L’UFFICIO DIVINO -II-

L’UFFICIO DIVINO -2-

J.-J.- Gaume, Catechismo di Perseveranza, vol. IV, Torino 1881]

Alle notti peccaminose del mondo la Chiesa ha contrapposto sante vigilie: i suoi angeli sono stati in adorazione davanti a Dio; hanno chiesto misericordia per i traviati; hanno allontanato dall’ovile addormentato i leoni ruggenti, più formidabili nelle tenebre che nel giorno; hanno a vicenda unito le proprie voci e lacrime a quelle degli Angeli per onorare la nascita e l’agonia del Dio di Betlemme e del Getsemani. Che resta loro da fare? La notte è passata; ecco l’aurora che indora coi primi raggi la sommità delle montagne; ecco gli augelli che salutano con i loro lieti gorgheggi lo spuntare del sole; ecco i fiori che schiudendo i loro calici esalano un profumo delizioso, che la brezza del mattino trasporta verso il cielo: si crederebbero migliaia d’incensieri d’oro e di perle accesi davanti a Dio. La natura è un tempio; ecco i musici, ecco l’incenso del sacrificio; tutto si agita, tutto sembra rinascere. Ma di nuovo, che cosa stanno per fare i figli di Dio, gli Angeli della preghiera? Stanno per mescolare la loro voce a quella della natura: l’uffizio del giorno incomincia. Prima, Terza, Sesta, Nona, Vespro, Compieta, sono le parti che lo compongono. Il Salvatore del mondo ha contrassegnato ciascun’ora del giorno, come quelle della notte con benefizi inestimabili: quindi nasce l’obbligo di benedirLo. Come quelle della notte, le ore del giorno assegnano all’uomo nuovi doveri, e fa di mestieri sollecitare la grazia per adempirli come si conviene. Tale è, generalmente parlando, lo scopo dell’uffizio del giorno; la sua antichità è la più remota [Durandus, lib. V, c. 5.], come ci accingiamo a dimostrare.

.I. Prima. — È questa la prima ora dell’uffìzio del giorno, ed ha il nome di “Prima” Perché era recitata al cominciare del giorno, cioè verso le sei della mattina, secondo l’antica maniera di dividere il tempo. Quest’ora è stata stabilita: 4° per onorare Nostro Signore coperto d’obbrobri dai Giudei e condotto davanti a Pilato; 2° per memoria del suo apparire ai discepoli sul lido del mare, dopo la risurrezione; 3° per offrire a Dio le primizie della giornata, come i Giudei gli offrivano le primizie della messe e dei frutti, per consacrarisi interamente a Lui. – La parte dell’uffizio che chiamasi Prima si compone dell’invocazione, “Deus in adiutorium”, del “Gloria Patri” seguito dall’Alleluia, d’un inno, di tre salmi, d’un’antifona, e d’un capitolo, d’un responsorìo, e di alcune altre preci. L’inno che noi cantiamo a Prima, e che già si cantava fino dal decimo terzo secolo [Durandus, lib. V c. 5], esprime a meraviglia i sentimenti che la fede deve eccitare in un cuore cristiano al nascere del giorno. Alla vista del sole materiale che viene ad illuminare il mondo fisico, noi supplichiamo il sole di giustizia e di verità a levarsi per noi, affinché camminando con la guida infallibile di sua luce evitiamo le tenebre e le insidie del demonio. Noi preghiamo questo sole divino ad essere Egli stesso il nostro condottiere. « Vedete voi queste pecore, dice uno dei nostri padri nella fede [Amalar. Fortunat., 1. IV, De Eccl. Offic., c. 2], le quali, nel corso della notte ricoverate nell’ovile, domandano di uscire all’aperta campagna sin dalla punta del giorno? Esse reclamano un pastore che le conduca ai pascoli, e le protegga dalle insidie dei lupi. Così noi, allorché l’aurora viene a chiamarci alla santa fatica, ci affrettiamo a domandare un maestro che c’istruisca, e un protettore che ci difenda. Abbiamo bisogno dell’uno e dell’altro, poiché senza di esso il lupo infernale verrebbe a disperdere il gregge in luoghi indifesi, e a sbranare le pecorelle ». – Per sfuggire agli agguati del demonio, la Chiesa ci rammenta ammirevolmente nei salmi di Prima, e nel Simbolo di sant’Atanasio, che bisogna vestire quella stessa armatura, che hanno portata tutti gli eroi cristiani: lo scudo della fede, l’elmo della speranza, la spada della carità. Per animarci con maggior efficacia questa attenta madre ne mette sotto gli occhi i combattimenti e i trionfi dei Santi. A Prima, si legge il Martirologio; esso è la storia cruenta, ma gloriosa dei nostri fratelli, che, essendo stati un giorno soldati come noi, si riposano adesso nel cielo sopra i loro immortali allori. – Dopo la lettura del Martirologio, l’officiante dice: “Ella è preziosa davanti a Dio!” — La morte dei suoi Santi, risponde il Coro; e allora in nome di tutti i suoi fratelli, l’officiante medesimo esprime il seguente piissimo voto: « Che la santa Vergine e tutti i Santi ci aiutino con le preghiere che essi per noi indirizzeranno al Signore, a divenir santi in tutte le cose, come è santo Quegli che ne ha chiamati alla perfezione ». Dopo questa preghiera, l’officiante ripete tre volte: Signore, venite in mio aiuto; e il Coro aggiunge: Signore, affrettatevi a soccorrermi. Questa trina ripetizione è destinata a ottener soccorso contro i nostri tre grandi nemici, il demonio, il mondo, la carne. Essa è seguita dal Gloria Patri, affine di ringraziare in nome di tutti i nostri fratelli l’augusta Trinità, mercé della quale la morte dei Santi divenne preziosa, e preziosa pure diverrà la nostra se vorremo. – Ma ohimè! vi sono delle cadute da temere, poiché la debolezza umana è estrema! Innanzi tutto domandiamo misericordia , e tre volte diciamo: Kyrie eleison, ovvero Christe eleison « Signore, Cristo, abbiate pietà di noi »; e per ottenere questa misericordia più sicuramente, noi recitiamo l’Orazione dominicale. La terminiamo supplicando il Padre celeste di dirigere i suoi figli (e i suoi figli siamo noi), e di eccitarci a dirigere i nostri (e i nostri figli sono i nostri pensieri e le nostre opere).

Terza. — Ella è questa la seconda ora dell’Uffizio diurno, la quale ha ricevuto questo nome perché era recitata alla terza ora del giorno, secondo l’antica maniera di computare. Ai dì nostri, Terza corrisponde alle nove ore del mattino. Prima e Terza son composte delle stesse parti, eccettuate le preghiere finali. – La Chiesa che col mezzo dei suoi sacramenti scolpisce ed imprime in qualche maniera la santità su tutti i nostri sensi, scrive ancora i suoi augusti misteri in ciascuna ora della giornata, e il suo Uffizio li richiama successivamente alla nostra adorazione e al nostro amore. Il Salvatore perseguitato dalle implacabili e sanguinose ostilità dei Giudei, attaccato alla colonna per ordine di Pilato, e crudelmente flagellato; lo Spirito Santo che discende sugli Apostoli, e dà vita alla Chiesa: tali sono gli avvenimenti memorabili che celebriamo con le preghiere di Terza, la quale, quanto all’origine, risale al paro delle altre ai tempi apostolici [Ignat., Epist. ad Trall.]. – In memoria della nuova legge, che fu scritta a caratteri di fuoco nel cuore degli Apostoli, si cantano alcuni salmi che celebrano la dolcezza e la perfezione di questa legge di grazia e di amore. L’inno rammenta eziandio la discesa dello Spirito Santo, al quale si porgono vive suppliche, affinché rinnovi in nostro favore le meraviglie del Cenacolo.

III. Sesta. — È questa la terza ora del l’Uffizio del giorno, e corrisponde al mezzodì. Si compone delle stesse parti e ha la stessa antichità della precedente! [Constit. Apostol., lib. VIII, c. 20]. Vi si ricordano delle grandi memorie, giacché quest’ora memorabile è consacrata da grandi avvenimenti. A Terza la Chiesa ci aveva condotti al pretorio, e in faccia di quella colonna insanguinata ella aveva aperte le nostre labbra a pregare. Qui, prendendoci per la mano, ne conduce al Calvario, e soffermandoci addita uno strumento di supplizio. Gesù pendente in croce, ecco il primo oggetto delle nostre preghiere e delle nostre meditazioni all’ora di Sesta. Cosi la Chiesa, penetrata di riconoscenza, ci fa cantare salmi che spirano un ardente amore. “Gli occhi miei si sono stancati nell’aspettazione della tua salute e delle parole di tua giustizia”.[Salmo CXVII1 in cui parlasi della venuta del Salvatore aspettato. A questo passo campeggia una magnifica armonia, che non è sfuggita alla sagacità dei nostri padri nella fede. Istruiti dalla tradizione, insegnano che fu alla sesta ora del giorno che Adamo si rese colpevole e perì mangiando il frutto dell’albero; sicché, per far coincidere la redenzione con la caduta, Gesù volle essere alzato nell’ora medesima sull’albero della nostra salute 8! [Quo tempore eversio fuit eodem rursus facta reparatio. Cyril. Hierosol., Catech. XVI. Teophilact., in Matth. ad ea verba : A sexta autem hora, etc. Ecco ancora alcune altre armonie: « Propter protoplastum Adam… (Chrislus) sexta hora in crucem ascendit, sexlo die sacculi , in sexta hora eiusdem millenarii, et sexta liebdomadis et sexta bora sexti diei, etc » . S. Anast.]. – E un altro ricordo eziandio è proposto alla gratitudine del cristiano, poiché fu appunto nell’ora di sesta che Pietro ebbe la chiara rivelazione della vocazione dei gentili, e che ricevé l’ordine di portare il Vangelo alle nazioni; benefizio inapprezzabile, del quale noi tutti in oggi esperimentiamo gli effetti preziosi. Forseché il Figlio di Dio confitto in croce, e Pietro che porta il Vangelo alle nazioni, non sono memorie più che bastanti per eccitare il nostro fervore e la nostra riconoscenza durante questa nuova ora?

Nona. — Questa che viene a continuare le riferite ammirabili memorie, è la quarta ora dell’Uffizio del giorno. Per noi è la terza ora di sera, e per gli antichi era la nona del giorno; dal che appunto ha sortito il nome. Ella contiene le stesse parti che le precedenti, e risale alla stessa antichità [Basil., in Regul. interrog. 34]. – La Chiesa si ritiene ancora sul grande teatro dei dolori ; il sole oscurato, la terra vacillante, il velo del tempio squarciato, l’Uomo-Dio spirante, il fianco del nuovo Adamo aperto dalla lancia del soldato, e che dà vita alla nuova Eva, vale a dire la Chiesa cattolica nostra tenera madre: ecco gli avvenimenti che quest’ora ci rammenta. Quali altri sarebbero più idonei a farci versare davanti a Dio lacrime e preghiere? I salmi delle brevi ore della Domenica ci offrono un’armonia sì bella, che non possiamo astenerci dall’esporla alla vostra ammirazione. Essa vi farà conoscere che tutto, tutto fino ad un iota, è disposto negli uffizi della Chiesa con una saggezza e una profondità di disegno che non potranno mai essere abbastanza encomiate. – Tutte le brevi ore di questo giorno son composte di due salmi, di cui il secondo è distribuito a Prima, a Terza, a Sesta e a Nona ; ed ogni divisione di questo salmo contiene sedici versetti. Per qual ragione questi due salmi soli? A che questi sedici versetti? 1 due salmi rammentano le due alleanze di Dio con gli uomini: l’antica e la nuova. I sedici versetti significano gli interpreti di questa doppia alleanza. Per l’antica i dodici minori profeti, e i quattro maggiori: per la nuova i dodici Apostoli e i quattro Evangelisti [Durandus, lib. V, c. 5]. – I salmi e gl’inni di codeste ore sono egualmente in accordo con le differenti ore del giorno nelle quali noi li recitiamo. Al levar del sole il principio; a Terza la continuazione; a Sesta la perfezione ; a Nona la fine della carità e della vita; giacché, pur troppo! la vita non è che un giorno!

  1. I Vespri. — I Vespri sono la quinta ora dell’Uffizio del giorno, e la loro antichità è uguale a quella della Chiesa [Constit. Apost., lib. VIII, c. 40]. – Oh! come a giusta ragione la madre nostra ha consacrato quest’ora alla preghiera! Quante memorie ne rammenta! Primieramente il sacrificio della sera offerto ogni giorno al tempio di Gerusalemme; quindi l’istituzione della santa Eucaristia; infine la deposizione dalla croce, e la sepoltura di Nostro Signore. Tali sono le ragioni, per cui la Chiesa desidera si vivamente che i fedeli stiano pregando durante quest’ora memorabile. – Ma conoscono essi forse il pregio della preghiera, sentono essi battere di riconoscenza il loro cuore quei cristiani di ogni età e di ogni condizione, che sdegnano d’assistere al Vespro? I Vespri, udiamo rispondere con empia leggerezza, i Vespri sono pei preti. Ma non è dunque per tutti i cristiani che è stata istituita la santa Eucaristia? Non dovete voi dunque niente a Dio per questo benefizio? Non è dunque per voi che Gesù Cristo è stato immolato? L’ora, in cui questi grandi miracoli sono stati operati, è dunque muta, insignificante, inefficace sul vostro cuore? Che fate voi dunque durante quest’ora memorabile, in cui lacrime ardenti dovrebbero sgorgare dai vostri occhi, e unirsi a preghiere anche più ardenti ? Ah! se voglio saperlo, interrogo le pubbliche piazze, i pubblici passeggi, le case da giuoco, li passatempi, ed essi mi rispondono pur troppo. E che? Non arrossirete giammai di ferire in tal modo la dignità del cristiano? O nostri padri nella fede! che cosa avreste pensato, se vi fosse stato detto che i tardi nipoti profanerebbero un’ora sì santa, un’ora commemoratrice di tanti benefizi! Vergogna a coloro che sentono la riconoscenza come un peso gravoso e difficile! I cuori che si rendono ingrati son cuori malvagi; e rassomigliano a quei frutti che il sole non può maturare, e che son privi perciò di sapore e di odore. Onta ai cuori servili, a quei pessimi cristiani che non si recano in chiesa alla mattina che spinti dal solo timor servile; mentre alla sera, allorché non vi è anatema e minaccia di peccato mortale, se ne dispensano affatto! – Per noi, cristiani docili, più i vespri sono abbandonati, più dobbiamo farci un dovere di assistervi; le nostre obbligazioni hanno da crescere in proporzione dell’indifferenza dei più. Rechiamoci al piede degli altari a pregare, a gemere, ad adorare, a ringraziare pei nostri ingrati fratelli; e noi fortunati, se potremo compensare colla nostra pietà il loro Salvatore e il nostro! – La bellezza dell’uffizio della sera basterebbe per sé sola a renderci assidui al medesimo. I vespri si compongono di cinque salmi, di cinque antifone, di un capitolo, di un inno, del Magnificat e d’una sola orazione, se per altro non si fa commemorazione di qualche festa speciale. – Questo numero cinque è stato stabilito per onorare le cinque piaghe di Nostro Signore, e per espiare i peccati che abbiamo commessi nel corso della giornata abusando dei nostri cinque sensi. – La tromba della Chiesa militante, la campana, risuonò tre volte: la prima per annunziare l’uffizio; la seconda per dirci che è tempo di partire; la terza per significare che l’uffizio comincia. Arrivati alla chiesa, il clero e i fedeli si raccolgono in sè stessi un breve istante, e preparano la loro anima alla preghiera, recitando il Pater e l‘Ave Maria, le quali due orazioni si dicono in ginocchio e in silenzio. Si dà principio col segno della croce, per invocare il soccorso della santa Trinità, e per confessare i misteri della Incarnazione e della Redenzione. La mano che nel tracciare il segno augusto si porta a quattro parti, ne dice che il Figlio di Dio è venuto a chiamare i suoi eletti, dispersi ai quattro angoli della terra. Quando dunque vedete l’officiante, dall’alto del suo seggio, fare il segno adorabile, rappresentatevi Gesù Cristo sulla croce in vetta al Calvario, colle braccia stese per accogliervi i figli di Adamo divenuti suoi, e tutti chiamare, tutti stringere al suo cuore con questa parola d’ineffabile amore: “Sitio”; Io ho sete, sete di voi ». Facendo il segno della croce, il sacerdote, stando rivolto verso l’altare, dice: “Deus in adiutorium meum intende”: « O Dio, venite in mio aiuto »; e i fedeli egualmente in piedi e volti verso l’altare, per esprimere che la confidenza è tutta intera nei meriti di Gesù Cristo, rispondono con effusione, “Domine, ad adiuvandum me festina”: «. Signore, affrettatevi a soccorrermi ». – Quindi per maggiormente testimoniare la gratitudine, che loro ispira questa celeste protezione, essi cantano con entusiasmo di amore il “Gloria Patri, etc”: «Gloria al Padre, ecc. ». La loro gioia ed il loro ardore nel pubblicare le lodi del loro Padre che è nei Cieli, si manifestano con queste parole: Alleluia, Alleluia: « Allegrezza, felicità ». – Nel corso della quaresima, tempo di digiuno e di penitenza, l’ “Alleluiaè surrogato da queste parole, che hanno lo stesso senso: “Laus tibi, Domine, rex aeternae gloriae”: « Lode a voi, o Signore, eterno re della gloria ». – Detta appena l’antifona, che è destinata a infiammare la nostra carità, un corista intona il primo salmo: “Dixit Dominus Domino meo” « Il Signore, Padre eterno, Dio onnipossente, ha detto a Gesù Cristo, suo Figlio, e mio Signore NEL GIORNO DELLA SUA GLORIOSA ASCENSIONE: Siedi alla mia destra».In questo magnifico salmo la Chiesa canta la generazione eterna del Figlio di Dio, il suo sacerdozio’ egualmente eterno, come anche il suo dominio eterno e assoluto sul mondo, divenuto la conquista della Croce. Ma che? i vespri non son forse destinati ad onorare i funerali di Gesù Cristo? Come avviene dunque che la Chiesa, questa tenera Sposa, inginocchiata, per cosi dire, sulla tomba del suo divino Sposo, fa risuonare soltanto all’orecchio de’suoi figli canti di gioia, ed inni di trionfo e d’immortalità? Ah! ciò avviene perch’ella vede la vita uscire dal seno della morte; vede la vittoria scaturire dai patimenti! E questo nobile pensiero non sarà per tutti noi un’eloquente lezione? Il secondo salmo dei vespri della domenica è il “Confitebor”: « Io vi loderò, o Signore ». Esso è come una continuazione del primo. Per la bocca di David, la Chiesa canta i benefizi che ne procura il regno del suo divino Sposo, e celebra in particolare l’istituzione del divino banchetto, al quale sono invitate tutte le generazioni che vengono in questo mondo!Che cosa rimane adesso, se non che descrivere la felicità di quelli, che si sottomettono all’impero di Gesù Cristo? E ciò fa la Chiesa nel salmo, “Beatus vir qui timet Dominum”: « Felice l’uomo che teme il Signore ». Allato alla descrizione semplice e affettuosa della felicità dell’uomo giusto che teme Iddio e osserva i suoi comandamenti, la Chiesa pone il quadro del peccatore. Durante la sua vita, egli è tristo e disgraziato; al momento della morte, digrigna i denti e irrigidisce per lo spavento; defunto, egli entra nel luogo dei supplizi, alla porta del quale egli lascia la speranza: la speranza di uscirne mai più! La Chiesa nel salmo precedente ha ricordato ai giusti che il Signore li renderà felici, se porteranno il suo amabile giogo. Che di più naturale che l’esortarli adesso a cantare la loro felicità? Ed ecco che questa tenera madre, appropriandosi la voce del Re profeta, li esorta a lodare e a benedire la grandezza, la potenza, e soprattutto l’ammirabile bontà del loro Padre celeste : “Laudate, pueri, Dominum, laudate nomen Domini” : « Miei figli, lodate il Signore, lodate il nome del Signore ». Questo invito provoca uno slancio di amore; e tutte le bocche e tutti i cuori si uniscono per rispondere: «Sì, che il nome del Signore sia benedetto: fin da ora e fin ai secoli dei secoli »: “Sit nomen Domini benedictum, ex hoc nunc et usque in sæculum”; e nel seguito di questo ammirabile salmo ognuno proclama a gara le ragioni particolari che ha di benedire il Dio buono, il Dio che veglia sul povero e sul debole, come sopra la pupilla degli occhi proprii.Dalle ragioni personali che muovono ciascuno di noi, e tutti gli uomini in generale, a benedire Iddio e ad amarLo, la Chiesa passa alle ragioni riguardanti la grande famiglia cattolica. A meno che non si chiuda in petto un cuore di marmo, questi benefizi sono stati tali, che dobbiamo struggerci d’amore al ricordarli. Tale è l’oggetto del quinto salmo: “In exìtu Israel de Ægypto, domus Jacob de popolo barbaro”: « Allorché Israele uscì dall’Egitto, e la casa di Giacobbe si partì da un popolo barbaro ». Qui la Chiesa ne fa risalire più che tremila cinquecento anni addietro, e fermandoci sulle rive del mar Rosso, e nel deserto del Sinai, discopre agli occhi nostri il quadro splendidissimo delle meraviglie e dei prodigi che Dio operò per liberare Israele dall’Egitto, e per farlo entrare nella Terra promessa. E sotto il simbolo di questi miracoli dell’Egitto e del Mar Rosso, del Deserto e del Sinai, essa ce ne fa vedere dei più gloriosi e dei più consolanti, operati in nostro favore; vale a dire la nostra liberazione dal demonio, dal peccato, dalla morte, dall’inferno, mediante il Battesimo. Ella ci mostra, in quelli nascosta, la fede che ne conduce attraverso del deserto della vita, come la colonna conduceva Israele; la legge di grazia discendente dal Calvario, come la legge antica discendeva dal Sinai, il pane degli Angeli, nutrimento dell’anima nostra, come la manna nutrimento degli Ebrei; e questi miracoli della legge nuova ci son presentati essi stessi come un contrassegno dei miracoli più grandi ancora, per mezzo dei quali il Signore vuol condurci dal deserto della vita nella celeste Gerusalemme: tali sono i benefici che la Chiesa ci ricorda. Quindi, come Davide, paragonando Dio onnipotente e forte agli Idoli deboli ed insensati delle nazioni gentili, questa tenera madre ci stimola, con tutto l’affetto e tutta l’estensione della sua carità del suo zelo, ad abiurare il culto degli dei menzogneri per attaccarci irrevocabilmente al Signore, che ci ha dato contrassegni sì luminosi della sua grandezza, della sua potenza e della sua bontà. – Questo salmo, al quale la poesia propina non ha nulla da paragonare, è seguito dall’Antifona e dal Capitolo. Il Capitolo delle domeniche ordinarie è tolto dall’Epistola di S. Paolo agli Efesini: “Bexedictus Deus”, ecc.: « Benedetto Dio e Padre del Signor Nostro Gesù Cristo, il quale: ha benedetti con ogni benedizione spirituale del Cielo in Gesù Cristo, siccome in Lui ci elesse prima della fondazione del mondo, affinché fossimo santi ed immacolati nel cospetto di lui per carità » (Ephes. 1,3,4.). – L’officiante legge in piedi il Capitolo, e li indirizza ai fedeli che hanno cantato le lodi a Dio, affine d’incoraggiare il loro zelo, e di dare alla pietà un nuovo alimento.Questa attitudine, voluta dal decoro, conviene alle sante parole che egli pronunzia, ed esprime il rispetto che porta ai membri di Gesù Cristo che l’ascoltano. L’adunanza ascolta con riconoscenza questa breve esortazione, e risponde: “Deo gratias” : « Sien grazie a Dio »Ciò fatto s’intona l’inno: l’inno, che è espressione di amore, di coraggio, d’incitamento a compiere gli ammaestramenti ricevuti; l’inno è il canto di un esercito che s’incammina alla pugna. Esso varia secondo la festa, affinché sempre appalesi sentimenti analoghi alla circostanza. Il regno di Gesù Cristo cominciato sopra la consumato nel cielo, ecco ciò che la Chiesa canta nella domenica; quindi l’inno dei vespri della domenica è un lungo sospiro verso il cielo. Felice il cristiano che sa penetrarsi dello spirito di questa santa preghiera! Il suo cuore prova una consolazione e una felicità che il mondo e i suoi piaceri non potrebbero dargli! – La Chiesa ha cantato i benefizi del Signore, ha veduto nel passato la sua Ideazione dal demonio, il proprio stabilimento sulla terra, i favori infiniti, di cui è stata oggetto: ha veduto nell’avvenire il cielo schiuso per riceverla e compiere la sua felicità eterna. Come esprimerà tutta la sua riconoscenza? Per non soccombere sotto il peso, cerca un interprete de’ sentimenti che prova; ed eccolo. In luogo di una sua, s’alza una voce, al suono della quale il cielo e la terra debbono far silenzio; una voce sì soave, sì pura, sì melodiosa, e nello stesso tempo sì possente, che rallegra infallibilmente il cuore di Dio; questa voce è quella dell’augusta Maria, della madre dei cristiani. Ecco pertanto la dolce Vergine di Giuda, la madre di Dio, la Vergine per eccellenza, la Vergine del Cielo, che sta per esprimere la riconoscenza della Vergine della terra, la casta sposa dell’Uomo-Dio, la Chiesa cattolica. – S’intona il Magnificat, quel canto sublime, slancio d’ineffabile amore, poema in dieci canti, profezia magnifica, che valse a Maria il titolo glorioso di Regina dei profeti: «La mia anima glorifica il Signore, ecc. ». Si sta ritti durante il Magnificat, per rispetto alle parole di Maria, e perché questa nobile attitudine ben dimostra la gioia e il contento di un cuore colmo di grazie, e disposto a tutto intraprendere per testimoniare al suo benefattore il sentimento della gratitudine. Nel tempo del Magnificat l’officiante esce dal suo posto e va rivestirsi del piviale. Bentosto preceduto da un chierico che porta l’incensiere, egli sale all’altare, prende la navicella dell’incenso, ne mette sul fuoco, e dice le parole: “Ab illo beneficaris, in cuius honore cremaberìs” : « Sii benedetto da Colui, in onore del quale sarai consumato ». Pronunciando tali parole, fa il segno della croce per ricordare che pei soli meriti di Gesù Cristo ogni benedizione si spande sulla terra; quindi egli prende il turibolo dalle mani del chierico; incensa tre volte la croce posta sopra il tabernacolo, prima a destra, poscia a sinistra, infine da ciascuna parte, come per circondare l’altare, figura di Gesù Cristo, col profumo che dal fuoco esala e che è simbolo della fede dei cristiani e del fervore delle loro preghiere. – Terminata questa cerimonia, il chierico incensa il celebrante, e con ciò gli rende onore come al rappresentante di Gesù Cristo. Il prete dice in seguito: “Dominus vobiscum”; « Che il Signore sia con voi »; alle quali parole i fedeli rispondono: “Et cum spiritu tuo”; « E che egli sia col tuo spirito ». Seguita poscia immediatamente l’orazione della messa chiamata Colletta, perché riunisce in qualche modo le preghiere indirizzarte a Dio. Dettosi di nuovo dal sacerdote “Dominus vobiscum”, augurio di pace e di carità, i chierici invitano i fedeli a lodare e a benedire il Signore con queste parole: “Benedicamus Domino”; « Benediciamo il Signore »; e tutti gli assistenti rispondono: “Deo gratias” : « Noi ringraziamo Iddio ». Così termina questa parte dell’uffizio della sera. Si può egli immaginare qualche cosa più bella, più completa, meglio ordinata?

Preghiera.

O mio Dio, che siete tutto amore, io vi ringrazio d’avermi istruito nelle sante cerimonie del vostro culto ; fate che esse accendano in me lo spirito della fede e della preghiera. Mi propongo di amar Dio sopra tutte le cose, e il prossimo come me stesso per amor di Dio, ed in prova di questo amore io assisterò regolarmente al vespro.

Compieta. — Colmo di benefizi l’uomo ha espresso a Dio la propria gratitudine; egli è animato da ottime disposizioni, la terra gli sembra trista, la vita pesante, i suoi sospiri sono pel cielo; ma il suo esilio non è finito, e più d’una prova gli resta a subire. Ormai il giorno nel suo tramonto annunzia l’avvicinarsi della notte, tempo funesto sotto ogni rapporto; che l’uomo, soldato stanco, va a dormire, ma il demonio non dormirà, ed al contrario moltiplicherà le sue insidie. Egli, leone che rugge, va attorno con maggior furore per rapire e sbranare qualche pecorella. Ecco quale addiviene la posizione dell’uomo al cadere del giorno! Se venisse a domandarvi che cosa deve fare per evitare gli agguati del nemico e conservarsi fedele a Dio fino al ritorno della luce, quale consiglio gli dareste voi? Aspettando la vostra risposta, io vi spiegherò i suggerimenti della Chiesa; poscia voi mi direte se conoscete alcun che di meglio. « Mio figlio, essa gli dice, gettati tra le braccia del tuo Padre celeste; sii sobri, e vigilante; prega il tuo angelo custode e i santi che amano di proteggerti; sopra tutti prega Maria di vegliar su di te come una tenera madre veglia sul suo figlio che dorme: riposa in pace sotto la potente loro protezione, e non potrà nuocerti il demonio ». E per fortificare nel cristiano questi vivi sentimenti di una ingenua confidenza la Chiesa gli fa recitare Compieta. [Compieta significa complemento, poiché quest’Ora compisce l’Uffizio]. – Ecco la prova di ciò che abbiam detto nella spiegazione di questa ultima ora dell’uffìzio. – Compieta comincia con queste parole: Convertiteci, o Dio, voi che siete il nostro Salvatore, e allontanate da noi la vostra collera. La sola cosa che possa far allontanare Dio da noi e impedirgli d’avere pel nostro riposo quella cura paterna che domandiamo, si è il peccato. Ecco perché si comincia dal pregarlo di purificarcene e di convertirci di tutto cuore; noi Gli diamo il più potente motivo a ciò, ricordandogli che è il nostro Salvatore. – Il primo salmo ne fa ricordare il Re- Profeta che esprime al Signore la propria gratitudine, vivamente penetrato da una effusione di carità pei benefizi ricevuti, e che implora il soccorso contro i suoi nemici. – È in Dio riposta la sua fiducia, e sul seno paterno di lui assolutamente si riposa. Qual cantico poteva star meglio sulla bocca del cristiano, di questo nuovo Re-Profeta, il quale dopo aver pugnato contro i suoi nemici e dopo aver terminata la sua giornata con l’aiuto di Dio, cerca in un riposo necessario di prender nuove forze e nuovo vigore per combattere l’insidiatore della sua salute? Tale è il senso del salmo Cum invocarem: « Allorché io ho invocato questo Dio autore della mia giustizia egli mi ha esaudito ». « Miei figli, invocate dunque il Signore, ne dice la Chiesa in questo primo cantico, e la vostra speranza non andrà fallita ». – Volete sapere in qual modo Iddio protegga l’uomo, che spera in Lui? Il secondo salmo ve ne istruisce. Esso ci mostra effettivamente l’uomo che abita sotto la custodia dell’Altissimo e trova quiete inalterabile nella protezione del Dio del cielo; il demonio e i suoi agguati, gli empi e le loro macchinazioni nulla possono a danno del giusto: “Qui habitat in adiutorio Altissimi, in protectione Dei coeli commorabitur”: « Quegli che si appoggia al braccio dell’Onnipotente, vive in pace sotto la protezione del Dio del cielo ». – Ora che resta? Un avviso da darsi a noi, ma un avviso importantissimo; cioè di stare in guardia, e se ci svegliamo nella notte, di volger subito il nostro cuore a Dio. Tale è l’oggetto del terzo salmo: “Ecce nunc benedicite Domino”: « Adesso dunque benedite il Signore ». Se così è, conclude la Chiesa: “Dall’alto della montagna di Sion, quel Dio che ha fatto il cielo e la terra, vi benedirà”. Tutti i cuori e le voci si riuniscono per cantare l’antifona; per assicurar cioè che saranno fedeli a queste sagge raccomandazioni L’inno che segue è un lungo sospiro verso il cielo, ed è come il principio di quella preghiera notturna che non mancheremo di fare, se siamo colti dalla veglia insonne. L’officiante, recitando il capitolo subito dopo che è cantato l’inno, soggiunge questa bella preghiera tolta dal profeta Geremia: “Tu autem in nobis es Domine, et nomen sanctum tuum invocatum est super nos, ne derelinquas nos, Domine Deus noster”: « Ma tu, o Signore, sei con noi, ed il tuo santo nome fu sopra di noi invocato; non abbandonarci, o Signore Dio nostro ». [4 I Thess. V, 5]. – I fedeli ringraziano il sacerdote, e benedicono il Signore con queste parole: Deo gratias: « Noi ne ringraziamo Iddio ». – Qui comincia tra tutti questi figli della stessa famiglia, riuniti di presente ai piedi del loro Padre comune, e fra poco dispersi nelle loro particolari dimore, un colloquio, una specie d’addio, di buonanotte cristiana, la cui tenerezza e la cui mirabile semplicità non può con parola venire espressa: spetta al cuore di comprenderla. – Un fanciullo del coro canta colla sua voce pura come quella di un angiolo: “In manus tuas, Domine, commendo spiritum meum” – « affido l’anima mia ». – I fedeli rispondono: In manus tuas, Domine, commendo spiritum meum; « Tra le vostre mani, o Signore, affido l’anima mia ».II fanciullo del coro : “Redemisti me, Domine, Deus veritatis”: « Voi mi avete redento, o Signore, Dio di verità ». L’angiolo della terra espone a Dio i più potenti motivi di proteggerci; noi gli apparteniamo, Egli ci ha ricomprati a prezzo infinito, Egli è il Dio di verità, fedele alle sue promesse; Egli adunque non può mancare di proteggerci. – I fedeli: “Commendo spiritum meum”: « Affido l’anima mia ». – Il fanciullo del coro : “Gloria Patri, et Filio, et Spiritui Sancto”; « Gloria al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo ». – I fedeli: “In manus tuas, Dumine, commendo spirito meum”; « Tra le vostre mani, o Signore affido l’anima mia ».Il pensiero dell’esilio e dell’avvicinarsi dei pericoli della notte, diffonde in questa risposta una malinconia che non permette di terminare il Gloria Patri: « Come era al principio, e ora, e sempre, e nei secoli dei secoli ». Queste parole sono riservate alla vera patria: la Chiesa della terra non le fa udire che nel momento delle solenni allegrezze. Il fanciullo del coro: “Custodi me, Domine, ut pupillam oculi”: « Custodiscimi, o Signore, come la pupilla dell’occhio ». I fedeli : “Sub umbra alarum tuarum protege me”: « Proteggimi all’ ombra delle tue ali ».Ditemi, per fede vostra, conoscete voi qualche cosa di più bello che questo colloquio? Qualche cosa che meglio dipinga il candore di un fanciulletto tra le braccia del padre suo? Questo figlio prediletto, sicuro che il Dio che regna nel cielo l’ama con la tenerezza di un padre, non ha altro desiderio che di abbandonare questa terra di esilio, questa valle di lagrime, e di giungere a fruire della pace nel seno del Signore. Ed ecco la madre sua, la Chiesa cattolica, sempre così bene ispirata, che gli mette in bocca le parole del vecchio Simeone, il quale dopo aver veduto la salute d’Israele, non domandava altro che la morte: “Nunc dimittis”: « Lascia ora , o mio Dio, partire in pace il tuo servo ». Segue una preghiera, che ammirabilmente riassume le domande indirizzate a Dio nella Compieta. – Ecco dunque la famiglia cristiana sul punto di separarsi. Quegli che sulla terra ne è capo e padre non può lasciare i figli senza augurar loro le più abbondanti benedizioni; quindi il sacerdote non contento dell’ordinario saluto, “Dominus vobiscum”: « Che il Signore sia con voi », ha ricorso ad espressioni più toccanti, e che meglio palesino l’affezione che porta ad essi, non che il desiderio ch’Egli ha di vederli felici. Esso dice : “Benedicat et custodiat nos omnipotens et misericors Dominus, Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus. Amen”: « Che ci benedica e ci custodisca l’onnipotente e misericordioso Signore, Padre, Figliuolo e Spirito Santo. Così sia ».Prima di partire, tutti insieme salutano un’ultima volta la loro tenera Madre che è in cielo; essi la supplicano di volgere sui figli suoi gli sguardi della sua misericordia, e di aprir loro le sue braccia materne. Qual altro asilo infatti è più sicuro del seno di una madre? E allora voi udite le vòlte del tempio echeggiare a vicenda della Salve Regina, dell’Alma Redemptoris, dell’Ave Regina Coelorum, che gli angioli ascoltano con gioia e vanno a ripetere sulle loro arpe d’oro nella celeste Gerusalemme ai piedi della Vergine piena di grazia, nostra madre e loro regina.Andate adesso, o diletti figli, dormite in pace, il rimorso non turberà il vostro sonno, non angustierà l’anima vostra. « Per tal modo la domenica scorre giuliva per quelli che sanno veramente santificarla! la preghiera, la carità, gioie innocenti, familiari riunioni, diletti pacifici l’hanno abbellita; e quando questa giornata è finita, quando con tutti gli altri giorni va a cadere nell’abisso del passato, vi scende luminosa per le buone opere che ha fatto compire e profumato dall’incenso bruciato davanti agli altari » [Quadro poetico delle Feste Cristiane, del Visconte Walsh]. – Diamo termine a ciò che riguarda la compieta, aggiungendo che questa ultima ora dell’uffizio diurno si trova accennata negli antichi Padri della Chiesa [Basii., in Regul. interr. 37. — Clem. Alex., lib. II io. D. Paedag., c. 4. — Isid., De Offic. Eccles., lib. I , cap. 21]. L’uso di pregare prima di prendere il consueto riposo sembra stabilito dalla natura stessa. – La Chiesa l’ha consacrato, e ordinandoci di ringraziare Dio alla fine della giornata, ella propone alla nostra adorazione il Salvatore messo nel sepolcro, di maniera che nel suo uffizio quotidiano ella onora il suo divino Sposo dalla sua nascita fino alla sua sepoltura. Che bel soggetto di meditazione pei suoi figli! Che mezzo ammirabile di renderli quali devono essere, cioè altrettanti Gesù Cristo [Christianus, alter Christus].

Uso del latino. — La Chiesa offre a Dio tutte le ore del suo uffizio in una lingua ignorata oggi giorno dalla pluralità dei fedeli; ed essa a Lui le indirizza cantando. È conveniente di farvi ammirare in questo doppio uso la profonda sapienza della madre vostra. E primieramente perché si usa la lingua latina nelle pubbliche preghiere? – 1° Per conservare l’unità della fede, colla nascita del Cristianesimo, il servizio divino si faceva in lingua volgare nella maggior parte delle chiese. Ma anche le lingue, come tutte le umane cose, sono soggette a mutazioni. La lingua francese, per esempio, non è più la stessa di quella di duecento anni fa; molte parole sono antiquate, altre han cangiato senso. Il giro delle frasi differisce tanto, quanto le nostre mode differiscono da quelle dei nostri avi . Ma una cosa deve restare immutabile, e questa si è la fede; onde per metterla al coperto da questa perpetua instabilità delle lingue viventi, la Chiesa cattolica impiega una favella costante, una lingua, che, non essendo più parlata, non è più soggetta a cangiarsi. L’esperienza ne mostra che la Chiesa è stata, qui come dappertutto, diretta da una sapienza divina. – Osservate infatti ciò che accade ai protestanti: essi hanno voluto impiegare nelle loro liturgie le lingue viventi, ed ecco che sono incessantemente obbligati a rinnovare le formule, a ritoccare le versioni della Bibbia; ed eccovi alterazioni infinite! Se la Chiesa li avesse imitati sarebbe stato necessario che ad ogni cinquant’anni si riunissero i concilii generali per redigere nuove formule circa l’amministrazione dei sacramenti. – 2° Per conservare la cattolicità della fede. L’unità di favella è necessaria per mantenere un legame più stretto e una comunicazione di dottrina più facile tra le differenti Chiese del mondo, e per renderle più stabilmente attaccate al centro dell’unità cattolica. Togliete la lingua latina, ed ecco che il sacerdote italiano che viaggia in Francia, o il sacerdote francese che viaggia in Italia non può più celebrare i santi misteri, né amministrare i sacramenti. Questo è appunto ciò che accade al protestante; fuori della sua patria, egli non può più partecipare al culto pubblico. – Un cattolico non è fuor di paese in alcuna delle contrade della Chiesa latina. – Sia lode pertanto ai sovrani Pontefici, che non hanno trascurato verun mezzo per introdurre ovunque la liturgia romana; sicché l’uomo imparziale scorge qui pure una prova novella del loro luminoso zelo per la cattolicità, carattere augusto della vera Chiesa. Ohimè! se i Greci e i Latini avessero avuto uno stesso linguaggio, non sarebbe stato sì facile a Fozio e ai suoi aderenti di trascinare tutta la Chiesa greca nello scisma, attribuendo alla Chiesa romana errori e abusi, di cui non fu colpevole giammai! 3° Per conservare alla Religione la maestà che le conviene. Una lingua dotta, e che è intesa soltanto dagli uomini istruiti, ispira più rispetto del gergo popolare. I più santi misteri parrebbero forse ridicoli, se fossero espressi in sermone troppo famigliare. E questo è cosi vero, che gli stessi protestanti, nemici giurati della lingua romana, se ne sono accorti come gli altri; ma piuttosto che rinunziare ai loro anticattolici pregiudizi, han voluto divenire incoerenti a sé stessi, ed hanno fatto tradurre l’uffizio divino in francese. A meraviglia : ma i Bassi-Bretoni, i Piecardi, gli Alvergnesi, i Guasconi non avevano forse egual diritto di udire l’uffizio divino nei loro dialetti, come i Calvinisti di Parigi di udirlo in francese? Perchè mai i riformatori, così zelanti per l’istruzione del basso popolo, non hanno tradotto la liturgia della santa Scrittura in tutti questi dialetti? Non avrebbe ciò a parer loro contribuito a render la Religione più rispettabile? [Bergier, art. Langue]. Al contrario, la lingua greca in Oriente, la lingua latina in Occidente, doppio idioma del popolo-re, conservano qualche cosa della maestà romana, che conviene perfettamente alla maestà molto più grande della Chiesa cattolica. A una Religione padrona del mondo la lingua dei dominatori del mondo, come a una dottrina immortale una lingua invariabile. Ma se la Religione e la ragione debbono ringraziare la Chiesa cattolica per aver adottate le lingue greca e latina, le scienze non le debbono minor gratitudine. Immortalando la loro favella, la Chiesa ha rese immortali le letterature dei Greci e dei Romani, siccome i Papi hanno salvato, santificandoli, i monumenti dei Cesari. Senza la croce che le è soprapposta, da lungo tempo la colonna Traiana non sarebbe più in piedi. – Del resto, non è vero, che per l’uso di una lingua morta i fedeli si trovino privati della cognizione di quello che è contenuto nella liturgia. Anziché interdir loro questa conoscenza, la Chiesa raccomanda ai suoi ministri di spiegare al popolo le differenti parti del santo Sacrificio, e il senso delle pubbliche preghiere. [Conc. Trid., sess. XXII, c. VlII]. – Di più ella non ha assolutamente proibito le traduzioni delle preghiere della liturgia, per le quali il popolo può vedere nella sua lingua quello che i sacerdoti dicono all’altare. Non è dunque vero, come ne l’accusano i protestanti, ch’ella abbia voluto nascondere i suoi misteri: no, ella ha solamente voluto mettersi al coperto dalle alterazioni, conseguenza inevitabile dei cambiamenti di linguaggio [Bona, Rer. Liturg., lib. I , c. V, p. 53].

Uso del canto. — Dall’idioma della Chiesa cattolica passiamo al suo canto ed esponiamone rapidamente l’origine, l’uso, la bellezza. Il canto è naturale all’uomo, e si rinviene presso tutti i popoli; il canto è essenzialmente religioso, e fin dal principio si vede da per tutto impiegato nei culto divino. Quest’accordo universale prova che il canto è gradevole al Signore, e che è un mezzo legittimo di rendergli una parte del culto che Gli dobbiamo. Ma che cosa è il canto? Esso, risponde un antico e pio autore, è il linguaggio degli angeli [Durandus, lib. V, c. 11]; forse è il linguaggio che l’uomo parlava primi della sua caduta. In questa ipotesi, la nostra attuale parola non sarebbe che un avanzamento di quella parola primitiva. * [Annuali di Filosofia Cristiana, an. 1830]. – Essendo l’uomo stato interamente degradato dal peccato originale, si comprende che la sua favella abbia dovuto subire una degradazione corrispondente. Almeno sembra che il canto sarà il linguaggio del cielo, o dell’uomo interamente rigenerato, poiché non parlasi che di canti e d’armonie tra i felici abitanti della celeste Gerusalemme. Checché ne sia di queste congetture, il canto sarà sempre l’espressione viva e misurata dei sentimenti dell’anima: il suo potere è magico, ed è questo un altro mistero. – Per ricordare all’uomo la sua lingua primitiva, o per insegnargli quella che deve parlare in cielo, la Religione ha consacrato l’uso del canto nei suoi divini esercizi. Ella non vuole che gli uomini si adunino al piede degli altari senza parlare il linguaggio degli Angeli, o la lingua dell’innocenza. L’uomo esiliato ri trova nei nostri templi l’idioma e il cammino della sua patria: re decaduto, quivi pure gli è dato di balbettare la lingua che parlò nei giorni della sua felicità. Si può ideare un insegnamento più utile, un pensiero più ammirabile? Il canto arreca ancora altri vantaggi: esso muove il cuore e lo eccita alla divozione [S. Aug., Confess. lib. VI]; scaccia la tiepidezza nelle pratiche religiose, infonde una santa letizia e inspira alacrità nella recita dell’uffizio divino, che senza ciò potrebbe talvolta sembrar lungo, e ingenerare ben anche della noia [S. Basil., In Psal. I. — Lactant., lib. VI, cap. 21. — S. Chrys., In Psal. 41]; egli è come una professione solenne di fede e di amore, mercé della quale ci rechiamo a vanto d’invocare il Signor Nostro, e di celebrare le sue lodi senza tener conto dei sarcasmi e delle bestemmie dell’empietà [Ruff, Hist., lib. X , c. 35, 37. — Theodoret., lib. III, c. I]; finalmente dissipa le suggestioni del demonio, ci merita i favori del cielo, e rende propizio lo Spirito Santo, come apparisce in moltissimi luoghi delle sante Scritture [Reg. passim. — Daniel. III]. – L’uomo dunque canta, e la Chiesa canta con lui, mostrandosi anche in questo l’erede fedele di tutto ciò che vi ha di vero, di bello, di buono, nelle tradizioni dell’universo, poiché tutti i popoli hanno cantato. Noi non parleremo dei pagani: essi avevano pervertito l’uso del canto: in luogo di celebrare il Dio della natura, essi cantavano i delitti e le avventure scandalose delle loro false Divinità. – Gli Ebrei appena furono riuniti in corpo di nazione, seppero abbellire cogli accenti della voce le lodi del Signore. Chi non conosce i cantici sublimi di Mose, di Debora, di David, di Giuditta, dei profeti? David non si limitò a comporre i salmi, ma stabilì cori di cantori e di musici per lodar Dio nel tabernacolo. Salomone suo figlio fece osservare l’uso medesimo nel tempio, ed Esdra lo ristabilì dopo la schiavitù di Babilonia. – Fin dall’origine del Cristianesimo, il canto fu ammesso nell’uffizio divino, quando specialmente la Chiesa acquistò la libertà di dare al suo culto la magnificenza e il lustro conveniente, in ciò autorizzata dall’esempio di Gesù Cristo e degli Apostoli. La nascita di questo divino Salvatore era stata annunziata ai pastori di Betlemme dai cantici degli angioli. Son noti quelli di Zaccaria, della santa Vergine, del vecchio Simeone; e il Salvatore stesso, durante la sua predicazione, gradì che le moltitudini del popolo venissero incontro a Lui e l’accompagnassero nella sua entrata in Gerusalemme, cantando: Osanna! Sia benedetto colui che viene in nome del Signore, benedetto il regno, che viene, del padre nostro Davide: Osanna nel più alto dei Cieli [Marc XI, 10], e continuassero così fino nel Tempio. San Paolo esorta i fedeli a eccitarsi mutuamente alla pietà con inni e cantici spirituali: “Parlando tra di voi con salmi ed inni e canzoni spirituali, cantando e salmeggiando, coi vostri cuori al Signore” [Ephes. V, 19], e cantava egli stesso nella sua prigione di notte con Sila. – I nostri padri nella fede misero in pratica le lezioni del grande apostolo. Plinio il giovane, avendoli interrogati per sapere che cosa operassero nelle loro adunanze, essi gli risposero, che si riunivano la domenica, per cantar inni a Gesù Cristo,come a un Dio [Epist. XCVIl. — Veggansi pure i Concili di Laodicea, c. XV; di Cartagine, IV, can. 10; di Agide, can. 21; di Aix, can. 152, 135, ecc.]. Lo stesso è avvenuto in tutta la serie dei secoli. I più grandi uomini, che la Chiesa abbia prodotto e la terra ammirato, annettevano al canto una tale importanza, che non disdegnavano di regolarlo da loro stessi e d’insegnarlo agli altri; testimoni di ciò noi abbiamo sant’Atanasio, san Crisostomo, sant’Agostino, sant’Ambrogio, san Gregorio papa. Sant’Ambrogio che regolò il canto della Chiesa di Milano in un tempo in cui i teatri del Paganesimo sussistevano tuttavia, evitò accuratamente d’imitarne la melodia, al che egualmente provvide san Gregorio per la chiesa di Roma, benché questi, riformando il canto in un secolo in cui erano scomparsi i teatri pagani, non trovasse veruno inconveniente a introdurre nel canto ecclesiastico melodie più piacevoli, ma tali per altro che non potessero eccitare alcuna pericolosa rimembranza. – Da ciò è derivata la distinzione tra il canto Ambrosiano e il canto Gregoriano. Il primo è più grave, il secondo più melodioso; il primo è tuttora in uso nella Chiesa di Milano, il secondo è diffuso in una gran parte della Cristianità. San Gregorio prese da tutte le Chiese ciò che vi era di meglio, appoggiandosi sopra il canto degli antichi Greci; egli scelse i mottetti che più gli piacquero, li modificò col suo gusto che era squisito, e li rese ad esprimere con maggior leggiadria i misteri lieti o dolorosi, la dolce tristezza della penitenza o la felicità d’una vita piena di virtù. – Ad esempio di David, Pipino re di Francia, ma specialmente Carlo Magno suo figlio, diedero molte cure al canto religioso. Avendo osservato che il canto Gallicano era meno dilettevole di quello di Roma, mandarono in quella capitale del mondo cristiano de’ chierici intelligenti affinché studiassero e imparassero il canto di san Gregorio, cui ben presto introdussero nelle Gallie. Non però tutte le Chiese di Francia l’adottarono uniformemente alcune non ne accolsero che una parte e lo mescolarono con quello che era anticamente in uso. È questa la cagione della differenza che esiste tra il canto delle diverse diocesi ‘ Leboeuf, Trattato storico del canto, c. 3].

Bellezza del canto. — Tuttavia questo canto, quale è oggi, quantunque abbia fatto grandi perdite nel passare pei secoli barbari, conserva tuttora bellezze di primo ordine, ed è, per l’uso cui è applicato, superiore di molto alla musica. Anche non aiutato da ritmo o misura offre agl’intelligenti imparziali un carattere di grandezza, una melodia piena di nobiltà, e una feconda varietà d’inflessioni. Vi ha egli infatti cosa più sublime del canto solenne del Prefazio e del Te Deum? Che di più commovente delle lamentazioni di Geremia, e più giulivo degl’inni di Pasqua? Ove trovare concenti più maestosi del Lauda Sion, o più terribili del Dies iræ? L’uffizio de’ morti è un capo d’opera, e pare di udire il sordo eco delle tombe. Nell’uffizio della settimana santa è notevole la Passione di san Matteo; il recitativo dello Storico, le grida della popolazione Giudaica, la nobiltà delle risposte di Gesù formano un dramma patetico. Pergolesi ha dispiegato bensì nello Stabat Mater la ricchezza dell’ingegno e dell’arte, ma ha egli forse perciò superato il semplice canto della Chiesa? Il carattere essenziale della tristezza consiste nella ripetizione del medesimo sentimento, e per così dire nella monotonia del dolore; e ciò non ostante esso ha variato la musica ad ogni versetto. Diverse cause possono eccitare le lacrime, ma le lacrime hanno sempre un’eguale amarezza; d’altra parte poi raramente si piange ad un tempo stesso per una moltitudine di mali, poiché quando le ferite sono molteplici sempre ve ne ha una più acerba delle altre che finisce per assorbire le minori. Quella uniforme melodia ad ogni strofa, non ostante la varietà delle parole, imita perfettamente la natura; l’uomo, che soffre, fa vagare i propri pensieri sopra diverse immagini, mentre il fondo delle sue afflizioni rimane lo stesso. – Pergolesi ha dunque disconosciuto questa verità, fondata sopra la teoria delle passioni, allorquando non ha voluto che un sospiro dell’anima rassomigliasse ad un altro sospiro che l’aveva preceduto. Egli ha obliato che dovunque è varietà ivi è distrazione, e dovunque è distrazione ivi non è tristezza [Genio del Cristianesimo, t II, c. 11]. – Che diremo dei salmi? La maggior parte sono sublimi per gravità; specialmente il “Dixit Dominus Domino meo”, il “Confitebor tibi”, e il “Laudate pueri”. L’ “In exitu” racchiude un misto indefinibile di gioia e di tristezza, di melanconia e di speranza; il “Kyrie eleison”, il “Gloria in excelsis” e il “Credo” delle Solennità sublimano lo spirito; il “Veni Creator” esprime in guisa ammirabile le ardenti suppliche d’un cuore che brama di venire esaudito. – Qual meraviglia dopo di ciò se il nostro canto sacro fa sì vive impressioni sopra uomini che hanno orecchio e cuore? – « Io non poteva saziarmi, o mio Dio, esclama sant’Agostino, di ammirare la profondità de’ vostri disegni in tutto quello che avete operato per la salute degli uomini, sicché la contemplazione di tante meraviglie riempiva il mio cuore d’inenarrabile dolcezza. Oh! qual pianto mi ha fatto spargere la melodia degli inni e de’ salmi che si cantavano nella vostra Chiesa! e quanto era io vivamente commosso all’udire risuonare nella bocca dei fedeli le vostre lodi! A misura che quelle parole tutte divine colpivano le mie orecchie, le verità da loro espresse s’insinuavano nel mio cuore, e l’ardore dei sentimenti di devozione ch’esse vi eccitavano faceva scorrere dai miei occhi un torrente di lacrime, ma di lacrime deliziose, che formavano allora il maggior piacere della mia vita » [Conf. Lib. 6]. – E per citare un uomo ben diverso da Agostino, è noto come più volte sia stato veduto Gian-Giacomo Rousseau assistere al Vespro in san Sulpizio, per provarvi quel divino entusiasmo da cui un’anima sensibile non può difendersi, quando ella prenda parte con qualche raccoglimento alle ecclesiastiche melodie, che, unite all’accordo di un popolo immenso, e alla maestà dei riti sacri, assumeva in quel superbo tempio un carattere capace di elevare l’anima fino al cielo, e di ammollire il cuore anche di uno scettico. Il semplice recitativo delle nostre preghiere, faceva su quell’uomo una tale impressione, ch’ei non poteva udirlo, senza sentirsi commosso fino alle lacrime. – « Un giorno, scrive Bernardino di Saint- Pierre, essendo io andato a passeggio con Rousseau al Monte-Valeriano, giunti alla sommità formammo il progetto di chieder da pranzo agli eremiti che vi dimoravano. Erano pochi istanti prima che si ponessero a tavola, e secondo il consueto stavano tuttora in chiesa; sicché Gian-Giacomo Rousseau mi propose d’entrare e di farvi noi pure le nostre orazioni, mentre gli eremiti recitavano le litanie della Provvidenza che sono bellissime. Fatta la nostra preghiera in una cappelletta, e quando gli eremiti si furono avviati al refettorio, Gian-Giacomo mi disse con emozione: Ora io sento tutta la verità di quel concetto del Vangelo: «Quando parecchi di voi saranno adunati in mio nome Io sarò in mezzo a loro ». In questo luogo si respira un sentimento di pace e di felicità, che penetra tutta l’anima 2 » [Etudes de la Nature, t. III, p. 508].

Preghiera.

O mio Dio, che siete tutto amore, io ringrazio di avere stabilito tanti mezzi di parlarmi al cuore; non permettete che io rimanga insensibile alla vostra voce. Mi propongo di amar Dio sopra tutte le cose, e il prossimo, come me stesso, per amor di Dio, e in prova di questo amore, io canterò col cuore e colle labbra le lodi di Dio.

 

Il gran mezzo della preghiera: Salutazione angelica, Angelus – Salve Regina – Regina cæli – Litanie

Il gran mezzo della preghiera

Salutazione angelica – Angelus – Salve Regina – Regina cæli – Litanie

[J.-J. Gaume: Catechismo di perseveranza, vol. II – VI ed. – Torino 1881]

Dopo l’Orazione Dominicale, la più bella di tutte le preghiere particolari è l’Angelica Salutazione. L’ha composta infatti Iddio stesso, benché non ce l’abbia insegnata per bocca sua, ma per bocca dell’Arcangelo Gabriele, di Santa Elisabetta e della Chiesa, tutti e tre governati dallo Spirito Santo. [Bellarm., Dottr. crist. 95.]. Egli è uso universale della Chiesa recitarla dopo il Pater Noster, ed eccone la ragione. Una persona che solleciti qualche grazia dalla Corte, comincia dal presentare allo stesso Principe la sua supplica, poscia rivolgesi a quello fra i cortigiani cui egli crede più benvisto al Monarca, e lo scongiura ad avere a cuore la domanda inoltrata, onde venga conforme al suo desiderio soddisfatta. Simile all’esposto è pure il nostro procedimento. Supplicato il Re del Cielo e Padre nostro, noi preghiamo la Regina del Cielo sua e nostra Madre perché parli per noi e ci aiuti colla potente sua raccomandazione ad ottenere quello che abbiamo domandato [“Opus est mediatore ad mediatorem Christum, nec alter nobis utilior quam Maria”. S. BERNARD., Serm. ultin. de Assumpt]. – Ed ecco altresì la ragione per cui ora ci accingiamo a spiegare l’Ave Maria. – Siccome il Pater Noster, dividesi l’Ave Maria in tre parti, od anche in quattro, se vogliasi tener conto della conclusione, la quale del rimanente è la stessa che nell’Orazione Dominicale. La prima parte consta delle parole dette dall’Arcangelo Gabriele alla Santa Vergine: Dio ti salvi, Maria, piena di grazia, il Signore è teco, tu sei benedetta fra tutte le donne. La seconda comprende le parole di S. Elisabetta: E benedetto il frutto del ventre tuo. La terza: Maria, Madre di Dio, ecc. è stata composta dalla Chiesa. – Parte prima: Io ti saluto. Giusta la cronologia più comunemente abbracciata, nell’anno del mondo 4004, il giorno 25 del mese di marzo, che cadeva in venerdì, l’Arcangelo Gabriele, tutto splendente di luce, discese dal Cielo quale inviato della SS. Trinità ad una verginella della stirpe reale di David, che abitava una piccola casa di una piccola città della Galilea, chiamata Nazareth, e le disse: Io ti saluto. Queste parole esprimono ad uno stesso tempo la dimestichezza, il rispetto, la felicitazione. – La dimestichezza: allorquando le ripetiamo alla Santa Vergine, noi dimostriamo che, come l’Arcangelo Gabriele, Le siamo famigliari ed amici, la qual cosa ne dà ardire di venirLe a parlare. Il rispetto: salutando Maria, riconosciamo nella sua Persona la più santa, la più sublime, la più possente di tutte le creature. La felicitazione: queste parole io ti saluto significano: rallegrati e godi; dopo quella di Dio niuna beatitudine può paragonarsi alla tua. Che sia accetto in sommo grado alla Santa Vergine di udirci ripetere spesso queste parole, è cosa fuor d’ogni dubbio. Difatti, come supporre ch’Ella non ascolti con piacere quel saluto che le ricorda l’istante più fortunato, più solenne, più glorioso di sua vita, e la sua incomparabile dignità di Madre di Dio; prerogativa che sola comprende e sopravanza qualunque titolo o prerogativa attribuir si possa a qualsiasi creatura? Come non deve Ella rallegrarsi vedendoci occupati nel pensiero della sua gloria in riconoscenza dell’immenso benefizio dell’Incarnazione? Queste due attestazioni si rinnovano per parte nostra tutte le volte che degnamente pronunziamo le parole io ti saluto, le quali ci rendono graditi al materno suo cuore. Con questo saluto noi attestiamo alla Santa Vergine l’affetto che Le portiamo, la gratitudine da cui siamo compresi pei benefizi che ne abbiamo ricevuti, e risvegliamo nel suo cuore il gaudio che le recò già l’Angelo, quando le indirizzò Le stesse parole. Ecco perché nei primi secoli della Chiesa i Cristiani non hanno giammai cessato di far risuonare come armonioso concerto alle orecchie della Santa Vergine l’Angelica Salutazione. Ne abbiamo la prova nei nostri più antichi monumenti, come sono le liturgie di San Giacomo e di San Giovanni Crisostomo.

Maria. — L’Arcangelo non profferì questo nome augusto, ma si contentò di dire: Io ti saluto, piena di grazia. Perché ciò? 1° Perché 1’Angelo trovandosi solo colla Santa Vergine, non era punto necessario eh’ ei la chiamasse per nome, per farle intendere che il suo discorso era ad Essa rivolto; 2° perché il nome di quelle persone che si distinguono per qualche prerogativa eminente è chiarito abbastanza dall’indicazione della prerogativa stessa. Così, per esempio, se dicasi il Saggio, ognuno intende Salomone; pronunziando, l’Oratore Romano, il pensiero corre a Cicerone. Egualmente quando l’Angelo disse: «Io ti saluto, piena di grazia » dimostrava aperto, che non poteva riferirsi ad altri che a Lei sola; 3° perché quando parlasi apersone di altissima dignità comunemente non si adopera il loro nome proprio: così parlando ai Principi della Chiesa, ai Re della terra, al Sommo Pontefice, noi diciamo: Eminentissimo, Sire, Santità, senza aggiungere il nome proprio di questi alti personaggi. Fu la Chiesa che pose nella Salutazione Angelica il nome di Maria, per ricordarci bene a Chi noi parliamo, e risvegliare nel nostro cuore gl’ineffabili sentimenti che ridesta per se stesso quel nome benedetto.

Maria è vocabolo ebraico che significa signora, padrona, illuminatrice; e nel doppio significato questo nome si conviene mirabilmente alla Santa Vergine. Ella è signora, poiché Iddio l’ha stabilita regina e padrona di tutte le creature, e Le ha conferito sovra se stesso un impero senza limiti; è illuminatrice, avendoci dato il Salvatore, Sole di giustizia e Luce del mondo. Da ciò nasce il profondo rispetto e la viva confidenza, che la Chiesa cattolica ha in ogni tempo dimostrato al nome di Maria; quindi nelle preghiere pubbliche essa ingiunge a’ suoi Ministri di non pronunziarlo giammai, senza inclinare il capo in segno di venerazione; quindi la religiosa Polonia non permise pel corso di quattrocent’anni che alcuna delle sue donne lo assumesse nel battesimo; quindi il glorioso martire San Gerardo, vescovo di Candia, insegnò agli Ungheresi a pronunziare raramente il nome di Maria, ma a chiamarla piuttosto Nostra Signora; e quando l’avessero pronunziato, ovvero inteso pronunziare, a scoprirsi il capo, e piegare il ginocchio. Noi attesteremo la nostra venerazione per questo nome glorioso non pronunziandolo giammai con sbadataggine, e conservandolo o portandolo con sé, scritto, dipinto od inciso, quale obbietto religioso e come un ricordo, un preservante. Ad imitazione della Chiesa dobbiamo noi pure invocarlo con piena fiducia nei pericoli, nelle infermità, nelle tentazioni, nei travagli, e nel punto specialmente della nostra morte; imperocché, scrive un Santo, l’augusto nome di Maria è segno di vita, fonte di gioie, miniera di grazie [S. BERNARD., Serm. 2, sup. miss. — [“Quemadmodum continua respiratio non solum est signum vitæ, sed etiam causa; sic sanctissimum Mariæ nomen, quod in Dei servorum ore assidue versatur, simul argumentum est, quod vera vita vivant, simul etiam hanc vitam ipsam efficit et conservat, omnemque eis lætitiam et opem ad omnia impertitur” – S. GERM. Episcop. Constanolinop. In Orat. de Deip. Virg.]. Piena di grazia. — Queste parole cominciano a spiegare il profondo rispetto dell’Arcangelo verso Maria, e palesano la precipua dote della Vergine augusta. Maria è piena di grazia, vale a dire, ch’ella sola ha ricevuto più grazie che non tutti insieme gli uomini e gli Angeli. Iddio infatti proporziona sempre i mezzi al fine che vuol conseguire. Ora avendo scelto la Santa Vergine per sublimarla alla dignità di Madre di Dio, che è la maggiore di cui una pura creatura possa essere insignita, Ei l’ha ancora dotata d’una pienezza di grazia proporzionata a questa suprema dignità. Ma qual è il senso preciso di queste parole piena di grazia? E a sapersi che la grazia di Dio produce tre grandi effetti nell’anima: cancella i peccati che sono come macchie, le quali imbrattano l’anima; adorna la stess’anima di doni e di virtù; e finalmente le dà forza di fare opere meritorie e grate alla Divina Maestà. – La Madonna è piena di grazia, perché quanto al primo effetto, Ella non ha mai avuto macchia di peccato alcuno, né originale, né attuale, né mortale, né veniale. – Quanto al secondo ha avuto tutte le virtù e i doni dello Spirito Santo in altissimo grado. Rispetto al terzo, ha compiuto opere tanto grate a Dio e tanto meritorie, che è stata degna di salire sopra tutti i Cori degli Angeli in corpo ed anima [Bellar., Dottr. Crist. 97].

Il Signore è teco. — Queste parole esprimono la seconda prerogativa della Santa Vergine e un’altra lode singolare che noi Le tributiamo. Pel nome Signore qui adoperato intendesi in generale la Santa Trinità, e in particolare la seconda Persona. Laonde le parole dell’Arcangelo suonavano per Maria, come se le dicesse: « La Santa Trinità è con Te dal primo istante della tua concezione con perpetua assistenza. onde preservarti da ogni macchia, da ogni imperfezione, per dirigerti in tutte le tue vie, proteggerti, colmarti delle grazie più eccellenti; in una parola, per custodire Essa stessa un sì prezioso tesoro. Né solo la Santa Trinità è stata Teco fino a questo punto con una provvidenza speciale; fin da questo momento Essa è con Te in un modo ben altrimenti singolare. Il Padre ti copre colla sua ombra, lo Spirito Santo in Te sopravviene, il Figlio discende nel castissimo tuo seno, di modo che non è solo con Te per grazia, ma in persona [“Dominus (Filius) tecum non tantum gratia, sed etiam natura ex te factus homo; non tantum consensione voluntatis, sed etiam coniunctio carnis.” – S. BER., Serm.5, sup. miss. — S . CHRY – S Chrys. Serm. 143]. Quindi il Padre è con Te innalzandoti alla dignità di Madre del suo proprio Figlio; il Figlio è con Te lasciando intatta la tua verginità prima del parto, durante il parto, e dopo il parto; lo Spirito Santo è con Te santificandoti il corpo e l’anima con incomparabile santificazione. In una parola, la Santa Trinità è con Te come nel suo vivo tempio; il Padre è in Te come in sua figlia; il Figlio come in sua madre; lo Spirito Santo come in sua sposa. Ma ciò non è tutto: Il Signore, il Verbo divino sarà con Te: vivrà nove mesi nelle tue viscere verginali; si trastullerà sui tuoi ginocchi, ti prodigherà le sue divine carezze; pel corso di trent’anni non Ti abbandonerà giammai; come figlio obbediente Ti renderà tutti i servigi che Gli chiederai; nella quotidiana conversazione t’istruirà, ti consolerà, ti colmerà d’incessanti grazie. Durante la sua vita pubblica, del pari che nella sua vita privata, non si separerà da Te; sarà con Te alle nozze di Cana per compiacere i tuoi desideri; persino sul Calvario ti darà un’ultima testimonianza di tenerezza confidandoti alle cure del prediletto fra suoi discepoli. Dopo la sua Risurrezione verrà a visitarTi per la prima; dopo la sua Ascensione t’inonderà dei doni dello Spirito Santo, di guisa che Tu sola ne andrai più colma che non tutti insieme gli Apostoli ed i Santi. Allorché sarai sul punto di abbandonare la terra, scenderà al tuo fianco e Ti accoglierà fra le proprie braccia onde condurti trionfante in corpo ed anima nel soggiorno della sua gloria, e Ti collocherà alla sua destra per tutta l’eternità: Io Ti saluto, o piena di grazia, il Signore è con Te ». Tu sei benedetta fra tutte le donne. — Ecco la terza incomparabile dote di Maria, e il terzo singolarissimo omaggio che noi Le rendiamo. Facendo eco alle parole dell’Arcangelo noi confessiamo che nessuna donna ha ricevuto, né riceverà giammai maggior copia di benedizioni singolari quanto la Vergine Maria. Ella difatti, per unico privilegio, riunisce nella propria persona le benedizioni tutte della Vergine e della Madre; grazia, che non ebbe mai né potrà avere esempio; e che a Lei sola conferisce il diritto di esser chiamata Benedetta fra tutte le altre donne. Benedizioni della Vergine sono la purità continua e senza macchia del corpo e dell’anima; stato sublime che presso tutti i popoli anche pagani ha meritato alle vergini i più grandi onori, e un rispetto religioso; che continua a meritar loro eguali favori in seno alle nazioni cristiane; e che nelle pompe della Corte celeste merita loro la gloria esclusiva di seguire l’Agnello immacolato negli eterni suoi trionfi. Maria sola ha goduto, gode tuttora, e godrà in perpetuo infinitamente più ch’ogni altra vergine queste benedizioni della verginità. – Le benedizioni della Madre sono la fecondità e la perfezione di cuore de’propri figli. Maria ha partorito un Figliuolo che solo vale infinitamente più che non tutti i nati e nascituri. Si può dire ancora che ella è Madre di più gran numero di figli che non il suo padre Abramo, la cui posterità sopravanza il numero delle stelle del firmamento; imperocché tutti i buoni Cristiani sono fratelli di Nostro Signore, e per conseguenza figli di Maria, non per ragion di natura, siccome il Salvatore medesimo, ma per amor di Madre, per grazia, per eredità. Di più, siccome la verginità di Maria eccede in perfezione quella di tutte le vergini, così pure la sua maternità sorpassa in gloria quella di tutte le madri. Tutte le donne partoriscono nei dolori; Maria sola andò immune da questa legge. Perciò a giusto titolo noi la salutiamo Benedetta fra tutte le donne, perché le altre hanno la gloria della verginità senza la fecondità, o la benedizione della fecondità senza la verginità, laddove Maria sola accoppia il privilegio di perfetta verginità e di fecondità perfetta.

Seconda parte: Benedetto il frutto del tuo ventre, Gesù. Queste parole racchiudono la seconda parte dell’Angelica Salutazione, ispirata dallo Spirito Santo a S. Elisabetta [Luc. I]; ed esprimono in pari tempo il quarto privilegio di Maria, e la quarta lode che noi Le tributiamo. Noi abbiamo superiormente lodato la Vergine, per ciò ch’Ella è in se stessa; qui ci congratuliamo per ciò che Ella è a motivo del Figlio suo, frutto delle caste sue viscere. E sebbene al primo aspetto questa lode sembri rivolta al Figlio, non ostante essa ridonda direttamente alla Madre, come la lode del frutto ridonda all’albero che lo porta, e la gloria del Figlio si riflette sulla Madre. Ora, Nostro Signore essendo vero uomo e vero Dio, è benedetto non solo fra tutti gli uomini, ma ancora, come dice S. Paolo, sopra tutto ciò che esiste in Cielo e sulla terra [Rom. IX]. Egli è benedetto; vale a dire, che è la sorgente stessa di tutti i beni che possiede per natura, e diffonde su tutte le creature; e così pure la Santa Vergine, Madre sua, non solamente è benedetta fra tutte le donne, ma benedetta fra tutte le creature tanto nel Cielo quanto sulla terra: e ciò, come abbiamo detto, perché la gloria del Figlio riflettesi sulla Madre.Il Signor Nostro è designato sotto il misterioso nome di frutto, onde palesare primieramente eh’esso è stato formato della sostanza medesima di Maria, e inoltre unicamente per opera soprannaturale dello Spirito Santo; e per mostrare da ultimo ch’Egli è nato senza lesione della santa Madre, come il frutto nasce e matura senza ledere l’albero che lo porta.

Gesù. — Santa Elisabetta tacque questo nome divino indirizzandosi alla cugina, e ciò a un di presso per le stesse ragioni che spiegano il silenzio dell’Angelo intorno al nome di Maria. Fu la Chiesa che aggiunse poi il nome di Gesù all’Angelica Salutazione, onde apertamente indicare ch’egli era il frutto benedetto delle caste viscere dell’augusta Vergine, e stimolarci per questo appunto a celebrare piamente il seno di Maria, degno dell’eterne lodi del Cielo e della terra. La Chiesa in far ciò ha perfettamente interpretato l’intenzione del Salvatore medesimo, il cui desiderio è di vedere esaltato e benedetto il seno della divina sua Madre, che durante nove mesi servi a Lui di ricettacolo. Laonde allorché una donna, dopo di aver udito gli ammirabili discorsi dell’Uomo-Dio, gridò di mezzo alla folla: Benedetto il seno che ti ha portato! Il Signor Nostro approvò cotale elogio, e lo confermò col dire: Sì, benedetto; ma più ancora benedetta la Madre mia, che ascoltò le parole di Dio! Dopo molti secoli la Chiesa cattolica, ad esempio di questa femmina dell’Evangelo, innalza ogni giorno a Maria questa medesima formula di encomio.

Terza parte: Santa Maria, Madre di Dio, prega, ecc. —Noi siamo giunti alla terza parte dell’Angelica Salutazione composta dalla Chiesa. Gli elementi di questa preghiera risalgono fino alla culla del Cristianesimo. Perciò i Sirii, che dagli Apostoli stessi e probabilmente da S. Pietro impararono l’Ave Maria, non la finiscono mai senza implorare il patrocinio della Vergine dicendo: Salve, o Maria, piena di grazia! Il Signor Nostro è teco; tu sei benedetta fra le donne, e benedetto è il frutto del tuo seno, Gesù. Santa Maria, Madre di Dio, prega per noi, per noi, dico, che siamo peccatori: Così sia. Per quanto concerne la formula attuale, il Cardinal Baronio, fondandosi nella tradizione, la fa risalire all’anno 431, dopo il Concilio di Efeso, epoca nella quale uscì per acclamazione dalla bocca di tutti i Fedeli, come risarcimento dell’oltraggio fatto alla loro Madre da Nestorio, e come solenne monumento della vittoria di Maria contro quell’ eresiarca In questa parte della Salutazione si trovano compendiate le principali glorie di Maria, le quali si riepilogano esse pure dall’ ineffabile privilegio della Maternità divina; e insieme noi le esprimiamo la nostra confidenza filiale nel suo aiuto e lo stringente bisogno che abbiamo del suo patrocinio. Santa Maria! Oh! sì, santa di tale santità che niuna creatura può a gran pezza raggiungerla; santa nella sua concezione, nella nascita, prima di nascere; santa nella vita e nella morte; santa d’anima e di corpo, senz’ombra di macchia o di sozzura: tutta bella d’animo e di corpo; di una bellezza superiore a quella degli Angeli e degli uomini, e solo inferiore a quella di Dio.

Madre di Dio. — Oh! quanto son proprio queste due parole a rallegrare il cuor di Maria! quanto opportune a muoverla per noi a compassione, e ad ispirarci per essa fiducia senza limiti! Madre di Dio, sei dunque la più gloriosa, la più felice delle creature! Madre di Dio, Tu sei dunque onnipossente! potrebbe forse una Madre ricevere un rifiuto da un Figlio come il tuo? Madre di Dio, Tu sei dunque pietosa verso i peccatori; questi infelici che t’implorano sono teneramente amati dal tuo Figlio; son prezzo del sangue suo, sono suoi fratelli, e debbono essere suoi coeredi. Potresti forse non amarci, Tu che ami sì ardentemente il tuo Figlio, mentre la nostra salute è il primo de’ suoi desideri; potresti negarci il tuo soccorso per ottenerla?

Prega. — Ripetuta la principale lode della Vergine, chiamandola Madre di Dio, noi ce ne serviamo per dirle: 1° quanto Ella può sul cuore di Dio, e quanto le è facile perciò d’intercedere per noi peccatori. A Lei basta uno sguardo, un cenno, una parola, la più semplice preghiera. E perché ciò? Perché la preghiera della migliore e più diletta fra tutte le madri sull’ animo del migliore ed onnipotente Figlio è sempre un comando. Così spiegansi tutti i Padri, tutti i Dottori; tutti i secoli cristiani, che non sapendo in qual altro modo definire l’unione dell’ inferiorità connaturale ad una creatura coll’onnipotenza di cui Maria è dotata per grazia, chiamano la Santa Vergine l’onnipotenza supplichevole [Omnipotentia supplex]. – In secondo luogo noi le ricordiamo la sua bontà; una madre è tutta Cuore. Ora il Cuore della Vergine, sempre in armonia perfetta con quello di Gesù, ama tutto quello ch’Egli ama, ama molto tutto ciò che molto ha amato Gesù, e per conseguenza gli uomini creati a sua immagine e somiglianza, gli uomini da Lui nominati suoi fratelli, e coi quali Ei realmente ha stretto i vincoli indissolubili di parentela, assumendo la nostra natura nel puro seno di Maria.

Per noi. — Con ciò intendonsi tutti gli uomini e principalmente i Cristiani; poiché tutti hanno bisogno del patrocinio della Vergine, ed essa è avvocata di tutti..

Poveri peccatori. — Fra tutti gli uomini, coloro che in certa guisa più sono stati amati dal Salvatore sono i peccatori, atteso ché per essi Egli si fece carne: « il Figlio dell’Uomo, parla Egli stesso, non venne pei giusti, ma bensì pei peccatori; è venuto per salvare tutto ciò che era perito: non i sani, ma gl’infermi abbisognano di medico ». Ei fu con essi famigliare persino a farsi chiamare dai suoi nemici l’amico dei pubblicani e dei peccatori; a loro specialmente Egli indirizzò quest’invito: « Venite a me, o voi tutti? che gemete sotto il peso degli affanni ed io vi allieverò”.- Fu per questo ch’Ei narrò nel suo Evangelo le affettuose parabole della dramma perduta e del figliuol prodigo. Per le quali ragioni tutti noi siamo certi di commuovere il Cuore della Vergine, dicendo , a Lei rivolti : Pregate per noi, poveri peccatori.

Poveri peccatori; oh! sì, ben poveri; perché il peccato ne tolse tutti i beni, e ne gettò nudi e semispenti sotto i piedidel demonio. Questa confessione della nostra infelicità ha forza per se sola ad impietosire il cuore di Maria; ma coll’aggiungere la parola peccatori, vale a dire, col confessare che questa nudità, queste ferite, questo stato lacrimevole nel quale ci troviamo è per nostra colpa, per nostra propria e somma colpa, noi mostriamo in tutta la sua pienezza la nostra miseria, ed usiamo il vero mezzo d’intenerire infallibilmente le viscere della Madre di misericordia. Le rammentiamo che se Ella è la Regina di misericordia, noi siamo i primi de’ suoi sudditi. Ed Essa lo conosce sì bene, che San Bernardo giunse a dire: « Io acconsento che niuno parli più di Te, o Maria, se mi si cita un sol uomo, che ne’ suoi bisogni t’abbia inutilmente invocata ». [“Sileat misericordiam tuam, Virgo beata, si quis est qui invocatami te in necessitatibus suis sibi meminerit defuisse.” Serm. De Nativ. B. Mar., Memorare, o piissima, etc.]

Adesso. — Questo vocabolo significa tutto il tempo della vita presente, della quale non possediamo né la vigilia, né l’indomani, ma il solo istante presente. Si osservi con qual cura Iddio ci ricorda nelle due più belle preghiere, l’Orazione Dominicale e la Salutazione Angelica, la brevità del tempo e la fragilità della vita.

Adesso, ci richiama ancora al pensiero qua è il nostro stato sulla terra, stato di lotta continua, tantoché ogni giorno, ogni ora noi abbisogniamo di soccorso, non essendovi un solo istante in cui ci troviamo senza pericoli.

E nell’ ora della nostra morie. — L’ora la più pericolosa e decisiva, quella perciò in cui maggiormente abbisogniamo di aiuti, è l’ora della morte. Essa è la più pericolosa; poiché allora il demonio, veggendo che pochi istanti gli rimangono ancora per tentarci, raddoppia di furore e d’astuzia per farci cadere nel peccato; la più pericolosa, dacché il passato, il presente, l’avvenire, i dolori della malattia, tutto cospira a gettarci nell’abbattimento, nell’impazienza, nella disperazione, mentre dall’altra parte l’indebolimento delle forze non lascia energia per resistere, o ci rende insensibili al nostro stato, e spesso ancora le persone, che ne circondano, con crudele pietà si sforzano per quanto è in loro a mantenerci in fatali illusioni. Quell’ora è la più decisiva, perché dall’ora della morte dipende tutta l’eternità: l’albero resterà da quella banda in cui sarà caduto. Ora la Santa Vergine è onnipossente per fortificare l’infermo, consolarlo, difenderlo, risvegliare nel suo cuore sensi di pentimento, di fiducia, di perfetta conformità ai voleri di Dio; a dir breve, per ottenere a tutti quelli che, a guisa di S. Giuseppe vissero in sua compagnia, la grazia di morire com’esso fra le sue braccia materne e fra quelle del divino suo Figlio.

Amen. — Avvenga come abbiamo chiesto. Oh! che quest’Amen è sapientemente posto nella fine dell’Angelica Salutazione, ben intesa e ben recitata! Spiegando l’Orazione Dominicale e la Salutazione Angelica, noi abbiamo fatto conoscere le due più perfette e più venerabili di tutte le preghiere particolari. Per compiere questa importante lezione non ci rimane che ad indicare certe altre preghiere degne esse pure di tutto il rispetto, vuoi per la loro intrinseca beltà, vuoi per l’antichità, vuoi finalmente per l’uso generale che ne fanno i fedeli da molti secoli in tutto il mondo cristiano. – La prima, la quale in certa guisa ha radice nelle due precedenti, è:

l’Angelus.

Tre volte al giorno: la mattina, al mezzo giorno, alla sera, il sacro bronzo fa udire un suono religioso, e i devoti Cristiani tre volte al giorno salutano l’augusta Madre loro, Maria. – Quest’uso, ora generale in tutta la Chiesa, risale ad un’alta antichità. Nel 1262, San Bonaventura prescrisse ai Religiosi dell’Ordine di S. Francesco, de’ quali egli era generale, di recitare ogni sera, al suono della campana, tre Ave Maria per onorare il mistero dell’Incarnazione. La Diocesi di Saintes fu la prima in Francia ad accogliere tal uso, che da Giovanni XXII, con sua Bolla 13 ottobre 1318, fu approvato ed incoraggiato con indulgenze. Nel i 1724 Benedetto XIII concesse cento giorni d’indulgenza ogni volta, e indulgenza plenaria una volta al mese a tutti quelli che reciteranno l’Angelus nella sua formula attuale. Per meritare l’indulgenza è mestieri recitare questa preghiera inginocchio, anche il sabato a mezzogiorno. Per rito comune, la domenica è eccettuata da questa regola, e durante il tempo pasquale l’Angelus è surrogato dalla Regina Coeli. La triplice ripetizione di questa preghiera ci fa intendere il bisogno in cui siamo di ricorrere frequentemente a Dio ed ai Santi, circondati come ci troviamo da nemici visibili ed invisibili; e ne insegna eziandio di non contentarci di usar 1’arme della preghiera nel principio delle nostre azioni, ma di adoperarla ben anco nel mezzo e nella fine. Nell’uso di suonare tre volte per giorno la campana, e di recitar pure tre volte l’Angelica Salutazione, racchiudasi un altro mistero. La santa Chiesa vuol rammentarci continuamente i tre grandi misteri della nostra Redenzione: l’Incarnazione, la Passione, la Risurrezione; quindi essa vuole che salutiamo la Santa Vergine al mattino in memoria della Risurrezione del Salvatore; a mezzo giorno in memoria della Passione; alla sera in memoria della Incarnazione. Difatti, siccome siamo certi che Nostro Signore fu messo in croce a mezzodì, e risuscitò alla mattina, così si crede che l’Incarnazione succedesse durante la notte. La seconda, è la

Salve Regina.

Il pio e dotto Hermann Contractus, conte di Veringen, morto nel 1054, è creduto autore della medesima. Questa preghiera favorita di S. Bernardo, è sì bella, sì affettuosa, si ben collocata nella bocca dei poveri figli di Eva, pellegrini nella Valle di lacrime, che è difficile recitarla senza sentirsi commuovere il cuore e senza intenerire altresì le viscere materne di Maria. [Vedi la spiegazione della SaJve Regina nell’Opera del CANISIO, De Virg. Mar. Deip., lib. V, 15; e S. ALFONSO, nelle Glorie di Maria.]. – Preziose indulgenze vanno annesse alla sua recitazione. – La terza sono le

Litanie della Santa Vergine,

dette ancora Litanie Loretane dal Santuario della Madonna in Loreto, nel cui recinto con gran pompa sono cantate tutti i sabati dell’anno. Queste litanie che ogni buon Cattolico sa a memoria e recita devotamente ogni giorno, sono generabilissime per la beltà delle domande che racchiudono; per gli encomi leggiadri ed amorosi che tributano alla Santa Vergine; per la devozione somma colla quale santi Pontefici, possenti Re, Dotti di tutti i paesi le hanno recitate ad onore di Maria, infine per la loro antichità. Tutto ne fa ritenere che risalgano ai tempi apostolici. Crediamo soltanto che la parola sancta,– La quarta, è la

Regina Coeli,

la quale fu cominciata dagli Angeli e compiuta dal Pontefice S. Gregorio Magno, o dal popolo di Roma, nel giorno di Pasqua, 25 aprile 590, epoca della terribile pestilenza che desolava la capitale del mondo cristiano e che cessò immantinente. Ottiensi la stessa indulgenza che per l’Angelus. -La quinta, le Litanie del santo nome di Gesù, nelle quali si rammentano al Signor Nostro i diversi suoi titoli d’Uomo-Dio, di Salvatore, di Modello. Sebbene posteriori in tempo alle Litanie della Santa Vergine, esse nondimeno sono bellissime, piissime, ed arricchite per ogni recitazione di trecento giorni d’indulgenza dal Pontefice Sisto V. – La sesta, le

Litanie dei Santi,

che formano come un lungo sospiro della Chiesa militante verso la sua sorella, la Chiesa trionfante. Nulla è più solenne o più affettuoso di questa invocazione di tutti gli ordini dei Beati, dei quali s’implora la possente intercessione, rappresentando loro la lunga sequela delle miserie corporali e spirituali, pubbliche e private da cui sono circondati i miseri esiliali nella valle del pianto. L’origine di questa sublime preghiera si perde nella notte dei tempi; e se ne trova la traccia nei secoli de’Martiri. Tali sono le principali formule di preghiere il cui uso è più generale ed antico nella Chiesa. I fedeli opereranno santamente preferendole ad ogni altra orazione, siccome mezzo il più degno e il più efficace di orare.

Preghiera.

O mio Dio , che siete lo stesso amore, vi ringrazio che abbiate inspirato alla vostra Chiesa tante preghiere, cosi potenti sul vostro Cuore; fatemi la grazia di poterle recitare col fervore dei Santi, che mi hanno preceduto e dovranno seguirmi. Mi propongo di amar Dio sopra tutte le cose e il prossimo come me stesso per amor di Dio, e in prova di questo amore, non mancherò giammai di raccogliermi un istante prima di pregare.

APPARIZIONE DELLA VERGINE SS. DI LOURDES: 11 FEBBRAIO

Columba mea, in foraminibus petrae, in caverna maceriae, ostende mihi faciem tuam, sonet vox tua in auribus meis: vox enim tua dulcis, et facies tua decora.

[O mia colomba, che stai nelle fenditure della roccia, nei nascondigli dei dirupi, mostrami il tuo viso, fammi sentire la tua voce, perché la tua voce è soave, il tuo viso è leggiadro” – Cantico dei cantici, II-14].

 In un secolo tutto incredulità, in una nazione tutta ateismo, quale era la Francia nel secolo XIX, Maria si proclama Immacolata, ed inizia una serie di miracoli che sono la più eloquente apologia del soprannaturale. Il dogma dell’Immacolata Concezione di Maria SS. era stato proclamato da appena quattro anni, ma le discussioni in pro ed in contro continuavano tuttavia: Maria pone loro termine confermando l’infallibile proclama Pontificio. Le apparizioni avvennero ad un’umile pastorella, la giovine Bernardetta Soubirous, avverandosi anche in questo caso, quanto Gesù diceva pregando il Padre: — Ti ringrazio, o Padre, che hai nascoste queste cose ai prudenti e ai sapienti e le hai rivelate ai pargoli e agli umili. – Era l’alba dell’11 febbraio 1858 e Bernardetta usciva in prossimità della grotta di Massabielle, sulle sponde del torrente Gave. Su una rupe di questa grotta la Madonna le apparve biancovestita, col capo coperto di un velo scendente sulle spalle, i fianchi cinti d’una fascia azzurra, i piedi nudi, baciati da rose olezzanti, un volto celestiale. « Era la più bella fra tutte le donne ». – Nella prima apparizione la S. Madonna insegnò alla a fanciulla a far bene il segno di Croce e a recitare il Rosario, ed Ella stessa per prima, prese fra le mani la corona che aveva penzoloni al braccio e l’incominciò. – Il secondo giorno, Bernardetta, temendo uno scherzo del demonio, all’apparizione gettò acqua santa in direzione della Signora. Ma questa si mise a sorriderle conn volto ancor più benigno. – Il terzo giorno le ordinò di ritornare alla grotta altre quindici volte, dopo le quali si manifestò: « Io sono l’Immacolata Concezione ». – Intanto avvenivano anche miracoli e la fama delle apparizioni si estendeva per tutta la Francia ed anche all’estero destando un concorso straordinario di curiosi e devoti. – Per accertarsi che la Bernardetta non fosse una visionaria o malata di mente e che quindi le apparizioni fossero vere, vi ebbero più sopraluoghi e da parte dell’autorità ecclesiastica come di quella civile. – Medici periti visitarono la fanciulla e ne constatarono la più grande normalità fisica. Mentre in una apparizione era in estasi e in conversazione colla S. Madonna, le accostarono alle dita la fiamma d’una candela; ma essa non se ne risentì. – In breve tempo i numerosissimi devoti edificarono una Chiesa che fu dai Sommi Pontefici arricchita di titoli e privilegi. – L’acqua scaturita nell’interno della roccia miracolosamente, continua anche ai nostri giorni a essere attiva; in questa vengono immersi gli ammalati e molti vengono graziati. – Ogni anno dalla nostra Italia parte per Lourdes un treno speciale, con grandi riduzioni di prezzo, per il trasporto di ammalati e ogni anno ritorna con qualche miracolato.

PRATICA. — La fede è una condizione precipua per ottenere grazie non solo materiali, ma, e più, quelle spirituali.

PREGHIERA. — O Dio, che per l’Immacolata Concezione della Vergine, preparasti al tuo Figliuolo una degna abitazione, ti supplichiamo umilmente che, celebrando l’Apparizione della Vergine, conseguiamo la salute dell’anima e del corpo. Così sia.

Nell’apparizione di Maria SS. a Lourdes

[da: Manuale di Filotea di G. Riva, XXX ed. Milano 1988]

Nella grotta di Massabielle, che trovasi in cima alla montagna che sorge presso Lourdes (Diocesi di Tarbes in Francia negli alti Pirenei, il giorno 11 febbraio del 1838 comparve, circondata da straordinario splendore, e portante al suo braccio la corona del santo Rosario, una Matrona, ornata di celeste bellezza, che più tardi (23 marzo) dichiarò di essere nientemeno che l’Immacolata Concezione Questa gran Dama fissò benigno il suo sguardo su Bernardetta Soubirons, povera e infermiccia pastorella di 14 anni priva d’ogni coltura, ma pia, ingenua ed innocente come una bambina di pochi anni, la quale, a poca distanza dalle sue due compagne, stava raccogliendo legne secche per il domestico focolare. A una prima impressione di paura succedette ben tosto la confidenza, la gioia e il desiderio di rivedere la Signora che dopo un quarto d’ora spari, né ad altri mai si rese visibile fuori che alla povera Bernardetta, la quale per tutta preghiera recitava in ginocchio il suo Rosario. Alla terza visita della grotta la dama le promise di farla felice, non in questo mondo, ma nell’altro quand’ella le promettesse di ivi ritornare per 13 volte, il che ella fece a vari intervalli, appena n’ebbe il potere, In queste apparizioni Bernardetta si trasformava in persona tutta celeste, insensibile anche alla fiamma di una candela ardente fra le sue dita, con gran stupore di migliaia di persone accorse per la già sparsa notizia delle ripetute apparizioni, e più ancora perché la non mai vista fontana, sgorgata dal nudo sasso sotto gli occhi e le mani di Bernardetta il 24 febbraio, quinto giorno della quindicina, operava di continuo le più istantanee sanazioni d’ogni male più incurabile, fra le quali, dalla commissione a ciò istituita dal Vescovo di Tarbes, furono constatate come assolutamente innegabili, non meno di quindici fra le trenta prodigiose sanazioni ch’erano state proposte, Tutte le più indegne arti del secolo, cioè le vessazioni usate a Bernardetta dal Sindaco, dal Direttore di Polizia, dal Regio Pronatore di quel Comune, dal Prefetto di quel dipartimento, dal Ministro del culto a Parigi, congiurati insieme coi medici del luogo, e coi libertini giornali a sparger di ridicolo ed a condannare come finzioni il più innegabile prodigio, tornarono all’atto vane per impedire o smentire: 1.- le apparizioni che dall’11 febbraio al 16 luglio 1858, si ripeterono fino a 18 volte; 2.- l’erezione della domandata Cappella, che finì ad essere un tempio di più di 2 milioni di costo; 3.- le prodigiose guarigioni, che sempre più crebbero in numero, importanza e certezza, per cui l’acqua della fonte di Lourdes è ansiosamente cercata in ogni parte, e con speciale fiducia è da ogni genere di persone devotamente invocata la Immacolata Vergine colà apparsa, e di là diffondente i suoi miracoli in tutto il mondo. – Le meraviglie di questa Apparizione sono assai bene descritte dal signor Enrico Lasserre, uno dei beneficati dalla Madonna di Lourdes colla istantanea ricuperazione della vista quasi perduta. L’opera è intitolata: “Storia di Nostra Signora di Lourdes”.

ALLA MADONNA DI LOURDES ( 11 Febbraio).

I.- Immacolata Regina, che personalmente apparendo qual maestosa Matrona, nella grotta di Massabille sopra Lourdes, onoraste dei vostri benigni sguardi e della comunicazione dei vostri segreti la povera ed infermiccia Bernardetta Soubirons, quanto poco stimabile presso gli uomini per la sua deficienza d’ogni coltura, altrettanto accettissima a voi pel candore della sua innocenza e il fervore della sua devozione, ottenete a noi tutti la grazia che, mettendo sempre ogni nostra gloria nel renderci cari al Signore con una vita tutta conforme alla specialità dei nostri doveri, ci rendiamo al tempo stesso sempre meritevoli dei vostri più speciali favori. Ave.

II.- Immacolata Regina, che, esternando alla povera Bernardetta il vostro desiderio di venire onorata con nuovo tempio nel luogo stesso della vostra apparizione sopra le alture di Lourdes, le ingiungeste ancora di partecipare il vostro ordine ai preti siccome quelli che ne dovevano promuovere esecuzione, ottenete a noi tutti la grazia che, in quanto può riferirsi alle celesti comunicazioni, ci rimettiamo sempre al giudizio dei sacerdoti, essendo essi le guide che Dio medesimo ci ha assegnate per non mai mettere il piede in fallo in tutto ciò che riguarda così il vero culto di Dio, come il vero bene delle anime. Ave.

III.– Immacolata Regina, che, ad assicurar tutto il mondo così della realtà nella vostra apparizioni sopra le alture di Lourdes, come del desiderio da voi espresso di essere ivi onorata con nuovo tempio, faceste sgorgare sotto gli occhi di Bernardetta una sorgente affatto nuova di perenne abbondantissima acqua, quanto gustevole al labbro, altrettanto efficace al risanamento d’ogni più incurabile morbo, ottenete a noi tutti la grazia che, risanandosi per vostra intercessione ciò che è infermo, rinvigorendosi ciò che è sterile nel nostro spirito, apriamo nei nostri cuori quella mistica fonte di virtù e di opere buone, le cui acque salgono alla vita eterna per assicurarcene il felice possedimento. Ave.

IV.- Immacolata Regina, che faceste svanir come nebbia in faccia al sole tutte le armi impugnate dalle più maligne potenze del mondo e dell’inferno per infermare e sventare le vostre divine rivelazioni fatte nella grotta della vostra comparsa alla buona Bernardetta, ottenete a noi tutti la grazia che, lungi dallo sgomentarci per qualsivoglia contraddizione, tanto più spieghiamo di coraggio nel camminare sulle orme da Voi insegnateci, quanto più spiegheranno di forza i nostri spirituali nemici per farci declinare dal cammino retto che solo guida a salute. Ave.

V. Immacolata Regina, che vi degnaste assicurare la buona Bernardetta della eterna beatitudine nell’altra vita, quando ella vi promettesse di cuore di tornare per quindici volte al luogo della vostra apparizione sulle alture di Lourdes, come fece realmente col vostro aiuto, malgrado tutte le arti adoperate contro di lei per distornerla, ottenete a noi tutti la grazia che perseveriamo sempre fedeli nei buoni propositi da Voi suggeriti colle vostre santissime inspirazioni; o così ci assicuriamo quel premio che solo ai perseveranti nel bene è da Dio preparato. Ave.

VI. Immacolata Regina, che a sempre meglio inculcare a tutto il mondo la devozione del santo Rosario mostraste voi stessa di tenera carissima nelle vostre mani la misteriosa corona, e accompagnarne la recita che ne faceva la devota Bernardetta, ottenete a noi tutti la grazia che, facendoci sempre un dovere di praticare colle nostre famiglie una divozione così bella, ci conformiamo ancora costantemente ai divini insegnamenti che ci derivano così dalle santissime preghiere che vi si devono ripetere, come salutari misteri che vi si devono meditare. Ave.

VII. Immacolata Regina, che, a glorificare in modo degno di voi la vostra devotissima Bernardetta, la preservaste da ogni sgomento e da ogni anche minima perturbazione della propria inalterabile tranquillità fra i più insidiosi interrogatori, le più severe minacce e le più inique persecuzioni, la trasformaste in creatura affatto celeste nel tempo delle vostre apparizioni, e la rendeste, alla vista d’immenso popolo, affatto insensibile anche agli ardori di una fiamma su cui nell’estasi della propria preghiera teneva immote le mani, ottenete a noi tutti la grazia che in tutti i nostri pericoli e in tutte le nostre tribolazioni ci affidiamo fiduciosi al materno vostro patrocinio, siccome quello da cui solo possiamo prometterci la liberazione di ogni male e il conseguimento d’ogni bene. Ave.

VIII. Immacolata Regina, che, a soddisfare le pie domande ripetutamente indirizzatevi dalla vostra affezionatissima Bernardetta, ora le spiegaste il motivo del vostro insolito rattristamento, ripetendo nella parola Penitenza ciò che resta sempre da fare a chiunque coi proprii peccati ha meritato i divini castighi, ora colle grandi parole da voi proferite nel giorno stesso della vostra annunciazione: “Io sono la Immacolata Concezione”, le faceste conoscere con precisione la inarrivabilità della vostra eccellenza e la divinità del gran dogma poco prima proclamato dal Sommo Pontefice Pio Nono, vostro fedelissimo servo, quando vi dichiarò affatto esente dall’originale peccato, ottenete a noi tutti la grazia che ci facciamo sempre un dovere di placare colla debita penitenza la divina procata dai nostri falJi, e di sempre propiziarci la divina bontà colla più cordiale venerazione del vostro immacolato Concepimento, che è il più onorifico fra i vostri pregi, il più istruttivo fra i vostri misteri, e l’ossequio il quale è il più proprio a meritarci la vostra potentissima protezione. Ave.

IX. Immacolata Regina, che a perpetuar la memoria della vostra personale apparizione, per ben diciotto volte ripetuta alla buona Bernardetta sulle alture di Lourdes, e dei tanti miracoli operati in tutto il mondo dall’acqua prodigiosamente sgorgata ai vostri piedi, moveste i cuori più duri a concorrere insieme coi più pii alla costruzione di un nuovo tempio rappresentante nella propria magnificenza la nazione primogenita della Chiesa, che si fece poi una gloria di ivi invocare il vostro aiuto coi più devoti pellegrinaggi e colle più splendide testimonianze della propria fede, ottenete a noi tutti la grazia che spieghiamo sempre la più viva riconoscenza a tutti i vostri favori, e congiungendo allo zelo pel vostro culto la imitazione sempre fede, delle vostre celesti virtù, ci assicuriamo la tenerezza del vostro patrocinio in questa vita, e la partecipazione alla vostra gloria tra i Santi e gli Angeli nella eternità. Ave, Gloria.

ORAZIONE.

Deus qui, per Immaculatam Virginis Conceptionem, dignum Filio tuo habitaculum preparasti, qæsumus, ut qui ex morte ejusdem Filii tui prævisa, eam ab omni labe preservasti, nos quoque mundos, ejus intercessione, ad te pervenire concedas. Per eundem Dominum nostrum Jesum Christum, etc, – R). Amen.

NOVENA DI NATALE

Novena liturgica del Santo Natale

[ATTENZIONE, ATTENZIONE!

questa pagina è altamente SCONSIGLIATA ai NEMICI DEL PRESEPE, che avvisiamo pertanto subito consigliando loro: VADE RETRO sATANA!]

[La novena fu composta dal P. Antonio Vacchetta, prete della Missione della Provincia di Torino nel 1720, su ispirazione della Marchesa Mesmes di Marolles]

 presepe-1

Invitatorio e profezie

1. – Regem ventùrum Dominum, – venite adoremus. [Il coro ripete ad ogni antifona: Regem ventùrum, etc.] [1. Venite, adoriamo il Re che sta per venire ed è il Signore].

2. – Jucundàre, filia Sion, – et exùlta satis, filia Jerusalem. – * Ecce Dominus véniet, – et erit in die illa lux magna, – et stillabunt montes dulcedinem, – * et colles fluent lac et mel, – quia veniet Prophéta magnus,  et ipse renovàvit Jerusalem. [2. Gioisci, o Sion, ed esulta, o Gerusalemme! [Ecco: verrà il Signore e in quel giorno vi sarà una grande luce, i monti stilleranno dolcezza e dalle colline scorreranno latte e miele, perché verrà il grande Profeta ed Egli rinnoverà Gerusalemme].

3. – Ecce véniet Deus, – et Homo de domo David sedére in throno, * et vidébitis, – et gaudébit cor vestrum. [3. Ecco verrà Dio che dalla casa di Davide siede sul trono. Voi Lo vedrete e il vostro cuore ne gioirà].

4. Ecce véniet Dóminus, protéctor noster, Sanctus Israel, – coronam regni habens in càpite suo * et dominàbitur a mari usque ad mare, – et a flùmine usque ad términus orbis terràrum. [4. Ecco verrà il Signore, nostro protettore, il Santo d’Israele con la corona regale sul à capo e dominerà da un mare all’altro e dal fiume sino ai confini della terra].

5. Ecce apparébit Dóminus, et non mentiétur: * si moram fécerit, – exspécta eum, * quia véniet et non tardàbit. [5. Ecco apparirà il Signore e non ingannerà! Se tarda, aspettalo; perché verrà e non tarderà].

6. Descéndet Dóminus sicut plùvia in vellus, – oriétur in diébus éjus justitia – et abundàntia pacis, * et adoràbunt eum omnes Reges terra?, – omnes gentes sérvient ei. [6. Il Signore scenderà come pioggia sull’erba; ai giorni suoi fiorirà la giustizia e abbonderà la pace; tutti i re della terra Lo adoreranno* e tutte le genti Lo serviranno].

7. Nascétur nobis pàrvulus, et vocàbitur Deus fortis; * ipse sedébit super thronum David patris sui, – et imperàbit: * cujus potéstas super hùmerum éjus. [7. Ci nascerà un fanciullo e sarà chiamato Dio forte. Siederà sul trono del suo antenato Davide, e regnerà, e avrà su di sé ogni potere].

8. Béthlehem civitas Dei summi, – ex te éxiet Dominator Israel, * et egresses éjus sicut a principio diérum æternitatis, – et magnificàbitur in medio universæ terræ, – et pax erit in terra dum vénerit. [8. Betlemme, città del Dio altissimo, da te uscirà il Dominatore d’Israele, la cui origine risale all’eternità; sarà glorificato in tutto il mondo e quando verrà porterà la pace sulla nostra terra].

La Vigilia di Natale si aggiunge la seguente profezia:

Crastina die delébitur iniquitas terræ – et regnabit super nos Salvator mundi, [9. Domani sarà distrutta l’iniquità sulla terra e su noi regnerà il Salvatore del mondo].

.10 – Prope est iam Dominus – Coro: Venite adoremus.  [10. Il Signore è ormai vicino. R. Venite, adoriamo].

Læténtur cæli

Lætentur cæli, et exsultet terra: * iubilàte montes, laudem

làudem. Erumpant montes jucunditatem, * et colles justitiam.

Quia Dóminus noster veniet * et pàuperum suorum miserébitur.

Rorate, cæli, désuper, et nubes plùant iùstum: *operiatur terra, et gérminet Salvatórem.

Memento nostri, Dómine, * et visita nos in Salutari tuo. Salutari tuo.

Osténde nobis, Dòmine, misericórdiam tuam, * et salutare tuum da nobis.

Emitte Agnum, Dòmine, dominatórem terræ * de petra deserti ad montem filiæ Sion.

Veni ad liberàndum nos, Dòmine, Deus virtùtum, * osténde fàciem tuam, et salvi érimus.

Veni, Dòmine, visitare nos in pace, * ut Lætémur coram te corde perfécto.

Ut cognoscàmus, Dòmine, in terra viam tuam, * in òmnibus géntibus salutare tuum.

Excita, Dòmine, poténtiam tuam, et veni, * ut salvos fàcias nos.

Veni, Dòmine, et noli tardare, * relàxa facinora plebi tuæ.

Utinam dirùmperes cælos, et descénderes: * a fàcie tua montes deflùerent.

Veni, et osténde nobis faciem tuam, Dòmine, * qui sedes super Cherubim.

Gloria Patri… 

[Si rallegrino i cieli esulti la terra; cantate, o monti, giubilando, le lodi di Dio. – Prorompano i monti in grida di allegrezza, cantino i colli la divina Giustizia. – Perché il Signor Nostro verrà, e avrà pietà dei suoi poverelli. – Stillino rugiada i cieli, e le nubi piovano il Giusto; s’apra la terra e germini il Salvatore. – Ricordati di noi, o Signore, e visitaci per mezzo del tuo Salvatore. Mostraci, o Signore la tua misericordia, e dacci il tuo Salvatore. – Manda, o Signore, l’Agnello che regni sulla terra, dalle pietre del deserto al monte Sion. – Vieni a liberarci, Signore, Dio delle virtù; mostraci la tua faccia e saremo salvi. – Vieni a visitarci in pace, per rallegrarci con Te con cuore perfetto. Acciocché conosciamo in terra la tua via, e in tutte le genti il tuo Salvatore. – Si svegli, o Signore la tua potenza e vieni a salvarci. – Vieni, Signore, e non tardare, perdona le colpe del tuo popolo. – Oh, s’aprano i cie1i e scenda il Signore! Al suo cospetto si scioglieranno i monti. – Vieni, e mostraci la tua faccia, o Signore, che siedi sui Cherubini. Gloria al Padre…].

Capitolo (lo recita il celebrante)

Præcursor prò nobis ingréditur Agnus sine maàcula secùndum órdinem Melchisedech, Pontifex factus in ætérnum et in sæculum sæculi. Ipse est Rex iustitiæ, cùjus generàtio non habet finem. R. Deo Gratias.

Inno

[Le due prime strofe sono la la e la 3a dell’inno di Lodi d’Avvento (sec. V), scritto dapprima in poesia tonica e ridotta dalla riforma di Urbano VIII in dimetri giambici. Le altre tre sono la 2a, 3a e 4a dell’Inno di Lodi del Natale di Sedulio (sec. IV-V)].

 

En clara vox redàrguit

obscura quæque, pérsonans:

procul fugéntur somnia:

ab alto Jesus promicat.

En Agnus ad nos mittitur

laxàre gratis débitum:

omnes simul cum lacrimis

precémur ìulgéntiam.

Beatus Auctor sæculi

servile corpus induit:

ut carne carnem liberans,

ne perderet quos cóndidit.

Castæ Paréntis viscera

cæléstis intrat gràtia:

venter puéllæ bàiulat secréta,

quæ non nóverat.

Domus pudici péctoris

templum repènte fit

Dei: intàcta nésciens

virum concépit alvo

Filium.

Deo Patri sit glòria,

eiùsque soli Filio, cum

Spiritu Paràclito in

sæculórum sæcula.

Amen

[Alta fra dense tenebre Voce suonar s’intende; Su, genti, su, destatevi; Gesù dall’alto splende. Da nostre colpe a scioglierci, scende l’Agnel di Dio; Suvvia perdon chiediamogli con cuor pentito e pio. Per noi l’autor de’ secoli veste l’umane spoglie, E fatto uom ci libera dalle tartaree soglie. – Entro le caste viscer di Verginella ignara –

Dall’alto l’ineffabil Mistero si prepara. – Tempio di Dio, Vergine, nel sen concepe un Figlio, Né si scolora o sfrondasi il verginal suo giglio. – Al sommo Iddio gloria. Sia gloria al suo Figliuolo; Sia gloria al Santo Spirito – Sia gloria a Dio che è uno solo.

presepe-2

Antifone maggiori per i nove giorni

16 Dic. Ecce véniet Rex Dóminus terree, et ipse àuferet iùgum captivitàtis nostree.

[Ecco verrà il Re e Salvatore della terra, e ci libererà dal giogo della nostra schiavitù.]

17 – O Sapiéntia, quæce ex ore Altissimi prodisti attingens a fine usque ad finem, fórtiter, suaviter que dispónens omnia, veni ad docéndum nos viam prudéntiæ.

[O Sapienza, proferita dalla bocca dell’Altissimo, cheabbracci cin la tua potenza l’universo e soavemente disponi ogni cosa, vieni ad insegnarci la via della prudenza]

18 – O Adonài, et Dux domus Israel, qui Móysi igne flammæ rubi apparuisti, et ei in Sina legem dedisti, veni ad rediméndum nos in bràchio exténto.

[O Signore e Guida della casa d’Israele, Tu che apparisti a Mosè nel roveto ardente e gli desti la legge sul monte Sinai, vieni a redimerci dispiegando la tua forza]

19 – O radix Jesse, qui stas in signum populórum super quem continébunt reges os suum, quem gentes deprecabùntur, veni ad liberàndum nos, jam noli tardare.

[O Germoglio di Iesse, posto come segno dei popoli, dinanzi al quale i re ammutolirono, e le nazioni lo invocheranno, vieni a liberarci, non indugiare oltre!]

20 – O Clavis David, et sceptrum domus Israel, qui àperis et nemo clàudit, clàudis, et nemo àperit veni et aduc vinctum de domo carceris, sedentem in ténebris, et umbra mortis.

[O chiave di Savide e scettro della casa di Israele, che apri e nessuno chiude, chiudi e nessuno apre: vieni e togli dal carcere l’incatenato che giace nelle tenebre e nell’ombra di morte.]

21. O Oriens, splendor lucis ætérnæ, et sol iusticiæ, veni, et illumina sedéntes in ténebris et umbra mortis.

[O Oriente, splendore della luce eterna e sole di giustizia, vieni e illumina chi siede nelle tenebre e nell’ombra di morte. ]

22 – O Rex géntium, et desìderàtus eàrum, lapisque angulàris, qui facis utràque unum, veni, et salva hominum, quem de limo formasti.

[O Re delle nazioni e da loro desiderato, pietra angolare che dei due popoli ne fai uno, vieni e salva l’uomo che Tu stesso formasti dal fango.]

23 – O Emmanuel, Rex et Legifer noster, expectation gentium, et Salvator eàrum, veni ad salvàndum nos, Dòmine, Deus noster.

[O Dio-con-noi, Re e legislatore nostro, aspettato dalle nazioni e loro Salvatore, vieni a salvarci, o Signore nostro Dio.]

24. Cum ortus fuerit sol de coelo, vidébitis Regem cum procedéntem a Patre tamquam sponsum de thalamo suo.

[Quando il sole sarà spuntato all’orizzonte, vedrete il Re dei re, che procede dal Padre, come sposo dal suo talamo.]

V. Dóminus vobiscum.

R. Et cum spiritu tuo.

Orèmus

Festina, quæsumus, Domine, ne tardàveris, et auxilium nobis supérnæ virtùtis impénde: ut advéntus tui consolatiónibus sublevéntur, qui, tua pietàte confidunt: Qui vivis et regnas cum Deo Patre in unitàte Spiritus Sancti Deus: per omnia sæcula sæculórum. R. Amen. – [Affrettati, o Signore, non indugiare oltre! Porta dall’alto il soccorso della tua forza affinché la gioia della tua venuta riconforti quanti confidano nella tua bontà. Tu che, Dio, vivi etc.].

“O …”

Gli inni solenni, ‘O’

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Queste Antifone solenni, che esprimono e rappresentano il desiderio ardente dei santi profeti per la venuta di Cristo, e che dovrebbe esprimere il desiderio che abbiamo tutti noi Cristiani che la grazia di Cristo possa nascere in noi, sono iniziati il 17 dicembre, e proseguiranno fino al 23 dicembre;  si recitano quotidianamente prima e dopo il Magnificat, come nelle feste di rango “Doppio”. Ognuno di essi comincia con l’esclamazione “O”, e si conclude con un appello al Messia a presto venire. Man mano che si avvicina il Natale, il grido diventa più pressante.

I chierici nel coro dopo i Vespri pronunciano una forte e prolungata “O”, per esprimere il desiderio dell’universo per la venuta del Redentore.

Queste sono indicate come: le ” Antifone O ” perché ognuna inizia con l’interiezione “O”.  Ogni inno è un nome di Cristo, uno dei suoi attributi menzionati nella Scrittura: essi sono:

17 Dicembre: O Sapientia (O Sapienza)

18 Dicembre: O Adonai (O Adonai)

19 Dicembre: O Radix Jesse (O radice di Jesse)

20 Dicembre: O Clavis David (O Chiave di Davide)

21 Dicembre: O Oriens (O Oriente)

22 Dicembre: O Rex gentium (O Re delle genti)

23 Dicembre: O Emmanuel (O Emmanuel)

 Una curiosa caratteristica di questi inni è che la prima lettera di ogni invocazione può essere presa dal latino per formare un acrostico in senso inverso.  Così le prime lettere di Sapientia, Adonai, Radix, Clavis, Oriens, Rex, e Emmanuel, forniscono le parole latine: ERO CRAS. La frase enuncia quindi la risposta di Cristo stesso all’accorata preghiera della sua Chiesa:

DOMANI CI SARO’“.

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18 dicembre: ATTESA DELLA BEATA VERGINE MARIA

 conosciuta anche come NOSTRA SIGNORA DI ‘O …’

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La festa dell’Attesa della Beata Vergine Maria è una festa cattolica originariamente celebrata in Spagna, per poi essere celebrata in altri paesi cattolici (Irlanda, ecc) – . Anche se non è inserita nel Calendario Romano, questa festa è stata celebrata in quasi tutta la Chiesa latina, a causa della grande aspettativa della Madre di Gesù.

La festa del 18 dicembre è stata comunemente chiamata, anche nei libri liturgici, “S. Maria della “O”, perché in questo giorno i chierici del coro dopo i Vespri emettono un forte e prolungato “O”, per esprimere il desiderio dell’universo per la venuta del Redentore. Questa festa e la sua ottava erano molto popolari in Spagna, dove la gente ancora la chiama “Nuestra Señora de la O“. –  La festa è stata sempre mantenuta in Spagna ed è stata approvato per Toledo nel 1573 da Gregorio XIII come “doppio” maggiore, senza ottava.  La chiesa di Toledo ha il privilegio (approvato il 29 Aprile 1634) di celebrare questa festa, anche quando essa cade nella quarta Domenica di Avvento.

AL SACRO ED IMMACOLATO CUORE DI MARIA

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AL SACRO ED IMMACOLATO CUORE DI MARIA:

PER LA CONVERSIONE DEI PECCATORI.

[da il Manuale di Filotea del sac. G. Riva, XXX ediz., Milano 1888]

Questa festa fu istituita in conseguenza delle grazie d’ogni maniera, e specialmente delle tante strepitose conversioni dei peccatori più indurati, appena si fece ricorso a Maria Immacolata, o si fece devoto uso della Medaglia che la rappresenta, e che fino dal 1830, cominciò a denominarsi miracolosa. Dove esiste la relativa Confraternita, unita colla Arciconfraternita di santa Maria delle Vittorie in Parigi [attualmente riaperta da S. S. GREGORIO XVIII -ndr.-], oltre la solennissima universal festa dell’Immacolata Concezione di Maria l’otto dicembre, si celebra pure nella Domenica avanti la settuagesima, o riparazione dei tanti scandali e disordini del carnevale, una festa speciale in onore del sacro Immacolato suo Cuore, facendovi precedere una devota Novena in cui si recitano le seguenti Orazioni, che possono usarsi in ogni tempo per ottenere le conversione o dei peccatori in genere, o di qualcheduno in particolare.

I – O Cuor Immacolato di Maria, irradiato sempre dal sole di Giustizia, Gesù, vibrate un raggio di vostra luce divina nel cuore di quegli infelici che vivono immersi nelle tenebre del peccato, e scoprite loro l’enormità delle loro colpe, e la via di uscire con sicurezza e senza dilazione. Ave.

II – O Cuor Immacolato di Maria, dolce rifugio dei poveri peccatori, deh, quanti di essi per la vostra intercessione, già provano i salutevoli strazii di quei rimorsi che sono i primi frutti di quella divina grazia di cui voi siete la Madre. Ah, cara Madre, compite l’opera che avete incominciato, e riduceteli fiduciosi e dolenti al vostro Figlio Gesù. Ave.

III – O Cuore Immacolato di Maria, Cuore, ahi, trafitto in mille volte dall’acutissima spada del peccato! Deh, per pietà, ottenete a quegli sgraziati che hanno di bel nuovo crocifisso il vostro divin Figlio, un dolore profondo delle loro colpe, e la grazia di non peccare mai più. Ave.

.IV – O Cuore Immacolato di Maria, più candido della neve, più splendente del sole, deh, vi commuova lo stato lacrimevole di quegli infelici che gridano all’impotenza d’uscire da quella schiavitù in cui sono stretti stretti dalle loro basse e ree passioni. Ah, cara Madre, voi che siete la Vergine Potente per eccellenza, spezzate voi quelle catene per le quali il demonio tenta di trascinarli all’eterna rovina. Ave.

.V – O Cuore Immacolato di Maria, che per i miseri peccatori avete tanto patito con Gesù là sul Calvario, esposto agli scherni di quella plebe sfrenata, Voi che conoscete quanto timido e fiacco sia lo spirito dell’uomo, deh, ajutate gli infelici traviati a vincere gli umani rispetti, e disprezzar le beffe e le derisioni degli ostinati libertini, onde possano stringersi al vostro Cuore materno per non separarsene mai più. Ave.

VI – O Cuore Immacolato di Maria, il più tenero e compassionevole per noi, che deste a Gesù quel sangue che egli tutto versò sulla croce per lavare d’ogni colpa le anime nostre, deh, lavate anche Voi le anime di tutti i peccatori in questo bagno salutare, aiutandoli ad accostarsi al sacramento della Penitenza col cuore penetrato dal più profondo dolore delle loro colpe. Ave.

VII – O Cuore Immacolato di Maria, tempio della Divinità, tabernacolo del divin Verbo, trono luminoso di gloria, santuario di tutte le grazie, deh, fate che dalle anime di tutti i cristiani spariscano le nere macchie del peccato, e splendente rifulga d’ogni più bella luce il soave raggio della grazia, onde così sian fatti degni di ricevere il vostro figlio Gesù. Ave.

VIII – O Cuore immacolato di Maria, sorgente di ogni grazia, albergo delle più elette virtù, deh, fate che nelle anime ravvedute risplendano le cristiane virtù della Fede, della Speranza, della carità e della Religione; perché così ornate di tanta bellezza, vengano loro da Voi aperto un giorno le beate porte del Paradiso. Ave.

IX – O Cuore immacolato di Maria, speranza dei fedeli, delizia del cielo, le passate infedeltà fanno tremare quei benedetti che già risorsero alla grazia. O Regina del Cielo e della terra, o caro Rifugio dei peccatori, deh! continuate ancora il vostro ministero di misericordia e d’amore, col non lasciarli dipartire da Voi mai più. Voi siate la Madre della santa perseveranza. Deh, fate loro adunque da Madre: correggeteli, castigateli, ma teneteli sempre nel vostro cuore santissimo ed immacolato! Ave, Gloria.

Orazione

Per il sacro Cuor di Maria

Deus, qui beatæ Mariæ semper virginis Cor Sanctisissimum spiritualibus gratiæ donis cumulasti, et ad immagine divini Cordis Filii tui Jesu Christi charitate et misericordia plenum osse voluisti, concede: ut qui hujus duicissimi Cordis memoriam agimus, fideli virtutum ipsius imitatone, Christum in nobis exprimere valeamus. Qui tecum vivit etc.

Per la Conversione dei Peccatori.

Deus, misericors et clemens, exaudi preces quas pro fratribus pereuntibus, gementes in conspectu tuo, effundimus; ut converse ab errore viæ suæ, liberentur a morte, ut ubi abundavit delictum superabundet et gratia.

Altra per la Conversione dei Peccatori

Deus, cui proprium est misereri semper et parcere, suscipe deprecationem nostram; et omnes famulos tuos, quos delictorum catena constringit, miseratio tuæ pietatis clementer absolvat. Per Dominum etc.

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ORAZIONE A MARIA IMMACOLATA.

O gloriosa trionfatrice dell’infernal serpente, che con occhio di speciale predilezione riguardate tutti coloro che devotamente vi ossequiano nel più onorifico fra tutti i misteri, il vostro immacolato Concepimento, volgete i vostri occhi misericordiosi sopra di noi che Vi veneriamo colla fronte per terra per sì adorabile prerogativa, che non fu, e non sarà mai concessa ad altra creatura, voi siete propriamente quella femmina singolare in cui dalla pianta dei piedi infino al sommo de capo non si trova macchia veruna: voi quel Fonte sigillato le cui acque non furono mai intorbidate dal minimo moto men santo; voi quell’Orto sempre chiuso in cui nessun uomo nemico poté mai seminare la zizzania; voi quella mistica Porta per cui non passò mai altri che Dio, affine di rendervi sempre più grande col farvi sua Genitrice nel tempo e arbitra tra i suoi tesori nell’eternità. Deh! per quella fedeltà inalterabile con cui corrispondeste mai sempre a tutti i doni del cielo; per quella pietà veramente celeste con cui appié della croce, dopo averci col sacrificio inestimabile del vostro divino Unigenito rigenerati alla grazia, ci adottaste in vostri figliuoli per quell’illimitato notere onde vi ha rivestito nel cielo Chi volle esservi suddito sopra la terra, otteneteci, ve ne preghiamo, di non contristar mai col peccato il vostro amabilissimo cuore e quello del vostro Gesù, che furono per noi già trafitti dalla spada mistica del dolore, di corrisponder sempre fedelmente alle sue ed alle vostre misericordie, e di perseverare così bene nell’adempimento de’ vostri voleri, da assicurarci per tutti i secoli la partecipazione della vostra grazia di continuo dispensate a tutto il mondo, così ci metton in cuore la consolante speranza d’essere sempre favoriti dalla vostra speciale assistenza, mentre noi di tutto cuore protestiamo che ci faremo sempre un dovere d i amarVi qual nostra Madre, di ossequiarVi qual nostra Regina, d’invocarVi qual nostra Avvocata, e di imitarVi a tutto potere siccome nostro Esemplare. La grazia che vi domandiamo non può essere più conforme ai vostri desiderj; siateci dunque cortese del sospirato esaudimento.

Supplica della Medaglia

LA MEDAGLIA MIRACOLOSA (27 Novembre)

Non è una medaglia come le altre, è la Medaglia per eccellenza fatta coniare per ordine espresso della Madonna, secondo il modello da Lei stessa ideato. È il “dono” che la buona Mamma del Cielo ci ha portato, affinché fosse per noi un pegno del suo amore e della sua protezione, fonte inesauribile di grazie.

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Santa Caterina Labourè, Figlia della Carità, di S. Vincenzo, fu la fortunata privilegiata che Maria prescelse per trasmetterci il suo dono. Nella notte dal 18 al 19 luglio 1830, S. Caterina vide per la prima volta la Madonna che le profetizzò, con le lacrime agli occhi le sciagure che stavano per colpire la Francia, il clero e le comunità, promettendo però una speciale protezione sulla sua. Infine le preannunziò che Dio le voleva affidato una grande missione. – Il 27 novembre 1830, vide due prodigiosi quadri, corrispondenti alle due facce della Medaglia, e udì una voce che le disse: Fa coniare una medaglia secondo il modello che hai visto: coloro che la porteranno saranno sotto la specialissima protezione della Madre di Dio e riceveranno grandi grazie; copiose saranno le grazie per chi avrà fiducia… I raggi sono simbolo delle grazie che io concederò a chi me le chiederà con fiducia.

Maria ci ha pure insegnato la preghiera che esercita un potere irresistibile sul suo cuore, volendo fosse scritta sulla medaglia la giaculatoria:

O Maria, concepita senza peccato,

pregate per noi che ricorriamo a Voi.

Portiamola dunque, la cara medaglia, che per i prodigi operati ha meritato il nome di Miracolosa, con amore e gratitudine, quale prezioso dono di Maria; portiamola a tutti quelli a cui vogliamo assicurare la protezione di Maria Santissima.

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Per impetrare qualche grazia

1. — O Vergine Immacolata della Medaglia Miracolosa che, mossa a pietà delle nostre miserie, scendeste dal cielo per mostrarci quanta parte prendete alle nostre pene e quanto vi adoperate per stornare da noi i castighi di Dio e impetrarci le sue grazie, muovetevi a pietà della presente nostra necessità; consolate la nostra afflizione e concedeteci la grazia che vi domandiamo.

Ave Maria – O Maria concepita etc.

2. – O Vergine Immacolata della Medaglia Miracolosa, che quale rimedio a tanti mali spirituali e corporali che ci affliggono, ci avete portato la vostra Medaglia affinché fosse difesa delle anime, medicina dei corpi e conforto di tutti i miseri, ecco che noi la stringiamo riconoscenti al nostro petto e vi domandiamo per essa di esaudire la nostra preghiera.

Ave Maria – O Maria concepita ecc.

3. – O Vergine Immacolata della Medaglia Miracolosa, Voi avete promesso che grandi sarebbero state le grazie per i devoti della vostra Medaglia che vi avessero invocata con la giaculatoria da Voi insegnata; ebbene, o Madre, ecco che noi, pieni di fiducia nella vostra parola, ricorriamo a Voi e vi domandiamo, per la vostra Immacolata Concezione, la grazia di cui abbiamo bisogno.

Salve Regina …

Supplica della Medaglia

Da farsi verso le 5,30 di sera del 27 Novembre, del 27 di ogni mese ed in ogni urgente necessità.

O Vergine Immacolata, noi sappiamo che sempre ed ovunque siete disposta ad esaudire le preghiere dei vostri figli esuli in questa valle di pianto, ma sappiamo pure che vi sono giorni ed ore cui Vi compiacete di spargere più abbondantemente i tesori delle vostre grazie. Ebbene, o Maria. eccoci qui prostrati davanti a Voi, proprio in quello stesso giorno ed ora benedetta, da Voi prescelti per la manifestazione della vostra Medaglia. – Noi veniamo a Voi, ripieni di immensa gratitudine ed illimitata fiducia, in quest’ora a Voi sì cara, per ringraziarVi del gran dono che ci avete fatto dandoci la vostra immagine, affinché fosse per noi attestato di affetto e pegno di protezione. Noi dunque Vi promettiamo che, secondo il vostro desiderio, la santa Medaglia sarà la nostra compagna indivisibile; sarà il segno della vostra presenza presso di noi; sarà il nostro libro su cui impareremo a conoscere quanto ci avete amato e ciò che noi dobbiamo fare, perché non siano inutili tanti sacrifici vostri e del vostro divin Figlio. Sì, il vostro Cuore trafitto, rappresentato sulla Medaglia, poggerà sempre sul nostro e lo farà palpitare all’unisono col vostro. Lo accenderà d’amore per Gesù e lo fortificherà a portar ogni giorno la propria croce dietro a Lui.

Questa è l’ora vostra, o Maria, l’ora della vostra bontà inesauribile, della vostra bontà trionfante, l’ora in cui faceste sgorgare per mezzo della vostra Medaglia, quel torrente di grazia e di prodigi che inondò la terra. Fate, o Madre che quest’ora, che Vi ricorda la dolce commozione del vostro Cuore, la quale vi spinse a venirci a visitare ed a portarci il rimedio di tanti mali, fate che quest’ora sia anche l’ora nostra, l’ora della nostra sincera conversione, e l’ora del pieno esaudimento dei nostri voti. – Voi che avete promesso in quest’ora fortunata, che grandi sarebbero state le grazie per chi le avesse domandate con fiducia, volgete benigna i vostri sguardi alle nostre suppliche. Noi confessiamo di non meritare le vostre grazie, ma a chi ricorreremo, o Maria, se non a Voi, che siete la Madre nostra, nelle cui mani Dio ha posto tutte le sue grazie? Abbiate dunque pietà di noi. Ve lo domandiamo per la vostra Immacolata Concezione e per l’amore che Vi spinse a darci la vostra preziosa Medaglia. O Consolatrice degli afflitti, che già Vi inteneriste sulle nostre miserie, guardate ai mali da cui siamo oppressi. Fate che la vostra Medaglia sparga su di noi e su tutti i nostri cari i suoi raggi benefici: guarisca i nostri ammalati, dia la pace alle nostre famiglie, ci scampi da ogni pericolo. Porti la vostra Medaglia conforto a chi soffre, consolazione a chi piange, luce e forza a tutti. Ma specialmente permettete, o Maria, che in quest’ora solenne domandiamo al vostro Cuore Immacolato la conversione dei peccatori, particolarmente di quelli che sono a noi più cari. RicordateVi che anch’essi sono vostri figli, che per essi avete sofferto, pregato e pianto. Salvateli, o Rifugio dei peccatori, affinché dopo averVi tutti amata, invocata e servita sulla terra, possiamo venirVi a ringraziare e lodare eternamente in cielo. Così sia.

Salve Regina e tre volte:

O Maria concepita senza peccato, pregate per noi che ricorriamo a Voi!

ATTENZIONE

Ancora una volta il lupo massonico-cabalista si è introdotto nell’ovile per azzannare finanche la Medaglia Miracolosa della Vergine In giro infatti ci sono tante FALSE medaglie, anche nei negozi pretesi cattolici e santuari una volta cattolici. Attenti a non portare al collo lo “sgorbio” di satana, che scimmiotta audacemente la sacra Immagine della Medaglia. Ve ne mostriamo qui diverse, in vendita anche su siti internet. Queste false medaglie sono riconoscibili subito da due caratteristiche: 1) in alto della medaglia, perpendicolarmente al centro c’è una sola stella, simbolo di lucifero portatore della “falsa” luce, mentre in quella “vera” ce ne sono due a cinque punte e mai a sei. 2) La spada passa dietro il Cuore in basso a destra nella “falsa”, mentre nella Medaglia la spada trafigge il Cuore! Il cuore a sinistra, invece della corona di spine, nella patacca, porta camuffato il nefasto simbolo massonico, la squadra ed il compasso che stanno ad indicare quale sarà il lavoro eterno dei massoni dannati nell’inferno: ammassare pietre ardenti per costruirsi all’infinito il loculo rovente! Poi ci sono i dettagli della croce che incontra la M in modo opposto all’originale, le terminazioni dei bracci della croce, ed altri particolari.

ECCO LE PATACCHE:

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AI NOVE CORI DEGLI ANGELI

AI NOVE CORI DEGLI ANGELI

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La cui festa affatto distinta da quella degli Angeli Custodi si Celebra il 9 di Luglio nella Chiesa di S. Raffaele in Milano, ove è eretta un’apposita piissima Confraternita. [Manuale di Filotea, Milano 1888 -Iimprim.]

I. O Angioli santissimi, creature purissime, spiriti nobilissimi, nunzi e ministri del sommo Re della gloria e fedelissimi esecutori de’ suoi comandi, purificate vi prego, le mie orazioni, ed offerendole alla maestà dell’Altissimo, fate che spirino un soave odore di fede, di speranza e di carità. Gloria.

II. O felicissimi Arcangioli, capitani della milizia celeste, impetratemi i lumi dello Spirito Santo, istruitemi nei divini misteri, ed avvaloratemi contro il comune nemico. Gloria.

III. O Principati sublimi, governatori del mondo.governate in tal guisa l’anima mia che non venga mai soprafatta dalle illusioni dei sensi. Gloria.

IV. O invittissime Podestà, raffrenate il maligno spirito quando mi assale, e tenetelo lontano da me quando cerca di allontanarmi da Dio. Gloria.

V. O potentissime Virtù, fortificate il mio spirito onde pieno del vostro valore, sempre più mi avanzi in ogni virtù, e resista ad ogni assalto infernale. Gloria.

VI. O beatissime Dominazioni, impetratemi un perfetto dominio di me medesimo, e una santa fermezza nel rigettare tutto quello che non viene da Dio. Gloria.

VII . O Troni stabili e sempiterni, insegnate all’anima mia la vera umiltà, acciocché divenga domicilio di quel Signore che risiede benignamente negli umili. Gloria.

VIII. O sapientissimi Cherubini, tutti intenti alla divina contemplazione, fate ch’io ben apprenda la viltà mia e la eccellenza del mio Signore. Gloria.

IX. O attentissimi Serafini, accendete de vostro fuoco il mio cuore, onde ami solo Colui che è incessantemente amato da voi. Gloria.

ROSARIO IN ONORE DEGLI ANGELI

[da recitarsi specialmente nel Martedì d’ogni settimana e nel giorno 9 di ciascun mese].

  1. Ave Maria, etc. Sublimissimi SERAFINI, ardenti d’amore, otteneteci la santa castità. Pater e 9 Gloria.
  2. Ave Maria, etc. Beatissimi CHERUBINI, veggenti Dio, otteneteci una viva fede. Pater e 9 Gloria.
  3. Ave Maria, etc. Altissimi TRONI portanti il Signore, otteneteci ferma speranza di possederLo ancor noi. Pater e 9 Gloria.
  4. Ave Maria, etc. Supreme DOMINAZIONI degli Angeli e delle cose, otteneteci pieno e retto dominio di noi stessi. Pater e 9 Gloria.
  5. Ave Maria, etc. Potentissime VIRTU’ operatrici di d’ogni meraviglia, otteneteci di superare ogni contrarietà che ci derivi dalle creatura. Pater e 9 Gloria.
  6. Ave Maria, etc. Invittissime POTESTA’, debellatrici dei Demoni, otteneteci il trionfo di ogni diabolica tentazione. Pater e 9 Gloria.
  7. Ave Maria, etc. Sapientissimi PRINCIPATI, ordinatori delle angeliche azioni, otteneteci perfetta conformità alle disposizioni di Dio. Pater e 9 Gloria.
  8. Ave Maria, etc. Nobilissimi ARCANGELI, nunzi delle grandi cose, otteneteci la obbedienza ai supremi comandamenti di Dio. Pater e 9 Gloria.
  9. Ave Maria, etc. Felicissimi ANGELI, ministri e nunzi dell’Altissimo, otteneteci la fedele corrispondenza alle ispirazioni di Dio. Pater e 9 Gloria.

Ave Maria etc. V. Regina Angelorum. R. Ora pro nobis.

Ave Maria etc. Regina Angelorum. Ora pro nobis.

Ave Maria etc. Regina Angelorum. Ora pro nobis.

  1. Orate pro nobis, omnes Angelorum Ordines;
  2. Ut efficiamur promissionibus Christi.

Oremus

Deus, qui miro ordine Angeloram ministeria hominumque despensas, concede propitius; ut a quibus tibi ministranti bus in coelo semper assistitur, ad his in terra vita nostra muniamur. Per Dominum, etc.

A Maria

Sancta Maria, super chorus Angelorum exaltata ad coelestia regna, Jesu Christo Filio tuo Domino nostro devotorum tuorum offer suspira, nobisque divinae gratiae mediatrix esto benigna.

All’Angelo Custode.

Angele Dei, qui custos es mei, me tibi commissum pietate sperna, hodie illumina, custodi, rege, guberna. Amen.

Inno a tutti gli Angeli.

Voi del ciel augusti Principi,

che divisi in nove eserciti,

Alternate eterni cantici,

implorate a noi mercè;

Onde ai mali d’ogni genere,

vecchi e nuovi opposto l’argine

Sola imperi in tutti i popoli,

trionfante alfin la Fè.

Segregate ogni alma perfida

Dall’ovil del Divin Figlio,

Onde il gregge non contamini

Degli errori il rio velen;

Ma, fedeli ai soli pascoli

Che il Pastor eterno additagli,

Corra, e solo aneli ai rivoli

D’onde sgorga il vero ben.

2 OTTOBRE FESTA DEGLI ANGELI

2 OTTOBRE FESTA DEGLI ANGELI CUSTODI

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DIVOZIONE AGLI ANGELI

Istruzione sopra l’Angelo Custode.

[da: Manuale di Filotea, del sac. Giuseppe Riva, Milano 1888 – XXX ed. – imprim. -]

Dopo Dio e Maria, non v’ha né in cielo, né in terra chi più si interessi per la nostra salute; e chi per conseguenza noi dobbiamo riverir maggiormente, dell’Angelo Custode? Datoci come per guida, per nostro compagno, per nostra difesa, fino dal principio della nostra esistenza, non ci abbandona mai finché non abbia ritornata l’anima nostra alle mani del Creatore. Chi può dire la sollecitudine con cui provvede alla nostra sicurezza così temporale come eterna? Dappertutto egli è con noi, di giorno e di notte, nella città o nella campagna, nella solitudine e fra i tumulti, nelle occupazioni e nel riposo: quindi ci consola nelle afflizioni, ci difende nei pericoli, ci illumina nei dubbi, ci soccorre in tutti i bisogni. risovveniamoci per un momento di quanto fece per Tobia l’Arcangelo Raffaele. Gli si esibì per compagno nel viaggio che doveva intraprendere alla capitale della Media, lo liberò dalla morte quando alla sponda del Tigri venne minacciato da un mostro; andò egli stesso da Gabelo per riscuoterne il credito; gli procurò una sposa che fece la sua felicità; gli insegnò la maniera di trionfare di quel demonio che le aveva già uccisi sette mariti: lo riconsegnò sano e salvo alla casa paterna:restituì al vecchio suo padre la vista da tanto tempo perduta, e gli rivelò tutti i disegni di misericordia dall’Altissimo, inseguiti in favore di sua famiglia. – Ora tutto questo non ò che un’immagine di ciò che fa per ciascuno in particolare l’Angelo Custode. Esso ci precede, dice la Scrittura, in tutte le strade, e allontana da noi quello che ci potrebbe essere occasione di inciampo e di caduta. Vero amico, non ci abbandona anche quando noi sprezziamo i suoi consigli e offendiamo la maestà di sua presenza, commettendo qualche peccato: anzi è allora che alza più forte la voce e colle minacce e coi rimorsi non cessa mai di stimolarci a sorgere dalle miserie in cui siamo caduti. Intanto perora presso il Signore la nostra causa, e implora la sospensione di quei flagelli che la giustizia divina potrebbe scaricare sopra di noi. – Basta che noi lo preghiamo di qualche cosa perché egli all’istante ci esaudisca. Anzi, basta professargli devozione sincera per essere da lui sovvenuti, non solamente a norma delle nostre speranze, ma anche al di là di tutti i nostri desideri! Così l’Apostolo San Pietro si vide dall’Angelo Custode rotte le catene, spalancate le porte, e condotto a mano fino al di fuori della prigione di Erode. Noi sappiamo che avviatosi S. Onofrio per il deserto ove dimorò per 60 anni, fu dal suo Angelo accompagnato fino a quella grotta che il Signore gli aveva destinato per domicilio, ed ivi dal medesimo spesse volte comunicato. Santa Susanna, che poi fu martire, venne dall’Angelo difesa contro gli iniqui attentati del lussurioso Diocleziano. – Santa Quinteria era dal suo Angelo avvisata di ciò che doveva fare. – Santa Brigida scozzese, non solo vide tante volte il suo Angelo Custode, ma lo udì cantare in sua presenza inni soavissimi di paradiso. San Raimondo di Pegnafort era quotidianamente svegliato dal suo Angelo al primo segno del mattutino, e Santa Francesca Romana ne godeva continua la compagnia e la conversazione, né le spariva dagli occhi se non quando essa era ricaduta in qualche fallo; il che faceva per avvertirla di ritornare subito col pentimento al primitivo suo stato. Mentre sant’Isidoro si tratteneva in chiesa ad udir Messa, il suo Angelo Custode lavorava per lui alla campagna affinché non avessero i mal devoti padroni a lagnarsi di sua tardanza. Santa Balbina e santa Costanza furono dai propri Angioli assistite nelle loro malattie. San Stanislao Kostka, entrato senza saperlo, in una chiesa di eretici, fu da un Angelo comunicato in presenza di s. Barbara. San Fermo e San Rustico erano dagli Angioli provveduti di cibo nelle loro prigioni, dove per la fede trovavansi condannati a morire di fame. Tante insomma e tali sono le grazie che fanno gli Angioli ai loro clienti, che è cosa impossibile il numerarle dinstintamente. – Quello però che deve farci arrossire si è, che sia così scarsa la nostra corrispondenza, così fredda la nostra devozione verso di loro. Suvvia pertanto, emendiamo il passato con un avvenire migliore. Ringraziamo di cuore la divina bontà che sia giunta a tal segno di degnazione da assegnarci un principe della sua Corte per nostro speciale custode: ma ricordiamoci che esso ci è dato affinché noi lo teniamo come testimonio, lo ascoltiamo come maestro, lo amiamo come amico, lo ringraziamo come benefattore, e lo riveriamo come Angelo. Si avvivi una volta la nostra confidenza nella sua protezione. A lui ricorriamo in qualunque necessità, e saremo certamente esauditi. Salutiamolo senza mai dimenticarcene, specialmente alla mattina, perché ci assista in tutte le occorrenze della successiva giornata; alla sera perché ci difenda contro le insidie notturne. Invochiamolo nell’uscire di casa perciò perché rimuova dai nostri occhi ogni sorta di vanità; al ritornarvi perché ci aiuti in tutte le domestiche faccende; nell’andare in chiesa perché tenga raccolte tutte le potenze dell’anima, non che i sensi del corpo, alla presenza di Dio; al principio delle nostre azioni perche riescano non solamente ben fatte, ma anche meritorie; nelle nostre preghiere perché le offra come un incenso di grato odore al cospetto dell’Altissimo. Guardiamoci però sopra tutto dal mancargli della debita riverenza col commettere sotto i suoi ocelli ciò che arrossiremmo di fare al cospetto dei nostri simili. A caratteri indelebili egli tiene nel suo libro registrate le nostre azioni, ed egli diverrà senza dubbio il nostro più terribile accusatore presso il divin tribunale, se, lungi dal secondare, avremo disprezzate le sue ispirazioni e i suoi consigli, o se, malgrado i suoi rimproveri e le sue minacce, noi avremo voluto camminare dietro le notre passioni. – È stata una pratica di molti Santi l’implorare il soccorso degli angeli Custodi delle persone con cui essi dovevano trattare, e che potevano molto aiutarli per aver un felice successo negli affari che dovevano maneggiare con quelle. Così un Vescovo può utilissimamente implorare il soccorso dell’Angelo della sua diocesi, un Curato quello della sua parrocchia, un Confessore quello del suo penitente, un predicatore quello del suo uditorio, un amico quello del suo amico. L’aver così intelligenza con essi per il bene delle anime è un cooperare con essi alla salute delle persone che sono confidate alla loro cura ed un occuparsi nelle opere di Dio in ispirito di unità ci ministri invisibili che vi impiega egli stesso. Non vi rincresca, Filotea, di consacrare all’invocazione particolare del loro patrocinio qualche momento di ogni settimana, specialmente del Martedì che è il giorno comunemente assegnato a tale scopo. Vi prego di incominciare, e il frutto abbondante che ne ritrarrete vi impegnerà senza dubbio a proseguire. Ogni giorno poi non lasciate mai di salutare il vostro Angelo alla mattina, alla sera, e frequentemente nella giornata colla brevissima e devotissima orazione della Chiesa ”L’Angele Dei”, etc. a cui vanno annesse le seguenti Indulgenze.

INDULGENZE PER “L’ANGELE DEI”

Pio VI: 2 Ott. 1795 accorda ogni volta che si recita con cuore almeno contrito e devotamente 100 giorni d’Indulg. — Indulg. Plenaria nella festa dei SS. Angeli Custodi (2 ott.) a chi alla mattina e sera tutto l’anno, purché in tal giorno confessato e comunicato visiti qualche Chiesa, o pubblico Oratorio pregando pel S. Pont. — Lo stesso Pontefice, 11 giugno 1796, accorda Indulg. Plen. in “articulo mortisa chi in vita l’avrà frequentemente recitata. Finalmente Pio VII, 15 maggio 1821, non solo conferma le sudd. Ind. ma ancora concede Ind. Plen. una volta al mese a chi l’avrà recitata per tutto il mese in un giorno ad arbitrio, purché conf. e comun. Visiti una pubblica Chiesa e preghi secondo la mente di S. S.

ALL’ANGELO CUSTODE (2 Ottobre).

ang. gerarchie

I. – O fidelissimo Esecutore dei consigli di Dio, santissimo Angelo mio Tutelare, che fino dai primi momenti della mia vita vegliate sempre sollecito alla custodia dell’anima mia e del mio corpo, io vi saluto e vi ringrazio, unitamente a tutto il coro degli Angeli dalla divina bontà destinati a custodi degli uomini: e istantemente vi prego di raddoppiare la vostra premura per preservarmi da ogni caduta nel presente pellegrinaggio, affinché l’anima mia si conservi sempre così monda, così pura quale voi stesso procuraste che divenisse per mezzo del santo battesimo. Angele Dei.

II. – Affezionatissimo mio Compagno,unico vero amico, SS. Angelo mio Custode, che in tutti i luoghi o in tutti i tempi mi onorate della vostra adorabile presenza, io vi saluto e vi ringrazio, unitamente a tutto il coro degli Arcangeli da Dio eletti ad annunziare cose grandi e misteriose, e istantemente vi prego di illuminare la mia mente colla cognizione della divina volontà, e di muovere il mio cuore alla sua sempre esatta esecuzione, affinché, operando sempre conformemente alla fede che professo, mi assicuri nell’altra vita il premio promesso ai veri credenti. Angele Dei.

III. – Sapientissimo mio Maestro, SS. Angelo mio Custode, che non cessate mai di insegnare la vera scienza dei Santi, io vi saluto e vi ringrazio, unitamente a tutto il coro dei Principati destinati a presiedere agli spiriti minori per la pronta esecuzione degli ordini divini, e istantemente vi prego di sopraintendere ai miei pensieri, alle mie parole, alle mie opere perché, conformandomi in tutto ai vostri salutevoli insegnamenti, non venga mai a perdere di vista il santo timor di Dio, che è il principio unico ed infallibile della vera sapienza. Angele Dei.

IV.- Amorosissimo mio Correttore, SS. Angelo mio Custode, che con graziosi rimproveri e con continue ammonizioni mi invitate a sorgere dalla colpa ogni qual volta per mia disgrazia vi sono caduto, io vi saluto e vi ringrazio, unitamente al coro delle Potestà destinate a raffrenare gli sforzi del demonio contro di noi, e istantemente vi prego a svegliare l’anima mia dal letargo della tiepidezza in cui vivo tuttora e di concederle tanta forza che valga a resistere ed a trionfare di tutti quanti i nemici. Angele Dei.

V.- Potentissimo mio Difensore, SS. Angelo mio Custode, che, scoprendomi assiduamente le insidie del demonio nelle pompe del mondo e delle lusinghe della carne, me ne facilitate la vittoria ed il trionfo, io vi saluto e vi ringrazio, unitamente a tutto il coro delle Virtù dal sommo Iddio destinate ad operare miracoli e a spingere gli uomini sulla strada della santità, ed istantemente vi prego a soccorrermi in tutti i pericoli, di difendermi in tutti gli assalti, affinché possa camminare sicuro nella via di tutte le virtù, specialmente dell’umiltà, della purità, fdellobbedienza e della carità, che sono le più care a voi, e le più indispensabili alla salute. Angele Dei.

VI. – Infallibile mio Consigliere, SS. Angelo Custode, che colle più vive illustrazioni mi fate sempre conoscere la volontà del mio Dio e i mezzi più opportuni pet adempirla, io vi salato e vi ringrazio unitamente a tutto il coro delle Dominazioni eletto da Dio a comunicarci i suoi decreti, ed a somministrarci la forza di dominar le nostre passioni, e istantemente vi prego di sgombrare dalla mia mente tutte le importune dubbiezze e le perniciose perplessità affinché, libero da ogni timore, secondi sempre i vostri consigli, che sono consigli di pace, di giustizia e di santità. Angele Dei.

VII. – Zelantissimo mio Avvocato, SS. Angelo mio Custode, che con incessanti preghiere perorate nel cielo la causa della mia eterna salute, e allontanate dal mio capo i meritati flagelli, io vi saluto e vi ringrazio unitamente a tutto il coro dei Troni eletti a sostenere il soglio dell’Altissimo e a stabilire gli uomini nel bene incominciato, e istantemente vi prego di coronare la vostra carità coll’ottenermi il dono inestimabile della finale perseveranza, affinché nella morte io passi felicemente dalle miserie di questo esilio ai gaudi eterni della patria celeste. Angele Dei.

VIII. – Binignissimo Consolatore dell’anima mia, Santo Angelo mio Custode, che con soavissime inspiri razioni mi confortate in tutti i travagli della vita presente ed in tutti i timori della futura, io vi saluto e vi ringrazio, unitamente a tutto il coro dei Cherubini che pieni della scienza di Dio, sono eletti ad illuminare la nostra ignoranza, e istantemente vi prego di assistermi specialmente e di consolarmi sì nelle presenti avversità come nelle estreme agonie, affinché allettato dalle vostre dolcezze, io chiuda il cuore a tutte le lusinghe fallaci di questa terra per riposare nelle speranze della futura felicità. Angele Dei.

IX, – Principe nobilissimo della Corte Celeste, infaticabile Coadiutore della mia eterna salute, santo Angelo mio Custode, che contrassegnate tutti i momenti con innumerevoli benefici, io vi saluto e vi ringrazio, unitamente a tutto il coro dei Serafini che, accesi più di tutti della divina carità, sono eletti ad infiammare i nostri cuori, ed istantemente vi prego di accendere nell’anima mia una scintilla di quell’amore di che voi ardete continuamente, affinché, in me distrutto tutto quello che sa di mondo e di carne, mi elevi senza ostacolo alla contemplazione delle cose celesti, e dopo aver sempre fedelmente corrisposto alla vostra amorevole premura su questa terra, venga finalmente con voi nel regno della gloria, a lodarvi, a ringraziarvi ed amarvi per tutti i secoli. Cosi sia. Angele Dei.

V. Ora pro nobis, beate Dei Angele.

R. Ut digni efficiamur etc.

OREMUS.

Deus, qui ineffabili providentia santos Angelos tuos ad nostram custodiam mittere dignaris, largire supplicibus tuis, et eorum sempre protectione defendi , et aeterna societate gaudere. Per Dominum nostrum, etc

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Orazione all’Angelo Custode

Spirito beato, che Dio assegnò per custode del mio corpo e dell’anima mia, per direttore di mia condotta, cooperatore di mia salute, mia scorta e mio sostegno nella strada della virtù, quanti anni sono che mi guidate nel mezzo di tutti i pericoli senza mai ritirarvi per le mie infedeltà, né abbandonarmi pei miei peccati! Eppure io non ho avuto per voi che della ingratitudine, pensando sol raramente alla carità che avete per me, e nulla facendo per riconoscerla! Io potrei ben dire come il giovine Tobia diceva all’Angelo Raffaele, che quand’anche dessi tutto me stesso a voi per divenire vostro schiavo, non potrei riconoscere degnamente i benefici da voi ricevuti, perché tutti i servigi che Tobia ricevette da quella santa guida, non sono che la figura e l’ombra dei buoni offici che mi avete prestati fino adesso, e che mi presterete fino al momento di entrare, come spero, nella casa del mio vero Padre. Se non che la ricompensa che desiderate da me, come l’Arcangelo Raffaele, si è che io benedica il Dio del cielo e che Gli renda gloria innanzi agli uomini perché ha fatto risplendere sopra di me la sua misericordia, e che io Lo benedica e Lo glorifichi, non con semplici parole, ma col camminare la strada dei suoi comandamenti, col consacrare tutto a Lui il mio cuore e le potenze dell’anima mia. Aiutatemi, Angelo di Dio a riconoscere in questa maniera tutto il bene che ho ricevuto da Lui per mezzo del vostro ministero; degnatevi di continuare verso di me le vostre caritatevoli cure. Correggete col vostro lume, che è un raggio di lume eterno, tutti i falsi lumi della mia ragione e tutte le illusioni dello spirito delle tenebre, se accade che esse mi facciano prendere per veri i falsi beni. Rimettete con salutari rimproveri sulla retta strada il mio cuore quando venisse a traviare. Difendetemi nelle tentazioni, e guardatemi da tutte le insidie de’ miei nemici visibili ed invisibili, e da tutte le ingannevoli dolcezze del peccato. Degnatevi anche di offrir me stesso a Dio, e colle vostre preghiere inchinate a mio favore la sua bontà. insegnatemi ad offrirGli delle preghiere che meritino di alzarsi sino al suo trono, e che voi possiate presentarGli con confidenza. Impetratemi quel rispetto e quella devozione che vi tiene così umiliato alla sua presenza e sì penetrato della sua santità; e l’esempio della vostra prontezza e della vostra fedeltà nell’eseguire tutti quanti i suoi voleri mi renda fedele a praticare tutto ciò che riguarda la sua legge ed i suoi disegni sopra di me con un amore ed una obbedienza che mi possa procurare la felicità di contemplarLo un giorno nel cielo, e di essere saziato con voi del pane invisibile della verità, nella pienezza della carità.

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AGLI ANGELI

Angeli beati che circondate il trono dell’Altissimo, San Michele, principe della milizia celeste; S. Gabriele, illustre ambasciatore della consolantissima nuova dell’Incarnazione; san Raffaele, fedel condottiere del giovine Tobia; e Voi tutti, o incomparabili Cori degli Angelici Spiriti, ardenti Serafini, luminosi Cherubini, immutabili Troni, potenti Dominazioni, ammirabili Virtù, formidabili Potestà; supremi Principati, sublimi Arcangeli, caritatevoli Angeli, io vi saluto e vi onoro, e penetrato da un’altissima stima per tutte le rare vostre prerogative, e pei vostri nobilissimi ministeri, io riconosco la mia insufficienza ad onorarvi come Voi meritate. Voi avete premure incredibili per la nostra salute, e v’impiegate a procurarla con illustrazioni divine e con impressioni d’amore che non possono mai essere abbastanza ammirate. Qual cuore sarà dunque così duro che non vi ami? Qual volontà così ostinata che non s’arrenda alle vostre ispirazioni? Quale ingratitudine così vile che non riconosca le vostre ineffabili tenerezze? Io mi abbandono dunque a Voi, o Santi protettori dell’anima mia, poiché voi avete il potere e lo zelo per aiutarmi, e non avendo io l’ardire di presentami al cospetto del Dio vivente, m’indirizzo a voi, o Grandi dell’Empiro, per avere accesso al medesimo col favore vostro. Presentatemi a questa augustissima Onnipotenza, ed ottenetemi qualche partecipazione delle vostre purissime inclinazioni. Sia io tanto distaccato dal mondo, quanto ne siete Voi umilmente separati; tanto disimpegnato dai sensi, quanto Voi siete spirituali, immortali e incorruttibili, tanto indifferente dei beni temporali, quanto Voi siete in una infinita abbondanza di beni celesti; tanto morto a tutte le passioni, quanto Voi siete inalterabili nella contemplazioni della divina bellezza tanto dipendente dalla volontà del mio Creatore, quanto Voi siete infaticabili nell’eseguirne prontamente i comandi; finalmente tanto incapace di alcuna ingiustizia,, o trasgressione della sua legge, quanto Voi siete invariabilmente fissi nel bene, confermati in grazia, e consumati nell’amore il più perfetto.

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ALL’ANGELO CUSTODE.

Ma quanto a voi, santo Angelo mio Custode, che posso io rendervi per tanti favori innumerabili che ho ricevo tuttodì dalla vostra instancabile carità? Non devo io confondermi della mia disattenzione a ringraziarvi e riverirvi? Con un fervore tutto nuovo io ripongo l’anima mia nelle vostre mani. Annunciate ad essa le verità del cielo, affinché le segua, fatele comprendere i suoi errori, affinché li detesti; mostratele i suoi pericoli, affinché li schivi; avvertitela de’ suoi obblighi, affinché li adempia. Ottenete lo spirito dell’orazione, dell’umiltà e della mortificazione; affinché su di queste indispensabili virtù, come sopra di altrettante colonne, fondi mai sempre l’edifizio della sua beata eternità; e finalmente soccorretela sino all’estremità dei suoi giorni, affinché Voi stesso possiate con compiacenza presentarla al trono di quel Dio che senza interruzione adorate; e così le sia assicurata la bella sorte di godere per tutti i secoli la vostra dolcissima compagnia insieme a quella di tutti i Santi che regnano con Cristo su in cielo.

PREGHIERE ALLO SPIRITO SANTO

CORONA SPIRITUS SANCTI

286

In nomine Patris, et Filii, et Spiritus Sancti.

Amen.

            Actus contritìonis:

Doleo, mi Deus, me contra te peccasse, quia tam bonus es;

gratia tua adiuvante non amplius peccabo.

Hymnus Veni, Creator Spiritus, etc. cum versiculis et

Oremus

I – MYSTERIUM PRIMUM

De Spiritu Sancto ex Maria Virgine Iesus conceptus est

Meditatio. – Spiritus Sanctus superveniet in te, et virtus Altissimi obumbrabit tibi. Ideoque et quod nascetur ex te Sanctum, vocabitur Filius Dei (Luc, I, 35).

Affectus. – Precare vehementer divini Spiritus auxilium et Mariæ intercessionem ad imitandas virtutes Iesu Christi, qui est exemplar virtutum, ut conformis fias imagini Filii Dei.

Semel Pater et Ave et septies Gloria Patri.

II – MYSTERIUM SECUNDUM

Spiritus Domini requievit super Iesum

Meditatio. – Baptizatus autem Iesus, confestim ascendit de aqua, et ecce aperti sunt ei cœli: et vidit Spiritum Dei descendentem sicut columbam, et venientem super se (Matth., III, 16).

Affectus. – In summo pretio habe inæstimabilem gratiam sanctificantem per Spiritum Sanctum in Baptismo cordi tuo infusam. Tene promissa, ad quæ servanda tunc te obstrinxisti. Continua exercitatione auge fidem, spem, caritatem. Semper vive ut decet filios Dei et veræ Dei Ecclesiæ membra, ut post hanc vitam accipias cœli hereditatem.

Semel Pater et Ave et septies Gloria Patri.

III – MYSTERIUM TERTIUM

A Spiritu ductus est Iesus in desertum

Meditatio. – Iesus autem plenus Spiritu Sancto regressus est a lordane: et agebatur a Spiritu in desertum diebus quadraginta, et tentabatur a diabolo (Luc., IV, 1, 2).

Affectus. – Semper esto gratus prò septiformi munere Spiritus Sancti in Confirmatione tibi dato, prò Spiritu sapientiæ et intellectus, consilii et fortitudinis, scientiæ et pietatis, timoris Domini. Fideliter obsequere divino Duci ut in omnibus periculis huius vitae et tentationibus viriliter agas, sicut decet perfectum christianum et fortem Iesu Christi athletam.

Semel Pater et Ave et septies Gloria Patri.

IV – MYSTERIUM QUARTUM.

Spiritus Sanctus in Ecclesia

Meditatio. – Factus est repente de cælo sonus tamquam advenientis spiritus vehementis, ubi erant sedentes; et repleti sunt omnes Spiritu Sancto loquentes magnalia Dei (Act., II, 2, 4, 11).

Affectus. – Gratias age Deo quod te fecit Ecclesiæ suæ filium, quam divinus Spiritus, Pentecostes die in mundum missus, semper vivificate et regit. Audi et sequere Summum Pontificem, qui per Spiritum Sanctum infallibiliter docet, atque Ecclesiam quæ est columna et firmamentum veritatis. Dogmata eius tuere, eius partes tene, eius iura defende.

Semel Pater et Ave et septies Gloria Patri.

V – MYSTERIUM QUINTUM

Spiritus Sanctus in anima iusti

Meditatio. – An nescitis quoniam membra vestra templum sunt Spiritus Sancti qui in vobis est? (I Cor., VI, 19).

Spiritum nolite exstinguere (I Thess., V, 19).

Et nolite contristare Spiritum Sanctum Dei, in quo signati estis in diem redemptionis (Eph., IV, 30).

Affectus. – Semper recordare de Spiritu Sancto qui est in te, et puritati animæ et corporis omnem da operam. Fideliter obedi divinis eius inspirationibus, ut facias fructus Spiritus: caritatem, gaudium, pacem, patientiam, benignitatem, bonitatem, longanimitatem, mansuetudinem, fidem, modestiam, continentiam, castitatem.

Semel Pater et Ave et septies Gloria Patri.

In fine dicatur Symbolum Apostolorum Credo in Deum, etc. …

Indulgentia septem annorum.

Indulgentia plenaria suetis conditionibus, corona quotidie per integrum mensem devote repetita (Breve Ap., 24 mart. 1902; S. Pæn. Ap., 18 mart. 1932).

PREGHIERE ALLO SPIRITO SANTO

pentecoste3

Veni Creator Spiritus,

Mentes tuorum visita,

Imple superna gratia,

Quæ tu creasti pectora.

Qui diceris Paraclitus,

Altissimi donum Dei,

Fons vivus, ignis, caritas,

Et spiritalis unctio.

Tu septiformis munere,

Digitus paternæ dexteræ,

Tu rite promissum Patris,

Sermone ditans guttura.

Accende lumen sensibus:

Infunde amorem cordibus:

Infirma nostri corporis

Virtute firmans perpeti.

Hostem repellas longius,

Pacemque dones protinus:

Ductore sic te prævio

Vitemus omne noxium.

Per te sciamus da Patrem,

Noscamus atque Filium,

Teque utriusque Spiritum

Credamus omni tempore.

Deo Patri sit gloria,

Et Filio, qui a mortuis

Surrexit, ac Paraclito,

In sæculorum sæcula.

Amen.

V. Emitte Spiritum tuum et creabuntur;
R. Et renovabis faciem terrae.

Oremus.

Deus, qui corda fidelium Sancti Spiritus illustratione
docuisti: da nobis in eodem Spiritu recta sapere;  et de eius semper consolatione
gaudere. Per Christum Dominum nostrum. Amen (ex Brev. Róm.).
Indulgentìa quinque annorum.
Indulgentia plenaria suetis conditionibus, dummodo
hymni recitatio, cum versiculo et oratione quotidie peracta,
in integrum mensem producta fuerit (Breve Ap.,
26 man 1706; S. Rituum Congr., 20 iun. 1889; S. Paen.
Ap., 9 febr. 1934).

pentecoste2

Sequentia

Veni, Sancte Spíritus,

et emítte cælitus

lucis tuæ rádium.

Veni, pater páuperum;

veni, dator múnerum;

veni, lumen córdium.

Consolátor óptime,

dulcis hospes ánimæ,

dulce refrigérium.

In labóre réquies,

in æstu tempéries,

in fletu solácium.

O lux beatíssima,

reple cordis íntima

tuórum fidélium.

Sine tuo númine

nihil est in hómine,

nihil est innóxium.

Lava quod est sórdidum,

riga quod est áridum,

sana quod est sáucium.

Flecte quod est rígidum,

fove quod est frígidum,

rege quod est dévium.

Da tuis fidélibus,

in te confidéntibus,

sacrum septenárium.

Da virtútis méritum,

da salútis éxitum,

da perénne gáudium.

Amen. Allelúja.

Indulgentia quinque annorum. Indulgentia plenaria s. c. dummodo quotidie per integrum mensem sequentis devote recitata fuerit (Brev Ap. , 26 Maii 1976; Sacr. Pænit. Ap., 15 apr. 1933)

V. Emitte Spiritum tuum, et creabuntur,

R. Et renovabis faciem terræ.

Oremus

Deus, qui caritatis dona per gratiam Sancti Spiritus tuorum cordibus fidelium infudisti, da famulis tuis, pro quibus tuam deprecamur clementiam, salutis mentis et corporis; ut te tota virtute diligent, et quæ tibi placita sunt, tota dilectione perficiant. Per Christum Dominum nostrum. Amen.

pentecoste4

Preghiera allo Spirito Santo

Deus in adjutorium etc. Gloria Patri etc.

Divino Paraclito Spirito, che avete create tutte le cose, deh venite a visitare con la vostra grazia l’anima mia creata per Voi; purgatela da ogni macchia, riempitela de’ vostri Doni, e infiammatela del santo Amore: Ve ne supplico per i meriti di Gesù. I meriti di Gesù suppliscano alle mie mancanze. Così sia.

l- O Divino Spirito di bontà, riempite il mio cuore del santo Timor di Dio, ma di quel filiale timore, che ci allontana per amore dall’offendere il nostro buon Padre, che merita di essere infinitamente amato, e glorificato.

Gloria Patri, etc.

2Spirito Santo consolatore, Padre dei Poveri, e refrigerio dei cuori, accordatemi per amor di Gesù quella vera, e perfetta Pietà, che è fondata sulla stabile Pietra angolare delle dottrine, e degli esempi del mio divino Maestro, e Salvatore.

Gloria Patri etc.

3- O Voi, Divino Spirito, comunicatemi il Dono della Scienza, che m’insegni ad amare Dio sommo Bene sopra ogni cosa, e con tutte le forze dell’anima mia.

Gloria Patri, etc.

4- O Spirito Santo, con la vostra virtù onnipotente spezzate le catene che tengono il povero mio cuore immerso nelle misere vanità del mondo; e datemi per amor di Gesù il Dono di Fortezza, onde rompa una volta tutti i lacci degli affetti terreni, e l’anima mia libera s’innalzi a Dio suo Creatore.

Gloria Patri, etc.

5- Sapientissimo Spirito, luce delle nostre menti, direttore del nostro cammino, datemi il celeste Consiglio, onde la mia vita sia tutta santa, e ordinata alla vostra gloria.

Gloria Patri, etc.

6- O Spirito santificatore delle anime, accordatemi il dono dell’Intelletto, onde obbedisca con perfezione alla sacra Legge, e ai consigli del mio Redentore.

Gloria Patri, etc.

7- O Sapienza del Padre, che disponete tutte le cose con fortezza e soavità, venite a insegnarmi la via del Paradiso. O Dio d’infinita carità, arricchite il mio cuore della Sapienza divina, onde ami solo il Bene eterno, e disprezzi i piaceri, le ricchezze, e le vanità fugaci, e bugiarde del mondo. Cosi sia.

Antiph. Charitas Dei diffusa est in cordibus nostris per inhabitantem Spiritum ejus in nobis.

V.- Emitte Spiritum tuum, et creabuntur.

R.- Et renovabis faciem terræ.

Oremus:

Adsit nobis, quæsumus, Domine, Virtus Spiritus Sancti, quæ et corda nostra clementer expurget, et ab omnibus tueatur adversis. Per Christum Dominum nostrum. Amen.

Fidelibus, qui septies doxologiam Gloria Patri … devote recitaverint ad septem dona a Spiritu Sancto impetrans, conceditur: Indulgentia trium annorum (S. C. de Prop. Fide, 12 mart. 1857; S. Pæn. Ap.,  10 iul. 1941).

Altra preghiera

O soffio divino dello Spirito Santo, fateVi sentire nell’anima mia; risvegliatela dall’assopimento in cui si trova; dissipate la languidezza in cui è immersa; portate via la polvere che si attacca, per così dire, a tutto quello che io fo; operate in me tutti i cambiamenti che Voi sapete esservi necessari. O divino Paraclito, datemi una di quelle lingue di lume, di carità, di perfezione che apparvero sopra gli Apostoli, affinché io possa con esse benedire il vostro Nome, confessare i miei peccati, insegnare con amore, riprendere con dolcezza, tacere quando conviene, ed edificare in ogni cosa. E voi, o santi Apostoli, che nel giorno solennissimo di Pentecoste riceveste nella sua pienezza lo Spirito di unità e santità, ottenete anche a noi un dono così segnalato, affinché credendo tutte le verità che avete insegnate, praticando tutte le opere che Voi avete raccomandate, vivendo e morendo nella Chiesa che Voi avete fondata, io giunga con Voi alla ricompensa beata ed eterna che ci avete insegnato a domandare e pregare. Così sia. [Manuale di Filotea, Milano 1888 – Impr.]

Preghiera

O Santo Spirito, Padre dei poveri e Consolatore degli afflitti, venite e scendete sopra di noi. Rischiarateci con la vostra sapienza, santificateci con il vostro amore; animateci con la vostra grazia; sosteneteci con la vostra fortezza, penetrateci con la vostra unzione; adottateci per figli con la vostra carità; pacificateci con la vostra presenza; salvateci con la vostra infinita misericordia; e sollevateci dalla terra al cielo, affinché Vi lodiamo, Vi benediciamo e Vi amiamo per tutta l’eternità. Amen. [Idem].

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Preghiera per domandare i Doni

Deus in adjutórium meum intènde.

Dòmine ad adjuvàndum me festina. (Glòria Patri,…) .

Santissimo Spirito Paràclito, io Vi adoro come vero Dio insieme col Padre e col Figlio divino. Vi benedico con le benedizioni degli Angeli e dei Serafini. Vi offro tutto il mio cuore, e vi ringrazio vivamente dei tanti benefici che avete fatto e Sempre fate al mondo. E poiché Voi siete il datore di tutti i beni soprannaturali, e Voi riempiste di immense grazie l’anima della Madre di Dio Maria, Vi prego di venire in me con la vostra grazia e con il vostro amore.

1. O Spirito Santo, concedetemi il dono del santo Timor di Dio, affinché io non tema che il peccato, ami Dio sopra ogni cosa e diffidando di me e fidando in Voi, spenga nel mio cuore ogni ambizione mondana, ogni senso di superbia: salvi l’anima mia. Gloria Patri con una delle giaculatorie riportate sotto.

2. O Spirito Santo, concedetemi il dono della Pietà, affinché io onori Dio con tutto l’affetto del mio cuore, reprima ogni sentimento di invidia; il cuor mio diventi dolce e mansueto come quello di Gesù. Gloria Patri, ecc.

3. O Spirito Santo, concedetemi il dono della Scienza, affinché io conosca sempre più il mio Dio per amarLo, i miei peccati per detestarli, farne la penitenza e ottenerne il perdono. Gloria Patri, ecc.

4. O Spirito Santo, concedetemi il dono della Fortezza, affinché io non tema alcun nemico dell’anima mia, combatta e vinca ogni difficoltà nel divino servizio e diventi sempre più fedele e fervoroso nell’adempimento dei miei doveri. Gloria Patri, etc.

5. O Spirito Santo, concedetemi il dono del Consiglio, affinché la mia mente da esso illuminata, veda il nulla dei beni di questo mondo, scopra ogni inganno del demonio, scacci ogni soverchio affetto alle cose terrene, ed usando misericordia al prossimo, ottenga io pure la misericordia di Dio. Gloria Patri, ecc.

6. O Spirito Santo, concedetemi il dono dell’Intelletto, affinché io impari sempre più ad amare ed apprezzare le verità della fede, e moderando in me ogni affetto mondano, conservi sempre puro il mio cuore e meriti un giorno di contemplare faccia a faccia il mio Creatore e Padre. Gloria Patri, ecc.

7. O Spirito Santo, concedetemi il dono della Sapienza, affinché l’anima mia, gustando le dolcezze della pietà, fugga gli allettamenti del senso, domi ogni passione, e conservando la pace in me stesso, col mio Creatore e Padre e col mio prossimo, meriti di essere chiamato figlio di Dio, e mi trovi sempre pronto a patire ogni persecuzione per conservare un così prezioso tesoro.

Gloria Patri, ecc.

Veni, Sancte Spiritus

 Veni, Sancte Spiritus, reple tuórum corda fidélium, et tui amóris in eis ignem accènde.

V. Emitte spiritum tuum, et creabùntur.

R. Et renovàbis fàciem terræ.

Oremus

Deus, qui corda fidélium Sancti Spiritus illustratióne docuisti, da nobis in eódem Spiritu recta sapere et de éjus semper consolatióne gaudére. Per Christum Dominum nostrum.

Indulgentìa quinque annorum. Indulgentia plenaria suetis conditionibus, dummodo quotidiana precum recitatio in integrum mensem producta fuerit (S. C. Indul., 8 maii 1907; S. Pæn.
Ap., 22 dec. 1932).

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Supplica allo Spirito Santo

Santissimo Spirito Paràclito, padre dei poveri, consolator degli afflitti, lume de’ cuori, santificatore delle anime, eccomi prostrato alla vostra presenza; Vi adoro con profondissimo ossequio. Vi benedico per mille volte ed insieme con i Serafini che stanno davanti al vostro trono, ripeto anch’io Sanctus, Sanctus, Sanctus. Credo fermamente che Voi siete eterno, consustanziale al Padre ed al Figlio divino. Spero nella vostra bontà che abbiate a salvare e a santificare quest’anima mia. Vi amo, o divino amore, con tutti gli affetti miei sopra tutte le cose di questo mondo, perché Voi siete infinita bontà, unicamente degna di tutti gli amori. E perché io, ingrato e cieco alle vostre ispirazioni tante volte Vi ho offeso con i miei peccati, Ve ne chiedo con le lacrime agli occhi mille volte perdono, dispiacendomi, più di ogni altro male, per aver disgustato Voi, sommo Bene. Vi offro tutto il mio freddissimo cuore, e Vi prego di ferirlo con un raggio della vostra luce e con una scintilla del vostro fuoco, affinché si dilegui il durissimo ghiaccio delle mie iniquità. Voi, che riempiste d’immense grazie l’anima di Maria santissima, ed infiammaste di santo zelo i cuori degli Apostoli, deh infervorate nel vostro amore anche il mio petto. Voi siete Spirito divino, sostenetemi contro tutti gli spiriti maligni. Siete fuoco: accendetemi del vostro amore. Siete luce: rischiaratemi la mente alla cognizione delle cose eterne. Siete colomba, datemi l’innocenza dei costumi. Siete aura soave, dissipate in me i venti delle mie passioni. Siete lingua: insegnatemi il modo di sempre benedirvi. Siete nuvola: proteggetemi con l’ombra del vostro patrocinio. E se finalmente siete il datore di tutti i doni celesti, deh animatemi, Vi prego, con la vostra grazia, santificatemi con la vostra carità, illuminatemi con la vostra sapienza, adottatemi per figlio con la vostra bontà, e salvatemi con l’infinita vostra misericordia; affinché sempre Vi benedica, Vi lodi e Vi ami, prima in terra nel tempo e poi in cielo per tutta l’eternità. Amen.

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LITANIE DELLO SPIRITO SANTO

Signore, abbiate pietà di noi

Cristo, abbiate pietà di noi

Signore, abbiate pietà di noi.

Cristo ascoltateci,

Cristo, esauditeci.

Padre celeste, che siete Dio, abbiate pietà di noi.

Figlio, Redentore del mondo, che siete Dio, abbiate pietà di noi.

Spirito Santo, che siete Dio, abbiate pietà di noi.

Santa Trinità, che siete un solo Dio, abbiate pietà di noi.

Spirito Santo, che procedete dal Padre e dal Figlio, abbiate pietà di noi [ogni volta].

Spirito Santo, che all’inizio del mondo spiravate sulle acque rendendole feconde …

Spirito Santo, per la cui ispirazione parlarono gli uomini di Dio, …

Spirito Santo, che rendeste testimonianza di Gesù Cristo, …

Spirito Santo, che siete disceso su Maria, …

Spirito Santo, che riempite tutta la terra, …

Spirito Santo, che abitate in noi, …

Spirito di verità, la cui unzione ci insegna tutte le cose, …

Spirito di sapienza e di intelletto, …

Spirito di consiglio e di fortezza, …

Spirito di scienza e di pietà, …

Spirito di santo timor di Dio, …

Spirito di grazia e di misericordia, …

Spirito di forza e di sobrietà, …

Spirito di umiltà e di castità, …

Spirito di dolcezza e di bontà, …

Spirito di pazienza e di modestia, …

Spirito di pace e di preghiera, …

Spirito di compunzione, …

Spirito di adozione dei figli di Dio, …

Spirito di ogni sorta di grazie, …

Spirito Santo che penetrate anche i segreti di Dio, …

Spirito Santo che pregate per noi con gemiti ineffabili, …

Spirito Santo disceso su Gesù sotto forma di colomba, …

Spirito Santo disceso sugli Apostoli sotto forma di lingue di fuoco, …

Spirito Santo di cui gli Apostoli furono ripieni, …

Spirito Santo per cui riceviamo una nuova vita, …

Spirito Santo che riempite i nostri cuori di carità, …

Spirito Santo che distribuite i vostri doni a chi Vi piace, …

Siateci propizio, perdonateci o Signore,

Siateci propizio, esauditeci o Signore,

Da ogni male – liberateci o Signore [ogni volta].

Da ogni peccato, …

Dalle tentazioni e dagli inganni del demonio, …

Dalla presunzione e dalla disperazione, …

Dalla resistenza alla verità conosciuta, …

Dall’ostinazione e dall’impenitenza, …

Da ogni sozzura di corpo e di anima, …

Dallo spirito di impurità, …

Da ogni cattivo spirito, …

Per la vostra eterna processione dal Padre e dal Figlio, …

Per la concezione di Gesù Cristo operatasi per opera vostra, …

Per la vostra divina discesa su Gesù Cristo nel Giordano, …

Per la vostra discesa sugli Apostoli nel cenacolo, …

Nel gran giorno del giudizio, …

Noi poveri peccatori, Ascoltateci, Ve ne preghiamo [ogni volta],

Affinché vivendo per lo spirito, per lo spirito pure operiamo, …

Affinché ricordandoci che siamo tempio dello Spirito Santo, giammai Lo profaniamo, …

Affinché, vivendo secondo lo spirito, non assecondiamo i desideri della carne, …

Affinché non abbiamo a contristare Voi che siete lo Spirito di Dio, …

Affinché possiamo conservare l’unità di spirito nel vincolo della pace, …

Affinché non abbiamo a credere troppo facilmente ad ogni spirito, …

Affinché sappiamo provare se gli spiriti vengono da Dio, …

Affinché ci rinnoviate nello spirito di rettitudine, …

Affinché ci fortifichiate col vostro sovrano Spirito, …

Agnello di Dio che togliete i peccati dal mondo, perdonateci o Signore.

Agnello di Dio che togliete i peccati dal mondo, esauditeci o Signore.

Agnello di Dio che togliete i peccati dal mondo, abbiate pietà di noi.

V. – Manda il tuo Spirito, e crea in noi una nuova creatura.

R. – E rinnoverai la faccia della terra.

Preghiamo

O Dio, che ammaestrasti i cuori dei fedeli con la luce dello Spirito Santo, concedici di gustare nel medesimo Spirito, ciò che è bene, e di godere sempre delle sue consolazioni. Per Cristo nostro Signore. Così sia.

Giaculatorie:

Spiritus Sancte Deus, miserere nobis. (500 g. o.v.)

Spiritus Sancti gratia illumina sensus, et corda nostra. Amen. (500 g. o.v.)

NATIVITÀ’ DELLA BEATA VERGINE MARIA

NATIVITÀ’ DELLA BEATA VERGINE MARIA

[da : Dom. Guéranger, “L’anno liturgico” – vol. II]

Giorno di gioia.

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Esultante di gioia, oggi la Chiesa ci fa dire con ragione: « La tua nascita, o Vergine Madre di Dio, fu per il mondo intero messaggio di consolazione e di gioia, perché da te è sorto il sole di giustizia, Cristo nostro Dio, che ci ha liberati dalla maledizione per darci la benedizione e, vincitore della morte, ci ha assicurato la vita eterna”. (Antif. dei secondi Vespri). La nascita di un bambino porta gioia nella casa ai genitori, che pure ne ignorano l’avvenire e, se la Chiesa il 24 giugno ci dice che quel giorno è un giorno di gioia, perché la nascita del Battista ci fa sperare la nascita di Colui del quale egli viene a preparare la strada, la nascita di Colei che sarà la Madre del Redentore non porterà gioia a tutti coloro che attendono la salvezza e la vita? – Sappiamo dal Vangelo che la nascita del Battista fu motivo di gioia per i suoi genitori, per il villaggio di Ain Karim e per le borgate vicine. Nulla invece sappiamo della nascita di Maria; ma, se tale nascita passò inosservata per molti, se Gerusalemme restò davanti ad essa esteriormente indifferente, sappiamo tuttavia che il giorno di tale nascita resterà un giorno di incomparabile gioia non solo per una città o per un popolo, ma per tutto il mondo e per tutti i secoli.

Gioia del cielo.

È gioia in cielo per la Santissima Trinità; gioia del Padre, che si rallegra per la nascita della sua prediletta, che egli farà partecipe della sua paternità; gioia del Figlio, che contempla la soprannaturale bellezza di Colei che diventerà sua Madre, alla quale egli chiederà in prestito la carne per riscattare il mondo; gioia dello Spirito Santo di cui Maria è il santuario immacolato e la cooperatrice nell’opera della concezione e dell’incarnazione del Verbo. È gioia per gli Angeli: Essi vedono che questa fanciulla è la meraviglia delle meraviglie dell’Onnipotente; in Lei Dio ha spiegato la sua sapienza, la sua potenza, il suo amore più che in tutte le altre creature; Egli ha fatto di Maria lo specchio purissimo in cui si riflettono tutte le sue perfezioni; essi comprendono che Maria, da sola, dà al suo Creatore più onore e più gloria che tutte le loro gerarchie insieme e già la salutano come Regina, gloria dei cieli, ornamento del mondo celeste e del mondo terrestre (Gv. il Geometra, Annunciazione, 37, P. G., 106, c. 845).

Gioia nel limbo.

San Giovanni Damasceno pensa che anche le anime trattenute nel limbo abbiano conosciuto questa nascita felicissima e che Adamo ed Eva, con una gioia mai più provata dopo la loro caduta nel paradiso terrestre, abbiano gridato: « Sii benedetta, o figlia, che il Signore ci promise il giorno della nostra caduta: da noi hai ricevuto un corpo mortale e ci restituisci la veste dell’immortalità. Tu ci richiami alla nostra prima dimora; noi abbiamo chiusa la porta del paradiso e tu restituisci libero il sentiero che porta all’albero della vita » (Dormitio Virginis: P. G. 96, c. 733). Altri scrittori antichi ci presentano i patriarchi e i profeti, che da lontano avevano annunziata e benedetta la venuta di Maria, intenti a salutare il compimento dei loro oracoli divini (Giacomo il Monaco, Natività di Maria: P. G. 1270. 573).

Gioia sulla terra.

Fu anche gioia sulla terra. Senza temerità, possiamo con i santi pensare che Dio diede alle anime « che attendevano allora la redenzione d’Israele (Lc. II, 38) una allegrezza straordinaria, una gioia grave e religiosa, che si insinuò nei loro cuori, e intimamente le convinse, senza spiegare come, che l’ora della salvezza del mondo era ormai prossima. – Ma gioia particolare in questo senso ebbero i felici genitori, i Santi Gioacchino e Anna. Essi contemplarono rapiti la radiosa, piccola bambina, loro donata nella vecchiaia, contro tutte le speranze. Forse essi si chiesero se non era uno degli anelli della linea benedetta dalla quale doveva uscire il Re, che avrebbe ristabilito il trono di Davide e salvato Israele e il loro ringraziamento salì fervido al Signore, che essi sentivano presente nella loro umile casa. « O coppia felice, esclama san Giovanni Damasceno, tutta la creazione ha un debito verso di voi, perché per mezzo vostro ha offerto a Dio il più prezioso dei doni, la Madre ammirabile, che, sola, di Lui era degna. Benedetto il tuo seno, o Anna, perché ha portato Colei che nel suo seno porterà il Verbo eterno, Colui che nulla può contenere e che porterà agli uomini la rigenerazione. O terra da principio infeconda e sterile, dalla quale è sorta una terra dotata di fecondità meravigliosa, che sta per produrre la spiga, che nutrirà tutti gli uomini! Beate le vostre mammelle, perché hanno allattato Colei, che allatterà il Verbo di Dio, nutrice di Colui che nutre il mondo… » (Sulla Natività, P. G. 96, c. 664-668).

Maria causa della nostra gioia.

La nascita di Maria è dunque causa di gioia e la gioia è sentimento che oggi tutto assorbe e tutto penetra. La Chiesa desidera che noi entriamo in questa gioia che straripa e trionfa. Ci invita a questa gioia in tutto l’Ufficio e ci fa cantare, fino dall’invitatorio di Mattutino: « È la nascita di Maria, facciamole festa, adoriamo Cristo, suo figlio, nostro Signore ». E poco dopo ci fa aggiungere: « Celebriamo con tenera devozione la nascita della beata Vergine Maria, perché interceda presso Gesù Cristo. Con allegrezza e tenera devozione, celebriamo la nascita di Maria » (Responsorio del Mattutino). – La Chiesa ci invita alla gioia perché Maria è la Madre della divina grazia e, nel pensiero divino, già la Madre del Verbo incarnato. – Le parole grazia e gioia hanno in greco una stessa radice, vanno sempre a fianco e si richiamano a vicenda: Maria, essendo piena di grazia, è anche piena di gioia per sé e per noi. La Liturgia ci mostra in questa graziosa bambina appena nata la Madre di Gesù, tanto Maria è inseparabile dal Figlio, che è nata solo per Lui, per essere sua Madre e per divenire madre nostra, dandoci la vera vita, la vita della grazia. Tutte le preghiere della Messa acclamano la maternità della Vergine Maria quasi per dire che la Chiesa non può separare la sua nascita da quella dell’Emmanuele.

Il luogo di nascita di Maria.

Dove nacque la Santissima Vergine? Un’antica e costante tradizione indica come luogo di nascita Gerusalemme, là ove è la chiesa di sant’Anna, presso la piscina Probatica. Là « nell’ovile paterno, dice san Giovanni Damasceno, è nata Colei, da cui ha voluto nascere l’Agnello di Dio ». Là più tardi furono sepolti i santi Gioacchino e Anna e le loro tombe furono scoperte dai Padri Bianchi il 18 marzo 1889, presso la grotta della Natività. Là fu costruita nel secolo IX una chiesa e le monache benedettine vi si stabilirono dopo l’arrivo in Palestina dei Crociati e vi restarono fino al secolo XV. Poi una scuola mussulmana sostituì il monastero e, solo in seguito alla guerra di Crimea, il sultano Abd-ul-Medjid donò la chiesa e la piscina probatica alla Francia, che era entrata vittoriosa a Sebastopoli il giorno 8 settembre 1855.

Origine della festa.

La festa della Natività sorse in Oriente. La Vita di Papa Sergio (687-701) la elenca fra le quattro feste della Santa Vergine esistenti a quel tempo e sappiamo inoltre che l’imperatore Maurizio (582-602) ne aveva prescritta la celebrazione con le altre tre dell’Annunciazione, della Purificazione e dell’Assunta. San Bonifacio introdusse la festa in Germania. Una graziosa leggenda attribuisce al vescovo di Angers, Maurilio, l’istituzione della festa e forse veramente egli introdusse nella sua diocesi una festa, per realizzare il desiderio della Vergine, che gli era apparsa nelle praterie del Marillais verso l’anno 430, e di qui il nome di Nostra Signora Angevina o festa dell’Angevina, che ancora le dà, nella regione occidentale, il popolo cristiano. – Chartres da parte sua rivendica al vescovo Fulberto (1028) una parte preponderante nella diffusione della festa in tutta la Francia. Il re Roberto il Pio (o il suo seguito) diede le note ai tre bei Responsori Solem justitiae, Stirps Jesse, Ad nutum Domini, nei quali Fulberto celebra il sorgere della stella misteriosa, che doveva generare il sole, il virgulto sorto dal ceppo di Jesse che doveva portare il fiore divino sul quale riposerà lo Spirito Santo, la onnipotenza che dalla Giudea produce Maria, come una rosa dalle spine. – Nel 1245, durante la terza sessione del primo Concilio di Lione, Innocenzo IV stabilì per tutta la Chiesa l’Ottava della Natività della Beata Vergine Maria, (oggi soppressa) compiendo il voto emesso da lui e dai Cardinali durante la vacanza di diciannove mesi, causata dagli intrighi dell’imperatore Federico II alla morte di Celestino IV e terminata con l’elezione di Sinibaldo Fieschi col nome di Innocenzo. – Nel 1377, il grande Gregorio XI, il Papa, che aveva spezzate le catene di Avignone, completò gli onori resi alla Vergine nascente con l’aggiunta della vigilia alla solennità, ma o perché non espresse al riguardo che un desiderio o per altre cause, le intenzioni del Pontefice non ebbero seguito che per qualche tempo negli anni torbidi, che seguirono la sua morte.

La pace.

Quale frutto di questa festa, imploriamo con la Chiesa (Colletta del giorno) la pace, che nei nostri tempi sventurati pare allontanarsi sempre di più. La Madonna nacque nel secondo dei tre periodi di pace universale segnalati sotto Augusto, il terzo dei quali segnò l’avvento del Principe stesso della pace. – Mentre si chiudeva il tempio di Giano, l’olio misterioso sgorgava dal suolo a Roma nel luogo dove doveva sorgere il primo santuario della Madre di Dio, si moltiplicavano i presagi per il mondo in attesa e il poeta cantava: « Finalmente giunge l’ultima era preannunziata dalla Sibilla, si apre la serie dei secoli nuovi, ecco la Vergine » (Virgilio, Egloga IV). – In Giudea, lo scettro era stato tolto a Giuda, (Gen. 49, 10) ma anche colui, che se ne era impadronito, proseguì la splendida restaurazione, che doveva permettere al secondo Tempio di ricevere fra le sue mura l’Arca santa del nuovo Testamento. – È il mese sabbatico, primo mese dell’anno civile e settimo del ciclo sacro Tisri, in cui comincia il riposo stabilito ad ogni settennio, cioè l’anno santo giubilare (Levit. XXV, 9), il mese più ricco di gioia con la Neomenia solenne, annunziata da suoni di tromba e da canti (ibid. 23; Num. XXIX; Psal. LXXX), la festa dei Tabernacoli e il ricordo della dedicazione del primo Tempio sotto Salomone. – In cielo il sole è uscito dal segno del Leone ed entra in quello della Vergine. Sulla terra due oscuri discendenti di Davide, Gioacchino e Anna, ringraziano Dio, che ha benedetto la loro unione, per molto tempo infeconda.

Il Mistero di Maria.

Maria, dalla quale è nato Gesù: qui è tutto il mistero della Madonna, il titolo costitutivo, come abbiamo veduto, del suo essere di natura e di grazia; come Gesù dovendo nascere da Maria figlia della donna (Gal. IV, 4) e figlia di Dio (Rom. VII, 3-4), era dal principio ragione nascosta della creazione il cui mistero si sarebbe rivelato solo alla pienezza dei tempi (Efes. III, 9). Opera unica questa della quale il profeta, nella sua estasi diceva: Farai conoscere, o Dio, nella pienezza degli anni l’opera tua; verrà il Santo dalla montagna oscura; i poli del mondo si curvano sotto il passo della sua eternità (Abacuc III, 2-6). – La montagna donde deve venire il Santo, l’Eterno, il Dominatore del mondo, quando sarà il tempo, è la Beata Vergine, che l’Altissimo coprirà della sua ombra (Lc. I, 35), e l’altezza della Quale, già alla nascita, sorpassò tutte le altezze del cielo e della terra. I tempi sono dunque compiuti. Dal momento in cui l’eterna Trinità uscì dal suo riposo per creare cielo e terra (Gen. I, 1) tutte le generazioni del cielo e della terra, come dice la scrittura (ibid. II, 4) erano in travaglio dal giorno che dona al Figlio di Dio la Madre attesa. Parallelamente alla linea, che scende da Abramo e da Davide al Messia, tutte le genealogie umane preparavano a Maria la generazione dei figli adottivi che Gesù, figlio di Maria, si sceglierà per fratelli.

Preghiera a Maria Bambina.

Finalmente, o Maria, il mondo ti possiede! La tua nascita gli rivela il segreto del suo destino, il segreto d’amore che lo chiamò dal nulla, perché diventasse l’abitazione di Dio al di sotto dei cieli. Ma qual è dunque il mistero di questa debole umanità, che, inferiore agli Angeli per natura, è tuttavia chiamata a dare loro un Re e una Regina? Il Re l’adorano neonato fra le vostre braccia, la Regina la riveriscono oggi nella culla insieme con gli angeli. Astri del mattino, questi nobili spiriti davano inizio alle manifestazioni dell’Onnipotenza e lodavano l’Altissimo (Giob. 38, 7), ma il loro sguardo non scoprì mai meraviglia pari a quella che li fa ora esultare: Dio, riflesso in modo più puro sotto i veli del corpo fragile di una bambina di un giorno che nella forza e nello splendore dei nove cori; Dio, conquistato egli stesso da tanta debolezza, unita per grazia sua a tanto amore che egli ne fa il suo capolavoro, manifestando in essa suo Figlio. – Regina degli Angeli, tu sei anche nostra Regina, ricevici per manifestare fede e omaggio. In questo giorno in cui il primo slancio della tua anima santissima fu per il Signore, il primo sorriso degli occhi per i genitori che ti misero al mondo; si degni la beata Anna ammetterci a baciare in ginocchio le tue mani benedette, già pronte alle divine larghezze delle quali sono predestinate dispensatrici. E intanto cresci, dolcissima bambina, si irrobustiscano i tuoi piedi, per schiacciare il capo al serpente, prendano forza le tue braccia, per portare il tesoro del mondo; l’angelo e l’uomo, tutta la natura; Dio Padre, Figlio, Spirito Santo, sono in attesa del momento solenne in cui Gabriele potrà spiccare il volo dal cielo per salutarti piena di grazia e portarti il messaggio d’amore.

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s. Agostino

Sermone di sant’Agostino Vescovo

Sermone 18 sui Santi, ch’è il 2 dell’Annunciazione del Signore

Eccoci, dilettissimi, al giorno desiderato della beata e venerabile Maria sempre Vergine; perciò si rallegri e gioisca sommamente la nostra terra illustrata dalla nascita di tale Vergine. Ella infatti è il fiore del campo, da cui è uscito il prezioso giglio delle valli, per la cui maternità si è cambiata la sorte dei nostri progenitori e cancellata la loro colpa. Ella non ha punto subita la maledizione pronunziata contro di Eva, cioè: «Nel dolore darai alla luce i tuoi figli» (Gen. III,16); avendo ella dato alla luce il Signore nella gioia. – Eva pianse, Maria esultò: Eva portò nel seno un frutto di lacrime, Maria di gioia, avendo dato alla luce quella un peccatore e questa un innocente. La madre del genere umano introdusse il castigo nel mondo, la Madre di nostro Signore ha portato la salvezza al mondo. Eva è la sorgente del peccato, Maria la sorgente del merito. Eva ci fu funesta dandoci la morte, Maria ci ha fatto del bene rendendoci la vita. Quella ci ha feriti, questa ci ha guariti. La disobbedienza è stata riparata dall’obbedienza, l’incredulità compensata colla fede. – Maria ora applauda co’ strumenti d’armonia, e le agili dita della vergine madre suonino i cembali. Rispondano i cori festanti, e il doppio concerto della nostra voce s’alterni co’ suoi cantici melodiosi. Udite dunque come cantò la nostra musicista ispirata; ella disse: «Magnifica l’anima mia il Signore: ed esulta il mio spirito in Dio, mia salvezza. Perché ha riguardato alla bassezza della sua ancella: ond’ecco da questo momento mi chiameranno beata tutte le generazioni. Perché grandi cose ha fatto in me colui ch’è potente» (Luc. 1,46). Così dunque il prodigio d’una nuova maternità, ha rimediato alla colpa che ci ha rovinati; e il canto di Maria, ha messo fine ai lamenti di Eva.

Per la NATIVITA’

[G. Riva: Manuale di Filotea, Milano 1888]

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La cui festa fu ordinata da Sergio I nel 688 per ottenere, come ottenne, con l’intercessione di Maria, – 1) di essere liberato dalle inique vessazioni dell’imperatore Giustiniano II, il quale voleva sostenere come ecumenico l Concilio Truliano o Quinisesto, tenuto dai Greci a Costantinopoli, malgrado la costante disapprovazione del Papa, il quale perciò non vi spedì i propri legati, né volle mai approvarne i canoni, – 2) di riconciliare con la Chiesa Romana il Patriarcato di Aquileja in Istria, che si ostinava a non riconoscere come legittimo il V Concilio ecumenico, in cui si erano condannati i tre eretici libri di Teodoreto, di Teodoro e Mopsuesta ed Iba, denominati i Tre Capitoli.

I – Vergine singolarissima, che nascendo a questa vita, la pace annunciaste agli afflitti mortali, ottenete la vera pace ai nostri cuori, alla Chiesa e a tuttp il mondo. Ave.

II – Vergine invitta, che sin dal vostro nascimento cominciaste ad abbattere il regno del demonio, impetrate anche a noi tutti di distruggere in noi le opere sue e di resistergli sempre con viva fede, affinché possa in noi e con noi regnare Gesù Cristo. Ave.

III – Vergine intatta, che nasceste e viveste sempre più pura de’ cieli e degli Angeli, fate che anche noi da qui in avanti conduciamo sempre una vita tutta illibata e propria del cristiano. Ave.

IV – Vergine celestiale, che veniste al mondo, non per essere del mondo, ma per trionfarne compitamente impetrate anche a noi di viverne affatto staccati, conformandoci sempre alle massime del sacrosanto Vangelo. Ave.

V – Vergine gloriosa, che nasceste per essere trionfatrice di tutte le eresie che fossero insorte nel mondo, dissipate con il vostro potere tutti gli errori contrari alla nostra SS. Religione, e viva in noi conservate quella fede che opera per mezzo della carità. Ave.

VI – Vergine Santissima, che non per altro appariste al mondo che per essere speccio tesissimo d’ogni virtù, fate che a voi teniamo sempre rivolti gli occhi nostri per poter imitare le virtuose nostre operazioni, e divenire ancora santi ancora noi. Ave.

VII – Vergine felicissima, cui Dio fece nascere al solo fine di diventare la nostra corredentrice, dando alla luce il comune Riparatore fate che per Esso siamo salvati da ogni male e conseguiamo con sicurezza la nostra eterna salute. Ave, Gloria.

Oremus

Adjuvet nos quaesumus, Domine, sancta Mariae intercessio veneranda; ejus etiam diem quo mundo exorta est annua festivitate celebremus. Per Dominum nostrum, etc.