28. — Come?… Quando?… Dove?…
Certe cose sta bene ripeterle. L’attitudine, la disposizione, i sentimenti ed anche il modo di esprimerci che dobbiamo avere quando preghiamo, devono essere in tutto somiglianti a quelli d’un poveretto quando domanda l’elemosina ad un signore, d’un figlio che chiede il fabbisogno al papà, d’un amico che domanda un favore all’amico. — Se la nostra preghiera non è tale, essa sarà qualsiasi altra cosa; ma vera preghiera non è. Perciò mi sembra che, quando preghiamoci sia pur necessaria un po’ di attenzione e di bella maniera. Eh, già! poiché diversamente non si potrebbero giustificare le seguenti espressioni della S. Scrittura e dei Santi, che metto qui alla rinfusa, ma che meritano di essere posatamente. meditate: « Prima della preghiera prepara l’anima tua, e non essere come uno che tenti Dio… Questo popolo mi onora colle labbra, ma il suo cuore è lontano da me » (Eccli.18, 22; Is. 29, 30). « Chi nelle sue preghiere non attende nè a Chi parla, nè di che cosa parla, stia pur certo che, per quanto meni le labbra, farà ben poco di bene » (S. Teresa di G.). « Come mai pretendi di essere esaudito, se non ascolti neppur te stesso? Vuoi forse che Dio si ricordi di te, quando tu stesso sei fuori di te? » (S. Cipriano). « Non è senza peccato chi (volontariamente) sta distratto nella preghiera. Pare che disprezzi Dio, come chi, parlando con un altro, non attende a ciò che dice » (S. Tamaso.d’Aquino). Eh, si! « faccio una grande ingiuria a Dio, allorchè lo prego di udir la mia preghiera, mentre io non ascolto me stesso. Lo scongiuro di badare a ciò che gli domando, mentre io non rifletto nè a me nè a Lui! (S. Bernardo). Per cui si deve credere che chi consciamente sta distratto nella preghiera, meriti la sentenza di S. Gregorio M., il quale ritiene che « Dio non ascolta quella preghiera, alla quale chi prega non sta attento ». Devi infatti pensare che « quale ti diporterai nel comparire davanti a Dio nella preghiera, tale si dimostrerà pur Dio verso di te o (S. Bernardo). – Per conseguenza puoi pur immaginarti come potrà essere accolta anche la preghiera di tanti i quali dicon sù le orazioni tanto da poter dire d’averle dette; di coloro che — al dire del santo Curato d’Ars — « quan0do pregano, par che dicano a Dio: Vi dirò due parole tanto per isbarazzarmi di Voi » — O anime! ma « come può essere che di tutti i padroni il peggio servito sia proprio l’Onnipotente?! ))(D’Hulst).
(1) Questa nota è per coloro che — per iscrupolo — sogliono ripetere le preghiere o parte delle preghiere già fatte. Essi — dice l’A Lapide — la sbagliano a far così: 1.° perchè questo loro scrupolo è vano e vizioso; 2°perchè tal ripetizione è irriverente; 3.° perchè così si alimentano e si accrescono gli scrupoli; 4.° perchè avendo già pronunziate smemoratamente le parole, hanno però soddisfatto all’obbligo di pregare; 5.° perchè, se anche erano distratti, tal distrazione ordinariamente non è volontaria e quindi neanche peccaminosa; 6.° perchè, se anche essa fosse stata in qualche modo volontaria e quindi pur peccaminosa, a tal peccato non si rimedia col ripetere la preghiera, ma bensì col pentirsi di essere stati volontariamente distratti »-In Eccli. 7, 15).
Eppure per tanti è proprio così. Dio, per essi, è sempre l’ultimo, come in tutto il resto, anche nella preghiera. S’accorgeranno però in morte con chi avevano da fare. Oh, se si accorgeranno!… E coloro che, pregando, nutrono il recondito desiderio che le loro preghiere non siano da Dio esaudite? Come si comporterà con costoro il Signore « che scruta il cuore e le reni » dell’uomo? (Salmo 7, 10). O cuore umano, tu hai davvero dei recessi insondabili; e guai se il Signore avesse a tener conto anche di tali sentimenti che, il più delle volte, non comportano vera responsabilità nell’individuo. Perciò preghiamo: O Signore, mondami dai miei peccati occulti! » (Salmo 18, 13).
Ma non deviamo. — Se dunque dalle nostre preghiere vogliamo trar profitto, « bisogna dir le orazioni fermandovi sopra il nostro pensiero profondamente ed eccitando i nostri affetti sopra il senso delle medesime, non affrettandoci in alcun modo per dirne molte, ma ingegnandoci a dir di vero cuore quelle che diremo; perché vale assai più un solo « Pater » detto con sentimento, che non molti recitati in fretta e distrattamente » (S. Francesco di Sales). — Questa norma è assai importante. È pur facile intuire che anche l’attitudine di chi prega debba essere composta e devota.
Chi sta distratto nella preghiera, merita la sentenza di S. Gregorio M., il quale ritiene che « Dio non ascrolta quella preghiera, alla quale chi prega non sta attento ». Devi infatti pensare che « quale ti diporterai nel comparire davanti a Dio nella preghiera, tale si dimostrerà pur Dio verso di te (S. Bernardo). Per conseguenza puoi pur immaginarti come potrà essere accolta anche la preghiera di tanti i quali dicon sù le orazioni tanto da poter dire d’averle dette; di coloro che — al dire del santo Curato d’Ars — « quando pregano, par che dicano a Dio: Vi dirò due parole tanto per isbarazzarmi di Voi » — O anime! ma « come può essere che di tutti i padroni il peggio servito sia proprio l’Onnipotente?! (D’Hulst). – Se mettiamo tanta cura a presentarci bene davanti a qualsiasi persona di riguardo, dobbiamo pur metterne un poca — sì, almeno un poca!— anche quando, pregando, ci presentiamo al (( Re dei re e al Dominatore dei dominanti » (Apoc. 19, 16). Ricordiamoci però che il nostro spirito dovrebbe essere sempre, cioè abitualmente, ben disposto davanti a Dio, per poter essere così ogni momento in grado di conversare, sia pur nel nostro intimo e senza muover !e labbra, con Lui; anche quando siamo sul lavoro, anche quando passiamo da un luogo all’altro, anche mentre ci nutriamo, anche conversando col prossimo, e perfino quando ci divertiamo. Anzi dovremmo sforzarci di giungere proprio a questo, onde assecondare il consiglio del Signore e il desiderio dell’Apostolo: « Bisogna pregar sempre e non venir mai meno… Voglio che gli uomini preghino in ogni luogo » (Luc. 18, 1; I Tim. 2, 8). Avremo così raggiunto quello spirito di preghiera, che è spirito di continuo amoroso affiatamento con Dio e quindi pure di continua umile sottomissione al Signore. Oh! come bella sarebbe allora la vita anche su questa terra di miserie!
Dunque va bene pregare in ogni tempo e in ogni luogo (Si potrebbe aggiungere « in ogni lingua », poichè sta scritto: « Ogni ginocchio si piegherà davanti a Me, e ogni lingua liberamente confesserà Dio)) (Rom. 14, 11. Ma vedi anche Salmo 50, 16 e Filip. 2, 11). Anzi in privato ritengo che ognuno farebbe bene ad esprimersi nel proprio idioma, poichè esprimerebbe più esattamente, più cordialmente e più intelligibilmente i propri sentimenti. Non so se mi sbaglio a dir così.). In ogni tempo: però soprattutto, la mattina e la sera, durante i giorni festivi, prima e dopo i pasti, i lavori e i viaggi più importanti (1Recitate devotamente e non per uso le vostre orazioni mattina e sera, e non le trascurate, come tanti fanno, o per negligenza o per piccolo impedimento. Ma poichè, come dice S. Basilio, noi dovremmo più pregare che respirare, anche durante il giorno prendiamo l’uso delle orazioni giaculatorie, le quali, senza fatica alcuna e senza interrompere i nostri lavori, possiamo ripetere assai di frequente. Quando ci troviamo in un bisogno particolare, specialmente se una grave tentazione ci assalga, rivolgiamoci tosto a Dio con la preghiera » (Frassinetti). — La Chiesa, nei libri liturgici, ha preci speciali per prima e dopo i pasti e per coloro che fanno viaggio.), e specialmente quando si è tentati al male e in pericolo di cadere in peccato. Anzi guai a chi non si rivolge a Dio in quest’ultimo caso! Egli può dirsi perduto. In ogni luogo: cerchiamo però, più che possiamo,quei luoghi nei quali ci riesce più facile star raccolti e uniti con Dio; e riteniamo che il luogo più adatto e tutto proprio per pregare è la nostra Chiesa — grande o piccola: poco importa — la quale sostituisce e supera il grandioso tempio di Gerusalemme.
Ma ciò che reca maggior dolore è il vedere l’inqualificabile contegno dei cristiani nei pomeriggidei giorni festivi. Ah! son piene le osterie,son piene le strade, son piene le tranvie, son pieni gli autobus, son pieni gli stadi e i cinematografi; e le Chiese son vuote! Non è forse anche questo uno dei più sicuri indizi, che — venuto ad intiepidirsi l’amore-verso Dio — anche la preghiera è quasi del tutto abbandonata? Ora che cosa possiamo noi attendere di buono da questo contegno dei cristiani stessi di fronte al loro Dio? Forse l’ordine, la tranquillità, la pace, il benessere e l’abbondanza dei beni di fortuna? O non sono invece a temersi sopra di noi i più tremendi castighi? Ricordiamoci di ciò che successe in passato. Quei popoli che si erano dimenticati di Dio ed allontanati da Lui, vennero spesso richiamati al loro dovere a suon di dolorosissime sferzate. Furono — è vero — sferzate misericordiose; ma furono sempre sferzate, le quali non garbano affatto. Ora vogliamo farne la prova anche noi? Ma ancorchè su questa terra ci venissero risparmiati i tremendi castighi di Dio che piomberanno certamente sopra tante nazioni prevaricatrici, per noi l’andrà sempre male, se non ritorneremo alla preghiera, anche alla preghiera fatta in comune nelle nostre famiglie, anche alla preghiera liturgica che si compie ogni di nelle nostre Chiese (1).
Abbiamo infatti continuo bisogno di grazie per poterci sostenere nell’amore di Dio. Ma (( il Signore ha promesso di non concedere le sue grazie se non a chi prega » (S. Alfonso). Ora come faremo a tirare innanzi senza l’aiuto di Dio? È impossibile! Ma riusciremo almeno a salvare l’anima nostra? Neppure questo ci sarà dato; poichè « chi non prega, certamente si danna » (S. Alfonso). – Quale sarà dunque la nostra sorte? Deh! « abbi pietà di noi; o Signore, abbi pietà di noi! » (Salmo 122, 3), e dàcci la forza d’intraprendere e la costanza di essere poi sempre fedeli alla preghiera ben fatta.
29 – Cercate anzitutto il regno di Dio.
Anche questo pensiero è assai consolante. I motivi per cui le nostre preghiere non vengono esaudite, sono passai ben compendiati da S. Basilio nelle seguenti parole: « Talora chiedi e non ottieni perchè hai domandato malamente, o mancando di fede, o conpoco desiderio di aver la grazia, o chiedendo cose non convenienti, o perchè non hai perseverato nella preghiera. Dunque secondo questo gran Santo, talvolta noi non siamo esauditi anche perchè non chiediamo cose convenienti. Quali sono pertanto le cose da chiedersi nelle nostre preghiere? Rispondo immediatamente: Noi dobbiamo chiedere al Signore tutte quelle cose che ci sono necessarie per promuovere l’onore di Dio e il miglioramento e la salvezza delle anime nostre e del nostro prossimo; e possiamo chiedere a Dio anche grazie e favori materiali ed economici, che non ostacolino la gloria di Dio, e il vero bene delle anime nostre e dei nostri fratelli di pellegrinaggio su questa terra. Questo in generale. Ed « in quanto ai beni spirituali — dice S. Alfonso — la sua promessa di esaudirci non è condizionata, ma assoluta; e perciò, esorta S. Agostino, che quelle cose che Dio assolutamente promette, noi dobbiamo domandarle con sicurezza di riceverle ». Perciò chiediamo pur francamente al Signore la grazia di ben conoscere lo scopo per cui siamo su questa terra, di Correggerci dei nostri difetti, di scansare i pericoli di offenderlo, di fuggire le occasioni di peccato, di apprendere bene la sua santa Legge per poterla meglio osservare, di vincer le tentazioni, di perdonare ai nemici, di perseverare nella sua grazia e nel suo amore fino alla morte, di poter riparare gli sconcerti della nostra vita passata, di ottenere il Paradiso, e simili: ben certi che tali preghiere saranno a Dio gradite e da Lui a tempo opportuno, esaudite. E se anche riscontrassimo che, per quanto siamo fedeli alla preghiera, il Signore permette egualmente che cadiamo in qualche difetto, talvolta perfin tale da umiliarci assai di fronte agli altri, non ce ne adontiamo nè facciamo il broncio con Lui; poichè pure in tal caso il Signore ci fa una grazia segnalatissima e ci dà una magnifica lezione: quella di umiliarci e di farci toccare con mano che è Lui il distributore della grazia e il datore della gloria: « La grazia e la gloria la darà il Signore » Salmo 83, 12), e che senza di Lui niente siamo e niente possiamo. Infatti « questa è tutta la grande scienza d’un cristiano: il riconoscere ch’egli è niente e niente può » (S. Agostino). Anzi di tanto in tanto per chi è soggetto o inclinato all’orgoglio, all’amor proprio, alla permalosità, come pure alla vanità, una di queste « cilecche » è più salutare d’una buona doccia per chi ha la testa calda. Rilevo poi di passaggio che alcune anime hanno una visuale un po’ strana delle cose: credono cioè che siano di gloria a Dio certe cose immaginate da esse come tali, senza che ci sia un solido fondamento nella realtà. Ora questeanime singolari che — al dire del Manzoni « prendono per cielo il proprio cervello » e così ritengono onorifiche per Dio cose che non son tali se non nella loro malata fantasia, sevogliono andar bene devono lasciarsi istruire e guidare — nè più, nè meno delle anime scrupolose – da un buono e saggio direttore spirituale; poichè diversamente invece di chiedere e di fare ciò che è gradito al Signore, fanno spropositi sopra spropositi prima nelle loro preghiere e poi nelle loro stesse azioni. – E riguardo al chieder grazie economiche e materiali, quale dev’essere la nostra norma? S. Alfonso dà questa regola: « Quando noi chiediamo a Dio grazie temporali, dobbiamo sempre domandarle con rassegnazione, e colla condizione (che Dio ce le conceda soltanto) se sono per giovarci all’anima; e quando vediamo che il Signore non ce le concede, teniamo per certo che Egli allora ce le nega per l’amore che ci porta e perchè vede che ci sarebbero dannose alla salute spirituale ». Certo — scrissi già in « Salva animam tuam » — il Signore, che è l’ottimo dei padri, « non ci darà quelle cose che potrebbero farci male, anche se gliele chiediamo insistentemente. Queste Egli fa bene a negarcele. Egli infatti deve avere giudizio per noi che spesso siamo dei fanciulloni senza giudizio anche nel domandargli favori e grazie che falsamente stimiamo a noi utili o necessarie. Quante volte il Signore potrebbe dire anche a noi: Non sapete ciò che domandate! » (Matteo 20, 22): essendo spesso noi in tutto simili a ingenui e ignoranti bambini che chiedono insistentemente e stizzosamente al babbo il rasoio o la rivoltella che vedono luccicare nelle sue mani!… Però anche allora il Signore si diporta con noi come una buona mamma si diporta col suo bambino per farlo tacere e acquietare: ci dà un’altra cosa più utile, più buona, più ricca e non di rado anche più gradevole di quella domandata. Sicchè, la preghiera ben fatta, in un modo o in un altro, è sempre esaudita ». — E poi, a questo proposito, non ha forse ragione anche S. Agostino, quando dice che « il medico (Dio) sa meglio dell’ammalato (noi) ciò che gli è più utile »? E talvolta non potrebbe pur verificarsi ciò che constata S. Giacomo: « Voi chiedete e non ottenete, perchè chiedete malamente per soddisfare i vostri piaceri »! (Giac. 4, 3). Ed eccoci così davanti ad un’altra questione: Che cosa hanno da chiedere a Dio i peccatori?… Vita lunga? Salute? Sostanze? Soldi? Fortuna nei loro affari? — Eh, già! Per poter continuare a gonfie vele, magari fino alla fine del mondo, nella loro vita di peccati, ed aver modo di accumulare a cataste le legna pel proprio inferno, l’andrebbe splendidamente bene proprio così! Invece guai se il Signore esaudisse queste loro preghiere e nello stesso tempo cessasse dallo scuoterli coi rimorsi! Sarebbe questo uno dei segni più sicuri ch’essi son destinati all’inferno! Ah, sì! « Poveri i peccatori che in questa vita son prosperati! È segno che Dio aspetta a renderli vittime della sua giustizia nella vita eterna! » (S. Alfonso). — Proprio così; avrebbero un premio materiale per quel po’ di bene che pur essi compiono quaggiù, e poi la dannazione eterna! Ah, mio Dio! quale orrenda prospettiva! Quindi la preghiera più saggia e nello stesso tempo più utile che i peccatori possono fare e che ha la certezza d’essere esaudita, è quella di chiedere a Dio, a Gesù Redentore, allo Spirito Santo od anche alla gran Madre di Dio, Mediatrice di tutte le grazie, la luce per conoscere la propria triste condizione, l’energia per risorgere dallo stato di peccato, la forza di abbandonare i propri vizi, la fortuna di rientrare nell’amicizia e nell’amor di Dio, la grazia di ottenere pietà e misericordia dal Signore. Oh! qual grazia grande, qual preziosissima fortuna è mai quella di poter prima veder con orrore e poi scuotere di dosso il sozzo straccio del peccato, la brutta casacca del vizio, l’orrenda cappa di satana, e — finalmente! — rivestire l’indumento della festa, della giustizia e della santità, che ci rende di nuovo figli di Dio, fratelli di Gesù, templi dello Spirito Santo ed eredi del Paradiso!
Oh! — ripeto — qual grazia immensa è mai questa! quale splendida fortuna! Ottenutala, potranno essi pure domandare al Signore quant’altre grazie vorranno, come i giusti. Non sono forse anch’essi di nuovo amici di Dio? Ah, sì! essi si sono ormai riabilitati di fronte al Signore, il quale gettò nel profondo del mare tutte le loro iniquità (Mich. 7, 19); e possono quindi sperare con tutta confidenza da Lui ogni grazia ed ogni favore. Ritengasi penò che la migliore fra tutte le preghiere sia, per tutti, quella di ricercare continuamente che Dio sia glorificato e che si diffonda sempre più, prima in sè e poi negli altri, il suo Regno, che è « Regno di verità e di vita, Regno di santità e di grazia, Regno di giustizia, d’amore e di pace » (Liturgia); e di rimettersi — pel rimanente — alla sua infinita liberalità, secondo la parola e la promessa di Gesù: « Cercate anzitutto il regno di Dio e la sua giustizia; e tutto il resto vi sarà dato in sovrappiù » (Matt. 6, 321). Infatti il Signore ci assicura che non ci mancherà il fabbisogno per la vita fisica e materiale, dicendoci: « Non vogliate angustiarvi dicendo: Cosa mangeremo, o cosa berremo, o di che ci vestiremo. Il Padre vostro celeste sa che avete bisogno di tutte queste cose » (Matt. 6, 31-32). — E l’esperienza lo conferma. Dice infatti il Salmista « sono stato giovane, ora son vecchio; ma non ho mai veduto il giusto abbandonato, né i suoi figli mendicare il pane » (Salmo 36, 25). E San Paolo — pur così oberato dalla predicazione del Vangelo — trovava tempo e modo di provvedere non solo alle proprie necessità, ma anche a quelle dei suoi compagni; come assicura egli stesso. « Al bisogno mio — disse ai seniori di Efeso — e di quelli che sono con me, provvedettero queste mie mani » (Att. 20, 244). – Ed avviene proprio così. Anzitutto i buoni Cristiani, come amici di Dio, sono da Lui in modo particolare benedetti anche nelle imprese economiche e materiali, conforme a quanto Egli stesso, già nell’Antico Testamento, assicurò a quanti avrebbero fedelmente osservati i suoi comandamenti (Deut. 28, 1-14). Poi essi certamente risparmieranno e metteranno da parte pei giorni di maggior bisogno (che neppure a loro mancheranno in questa valle di miserie e di dolori) se non altro, il corrispondente a quello che i peccatori sciupano nei vizi, nei divertimenti e nei bagordi. — Del resto come mai potrà essere misero il figlio d’un Padre sì ricco e sì buono? Potrà esserlo soltanto di sua spontanea volontà, per rendersi almeno un po’ somigliante al suo grande fratello Gesù, che con tutta verità, potè dire di se stesso: « Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli il loro nido; ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo » (Matt. 8, 20). Ma allora è l’amore che lo spinge a privarsi di tutto; e l’amore non sente pena. Anche allora però interviene il buon Dio; e ben presto verrà il momento che questi buoni figli di Dio potranno dire che la perdita dei loro beni apportò loro lucro anzichè discapito; poichè si avvererà la parola di Gesù, che disse: « Chiunque avrà abbandonato la casa, o i fratelli, o le sorelle, o il padre, o la madre, o la moglie, o i figliuoli, o i poderi per amore del mio nome, riceverà il centuplo » in questo mondo « e possederà la vita eterna – Matt. 19, 29). – « Dunque cercate in primo luogo il Regno di Dio e la sua giustizia, e tutto il resto vi sarà dato in soprappiù » (Matt. 6, 33). — È Gesù che dice questo; e noi non dobbiamo fargli il torto di non credergli.