L’AGONIA DI GESU’: QUINTO VENERDI’ DI QUARESIMA

QUINTO VENERDÌ DI QUARESIMA

[Don U. Banci: L’AGONIA DI GESU’, F. Pustet ed. Roma, 1935 – impr.]

In nomine Patris et Filli et Spiritus Sancti. Amen.

Actiones nostras, quæsumus  Domine, adspirando præveni et adiavando prosequere, ut cuncta nostra oratio et operatio a Te semper incipiat et per Te cœpta finiatur. Per Christum Dominum nostrum. Amen.

[Nel nome del Padre, del Figliuolo e dello Spirito Santo. Così sia. Inspira, o Signore, le nostre azioni ed accompagnale col tuo aiuto, affinché ogni nostra preghiera e opera da Te sempre incominci e col tuo aiuto sempre si compia. Per Cristo nostro Signore. Così sia.]

INVITO

Già trafitto in duro legno/Dall’indegno popol rio

La grand’alma un Uomo Dio, / Va sul Golgota a spirar.

Voi, che a Lui fedeli siete, /Non perdete, o Dio, i momenti

Di Gesù gli ultimi accenti /Deh! venite ad ascoltar.

QUINTA PAROLA DI GESÙ IN CROCE

Sitio. Ho sete. (GIOVANNI, cap. XIX. v. 28) .

CONSIDERAZIONE

Avevano predetto i Profeti che Gesù sarebbe stato, per mano dei suoi nemici, abbeverato di aceto [Salmo LXVIII, v. 22] – La divina tragedia sta ormai per volgere al suo termine, e Gesù che fino allora non aveva mai domandato sollievo alcuno ai suoi lunghi ed acerbi dolori, ora, negli ultimi momenti della sua agonia, abbassa lo sguardo su quanti stanno presso la croce e dalle sue labbra riarse erompe un gemito: Ho sete! E quanto intensa non doveva essere la sua sete! Nel Getsemani aveva sudato sangue; di sangue aveva bagnato le aule di Caifas e del pretorio, di sangue erano segnate le vie di Gerusalemme e la strada del Calvario, e dopo tante effusioni, causate dai flagelli e dalle spine, ecco che i chiodi, squarciando le sue mani ed i suoi piedi, aprono l’uscita a quel poco sangue, che ancora era rimasto nelle vene. Aggiungi tutti gli strapazzi sofferti, il sudore versato lungo il penoso e faticoso viaggio al Calvario, la febbre ardente che lo tormenta, e poi dimmi, o anima cristiana, se la sete, che è stata sempre uno dei più grandi tormenti dei crocifissi, non abbia dovuto Gesù soffrirla nella sua massima intensità! Ma Colui che riempie di acqua i mari, che fa scaturire le sorgenti dai monti, che fa scorrere fiumi e torrenti e fa dal cielo scendere piogge benefiche, non avrà il refrigerio di una sola goccia d’acqua! Uno di quei soldati, che lo aveva accompagnato al Calvario e che era rimasto di scorta, a quel grido corre ad inzuppare una spugna nell’aceto, e postala in cima ad una canna, l’appressa alla sua bocca [GIOVANNI, cap. XIX, v. 29]. – O avventurato soldato, che nel compiere questo pietoso ufficio verso Gesù che muore, senza saperlo ti facesti istrumento di Dio per il compimento della profezia, non avrà certo lasciato di compensarti del tuo atto generoso Colui, che aveva detto che nemmeno un bicchiere di acqua fresca dato ad un sofferente sarebbe lasciato senza ricompensa. Sì, ti avrà Egli ricompensato della tua pietà dischiudendoti la fonte dell’acqua che infonde la vita; e i credenti di tutti i secoli ti saranno grati di quest’atto con cui soccorresti, anche solo per un istinto di pietà naturale, il tuo Signore, senza forse conoscerlo. Pensi tu, anima cristiana, che se Gesù solo ora, pochi istanti cioè prima di morire, si decise a palesare la sua sete ardente, che pure da lunghe ore lo bruciava, lo facesse per chiedere sollievo al suo tormento? No. Quando appena giunto al Calvario sudato e sfinito stava per essere crocifisso, gli fu offerta quella bevanda gustosa e profumata fatta di vino generoso, misto a mirra ed incenso, che per un senso di umanità si soleva dare ai condannati a morte, affinché come inebriati sentissero meno i dolori del supplizio, Gesù, appena l’ebbe gustata, non la volle bere [MATTEO, cap. XXVII, v. 34]. E ricusò questo ristoro, che gli era stato preparato dalle mani pietose di quel gruppo di donne, che addolorate e piangenti incontrò sulla via del Calvario, appunto perché nella pienezza delle sue facoltà mentali, e nella sua completa sensibilità volle sostenere i tormenti della crocifissione. No, anima cristiana, se ora Gesù esce in quelle parole ho sete non è per invocare un qualunque sollievo; il desiderio di soffrire, non venuto meno in Lui nemmeno sotto l’eccesso dei suoi dolori, glielo avrebbe vietato; ma è solo per farti sempre meglio conoscere i sentimenti ed i desideri del suo amabilissimo cuore. La febbre che lo tormenta è febbre di amore; la sete ardente che lo divora non è tanto sete di acqua, quanto sete di anime. È quella sete, che aveva esperimentato sempre durante tutta la sua vita e che già aveva manifestato alla Samaritana, quando presso il pozzo di Giacobbe le aveva chiesto: Dammi da bere [GIOVANNI, cap. IV, v. 8]. –  « Sitis mea salus vestra » dice S. Agostino. La mia sete è la vostra salvezza, è la sete della gloria del Padre suo che lo consuma, è la sete di te, anima cristiana, della tua felicità che lo tormenta. Come il fiore ha bisogno di umore, e languisce quando gli viene a mancare, così Gesù sembra non possa vivere senza il tuo amore, Egli che pur essendo Dio ha riposto la sua delizia nello stare tra i figli degli uomini; e quando l’umana ingratitudine lo ferisce, esce nei più commoventi lamenti. Ascolta quello che disse un giorno alla sua diletta discepola S. Margherita Alacocque, tenendo in mano il suo Cuore circondato di fiamme e trafitto dalla lancia: « Ecco, disse, quel Cuore che ha tanto amato gli uomini, che non potendo più contenere in sé le fiamme della sua ardente carità, per tuo mezzo è costretto a diffonderle ». Ed in un altro dei suoi intimi colloqui aggiunse: « Se gli uomini rendessero qualche compenso al mio Cuore, stimerei nulla quanto per essi ho sofferto nella mia passione, e sarei pronto a soffrire anche di più; ma ciò che mi strazia è vedere che pochi sono coloro che mi compatiscano e mi consolino». – Quella sete dunque, che lo tormentò sulla croce, è tuttora così ardente in Lui che lo spinge a ripetere continuamente il grido sitio (ho sete); ma questa sete non è soddisfatta; Egli è ancora abbeverato di fiele Ah! sì, anima cristiana, se la passione del suo corpo ebbe termine con la sua morte, non così la passione del suo Cuore; S. Caterina da Genova vide questo Cuore divino tuttora grondante di sangue per i peccatori. E tu, anima cristiana, rimarrai fredda, insensibile a questo grido appassionato del tuo Gesù? Ah! no; non voler essere da meno di quel soldato, che nel rude suo cuore provò un senso di compassione per il povero Crocifisso, e non avendo altro da dargli, inumidì le sue aride labbra con un po’ di aceto. – Rientra per un momento in te stessa e guarda come anche tu bruci di sete. Ma la tua è sete di ricchezze, di onori, di soddisfazioni del senso; ed è questa una sete che soddisfatta produce la morte. Gesù dalla sua croce vide la povera umanità tormentata sempre da questa sete per lei fatale, e perciò con quel grido volle ancora una volta ripetere quell’invito già rivolto al suo popolo per bocca del Profeta Isaia: O voi che siete assetati, venite tutti alle acque [ISAIA, cap. IV, v. 1]; da Lui stesso rinnovato a Gerusalemme, quando in una grande festa, levandosi in piedi e con voce alta, nella quale vibrava tutta la forza del suo ardente amore, esclamò: Chi ha sete venga a me e beva [GIOVANNI, cap. VII, v. 37]. E sai quale è la virtù prodigiosa di quest’acqua che Gesù ti offre ? Chi beve dell’acqua che gli darò io, ha detto Gesù, non avrà più sete in eterno; anzi l’acqua che gli darò diventerà in lui fontana d’acqua zampillante in vita eterna [GIOVANNI, cap. IV, v. 13, 14]-. E quest’acqua così preziosa, scaturita dal cuore di Gesù, è la grazia divina, quella grazia che non si compera con oro o con argento, ma si acquista solo seguendo Gesù per la via dei suoi precetti. Se dunque, anima cristiana, non vuoi rimanere bruciata dalle fiamme della tua concupiscenza, di’ a Gesù con la Samaritana: Signore, dammi di quest’acqua affinché non abbia più sete [GIOVANNI, cap. IV, v. 15]. E avvicinati a Lui, fonte di acqua viva e bevi di quest’acqua discesa dal cielo; essa darà refrigerio alle tue ardenti passioni, ed inebrierà il tuo cuore e la tua mente di santi ardori; così, calmando la tua sete, darai refrigerio a Gesù. E nel dì finale, accogliendoti tra i suoi eletti, ti dirà: «Vieni, poiché ebbi sete e sete di anime, e tu mi hai dato da bere».

* * *

Ma un’altra cosa ancora devi leggere in quel grido di Gesù. Se in questo momento, da quella croce, Gesù ti rivolgesse quella domanda che un giorno rivolse a S. Pietro Mi ami tu? tu certamente gli risponderesti con l’Apostolo: Sì, o Signore, io ti amo; ma Egli, che tuttora si sente consumare dalla gloria di Dio e dal desiderio della salvezza delle anime, soggiungerebbe: Se mi ami, pasci le mie pecorelle [GIOVANNI, cap. XXI, v. 15 e segg.]. Chiede a te insomma quello che chiese alla sua discepola di Paraj-le-Monial, quando le disse che la forza del suo amore lo costringeva a scegliere lei come mezzo per diffondere la sua carità fra gli uomini. Anche tu ti devi fare apostolo per versare sull’umanità assetata quest’acqua di vita; «chi non ha zelo non ha amore » dice S. Agostino. Non vedi quanto male vi è nel mondo; non vedi come Gesù è sconosciuto e bestemmiato; come il vizio è portato in trionfo, la virtù perseguitata, l’innocenza calpestata? Guarda intorno a te quante anime vittime dei pregiudizi e dell’ignoranza; quanti bambini, tanto prediletti da Gesù, che chiedono il pane della verità, ma non v’è chi loro lo spezzi; quanti peccatori, che sentono il bisogno di uscire dall’abisso nel quale sono caduti, ma non v’è chi loro indichi la via della salvezza! Nella tua stessa famiglia non v’è qualche cieco che brancola nell’errore? Felice te, anima cristiana, se spinta dal tuo amore per Gesù, vorrai accendere intorno a te quel sacro fuoco che Egli ha portato in terra. – Lo so, talvolta il lavoro sarà faticoso, perché il terreno è ingrato; troverai forse le difficoltà proprio là dove meno te lo saresti aspettato; ma non perderti di coraggio; al di sopra di tutto e di tutti sta il grido di Gesù: Ho sete. Prendilo questo grido, come un comando. Charitas Christi urget nos [Epistola II ai Corinti, cap. V , v. 14], ha detto S. Paolo, l’amore di Cristo ci sprona. Come dunque nulla arrestò Gesù nella sua missione di amore, né l’ostinatezza, né l’ingratitudine del suo popolo, ma sfidando le potenze dell’inferno, congiurate tutte contro di Lui, corse a passi di gigante per la via del sacrificio e con la sua divina costanza giunse alla vittoria, così tu, anima cristiana, sii forte nella fede, costante nell’operare il bene. Ricordati che il premio sarà proporzionato non al frutto, ma alla fatica, e solo i volenti potranno raggiungere la meta; lavora dunque, anima cristiana, e grande sarà la tua mercede.

Breve pausa, poi si reciti la seguente

PREGHIERA

O mio amabilissimo Redentore, comprendo come la sete, che vi tormentava sulla croce, non era tanto quella causata dalla febbre, dal sudore e dal sangue versato, quanto quella accesa nel vostro cuore dal vostro ardente ed inesauribile amore. Voi avevate sete di anime; avevate sete dell’anima mia. O mio Gesù, sento che se mi fossi trovato sul Calvario, ai piedi della croce, avrei fatto di tutto per darvi un refrigerio. E perché dunque dovrò rimanere indifferente ora a quel grido che Voi vivente nella SS. Eucarestia, con amorevole insistenza andate ripetendo? Che io l’ascolti, o Signore, la vostra voce! Purtroppo fino ad ora il mio cuore ha cercato di calmare la sua sete nelle acque limacciose del peccato, senza però trovar mai quel refrigerio a cui anelava, e che solo Voi potete dare. Per i meriti di quella sete che Voi, o mio Salvatore, avete sofferto sulla croce, spegnetela nel mio cuore questa sete terrena con le acque della vostra grazia, ed accendetevi la sete di Voi, del vostro amore; poiché questo mio cuore è fatto per Voi e solo in Voi troverà riposo. Voi stesso l’avete detto: Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia perché saranno saziati [MATTEO, cap. V, v. 6]. – Il profeta Zaccaria aveva predetto che nella nuova Gerusalemme, nella vostra Chiesa, sarebbe scaturita una fontana mistica aperta a tutti, ogni ora per ristoro e delizia del popolo eletto. Concedetemi che come cervo assetato mi appressi a questa sorgente di acqua viva e non aneli ad altro che a Voi, o mio Dio, fonte di vita. E poiché Voi lo volete, cercherò di farmi in mezzo ai miei fratelli, apostolo della vostra gloria; insegnerò ai peccatori le vie che conducono alla sorgente di ogni consolazione e della vera felicità, in modo che la vita mia si consumi tutta nell’ardore del vostro amore. Sì, o mio Redentore, voglio essere vostro, tutto vostro, soltanto vostro. O Madre addolorata Maria, quanto non dovette soffrire il vostro cuore, non potendo dare sul Calvario il refrigerio di un sorso di acqua a Gesù assetato. Potete però ben ora appagare il suo che è anche il desiderio vostro; con la vostra materna intercessione ottenetemi la grazia che io possa alleviare a Gesù la sua sete con le lacrime del mio pentimento e che in questa terra arida non brami altro che dissetarmi alle acque purissime, scaturite dal cuore del vostro e mio Dio. Così sia.

Pater, Ave e Gloria.

Qual giglio candido

Allor che il Cielo

Nemico negagli

Il fresco umor,

Il capo languido

Sul verde stelo

Nel raggio fervido

Posa talor;

Fra mille spasimi

Tal pure esangue

Di sete lagnasi

Il mio Signor.

Ov’è quel barbaro,

Che mentre Ei langue,

Il refrigerio

Di poche lacrime

Gli neghi ancor?

 

GRADI DELLA PASSIONE

1. V. Jesu dulcissime, in horto mœstus, Patrem orans,

et in agonia positus, sanguineum sudorem effundens;

miserere nobis.

R). Miserere nostri Domine, miserere nostri.

2. V. Jesu dulcissime, osculo traditoris in manus

impiorum traditus et tamquam latro captus et ligatus

et a discipulis derelictus; miserere nobis.

R). Miserere etc.

3. V. Jesu dulcissime ab iniquo Iudæorum concilio

reus mortis acclamatus, ad Pilatum tamquam malefactor

ductus, ab iniquo Herode spretus et delusus; miserere nobis.

R). Miserere etc.

4. V . Jesu dulcissime, vestibus denudatus, et in

columna crudelissime flagellatus; miserere nobis.

R). Miserere etc.

5. V. Jesu dulcissime, spinis coronatus, colaphìs

cæsus, arundine percussus, facie velatus, veste purpurea

circumdatus, multipliciter derisus et opprobriis

saturatus; miserere nobis.

R). Miserere etc.

6. V . Jesu dulcissime, latroni Barabbæ postpositus,

a Judæis reprobatus, et ad mortem crucis injuste condemnatus;

miserere nobis.

R). Miserere etc.

7. V . Jesu dulcissime, tigno crucis oneratus,

ad locum supplicii tamquam

ovis ad occisionem ductus; miserere nobis.

R). Miserere etc.

8. V. Jesu dulcissime, inter latrones deputatus,

blasphematus et derisus, felle et aceto potatus, et

horribilibus tormentis ab hora sexta usque ad horam

nonam in ligno cruciatus; miserere nobis.

R). Miserere etc.

9. V. Jesu dulcissime, in patibulo crucis, mortuiis et

coram tua sancta Matre lancea perforatus simul

sanguinem et aquam emittens; miserere nobis.

R). Miserere etc.

10. V . Jesu dulcissime, de cruce depositus et lacrimis

mœstissimæ Virgiuis Matris tuæ perfusus; miserere nobis.

R). Miserere etc.

11. Jesu dulcissime, plagis circumdatus, quinque

vulneribus signatus, aromatibus conditus et in

sepulcro repositus; miserere nobis.

R). Miserere etc.

V . Adoramus Te Christe, et benedicimus Tìbi.

R). Quia per sanctam crucem tuam redemisti mundum.

OREMUS

Deus, qui prò redemptione

mundi nasci voluisti,

circumcìdì, a Judæis reprobavi

et Judæ traditore

osculo tradi, vinculis alligavi,

sic ut agnus innocens

ad victimam duci, atque

conspectibus Annæ, Caiphæ,

Pilati et Herodis

indecenter offevri, a falsis

testibus accusari, flagellis

et colaphis cædi, opprobriis

vexari, conspui, spinis

coronari, arundine percuti,

facie velari, vestibus

spoliari, cruci clavis afFigi,

in cruce levari, inter

latrones deputari, felle et

aceto potari et lancea vulnerari;

Tu Domine, per

has sanctissimas pœnas,

quas ego indignus recolo,

et per sanctissimam crucem

et mortem tuam libera

me a pœnis inferni et perducere

digneris quo perduxisti

latronem tecum

crucifixum. Qui cum Patre

et Spiritu Sancto vivis

et regnas in sæcula sæculorum.

Amen.

[1. V . O dolcissimo Gesù, triste nell’orto, al Padre con la preghiera rivolto, agonizzante e grondante sudore di sangue; abbi di noi pietà.

R). Pietà di noi, o Signore, abbi di noi pietà.

2. V . O dolcissimo Gesù, con un bacio tradito e nelle mani degli empi consegnato, e come un ladro preso e legato e dai discepoli abbandonato; abbi di noi pietà.

R). Pietà di noi ecc.

3. V . O Gesù dolcissimo, dall’iniquo Sinedrio giudaico reo di morte proclamato, e come malfattore a Pilato presentato, e dall’iniquo Erode disprezzato e schernito; abbi di noi pietà.

R). Pietà di noi ecc.

4. V . O dolcissimo Gestì, delle vesti spogliato, e c rudelmente alla colonna flagellato; abbi di noi pietà.

R). Pietà di noi ecc.

5. V. O dolcissimo Gesù, di spine coronato, schiaffeggiato, con la canna percosso, bendato, di rossa veste rivestito, in tanti modi deriso e di obbrobri saziato; abbi di noi pietà.

R). Pietà di noi ecc.

6. V. O dolcissimo Gesù, al ladro Barabba posposto, dai Giudei riprovato; ed alla morte di croce ingiustamente condannato; abbi di noi pietà.

R). Pietà di noi ecc.

7. V. O dolcissimo Gesù, del legno della croce gravato, e come agnello al luogo del supplizio condotto, per esservi immolato; abbi di noi pietà.

R). Pietà di noi ecc.

8. V. O dolcissimo Gesù, tra i ladroni annoverato, bestemmiato e deriso, di fiele e di aceto abbeverato, e con orribili tormenti dall’ora sesta fino all’ora nona nel legno straziato; abbi di noi pietà.

R). Pietà di noi ecc.

9. V. O dolcissimo Gesù, sul patibolo della croce morto, ed alla presenza della tua santa Madre con la lancia trafitto versando insieme sangue ed acqua; abbi di noi pietà.

R). Pietà di noi ecc.

10. V. O dolcissimo Gesù, dalla croce deposto, e dalle lacrime dell’afflittissima tua Vergine Madre bagnato;abbi di noi pietà

R). Pietà di noi ecc.

11. V. O dolcissimo Gesù, di piaghe coperto, da cinque ferite trafitto, di aromi cosparso, e nel sepolcro deposto; abbi di noi pietà.

R). Pietà di noi ecc.

V. Ti adoriamo, o Cristo, e Ti benediciamo.

R). Poiché con la tua santa croce hai redento il mondo.

PREGHIAMO

O Dio, che per la redenzione del mondo volesti nascere, essere circonciso, dai Giudei riprovato, da Giuda traditore con un bacio tradito, da funi avvinto, come agnello innocente al sacrifizio condotto, ed in modo indegno ad Anna, Caifa, Pilato ed Erode presentato, da falsi testimoni accusato, con flagelli e schiaffi percosso, con obbrobri oltraggiato, sputacchiato, di spine coronato, con la canna percosso, bendato, delle vesti spogliato, alla croce con chiodi confitto, sulla croce innalzato, tra i ladroni annoverato, di fiele e di aceto abbeverato, e con la lancia ferito; Tu, o Signore, per queste santissime pene, che io indegno vado considerando, e per la tua croce e morte santissima, liberami dalle pene dell’inferno e, desiati condurmi dove conducesti il ladrone penitente con Te crocifisso. Tu che col Padre e con lo Spirito Santo vivi e regni nei secoli dei secoli. Così sia.]

CANTO DEL TEMPO DI QUARESIMA

Attende, Domine, et miserere, quia peccavìmus Tìbi.

R). Attende, Domine, et miserere, quia peccavimus Tibi.

1. Ad Te, rex summe,

omnium redemptor,

oculos nostros sublevamus

flentes; exaudi Christe,

supplicantium preces.

R). Attende etc.

2. V. Dextera Patris, lapis

angularis, via salutis,

janua cœlestis, ablue nostri

maculas delicti.

R). Attende etc.

3. V . Rogamus, Deus,

tuam majestatem, auribus

sacris gemitus exaudi; crimina

nostra placidus indulge.

R). Attende etc.

4. V. Tibi fatemur crimina

admìssa; contrito corde

pandimus occulta; tua, Redemptor,

pietas ignoscat.

R). Attende etc.

5. V. Innocens captus,

nec repugnans ductus, testibus

falsis prò impiis damnatus,

quos re demisti Tu

conserva, Christe.

R). Attende etc.

OREMUS

Respice, quæsumus Domine, super hanc familiam tuam, prò qua Dominus noster Jesus Christus non dubitavit manibus tradì nocentium, et Crucis subire tormentum.  Qui tecum vivit et regnat in sæcula sæculorum. Amen.

[R). Ascolta, o Signore, ed abbi misericordia, perché abbiamo peccato contro di Te.

R). Ascolta, o Signore, ed abbi misericordia, perché abbiamo peccato contro di Te.

1. V. A Te, o Sommo Re, redentore universale, eleviamo i nostri occhi piangenti;  esaudisci, o Cristo, la preghiera di chi a Te si raccomanda. R). Ascolta ecc.

2. V. O destra del Padre, o pietra angolare, o via di salvezza, o porta del cielo, tergi le macchie del nostro peccato. R). Ascolta ecc.

3. V. Preghiamo, o Dio, la tua maestà, porgi le sacre orecchie ai gemiti, e perdona benigno i nostri delitti. R). Ascolta ecc.

4. V. A Te confessiamo i peccati commessi; con cuore contrito manifestiamo ciò che è nascosto; la tua pietà, o Redentore, ci perdoni. R). Ascolta ecc.

5. V. Imprigionato innocente, condotto non riluttante, da falsi testimoni per i peccatori condannato, Tu, o Cristo, salva coloro che hai redento. R). Ascolta ecc.

PREGHIAMO

Riguarda benigno, o Signore, a questa tua famiglia, per la quale nostro Signore Gesù Cristo non dubitò di darsi in mano ai nemici e di subire il supplizio di croce. Egli che vive e regna Teco nei secoli dei secoli. Così sia.]

 

LA CROCE

LA CROCE

[J. – J. Gaume: “Catechismo di perseveranza”, vol. IV, Torino, 1881]

 Devozione alla Croce. — E noi pure, figli della Chiesa cattolica, noi pure dobbiamo venerare la Croce, come il figlio bennato onora il ritratto del proprio padre, o piuttosto come onora il pegno più affettuoso dell’amor suo. Lasciamo che i mondani a loro talento accusino la Religione di rattristarci incessantemente con il porci dinanzi agli occhi un oggetto funesto. Ingannati! non vorranno mai essi persuadersi che la croce è tutto per il Cristiano fedele, e che gli compendia la bontà, la gloria, la sapienza di Dio? – Dall’alto della Croce Gesù Cristo ha dato la pace alle persone dabbene e anzi tal pace, che l’intero mondo de’ malvagi non potrebbe strappare dal loro cuore; dall’alto di quella Croce il Figlio di Dio, sacrificatore e vittima, invitando a sé tutti i giusti, ravvicinando la terra al cielo e il cielo alla terra, ci ha insegnato a soffrire e a morire. E di quella Croce per mezzo della quale Gesù Cristo ha trionfato della morte, di quella Croce che assegna un premio alla virtù e le assicura la sua immortale ricompensa; di quella Croce, segno di stretto e santo vincolo per tutti quelli che sono battezzati in Gesù Cristo, vale a dire per la più gran parte degli uomini; di quella Croce, io dico, voi vorreste distruggere il culto dell’universo? Ah! se voi amate il genere umano, e se avete una patria, lasciate quella Croce sulla sommità dei palazzi per richiamare alla vita della penitenza i ricchi e i potenti; lasciatela su l’umile tetto del povero per ammaestrarlo alla pazienza e alla rassegnazione; lasciatela a tutti gli uomini perché tutti gli uomini hanno un orgoglio da reprimere, hanno passioni da combattere, e perché ad insegnar loro a stimarsi quanto valgono e a calpestare i vani pregiudizi dell’opinione, non vi ha miglior maestro di Gesù Cristo morente sopra una Croce. – Ma se noi vogliamo che la Croce sia nostro conforto, se vogliamo a lei appressare con amore e fiducia le moribonde nostre labbra, se vogliamo ch’ella protegga la nostra sepoltura, e ci sia un pegno di gloriosa risurrezione, leggiamo spesso in questo libro divino, e imprimiamo profondamente nel nostro cuore le lezioni che vi s’imparano. Colui che vuole acquistare la scienza dei Santi si accosti alla Croce; ivi egli attingerà la più sublime dottrina e le più patetiche lezioni che siano mai state date agli uomini. Gesù Crocifisso è per eccellenza il modello d’ogni virtù, è il libro di vita. San Paolo la studiò esclusivamente perché trovava nella sola Croce tutte le verità che gl’importava di conoscere. Tutti i Cristiani che bramano esser degni dì questo glorioso titolo imitino l’Apostolo e confermino lo stesso principio. Ove mai aveva attinto san Bernardo, domanda un celebre autore, quell’ardente amore di Dio e una si fervorosa devozione? Li aveva attinti nei patimenti del Redentore morto sopra una Croce! Ove aveva sant’Agostino raccolto i lumi che hanno fatto di lui uno dei luminari della Chiesa? Li aveva raccolti nelle piaghe di Gesù, come confessa egli stesso ! Il libro della Croce fu quello che inspirò un amore serafico a san Francesco. E san Tommaso, che in ogni circostanza si prostrava ai piedi del crocifisso, gli andava debitore della sua meravigliosa dottrina. « San Bonaventura, dice san Francesco di Sales, sembra non aver avuto, scrivendo, altra carta che la Croce, altra penna che la lancia, altro inchiostro che il prezioso sangue di Gesù Cristo. Con quanta effusione di amore esclama egli: È utile per noi essere con la Croce! Erigiamo qui tre tabernacoli, uno pei suoi piedi, uno per le sue mani e uno pel suo sacro costato. Qui io mi arresterò, qui veglierò, qui leggerò, qui mediterò avendo costantemente questo libro divino davanti agli occhi per studiare la scienza della salute in tutto il giorno, e perfino nella notte tutte le volte che mi sveglierò ». – Il profeta Giona si riposò deliziosamente all’ombra dell’albero di edera che il Signore aveva preparato per lui. Quale deve esser dunque la gioia d’un cristiano, allorché si riposa all’ombra del legno della Croce? Protetti da questo sacro legno noi possiamo dire: Gioisca pure Giona sotto la frescura di edera; prepari Abramo un ristoro per gli angeli al brezzo della valle di Mambre; sia Ismaele esaudito sotto un albero nel deserto; sia Elia nutrito sotto un ginepro; quanto a noi la nostra consolazione e il nostro giubilo consisteranno nell’abitare in spirito all’ombra della Croce.

INNI ALLA CROCE:
Lustra sex qui jam perégit,
Tempus implens córporis:
Sponte líbera Redémptor
Passióni déditus:
Agnus in Crucis levátur
Immolándus stípite.

Felle potus ecce languet,
Spina, clavi, láncea,
Mite corpus perforárunt,
Unda manat, et cruor:
Terra, pontus, astra, mundus,
Quo lavántur flúmine!

Crux fidélis, inter omnes
Arbor una nóbilis:
Silva talem nulla profert
Fronde, flore, gérmine:
Dulce ferrum, dulce lignum
Dulce pondus sústinent.

Flecte ramos, arbor alta,
Tensa laxa víscera:
Et rigor lentéscat ille,
Quem dedit natívitas:
Et supérni membra Régis
Tende miti stípite.

Sola digna tu fuísti
Ferre mundi víctimam;
Atque portum præparáre
Arca mundo náufrago;
Quam sacer cruor perúnxit,
Fusus Agni córpore.

Sempitérna sit beátæ
Trinitáti glória:
Æqua Patri, Filióque,
Par decus Paráclito:
Uníus, Triníque nomen
Laudet univérsitas.
Amen.

V. Adoramus te, Christe, et benedicimus tibi.
R. Quia per Crucem tuam redemisti mundum.

Hymnus
Vexílla Regis pródeunt;
Fulget Crucis mystérium,
Qua Vita mortem pértulit,
Et morte vitam prótulit.

Quæ, vulneráta lanceæ
Mucróne diro, críminum
Ut nos laváret sórdibus,
Manávit unda et sánguine.

Impléta sunt quæ cóncinit
David fidéli cármine,
Dicéndo natiónibus:
Regnávit a ligno Deus.

Arbor decóra et fúlgida,
Ornata Régis púrpura,
Elécta digno stípite
Tam sancta membra tángere.

Beáta, cujus bráchiis
Prétium pepéndit sǽculi,
Statéra facta córporis,
Tulítque prædam tártari.

Sequens stropha dicitur flexis genibus.

O Crux, ave, spes única,
In hac triúmphi glória
Piis adáuge grátiam,
Reísque dele crímina.

Te, fons salútis, Trínitas,
Collaudet omnis spíritus:
Quibus Crucis victóriam
Largiris, adde prǽmium.
Amen.

V. Hoc signum Crucis erit in cælo.
R. Cum Dóminus ad judicándum vénerit

IL PAPA

Il Papa

[Giacomo Bertetti: “Il Sacerdote Predicatore”- S.E.I. ED. Torino, 1919)

.1. Chi è il Papa. — 2. Il nostro dovere.

1.- CHI È IL PAPA. — Il Papa non è un angelo:… è un uomo composto come noi d’anima e di corpo;… nato come noi col peccato originale,… sottoposto come noi alle conseguenze del peccato originale,… può come noi peccare, e peccare anche gravemente;… è Pietro … Ma quel Dio che elegge le cose stolte del mondo per confondere i sapienti, e le cose deboli del mondo per confondere le forti, e le ignobili cose del mondo e le spregevoli e quelle che non sono per distruggere quelle che sono, affinché nessuna carne si dia vanto innanzi a lui » (la Cor., 1, 27 – 29) , ha fatto di Pietro la pietra fondamentale della Chiesa; .., «.Tu sei Pietro, e sopra questa pietra edificherò la mia Chiesa, e le porte dell’inferno non prevarranno contro di lei; e a te darò le chiavi del regno dei cieli; e qualunque cosa avrai legato sopra la terra sarà legata anche nei cieli, e qualunque cosa avrai sciolto sopra la terra, sarà sciolta anche nei cieli » (MATTH. , 16, 18, 19) Una casa non può sussistere senza fondamenta:… e così per volontà di Dio non potrebbe sussistere la Chiesa senza il Papa, che n’è la pietra fondamentale… Tutt’i fedeli sono parti di quella Chiesa ch’è fondata su Pietro, finché rimangono uniti col Papa; … ove se ne scostassero, cesserebbero di far parte della Chiesa… Lontani dal Papa, s’è lontani dai Sacramenti, lontani dalla grazia santificante, lontani dalla verità, lontani dalla salvezza eterna… A Pietro soltanto Gesù diede il potere supremo di pascere gli agnelli e le pecorelle del mistico ovile (JOAN. , XII, 15-17,);… e chiunque ci si presentasse a parlarci di Dio e delle cose celesti, senza essere mandato dal Papa, lo dovremmo riguardare come un ladro e come un assassino dell’anima; … « In verità, in verità vi dico: chi non entra nell’ovile per la porta, ma vi sale per altra parte, è ladro e assassino » ( JOAN., X, 1). Nel mistero dell’Incarnazione la natura divina e la natura umana furono riunite in una sola persona;… nell’opera della santificazione la persona umana e le persone divine si uniscono in una sola natura, poiché Dio per mezzo di Gesù Cristo « fece a noi dono di grandissime e preziose promesse, affinchè per queste diventaste partecipi nella divina natura » (2a PETR., 1, 4 ) … E questa partecipazione della divina natura proviene in noi dalla spirituale unione con Cristo (la Cor., VI, 15; Ephes., III, 17; V, 30);… dall’adozione in figli di Dio (JOAN., 1, 12; 1a JOAN., IV, 7); … dall’abitazione dello Spirito Santo in noi (la Cor., III, 16, 17);… dall’imitazione della bontà e della santità di Dio (Ephes., V, 8)… — Ma al Papa, e al Papa soltanto, è stata concessa una partecipazione tutta speciale della divina natura, a beneficio di tutt’i fedeli;… la partecipazione dell’eterna verità, per cui, quando in materia di fede e di costumi ammaestra tutta la Chiesa, qual supremo suo pastore e dottore, dandone un giudizio definitivo, gode di quella medesima infallibilità, di cui Cristo volle adorna la Chiesa… Pietra fondamentale della Chiesa, principio d’unità e di fermezza del mistico edificio e pastore supremo dell’ovile di Cristo, deve sostenere quel regno ch’è anzitutto regno di verità e congregazione di credenti; deve somministrare il pascolo d’eterna salute al gregge; deve con sicura mano esercitare il potere delle somme chiavi, mettendo la terra in diretta comunicazione col cielo… Dell’infallibile magistero di Pietro abbiamo l’esplicita, formale e assoluta promessa di Gesù Cristo: « Simone, Simone, ecco che satana va in cerca di voi per vagliarvi, come si fa del grano; ma io ho pregato per te, affinché la tua fede non venga meno: e tu una volta ravveduto conferma i tuoi fratelli» (Luc., XXII, 31, 32).

2.- IL NOSTRO DOVERE. -— Se il Papa è la pietra fondamentale della Chiesa, se è il Pastore dei Pastori, se è il Vicario di Gesù Cristo, se è il Maestro infallibile, se fuori di lui non si può aver salute, dobbiamo starcene con lui strettamente uniti, per la vita e per la morte… Dobbiamo dirgli con le opere ciò che Pietro disse a Gesù, quando Gesù disse ai dodici apostoli: « Volete forse andarvene anche voi? » — « Signore, a chi andremo noi? tu hai parole di vita eterna» (JOAN. ,VII, 68, 69)… Consideriamo qual sarebbe la nostra angustia, se il Signore ci avesse lasciati in questo mondo pieno d’errori e d’iniquità senza un Capo visibile della Chiesa, il quale fa conservare intemerato il deposito della fede?… come faremmo ad accertarci d’essere sulla via della salute? … come faremmo ad accertarci se siano veramente pastori quei che ci predicano Dio e la sua legge, e se per essi debbonsi veramente applicare quelle parole: « Chi ascolta voi ascolta me; e chi disprezza voi disprezza me; e chi disprezza me, disprezza chi m’ha mandato »? (Luc,, X, 16) –

Dobbiamo al Papa il più grande rispetto, come la più grande autorità dopo Dio … Se i semplici sacerdoti « debbono essere per noi a ragione non solo più formidabili dei potenti e dei sovrani, ma ancora più venerandi dei nostri padri, perché questi ci hanno generato dal sangue e dalla volontà della carne, mentre quelli sono per noi autori del nascimento da Dio, della beata rigenerazione, della vera libertà e dell’adozione secondo la grazia» (S. Giov. CRIS., De sacerd., 3), che sarà del Sommo Pontefice, da cui unicamente deriva la potestà dell’ordine e della giurisdizione sovra gli altri sacerdoti?… — Rispettiamo il Santo Padre, … il Padre della nostra vita spirituale … Non tocca ai figli il giudicare i difetti e le mancanze del padre, anche quando paressero evidenti e inescusabili … tocca ai figli stendere sul padre quel velo di carità che pur siamo obbligati a stendere su qualsiasi nostro fratello:… facendo altrimenti saremmo maledetti da Dio (Gen.., IX, 25)… Che dire poi di coloro che prestano cieca fede alle maligne dicerie sparse intorno ai Papi da uomini senza timor di Dio, da uomini venduti ai nemici della Chiesa?… Che dire di coloro che sono soliti a leggere senza alcun rimorso di coscienza libri e giornali spiranti odio e disprezzo contro il Papa?

Dobbiamo obbedire al Papa... È la più grande autorità di questa terra;., gli stessi sovrani sono soggetti alla sua spirituale giurisdizione;… e chiunque non obbedisce al Papa, non obbedisce a Gesù Cristo, non obbedisce a Dio … Se l’Apostolo, parlandoci dell’ubbidienza che dobbiamo prestare alle autorità secolari, ebbe a scrivere: « Ogni anima sia soggetta alle podestà superiori; poiché non c’è podestà se non da Dio, e quelle che ci sono, son da Dio ordinate: e perciò chi s’oppone alla podestà, resiste all’ordinazione di Dio; e quei che resistono, si comprano la dannazione » (Rom., XIII, 1, 2), quanto maggior obbedienza non dobbiamo noi prestare al Vicario di Gesù Cristo! … — Ubbidiamo al Papa, non solo nelle cose di fede, ma anche nelle cose di semplice disciplina;… chi non gli ubbidisce nelle cose di fede è un eretico, uno scomunicato;… ma chi non gli ubbidisce nelle cose disciplinari, è pur sempre un ribelle, un figlio indocile e cattivo; … e all’inferno si può andare non solo per i peccati commessi contro la fede, ma anche per i peccati commessi contro qualsiasi altra virtù… —- Ubbidiamo al Papa, accettando con filiale sottomissione gli ordini ch’ei ci comunica mediante i Vescovi, i parroci, i sacerdoti;… pretendere che il Papa parli singolarmente a ciascuno di noi sarebbe stoltezza, e superbia inaudita l’interpretare la volontà del Papa dalle ciance degl’increduli e dei cattivi  cristiani, piuttosto che dalla voce dei legittimi pastori… — Ubbidiamo al Papa non solo con l’ubbidienza dell’opera, facendo ciò che ci viene comandato;… non solo con l’ubbidienza della volontà, conformandola a quella del Papa; … ma anche con l’ubbidienza dell’intelletto, conformando il nostro giudizio con quello del Papa, in modo da ritenere come cosa migliore di qualsiasi altra ciò che il Papa ci comanda… Basta un po’ d’umiltà e un po’ di fede per raggiungere quest’ubbidienza intera e perfetta, … considerando che il Papa si trova in un luogo molto più elevato di quello in cui ci troviamo noi, per giudicare quello che meglio si convenga alla gloria di Dio e alla salute delle anime.

Dobbiamo amare il PapaAnzitutto con la nostra perfetta ubbidienza: … un padre sa d’essere amato sinceramente dai figli, quando li vede docili ai suoi voleri; … allora spariscono per lui le difficoltà e le amarezze, e nell’obbedienza dei figli trova il più caro compenso e la più forte spinta nel continuare a sacrificarsi per loro:… « Siate ubbidienti ai vostri superiori e siate loro soggetti (poiché essi vigilano, come dovendo rendere conto delle anime vostre), affinché ciò facciano con gaudio e non sospirando » (Hebr., XIII, 17)… Quanto deve il Papa sospirare non solo per la guerra mossagli dai nemici, ma ancora per la pervicacia di molti figli, i quali fìngono di non udire e di non comprendere ciò ch’egli prescrive per il loro vantaggio!… —- Amiamo il Papa, pregando per lui e secondo le sue sante intenzioni; … soccorrendo la sua augusta povertà;… favorendo le opere buone da lui raccomandate;… difendendolo contro le ingiurie e le calunnie dei tristi … — Amiamo il Papa, prendendo viva parte alle sue gioie e a’ suoi dolori;… le gioie e i dolori del Papa son gioie e dolori di tutta la Chiesa;… chi ne rimanesse insensibile, chi ne facesse conto come di cosa estranea, chi non considerasse come suoi gl’interessi del Papa, denoterebbe d’essere indegno del nome cristiano, della grazia di Dio e della gloria eterna… «Se un membro soffre, soffrono insieme tutt’i membri; e se un membro gode, godono insieme tutti gli altri: ora voi siete corpo di Cristo e membri uniti a membro » (la Cor., XII, 26, 27); … un membro che non gode o non Soffre quando gode o soffre il capo, non è più un membro vivo, ma è un membro morto …

[Oggi ancor di più, abbiamo il dovere di amare il Santo Padre, ben visibile ma esiliato ed impedito nel suo legittimo ufficio pastorale e magisteriale, perseguitato insieme alla gerarchia apostolica della Chiesa “eclissata”, anch’essa in esilio e sparsa sui 5 continenti, irriso da apostati, eretici, scismatici di ogni risma aderenti a ridicole ed illegittime chiesuole e ad immaginari monasteri, da atei e settari di ogni razza ed obbedienza, da idolatri ed adoratori del baphomet-lucifero. Terribile deve essere il suo Getsemani, abbandonato e sofferente in ogni attimo della sua vita, in costante pericolo ma fiducioso sempre perché assistito dalla grazia divina che giammai permetterà che le porte dell’inferno prevalgano sulla Chiesa di Cristo e sulla sua “Pietra”, pietra sulla quale è fondato l’intero edificio divino voluto dal Padre ed eretto dal Figlio Gesù-Cristo sul Golgota. A noi “pusillus grex” il compito arduo ma ineludibile di pregare e sostenere, come ognuno può, secondo i propri mezzi e possibilità, il Vicario di Cristo in questo momento cruciale per la storia della Chiesa e dell’umanità intera – ndr.-].

  Successori di San Pietro:

San Pietro m. 67
San Lino 67-76
San Anacleto I 76-88
San Clemente I 88-97
San Evaristo 97-105
San Alessandro I 105-115
San Sisto I 115-125
San Telesforo 125-136
San Igino 136-140
San Pio I 140-155
San Aniceto 155-166
San Sotero 166-175
San Eleuterio 175-189
San Vittore I 189-199
San Zefirino 199-217
San Callisto I 217-222
San Urbano I 222-230
San Ponziano 230-235
San Antero 235-236
San Fabiano 236-250
San Cornelio 251-253
San Lucio I 253-254
San Stefano I 254-257
San Sisto II 257-258
San Dionisio 260-268
San Felice I 269-274
San Eutichiano 275-283
San Caio 283-296
San Marcellino 296-304
San Marcello I 308-309
San Eusebio 309(310)
San Milziade 311-314
San Silvestro I 314-335
San Marco 336
San Giulio I 337-352
Liberio 352-366
San Damaso I 366-383
San Siricio384-399
San Anastasio I 399-401
San Innocenzo I 401-417
San Zosimo 417-418
San Bonifacio I 418-422

San Celestino I 422-432
San Sisto III 432-440
San Leone Magno  440-461
San Ilario 461-468
San Simplicio 468-483
San Felice III 483-492
San Gelasio I 492-496
Anastasio II 496-498
San Simmaco 498-514
San Ormisda 514-523
San Giovanni I 523-526
San Felice IV 526-530
Bonifacio II 530-532
Giovanni II 533-535
San Agapito I 535-536
San Silverio 536-537
Vigilio 537-555
Pelagio I 556-561
Giovanni III 561-574
Benedetto I 575-579
Pelagio II 579-590
San Gregorio Magno 590-604
Sabiniano 604-606
Bonifacio III 607
San Bonifacio IV 608-615
San Deusdedit(Adeodato I) 615-618
Bonifacio V 619-625
Onorio I 625-638
Severino 640
Giovanni IV 640-642
Teodoro I 642-649
San Martino I 649-655
San Eugenio I 655-657
San Vitaliano 657-672
Adeodato (II) 672-676
Dono 676-678
San Agato 678-681
San Leone II 682-683
San Benedetto II 684-685
Giovanni V 685-686
Conone 686-687
San Sergio I 687-701
Giovanni VI 701-705
Giovanni VII 705-707
Sisinnio 708

Constantino 708-715
San Gregorio II 715-731
San Gregorio III 731-741
San Zaccaria 741-752
Stefano II 752
Stefano III 752-757
San Paolo I 757-767
Stefano IV 767-772
Adriano I 772-795
San Leone III 795-816
Stefano V 816-817
San Pasquale I 817-824
Eugenio II 824-827
Valentino 827
Gregorio IV 827-844
Sergio II 844-847
San Leone IV 847-855
Benedetto III 855-858
San Niccolò Magno 858-867
Adriano II 867-872
Giovanni VIII 872-882
Marino I 882-884
San Adriano III 884-885
Stefano VI 885-891
Formoso 891-896
Bonifacio VI 896
Stefano VII 896-897
Romano 897
Teodoro II 897
Giovanni IX 898-900
Benedetto IV 900-903
Leone V 903
Sergio III 904-911
Anastasio III 911-913
Lando 913-914
Giovanni X 914-928
Leone VI 928
Stefano VIII 929-931
Giovanni XI 931-935
Leone VII 936-939
Stefano IX 939-942
Marino II 942-946
Agapito II 946-955
Giovanni XII 955-963
Leone VIII 963-964
Benedetto V 964
Giovanni XIII 965-972
BenedettoVI 973-974
Benedetto VII 974-983
Giovanni XIV 983-984
Giovanni XV 985-996
Gregorio V 996-999
Silvestro II 999-1003
Giovanni XVII 1003
Giovanni XVIII 1003-1009
Sergio IV 1009-1012
Benedetto VIII 1012-1024
Giovanni XIX 1024-1032
Benedetto IX 1032-1045
Silvestro III 1045
Benedetto IX 1045
Gregorio VI 1045-1046
Clemente II 1046-1047
Benedetto IX 1047-1048
Damaso II 1048
San Leone IX 1049-1054
Vittorio II 1055-1057
Stefano X 1057-1058
Niccolò II 1058-1061
Alessandro II 1061-1073
San Gregorio VII 1073-1085
Beato Vittore III 1086-1087
Beato Urbano II 1088-1099
Pasquale II 1099-1118
Gelasio II 1118-1119
Callisto II 1119-1124
Onorio II 1124-1130
Innocenzo II 1130-1143
Celestino II 1143-1144
Lucio II 1144-1145
Beato Eugenio III 1145-1153
Anastasio IV 1153-1154
Adriano IV 1154-1159
Alessandro III 1159-1181
Lucio III 1181-1185
Urbano III 1185-1187
Gregorio VIII 1187

Clemente III 1187-1191
Celestino III 1191-1198
Innocenzo III 1198-1216
Onorio III 1216-1227
Gregorio IX 1227-1241
Celestino IV 1241
Innocenzo IV 1243-1254
Alessandro IV 1254-1261
Urbano IV 1261-1264
Clemente IV 1265-1268
Beato Gregorio X 1271-1276
Beato Innocenzo V 1276
Adriano V 1276
Giovanni XXI 1276-1277
Niccolò III 1277-1280
Martino IV 1281-1285
Onorio IV 1285-1287
Niccolò IV 1288-1292
San Celestino V 1294
Bonifacio VIII 1294-1303
Beato Benedetto XI 1303-1304
Clemente V 1305-1314
Giovanni XXII 1316-1334
Benedetto XII 1334-1342
Clemente VI 1342-1352
Innocenzo VI 1352-1362
Beato Urbano V 1362-1370
Gregorio XI 1370-1378
Urbano VI 1378-1389
Bonifacio IX 1389-1404
Innocenzo VII 1406-1406
Gregorio XII 1406-1415
Martino V 1417-1431
Eugenio IV 1431-1447
Niccolò V 1447-1455
Callisto III 1445-1458
Pio II 1458-1464
Paolo II 1464-1471
Sisto IV 1471-1484
Innocenzo VIII 1484-1492
Alessandro VI 1492-1503
Pio III 1503

Giulio II 1503-1513
Leone X 1513-1521
Adriano VI 1522-1523
Clemente VII 1523-1534
Paolo III 1534-1549
Giulio III 1550-1555
Marcello II 1555
Paolo IV 1555-1559
Pio IV 1559-1565
San Pio V 1566-1572
Gregorio XIII 1572-1585
Sisto V 1585-1590
Urbano VII 1590
Gregorio XIV 1590-1591
Innocenzo IX 1591
Clemente VIII 1592-1605
Leone XI 1605
Paolo V 1605-1621
Gregorio XV 1621-1623
Urbano VIII 1623-1644
Innocenzo X 1644-1655
Alessandro VII 1655-1667
Clemente IX 1667-1669
Clemente X 1670-1676
Beato  Innocenzo XI 1676-1689
Alessandro VIII 1689-1691
Innocenzo XII 1691-1700
Clemente XI 1700-1721
Innocenzo XIII 1721-1724
Benedetto XIII 1724-1730
Clemente XII 1730-1740
Benedetto XIV 1740-1758
Clemente XIII 1758-1769
Clemente XIV 1769-1774
Pio VI 1775-1799
Pio VII 1800-1823
Leone XII 1823-1829
Pio VIII 1829-1830
Gregorio XVI 1831-1846
Venerabile Pio IX 1846-1878
Leone XIII 1878-1903
San Pio X 1903-1914
Benedetto XV 1914-1922
Pio XI 1922-1939
Pio XII 1939-1958
Gregorio XVII 1958-1989
Gregorio XVIII 1991-Vivente

(Nota sul Papato in Esilio):

Il Cardinal Camerlengo di Gregorio XVII annunciò il Conclave il 3 giugno 1990: legalmente convocato questo si svolse a Roma il 2 Maggio del 1991 – Gregorio XVIII fu eletto il 3 Maggio del 1991.

Preghiere per il Santo Padre

-652-

Oremus prò Pontifice nostro (Gregorio).

R.. Dominus conservet eum, et vivificet eum, et beatum faciat eum in terra, et non tradat eum in animam inimicorum eius  [Ps. XL] (ex Brev. Rom.).

Pater, Ave.

Indulgentia trium annorum [tre anni]. Indulgentia plenaria suetis conditionibus, precibus quotidie per integrum mensem devote recitatis  (S. C. Indulg., 26 nov. 1876; S. Pæn. Ap., 12 oct. 1931).

-653-

Oratio

O Signore, noi siamo milioni di credenti, che ci prostriamo ai tuoi piedi e ti preghiamo che Tu salvi, protegga e conservi lungamente il Sommo Pontefice, padre della grande società delle anime e pure padre nostro. In questo giorno, come in tutti gli altri, anche per noi egli prega, offrendo a te con fervore santo l’Ostia d’amore e di pace. Ebbene, volgiti, o Signore, con occhio pietoso anche a noi, che quasi dimentichi di noi stessi preghiamo ora soprattutto per lui. Unisci le nostre orazioni con le sue e ricevile nel seno della tua infinita misericordia, come profumo soavissimo della carità viva ed efficace, onde i figliuoli sono nella Chiesa uniti al padre. Tutto ciò ch’egli ti chiede oggi, anche noi te lo chiediamo con lui. – Se egli piange o si rallegra o spera o si offre vittima di carità per il suo popolo, noi vogliamo essere con lui; desideriamo anzi che la voce delle anime nostre si confonda con la sua. Deh! per pietà fa’ Tu, o Signore, che neppure uno solo di noi sia lontano dalla sua mente e dal suo cuore nell’ora in cui egli prega e offre a te il Sacrificio del tuo benedetto Figliuolo. E nel momento in cui il nostro veneratissimo Pontefice, tenendo tra le sue mani il Corpo stesso di Gesù Cristo, dirà al popolo sul Calice di benedizioni queste parole: « La pace del Signore sia sempre con voi», Tu fa’, o Signore, che la pace tua dolcissima discenda con una efficacia nuova e visibile nel cuore nostro ed in tutte le nazioni. Amen.

Indulgentia quingentorum (500 giorni) dierum semel in die (Leo XIII, Audientia 8 maii 1896; S. Pæn. Ap., 18 ian. 1934).

654

Oratio

Deus omnium fidelium pastor et rector, famulum tuum (Gregorium)., quem pastorem Ecclesiæ tuæ praeesse voluisti, propitius respice; da ei, quæsumus, verbo et exemplo, quibus præest, proficere; ut ad vitam, una cum grege sibi credito, perveniat sempiternam. Per Christum Dominum nostrum. Amen (ex Mìssali Rom.):

Indulgentia trìum annorum. Indulgentia plenaria suetis conditionibus, dummodo devota orationis recitatio, quotidie peracta, in integrum mensem producta fuerit (S. Pæn. Ap., 22 nov. 1934).

655

Oratio

Omnipotens sempiterne Deus, miserere famulo tuo Pontifici nostro (Gregorio)., et dirige eum secundum tuam clementiam in viam salutis æternæ: ut, te donante, tibi placita cupiat et tota virtute perficiat. Per Christum Dominum nostrum. Amen. (ex Rit. Rom.).

Indulgentia trium annorum. Indulgentia plenaria suetis conditionibus, si quotidie per integrum mensem oratio pia mente recitata fuerit (S. Pæn. Ap., 10 mart. 1935).

 

29 giugno: SS. PIETRO E PAOLO

Omelia di S. S. GREGORIO XVII – 1975

La solennità odierna è dedicata al ricordo e all’intercessione dei Santi Pietro e Paolo. C’è diversità tra i due. Gli antichi calendari, almeno dal secolo IV, hanno posto nello stesso giorno la passione di S. Pietro e di S. Paolo. Per questo motivo, e forse anche per risparmiare un giorno di festa, li hanno messi insieme, ma non è la stessa cosa, sia chiaro! Pertanto mi limito a parlare questa mattina di Pietro; avrò altre occasioni per parlare di Paolo. – Perché tutta la Chiesa è invitata a fare festa, solennità anzi, nel giorno del martirio di S. Pietro? Il martirio di Pietro fu illustre perché fu doloroso. Fu protratto; non fu ucciso d’un colpo ma crocifisso; dovette attender la morte fra dolori lancinanti, mirabilmente sopportati. Ma non è questa la ragione per cui si fa solennità oggi. La ragione sta in quelle parole (Mt XVI, 13-19) che avete sentito leggere ora dal diacono e che sono state rivolte da Cristo a Pietro e a tutti i suoi successori, perché Gesù non aveva davanti soltanto l’arco di vita di Pietro, ma l’arco di vita dell’umanità. Le parole erano queste: “Tu sei Pietro e su questa pietra edifico la mia Chiesa e le potenze dell’inferno non prevarranno mai contro di essa; e do a te le chiavi del Regno dei Cieli, e quello che avrai stabilito in terra è stabilito in Cielo, e quello che avrai sciolto in terra sarà sciolto in Cielo” (Mt XVI, 18-19). Non esiste nella storia dell’umanità un’arditezza che abbia avuto il coraggio di far dare un simile potere ad un uomo. Ma, lasciando ora la questione dell’unicità di questo discorso, esso porta alla ragione per cui esiste la solennità di S. Pietro. Per questo motivo: egli rappresenta il capo del Regno di Dio visibile in terra, il capo di quello che conduce la storia del mondo e che decide della salvezza eterna di tutte le singole anime, appartengano sia al corpo sia all’anima della Chiesa, dato che è di fede la necessità assoluta di appartenervi per entrare nel Regno dei Cieli. E questo il motivo! – Nel discorso fatto da Gesù a Pietro ci sono alcune parole sulle quali attiro la vostra attenzione. Gesù ha nominato la “Sua Chiesa” (Mt XVI, 18). Quel possessivo “sua/mia” è commovente, ma aggiunge subito, ed è forte: “e le potenze dell’inferno non prevarranno mai contro di essa” (ibid.). E necessario leggere un po’ più a fondo queste parole. Qui Gesù dà evidentemente l’impegno divino di un’assistenza perché mai prevalgano le forze avverse, che, siano di questo mondo, siano dell’altro, vengono tutte giustamente dette potenze infernali (gloria a quelli che vi si ascrivono, gloria! Infernali!). Però qui c’è la sentenza: finite, tutte! Vediamo in particolare a che cosa ha garantito l’indefettibilità con queste parole Nostro Signore. Ha garantito l’indefettibilità alla Sua Chiesa, cioè alla costituzione gerarchica della Chiesa, che è fatta di Sommo Pontefice, di Vescovi, di ministri e di fedeli, in posizione diversa, con responsabilità diverse e con dignità diversa, con capacità uguale per tutti rispetto al merito che vale nel Regno dei Cieli. A questa struttura ha garantito l’indefettibilità. Guai a chi la tocca! Guai, perché c’è la promessa divina su questo. Ma per che cosa era costituita questa società giuridica, gerarchica, visibile? Era costituita per portare con sé delle grandi cose, che in una celebre parabola del cap. XIII di Matteo (v. 44) Gesù chiama il “tesoro del Regno”. E su questo tesoro che scende la garanzia divina dell’indefettibilità. Attenti bene! La verità. Elevati ad esser figli di Dio, con l’ingresso del Verbo incarnato nel mondo gli uomini dovevano conoscere qualche cosa di più, e per questo c’è una Rivelazione. È verità. La verità di Dio è come Dio, non è soggetta né a mutazioni né a evoluzioni; sono soggetti a mutazione gli uomini, che possono passare dall’ignoranza incompleta ad una passabile acquisizione di nozioni, dalla stupidità colpevole – e questa veramente dilaga – alla umile accettazione dell’unica verità di Dio. Sono gli uomini che possono cambiare, che si trovano in diversa posizione. Come tutti gli scolari imparano la stessa grammatica, ma c’è chi piglia dieci e c’è chi piglia zero; e chi ha preso dieci ha meritato dieci e chi piglia zero ha meritato zero, ma la grammatica non cambia! È su questo che cade la promessa d’indefettibilità: sul deposito della dottrina. Guai a chi la tocca; finisce male! Non basta. Tutta l’azione sacramentale e scarificale con tutto il suo contorno, che non sto a descrivere, commessa alla Chiesa: su questo cade la promessa di indefettibilità. E attenti bene: tutti i Sacramenti e il Sacrificio sono caratterizzati dal fatto che hanno un effetto, che generalmente – salvo casi straordinari, come accadeva nei primi secoli, meglio nel I secolo per la Cresima – ne hanno risultanze esterne, e per volontà e designazione di Cristo stesso vengono resi noti ai fedeli attraverso elementi esterni capaci di significarli. – È così che le apparenze del pane e del vino qualificano la certa presenza reale sacramentale di Gesù Cristo nell’Eucaristia. E così che l’unzione crismale sulla fronte del cresimando accerta la discesa dello Spirito Santo e l’incisione di quel carattere crismale, che accompagnerà l’anima per sempre. Ossia, su questa realtà che deve esser continuamente tradotta con segni esterni adeguati scende la indefettibilità della Chiesa, avvertimento a coloro che vogliono lasciare le realtà soprannaturali senza segni esterni. Questa è irragionevolezza! Irragionevolezza che confina con qualche cosa di peggio dell’irragionevolezza, perché la necessità di tradurre agli uomini quello che essi non possono vedere con gli occhi del corpo mediante elementi accolti dalla natura e dall’arte degli uomini è affermata da Gesù Cristo stesso. Su questo modo sacramentale e sacrificale, che rappresenta tutto un mondo, scende la promessa di indefettibilità della Chiesa. E mi fermo qui. – Ora mi rivolgo a voi, prossimi sacerdoti e prossimi diaconi. Questa indefettibilità seguirà anche voi. Badate: non voi come voi, i vostri difetti, le vostre dimenticanze, ma seguirà quella parte del vostro ministero che voi farete degnamente, legittimamente, secondo gli ordinamenti della Chiesa, in nome e per autorità e come vicari di Cristo. Seguirà anche voi, e seguirvi indica tante cose, che non possiamo ora analizzare. Per voi, che siete, che sarete portatori della Grazia di Dio per le opere che compirete, il bene che farete – siatene certi – sarà sempre molto più grande e più lontano di quello che voi non crediate. Andrà sempre lontano, perché, fatto nell’ambito del ministero ricevuto con l’Ordine, nell’ambito della legittimità, con l’osservanza della legge della Chiesa, gode di tutti i carismi che sono conseguenze dell’indefettibilità della Chiesa. Quando vedrete niente, chiudete pure gli occhi e dentro di voi pensate a quali latitudini arriverà la vostra opera. Sarà necessario che viviate di fede per vedere ogni giorno, ogni momento, fin dove arriverà la vostra mano, la vostra benedizione, la vostra consacrazione, i vostri atti di ministero, e soltanto con la vostra fede capirete che l’onda da voi suscitata si propaga si direbbe all’infinito, come accade quando si getta un sassolino in un lago, le onde si propagano fintanto che c’è acqua e non si ristanno prima. Abbiate questa fede e uscite da questa Ordinazione, che sarà ora celebrata, con questa fede che sorregga, che vi dia una visione più giusta di quello che accade intorno a voi, che vi dia la pazienza di attendere, l’umiltà di perdonare ed anche la gioia di vedere, avendo chiuso gli occhi alla realtà umana. Questo consegno a voi, perché non si diparta mai dalla vostra anima!

[I grassetti sono redazionali]

IL TRIPLICE AFFIDAMENTO DELLA CHIESA AL BEATO PIETRO

[da I SERMONI di S. Antonio da Padova]

 «Pasci i miei agnelli» (Gv XXI,15-16). Fa’ attenzione al fatto che per ben tre volte è detto: «pasci», e neppure una volta «tosa» «mungi». Se ami me per me stesso, e non te per te stesso, «pasci i miei agnelli» in quanto miei, non come fossero tuoi. Ricerca in essi la mia gloria e non la tua, il mio interesse e non il tuo, perché l’amore verso Dio si prova con l’amore verso il prossimo. Guai a colui che non pasce neppure una volta e poi invece tosa e munge tre o quattro volte. A costui «il re di Sodoma», cioè i il diavolo, «dice: Dammi anime, tutto il resto prendilo per te» (Gen XIV, 21), tieni cioè per te la lana e il latte, la pelle e le carni, le decime e le primizie. A un tale pastore, anzi lupo, che pasce se stesso, il Signore minaccia: «Guai al pastore, simulacro di pastore, che abbandona il gregge: una spada sta sopra il suo braccio e sul suo occhio destro; tutto il suo braccio si inaridirà e il suo occhio destro resterà accecato» (Zc XI,17). – Il pastore che abbandona il gregge affidatogli, è nella Chiesa ìl simulacro di pastore, come Dagon, posto presso l’Arca del Signore (cf. IRe V, 2); era un idolo, un simulacro: aveva cioè l’apparenza di un dio, ma non la realtà.Perché dunque occupa quel posto? Costui è veramente un idolo, un dio falso, perché ha gli occhi rivolti alle vanità del mondo, e non vede le miserie dei poveri; ha gli orecchi attenti alle adulazioni dei suoi ruffiani e non sente i lamenti e le grida dei poveri; tiene le narici sulle boccettine dei profumi, come una donna, ma non sente il profumo del cielo e il fetore della geenna; adopera le mani per accumulare ricchezze e non per accarezzare le cicatrici delle ferite di Cristo; usa i piedi per correre a rinforzare le sue difese e riscuotere i tributi, e non per andare a predicare la parola del Signore; e nella sua gola non c’è il canto di lode né la voce della confessione. Quale rapporto ci può essere tra la chiesa di Cristo e questo idolo marcio? «Cos’ha a che fare la paglia con il grano?» (Ger XXIII,28). «Quale intesa ci può mai essere tra Cristo e Beliar?» (2Cor VI,15). – Tutto il braccio di quest’idolo s’inaridirà per opera della spada del giudizio divino, perché non possa più fare il bene. E il suo occhio destro, cioè la conoscenza della verità, si oscurerà, perché non possa più distinguere la via della giustizia né per sé, né per gli altri. E questi due castighi, provocati dai loro peccati, si abbattono oggi su quei pastori della Chiesa che sono privi del valore delle opere buone e non hanno la conoscenza della verità. E allora, ahimè, il lupo, cioè il diavolo, disperde il gregge (cf. Gv X,12), e il predone, cioè l’eretico, lo rapisce. Invece il buon pastore, che ha dato la vita per il suo gregge (cf. Gv X,15), di esso sempre sollecito, avendolo a sì caro prezzo, lo affida a Pietro dicendo: «Pasci i miei agnelli ». Pascili con la parola della sacra predicazione, con l’aiuto della preghiera fervorosa e con l’esempio della santa vita. – E fa’ attenzione: per due volte gli raccomanda gli agnelli, che sono più delicati e deboli, e una volta sola le pecore. E qui è da capire che coloro che nella Chiesa sono più delicati e più deboli devono essere assistiti e sostenuti con maggiori attenzioni, sia spirituali che materiali. Dice l’Apostolo: «Confortate i pusillanimi e sostenete i deboli» (lTs V,14). Dice infatti la Genesi: Dio prese Adamo, cioè il prelato, e lo pose nel giardino delle delizie, vale a dire nella Chiesa perché la coltivasse con le opere di misericordia verso i suoi fedeli e la custodisse (cf. Gen II,15) con la predicazione della parola, e insieme con i fedeli meritasse di raggiungere il premio del regno. Amen.

 

Preghiere per il Papa alla Messa.

Orazione

“Deus, omnium fidelium pastore et rector, famulum tuum Gregorium, quem pastorem Ecclesiæ tuæ præesse voluisti, propitius respice: da ei, quæsumus, verbo et exemplo, quibus præest, proficere; ut ad vitam, una cum grege sebe credito, pervenit sempiternam. Per Dominum …”

[O Dio, pastore e capo di tutti i fedeli, volgi benevolmente lo sguardo sul tuo servo Gregorio che hai preposto alla tua Chiesa; da’ a lui di giovare con la parola e con l’esempio ai suoi sudditi e di poter giungere, insieme al gregge affidatogli, alla vita eterna. Per nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio …]

Secreta

“Oblatis, quæsumus, Domine, placare muneribus: et famulum tuum Gregorium, quem Pastorem Ecclesiæ tuæ præesse voluisti, assidua protectione guberna. Per…”. [ Lasciati placare o Signore, dai doni che ti presentiamo, e guida con incessante aiuto il tuo servo Gregorio che hai messo a capo della Chiesa. Per nostro Signore Gesù Cristo, …]

Dopocomunione

“Hæc nos, quæsumus, Domine, divini sacramenti perceptio protegat: et famulum tuum Gregorium, quem pastorem Ecclesiæ tuæ præesse voluisti; una cum commisso sibi grege, salvet semper, et muniat. Per Dominum …”

[Ci protegga o Signore, il sacramento divino che abbiamo ricevuto; mantenga incolume e fortifichi sempre, insieme al gregge affidatogli, il tuo servo Gregorio che hai messo a capo della tua Chiesa. Per nostro Signore …].

Si raccomanda di recitare anche i Salmi sul nome PETRUS [Salmi sul nome PETRUS, exsurgatdeus.org]

 

Un’ENCICLICA AL GIORNO, TOGLIE IL MODERNISTA APOSTATA DI TORNO: “ANNUM SACRUM”

Nella domenica infra l’ottava della Festa del Sacro Cuore di Gesù, ci è sembrato opportuno rileggere la lettera enciclica di S. S. Leone XIII “Annum sacrum” con la preghiera di Consacrazione dell’umanità al Sacro Cuore di Gesù, una preghiera da inserire nel nostro bagaglio di devozioni abituali.

Leone XIII

“Annum sacrum”

Lettera Enciclica

La consacrazione dell’umanità al sacro Cuore di Gesù

25 maggio 1899

Con nostra lettera apostolica abbiamo recentemente promulgato, come ben sapete, l’anno santo, che, secondo la tradizione, dovrà essere tra poco celebrato in quest’alma città di Roma. Oggi, nella speranza e nell’intenzione di rendere più santa questa grande solennità religiosa, proponiamo e raccomandiamo un altro atto veramente solenne. E abbiamo tutte le ragioni, se esso sarà compiuto da tutti con sincerità di cuore e con unanime e spontanea volontà, di attenderci frutti straordinari e duraturi a vantaggio della religione cristiana e di tutto il genere umano. – Più volte, sull’esempio dei nostri predecessori Innocenzo XII, Benedetto XIII, Clemente XIII, Pio VI, Pio VII, Pio IX, ci siamo adoperati di promuovere e di mettere in sempre più viva luce quella eccellentissima forma di religiosa pietà, che è il culto del sacratissimo Cuore di Gesù. Tale era lo scopo principale del nostro decreto del 28 giugno 1889, col quale abbiamo innalzato a rito di prima classe la festa del Sacro Cuore. Ora però pensiamo a una forma di ancor più splendido omaggio, che sia come il culmine e il coronamento di tutti gli onori, che sono stati tributati finora a questo Cuore sacratissimo e abbiamo fiducia che sia di sommo gradimento al nostro redentore Gesù Cristo. La cosa, in verità, non è nuova. Venticinque anni fa infatti, all’approssimarsi del II centenario diretto a commemorare la missione che la beata Margherita Maria Alacoque aveva ricevuto dall’alto, di propagare il culto del divin Cuore, da ogni parte, non solo da privati, ma anche da vescovi, pervennero numerose lettere a Pio IX, con le quali si chiedeva che si degnasse di consacrare il genere umano all’augustissimo Cuore di Gesù. Si preferì, in quelle circostanze, rimandare la cosa per una decisione più matura; nel frattempo si dava facoltà alle città, che lo desideravano, di consacrarsi con la formula prescritta. Sopraggiunti ora nuovi motivi, giudichiamo maturo il tempo di realizzare quel progetto. – Questa universale e solenne testimonianza di onore e di pietà è pienamente dovuta a Gesù Cristo proprio perché re e signore di tutte le cose. La sua autorità infatti non si estende solo ai popoli che professano la fede Cattolica e a coloro che, validamente battezzati, appartengono di diritto alla Chiesa (anche se errori dottrinali li tengono lontani da essa o dissensi hanno infranto i vincoli della carità), ma abbraccia anche tutti coloro che sono privi della fede cristiana. Ecco perché tutta l’umanità è realmente sotto il potere di Gesù Cristo. Infatti Colui che è il Figlio unigenito del Padre e ha in comune con Lui la stessa natura, “irradiazione della sua gloria e impronta della sua sostanza” (Eb 1,3), ha necessariamente tutto in comune con il Padre e quindi il pieno potere su tutte le cose. Questa è la ragione perché il Figlio di Dio, per bocca del profeta, può affermare: “Sono stato costituito sovrano su Sion, suo monte santo. Il Signore mi ha detto: Tu sei mio Figlio; io oggi ti ho generato. Chiedi a me e ti darò in possesso le genti e in dominio i confini della terra” (Sal II,6-8). Con queste parole egli dichiara di aver ricevuto da Dio il potere non solo su tutta la chiesa, raffigurata in Sion, ma anche su tutto il resto della terra, fin dove si estendono i suoi confini. Il fondamento poi di questo potere universale è chiaramente espresso in quelle parole: “Tu sei mio Figlio”. Per il fatto stesso di essere il figlio del re di tutte le cose, è anche erede del suo potere universale. Per questo il salmista continua con le parole: “Ti darò in possesso le genti”. Simili a queste sono le parole dell’apostolo Paolo: “L’ha costituito erede di tutte le cose” (Eb 1,2). – Si deve tener presente soprattutto ciò che Gesù Cristo, non attraverso i suoi apostoli e profeti, ma con le stesse sue parole ha affermato del suo potere. Al governatore romano che gli chiedeva: “Dunque tu sei re”, egli, senza esitazione, rispose: “Tu lo dici; io sono re” (Gv XVIII,37). La vastità poi del suo potere e l’ampiezza senza limiti del suo regno sono chiaramente confermate dalle parole rivolte agli apostoli: “Mi è stato dato ogni potere in cielo e in terra” (Mt XXVIII,18). Se a Cristo è stato concesso ogni potere, ne segue necessariamente che il suo dominio deve essere sovrano, assoluto, non soggetto ad alcuno, tanto che non ne può esistere un altro ne uguale ne simile. E siccome questo potere gli è stato dato e in cielo e in terra, devono stare a lui soggetti il cielo e la terra. Di fatto egli esercitò questo suo proprio e individuale diritto quando ordinò agli apostoli di predicare la sua dottrina, di radunare, per mezzo del battesimo, tutti gli uomini nell’unico corpo della chiesa, e di imporre delle leggi, alle quali nessuno può sottrarsi senza mettere in pericolo la propria salvezza eterna. – E non è tutto. Cristo non ha il potere di comandare soltanto per diritto di nascita, essendo il Figlio unigenito di Dio, ma anche per diritto acquisito. Egli infatti ci ha liberato “dal potere delle tenebre” (Col 1,13) e “ha dato se stesso in riscatto per tutti” (1Tm II,6). E perciò per lui non soltanto i Cattolici e quanti hanno ricevuto il Battesimo, ma anche tutti e singoli gli uomini sono diventati “un popolo che egli si è conquistato” (1Pt II,9). A questo proposito sant’Agostino osserva giustamente: “Volete sapere che cosa ha comprato? Fate attenzione a ciò che ha dato e capirete che cosa ha comprato. Il sangue di Cristo: ecco il prezzo. Che cosa può valere tanto? Che cosa se non il mondo intero? Per tutto ha dato tutto”. – San Tommaso, trattando della questione, indica perché e come gli infedeli sono soggetti al potere e alla giurisdizione di Gesù Cristo. Posto infatti il quesito se il suo potere di giudice si estenda o no a tutti gli uomini, risponde che, siccome “il potere di giudice è una conseguenza del potere regale”, si deve concludere che “quanto alla potestà, tutto è soggetto a Gesù Cristo. anche se non tutto gli è soggetto quanto all’esercizio del suo potere”. Questa potestà e questo dominio sugli uomini lo esercita per mezzo della verità, della giustizia, ma soprattutto per mezzo della carità. – Tuttavia Gesù, per sua bontà, a questo suo duplice titolo di potere e di dominio, permette che noi aggiungiamo, da parte nostra, il titolo di una volontaria consacrazione. Gesù Cristo, come Dio e Redentore, è senza dubbio in pieno e perfetto possesso di tutto ciò che esiste, mentre noi siamo tanto poveri e indigenti da non aver nulla da potergli offrire come cosa veramente nostra. Tuttavia, nella sua infinita bontà e amore, non solo non ricusa che gli offriamo e consacriamo ciò che è suo, come se fosse bene nostro, ma anzi lo desidera e lo domanda: “Figlio, dammi il tuo cuore” (Pro XXIII,26). Possiamo dunque con la nostra buona volontà e le buone disposizioni dell’animo fare a lui un dono gradito. Consacrandoci infatti a lui, non solo riconosciamo e accettiamo apertamente e con gioia il suo dominio, ma coi fatti affermiamo che, se quel che offriamo fosse veramente nostro, glielo offriremmo lo stesso di tutto cuore. In più lo preghiamo che non gli dispiaccia di ricevere da noi ciò che, in realtà, è pienamente suo. Così va inteso l’atto di cui parliamo e questa è la portata delle nostre parole. – Poiché il sacro Cuore è il simbolo e l’immagine trasparente dell’infinita carità di Gesù Cristo, che ci sprona a rendergli amore per amore, è quanto mai conveniente consacrarsi al suo augustissimo Cuore, che non significa altro che donarsi e unirsi a Gesù Cristo. Ogni atto di onore, di omaggio e di pietà infatti tributati al divin Cuore, in realtà è rivolto allo stesso Cristo. – Sollecitiamo pertanto ed esortiamo tutti coloro che conoscono e amano il divin Cuore a compiere spontaneamente questo atto di consacrazione. Inoltre desideriamo vivamente che esso si compia da tutti nel medesimo giorno, affinché i sentimenti di tante migliaia di cuori, che fanno la stessa offerta, salgano tutti, nello stesso tempo, al trono di Dio. – Ma come potremo dimenticare quella stragrande moltitudine di persone, per le quali non è ancora brillata la luce della verità cristiana? Noi teniamo il posto di Colui che è venuto a salvare ciò che era perduto e diede il suo sangue per la salvezza di tutti gli uomini. Ecco perché la nostra sollecitudine è continuamente rivolta a coloro che giacciono ancora nell’ombra di morte e mandiamo dovunque missionari di Cristo per istruirli e condurli alla vera vita. Ora, commossi per la loro sorte, li raccomandiamo vivamente al sacratissimo Cuore di Gesù e, per quanto sta in noi, a Lui li consacriamo. – In tal modo questa consacrazione che esortiamo a compiere, potrà giovare a tutti. Con questo atto, infatti, coloro che già conoscono e amano Gesù Cristo, sperimenteranno facilmente un aumento di fede e di amore. Coloro che, pur conoscendo Cristo trascurano l’osservanza della sua legge e dei suoi precetti, avranno modo di attingere da quel divin Cuore la fiamma dell’amore. Per coloro infine che sono più degli altri infelici, perché avvolti ancora nelle tenebre del paganesimo, chiederemo tutti insieme l’aiuto del cielo, affinché Gesù Cristo, che li tiene già soggetti “quanto al potere”, li possa anche avere sottomessi “quanto all’esercizio di tale potere”. E preghiamo anche che ciò si compia non solo nel mondo futuro, “quando Egli eseguirà pienamente su tutti la sua volontà, salvando gli uni e castigando gli altri”, ma anche in questa vita terrena con il dono della fede e della santificazione, in modo che, con la pratica di queste virtù, possano onorare debitamente Dio e tendere così alla felicità del cielo. – Tale consacrazione ci fa anche sperare per i popoli un’era migliore; può infatti stabilire o rinsaldare quei vincoli, che, per legge di natura, uniscono le nazioni a Dio. – In questi ultimi tempi si è fatto di tutto per innalzare un muro di divisione tra la Chiesa e la società civile. Nelle costituzioni e nel governo degli stati, non si tiene in alcun conto l’autorità del diritto sacro e divino, nell’intento di escludere ogni influsso della Religione nella convivenza civile. In tal modo si intende strappare la fede in Cristo e, se fosse possibile, bandire lo stesso Dio dalla terra. Con tanta orgogliosa tracotanza di animi, c’è forse da meravigliarsi che gran parte dell’umanità sia stata travolta da tale disordine e sia in preda a tanto grave turbamento da non lasciare vivere più nessuno senza timori e pericoli? Non c’è dubbio che, con il disprezzo della Religione, vengono scalzate le più solide basi dell’incolumità pubblica. Giusto e meritato castigo di Dio ai ribelli che, abbandonati alle loro passioni e schiavi delle loro stesse cupidigie, finiscono vittime del loro stesso libertinaggio. – Di qui scaturisce quella colluvie di mali, che da tempo ci minacciano e ci spingono con forza a ricercare l’aiuto in colui che solo ha la forza di allontanarli. E chi potrà essere questi se non Gesù Cristo, l’unigenito Figlio di Dio? “Non vi è infatti altro nome dato agli uomini sotto il cielo, nel quale sia stabilito che possiamo essere salvati” (At IV,12). A lui si deve ricorrere, che è “la via, la verità e la vita” (Gv XIV,6). Si è andati fuori strada? bisogna ritornare sulla giusta via. Le tenebre hanno oscurato le menti? è necessario dissiparle con lo splendore della verità. La morte ha trionfato? bisogna attaccarsi alla vita. – Solo così potremo sanare tante ferite. Solo allora il diritto potrà riacquistare l’autentica autorità; solo così tornerà a risplendere la pace, cadranno le spade e sfuggiranno di mano le armi. Ma ciò avverrà solo se tutti gli uomini riconosceranno liberamente il potere di Cristo e a lui si sottometteranno; e ogni lingua proclamerà “che Gesù Cristo è il Signore, a gloria di Dio Padre” (Fil II,11). – Quando la Chiesa nascente si trovava oppressa dal giogo dei Cesari, a un giovane imperatore apparve in cielo una Croce auspice e nello stesso tempo autrice della splendida vittoria che immediatamente seguì. Ecco che oggi si offre ai nostri sguardi un altro divinissimo e augurale segno: il Cuore sacratissimo di Gesù, sormontato dalla croce e splendente, tra le fiamme, di vivissima luce. In Lui sono da collocare tutte le nostre speranze; da lui dobbiamo implorare e attendere la salvezza. – Infine non vogliamo passare sotto silenzio un motivo, questa volta personale, ma giusto e importante, che ci ha spinto a questa consacrazione: l’averci Dio, autore di tutti i beni, scampato non molto tempo addietro da pericolosa infermità. Questo sommo onore al Cuore sacratissimo di Gesù, da Noi promosso, vogliamo che rimanga memoria e pubblico segno di gratitudine di tanto beneficio. – Ordiniamo perciò che, nei giorni 9, 10 e 11 del prossimo mese di giugno, nella chiesa principale di ogni città o paese, alla recita delle altre preghiere si aggiungano ogni giorno anche litanie del sacro Cuore da Noi approvate. Nell’ultimo giorno poi si reciti, venerabili fratelli, la formula di consacrazione, che vi mandiamo con la presente lettera. – Come pegno di favori divini e testimonianza della nostra benevolenza, a voi, al clero e al popolo affidato alle vostre cure, impartiamo di cuore, nel Signore, l’apostolica benedizione.

Roma, presso San Pietro, il 25 maggio 1899, anno XXII del nostro pontificato

Formula di consacrazione da recitarsi al sacratissimo Cuore di Gesù

 “Iesu dolcissime, Redemptor humani generis, respice nos ad altare tuum humillime provolutos. Tui sumus, tui esse volumus; quo autem Tibi coniuncti firmius esse possimus, en hodie Sacratissimo Cordi tuo se quisque nostrum sponte dedicat. – Te quidem multi novere numquam. Te, spretis mundatis tuis, multi repudiarunt. Miserere utrorumque, benignissime Iesu: atque ad sanctum Cor tuum rape universos. Rex esto, Domine, nec fidelium tantum qui nullo tempore discessere a Te, sed etiam prodigo rum filiorum qui Te reliquerunt fac has, ut domum paternam cito repetant, ne miseria et fame pereant. Rex esto eorum, quos aut opinionum error deceptos habet, aut discordia separatos, eosque ad portum veritatis atque ad unitatem fidei revoca, ut brevi fiat unum ovile et unus pastor. Rex esto denique eorum omnium, qui in vetere gentium superstitione versantur, eosque e tenebris vindicare ne renuas in Dei lumen et regnum. Largire, Domine, Ecclesiæ tuæ securam cum incolumitate libertatem; largire cunctis gentibus tranquillitatem ordinis: perfice, ut ab utroque terræ vertice una resonet vox: Sit laus divino Cordi, per quod nobis parta solus: ipsi gloria et honor in sæcula. Amen”.  

 [“O Gesù dolcissimo, o redentore del genere umano, riguardate a noi umilmente prostesi dinanzi al vostro altare. – Noi siamo vostri, e vostri vogliamo essere; e per poter vivere a voi più strettamente congiunti, ecco che ognuno di noi oggi si consacra al vostro sacratissimo Cuore. Molti purtroppo non vi conobbero mai; molti, disprezzando i vostri comandamenti, vi ripudiarono. – O benignissimo Gesù, abbiate misericordia e degli uni e degli altri; e tutti quanti attirate al vostro Cuore santissimo. – O Signore, siate il re non solo dei fedeli che non si allontanarono mai da voi, ma anche di quei figli prodighi che vi abbandonarono; fate che questi quanto prima ritornino alla casa paterna, per non morire di miseria e di fame. – Siate il Re di coloro che vivono nell’inganno dell’errore o per discordia da voi separati: richiamateli al porto della verità e all’unità della fede, affinché in breve si faccia un solo ovile sotto un solo pastore. – Siate il Re finalmente di tutti quelli che sono avvolti nelle superstizioni del gentilesimo, e non ricusate di trarli dalle tenebre al lume e al regno di Dio. – Largite, o Signore, incolumità e libertà sicura alla vostra Chiesa, largite a tutti i popoli la tranquillità dell’ordine: fate che da un capo all’altro della terra risuoni quest’unica voce: sia lode a quel Cuore divino da cui venne la nostra salute; a Lui si canti gloria e onore nei secoli. Così sia].

 

SANTA BRIGIDA DI SVEZIA e le orazioni mai approvate dalla Chiesa

S. BRIGIDA VEDOVA

(1303-1373)

8 OTTOBRE.

[da: “I Santi”; Alba, Pia Società S. Paolo – ROMA, 1933-impr.]

Brigida nacque da Brigero, principe di Svezia, e da Sigrida, discendente dai re dei Goti. Assai presto perdette la madre e venne allevata dalla zia. Si dice che fino a tre anni rimase muta, età in cui miracolosamente le si sciolse la lingua e cominciò a parlare in modo perfetto. Non ancora decenne, per aver udito un discorso sopra la passione di Gesù Cristo, rimase molto impressionata, e nella notte seguente, ebbe la visione di Gesù Cristo appeso alla croce, tutto coperto di sangue. Nello stesso tempo sentì una voce. «Guardami, figliuola mia, ecco quel che fanno quelli che mi disprezzano, e che sono insensibili all’amore che ho per loro ». Da quel tempo in poi non poté più pensare al mistero della Passione senza emettere sospiri e sciogliersi in lacrime. – A sedici anni il padre la maritò con un giovine signore, chiamato Ulfone, principe di Nerizia. Brigida, vedendosi così giovane, e sentendosi impreparata a tale passo, pregò ed ottenne dal padre un anno di dilazione, prima di coabitare col marito. Così i due sposi di vicendevole condenso passarono nella continenza il primo anno del loro matrimonio. La nostra santa lo impiegò tutto nel chiedere a Dio con fervorose preghiere, con lacrime e con digiuni, che si degnasse di non lasciarla mai deviare dai suoi precetti, di benedire il suo matrimonio, e di santificare in quel nuovo stato lei, il marito ed i figliuoli che le avrebbe dato. – I due sposi santificarono il vincolo matrimoniale coll’ascriversi al terz’Ordine di S. Francesco. La loro casa divenne subito una specie di monastero in cui i due consorti vivevano nelle pratiche austere della penitenza. Ebbero quattro figli e quattro figlie, dei quali gli ultimi due morirono bambini e due diedero la vita nelle crociate per la liberazione della Terra Santa. Delle quattro figlie, due si santificarono nello stato matrimoniale, e due si resero religiose di cui una, Caterina, è stata dalla Chiesa dichiarata santa. – Tutte le premure di Brigida furono rivolte ad allevare i figlioli nel timor di Dio, ed instillare loro tutte le virtù necessarie alla salute eterna. Dopo la nascita degli otto figli, indusse insensibilmente il marito a rinunciare all’onorevole carica di consigliere del re, per attendere più intensamente alla propria santificazione, e si obbligarono, per voto, di passare il restante della loro vita nella continenza. Fondarono un ospedale dove andavano spesse volte a servire i malati colla proprie mani. Santa Brigida, soprattutto, si dava alla cura dei poveri e degli infermi come di propri figlioli. Dopo la morte del marito, rimase più libera di darsi interamente alla penitenza ed alle opere di Dio. Fondò un monastero a Wastein ove rimase due anni per dare le direttive necessarie per un ottimo avvenire del medesimo. Poi venne a Roma, dove la tomba dei principi degli Apostoli, e le catacombe, olezzanti di profumo di tanti martiri, potevano somministrarle un pascolo più abbondante alla sua pietà. Spinta da un ardente amore per Gesù Cristo Crocifisso, fece un pellegrinaggio in Terra Santa. Quivi bagnò colle lagrime i luoghi santificati alla presenza del Salvatore e tinti dal suo preziosissimo sangue. Ritornata a Roma, fu assalita da un complesso di malattie, che sopportò con ammirabile pazienza. Sentendosi vicina a morire, si fece distendere sopra un cilicio per ricevere gli ultimi Sacramenti. Morì ai 23 di luglio nel 1373 all’età di 71 anno. – S. Brigida va in special modo ricordata per le grandi rivelazioni ricevute dal Salvatore e da Maria SS.

VIRTÙ. — S. Brigida è un perfetto modello, specialmente nelle virtù famigliari, come figliola, come sposa, come madre e come vedova.

PREGHIERA. — O Signore, Dio nostro, che per mezzo del tuo Figlio unigenito, hai rivelato alla beata Brigida i segreti celesti, concedi a noi tuoi servi per intercessione di lei di godere della letizia della manifestazione della tua eterna gloria. Così sia.

Ad S. Birgittam Reginam Sueciae, Vid.

Preghiera per gli scismatici e gli eretici fuori dalla Chiesa Cattolica.

Con cuore confidente ci volgiamo a voi, beata
Brigida, per domandare in questi tempi di ostilità
e di miscredenza la vostra intercessione in
favore di quelli, che sono separati dalla Chiesa
di Gesù Cristo. Per la chiara cognizione, che
Voi aveste dei crudeli patimenti del nostro crocifisso
Salvatore, prezzo della nostra redenzione,
vi supplichiamo di ottenere la grazia della fede
a coloro che sono fuori dell’unico ovile, così che
le disperse pecorelle possano ritornare all’unico
vero Pastore, Gesù Cristo nostro Signore.
Amen.
Santa Brigida, intrepida nel servizio di Dio,
pregate per noi.

Santa Brigida, paziente nelle
sofferenze e nelle umiliazioni, pregate per noi.

Santa Brigida, mirabile nell’amore verso Gesù e Maria, pregate per noi.
Pater, Ave, Gloria.

Indulgentia trecentorum dierum semel in die

(S. C. Indulg., 5 iul. 1905; S. Paen. Ap., 23 oct.  1928).

 

 

(Le presunte orazioni rivelate da Nostro Signore a Santa Brigida di Svezia non hanno mai avuto approvazione. – La Chiesa non ha mai approvato in particolare le promesse relative ritenendole apocrife: decr.  AAS, 1899 pp. 243; Monit. III, S. Off. 28 Jan. 1954)

 

 

 

 

MARIA SS. REGINA DEGLI APOSTOLI

MARIA SS. REGINA DEGLI APOSTOLI

[“I Santi per ogni giorno dell’anno” – S. Paolo ed. Alba; Roma, 1933 –impr.-]

31 MAGGIO.

Regina Apostolorum, ora prò nobis! Oh dolce e caro titolo alle anime apostole, a tutti quelli che lavorano per la salute delle anime! In quel doloroso e solenne istante in cui il moribondo suo Gesù dalla Croce le donò per figliuolo Giovanni e in lui tutti gli uomini, ma specialmente tutti gli Apostoli, quale tenerissima carità inondò in quel momento il suo cuore per le anime consacrate all’apostolato, alla sequela della Croce, all’amore di Gesù!

Regina degli Apostoli!

Ella formò il primo Apostolo, l’Apostolo eletto del Padre Celeste, Gesù Cristo, e dopo che Gesù stesso si elesse a successore di figlio S. Giovanni, e in lui particolarmente tutti gli Apostoli, Ella diventò la loro Madre, Maestra e Regina. Fu Ella che maternamente, plasmò quel gagliardissimo manipolo di dodici, ottenendo loro il suo Divino Sposo, lo Spirito Santo, e poi guidandoli e sorreggendoli nel loro fecondissimo apostolato. Fu pure Ella che chiamò alla vigna del Signore il tredicesimo e più zelante Apostolo, Paolo, di cui si disse: « Mancarono i popoli a Paolo, ma Paolo non mancò ai popoli». Ella è che suscitò e formò quelle grandi vocazioni che in ogni tempo bisognoso, rialzarono le sorti della Chiesa e che splendono all’umanità come fari luminosissimi. Ell’è che dette il coraggio e la forza ai milioni e milioni di martiri; che formò i Santi tutti, poiché secondo gravi e santi Dottori, come S. Bernardo, S. Alfonso, è difficile se non impossibile che alcuno si faccia santo senza l’aiuto di Maria, essendo Ella il collo del corpo mistico, il canale di ogni grazia; poiché Dio tutto ha posto nelle sue mani, incoronandola Regina del Cielo e della terra. – E come non va al corpo nutrimento, senza passare pel collo, così dal capo del corpo mistico, Gesù Cristo, non viene alle membra, la Chiesa, grazia alcuna senza che passi per Maria. È dottrina di S. Alfonso. Ella formò i Santi: or tutti i santi sono in qualche modo Apostoli; Ella è dunque con ogni ragione, Madre, Maestra, Regina degli Apostoli. Ma che dire? Scrivere di Maria è come voler rovesciare con un cucchiaino qual è la nostra intelligenza, tutte le acque degli Oceani in un bucherellino. Maria è quella che ha suscitato tutti gli ordini e congregazioni a rialzare le sorti della povera Società; Ella ogni giorno va segregandovi le vocazioni, e là giorno per giorno, con materna delicatezza le plasma sulla stessa forma di Gesù; e come Madre forma la loro vita spirituale, come Maestra comunica la divina scienza, e come Regina le forma allo zelo e al sacrificio, adatta gli argomenti della fede e mostra le vie del cuore e appiana loro le difficoltà. Qual religione, quale Apostolo, quale Santo è senza di Maria? Nessuno: è un assurdo, perché quelle parole di Gesù agonizzante in Croce, costituiscono una legge universale a cui nessuno può fuggire; e siccome forma anime Apostole, Ella è Regina degli Apostoli. Ed ancora: Chi nei secoli profligò tutte le eresie? Maria. Udiamo il saluto che le rende la Chiesa: « Godi, o Vergine Maria: Tu hai dissipate da sola tutte le eresie del mondo intero ». In tutti i bisogni della Chiesa Maria suscitò e sostenne gli apostoli, i campioni della fede e diede loro i mezzi per dissipare l’errore. Maria è Regina degli Apostoli: è ragionevolissimo: la Madre è nel grado del Figlio, e la Madre ritiene come sue le cose del Figlio: Gesù è Re dei Re, dunque Maria è Regina.

RICORDO. — Dio è onnipotente per natura; Maria lo è per grazia; Dio dà di potere, Maria dà di facilmente potere. Andiamo dunque alla Piena di grazia!

PREGHIERA. — O Maria accrescete la gloriosa schiera degli Apostoli, dei Missionari, dei Sacerdoti, delle Vergini. Siano tutti santi e sale purificante della terra, o Madre dei Santi, Madre del Gran Sacerdote e Voi stessa’ Sacerdote ed altare. Così sia.

31 MAGGIO

FESTA DELLA BEATA VERGINE MARIA REGINA

[Dom Guéranger: “L’Anno liturgico” vol. II]

Che cosa è la regalità.

Analizzando le note fondamentali della regalità, per dimostrare poi la loro presenza in Cristo, fin dall’inizio della sua vita terrena, Bossuet definì, con una magnifica frase, la sua essenziale grandezza: « La regalità – disse – consiste nella forza di fare il bene del popolo che si domina; il nome di re è come il nome di un padre comune, di un universale benefattore » (1). Questa è la regalità che Cristo rivendicò davanti a Pilato. Per farne meglio capire e onorare il carattere. Pio XI, al termine dell’Anno Giubilare del 1925, istituì la Festa della Regalità universale e sociale di Cristo ed esortò i fedeli a sottomettere a Cristo Re le loro intelligenze e le loro volontà, a consacrargli le famiglie, la patria, e tutta la società per poter ricevere da Lui, con più abbondanza, quelle grazie di cui sempre più abbiamo bisogno. – Quando, a sua volta. Pio XII, a conclusione dell’Anno mariano 1954, istituì la Festa della Beata Vergine Maria Regina, non aveva intenzione di proporre al popolo cristiano una nuova verità, né di giustificare, con un nuovo titolo, la nostra pietà verso la Madre di Dio e degli uomini. « La nostra intenzione – disse nel suo discorso del 1 novembre – è di presentare agli occhi del mondo una verità capace di porre rimedio ai suoi mali, di liberarlo dalle sue angosce, di portarlo su quel cammino della salvezza che egli cerca con ansia… – Regina più di ogni altro per la grandezza della sua anima e per l’eccellenza dei suoi doni divini. Maria non cessa mai di prodigare i tesori del suo affetto e delle sue materne attenzioni alla desolata umanità. Lungi dall’essere basato sulle esigenze dei suoi diritti e sulla volontà d’un altezzoso dominio, il regno di Maria ha una sola aspirazione: il dono completo di sé, nella più alta e totale generosità ».

Regalità di Maria nella tradizione.

Coronata d’un diadema di gloria nella beatitudine celeste, Maria regna sul mondo con cuore materno. Già dai primi tempi i fedeli hanno detto che la Madre del « Re dei Re e del Principe dei Principi » ha una gloria speciale, perché ha ricevuto grazie e favori particolari. I primi scrittori della Chiesa l’hanno chiamata, come già Elisabetta, « Madre del mio Signore » e quindi Sovrana, dominatrice, Regina del genere umano. – Rifacendosi alle numerose testimonianze e partendo dai primi tempi del Cristianesimo, i teologi della Chiesa hanno elaborato la dottrina, in virtù della quale essi chiamano la SS. Vergine, Regina di ogni creatura, Regina del mondo. Sovrana dell’universo. La liturgia, specchio fedele della dottrina trasmessa dai dottori e professata dai fedeli, ha sempre cantato, sia in Oriente quanto in Occidente, le lodi della Regina del Cielo, e l’arte stessa, appoggiandosi alla dottrina della Chiesa e ispirandovisi, ha interpretato esattamente, dopo il Concilio di Efeso del 431, la pietà autentica e spontanea dei Cristiani, rappresentando la Vergine con gli attributi di Regina e di Imperatrice, ornata di insegne reali, cinta del diadema di cui l’ha incoronata il Redentore, attorniata da una coorte di Angeli e di Santi che cantano la sua dignità e la sua gloria di Sovrana.

L’insegnamento della teologia.

L’Arcangelo Gabriele è stato il primo ambasciatore della dignità regale di Maria. « Chi nascerà da te – egli le disse – sarà chiamato Figlio dell’Altissimo; Iddio gli darà il trono di Davide suo padre, egli regnerà per sempre e il suo regno non avrà fine ». Logicamente, se ne deduce che anche Maria è Regina, perché dà la vita ad un figlio che, dall’istante stesso della concezione, anche come uomo, era re e signore di ogni creatura, in effetto della unione ipostatica della sua natura umana col Verbo. II principale argomento su cui si basa la dignità regale di Maria, è senza dubbio la sua divina maternità. S. Giovanni Damasceno scriveva: « Nel momento in cui divenne Madre del Creatore. Ella divenne pure sovrana di tutta la creazione » [De fide de cattol. L. IV, c. 14]. In più. Maria è stata chiamata da Dio stesso a sostenere una parte importante nella economia della salvezza: Ella doveva collaborare col suo Figlio divino, fonte della nostra salvezza, così come Eva aveva collaborato con Adamo, causa della nostra morte; e come Cristo, nuovo Adamo, è nostro Re, non soltanto perché Figlio di Dio, ma anche per diritto di conquista, perché è nostro Redentore, si può dire che, per una certa analogia, anche la Santa Vergine è Regina, non soltanto perché Madre di Dio, ma anche perché, novella Eva, fu associata al nuovo Adamo nell’opera della nostra redenzione. – Nel regno messianico, soltanto Gesù Cristo è RE nel significato esatto del termine; però l’autorità del re non è affatto sminuita quando, al suo fianco, vi è una autentica Regina. Anzi, tale presenza nobilita la grandezza della sovranità, la rende più amabile, la arricchisce di una confidente intima. È in questo senso che Maria è Regina: non per comandare in vece del Cristo, né per consigliarlo, ma per esercitare sul suo cuore, in favore dei suoi fedeli, soprattutto dei più deboli, l’influenza decisiva di una potente preghiera. È a questa Regina che il Cristo affiderà l’elargizione dei suoi favori; in questo regno, il Cristo dona ogni grazia con amore e delicatezza: ecco perché l’affida a Maria. « È con cuore materno – diceva Pio IX – che ella si preoccupa del genere umano in relazione alla nostra salvezza; voluta dal Signore come Regina del Cielo e della Terra, Maria ottiene udienza per la potenza della sua preghiera materna, si vede concesso tutto quanto chiede, non ha mai ricevuto nessun rifiuto » (Bolla “Ineffabilis”). A sua volta. Pio XII, nell’Enciclica “Coeli Reginam”, diceva così: « Essendoci poi fatta la convinzione, dopo mature, ponderate riflessioni, che ne verranno grandi vantaggi alla Chiesa, se questa verità solidamente dimostrata risplenda davanti a tutti… con la Nostra Autorità Apostolica decretiamo e istituiamo la festa di Maria Regina, da celebrarsi ogni anno in tutto il mondo il giorno 31 maggio. – Ordiniamo ugualmente, che in detto giorno sia rinnovata la Consacrazione del genere umano al Cuore Immacolato della Beatissima Vergine Maria. In questo gesto, infatti, è riposta grande speranza che possa sorgere una nùova era, allietata dalla pace cristiana e dal trionfo della religione ». Uniamo noi pure i nostri sentimenti a quelli del Papa, Angelico, e recitiamo la preghiera che Egli compose e recitò il 1 Novembre 1954, dopo aver coronata la Vergine «Salus populi romani». –

PREGHIERA A MARIA REGINA Di SS. PIO XII

« Dal profondo di questa terra di lacrime, ove la umanità dolorante penosamente si trascina; tra i flutti di questo nostro mare perennemente agitato dai venti delle passioni; eleviamo gli occhi a voi, o Maria, Madre amatissima, per riconfortarci contemplando la vostra gloria e per salutarvi Regina e Signora dei cieli e della terra, Regina e Signora nostra. » Questa vostra regalità vogliamo esaltare con legittimo orgoglio di figli e riconoscerla come dovuta alla somma eccellenza di tutto il vostro essere, o dolcissima e vera Madre di Colui, che è Re per diritto proprio, per eredità, per conquista. » Regnate, o Madre e Signora, mostrandoci il cammino della santità, dirigendoci ed assistendoci, affinché non ce ne allontaniamo giammai. » Come nell’alto del cielo Voi esercitate il vostro primato sopra le schiere degli Angeli che vi acclamano loro sovrana; sopra le legioni dei Santi che si dilettano nella contemplazione della vostra fulgida bellezza; così regnate sopra l’intero genere umano, soprattutto aprendo i sentieri della fede a quanti ancora non conoscono il vostro Figlio. » Regnate sulla Chiesa che professa e festeggia il vostro soave dominio e a voi ricorre come a sicuro rifugio in mezzo alle calamità dei nostri tempi. Ma specialmente regnate su quella porzione della Chiesa, che è perseguitata ed oppressa, dandole la fortezza per sopportare le avversità, la costanza per non piegarsi sotto le ingiuste pressioni, la luce per non cadere nelle insidie nemiche, la fermezza per resistere agli attacchi palesi, e in ogni momento la incrollabile fedeltà al vostro Regno. » – Regnate sulle intelligenze, affinché cerchino soltanto il vero; sulle volontà, affinché seguano solamente il bene; sui cuori, affinché amino unicamente ciò che voi stessa amate. » Regnate sugli individui e sulle famiglie, come sulle società e sulle nazioni; sulle assemblee dei potenti, sui consigli dei savi, come sulle semplici aspirazioni degli umili. » Regnate nelle vie e nelle piazze, nelle città e nei villaggi, nelle valli e nei monti, nell’aria, nella terra e nel mare. » Accogliete la pia preghiera di quanti sanno che il Vostro è regno di misericordia, ove ogni supplica trova ascolto, ogni dolore conforto, ogni sventura sollievo, ogni infermità salute e dove, quasi al cenno delle vostre soavissime mani, dalla stessa morte risorge sorridente la vita. » Otteneteci che coloro, i quali ora in tutte le parti del mondo vi acclamano e vi riconoscono Regina e Signora, possano un giorno nel cielo fruire della pienezza del vostro Regno, nella visione del vostro Figlio, il quale col Padre e con lo Spirito Santo vive e regna nei secoli dei secoli. Così sia! » [Atti e Discorsi di S. S. Pio XII, vol. XVI, pag. 367-68. Ed. Paoline. Roma].

 

 

IL GIURAMENTO ANTIMODERNISTA

Il giuramento antimodernista fu introdotto da papa Pio X con il motu proprio Sacrorum Antistitum il 1 settembre 1910. – Il giuramento obbligava i modernisti, come spiega Civiltà Cattolica [quando ancora era un giornale cattolico], a riconoscere “l’errore e convertirsi, o almeno, di gettare la maschera e scoprirsi {…} riconducendoli ad una sincera adesione e ad una professione schietta delle dottrine della fede”. Il Santo Padre aveva compreso molto bene che l’attacco alla Chiesa veniva soprattutto dalla quinta colonna dei modernisti infiltrati che con astuzia ed inganno, andavano occupando le “poltrone” più ambite e le “leve di comando” della gerarchia e delle istituzioni della Chiesa Cattolica. Con questo giuramento egli voleva mettere quantomeno un argine al diluvio di empietà che montava nei sacri palazzi e che sarebbe sfociato incontenibile nel “conciliabolo roncallo-montiniano”. Come sappiamo, poi, la cosa fu gestita da autorità deboli ed ondeggianti nella fermezza del loro operato, così ché addirittura il giuramento fu una prima volta eliminato, poi ripristinato da Pio XII e naturalmente, in pieno marasma conciliare e post conciliare, venne definitivamente abolito da sua satanità, il marrano omosessuale antipapa ultramodernista, pontefice degli Illuminati, la “ruspa” demolitrice delle fondamenta della Chiesa, da colui che intronizzò il suo mandante: satana, in Vaticano nella Cappella Palatina il 29 giugno del 1963 con una doppia messa nera. Questo documento però non è semplicemente un reperto di antiquariato storico, bensì un’appendice al Credo di S. Atanasio, per cui il “vero” cattolico dovrebbe recitarlo insieme al “simbolo” per comprendere bene i confini della fede cattolica, l’unica che appartiene alla Chiesa di Cristo, l’unica fede che da salvezza eterna; quindi oltre che un documento da studiare e meditare con grande attenzione, esso deve essere recitato come una preghiera in appendice al “Simbolo atanasiano”, anzi come integrazione in chiave antimodernista dello stesso, sperando così di dare un piccolo ma significativo contributo alla eradicazione del modernismo oggi in doppia versione: 1) a marcia rapida [il Novus ordo mondialista], ed 2) a “marcia apparentemente ridotta” e doppiamente ingannevole dei movimenti “tradizionalisti”, puntello oramai irrinunciabile del primo, del quale critica tanti aspetti evidenti [giusto per dare un pò di fumo negli occhi di fedeli deboli ed ignoranti della dottrina cattolica], ma in realtà poi sempre pronto a sostenerli con arguzie ed artifici pseudo-teologici [si pensi solo di passaggio alla buffa ed antitomistica Tesi del domenicano, falso vescovo francese della linea dello psico instabile Thuc, o alle eresie di Fenney e sedevacantisti vari, di ridicoli monasteri, di fittizi istituti e di cani sciolti in libero scorrazzamento]. Con tali intenzioni, proponiamo ai fedeli “veri” cattolici in unione con Papa Gregorio XVIII [Papa ben noto e visibile alla Gerarchia Cattolica, e attraverso questa fatto conoscere per fede ai pochi residui “veri” cattolici, ma per ovvi motivi di sicurezza non noto al mondo profano, pagano, ateo, massonico, finto-tradizionalista, mondialista novus-ordista, ai servizi segreti ed ai curiosi sfaccendati attuali. Appena il mondo tornerà nella pace e la persecuzione della Chiesa di Cristo sarà finita, magari dopo i tre giorni di buio profetizzati da tante voci in tempi e luoghi diversi, tutti concordanti e rigorosamente approvati dalla Chiesa, allora anche i curiosi beffardi ed i dilettanti del gioco “i piccoli teologi” [se ce ne saranno ancora!!!], potranno essere accontentati. Per il momento leggiamo [in italiano] e preghiamo [in latino].

GIURAMENTO ANTIMODERNISTA

Io N. N. fermamente accetto e credo in tutte e in ciascuna delle verità definite, affermate e dichiarate dal magistero infallibile della Chiesa, soprattutto quei principi dottrinali che contraddicono direttamente gli errori del tempo presente. – Primo: credo che Dio, principio e fine di tutte le cose, possa essere conosciuto con certezza e possa anche essere dimostrato con i lumi della ragione naturale nelle opere da Lui compiute (cf Rm I,20), cioè nelle creature visibili, come causa dai suoi effetti. – Secondo: ammetto e riconosco le prove esteriori della rivelazione, cioè gli interventi divini, e soprattutto i miracoli e le profezie, come segni certissimi dell’origine soprannaturale della religione cristiana, e li ritengo perfettamente adatti a tutti gli uomini di tutti i tempi, compreso quello in cui viviamo. – Terzo: con la stessa fede incrollabile credo che la Chiesa, custode e maestra del verbo rivelato, è stata istituita immediatamente e direttamente da Cristo stesso vero e storico mentre viveva fra noi, e che è stata edificata su Pietro, capo della gerarchia ecclesiastica, e sui suoi successori attraverso i secoli. – Quarto: accolgo sinceramente la dottrina della fede trasmessa a noi dagli Apostoli tramite i Padri ortodossi, sempre con lo stesso senso e uguale contenuto, e respingo del tutto la fantasiosa eresia dell’evoluzione dei dogmi da un significato all’altro, diverso da quello che prima la Chiesa professava; condanno similmente ogni errore che pretende sostituire il deposito divino, affidato da Cristo alla Chiesa perché lo custodisse fedelmente, con una ipotesi filosofica o una creazione della coscienza che si è andata lentamente formando mediante sforzi umani e continua a perfezionarsi con un progresso indefinito. – Quinto: sono assolutamente convinto e sinceramente dichiaro che la fede non è un cieco sentimento religioso che emerge dall’oscurità del subcosciente per impulso del cuore e inclinazione della volontà moralmente educata, ma un vero assenso dell’intelletto a una verità ricevuta dal di fuori con la predicazione, per il quale, fiduciosi nella sua autorità supremamente verace, noi crediamo tutto quello che il Dio personale, Creatore e Signore nostro, ha detto, attestato e rivelato. – Mi sottometto anche con il dovuto rispetto e di tutto cuore aderisco a tutte le condanne, dichiarazioni e prescrizioni dell’enciclica Pascendi e del decreto Lamentabili, particolarmente circa la cosiddetta storia dei dogmi. Riprovo altresì l’errore di chi sostiene che la fede proposta dalla Chiesa può essere contraria alla storia, e che i dogmi cattolici, nel senso che oggi viene loro attribuito, sono inconciliabili con le reali origini della religione cristiana. – Disapprovo pure e respingo l’opinione di chi pensa che l’uomo cristiano più istruito si riveste della doppia personalità del credente e dello storico, come se allo storico fosse lecito difendere tesi che contraddicono alla fede del credente o fissare delle premesse dalle quali si conclude che i dogmi sono falsi o dubbi, purché non siano positivamente negati. – Condanno parimenti quel sistema di giudicare e di interpretare la Sacra Scrittura che, disdegnando la tradizione della Chiesa, l’analogia della fede e le norme della Sede apostolica, ricorre al metodo dei razionalisti e con non minore disinvoltura che audacia applica la critica testuale come regola unica e suprema. – Rifiuto inoltre la sentenza di chi ritiene che l’insegnamento di discipline storico-teologiche o chi ne tratta per iscritto deve inizialmente prescindere da ogni idea preconcetta sia sull’origine soprannaturale della tradizione cattolica sia dell’aiuto promesso da Dio per la perenne salvaguardia delle singole verità rivelate, e poi interpretare i testi patristici solo su basi scientifiche, estromettendo ogni autorità religiosa e con la stessa autonomia critica ammessa per l’esame di qualsiasi altro documento profano. – Mi dichiaro infine del tutto estraneo ad ogni errore dei modernisti, secondo cui nella sacra tradizione non c’è niente di divino o peggio ancora lo ammettono ma in senso panteistico, riducendolo ad un evento puro e semplice analogo a quelli ricorrenti nella storia, per cui gli uomini con il proprio impegno, l’abilità e l’ingegno prolungano nelle età posteriori la scuola inaugurata da Cristo e dagli Apostoli. – Mantengo pertanto e fino all’ultimo respiro manterrò la fede dei padri nel carisma certo della verità, che è stato, è e sempre sarà nella successione dell’episcopato agli Apostoli, non perché si assuma quel che sembra migliore e più consono alla cultura propria e particolare di ogni epoca, ma perché la verità assoluta e immutabile predicata in principio dagli Apostoli non sia mai creduta in modo diverso né in altro modo intesa. – Mi impegno ad osservare tutto questo fedelmente, integralmente e sinceramente e di custodirlo inviolabilmente senza mai discostarmene né nell’insegnamento né in nessun genere di discorsi o di scritti. Così prometto, così giuro, così mi aiutino Dio e questi santi Vangeli di Dio.

 CREDO ANTIMODERNISTA APPENDICE DEL SYMBOLUS  “Quicumque”.

« Ego… N. N. firmiter amplector ac recipio omnia et singula, quæ ab inerranti Ecclesiæ magisterio definita, adserta ac declarata sunt, præsertim ea doc­trinae capita, quae huius temporis er­roribus directo adversantur. – Ac primum quidem Deum, rerum omnium principium et finem, natu­rali rationis lumine per ea quæ facta sunt, hoc est per visibilia creationis opera, tamquam causam per effectus, certo cognosci, adeoque demonstrari etiam posse, profiteor. – Secundo, externa revelationis argu­menta, hoc est facta divina, in primi­sque miracula et prophetias admitto et agnosco tamquam signa certissima divinitus ortæ christianæ Religionis, eademque teneo ætatum omnium atque hominum, etiam huius tempo­ris, intelligentiae esse maxime ac­commodata. – Tertio: Firma pariter fide credo, Ec­clesiam, verbi revelati custodem et magistram, per ipsum verum atque historicum Christum, quum apud nos degeret, proxime ac directo in­stitutam, eandemque super Petrum, apostolicæ hierarchiæ principem eiusque in ævum successores ædifi­catam. – Quarto: Fidei doctrinam ab Apostolis per orthodoxos Patres eodem sensu eademque semper sententia ad nos usque transmissam, sincere recipio; ideoque prorsus reiicio hæreticum commentum evolutionis dogmatum, ab uno in alium sensum transeuntium, diversum ab eo, quem prius habuit Ecclesia; pariterque damno errorem omnem, quo, divino deposito, Christi Sponsæ tradito ab Eâque fideliter cu­stodiendo, sufficitur philosophicum inventum, vel creatio humanæ con­scientiæ, hominum conatu sensim efformatæ et in posterum indefinito progressu perficiendæ. – Quinto: certissime teneo ac sincere profiteor, Fidem non esse coecum sensum religionis e latebris sub con­scientiæ erumpentem, sub pressione cordis et inflexionis voluntatis mora­liter informatæ, sed verum assensum intellectus veritati extrinsecus accep­tæ ex auditu, quo nempe, quæ a Deo personali, creatore ac domino nostro dicta, testata et revelata sunt, vera esse credimus, propter Dei auctorita­tem summe veracis. Me etiam, qua par est, reverentia, subiicio totoque animo adhæreo damnationibus, declarationibus, præscriptis omnibus, quae in Encyclicis litteris «Pascendi» et in Decreto «La­mentabili» continentur, praesertim circa eam quam historiam dogmatum vocant. – Idem reprobo errorem affirman­dum, propositam ab Ecclesia fidem posse historiæ repugnare, et catho­lica dogmata, quo sensu nunc intel­liguntur, cum verioribus christianæ religionis originibus componi non posse. – Damno quoque acreiicio eorum sententiam, qui dicunt, christianum hominem eruditiorem induere perso­nam duplicem, aliam credentis, aliam historici, quasi Iiceret historico ea retinere quæ credentis fidei contra­dicant, aut præmissas adstruere, ex quibus consequatur dogmata esse aut falsa aut dubia, modo hæc directo non denegentur. – Reprobo pariter eam Scripturæ Sanctæ diiudicandæ atque inter­pretandæ rationem, quæ, Ecclesiæ traditione, analogia Fidei, et Apo­stolicæ Sedis normis posthabitis, rationalistarum commentis inhæret, et criticen textus velut unicam supremamque regulam, haud minus licen­ter quam temere amplectitur. – Sententiam preterea illorum reiicio qui tenent, dottori disciplinæ histo­ricæ theologicæ tradendæ, aut iis de rebus scribenti seponendam prius. – Hæc omnia spondeo me fideliter, integre sincereque servaturum et in­violabiliter custoditurum, nusquam ab iis sive in docendo sive quomodo­libet verbis scriptisque deflectendo. Sic spondeo, sic iuro, sic me Deus etc.».

 

 

DOVERI DEL CRISTIANO INFERMO

Doveri del cristiano infermo.

[da: Il Giardino spirituale – tip. Pesole, Napoli 1903, imprim.]

Tosto che sarete caduto ammalato guardatevi bene dall’affliggervi troppo, e di mormorare contro Dio. AttestateGli piuttosto la gioia pel vostro cuore nell’occasione che vi presenta di soffrire qualche cosa per amor suo. Dite alla vostra malattia quel che s. Andrea disse alla Croce quando la vide da lontano: “Siate la benvenuta, o Croce preziosa, cara malattia, perché voi venite da parte di Dio, e mi siete mandata per mio profitto. Mio Dio, io adoro gli ordini della vostra Provvidenza; io li ho sì malamente eseguiti, quando era in salute; fate o Signore, ve ne supplico, che almeno io li soffra con pazienza, mentre che sarò ammalato. Io lo sarò, mio Dio, quanto tempo a Voi piacerà e sono contentissimo di esserlo, perché è vostra volontà ch’io lo sia. – Accetto da questo momento tutti i dolori che Voi volete che io soffra, e li unisco ai tormenti che il vostro caro Figlio soffrì per l’amor mio. Abbraccio, o mio Gesù, questa croce che Voi mi avete posto sulle spalle. Io la voglio portare appresso a Voi, e morirvi, se lo volete, per vostro amore. A quest’effetto io rifiuto tutte le impazienze e tutt’i cordogli che forse mi cagionerà la violenza del male o la mia propria debolezza. Ma perché, senza la vostra grazia io non posso né agire, né soffrire, come bisogna, ve la domando umilmente, affinché io possa perfettamente adempire la vostra divina volontà. Così sia”.

Se il male che soffrite non vi perdette di recitare questa Orazione, fatevela dire da qualcheduno, e se non potete profferirla colla bocca, ditela almeno col cuore.

Durante la malattia.

Mentre sarete malato, procurerete d’osservare le regole seguenti:

I. Non aspettate di essere avvertito a confessarvi. Voi stesso lo domanderete fin dal primo o al più dal secondo giorno della vostra malattia, particolarmente se la febbre continua.

II. Dopo esservi confessato, chiederete che vi si arrechi il Santissimo Sacramento.

III. Se siete in pericolo evidente di morte, e che i medici lo credono a proposito, domandate che vi si dia l’estrema Unzione senza attendere gli ultimi momenti di vostra vita.

IV. Le virtù proprie e particolari degl’infermi essendo la pazienza e la rassegnazione alla divina volontà, le domanderete a Dio, e ne praticherete gli atti con più perfezione che vi sarà possibile.

V. Le preghiere che farete, durante la vostra malattia, debbono esser brevi, ma frequenti. Alzerete dunque di tempo in tempo gli occhi al cielo ovvero li fisserete su qualche devota immagine del Crocifisso, che farete attaccare prossimo al vostro letto. E farete con tutto il vostre cuore tali o consimili affetti: “Mio Gesù, siate benedetto; sia fatta la vostra santa volontà”. “Mio Dio, io adoro la vostra provvidenza, mio Salvatore datemi la pazienza”. “Gesù mio Redentore, io vi offro i miei dolori in soddisfazione dei miei peccati; unisco il male che soffro ai mali ed alla morte che Voi avete sofferta per amor mio”. “Io v’offro la mia vita. Sono contento di perderla per ubbidirvi”. “Vi raccomando l’anima mia: essa è vostra, Voi l’avete creata dal niente, e voi l’avete redenta alla vostra morte”. “Se volete che io guarisca, sia fatto il vostro divin volere. Se poi volete che io muoia, sia lodato il vostro santo Nome, io lo voglie pure“.

Dirigetevi ancora alla santissima Vergine ed a S. Giuseppe. Pregateli di assistervi. Pregate pure il vostro buon Angelo Custode, i vostri santi protettori e singolarmente quello del quale portate il nome, a cui siete obbligato di avere una particolare devozione. – Se guarite dalla vostra malattia, subito che potrete uscite di vostra casa, farete la prima visita alla chiesa, per ringraziare nostro Signore della sanità che si è compiaciuto di ridonarvi, e per supplicarLo di farvi la grazia di servirvene per l’avvenire meglio di quello che non avete fatto per il passato. Dopo di che, al più presto possibile, vi confesserete, e comunicherete in rendimento di grazie.

Raccomandatevi al vostro Angelo Custode; pregatelo che vi assista nelle tentazioni, e principalmente nel punto della morte.

Angelis suis Deus mandavit de te, ut custodìant te in omnibus viis tuis (Ps. XC). Iddio ha ordinato ai suoi Angeli di custodirvi in tutto il tempo della vostra vita.

In quovis diversorio, in quovis angulo, Angelo tuo reverentiam habe (s. BERN.) In qualunque luogo vi troviate, ricordatevi del rispetto che dovete al vostro Angelo custode.

IN ONORE DEL SS. CUORE DI MARIA, E DEL SUO PATROCINIO

IN ONORE DEL SS. CUORE DI MARIA, E DEL SUO PATROCINIO

Deus in adjutorium, etc. Gloria Patri, etc.

I. O Madre di misericordia, ed Avvocata pietosa dei peccatori, Maria, io ricorro al vostro potentissimo Patrocinio; e per lo zelo che ha sempre avuto il vostro Cuore amantissimo per la conversione dei peccatori; ottenetemi, vi prego, dal vostro divin Figliuolo la perfetta conversione del cuore, il perdono dei tanti miei peccati, ed un continuo dolore di averli commessi. Ave Maria,

II. O Dolcezza dei nostri cuori, e Cagione di nostra allegrezza, Maria, io mi metto sotto il vostro potentissimo Patrocinio; e per quella sollecitudine che il vostro amabilissimo Cuore ha sempre avuto per la salute e vantaggio delle anime nostre; ottenetemi grazia onde io fugga sempre le occasioni del peccato, e mi tenga lontano dai tanti scandali che vi sono nel mondo. Ave Maria,

III. O Rifugio dei tribolati, e Speranza sicura dei supplichevoli, Maria, io imploro il vostro potentissimo Patrocinio; e per quella protezione che il vostro pietosissimo Cuore ha sempre mostrata a quelli che ricorrono a Voi, vi prego di ottenermi forza per superare e vincere le mie passioni, e tenere a freno la concupiscenza della mia carne ribelle. Ave Maria, etc.

IV. O Aiuto dei Cristiani, e Protettrice amorosa di chi a Voi ricorre, Maria, io imploro il vostro potentissimo Patrocinio; e per quella cura che il vostro Cuore dolcissimo ha sempre avuto per quelli che sono stati lavati nelle acque del S. Battesimo, e professano la fede di Gesù Cristo vostro Figliuolo, vi prego a volermi difendere da tutte le astuzie ed insidie del demonio non solamente nel corso tutto della mia vita, ma ancora e malto più nell’ora della mia morte. Ave Maria,

V. O Vita delle anime nostre, e Aiuto potente dei miserabili, Maria, io mi metto sotto il manto del vostro potentissimo Patrocinio; e per quell’impegno che il vostro ardentissimo Cuore ha sempre mostrato in difesa dei vostri devoti, vi prego di ottenermi la mortificazione perfetta delle potenze dell’anima mia, e dei sensi del mio corpo. Ave Maria,

VI. O Consolazione degli afflitti, o Rifugio universale dei bisognosi, Maria, io mi metto sotto il vostro potentissimo Patrocinio; e per quella pienezza di grazie che Dio ha comunicata al vostro dolcissimo Cuore a nostro vantaggio, custodite, vi prego, la mia mente, il mio cuore e il corpo mio, ed ottenetemi la vera umiltà di cuore, la perfetta purità di anima e di corpo, e la costante perseveranza in queste sì necessarie e a voi si care virtù. Ave Maria,

VII. O Speranza delle Anime nostre, e Fonte perenne di tutte le grazie, Maria, io metto tutto me stesso sotto il vostro potentissimo Patrocinio; e per quella potenza che Iddio ha dato al vostro amantissimo Cuore, affinché possiate fare a noi tanto bene,, quanto amate farcene, abbiate voi cura della vita e della morte mia , ed ottenetemi il puro e perfetto amore del vostro Figliuolo divino, 1’adempimento perfetto della sua santissima volontà, l’imitazione perfetta delle sue divine virtù, la santa perseveranza finale, e l’eterna gloria del Paradiso. Ave Maria, etc.

ANTIFONA. Sub tuum praesidium confugimus Santa Dei Genitrix; nostras deprecationes ne despicias in necessitatibus nostris, sed a periculis cunctis libera nos semper, Virgo gloriosa et benedicta.

V. Ora prò nobis, sancta Dei Genitrix.

R. Ut digni efficiamur promissionibus Christi.

Concede quæsumus, omnipotens Deus, ut fideles tui, qui sub Sanctissimo Virginis Mariæ Nomine et Protectione lætantur; eius pia intercessione et a cunctis malis liberentur in terris et ad gaudia æterna pervenire mereamur in Coelis. Per Christum Dominum nostrum. Amen.