QUIS UT DEUS? 8 Maggio. Apparizione di S. Michele

QUIS UT DEUS?

APPARIZIONE DI S. MICHELE ARCANGELO

8 MAGGIO.

La Sacra Scrittura e la Tradizione ci fanno conoscere più apparizioni di S. Michele; e come una volta la Sinagoga dei Giudei, così ora la Chiesa di Dio onorò sempre S. Michele, quale suo custode e protettore. Onde dopo l’era delle persecuzioni sorsero ben presto in suo onore molte Chiese, sia in Oriente specie a Costantinopoli, come in Occidente, prima a Ravenna e poi a Roma. La solennità odierna venne istituita a ricordare l’apparizione di S. Michele sul monte Gargano, nella Capitanata, essendo Pontefice Gelasio I. – Narra la Tradizione, che essendo capitati su quel monte dei cacciatori, e vedendo un cervo di singolare bellezza, uno lasciò scoccare l’arco verso di lui, ma la freccia anziché colpire il cervo ritornò sul cacciatore. A tal vista spaventati tutti fuggirono, mentre l’accaduto veniva narrato al Vescovo della città; il quale credendolo cosa prodigiosa ordinò a tutto il suo popolo tre giorni di digiuno e di preghiere. Terminati i giorni di digiuno, tutto il popolo con a capo il Vescovo si recò processionalmente sul monte, ove il Vescovo vide e udì l’Arcangelo S. Michele dichiarare che quel luogo era stato posto in sua tutela. A questo favore tutti caddero in ginocchio, rendendo grazie a Dio per avere mandato S. Michele a prendere possesso di quel monte sul quale la pietà dei fedeli vi eresse un tempio, in cui ben presto si operarono tali prodigi da confermare la tradizione. Il monte Gargano divenne da quel giorno luogo di grandi pellegrinaggi, specie nei tempi di calamità, né mai vi salivano invano, poiché ogni volta per intercessione dell’Arcangelo S. Michele si manifestava la bontà divina, concedendo quanto si domandava. – Fatto luminoso è quello di S. Romualdo, il quale nell’anno 1002 impose all’imperatore Ottone III di salir sul monte Gargano a piedi nudi per incurvarsi a S. Michele ed espiare così il delitto di cui erasi reso colpevole permettendo fosse ucciso il senatore Crescenzio, cui aveva solennemente giurato la grazia di aver salva la vita. – Certo tutti gli spiriti celesti come ci insegna la Chiesa sono ministri di Dio, ma S. Michele ha potere grande presso l’Altissimo poiché ne difese la gloria coll’abbattere il superbo Lucifero. Memorabili sono le sue parole pronunciate prima di incominciare la lotta contro gli spiriti ribelli, parole di cui è formato il suo nome: « Michael?» « Quis ut Deus? Chi è come Dio?». Ricordiamoci che S. Michele, principe delle milizie celesti, con una moltitudine di Angeli, venne a noi mandato da Dio, il quale consegnò a loro le nostre anime affinché le conducano alla vita eterna.

RICORDO. — A fianco di ciascheduno fu posto un Angelo Custode: non offendiamone la presenza col peccato.

PREGHIERA. — Dio che con ammirabile ordine dispensi i ministeri degli Angeli e degli uomini, concedi propizio che la nostra vita in terra sia difesa da coloro che in cielo sempre ti servono ed assistono. Così sia

Preghiera a s. Michele Arcangelo.

O Gran Principe della milizia celeste, Voi che sempre state in difesa del popolo di Dio , già combatteste col Dragone, e lo scacciaste dal Cielo: a voi dico, efficacemente difendete la santa Chiesa, le porte dell’ inferno non possano prevalere contro di essa; assistetemi col vostro potente patrocinio in ogni cimento contro il demonio, e specialmente in quello che proverò nell’ ultimo dei miei giorni, ove temo per la mia debolezza di poter essere superato: vi prego dunque, o Principe fortissimo, a non abbandonarmi in quel punto, acciò possa costantemente resistere al nemico infernale, mediante la divina virtù: perché in tal modo trionfando di questo capitale nemico, possa poi lodare e benedire con voi, e con tutti gli Angioli la somma clemenza del mio Dio nel cielo.

Sancte Michael Archangele, defende nos in prælio, ut non pereamus in tremendo iudicio.

Inno a s. Michele (1).

[Per ottenere gli efficaci effetti del suo patrocinio sia in vita che in morte].

O gran virtù del Padre,

Del ciel vivo splendore,

Vita del nostro cuore.

Amato mio Gesù.

Noi ti lodiam per tutto

Fra gli Angioli purissimi,

Arcangeli santissimi,

Che pendono da te.

Folta coron di Duci,

Che mille e mille sono,

Combattono pel Trono

Del Padre, Spirto e Te.

Ma Vincitor fra tutti,

Col volto fiero e atroce,

Spiega Michel la Croce,

Gran segno d’umiltà

Di Satanasso il capo

Ei schiaccia velenoso,

E nel Tartaro ombroso

Per sempre il confinò.

Dalla celeste rocca

Lo fulmina, lo scaccia,

Senza voltar mai faccia.

Senza tremare il pie.

Contro il superbo Duce

Michel noi seguiremo,

Con lui combatteremo,

Forti senza timor.

Acciò dal Padre e Figlio

La gloria a noi ne vanga,

Lo spirto ci sostenga

Di santa e pura fé

Al Padre insiem col Figlio,

E a te Spirito santo,

Gloria si dia frattanto

Sempre ed in ogni età. Cosi sia.

Antifona. O principe gloriosissimo Michele Arcangelo, ricordati di noi; qui e dovunque prega sempre per noi il Figlio di Dio.

V.. Nel cospetto degli Angeli ti esalterò, mio Dio.

R.. Ti adorerà al tempio santo tuo, e confesserò il tuo Nome.

Orazione.

Dio, che con maraviglioso ordine distribuisci i misteri degli Angioli e degli uomini,

piacciati di fare che da questi ministri, che in Cielo ti fan corona, sia la vite nostra in terra soccorsa e fortificata.

 

(1) [Pio VII con rescrìtto perpetuo del 6 maggio 1817 concesse a tutt’i Fedeli 200 giorni d’Indulgenza per una volta al dì a chi lo reciterà e l’Indulgenza plenaria a quelli che giornalmente per un mese continuo lo diranno, in un giorno ad arbitrio, in cui confessati e comunicati, pregheranno secondo 1’intenzione del sommo Pontefice.]

NOVENA in onore di S. Michele Arcangelo

I . Grande esemplare di umiltà che fin dal principio compariste nel mondo, e Zelatore ardente della gloria di Dio, per quella sommissione perfetta da voi prestata all’infinita Maestà di Dio e per quello zelo con cui cacciaste dal Paradiso Lucifero a Dio ribelle; ottenetemi la vera umiltà di cuore, affinché, sottomettendomi perfettamente a Dio, ed alle creature tutte per amore di Lui, meriti da Dio medesimo quelle grazie che Egli ha promesso ai soli umili di cuore. Pater, Ave e Gloria.

II. Principe del Popolo di Dio, per quell’impegno, che mostraste sempre pei suoi vantaggi, e che vi fece pregare il Signore a far finalmente finire la schiavitù dello stesso popolo in Babilonia, e ne foste esaudito; ottenetemi voi da Dio il perdono dei miei peccati che mi fecero schiavo del demonio, ed impetratemi ancora la perfetta, costante e perseverante mutazione di vita, e la santità de’ costumi, affin di meritare insiem con voi la gloria promessa ai mondi di cuore. Pater, Ave e

III. Terror dei diavoli e di coloro che sono loro seguaci, per quello spavento che incuteste a Balaamo perché non maledicesse il popolo del Signore, e 1’obbligaste a benedirlo; difendetemi da tutte le insidie che mi terranno gli amatori del mondo, seguaci del diavolo, affinché possa io, scampato dai loro lacci, camminare sicuro per la via dell’eterna mia salata- Pater, Ave e Gloria.

IV. Modello ammirabile di ogni angelica virtù, che nell’opporvi al diavolo perché non fosse manifestato agli Ebrei il sepolcro di Mose per non farli idolatrare, non ardiste proferire contro di lui voce alcuna di bestemmia, ma lo vinceste con quelle ammirabili parole : Ti reprima il Signore; ottenetemi voi da Dio un santo Zelo contro dei peccatori, ed un vero amore verso il mio prossimo, senza mai offenderlo o fargli male né con fatti, né con parole, affin di meritare il premio promesso da Gesù Cristo a quelli che avranno avuto la vera carità verso del prossimo. Pater, Ave.e Gloria.

V. Difensore potentissimo delle anime contro le potestà delle tenebre, per quella difesa che prendeste del Sommo Sacerdote Giudaico, chiamato Gesù, contro le accuse del diavolo che lo voleva veder condannato, onde poi si vide risplendere di virtù, e governare coll’ assistenza degli Angeli il popolo di Dio; difendetemi voi dalle accuse che il demonio farà di me al Tribunale di Dio, specialmente nell’ora della mia morte, ed ottenetemi il perdono dei peccati miei, mediante una perfetta contrizione di cuore specialmente nell’ultimo punto di mia vita, affinché la mia morte sia la morte dei giusti nel bacio del Signore. Pater, Ave Gloria.

VI. Gloriosissimo Principe della Milizia Angelica, per l’aiuto che prestaste a quell’Angelo che comparve a Daniele, e ne appagò le brame; siate sempre voi in mio aiuto nel combattere il demonio, il mondo e la carne, sino alla morte, onde adempiendo i divini precetti, meriti la gloria, che voi godete fin dal principio del Mondo. Pater, Ave Gloria.

VII. Zelatore ardentissimo della salute degli uomini per esser voi costituito da Dio in Principe e Protettore delle anime elette nell’uscire di questa vita; voi assistetemi in vita, e molto più in morte, ottenendomi da Dio tutte quelle grazie che mi bisognano per vivere bene e ben morire, affin di essere da voi presentato a Cristo Giudice come cosa vostra, e meritare così la sentenza delle anime giuste. Pater, Ave e Gloria.

VIII. Arcangelo accettissimo al cuor di Dio, che siete da lui destinato in protettore delle anime giuste che trovansi in Purgatorio; colle vostre orazioni ottenete da Dio la liberazione sollecita di quelle anime sante da quelle atrocissime pene, e la sollecitudine stessa mostrate per me, se salvandomi, come spero per divina misericordia e per vostra intercessione, mi troverò ancor io nel numero di quelle anime che penano in quelle fiamme. Pater, Ave e Gloria.

IX. Principe gloriosissimo del Paradiso per la destinazione da Dio fatta di voi in Protettor della Chiesa di Gesù Cristo, come Io foste un’altra volta della Chiesa Giudaica, e ciò sino alla fine del mondo, quando venendo voi cogli Angeli vostri in aiuto di Enoc, e di Elia, e dei Ministri della Chiesa, combatterete e vincerete l’Anticristo, il Diavolo e gli Angeli suoi ribelli, che saranno da voi sommersi negli abissi infernali, deh voi proteggete sempre con fortezza la Chiesa “vera” di Gesù Cristo ed i suoi fedeli, ottenendo da Dio la conversione ai peccatori, l’aumento della grazia ai giusti, e a tutti la perseveranza finale. Pater, Ave e Gloria.

ANTIPHONA.

Princeps gloriosissime Michael Archangele, esto memor nostri, hic et ubique semper precare prò nobis filium Dei.

V.In cospectu Augelorum psallam tibi,Deus meus.

R. Adorabo ad templum sanctum tuum, et confitebor nomini tuo.

OREMUS.

Deus, qui miro ordine, Augelorum ministeria hominumque dispensas: concede propitius, ut a quibus tibi ministrantibus in coelo semper assistitur, ab his in terra vita nostra muniatur. Per Christum Dominum nostrum. Amen.

[da: “Il giardino spirituale”;  Napoli 1903 – imprim.]

 

LA MADONNA DI POMPEI: Supplica e novena

Supplica alla Regina del SS. Rosario di Pompei

Da recitarsi a mezzogiorno l‘8 Maggio e nella prima Domenica di Ottobre.

 In nomine  Patris, et Filii et Spiritus Sancti. Amen.

I. O augusta Regina delle Vittorie, o Vergine sovrana del paradiso, al cui nome potente si rallegrano i cieli e tremano per terrore gli abissi, o Regina gloriosa del Santissimo Rosario, noi tutti avventurati figli vostri che la bontà vostra ha prescelti in questo secolo ad innalzarvi un tempio in Pompei, qui prostrati ai vostri piedi, in questo giorno solennissimo della festa dei novelli vostri trionfi sulla terra degli idoli e dei demoni, effondiamo con lacrime gli affetti del nostro cuore, e con la confidenza di figli vi esponiamo le nostre miserie. – Deh! da questo trono di clemenza, ove sedete Regina, volgete, o Maria, lo sguardo vostro pietoso verso di noi, su tutte le nostre famiglie, sull’Italia, sull’Europa, su tutta la Chiesa, e vi prenda compassione degli affanni in cui volgiamo e dei travagli che ci amareggiano la vita. – Vedete, o Madre, quanti pericoli nell’anima e nel corpo ci circondano; quante calamità ed afflizioni ci costringono! O Madre, trattenete il braccio della giustizia del vostro Figliuolo sdegnato, e vincete con la clemenza il cuore dei peccatori; sono pur nostri fratelli e figli vostri che costano sangue al dolce Gesù e trafitture di coltello al vostro sensibilissimo cuore. Oggi mostratevi a tutti, qual siete, Regina di pace e di perdono. Salve, Regina, etc. ..

II. È vero, è vero, che noi per primi, benché vostri figliuoli, con i peccati torniamo a crocifiggere in cuor nostro Gesù, e trafiggiamo novellamente il vostro cuore. Sì, lo confessiamo, siamo meritevoli dei più aspri flagelli. Ma voi ricordatevi che sulle vette del Golgota raccoglieste le ultime stille di quel Sangue divino e l’ultimo testamento del Redentore moribondo. E quel testamento di un Dio, suggellato col Sangue di un uomo-Dio, vi dichiarava Madre nostra, Madre dei peccatori. Voi dunque come nostra Madre siete la nostra Avvocata, la nostra Speranza. E noi gementi stendiamo a voi le mani supplichevoli gridando: misericordia! – Pietà vi prenda, o Madre buona, pietà di noi, delle anime nostre, delle nostre famiglie, dei nostri parenti, dei nostri amici, dei nostri fratelli estinti, e soprattutto dei nostri nemici e di tanti che si dicono Cristiani, e pur lacerano il Cuore amabile del vostro Figliuolo. Pietà, deh! Pietà oggi imploriamo per le nazioni travagliate, per tutta l’Europa, per tutto il mondo che ritorna pentito al Cuor vostro. Misericordia per tutti, o Madre di Misericordia. Salve, Regina, etc. ..

III. Che vi costa, o Maria, l’esaudirci? Che vi costa il salvarci? Non ha Gesù riposto nelle vostre mani tutti i tesori delle sue grazie e delle sue misericordie? Voi sedete alla destra del vostro Figliuolo, rivestita di gloria immortale su tutti i cori degli Angeli. Voi distendete il vostro dominio per quanto son distesi i cieli, e a voi la terra e le creature tutte che in essa abitano sono soggette. Il vostro dominio si stende sino all’inferno, e voi sola ci strappate dalle mani di satana, o Maria. Voi siete l’onnipotente per grazia, voi dunque potete salvarci. Che se dite di non volerci aiutare, perché figli ingrati e immeritevoli della vostra protezione, diteci almeno a chi mai dobbiamo ricorrere per essere liberati da tanti flagelli. Ah, no! Il vostro cuore di Madre non patirà di veder noi, vostri figli, perduti. Il Bambino che vediamo sulle vostre ginocchia, e la mistica corona che miriamo nella vostra mano, c’ispirano fiducia che saremo esauditi. E noi confidiamo pienamente in voi, ci gettiamo ai vostri piedi, ci abbandoniamo come deboli figli tra le braccia della più tenera fra le madri, e oggi stesso, sì, oggi da voi aspettiamo le sospirate grazie. Salve, Regina, etc. ..

Chiediamo la benedizione a MARIA

Un’ultima grazia noi ora vi chiediamo, o Regina, che non potete negarci in questo giorno solennissimo. Concedete a tutti noi il vostro costante amore, ed in modo speciale la materna benedizione. No, non ci leveremo oggi dai vostri piedi, non ci staccheremo dalle vostre ginocchia finché non ci avete benedetti. Benedite, o Maria, in questo momento il Sommo Pontefice (Gregorio XVIII). Ai prischi allori della vostra corona, agli antichi trionfi del vostro Rosario, onde siete chiamata Regina delle Vittorie, deh! Aggiungete ancor questo, o Madre: concedete il trionfo alla Religione e pace alla umana società. Benedite il nostro Vescovo, i sacerdoti, e particolarmente coloro che zelano l’onore del vostro santuario. Benedite infine tutti gli Associati al vostro novello tempio di Pompei, e quanti coltivano e promuovono la devozione al vostro Santissimo Rosario. O Rosario benedetto di Maria, catena dolce che ci rannodi a Dio, vincolo di amore che ci unisci agli Angeli, torre di salvezza negli assalti d’inferno, porto sicuro nel comune naufragio, noi non vi lasceremo mai più. Tu ci sarai conforto nell’ora di agonia: a te l’ultimo bacio della vita che si spegne. E l’ultimo accento delle smorte labbra sarà il nome vostro soave, o Regina del Rosario della valle di Pompei, o Madre nostra cara, o unico rifugio dei peccatori, o sovrana consolatrice dei mesti. Siate ovunque benedetta, oggi e sempre, in terra ed in cielo . Così sia. Ave, Maria, etc. ..

Indulgenze: 7 anni o. v. plen. s.c. p.t.m.

NOVENA IN ONORE

DELLA SS. VERGINE DEL ROSARIO

Di POMPEI

Indulgenze concesse dal S. P. Leone XIII a chi recita la:

Novena d’impetrazione.

Con Rescritto della Sacra Congregazione dei Riti del 29 Novembre del 1887, il Santo Padre Leone Xlll ha concesso a tutti i fedeli i quali con cuore almeno contrito e per nove giorni continui devotamente reciteranno innanzi ad un’Immagine della Vergine di Pompei questa Novena composta di cinque preghiere, versetti, responsorii ed oremus, l’Indulgenza di trecento giorni una volta in ciascun giorno della Novena medesima, e l’Indulgenza Plenaria a quelli che avendola praticata come sopra, veramente pentiti, confessati e comunicati in un giorno, o dentro la Novena, o dopo averla compiuta, pregheranno per qualche spazio di tempo, secondo l’intenzione del Sommo Pontefice.

O Santa Caterina da Siena, mia protettrice e Maestra, tu che assisti dal Cielo i tuoi devoti allorché recitano il Rosario di Maria, assistimi in questo momento; e degnati di recitare insieme con me la Novena alla Regina del Rosario che ha posto il trono delle sue grazie nella Valle di Pompei, acciocché per tua intercessione io ottenga la desiderata grazia. Così sia.

V. Deus, in adiutorium meum intende;

R. Domine, ad adiuvandum me festina.

Gloria Patri, etc. ..

I. O Vergine Immacolata e Regina del S. Rosario, Tu, in questi tempi di morta fede e di empietà trionfante, hai voluto piantare il tuo seggio di Regina e di Madre sull’antica terra di Pompei, soggiorno di morti Pagani. E da quel luogo dov’erano adorati gli idoli e i demonii, Tu oggi, come Madre della divina grazia, spargi da per tutto i tesori delle celesti misericordie. Deh! da quel trono ove regni pietosa, rivolgi, o Maria, anche sopra di me gli occhi tuoi benigni, ed abbi pietà di me che ho tanto bisogno del tuo soccorso. Mostrati anche a me, come a tanti altri ti sei dimostrata, vera Madre di misericordia;Monstra te esse Matrem”; mentre che io con tutto il cuore ti saluto e t’invoco mia Sovrana e Regina del Santissimo Rosario.

Salve Regina, Mater etc. ..

II. Prostrata ai piedi del tuo trono, o grande e gloriosa Signora, l’anima mia ti venera tra gemiti ed affanni ond’è oppressa oltre misura. In queste angustie ed agitazioni in cui mi trovo, io alzo confidente gli occhi a Te, che ti sei degnata di eleggere per tua dimora le capanne di poveri ed abbandonati contadini. E là, rimpetto alla città, ed all’anfiteatro dai gentileschi piaceri, ove regna silenzio e rovina, Tu, come Regina delle Vittorie, hai levato la tua voce potente per chiamare d’ogni parte d’Italia e del mondo cattolico i devoti tuoi figli ad erigerti un tempio. Deh! Ti muovi alfine a pietà di quest’anima mia che giace avvilita nel fango. Miserere di me, o Signora, miserere di me che sono oltremodo ripieno di miserie e di umiliazione. Tu, che sei le sterminio dei demonii, difendimi da questi nemici che mi assediano. Tu, che sei l’Aiuto dei Cristiani, traimi da queste tribolazioni in cui verso miserevolmente. Tu, che sei la Vita nostra, trionfa della morte che minaccia l’anima mia in questi pericoli in cui trovasi esposta; ridonami la pace, la tranquillità, l’amore, la salute. Cosi sia.

Salve Regina, Mater etc. ..

III. Ah! il sentire che tanti sono stati da Te beneficati, solo perché sono ricorsi a Te con fede, mi infonde novella lena e coraggio d’invocarti a mio soccorso. Tu già promettesti a S. Domenico, che chi vuol grazie col tuo Rosario le ottiene; ed io, col tuo Rosario in mano, ti chiamo, o Madre, all’osservanza delle tue materne promesse. Anzi Tu stessa a’ di nostri operi continui prodigi per spingere i tuoi figli a edificarti un Tempio a Pompei. Tu dunque vuoi tergere le nostre lacrime, vuoi lenire i nostri affanni! Ed io col cuore sulle labbra, con viva fede Ti chiamo e t’invoco: Madre mia!… Madre cara!… Madre dolcissima, aiutami! Madre e Regina del Santo Rosario di Pompei non più tardare a stendermi la mano tua potente per salvarmi: che il ritardo, come vedi, mi porterebbe alla rovina.

Salve Regina, Mater etc. ..

IV. E a chi altri mai ho io a ricorrere, se non a Te, che sei il Sollievo dei miserabili, il Conforti degli abbandonati, la Consolazione degli afflitti?! – Oh, io tel confesso, l’anima mia è miserabile, gravata da enormi colpe, merita di ardere nell’inferno, indegna di ricever grazie! Ma non sei Tu la Speranza di chi dispera, la grande Mediatrice tra l’uomo e Dio, la potente nostra Avvocata presso il trono dell’Altissimo, il Rifugio dei peccatori? Deh, solo che Tu dica una parola in mio favore al tuo Figliuolo, ed Egli ti esaudirà. Chiedigli dunque, o Madre, questa grazia di che tanto io ho bisogno. (Si domandi la grazia che si vuole). Tu sola puoi ottenermela: Tu che sei l’unica speranza mia, la mia consolazione, la mia dolcezza, tutta la vita mia. Così spero, e così sia.

Salve Regina, Mater etc. ..

V. O Vergine e Regina del Santo Rosario. Tu che sei la Figlia del Padre celeste, la Madre del Figliuolo divino, la Sposa dello Spirito Settiforme; Tu che tutto puoi presso la Santissima Trinità, devi impetrarmi questa grazia cotanto a me necessaria, purché non sia di ostacolo alla mia salvezza eterna. (Si esponga la grazia che si desidera). Te la domando per la tua Immacolata Concezione, per la tua divina Maternità, pei tuoi gaudii, pei tuoi dolori, pei tuoi trionfi. Te la domando pel Cuore del tuo amoroso Gesù, per quei nove mesi che lo portasti nel seno, per gli stenti della sua vita, per l’acerba sua Passione, per la sua morte di Croce, pel Nome suo santissimo, pel suo preziosissimo Sangue. Te la domando infine pel Cuore tuo dolcissimo, nel Nome tuo glorioso, o Maria, che sei Stella del mare, Signora potente, Madre di dolori, Porta del Paradiso e Madre d’ogni grazia. In Te confido, da Te tutto spero, Tu mi hai da salvare. Così sia.

Salve Regina, Mater etc…

V. Dignare me laudare te, Virgo sacrata;

R. Da mihi virtutem contra hostes tuos.

V. Ora prò nobis, Regina sacratissimi Rosarii.

R. Ut digni efficiamur promissionibus Christi. 

Oremus

 Deus, cuius Unigenitus per vitam, mortem, et resurretionem suam nobis salutis æternæ præmia comparavit, concede, quæsumus, ut hæc mysteria sanctissimo Rosario Maria; Virginis recolentes, et imitemur quod continent, et quod promittunt assequamur. Per eumdem Christum Dominum nostrum.

R. Amen.

Profezia di S. Pio X dell’esilio e della prigionia di Gregorio XVII – Fatima e la SEDE IMPEDITA

 “Ho visto uno dei miei successori, dello stesso mio nome, Che stava fuggendo (da Roma) … egli morirà di una morte crudele “.

Vedo i russi a Genova  

Nel 1909, durante una udienza per il capitolo generale dell’Ordine Francescano, Papa Pio X improvvisamente cadde in trance. Il pubblico aspettava in silenzio riverente. Quando si svegliò, il papa gridò: “Quello che vedo è terrificante, sarò io stesso … sarà un mio successore? Certo è che il Papa uscirà da Roma e lasciando il Vaticano dovrà camminare sui cadaveri dei suoi sacerdoti.

Proprio prima della sua morte (avvenuta il 20 agosto 1914), Papa Pio X ebbe un’altra visione: “Ho visto uno dei miei successori, un mio omonimo (Giuseppe), che stava fuggendo sui corpi dei suoi fratelli. Si rifuggerà in un luogo nascosto, ma dopo un breve riposo, morirà di una morte crudele (il 2 maggio del 1989)”.

Lo stesso Papa aveva anche predetto la guerra per l’anno 1914 ; durante la sua agonia di morte (nel 1914), disse: “Vedo i russi a Genova”….“I russi a Genova”: si riferisce alle visite minacciose degli emissari russi a Genova per sondare le intenzioni di Siri una volta asceso al Papato, o forse ai carcerieri fiancheggiatori della giudeo/massoneria che lo sorvegliavano in ogni sua mossa quando era ostaggio a Genova. Ma … “qui habitat in cælis irridebit eos … “

LA PRIGIONE DI GREGORIO XVII a Genova.

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Fatima predice la “Sede Impedita”: la Persecuzione del “vero” Papa

“Vedi l’Inferno, dove vanno le anime dei poveri peccatori … Se [la gente] non smette di offendere Dio, Egli punirà il mondo per i suoi crimini per mezzo della guerra, della fame, e con la PERSECUZIONE della Chiesa e DEL SANTO PADRE ». -Nostra Signora di Fatima, 1917 d.C.

Nota: le persone non hanno mai smesso di “offendere Dio”. Di conseguenza, Dio ha punito il mondo attraverso la peggiore persecuzione di colui che è la “Guida al Cielo” (il Santo Padre) della storia: Gregorio XVII 1958-1989, e Gregorio XVIII 1991-tuttora vivente, hanno sofferto quello che la Chiesa definisce come “SEDE IMPEDITA”. Questa avviene quando un Vescovo (in questo caso di Roma, il Papa) è impedito nel suo ufficio da forze esterne che agiscono PUBBLICAMENTE.

La pastorella Jacinta Marto, che ha aveva avuto una visione speciale di almeno uno dei Papi “impediti” della Chiesa sotterranea, disse: “Povero Santo Padre, dobbiamo pregare molto per lui”. Naturalmente i cattolici devono sostenere anche finanziariamente il Papa (per la sua sicurezza). Il messaggio di Fatima, anche in queste ultime ore, continua a sostenere la speranza … ma a condizione che agiamo! … “Non vi è alcun problema, vi dico, non importa quanto difficile, che non possiamo risolvere con la preghiera del Santo Rosario: con il Santo Rosario ci salveremo, ci santificheremo: “Consola nostro Signore ed ottiene la salvezza di molte anime “. -Suor Lucia di Fatima (?!?), 26 dicembre 1957.

[vedi sul blog, i Dettagli Storici della Consacrazione Pontificale della Russia al Cuore Immacolato di Maria” in: “25 anni di Papato”/exsurgatdeus.org]

La Madonna di Fatima è venuta a diffondere la devozione al suo Cuore Immacolato. Ci ha detto di pregare il Rosario quotidianamente, di fare penitenza e di indossare lo Scapolare marrone.

Il 13 maggio 1991 il Successore di Gregorio XVII consacrò la Russia, per nome, al Cuore Immacolato, in unione con tutti i Vescovi del mondo.

Il Signore a Lucia di Fatima, il 3 agosto 1931 dC (Rianjo, Spagna): “(I Pontefici) non hanno voluto rispettare la mia richiesta ma, come il re di Francia, si pentiranno e la faranno (la consacrazione della Russia al Cuore Immacolato in unione con tutti i vescovi del mondo), ma sarà troppo tardi: la Russia avrà già diffuso i suoi errori in tutto il mondo provocando guerre e persecuzioni della Chiesa, il Santo Padre avrà molto da soffrire . ”

 Papa Gregorio XVIII ha consacrato la Russia al Cuore Immacolato di Maria, cosa che gli altri Papi non fecero. – “… ma la (consacrazione) sarà fatta troppo tardi: la Russia ha oramai già diffuso i suoi errori …”

“Essi (i Papi, da Pio XI a Gregorio XVII) non hanno voluto seguire la mia richiesta, ma come il Re di Francia, si pentiranno e lo faranno poi (il Papa Gregorio XVIII, il 13 maggio 1991 a Roma), ma La Russia avrà già diffuso i suoi errori in tutto il mondo, provocando guerre e persecuzioni della Chiesa, per le quali il Santo Padre avrà molto da soffrire “.

Storica Correlazione:

Il Re di Francia nel 1688 ed Il Re di Roma (Il Santo Padre) nel 1929! 

1688: 17 giugno, il nostro Signore (attraverso Santa Margherita Maria Alacoque) chiese al re di Francia Luigi XIV di consacrare il suo regno al suo Sacro Cuore, altrimenti si sarebbe verificata una grave calamità alla corona francese. Luigi XIV – non acconsentì. 1788: il 17 giugno, il re Luigi XVI perse il suo trono 100 anni dopo nel giorno esatto in cui Il Signore aveva fatto la sua richiesta di Consacrazione al suo Sacro Cuore.

1929: 1 giugno (in Tuy): Nostra Signora di Fatima chiese a Suor Lucia che il Re di Roma (Il Santo Padre) in unione con tutti i Vescovi del Mondo, consacrasse la Russia al suo Cuore Immacolato, “È arrivato il momento in cui Dio chiede al Santo Padre, in unione con tutti i Vescovi del mondo, di consacrare della Russia al mio Cuore Immacolato, promettendo di salvarla con questo mezzo. Ci sono tante anime che la giustizia di Dio condanna per i peccati commessi contro di me, e sono venuta a Chiederne la riparazione: sacrificatevi per questa intenzione e pregate “. (Pio XI – non ha risposto!).

1958: 26 ottobre, il Re di Roma, il Santo Padre, perse il suo trono (che fu cioè usurpato!!!

1931: 3 agosto (a Rianjo): Nostro Signore a Suor Lucia, “Non hanno voluto rispettare la mia richiesta. Come il re di Francia, si pentiranno e la faranno, ma sarà ormai troppo tardi: la Russia avrà già diffuso i propri errori in tutto il mondo, provocando guerre e persecuzioni della Chiesa; il Santo Padre avrà Tanto da soffrire “.

Preghiamo per la conversione totale della Russia e per il Trionfo del Cuore Immacolato di Maria [S. S. Papa Gregorio XVIII!]

Le sette preghiere che i bambini di Fatima hanno ricevuto dal cielo

(e che tutti dovrebbero recitare)

 “Santissima Trinità Vi adoro! Dio mio, Dio mio, Vi amo nel Santissimo Sacramento!”

2°
Per la tua pura e immacolata Concezione, o Vergine Maria, ottieni per me la conversione della Russia, della Spagna, del Portogallo, dell’Europa e del mondo intero “.

3° – “O Santissima Trinità, Padre, Figlio e Santo Spirito, ti offro il preziosissimo Corpo, il Sangue, l’Anima e la Divinità di Gesù Cristo, presente in tutti i tabernacoli del mondo, in riparazione dei sacrilegi, gli oltraggi e l’indifferenza con cui Esso viene offeso e, per gli infiniti meriti del suo Cuore Sacro e del Cuore Immacolato di Maria Vi prego di ottenere la conversione dei poveri peccatori “(3 volte)

4°
“Mio Dio, io credo, adoro, spero e Vi amo! Vi chiedo perdono per coloro che non credono, non adorano, non sperano e non Vi amano! “(3 volte)

5 °
“O Gesù mio, perdonate le nostre colpe, liberateci dal fuoco dell’inferno, pietà delle anime nel purgatorio, specialmente per le più abbandonate”.

6°
Da dirsi ogni volta che si offre un sacrificio: * “O mio Gesù, Ve lo offro per amore Vostro, per la conversione dei peccatori ed in riparazione dei peccati commessi contro il Cuore Immacolato di Maria”.

* (Da dirsi ogni volta che si fa un sacrificio):

7° “E per gli infiniti meriti del Suo Sacro Cuore e del Cuore Immacolato di Maria, Vi chiedo, la conversione dei poveri peccatori”.

Nota: E un’ultima preghiera di Fatima. Giacinta, quando cominciarono le apparizioni, alle solite sette preghiere, aggiunse tre Ave Maria dopo il Rosario, sempre per “il Santo Padre“.

 

25 Aprile: LITANIE O ROGAZIONI. – Litanie dei Santi

LITANIE O ROGAZIONI.

ISTRUZIONE.

Litania, che vuol dire Preghiera, è parola greca derivata dal verbo lìtanevo, che significa: “prego”. Le Litanie Maggiori cadono nel giorno 25 Aprile, e si dicono maggiori, o perché ebbero origine dalla maggiore delle Chiese, quale si è Roma, o perché comandate in tutta la Cristianità da S. Gregorio, detto “Magno”, il quale, se non ne fu l’istitutore, dacché egli stesso ne parla come di cosa già in uso, fu però quel Papa che le universalizzò dopo di averle celebrate con una solennità tutta particolare, allorquando nel 598, per impetrare la cessazione della peste che desolava tutta Roma, chiamò tutto il Clero e, tutto il Popolo ad una Processione di penitenza che fece capo alla chiesa di Santa Maria Maggiore e durante la quale si serenò il cielo, cessò la mortalità, e si vide sulla mole Adriana un Angelo che rimetteva nel fodero la propria spada, per significare che il flagello era cessato. Fu in quella circostanza che all’antica mole Adriana si mutò il nome in quello di Castel sant’Angelo, e vi fu eretta la grande statua di S. Michele. – Le Litanie Minori, che nel rito Romano si celebrano al Lunedi, Martedì e Mercoledì avanti l’Ascensione, nel Rito Ambrosiano si celebrano otto giorni dopo. Sebbene vogliano alcuni che queste Litanie minori fossero già in uso al tempo di S. Agostino, dacché nel discorso 173 raccomanda al popolo di santificare il triduo precedente l’Ascensione, non solamente, col digiuno, ma eziandio col pregare nella chiesa non meno di sei ore. S. Avito e S. Gregorio di Tours ne attribuiscono l’istituzione a S. Mamerto vescovo di Vienne in Francia nell’anno 468, sotto il Pontificato di S. Ilario, e ne assegnano per occasione le grandi disgrazie che desolavano tutta l’Europa mondata dai barbari, sotto la condotta di Attila, e per liberarsi dalle quali non si trovava altro mezzo che quello di propiziarsi il Signore coll’orazione e col digiuno. Prima però che s. Mamerto le celebrasse nella propria diocesi, s. Lazzaro, arciv. di Milano, che morì nel 461, le aveva per la stessa ragione ordinate nella propria, cioè in tutta la Chiesa ambrosiana. Però solamente sotto il pontificato di Leone III, circa l’anno 800, si estesero a tutto il mondo cristiano. Nel triduo delle Litanie fu comandato il digiuno; ma, siccome coll’andare del tempo fu stabilito che da Pasqua all’Ascensione non si avesse a digiunare, onde attenersi all’insegnamento di Gesù Cristo : « Nessuno digiuna finché ha in casa lo Sposo, verrà però il tempo in cui lo Sposo si allontanerà e allora sarà tempo di digiunare, » si tolse ancora il precetto del digiuno nei giorni delle Litanie. La Chiesa ambrosiana però, volendo tener l’antico costume di digiunare in questo triduo e riconoscendo giustissima la disciplina di non digiunare nei 40 giorni del tempo pasquale, stabili di celebrare le Litanie nel Lunedì, Martedì e Mercoledì della settimana successiva all’Ascensione e cosi supplire ai quattro giorni delle Ceneri precedenti la prima domenica di Quaresima, nei quali, per attenersi all’antico costume si continua il Carnevale. – Le processioni che si fanno in questi giorni sono dirette ad ottenere la fecondità della campagna, la tranquillità delle case, e la santità delle persone, insomma la benedizione di Dio in tutte quante le cose. Chi appena può disporre di sé, deve farsi un dovere di intervenire a queste solennissime processioni. Chi non può assistervi, non lasci almeno di recitare particolari preghiere, e specialmente quella che qui si soggiunge.

PER I GIORNI DELLE LITANIE

Dio della bontà e della misericordia, Padre amoroso ed Arbitro sovrano di tutta quanta la natura, che regolando ogni cosa secondo i consigli della vostra sapientissima Provvidenza, avete a noi assoggettate tutte le creature dell’universo perché ci fornissero, giusta il bisogno, il cibo, il vestito l’alloggio, la difesa, e fino conveniente ricreazione; Voi da cui solo dipende l’opportunità delle stagioni, la fecondità della campagna, la prosperità del commercio, la tranquillità degli Stati, la salute dei nostri corpi e la santificazione delle nostre anime, degnatevi di volger propizio il vostro sguardo sopra di noi, e fate che tutto ci serva ad alleviare le miserie del tempo per assicurarci beata la eternità. – Come liberaste Noè dalle acque del Diluvio, Lot dalle fiamme di Sodoma, Davide dagli orsi, Daniele dai leoni, e poi Naamano dalla lebbra, Tobia dalla cecità, la casa di Raab dall’eccidio, e la Samaria dalla fame, liberate ancor tutti noi da ogni inondazione, da ogni incendio, da ogni carestia, da ogni contagio, da ogni persecuzione e da ogni guerra. Purgate l’aria da ogni influsso cattivo, la terra da ogni insetto dannoso”, e mandate a suo tempo il vento e la rugiada, la serenità e la pioggia, onde ogni seme fruttifichi in abbondanza. Togliete ai nostri nemici, così pubblici come privati, cosi visibili come invisibili, la volontà e la forza di nuocere, onde tra noi regni costantemente la sicurezza e la pace. Allontanate insomma da noi tutti quanti i vostri flagelli, onde alle nostre preghiere uniamo sempre più fervorosi i nostri sinceri ringraziamenti. – Che se mai pei nostri peccati voleste visitarci con qualche traversia, dateci nel tempo stesso lo spirito della cristiana pazienza, onde, ricevendo dalle vostre mani, e sopportando in espiazione dei nostri falli i vostri paterni castighi, ci assicuriamo quel premio che voi tenete preparato nel cielo a chi porterà con rassegnazione la propria croce sopra la terra. Pater, Ave, Gloria.

LITANIE DEI SANTI

Kyrie eleison,

Christe eleison,

Kyrie eleison.

Christe, audi nos;

Christe, exaudi nos;

Pater de cœlis Deus, Miserere nobis,

Fili redentor mundi Deus, Miserere nobis.

Spiritus Sancte Deus, Miserere nobis.

Sancta Trinitas unus Deus, Miserere…

Sancta Maria, ora pro nobis.

Sancta Dei Genitrix, ora

Sancta Virgo virginum, ora

Sancte Michael, ora

Sancte Gabriel, ora

Sancte Raphael, ora

Omnes sancti Angeli et Archangeli, orate

Omnes sancti beatorum Spirituum Ordines, orate

Sancte Joannes Baptista, ora

Sancte Joseph, ora…

Omnes sancti Patriarchæ et Prophetæ, orate…

Sancte Petre, ora…

Sancte Paule, ora…

Sancte Andrea, ora…

Sancte Jacobe, ora…

Sancte Joannes, ora…

Sancte Thoma, ora…

Sancte Jacobe, ora…

Sancte Philippe, ora…

Sancte Bartholomæe, ora…

Sancte Matthæe, ora…

Sancte Simon, ora…

Sancte Thaddæe, ora …

Sancte Mathia, ora …

Sancte Barnaba, ora…

Sancte Luca, ora…

Sancte Marce, ora…

Omnes sancti Apostoli et Evangelistas, orate…

Omnes sancti Discipuli Domini, orate…

Omnes sancti Innocentes, orate…

Sancte Stephane, ora…

Sancte Laurenti, ora…

Sancte Vincenti, ora…

Sancti Fabiane et Sebastiane, orate…

Sancti Joannes et Paule, orate…

Sancti Cosma et Damiane, orate…

Sancti Gervasi et Protasi, orate …

Omnes sancti Martyres, orate…

Sancte Silvester, ora…

Sancte Gregori, ora…

Sancte Ambrosi, ora…

Sancte Augustine, ora…

Sancte Hieronyme, ora…

Sancte Martine, ora…

Sancte Nicoláe, ora…

Omnes sancti Pontifices et Confessores, orate …

Omnes sancti Doctores, orate …

Sancte Antoni, ora

Sancte Benedicte, ora…

Sancte Bernarde, ora

Sancte Dominice, ora

Sancte Francisce, ora

Omnes sancti Sacerdotes et Levitæ, orate …

Omnes sancti Monachi et Eremitæ, orate …

Sancta Maria Magdalena, ora…

Sancta Agatha, ora …

Sancta Lucia, ora …

Sancta Agnes, ora …

Sancta Cæcilia, ora…

Sancta Catharina, ora

Sancta Anastasia, ora

Omnes sanctæ Vìrgines Viduæ, orate…

Omnes Sancti et Sanctæ Dei, intercedite pro nobis.

Propitius esto, parce nobis, Domine.

Propitius esto, exaudi nos, Domine.

Ab omni malo, libera nos Domine.

Ab omni peccato libera nos,…

Ab ira tua, libera…

A subitanea et improvisa morte, libera …

Ab insidiis diaboli, libera nos …

Ab ira, et odio et omni mala voluntate, libera nos…

A spiritu fornicationis, libera …

A fulgure et tempestate, libera …

A flagello terræmotus, libera …

A peste, fame et bello, libera …

A morte perpetua, libera …

Per misterium sanctæ incarnationis tuæ, libera …

Per adventum tuum, libera …

Per nativitatem tuam, libera …

Per baptismum et sanctum jejunium tuum, libera …

Per crucem et passionem tuam, libera …

Per mortem et sepolturam tuam, libera …

Per sanctam resurrectionem tuam, libera …

Per admirabilem ascensionem tuam, libera …

Per adventum Spiritus Sancti Paracliti, libera …

In die judicii, libera …

Peccatores, te rogamus, audi nos.

Ut nobis parcas, te rogamus …

Ut nobis indulgeas, te rogamus

Ut ad veram poenitentiam nos perducere digneris, te rogamus …

Ut Ecclesiam tuam sanctam regere et conservare digneris, te rogamus …

Ut [domnum apostolicum] et omnes ecclesiasticos ordines in sancta religione conservare digneris, te rogamus…

Ut inimicos sanctæ Ecclesiaæ humiliare digneris, te rogamus…

Ut regibus et principibus christianis pacem et veram concordiam donare digneris, te rogamus …

Ut cuncto populo christiano pacem et unitatem largiri digneris, te rogamus …

Ut nosmetipsos in tuo sancto servitio confortare et conservare digneris, te rogamus …

Ut mentes nostras ad cœlestia desideria erigas, te rogamus …

Ut omnibus benefactoribus nostris sempiterna bona retribuas, te rogamus…

Ut animas nostras, fratrum, propinquorum, et benefactorum nostrorum ab æterna damnatione eripias, te rogamus …

Ut fructus terræ dare et conservare digneris, te rogamus …

Ut omnibus fidelibus defunctis requiem æternam donare digneris, te rogamus …

Ut nos exaudire digneris, te rogamus …

Fili Dei, te rogamus …

Agnus Dei, qui tollis peccata mundi, parce nobis, Domine.

Agnus Dei, qui tollis peccata mundi, exaudi nos, Domine.

Agnus Dei, qui tollis peccata mundi, miserere nobis.

Christe, audi nos.

Christe, exaudi nos.

Kyrie eleison.

Christe eleison.

Kyrie eleison.

Pater noster, (secreto)

… et ne nos inducas in tentationem,

Sed libera nos a malo.

Salmo 69

Deus, in adjutórium meum intènde; * Domine ad adjuvàndum me festina. Confundàntur, et revereàntur,* qui quærunt animam meam: Avertàntur retrórsum, et erubéscant, * qui volunt mihi mala: Avertàntur statim erubescéntes, * qui dicunt mihi: Euge, éuge. Exùltent et læténtur in te omnes qui quærunt te, * et dicant semper: Magnificétur Dóminus: qui diligunt salutare tuum. Ego vero egénus, et pàuper sum: * Deus, àdjuva me. Adjùtor meus, et liberator meus es tu: * Domine ne moréris. – Glòria Patri, etc.

V. Salvos fac servos tuos,

R. Deus meus speràntes in te.

V. Esto nobis, Dòmine, turris fortitùdinis,

R. A facie inimici.

V. Nihil proficiat inimicus in nobis.

R. Et filius iniquitàtis non appónat nocére:

V. Dòmine, non secundum peccata nostra fàcias nobis.

R. Neque secundum iniquitàtes nostras retribuas nobis.

V. Oremus prò Pontifice nostro Gregorio,

R. Dominus consérvet eum, et vivificet eum et beàtum faciat eum in terra, et non tradat eum in anima inimicórum éjus.

R. Oremus prò benefactóribus nostris.

R. Ritribùere dignàre, Dòmine, òmnibus nobis bona facientibus propter nomen tuum vitam ætérnam. Amen.

V. Oremus prò fidélibus defùnctis.

R. Requiem ætérnam dona eis, Dòmine, et lux perpétua luceat eis.

V. Requiescant in pace.

R. Amen.

V. Pro fratribus nostris abséntibus.

R. Salvos fac servos tuos, Deus meus, speràntes in te.

V. Mitte eis, Dòmine, auxilium de sancto:

R. Et de Sion tuére eos.

V. Domine, exaudi oratiónem meam.

R. Et clamor meus ad te veniat.

V. Dominus vobiscum.

R. Et cum spiritu tuo.

Oremus

Deus, cui próprium est miseréri semper et parcere: sùscipe deprecatiònem nostram, ut nos, et omnes fàmulos tuos, quos delictorum caténa constringit, miseràtio tuæ pietàtis clementer absólvat. [O Dio, che soltanto Tu usi sempre misericordia e largisci perdono, accogli la nostra preghiera affinché la tua generosa e pietosa bontà liberi noi e tutti i tuoi servi dalle catene del peccato.]

Exàudi, quæsumus, Domine, sùpplicum preces. A confiténtium tibi parce peccatis; ut pàriter nobis indulgéntiam tribuas benignus et pacem. [Usaudisci, o Signore, le nostre supplici preghiere e perdona i peccati di coloro che a Te li confessano, accordando pure a noi tutti benignamente il perdono e la pace.]

Ineffàbilem nobis, Dómine, misericórdiam tuam cleménter osténde: ut simul nos et a peccàtis omnibus éxuas, et a pœnis, quas pro his meremur, eripias. [Mostraci, o Signore, la tua ineffabile misericordia! essa ci liberi da tutti i peccati e ci sottragga alle pene che meritiamo.]

Deus, qui culpa offénderis, pœniténtia placàris; preces populi tui supplicàntis propitius réspice, et flagella tuæ iracùndiæ, quas prò peccàtis nostris meremur, avèrte. [O Dio, che sei offeso dalla colpa e placato dalla penitenza, rivolgi benigno lo sguardo al tuo popolo supplice ed allontana i flagelli del tuo sdegno, che abbiamo meritato con i nostri peccati.]

Omnipotens sempitèrne Deus, miserére famulo tuo Pontifici nostro Gregorio et dirige eum secundum tuam clementiam in viam salutis ætérnas: ut, te donante, tibi placita cupiat, et tota virtute perficiat. [O Dio onnipotente ed eterno, abbi pietà del tuo servo Gregorio, nostro Papa, e conducilo nella via della eterna salvezza secondo la tua clemenza: col dono della tua grazia egli ricerchi ciò che Tu desideri e lo adempia con tutta la sua forza.]

Deus, a quo sancta desidéria, recta Consilia, et justa sunt opera: da servis tuis illam, quam mundus dare non potest, pacem; ut et corda nostra mandatis tuis dedita, et hostium sublata formidine, tempora sint tua protectione tranquilla. [O Dio, sorgente di desideri santi, di retti giudizi, di opere giuste, elargisce ai tuoi servi la pace che il mondo non può dare affinché i nostri cuori assecondino i tuoi comandamenti e, liberi dal timore dei nemici, per la tua protezione viviamo giorni di tranquillità.]

Ure igne Sancti Spiritus renes nostros, et cor nostrum, Domine: ut tibi casto corpore serviamus et mundo corde placeàmus. [Purifica, o Signore, col fuoco dello Spirito Santo i nostri sensi e i nostri affetti, affinché possiamo servirti con corpo puro e piacerti per mondezza di cuore.]

Fidelium Deus omnium conditor et redemptor, animàbus famulorum famularumque tuàrum, missionem cunctorum tribue peccatorum: ut indulgéntiam, quam semper optavérunt, piis supplicationibus consequàntur. [O Dio, creatore e redentore di tutti i fedeli, concedi alle anime dei tuoi servi e delle tue serve la remissione di tutti i peccati, affinché, pel mezzo delle nostre fervide suppliche, ottengano il perdono che hanno sempre desiderato.]

Actiones nostras, qæsumus Domine, aspirando præveni, et adjuvàndo proséquere: ut nostra oràtio et operàtio a te semper incipiat, et per te cœpta finiàtur. [Previeni, o Signore, le nostre azioni con la tua ispirazione e accompagnale col tuo aiuto, affinché ogni nostra preghiera e ogni nostra attività sempre da Te abbia inizio e, intrapresa, per Te giunga a compimento.]

Omnipotens sempitèrne Deus, qui vivorum dominaris simul et mortuorum, omniumque misereris quos tuos fide et opere futuros esse prænoscis: te supplices exoràmus; ut prò quibus effundere preces decrévimus, quosque vel præsens sæculum adhuc in carne rétinet, vel futurum jam exutos corpore suscepit, intercedéntibus omnibus Sanctis tuis, pietastis tuæ cleméntia, omnium delictorum suorum venia consequàntur. Per Dominum nostrum Jesum Chrìstum, etc. [O Dio onnipotente ed eterno, che regni sui vivi e sui morti ed hai misericordia verso tutti coloro che per la fede e le opere prevedi saranno tuoi, umilmente Ti raccomandiamo coloro per i quali intendiamo pregare, sia che la vita presente ancora li trattenga nel corpo, sia che, spogliati del corpo, li abbia già accolti la vita futura; fa’ che ottengano dalla tua misericordiosa clemenza il perdono dei loro peccati per l’intercessione di tutti i tuoi Santi. Per il ….]

V. Dóminus vobiscum.

R. Et cum spiritu tuo.

V. Exàudiat nos omnipotens et miséricors Dominus.

R. Amen.

V. Et fidélium ànimæ per misericórdiam Dei requiescant in pace.

R. Amen

Preghiera a Gesù risorto

 

O Gesù che confondeste tutti i vostri nemici col rivestire di gloria e di magnificenza quel corpo che era già stato il bersaglio di tutte le umane persecuzioni, fatemi la grazia di morire a me stesso per risorger con Voi e per condurre a vostra somiglianza una vita nuova, divina, immortale: nuova per cambiamento di condotta; divina per la nobiltà purità dei sentimenti; immortale per la perseveranza nel bene. Operate in me, o Signore, questo fortunato cambiamento, fatemi passare dalla morte alla vita, dalle tenebre alla luce, da una vita piena di imperfezioni ad una vita perfetta e degna di Voi. Fate che io vada crescendo di lume in lume, di virtù in virtù, finché giunga a Voi, o Dio dello virtù, sorgente di ogni vita e d’ogni lume. Voi pure ricorro, o Vergine santa, che più di tutti partecipaste ai patimenti ed alle glorie del vostro divin Figliuolo perché vi degniate di farmi partecipe di quella divina allegrezza che aveste nel giorno faustissimo della sua risurrezione. Asciugate Voi le mie lacrime, e togliete dal mio cuore ogni importuna malinconia. Fate che il vostro Figliuolo risuscitato entri nel mio cuore come nel Cenacolo, a porte chiuse; che dica a me come agli Apostoli: sia con te la pace; che mostri a me, come a S. Tommaso, le sacrosante sue piaghe: che dimori con me stabilmente, né mai da me si parta.

ALLE PIAGHE DI GESÙ RISORTO.

I. – Risorto mio Gesù, adoro e bacio devotamente la piaga dolorosa del vostro piede sinistro, e vi prego a concedermi grazia di fuggire le occasioni pericolose, e di non camminare mai per la via dell’iniquità che conduce alla perdizione. Gloria.

II. – Risorto mio Gesù, adoro e bacio devotamente la piaga gloriosa del vostro piede destro, e vi prego a darmi grazia di camminare costantemente pe la via delle virtù cristiane fino ad arrivare alla patria del paradiso. Gloria.

III. – Risorto mio Gesù, adoro e bacio devotamente la piaga gloriosa della vostra mano sinistra, e vi prego di liberarmi da tutti i sinistri accidenti dell’anima e del corpo, e più particolarmente dell’infelice sorte degli empi che staranno alla vostra sinistra nel finale Giudizio. Gloria.

IV. – Risorto mio Gesù, adoro e bacio devotamente la piaga gloriosa della vostra mano destra, e vi prego di benedire con essa l’anima mia, ed aprirmi dopo la morte le porte beate del Paradiso.

V. – Risorto mio Gesù, adoro e bacio devotamente la piaga gloriosa del vostro Costato, e vi prego di accendere nel mio cuore il fuoco del vostro amore, affinché dopo avervi amato sempre fedelmente sopra la terra, passi ad amarvi eternamente nel cielo.

A Maria.

Vi prego infine, o Santissima Vergine Maria, che per il gran contento che aveste vedendo glorioso il vostro divin Figliuolo, c i impetriate la grazia di sorgere anche noi da una vita di tiepidezza ad una vita di fervore, per poi passare, alla morte, dallo miserie di questa terra, alla gloria eterna del Paradiso. 3 Ave e un Gloria.

Cantico sulla Risurrezione.

Dal cupo sen di morte

Risorge il Redentor,

dalle tartaree porte

Trionfa vincitor.

S’empia di pace e giubilo

Ogni anima fedel.

D’armoniosi cantici

Suoni la terra ed il ciel.

Si terga il mesto pianto

Tempo di duol non è!

 

Il duro laccio è infranto

Che già ci strinse il pie’.

T’allegra in sì bel giorno,

Afflitta Umanità,

Che al mondo fan ritorno

E grazia e santità:

Si vede alfin squarciato

Di morte il tetro vel

E tolto il rio peccato,

S’apre la via del ciel.

LE TRE ORE D’AGONIA DI NOSTRO SIGNOR GESÙ CRISTO

LE TRE ORE D’AGONIA

DI

NOSTRO SIGNOR GESÙ CRISTO

del

p. ALFONSO MESSIA (1).

[da “Il Giardino spirituale”, Tip. Pesole, Napoli, s. d. -imprim.-]

INTRODUZIONE — Per ciò che si deve fare e contemplare il Venerdì Santo nelle tre Ore dell’ Agonia, cominciandole dalle ore diciotto.

INVITO

Già trafitto in duro legno

Dall’indegno popol rio,

La grand’alma un Domo Dio

Va sul Golgota a spirar.

Voi, che a Lui fedeli siete,

Non perdete, o Dio! i momenti;

Di Gesù gli ultimi accenti

Deh venite ad ascoltar!

Si darà principio con un breve ragionamento per disporre alla venerazione e al profitto di queste tre Ore, terminato il quale si leggerà quanto segue:

Noi tutti fedeli Cristiani, amanti del nostro Salvatore Gesù, redenti e riscattati a costo del Sangue suo preziosissimo, della sua Passione e Morte, dalla schiavitù della colpa e del demonio, dobbiate contemplare con somma attenzione e riverenza i tormenti, le ambasce e le angustie mortali che nello spazio di queste tre Ore d’Agonia patì sulla Croce il nostro amorosissimo Redentore. Furono tanto crudeli e orrende che, al dire di S. Bernardo, non vi ha intelletto umano che valga a comprenderle, nè lingua creata a spiegarle. Dalla pianta del piede alla sommità della testa nulla aveva il Salvatore di sano. Guardalo bene, o Anima, su quella Croce: tutto da capo ai piedi fatto una piaga: le spalle e tutto il corpo lacerato dai flagelli, il petto snervato dalle percosse, il capo trapassato orribilmente dalle spine, i capelli strappati, la barba schiantata, il volto ferito dalle guanciate, le vene vuote di sangue, la bocca inaridita dalla sete, la lingua amareggiata dal fiele e dall’aceto, le mani e i piedi crivellati e trafitti da fieri chiodi, e questi squarci inaspriti anche più dal peso del suo medesimo corpo: il cuore afflitto, l’anima sul punto di spirare, divelta da un’indicibile tristezza ed angoscia. Ma ciò non era veramente quel che più lo cruciava, poiché si era già offerto di volersi assoggettare ai tormenti della croce. – Quello che più gli trafiggeva il cuore nell’agonia di queste tre ore erano le nostre colpe e la nostra iniqua corrispondenza. Era la nostra ingratitudine che Gli cagionava quelle tremende agonie di morte. Ah! chi non aborrirà, o Anima, con tutto il suo cuore, le colpe, che furono cagione d’agonie sì mortali al nostro amorosissimo Salvatore? – In queste tre ore di un sì lungo tormento, senza che le acque di tante amarezze potessero spegnere la vampa della sua carità, tutti Ei ebbe davanti a sé per offerire a prò nostro con amore sviscerato il suo Sangue e la sua vita in sacrifizio all’eterno suo Padre. In queste tre Ore, benché con gli occhi nostri noi nol vedessimo, colla immensa sua vista ben vide Egli noi, e ci tenne presenti, per offerirsi in favor di ciascuno; come se ciascuno di noi fosse l’unico al mondo, e l’unico amato da Lui. In queste tre ore vide chiaramente ciascuna delle nostre colpe con tutte le sue circostanze, come le vede allora che si commettono, e ne fu si intimamente penetrato ed afflitto, che mosso a pietà di noi offrì il suo Sangue suo preziosissimo in pagamento dei nostri delitti. In queste tre Ore coll’amarezza delle sue agonie levò di mano al demonio, principe del mondo la scrittura e l’obbligazione delle nostre colpe, e, seco inchiodandola sulla croce, la cancellò col suo Sangue. – In queste tre Ore col prezzo delle sue agonie ci guadagnò dall’eterno suo Padre i tesori tutti della sua clemenza, tutt’i buoni pensieri e le sante inspirazioni, e tutti gli aiuti della sua grazia. Oh avventurosa memoria del nostro dolcissimo Redentore! Oh beate tre preziose Ore spese per i nostri falli, nelle quali meritammo di star presenti sul monte Calvario, e non da lontano, non da vicino alla Croce, ma nel cuore stesso, nella stessa memoria del nostro amorosissimo Redentore, per acquistare tutta la grazia dell’amor suo e dell’infinita sua carità! Davvero, o Anima, non soddisfacciamo abbastanza per quel che dobbiamo al dolcissimo nostro Gesù se in queste tre Ore non moriamo noi d’amore. – Voltiamoci, Anime, all’eterno Padre, nostro Dio e nostro Giudice, e fatti animosi dell’agonia del nostro Redentore Gesù, diciamoGli con tutto l’affetto e con l’umiltà del nostro cuore: “Oh eterno Padre, Giudice e Signore delle anime nostre, la cui giustizia è incomprensibile! Giacché ordinaste, o Signore, che l’innocentissimo Figlio vostro pagasse i nostri debiti, guardate, o Signore e Padre nostro, alla sì tremenda agonia, nella quale per la vostra obbedienza e per le nostre colpe si trova in queste tre Ore: guardate al sì pietoso pagamento che vi offre nel suo Sangue e nella sua agonia, affinché si plachi così la vostra Giustizia. Cessi, o Signore, la vostra indignazione, e poiché vi vedete pagato e soddisfatto sì abbondantemente, noi debitori restiamo liberi: e per queste tre Ore d’agonia dell’amantissimo Figlio vostro Gesù, meritiamo noi tutto quello che vi chiese per noi, il perdono cioè delle nostre colpe e gli aiuti efficaci della vostra grazia,adesso e nell’ora della nostra morte”. Amen.

Qui tutti si pongano ginocchioni a meditare quel che si è detto, e intanto si canta qualche strofa; o brevemente si suona qualche strumento; poi si mettono a sedere e si legge:

LA PRIMA PAROLA.

“Padre perdonate loro, perché non sanno quel che si fanno”.

Posto il nostro Signore Gesù Cristo, come celeste Maestro sulla cattedra della Croce, avendo fine allora taciuto con sì profondo silenzio, apri le divine sue labbra per insegnare al mondo in sette Parole la dottrina più alta dell’amor suo. Bada , o anima, dunque, ravviva le tue potenze, guarda bene che Egli è Iddio stesso che t’ammaestra, e strutto conto ti chiederà di queste sette lezioni. Oh Gesù amoroso! O Maestro divino! parlate pure, o Signore, che i vostri figli v’ascoltano. – Tutta la natura si commoveva nel vedere il suo Creatore patire aggravi si atroci. Si offusca il Cielo di tetre ombre: stava per dar la terra orribili scosse, per cozzar fra loro le pietre, per aprirsi le sepolture: sono gli Angeli istupiditi, mirando il loro Signore fra sì crudeli tormenti; i demonii poi pieni di rabbia e d’invidia per non veder eseguire sopra degli uomini il castigo che meritavano le loro colpe, come si era eseguito sopra dì essi. Possiamo immaginare che irritata la Natura contro dei peccatori, domandasse al Padre eterno giustizia e vendetta: “Usquequo, Domine, sanctus et verus, non vindicas sanguinem Filii fui?” E quando ancor tarderete, giusto Signore e santo, a prendere nei peccatori vendetta del Sangue e delle ingiurie dell’innocente vostro Figliuolo? E che, quando ad un tal clamore la divina Giustizia stava già per vibrare il fulmine dell’ira sua per vendicarsi: allora il Redentore del mondo mostrando la carità sua infinita, alzando gli oscurati suoi occhi all’eterno suo Padre, e rappresentandoGli la sua ubbidienza e i suoi meriti, gli dicesse: Padre, e Signor mio, trattenete il braccio della vostra giustizia per questa Croce in cui muoio; pel Sangue che per Voi in essa spargendo vi domando, o Signore, e vi prego di perdonare ai peccatori le colpe, colle quali mi han messo in questa Croce; perdonate loro, o Padre, perché non sanno quel si fanno. O anima peccatrice, apri gli occhi e gli orecchi e ascoltando in questa prima parola Gesù, che chiama Padre tuo e di tutti l’eterno suo Padre, riconosci l’altezza della tua origine! Non d’altro Padre sei figlia che dell’eterno Iddio. Oh Padre eterno! Voi mio Padre; ed io figliuol sì reo? Quale cecità m’allontana da’vostri occhi? Che stoltezza è la mia! lasciar le vostre carezze e la vostra grazia pel vile amore delle creature? Dove sto coi miei peccati? Dove vado colle mie passioni? In che stato mi trovo io dacché vi offesi? Oh Padre amoroso! io perisco qui miserabile nei miei debiti! A chi volterò gli occhi? A Voi li volterò io, Padre benignissimo. Ma come ha da aver occhi un ingrato per ritornare alla presenza di un padre che ha tanto offeso? Ritorna, sì, Anima afflitta, ritorna, che finalmente è tuo Padre. Andrò; ma, ahimè! oh Dio mio! che mi manca la lena, perché son senza numero le mie malvagità, le mie scelleratezze; e temo che i vostri sguardi non siano per me fulmini spaventevoli: morir sarà meglio, e non andare. Via, ritorna, Anima pentita, ritorna ch’Egli in fine è tuo Padre: è il tuo stesso Fratello Gesù che hai crocifisso colle tue colpe, e quegli che t’introduce e prega il Padre Sovrano a perdonarti, offrendo per le tue colpe il suo Sangue. – Oh mio Gesù! Oh Fratello amorosissimo! A me codesti piedi, che li baci colle mie labbra e li bagni colle mie lacrime. Voi domandate il perdono delle mie abominazioni; e d’amore io qui non muoio per Voi? Ahimè! qual durezza è la mia! Su, va con fiducia, Anima pentita: andate, peccatori tutti, a procacciarvi misericordia, che già trabocca il cielo in pietà, perché l’amorosissimo Gesù prega l’eterno Padre per tutti, e con profonda riverenza Gli dice: “O Padre pietosissimo, ecco che avete già qui i miseri peccatori! Non guardate, o Signore, che abbiano essi crocifisso me, ma che muoio per loro: vivano essi: non guardate alla loro ignoranza, ma all’amor mio: non guardate alla loro ingratitudine, ma al Sangue ch’Io ho versato: non guardate alle loro colpe, ma a questa vita che vi offro per loro su questa Croce: perdonate, che non sanno quel che si fanno.” – Oh carità infinita dell’amantissimo nostro Gesù, il cui incendio amoroso non poterono estinguer le acque di tanta crudeltà e tribolazione. Oh che alla dottrina c’insegna Egli in questa prima parola! Osserva, Anima, come scusa, alla maniera che può, quelli che Lo crocifiggono, e come perdona ai suoi crudeli nemici, e in essi a tutti i peccatori che l’offendono, e con le loro offese l’han messo in Croce. “Padre, dice, perdonate loro, perché non sanno quel che si fanno”. Impara, o Anima, da questo esempio a non accusare, né esagerare gli altrui difetti, né gli affronti che ti vengono fatti: impara a scusar le mancanze dei tuoi prossimi, benché ti siano nemici, attribuendole non al peggio, ma ad ignoranza ed inavvertenza, a zelo o ad altra men cattiva intenzione. Oh carico spaventoso che questa prima parola deve farsi il vendicativo e pieno di rancore! Gesù Cristo prega l’eterno Padre che ti perdoni tante ree parole, tante malvagie opere, con cui l’oltraggi e crocifiggi; e tu poi, Anima vendicativa e fomentatrice di odii, non perdoni una lieve parola, o un lieve affronto per Gesù Cristo! Che ostinazione è codesta, o cuore cattolico? Che ha di cristiano chi non ha pietà verso del suo nemico? Se accarezzi chi ti lusinga, mordi chi ti offende, che hai tu meno del bruto? E perché conservi il nome di cristiano? Guarda bene che Gesù Cristo ti tratterà nello stesso modo, e negherà a te tutto quello che negherai al tuo prossimo. Gli neghi tu la parola, gli neghi tu lo guardo, non gli porgi la mano? Neppure a te porgerà la mano Gesù, non ne udirai una buona parola, non vedrai che ti guardi. Perdona, o Cristiano, se vuoi che Gesù ti perdoni. Oh Padre eterno! Già perdono, Signore, a tutt’i miei nemici una e mille volte in riverenza del santissimo Figlio vostro, acciocché mi perdoniate Voi pure le innumerabili colpe che ho commesse contra la divina vostra Maestà. Perdonatemi, o Signore, che non seppi quel che mi feci quando io v’offesi, e se per essere stato a Voi tanto ingrato non merito di essere esaudito, lo merita il preziosissimo vostro Figliuolo, che pel suo Sangue e per la sua Agonia in quest’ora vi prega di perdonarmi. Perdonatemi, o Signore, che non seppi quei che mi feci: misericordia, pietosissimo Padre, per l’amantissimo Figlio vostro Gesù. – Qui s’inginocchiano tutti per meditare alquanto su questa parola: si canta frattanto questa strofa:

“Di mille colpe reo,

Lo sa Signore, io sono:

Non merito perdono.

Né più il potrei sperar.

Ma senti quella voce,

Che per me prega, e poi

lascia Signor se puoi,

Lascia di perdonar!”

Poi in rendimento di grazie del perdono che il Signore domandò per noi, si reciti cinque o più volte quello che segue.

“Siate infinitamente lodato, o mio Gesù Crocifisso, del perdono che domandaste per noi di tutti i nostri peccati”.

Si faranno poi gli atti seguenti:

“Credo in Dio: spero in Dio: amo Dio sopra tutte le cose: mi dolgo d’aver offeso Dio per essere quel Dio ch’è: propongo di non offenderlo mai più. Maria, Madre ammirabile. Avvocata dei peccatori, deh! per Gesù Cristo Crocifisso, impetrateci perdono e grazia efficace di non cadere mai più in peccato.”

LA SECONDA PAROLA

“Oggi sarai meco in Paradiso.”

Considera, anima divota, Gesù in mezzo a due peccatori: l’uno pentito, l’altro indurito; l’uno che si arrende, l’altro che si ostina; l’uno che si saJva, l’altro che si danna. Oh misteri profondi della predestinazione! Ma, oh trascuratezza la più lacrimevole dei mortali! Ànima, che ascolti la differenza di queste sorti impenetrabili, osserva ben nel tuo interno, a qual classe appartieni tu? A quella del buon Ladro che si salvò, o a quella del cattivo che si dannò? Ti salverai tu coll’uno, oppure coll’altro ti dannerai? Quanti dei qui presenti andranno a farsi compagni del Ladro misero nell’inferno? Oh punto spaventosissimo! Uomo, come vivi sì negligente? E tu, donna, sì spensierata in materia sì incerta e dubbiosa? Rifletti a qual di questi due ladri abbi invidia: allo sciagurato e ribelle, ovvero all’umile? E, se all’umile, come non sei tu umile? Come anzi ti stai in codesta croce dei tuoi vizi tanto ribelle? Peccatore e superbo? (cattivo ladro);Peccatore e umile? felice uomo! Il cattivo si rivolta contro a Gesù e come rinnegandolo l’ingiuria, e Lo maltratta qual falso Dio. Questo fa chi pecca e chi maledice: questo fa chi rinnega e chi bestemmia, aggiungendo all’offesa de’ vizi la contumelia dei disprezzi. – Non così il Ladro felice che, illuminato dai raggi divini di Gesù Cristo, Lo riconosce, Lo confessa, Lo adora per suo vero Dio. Il lume vostro, oh Dio, quanto è mai efficace! A’ vostri aiuti chi sarà che resista? Deh non rendete vane,o Anime, le chiamate: sentitele. L’uomo felice si rivolge a Cristo, e Gli dice con tenera voce: Signore, in Voi confido, io spero in Voi: il mio Signore Voi siete, il mio Dio e il mio Redentore, ricordatevi di me quando sarete nel vostro Regno. O fortunatissimo peccatore! li chi ti disse, o uomo facinoroso, che codesto Crocifisso fosse il tuo Signore, il tuo Dio, il tuo Redentore? Che gran vergogna per i Giudei il vedere che un Ladro confessa Gesù Cristo in una Croce, e negarlo dopo tanti miracoli? Ma quanti Cristiani Lo confessano colle labbra, e Lo negano colle opere. Che confessione è la tua, uomo turpe e vizioso? sfacciata donna e scandalosa, come ti confessi? Se alla tua confessione non sei tanto stabile da morirvi come il buon Ladro, ma anzi ti confessi appena che fai ritorno ai tuoi vizi e ai tuoi scandali; che confessare è codesto? Non è confessare da buon Ladro, ma da ladro cattiva, ostinato, reprobo. – Sul momento dell’ udir Cristo la voce del Ladro che Lo confessa e che Gli dimanda perdono, senza il minimo indugio gli perdona le colpe e le pene. Oggi, gli dice, sarai meco in Paradiso, oggi stesso, il Venerdì dei miei dolori. Ah giorno! chi ci sarà, chi non s’approfitti di te? Oh peccatore felice! Oh penitente avventurato, arrivasti in gran giorno: arrivasti quando stava il Redentore colle chiavi in mano, e colla porta non solo aperta, ma spalancata. – Oggi, o Anima, non è giorno di pene per l’uomo, che le pene se le addossò tutte Gesù. Oggi non v’ha pur gocciola di tormento: ché Gesù si ha assorbiti tutti i tormenti! Oggi per chi si pente non havvi inferno, «ché l’Inferno andò a chiudersi pei dolori di Gesù. Oggi pel peccatore tutto è Paradiso, tutto soavità, tutto gloria. Venite dunque a godere di sì buon tempo, enormissimi peccatori: con poco costo, con un buon cuore, con una parola, con un tenero sguardo amoroso, con un sospiro di petto penetrato si conseguisce. E come oggi potrà esserci cuore che non vi curi, o Gesù benignissimo? Quanto siete mai liberale, preciso, prodigo del Cielo! Oh cuore dolcissimo, tutto amore, tutto ansietà di salvar peccatori! Comunicaste al mondo o Signore, codesta pietà, accendete di cotesto affetto ogni cuore; si converta oggi il mondo, Signor grande; mirate come s’empie l’inferno non pur di Gentili, d’eretici, di Giudei; ma ancor di cristiani: qual crepacuore! Oggi, o Gesù mio, s’hanno a dannare moltissimi! Basta così, o Signore, ché è danno e dolore insopportabile che in tanti si disperda il vostro Sangue. Pietà, o Signor grande, verso i Cristiani: mirate la vostra greggia: non si vanti il demonio di vedere tanto trionfo: tutti si salvino, oggi, che a larga mano perdonate: e tutti già, o Signore, col buon Ladro pentiti vi confessiamo per nostro Dio e nostro Redentore: e proponiamo di fare una confessione vera: per questo, o Signore, vi chiediamo un vero dolore, e che oggi vi ricordiate di noi nel vostro regno.

Posti qui in ginocchio per meditare su questa parola, si canti poi la sua strofa:

Quando morte coll’orrido artiglio.

La mia vita a predare ne venga,

Deh! Signor, ti sovvenga di me,

Tu m’assisti nel fiero periglio,

e deposta la squallida salma.

Venga l’alma a regnare con Te.”

Si dica 5 volte al Signore la preghiera del buon Ladro, con dire: f Ricordatevi di me, o Signore, nel vostro Regno, per vostra pietà e misericordia. Poscia si dice: Credo in Dio, etc..

LA TERZA PAROLA

“Donna, ecco costì il tuo Figliuolo, ed al discepolo Giovanni:

Ecco costì la tua Madre”.

Vedendo il Salvatore dall’alta Croce in un profondo pelago d’amarezze la Madre sua amorosissima, le gettò nell’addolorato seno un’altra piena di sollecitudine e d’ambasce consegnando a lei per figliuolo in persona di Giovanni tutti i mortali. Oh Madre afflittissima! quale spada é codesta che nuovamente vi passa il cuore? Per figli il vostro divin Figlio Gesù vi raccomanda tutti i peccatori, affinché per figli li riceviate in suo luogo. Oh scambio sensibilissimo! Perdete in Gesù un Figlio sì amabile,e per figli avete da accogliere, nei peccatori, alcuni figli si villani e perversi che han crocifisso colle loro colpe il Figliuol vostro medesimo? Oh Signora addoloratissima! che tormento è cotesto? Non siete Voi addolorata abbastanza? Un tanto ingrato, come io sono, ci vuole di più a vostro carico? Al vostro seno trafitto, un figlio si scellerato! Oh carità infinita del Salvatore verso dei peccatori, poiché lascia loro per madre la Madre sua stessa! O somma pietà della Madre che pietosa, compassionevole, amorosa, tenera, accetta fin da quel punto, e qual madre sollecita stringe al suo seno tutto il mondo! Oh rifugio universale del mondo intero! come potrà il nostro cuore mostrarvi la riconoscenza che merita l’accettar noi per figliuoli? Con quali ossèqui potremo noi corrispondervi? Oh felici peccatori! guardate bene alla Madre di cui godrete, guardate bene alla Madre che avete: la madre vostra è Maria quella che è Madre di Dio, una Madre tutta piena di grazia, una Madre specchio di santità ci purezza: dice bene, Madre sì santa e figli sì perversi, Madre sì pura e figli sì deformi e sì immondi. O gran Signora! pigliateci ora sotto il vostro patrocinio, affinché siamo degni figli vostri, che già con gran sottomissione e fiducia, Madre vi ha da confessare tutto il mondo. Qui senza dubbio dovette tutto tremar l’inferno all’udire da Cristo questa parola; dovettero senza dubbio bruciar d’invidia i demoni. Uomini, udite; Inferno Maria è madre dei peccatori, Madre dei giusti, di tutti Madre. Oh Signora! Non una volta vi bacio, ma mille volte codesti sacri piedi, e con un grido, che s’oda in terra e in cielo, esclamo: Sì, sono figlio, quantunque indegno, di Maria. Oh Signora! Impetratemi voi che qual figlio vi riguardi e vi serva; e che vi ami quanto mi sia possibile, come vi ama il vostro Figlio Gesù. – Gli affetti vostri più teneri, Anime devote, debbano essere per la vostra Madre. Alzate gli occhi a Gesù che ve la dà e consegna per Madre, e in essa tutti raccolti i beni della sua misericordia per la vostra salvezza; perché nessuno si salva, fuorché per mezzo di Maria; nessuno ottiene perdono, fuorché per mezzo di Maria; beneficio alcun nessuno impetra fuorché per mezzo di Maria. Oh amorosissimo e liberalissimo Gesù! che amor fu quello che v’impegnò a tal tenerezza, a tal eccesso, a tal beneficenza? “Ecce Mater tua”, ti dice, o Anima, mira tua Madre. Ah Madre! vi rimiro, coll’amore più fervido del cuore, e coll’anima mia. Guarda bene o Anima, a Maria; alza gli occhi verso di Lei, innalza a Lei il cuore, che Ella ancor ti dice “Ecce Mater tua”. Guardami per tua Madre. Guardala addolorata per le tue colpe; accompagnala col dolore tuo stesso, giacché Ella prega per te; chiedile misericordia e perdono: domandale per i suoi dolori aiuti efficaci, e che ti riguardi qual figlio nell’ora terribile della morte. Oh Signora! oh Madre mia! adesso e nell’ora della mia morte, mostrate d’esser mia Madre, a me volgete codesti misericordiosi vostri occhi di Madre amorosa, guardate a quell’inesplicabile dolore che vi costammo ai pie della croce. No, a vuoto non vadano i vostri dolori: giovino a me, col vostro patrocinio, adesso e nel mio bisogno estremo. Ma oggi io vorrei, Madre amabilissima, per mostrar che son vostro figlio, morire d’amore e di dolore a pie di codesta croce. Oh morte tenerissima, vieni tu adesso; e fa che di dolore, e d’amore io muoia a piedi della mia Madre Maria e dell’amorosissimo mio Gesù.

Ci si ponga in ginocchi a meditare in questa parola; si canti poi la strofa:

“Volgi, deh volgi,

A me il tuo ciglio,

Madre pietosa;

poiché amorosa,

Me quel tuo figlio

Devi guardar.

Di tanto onore

Degno mi rendi.

Del santo amore

Tu il cor m’accendi.

Nè un solo istante

Freddo incostante

Ah! mai non sia,

Gesù e Maria

Lasci d’ amar”.

E in ringraziamento a Gesù di averci data Maria per Madre, e a Maria implorandola per madre, si recita cinque volte quello che segue:

“Gesù dolcissimo, vi ringraziamo che ci deste per Madre la’ vostra Madre Maria.”

A Lei poi si dirà: “Madre dolorosissima, Madre nostra, pregate pei vostri figli peccatori adesso e nell’ora della nostra morte”. … Poscia: Credo in Dio, etc..

LA QUARTA PAROLA.

“Dio mio, Dio mio, perché mi avete abbandonato?”

Dopo di avere il Salvatore soddisfatto a tutte le, più attente sollecitudini del Redentore del mondo, domandato già perdono per i peccatori, ed eletta Madre universale di tutti Maria sua Madre, cominciarono nell’ intimo dell’ anima sua santissima a farsi più vive le pene e gli sconforti più intensi. Esausto già, e consumato per le perdite del sangue, principiano i deliqui e le agonie della morte: più avvalorata la sua fantasia gli avviva la memoria delle ingratitudini degli uomini; se gli rappresentano da una parte le ingiurie gravissime dei malvagi, le tiepidità e le debolezze dei buoni; e dall’altra parte vede intuitivamente l’amore infinito del Padre verso degli uomini, la ribelle ostinazione degli empi, la dimenticanza di finezze sì grandi, lo sprezzo della SS. sua passione, i pochi a profittare della sua croce e della sua morte, gli innumerevoli che si sarebbero dannati, il dolore della sua Madre Santissima, la timidità dei suoi mesti Discepoli, le atroci persecuzioni della sua sposa, la Chiesa: e aggiunti tutti questi motivi a’ suoi tormenti e dolori, con la testa trafitta da una corona di spine, colle tempie penetrate da quelle punte acutissime, con gli occhi ingombrati dal polverio e dal sangue, e con le spalle squarciate, col petto oppresso, con le mani e i piedi traforati, (oh Gesù mio infinito nei dolori, come immenso nella pazienza!) in questo stato domandò al Padre la salvezza di tutto il mondo: ed al vedere che il suo sangue e la sua morte sarebbero stati infruttuosi in anime senza numero, che per colpe loro si sarebbero perdute, cominciò con questo maggior tormento ad agonizzare nell’anima: ed un sì profondo cordoglio più gli si accrebbe, quando vide che il Padre Lo lasciava patire senza conforto, tanti tormenti nel corpo, tanti affanni nell’anima; ed al vedersi abbandonato così fin dall’eterno suo Padre (così meritando i peccati che caricavano la sua croce), per tanto sensibile ed amaro abbandonamento cadde in tanta angustia e travaglio che prorompendo in un tristo e doloroso gemito, se ne lagnò coll’eterno Padre, dicendo; “Dio mio, Dio mio, perché mi avete abbandonato?” O amabilissimo mio Gesù! la cagione, o Signore, del vostro abbandono furono i miei peccati. Ah, Anima traviata! guarda all’orrendo abbandono che soffre il Figlio di Dio per il tuo traviamento: trema pure che Iddio pure non abbandoni te: trema che abbandonato da Dio, non avrai a chi voltar 1’occhio. – E perché dunque, o Anima, ti vuoi perdere? “Ut quid?” Rispondi a Gesù, che agonizzando, te ancora interroga da quella croce: perché vorrai rendere infruttuoso il mio sangue e la mia redenzione? Perché vorrai tu dannarti? “Ut quid?” Per cose della terra tanto vili? Per qualche piacere tanto sozzo? Per qualche interesse tanto caduco che svanisce nell’aria e sgraziatamente finisce? “Ut quid?” Su via rispondi, o Anima, sciolta in dolore ed in pianto. Ah Gesù mio! “Ut quid?” E perché m’avrò io da perdere, o Signore, stando voi in codesta Croce per me? Perché m’avrò io a dannare, spargendo per me cotesto preziosissimo Sangue ? Perché avrò io da mandarlo a male? No, Salvator mio, non sarà così; lo dicano questi miei occhi: il mio dolore e il mio pentimento lo dica: non mi abbandonate, o Gesù mio, pel santissimo vostro abbandono.

Qui la meditazione, e poi la strofa:

“Dunque dal padre ancora

Abbandonato sei,

Ridotto ti ha 1’amore

A questo, e buon Gesù?

Ed io con i falli miei

Per misero gioir

Potrotti abbandonar?

Piuttosto, oh Dio! morir,

Non più, non più peccar:

Non più peccar, non più!”

Indi a pregare, il Signore che: non ci abbandoni, cinque volte si recita quello che segue: “Gesù dolcissimo, pel santissimo vostro abbandono, non ci abbandonate né in vita né in morte.”

E una volta a nostra: Signora:

“Maria Madre di grazia, Madre di misericordia, ed in vita e in morte, o Signora, proteggeteci.

Poscia: Credo in Dio, etc..

LA QUINTA PAROLA

“Ho sete”.

Qual intelletto vi sarà che comprenda le cagioni che in questo estremo fecero più viva la sete del nostro dolcissimo Salvatore? Attaccata al palato quella lingua che fu strumento di tante meraviglie; secche per l’amarezza di tanti tormenti quelle labbra amorose: esausto di sangue e di sudore, era indicibile la sete che lo cruciava con nuova pena e maggiore: e però con rauca voce, ma tenera, esclamò, dicendo: “Sitio”, ho sete. Oh dolcissimo mio Gesù! Che sete è codesta che tanto vi molesta ed addolora? Che sete ha da essere? Sete insaziabile di anche maggiori tormenti per la nostra salute: sete accesa e cocente d’anime e di lacrime, come se dicesse: in questa ambascia ed agonia altra consolazione non vi è per me che il pianto dei miei cari devoti. Piangete dunque anime amanti di Gesù: piangete, ché arido e sitibondo è il buon Gesù agonizzante. Fonti, ruscelli, fiumi, date acqua ai miei occhi. O Signore, chi porgerà qualche sollievo alla vostra sete? chi lascerà il peccato? che questa è la sete che da a Cristo più pena, la sete che non si pecchi: “Sitio”, ho sete, o Gesù mio, chi vi darà refrigerio? Chi vi cercherà una pecorella smarrita? che questa è la sete che vi tormenta, la sete di guadagnare anime. Or io, o Signore, io vi cercherò anime; io insegnerò ai zotici ed ai fanciulletti le vostre vie; io esorterò i cattivi colla parola e coll’esempio; si convertiranno molti. “Sitio”. Ho sete, o mio Gesù, di chi mai siete tanto assetato? D’amore, d’amor più grande. Orsù, mirate dunque, o Signore, che un esercito avrete di vergini, di martiri, di confessori che morranno per impulso di un fervido vostro amore. D’ un amore vivissimo morrà la cara vostra Maddalena, le vostre spose Caterina, Lutgarda, Teresa, ed altre innumerabili. “Sitio”, ho sete; anche più amore; che mai amore non dice, basta. Deh! Anime, a morir d’amore con Gesù Cristo, che ha sete molta, v’è poco amore. “Sitio”. Ho sete: di che, o Signore? Che il mondo si salvi. Consolatevi dunque, o mio Bene, che i vostri Apostoli o discepoli vi convertiran regni interi, ed anime a migliaia. “Sitio”. Ho sete. Più anime ancora. Or via, Signor mio, il gran Domenico e il gran Francesco innumerabili ve ne guadagneranno sino alla fine del mondo. “Sitio”. Ho sete:” vengano ancor più anime. Mirate, o Signore, che l’infiammato Ignazio vi condurrà eretici senza numero, infedeli e peccatori, attaccando fuoco in ogni stato e nazione; e il gran Saverio, figlio di lui, ed il gran Saverio, figlio di lui, vi conquisterà .alla sua vampa un nuovo mondo. “Sitio”. Ho sete, Anche più anime, ancor più vengano, ancor più peccatori. Oh induriti peccatori, ponete mente alla sete insaziabile che ha della vostra salvezza il vostro amorosissimo Redentore, ed alla poca che avete voi di salvarvi! E come mai tanta sete di ricchezze, di vanità, di ribalderie che vi spingono a perdizione? Fine una volta, fine al peccare, che arde di sete Gesù per salvarvi. Schiudete codeste fontane de’ vostri occhi. Per quante saran le lacrime? Purgate le vostre colpe che di codest’acqua vuole appagar la sua sete il nostro amorosissimo Redentore. Ma, o mio Gesù, chi vi potrà sollevare, se mai amore non dice basta? Siete voi il sollievo della sete vostra medesima col dare a noi di codesta sete una sete ardente di amore prima di offendervi. Moriamo dunque, anime, moriam di amore; e sciogliendo in pianto di tenerezza il nostro cuore, alleviamo la sete a Gesù colle lacrime del nostro pentimento e dolore.

Qui meditazione e strofa:

“Qual giglio candido

Allorché il cielo

Nemico negagli

Il fresco umor

Il capo languido

Sul verde stelo

Nel raggio fervido

Posa talor.

Fra mille spasimi

Tal pure esangue

Di sete lagnasi

Il mio Signor.

Ov’è quel barbaro,

Che mentr’Ei langue,

Il refrigerio

Di poche lagrime

Gli neghi ancor?”

Indi per alleviar la sete a Gesù gli si dia il cuore, cinque volte dicendo quello che segue:

“Gesù mio dolcissimo ed assetato, io vi consegno il mio cuore”.

Poscia: Credo in Dio, etc..

LA SESTA PAROLA.

“Tutto già è terminato”.

Già, o Anime, si adempirono le profezie della antiche Scritture: il fine già si compì degli alti decreti di Dio; furono pagati già alla divina giustizia i debiti dei peccatori: fu già comperato al vero suo prezzo il premio della beatitudine per li giusti: si è dato già fine alla schiavitù del demonio, e principio al trionfo della gloria: già il dolcissimo nostro Gesù è nell’ultimo estremo agonizzando tra orribili svenimenti, dopo d’aver terminato gli uffici tutti di Redentore; e già dentro le porte della morte sta finalmente offrendo la dolce sua vita in prò dei peccatori. Entra, o Anima, nell’intima sua memoria, e tutte vedrai presenti le petizioni che dovranno farsi all’eterno Padre sino alla fine del mondo: tutte le fa Gesù Cristo: e per Lui e per la morte sua tutte hanno le suppliche un favorevole rescritto. Già il dispaccio è spedito di tutte le altre disposizioni del mondo finché starà in piedi: e da questa morte, che già compie, tutta dipende la nobile restaurazione dei seggi del Cielo. Guarda quel gran Signore, che in questo punto vide colla sua alta sapienza tutte le tue battaglie e tentazioni, le tue più secrete cadute, i tuoi più occulti pensieri, tutti gli avvenimenti della tua vita, tutti i tuoi pericoli di peccare e di dannarti. Guarda, come applica a te tutta la sua Passione e Morte, come se fossi tu solo l’oggetto unico dell’amor suo. Rendigli infinite grazie di quello che ebbe per te sì speciale, come fossi al, mondo tu solo. Adesso è che il sovrano suo Padre gli concede la salvazione di quei gran peccatori che son dalle storie riferiti; e le eroiche imprese dei Santi: adesso è che dà valore ai suoi Apostoli, fortezza ai suoi martiri, purità alle Vergini, coraggio ai Confessori ed ai Penitenti; adesso che vede pieni i campi delle raccolte dei giusti, e retti i suoi tempi, popolati i suoi chiostri, abbattuti gli idoli e inalberata in ogni parte la trionfale insegna della sua Croce: adesso che vede dover per la sua morte ricever lume moltissime nazioni e salvarsi ancora le più barbare. E nel mirare 1’adempimento di questi sì alti fini della sua Redenzione, si raccolse quasi come nell’intimo del suo cuore a vedere se altra cosa gli restasse a fare e patire per i peccatori: “Quid ultra debui facere et non fecit?” Che doveva io fare per li peccatori e che non ho fatto? Che altro mancami a fare? O Redentore dell’anima mia! no, non vi resta più altro a fare. Arrivaste alla cima più alta della carità, al segno ultimo dell’amore, quanto poteva far l’amor vostro, tanto avete Voi fatto e patito. Osservando dunque il Salvatore che niente più gli rimaneva di fare in obbedienza al Padre, ed in riparo degli uomini, alzò la voce e con generoso affetto disse: “Consummatum est”. Tutto è già terminato, tutto conchiuso. Siate benedetto, o Redentore dell’ anima mia, per un beneficio e per una carità così immensa. Concedetemi o Signore, che pel preziosissimo vostro Sangue possa anch’io della mia vita dirvi con pentimento vero: Già tutto è finito: è finito l’offendervi: son finiti miei scandali: finite le mie iniquità : tutto è conchiuso per amor vostro; tutto è terminato.Ah! come sarà stato, o Anime, in questo momento quel cuore, quella volontà di Gesù Cristo? Che fuoco, che amorevolezze, che tenerezze? Queste, Anime, è il tempo di far provvisione d’amore; ché sta avvampando Gesù. Tutto, dice, è già terminato, tutto compiuto; non mi resta più nulla: fin qua poterono giungere i miei affetti: arse già il fuoco fin dove poté; il cuor già mi bolle entro il petto nel suo accendimento maggiore. All’incendio, o cuori amanti, petti gelati, al petto di Gesù. Oh tiepidi cuori! Questo è già terminato. O peccatori insensibili! Questo ha già conchiuso; la fiamma è già nel suo punto: gettatevi nell’incendio del cuor di Gesù:amore e più amore; ardore ed ardore sempre più. Sia cosi, Gesù mio. Esso pur unisca il mio cuore, disfatto da dolore ed arso nel vostro amore.

Qui meditatione e strofa:

“L’alta impresa è già compita;

E Gesù con braccio forte,

Negli abissi la ria morte,

Vincitor precipitò.

Chi alle colpe ornai ritorna

Della morte brama il regno,

E di quella vita è indegno

Che Gesù ci ridonò”.

Poi in rendimento di grazie per aver compiuta la nostra Redenzione si recita:

“Vi ringrazio, o Signore, che compiste la mia Redenzione; sia, o mio Gesù, per la salvezza mia”.

Indi: Credo in Dio, etc..

LA SETTIMA PAROLA.

“Padre, nelle vostre mani raccomando

lo spirito mio”.

In quest’ultima parola ci dà il nostro amorosissimo Redentore l’ultimo documento dell’amor suo, insegnandoci l’atto il più importante e sublime per l’ora strema della morte; abbandonarsi cioè e mettersi tutto quanto con umile confidenza nelle mani di Dio, come nelle mani del nostro Padre. Gesù Cristo insegna a morire. Impariamo, o Cristiani, ciò che è la morte da quella del nostro Salvatore. Oh che passo tremendo! oh che arduo punto! Nell’accostarvisi un Uomo-Dio, si altera la sua santissima Umanità: perde la faccia il suo colore, s’annerano le labbra, tra le angustie ed agonie scuotesi tutto il corpo. Anche quell’alto ed animoso grido, con cui, già vicino a spirare, raccomandò il suo spirito nelle mani dell’ eterno Padre che lo poteva liberar della morte, fu accompagnato da tenere lagrime: Cum clamore valido et lachrymis. Muore così un Uomo-Dio. E voi, uomini, riguardate la morte con tanta indifferenza? Siete mortali, e vivete così trascurati? E come potete mostrarvi insensibili alla considerazione di un momento così terribile? Anime , cosa sia il morire, osservatelo in Gesù; mirate cosa sia agonizzare. Che battaglie! che angustie! che dolori! Oh passo forte! Come ci può essere persona che differisca le sue disposizioni a quel tempo, in mezzo ad amarezze di tanto affanno? Come c è uomo che riservi a quell’ora, fra tali e tante ambasce, l’affare più serio e più difficile della salute? Ora, ahimè, d’agonia! chi potrà ponderarvi? Quali angustie non soffrì Gesù nella separazione dell’anima e del sacro suo corpo! L’anima santissima riguardava in quel corpo il suo prezioso compagno, vi riguardava quella carne pura di Maria; quella stretta unione; ed al vedersene distaccare, la se parazione era sì dolorosa che obbligò tramutarsi e a tremarne tutta la sacratissima Umanità. Oh forza del morire: oh duro colpo che fa scuotere un Uomo-Dio! Ma siate benedetto, o mio Gesù, che vi metteste Voi in codeste agonie per aiutar me a passare il fiume delle mie miserie, Voi, o Signore, lo tragittaste per addolcire a me le amarezze della mia morte. – Or trovandosi in questo estremo il Redentor nostro Gesù, fece silenzio e domandò ai mortali attenzione con quell’alto vigoroso grido; significando di voler già morire, e per insegnarne a noi la sublime e sincera maniera, prima che spiri, raccomanda e pone il suo spirito nelle mani dell’eterno suo Padre, dicendoGli con gran riverenza: Padre, nelle vostre mani raccomando lo spirito mio. Oh che eccelso e divino ammaestramento! Gesù Cristo onora in questo atto il suo eterno Padre col maggior onore che può rendergli: perché mettendo nelle mani di Lui il suo spirito, mostra verso del Padre l’immenso amor suo, la sua sicura fiducia, la sua profonda umiltà, la sua total sottomissione: giacché si consegna Egli tutto alla discrezione e provvidenza di Lui, come a Padre fedele, giusto, santo, potente che mancar non può mai a chi a Lui si affida, né lascia di esser asilo infallibile di misericordia e di sicurezza, e nelle cui mani consegnando l’anima, non può non esser che felice e beata. Col più sublime atto della sua dottrina e perfezione così c’insegna Cristo a morire. Oh eterno Padre, giusto e santo! col sacro spirito dell’amabilissimo vostro Gesù pongo anch’io, e raccomando il mio spirito nelle vostre mani. Ricevetemi, o Signore, fin da quest’ora per sempre: miratemi agonizzante fra tanti pericoli di offendervi: miratemi tra le battaglie e gli sbigottimenti delle mie tentazioni e cadute: non mi lasciate andar giù, Padre pietosissimo, che insieme col dolcissimo Figlio vostro Gesù raccomando il mio spirito nelle vostre mani, non solo nell’ora della mia morte, ma in tutto il tempo ancora della mia vita. Nelle mani vostre raccomando, o Signore, lo spirito mio, quanto ho, quanto sono. Abbiate di me misericordia. – Avendo il nostro Redentore Gesù raccomandato il suo spirito nelle mani dell’eterno Padre, vide che l’ora si andava già accostando di renderlo: ed affinché tutto il mondo conoscesse che moriva spontaneo, per volontaria obbedienza al Padre, e per amore verso degli uomini, alla morte diede licenza di giungere. Innanzi però di morire, per mostrare che non era la morte che gli facesse piegar la testa, ma il peso immenso dell’amor suo, Egli stesso prima di spirare inchinò dolcemente sul petto la testa sua sacrosanta. Oh inchinamento tutto pieno di profondi misteri! Con tale inchina mento significò il Salvatore la sua obbedienza all’eterno suo Padre, la sua propensione e benevolenza versi degli uomini, la sua povertà ed umiltà, il non avere in croce ove posar la sua testa , per la gravità delle nostre colpe, che col peso gli facevan chinare il capo e morire. La chinò anche alla ingrata terra per congedarsi da lei, e darle nel suo spirare, come al principio del mondo, spirito di nuova vita. La chinò inoltre per chiamar con tal segno i peccatori all’amor suo, invitandoli alle carezze e tenerezze del suo cuore. Rivolse per ultimo questa inclinazione alla sua dolcissima Madre Maria (che trafìtta dolore stava ai piedi della croce) per farle questa riverenza profonda, e prendere da Lei congedo, dirigendo a Lei l’estremo fiato del viver suo, anche per insegnare agli uomini che non può veruno partir bene dal mondo, se non con dirigere a Maria e per mezzo di Maria l’ultimo respiro della sua vita. Siate benedetto, o Maestro della mia vita, pei misteri della santa vostra inchinazione, e per gl’insegnamenti che in essa mi dà la carità vostra infinita. – Chinata in tal modo con tanti misteri la testa del nostro amorosissimo Redentore, non rimanendogli più che fare per render l’anima, comincia a tramutarsi, e tutto trema il sacro suo corpo al volersene distaccare l’anima sacratissima. Già la morte, per esercitare il suo officio, principia a spogliar di colore il suo bellissimo volto, già gli affila il naso, già gli fa livide le labbra, già gli sfigura il sembiante, già gli esalta il petto, già gli va togliendo il respiro, e tutte le insensibili creature, all’accorgersi che già vuole spirare il loro Creatore, non possono trattenersi di risentisene e cominciano a cangiarsi gli elementi. Il sole si ottenebra, la luna si fa sanguigna, i cieli si oscurano, geme e trema la terra, e tutto il mondo piange e si scuote. Deh, Gesù mio, aspettate un poco, o Signore, che voglio anche io morir con Voi: moriamo insieme, o mio Gesù: che se Voi morite di amor per me, io voglio morire d’amor per Voi. No, più non mi curo di vivere, o mio Dio, se vi ho da tornare ad offendere e crocifiggere. – O Gesù del mio cuore! veggo già che l’ora si affretta; ben Voi potete morire, o Redentore dell’anima mia, che tutto il cielo, in terra tutta stanno con grande aspettazione attendendo la vostra morte. Con le braccia aperte l’attende il vostro eterno Padre per raccogliere il vostro Spirito; l’attendono gli Angeli per applaudire alla vostra vittoria; l’attendono i Padri santi nel Limbo, per risplendere alla vista di Voi in libertà gloriosa, l’attendono tutti i giusti per rendervi eterne grazie e lodi ; l’attendono tutti i peccatori per ispezzarsi il cuore di dolore, con fermo proponimento di più non esservi ingrati, tutto finalmente 1’attende il mondo per rinnovarsi, e gli uomini tutti per vedersi redenti dalla schiavitù del peccato. – Vedendo pertanto il Signore l’ansietà ed i sopiri con cui tutto il mondo aspetta la sua morte, già si arrende alle brame, ed in mezzo al suo affetto e alle sue tenerezze verso i peccatori, consegna il suo spirito all’eterno Padre, e la sua Vita ed il suo Sangue pel general rimedio di tutti gli uomini. Via dunque, dolcissimo mio Gesù: già è ora: morite dunque, e Redentore dell’anima mia, ed allorché dopo morte sarete col vostro eterno Padre, pregatelo, o Signore, che sempre siamo coi Voi; che viviamo e moriamo nella grazia vostra, nel vostro amore per il vostro preziosissimo Sangue, Passione e Morte; che per la vostra gran riverenza sarete ben ascoltato e favorito per noi peccatori, vostri redenti e cari. Oh altissimo Iddio! Oh incomprensibile maestà! Voi solo, o Signor grande, potete intendere ed apprezzare la morte del vostro Figlio, il nostro Signore Gesù Cristo. L’uomo l’ascolta, e si rimane insensibile, cieco, sordo e muto. Vede morire il suo Dio, e non sospira, non piange, non si ravvede, mentre sa che muore il suo Dio, perché non muoia egli eternamente nell’Inferno. Oh che obbligazione tremenda! oh Venerdì Santo! oh tre Ore d’Agonia! Svegliate, o mortali, codesti occhi dell’addormentata vostra fede; muore il vostro Dio per voi, e alcuno non havvi che non muoia d’amore e di dolore col suo Dio? Per i vostri peccati Egli muore, e non havvi alcuno che non muoia di disgusto d’aver peccato? Oh Dio, oh cieli, oh pietre prestateci voi la vostra commozione per morir oggi col nostro Redentore Gesù Cristo di amore e di dolore. A morir, Anime, con Gesù Cristo, a morir d’amore, a morir di dispiacere per averLo offeso.

Qui inginocchiandosi tutti, cantano i musici.

Iesus antem, emissa voce magna, espiravit.

Dopo qualche minuto di silenzio, ripiglieranno

“Gesù morì .. Ricopresi

di nero ammanto il cielo

I duri sassi spezzansi,

Si squarcia il sacro velo,

E l’universo attonito

compiange il suo Signor.

Gesù morì insensibile

In mezzo a tanto duolo

Più dei macigni stupido,

Resterà l’uomo solo,

Che coi suoi falli origine

Fu del comun dolor?”

.(1) Chi fa le tre Ore continuate di Agonia nel Venerdì Santo in pubblico o in privato; solo o in unione di altri, meditando o recitando Salmi, Inni ed altre preci, purché sia confessato e comunicato il Giovedì Santo, pregando secondo l’intenzione del sommo Pontefice, o le farà nella seguente settimana di Pasqua, guadagna INDULGENZA PLENARIA da potersi applicare alle Anime Purganti, (Pio VII, 14 febbraio 1815).

 

I SETTE DOLORI DELLA VERGINE MARIA

Il Venerdì della prima settimana di Passione si commemorano i Sette Dolori della Santa Vergine Addolorata. Trascriviamo una preghiera-novena

IN ONORE DEI DOLORI DI MARIA SS.

[da: “il Giardino Spirituale –Napoli 1903- imprim.]

(Comincia il Mercoledì dopo la Domenica IV di Quaresima; ed il Venerdì dopo la 1 Domenica di Settembre.)

Deus in adjutorium, etc. Gloria Patri, etc.

I-Regina de’ Martiri, Addolorata Maria, per quell’intenso dolore che provaste in udire, dal santo vecchio Simeone la predizione della passione e morte del vostro divin Figliuolo Gesù, dolore che portaste nel cuore sino alla morte dello stesso vostro Figliuolo divino; vi prego di ottenere anche a me la memoria continua della passione e morte di Gesù, ed un continuo e vero dolore dei miei peccati che ne furono la, causa, sino all’ultimo punto di vita mia. Àve Maria etc.

II. – Regina dei Martiri, Addolorata Maria, per quell’acerbo dolore che provaste in sentire che Erode voleva dar morte a Gesù, ancor bambino, onde vi convenne di notte, tra mille incomodi e strapazzi, fuggire in Egitto col vostro sposo Giuseppe e col bambino Gesù; vi prego ottenermi grazia di soffrire qualunque, più grave incomodo e pena per conservar vivo Gesù nel .mio cuore, e non farlo mai offendere dagli altri. Ave Maria, etc.

III. Regina de’Martiri, Addolorala Maria, per quell’acuto dolore che sentiste allorché in Gerusalemme smarriste il vostro Figliuolo Gesù, e per tre giorni con ansia ne andaste in cerca, finché ritrovatolo nel Tempio, non più da Voi si discostò; vi prego ottenermi grazia che io non perda mai Gesù col maledetto peccato, e che sia sempre a Lui unito con l’amore sino all’ultimo respiro di vita mia. Ave Maria, etc.

IV. – Regina dei Martin, Addolorata Maria, per quell’intenso dolore che provaste in sentire che il vostro Figliuolo Gesù era stato catturato e condannato alla morte, e per quel più acerbo dolore che sentiste allorché sulla via del Calvario Lo rincontraste anelante sotto il pesante legno della Croce; vi prego d’impetrarmi, che io porti la croce del mio stato con quello stesso spirito con cui la portò Gesù Cristo, ed in unione con Lui, uniformandomi perfettamente al suo divino volere in tutte le cose sino all’ultimo respiro di vita mia. Ave Maria, etc.

V. – Regina dei Martiri, Addolorata Maria, per quell’eccessivo dolore che vi penetrò il cuore, allorché vedeste il vostro divin Figliuolo Gesù inchiodato alla Croce, ed innalzato su di essa spasimare per tre ore tra immensi dolori, sino a spirare la benedetta sua anima nelle mani del Padre; ottenetemi, vi prego, che pei meriti della passione e morte del vostro Figliuolo Gesù io faccia una santa morte, assistito da Voi e da Gesù, e nelle vostre mani spiri l’anima mia. Ave Maria, etc.

VI. – Regina dei Martiri, Addolorata Maria, per quell’acerbo dolore che provaste nel vedere ferito da una lancia il cuore di Gesù Cristo già morto, ferita che fu sentita tutta dall’anima vostra, che non sapeva dipartirsi dal cuore di Gesù, vi prego ottenermi dal vostro Figlio, che ferisca Egli il mio cuore con un dardo dal suo amore, in modo che non mi possa più separare da Lui nel tempo e per tutta l’eternità. Ave Maria, etc.

VII. Regina dei Martiri, Addolorata Maria, per quell’estremo dolore che soffriste allorché vedeste il corpo divino del vostro Figlio Gesù, schiodato dalla Croce, esser riposto nel sepolcro, dove rinchiudeste pure il vostro amante cuore; vi prego di ottenermi che io seppellisca con Gesù l’uomo vecchio e le mie passioni tutte, e mi rivesta dell’uomo nuovo, formato ad immagine dello stesso Gesù, di modo che meriti la vostra protezione in vita, la vostra assistenza in morte, e sia partecipe della vostra gloria in cielo. Ave Maria, etc.

ANTIPHONA.

“Cum vidisset Jesus Matrem stantem iuxta Crucem, et discipulum. quem diligebat, dicit Matri suæ ; Mulier, ecce filius tuus. Deinde dicit discipulo: Ecce Mater tua”.

  1. Regina Martyrum, Ora prò nobis.
  2. Quae Juxta crucem Jesu constitisti.

OREMUS.

“Deus in cuius passione, secundum Simeonis prophetiam dulcissimam animam gloriosæ Virginis et Matris Mariæ doloris gladius pertransivit; concede pròpitius, ut qui dolores eius venerando recolimus, passionis tuæ effectum felicem consequamur Qui vivis et regnas per omnia sæcula sæculorum. Àmen”.

MEDITAZIONI SOPRA IL PECCATO

MEDITAZIONI SOPRA IL PECCATO

– Opportunissime per ogni tempo,

ma specialmente per ben disporsi alla Confessione.-

[e per ottenere la grazia della CONTRIZIONE]

[sac. G. Riva: Manuale di Filotea, XXX ediz. Milano 1888 – impr.]

Meditazione I

L’OFFESA, L’OFFESO E L’OFFENSORE!

I. Qual è l’Offesa che il peccato fa a DIO. Che col peccato mortale l’uomo faccia ingiuria a Dio, Lo disprezzi, gli faccia un torto, è una verità incontestabile, dacché nelle Scritture si dice che il peccatore si infuria contro Dio, Lo strapazza, arriva a calpestarlo. Né giova il dire, io non pecco per disprar Dio, ma solo per pigliarmi quella soddisfazione; perché conviene avvertire che vi sono due sorta di dispregi: uno espresso e diretto: l’altro indiretto ed interpretativo. Non si tiene forse strapazzato un padre quando il suo figlio contravviene ai suoi ordini? Ingiuriato un principe quando i suoi sudditi non si curano delle sue intimazioni? Intendetela dunque bene: Quando peccate, voi disonorate Dio, ve lo dice S. Paolo nella lettera ai Romani — “Per prævaricationem legis Deus insonora”. Se non Lo disprezzate colla intenzione, Lo disprezzate col fatto, non obbedendo alla sua legge, non temendo la sua giustizia, non amando la sua bontà; non avendo riguardo alla sua immensità che vede il vostro peccato, alla sua santità che lo odia, alla sua onnipotenza che può punirvene ad ogni istante. Quindi Egli se ne disgusta sì altamente che, se potesse morire un Dio eterno, un solo peccato mortale gli darebbe la morte. Oh il gran torto che si fa a Dio ogni qualvolta si pecca! Siccome poi il torto è più o meno grave secondo che maggiore o minore è la differenza che passa tra l’offensore e l’Offeso, così a ben comprendere la gravezza del peccato, conviene considerare attentamente Chi è che col peccato vien offeso, e chi è l’offensore.

II. Chi è l’Offeso. — Figuratevi col pensiero una bellezza così sorprendente che rapisca i cuori col solo farsi vedere, sicché sia più stimabile veder lei per un momento, che godere per molti secoli tutti i diletti della terra, una maestà in ossequio della quale valga più il patir ogni strazio, che regnar in tutto il mondo: una bontà cui offendere, anche col solo pensiero, sia maggior male che se si annichilassero i cieli, si distruggesse l’universo. E poi riflettete che Dio è infinitamente maggiore di quanto vi siete ideato. Pensate pure più e più perfezioni; raddoppiatele e moltiplicatele con aritmetica proporzione quante sono le stelle del cielo, gli atomi dell’aria, le gocce dell’acqua, e poi sappiate che tutta questa grandezza in confronto a Dio è infinitamente meno di quello che sarebbe un vermiciattolo paragonato a tutto il mondo. Chi mai potrà ben comprendere che voglia dire essere stato in tutti i tempi, occupare tutti i luoghi, sapere tutte le verità, possedere tutte le perfezioni, potere quanto si vuole, essere inaccessibile ad ogni male e godere ogni bene? Eppure questo Signore, fonte ed origine di tutto, che solo a vederlo vi farebbe eternamente beato, è quello che voi conculcaste col peccato mortale; e non ne inorridite? A meglio svegliare in voi così necessario inorridimento, considerate chi è quegli che fa fa tanta ingiuria ad un Signore sì grande.

III. Chi è l’Offensore. — In quanto al corpo egli è un niente vestito di fango. Pochi anni sono non eravate: in breve sarete mangiato dai vermi; e quel che avanza si ridurrà in cenere. Ora questa poca polvere ha ardito pigliarsela contro Dio? Che cosa siete voi in quanto all’anima? Concepito in peccato originale, non prima aveste l’essere che foste nemico di Dio, schiavo del demonio, spogliato della grazia, sbandito eternamente dal cielo. La vostra eredità è una somma ignoranza di mente, una strana malizia di volontà, fiacchezza per far il bene, insaziabile concupiscenza per operare tutto il male.A questa funestissima eredità avete aggiunto del proprio tanti peccati attuali, tanti mali abiti, altrettanti debiti colla divina giustizia, per cui siete nel demerito d’ogni aiuto. Che, se volete conoscervi anche meglio, instituite il seguente paragone: Chi siete voi confrontato con tutti gli uomini del mondo, con tutti quelli che sono stati, con tutti quelli che sono adesso, con tutti quelli che saranno sino alla fine dei secoli? Che cosa siete paragonandovi a tutti gli Angioli, non che a tutte le creature possibili? Chi vi riconoscerebbe in sì vasta moltitudine? Chi terrebbe conto di voi. Or, se non siete altro che un nulla avanti a tanto numero di creature, pensate che cosa siete innanzi a Dio, al cospetto del quale, questo numero, quantunque grandissimo, è proprio come se non fosse?Che dite adesso della vostra temerità nel prendervela contro di Dio? Non avete forse ragione di stupirvi assai più che se vedeste una formica a prendersela contro un leone?

AFFETTI DI PENTIMENTO.

Chi mai avrebbe creduto che un verme vilissimo della terra, come son’io, potesse aver l’ardimento di strapazzare un Dio così grande, così buono, così potente, qual siete voi, che non potrà mai essere abbastanza adorato, temuto ed amato? Eppure io vi strapazzato tante volte coi miei peccati, e con tanta temerità, come se voi non voleste, o non mi poteste subito castigare. Voi siete mio Creatore ed io non ho voluto sottomettermi a voi come vostra creatura; ero vostro figlio e vi ho sconosciuto, disonorato, trattato da nemico e non da padre: voi siete stato mio Salvatore sulla croce: ed io senza pietà vi ho nuovamente crocifisso colle mie colpe: prevenuto dalla vostra grazia, ricolmo dei vostri beni, non me ne sono prevaluto che per oltraggiar Voi e perdere me. Ma se io ho fatto da quel che sono, da creatura meschina, piena di tenebre e di malizia, voi fate da quello che siete, cioè da quel Dio grande e onnipotente che contiene ogni bene. Io mi pento con tutto il cuore d’avervi offeso, e per amor vostro detesto un sì gran male sopra ogni cosa detestabile e bramo una contrizione simile al mare per la profondità, per l’estensione, per l’amarezza, onde risarcire in qualche parte col mio dolore l’onore che vi ho tolto con il mio peccato. Beato me se io avessi eletto ogni male prima che determinarmi a disgustar Voi, sommo bene! Ma se sono stato così stolto per lo passato, non voglio più esserlo per l’avvenire, mentre sono resolutissimo col vostro aiuto di non tornare ad offendervi. Voi, o Signore, che adoperaste tanto la vostra pazienza in sopportarmi, adoperate ora altrettanto la vostra potenza in assistermi; sicché in ogni luogo, in ogni tempo vi ami, vi obbedisca, come richiede la vostra infinita grandezza, e come merita la vostra infinita bontà.

Meditazione II.

IL TEMPO, IL LUOGO E I MEZZI CON CUI SI PECCA.

I Il tempo. — L’offendere un innocente meritevole di ogni rispetto, è sempre un gran male; ma offenderlo dopo avergli giurato fedeltà ed amore, dopo essere stato da lui beneficato, e mentre continua a beneficarci, è tale enormità che non si saprebbe con quali termini qualificare. Ora questa enormità è quella di cui si fa reo il cristiano, quando col peccato offende Iddio, perché lo offende dopo che, col Battesimo, Dio lo rese suo figliuolo; dopo aver saputo per fede che Gesù è morto sulla Croce, affine di distruggere il peccato; dopo essere stato per i meriti del suo sangue rimesso nella sua grazia; dopo averGli promesso tante volte fedeltà inalterabile nei santi sacramenti; e lo offende nell’atto stesso in cui Egli lo conserva, e lo provvede di tutto il bisognevole, lo fa servire da tutte le creature inferiori, lo fa sostenere dai principi della sua corte, quali sono gli Angeli, lo preserva da tanti pericoli, gli risparmia tanti castighi, gli tiene apparecchiato il divino suo corpo nella Eucaristia, tiene a sua disposizione tutti i tesori della sua grazia in questa vita e tutte le delizie della sua gloria nell’altra. Ah questo è proprio un lacerare quel seno che ci dà vita; è una ingratitudine, una crudeltà a cui non arrivano le stesse fiere

II. Il luogo. — Il peccato è ben anche un eccesso di temerità; perché non può esser commettere che al cospetto di Dio, il quale da per tutto si trova, ed ha sempre gli occhi aperti sopra di noi. Peccando dunque, voi avete conculcato la legge al cospetto dello stesso legislatore; a vista del vostro Giudice vi siete burlato dei suoi castighi; davanti al vostro Redentore vi siete messo sotto i piedi il suo sangue: in faccia della sua infinita maestà vi siete fatto schiavo d’un suo ribelle, il demonio, e tentaste, se fosse stato possibile, di toglierGli la corona dal capo. Faceste dunque davanti a Dio ciò che non ardireste giammai di fare davanti ad una persona del mondo meritevole di qualche riguardo.

III. I mezzi. — Che cosa adoperaste voi per peccare se non gli stessi benefici di Dio. Cioè quelle potenze dell’anima, quei sensi del corpo, quei beni di fortuna che Dio vi accordò per procurare la vostra santificazione e la sua gloria? Vi diede un intelletto capace di conoscere la prima verità, e voi lo usaste in cercar nuovi mezzi per offender il donatore. Vi diede una volontà capace di amare il sommo Bene, e voi, spregiata la fonte di vita eterna, andaste ad abbeverarvi alla fossa fangosa e puzzolente delle vostre disordinate passioni. Che più? Non solo abusaste delle creature contro Dio, ma abusaste ancora del Creatore medesimo contro Lui, prendendo anzi a peccare dal conoscere per esperienza che Egli è buono e misericordioso, appresta i rimedi al peccato, e differisce il castigo per dar luogo alla penitenza. Oh cosa spaventevole! Non basta all’uomo di tradir Dio con volgergli contro le sue creature; vuole pur anco che Dio medesimo concorra all’orribile Deicidio.

AFFETTI DI PENTIMENTO.

Dio di infinita misericordia, io non ho mai conosciuto così bene che la vostra clemenza eccede ogni termine, quanto adesso che siete arrivato a tollerar me così sconoscente, così ingrato a tanti vostri favori. Oh pazienza inaudita! Oh pietà indicibile! Qual principe della terra avrebbe sopportato un solo degli strapazzi che io ho fatto a Voi, senza sterminarmi dal mondo? Confesso la verità: la considerazione di condotta sì amabile e misericordiosa, qual fu la vostra verso di me, mi fa più vivamente compungere dei miei peccati, e non posso fare a meno di detestarli col dolore più vivo e più sincero. Ah! mio Signore, son risoluto; prima mi si apra sotto ai piedi la terra, che mai più tornare ad offendervi. Quand’anche fossi certissimo che niun castigo avessi a temere per le mie colpe, pure vorrei sempre abborrirle, sempre astenermene, se non altro per non essere ingrato un’altra volta alla vostra infinita bontà. Intanto per liberarmi da quella di cui mi trovo gravato, datemi grazia di accusarle con ogni sincerità al ministro delle vostre misericordie, e di condurmi con lui in maniera da pentirmene perfettamente riconciliato con Voi.

Meditazione III

IL PECCATO IN SÉ, NEGLI EFFETTI E NEI CASTIGHI.

I In se stesso. — Quando Mose intimò al Faraone l’ordine di Dio di lasciar in libertà il suo popolo, il Faraone rispose: “Chi è questo Signore perché io debba ubbidirlo? Io non lo conosco, nè mi indurrò mai a fare ciò ch’ei comanda”. Un atto cosi temerario è rinnovato da ogni uomo, quando acconsente al peccato. La coscienza gli intima come Mosè di non prendersi quel piacere, perché è da Dio proibito: ed egli risponde col fatto: io non mi curo di Dio, voglio fare a mio modo. Né solo ricusa di obbedirgli, ma gli volge dispettosamente le spalle; ricusa di portare il suo giogo; protesta di noi volerlo servire. Questa condotta affligge il cuore di Dio e lo affligge in maniera che, se non fosse immortale, lo farebbe morire, cagionandogli una tristezza infinita. E come no, se col peccato l’uomo dichiara col fatto di non fare alcun conto del sommo bene, dei tanti benefici da Lui ricevuti, dei tanti titoli che lo legano al suo servizio, al suo amore, e a Lui preferisce il suo più grande nemico qual è il demonio? E ciò, non già per procurarsi qualche grande vantaggio, ma per prendersi una brutale soddisfazione, che, appena provata, svanisce e non lascia dietro di sé che l’inquietudine ed il rimorso.

II Nei suoi effetti. — Che cosa fa la morte al nostro corpo? Lo priva tutto ad un tratto della vita, della bellezza, della forza e d’ogni altro bene. Altrettanto fa il peccato mortale alla nostr’anima: perché prima di tutto la priva di Dio il Quale è vita dell’anima più che non è l’anima vita del corpo. In secondo luogo lo priva della grazia divina, ch’è il più bell’ornamento dell’anima: quindi quell’anima che per la grazia era similissima agli Angioli, diventa in un momento bruttissima come un vero demonio. In terzo luogo mortifica tutte le opere buone adunate in stato di grazia: avesse acquistato i meriti di tutti i Santi, e quelli ancora di Maria Santissima, non gli gioverebbero più a nulla quando avesse a morire in tale stato; ed invece dell’eterna ricompensa pel bene operato, non riceverebbe che la sentenza di eterna dannazione per il male posteriormente commesso. In quarto luogo lo priva di tutti i meriti che potrebbe acquistare colle sue opere buone, dacché queste per se stesse sono morte, cioè non più ricompensabili con la gloria eterna, dacché manca loro il principio del merito, ch’è l’unione con Dio per mezzo della sua grazia. Quindi l’anima in tale stato con tutta ragione si paragona ad un tralcio staccato dalla sua vite, e perciò impossibilitato a produr frutti; mancando dell’umor vitale che esso ritraeva dal tronco con cui faceva un solo corpo.

III. Nei suoi Castighi. — Dalla severità della pena inflitta da un giudice imparziale e sempre inclinato alla misericordia, si argomenta con tutta ragione la gravità del delitto. Che concetto adunque dobbiamo noi formarci del peccato mortale, se Dio, che è la stessa bontà per essenza, lo punisce coi castighi più severi? Consideriamone soltanto i più conosciuti: lucifero l’Angelo il più bello, il più eminente del Paradiso. Eppure, appena ardì sollevarsi contro Dio, Dio stesso lo spogliò d’ogni bellezza, lo cacciò per sempre dal cielo, e lo precipitò nell’inferno con tutti i compagni della sua ribellione, che pur formavano un esercito immenso, e costituivano una gran parte del corteggio del divin trono. Adamo non fece altro che arrendersi a mangiare il frutto che gli era stato da Dio proibito. Eppure non appena contravvenne al divin comando che si trovò spogliato d’ogni dono soprannaturale e gratuito, cacciato per sempre dal giardino d’ogni delizia, condannato con tutta la sua discendenza a pascersi di miserie in tutto il tempo della sua vita e poi a diventare nel corpo preda dei vermi per mezzo della morte. Il mondo al tempo di Noè era presso a poco come al presente: eppure quando ardì di familiarizzarsi col peccato, Iddio fece perir nel Diluvio tutte quelle centinaia di milioni di uomini che allora abitavano la terra, a riserva della famiglia di Noè che, per avere perseverato nella giustizia, fu salva nell’arca. Le cinque città della Pentapoli furono distrutte dal fuoco, quando i suoi abitanti lordaronsi dì ciò che forma l’abominazione di Dio; e da quell’incendio non andò salvo che Loth con la sua famiglia che si era conservata innocente. Le miserie che tuttavia travagliano il mondo, le guerre, le pestilenze, le carestie che cosi spesso lo desolano, non sono altro che castighi del peccato. Il divino Unigenito, incarnatosi per nostra salute, non vestì che apparenze del peccato, per operar la salvezza di tutti gli uomini. Eppure l’eterno Padre, che pur Lo dichiarò l’oggetto delle sue compiacenze, Lo assoggettò a tante ignominie, a tanti dolori, e ad una morte così tormentosa, che di più non avrebbe potuto fare se Gesù fosse stato il peccato in persona. Se non che i castighi del peccato in questa vita non sono che un’ombra di quelli che la divina Giustizia gli tiene preparati nell’altra. Una fornace di fuoco al cui confronto il nostro fuoco non è che un dipinto, e in cui si soffrono tutti i mali senza alcuna mescolanza di bene e senza alcuna speranza che abbiano una qualche volta a finire, ecco la stanza preparata per coloro che muoiono col peccato mortale sull’anima. Considerate bene tutto questo; poi dite, se vi dà l’animo, che il peccato non è poi quel gran male che vi si predica, e che Dio cerca troppo coll’imporci l’obbligo di accusarcene con sincerità e con vero pentimento nella sacramental Confessione per liberarcene.

AFFETTI DI PENTIMENTO.

Conosco, o mio Dio, il gran male che ho fatto col violare la vostra legge, ordinata al mio vero bene, per secondare i miei capricci, che mi hanno procurato il maggior dei mali, privandomi della vostra presenza, e della vostra amicizia, spogliandomi di tutto quello che poteva trovarsi di buono dentro di me, ed esponendomi a tutti i rigori della vostra giustizia così nella vita presente, siccome ancora nella futura. Detesto adunque con tutto il cuore, e confesso la mia iniquità al vostro divino cospetto, e la confesso alla presenza di tutti i vostri Santi che vi sono stati così fedeli, alla presenza della SS. Vergine, di cui ho crocifisso il Figliuolo, alla presenza dei Principi della vostra corte celeste, S. Michele, S. Giovanni Battista, S. Pietro, e S. Paolo, che tanti esempi mi hanno lasciato dì esattezza e di fervore nell’adempire i vostri santi voleri. Mi riconosco pertanto pieno di colpe gravissime ed inescusabili, e le detesto sopra ogni male, non tanto per il gran danno che hanno recato all’anima mia, quanto perché dispiacciono a Voi, mio sommo ed unico Bene, protestando che non vorrei mai averle commesse, e ciò solo per risparmiare il gran disgusto che ho dato a Voi. Voi potete ogni cosa; mostrate ora la forza del vostro braccio col distrugger affatto i miei peccati, e col cambiare il mio cuore in maniera che d’ora innanzi io vi ami tanto quanto finora vi ho offeso. Di questa grazia siano presso Voi Avvocati la stessa SS.. Vergine e tutti quanti gli Eletti, affinché imitandoli nell’obbedire alla vostra santa legge, sia fatto degno di esser loro compagno nel godervi per sempre in Paradiso.

25 MARZO: ANNUNCIAZIONE DELLA VERGINE SANTISSIMA

Gloria di questo giorno.

È grande questo giorno negli annali dell’umanità ed anche davanti a Dio, essendo l’anniversario del più solenne avvenimento di tutti i tempi. Il Verbo divino, per il quale il Padre creò il mondo, s’è fatto carne nel seno d’una Vergine ed è venuto ad abitare in mezzo a noi (Gv. 1, 14). Adoriamo le grandezze del Figlio di Dio che si umilia, rendiamo grazie al Padre che ha amato il mondo sino a dargli il suo Figlio Unigenito (Ibid. III, 16), ed allo Spirito Santo che con la sua onnipotente virtù opera un sì profondo mistero. Ecco che sin da questo tempo di penitenza noi preludiamo alle gioie del Natale; ancora nove mesi, e l’Emmanuele oggi concepito nascerà in Betlemme, ed i cori angelici c’inviteranno a salutare questo nuovo mistero.

La promessa del Redentore.

Nella settimana di Settuagesima meditammo la caduta dei nostri progenitori e udimmo la voce di Dio tuonare la triplice sentenza, contro il serpente, la donna e l’uomo. Però, una speranza fece luce nella nostra anima e, nel mezzo degli anatemi, una divina promessa brillò come un faro di salvezza: il Signore sdegnato disse all’infernal serpente che un giorno la sua superba testa sarebbe schiacciata, e che sarebbe stato il piede d’una donna a colpirlo terribilmente.

Il suo adempimento.

Ed ecco giunto il momento in cui il Signore realizzerà l’antica promessa. Per millenni il mondo aveva atteso; e nonostante le fitte tenebre e le iniquità, tale speranza non svanì. Col succedersi dei secoli, la misericordia divina moltiplicò i miracoli, le profezie, le figure, per rinnovare il patto che si degnò stringere con l’umanità. – Si vide scorrere il sangue del Messia da Adamo a Noè, da Sem ad Abramo, Isacco e Giacobbe, da David e Salomone a Gioacchino; ed ora, nelle vene della figlia di Gioacchino, Maria. Maria è la donna per la quale sarà tolta la maledizione che pesava sulla nostra stirpe. Il Signore, facendola immacolata, decretò un’inconciliabile inimicizia fra lei e il serpente; ed è proprio oggi, che questa figlia di Eva riparerà la caduta della madre sua, rialzerà il suo sesso dall’abbassamento in cui era piombato, e coopererà direttamente ed efficacemente alla vittoria che il Figlio di Dio in persona riporterà sul nemico della sua gloria e del genere umano.

L’Annunciazione.

La tradizione ha segnalato alla santa Chiesa la data del 25 Marzo, come il giorno che vide il compimento di questo mistero (Sant’Agostino, La Trinità, 1. 4, c. 5). Maria se ne stava sola nel raccoglimento della preghiera, quando vide apparirle l’Arcangelo disceso dal cielo per chiederne il consenso nel nome della SS. Trinità. Ascoltiamo il dialogo fra l’Angelo e la Vergine, e nello stesso tempo riportiamoci col pensiero ai primordi del mondo. Un Vescovo martire del II secolo, S. Ireneo, eco fedele dell’insegnamento degli Apostoli, ci fa paragonare questa grande scena a quella che avvenne nel paradiso terrestre (Contro le eresie, 1. 5, c. 19).

Nel Paradiso terrestre.

Nel giardino di delizie si trova una vergine alla presenza d’un angelo, col quale ella discorre. Pure a Nazaret una vergine è interpellata da un angelo, col quale pure ritesse un dialogo; ma l’angelo del paradiso terrestre è uno spirito tenebroso, mentre quello di Nazaret è uno spirito di luce. Nei due incontri è sempre l’angelo a iniziare il discorso. « Perché, dice lo spirito maledetto alla prima donna, perché Dio vi ha comandato di non mangiare del frutto di tutte le piante del paradiso? » Vedi come già si nota, nell’impazienza di questa domanda, la provocazione al male, il disprezzo, l’odio verso la debole creatura nella quale Satana perseguita l’immagine di Dio!

A Nazaret.

Guardate invece l’angelo di luce, con quale dolcezza e con quale pace s’avvicina alla novella Eva! con quale rispetto riverisce questa umana creatura! « Ave, o piena di grazia! Il Signore è con te, tu sei benedetta fra tutte le donne ». Chi non sente nell’accento celeste di tali parole respirare pace e dignità! Ma continuiamo a seguire l’accostamento.

Eva.

La donna dell’Eden, imprudente, ascolta la voce del seduttore ed è sollecita nel rispondergli. La curiosità la spinge a prolungare la conversazione con lui, che l’istiga a scrutare i segreti di Dio, senza affatto diffidare del serpente che le parla; fra poco, però, si vergognerà al cospetto di Dio.

Maria.

Maria ascolta le parole di Gabriele; ma questa Vergine, prudentissima, come l’elogia la Chiesa, rimane silenziosa, chiedendo a se stessa donde possano provenire le lodi di cui è fatta oggetto. La più pura, la più umile delle vergini teme le lusinghe; e il celeste messaggero non sentirà da Lei una parola, che non riguardi la sua missione durante il colloquio. « Non temere, o Maria, egli risponde alla novella Eva, perché hai trovato grazia presso Dio; ecco, concepirai nel seno e partorirai un figlio, e gli porrai nome Gesù. Questi sarà grande e sarà chiamato Figlio dell’Altissimo; e il Signore Dio gli darà il trono di David suo padre; e regnerà in eterno sulla casa di Giacobbe; e il suo regno non avrà mai fine ». – Quali magnifiche promesse venute dal cielo da parte di Dio! quale oggetto più degno d’una nobile ambizione d’una figlia di Giuda, che sa di quale gloria sarà circondata la madre del Messia! Però Maria non è per niente tentata da sì grande onore. Ella ha per sempre consacrata la sua verginità al Signore, per essere più strettamente unita a Lui nell’amore; la più gloriosa mèta ch’Ella potrebbe raggiungere violando questo sacro voto, non riesce a smuovere la sua anima: « Come avverrà questo, Ella risponde all’Angelo, se io non conosco uomo ? ».

Eva.

La prima Eva non mostra uguale calma e disinteressamento. Non appena l’angelo perverso la rassicura che può benissimo violare, senza timore di morire, il precetto del divino benefattore, e che il premio della disobbedienza consisterà nell’entrare a far parte, con la scienza, alla stessa divinità, ecco che ne rimane soggiogata. – L’amore di se stessa le ha fatto in un istante dimenticare il dovere e la riconoscenza; e sarà felice di liberarsi al più presto dal duplice vincolo che le pesa.

Maria.

Così si mostra la donna che ci mandò alla rovina. Ma quanto differente ci appare l’altra che ci doveva salvare! La prima, crudele verso la posterità, si preoccupa unicamente di se stessa; la seconda, dimentica se stessa, riflettendo ai diritti che Dio ha su di lei. Rapito l’Angelo da tale fedeltà, finisce di svelare il disegno divino: «Lo Spirito Santo scenderà in te e la potenza dell’Altissimo ti adombrerà, per questo il Santo che nascerà da te sarà chiamato Figlio di Dio. – Ed ecco, Elisabetta, tua parente, ha concepito anche lei un figlio nella sua vecchiaia, ed è già nel sesto mese, lei ch’era detta sterile; ché niente è impossibile presso Dio ». A questo punto l’Angelo ha terminato il suo discorso ed attende in silenzio la decisione della Vergine di Nazaret.

La disobbedienza di Eva.

Portiamo ora lo sguardo sulla vergine dell’Eden. Appena Io spirito infernale ha finito di parlare, essa guarda con concupiscenza il frutto proibito, perché aspira all’indipendenza cui la metterà in possesso quel frutto sì piacevole. Con mano disobbediente s’avvicina a coglierlo; lo prende e lo porta avidamente alla bocca; e nel medesimo istante la morte s’impossessa di lei: morte dell’anima, per il peccato che estingue il lume della vita; morte del corpo che, separato dal principio dell’immortalità, diventa così oggetto di vergogna e di confusione, sino a che si dissolverà in polvere.

L’obbedienza di Maria.

Ma distogliamo lo sguardo dal triste spettacolo, e ritorniamo a Nazaret. Maria, nelle ultime parole dell’Angelo, vede manifesto il volere divino. Infatti la rassicura che, mentre le è riservata la gioia di essere la Madre di un Dio, serberà la sua verginità. Allora Maria s’inchina in una perfetta obbedienza, ed al celeste inviato risponde: « Ecco l’ancella del Signore : si faccia di me secondo la tua parola ». Così, l’obbedienza della seconda donna ripara la disobbedienza della prima, avendo la Vergine di Nazaret detto nient’altro che questo: avvenga dunque, FIAT che il Figlio eterno di Dio, che secondo il decreto divino aspettava la mia parola, si faccia presente, per opera dello Spirito Santo, nel mio seno, e cominci la sua vita umana. Una Vergine diventa Madre, e Madre d’un Dio; ed è l’abbandono di questa Vergine alla somma volontà che la rende feconda, per la virtù dello Spirito Santo. Mistero sublime che stabilisce relazioni di figlio e di madre tra il Verbo eterno ed una creatura, e mette in possesso dell’Onnipotente uno strumento degno di assicurargli il trionfo contro lo spirito maligno, che con la sua audacia e perfidia sembrava aver prevalso fino allora contro il piano divino!

La sconfitta di satana.

Non vi fu mai sconfitta più umiliante e completa di quella di Satana in questo giorno. Il piede della donna, che gli offrì una sì facile vittoria, grava con tutto il suo peso sulla superba testa che gli schiaccia. Ed Eva in questa figlia si risolleva a schiacciare il serpente. – Dio non ha preferito l’uomo per tale vendetta, perché in tal caso l’umiliazione di Satana non sarebbe stata così profonda; contro un tal nemico il Signore dirige la prima preda dell’inferno, la vittima più debole e più indifesa. – In premio di sì glorioso trionfo, una donna d’ora innanzi regnerà, non solo sugli angeli ribelli, ma su tutto il genere umano, anzi su tutti i cori degli Spiriti celesti. Dall’eccelso suo trono. Maria Madre di Dio domina sopra l’intera creazione; negli abissi infernali, invano Satana ruggirà nella sua eterna disperazione, pensando al danno che si fece nell’attaccare per primo un essere fragile e credulo, che Dio ha bellamente vendicato; e nelle altissime sfere, i Cherubini e i Serafini alzeranno lo sguardo a Maria, in attesa d’un sorriso e per gloriarsi d’eseguire i minimi desideri della Madre di Dio e degli uomini.

La salvezza dell’umanità.

Pertanto, strappati al morso del maledetto serpente per l’obbedienza di Maria, noi figli di questa umanità salutiamo oggi l’aurora della nostra liberazione; e, usando le stesse parole del cantico di Debora, tipo di Maria vincitrice, che canta il proprio trionfo sui nemici del popolo santo, diciamo: «Vennero meno i forti d’Israele e stettero inermi, finché non sorse Debora, finché non sorse una madre in Israele. Il Signore ha inaugurato nuove guerre ed ha rovesciato le porte dei nemici » (Giud. V, 7-8). Prestiamo l’orecchio ad ascoltare nei passati secoli, la voce d’un’altra vittoriosa donna, Giuditta, che canta a sua volta: « Lodate il Signore Dio nostro, il quale non ha abbandonato coloro che hanno sperato in Lui, e per mezzo di me sua serva ha compiuta la sua misericordia, da lui promessa alla casa di Israele, e in questa notte con la mia mano ha ucciso il nemico del suo popolo. E il Signore onnipotente che l’ha colpito dandolo in mano d’una donna che l’ha trafitto » (Giud. XIII, 17-18; 16,7). .

Azione di grazie.

Con queste ultime parole, o Maria, fu decretata la nostra sorte. Voi accondiscendete al desiderio del Cielo: ed ecco che il vostro assenso garantisce la nostra salvezza. O Vergine! O Madre! O benedetta fra le donne, accogliete, insieme agli omaggi degli Angeli, le azioni di grazie, di tutto il genere umano. Per mezzo vostro siamo salvi dalla rovina, in voi è redenta la nostra natura, perché siete il trofeo della vittoria dell’uomo sul suo nemico. – Rallegrati, o Adamo, nostro padre, ma sopra tutto trionfa tu, o Eva, madre nostra! voi che, genitori di tutti noi, foste anche per tutti noi autori di morte, omicidi della vostra progenie prima di diventarne padri. – Ora consolatevi di questa nobile figlia che vi è stata data; tu specialmente, o Eva! Cessa i tuoi lamenti: da te, all’inizio, uscì il male, e da te, d’allora sino ad oggi, fu contagiato tutto il tuo sesso; ma ecco giunto il momento che l’obbrobrio scomparirà e l’uomo non avrà più ragione di piangere a causa della donna. Un giorno, cercando di giustificare la propria colpa, l’uomo prontamente fece cadere su di lei un’accusa crudele: “La donna che mi desti per compagna mi ha dato il fruito ed io ne ho mangiato”. O Eva, va’ dunque a Maria; rifugiati nella tua figlia, o madre. La figlia risponderà per la madre, è lei che ne cancellerà la vergogna, lei che per la madre offrirà soddisfazione al padre; poiché, se per la donna l’uomo cadde, solo per la donna potrà rialzarsi. – Che dicevi allora, o Adamo? La donna che mi desti per compagna mi ha dato il frutto ed io ne ho mangiato. Malvagie parole, che accrescono il tuo peccato e non lo cancellano. Ma la Sapienza divina ha vinto la tua malizia, attingendo nel tesoro della sua inesauribile bontà il mezzo per procurarti il perdono che aveva cercato di meritarti nel darti l’occasione di rispondere convenientemente alla domanda che ti faceva. – Tu avrai una donna in cambio d’una donna: una donna prudente per una donna stolta, una donna umile per una donna superba, una donna che invece di un frutto di morte ti darà l’alimento di vita, che invece di un cibo avvelenato produrrà per te il frutto dell’eterne delizie. Cambia dunque in parole riconoscenti la tua ingiusta accusa, dicendo ora: Signore, la donna che m’hai data per compagna mi ha dato il frutto dell’albero della vita, ed io ne ho mangiato; è un frutto soave alla mia bocca, perché con esso m’avete ridata la vita (S, Bernardo, 2.a Omelia sul Missus est).

L’Angelus.

Non chiuderemo questa giornata senza ricordare e raccomandare la pia e salutare istituzione che la cristianità solennizza giornalmente in ogni paese cattolico, in onore del mistero dell’Incarnazione e della divina maternità di Maria. Tre volte al giorno, al mattino, a mezzogiorno e alla sera, si ode la campana e i fedeli, all’invito di quel suono si uniscono all’Angelo Gabriele per salutare la Vergine Maria e glorificare il momento in cui lo stesso Figlio di Dio si compiacque assumere umana carne in Lei. Dall’Incarnazione del Verbo il nome suo è echeggiato nel mondo intero. Dall’Oriente all’Occidente è grande il nome del Signore; ma è pur grande il nome di Maria sua Madre. Da qui il bisogno del ringraziamento quotidiano per il mistero dell’Annunciazione, in cui agli uomini fu dato il Figlio di Dio. Troviamo traccia di questa pratica nel XIV secolo, quando Giovanni XXII apre il tesoro delle indulgenze a favore dei fedeli che reciteranno l’Ave Maria, la sera, al suono della campana che ricorda loro la Madre di Dio. Nel XV secolo S. Antonino c’informa nella sua Somma che il suono delle campane si faceva, allora, mattina e sera nella Toscana. Solo nel XVI secolo troviamo in un documento francese citato da Mabillon il suono delle campane a mezzogiorno, che si aggiunge a quello dell’aurora e del tramonto. Fu così che Leone X approvò tale devozione, nel 1513, per l’abbazia di Saint-Germain des Près, a Parigi. – D’allora in poi l’intera cristianità la tenne in onore con tutte le sue modifiche; i Papi moltiplicarono le indulgenze; dopo quelle di Giovanni XXII e di Leone X, nel XVIII secolo furono emanate quelle di Benedetto XIII; ed ebbe tale importanza la pratica, che a Roma, durante l’anno giubilare, in cui tutte le indulgenze eccetto quelle del pellegrinaggio a Roma, rimangono sospese, stabilì che le tre salutazioni che si suonano in onore di Maria, avrebbero dovuto continuare ad invitare i fedeli a glorificare insieme il Verbo fatto carne. – Quanto a Maria, lo Spirito Santo aveva già preannunciati i tre termini della pia pratica, esortandoci a celebrarla soave « come l’aurora » al suo sorgere, splendente « come il sole » nel suo meriggio e bella « come la luna » nel suo riflesso argenteo.

Preghiera all’Emmanuele.

O Emmanuele, Dio con noi, « voi voleste redimere l’uomo, e per questo veniste dal cielo ad incarnarvi nel seno d’una Vergine »; ebbene, oggi il genere umano saluta il vostro avvento. Verbo eterno del Padre, dunque a voi non bastò trarre l’uomo dal nulla con la vostra potenza; nella vostra inesauribile bontà voi volete anche raggiungerlo nell’abisso di degradazione in cui è piombato. A causa del peccato l’uomo era caduto al di sotto di se stesso; e voi, per farlo risalire ai divin’ destini per i quali l’avevate creato, veniste in persona a rivestire la sua sostanza per elevarlo fino a voi. – Nella vostra persona, oggi ed in eterno, Dio si fece uomo, e l’uomo divenne Dio. Per adempiere le promesse della Cantica, voi vi uniste all’umana natura, e celebraste le vostre nozze nel seno verginale della figlia di David. O annichilamento incomprensibile! O gloria inenarrabile! Il Figlio di Dio s’è annientato, e il figlio dell’uomo glorificato. A tal punto ci avete amato, o Verbo divino, ed il vostro amore ha trionfato della nostra miseria. – Lasciaste gli angeli ribelli nell’abisso scavato dalla loro superbia, e nella vostra pietà vi fermaste in mezzo a noi. E non con un solo sguardo misericordioso voi ci salvaste, ma venendo su questa terra di peccato a prendere la forma di schiavo (Fil. II, 7), e cominciando una vita di umiliazioni e di dolori. O Verbo incarnato, che venite per salvarci e non per giudicarci (Gv. XII, 47), noi vi adoriamo, vi ringraziamo, vi amiamo: fateci degni di tutto ciò che il vostro amore vi mosse a fare per noi.

A Maria.

Vi salutiamo, o Maria, piena di grazia, in questo giorno in cui vi allietate dell’onore che vi fu attribuito. L’incomparabile vostra purezza, attirò gli sguardi del sommo Creatore di tutte le cose, e la vostra umiltà lo fece venire nel vostro seno; la sua presenza accresce la santità della vostra anima e la purità del vostro corpo. Con quali delizie sentite il Figlio di Dio vivere della vostra vita e prendere dalla vostra sostanza il nuovo essere cui si unisce per nostro amore! Ecco, è già stretto fra voi e Lui il legame noto soltanto a Voi: è il vostro Creatore, e Voi ne siete la Madre; è il vostro Figlio, e voi siete una sua creatura. Davanti a Lui si piega ogni ginocchio, o Maria! Perché è Dio del cielo e della terra; ma pure ogni creatura s’inchina davanti a Voi, perché Lo portaste nel vostro seno e Lo allattaste; sola fra tutti gli esseri, Voi potete chiamarLo, come il Padre celeste : « Mio figlio! ». – O donna incomparabile, Voi siete lo sforzo supremo della potenza divina: accogliete dunque l’umile sottomissione del genere umano, che si gloria di Voi più che gli stessi Angeli, perché avete il suo stesso sangue e la medesima natura. – O novella Eva, figlia dell’antica, senza peccato! Per la vostra obbedienza ai divini decreti salvaste la vostra madre e tutta la sua figliolanza, ridando l’innocenza perduta al Padre vostro ed all’intera sua famiglia. Il Signore che portate ci assicura tutti questi beni, ed è per Voi che noi Lo possiamo avere; senza di Lui noi rimarremmo nella morte, e senza di Voi Egli non potrebbe riscattarci, perché in Voi attinge il sangue prezioso che ne sarà il pegno. La sua potenza protesse la vostra purezza nell’istante dell’Immacolata concezione, nella quale si formò il sangue di un Dio per la perfetta unione fra la natura divina con quella umana. Oggi, o Maria, si compie la divina profezia dopo l’errore: « Porrò inimicizia fra la donna e il serpente ». Finora gli uomini temevano il demonio e, nel loro traviamento, erigevano ovunque altari in suo onore. Ma oggi il vostro terribile braccio abbatte il suo nemico. Voi l’avete battuto per sempre con l’umiltà, la castità e l’obbedienza; e non potrà più sedurre le nazioni. Per Voi, o nostra Liberatrice, siamo stati strappati al suo potere, in preda al quale potremmo ancora essere gettati solo dalla nostra perversità e ingratitudine. Non lo permettete, o Maria! aiutateci! E se, in questi giorni di emendazione, proni ai vostri piedi, riconosciamo che purtroppo abusammo della grazia celeste, di cui voi diveniste il canale nella festa della vostra Annunciazione, fateci rivivere, o Madre dei viventi, per la vostra potente intercessione al trono di Colui che oggi diventa vostro Figlio in eterno. – O Figlia degli uomini, o nostra cara sorella, per la salutazione dell’Arcangelo, per il vostro verginale turbamento, per la fedeltà al Signore, per la prudente umiltà, per il vostro consenso liberatore, vi supplichiamo, convertite i nostri cuori, fateci sinceramente penitenti e preparateci ai grandi misteri che stiamo per celebrare. Oh, quanto saranno dolorosi per Voi, o Maria! come sarà breve il passaggio dalle gioie dell’Annunciazione alle tristezze della Passione! Ma Voi volete far rallegrare l’anima nostra pensando alla felicità del vostro cuore, quando, lo Spirito divino vi coprì con le sue ali ed il Figlio di Dio fu anche vostro Figlio. Perciò, restiamo tutto il giorno vicino a Voi, nell’umile casa di Nazaret. Fra nove mesi Betlemme ci vedrà prostrati, coi pastori ed i Magi, ai piedi di Gesù Bambino che nascerà per gioia vostra e per la nostra salvezza; allora, noi ripeteremo insieme agli Angeli: « Gloria a Dio nell’alto dei cieli, e sulla terra pace agli uomini di buona volontà! »

PER L’ANNUNCIAZIONE (25 Marzo)

[G. Riva: Manuale di Filotea, Milano, 1888]

Questa festa in cui si commemora la incarnazione del Verbo nel seno verginale di Maria, fu celebrata fino dai tempi apostolici, ond’è che si fanno su di essa due omelie di S. Gregorio il Taumaturgo, il quale nell’anno 246 fu fatto Vescovo di Neocesarea.

I. – Immacolata Maria, che specialmente per la vostra umiltà e verginità meritaste di essere, a preferenza di tutte le donne più famose, eletta a Madre del vostro Creatore, ottenete a noi tutti la grazia di sempre amare, e di sempre praticare come Voi queste due sì belle virtù, onde meritarci a vostra somiglianza, il gradimento del nostro Signore. Ave.

II. Immacolata Maria, che vi turbaste nel sentire celebrate da un Angelo le vostre lodi, ottenete a noi tutti la grazia di avere anche noi, a somiglianza di Voi, un sentimento così basso di noi medesimi, che disprezzando le lodi della terra, attendiamo solo a meritarci l’approvazione del cielo. Ave.

III. Immacolata Maria, che preferiste il pregio di Vergine alla gloria di Madre di Dio, quando questa non si fosse potuto conciliare coi vostri angelici proponimenti, ottenete a noi tutti la grazia di essere, a costo di qualunque sacrificio, sempre fedeli nell’osservanza della legge santa di Dio e delle nostre buone risoluzioni, Ave.

IV. Immacolata Maria, che con umiltà non più udita vi chiamaste ancella di Dio quando l’arcangelo Gabriele vi preconizzava per di Lui Madre, ottenete a noi tutti la grazia che non ci insuperbiamo giammai per qualunque dono più singolare ci venga fatto da Dio, ma che anzi ci serviamo di tutto per più avanzarci nella via della virtù, ed unirci più strettamente al vero fonte di felicità. Ave.

V. Immacolata Maria, che per la salute degli uomini non ricusaste l’incarico di divenir Madre del Redentore, quantunque conosceste con chiarezza il dolorosissimo sacrificio che ne avreste dovuto fare un giorno sopra la croce, quindi la passione amarissima che avreste dovuto Voi medesima sostenere con Lui, ottenete a noi tutti la grazia che non ci rifiutiamo giammai a qualunque sacrificio che da noi richieda il Signore per la gloria del suo nome, e la salute dei nostri fratelli. Ave.

VI. Immacolata Maria, che col fiat da voi proferito nell’accettare l’incarico di divenir madre del Verbo, rallegraste il cielo, consolaste la terra, e spaventaste l’inferno, ottenete a noi tutti la grazia d’aver sempre una gran confidenza nel vostro santo patrocinio, affinché per Voi veniamo noi pure a godere il frutto di quella Redenzione così copiosa di cui foste, o gran Vergine, la sospirata cooperatrice. Ave.

VII. Immacolata Maria, che con un miracolo tutto nuovo diveniste Madre del Verbo, senza macchiare menomamente la vostra illibatissima purità, ottenete a noi tutti la grazia di essere sempre così riservati e modesti negli sguardi, nelle parole e nel tratto, che non veniamo mai a macchiare la castità conveniente al nostro stato.

VIII. Immacolata Maria, che contraeste una relazione così intima con tutta la ss. Trinità da diventar nel tempo stesso Figlia del Divin Padre, Madre del divin Piglio, e Sposa dello Spirito Santo, ottenete a noi tutti la grazia di tener sempre l’anima nostra così monda, che meritiamo di essere con verità il tempio vivo del Padre che ci ha creati, del Figliuolo che ci ha redenti e dello Spirito Santo che ci ha santificati.

IX. Immacolata Maria, che aveste la gloria singolarissima di portare nel vostro verginal seno Colui che i cieli e la terra non sono capaci di contenere, ottenete a noi tutti la grazia di esercitarci continuamente, a somiglianza di Voi, nell’umiltà, nella penitenza, nella carità e nell’orarazione, onde ricevere degnamente e con frutto lo stesso vostro divin Figliuolo, quando sotto le specie sacramentali si degna di venire dentro di noi: e fate ancora che siamo graziati di questa visita al punto della nostra morte, onde potere svelatamente contemplarlo, amarlo e possederlo con Voi in compagnia degli Angioli e dei Santi in Paradiso. Ave, Gloria.

ORAZIONE.

Deus, qui de beatæ Maria Virginis utero Verbum tuum, Angelo nunciante, carnem suscipere voluisti, præsta supplicibus tuis ut qui vero eam Genitricem Dei credimus, eius apud te intercessionibus adjuvemur. Per eundem Dominum, etc.

 

LE CINQUE PIAGHE di NOSTRO SIGNORE GESU’ CRISTO

Il venerdì della III settimana di Quaresima, è dedicato alle SS. Piaghe di N. S. GESU’ CRISTO.  Onoriamole con la meditazione e la preghiera.

I. Signore mio Gesù Cristo, io adoro la piaga del vostro piede sinistro. Vi ringrazio di averla per me sofferta con tanto dolore e con tanto amore. Compatisco la pena vostra e quella della vostra afflitta Madre, e per i meriti di questa santa piaga, vi prego di concedermi il perdono dei miei peccati, dei quali con tutto il cuore mi pento, sopra ogni male per essere stati altrettante offese alla vostra intima bontà. Maria addolorata, pregate Gesù per me. Pater, Ave, Gloria.

[Per le piaghe che soffristi, Gesù mio, con tanto amore, e con tanto tuo dolore, abbi pur di me pietà.]

II. Signore mio Gesù Cristo, io adoro la piaga del vostro piede destro. Vi ringrazio per averla per me sofferta con tanto dolore e con tanto amore. Compatisco la pena vostra e quella della vostra afflitta Madre, e per i meriti di questa santa piaga vi prego a darmi forza di non cadere per l’avvenire mortale. Maria addolorata pregate Gesù per me. Pater, Ave, Gloria.

[Per le piaghe che soffristi, Gesù mio, con tanto amore, e con tanto tuo dolore, abbi pur di me pietà.].

III. Signore mio Gesù Cristo, io adoro la piaga della vostra mano sinistra. Vi ringrazio per averla per me sofferta con tanto dolore e con tanto amore. Compatisco la pena vostra e quella della vostra afflitta Madre, e per i meriti di questa santa piaga vi prego di liberarmi dall’inferno tante volte da me meritato, dove non potrei più amarvi. Maria addolorata pregate Gesù per me. Pater, Ave, Gloria.

[Per le piaghe che soffristi, Gesù mio, con tanto amore, e con tanto tuo dolore, abbi pur di me pietà.].

IV. Signore mio Gesù Cristo, io adoro la piaga della vostra mano sinistra. Vi ringrazio per averla per me sofferta con tanto dolore e con tanto amore. Compatisco la pena vostra e quella della vostra afflitta Madre, e per i meriti di questa santa piaga vi prego di donarmi la goria del Paradiso, dove vi amerò perfettamente e con tutte le mie forze. Maria addolorata pregate Gesù per me. Pater, Ave, Gloria.

[Per le piaghe che soffristi, Gesù mio, con tanto amore, e con tanto tuo dolore, abbi pur di me pietà.].

V. Signore mio Gesù Cristo, io adoro la piaga del vostro costato. Vi ringrazio per aver voluto anche dopo la morte soffrire quest’altra ingiuria, senza dolore sì, ma con sommo amore. Compatisco la vostra afflitta Madre che fu sola a sentire tutta la pena; e per i meriti di questa santa piaga vi prego di concedermi il dono del vostro santo amore, acciocché io vi ami sempre in questa vita per venire poi nell’altra ad amarvi eternamente in Paradiso. Maria addolorata pregate Gesù per me. Pater, Ave, Gloria.

[Per le piaghe che soffristi, Gesù mio, con tanto amore, e con tanto tuo dolore, abbi pur di me pietà.].

Un Pater, Ave e Gloria, pregando secondo le intenzioni del Sommo Pontefice [Gregorio XVIII], per l’acquisto delle indulgenze.

V. Adoramus te Christe, et benedicimus tibi,

R. Quia per sanctam Crucem tuam redemisti mundum.

V. Ora pro nobis, Virgo dolorosissima.

R. Ut digni efficiamur promissionibus Christi.

Oremus

Deus, qui unigeniti Filii tui, pretioso sanguine, vivificæ Crucis vexillum santificare voluisti, concede quæsumus, eos qui ejusdem sanctæ Crucis gaudent honore, tua quoqueubique protectione gaudere. Per eundem Christum Dominum nostrum. Amen.