VIVA CRISTO RE (10)

Viva cristo re (10)

TOTH TIHAMER:

Gregor. Ed. in Padova, 1954

Imprim. Jannes Jeremich, Ep. Beris

CAPITOLO XI

CRISTO, RE DELLA GIOVENTÙ

Cristo è anche Re dei giovani. Ma come possiamo stabilire e consolidare nell’anima dei nostri giovani il regno di Cristo? Non c’è dubbio che le lezioni di religione a scuola possano essere un modo eccellente per educare i giovani in questo senso. Ma, non dimentichiamolo, la responsabilità principale è dei genitori. I genitori che si preoccupano dello sviluppo spirituale dei loro figli non possono dare un consiglio migliore di questo: educare con Cristo! Non solo con promesse e minacce; non solo con ricompense e punizioni, ma soprattutto con Cristo, con l’amore di Cristo. Al  bambino che, all’età di tre o quattro anni, ha imparato ad amare ferventemente Cristo; al bambino che all’età di sette anni ha ricevuto il Corpo sacramentale del Signore e che continua a ricevere frequentemente la comunione: questo bambino non dovrà essere rimproverato molte volte, né picchiato, né gli dovranno essere promessi piccoli regali; sarà sufficiente che sua madre gli dica: Figlio mio, Gesù vuole questo da te, Gesù non vuole che tu faccia questo altro… – Felice il bambino a cui la madre parla, come parlava Bianca a suo figlio San Luigi, re di Francia: “Figlio mio, preferirei vederti morto piuttosto che commettere un peccato mortale”! Queste parole gli fecero una tale impressione che le avrebbe ricordate per tutta la vita, con grande beneficio per la sua anima. – Felice il giovane a cui il padre dice ciò che il vecchio TOBIA diceva al figlio: “Ascolta, figlio mio, le parole della mia bocca e ponile nel tuo cuore come fondamento…. per tutti i giorni della sua vita… ; e guardati bene dall’abbandonarti al peccato o dall’infrangere i comandamenti del Signore nostro Dio. Fa’ l’elemosina di quello che hai…; sii caritatevole secondo i tuoi mezzi. Se hai molto, dai con liberalità; se hai poco, cerca di dare in buona misura anche di quel poco che hai…. Guardati da ogni fornicazione….. Non permettete mai che l’orgoglio regni nel tuo cuore o nelle tue parole…. Loda il Signore in ogni momento, e chiedigli che diriga i tuoi passi e che tutte le tue decisioni siano fondate su di Lui…” (Tobia IV).   – Sì, Nostro Signore Gesù Cristo è il miglior educatore, perché è Colui che conosce meglio il cuore umano, perché ci predica per mezzo del suo esempio e ci dà la forza di fare il bene! Da questo dipende il risultato dell’istruzione. Perché si possono scrivere libri eccellenti sulla morale e sui suoi valori, mostrando quanto siano belli e necessari; ma per viverli… occorre qualcosa di più di un bel trattato, occorre la forza soprannaturale della grazia. – Da circa vent’anni mi dedico alla gioventù. Quante volte ho visto gli inciampi dei giovani cresciuti senza religione! Quanti dei loro sforzi sono stati infruttuosi! Ma quando finalmente hanno incontrato Cristo, si sono aggrappati a Lui: è questo che li ha salvati! Sì, devo dirlo in modo inequivocabile: chi educa senza usare la preghiera, chi educa senza fare uso della Confessione, chi educa senza fare uso della Comunione, chi educa senza Cristo, alla fine non sarà altro che un inutile pasticcione. Padri, non mettetevi tra Cristo e la giovane anima! Non siate spaventati se vostro figlio o vostra figlia si confessi e faccia la Comunione frequentemente; non dite che sono troppo buoni, che sono esagerati… – Se Cristo è così prezioso per le giovani anime, se è lo splendore dei loro occhi, la loro forza, la loro bellezza, la loro resistenza nei momenti di tentazione, allora dobbiamo fare appello a tutti, genitori ed educatori, insegnanti e giudici, intellettuali e politici, a tutti coloro che hanno voce e voto nell’influenzare l’opinione pubblica, di non permettere che Cristo venga rimosso dalle scuole, di non lasciare che Cristo sia estromesso lontano dalle famiglie. – Chi può cacciarlo via, chi è in grado di defraudarlo? Egli viene eliminato dai genitori che non pregano, dai genitori che, davanti ai giovani parlano senza misurare il peso delle loro parole, delle bestemmie o delle conversazioni licenziose; i genitori che affidano l’educazione dei loro figli a chiunque, senza preoccuparsi se siano veramente cattolici… – “I bambini di oggi non obbediscono ai genitori”, si sente dire. spesso. Ma i genitori obbediscono a Dio? Che cos’è l’autorità dei genitori? Che cos’è l’autorità parentale? È un riflesso dell’autorità di Dio. Può il bambino osservare il quarto comandamento se i genitori non ne osservano i dieci? I giovani non sono sciocchi, guardano più all’esempio che alle parole. Essi osservano costantemente i loro genitori! Essi Sono ben consapevoli che i loro genitori non vanno in Chiesa o che loro non siano mai andati in Chiesa, che non si confessano da anni. L’indifferenza religiosa dei genitori si trasmette facilmente ai figli. Genitori! Non permettete che i vostri figli si allontanino da Cristo a causa vostra. Essi vengono defraudati dagli amici, dalle letture, dai film, dalla pubblicità… È terribile vedere come i vostri figli vengano derubati di Cristo. È terribile vedere come le immagini oscene e pornografiche invadano tutto e rovinino la pulizia dell’anima dei giovani…. La legge difende gli alberi in strada, la legge difende le panchine pubbliche, i lampioni stradali, i marciapiedi, i resti archeologici; ma non ci sono leggi che difendano la purezza della giovane anima. Le più grandi immoralità possono essere mostrate nei cinema; e le autorità si astengono dal vietarlo. Eppure, se chiediamo la prigione per il traditore che consegna al nemico una fortezza, dobbiamo chiederla anche per coloro che corrompono astutamente le anime dei giovani. – Che peccato vedere come gli sforzi educativi di anni vengano rovinati da una lettura oscena o da un film immorale! Finché permetteremo, senza dire una parola, che la nostra gioventù venga moralmente degradata, tutte le riforme educative saranno vane. Finché permettiamo ai mercanti di immoralità senza cuore che trafficano con la purezza dei giovani, noi dei giovani, possiamo fare poco. Ricordiamo che Dio mise un Angelo alla porta del Paradiso e gli mise in mano una spada fiammeggiante. “Che nessuno entri qui” – gli disse. L’anima di un figlio è questo Paradiso. Dio ha posto il padre alla porta della sua anima. “Prendi in mano una spada fiammeggiante – gli ha detto – e non far entrare ciò che non deve entrare”. Padri! Educate i vostri figli alla virtù. Sviluppate in loro ogni desiderio per il bello ed il nobile. Educateli ad essere amanti della verità, fedeli alle loro promesse; in una parola… che siano uomini. – Abbiamo bisogno di una gioventù che non cerchi la propria soddisfazione negli istinti, ma in nobili e grandi imprese, in alti ideali. – Una gioventù volitiva e laboriosa. Una gioventù pronta a difendere la propria integrità morale, ad evitare ogni sozzura. Una gioventù piena di speranza, con una visione chiara e gioiosa, piena di vita … una gioventù che abbia Cristo come Re!

VIVA CRISTO RE (11)

VIVA CRISTO-RE (9)

CRISTO-RE (9)

TOTH TIHAMER:

Gregor. Ed. in Padova, 1954

Imprim. Jannes Jeremich, Ep. Beris

CAPITOLO X

CRISTO, RE DEI BAMBINI

Mai come in questi giorni si è parlato tanto di diritti dei bambini, di protezione dei bambini, di massima attenzione alla loro salute… Tutto questo è molto prezioso. Tuttavia, spesso sembriamo dimenticare ciò che è più importante.  Ci concentriamo soprattutto sulla salute fisica del bambino, sulla sua cura materiale: alimentazione, stimolazione, igiene, istruzione… Ma questo da solo non basta, perché il bambino, oltre al corpo, ha anche un’anima, uno spirito, ed è chiamato ad essere figlio di Dio. E quanto poco si parla della cura dell’anima dei bambini! Ed è soprattutto ai genitori che Dio ha affidato questo compito, di cui un giorno dovranno rendere conto. Nostro Signore Gesù Cristo ama molto i bambini: « Lasciate che i bambini piccoli vengano a me » (Mt XIX,14; Mc X,14). Egli li ama in modo speciale: « Chi accoglie un solo bambino nel mio nome, accoglie me » (Mt XVIII,5; Mc IX,14). (Mt XVIII, 5; Mc IX, 36; Lc IX, 48). È Lui che promulga la prima legge in difesa del bambino: « Chi scandalizza un bambino, sarebbe meglio per lui se gli fosse appesa al collo una macina da mulino e fosse gettato in mare »(Mt XVIII,6; Mc IX, 41). Anzi, li prende a modello e chiede ai suoi Apostoli di fare come loro (Mt XVIII, 3; Lc IX, 48). Voleva stare con i bambini (Mt XIX,13) e li ha benedetti. Quando entrò a Gerusalemme, i bambini lo precedettero cantando Osanna. Anche durante la Passione, quando portava la croce, si preoccupava dei bambini: « Piangete per voi stesse e per i vostri figli » (Lc XXII,28). – I genitori devono considerare i loro figli non come un bene, come qualcosa che appartenga a loro, come un mero mezzo per soddisfare il loro istinto di maternità o paternità, ma prima di tutto come creature di Dio, come figli di Dio, chiamati alla vita eterna. Perciò formare la loro anima, coltivare il loro spirito, far conoscere loro Dio è l’obbligo più perentorio, il dovere più onorevole dei genitori.

I.

Se il bambino appartiene più a Dio che ai genitori – e non c’è genitore cristiano che non senta la verità di queste parole – se è vero che Cristo è il Re dei bambini, allora ne deriva una conseguenza importantissima: il santo dovere di educare il bambino non solo per questa vita terrena, ma anche e principalmente per la vita eterna. Eppure, quanti genitori dimenticano questa verità importantissima! Quanti fanno i sacrifici più grandi e non risparmiano sforzi e fatiche per rendere il proprio figlio più sano e in salute, più intelligente e più istruito! Scuola, pianoforte, lingue, corsi di danza, sport…; tutto questo va benissimo, ma il padre dimentica che il suo bambino ha anche un’anima…. Vi siete presi cura anche della sua anima? Non dimenticate che il bambino appartiene a Dio, che un giorno vi chiederà conto del tesoro che vi ha affidato. « A mio figlio viene già insegnata la religione a scuola », si giustifica il padre. Ma non basta: a cosa servono una o due lezioni settimanali di Religione se a casa e per strada, sui social media, il bambino non vede mettere in pratica le belle verità della lezione di Religione, o piuttosto vede esempi completamente opposti a ciò che impara in classe?  « Allora cosa dovrei fare, predicare sempre a lui, farlo pregare sempre? » Certo, dovrete parlargli spesso di Dio, di Nostro Signore Gesù Cristo, della Madonna, dei Santi e cercare di far pregare vostro figlio, ma dovete fare anche qualcos’altro. Cosa? Tre cose: 1° Educare la sua volontà. 2º Non siate ingenui, osservate il loro comportamento e 3º Educateli con l’esempio.

Educare la volontà del bambino. Vale a dire, abituarlo ad obbedire ed a fare il suo dovere. L’Antico Testamento, nella storia di Heli, dà un avvertimento molto serio ai genitori che perdonano tutto, che scusano tutto. « Punirò per sempre la sua casa per la sua iniquità, perché sapeva quanto si comportassero indegnamente i suoi figli e non li correggeva come doveva » (1 Re III: 13). Eppure Heli rimproverò i suoi figli, ma non lo fece con sufficiente severità. Ebbene, cosa direbbe oggi il Signore dell’amore sciocco, dell'”amore pignolo” dei genitori di oggi? Di genitori che adorano un nuovo tipo di idolatria: sul trono siede un piccolo tiranno di quattro o cinque anni, che si arrabbia, che grida, che batte rabbiosamente il terreno con i piedi, e due vassalli maturi, un uomo e una donna, si inchinano impauriti e corrono a soddisfare tutti gli sciocchi capricci dell’amato tiranno, dell’amato idolo.  Educare significa non assecondare troppo il bambino ed abituarlo ad un’obbedienza pronta e indiscussa. Perché all’inizio il bambino non sa che cosa sia l’obbedienza e bisogna insegnargliela.  « Ma se il bambino piange, se ci chiede certe cose? » Beh, lasciatelo piangere, non gli farà male alla salute. I genitori dovrebbero saperlo bene: è meglio che il bambino pianga quando è piccolo, in modo che un giorno, quando sarà più grande, i genitori non dovranno piangere per lui.

Tenere d’occhio il suo comportamento.

Non è necessario stare sempre dietro di lui. È sufficiente che sappiate in ogni momento dove si trova vostro figlio, cosa stia facendo e con chi sia. Non giustificatevi dicendo: « Mio figlio è ancora così ingenuo, così bambino, così innocente ». Vostro figlio ha, come tutti, il peccato originale ed è esposto come tutti ad essere tentato ed a subire cadute. Cosa direbbe San Paolo, l’Apostolo delle genti, a questi genitori? « Se qualcuno non si prende cura dei suoi, soprattutto dei suoi parenti, ha rinunciato alla fede ed è peggiore di un infedele » (1 Tim V, 8). È un peccato vedere che molti genitori hanno tempo per molte cose, tranne che per l’educazione dei figli. Non li interessa e, per questo motivo, non li sorvegliano e non li prevengono da molte occasioni di pericolo per le loro anime.

3° E infine, educare il bambino con l’esempio.

Perché l’esempio trascina. Purtroppo le belle usanze cristiane in casa, che hanno fatto tanto bene, stanno scomparendo. Preghiera mattutina e serale in comune, letture religiose, immagini di santi appese alle pareti, conversazioni su argomenti religiosi… « Se la radice è santa, lo sono anche i rami – dice l’Apostolo » (Rm XI, 15). E se non è santa? Se le anime del padre e della madre sono fredde, congelate, che ne sarà del bambino?

II

Dove può essere la radice del problema dell’educazione dei bambini?  Non è forse che gli standard mondani hanno infettato il santuario stesso delle famiglie cristiane? Non è forse che i figli non sono più visti come una “benedizione”, ma piuttosto come una “maledizione” della famiglia? Se guardiamo indietro nella storia, vediamo che ovunque siano vissuti uomini giusti, il bambino è stato considerato il più grande tesoro della famiglia. Un esempio è il popolo ebraico dell’Antico Testamento. Le donne si consideravano infelici se Dio non dava loro dei figli. La Sacra Scrittura riporta in modo commovente la preghiera di Hannah, madre di Samuele: « O Signore degli eserciti, se vuoi volgere i tuoi occhi a vedere l’afflizione della tua serva… e vuoi dare alla tua serva un figlio maschio, lo consacrerò al Signore per tutti i giorni della sua vita » (I Samuele 1:2). Ricordate Santa Elisabetta, che era profondamente addolorata per la sua mancanza di figli. Ma quale fu la sua gioia alla nascita di San Giovanni Battista: « i suoi vicini e parenti sentirono parlare della grande misericordia che Dio le aveva mostrato e si rallegrarono per lei » (Lc 1, 58). Ripercorrete la storia di Roma e notate i pagani dai sentimenti retti e nobili. Un amico proveniente da Capua fa visita a Cornelia, una delle più nobili dame romane, e lei non smette di disprezzare i propri gioielli. « Ma, cara amica, mostrami anche i tuoi gioielli più belli », le dice infine. Poi Cornelia fa entrare i suoi figli: « Guardate, questi sono i miei gioielli più belli ».  – Il bambino era una parte essenziale della famiglia, tanto che la famiglia non era considerata perfetta senza la benedizione dei figli. Se oggi chiediamo ad un contadino cristiano, non ancora contaminato dalle tendenze moderne: « Hai una famiglia? », risponderà: « Sì, ne ho cinque », riferendosi ai suoi cinque figli, perché, secondo il suo modo di pensare, dove non ci sono figli non c’è famiglia. – E poi, che cos’è il matrimonio senza figli? Uno splendido albero che non dà frutti. Qual è la casa più ricca senza figli? Un sole invernale che non irradia calore. Ma oggi è stato inculcato un pensiero terribile: la paura delle famiglie di avere figli. È davvero pietoso vedere coppie sposate in buona salute, alle quali Dio concederebbe la benedizione di avere figli, eppure non vogliono accettare questo dono, perché per loro il bambino non è altro che un peso. È davvero orribile non accettare la volontà di Dio, non voler accogliere il bambino che il Signore manda loro. Fa rabbrividire pensare che ci siano coppie di fidanzati che si sposano con l’idea di non avere figli, che vogliono essere solo marito e moglie, ma non padre e madre. Ci stupiamo nel vedere che il santuario della famiglia si sia trasformato in un covo di peccato; che la casa rimbombi di puro vuoto; che siano gli stessi genitori ad uccidere i propri figli od a porre ostacoli al loro concepimento; che ci siano madri che non vogliono cullare il loro bambino, ma scavargli la fossa; che il giardino di famiglia non abbia fiori né profumi… Non voglio più parlare di questo peccato, di questo terribile male. Non voglio dilungarmi oltre su questo peccato, su questo male terribile; se solo gli sposi considerassero attentamente che dovranno rendere conto a Dio di questo peccato, di aver abbassato il sacramento del matrimonio a limiti davvero incredibili! Non c’è bisogno di essere molto intelligenti per capire a cosa andrà incontro una nazione quando le famiglie avranno deliberatamente e sistematicamente un solo figlio. Anche se sono due, questo non aumenta la popolazione, perché in questo caso muoiono due anziani e rimangono due giovani. E il numero di coloro che muoiono non sposati per vari motivi non viene compensato. C’è bisogno di nuclei familiari con almeno tre figli, e quante famiglie oggi hanno non più di due figli, o uno solo. O solo uno, e forse nemmeno uno! Questo terrificante modo di pensare è presente ovunque, non solo nelle città, ma anche nelle campagne. Perché se nessuno osa parlare, almeno la Chiesa Cattolica lo fa, per difendere quelle vite innocenti che sono escluse da questo mondo. Se la Chiesa non avesse sempre promosso la vita, non avremmo San Francesco Saverio, il settimo figlio dei suoi genitori. Non avremmo avuto Santa Teresa di Lisieux, la nona figlia della famiglia. Non avremmo avuto Sant’Ignazio di Loyola, che era il tredicesimo figlio. E non avremmo Santa Caterina, la venticinquesima. E si potrebbero citare molti altri casi. I genitori egoisti ci sono sempre stati, ma mai in proporzioni così sconcertanti come oggi. Mai questo peccato è stato diffuso con una propaganda così cinica. Mai con una tale noncuranza e una così raffinata malvagità. Alcuni mi obietteranno: « Tu non conosci la vita reale. Non ci sono posti di lavoro. Le case sono così care, tutto è così caro! Noi due riusciamo a malapena a vivere; cosa faremmo se fossimo in cinque o sei a casa? ». Devo confessare che su alcune cose avete ragione. So quanto costa vivere al giorno d’oggi. E conosco i piccoli appartamenti in cui la gente vive ammassata. So anche quanto costa il cibo e i vestiti. E se fossi un legislatore, ordinerei che il padre di una famiglia numerosa paghi meno tasse e riceva più sussidi, e che nelle offerte di lavoro sia in qualche modo favorito in primo luogo, e vieterei ufficialmente gli annunci in cui « si cerca una coppia senza figli ». Sì, tutto questo lo farei… Ma devo anche aggiungere: nonostante tutto, il mandato è chiaro e categorico. La Chiesa insiste e deve insistere. Il Signore, infatti, non ha promulgato il quinto comandamento in questa forma: « Non ucciderai, se non hai una casa ». Né ha dato il sesto in questo modo: « Non fornicare, se non sei povero ». Nel Decalogo non ci sono condizioni. La forma della legge è assoluta: « Non uccidere! », « Non fornicare! ». « Ma se siamo molto poveri? «E se la donna è malata? ».  E non pensate che il Signore Dio, che manda il bambino, gli darà anche il pane quotidiano? « Che la donna è malata? » E non è meglio che soffrire la morte dell’anima che deriva dal peccato di ribellarsi alla volontà di Dio? E se proprio non è più possibile generare figli, allora c’è questa soluzione: la continenza matrimoniale, almeno nei giorni fertili del ciclo mestruale della donna. È molto difficile? Sì, è così. Ma la Chiesa non può arrendersi. E anche se fosse lasciata sola con la sua opinione nel mondo di oggi, che cammina a testa in giù, continuerebbe a difendere a gran voce la purezza del matrimonio: continuerebbe a proteggere i bambini innocenti non nati, perché Cristo è Re anche dei piccoli. Anche se dovesse perdere molte anime tiepide e inquinate in questo modo, continuerebbe a perorare la buona causa, sapendo di difendere non solo le leggi di Dio, ma anche gli interessi dell’umanità. E siamo onesti: nella maggior parte dei casi, non è nelle famiglie più povere che i bambini fuggono di più. Quali famiglie tendono ad avere più bambini? Proprio le famiglie più modeste, le più povere. Ma dove c’è un solo bambino, o non ce n’è nemmeno uno? Tra i ricchi e i benestanti. Se avessero molti figli, non sarebbero in grado di nutrirli? Oh, e con grande abbondanza! Pane e latte non mancherebbero. Ma molti bambini sarebbero un ostacolo alle loro vacanze, ai loro divertimenti, al loro benessere. Madri, madri, avete pensato al “giorno dell’ira” quando i bambini che non potevano nascere alzeranno le mani per accusarvi? Accusarvi davanti al trono di Dio! Che cosa accadrà se Dio vi porterà via il vostro unico figlio? Che cosa accadrà quando, con gli occhi pieni di lacrime, con l’anima spezzata, tornerete dal cimitero e vi lamenterete contro Dio, perché ha permesso una disgrazia così crudele?

LA GRAN BESTIA E LA SUA CODA (6)

LA GRAN BESTIA E LA SUA CODA (6)

LA GRAN BESTIA SVELATA AI GIOVANI

dal Padre F. MARTINENGO (Prete delle Missioni

SESTA EDIZIONE – TORINO I88O

Tip. E Libr. SALESIANA

XI.

SANTA AMBIZIONE.

Abbiam veduto a che riducesi il mondo: il mondo che ride e schernisce: a una serqua d’arfasatti senza testa né cuore, dei quali l’uom savio non cerca, ma teme anzi l’applauso; e ha ragione. Io amo d’esser tenuto galantuomo; ma non vorrei, per tutto l’oro del mondo, che mel dicesse un ladro. Dunque si può cercare la stima? si può aver dell’ambizione?…. Sì, cari giovani, consolatevi; quest’innato, questo inquieto desiderio che dentro vi fruga, di farvi conoscere, stimare, voler bene, non è altrimenti peccato; anzi vi servirà d’un potentissimo stimolo al bene, d’un mezzo efficacissimo a farvi uomini veri, ove voi sappiate dirizzarlo a buon fine. Curam habe de bono nomine; ci dice lo Spirito Santo. Ora il buon nome (ponete mente) lo danno i buoni, e se lo danno i buoni non può essere che bene, e a loro, non ai tristi, dovete domandarlo. Io lo domando a voi, miei cari giovani, che siete buoni, o almeno avete un gran desiderio di diventarlo; e lo dimando, perché so, che se per mia disgrazia non avessi presso voi nome e stima di galantuomo, d’un uomo che vuole e cerca sinceramente il vostro bene, ben poco potrei farvene. Disistimato, disamato da voi… romperei la penna, straccerei questa carta, e invece di scrivere per voi, come faccio, come ho fatto le volte che, ho potuto in mia vita, come farò finch’io campi; andrei a nascondermi in un bosco, o a seppellirmi in una caverna. Tant’è, l’uomo che non gode buona stima, dicesse anche le cose più belle, e più, sante di questo mondo, non farà buon frutto giammai, anzi il darà talvolta cattivo. Mettetemi in bocca ad uno, che sia in voce di gran bevitore, il panegirico della sobrietà. Che vi diventa egli mai? Uno scherno. – Fissiamoci dunque qui. Voi potete, anzi dovete cercar di piacere; d’essere stimati ed amati: ma da chi? L’abbiam detto: dai buoni. E come dai buoni non si può ottenere stima ed affetto che per la virtù, dovete adoperarvi con ogni sforzo sinceramente virtuosi. –  Ma e chi sono codesti buoni, ai quali devo piacere? Prima di tutto, m’immagino, i vostri cari parenti. Oh sicuramente vostro padre; vostra madre son buoni, è buoni vi desiderano al par di loro; di più, a’ vostri parenti, dopo Dio, dovete l’esistenza: – Ricordati, o giovinetto, dice lo Spirito Santo, che gli è per essi che tu ci sei nato al mondo; e trattali con l’amore ch’eglino hanno trattato te. — Inoltre vostro padre lavora e stenta, chi sa quanto! Per voi ogni fatica gli par leggera pur di mettervi all’onore del mondo. Vostra madre poi, ah! la vostra cara madre che cuore ha per voi! Che pene ha sostenute ed è tuttor pronta a sostenere per amor vostro!.. Eravate bambini, deboli, miserabili, bisognosi di tutto..  senza di lei, del suo amore, delle sue cure, sareste morti mille volte. Le notti d’inverno vi sentiva piangere nel sonno, balzava dal letto, vi levava soavemente dalla cuna, vi racchetava al suo seno. Infermicci, vegliava accanto al letticello le lunghe ore, dimentica di sé, del suo cibo, del suo riposo. Quante volte pianse un amarissimo pianto, e quando, ancor pargoletto, la vostra fragile vita versava in qualche pericolo, e quando, fatto grandicello, incominciavate ad amareggiarle il cuore… Ah maledetto quel figliuolo (dice Iddio) che contrista cd esaspera il cuor di sua madre. E vi esorta ad ogni tratto nei libri della Sapienza: — Figlio, non dimenticare i gemiti di tua madre, — Figlio, ascolta tuo padre che ti ha generato, e tua madre guardati, dal disprezzarla, quando sarà curva per la vecchiaia. — Figlio, compatisci alla vecchiezza dei tuoi genitori, e non contristarli, finché il Signore te li conserva in vita: e se anche s’indebolisce loro il lume dell’intelletto, abbine pietà, e guardati, tu forte e giovane, dall’averli in dispregio. — Figlio, ricordati in fatti e in parole, con ogni pazienza, d’onorare i tuoi parenti, acciocché scenda sul. tuo capo la benedizione del cielo. –  Amarli dunque i genitori e servirli con rispetto e con la santa ambizione, ch’ei possano dir sempre di voi: — che anima buona! che bel cuore! che caro figliuolo!— E l’istessa testimonianza rendano di voi gli altri parenti vostri, fratelli, sorelle, cugini, conoscenti, amici di voi e della vostra famiglia. – Ricordo; da ragazzo, ero un frugolo bell’e buono… Ma che dissi, bell’e buono? Anzi brutto e cattivo, per mia disgrazia: brutto e cattivo dell’anima, che sovente disobbedivo a’ miei ottimi genitori, astiavo i fratelli, e persino quell’anima bella della mia unica sorellina….. quante volte ebbe a piangere della mia cattiveria! Basta, che a quattordici anni Dio buono mi toccò il cuore; Dio e la Madonna santissima, della quale, benché così cattivaccio, ero sempre stato devoto. Cambiai come da notte a giorno, divenni pio, docile, mansueto come un agnello: fu un miracolo, un gran miracolo, ch’io non capisco ancora adesso come accadesse in me; ma un miracolo, che mi rese felice. Prima in uggia a tutti, sempre triste, sempre pieno d’un umor nero… Ora invece, amato, carezzato; ben voluto dalla famiglia; dagli amici, da tutte le buone persone di nostra conoscenza. Insomma, la mia divenne in breve una vita d’angelo; così dolce e tranquilla, che anche ora, quasi vecchio, m’intenerisco a ricordarla, e il cuore mi si empie di dolcissime lagrime. — Felici voi, o giovinetti, e nell’istesso modo cercherete piacere a’ vostri cari parenti… E non solo a’ vostri parenti, non solo a quanti buoni vi conoscono, ma piacerete anche a voi stessi. E anche questo piacere a sé può desiderarsi, o miei giovanetti, può cercarsi; che anche questa, se ben s’intenda, è una santa ambizione, l’ambizione, dico, della buona coscienza. – Racconta Orazio d’un ricco avarone Ateniese, che beffato ed esecrato da tutta la città per la sua maledetta avarizia, se ne consolava così: — Il popolo mi fa le fischiate… Che mi fa a me? Io mi batto le mani e m’ applaudo da me stesso, appena entrato in casa, ed aperto lo scrigno, vi contemplo il mio oro. — Giovani miei, facciamo nel bene quello, che questo miserabile, e con lui quanti si lasciano dominare alle passioni, fanno pel male. Quanti disgraziati, per isfogare una turpe passione e piacere a se stessi nel male, sprezzano e sacrificano l’onore, la stima dei buoni! E noi, per seguire la virtù e farci uomini veri, non sacrificheremo volentieri l’onore, la stima dei malvagi? Diciamo dunque anche noi: mi scherniscano pure i malvagi; mi applaudiranno i buoni, mi applaudirò io da me stesso tutte le volte che, entrando nel segreto stanziolino della mia coscienza, sentirò di poter dire: ho fatto il dovere, ho operato da uomo, e da Cristiano: Ma l’ambizione più nobile e più santa, la soddisfazione più intera non istà ancor qui, miei cari giovanetti. Al di sopra dell’occhio umano, al di sopra immensamente di noi, sta aperto un altro occhio, un occhio che tutto vede, tutto scopre, fin l’intimo dei cuori; dico, l’occhio di Dio. Piacere a Dio! essere approvati, lodati da Dio! Può elevarsi più alto la nostra ambizione? Dio mio! mia vita, mia gioia, mio tutto!… Ah! s’io riesco a piacervi! … le parole, i giudizi degli uomini più non saranno per me che il ronzio di un insetto, che lievemente volando, s’ appressa un istante all’orecchio e sì dilegua. — Tant’è, miei cari giovani; l’uomo vero, l’uomo provato, l’uomo perfetto è l’uomo cui Dio approva e commenda: vel – dice s. Paolo – ille probatus est, quem Deus commendat. Chi non sente questa santa ambizione della lode di Dio, chi ad essa sostituisce la misera, la gretta ambizione delle lodi degli uomini, non sarà uomo, no, non sarà uomo mai.

XII.

IL SERRAGLIO DELLE BESTIE FEROCI.

— Babbo; non andiamo a vedere il serraglio delle bestie feroci? — Oggi no: andremo dimani, se mi starete buonini. E noi cheti, mansi, obbedienti come agnelletti; tanta era la voglia di veder quelle bestie! Al dimani s’andò. Pagati trenta centesimi per testa, ed entrati nello steccato, eccoci davanti una lunga fila di gabbioni ferrati pieni di fiere orribili e diverse, e noi muti col batticuore a guardare, a guardare….. Nel gabbione di mezzo, il più grande di tutti, c’era una fiera dal pel biondo, dalla lunga giubba, che stava accovacciata guatandoci con du’ occhi lustri che parevano ardenti carboni — Quello è il leone— ci disse il babbo. E di li a poco ecco entrar per di dietro in quella gabbia una donna vestita di nero, mandargli un grido acuto, e il leone levarsi, girare irrequieto per la gabbia, menar la coda sui fianchi… e la donna a palparlo, carezzargli la giubba, finché ammansatolo alquanto, l’accosciò allora ponendogli il sinistro braccio sul collo, come per abbracciarlo, e abbandonando sui lunghi velli quella sua faccia pallida e delicata, quasi in atto di pigliar sonno sur un soffice guanciale, la vidi levar la destra armata d’una pistola, e spararla all’orecchio della fiera, che rispose con un sordo ruggito. Io tremava a verga, parendomi ad ogni istante veder 1° belva voltar la testa e piantare i denti nel collo della sua importuna provocatrice; ché quand’ella uscì sana e salva dalla gabbia, mandai un gran respiro. Il leone s’ebbe in premio della sua pazienza, un pezzo di carne, e s’accosciò nell’angolo più riposto e cominciò a mangiarsela a suo agio. –  Dopo il leone la tigre. La tigre non istava mai ferma, sempre su e giù per la sua gabbia; ma quando il custode le gettò anche a lei un brano di carne, lo pigliò in aria cogli artigli e in un attimo la divorò; indi s’accovacciò come il gatto quando fa la digestione. Dalla tigre si passò alla pantera, dalla pantera all’Orso dall’orso allo sciacallo, al lupo e a non so quanti altri animali; finché terminato il bestiale spettacolo s’uscì. La sera, come tutto quel di e gli altri appresso, non si faceva che parlar delle bestie; il babbo c’interruppe i discorsi con questa dimanda: — Orsù! Chi sa dirmi di voi, tra tante bestie qual è la peggiore? — Qui una gran disputa. Peppuccio teneva pel leone; la mole del corpo ed i ruggiti lo avevano atterrito; ma la Rosina: — Se fosse peggiore il leone (diceva), quella signorina non gli sarebbe entrata nella gabbia e fargli tanti scherzi. Io per me, più cattiva stimo la tigre. – Giulietto stava per la pantera, perché sempre inquieta, sempre in moto, faceva persin dei salti per la gabbia, e addentava le sbarre. Quanto a me, pensavo colla sorella. Ma il babbo, lasciatici dire un buon tratto: — Nessuno ci ha indovinato. Leone, tigre, pantera, tutte bestie più o meno feroci, non ci ha dubbio; ma pure terribilmente belle a vedersi. Togliete invece l’orso: l’orso è feroce insieme e schifoso. — Oh! (fece la Rosina) quel bestione nero dal pelo lungo che stavasi raggomitolato in un angolo cogli socchiusi come se dormisse? — Appunto quello. L’orso, vedete, è feroce più dell’istesso leone; ché se trova l’uomo in un bosco, lo strozza anche senza aver fame, ne lascia il cadavere insanguinato per terra, e via. Ha poi un aspetto così ributtante!… – È vero, è vero (si rispose tutti una voce). Il babbo ha ragione; l’orso è tra tutte quelle bestie la peggiore. – Veniamo era a noi. Quel che il mio buon babbo, giudicava dell’orso, possiam noi dirlo, mi pare, dell’umano rispetto. Molti animali, notate, ci son dati a simboli assai espressivi dei vizi e delle passioni degli uomini. Vel dice Esopo colle sue immortali favolette, vel conferma Dante colla nota allegoria delle tre fiere, ch’ei pose come dire sul limitare del gran poema a simbolo della lussuria, della superbia e dell’avarizia. – Or dico, che come, tra le fiere l’orso fu giudicato più cattivo; perché  feroce e schifoso ad un tempo, così tra le passioni più trista può, dirsi quella dell’umano rispetto, perché al danno dell’altre congiunge una schifezza tutta sua propria. Che è infatti il lasciarsi dominare dall’umano rispetto, se non un renderci vilissimi schiavi degli uomini? E di che uomini, l’abbiam veduto!.. Pensar coll’altrui testa, parlare coll’altrui lingua, muoversi al cenno d’altri, volgersi a destra, a sinistra, secondo il vento che spira a guisa di banderuole… Oh le banderuole! Si può dire ormai, come delle stelle la scrittura: numera si potes! Le conti chi può. Chi ce lo avesse detto tanti anni fa! s’era cominciato colle bandiere per finire colle banderuole; e così la libertà che ci gridavano a squarciagola, doveva far capo alla più triste servitù. – Cari giovani, non vi meravigliate; tutto il mondo ormai, dall’alto al basso va così; e se dovesse aprirvi ancora una volta la mia lanterna magica! … Ma l’è un ordigno alquanto pericoloso la mia lanterna; lasciamola lì.  Basta quel poco che ci avete veduto, bastano i fatti e le ragioni onde è pieno questo scritto, per farvi chiaro che l’umano rispetto è il vizio dei vigliacchi, e se si avesse a dargli, come sel meritan tutti, il nome d’una bestia, non leone, non tigre, non leopardo vorrebbe chiamarsi ma orso, orso schifoso ad un tempo e feroce… –  E dello schifoso penso che vi siete ormai capacitati abbastanza: ché più volte, nel parlarvi, ho veduto corrugarsi la vostra fronte, ed infiammarsi gli occhi d’un generoso, d’un santo disdegno.. Bravi miei giovani! Lasciate che v’abbracci e dica a ciascuno con Dante: Benedetta colei che in te s’incinse! Ma quant’è alla ferocia, temo sia accaduto a voi come a me, come ai miei fratellini, che veduto l’orso, se fummo, pronti a ravvisarne a bella prima la schifezza, non così la fercia, che non avremmo a pezza avvertita, se il babbo non ce ne avesse persuasi. E invero, parrebbe in sulle prime che da ben altre fiere debbano venire al mondo i danni peggiori: la superbia, l’ira, l’ambizione non fecero tristi i popoli? non allagarono di sangue la terra?… Vero, miei giovani: ma ancor di peggio fece e fa tuttavia l’umano rispetto. Un respiro e vel provo.

XIII.

LA FEROCIA DELL’ORSO.

Già vi ho detto dell’empietà di Arrigo VIII d’Inghilterra, e vi ho pur detto che quando gli saltò il ticchio di farsi papa, il Parlamento preso d’un vilissimo umano rispetto, non ebbe fiato a contradirgli: vocem præclusit metus, come dice Fedro delle rane. La paura chiuse la bocca a tutti, s’alzarono dai lor seggi, si inchinarono al potente scellerato, e sancirono l’empia legge che doveva empire il nobile ed infelice loro paese di lutto, di proscrizioni, di sangue, e strapparlo alle braccia materne della cattolica Chiesa, con rovine dell’anime immensa! … Oh se quei signori non si lasciavano dominare dall’umano rispetto! Oh se invece d’un Tommaso Moro eran cento!… Infinito sarei se tutte volessi narrarvi le stragi e i danni incalcolabili prodotti al mondo dall’umano rispetto. Sarebbe un vero saccheggio della storia. Per non entrare nell’un via uno, mi starò contento a pochi altri fatti, e questi tolti dalla storia che meglio conoscete, dico la storia sacra. Cari giovani, è una grande storia questa, la storia delle storie, la più vera, la più santa, la più istruttiva e vantaggiosa di tutte. Affrettatevi a leggerla e a studiarla per bene, prima che i nostri padroni ve la strappino di mano. – Tutti i guai di questo mondo ci vennero, chi nol sa? dal peccato originale. Or ponete mente, o giovinetti: a quel gran peccato non tanto concorse la gola, la vanità, la maledetta superbia, quanto umano rispetto. Vi parrà nuova questa proposizione, ma ponete mente al mio discorso, e ve ne capaciterete d’ avanzo. – Il peccato d’Eva, da per se solo non ci avrebbe perduti; per trarre in rovina il genere umano, ci voleva l’uomo, ci voleva il re del creato, il capo dell’umana famiglia. Or perché credete voi che Adamo peccasse? Forse pel gusto d’un pomo? O forse per superbia di diventar simile a Dio? La superbia ci sarà entrata per qualche cosa, non sì nega: ma a me sa strano, che l’uomo, d’intelligenza più elevata, di senno più maturo, abbia potuto darsi ad intendere con un morsello di pomo diventar Dio. — Ma perché adunque peccò? — E nol capite? Fu l’amore, fu il rispetto della sua donna, fu il timor di disgustarla, di perderla, che gli fe’ velo di giudizio. Eva porgevagli il pomo, dicevagli: to, mangia; e lo guardava con due occhi supplichevoli .. Forse Adamo da principio inorridì, resistette; Eva travide l’abisso in che s’era gettata, e cominciò a piangere … era la prima volta che Adamo vedeva piangere la cara compagna; il suo cuore ne fu turbato, commosso, e per non crescerle afflizione, per non dividere i propri destini da quelli di lei, preferì l’essere compagno nella colpa, al dolore d’ una separazione. Ributtarla, lasciarla sola nel suo peccato, sola nell’immensa sciagura … Ah l’amò troppo quella sua Eva, la amò, la rispettò più di Dio: ecco il suo peccato. – E qui badate, cari giovani; se alcuno venisse a dirvi ch’io stiracchio la Scrittura, ch’io fabbrico castelli in aria, rispondetegli a mio nome, che io ho buon fondamento a fabbricare; ho s. Paolo che laddove parla della soggezione che avere all’uomo la donna (I, Timot. II, 13-14) dice così: — Adamo non fu dotto; ma la donna sedotta prevaricò.  — Intorno alle quali parole s. Agostino (Gen. XI) paragonando la prevaricazione di Salomone con quella di Adamo, dice così: — È egli forse da credere, che un uomo di tanta sapienza, qual fu Salomone, credesse che a qualche cosa potesse esser utile il culto degli idoli? No certamente: ma non seppe resistere all’amor delle donne, che a tal disordine il trascinavano … Nella tal guisa (attenti! viene il buono) nella stessa guisa Adamo, dopo che la donna ingannata mangiò del frutto vietato e a lui ne diede, perché ne mangiasse, non volle affliggerla. Fece adunque quel che fece, non già vinto dalla concupiscenza; ma da quell’amichevole benevolenza, per cui accade sovente che Dio s’offenda, perché chi eravi amico non vi diventi nemico. — E il Martini nelle note a quel passo della Genesi: — dice d’Adamo, che sebbene egli non credesse al serpente, non ebbe coraggio (ecco la viltà dell’umano rispetto!) di resistere all’esempio e alle lusinghe della compagna, da cui si lasciò pervertire; egli, che essendo più saggio e perfetto di lei, doveva essere sua scorta e suo consiglio. – E così ecco provato che l’umano rispetto ebbe sua parte, e non piccola, nel peccato d’Adamo: che quindi l’umano rispetto aprì al mondo la fonte di tutti i mali. Che ne dite, giovani miei? Questo è ben altro ch’esser leone, orso, tigre e pantera! Che se dai principii dell’ antico Testamento facciamo un salto al nuovo, vedrete ancor di peggio, vedrete.

VIVA CRISTO-RE (8)

CRISTO-RE (8)

TOTH TIHAMER:

Gregor. Ed. in Padova, 1954

Imprim. Jannes Jeremich, Ep. Beris

CAPITOLO IX

CRISTO, RE DELLA MIA ANIMA

Cristo è anche il Re della mia anima.  Che cosa significa? Che la mia anima desidera Cristo, che Cristo è il mio unico Signore. A Lui devo obbedire e seguire. Servire e imitare Lui non è solo un dovere per me, ma è il mio principale piacere. Il mio dovere: « Nessuno può servire due padroni » (Mt VI, 24), dice Gesù Cristo. Chi sono questi due padroni? Lui è uno di loro. E l’altro? Ebbene, tutto ciò che sta di fronte a Lui: la malizia, l’egoismo, la falsità, il peccato, il mondo. Non è forse una vita persa servire il mondo e non servire la propria anima e il Signore dell’anima, Dio? Perciò è mio dovere servire Dio! E cosa significa servire Dio? Pensare alla mia anima, alla vita eterna. Come ci lega la terra, la vita moderna! Come sono pochi quelli che hanno tempo per la loro anima! Quali sono i desideri dell’uomo legati a questo mondo? Salute, felicità, denaro. Alcuni desiderano la conoscenza, desiderano sapere, ma quanti pensano alla loro anima? Molti non considerano nemmeno che non possono servire due padroni. No, non servono due padroni, ne servono uno solo: la terra, il mondo.  – Uno scrittore tedesco, Paul Keller, ha scritto una storia su un girino, un girino che tutto il giorno non sogna altro che mangiare mosche grasse e camminare a braccetto con una bella rana. Quanti uomini fanno praticamente lo stesso nella loro vita! Quanti giovani vivono solo per il piacere, per il divertimento! Quanti sognano solo di ballare, di fare festa, di ubriacarsi! Sarebbe sufficiente se avessimo solo il corpo, ma abbiamo anche un’anima! Proprio perché abbiamo un’anima che desidera Dio, l’imitazione di Cristo non è solo un dovere per me, ma ciò che più desidero, la mia vera felicità, il mio vero piacere! Dio è spirito, la nostra anima è spirito; c’è una parentela tra Dio e la mia anima, e questa parentela mi spinge verso Dio. Il ruscello è legato al mare ed è per questo che corre verso di esso. La superficie del mare emette continuamente vapori, che si condensano nella nuvola, la quale si scioglie in pioggia; ma l’acqua non sa separarsi dal mare e corre rapidamente verso di esso. Mettete degli ostacoli sulla sua strada; potete fermare il suo corso per un po’, potete riuscire a incanalarlo in un’altra direzione, ma, per vie nascoste, attraverso le fessure delle rocce, magari mescolandosi al fango, correrà con veemenza verso il mare. Allo stesso modo l’anima desidera Dio e corre verso di Lui. Si possono porre degli argini, e sono davvero molto potenti … i piaceri proibiti, la concezione frivola della vita, il peccato; ci si può incanalare in falsi sentieri, ma tutto ciò non serve a nulla. Alla fine se ne subiscono le conseguenze, si è infelici, perché non si sa come vivere senza Dio. Il pesce non annega nell’acqua, l’uccello non si perde nell’aria, l’oro non brucia nel fuoco, perché lo prescrivono le leggi naturali; e io non posso vivere senza Dio, perché la mia stessa natura mi lega a Dio. – Cristo è il mio Re! Non può esistere una vita veramente umana senza una vita religiosa, perché Dio e l’anima sono in stretta relazione e al Re assoluto, che mi ha creato per amore … devo consegnarmi senza riserve. Il nostro grande male deriva proprio dal fatto che vita e religiosità spesso non vanno di pari passo, non si intrecciano. Un giorno siamo uomini di questo mondo, un altro giorno siamo Cristiani. Quando preghiamo, ci rivolgiamo a Dio, ma quando iniziamo a lavorare, ci dimentichiamo di Dio. Mi duole dirlo, ma spesso accade che i Cristiani, quando lasciano la Chiesa, non sono diversi in alcun modo, né nella vita familiare, né nel lavoro, né nelle attività del tempo libero, dai non Cristiani. Questo non dovrebbe logicamente essere il caso. Quando incontriamo una persona, dovremmo essere in grado di capire fin dall’inizio se sia cristiana o meno. Ite, missa est: “Andate, la Messa è finita”. E ce ne andiamo, pensando di aver fatto il nostro dovere di Cristiani! È proprio allora che devo iniziare il culto della mia vita offerta a Dio, il culto della mia onestà, della mia veridicità, della mia carità, del compimento del mio dovere. La religione deve andare di pari passo con la vita. Se doveste scrivere la vostra autobiografia, cosa ci mettereste dentro? Forse questo: c’era una volta un uomo la cui anima aveva fame e sete di Dio, ma lui non gli dava altro cibo che aria, vento, apparenze. Pensava che gli bastasse avere un ricco patrimonio, avere un certo prestigio, avere una macchina magnifica, avere una casa o un buon lavoro…, godere di certi divertimenti, e che tutte queste cose gli bastassero. Ma non aveva un solo minuto per la sua anima, che diventava assetata e vuota, anzi di più: come se fosse un abisso senza fondo: più cose vi si gettavano, più l’abisso ruggiva: non bastava…. Che triste biografia! Non dobbiamo dimenticare: Cristo è il mio Re, il mio unico Re. Devo unire religione e vita! Chi volesse condurre solo una vita religiosa rischierebbe di trascurare doveri importanti e di perdere l’equilibrio. Chi si preoccupa solo di questa vita finisce per uccidere il suo spirito, bloccato nel fango della terra. Le due cose devono essere combinate: la religiosità e la vita di questo mondo, gli ideali eterni e gli ideali temporali. Il mio desiderio di eternità e la mia vita presente devono essere in perfetta armonia. Ecco il significato di questo pensiero: Cristo è il mio Re! « Cristo è il mio Re ». Ciò significa non solo che la mia anima desidera incontrare Cristo, ma anche che Cristo desidera la mia anima. Cosa significa che Cristo desidera la mia anima? « Solleva il povero dalla polvere della terra, solleva il povero dal letamaio », dice il Salmista (Salmo CXII,7). Gesù Cristo vuole sollevare la mia povera anima dalla polvere; dalla polvere del peccato, dalle mie passioni. Quanto è terribile un’anima peccatrice… e quanto è bella se Cristo vive in essa! E il Salmista continua: « … per metterlo tra i principi, tra i principi del suo popolo ». Tra le bellezze del popolo celeste? Non vediamo forse nel corso dei secoli come Cristo abbia adempiuto alla sua promessa? Che cosa succede a un’anima che si dona completamente a Cristo? Ecco Pietro e Giovanni, Paolo e San Francesco d’Assisi, Sant’Agostino, Sant’Ignazio, Aloysius Gonzaga, Stanislao, Maria Maddalena, Agnese, Cecilia, Teresa, Emerico, Ladislao, Margherita, Teresa di Lisieux!…

***

Se Cristo è davvero il mio Re, se mi chiamo “Cristiano”, questo nome mi obbliga a vivere, a pensare, a comportarmi in tutto secondo il nome che viene da Cristo. Si racconta del re polacco Boleslao, che portava sempre il ritratto di suo padre sul petto, e prima di intraprendere qualsiasi affare serio guardava il ritratto e diceva: « Padre, per nulla al mondo farei qualcosa di indegno di te ». – « Cristo è il re della mia anima ». Su di essa è incisa a lettere di fuoco l’immagine di Cristo con il Battesimo; il volto di Cristo è inciso su di me. Povero Cristo, su quante anime il tuo volto è coperto di polvere, di fango! Eppure il nome “Cristiano” impone gravi doveri! « Guardate come si amano, sono Cristiani », dicevano i Gentili quando videro i primi seguaci di Cristo. « Guarda, ma questi sono davvero Cristiani? », potrebbero chiedersi coloro che ci circondano vedendo la vita rilassata di molti che si definiscono Cristiani. Se Cristo è veramente il mio Re con il Battesimo, allora non solo la sua immagine è in me, ma Cristo abita in me. Cristo abita in me, la mia vita. Che pensiero ammirevole! Allora devo sempre tenere presente che non posso lasciare il mio Ospite da solo. Come faccio a non lavorare…? Sì, ma il lavoro non deve assorbirmi così tanto da farmi dimenticare Cristo. Non devo fare tante altre cose? Sì, ma non devo dimenticare Cristo. Non potrò divertirmi? Sì, ma anche allora Cristo deve essere con me. Sono sempre al cospetto di Cristo! Ovunque io sia, qualunque cosa io faccia, qualunque cosa io dica, qualunque cosa io dica… sempre! Quale purezza e pulizia di cuore devo vivere se Cristo abita in me! Cristo abita in me, quindi devo essere pulito. I miei pensieri devono essere puri. I miei occhi devono essere puri, la mia lingua deve essere pura! Niente mormorazioni, niente maldicenze, niente calunnie. Tutto ciò che è mio deve essere puro: sono un tabernacolo vivente. Cristo abita in me! Devo essere non solo un tabernacolo, ma anche un ostensorio, per farlo conoscere agli altri. Chi mi vede deve vedere Cristo in me. Chi mi cura deve sentire che Cristo vive in me. Devo essere un altro Cristo per le anime. In realtà, se Cristo abita in me, posso dire come San Paolo: « Io vivo, anzi non sono io che vivo, ma Cristo vive in me » (Gal II, 20). Sono la dimora vivente di Cristo! La conversione del mondo al Cristianesimo fu iniziata da dodici Apostoli. Dodici? Ebbene, il primo giorno non ce n’erano di più. Ma essi sapevano come trasmettere il fuoco dell’amore per Cristo a tutti coloro che incontravano; e i nuovi Cristiani diventavano a loro volta Apostoli e trasmettevano il loro fuoco agli altri, e l’amore di Cristo si diffondeva a macchia d’olio. Si è diffusa – non si scandalizzi il lettore – come una malattia contagiosa. I primi Cristiani sentirono tutti il contagio. I bacilli del Cristianesimo penetrarono e si diffusero. Chi parlava con un Cristiano sentiva il giorno dopo che questa benedetta malattia, questa santa malattia, questo contagio divino, era all’opera anche in lui: sentiva di essere un altro uomo, chiamato a essere un altro Cristo. Cristo è il mio Re: cosa significa? Che devo vivere da Cristiano, che devo diffondere il mio Cristianesimo agli altri; e ovunque mi trovi, con chiunque parli, ovunque e a tutti, devo diffondere l’amore di Cristo. È una malattia? Oh, no! È vera salute, vita divina, vita eterna. Sì, devo essere la colonna di fuoco che guida i miei poveri fratelli che brancolano nel buio; devo condurli al Cuore di Cristo. Non solo con le parole, ma con la mia vita, con il mio esempio.

VIVA CRISTO-RE (9)

LA GRAN BESTIA E LA SUA CODA (5)

LA GRAN BESTIA E LA SUA CODA (5)

LA GRAN BESTIA SVELATA AI GIOVANI

dal Padre F. MARTINENGO (Prete delle Missioni)

SESTA EDIZIONE – TORINO I88O

Tip. e Libr. SALESIANA

IX.

LA LANTERNA MAGICA

Giovinotto mio, che vai leggendo queste carte. Tu sei nuovo ancora nel cammino della vita; facile a lasciarti abbagliare dalle apparenze, credulo e fidente per semplicità di cuore, uso a vedere il mondo attraverso a certe lenti che tutto il coloriscono in vaga tinta di rose. Ma io, a costo anche di guastarti certi bei sogni d’oro, vo’ farti vedere il mondo qual è. Di’, gio0vinotto mio: ti piacerebbe egli trastullarti un pochino colla lanterna magica? … oh, oh! Vedo che ti rallegri e fai festa … Bene, senti: io ce ne ho una lanterna magica, che fa veder le cose proprio al naturale … vuoi farne la prova? – Volentieri, ma amerei sapere quanto si paga. — Oh niente, amico mio, nient’affatto. Purché mi riesca trastullarti alquanto, e metterti a parte dei frutti di quell’esperienza, che alla tua età non puoi avere, io mi terrò per abbastanza pagato. Su dunque! Qui si da spettacolo gratis et amore. Ecco la lanterna, avvicinati, metti l’occhio alla lente…. Che vedi? – Vedo … vedo …  una stanza quadra, spaziosa, con intorno degli scaffali pieni di carte, e nei quattro angoli, quattro scrittoi. A tre di essi vede seduti dei giovani … tre … quattro … sette. Per un poco scrivono in silenzio; poi uno si alza, getta via la penna, si caccia le mani nella zazzera e: – Maledetto mestiere! … Anche gli altri al suo esempio si levano, chi si stira, chi sbadiglia, chi s’accende un sigaro, chi canta, chi suona il tamburo colle dita sui vetri della finestra … Altri fanno a pallottole di carta … due si mettono a giocare … Ma chi sono costoro?- Un momento. Guarda ancora: che vedi? – Oh! In batter d’occhio tutti a posto. Tutti tranquilli, cogli occhi fissi sulla carta, che menano la penna … Ma che è stato? – Guarda a quella porta … – Ah ecco, sì, da quella porta vedo entrare un uomo … – Basta, hai visto abbastanza, or bada a me. Quei giovan i sono impiegati del Ministero; quell’uomo è il capufficio … Ah ridi, neh? … – Già gli è rispetto del superiore … C’è egli poi un gran male? Anch’io alla scuola, se il maestro volta l’occhio, o per poco s’allontana… – Male, male, figliol mio: tu servi all’occhio, ad oculorum servientes, come dice S. Paolo, servi all’umano rispetto. Se appena manca l’occhio dell’uomo, intralasci il dovere, permetti, mio buon giovane, che tel dica; tu se’ già mezzo schiavo della brutta bestia…. m’intendi?… Tienti dunque a mente un ricordo: col cessar la sorveglianza il dovere non cessa; e se l’occhio dell’uomo talvolta si chiude, sta sempre aperto quello di Dio. Hai capito?… Or bene, torna a guardare … Che vedi? – Una cappella … l’altare parato a festa … candele accese… da unorta laterale esce un vecchio mitrato in sacri paramenti… con gran corteggio … È il Papa, son Cardinali; li conosco alla veste rossa che portano … s’accostano, si schierano davanti all’altare, il Papa si segna, comincia la Messa … — Si, bravo, hai bene riconosciuto i personaggi… Ma ora guarda un poco più in là verso la balaustrata… — Oh quanti signori vestiti in nero! Che serietà! che barboni! Che picchiar di petti, che compunzione! Quando si dice devoto femmineo sesso! Quì son tutti uomini, e donne … neppur una! — Passi la riflessione; ma guarda ancora. – Ecco, il Papa si volta, ha la sacra pisside in mano, mostra l’Ostia Santa, poi va a loro, li comunica ….. – Basta, hai visto; or senti me. Quegli uomini tanto devoti, sono i graziati dal Papa: li ha richiamati dall’esilio, ha aperto le loro carceri, li ha ridonati alla patria e alla famiglia … Ora prendono la comunione dalle sue mani. Passeranno pochi giorni e gli grideranno la morte. – Scellerati, sacrileghi! Chi son costoro? – L’imparerai a suo tempo, fanciullo mio. Ora va avanti, torna a guardare: che vedi? – Una contrada di notte … e c’è un fanale, e alla pallida luce che manda, due figure sinistre, ravvolte in ampi mantelli … Ecco, s’abboccano, si stringono la mano di sotto i mantelli … Uno è un giovanotto pallido di primo pelo, l’altro un barbone con du’ occhi sinistri … ha qualcosa che luccica in mano: pare … no … sì, un pugnale. Lo porge al giovane, il giovane lo brandisce, lo bacia, l’alza al cielo, e squassando la chioma, si dilegua fra l’ombre….. Che vuol dire questo? – Torna a guardare, or ora lo saprai. – Oh, oh! Una sala dorata, un andito a colonne … Ma lì, dietro a una colonna c’è uno, un giovane rannicchiato … Che fa? – Fissalo bene in volto. Nol conosci? – Ah, si, proprio lui: quel giovane  che poco fa riceveva il pugnale da colui …  e di fatto nel pugno stretto luccica la lama … Oh me! Costui macchina un delitto di sangue … – Oh via, non ti spaventare. T’assicuro che sangue non ne vedrai. È un vile costui, che dall’umano rispetto lasciossi trascinare alle società segrete, ora per rispetto umano s’atteggia di Bruto… egli è bruto, sì, ma nel senso comune della parola … Su via! Torna, giovane mio, torna a guardare; vedrai un uomo di alta statura … – Si, sì; oh come è lungo, magro …Ha volto pallido, guardo severo … è vestito alla militare, circondato di militari e d’altri … pare un re … – E poi? – Attraversa il salone, entra in quell’andito delle colonne, proprio là dove s’apposta l’assassino … Oh disgraziato d’un re! … – N on temere, dico, non temere di nulla; torna a guardare. Ebbene? – Il re è passato, e colui fugge, pur stringendo il pugnale … – È rosso forse? – No; anzi e’ par più terso e luccicante di prima. – E non te l’aveva detto, che sangue non ne vedrai. Ah la mia lanterna magica! so ben io quel che c’è dentro!… Pure anche qualche scena di sangue potrei fartela vedere: Ma perché avrei a spaventarti, povero giovane? … – Che spaventarmi, ? non sono così di cuore io. Eppoi, se si tratta di farmi un uomo … lasciatemi vedere, lasciatemi vedere ancora! – E tu vedi ancora. Ebbene? – Un bosco … là sul verde spazzo, sotto quella fila di pioppi, accanto a quel canale, due … Uno è un giovinetto biondo, delicato, che mette appena le prime caluggini. È pare smarrito e come fuor di sé … l’altro un barbuto, con cert’aria beffarda … O me! Traggon le spade, di battono, si battono come demoni … tic tac, tic tac … Ahi! Povero giovinetto … vacilla, cade … l’erba è rossa del suo sangue…- Bata, bast: non guardar pià. La vista delle sue crudeli agonie ti darebbe al cuore troppo tristezza … Odi me, invece … Quel giovinetto è di buona famiglia, ben educato, ha padre, madre, sorelle che l’amano. Nata rissa in un caffè tra lui e quel vil barbuto con cui non avrebbe mai dovuto affiatarsi, fu sfidato a duello … Il giovine sapeva il dover suo, ma il rispetto umano lo costrinse ad accettare. Ora è là cadavere insanguinato, e sua madre a stracciarsi i capelli e urlare da forsennata …- Ma via, cacciamo questi trucipensieri:e a trar qualche frutto da quanto hai veduto fa tuo conto che sta dall’alto al basso, dai grandi ai piccoli, dai popoli ai re, così va il mondo. L’umano rispetto, la viltà sua figliuola, e sua madre la paura, comandano a bacchetta, comandano a tutti. – Ma a me no, a me no in eterno! – Bravo giovinotto! Questa sdegnosa protesta mi piace. Ma bada! L’umano rispetto è tal bestia, che torna facile bravarla lontana … Man mano poi che s’appressa, la ti mostra certi unghioni, che anche i forti talvolta ne hanno paura. Sai che mi fa sovvenire la tua nobile protesta? Mi fa sovvenire s. Pietro, il quale al Salvatore, che prediceva la viltà dei discepoli suoi: – t’abbandonino tutti (protestava), non io t’abbandonerò, pronto, se fia d’uopo, a dar vita per te. – E poco dopo le generose promesse, non solo fuggiva come gli altri, ma per rispetto d’una vile fantesca e di pochi soldatacci, rinnegava tre volte il Maestro. – Gli è perciò che mi permetterete, o cari giovani, di prolungare ancora un poco la mia conversazione con voi, foss’anche a costo di annoiarvi un tantino; e lasciata da parte la lanterna magica, che, a dir vero, mostra certe cose un po’ troppo al naturale, ripigli così alla buona il mio ragionare, sempre nell’intento di aggiungervi forza a combattere e vincere e calpestare co’ vostri piedi la mala bestia che è soggetto dei nostri discorsi.     

X.

CHE COS’È IL MONDO.

Si resiste, si contraddice alla ragione, ma non si resiste, non s’osa contraddire allo scherno. Put troppo è un fatto; è l’indole del secolo nostro che va a ritroso pur gridando: viva il progresso! – Dite all’uomo ragionevole che la coscienza non ha ad essere una schiava, che la fa schiava di chi la sacrifica all’umano rispetto; vi darà tutte le ragioni di questo mondo. Ma la ragione che v’ha data a parole, ve la torrà ai fatti, tostoché l’operare da uomo libero e indipendente l’esponga all’altrui scherno.  Lo scherno!… Ma chi è che vi schernisce? Se l’operar vostro è conforme a ragione, chi vi schernisce non può essere che irragionevole. E irragionevole, sapete che vuol dire? Vuol dire, o bestia o pazzo. E voi averne paura? e voi rispettate le bestie ed i pazzi? E alle bestie e ai pazzi sacrificar la coscienza? … andate là che siete un bell’uomo! uomo di carta … anzi no: bisogna dire di peggio; bisogna dire, uomo di fango. E cosa davvero che fa tremare, veder la virtù andarne timida a capo chino, e cerca gli angoli da nascondersi; e il vizio, il vizio invece avanzarsi a fronte levata e farsi largo e dire; son io; lasciatemi passare. Ma questa vittoria al vizio non bisogna lasciarla, no, non bisogna lasciarla; o almeno, se ha da averla, non deve averla né allegra né intera. – ci bravano e ci burlano perché facciamo il bene, perché obbediamo a Dio, perché la nostra coscienza non la vendiamo a nessuno. Ebbene, noi a più forte ragione, burliamoci di loro. E chi son essi da averne paura? son le teste vuote, sono i cuori corrotti, sono i deboli, i vigliacchi, che ci deridono, perché non vogliamo farci vigliacchi al par loro. Non avendo dalla loro la forza morale, e sola rispettabile, della ragione e della virtù, vorrebbero almeno aver quella materiale del numero, e ci tendono la mano, c’invitano, ci allettano in più guise; poi, quando vedono che non vogliamo andare alle buone, tentano atterrirci, spaventarci alle brusche, a furia di risate e di scherni. E noi?… –  No, disgraziati; questa vittoria non l’avrete. Dileggiateci, scherniteci, a vostra posta … i vostri scherni ci fanno pietà. – Così è, cari giovani e così dev’essere. Io non dico (intendiamoci chiaro) non dico, che l’uomo abbia ad essere insensibile agli scherni dei tristi, ma dice che questi scherni, s’egli è uomo davvero, devono destargli in cuore, non paura, ma una santaindignazione: dico, che quand’uno nel fare il bene, si sente tentato di vergogna, deve subito pensare: chi è che mi condanna? – Suol dirsi, il mondo. A proposito di questa esagerazione dei  paurosi, mi ricordo aver udito n giorno un certo bell’umor di predicatore (era un buon frate francescano) il quale la discorreva, press’a poco, in questa forma: – Voi mi parlate del mondo: il mondo osserva, il mondo critica, il mondo ride. Io invece vi parlerò un poco, se il permettete, della vostra paura; e vi dirò innanzi tutto che la paura ha questo di proprio, che esagera in ogni cosa, fa d’un granello un monte, d’un moscerino un liofante. Volete vederlo ai fatti? Il mondo è un pianeta di 6886 miglia di diametro, sulla cui seperfice vivono mille e più milioni di creature simili a voi, distribuite e sparse tra certi gran paesi detti appunto le parti del mondo; e sono, tutti sanno, l’Asia, l’Africa, l’America, l’Oceania e l’Europa. – Ciò posto vediamo un poco, uditori miei, a che si riduce nel caso nostro codesto mondo, che colle sue risa vi fa tanto paura. L’Asia comprende 753 milioni di abitanti, che non solo non vi deridono, ma non sanno nulla né di voi, né di me, neppure se esistiamo. Dunque da codesto vostro mondo incominceremo a tor via la parte più estesa, che appunto è l’Asia. Passiamo in Africa ora. L’Africa conta, presso a poco, un 192 milioni d’abitanti, e questi di voi o di me ne sanno quanto que’ primi. Leviam dunque via anche l’Africa. Saltiamo in America. È un salto un po’ lungo, neh! Ché tra essa e noi c’è un mare, un mare! … che ci volle tutto l’ardimento e il genio di Colombo a valicarlo pel primo. Oh pensate dunque, se così da lontano gli abitanti di quel paese che si calcolano ad 84 milioni, vogliono darsi pena de’ fatti nostri! e togliam via dunque anche l’America. L’Oceania, un formicaio d’isole perdute là in fondo dell’Oceano Australe, non arriva a due milioni, che si danno tanto pensiero di voi, come voi ne date di loro. Dunque scartiamo anche l’Oceania. Che ci resta ancora del mondo? Ci resta l’Europa, che materialmente è la parte più piccola e comprende 300 milioni di abitanti. – Ecco pertanto il mondo, questo gran pianeta terraqueo, che v’incuteva tanta paura, ridotto ad una piccolissima parte, alla più piccola delle cinque. È dunque l’Europa che vi da fastidio? … E via, parliamo un poco dell’Europa. Fratelli, l’Europa ci guarda! Ci gridavano pochi anni fa gli arruffapopolo: ma il fatto è che l’Europa non ci guardava un cavolo, e chi ha senno se la rideva sottecchi, e diceva: Smargiassate!… Or bene, gli smargiassi sareste voi, se vi deste ad intendere che l’Europa tutta s’interessi de’ fatti vostri. A che lo ridurrete dunque questo mondo benedetto? All’Italia? Ma la è ancor tanto grande l’Italia!… Oh via finiamola! siate di buona fede, non vi lasciate corbellare da monna paura, e… confessatelo: tutto il mondo si riduce per voi alla vostra piccola città, al vostro povero villaggio. E anche nella città vostra o nel vostro villaggio, quali e quanti sono gli schernitori che vi dan noia? Continueremo a procedere per esclusione, che è il vero metodo per ridurre le cose al lor giusto valore, e troncar ali a quella pazza della fantasia. Nel vostro villaggio, o città che sia, dovrete confessare innanzi tutto che la maggior parte non vi conoscono o non si curano di voi. Tra quelli poi che han la fortuna di conoscervi quanti saranno? cinquanta? Cento persone ? incominciate a levar via le donne, i fanciulli; e i vecchi. Il bambino è innocente, la donna è pia per natura; e il vecchio. .. Il vecchio la voglia di ridere l’ha perduta, e se rise un tempo; ora che è a quattro dita dal sepolcro, vorrebbe non aver riso. Ma. quanti sono. Dunque cotesti vostri schernitori?… Un otto, un dieci persone?… Ah ecco dunque il mondo ridotto ad otto o dieci persone. E che persone! Giovinastri, capi scarichi, gente data all’ozio, ai vizi… Oh vedete dunque, uditori miei belli, se non avevo ragione di dirvi, che la paura vi mette le traveggole, che la fantasia vi fa gabbo, che l’umano rispetto è uno spauracchio da bambini!… E tirava giù, tirava giù, che era un piacere a sentirlo. Ma io ve la tronco per far presto, e mi contento d’aggiungere una piccola riflessione. Un poeta antico dice del vero savio che: quand’anche tutto il mondo n’andasse in pezzi, e gli rovinasse sulle spalle ei punto ne piglierebbe paura: si fructus illabatur orbis, impavidum ferient ruinæ; or noi, coll’aiuto diquel buon frate, abbiamo analizzato, diviso, frantumato il mondo, e abbiam visto che di tutte le sue rovine e i suoi frantumi non potrà toccarci tutt’al più che qualche sassolino, anzi pochi granelli di sabbia. O sarem savi noi ad aver paura di sì poca cosa ?…

LA GRAN BESTIA E LA SUA CODA (6)

VIVA CRISTO-RE (7)

CRISTO-RE (7)

TOTH TIHAMER:

Gregor. Ed. in Padova, 1954

Imprim. Jannes Jeremich, Ep. Beris

CAPITOLO VIII

COSA SIGNIFICA LA NASCITA DI CRISTO PER IL MONDO?

IL MONDO? – Com’era il mondo prima della venuta di Cristo? L’umanità era in pellegrinaggio sulla terra come i discepoli di Emmaus: come loro, essa camminava stanca e disillusa, senza speranza. Le persone non sapevano per cosa stavano vivendo, non sapevano la cosa più importante: qual è il significato della vita. Un’idolatria sfrenata, un’oscurità spaventosa avvolgeva il popolo. Chi di noi è stato educato alla Religione cristiana fin dall’infanzia non può concepire che i saggi si inchinassero ad una statua di bronzo o ad un idolo di marmo; che i popoli civilizzati adorassero un gatto, una cicogna, un toro o una mucca; che i Romani venerassero gli imperatori. Che stupefacente accumulo di errori! L’umanità, con le proprie forze, non poteva conoscere la via, non poteva conoscere il vero Dio. Dio stesso sarebbe dovuto venire a farsi conoscere da loro. Gli uomini più eccelsi sentivano che mancava qualcosa. Grandi filosofi – Aristotele, Platone – e poeti – Sofocle, Orazio, Virgilio – a volte hanno gridato dal profondo della loro miseria: Vorrei che qualcuno venisse a portarci la salvezza! Il mondo attendeva la venuta di Cristo. La seguente frase è spesso attribuita a Platone: « Non so da dove vengo; non so cosa sono; non so dove vado; tu, Essere sconosciuto, abbi pietà di me ». Lo stesso vale oggi per i popoli che non conoscono Cristo. Al massimo, invocano qualcuno sconosciuto, Colui che è l’origine e la causa di tutto ciò che esiste. Perché l’uomo ha nostalgia di Dio, ha nostalgia di un Salvatore. Isaia lo aveva già predetto secoli prima della venuta di Cristo: « Perché a noi è nato un bambino, a noi è stato dato un figlio”. Egli porterà sulle sue spalle il governo e il suo nome sarà chiamato Meraviglioso, Consigliere, Dio, il Potente, il Padre dell’età futura, il Principe della Pace. La sua sovranità sarà grande e ci sarà una pace senza fine per il trono di Davide e per il suo regno; lo stabilirà e lo sosterrà con diritto e giustizia, da ora e per sempre ». (Is IX: 5-6). Che cosa è diventato il mondo grazie a Cristo? Non spiegheremo ora cosa la scienza, la cultura e le arti umane debbano a Cristo. Solo per quanto riguarda l’arte ci vorrebbero volumi e volumi, un’intera biblioteca, per riassumere l’influenza del Cristianesimo sulla pittura, sulla scultura, sull’architettura, sulla musica. Quello che voglio sottolineare è la grande altezza morale a cui Cristo ha elevato l’uomo. Grazie a Cristo, la vita morale dell’umanità è stata elevata dalle sue fondamenta. Possiamo difficilmente immaginare la corruzione morale con cui gli uomini vivevano prima di Cristo. È vero che non tutto era negativo, che certe virtù venivano coltivate…. Ma che differenza con l’avvento del Cristianesimo. Anche alcune virtù erano poco conosciute o apprezzate prima della venuta di Cristo. Anche alcune virtù erano poco conosciute o apprezzate prima dell’arrivo di Cristo; ad esempio, la purezza, la verginità, la vita familiare: – si pensi a quanto era diffuso il divorzio nell’Impero romano: le donne divorziavano per potersi sposare e si sposavano per poter divorziare; l’apprezzamento della donna – in gran parte dovuto al culto della Vergine Maria; la dignità dei poveri – prima gli schiavi non valevano nulla; il senso della sofferenza – prima regnava una cieca e fatalistica disperazione nelle disgrazie; la stima per il lavoro – prima il lavoro manuale era considerato una punizione. … ecc. Le basi più solide della società civile – le virtù, l’onore, l’integrità morale, il compimento del dovere – non erano promosse dallo Stato, che si limitava a punire i crimini. È soprattutto il Cristianesimo ad averlo fatto. Per questo il Cristianesimo è una delle più grandi forze della civiltà. Per il Cristianesimo l’anima di chiunque – di un bambino povero, di un disabile, di uno zingaro… – vale più di tutto il mondo materiale. E quali meravigliose conseguenze ha questo! Il lavoratore e il datore di lavoro non devono odiarsi a vicenda, perché siamo tutti fratelli e sorelle; né le nazioni devono odiarsi a vicenda. Non esistono persone di minor valore: tutti, compresi i malati, i disabili, i poveri, gli ignoranti… hanno la stessa dignità. Tutto questo significa per il mondo la nascita di Cristo. Egli dà una risposta a tutte le domande ed i problemi che affliggono l’uomo: il senso della vita, la sofferenza, la morte, il problema della felicità, il suo desiderio di vita eterna… Tutta la grandezza spirituale che abbiamo visto negli ultimi duemila anni scaturisce da questa fonte. Cristo si è fatto uno di noi, ha preso la nostra natura, per renderci figli di Dio. Cosa sarebbe il mondo senza Cristo? – Ma è possibile che ci sia ancora chi si considera nemico di Cristo? Sì, purtroppo ci sono. Ma cosa sarebbe l’umanità senza di Lui? Cosa succede al mondo quando si allontana da Cristo? Guardate la vita familiare oggi che la società si è secolarizzata: litigi, divorzi, aborti, contraccezione, resistenza ai piani di Dio. Il bambino non è considerato una “benedizione”, ma una maledizione, un ostacolo . – Volete sapere cosa ne sarà dell’umanità senza Cristo? Guardate il numero di omicidi, suicidi, rapine, rapimenti… che vengono commessi quando non viviamo in Cristo. Che immoralità! Pornografia, tratta delle schiave bianche, balli osceni, ecc. Oroscopi, superstizioni, presagi, spiritismo! – Guardate com’è la gioventù quando manca Dio: droga, violenza, delinquenza, bande, sesso, suicidi. È il mondo senza Cristo! Ma non dobbiamo parlare del mondo che ci circonda, parliamo di noi stessi. Quanto siamo felici quando abbiamo Cristo, quando Egli abita in noi, e quanto siamo infelici quando siamo separati da Cristo dal peccato! Un giorno gli Apostoli pescarono tutta la notte e non presero nulla…. Non presero nulla, perché il Signore non era con loro (cfr. Lc V, 5). È lo stesso per voi. Quando non siete con Cristo, i vostri sforzi sono inutili, non funzionano. Quante volte cadete in tentazione e vi allontanate da Cristo! vi giustificate dicendo che “lo fanno tutti…”. E dopo aver assaporato il piacere proibito, provate disgusto e noia. Guardate la tristezza che riempie la vostra anima! – MAvete rubato: mantenete la calma? Avete calpestato l’onore degli altri: siete tranquilli? Siete caduto nell’impurità: siete tranquillo? Se vi allontanate da Dio, come potete resistere quando la disgrazia si abbatte su di voi? Quando si perdono i genitori, quando si perde la persona più amata, quando ci si sente soli… come si può vivere se Cristo non è con noi? Quando siete sedotti dal peccato, dalla tentazione…, come potete perseverare nel fare il bene se Cristo non è al vostro fianco? Rallegriamoci che Cristo sia venuto nel mondo. Rallegriamoci che Gesù Cristo voglia abitare nella mia anima. Non serve a nulla che Gesù Cristo sia nato a Betlemme, se non abita nella vostra anima. – Il famoso scrittore italiano PAPINI è stato per molti anni un anarchico, un ateo, un convinto oppositore del Cattolicesimo. Un giorno incontrò Cristo e si convertì. Poco dopo si ritirò per quindici mesi e lì, in solitudine, scrisse il suo bellissimo libro La storia di Cristo. La parte del libro in cui descrive la terribile immoralità della vita attuale è impressionante. L’autore lo sapeva bene. Odio ovunque, furto, egoismo, immoralità, violenza! E alla fine del suo libro, questo ex anarchico, questo ex ateo, rivolge a Gesù Cristo una preghiera che potremmo riassumere così: Signore, se Tu fossi un Dio giusto, non ci ascolteresti, per tutto il male che noi uomini abbiamo commesso contro di Te. Quanti Giuda ti hanno tradito e venduto nel corso della storia … milioni di volte! Quanti uomini hanno gridato come i Farisei per duemila anni: Non vogliamo Cristo! Quante volte, per denaro, per una posizione che volevano raggiungere, ti hanno flagellato fino allo spargimento di sangue! Quante volte ti abbiamo crocifisso con i nostri desideri, con i nostri pensieri, con le nostre azioni! Quante, ma quante volte, o Dio misericordioso! Abbiamo bandito Cristo dalla nostra vita perché era troppo puro per noi, gli abbiamo voltato le spalle perché era troppo santo per noi! Lo abbiamo crocifisso, lo abbiamo condannato, perché la sua giustizia condannava la nostra vita peccaminosa! E ora? Ora, quando abbiamo già raggiunto un tale stato di corruzione, ci rendiamo conto di quanto ci manchi. Desideriamo la verità e la rettitudine. Cristo, il nostro unico male è questo: che ti abbiamo abbandonato. Abbiamo tanto bisogno di te! Abbiamo fame e sete di felicità. Siamo malati nell’anima. Siamo disorientati, non sappiamo quale sia la strada. Non sappiamo dove sia la verità. Viviamo senza pace, in una guerra perpetua. Signore, tu sei il nostro Pane. Tu sei l’acqua che sgorga per la vita eterna. Tu sei la via. Tu sei la Vita. Tu sei la nostra pace. Come ti cerca la nostra anima! Vieni, Signore, Gesù! Vieni, Cristo, Re del mondo!

VIVA CRISTO-RE (8)

VIVA CRISTO RE (6)

CRISTO-RE (6)

TOTH TIHAMER:

Gregor. Ed. in Padova, 1954

Imprim. Jannes Jeremich, Ep. Beris

CAPITOLO VII

CRISTO, RE DEL SACERDOZIO

Voglio sviluppare il pensiero di Cristo e della Chiesa sulla dignità e la missione del Sacerdozio. Cosa pensa la Chiesa Cattolica del Sacerdozio? A cosa servono i Sacerdoti? In questa questione, l’unico che decide, l’unico che governa è Nostro Signore Gesù Cristo, l’unico Maestro. Una volta Egli disse ai suoi Apostoli: « Come il Padre ha mandato me, anch’io mando voi » (Giovanni XX: 21). « Vi mando – siete i miei ambasciatori, i miei ministri. Il Sacerdozio non è stato inventato, come molti sostengono, da uomini avidi di potere e di onori; non è stato inventato da uomini che cercavano di essere onorati e venerati dal popolo, ma è stato istituito dal Signore. È volontà del divino Gesù che ci siano uomini che, liberi da altri doveri, ancor più liberi dalle preoccupazioni della vita familiare, dedichino tutta la loro vita, tutti i loro momenti, ad un unico obiettivo: condurre gli uomini a Dio e condurre le anime al cielo. Dio stesso ha scelto un giorno della settimana, la domenica, per essere « il giorno del Signore »; Dio stesso ha scelto i salmi per essere i « canti del Signore »; Dio stesso ha voluto avere un luogo dedicato esclusivamente a Lui, la « casa del Signore »… Dio stesso ha anche scelto alcuni uomini per essere gli « unti del Signore », i « ministri di Dio ». Attraverso di loro Dio diffonde la grazia divina sui fedeli. Il Sacerdote, secondo la volontà di Dio, il buon Sacerdote, sa bene di essere un ministro, cioè un servitore, che non è lì per essere servito ma per servire, come servitore del Signore e dei fedeli di Cristo. Questo è il prete cattolico. – « Come il Padre mio ha mandato me, anch’io mando voi ». Prima di salire al cielo, Gesù Cristo ha affidato agli Apostoli la propagazione della sua dottrina: « Andate e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo » (Mt XXVIII, 19).  Come se dicesse loro: « Finora sono stato io a insegnarvi; d’ora in poi sarete voi a insegnare alle nazioni nel mio nome  ». Finora sono stato io a incoraggiarvi e a proteggervi; d’ora in poi sarete voi a esercitare lo stesso ufficio con i vostri simili. Finora ero Io a plasmare le vostre anime secondo la volontà di Dio; d’ora in poi sarete voi a plasmare le anime dei fedeli secondo il mio spirito. Cioè: finora siete stati i miei ascoltatori, i miei proseliti, i miei discepoli; d’ora in poi siate i miei araldi, i miei apostoli; siate… i miei Sacerdoti! i miei Sacerdoti! – La dignità sacerdotale scaturisce dal Cenacolo, dall’Ultima Cena, dalle parole di commiato che il Redentore rivolse agli Apostoli: « Fate questo »…; « Andate e insegnate »…; cioè: offrite questo stesso Sacrificio dell’Eucaristia e insegnate agli uomini a imitarmi fedelmente.  Il Sacerdote è un uomo come tutti gli altri, ma con la sua consacrazione sacerdotale, Cristo gli ha affidato un’alta missione: « Andate e ammaestrate tutte le nazioni, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato ». Vale a dire: « Andate, affrontate chiunque cerchi di perdere le anime ». Andate, non siate turbati, non abbiate paura. Sono con voi fino alla fine dei tempi. Sono sicuro che né re, né imperatori, né repubbliche, né governatori potranno privarvi del diritto che vi ho conferito: istruire tutte le nazioni. Non c’è potere umano che possa impedirvelo. So bene che tale missione vi porterà sofferenza; sarete perseguitati, odiati, privati di tutto…, lo so anch’io; ma anche così insegnerete. La parola di Dio non può fallire. Battezzare tutte le nazioni, cioè santificare le anime, perdonare i peccati, versare le mie grazie, rendere dritta e salda la canna spezzata, dare olio alla candela tremolante, dare speranza alle anime disperate…, portare le anime a Dio. Non avrai famiglia, perché nulla ti leghi. Non avrete figli, perché possiate essere liberi, perché possiate dedicarvi in ogni momento ai vostri figli spirituali, che dovrete conquistare per Me….. Ecco quanto è sublime la missione sacerdotale. « Come il Padre mio ha mandato me, anch’io mando voi. Vi mando a curare le ferite dell’anima. Vi mando a curare le ferite spirituali. Vi mando per consolare i cuori affranti. Vi mando a confermare nella fede coloro che vacillano nel dubbio. Vi mando a salvare le anime. Se incontrate uomini afflitti nel mondo, guardateli con il mio amore. Se vedete uomini oppressi dal peso delle prove, riversate nelle loro anime la mia consolazione. Se vedete uomini piegati sotto il peso dei loro peccati, offrite loro il mio perdono. Siate luce per coloro che vivono nelle tenebre. Dare coraggio alle anime deboli di cuore. Portateli tutti a Me. »- « Voi siete il sale della terra… » (Mt V, 13). C’è molto male nel mondo, si commettono molti peccati. …. Avvisare le anime del pericolo che corrono. Annunciate a tutti i Comandamenti di Dio. Ricorda alle anime ciò che ho sofferto per loro per salvarle. Non temete, parlate, anche a costo della vita, perché “«siete il sale della terra » ed è vostro dovere preservare le anime dalla decadenza. « Voi siete la luce del mondo » (Mt V.,14). Insegnate la via che conduce a Dio. Insegna le mie leggi in modo tale che gli uomini non solo le conoscano, ma le adempiano e le vivano. Nulla deve spaventarvi; diffondete il mio insegnamento, anche se dovrete pagare con la vita. Siate pastori del mio gregge, difendete le mie pecore dai lupi, dai lupi astuti. D’altra parte, dovete amare i vostri nemici, coloro che vi insultano e vi minacciano? Questo è il sublime ideale del sacerdozio, secondo la Chiesa. Così capiamo perché i buoni fedeli amano e rispettano così tanto i sacerdoti, e capiamo anche l’odio profondo che i nemici della Chiesa e della religione nutrono nei loro confronti. I Sacerdoti sanno bene che il rispetto e l’affetto che ricevono, più che alla loro persona, è dovuto alla grazia della missione, perché Gesù Cristo li ha scelti senza che lo meritassero. I buoni Cattolici amano i loro Sacerdoti perché continuano a estendere il Regno di Dio, secondo l’incarico ricevuto da Cristo; li rispettano perché credono fermamente che le mani consacrate del Sacerdote abbiano il potere di portare ogni giorno il Corpo di Cristo in questo mondo.Sono gli strumenti che Dio ha messo a nostra disposizione per raggiungere la vita eterna. Non hanno altra missione che salvare le anime redente dal sangue di Gesù Cristo. È soprattutto a loro che Cristo rivolge la domanda: Diligis me plus his? (Gv XXI, 15): « Figlio, mi ami tu? Mi ami tu sopra ogni cosa? » E sai lavorare per me più che per ogni altra cosa?  Ripeto: il Sacerdote non è un Angelo, ma un uomo, come tutti gli altri. Ma è un uomo infuocato dall’amore di Cristo. Nostro Signore guarì un cieco con un po’ di fango e una donna malata toccandole l’orlo della veste. Anche il Sacerdote è un po’ di argilla, ma un’argilla che, nelle mani di Cristo, apre gli occhi dei ciechi e permette loro di vedere Dio. Egli è anche l’orlo della veste di Cristo, e così restituisce la salute ai malati dell’anima.  Il Sacerdote porta i fedeli nella Chiesa attraverso il Battesimo; porta Dio nell’anima attraverso il Santissimo Sacramento; rafforza le anime nella lotta, prega con loro, mostra loro il Paradiso, le consola nelle disgrazie, nell’agonia della morte; e prega per loro davanti all’altare. Solo Dio può perdonare i peccati. Il peccato non può essere cancellato se non con il perdono di Dio. Posso fare ammenda, posso piangere, posso fare penitenza…, ma non basta; la coscienza del peccato permane nella mia anima: la giustizia di Dio non è ancora espiata. Così cado in ginocchio nel confessionale, vi porto la mia anima tormentata e straziata, caduta e peccatrice. Non è un uomo che siede sul santo tribunale; vedo il Sacerdote, e in lui Dio: « Confesso i miei peccati a Dio onnipotente per mezzo del sacerdote: gli mostro le mie ferite, le mie cadute, i miei dolori… ». Poi, quando ho confessato umilmente il mio peccato, con il cuore dolorante, Cristo misericordioso lascia cadere il sangue delle sue piaghe sulla mia anima, la lava e la conforta, le dà coraggio e gioia…, e quando mi alzo dal confessionale, sento che c’è una nuova vita in me, che la mia anima è pulita, che Cristo è in me…. Questa è la sublime missione del Sacerdote. – I Cattolici sanno bene cos’è la confessione. È per ridare pace all’anima tormentata; è per salvare le anime che si sono smarrite e sono cadute nell’abisso del peccato e per rimetterle sulla via della virtù…. È uno dei doni più eccelsi che ci ha lasciato il Redentore. E questo potere di perdonare i peccati è stato dato da Nostro Signore Gesù Cristo nelle mani del Sacerdozio. È ovvio, quindi, che i fedeli guardano con rispetto ai ministri del Signore. E forse questo spiega anche l’odio acerrimo che i nemici della Chiesa nutrono per il sacerdozio. Vedono solo difetti e peccati nei Sacerdoti. – Ci chiediamo: il male può entrare nel cuore di un Sacerdote? Non dobbiamo dubitarne, perché anche i sacerdoti sono uomini, possono avere difetti, debolezze e persino peccati. Da ogni albero cade qualche frutto marcio e ogni esercito ha dei disertori. Ma non dobbiamo giudicare l’albero dai frutti caduti, né l’esercito perché ci sono stati dei disertori; proprio perché i Sacerdoti danno la vita per gli altri, i loro minimi difetti…, che negli altri non si notano nemmeno, sono molto più evidenti. Su una tovaglia bianca si nota facilmente la più piccola macchia; tra gli stessi Apostoli c’era già un Giuda. Ci sono anche oggi – purtroppo – Sacerdoti in cui il sale della terra è rovinato, in cui la luce del mondo è oscurata, che compromettono la dottrina di Cristo, che disonorano la Chiesa. Ma cosa si può dedurre da questo? Il Cattolico coscienzioso, per quanto possa deplorare questi tristi scivoloni, non perderà la fede a causa di essi. Non ha dubbi sulla fede, perché vede la distinzione tra l’uomo ed il potere conferito da Cristo; e come nel Sacerdote esemplare non onora l’uomo, ma il ministro di Gesù Cristo, così non disprezzerà la Religione di Cristo per i peccati del ministro infedele; non dirà che il Cristianesimo è una menzogna, né che è fallito, perché sa che il Sacerdote è il tramite con cui la grazia divina scende nelle anime, il recipiente da cui possiamo attingere l’amore di Dio….. Il recipiente, come il condotto, può essere d’oro, d’argento, di bronzo o persino d’argilla, non importa; l’importante è ciò che contiene, ciò che dà. Il Cattolico coscienzioso, nonostante le possibili cadute, nonostante i difetti in cui può cadere l’uno o l’altro Sacerdote, onorerà e rispetterà il Sacerdote, perché è stato scelto da Cristo stesso per continuare la sua missione. E se gli altri odiano tutti i Sacerdoti senza eccezione, solo perché sono Sacerdoti, il fedele Cattolico onora il Sacerdote proprio perché è un Sacerdote, perché è il ministro di Dio. E nessuno piange con più dolore per il comportamento di un cattivo Sacerdote dei Sacerdoti esemplari, quelli che sono secondo il Cuore di Cristo, perché sanno meglio di altri che nemmeno dieci Sacerdoti di vita santa possono rimediare allo scempio spirituale causato dalla vita di un solo cattivo Sacerdote. I nemici della Chiesa non attaccano i cattivi Sacerdoti; al contrario, li lodano, li proclamano eroi, luminari della teologia…. D’altra parte, i più ferventi, i più cristici, i più santi Sacerdoti sono sarcasticamente calunniati e perseguitati. Una delle armi più potenti della Chiesa cattolica è la preghiera. Negli Atti degli Apostoli leggiamo che quando San Pietro soffriva nella prigione del re Erode Agrippa, tutta la Chiesa pregava incessantemente per lui. I Sacerdoti non hanno mai avuto bisogno delle preghiere dei fedeli come oggi. La mia affermazione può sembrare un po’ strana, ma risponde a una realtà: non sono solo i Sacerdoti a dover pregare per i fedeli, ma anche i fedeli devono pregare per i Sacerdoti. È un comando sincero di Gesù Cristo. In un’occasione ha guardato intorno al mondo delle anime: quanti uomini sono alla ricerca di Dio, quante anime immortali, quante lotte, quanti dolori, e quanti pochi sono sulla terra che si occupano di queste anime! Allora un sospiro gli uscì dal cuore Poi un sospiro sgorga dal suo cuore: « La messe è abbondante, ma gli operai sono pochi. Pregate dunque il Signore della messe perché mandi operai nella sua messe » (Mt IX,17-38; Lc X,2). I Cattolici dovrebbero pregare anche per i seminaristi, affinché perseverino nella loro vocazione con l’amore ardente di un’anima giovane, in modo che quando le comodità, gli agi e la felicità di questa terra vorranno sedurli, possano perseverare imperterriti e prepararsi all’alta missione di salvare le anime, anche se in questo cammino costerà loro molti sacrifici e rinunce. Certo, anche se la loro vita fosse cento volte più difficile, anche se le persecuzioni si intensificassero e le strade del Calvario diventassero più ripide e i sarcasmi e le calunnie si moltiplicassero, gli unti del Signore non sarebbero mai sterminati. Per due millenni i nemici della Chiesa hanno già provato molte cose. Hanno sequestrato il Papa, bandito i Vescovi, giustiziato molti Sacerdoti. A cosa è servito? Non è questo il modo in cui dovrebbero svolgere la loro attività.  Dovevano imprigionare l’anima della Chiesa. Dovrebbero sequestrarlo e annegarlo. Dovrebbero fermare il soffio dello spirito che mette nell’anima dei giovani la vocazione: Figlio mio, puoi amarmi più di tutti gli altri uomini? Puoi fare di più per Me, soffrire di più? Puoi essere il mio Sacerdote? Dovrebbero fermare questo spirito, al quale il giovane commosso risponde: Signore, io sono tuo, la mia vita è tua…, e anche se mi aspettano persecuzioni, il Calvario, le spine e la crosta di pane…, io sono tuo.  Chi dirà che non è così?  Nei giorni sanguinosi del comunismo, quando la morte e la fame minacciavano ogni sacerdote cattolico, ho incontrato un ragazzo dagli occhi ardenti, uno studente del quarto anno di liceo. Abbiamo iniziato una conversazione e mi ha detto che voleva diventare Sacerdote. Sono rimasto sorpreso. – Ora, figlio mio, vuoi diventare Sacerdote? Proprio ora? Avete molte professioni e mestieri tra cui scegliere… ma sapete cosa significa essere un Sacerdote? Sapete cosa vi aspetta? – Sì, mi sto preparando a diventare Sacerdote da quando ero bambino, rispose. Lo guardai dritto negli occhi: – Sai, figlio mio, che se sei un sacerdote rischi di morire di fame? Il ragazzo guardò anche me e, emozionato, disse solo questo: «Non importa, Padre; Nostro Signore Gesù Cristo sarà con me anche allora? » Sì, Egli sarà con voi! E sarà con tutti voi seminaristi che vi state preparando a servire il Signore; e sarà con tutti i fedeli che in qualche modo aiutano il sacerdote, chiunque esso sia, nel servizio di Dio. Il lavoro sacerdotale non è mai stato facile e comodo; ma alcuni padri sono abbagliati dal prestigio esterno e dal rispetto che talvolta porta con sé. Allora dobbiamo supplicarli: Se vostro figlio non vuole essere sacerdote, non costringetelo, per l’amor di Dio! Ma ora dico a tutti i genitori: se vostro figlio viene da voi con entusiasmo e vi dice: « Padre, madre, Gesù Cristo mi ha chiamato e scelto per essere sacerdote ». E ho detto di sì. Allora abbracciate vostro figlio con grande amore e dategli la vostra benedizione per seguire il sentiero stretto e spinoso dei ministri di Cristo.  Padri, dovete dare buoni Sacerdoti a Nostro Signore Gesù Cristo!  Il Signore si compiaccia di inviare alla Chiesa Sacerdoti ferventi, Sacerdoti santi, fedeli vassalli del Re del Sacerdozio, Cristo.

VIVA CRISTO-RE (7)

LA GRAN BESTIA E LA SUA CODA (4)

LA GRAN BESTIA E LA SUA CODA (4)

LA GRAN BESTIA SVELATA AI GIOVANI

dal Padre F. MARTINENGO (Prete delle Missionij

SESTA EDIZIONE – TORINO I88O

Tip. E Libr. SALESIANA

VIII.

I VILI E I FORTI

Ho detto di due martiri; ma voi sapete, cari giovani, che sono tre secoli e più tutti pieni di eroi cosiffatti, de’ cui nomi una piccola parte ci han tramandato le storie; gli altri stan scritti nel libro immenso dei cieli: tre secoli e più, nel volger dei quali, dalla Palestina alle regioni più lontane dell’Asia, dalla Grecia all’Italia, alle Gallie, all’ultima Spagna, e nell’Egitto, nella Libia, nelle provincie marittime dell’Africa, si vide levarsi un esercito immenso di giovani, di vecchi, di poveri e ricchi, d’uomini e di donne, di giovinetti persino e di delicate fanciulle, a spezzar risoluti il giogo di ogni umano rispetto, e correre incontro, quasi a festa, alla povertà, all’infamia, al carcere, ai tormenti , alla morte, per mantenere fedeltà a Cristo, e serbare inviolato il santuario di loro coscienza. Era la dignità, era la coscienza del genere umano che risorgeva in loro; né ci voleva meno di tre secoli d’eroismo per rilevare il mondo pagano dall’abisso in cui era caduto, di corruzione e di viltà. – Giovani cari, la conoscete l’antica storia di Roma? … Vedetela quella grande città che del suo nome aveva empito la terra, vedetela in quel tempo in cui Gesù, dannato a morte da un rappresentante dell’impero romano,  tiranno, spargeva il suo sangue in una lontana provincia, per redenzione degli uomini. Imperava Tiberio. Chi mera costui? Un vile tiranno, l’assassino feroce di Germanico e d’Agrippina, che empì Roma di sospetti, di spie, di confische, di morti, che dié di piglio nell’avere e nel sangue dei più nobili e virtuosi cittadini; che mentre contaminava di sue mostruose libidini la ridente isoletta di Capri, lasciandole un nome d’eterna infamia, in Roma abbandonavasi senza ombra di ritegno a suoi feroci istinti di sangue.  Un ritegno poteva metterglielo il Senato; ed egli a volte ne sentiva paura. Ma quell’illustre Senato, che mostravasi un tempo ai barbari Galli come un consesso di Numi, quel Senato che colla prudenza e colla giustizia era giunto a far di Roma la regina del mondo, quel Senato era divenuto sotto Tiberio un branco di vili, che si strisciavano ai piedi del potente tiranno, e non che rattenerlo l’invitavano co’ plausi a misfare. A Tiberio succede Caligola: Caligola, così ebbro di ferocia, che sendo penuria di carni, n’andava attorno per le carceri, e i più grossi tra’ prigionieri faceva gettar pascolo alle sue fiere; che a rallegrar sue cene nelle quali profondeva tesori, non trovava musica più dolce delle grida degli schiavi posti a tormenti; che agli strazi e alla morte de’giovinetti figluoli, costringeva ad assistere i genitori; che non applaudito quanto bramava dalla plebe, mordendosi il labbro, sclamava. — Oh avesse il popolo romano una test: a sola! la reciderei all’istante. — E il Senato?… il Senato a questa belva coronata decretava sacrifizi e onori divini. Dopo Caligola Claudio. Claudio imbecille, che datosi in mano a femmine e liberti, confisca, uccide, tiranneggia a lor posta; pazzo dei giuochi gladiatori, quando mancano gli schiavi a scannarsi per suo diletto nell’Arena costringe i liberi cittadini; non mai sazio di lascivie e di crapule, s’empie a gola, indi vomita, e si rimpinza e rivomita ancora … Ebbene, anche a costui, anche a Claudio si prostra la maestà del Senato, anche lui acclama Dio, anche a lui templi ed altari! – A Claudio tien dietro Nerone; Nerone l’uccisor di sua madre, che gusto di vagheggiare un incendio, appicca a Roma le fiamme, e ne incolpa i Cristiani, ed essi Cristiani vivi vivi fa impegolare di resina, e legati a un palo li brucia di notte nei suoi  orti ad uso di fanali. Pure anche per lui son plausi ed onori divini. Seneca il filosofo lo scusa del matricidio dinanzi al Senato, il Senato batte le mani e decreta ringraziamenti agli dei. – Or se tanta era corruzione del Senato, immaginate voi, cari giovani, qual dovesse essere la corruzione del popolo, e in qual fondo di viltà e di sozzure venisse precipitando il mondo pagano. Rispetto a Dio, coscienza, dignità umana tutto perduto! Non restava che il rispetto dell’uomo….. Fu allora che Dio ebbe pietà del genere umano; fu allora che si levò il suo Cristo a predicare: – non vogliate temere coloro che uccidono soltanto il corpo; ma temete piuttosto colui che tutto l’uomo, corpo ed anima, può dannare, ad eterni tormenti – Fu allora che Paolo, il fedele interprete di Cristo, gridava ai suoi seguaci: – Non vogliate farvi schiavi degli uomini. – E fu allora che le legioni di martiri saltarono fuori dalla terra; servi gloriosi di Dio spezzavano il giogo ingiusto dell’uomo, e per rispetto di Dio e dell’anima immortale, osavano dir di no in faccia ai coronati tiranni. Questi gli esempi che salvarono il mondo. Il che torna a dire, miei cari giovani, che se volete serbare inviolata in voi stessi l’umana dignità, e dal sentimento di essa attingereforzache basti a combattere e vincere il mostro dell’umano rispetto, vi conviene innanzitutto esser sinceri e ferventi Cristiani. Cristianesimo e verità, e: vere libere eritis (ci disse Cristo) si veritas liberavit vos. Sarete uomini veramente liberi ed indipendenti se tali vi renda la santa verità. – Veramente di libertà e di d’indipendenza s’è chiacchierato molto ai dì nostri, e si chiacchiera ancora: ma non lasciatevi ingannare, cari giovani, al suon delle parole. Guardate ai fatti; e pur troppo dovete convincervi, che il mondo dà addietro a grandi passi, torna all’antica servitù; e torna all’antica servitù perché torna al paganesimo.

IX.

LA LANTERNA MAGICA

Giovinotto mio, che vai leggendo queste carte. Tu sei nuovo ancora nel cammino della vita; facile a lasciarti abbagliare dalle apparenze, credulo e fidente per semplicità di cuore, uso a vedere il mondo attraverso a certe lenti che tutto il coloriscono in vaga tinta di rose. Ma io, a costo anche di guastarti certi bei sogni d’oro, vo’ farti vedere il mondo qual è. Di’, gio0vinotto mio: ti piacerebbe egli trastullarti un pochino colla lanterna magica? … oh, oh! Vedo che ti rallegri e fai festa … Bene, senti: io ce ne ho una lanterna magica, che fa veder le cose proprio al naturale … vuoi farne la prova? – Volentieri, ma amerei sapere quanto si paga. — Oh niente, amico mio, nient’affatto. Purché mi riesca trastullarti alquanto, e metterti a parte dei frutti di quell’esperienza, che alla tua età non puoi avere, io mi terrò per abbastanza pagato. Su dunque! Qui si da spettacolo gratis et amore. Ecco la lanterna, avvicinati, metti l’occhio alla lente…. Che vedi? – Vedo … vedo …  una stanza quadra, spaziosa, con intorno degli scaffali pieni di carte, e nei quattro angoli, quattro scrittoi. A tre di essi vede seduti dei giovani … tre … quattro … sette. Per un poco scrivono in silenzio; poi uno si alza, getta via la penna, si caccia le mani nella zazzera e: – Maledetto mestiere! … Anche gli altri al suo esempio si levano, chi si stira, chi sbadiglia, chi s’accende un sigaro, chi canta, chi suona il tamburo colle dita sui vetri della finestra … Altri fanno a pallottole di carta … due si mettono a giocare … Ma chi sono costoro?- Un momento. Guarda ancora: che vedi? – Oh! In batter d’occhio tutti a posto. Tutti tranquilli, cogli occhi fissi sulla carta, che menano la penna … Ma che è stato? – Guarda a quella porta … – Ah ecco, sì, da quella porta vedo entrare un uomo … – Basta, hai visto abbastanza, or bada a me. Quei giovan i sono impiegati del Ministero; quell’uomo è il capufficio … Ah ridi, neh? … – Già gli è rispetto del superiore … C’è egli poi un gran male? Anch’io alla scuola, se il maestro volta l’occhio, o per poco s’allontana… – Male, male, figliol mio: tu servi all’occhio, ad oculorum servientes, come dice S. Paolo, servi all’umano rispetto. Se appena manca l’occhio dell’uomo, intralasci il dovere, permetti, mio buon giovane, che tel dica; tu se’ già mezzo schiavo della brutta bestia…. m’intendi?… Tienti dunque a mente un ricordo: col cessar la sorveglianza il dovere non cessa; e se l’occhio dell’uomo talvolta si chiude, sta sempre aperto quello di Dio. Hai capito?… Or bene, torna a guardare … Che vedi? – Una cappella … l’altare parato a festa … candele accese… da unorta laterale esce un vecchio mitrato in sacri paramenti… con gran corteggio … È il Papa, son Cardinali; li conosco alla veste rossa che portano … s’accostano, si schierano davanti all’altare, il Papa si segna, comincia la Messa … — Si, bravo, hai bene riconosciuto i personaggi… Ma ora guarda un poco più in là verso la balaustrata… — Oh quanti signori vestiti in nero! Che serietà! che barboni! Che picchiar di petti, che compunzione! Quando si dice devoto femmineo sesso! Quì son tutti uomini, e donne … neppur una! — Passi la riflessione; ma guarda ancora. – Ecco, il Papa si volta, ha la sacra pisside in mano, mostra l’Ostia Santa, poi va a loro, li comunica ….. – Basta, hai visto; or senti me. Quegli uomini tanto devoti, sono i graziati dal Papa: li ha richiamati dall’esilio, ha aperto le loro carceri, li ha ridonati alla patria e alla famiglia … Ora prendono la comunione dalle sue mani. Passeranno pochi giorni e gli grideranno la morte. – Scellerati, sacrileghi! Chi son costoro? – L’imparerai a suo tempo, fanciullo mio. Ora va avanti, torna a guardare: che vedi? – Una contrada di notte … e c’è un fanale, e alla pallida luce che manda, due figure sinistre, ravvolte in ampi mantelli … Ecco, s’abboccano, si stringono la mano di sotto i mantelli … Uno è un giovanotto pallido di primo pelo, l’altro un barbone con du’ occhi sinistri … ha qualcosa che luccica in mano: pare … no … sì, un pugnale. Lo porge al giovane, il giovane lo brandisce, lo bacia, l’alza al cielo, e squassando la chioma, si dilegua fra l’ombre….. Che vuol dire questo? – Torna a guardare, or ora lo saprai. – Oh, oh! Una sala dorata, un andito a colonne … Ma lì, dietro a una colonna c’è uno, un giovane rannicchiato … Che fa? – Fissalo bene in volto. Nol conosci? – Ah, si, proprio lui: quel giovane  che poco fa riceveva il pugnale da colui …  e di fatto nel pugno stretto luccica la lama … Oh me! Costui macchina un delitto di sangue … – Oh via, non ti spaventare. T’assicuro che sangue non ne vedrai. È un vile costui, che dall’umano rispetto lasciossi trascinare alle società segrete, ora per rispetto umano s’atteggia di Bruto… egli è bruto, sì, ma nel senso comune della parola … Su via! Torna, giovane mio, torna a guardare; vedrai un uomo di alta statura … – Si, sì; oh come è lungo, magro …Ha volto pallido, guardo severo … è vestito alla militare, circondato di militari e d’altri … pare un re … – E poi? – Attraversa il salone, entra in quell’andito delle colonne, proprio là dove s’apposta l’assassino … Oh disgraziato d’un re! … – N on temere, dico, non temere di nulla; torna a guardare. Ebbene? – Il re è passato, e colui fugge, pur stringendo il pugnale … – È rosso forse? – No; anzi e’ par più terso e luccicante di prima. – E non te l’aveva detto, che sangue non ne vedrai. Ah la mia lanterna magica! so ben io quel che c’è dentro!… Pure anche qualche scena di sangue potrei fartela vedere: Ma perché avrei a spaventarti, povero giovane? … – Che spaventarmi, ? non sono così di cuore io. Eppoi, se si tratta di farmi un uomo … lasciatemi vedere, lasciatemi vedere ancora! – E tu vedi ancora. Ebbene? – Un bosco … là sul verde spazzo, sotto quella fila di pioppi, accanto a quel canale, due … Uno è un giovinetto biondo, delicato, che mette appena le prime caluggini. È pare smarrito e come fuor di sé … l’altro un barbuto, con cert’aria beffarda … O me! Traggon le spade, di battono, si battono come demoni … tic tac, tic tac … Ahi! Povero giovinetto … vacilla, cade … l’erba è rossa del suo sangue…- Bata, bast: non guardar pià. La vista delle sue crudeli agonie ti darebbe al cuore troppo tristezza … Odi me, invece … Quel giovinetto è di buona famiglia, ben educato, ha padre, madre, sorelle che l’amano. Nata rissa in un caffè tra lui e quel vil barbuto con cui non avrebbe mai dovuto affiatarsi, fu sfidato a duello … Il giovine sapeva il dover suo, ma il rispetto umano lo costrinse ad accettare. Ora è là cadavere insanguinato, e sua madre a stracciarsi i capelli e urlare da forsennata …- Ma via, cacciamo questi trucipensieri:e a trar qualche frutto da quanto hai veduto fa tuo conto che sta dall’alto al basso, dai grandi ai piccoli, dai popoli ai re, così va il mondo. L’umano rispetto, la viltà sua figliuola, e sua madre la paura, comandano a bacchetta, comandano a tutti. – Ma a me no, a me no in eterno! – Bravo giovinotto! Questa sdegnosa protesta mi piace. Ma bada! L’umano rispetto è tal bestia, che torna facile bravarla lontana … Man mano poi che s’appressa, la ti mostra certi unghioni, che anche i forti talvolta ne hanno paura. Sai che mi fa sovvenire la tua nobile protesta? Mi fa sovvenire s. Pietro, il quale al Salvatore, che prediceva la viltà dei discepoli suoi: – t’abbandonino tutti (protestava), non io t’abbandonerò, pronto, se fia d’uopo, a dar vita per te. – E poco dopo le generose promesse, non solo fuggiva come gli altri, ma per rispetto d’una vile fantesca e di pochi soldatacci, rinnegava tre volte il Maestro. – Gli è perciò che mi permetterete, o cari giovani, di prolungare ancora un poco la mia conversazione con voi, foss’anche a costo di annoiarvi un tantino; e lasciata da parte la lanterna magica, che, a dir vero, mostra certe cose un po’ troppo al naturale, ripigli così alla buona il mio ragionare, sempre nell’intento di aggiungervi forza a combattere e vincere e calpestare co’ vostri piedi la mala bestia che è soggetto dei nostri discorsi.     

VIVA CRISTO-RE (5)

CRISTO-RE (5)

TOTH TIHAMER:

Gregor. Ed. in Padova, 1954

Imprim. Jannes Jeremich, Ep. Beris

CAPITOLO VI.

CRISTO, RE DELLA CHIESA

Chiesa Cattolica! Il mondo ha visto molte cose sublimi…, ma nessuna così sublime come questa. Ha visto i faraoni costruire le piramidi; ha visto Ciro fondare il suo grande impero; ha visto Alessandro Magno attraversare trionfalmente l’Asia; ha visto l’Impero Romano conquistare tutto il mondo conosciuto; ha visto Carlo Magno gettare le fondamenta del regno dei Franchi; ha visto gli eserciti dei Crociati riconquistare la Terra Santa; ha visto le magnifiche invenzioni dell’epoca attuale…; ma non c’è mai stata un’istituzione così sublime come la Chiesa Cattolica. Chiesa Cattolica! Quanto parlano di essa… coloro che la attaccano! Ma anche noi dobbiamo parlare di essa una volta per tutte. Chiesa Cattolica! Secondo il certificato di Battesimo, i vostri figli sono numerosi; ma non così tanti sono orgogliosi di chiamarsi Cattolici. Chiesa Cattolica! Quanti rimproveri dovete sopportare dagli estranei e dai vostri stessi figli! Eppure questa Chiesa Cattolica, così calunniata e perseguitata, è il dono più prezioso che Nostro Signore GESÙ CRISTO ci abbia dato.

I

CHE COS’È LA CHIESA?

Il Catechismo risponde alla domanda in questo modo: « La congregazione dei fedeli cristiani, il cui capo è Gesù Cristo e il Papa il suo vicario in terra ».  Qual era lo scopo del Signore nell’affidare l’insegnamento della sua dottrina ad un’istituzione così particolare? Nostro Signore Gesù Cristo non sarebbe rimasto sulla terra… Ha insegnato come dobbiamo amare Dio; ma conosceva bene la natura umana; sapeva quanto velocemente, quanto facilmente dimentichiamo e distorciamo la vera dottrina. Voleva, quindi, che ci fosse qualcuno che non si lasciasse ingannare, che salvaguardasse la sua dottrina, che osasse alzare la voce e vietare le false dottrine…; per questo motivo fondò la sua Chiesa.  Da più di duemila anni la Chiesa Cattolica proclama la dottrina di Cristo. Quante cose sono successe da allora… Quanti popoli, quante dinastie sono perite! Ma la Chiesa resta in piedi e lo sarà fino alla fine del mondo.  Beh, io sono un membro di questa Chiesa. C’è chi vanta un albero genealogico che risale a diversi secoli fa… E io? E io? Ho un albero genealogico che risale a duemila anni fa. Amo la Chiesa. Ne sono orgoglioso.  Ma da dove viene il mio santo orgoglio di essere Cattolico?

II

PERCHÉ AMO LA CHIESA?

Anche da un punto di vista puramente umano, abbiamo tutte le ragioni per essere orgogliosi della Chiesa Cattolica.  Dove possiamo trovare, ad esempio, un’istituzione che abbia lasciato in eredità all’umanità tanti preziosi tesori culturali come la Chiesa Cattolica? Nel giro di appena mille anni, essa è riuscita ad impiantare una splendida cultura artistica, scientifica ed economica in mezzo a popoli incivili. Salvò per i posteri i valori dell’antica cultura, destinata a perire al momento della grande immigrazione di popoli barbari. E l’educazione spirituale ed artistica che esercitò per lunghi secoli non poteva che fiorire, dando origine alla splendida cultura del Rinascimento. Solo chi sa come vivevano i popoli barbari può rendersi conto dell’importanza del lavoro culturale della Chiesa. È stato un lavoro sovrumano quello svolto dai monaci in Europa, insegnando ad arare e coltivare la terra, conservando e diffondendo la cultura, creando centri abitati, poi origine di importanti città. Per questo motivo la cultura europea è chiamata semplicemente « cultura cristiana ».  – E cosa dire del lavoro della Chiesa nel campo spirituale? Sappiamo che l’uomo è un insieme di corpo e anima, con una parte corporea ed una spirituale. La vita corporea la riceve dai genitori; la vita spirituale, quella della grazia, la deve alla Chiesa, sua Madre. Ha Gesù Cristo come Sposo e da Lui ha ricevuto il compito di far crescere la vita di grazia nelle anime, affinché diventino veramente figli di Dio.  Avevamo solo pochi giorni di vita, quando la nostra buona Madre, frettolosa e sollecita per la sorte delle nostre anime, venne da noi e attraverso il Sacramento del Battesimo restituì alle nostre anime la vita della grazia, perduta a causa del peccato originale, rendendoci figli di Dio, fratelli di Gesù Cristo, per i meriti della sua redenzione. Ma questa Madre premurosa non ha voluto abbandonarci dopo il Battesimo, perché sa bene che questa vita di grazia, il cui seme ha depositato in noi, deve crescere anno dopo anno. Ci accompagna fino all’ora della nostra morte. Ci rafforza (Parola di Dio), ci nutre (Eucaristia), ci difende (sana dottrina) e, se malauguratamente cadiamo in peccato mortale, ci ridona la vita di grazia attraverso il sacramento della Confessione. Chi può quantificare le innumerevoli cure che la Chiesa si prende durante la nostra vita per farci vivere la vita di Cristo, per farci raggiungere la vita eterna? Con questo possiamo già vedere qual sia il motivo più potente del nostro amore per la Chiesa. Dobbiamo amarla, certo, perché si preoccupa della vita della nostra anima, ma soprattutto perché Cristo vive in essa. Cristo è lo Sposo e la Chiesa è la sua Sposa. Non sono semplici espressioni poetiche, ma contengono una verità fondamentale del Cristianesimo: non si può parlare di Cristo senza pensare alla Chiesa. Se Cristo è il Re, la Chiesa è la Regina.  La vita della Chiesa è Cristo. Ciò che fa la Chiesa, lo fa Cristo. La Chiesa battezza: è Cristo che battezza. La Chiesa conferma: è Cristo che conferma. Sacrifica la Chiesa: è Cristo che si sacrifica. La Chiesa assolve…, benedice…, prega: è Cristo che assolve, benedice e prega. Sì: la Chiesa è la continuazione della vita di Cristo. Il Sacerdote, il Vescovo, il Papa, non sono che ministri, vicari di Cristo.  Cristo è il centro della Chiesa. Ecco perché le chiese cattoliche sono costruite intorno all’altare; l’altare rappresenta Cristo, sacerdote e vittima.  La Chiesa Cattolica è Cristo stesso, che continua a vivere in mezzo a noi. Ci rendiamo conto di cosa significhi? La Chiesa non è una filosofia, per quanto splendida possa essere, né una morale lodevole. La Chiesa Cattolica è il Cristo che rimane in mezzo a noi.  Cristo vive in mezzo a noi nel tabernacolo. Cosa fa il Signore lì? Continua a lavorare, a fare il bene: « Oggi come sempre il Padre mio opera incessantemente e io faccio altrettanto » (Joan. V: 17). Nella Chiesa abita l’Amore divino, la Sapienza eterna, Dio onnipotente, la Provvidenza divina…; lì abita il Re.  Ma abbiamo bisogno degli occhi della fede per rendercene conto. Pensate a Lui, per esempio, quando passate davanti a una Chiesa? Vi recate spesso al tabernacolo, partecipate alla santa Messa, vi sentite spinti ad entrare per salutarlo? Dimmi con quale forza ti senti attratto dal tabernacolo…, e ti dirò se sei Cattolico o meno. Sì, questo contatto vivo e amoroso dell’anima con Cristo è la Religione Cattolica, è la Chiesa. Come posso dire di amare Cristo se non penso mai a Lui? Penso ai commerci, agli altri affari, allo sport, ai divertimenti…; quando penso a Cristo? Misura il tuo grado di fede e di amore. Se siete meno attratti dal tabernacolo che da altre cose…, siete malati di cuore. E la maggior parte dei Cristiani oggi soffre proprio di questa malattia. Tutto li interessa, tutto li attrae, tutto li soddisfa…; ma chi ama Cristo?  Voglio amarlo…, voglio amare la Chiesa. E attraverso di lei, amare Cristo.

III

COME DEVO CONSIDERARE LA CHIESA?

Alla luce dei principi sopra esposti, tutte le difficoltà che possono sorgere troveranno una soluzione:

1. Pagine oscure nella storia della Chiesa.

Tutto ha un inizio su questa terra: tutto nasce, cresce e muore. Da bambino si diventa giovane, maturo, anziano, e alla fine si muore… Anche gli imperi più potenti hanno avuto la loro infanzia; la loro crescita, l’età d’oro, l’apogeo, poi la decadenza, la prostrazione e la fine. Anche la Chiesa Cattolica, poiché ha una componente umana, sperimenta in qualche modo nella sua storia tempi di prosperità e tempi di decadenza, ma rimane sempre e non muore. Inoltre, ci sono stati momenti in cui la Chiesa Cattolica, umanamente parlando, sembrava destinata a scomparire: « Ora, ora, ora! – I suoi nemici hanno gridato con entusiasmo: – Sta agonizzando, è chiaro che è arrivata la sua fine ». Ma ora arriva la cosa mirabile: proprio nel momento peggiore, la Chiesa ha riprende nuovo brio e, in modo incomprensibile, si è consolidata e ringiovanita.  Quale forza misteriosa ha la Chiesa per resistere a tutte le leggi umane e ringiovanire quando era sul punto di soccombere? Questa forza misteriosa dimostra chiaramente che la Chiesa Cattolica non è una semplice istituzione umana, ma un’istituzione divina che ha la promessa del NOSTRO SALVATORE: «Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla consumazione dei secoli » (Mt XXVIII, 20). Per dimostrarlo, non è necessaria la fede; è sufficiente conoscere la storia.  – 2° La convinzione che la Chiesa Cattolica sia la vera Chiesa. Questo è un altro rimprovero con cui viene attaccata. La Chiesa è consapevole di essere la vera Chiesa e per questo, ad esempio, non permette che nei matrimoni misti una parte dei figli venga educata in un’altra religione; non permette che, dopo aver benedetto una bandiera, un’altra religione la benedica.  – E lo fa non perché sia intollerante, ma perché è un’esigenza di verità. Due affermazioni contraddittorie sulla stessa cosa non possono essere vere allo stesso tempo. Due più due – non importa quante volte lo diciamo – non farà mai cinque. Pensiamo a quale indifferenza religiosa, quale declino della fede si scatenerebbe se la Chiesa Cattolica non fosse sicura di essere nella verità. Che nessuno si scandalizzi se lo dico sinceramente: Nel momento in cui la Chiesa Cattolica mi dicesse: « Va bene, non mi interessa se le altre religioni siano buone e vere o meno… » sarei il primo ad abbandonarla. Perché, allo stesso modo, nemmeno la Religione Cattolica sarebbe buona e vera.  Ma insistiamo su questo punto. Non disprezziamo le altre religioni. Per niente; stimiamo solo la nostra. Non odiamo le altre religioni. No, noi amiamo la Chiesa Cattolica. La amiamo perché crediamo che in essa viva la dottrina di Cristo, Cristo stesso; la amiamo perché Cristo Re l’ha fondata.

* * *

Non sappiamo apprezzare ciò che significhi essere Cattolici. Coloro che di solito ci riflettono sono quelli che non sono nati come tali e che, dopo lunghe lotte spirituali, sono arrivati nel seno della Chiesa. Non molto tempo fa è stato pubblicato il libro di una famosa scrittrice tedesca, Maria Bretano, Come Dio mi ha chiamato. L’autrice è passata da ballerina a suora benedettina. Ma quanto ha dovuto cercare, soffrire, lottare prima che ciò che aveva immaginato un giorno si realizzasse. , Ma quanto ha dovuto cercare, soffrire, lottare prima che un giorno si realizzasse ciò che aveva immaginato: “Se dovessi avere fede, potrei essere solo Cattolica! Sapeva cosa significasse essere Cattolici.  Non lo apprezziamo adeguatamente. Lo scolaro protestante, studente di medicina, che un giorno venne a trovarmi e mi disse con profonda nostalgia: « Signore, se fossi Cattolico, quanto spesso mi confesserei! »   Sai cosa significhi essere Cattolici? Mi trovavo in America proprio quando in Messico scoppiò la più vergognosa persecuzione dei tempi moderni contro i Cattolici. All’incredibile violenza dei massoni, la Chiesa rispose annunciando la sospensione di tutte le cerimonie religiose a partire dal 1° agosto 1926, per costringere il popolo messicano, interamente Cattolico, a prendere posizione contro il governo massonico ed oppressivo. Quando si diffuse nel Paese la notizia che il 1° agosto tutte le chiese sarebbero state chiuse, e che non ci sarebbero state Messe, né Confessioni, né Comunioni, né amministrazione dei Sacramenti della Cresima e del Matrimonio…, tutto il popolo cattolico del Messico ebbe un sussulto di dolore. Da terre lontane, dopo una faticosa marcia di diversi giorni, lunghe carovane di messicani sono arrivate nelle città e lì, per l’ultima volta, hanno invaso i recinti delle chiese, per poter confessare e ricevere per l’ultima volta il Sacratissimo Corpo di Gesù Cristo…. Migliaia di persone accorrevano ogni giorno per ricevere la Cresima e il Battesimo… e con dolore aspettavano il 1° agosto, quando tutto sarebbe cessato….  Quegli uomini sapevano cosa significasse essere Cattolici. Anche gli ungheresi sapevano cosa significasse la Chiesa quando le chiese furono chiuse nei giorni bui del comunismo. « Che la mia lingua si secchi e si attacchi al tetto della mia bocca se mi dimentico di te, o Gerusalemme » (Salmo CXXXVI: 6). Questo è ciò che si dicevano gli ebrei quando erano prigionieri in esilio. È lo stesso sentimento che viene suscitato nei cattolici quando la Chiesa è perseguitata e oppressa. Chi apprezza la Chiesa non si preoccupa di essere deriso in fabbrica o in azienda quando deve difenderla se viene attaccata ingiustamente. Rimanere fedeli alla Chiesa Cattolica significa rimanere fedeli a Gesù Cristo. Perché è la Sposa di Cristo. Cristo è il Re della Chiesa. Siamo orgogliosi di chiamarci Cattolici.

VIVA CRISTO RE (6)

LA GRAN BESTIA E LA SUA CODA (3)

LA GRAN BESTIA E LA SUA CODA (3)

LA GRAN BESTIA SVELATA AI GIOVANI

dal Padre F. MARTINENGO (Prete delle Missioni

SESTA EDIZIONE – TORINO I88O

Tip. E Libr. SALESIANA

VII. ESEMPI

Cari giovani, giovani generosi e bennati, m’accorgo che cosiffatti esempi vi piacciono, vi consolano, vi esaltano l’anima. Toglietene un altro levato di peso dalle s. Scritture. – « Eleazaro adunque; uno dei primi dottori della legge, uomo d’età avanzata e di venerando aspetto, volean quelli (i pagani) costringere a mangiar della carne di porco, aprendogli a forza la bocca. Ma egli, preferendo una gloriosissima morte ad una vita da vigliacco, volontariamente s’incammina al supplizio. E mirando a quel che gli conveniva fare, serbando stabile la pazienza, determinò di non far cosa illecita per timor della vita. « Ma quelli ch’eran presenti (suoi amici e congiunti), tocchi d’iniqua compassione, e per l’amore che a lui porvano da lungo tempo, prendendolo a parte, lo pregavano a permettere che si portassero delle carni di quelle che potevansi mangiare per fingere d’aver mangiato, secondo l’ordine del re, delle carni del sacrificio, affinché per tal mezzo si liberasse dalla morte: e questa umanità usavano con lui per l’antico affetto che gli portavano. Ma egli investitosi d’altri sentimenti degni di sua età e vecchiezza, memore dell’antica sua nobiltà e dell’ottima maniera di vita osservata fin da fanciullo, secondo i dettami della legge santa di Dio; rispose pronto e disse che avrebbe preferito l’inferno. Perocché (diss’egli) non è cosa conveniente alla nostra età il fingere: e di ciò n’avverrebbe che molti giovani, immaginandosi che Eleazaro di novant’anni fosse passato alla vita dei gentili, eglino pure per la mia finzione, e per questo poco di vita corruttibile, cadrebbero in errore; ed io, alla mia vecchiezza procaccerei infamia ed esecrazione. –  Perocché, quand’anche potessi io adesso sottrarmi al supplizi degli uomini, non potrei però né vivo né morto fuggire di mano all’Onnipotente. – Per la qual cosa, fortemente morendo, darommi a conoscere degno della mia vecchiezza; e un grand esempio lascerò alla gioventù, sopportando con animo volenteroso e costante una morte onorata per le gravissime e santissime nostre leggi. – E detto questo veniva trascinato al supplizio…. E mentre martoriando il coprivano di piaghe, gettò un sospiro e disse: – Signore, Iddio santo, che tutto vedi e conosci, tu sai che io potevo liberarmi dalla morte, e vedi i dolori atroci ch’io sostengo nel mio corpo, ma secondo lo spirito volentieri patisco tali cose per rispetto di te. – E in tal modo finì di vivere, lasciando, non solo al giovani, ma anche a tutta la nazione, la memoria della sua morte per esempio di fortezza e di virtù. – D’esempi cosiffatti ce ne somministra non pochi la storia antica sacra e profana; ma per trovarli a migliaia bisogna volgersi a’primi secoli del Cristianesimo, i secoli dei martiri. Oh quelli là sì ch’erano uomini e Cristiani! E che esercito immenso!… figuratevi, che sì contano a milioni. E quel che più ci fa meravigliare, e dirò ancora meglio, vergognare della nostra piccolezza, gli è che  quei tempi là gli stessi fanciulli e le delicate fanciulle, ci appaiono giganti. – Togliete s. Agnese. Fanciulla di tredici anni, bella, ricca, nobile, vagheggiata, invidiata da tutta Roma … Quanti giovani patrizi sospiravano a guardarla! Quanti principi ambivano la sua mano! I parenti stessila sollecitavano alle nozze, le avevano preparato lo sposo; ma la fanciulla, occultamente cristiana, a Cristo aveva votato il suo fiore, e: – che nozze, che sposo mi dite? Ah io l’ho già lo sposo! Uno sposo che mi ha eternamente inanellata con la sua gemma, uno sposo che ha cinto il mio collo di celestiali margarite, uno sposo che col castissimo bacio fa rifiorire vie più candidi e belli nel cuor mio i gigli della mia verginità. – Scoperta cristiana e tratta ai tribunali, sprezza le lusinghe, sorride alle minacce; posta ai tormenti, mentre il gentile corpicello è lacerato dai pettini ferrati, fissa gli occhi lucenti al cielo e pur favella con lo sposo; trascinata al supplizio, vi si avvia con passo così franco, con fronte così serena, che se a vece di catene fosse cinta di rose, l’avreste tolta in cambio d’una sposa che s’avvia alle nozze sospirate. – Si giunse al luogo fatale: mezza Roma era corsa al pietoso spettacolo! Ecco il ceppo funereo, e presso ad esso ritto in piedi il carnefice, che appoggiato il, fianco sulla scure, aspetta la sua vittima. Agnese vi corre bramosa col sorriso sulle labbra, s’inginocchia, china il capo, incrocia le braccia sul petto, prega alquanto in silenzio. Indi levata la testa, e girato sul folto cerchio dei pagani uno sguardo raggiante, piega il biondo capo sul ceppo e sguardando al carnefice: — suvvia! percuoti; son pronta. — A questo punto un brivido corre per l’ossa ai riguardanti, un suon confuso di gemiti e di sospiri si diffonde all’intorno, e: — povera agnelletta! (s’ode sussurrar d’ogni parte) Salvatela! non merita la morte. – Il carnefice si turba, impallidisce, sente anch’egli qualche cosa nel cuore … Alza il braccio colla scure, ma a guardare quella bionda testina, quel volto di rosa, quella pace, quella calma diffusa sull’angelica sembiante, il braccio gli trema; il colpo non scende …Agnese, che cogli occhi socchiuse aspetta l’istante che deve congiungerla allo sposo, gli apre anco una volta, e guardando il carnefice: – che non percuoti ancora? … cadde la scure sul candido collo, e l’anima bella col volo della colomba levossi al cielo. O generosa verginella del Signore, deh! Un poco della tua fortezza spira in petto ai giovanetti cristiani! – Nobile generoso giovine era pure Sebastiano. Iscrittosi fin dai primi anni alla milizia, aveva dato prove di tal valore che Diocleziano il volle alla corte tribuno della prima coorte e l’ebbe carissimo più anni. Occultamente Cristiano, i Cristiani favoriva e soccorreva largamente d’oro, di opera e di consiglio; di che scoperto e denunziato all’imperatore, tentato invano or colle carezze, or colle minacce, fu condannato alla morte; esecutori della sentenza quegli stessi soldati che poc’anzi ubbidivano ai suoi cenni. Ed ecco il valoroso tribuno, uso altre volte a combattere come un leone contro i nemici della patria, mutato in mansuetissimo agnello, lasciarsi prendere e legare dai soldati. Lo traggono in un bosco, gli strappano l’armi onorate e le vesti, lo legano ad un tronco; indi ritrattisi addietro quanto è un trar di pietre, dar di piglio ai giavellotti, e fra il crosciar delle risa e degli scherni brutali frecciarlo a gara, qual fosse una belva. Volavano fischiando per aria gli strali, e penetrando nelle candide carni, le rigavano di sangue. Il martire cogli occhi al cielo pregava. E già il suo corpo era tutto irto di frecce, il sangue scorreva a rivi e faceva pozza ai suoi piedi; quando fu visto volgere gli occhi errabondi, e piegare il capo sulla spalla. – Morto, è morto! – gridano i soldati; raccolgono l’armi, dan di piglio alle vesti dell’ucciso, ne scuotono il denaro, sel dividono altercando fra loro, e in sul partire, volgendo anco uno sguardo alla vittima, or l’uno, or l’altro, gli mandano, beffando, il saluto: — Addio, bel tribuno. — Ormai potete essere contento de’ vostri soldati. — Sicuro! e v’han servito per bene. — Addio, dormite il buon sonno. — Questi pochi ce gli andremo a bere alla vostra salute. — Cala la notte e la luna levasi tacita a compier suo viaggio pei campi solitari del firmamento. Il corpo di Sebastiano è pur là candido e vermiglio che pende legato dal tronco, come un giglio cui l’uragano ha piegato sul fragile stelo. Ma sta: sentesi un fruscio tra le piante: chi viene? Una giovine donna in abito dimesso, neglette le chiome, cogli occhi pregni di lagrime, s’appressa al sacro corpo, si prostra, gli bacia i ginocchi, lo bagna di pianto. Indi levatasi, si ritrae alquanto. e volta a due servi che silenziosi l’han seguita sin là: — scioglietelo, dice loro. — Sciolto il corpo, e distesolo su un candido lenzuolo facean prova di svellerne gli strali dalle carni, quando sentono, o par loro, un sospiro: Ei vive ; vive ancora! — La donna di subito si china sul corpo, gli pone la mano sul cuore e: (ripete) vive ancora. Oh Dio, ti ringrazio! Il santo martire è portato a casa d’Irene, trattato dalla pia donna con infinite cure e rispettoso amore; tantoché a poco a poco sì rimargina ogni ferita e Sebastiano torna sano e vigoroso come prima. — Giovani miei, or che credete facesse Sebastiano di una vita così prodigiosamente recuperata. Non conoscete ancora il giovine valoroso. Ei presentasi all’imperatore mentre usciva di palazzo circondato dai suoi favoriti, scortato dalle sue guardie, e con fronte alta e ferma voce: – Mi conosci tu, o imperatore? … Diocleziano allibisce, trema, s’arresta, e con voce soffocata dallapaura: – Sebastiano!…. Chi ha richiamato in vita costui? … – Il mio Dio (risponde Sebastiano) il mio Dio mi ha salvato prodigiosamente la vita; e questo Dio onnipossente or mi manda a te ad intimarti: cessa dall’incrudelire più oltre nel sangue cristiano, se no, l’ira del cielo…. — L’ira del cielo sovra te, sciagurato! (gli tuona contro l’imperatore). Guardie, incatenatemi costui e flagellatelo a morte. Così fu fatto, e Sebastiano due volte martire lasciò in quel momentola vita. – O invitto eroe di Cristo, volgi uno sguardo dal cielo sulla care gioventù; e intenda una volta qual è valor d’uomo e virtù di cristiano.

LA GRAN BESTIA E LA SUA CODA (4)