenta sono al sicuro da tutti gli attacchi degli uomini, ma per gli Stati in seno ai quali hanno acquisito una influenza considerevole, sia questa setta, la franco-massoneria, sia le altre associazioni simili che concorrono alla sua opera di distruzione o che servono da satelliti. » Noi abbiamo tradotto qui questo paragrafo nella sua integrità, perché nel suo austero laconismo, si rivela come il più grave di questo documento così importante. Noi sappiamo ufficialmente da esso che la franco-massoneria non è un’associazione qualunque, una lega di volgari malfattori, un riparo di gente aconfessionali, come comunemente si dice, ma una associazione che ha invaso tutti i gradi della gerarchia sociale. Sicuramente noi lo sapevamo già, ma oggi noi ne siamo ufficialmente avvertiti. Così tutti i gradi delle gerarchie sociali sono infettati da questa lebbra: non precisamente questi o quegli ambienti sociali, nei quali si trova più ordinariamente, almeno in apparenza, una disposizione più grande ad ogni specie di crimine; non i gruppi più avanzati della demagogia moderna, coloro che formano la sua avanguardia ed le sue guide, coloro che senza alcun camuffamento, annunciano il loro orribile desiderio di bandire dalla terra il nome di Dio, e di abolire sotto i colpi del loro odio egalitario ogni distinzione gerarchica, ogni idea di autorità; No!: la massoneria è ancor più il massonismo, è una malattia, una fillossera che ha infettato tutti i gradi della gerarchia sociale, come dice testualmente il Sovrano Pontefice; e questo non nel modo di una affezione senza gravità, di un male cronico poco dannoso, ma come un male che comincia a prendere, in seno agli Stati moderni, una influenza talmente preponderante, che equivale in qualche modo, secondo la parola formale del Vicario di Cristo, ad una vera sovranità. O Cielo! E noi che così spesso, ci siamo visti coperti di confusione, quasi scomunicati, quando con riserve più o meno espresse, ci siamo arrischiati ad esprimere questo medesimo pensiero, che ha scatenato contro di noi tutti gli sforzi combinati della società attuale! Noi esagerati e fanatici, che abbiamo da sempre creduto, sotto tutti i punti di vista, che la massoneria, sia la pura eterodossia, l’eresia formale contro Dio, il suo Cristo, la sua Chiesa ed i suoi figli più devoti, che essa ispiri i principali elementi costitutivi di questa moderna organizzazione, che attiri verso la terra, e sia patrocinata apertamente e scientemente da tutti i figli di Belial per far la guerra a Gesù-Cristo Nostro Signore! È vero così che noi ci siamo inchinati rispettosamente davanti alla suprema affermazione del Vicario di Gesù-Cristo, che ci assicura che questa peste abbia già infettato tutte le sfere dell’ordine sociale esistente. Incidiamo questi insegnamenti nella nostra memoria e non permettiamo che ne escano giammai.! Sappiamo dunque in quale ambiente viviamo, con chi camminiamo; pensiamo ai nemici contro i quali dobbiamo combattere in ogni momento. Noi siamo pertanto alle prese con un contagio che ha invaso tutte le sfere dell’ordine sociale, con un nemico che ci sta spalla a spalla dappertutto, con un’atmosfera che ci penetra, ci attacca, e spande il suo veleno dappertutto. Essa ci combatte apertamente sulla piazza pubblica ed anche negli impieghi ufficiali, ove il suo potere raggiunge la sovranità. Essa si nasconde astutamente e penetra fino nel nostro focolaio domestico, se non vegliamo con uno zelo costante ed attivo; essa ci punge ancora, sul modello della spina nascosta sotto i fiori, finanche nelle opere di pietà, essa cospira contro di noi in mezzo a mille trappole tese con grande abilità, che solo coloro che sono santamente intransigenti posso prevedere ed evitare. Queste parole sono solenni e racchiudono un grande principio di condotta, un’importante regola pratica per la vita del Cattolico della nostra epoca. Esse erigono come principale regola di prudenza, nel nostro modo attuale di vita e di lotta, e principalmente nei confronti dei poteri pubblici, ciò che possiamo permettere di chiamare un “criterio di diffidenza”. Sì, noi ci decidiamo a scrivere questa parola senza esitare, non alla leggera, ma dopo una matura riflessione. Alle virtù fondamentali che in ogni tempo il campionario valente della verità ha dovuto considerare proprie alla sua condizione, occorre aggiungere oggi questa che è la caratteristica dell’epoca: una saggia e prudente “diffidenza” verso tutto ciò che la circonda; questo è evidente, poiché tutto ciò che la circonda è infetto, ha subìto il contagio, la presenza di questo “virus” pestifero massonico che ha avvelenato tutti i gradi o sfere dell’ordine sociale. – Tempo addietro questo consiglio franco e leale sarebbe stato tacciato di mancanza di carità da qualche infelice che ignora forse che questa parola “carità” è quella che noi abbiamo l’abitudine di considerare da qualche anno come quella che deve ispirarci maggiore diffidenza. Lo si dirà ancor più nell’era attuale, perché questo criterio di diffidenza e di pessimismo che proclamiamo qui, non è fondato sul nostro apprezzamento, ma sulla parola formale del Papa; tanto più che questa setta diabolica, non ha trovato maschera più conveniente per nascondersi, che quella della santa pratica della carità, affettandosi di farsi passare per niente di meno che una pura associazione di beneficenza.

IV

Ma non si dice tra coloro che ritengono di essere ben informati, che la massoneria sia un’associazione di pura beneficenza?

Naturalmente! Ciò che soprattutto desidera tutta la setta massonica, la dove può ottenerlo è, come abbiamo visto, che si neghi o si metta in dubbio la sua esistenza. In questo essa agisce conformemente ai suoi istinti di setta segreta. Ma, al contrario, la dove essa dispera di riuscirci, si contenta di non essere conosciuta tale così come essa è in realtà. A questo scopo, ciò che essa cerca innanzitutto, è una maschera comoda e simpatica entro la quale avvolgersi; e non c’è niente che si presti meglio a questo gioco se non la carità. Maschera comoda, abbiamo detto, perché non c’è niente di più facile per un’associazione che darsi il nome e le apparenze di un’associazione di carità: andiamo a vederlo all’istante! Maschera simpatica, abbiamo aggiunto, come sono sempre simpatiche la generosità e la liberalità, qualunque siano il principio e la fonte, come vedremo ugualmente. Da questo risulta che lo scopo della massoneria è di mostrasi benefattrice e filantropica. Essa ottiene così due risultati: in primo luogo essa nasconde ai semplici il suo vero carattere, secondariamente attira a sé con il favore dell’aspetto esteriore delle buone opere coloro che non guardano il fondo delle cose, e che non considerano se non il loro lato esteriore e di apparenza. Il Papa, nella sua Enciclica, fa parimenti giustizia di questa trappola satanica. Di conseguenza: la massoneria è o non è una associazione di beneficenza? Si e no, e diamo la spiegazione di questa risposta singolare ed in apparenza contraddittoria. Si, in un certo qual modo la massoneria è un’associazione di beneficenza, poiché per reclutare degli adepti in gran numero e per conservarli uniti per mezzo di una certa solidarietà, attraverso le differenti nazionalità e razze, essa non ha trovato miglior mezzo che una mutua protezione universale, in virtù della quale, ogni affiliato, in qualunque distretto si trovi, è assistito dai suoi co-associati nelle sue relazioni, nell’ottenere un impiego, etc. così, in diverse circostanze ed in certe branche dell’amministrazione o dei pubblici servizi, il titolo di “massone” è la migliore delle raccomandazioni per arrivare ad essere vantaggiosamente posizionato. Si è recentemente citato il caso di un giovane ben preparato che aspirava ad un certo impiego, al quale poteva pretendere a buon diritto. Colui al quale manifestava il suo desiderio, gli rispondeva semplicemente: “ … per ottenerlo, vi è sufficiente, mio caro amico, passare da M. X …., e dare il vostro nome alla loggia”. Il giovane, che era un fervente cattolico, dichiarò che non voleva ricorrere a questo mezzo che la sua coscienza riprovava. “Andate dunque, non fate il bambino, replicò l’impertinente interlocutore: voi troverete iscritti sui registri della loggia una lunga lista di personaggi che sono cattolici come voi, e non si sono fermati a tale scrupolo. Oggi non si giunge alla fortuna se non per questa via. In effetti è così nella maggior parte dei casi, salvo qualche rara e molto onorabile eccezione. E si comprende facilmente che non possa essere altrimenti. Lo stato moderno è costituito in modo essenzialmente massonico, i suoi principali rappresentanti sono massoni, ed oggi la cosa pubblica è organizzata e stabilita in modo tale che quasi tutto dipende dall’influenza dello stato, cosa che costituisce il più alto grado di assolutismo immaginabile: ne risulta, come conseguenza rigorosa, che tutto o quasi tutto oggi è subordinato, ad esempio nelle carriere pubbliche, all’influenza diretta o indiretta della massoneria. E la massoneria sarebbe ben insensata se non facesse girare a proprio vantaggio questa potenza colossale di cui gode negli stati moderni. Ora la massoneria è scellerata, ma non manca di abilità così come lucifero, suo occulto ispiratore: non è insensata, ma al contrario estremamente abile, perversa com’è. Da lì viene che, nella distribuzione degli impieghi e delle cariche o funzioni pubbliche, si vede spesso la mano potente della massoneria elevare chi essa vuole, ed arrestare parallelamente al suo grado, questo o quell’avanzamento. È questo che spiega pienamente il fenomeno di certe progressioni e di certe disgrazie. Nei gradi delle armate, la massoneria aiuta il merito personale; ma essa può anche supplire, se lo desidera. Nei concorsi letterari e nella preparazione delle liste di questi concorsi, non è inverosimile che faccia più o meno inclinare la bilancia e ferire la coscienza. Nel commercio e nella navigazione, essa conta su relazioni che sono di un’importanza capitale per il successo. Nelle guerre, essa apre le piazze, facilita la comunicazione dei piani e le confidenze, e talvolta impiega ben altri proiettili con cui ottenere vittorie stupefacenti. Nelle lettere essa procura all’improvviso un successo favoloso a certi drammi, a certi romanzi, a delle opere scientifiche che senza di essa sarebbero rimaste nell’oscurità, così come essa soffoca, per mezzo di una criminale cospirazione del silenzio, l’opera del più sublime genio, che non consente di accettare l’odioso “imprimatur” della setta. Con il favore delle immense risorse che offrono oggi il giornalismo e le associazioni, la massoneria può arrivare, su certi determinati punti, a monopolizzare funzioni sociali e l’opinione pubblica stessa, al punto da mettere chiunque non si sottometta al suo dominio, nella impossibilità di crearsi un posto qualsiasi nella vita sociale. È così che si vede compiere alla lettera ciò che l’Apocalisse ha profetizzato del regno di questa bestia simbolica, che designa, secondo tutti gli interpreti, il potere anticristiano degli ultimi tempi. “Essa otterrà, è detto, che nessuno possa comprare o vendere se non colui che porta sulla fronte il marchio o il sigillo della bestia o la cifra del suo nome”. È alla realizzazione di questo fine che nella vita moderna tende incessantemente la massoneria, e chi può dubitare che essa non l’abbia già in gran parte realizzata? Così con uno scopo di pia unione o di associazione di interessi individuali, convergenti tutti però verso l’interesse generale della setta, essa si converte in società di mutuo soccorso per i suoi affiliati. Questo trucco nel contempo l’aiuta a guadagnare ed a conservare questi affiliati, servendo così a coprire con un mantello onorevole il contrabbando della sua propaganda. È la che si trova la ragione della nostra domanda, o meglio della nostra risposta affermativa e negativa. La massoneria è un’associazione perniciosamente di beneficenza, in quanto lavora, con l’aiuto del soccorso che si prestano mutualmente i suoi membri, ad estendersi ed a esercitare la sua disastrosa influenza sulla macchina sociale, di cui oggi essa è il più potente motore. Essa non è un’associazione di beneficenza, se con essa si intende, come si dovrebbe, un’associazione consacrata all’esercizio della carità per fini puramente caritatevoli, tanto a favore del corpo che dell’anima di colui che ne è l’oggetto, e senza limitare la sua assistenza al cerchio di coloro che sono già affiliati o che si vuole guadagnare all’associazione.

V

Conferma, con l’aiuto di un’osservazione molto ben appropriata alla circostanza, di ciò che è stato detto nel paragrafo precedente.

Che la massoneria non sia un’associazione di beneficenza e di carità, come affermano i suoi affiliati ed i suoi mentori, è un punto di cui si acquisisce la dimostrazione e la convinzione con l’aiuto di un solo argomento, davanti al quale tutti gli altri diventano inutili, ed al quale è impossibile opporre una risposta soddisfacente e ragionevole. Ecco l’argomento: la massoneria gode, per i nostri peccati, di una preponderanza e di una influenza considerevole nel mondo moderno ufficiale ed extraufficiale. In molti punti, ed il Papa lo ha detto, il suo potere occulto equivale in qualche modo alla sovranità. Noi esprimiamo lo stesso pensiero in termini meno velati. Molto frequentemente la massoneria è giunta a sostituire completamente l’antica influenza sociale della quale godeva il Cattolicesimo in tempi migliori. Sì, è così purtroppo, ed i massoni non si vantino affatto di tale trionfo. In un gran numero di sfere della nostra società, il massonismo possiede pienamente oggi tutta l’influenza e tutta l’azione di cui godevano in altre epoche, la Chiesa Cattolica. Ma è qui che noi entriamo in pieno nella nostra argomentazione. Quando, ai tempi della sua preponderanza sociale, l’influenza cattolica dominava il mondo, essa lasciava dappertutto dei monumenti insigni del suo spirito veramente umanitario e caritatevole. Che i nostri avversari non vengano qui a gettarci in faccia le loro banali ridicole accuse di tenebre ed oscurantismo. Questo è scritto nella storia, ed ogni retorica sarà impotente a cancellarla. Quando la Chiesa esercitava nel mondo la sua preponderanza per il bene di questo mondo, non c’era un bisogno al quale Ella non si interessasse, una lacrima che non asciugasse, un’amarezza che non raddolcisse, una sofferenza fisica e morale sulla quale non stendesse la sua materna mano. I grandiosi acquedotti, le confortevoli stazioni termali, i vasti circhi, i superbi archi di trionfo, inventati dal paganesimo, potevano essere splendidi, ancorché essi siano frequentemente arrossati dal sangue; gli ospedali, gli orfanotrofi, gli asili di pellegrinaggio, gli istituti per il riscatto dei prigionieri, non sono stati fondati, sostenuti e serviti che dal Cattolicesimo e nel Cattolicesimo! Non c’è un angolo di terra ove il Cristianesimo abbia dominato, senza che si vedano prove chiare ed irrefutabili di questa verità. Le mille associazioni che esso ha ispirato a questo fine, gli ordini religiosi che ha stabilito con questo scopo, le grazie spirituali per mezzo delle quali ha vivificato ed incoraggiato tutto questo, gli eroi della beneficenza pubblica che esso ha canonizzato: tutto questo è conosciuto e riempie i nostri gloriosi annali. Anche oggi, povera, disprezzata, perseguitata, spogliata nel mondo intero, la Santa Chiesa di Dio trova nel fondo inesauribile della sua immensa carità mille risorse e mezzi per soccorrere e consolare il genere umano. Le sue istituzioni antiche si mantengono in tutto il loro vigore, ed ogni giorno si vedono rifiorire come nuove sotto l’azione della fede generosa che vive in essa. Non è passato nemmeno mezzo secolo da quando ha fondato le Piccole Sorelle dei poveri: e questi angeli terrestri hanno già aperto degli asili per anziani nel mondo intero. Da meno tempo ancora, don Bosco ha fondato i suoi laboratori salesiani, ove già più di centomila giovani operai sono occupati e strappati alla propaganda socialista dallo zelo dell’infaticabile fondatore. Si annunciava già da qualche giorno, la fondazione a Grenoble di queste Piccole Sorelle dell’operaio, che apriranno incessantemente le loro case in mezzo ai fumi del carbone fossile delle nostre fabbriche, per disinfettarle da questo altro fumo infernale che asfissia così spesso l’anima del povero lavoratore. Ecco le meraviglie che ha generato, che genera e produrrà ancora in favore dei suoi nemici e dei suoi persecutori, questa Chiesa di Dio, vilipesa, impoverita e attaccata da ogni parte! – Che fa, dal canto suo, in favore dei poveri e degli abbandonati, la franco-massoneria onnipotente e trionfante? Dove sono le opere che essa ha fondato, le istituzioni che ha creato, i fratelli e le sorelle che essa ha inviato a morire nei giorni lugubri delle epidemie, gli abbandonati che essa accudisce, i fanciulli che raccoglie, le donne perdute che essa riabilita, gli anziani che consola, gli infermi che assiste, i morti che seppellisce? Ove sono i suoi vasti ospizi, i suoi asili spaziosi, gli orfanotrofi ed i lebbrosari, le sue scuole di artigianato e dei mestieri, i suoi rifugi? Invano le cercheremo nelle statistiche contemporanee: i quadri ufficiali mostrati dai governi, non ne fanno alcuna menzione. La massoneria non ha dunque fatto niente? Oh si!, essa ha fatto, ha ben fatto, o meglio disfatto, tante cose. Essa si è impegnata con estremo furore, per anni ed anni, a demolire tutte le istituzioni, a distruggere tutte le nostre opere. Per mezzo delle leggi di confisca, che sono le sue leggi, essa ha rapito alla Chiesa tutto ciò che la pietà dei fedeli aveva accumulato nelle sue mani in favore dei poveri. Per mezzo di leggi ostili alle congregazioni, anche esse sue leggi, essa ha allontanato in Francia, e dal letto dei moribondi, la stessa suora di carità. Per mezzo di altri mille inganni e processi, che sono egualmente opera sua, essa è riuscita a paralizzare dappertutto la nostra azione, a diminuire la nostra influenza, ad allontanare il povero dal prete, a strapparlo, per mezzo delle “solidarietà”, che sono parallelamente una delle sue invenzioni, dalle mani della misericordia divina nell’ora suprema della morte ed a privarlo degli onori della sepoltura cristiana dopo il suo decesso! Ah! Si, a questo punto essa è benefacente, filantropica ed umanitaria, la massoneria! Domandiamolo ai lussuosi monumenti che essa ha elevato per rimpiazzare gli antichi monasteri, per il piacere dei suoi signori usurai: domandiamolo a questa superba carrozza trainata da vigorosi cavalli, e sulla quale si erge nella rispettabile persona questo massone filantropo che si è arricchito con i beni delle istituzioni di beneficenza; chiediamolo a questi demagoghi convertiti in opulenti proprietari con i beni degli ospedali venduti all’asta. Che si metta ancora in dubbio, dopo ciò, la questione di sapere se la massoneria è o non una associazione di beneficenza, che ha saputo trarre buon profitto per se stessa e per i suoi adepti, dai beni dei poveri della Chiesa!

VI

La massoneria considerata dal punto di vista dottrinale, o “massonismo”, il principale oggetto di questo opuscolo.

Dopo il breve articolo consacrato a dare una debole idea della setta massonica dal punto di vista materiale, ci sembra arrivato il momento di parlarne da un punto di vista dottrinale e formale, che è il vero oggetto dell’attuale lavoro, di cui ciò che precede non è che un preliminare o il prologo. È evidente in effetti, come abbiamo detto all’inizio, che per noi e per ogni cattolico che vede le cose con chiarezza, così come le vede il Papa, ciò che costituisce la vera gravità di questo soggetto, non è il raggruppamento di un numero più o meno considerevole di uomini, armati di grembiuli, compassi, sciarpe e squadre, che in certi giorni si divertono a fare una mascherata più o meno esteriore e buffonesca. Quale è il numero di questi uomini? Qual è la loro organizzazione? Quali sono i loro gradi? Le loro feste, le loro cerimonie? è questo uno studio che richiederebbe più di cento volumi, e che ha perso oggi gran parte del suo interesse, dal momento che la massoneria ha cessato di tenere i suoi misteri racchiusi nell’ombra o nella penombra. I nostri lettori possono su questo punto ricorrere a qualche autore che ha scritto su questa materia.- Il soggetto che sollecita attualmente la nostra attenzione è meno conosciuto. Il “massonismo” è qualcosa più della massoneria: è una parola, come si direbbe nel linguaggio scolastico, che ha un significato più esteso: è un concetto più generale, più ampio, di più vasta comprensione. Il massonismo è la dottrina della massoneria, è il suo spirito, la sua influenza; è questa atmosfera che si estende in tutti i sensi e giunge ad infettare col suo veleno il mondo intero ed a fare numerose vittime tra coloro che massoni non sono. Il massonismo è un insieme di principi, di massime, di teorie, di processi, di applicazioni, che sono riusciti a formare una corrente che coinvolge il mondo moderno, dopo averlo fatto uscire completamente, almeno nella sua parte ufficiale, dalla fede antica che Dio e la Chiesa avevano tracciato. Il massonismo è questa cosa che fa che un cristiano convinto, e che vuole perseverare nella sua fermezza, sembri oggi un “fenomeno”, una singolarità esotica che contrasta con tutto ciò che lo circonda. Il massonismo infine, è pressappoco ciò che troveranno naturale ed accettabile gli uomini di mondo nell’era attuale, ed anche numerosi cattolici obbligati in coscienza a ragionare secondo altri principi. Ed essi li giudicano naturali ed accettabili, perché si sono formati, spesso senza pensarci, un criterio massonico in luogo di un criterio cattolico: essi vedono, apprezzano, giudicano, decidono, agiscono secondo dei principi massonici; ed essi fanno tutto questo senza essere massoni, e persuasi forse di aborrire in cuor loro la massoneria. È questo il carattere più orribile dell’epoca attuale: l’ignoranza completa della loro vera situazione, nella quale vivono un gran numero di uomini cattolici a “loro modo”, e che la rivoluzione trova come suoi ausiliari più attivi e potenti. Tale è il trionfo veramente satanico che si propone di ottenere la massoneria, e che, diciamolo francamente, ha già in gran parte ottenuto. Dopo aver escluso dal mondo sociale l’immagine di Cristo che la predicazione cristiana vi aveva impresso, ed averla rimpiazzata con l’immagine di satana, senza che il mondo sembri accorgersi di questo cambiamento, essa ha rimpiazzato il Cattolicesimo, che è l’anima della società, con il massonismo, senza che l’imprevidenza degli uomini abbia permesso di constatare la differenza che esiste tra lo spirito che anima oggi il corpo sociale e quello che lo animava in altri tempi. [Questa situazione oggi si è realizzata anche nella Chiesa Cattolica che insensibilmente e lentamente, si è trasformata per l’apporto della massoneria ebraica e della “quinta colonna” dei marrani, in sinagoga di satana, guidata da antipapi servi di lucifero, e senza che quasi nessuno se ne sia accorto, o meglio, se ne “voglia” accorgere – ndt.-]. Ecco perché noi diamo al “massonismo” una sì grande importanza ben al di sopra della massoneria. Quest’ultima è stata lo strumento di cui esso si è servito per demolire l’antico edificio di cui la Croce era il coronamento, per edificare il nuovo edificio, che non vuole affiggere segni cristiani. Lo strumento perde la sua importanza quando questo edificio è costruito. Così infatti, quando la massoneria ha raggiunto il suo scopo sociale, comincia a mettere da parte questo ridicolo apparato cerimoniale del quale fino ad ora si era circondata e del quale oramai non ha più bisogno per compiere la sua infernale missione. Fino al punto che non saremo più stupefatti, se le cose continuano ad andare avanti, di vedere un giorno dichiarare la chiusura di tutte le logge. A cosa serviranno in effetti esse, quando tutto il mondo ufficiale non sarà più che una immensa loggia? Si ha dunque ragione, fino ad un certo punto, di dire che la massoneria ha oggi meno importanza di un secolo fa. Questo è naturale, perché essendo dappertutto il massonismo sovrano, la massoneria deve rinunciare alla propaganda che ha perso così la sua principale ragion d’essere. Il massonismo domina tutto oggi, e di fronte ad esso, in mezzo alle rovine che ha accumulato, non resta in piedi se non il Cattolicesimo. Il massonismo ed il Cattolicesimo sono i veri elementi essenzialmente opposti, nella terribile lotta attuale: ecco perché abbiamo sintetizzato, riassunto in poche parole tutto il piano del nostro presente lavoro. Andiamo dunque a vedere, prendendo come guida il Papa, ciò che è il massonismo, quali siano le applicazioni pratiche nelle quali si riflette la sua ispirazione satanica nell’ambito della società attuale, e quali siano i punti principali sui quali è in disaccordo con la Dottrina Cattolica.

VII

Concetto intrinseco della massoneria sotto il rapporto dottrinale, o concetto essenziale di tutta la dottrina massonica.

 La massoneria non è soltanto una società che ha degli adepti; essa è un simbolo di dottrine che gli adepti si sforzano di far prevalere ad ogni costo nella sfera sociale. È a queste dottrine massoniche, alle mille influenze che tentano di far prevalere, all’applicazione variegata che si da’ di queste dottrine nella vita pubblica e, ai nostri giorni, finanche nella vita privata, che noi diamo il nome di massonismo. Qual è dunque, ci chiediamo ora, il concetto, l’idea fondamentale del massonismo? Il Papa risponde, nella sua magistrale Enciclica “Humanum genus”, in questi termini che precisano e definiscono chiaramente tutta la questione: « I franco-massoni si propongono, in tutti i loro sforzi tendenti a questo scopo, di distruggere interamente ogni disciplina religiosa e sociale nata dalle istituzioni cristiane, e sostituirle con altre adattate alle loro idee, ed i cui princìpi e leggi fondamentali sono tratte dal naturalismo ». Il massonismo, pertanto, in bare a questa definizione, non è dunque che il “naturalismo”. Che cos’è questo naturalismo? Questa parola porta in se stessa il suo significato, e la sua etimologia ne fornisce la più chiara definizione. Il naturalismo è la negazione, o almeno l’esclusione, dell’ordine soprannaturale cristiano. Il naturalismo è dunque un anticristianesimo completo e perfetto. Entriamo in qualche spiegazione. Tutto l’ordine cristiano è fondato sul dogma della caduta originaria dell’uomo e sulla sua riabilitazione mediante l’Incarnazione del Figlio unico di Dio. L’uomo naturale è dunque l’uomo del peccato, che non ha alcun mezzo, né per essere convenientemente buono sulla terra, né per arrivare al suo fine ultimo all’uscita da questa vita. Per essere convenientemente buono ed ottenere il suo fine ultimo, l’uomo deve essere non l’uomo naturale, che è decaduto, ma l’uomo soprannaturalizzato che Gesù-Cristo ha rivelato e sostiene con la sua grazia. Per parlare più chiaramente, non è oggi sufficiente all’uomo essere l’uomo della creazione, egli deve essere l’uomo della Redenzione. L’esistenza dell’uomo non gli dà la sua perfezione intera, ma occorre che sia bensì cristiano. È sui principi della verità eterna, presentiti un giorno dalla stessa filosofia umana, ma messa in luce solamente dalla rivelazione divina su cui è fondato il Cattolicesimo, ed è da questi principi che trae logicamente tutte le sue conseguenze. – Il naturalismo parte da principi radicalmente opposti. Secondo esso, l’uomo non è caduto, e di conseguenza non ha bisogno di riabilitazione. Se c’è un Dio Creatore, il naturalismo non ne ha certezza; ma in cambio esso sa pertinentemente che non c’è Redentore. Gesù-Cristo è stato dunque un uomo “puro”, e la Chiesa è un puro inganno. L’essere ragionevole è perfetto e per arrivare a tutti i suoi fini, anche al suo fine ultimo, non ha bisogno di alcun soccorso che sia al di fuori della conoscenza e della portata del naturalismo! L’uomo ha dunque in se stesso tutti i mezzi propri ad ottenere questi fini, mezzi che gli sono assolutamente sufficienti; egli sa tutto ciò che gli è necessario sapere, perché la sua ragione è in tutta la sua integrità; egli osserva tutto ciò che gli conviene, perché la sua volontà non è stata indebolita; egli supera tutte le resistenze che l’appetito o la passione oppongono alla legge morale, perché il suo libero arbitrio non ha subìto alcuna influenza. E come l’uomo si rende autosufficiente in tutto, così pure la società è ugualmente autosufficiente, poiché nella sua ragione essa è perfettamente illuminata e possiede l’onniscienza; nella sua volontà essa è perfettamente sana e non ha alcuna tendenza al male; nel suo libero arbitrio, essa non deve affatto resistere alle cattive inclinazioni ed agli istinti perversi. Quindi si ignori tutto questo ordine soprannaturale che il Cristianesimo proclama come un ausilio indispensabile della natura inferma e decaduta! Che non ci siano più, inoltre: 1° – una questione che riguardi Gesù-Cristo considerato come l’Autore, il conservatore ed il consumatore di questo ordine soprannaturale; – 2° l’organizzazione speciale del soprannaturale che si chiama Chiesa Cattolica, ed infine – 3° questo Essere supremo, misterioso, che si chiama Dio, e che è l’ultima logica negazione del naturalismo. Ecco, superficialmente schizzato, nei suo tratti principali, questo sistema anticristiano del quale è facile ora distinguere a prima vista i fondamenti assurdi. Anche facendo astrazione da ciò che insegna la rivelazione di Gesù-Cristo, appoggiata su tutti i suoi potenti motivi di credibilità, l’idea che il naturalismo si fa dell’uomo e della società, è un’idea evidentemente falsa. Secondo questo sistema, l’uomo è perfetto, la società è perfetta, essi trovano da se stessi tutto ciò che sia loro necessario, e non hanno bisogno di nulla che sia loro superiore. – Ma l’uomo è debole, cieco, miserabile; da se stesso inclinato al male, il suo libero arbitrio è continuamente in lotta con gli istinti perversi, ai quali non resisterebbe senza la grazia di Dio. Egli ha dunque bisogno di una Luce superiore per conoscere, di una Forza superiore per agire, di un Soccorso superiore per non essere continuamente vinto. Egli non è un essere perfetto, egli è una miserabile rovina di qualche cosa che un giorno ebbe la sua perfezione, e che poi ha avuto bisogno di essere restaurato a caro prezzo. Egli nasce piangendo e non può essere buono se non lottando e trionfando da se stesso; in più, anche per ben morire, bisogna che qualcuno gli venga in aiuto. E la società? La società, unione di uomini, è come ogni insieme, della stessa natura delle sue parti. Essa è imperfetta, decaduta, portata al male, e non riesce a vivere che grazie alla repressione ed al freno che essa si impone; ciò che è da sé, il segno di una ben esile perfezione. – Ecco dunque come, fondato su queste basi ingannevoli, il naturalismo intero è pura menzogna. E tuttavia il naturalismo o il massonismo è il grande sistema teorico e pratico del mondo attuale! [Continua …]

LE INDULGENZE

LE INDULGENZE

[J.-J.- Gaume: il “Catechismo di Perseveranza”, Speirani ed. Torino 19881, vol. II, cap. XLI]

Che cosa siano le indulgenze. — Potestà di concederle. — Loro utilità. — Sono irreprensibili agli occhi della ragione. — Tesoro delle indulgenze. — Indulgenza plenaria e particolare. — Che cosa sia necessario per lucrarle. — Mezzi per guadagnare le indulgenze. — Che cosa sia il Giubileo.

Nella tema che fossimo spaventati e disanimati dal rigore delle penitenze, che siamo obbligati di fare per ragione dèi numero e dell’enormità delle nostre colpe, il Padre nostro celeste ha trovato un mezzo di provvedere alla debolezza de’suoi figli, conservando ad un tempo intatti i sacri diritti della sua giustizia. Egli perciò volle che l’innocente pagasse pel colpevole, e che le soddisfazioni soprabbondanti dei nostri fratelli ritornassero abbastanza a comune profitto, e d’altrettanto diminuissero il nostro debito; questo mezzo di cui parliamo sono le indulgenze. Noi non temiamo di asserire, che questo è uno dei più bei dogmi del Cristianesimo, e nello stesso tempo uno dei mezzi i meno apprezzati e i più calunniati. Per rivendicarlo dai blasfemi, basterà, noi crediamo, di esporre ciò ch’egli è realmente, e questo appunto apprendiamo a dimostrare.

Che cosa sono le indulgenze? — In una famiglia, un fanciullo si mostra disobbediente, ed il padre perciò gl’impone una penitenza. Il colpevole è in procinto di eseguirla, allorché la madre, o il fratello, o la sorella, sopraggiungono ed implorano grazia pel medesimo. Il padre si lascia piegare e perdona, a riguardo delle preghiere e della intercessione della sua sposa o de’ suoi figli: ed ecco che questo padre di famiglia ha accordato un’indulgenza. – In un regno, un uomo si rende colpevole di delitto, e le leggi lo condannano a morte. Già sale sul patibolo, quando un illustre personaggio gettasi a’ piedi del monarca, ed implora grazia pel condannato. Il re si lascia piegare, ed il colpevole è salvo: questo re concede un’indulgenza. Nella persona di Adamo il genere umano tutto intero si ribellò contro Dio, e fu quindi condannato alla morte eterna. Ben tosto il Figlio di Dio si presenta e si offre di morire in vece nostra. L’eterno Padre accetta il sacrifizio, e l’uomo viene assolto: Iddio allora accordò un’indulgenza. Fondato su questo mistero, il Cristianesimo intero non è che una grande indulgenza concessa al genere umano, che si è reso malfattore, ad intercessione del Giusto per eccellenza, volontariamente sacrifìcatosi per il mondo colpevole. Voi vedete perciò che l’indulgenza, in generale, è la riversibilità dei meriti del giusto sul colpevole; è la sorgente consolatrice, e ad un’ora terribile, della fraternità e della solidarietà che stringe fra di loro tutti gli uomini; è in fine la base stessa delle società, l’essenza stessa del Cristianesimo. Scendiamo ora da queste generali indicazioni, e vediamo che cosa si abbia ad intendere sotto il nome d’indulgenza propriamente detta, di cui è nostro obbligo occuparci al presente. La teologia definisce l’indulgenza: La remissione della pena temporale che rimane a subire dopo la remissione della colpa e della pena eterna; remissione accordata fuori del Sacramento della Penitenza, per l’applicazione de’ meriti di Gesù Cristo e dei Santi. [“Indulgentia est gratia, qua certo aliquo opere quod concedens praescribit, praestito, debita Deo poena temporalis (non autem culpa) extra Sacramentum, sacrifìcium et martyrium, per applicationem satisfactionum Christi et Sanctorum remittitur”. S. ALPH., lib. VI, tract. IV, n. 531; Ferraris, art. Indulg.] – Per comprendere la natura delle indulgenze e gli effetti che producono, è mestieri ricordarsi: 1° che ogni peccato deve essere punito in questa vita o nell’altra. Se il peccato è mortale, dev’essere punito nell’altra vita con pene eterne senza pregiudizio delle pene temporali: se poi non è che veniale, esso dev’essere punito con pene temporali qui in terra, oppure nel purgatorio; 2° che dopo la remissione, mercé il sacramento della Penitenza, tanto del peccato veniale quanto del mortale e della pena eterna che a questo è dovuta, rimane ordinariamente da subire una pena temporale: imperocché è raro che si abbiano disposizioni perfette di contrizione e di carità, che escludano ogni affezione al peccato e che pienamente ne giustifichino in faccia a Dio. – Che nel rimettere il peccato e la pena eterna, Iddio non rimetta già sempre la pena temporale che Gli è dovuta, ella è questa una verità resa incontestabile dalla condotta di Dio medesimo per riguardo ai più illustri penitenti. Adamo diviene colpevole, e Iddio gli rimette e il suo fallo e la pena eterna ch’esso merita; ma nullameno non lo esonera dalle pene temporali dovute al suo peccato: gli lascia il duro incarico di procacciarsi il pane col sudore della fronte, e la triste necessità di patire e di morire. Gl’Israeliti sono assolti dalle loro mormorazioni, e Davide egualmente dal suo doppio delitto; pur ciò nonostante subiscono per queste colpe, già perdonate, delle pene temporali. Ora, in questo disegno, noi dobbiamo riconoscere la sapiente sollecitudine del nostro Padre celeste, « il quale, dice sant’Agostino, allo scopo di mostrare al peccatore la grandezza del male che ha commesso e la punizione che ha meritato; affine di correggere una natura sempre inclinata all’errore, ed indurla ad esercitare la pazienza che le è necessaria, permette che pene temporali colpiscano l’uomo, anche quando più non sia condannato per i suoi falli ad una eternità di supplizi ».

Chi può accordare le indulgenze? — Ma è forse necessario che queste pene temporali siano assolutamente da noi subite, in tutto il loro rigore e in tutta la loro estensione, o in terra, o nel purgatorio? No: La fede c’insegna che la Chiesa ha ricevuto dal Signor Nostro Gesù Cristo il potere di addolcirle, potere consolatore, che noi con gratitudine riponiamo fra i più segnalati benefizi del divino Mediatore: dogma sacro, che riposa, al pari della stessa Religione, sopra fondamenti inconcussi.Noi ben cel sappiamo: un padre nella propria famiglia, un re nei suoi domini, godono la pacifica prerogativa di conceder grazia; e perché dunque la Chiesa, nostra madre e nostra regina, non avrebbe ugual privilegio rispetto ai suoi figli? L’Unigenito di Dio che l’ha fondata, avrebbe forse mancato del potere o della volontà di concederlo alla medesima? Del potere? Niuno lo sostiene. Della volontà? Niuno può sostenerlo. E difatti il Salvatore ha donato alla Chiesa l’autorità di accordare le indulgenze, allorquando ha detto a San Pietro: “E a te io darò le chiavi del regno de’Cieli; e qualunque cosa avrai legato sopra la terra, sarà legata anche nei Cieli; e qualunque cosa avrai sciolta sopra la terra, sarà sciolta anche ne’Cieli [Matteo XVI, 19].Codesta promessa è generale e non ammette eccezione di sorta. Su di che noi formiamo il seguente raziocinio: La Chiesa ha ricevuto da Gesù Cristo, nella persona di San Pietro, che è il suo capo, la podestà di aprire le porte del Cielo ai peccatori pentiti; essa ha dunque il potere di togliere tutti gli ostacoli che potrebbero loro impedire di entrarvi. Ora, le pene temporali che rimangono ad essi da subire dopo la remissione della pena eterna, sono altrettanti ostacoli, che vietano al peccatore convertito il suo ingresso nel Cielo, ove non è dato di entrare senza aver pagato alla giustizia divina, e sino all’ultimo obolo, tutto ciò che le è dovuto. La Chiesa ha dunque ricevuto il potere di rimettere queste pene; ed ella ne usa col mezzo delle indulgenze. Brevemente, la Chiesa ha ricevuto autorità di rimettere i peccati: dunque a più forte ragione può rimettere la pena dovuta ai peccati. Un’altra prova che la Chiesa ha ricevuto da Gesù Cristo la podestà di concedere le indulgenze, desumesi dal contegno degli Apostoli. Ammaestrati da Gesù Cristo medesimo, hanno usato di tale autorità, testimonio l’apostolo San Paolo. Codesto infaticabile operaio di Cristo aveva predicato il Vangelo nella città di Corinto, dove era giunto a stabilire una Chiesa fiorente. Chiamato dallo zelo che l’infiammava in altre provincie, sente che uno de’suoi neofiti è caduto in gravissimo fallo. Tosto egli scrive alla Chiesa di Corinto di espellerlo dal suo seno [Cor. V] . Gli vien risposto che il colpevole si mostra pentito; l’Apostolo, tocco da compassione, scrive una seconda lettera, nella quale ei si mostra pronto ad usare indulgenza verso questa pecora traviata sì ma penitente, per tema che un eccesso di tristezza divenga per essa una tentazione a disperare, e soggiunge: Io ho usato indulgenza per amor vostro, e la ho usata a nome di Cristo [Cor. II, 10]. – San Paolo credeva dunque che il Figlio di Dio aveva concesso ai suoi Apostoli, e per conseguenza alla sua Chiesa, il potere di conceder grazia ai peccatori, per riguardo alle preghiere ed ai meriti de’suoi fratelli innocenti, vale a dire, il potere di accordare indulgenze. Gli eretici e gli empi, che hanno negato alla Chiesa questo diritto, oserebbero essi forse di credersi meglio istruiti sui disegni di Gesù Cristo che non San Paolo, e di determinare con maggiore esattezza tutta l’estensione dei poteri che il divino Fondatore ha accordato alla sua Chiesa? Il più grande inimico delle indulgenze nei tempi moderni, Lutero, non diceva forse, innanzi di venir condannato dal sovrano Pontefice: Se alcuno osa negare la verità delle indulgenze del Papa sia anatema? – Una terza prova ritrovasi nella condotta dei successori degli Apostoli, i quali sino dai primi secoli, e sull’esempio dei loro maestri, ritennero costantemente l’usanza di concedere delle indulgenze. Nel terzo secolo i montanisti, nel quarto i novaziani, combatterono con falso zelo la facilità colla quale i pastori della Chiesa ammettevano i peccatori alla penitenza, e loro accordavano l’assoluzione e la comunione. A far cessare consimili clamori, fu spinto molto innanzi il rigore delle penitenze che s’imponevano ai peccatori prima di riconciliarli colla Chiesa. Ma i pastori, malgrado la testardaggine degli eretici, continuarono ad usare indulgenza [‘ Essi erano autorizzati dai canoni dei Concili di Nicea, di Ancira, di Lerida, ecc. ecc.— S . BASILIO, S. GIOV. CRISOSTOMO, ecc. approvano tale condotta.] verso i penitenti, tanto per riguardo al fervore col quale essi compievano le loro penitenze, quanto per l’approssimare delle persecuzioni, onde poter loro distribuire la comunione, quale necessario preservativo contro i pericoli da cui erano minacciati, come in fine per rispetto ai martiri ed ai confessori trattenuti nelle prigioni o condannati alle miniere, i quali chiedevano spesse volte ai Vescovi cotali indulgenze in favore di alcuni penitenti. – Questi generosi campioni di Cristo, imitando il loro Maestro sul punto di spirare, racchiusi nelle carceri e destinati alla morte, erano da impulsi di carità sospinti verso i loro fratelli, e chiedevano grazia per loro. Quando sapevano o potevano scrivere ponevano il nome de’ loro protetti sopra un biglietto, ch’era perciò comunemente detto libello dei martiri; allorché non potevano scrivere si contentavano di nominarli ai diaconi da’quali erano visitati nelle carceri. I diaconi portavano tali libelli o riferivano le raccomandazioni verbali ricevute dai martiri ai Vescovi; e questi per rendere onore alla costanza dei martiri concedevano indulgenze ai penitenti, vale a dire, accorciavano la durata delle loro penitenze. Fra i figli della Chiesa tutti i beni spirituali essendo comuni, essi giudicavano che i meriti dei martiri potessero essere legittimamente applicati ai penitenti, pei quali i campioni della fede si degnavano di pregare [CYPR , ep. X, XI, XII, XIII, XXIII.]. – Dopo la conversione degli Imperatori non v’ebbero più martiri per intercedere in favore dei penitenti; ma non per questo si ritenne che la sorgente delle grazie della Chiesa fosse inaridita e nemmeno diminuita. E noi infatti vedremo fra poco che questa fonte è inesauribile. Ella è dunque verità di fede appoggiata sulle parole di Gesù Cristo medesimo, sull’esempio degli Apostoli e sulla tradizione di tutti i secoli, che la Chiesa ha la podestà di concedere indulgenze. Quindi il santo Concilio di Trento pronunzia l’anatema contro chiunque osasse asserire che le indulgenze sono inutili, o che la Chiesa non ha l’autorità di accordarle [Sess. XV, c. 23].

III. Qual è l’utilità delle indulgenze? — Egli è certo che l’indulgenza concessa con quella discrezione, che sempre ha contrassegnato in modo si luminoso la sposa infallibile di Gesù Cristo, è interamente rivolta al vantaggio dei fedeli. Essa è per i Santi viventi una ragione di più per moltiplicare le loro buone opere; pei peccatori un motivo di confidenza nella comunione dei Santi, ed uno stimolo efficace ad evitare tutti i peccati ai quali è annessa la scomunica; pei giusti e pei peccatori ad un tempo un vincolo ammirabile di fraterna carità! È dunque errore gravissimo darsi a credere che le indulgenze conducano alla rilassatezza ed alla depravazione; poiché esse non hanno mai autorizzato un peccatore a ricusare la penitenza impostagli dal Confessore, ad esimersi da una restituzione, o da una riparazione che fosse in obbligo di fare. L’obbietta delle indulgenze fu sempre quello di supplire a penitenze omesse, o malamente adempiute, o troppo leggere per riguardo alla enormità delle colpe. La Chiesa dice presso a poco così ai peccatori, verso dei quali usa di tale favore: «Voi siete debitori di tanto; e nulla avete o quasi nulla per pagare: ma se voi fate quella tal cosa sarete esonerati dal debito ». È un padre, un re che commuta la pena meritata da un figlio disobbediente o da un suddito ribelle. Operando in tal guisa, la Chiesa non fa che seguire l’esempio di Dio medesimo. Che cosa infatti, come altrove abbiamo detto, che cosa è il Cristianesimo? Che cosa è la redenzione di Gesù Cristo, primo fondamento della nostra fede? Non è essa forse una grande indulgenza concessa all’uomo colpevole per riguardo alla gran Vittima innocente? In una parola: l’uomo è colpevole; egli non può soddisfare neanche per la più piccola delle offese; la divina giustizia reclama nonostante tutti i suoi diritti: dunque senza indulgenza, vale a dire, senza i meriti del Giusto applicati ai peccatori e ricevuti in pagamento del suo debito, non si dà remissione possibile, non redenzione, non Cristianesimo. Ecco ciò che mostra come il dogma delle indulgenze si fondi sulla base stessa della Religione di Gesù Cristo; imperocché le indulgenze che accorda la Chiesa non sono che una particolare applicazione della grande indulgenza, che è la base pur anco del Cristianesimo. – Il dogma delle indulgenze è esso contrario alla ragione? — Nulla è più conforme alla ragione quanto il dogma delle indulgenze, imperocché nulla concilia più mirabilmente i diritti della giustizia e della misericordia divina. Iddio non può lasciare un peccato senza punizione, più di quanto possa lasciare un’opera buona senza ricompensa: ed è rigorosamente necessario che un peccato sia punito quando lo merita. [Aug., lib. III, De Lib. Arbitr., c. 9 et 10; id. De Natur. Boni, c. 7. — “Nec sufficit solummodo reddere quod ablatum est, sed prò contumelia illata plus debet reddere quam abstulit…” — Anselm., lib. \, Cur Deus homo, cap. II]. La sua misericordia pertanto non è riposta nel dare l’impunità al colpevole, ma sebbene, come ci dimostra il dogma delle indulgenze, a contentarsi della soddisfazione di Gesù Cristo e dei Santi per l’espiazione dei peccati degli uomini. Egli potrebbe esigere da noi stessi tutto quanto Gli dobbiamo, sino all’ultimo obolo; ma, per bontà, degnasi accettare l’altrui soddisfazione in pagamento di un debito, che avrebbe avuto diritto di reclamare da noi in tutta la sua integrità.

  1. Qual è il tesoro delle indulgenze? — Queste nozioni suppongono: 1° che si danno nella Chiosa soddisfazioni sovrabbondanti; 2° che queste soddisfazioni possono essere applicate ai fedeli. Questa doppia supposizione è una realtà. E primieramente si danno nella Chiesa soddisfazioni sovrabbondanti. Difatti tutte le buone opere fatte in istato di grazia sono ad un tempo stesso impetratorie, meritorie, soddisfattorie; esse ottengono la grazia, meritano la gloria, espiano il peccato. In questo modo le azioni di Nostro Signore, esemplare di tutte le buone opere dei Santi, Gli hanno acquistato, per gli uomini grazie di salute, per la sua umanità il più alto grado di gloria, e finalmente hanno cancellato il peccato dal mondo. Egualmente un giusto che faccia un’opera buona in istato di grazia aggiunge una gemma di più alla propria corona, ottiene una grazia di più, e da ultimo espia qualcuno de’ peccati che può avere commesso. Che se questo giusto non ha peccati da espiare, oppure il merito della sua opera buona sopravanza il suo debito, la sua buona azione non ottiene che una parte della dovuta ricompensa, ed in quanto ella è espiatoria, rimane priva del suo effetto: e innanzi a Dio, che è la giustizia stessa, questo genere di merito non può andare perduto.Ciò premesso, egli è certo: che le soddisfazioni di Nostro Signore hanno di molto sorpassato i peccati del mondo; esse sono infinite, mentre i peccati del mondo non lo sono. Quindi le memorande parole del pontefice Clemente VI, che spiegano sì bene il pensiero della Chiesa sul proposito delle indulgenze. « Il Salvatore, immolato sull’altare della Croce, non ha soltanto versato una goccia del suo sangue, che pure, per ragione della dignità di sua natura, avrebbe bastato per la redenzione del genere umano, ma lo ha versato tutto quanto. Come dunque dev’essere immenso il tesoro delle grazie che ha acquistato alla Chiesa militante, affinché si gran copia di meriti non restasse vana ed inutile! Esso non ha sepolto codesto tesoro, ma sebbene ha donato al Principe degli Apostoli ed a suoi successori il potere di distribuirne le ricchezze ai fedeli [“Unigenitus Dei Filius… pretioso sanguine nos redemit, quem in ara Crucis innocens immolatus, non gutlam sanguinis modicam, quae tamen propter unionem ad Verbum prò redemptione totius humani generis suffecisset, sed copiose, velut quoddam profluvium nascitur effudisse… Quantum ergo exinde ut nec supervacua, inanis et superflua tantae effusionis miseratio redderetur, thesaurum militanti Ecclesiae acquisivit, volens suis thesaurizare filiis pius Pater, ut sic sit infinitus thesaurus hominibus quo qui usi sunt, Dei amicitiae participes sunt affecti. Quemquidem thesaurum, non in sudario repositum, non in agro absconditum, sed per B. Petrum Coeli clavigerum, eiusque successores, suos in terris vicarios, commisit fldelibus salubriter dispensandum, et propriis et rationalibus causis, nunc prò totali, mine prò partiali remissione poenae temporalis pro peccatis debitae, tam generaliter, quam specialiter (prout cum Deo expedire cognoscerent) vere poenitentibus et confessis miserieorditer applicandum”. Extravag. Unigenitus, etc.»]. – Egli è certo che i Santi hanno fatto molte soddisfazioni sovrabbondanti. Chi può negarlo della santa Vergine, la quale, esente da ogni macchia, ha ciò non ostante sofferto cotanto? Chi può negarlo di tanti Martiri, che dal sacro fonte del Battesimo, nel quale erano stati pienamente purificati, sono saliti ben tosto sul patibolo, ove han fatto il sacrificio della vita? Chi può negarlo di tanti altri Santi, che colpevoli appena di qualche leggiera mancanza, hanno nondimeno passata la vita nelle austerità, nei digiuni, nelle privazioni di ogni specie? Tale si è ancora la dottrina della Chiesa [Extravag. Unigenitus,]. Laonde il tesoro delle indulgenze si compone dei meriti sovrabbondanti del Signor Nostro Gesù Cristo, della santa Vergine e dei Santi: questo tesoro è inesausto, poiché i meriti del Salvatore sono infiniti. – Noi abbiamo detto in secondo luogo, che questi meriti possono essere applicati ai fedeli, e noi ciò abbiamo stabilito, col dimostrare che la Chiesa ha la podestà di concedere indulgenze. Aggiungiamo che la giustizia medesima esige che cosi appunto avvenga: ed è agevole l’intenderlo. Ditemi di grazia, non sarebbe forse cosa strana che in una società così perfetta com’è la Chiesa un tesoro sì dovizioso rimanesse sepolto? Iddio potrebbe mai lasciare inutili tanti meriti di Gesù Cristo e dei Santi? Egli non può farli servire né a benefizio del suo Figlio né de’ Beati, poiché essi non hanno debiti personali da pagare. La giustizia richiede dunque che simile tesoro divenga fruttuoso in vantaggio de’ suoi figli che ne hanno bisogno: e ciò Egli ha fatto sin dall’ origine del mondo, e lo fa tuttavia. Nel terrestre paradiso accettò l’intercessione del Figlio suo in favore dell’uomo colpevole : nell’antica Alleanza fu visto spesse volte perdonare ai più grandi peccatori, quantunque non facessero che leggiere penitenze, purché qualche santo personaggio offrisse per loro le proprie soddisfazioni. Così egli perdonò agli Israeliti ribelli per intercessione di Mose suo servitore; così avrebbe perdonato alle cinque infami città, se vi si fossero trovati solamente dieci giusti; così al profanatore Eliodoro, per riguardo al gran sacerdote Onia. Nella Legge novella moltiplica per sua grazia i meriti de’ Santi che ci sono applicati mediante le indulgenze.

VI . Che cosa si deve intendere per indulgenza plenaria, e per indulgenza parziale? — La remissione della pena temporale dovuta ai nostri peccati non ci sempre accordata nella istessa misura: talvolta essa è piena ed intera, altre volte non è tale. Da ciò le indulgenze plenari e le indulgenze parziali: per esempio di sette anni, di sette quarantene, ed altre, più o meno lunghe. – L’indulgenza plenaria è la remissione non solo di tutte le penitenze sacramentali e canoniche, ma ancora di tutte le pene del Purgatorio. [v. S. Alfonso lib IV, tract. IV, n. 535, p. 264, etc. etc.] Laonde il Cristiano, cosi felice da guadagnare in tutta la sua interezza un’indulgenza plenaria, diventa puro come il fanciullo all’uscire dal fonte battesimale: se muore in questo stato avventuroso, egli sale diritto al Cielo senza passare pel Purgatorio [Raccolte di indulgenze, etc. Roma, 1841, p. XVI]. Conoscete voi una verità più di questa consolatrice? Ma direte voi: Colui che acquista in tutta la sua pienezza un’indulgenza plenaria a benefizio de’ trapassati è sicuro di liberare infallibilmente dal Purgatorio quell’anima a cui si è inteso di applicarla? – No, egli non è sicuro, ed eccovi la ragione. Un’anima può essere ritenuta nel Purgatorio o per peccati veniali che non sono stati rimessi, ovvero, se sono stati rimessi, per subire la pena da essi meritata, non meno che per peccati mortali perdonati nel Sacramento della Penitenza. – Se l’anima è ritenuta nel Purgatorio per ragione di peccati veniali che non siano stati condonati, l’indulgenza non potrebbe liberamela, attesoché, e scolpitelo bene nella memoria, l’indulgenza non rimette né i peccati mortali né i veniali, ma solamente la pena temporale ad essi dovuta. Perciò allorquando voi leggete nella formula ossia concessione di qualche indulgenza le parole: «Colui che l’acquisterà, riceverà la remissione di tutti i suoi peccati, « remissionem omnium peccatorum » voi sempre dovete intendere le pene temporali dovute ai peccati stessi. [Ferraris, art. Indulg., p. 232]. Se l’anima è trattenuta nel Purgatorio per subire soltanto le pene temporali, egli è certo, secondo Sant’Agostino, San Giovanni Crisostomo, San Tommaso ed i principali Teologi, che l’anima è infallibilmente liberata, sempreché Iddio ne’ disegni imperscrutabili di sua giustizia non giudichi conveniente di negarle l’applicazione di quel benefizio nella intera sua estensione. Aggiungasi ch’è assai difficile il conoscere se noi abbiamo guadagnato in tutta la sua pienezza un’indulgenza plenaria; ed ecco perché, senza pretendere di scrutare i misteri di Dio, noi facciamo opera buona applicandone il più gran numero possibile alle anime che ci son care. – Rispetto alle indulgenze di sette anni, per esempio, di sette quarantene, ecc., esse rimettono la pena che sarebbe stata cancellata da sette anni, o da sette volte quaranta giorni, di penitenza pubblica imposta nei primi secoli della Chiesa; ma ciò non vuol significare menomamente ch’esse diminuiscano di sette anni o di sette volte quaranta giorni le pene del Purgatorio [“Indulgenza alia est partialis, qualis est unius, vel aliquot annorum; itera septenae, quadragenae, etc. Per quas non significatur tolli tantam durationem Purgatorii, sed tantam poenam remitti, quanta deleretur per ieiunium unius, aut aliquot annorum, aut quadraginta dierum in pane et aqua, secundum canones olira imponi solitum”. S. ALPH. , n. 555; FERRARIS, 225. — Noi faremo osservare con Sant’Antonino che il numero sette si trova spesso adoperato nelle indulgenze per contrapposizione ai sette peccati capitali.]. per eccitare in noi il più vivo desiderio di acquistarle, basta sapere ch’esse le diminuiscono in quella misura ch’è stabilita dalla misericordia sapientissima del Giudice sovrano. Ma è ormai tempo di passare alla settima questione, alla quale risponderemo con brevi parole.

VII. Che cosa dobbiamo fare per acquistare le indulgenze? — Siccome abbiamo superiormente insegnato, le indulgenze sono un immenso benefizio tanto per noi quanto per le anime del Purgatorio. Ciò che ne accresce il pregio e manifesta luminosamente l’infinita bontà del nostro Padre celeste, è la facilità delle condizioni che ci sono imposte per ottenerle. Facilità negli atti che sono richiesti. Talora è una breve preghiera, tal’altra una visita ad una Chiesa; spesso il conservare una croce, una medaglia, accompagnando tale azione con certi atti di pietà, che tutti, e dotti e ignoranti, e giovani e vecchi, possono egualmente adempire, Cosi, né alcuno di voi può ignorarlo, parecchie indulgenze sono annesse alla recitazione del rosario, degli atti delle virtù teologali, delle litanie dei santi nomi di Gesù e della Vergine, dell’Angelus e di una quantità d’altre preghiere che lutti sanno a memoria, o che leggonsi in quei libri che corrono per le mani d’ ognuno. Sono pure annesse delle indulgenze alle diverse confraternite della santa Vergine, del Santissimo Sacramento, del sacro Cuore , del catechismo, delle anime del Purgatorio, del Rosario, del sacro Scapolare, della propagazione della fede, ecc.; né fa d’uopo ch’io m’intrattenga nel dimostrarvi la facilità di tutte le pratiche religiose di queste devote confraternite. La giornaliera meditazione, l’atto pio di accompagnare il Santissimo Sacramento che si porta agli ammalati, non meno che la maggior parte delle opere di carità spirituale e corporale verso il prossimo, sono tutte sorgenti feconde di sante indulgenze. – Facilità nel modo di compiere gli atti prescritti. Si osservi primamente, che le indulgenze sono beni che appartengono alla Chiesa. Per goderne, bisogna dunque appartenere a questa santa società; è necessario essere battezzato. Questi sono beni destinati a pagare i nostri debiti; è dunque necessario di averne contratti; ossia, in una parola, aver commesso dei peccati. Laonde i fanciulli che sono senza peccati non potrebbero guadagnarne per se medesimi. – I fedeli defunti non cessano di esser membri della Chiesa, e possono perciò profittare delle Indulgenze. Ciò non ostante è necessario che il sommo Pontefice autorizzi ad applicare quelle tali indulgenze alle anime del Purgatorio, perciocché a lui spetta di regolare la distribuzione dei meriti di Gesù Cristo. È mestieri da ultimo che i fedeli abbiano intenzione di applicarle. – Ciò premesso, è necessario, per acquistare le indulgenze: 1° farle nel tempo e nel modo prescritti, e conforme all’intenzione di colui che accorda l’indulgenza; 2° farle intere, e personalmente; 3° essere in istato di grazia, allorché almeno si compie l’ultima azione comandata, giacché la pena dovuta al peccato non può essere rimessa prima che il peccato stesso abbia ottenuto perdono; 4° avere intenzione, almeno abituale ed interpretativa di acquistare l’indulgenza [FERRIRIS, p. 228. — “Etsi in opere praestito non habueris intentionem consequendi induldentias … et videtur certum si habueris interpretativam”. S. ALPH. , n. 5, 54, p. 261. — 1’intenzione interpretativa consiste nella disposizione in cui ci troviamo di acquistare le indulgenze, senza che vi sia per parte della volontà intenzione alcuna o attuale, o virtuale e nemmeno implicita. M. GOUSSET, t . I , p. 20. Vedi Raccolta etc. p. XXIII]. Per compiere quest’ultima condizione, basta il volgerle la propria attenzione nel mattino, dicendo per esempio: “Mio Dio, io ho l’intenzione di acquistare in oggi tutte le indulgenze che stanno unite alle orazioni e alle buone opere che io farò nel corso di questa giornata”. – È questo il luogo di fare quattro importanti osservazioni sulla confessione, sulla comunione, sulle preghiere da recitarsi, e sugli obbietti privilegiati d’ indulgenza.

1° Sulla confessione. Le persone che conservano la santa abitudine di confessarsi ogni otto giorni possono acquistare tutte le indulgenze che si presentano nel corso della settimana, purché perseverino nello stato di grazia. È d’uopo soltanto di eccettuare le indulgenze del Giubileo e quelle in cui la confessione è prescritta come parte essenziale dell’opera buona che deve farsi1.

2° Sulla comunione. Quando la comunione è comandata per acquistare un’indulgenza plenaria in particolare, ella può farsi nella vigilia della festa stabilita per l’indulgenza.

3° Sulle preghiere. Sebbene noi siamo obbligati a compiere da noi stessi le buone opere ingiunte, null’ostante la Santa Sede ha definito che le persone le quali recitano, alternativamente con altre, le preghiere stesse, acquistano le indulgenze.

4° Per acquistare le indulgenze annesse ai rosari, alle croci, ai crocifissi, alle medaglie, è necessario o di portare sulla propria persona questi diversi obbietti, senza che perciò abbiano a tenersi fra le mani, oppure conservarle presso di sé. Le preghiere prescritte come condizione per acquistare le suddette indulgenze devono essere recitate, o avendo addosso le croci, le medaglie, ecc., oppure tenendole custodite rispettosamente nella propria stanza, o in altro luogo decente della casa, ovvero recitando davanti a questi obbietti le preci ingiunte. Finalmente non è lecito donarle, venderle, prestarle ad altri allo scopo di acquistare indulgenze senza che perdano ben tosto il loro privilegio. Che cosa può darsi di più semplice e di più facile di tali condizioni? Per adempierle basta solo volere; ma quand’anche fossero così ardue come son facili, non dovremmo nemmeno per questo esimerci da verun sacrificio onde ottenere gli immensi benefizi che ne procurano le indulgenze.

VIII. Quali sono i motivi che abbiamo per guadagnare le indulgenze, tanto per noi stessi quanto pei trapassati ? — Parliamo primamente per noi stessi. Qual è colui fra gli uomini, che riguardando alla sua vita cogli occhi della fede non debba ripetere col profeta Isaia: « La mia vita rassomiglia a pannolino insozzato »; tante sono le imperfezioni ed i difetti che macchiano le nostre buone opere istesse [“Quasi pannus menstruatæ universæ iustitiæ nostræ”. Isaia, LXIV, 6]. – Chi è colui che non debba soggiungere con Davide: Il cumulo delle mie iniquità sopravanza l’altezza del mio capo? “Iniquitates meæ supergressæ sunt caput meum?” [Ps. XXXVII]. E non dovrà interrogare se stesso con quelle altre parole del Profeta: Chi è che gli errori conosca? [“Delicta quis intelligit?” Ps. XVIII]. – Qual è l’età della nostra vita che non sia stata bruttata da particolari peccati? Fra i dieci comandamenti di Dio avvi un solo che sia stato da noi costantemente rispettato? Ma che dico io mai? Qual è quella delle leggi divine che non sia stata trasgredita, e spessissimo trasgredita con pensieri, con parole, con opere, con omissioni? I precetti della Chiesa hanno essi forse ottenuto per parte nostra una fedeltà più religiosa, un rispetto più reale e più costante? Ohimè! e non li abbiamo forse disprezzati più facilmente ancora che non i comandamenti di Dio? Tale pur troppo è la fedele pittura dell’intera nostra vita. – E d’altra parte quali penitenze abbiamo noi fatto per tanti peccati? Quali penitenze facciamo noi presentemente? C’imponiamo forse di buon grado mortificazioni od austerità per soddisfare alla divina giustizia? «Le penitenze che ci vengono imposte nel sacro tribunale della riconciliazione sono elleno proporzionate al numero ed alla enormità dei nostri peccati? E con qual fervore si compiono da noi? Accettiamo noi forse, non dirò già con gratitudine, ma almeno con rassegnazione, le croci e le tribolazioni che nella sua misericordia ci manda il Signore? Lo scoraggiamento, la tristezza, i pianti, le mormorazioni, l’impazienza non sorgono forse nel nostro cuore, non escono forse dalle nostre labbra, non solo per rendere inutili questi avvisi salutari, ma anche per farne pretesto di nuove cadute? Tutto ciò significa che noi siamo carichi di debiti, che tutto giorno ne facciamo di nuovi, e che noi non ne paghiamo alcuno. Eppure Iddio è tale creditore, a cui niuno impunemente può rifiutarsi di pagare. Continuiamo pure a vivere nella spensieratezza, e tardi purtroppo ci persuaderemo, che ogni peccato sarà punito, punito come merita di essere, o in questo mondo o nell’altro! – Dacché noi per liberarci dai nostri debiti non facciamo nulla o quasi nulla, è evidente che in luogo di studiarci affin di addolcirli o di evitarli, noi procuriamo al mondo tanti flagelli pubblici e privati, come sono, per esempio, le rivoluzioni, le infermità, i dolori di ogni fatta che sono il castigo del peccato; ed inoltre egli è evidente che colla nostra noncuranza accettiamo, come condizione la più favorevole che nell’altro mondo possiamo sperare, il fuoco del Purgatorio, quei tormenti la cui durata è sconosciuta, il cui rigore sopravanza tutto ciò che di penoso può immaginarsi sulla terra. E siamo noi che facciamo questi calcoli, noi che tanto paventiamo il soffrire! – Sforzarsi di acquistar le indulgenze, non è utile soltanto per pagare i nostri debiti, ma ben anco per non incontrarne de’ nuovi; non solo per chiudere il Purgatorio, ma inoltre per aprire il Cielo. Abbiamo già detto, che per acquistare un’indulgenza mestieri di essere in istato di grazia. Ora, non è forse un possente stimolo per rimanere o per ritornare in questo felice stato il salutar pensiero che possiamo ottenere un’indulgenza? Quanto più noi apprezzeremo somigliante favore, tanto maggiori saranno gli sforzi che faremo per adempiere le condizioni, senza le quali non possiamo meritarla. Adunque il dogma delle indulgenze, anziché portare alla rilassatezza, come pretendono certi eretici, e come ripetono certi cattivi Cristiani, questo dogma degnamente apprezzato basta solo per innalzare i fedeli al più alto grado di pietà, per popolare la terra di Santi, per riempiere il Cielo di Beati. Tali sono i possenti motivi che abbiamo per ottenere le indulgenze a nostro particolare vantaggio; ma non meno possenti sono le ragioni che noi abbiamo per acquistarle a benefizio delle anime del Purgatorio. – Signore, venite e vedete, diceva al Salvatore la sorella di Lazzaro; e in così dire lo conduceva all’ingresso del sepolcro, in cui da quattro giorni era rinchiuso il suo fratello. E il Redentore pianse e risuscitò il suo amico. Io dirò altresì a voi: Fratello mio, mia sorella, veni et vide. Venite sul limitare del Purgatorio, ed osservate per entro quelle fiamme divoratrici il padre vostro, vostra madre, vostro fratello, vostra sorella, che sollevano verso di voi le loro mani supplichevoli, e vi scongiurano di liberarli. Essi colà patiscono, non già da quattro giorni, ma forse da molti mesi, e son condannati a rimanervi tuttavia per dieci, per venti, per un numero anche maggiore di anni. Voi potete alleviare questi loro tormenti, accorciarne la durata, ridurla forse anche a nulla: per questo basta il guadagnare e l’applicare ad essi le indulgenze, che la Chiesa vi accorda con tanta liberalità ed a sì facili condizioni, e voi ricusate farlo? E intanto voi oserete ripetere in tutti i luoghi il vostro affanno, il vostro rammarico per la perdita de’congiunti? vestirvi a lutto, e parlare del vostro affetto per coloro che avete perduto? Dolore pagano! Lutto ipocrita! Affezione mentita! Il vero affetto, dice il Salvatore, non è riposto in vane parole; esso consiste in atti positivi: se amate i vostri trapassati, dimostratelo col sollevarli. In caso diverso io vi chiederò: Avete voi la carità? È ben palese che ne siete privi. Vi domanderò ancora: Avete voi la fede? Allorquando si pensa alla prodigiosa influenza che il dogma delle indulgenze ha esercitato sui secoli cristiani; quando si riflette che più volte l’Europa intera coi suoi re, coi suoi guerrieri, colle sue intere popolazioni si è mossa per ottenere un’indulgenza; quando si legge che il più magnifico tempio dell’universo è stato terminato mediante un’indulgenza [Vedi ancora per quello che avviene nella Chiesa della Madonna degli Angeli il giorno dell’indulgenza plenaria, la Vita di San Francesco d’Assisi scritta da CHEVIN]; quando sappiamo che tutti i paesi cristiani si sono coperti di monasteri, di chiese, di meravigliosi monumenti per ottener delle indulgenze; quando ci si narra che S. Francesco Saverio non conosceva mezzo più efficace dell’indulgenza per togliere dall’abisso dei vizi i propoli cristiani delle Indie; e pel contrario quando si medita sull’indifferenza mortale che noi mostriamo per questo favore inestimabile, una profonda tristezza ci trafigge il cuore, ed abbiamo tutta la ragione di chiedere, tremando per la risposta: Questo nostro mondo ha ancora la fede? Io suppongo che andiamo a visitare una vasta prigione, nella quale trovasi rinchiusa moltitudine di sgraziati, carichi di catene. Eglino son condannati a pene gravissime, gli uni per anni dieci, altri per venti, altri per quaranta. Noi loro diciamo: Il re nella sua clemenza vuole abbreviare le vostre miserie, e forse ancora interamente perdonarvi, al solo patto che voi reciterete la tale preghiera, porrete in pratica la tal opera di pietà, del resto facilissima e brevissima. Se voi accettate si apriranno le porte della prigione, potrete rivedere i parenti, gli amici, la famiglia. – Vi sarebbe forse un solo prigioniero che ricusasse sì dolce, sì facile condizione? Or bene, questi prigionieri siamo noi; noi, debitori insolvibili verso la giustizia di Dio. Tale prigione si è il Purgatorio; le pene di questa terra sono un nulla in paragone di quelle che ivi soffronsi. Ci vien proposto di liberarcene a condizioni facilissime, e noi le ricusiamo: e noi le adempiamo con scandalosa svogliatezza! E possiamo dirci ragionevoli? Ma se un giorno saremo condannati a languire per lunga serie di anni nelle fiamme del Purgatorio, di chi ne sarà la colpa? – Parliamo da ultimo della grande indulgenza della Chiesa cattolica; il Giubileo. Il Giubileo è un’indulgenza plenaria alla quale vanno uniti molti privilegi straordinari: 1° Essa è più estesa; essa è data alla Chiesa universale, laddove le altre indulgenze plenarie non sono destinate che ad una parte dell’ovile di Gesù Cristo. 2° I Confessori approvati hanno facoltà di assolvere da tutti i casi riservati e dalle censure; di commutare i voti, non meno che le opere prescritte per acquistare il Giubileo, a quelli che non trovansi in grado di compierle. Queste opere sono per l’ordinario in numero di sette: la processione, la visita delle chiese, la preghiera nelle chiese, la confessione, la comunione, il digiuno e l’elemosina. Durante il Giubileo, tutte le indulgenze rimangono sospese, eccettuate le seguenti ed alcune altre: le indulgenze concesse in articolo di morte; quelle che stanno unite alla recita dell’Angelus, ed al pio costume di accompagnare il Santissimo Sacramento allorché vien portato agli infermi; quelle degli altari privilegiati pei defunti; quelle concesse direttamente pei defunti [Vedi FERRARIS, art. Giubileo.] – Il Giubileo propriamente detto, ossia il grande Giubileo, è quello che si celebra al compiersi di ogni venticinquesimo anno, che perciò vien detto l’anno santo. Oh! sì; anno santo per eccellenza, e perché la Chiesa ci fa una singolare applicazione dei meriti di Gesù Cristo, sorgente inestinguibile di ogni santità, e perché quello è sopra di ogni altro il tempo della grazia, della clemenza, della liberalità del Signore. I sommi Pontefici nel salire al trono di San Pietro, hanno pure il costume di concedere un Giubileo; ma non è di questo che ora ci proponiamo di parlare. – La parola Giubileo vuol dire ritorno o remissione. Era questo presso i giudei il nome che si dava ad ogni anno cinquantesimo. Al ricorrere di questo anno felice, tutti i prigionieri, tutti gli schiavi venivano rimessi in libertà; le vendute eredità tornavano agli antichi loro padroni, i debiti erano cancellati, e la terra si lasciava incolta: era questo un anno di grazia e di riposo [Levit. XV — Num. X]. – Ora il Giubileo della Legge antica non era che figura di quello della Legge novella. Il Giubileo del Cristianesimo rimette i debiti spirituali di cui sono carichi i peccatori; libera i prigionieri e gli schiavi del giogo del demonio, ci ritorna al possesso dei beni spirituali che abbiamo perduto col peccato. Finalmente, nell’intenzione della Chiesa, devono i fedeli tutti considerare quest’anno come tempo di santo riposo, e durante il medesimo, dimentichi delle cure terrene e raccolti nel silenzio e nella meditazione, occuparsi degli anni eterni. Laonde il Giubileo richiama alla mente dei Cristiani che la loro Religione è nata col mondo, che è l’adempimento delle figure Mosaiche, ch’essi sono figli del Dio d’Israele ed i veri eredi delle promesse fatte ad Abramo, ad Isacco, a Giacobbe. Risveglia pure il Giubileo tutte le rimembranze della pietà antica. Codesta ammirabile istituzione risale ad epoca più assai remota di quanto si creda comunemente. – Il pontefice Bonifacio VIII, al quale essa è attribuita, in sul principio del secolo quattordicesimo, non altro fece che regolare un uso assai antico; imperocché ci narra l’istoria, che ne’ primi giorni dell’anno stesso in cui questo Pontefice pubblicò la sua bolla intorno al Giubileo, gli abitanti di Roma, in ciò imitati da molti stranieri, per spontaneo loro impulso accorrevano a visitare la basiliche del Vaticano per acquistare quelle indulgenze che solevano ottenersi ogni cent’anni secondo la tradizione degli antichi. Clemente VIII giudicando che il periodo di un secolo fosse troppo lungo, atteso ché poche persone vedono la fine di tal periodo, e che perciò gran numero di fedeli rimanevano privi di tal grazia, stabilì che il Giubileo dovesse celebrarsi ogni anno cinquantesimo. Per somigliante ragione Paolo II, nell’anno 1460, ne fissò la ricorrenza ad ogni venticinquesimo anno. – Il grande Giubileo comincia a Roma la vigilia del Natale; ed è annunziato nel giorno dell’Ascensione precedente col mezzo della bolla papale, il che si fa colla massima pompa nella basilica di San Pietro dopo l’Evangelo della Messa solenne. Dura un anno in Roma, e poscia si estende a tutto l’orbe cattolico. Quant’era mai splendido, quanto esemplare, quanto commovente lo spettacolo che nei tempi addietro offriva la cristianità nell’occorrenza dell’anno santo! Appena la sacra tromba si era fatta udire dall’alto del Vaticano, le parole del comun padre dei Cristiani, col ministero dei Vescovi e degli Arcivescovi, giungevano alle estremità della terra. Allora tutti i cuori battevano dalla gioia all’udire questa voce sì cara alla pietà. Come i figli d’Israele, cosi i figli della Chiesa si rallegravano poiché ricevevano l’avviso che ben presto essi andrebbero alla casa del Signore, a quella eterna Roma che è dimora del Vicario di Cristo. Allora s’indossavano gli abiti del pellegrino, e preso il bordone ricevuto in eredità dai padri si mettevano in cammino. Da ogni parte numerosi viaggiatori, abbandonando la loro patria, i congiunti, gli amici, affrontavano a piedi un viaggio lunghissimo e disagi d’ogni sorta. Era questa un’immensa deputazione che ogni venticinque anni il mondo cattolico inviava al Vicario di Gesù Cristo per rendergli omaggio, protestargli al suo cospetto la propria fede, la propria affezione, raccoglierne le benedizioni e portarle in tutti i paesi abitati dalla numerosa sua famiglia. – Nulla era più edificante che il pellegrinaggio di queste religiose carovane. Dall’aurora di quel giorno in cui si ponevano in cammino, innalzavano al Cielo cantici devoti in lode del Signore e dei Santi, protettori dei pellegrini; oppure, come il marinaio perduto nell’immensità dell’Oceano, invocavano la Vergine del Buon Soccorso, rivolgendole quella preghiera angelica, della quale l’esule soltanto può appieno comprendere ed apprezzare la divina beltà e l’affetto inenarrabile che suscita in cuore. Al giungere della sera battevano alla porta di un monastero, e quivi ritrovavano durante la notte in quei religiosi albergatori tanti fratelli, prima d’allora non conosciuti, ma che la religione loro faceva ben tosto conoscere. I servigi i più cordiali, le sollecitudini le più ingegnose ristoravano i viaggiatori dalle loro fatiche, e loro facevano sembrare di trovarsi, benché tanto lontani dalla paria, in seno alla famiglia ch’essi avevano abbandonato: la fede spingeva ad intraprendere questo pellegrinaggio, la carità ne sosteneva, per cosi dire, le spese. – Frattanto si giungeva al termine del cammino. La città eterna cominciava a disegnarsi confusamente e da lontano agli occhi dei viandanti; i pellegrini salutavano quella apparizione con grida festose, anelando l’istante in cui potessero inginocchiati baciare rispettosamente i sacri suoi monumenti. L’accoglimento il più affettuoso aspettava questi pellegrini in quella Roma, che è patria comune di tutti i fedeli. – Immensi ospizi erano preparati per albergarli; erano figli, erano fratelli che si aspettavano da lunga pezza. Allora che nobile spettacolo! Quanti affetti si destavano in folla nel cuore commosso! Uomini di tutte le nazioni si assidevano alla mensa stessa, l’abitatore d’Europa a lato dell’Africano e dell’Asiatico; uomini che prima d’allora non si erano giammai veduti, che neppure intendevano le favelle l’uno dell’altro, mangiavano gratuitamente lo stesso pane, si amavano, si comprendevano, né altrimenti si consideravano che quali fratelli riuniti nella casa paterna. Il Padre comune di tanti Cristiani si riputava fortunato di poter visitare questa numerosa famiglia; e per imitare l’esempio del divino Maestro, li serviva colle proprie mani, li contemplava con immenso affetto, e stringeva al seno dei figli non più veduti, e che più non doveva rivedere. – Invano si cercherebbe nell’istoria delle diverse nazioni qualche cosa egualmente sublime, qualche cosa che più di questa toccasse il cuore. Qual circostanza più acconcia per proclamare altamente e sanzionare quella gran massima, la cui osservanza formò la gloria della Chiesa fin dal suo nascere, e formerebbe ancora la felicità della terra; vale a dire, che tutti gli uomini sono fratelli, che non devono avere che un cuor solo, un’anima sola, siccome non v’ha che un Dio, un Battesimo, una Chiesa, un Capo visibile di tutti i Cristiani! Che di più atto a richiamare l’uomo ai gravi e santi pensieri della religione, di questi esempi di fervore e di penitenza, che venivano offerti da persone di ogni grado e di ogni paese? Qual cosa infine è più efficace, onde rianimare la fede, della vista di Roma, teatro dei combattimenti dei martiri e delle vittorie del Cristianesimo? Codesti figli venuti da sì lontano, non redivano al loro paese se non dopo di aver ricevuto la benedizione del loro Padre comune. Ma chi può dipingere gli effetti che questa splendida cerimonia doveva produrre sopra gli uomini non abituati a simili pompe, e nelle quali il cuore e i sensi trovavano ciascuno ad un tempo un’alta soddisfazione? Si ricordino tutti quelli, scrive un autore, ch’ebbero il benefizio di esserne gli avventurosi testimoni, quanto la Religione apparisca divina, come il Sommo Pontefice si mostri grande, allorché circondato da tutta la pompa di un monarca e da tutta la dignità di capo della Chiesa universale, composta di cento milioni di cattolici, si avanza fra il suono delle campane ed il fragore delle artiglierie, preceduto da Cardinali e da Vescovi della Chiesa Greca e della Chiesa Latina, sull’immenso portico del maggior tempio del mondo, e di quivi si presenta a migliaia di spettatori accorsi da tutte le parti per contemplarlo. Quale spettacolo non offre questo Re, Pontefice e Padre di tutti gli uomini [Mettendogli la tiara sul capo, il Cardinale pronunzia queste parole: « Accipe thiaram tribus coronis ornatam, ut scias te esse patrem principum et regum, rectorem orbis in terra vicarium Salvatoris Domini Nostri Jesu Christi, cui honor et gloria in sæcula sæculorum »], immerso nella felicità di vedere nel più vasto recinto i suoi innumerevoli figli prostrati ai suoi piedi! Il Vicario di Gesù Cristo, il successore dei pescatori di Galilea, stabilito su quel circo medesimo ove il crudele Nerone immolò tante vittime al suo odio feroce pel nome cristiano! Qual trionfo per la Religione! Quale conforto per la fede! Da ogni parte regna profondo silenzio: ed allora dall’alto della cattedra Apostolica in cui si asside, e che sorge sublime adornata da tutta la pompa e magnificenza religiosa, il successore di Pietro getta uno sguardo di paterna bontà su questa immensa famiglia. Col cuore commosso egli si alza maestosamente in piedi, avendo cinta la fronte del triplice diadema e sembra, a chi riguarda nei suoi occhi pieni di fede, che, nell’impartire l’Apostolica benedizione, egli cerchi di attingere nel Cielo quei tesori di grazie, che egli prodiga a Roma ed all’universo, Urbi et Orbi ». – Testimonio di questa ineffabile cerimonia, uno dei nostri filosofi esclamava: In quel momento io ero cristiano». Queste parola non abbisogna di commenti! Noi ci siamo diffusi su questo argomento per mostrare quanto siano ingiuste le declamazioni degli empi contro il Giubileo, i pellegrinaggi e le pompe della Chiesa Romana.

Preghiera

O mio Dio, che siete tutto amor: ringrazio che abbiate lasciato alla Chiesa un tesoro d’indulgenze nei meriti sovrabbondanti di Gesù Cristo e dei Santi: concedetemi la grazia ch’io possa rimarne degno. – Mi propongo di amar Dio sopra tutte le cose, e il prossimo come me stesso, per amor di Dio, ed in prova di queste non ometterò nessun mezzo per acquistare delle indulgenze.

 

PROFEZIA SU FLOS FLORUM (GREGORIO XVIII) DI S. GIOVANNI DA CAPISTRANO

Profezia su Flos Florum (Gregorio XVIII) di S. Giovanni da Capistrano

“Le persone moriranno di fame quando viene creato (Cardinale?), egli dividerà e darà ai poveri (Fior dei fiori).”

S. Giovanni da Capistrano, XV sec.

 * Nota: Fr. Culleton inserisce il suo commento tra parentesi “il Cardinale?” [Vale a dire, la parola “il cardinale” con un punto interrogativo] in questa famosa profezia del XV ° secolo di San Giovanni da Capistrano sugli ultimi papi nel tempo. La citazione si trova nel suo popolare libro sulle profezie Cattoliche: “I Profeti e del nostro tempo”, di p. Gerald Culleton, pag. 157 – 1941 Imprimatur.

La Provvidenza partorì un fiore raro nell’aridità dei deserti in cui la Chiesa si trova …”

Elementare è l’analisi della Profezia di San Giovanni da Capistrano su “Flos Florum”: La gente “moriva di fame” [era cioè senza la grazia soprannaturale dei “Sacramenti”], nutrita per decenni dallo sterco e dal veleno delle eresie degli scismatici, quando nella primavera del 1988, il “Papa in ostaggio “, Gregorio XVII, CREAVA dei veri cardinali, tra i quali un Cardinal Camerlengo, dando loro l’ordine di eleggere il successore tempestivamente, qualora dovesse morire in maniera imprevista. (“Il diritto di eleggere il Romano Pontefice spetta unicamente e personalmente ai Cardinali di Santa Romana Chiesa, mentre  è da escludere e rifiutare assolutamente ogni intervento da parte di non importa qualsiasi autorità ecclesiastica o da parte di ogni potere secolare, di qualsiasi grado, che possa condizionarne la regolarità”Papa Pio XII, Costituzione Apostolica “Vacantis Apostolicae Sedis“.. – I suoi cardinali in obbedienza, dopo aver superato molti ostacoli, tennero con successo il Conclave convocato (segreto) a Roma il 2 maggio 1991 e, dopo la Messa da requiem per Papa Gregorio XVII, procedettero il 3 maggio 1991 alla elezione del nuovo Papa, S. S. Gregorio XVIII, tuttora vivente. Deo gratias!., San Giovanni da Capistrano pertanto nella profezia: “che questo Papa dividerà e darà ai poveri”, sembra implicare che i più piccoli, coloro cioè che possiedono la vera infantile semplicità di cuore, ora (e dopo i 3 giorni di buio) raccoglieranno i tesori di grazie celesti senza precedenti, come ricompensa per la loro incrollabile fiducia nelle promesse divine di Cristo fatte alla sua Chiesa e al suo Vicario in terra: Flos Florum “fiore dei fiori”. Nella celebre lista profetica dei Papi di San Malachia, Papa Gregorio XVII è Pastor et nauta ” – mentre, cronologicamente, il successore è proprio Flos florum “Fior dei fiori”.

*La Santità di S. Giovanni da Capestrano: “ Nicola di Fara, dopo aver menzionato diversi grandi predicatori che hanno evangelizzato l’Italia in questo periodo (XV sec.), dice: “Ma di tutti questi nessuno è stato più stimato dai suoi fratelli di Giovanni da Capistrano; nessuno più favorevole alla corte romana; nessuno più sapiente in diritto civile e canonico, nessuno più zelante per la conversione degli eretici, degli scismatici, e degli ebrei, nessuno più sollecito per il progresso della religione, nessuno più potente nei miracoli mostrati … Tante persone .. . lo hanno ricevuto con onore ed erano così ansiosi di ascoltarlo, che coloro che venivano per ascoltare la parola di Dio spesso riempivano le piazze più grandi e gli spazi più ampi: spesso ci sono stati ventimila, trentamila, a volte anche oltre un centinaio di migliaia di persone presenti ai suoi sermoni “. (Dal libro, “San Giovanni da Capistrano”, di P. Vincent Fitzgerald, O.F.M., pp. 24-25, 1911, Longmans, Green and Co., New York. Imprimatur)

Allora la Chiesa sarà … nelle catacombe …. Tale è la testimonianza universale dei Padri della Chiesa antica.” -Cardinal Manning, “The Present Crisis of the Holy See“, 1861, London: pp. 88-90.

” … la successione dei vescovi fino ad oggi nella Sede di San Pietro … è caratteristica della Chiesa Cattolica, e di nessun altro.” -S. Agostino

“Quindi, come dice S. Ireneo,” E necessario che tutti debbano dipendere dalla Chiesa romana come loro testa e fontana; tutte le Chiese devono essere d’accordo con questa Chiesa per la sua priorità del suo principato, perché le tradizioni consegnate dagli Apostoli sono state sempre conservate” (S. Iren, lib 3, c 3..); pertanto dalla tradizione derivata dagli Apostoli che la Chiesa fondata a Roma conserva, e dalla Fede conservata dalla successione dei Vescovi, possiamo confondere coloro che per cecità o per una cattiva coscienza traggono conclusioni errate (ibid).

“Volete sapere”, dice S. Agostino, “quale è la vera Chiesa di Cristo? Contate quei sacerdoti che, in una successione regolare, sono usciti da San Pietro, che è la roccia, contro la quale le porte dell’inferno non prevarranno”(S. Agostino in Psalm. cont. Donat..): e il santo Dottore sostiene come uno dei motivi che lo trattengono nella Chiesa cattolica, sia la successione dei Vescovi fino ad oggi nella Sede di San Pietro” ; (.. Epis fondo, c 4, n. 5),. perché in verità la successione ininterrotta degli Apostoli e dei discepoli è solo caratteristica della Chiesa cattolica, e di nessun altro” [-S. Alphonso M. dei Liguori, La Storia delle Eresie e loro confutazioni; O, Il Trionfo della Chiesa. *Vol I]

Tutta la forza della Chiesa è nel Papa, tutti i fondamenti della nostra fede si basano sul successore di Pietro. Coloro che desiderano il suo assalto del male il Papato in ogni modo possibile ….”.

-Monsignor Sarto, Vescovo di Mantova (il futuro Papa San Pio X) annota: riferendosi a ciò che San Paolo scrive nella II lettera ai Tessalonicesi, II:. I-IV (la rivolta e la separazione dal vero Legale Pontefice, “garanzia della fede” [Gregorio XVII, eletto Papa il 26 ottobre 1958), che il più grande corpo dei persecutori del vero Papato (attualmente in esilio) di oggi, è costituito dallo eretico-scismatico Novus Ordo (con le loro “gemelle” Fraternità non-sacerdotali San Pio X e S. Pietro) nonché dalle sette sedevacantiste antipapali della perdizione.