21 NOVEMBRE: PRESENTAZIONE DELLA VERGINE MARIA AL TEMPIO

Presentazione e Vita di Maria al Tempio

[Giuseppe PERARDI: LA VERGINE MADRE DI DIO e la vita cristiana; Libr. Del Sacro Cuore, Torino, 1908]

ESORDIO: Maria al Tempio. Disposizione divina. — I RAGIONI: 1. Adempimento del voto dei parenti — 2. Educazionealla sua missione — 3. Dovere dell’uomo: riconoscere il dominio di Dio — ì . Perché nel Tempio. Quello che è. —

II VITA DI MARIA NEL TEMPIO: 1. A tre anni — 2. Il voto — 3 . L’ubbidienza4. Lavora pel culto di Dio. —

III CONCLUSIONE: 1. Pratiche2. L’istruzione religiosa.

Un commovente spettacolo ci si offre nel tempio di Gerusalemme. Una donna avanzata in età, seguita dal marito dando la mano ad una fanciulla di pochi anni che Dio, cedendo pietoso ai digiuni, alle lagrime, alle preghiere dei due vecchi sposi, concesse a loro conforto, si avanza col capo velato verso il luogo santo. Giunta dinanzi al Sacerdote, depone ai piedi di lui la pargoletta, e questa passando, per così dire, dalla culla all’altare addiviene cosa del Signore, mentre il Sacerdote benedice all’offerente ed all’offerta, e un armonioso cantico di ringraziamento e d’allegrezza accompagna la cerimonia. – Stando alla sola apparenza delle cose, in questa presentazione null’altro vediamo che religiosi genitori offrire nel tempio di Sionne la loro cara bambina. Ma gli Angeli del Signore vi ravvisano tutta una storia di meraviglie. Quella fanciulletta non è una fanciulla qualsiasi, è la gran donna predetta ad Adamo, è la Vergine profetizzata da Isaia, simboleggiata nelle donne e nei fatti del popolo ebreo, è l’Eva novella, venuta a riparare il fallo dell’Eva peccatrice, e Maria che entra nel tempio e si rivela come tenero e vezzoso FL fiore per crescere ai piedi dell’altare. Nelle disposizioni di Dio tutto è grande; e anche questo fatto, che sembra in nulla differire dagli altri somiglianti della presentazione e offerta d’altre bambine, ha nella mente di Dio e nelle conseguenze un’importanza grandissima. Certamente quando Dio elegge una creatura ad una missione speciale l’arricchisce delle grazie e dei doni corrispondenti all’opera a cui l’ha eletta e che essa deve compiere; ma, usando Dio anche dei mezzi umani, le assicura una educazione corrispondente al fine voluto. Ora Maria doveva essere Madre di Gesù, corredentrice del genere umano, doveva essere in terra specchio fedele delle divine virtù e modello universale degli imitatori di Gesù Cristo e di chiunque tende alla perfezione. Da parte di Dio si esigeva quindi una larga e indefinita effusione di grazie e celesti favori; ma conveniva pure che per rispetto a Dio, per soddisfazione del nostro cuore, Maria fosse con lunga preparazione iniziata alla sua missione; e questa preparazione fu appunto la vita che condusse bambina e fanciulla all’ombra del santuario. Consideriamo quest’oggi il grande fatto per trarne utili ammaestramenti.

1. — Perché Maria fu presentata, cioè offerta a Dio nel tempio e vi passò gli anni della sua fanciullezza? Già ve ne accennai un motivo: la disposizione di Dio; giova tuttavia approfondire la cosa e comprenderla bene. Due furono le ragioni principali d’un tal fatto, umana una: divina l’altra.

1° Umana per modo di dire, in quanto conseguenza di un fatto umano, cioè l’adempimento di un voto che Gioachino ed Anna, giusta quanto un’antica tradizione ci riferisce, fecero a Dio. Essi erano già avanti negli anni, e non avevano famiglia. Quanta tristezza inondava il loro cuore; qual dolore essere come oggetto d’obbrobrio agli occhi dei loro connazionali pei quali era grave ignominia non aver famiglia Oh anch’essi hanno certamente pregato e pianto come l’Anna che fu poi madre fortunata del profeta Samuele… e anch’essi la imitarono nel voto. Fecero solenne promessa a Dio di consacrargli nel tempio la prole che loro avesse accordato. Le loro lagrime, le loro preghiere, il loro voto ascesero grati al trono dell’Altissimo. Dio li esaudì; la bambina che venne a rallegrarli, Maria, fu dono di Dio, benedizione del loro voto, grazia concessa alle loro ferventi preghiere. – Fedeli alla loro promessa, dopo averne ringraziato Dio, pensarono di consacrarla nel tempio. Maria, riferisce ancora la tradizione, aveva circa tre anni quando fu condotta al tempio, e là fu offerta a Dio, consacrata al divin culto. Non starò qui a ricordare quanto dovette essere dolorosa per Gioachino ed Anna e per Maria tale separazione. Gioachino ed Anna erano avanzati molto negli anni; in questa terra non avevano altro affetto, altro amore che Maria. Dopo averla tanto sospirata, dopo averne goduto la compagnia appena tre anni se ne separavano, e allora appunto quando la bambina sapeva meglio meritare l’affetto del loro cuore. E d’altra parte quanto dovette riuscir penoso anche al cuor di Maria bambina la separazione! E questa pena non era attenuata, né lenita dalla spensieratezza e dalla dimenticanza, propria di quell’età. Maria godeva perfetto l’uso della ragione. Era quindi una separazione di cui misurava tutta l’amarezza, di cui sentiva tutta la pena perché amava immensamente i suoi genitori. Immune dalla macchia dell’originale colpa, il suo cuore si espandeva liberamente e santamente; l’amor suo non trovava gli ostacoli, le difficoltà le debolezze, le imperfezioni del nostro. E tuttavia i suoi genitori fedeli al voto non ne domandano la soluzione che avrebbero potuto ottenere stante la loro età, e la distanza da Gerusalemme; compiono rassegnati il sacrifizio del proprio tesoro ed amore; essi in persona accompagnano a Gerusalemme Maria bambina; e Maria conscia del loro voto, sacrifica il proprio affetto, il proprio stato, la propria volontà, e con essi parte per Gerusalemme, pel tempio, dando l’addio al mondo, alla terra. Oh parti, santa fanciulla… gli Angeli certo ti accompagnano, il cielo ti sorride e Dio ti guida… va… avrai parte ai più grandi misteri.

2° Ma oltre questa ragione, ve n’ha un’altra tutta celeste: la volontà di Dio. Dio regola gli avvenimenti giusta i suoi altissimi fini; Dio dispone il ritiro di Maria perché così conviene alla missione che le vuole affidare. Il Verbo eterno compirà la sua missione riparatrice prima con l’incarnarsi e poi con l’immolarsi sulla croce. Maria deve cooperare con Gesù alla nostra salute in tre modi: con la sua maternità dando al mondo il Redentore; con la immolazione sua e di Gesù sul Calvario; cogli esempi di virtù che saranno modello a tutti i Cristiani. Sublime e immensamente superiore a tutte le missioni umane è la missione di Maria. Ad una missione così santa e così grande occorre una conveniente preparazione. – Noi vediamo infatti Gesù stesso che prima di dar principio alla sua vita pubblica premette una lunga preparazione di ritiro, di vita umile e nascosta nella casetta di Nazaret; e finalmente una preparazione, che diremmo prossima, col digiuno rigoroso di quaranta giorni che compieva nel deserto. Dio per parte sua prepara Maria col rivestirne l’anima di doni singolarissimi, preservandola immune dalla macchia originale e ornandola di ogni grazia e virtù di cui è capace. Maria alla sua volta deve prepararsi e con la fedele corrispondenza alla grazia divina, e con l’educazione diretta a disporla alla grande missione, educazione che sia come il tirocinio, il noviziato della sua vocazione. E qui un’osservazione pratica si presenta alla nostra devozione. Tutti abbiamo da compiere una missione, tutti quindi dobbiamo premettere la necessaria preparazione, il dovuto tirocinio. Il principe che deve un giorno ascendere il trono reale, viene educato in modo da poter degnamente regnare. Noi siamo destinati al trono del cielo, a regnare con Dio. La missione nostra in questa terra è di compiere, per così dire, l’educazione che ci renda un giorno meritevoli di tanta gloria. Ecco dunque il gran fine della nostra vita: prepararci al cielo. Pertanto possiamo dire di corrispondere al fine della nostra creazione in quanto tendiamo al cielo: di rendere vane le nostre opere quando non hanno in nessun modo per iscopo il cielo.

3° Maria consacrata a Dio ci si presenta come un simbolo di quanto deve compiere l’umanità cui Maria rappresenta. Il male entrò nel mondo per allontanamento dell’uomo da Dio. Maria inizia per l’umanità la via del ritorno a Dio riconoscendolo Creatore e Signore di tutto l’uomo. Maria, quale rappresentante di tutta l’umanità ritorna a Dio, riconosceDio. Splendida cooperazione questa: compie per noi, a nome nostro l’atto che dobbiamo compiere noi. Ci precede con l’esempio. Noi redenti siamo doppiamente di Dio. Ma, sventuratamente forse, nel corso della vita ce ne siamo allontanati, dimenticando Dio, calpestando la sua legge, secondando le perverse nostre inclinazioni, i suggerimenti del mondo, del demonio. Imitiamo Maria: Torniamo a Dio. Lo so: ai dì nostri tanto si grida alla liberta, all’indipendenza. Ma intendiamolo bene: Noi non siamo padroni di noi stessi, indipendenti, perfettamente liberi. La libertà è un dono che Dio ci ha affidato perché ne usiamo a bene e non già perché ne abusiamo. Siamo di Dio perché sue creature, perché redenti per opera di Gesù. A Dio quindi dobbiamo appartenere e dobbiamo riconoscere il suo dominio su noi. Noi apparteniamo a Dio in quella guisa che appartiene a noi un’opera compiuta da noi; siamo di Dio più che non sia del suo signore lo schiavo ch’egli ha liberato a prezzo del suo sangue. Quindi la nostra vita, le nostre opere debbono essere un riconoscimento continuo del dominio di Dio su noi, della nostra dipendenza da Lui. Siamo liberi, ma di quella libertà per cui a Dio Signor nostro dovremo rendere conto delle nostre azioni, di cui, appunto per la libertà nostra, siamo responsabili.

4° Maria compie la sua preparazione nel tempio perché il tempio è casa di Dio, sotto la direzione dei sacerdoti che sono gli angeli di Dio, perché essa dev’essere il vero tempio del nuovo testamento, onorato dagli Angeli. Difatti nella Scrittura il tempio è chiamato:

Casa di orazione. — Quantunque in ogni luogo si possa pregar Dio, e Dio ascolti la preghiera qualunque sia il punto della terra da cui Gli si rivolge, tuttavia il luogo proprio della preghiera e specialmente del sacrifizio pubblico è il tempio. Nel tempio deve pregare chi vuol veramente onorar Dio e implorarne le benedizioni e le grazie. Maria è la vergine della preghiera per eccellenza. Il mondo onorerà Dio e lo pregherà. Ma essa sola perché tutta pura e santa, più di tutti lo onora, lo loda; Essa sola può dire con piena ragione: Magnificat anima mea Dominum. Essa sola è il vero tempio in cui si matura la vittima del vero sacrifizio. Essa il vero tempio d’orazione: pertanto cresca e preghi nel tempio. S. Bonaventura che ha considerato più profondamente la pietà dell’angelica fanciulla dice che Maria indirizzava tutti i giorni sette domande a Dio. La prima di amarlo con tutto il cuore, di non aver fibra che non fosse infiammata del divino amore. — La seconda di amare perfettamente il prossimo per Iddio; di amare tutto ciò ch’Egli amava e nel modo che gli sarebbe tornato più gradevole. — La terza d’aver sempre nel cuore un odio sommo al demonio ed a tutto ciò che viene dal demonio. — La quarta che Dio le desse un’umiltà profonda, un perfetto distacco dal mondo, una pazienza invincibile, una purità perfetta, ed ogni altra virtù che la potesse rendere più cara e gradita ai suoi occhi divini. — La quinta che la facesse felice di poter conoscere e servire la vergine predetta da Isaia. — La sesta di poter essere in tutto e per tutto ubbidiente al Sacerdote rappresentante di Dio, ed a tutte le persone da cui dovesse dipendere. — La settima ch’Egli si movesse a pietà del suo popolo, inviasse presto il promesso Messia a redenzione ed a salute di tutto il mondo.

Il tempio è Casa di santificazione, di santificazione legale perché là si compiono i riti mosaici, come di santificazione vera sono le nostre chiese perché vi riceviamo i Sacramenti. E Maria è la vergine della santità. In essa, nel suo cuore si trovano tutte le virtù degli Angeli e dei Santi e in grado eroico, sono le virtù della Madre di Dio che sarà presentata ai Cristiani d’ogni stato e condizione modello perfetto ad imitare. – Il tempio è Casa delle delizie. È nel tempio che si celebrano le feste belle e devote, è nel tempio che Dio ritrova il suo popolo fedele; è nel tempio che l’anima ritrova il suo Dio. Maria non ha altra delizia che amare e servire Dio. Visse Ella nel tempio; e con questa vita di ritiro preparò la vera gioia del mondo chiamando ed ottenendo dal cielo Gesù che del mondo tutto è tutta la gioia. Il tempio è Casa di Dio. Nel tempio Dio si manifesta e largisce in maggior abbondanza grazie e benedizioni. Maria che è tutta di Dio, nel tempio si trova in casa sua. Inoltre Maria è il vero tempio di Dio. Il tempio di Gerusalemme era figura di Maria. Maria è il tempio vivo di Dio. Ecco perché era conveniente che Maria facesse nel tempio la sua preparazione, il suo tirocinio per la missione cui da Dio era destinata. – Impariamo anche noi ad amare la nostra Chiesa. Oh! sia per noi la vera casa della preghiera, la casa della santificazione per l’anima nostra, il luogo di delizie pel nostro cuore. È la casa di Dio: sia anche nostra, perché siamo di Dio. È la casa di Dio: sia anche casa nostra perché vestibolo del Paradiso che deve essere la nostra casa eterna.

II. — E che cosa farà Maria nel tempio?… Maria, pur sentendo viva la pena della separazione dai genitori sospira al tempio perché colà è portata dal suo cuore. Nel tempio non sarà più del mondo, ma tutta di Dio, lavorerà per Lui, eseguirà in modo più perfetto nell’ubbidienza, la volontà di Dio, lavorerà assiduamente nelle cose che riguardano il culto di Dio.

1° « La tradizione ci dice, che Ella aveva allora tre anni. Tre anni! Ma a quest’età, osserverà una fede dubbiosa, i giuochi infantili sono quasi l’unica occupazione. — È vero per ogni fanciullo nato però nelle ordinarie condizioni. Gli abbisognano i giuochi, i divertimenti per trarlo in qualche modo dalla sonnolenza natia, dall’ebetismo originale, ed abituarlo poco alla volta a questa strana vita di disturbi e pene. Ma Maria, la fanciulla straordinaria, la piccola immacolata del Dio d’amore, non ha punto bisogno di divertimenti; inaccessibile alla povertà di spirito ed alla puerilità ha avuto subito la precocità della luce della ragione e della serietà della vita. Però si rassicuri costui; la giovane fanciulla del tempio non mancherà di giuochi, lo spirito di Dio che si celava di già nelle ridenti varietà della creazione, glieli prepara ». Profonda e nel medesimo tempo leggiadra è la considerazione fatta da un devoto servo della Vergine. « Si chiama giuoco da fanciulli il divertimento che essi prendonsi nel fabbricar piccole case di fango; ma è invero azione di grande prudenza; poiché è una lezione di pubblica saggezza al mondo, per fargli vedere che cosa sono le vere occupazioni della sua mondanità. — Domandate voi che cosa farà Maria? Un giuoco infantile, ma più curioso e saggio delle più alte occupazioni dei più grandi politicanti del mondo; essa è chiamata a trattare con Dio gli affari infinitamente importanti dell’eternità e per sé e per tutta la natura umana » .

2° Maria nel tempio sarà di Dio. Nel tempio appunto Maria si consacra a Dio. Essa lo aveva amato fin dalla nascita: ma nel tempio quest’amore riceve la sua consacrazione ufficiale. I suoi genitori la offrono a Dio in compimento del voto fatto, esecutori inconsapevoli dei disegni di Dio, e Maria va ben oltre la mente dei genitori. Essa, bambina ancora, tutta e perfettamente a Dio si consacra; aveva intraveduto il mondo, i suoi beni, le sue lusinghe; ma il cuor della bambina è troppo grande per potersi appagare di tali miserie; Essa aspira a qualche cosa in cui il cuore possa veramente riposare, e fa sua in tutta la pienezza, la parola del profeta: Dominus pars haereditatis meæ (Ps. XV,5). Addio mondo, sei troppo piccino per me, addio beni del mondo, siete cosa troppo da poco, addio soddisfazioni mondane, siete troppo meschine; voglio qualche cosa di più grande, di più perfetto …. voglio Dio; non siete per me e io non sarò per voi: sono del mio Dio. Dio sarà mio, Lui amo, Lui voglio. Com’è grande Maria in questo atto! Consacra a Dio l’anima con le sue potenze; il corpo co’ suoi sensi: i pregi, i doni, quanto era, quanto aveva. Non si reputò più in nulla padrona di sé, si abbandonò a Dio acciò Egli disponesse di Lei secondo il piacer suo, sollecita solo di vivere tutta a Lui, e morire per Lui. Questa consacrazione la teneva in continua unione col suo Signore, perché a Lui riferiva i pensieri, gli affetti, le azioni, i desideri. Questa consacrazione era un segreto del tempio, noto solamente al Signore: Il mio segreto è per me (Is. XXIV, 16).

3° E quindi nel tempio eseguisce in modo più perfetto la vera volontà di Dio. Ivi sono i veri rappresentanti di Dio, i sacerdoti. Con l’ubbidire ad essi, ubbidisce a Dio. Dio in tanti modi manifesta la sua volontà e certamente colui può meglio dire di fare la volontà di Dio, che più direttamente da Dio attinge la sua regola di condotta. Ma Dio non parla, le sue ispirazioni possono venire fraintese. Dio ha costituito il Sacerdote organo vivente della sua voce, della sua volontà; e con l’obbedire al Sacerdote si ubbidisce a Dio. Ecco perché Maria è tutta lieta nel tempio. Non ha più volontà propria, la sacrifica a quella dei superiori, eco di quella di Dio; e la volontà di Dio eseguisce nel modo più perfetto.

4° Inoltre nel tempio Maria lavora per Iddio, nelle cose di Dio. Presso il tempio vi erano case separate pei fanciulli che venivano educati pel divin culto, e per le fanciulle che si formavano alla pietà lavorando le cose necessarie al culto divino, ai sacrifizi, e curando la nettezza del tempio. Indubbiamente tutti i lavori anche i più semplici sono grandi innanzi a Dio, purché compiti con retto fine, come adempimento del proprio dovere. Ma certamente, poste tutte le condizioni, vi ha un merito ed una gioia speciale nel lavorare le cose del culto. Non si lavora più solo in adempimento del proprio dovere, ma il cuore accompagna il lavoro con un atto di divozione continua; e questo lavoro diviene doppiamente preghiera… Oh par di vederla Maria fanciulla intenta ai suoi doveri… Qual tesoro di amor divino, di divozione accompagna il suo lavoro manuale! Pensino ad imitarla coloro che possono compiere lavori destinati al culto, alla Chiesa e specialmente al divin Sacrifizio, che è quanto dire alla Persona stessa di Gesù.

III. — Quanti ammaestramenti pratici scaturiscono dall’odierna considerazione.

1° Anche noi siamo stati offerti a Dio, consacrati a Dio, da Dio stesso santificati. Eravamo appena nati, e fummo portati al tempio. Ci si amministrò il santo Battesimo. Da quell’istante lo Spirito santo prese possesso di noi come di suo tempio. Quindi dobbiamo considerarci come tali, rispettarci come tempi vivi di Dio. Ma di qui consegue ancora che dobbiamo recarci spesso nella Chiesa non solo per i motivi già ricordati; ma perché la Chiesa è figura di noi. Quando non possiamo recarci personalmente in Chiesa, rechiamovici almeno col pensiero, col cuore, col desiderio. Dobbiamo imitar Maria nel tempio impiegando bene secondo la volontà di Dio il nostro tempo. Il tempo è un tesoro che Dio ci ha affidato affinché lo negoziamo e ne riportiamo frutto. Dio un giorno ce ne domanderà conto più che il padrone non domandi conto al servo della giornata. – A questo proposito giova ricordare la parabola raccontata da Gesù, di quel padrone che, partendo per lontani paesi, divise i suoi beni tra i servi proporzionatamente alla loro capacità affinché li negoziassero. Quando ritornò ne domandò conto: premiò i diligenti e punì quello che non aveva riportato alcun frutto. Il tempo della nostra vita trascorre rapido. Deh! che quando ci presenteremo a Dio, possiamo presentargli un bel tesoro di meriti, frutto del tesoro ch’Egli ci ha affidato affinché lo negoziassimo: il tempo della nostra vita.

2° Un altro pensiero ci suggerisce il ricordo dell’educazione di Maria nel tempio. Essa sotto la direzione dei suoi Superiori, compì la sua educazione, il suo tirocinio con lo studio profondo della Sacra Scrittura. In questo modo pure si preparò all’adempimento della sua missione. Quando, all’invito di Dio, rispose il solenne fìat, lo rispose con piena coscienza dei doveri, dei dolori ai quali si sottometteva, perché Iddio domandava a Maria una cooperazione volontaria, libera. E tale non sarebbe stata se Maria non fosse stata istruita nelle sante Scritture. – L’ammaestramento, che dobbiamo ritrarne, è questo: intendere la necessità, e il dovere di una seria istruzione religiosa. Ascoltate il lamento che il Sommo Pastore c’indirizza a questo riguardo: « Che tra i Cristiani dei nostri giorni siano moltissimi quelli i quali vivono in una estrema ignoranza delle cose necessarie a sapersi per l’eterna salute, è lamento oggimai comune, e purtroppo! lamento giustissimo. E quando diciamo fra i Cristiani, non intendiamo solamente della plebe o di persone di ceto inferiore, scusabili talvolta, perché, soggetti al comando d’inumani padroni, appena è che abbian agio di pensare a sé ed ai propri vantaggi: ma altresì e soprattutto di coloro, che pur non mancando di ingegno e di coltura, mentre delle profane cose sono conoscentissimi, vivono spensierati e come a caso in ordine alla Religione. Può dirsi appena di quali profonde tenebre questi tali sien circondati: e ciò che più accora, tranquillamente vi si mantengono! Niun pensiero quasi sorge loro di Dio autore e moderatore dell’universo e di quanto insegna la fede cristiana. E conseguentemente sono cose affatto ignote per essi e l’incarnazione del Verbo di Dio, e l’opera di redenzione dell’uman genere da Lui compiuta; e la grazia che è pur il mezzo precipuo pel conseguimento dei beni eterni, e il santo Sacrificio e i Sacramenti, pei quali la detta grazia si acquista e conserva. Nulla poi apprezzano la malizia e turpitudine del peccato, e quindi non hanno affatto pensiero di evitarlo o di liberarsene; e così si giunge al giorno supremo, talché il ministro di Dio, acciò non manchi una qualche speranza di salute, è costretto ad usare dei momenti estremi, che dovrebbero tutti impiegarsi nel fomentare la carità verso Dio, nel dare una sommaria istruzione nelle cose indispensabili alla salute; se pure, ciò che sovente interviene, l’infermo non sia talmente schiavo di colpevole ignoranza, da credere superflua l’opera del sacerdote, e senza riconciliarsi con Dio, affronti tranquillo il viaggio tremendo dell’eternità. » E trova che appunto in conseguenza di questa ignoranza molti « non si recano punto a coscienza eccitare e nutrire odi contro del prossimo, fare ingiustissimi contratti, darsi a disoneste speculazioni, impossessarsi dell’altrui bene con ingenti usure, e simili malvagità. Di più ignorano come la legge di Cristo, non solo proscriva le turpi azioni, ma condanni altresì il pensarle avvertitamente e desiderarle; e rattenuti forse da un motivo qualsiasi dall’abbandonarsi ai sensuali diletti, si pascono senza scrupolo di sorta di pessime cogitazioni, moltiplicando i peccati più che i capelli del capo. Né di questo genere, torniamo anche a dirlo, si trovano solamente fra i poveri figli del popolo e delle campagne, ma altresì e forse in numero maggiore fra le persone di ceto più elevato e pur fra coloro cui gonfia la scienza e che poggiati su d’una vana erudizione credono di poter prendere in ridicolo la Religione e bestemmiano quello che ignorano » (Pio X: lett. Enc. Acerbo nimis). – E rispondendo anticipatamente ad un’obiezione tanto comune ci dice pure che la scienza della Religione non conferisce l’impeccabilità e può andar congiunta a volontà perversa ed a sregolatezza di costume. Ma « non potrà mai essere retta la volontà, né buono il costume, qualora l’intelletto sia schiavo di crassa ignoranza. Chi ad occhi aperti procede, può certamente uscire dal retto sentiero; ma chi è colto da cecità, è sicuro di andare incontro al pericolo. Aggiungasi di più che la perversità del costume, ove non sia del tutto estinto il lume della fede, lascia sempre a sperare un ravvedimento: laddove se alla corruzione del costume si congiunge, per effetto dell’ignoranza, la mancanza della fede, il male appena ammette rimedio, ed è aperta la via all’eterna rovina. » Chi è istruito nelle verità religiose può peccare; ma conosce il male che fa, e la coscienza ne lo rimprovera; chi è volontariamente ignorante delle medesime peccherà con la massima indifferenza, commetterà il male quasi di necessità. E che sia veramente così, vedetelo nel fatto che destò profonda impressione a Parigi nel 1896, e che vi riferirò dopo breve respiro.

FIORETTO. — Questa sera riprendete in mano un Catechismo (quello cattolico, ad es. di S. Pio X, di S. Pietro Canisio, di S. Roberto Bellarmino e simili; attenzione!!: evitare accuratamente COME LA PESTE i catechismi eretico-ecumenisti della controchiesa del c. d. Vaticano II – ndr. -) ed osservate in quale parte siate più deficienti e provvedete. – Tutti oggigiorno leggono, tutti avete almeno una piccola biblioteca. Procurate che sia fornita anche di qualche libro per l’istruzione religiosa.

GIACULATORIA. — Invocheremo Maria, Sede della sapienza, perché ci aiuti ad intendere bene le verità della religione: Sedes sapientiæ, ora prò nobis.

ESEMPIO. — Dio giudicherà i giudici. In uno degli ultimi anni del secolo XIX sedeva sul banco degli accusati alle Assise di Parigi un giovane di 17anni, imputato d’assassinio. Sopra i giudici era appeso ancora il Crocefisso che fu ora bandito dalla sala della giustizia. L’imputato durante la discussione mantenne un cinismo ributtante. Prende la parola il difensore: « Signori, diss’egli con gravità solenne che subito impressionò tutti, Signori, il mio compito è ben semplice, poiché l’imputato ha confessato tutto. Io non posso difenderlo, perché non veggo per lui nessuna speranza di misericordia; sarò pertanto breve. Ma se la giustizia gli domanda conto del suo delitto, mi permetterete di domandarvi a mia volta conto della sua sentenza. Perché qui vi ha uno più colpevole dello stesso assassino. Onesto colpevole io ve lo denunzio, o piuttosto questi colpevoli io li accuso: Siete voi, o Signori, che mi ascoltate, voi i rappresentanti della società la quale punisce i delitti, di cui essa è causa e che non volle impedire. Io vedo a me dinanzi e saluto il Cristo morente in croce; è qui nel vostro tribunale, dove voi trascinate alla sbarra il colpevole. Ma perché mai il Cristo non è nella scuola, dove chiamate il fanciullo per istruirlo? Perché punite sotto lo sguardo di Dio, quando formate le anime lontane da Lui? E perché questo disgraziato dovrà incontrare il Dio del Calvario per la prima volta nel tribunale? Perché non lo ha incontrato sui banchi della Scuola? Allora avrebbe evitato il banco dell’infamia ove ora si trova. Chi gli ha detto che vi ha un Dio ed una giustizia eterna? Chi gli ha parlalo della sua anima, del rispetto che deve al prossimo, dell’amore fraterno? Chi gli ha insegnato la legge di Dio: tu non ucciderai? Si è abbandonata quest’anima alle sue cattive inclinazioni: questo figlio ha vissuto come un giovane selvaggio nel deserto: solo in mezzo a questa società che uccide la tigre, mentre prima avrebbe dovuto nell’ora propizia, tagliarle gli artigli e domarne la ferocia. » Il giovane ascoltò con meraviglia, come un trionfo, questa difesa così straniera per lui, e un sorriso di soddisfazione balenò sulle sue labbra e nei suoi occhi, quando l’avvocato, conchiudendo disse: « … si, siete voi che io accuso, o Signori: voi civilizzati mentre non siete che barbari, moralisti mentre menate in trionfo l’ateismo e la pornografia, voi che poi vi mostrate stupiti quando vi si risponde col delitto. Condannate il mio cliente, è vostro diritto; ma io accuso voi come colpevoli del suo delitto: è mio dovere. » Uno scroscio d’applausi coprì la voce dell’avvocato, mentre egli sedette. I giurati si ritirarono nella sala dello loro deliberazioni e ne riportarono un verdetto affermativo a tutto le questioni: l’assassino, non ostante la sua giovane età, è condannato alla pena di morte. L’avvocato si alzò, e con la mano tesa lentamente additando il Crocefisso, lasciò cadere ad una ad una queste parole, che penetrarono in tutti i cuori come una sentenza divina: DIO GIUDICHERÀ I GIUDICI. Genitori, e voi tutti a cui incombe il dovere dell’educazione della gioventù, ricordate che innanzi a Dio incontrerete gravissima responsabilità del male che i vostri dipendenti commetteranno per l’ignoranza religiosa in cui per colpa vostra fossero cresciuti.

FESTA DELLA MATERNITA’ DI MARIA, MADRE DI DIO (2019)

Maria Madre di Dio

[G. Perardi: LA VERGINE MADRE DI DIO; libr. Del Sacro Cuore, Torino, 1908]

Disc. XXVI.

ESORDIO:

Il mistero della SS. Trinità manifestato e unito colla divina Maternità. —

I . MARIA VERAMENTE MADRE di Dio:

1. De qua natus est Jesus. Et Verbum caro factum est. — 2. Le parole dell’Angelo. — 3. Leparole di santa Elisabetta. — 4. Maria è madre di Gesù, più che non sia di noi la madre nostra. — 5. Obiezione. – 6. Nestorio. Le definizioni.

— II. GRANDEZZE DELLA MATERNITÀ DIVINA:

1. Pensieri : elevazione: il frutto. I Padri. — 2. . Con Dio produce Gesù. — 3. Comanda a Gesù — 4. È glorificata da Gesù, ; 5. e da tutta la Trinità. –

III. MISSIONE DI MARIA MADRE DI DIO Corredentrice con Gesù:

1. Unita a Gesù nelle profezie e figure; 2, nell’Incarnazione, nell’offerte e nell’immacolazione: 3, nella rigenerazione.

— IV. POTENZA DI MARIA MADRE DI DIO:

1. La potenza misurata dalla grandezza; 2., dalla missione.

— V. CONCLUSIONE: La vera devozione: onorare, imitare, amare, invocare Maria.

Il mistero più profondo che la Chiesa presenta alla nostra fede, è senz’alcun dubbio il mistero augusto e santo della divina Trinità nel cui nome siamo entrati a partecipar della fede cristiana rinascendo alla vita della grazia dopo di essere nati alla vita temporale, quando cioè si eseguì in nostro favore il precetto dato da Gesù agli apostoli : Battezzate nel nome del Padre, del Figliuolo e dello Spirito Santo (S. MATTEO XXVIII, 19), nel nome cioè delle tre divine Persone realmente distinte, che sono un solo Dio. – Dio non rivela mai i misteri del suo Essere al solo scopo di soddisfare alla curiosità o speculazione dello spirito umano, ma per farne oggetto di sante operazioni nel mondo. Giacché per questo motivo nell’antico Testamento la Trinità non era stata rivelata, ma come ricoperta sotto il velo della Sinagoga, anzi tale oscurità era resa ancor più profonda dallo splendore con cui (per salvaguardare anche il popolo ebreo dal pericolo della idolatria) era stato rivelato il dogma dell’unità di Dio. – Il mistero della Trinità era stato così come sigillato sotto il dogma dell’unità di Dio sino al momento nel quale incominciando da Maria doveva manifestarsi colla più sublime di tutte le operazioni, di cui tutta la serie del Cristianesimo non è stato che l’effetto e lo sviluppo, nel mondo. La prima vera manifestazione della Trinità delle Persone in un Dio solo, l’abbiamo nell’Incarnazione, come nell’Incarnazione abbiamo un’operazione d’amore che è la fonte di tutti gli atti di amore con cui Dio costituì e mantiene il Cristianesimo e che nel Cristianesimo continuamente si rinnovano. Maria era sola nella casetta di Nazaret allorché l’Angelo del Signore entrato da Lei la salutò piena di grazia, benedetta fra le donne, e le annunziò che lo Spirito santo scenderebbe su Lei, che la Virtù dell’Altissimo l’avrebbe adombrata, e che il figlio che nascerebbe di Lei sarebbe chiamato il Figliuol di Dio. Ecco la prima rivelazione della Trinità delle Persone nell’unità di Dio. Maria allora disse: Ecco l’ancella del Signore, si faccia di me secondo la tua parola; l’Angelo si dipartì, e la Trinità stessa sopraggiunse e la penetrò della sua maestà tre volte santa… Il mistero cui sospirarono i patriarchi, i profeti, i giusti dell’antico Testamento era compiuto. Il Messia, cioè il Figlio di Dio, aveva preso carne nel purissimo seno di Maria vergine, e Maria era la Madre di Dio; la creatura era divenuta Madre del Creatore, del Redentore. Il Verbo, Figlio dell’Eterno Padre, divenne, per opera dello Spirito santo, figlio di Maria. Gesù nascerà a Betlemme: allora la maternità divina di Maria sarà perfetta; il Figlio suo, che adorerà, sarà egualmente Figliuolo di Dio. – Non a caso certamente Iddio ha voluto che la prima manifestazione del mistero della Trinità sia andato congiunto con l’elevazione di Maria alla maternità divina. Il mistero della Trinità è il mistero più grande e più profondo che crediamo e che adoriamo. La dignità, la grandezza di Maria Madre di Dio, è la più grande dignità a cui abbia potuto venire elevata una creatura, dignità che ha come dell’infinito, che noi umilmente veneriamo, ma che non possiamo pienamente intendere. Con venerazione e con trepidazione, non disgiunte però dalla confidenza, entriamo nella considerazione di tale argomento. – Ci assista Maria Madre di Dio. Questa assistenza abbiamo motivo particolare di sperarla, come abbiamo motivo particolare di godere della divina maternità perché la festa ad onore di Maria Madre di Dio è gloria torinese, perché la domanda di questa solennità è partita da Torino: il Pontefice Pio VII la stabilì condiscendendo alle preghiere dei Torinesi (ROSA, Spiegazione popolare delle feste dell’anno, vol.II). — Maria Madre di Dio! Tale il mistero, e mistero d’amore, che richiama l’attenzione della nostra mente e la divozione del nostro cuore. Ma chi può intendere il mistero di queste parole: Maria è Madre di Dio? Non l’uomo, non l’Angelo, ma Dio solo; quel Dio che l’ha sublimata fino a renderla madre sua e la riconosce tale innanzi alle creature. La Chiesa volendo parlare di Maria Madre di Dio usa le medesime parole con cui Dio parla della Sapienza increata. E notate che la Chiesa, animata dallo Spirito Santo che è essenzialmente spirito di verità, non si lascia come noi trasportare dall’entusiasmo: essa non parla che il linguaggio della verità. Eppure la Chiesa dopo aver detto della Vergine ciò che Iddio dice dell’eterna Sapienza: Tu sei la grazia, la verginità, la bellezza, la santità, tu l’onore del tuo sesso, la gloria del popolo, l’ornamento della mia corona, fissandola, se posso dire così, con occhio scrutatore esclama: Sancta et immaculata virginitas quibus te laudibus efferam nescio! Oh santa ed immacolata Vergine io non ho lodi degne di te! Perché? Lo dice ancora la Chiesa: Quia quem cœli capere non poterant, tuo gremio contulisti: Perché sei la Madre di Dio; perché hai portato nel tuo grembo Colui che i cieli immensi non possono racchiudere nella loro immensità. Ascolta, o Cristiano, grida sant’Anselmo, contempla ed ammira! Il Padre celeste aveva un Figlio unico, consostanziale, ma non ha voluto che questo Figlio appartenesse a Lui solo, ha voluto come farne parte a Maria. Ella ne è Madre in terra, com’Egli ne è Padre in cielo. E perciò la Chiesa con ragione canta di Maria: Sancta Dei Genitrix! Maria Madre di Dio. Intendiamo che questo titolo non è esagerazione, è verità. Apriamo il Vangelo, questo libro sacro che Dio ci mette in mano per mezzo della Chiesa, e vi troveremo luminosamente dimostrata questa verità: che Maria cioè è vera Madre di Dio.

1° Il Vangelo parlando la prima volta di Maria, di Lei dice: De qua natus est Jesus, qui vocatur Christus: Dalla quale nacque Gesù, che è detto il Cristo (S. Matth. I, 16). Domandiamo: Chi è Gesù Cristo? Gesù è il Figliuolo di Dio fatto uomo, è la seconda Persona della santissima Trinità, che ha vestito le spoglie umane: il Figlio dell’eterno Padre che è ad un tempo Figliuolo di Maria. Nel Figliuolo di Dio fatto uomo vi è una sola Persona, la Persona divina, la quale unisce in sé le due nature divina ed umana; e a questa Persona divina, che unisce in sé le due nature, competono gli attributi dell’una e dell’altra; quindi parlando di Gesù non lo possiamo intendere solamente Dio o solamente Uomo, ma sempre Dio e Uomo, precisamente come parlando dell’uomo o dicendo uomo non possiamo in noi intendere solamente il corpo (sostanza materiale), né solamente l’anima (sostanza spirituale), ma intendiamo la persona intera composta del corpo e dell’anima insieme uniti: che quantunque di natura così diversa, terrena e corporea una, spirituale e angelica l’altra, costituiscono una sola persona. Bisogna aver presente la Persona di Gesù: Egli non è un Uomo divenuto Dio; non vi è stato un istante solo in cui la natura umana nella Persona di Gesù sia stata separata dalla divinità. È Dio fatto Uomo; Dio che facendosi uomo non cessò di essere Dio; ma dall’istante in cui ebbe vita nella sua umanità, a questa umanità fu unita la divinità. Per negare a Maria Vergine il titolo di vera Madre di Dio bisogna sostenere o che il Figliuolo di Dio non ha preso carne vera e reale da Maria Vergine, e che è nato non realmente ma solo apparentemente, o che Gesù Cristo non è Dio, o che in Gesù non sono solamente due nature, ma due persone: la persona divina e la persona umana, e che per ciò la divinità e l’umanità non sono in Gesù unite ipostaticamente cioè sostanzialmente, ma solo moralmente cioè di volontà, di azione, di abitazione. Cose queste che tutte sono condannate dalla Chiesa, e contrarie all’insegnamento della Scrittura sacra e della Tradizione. Il Vangelo dice che il Verbo si è fatto carne (S. GIOVANNI, I, 14). Ma se si è fatto carne vuol dire che ha preso carne vera e reale come abbiamo noi, e che ha fatto questa carne così propria della sua divinità come la nostra è propria dell’anima. Questo significa il Verbum caro factum est. E ci dice pure che questo ha fatto per mezzo di Maria, nascendo da Lei fatta sua Madre. Dunque Maria è Madre di Dio.

2° Anche le parole rivolte dall’Arcangelo Gabriele a Maria nell’Annunciazione non possono significare che quanto andiamo dimostrando. Disse Gabriele a nome di Dio: « Non temere, o Maria, perché hai trovato grazia avanti Dio. Ecco concepirai nel seno e partorirai un figlio, cui porrai nome Gesù. Questo sarà grande e sarà chiamato Figlio dell’Altissimo… Quel che n’è generato, santo, sarà chiamato Figlio di Dio » ( S. Luc., I, 29, 32, 35). Per negare a Maria la dignità di Madre di Dio, bisogna negare il mistero dell’Incarnazione, bisogna strappare dal Vangelo questa pagina che ci racconta come l’Incarnazione è avvenuta; bisogna rinnegare il Cristianesimo.

3° Quando Maria, pochi giorni dopo il compimento di questo mistero, si recò dalla cugina Elisabetta, ci narra il Vangelo che Elisabetta non appena udì il saluto di Lei, fu ripiena di Spirito Santo « e ad alta voce esclamò: Benedetta tu fra le donne, e benedetto il frutto del tuo seno. E d’onde a me questo che la madre del Signore mio venga da me?… E beata te che hai creduto; perché s’adempiranno le cosedette a te dal Signore » (Ibid., 41. 43, 45). Chi aveva manifestato ad Elisabettaquanto era avvenuto in Maria? Chi le aveva dettodella visita dell’Angelo, del consenso di Maria al mistero dell’Incarnazione? Lo Spirito Santo di cui fu ripiena per la parola di Maria, lo Spirito Santo che la rende stupita della visita che le fa la Madre del Signore, lo Spirito Santo che subito fa erompere il cuor di Maria nel sublime cantico del Magnificat, in cui dice: « Da questo punto mi chiameranno beata tutte le generazioni. Perché grandi cose mi ha fatto Colui ch’è potente » (S. Luc., I, 48-49). Per negare a Maria la infinita dignità di vera Madre di Dio, perché vera Madre di Gesù, bisogna distruggere non una pagina del Vangelo, ma tutto il libro divino, bisogna rinnegare il buon senso e la nostra ragione.

4° Anzi occorrerebbe, se la parola lo permettesse, poter dire qualche cosa di più ancora. Maria è Madre di Gesù, e quindi di Dio, più che non sia di noi la Madre nostra, perché Maria è divenuta Madre in modo portentoso, miracoloso, per opera dello Spirito Santo solo e non per opera umana. E appunto perché la maternità di Maria è opera di solo Spirito e non di carne, del solo Spirito Santo è in nessun modo condivisa quaggiù dall’uomo, sicché Gesù non riconosce altra origine terrena che Maria sola, così ne avviene che Maria è Madre di Gesù più che le altre madri non siano dei propri figli, più Madre di Dio, che non sia di noi madre la madre nostra.

5° Non fa difficoltà l’obbiezione dei Protestanti, che cioè Maria non avendo dato a Gesù la divinità, ma solo l’umanità, si dovrebbe solo chiamare Madre di Gesù-Uomo e non Madre di Gesù, né Madre di Dio. Quanto sia vano quest’appunto lo potete intendere da quanto già abbiamo detto. Maria è vera Madre di Gesù: in Gesù non vi sono due persone, ma una sola: Gesù è Dio fatto Uomo, in Gesù sono unite personalmente, sostanzialmente la divinità e l’umanità; perciò Maria, Madre di Gesù, Madre della persona di Gesù, di quella Persona che non è solo Uomo ma anche Dio, merita a piena ragione il titolo e la dignità che le attribuiamo di vera Madre di Dio. Il simbolo degli Apostoli professa: « Io credo in Gesù Cristo, suo (cioè di Dio) Figliuolo unico, il quale fu concepito di Spirito Santo, nacque da Maria Vergine ». Quindi, domanda sant’Agostino: «Come potremo noi conformemente alla nostra regola di fede affermare che noi crediamo nel Figlio di Dio che è nato da Maria Vergine, se da Maria Vergine non fosse nato Figliuolo di Dio, ma (semplicemente) Figlio dell’uomo? E qual Cristiano vorrà mai affermare che quella Vergine partorisse un figlio puramente umano? » (Serm. 186). Se l’osservazione avesse ragione di sussistere, nessuno di noi potrebbe chiamare col nome di padre e madre i suoi genitori, perché da essi abbiamo avuto il solo corpo, mentre l’anima che è parte più nobile e principale in noi l’ha creata immediatamente Dio.

6° Il primo a negare a Maria il titolo di Madre di Dio è stato Nestorio nel principio del V secolo. Egli antivenendo gli eretici moderni, appoggiandosi al sofisma già accennato, voleva sostenere che Maria perché Madre di Gesù in quanto uomo non può venir chiamata Madre di Dio. Quando la orrenda bestemmia venne, ad istigazione di Nestorio, pronunziata nella Basilica di Costantinopoli, tutto il popolo gettò un alto grido di orrore e fuggì dal tempio e non vi ritornò più. La Chiesa si raccolse allora a concilio nella città di Efeso (anno 431) e in un’assemblea di centonovantotto Vescovi venne formulata la definizione dogmatica che rispondeva al sentimento unanime dei Cristiani ammaestrati dalla Tradizione e dal Vangelo: « Se qualcuno non confesserà che l’Emanuel è veramente Iddio, e perciò Maria Madre di Dio, imperocché partorì secondo la carne il Verbo di Dio fatto carne, sia scomunicato » (Can. 1, Conc. Ephes. V. DENZIGER, Enchiridion,13. – Come i Padri ed i Concilii sostennero contro gli Ariani la parola « consostanziale»; così fecero contro i Nestoriani relativamente alle parole« Madre di Dio ». Poiché tutto il veleno dell’eresia nestoriana, come, secondoCirillo d’Alessandria, osserva il Petavio (De Incarnat. 1. I , c. 9), consistevanel rigettare solamente questa espressione. — Si narra che quando i Vescovierano adunati in Efeso i Cristiani ne attendevano con tale ansietà la definizione che, essendosi la seduta conciliare protratta fino a tarda notte, non si allontanarono dalla piazza innanzi alla Chiesa in cui si teneva il concilio, ma aspettarono la definizione che accolsero al grado di: Viva Maria Madre di Dio! e poi con torchi accesi, e sempre acclamando a Maria Madre di Dio, accompagnarono i Padri alla loro residenza. In memoria di questa definizione venne composta la pia invocazione: Santa Maria Madre di Dio, prega, ecc. Recitando questa invocazione pensate e proclamate di cuore Maria vera Madre di Dio, affinché preghi per voi adesso e nell’ora della vostra morte. Non vi sembra bello e prezioso morire quando Maria vi assista con la sua potente preghiera? Se volete potete godere tale immenso favore. Meritatelo). Il secondo Concilio Costantinopolitano (V Ecumenico) facendo eco ai Padri Efesini grida l’anatema a chi « non riconosce che il titolo di Madre di Dio spetta di diritto, in senso vero e proprio, a Maria, ma dice che solo abusivamente le viene attribuito ». — La parola che l’eterno Padre pronunzia intorno a Gesù: Filius mens es tu, è la parola che a pieno diritto pronunzia Maria: Gesù-Dio, sei mio Figlio, io sono tua Madre. Pertanto noi pure con sant’Atanasio confesseremo: « È fede verace il ritenere e professare che il nostro Signore Gesù Cristo, Figliuolo di Dio, è Dio ed uomo: Dio, come generato dalla sostanza del Padre nell’eternità, ed uomo come nato dalla sostanza della madre nel tempo»; e col Concilio generale di Calcedonia: « Noi insegniamo tutti concordi, che il nostro Signore Gesù Cristo è vero Dio e vero uomo, composto di un’anima ragionevole e di un corpo (umano), della stessa natura col Padre per la divinità, della stessa natura con noi per l’umanità, in tutto e per tutto simile a noi, ma senza peccato; secondo la divinità generato dal Padre prima di tutti i secoli, e secondo l’umanità nella pienezza dei tempi generato da Maria Vergine, Madre di Dio, per noi e per la nostra salute ».

II — Maria è Madre di Dio! Quale grandezza, quali meraviglie in questo titolo augusto!

Maria Madre di Dio! vale a dire una creatura Madre del Creatore, un’umile verginella genitrice di Dio. La relazione più intima che esista tra due esseri è quella di madre e figlio. Maria Madre di Dio contrae con Lui la più intima relazione. Sia lecito alla nostra debolezza un paragone materiale tratto dal Vangelo. Volete conoscere la bontà di una pianta? Osservatene i frutti. Volete intendere la grandezza di Maria? Intendete prima la grandezza di Colui che è suo frutto, suo Figlio, Gesù Cristo. Ben a ragione san Tommaso ci dice che partecipa dell’infinito. Difatti: Perché Dio si è fatto Uomo? Risponde sant’Agostino: Per elevare l’uomo sino a Dio. Se facendosi uomo, Iddio eleva l’uomo fino a sé, quale sarà l’elevazione di Colei che cooperò qual madre, all’Incarnazione? Di qui intendiamo che al disopra del titolo e della dignità di Maria non vi ha che un titolo e una dignità: Dio solo. Tra Maria e Dio non vi è posto per altra creatura: al disopra di Maria non vi è, né vi può essere che Dio; al disotto di Maria sta tutto il creato. Dio, soggiunge san Bonaventura, potrebbe creare mondi quanti volesse, immensamente più belli e grandi di questo, ma non potrebbe creare una creatura più grande di Maria, perché la massima grandezza è: Madre di Dio. La qualità di Madre di Dio è l’ultimo sforzo della divina onnipotenza. E ben a ragione sant’Eucherio dice che per comprendere la grandezza di Maria bisogna prima intendere la grandezza di Dio: « Se vuoi conoscere quale sia la grandezza della Madre, cerca prima quale e che cosa sia il Figlio». Un celebre oratore dovendo tessere l’elogio di Filippo re di Macedonia, decantò la nobiltà della sua origine, la grandezza della sua potenza, il numero delle sue vittorie, e poscia, interrompendosi all’improvviso, esclamò: A che tutte queste lodi? Filippo è stato il padre di Alessandro: questa è la gloria delle sue glorie, questa è la grandezza sua più eccelsa. – Ora guardate al bambino che la Vergine porta tra le sue braccia. Sapete chi è? È Iddio! è il Creatore del mondo, il Salvatore del genere umano. Egli è la gloria di Maria perché è figliuolo di Lei. Epperciò il sentimento comune dei Santi è che voler intendere quanta sia la grandezza di Maria Madre di Dio è un voler rimaner oppressi dalla gloria di Dio che si riverbera in Maria quanto è possibile in una creatura. Tentiamo tuttavia, per quanto la debolezza e meschinità nostra ce lo consentono, di formarci un’idea di questa grandezza suprema tra le grandezze create.

Maria produce con Dio, Gesù Cristo. Ella è associata al Creatore nella più grande creazione. Il capolavoro di Dio creatore non è questo mondo visibile col suo ordine ammirabile, non è del pari il mondo spirituale talmente elevato al disopra del corporale che l’ultimo degli spiriti è ancora immensamente superiore all’ultimo dei corpi; il capolavoro di Dio non è neppure l’uomo, compendio meraviglioso del mondo corporeo e spirituale, il capolavoro di Dio è quello il cui nome solo fa chinare le nostre fronti nel rispetto e nell’amore: è Nostro Signor Gesù Cristo. – « Maria è ammessa all’onore di produrre con Dio questo grande capolavoro. Di fatti, togliete l’azione di Dio generatore eterno del Verbo, Gesù Cristo è un uomo e non più Dio. Togliete l’azione di Maria nell’Incarnazione del Verbo, Gesù Cristo è Dio, ma non più uomo. Sì da un lato come dall’altro non è più Lui, non è più l’Uomo-Dio. La divinità versata in Gesù Cristo dal seno di Dio, e l’umanità versata in Gesù Cristo dal seno di Maria, è lo stesso Gesù Cristo nella sua unità personale, confluente misterioso di queste due sorgenti che vengono ad unirsi senza confondersi. Ecce misterium vobis dico(I Cor. XV, 51): Ecco il gran mistero. – In tal modo Maria è veramente associata all’onore di produrre con Dio il gran capolavoro di Dio: è questo il primo grado della sua grandezza e della sua dignità. Questo primo grado della sua dignità conduce al secondo: con Dio Maria comanda a Gesù Cristo.

« Quello che più innalza l’uomo agli occhi suoi nonché agli occhi degli altri, è il diritto di comandare. Infatti il comando è l’atto d’autorità; l’ubbidienza è il riconoscimento spontaneo dell’autorità. Ecco perché in noi l’amore della nostra propria grandezza si confonde coll’amore del comando: crediamo di renderci tanto più grandi quanto più ci si presta ubbidienza. Chi ci ubbidisce, ci eleva con la sua propria grandezza, giacché sottomettendosi a noi ci riconosce, in certo modo, superiori. Si può pertanto considerare come principio incontrastabile che la dignità di chi comanda è in proporzione della grandezza di colui che ubbidisce. Di qui voi potete, o fratelli, intendere qualche cosa intorno alla dignità che ridonda a Maria dall’autorità che le compete di comandare a Gesù Cristo, a Gesù Cristo che per la sua grandezza personale s’innalza al di sopra della creazione, a Gesù Cristo costituito, per la sua grandezza pubblica, per estendere sopra tutte le creature un sovrano dominio. « Ma, direte voi, come può la creatura comandare al Creatore? Maria comandare a Gesù Cristo? Non bisogna mai, o fratelli miei, indietreggiare innanzi alle conseguenze necessarie dei principii certi. Maria, presso Gesù Cristo, apparisce come una madre presso il suo figliuolo; con Dio, a rigor di parole, Ella è autore di Gesù Cristo. Ora ponderate la filosofia delle parole: chiunque è autore di qualche cosa, ha autorità su quello che ha prodotto. Quindi Maria apparisce agli occhi del suo Figlio non solo come grandezza ch’Ei venera, ma ancora come autorità alla quale presta ubbidienza. Sì, a Gesù Cristo, a questa grandezza dinanzi alla quale si umilia ogni creatura, a questa grandezza dinanzi alla quale perde di splendore ogni maestà, a questo Principe, a questo Re, a questo Dio, una donna, Maria, comanda, ed Egli ubbidisce. « Ah lo intendete! Qui la mente si stupisce, si spaventa. Da ambo i lati, diceva san Bernardo, sta il miracolo, e voi non sapete quale dei due più ammirare: se il miracolo di umiltà nel Figlio, o il miracolo di grandezza nella Madre. Che un Dio ubbidisca ad una donna, è questa un’umiltà senza esempio; ma che una donna comandi a Dio, è questa una sublimità che non ammette assolutamente condivisione. Se è reputata gloria dei Vergini in cielo seguire l’Agnello ovunque si reca, qual gloria meritò la Vergine per eccellenza ammessa all’onore non di seguirlo, ma di camminare innanzi a Lui? Egli reca a Maria una glorificazione degna di Lui. Questa glorificazione è il terzo grado della sua dignità, di essere come Dio, glorificata da Gesù Cristo.

« Maria è glorificata da Gesù Cristo. Tutti gli esseri della creazione sono chiamati a glorificare Dio in ragione della loro perfezione, perché ogni essere deve far risplendere le perfezioni del Creatore nell’ordine stesso in cui esse gli sono comunicate. Ora noi già abbiamo inteso come Gesù è il capolavoro di Dio; Egli è più che tutto il mondo reale, anzi più che tutti i mondi possibili. Per conseguenza un solo affetto del suo cuore, una sola sua parola glorifica il Creatore più che non lo glorifichino tutti i mondi possibili. Ebbene Iddio reclama questa glorificazione come Autore di quell’umanità che deve glorificare il Creatore: questa glorificazione, Maria del pari la reclama come Autrice di quell’umanità d’onde ascende a Dio la gloria, perché Maria contribuì a formare a Gesù Cristo la potenza di glorificare il Padre. Difatti quando Maria si pone di fronte a Gesù Cristo, senza veruna esagerazione può dirgli: Tu, o figlio mio, sei l’immagine della sostanza divina, sei lo splendore dell’eterno Padre, e sei del pari la mia gloria: lo splendore da te discende sul volto di me che sono tua Madre. Così Maria è glorificata da Gesù Cristo.

« Ma che dico io? Le Persone dell’augusta Trinità fanno rifulgere su di Lei la gloria che a Dio procura il mistero dell’Incarnazione. Le dice l’eterno Padre: Per te, o figlia mia, io veggo il Verbo prostrato innanzi a me. Chi era a me uguale è divenuto mio suddito e mi onora. Le dice il Figliuolo: Gloria a te, o Madre! Figlio eterno del Padre, tutto riceveva da Lui, niente gli donava, non poteva donargli nulla. Per te gli do la gloria quale non possono donargli né gli esseri esistenti, né tutti i mondi possibili. Esclama lo Spirito Santo: Gloria a te, o mia sposa! Per te ho procurato chi glorifica il Padre di quella glorificazione infinita, cui Egli ha diritto » (Felix, Maternità divina). In tal modo le Persone tutte dell’augusta Trinità irradiano su Maria una gloria eterna che ha dell’infinito. Pertanto se non possiamo intendere tutta la grandezza a cui venne elevata Maria, per la divina maternità, intendiamo però che questa ha dell’infinito.

III. — Dalla dignità di Madre di Dio scaturisce la missione di Maria, la quale a sua volta ci rivela la grandezza di Lei. Quando Iddio eleva una creatura ad una dignità, ve la eleva per affidarle una missione. Qual è la missione di Maria Madre di Dio? Riassumerò brevemente questa missione, già tratteggiata nelle sue varie manifestazioni, allo scopo di presentarla riassunta sì, ma insieme completa.

Maria Madre di Dio coopera con Gesù alla salute delle anime, alla Redenzione umana. Dall’Eden vediamo Maria associata, da Dio stesso, con Gesù. Dio disse al demonio: Porrò inimicizia tra te e la donna, e tra il seme tuo e il seme di lei (Gen. III, 15). La prima promessa della riparazione ci mostra il novello Adamo con l’Eva novella: Gesù con Maria; e perciò se l’uomo attenderà quattro mila anni il Liberatore, quattro mila anni pure attenderà la Madre di Dio, la liberatrice. Aprite la sacra Scrittura: ovunque trovate una figura od una profezia del Salvatore, ivi trovate altresì una figura o una profezia della Madre di Lui. « Così ad esempio se Gesù Cristo è il fiore di Jesse, il quale deve produrre la salute del mondo, Maria è lo stelo che deve produrre questo fiore di Jesse, il quale deve procurare la salute del mondo. Gesù Cristo è il sole divino che, sorgendo ad Oriente illuminerà la terra, Maria è l’aurora che lo annunzia. Quando ci facciamo a percorrere questo Libro divino di cui ogni pagina è una profezia, guardiamo a destra ed a sinistra, su due linee parallele che partono da Adamo a Gesù Cristo e da Eva a Maria, attraverso quaranta secoli: a destra gli uomini che furono figura di Gesù Cristo, tutti portanti nella fronte un raggio di Gesù Cristo che figurano; a sinistra le donne che figurano Maria, tutte pure portanti sulla fronte un raggio della Vergine riparatrice. Di guisa che dalle chiuse porte dell’Eden fin sulla cima del Calvario, voi dappertutto vedete la riparatrice associata al riparatore ». Di questa verità il Pontefice Leone XIII d’imperitura memoria, ci presenta la dimostrazione che abbiamo nella considerazione dei misteri del Rosario.

Maria compie la missione di Corredentrice che le proviene dalla dignità sua, particolarmente nelle tre grandi epoche del mistero riparatore. Dapprima nell’Incarnazione. Quando è giunta quella che, nella mente di Dio, è la pienezza dei tempi, Egli compie l’ineffabile mistero. Ma che dico compie? È necessaria la cooperazione di Maria; e Dio fa dipendere l’esecuzione del mistero riparatore da una parola della santissima Vergine. Quando l’Arcangelo Gabriele ha compiuto la missione di cui era stato celeste ambasciatore, e ha svelato a Maria il grande mistero, Ella resta un istante stupita e indecisa; e tutto con Lei resta in sospeso: il cielo, la terra, Iddio, l’uomo, il mistero dell’Incarnazione. Finalmente Maria pronunzia la grande parola, il Fiatcreatore dello stupendo prodigio, come creatore fu il Fiatpronunziato da Dio sul nulla per chiamare ad esistere quello che prima non era: Ecce ancilla Domini, fiat mihi secondun verbum tuum. Così, dice san Bernardo, Maria col suo consenso ha operato la salute del mondo. Quaranta giorni dopo la nascita, Gesù nel tempio compie, per così esprimerci, la sua ufficiale offerta al Padre per la salute del mondo. Questa offerta è anch’essa compiuta per opera di Maria che lo reca al tempio e lo offre all’eterno divin Padre. Sul Calvario finalmente viene compito l’umano riscatto. Gesù è crocifisso: ai suoi piedi, presso la croce, sta la madre sua. Il medesimo dolore, le medesime sofferenze straziano Gesù e Maria. La medesima rassegnazione, la stessa volontà li unisce ed opera la nostra salute.

« Ma come non ebbe fine la parte di Gesù sul Calvario, così del pari non ebbe fine la parte di Maria. Quella carne e quel sangue che hanno riscattato il mondo dovevano riscattarlo e rigenerarlo sempre. Ebbene, dappertutto, anche dopo il Calvario, Maria è associata al suo divin Figliuolo. La veggo difatti e nei nostri sacramenti, e nel nostro apostolato e nelle nostre feste: triplice mezzo di perpetua rigenerazione. Maria sta nei nostri sacramenti. Quando amministriamo il battesimo diciamo: Nel nome del Padre (Maria è la sua figliuola), del Figliuolo (Maria è la sua Madre) e dello Spirito santo (Maria è la sua sposa). Nel tribunale di Penitenza versiamo con la stessa formula, sul peccatore pentito il Sangue del nostro divin Salvatore. E quando voi vi accostate alla sacra Mensa, noi dimenticate, vi cibate parimenti della carne di Maria, imperocché sta scritto: Caro Christi, caro Mariæ; la carne del Cristo è la carne di Maria. Noi ministri dell’altare, quando abbiamo nelle nostre mani la vittima, ah! noi perpetuiamo nelle nostre mani questo gran mistero, quel gran sacrificio del Calvario in cui Maria, come il suo Figlio, fu ad un tempo vittima e sacrificatrice. Maria sta nel nostro apostolato come gli Apostoli, trionfa delle eresie come gli Apostoli, come gli apostoli pone in fuga l’errore; Maria uccide il peccato nelle anime e salva i peccatori. Quante legioni apostoliche vi sono, onorate del nome di Gesù Cristo, altrettanto sono onorate del nome di Maria » (Felix, I c.). Maria è unita a Gesù nelle feste che la Chiesa ha istituito in onore di Lei, parallele a tutte le feste istituite in onore del suo divin Figlio. Basti farne il nome, poiché già altra volta ne parlammo: Concezione, Nascita, Nome, Presentazione al tempio, Passione, Morte, Risurrezione, Assunzione di Maria.

IV. — L’elevazione di Maria alla dignità di Madre di Dio porta a sé unita una grande potenza.

La grandezza e la potenza si confondono in una. Maria è grande, è Madre di Dio. Per tutta l’eternità dirà a Gesù: Sei mio figlio. Per tutta l’eternità Gesù dirà a Maria: Sei mia Madre. Perciò Maria avendo il potere di fare inclinare a sé l’Onnipotente, è potente. Come ciò? Pel diritto materno, e per l’amore materno. Per mezzo di queste due profonde radici, ella avvince, per così dire, lapotenza del suo Figliuolo; da per tutto ove si vale di queste due cose, del suo diritto, del suo cuore, del suo amore di madre, fa piegare la volontà e il cuore di Gesù. L’amore sottometteva Gesù a Maria in terra, l’amore sottomette a Maria in cielo l’onnipotenza di Gesù. Maria in terra ci ha dato Gesù, dal cielo ci dona le grazie di Gesù.

La potenza di Maria! Chi la può misurare ? Vedete mirabile Provvidenza di Dio: Ogni essere sulla terra ha una potenza proporzionata all’ufficio che Iddio creatore gli ha assegnato. La potenza di Maria è pertanto anch’essa proporzionata alla sua missione: Madre di Dio, Corredentrice delle anime. Chi ha un ufficio nel mondo fisico, ha la potenza sul corpo; chi ha un ufficio morale, ha il potere di agire sull’anima. Maria ha una grandezza ed una missione soprannaturale, e perciò anche la sua potenza è soprannaturale. Perciò la potenza di Maria non ha limite. È potente in cielo ed in terra; è potente sul demonio e su noi. Maria può quanto vuole. Tutto ciò che Iddio può per natura, Maria lo può per grazia, lo può perché Madre di Dio; tutto ciò che è bene per noi Maria lo vuole perché corredentrice. Ovunque si estende la potenza di Dio, là si estende la potenza della madre sua.

V. — Grande è la dignità di Maria Madre di Dio: la divina maternità e la ragione, la fonte di tutte le grandezze di Maria. Tale grandezza, che noi non potremo mai ammirare sufficientemente si riverbera pure su noi. In Maria è stata esaltata, nobilitata non solo la persona di Lei, ma tutta la natura, e quindi la stirpe umana. Come pel peccato di Adamo il demonio avvilì e vinse non la persona sola di Adamo e di Eva ma la natura, la stirpe umana, così nell’esaltazione di Maria, è stata esaltata, nobilitata questa natura, questa stirpe di cui noi siamo membra. La gloria di un membro della famiglia, è gloria della famiglia tutta. La gloria di Maria, figlia primogenita della famiglia cattolica, è gloria di tutta la cristianità. – Ma oh, devoti fratelli! Ci contenteremo noi oggi di aver destato una sterile ammirazione nel cuor nostro verso questa nostra primogenita sorella e Madre? Queste grandezze richiedono in noi l’adempimento dei doveri che vi corrispondono e che costituiscono quella che, a piena ragione, diciamo vera divozione a Maria. Maria è Madre Dio. Come tale è elevata alla suprema dignità, cui potesse venire elevata una creatura. Onoriamola dunque, rispettiamola. Onoriamola colle parole: Ave Maria; nelle sue immagini, nelle sue feste, onoriamola specialmente con l’imitarla nelle sue virtù. Maria è Madre di Dio, è Corredentrice. Amiamola dunque. A Maria andiamo debitori di infinite grazie: da Lei abbiamo avuto Gesù, da Lei la fonte prima della Redenzione, da Lei il Fiatriparatore che costò tanto strazio al cuore, all’anima sua. Amiamola con tutto il nostro cuore. Oh non ispunti nella nostra vita un giorno solo in cui il nostro cuore non arda di amore per Maria. Amiamola Maria e perciò non offendiamo mai il suo caro Gesù. Maria Madre di Dio può quanto vuole, e vuole tutto quello che per noi è bene. Confidiamo dunque e umilmente invochiamo la sua potenza, la sua bontà in nostro favore. Preghiamola di tutto quello di cui abbisogna la nostra vita temporale, ma preghiamola specialmente di quanto ci abbisogna per la povera anima nostra. Domandiamole di poterla sempre degnamente onorare, di poter conservare puro, per amore di Lei, il nostro cuore, di poter rendere l’anima nostra bella della sua bellezza soprannaturale ricopiando in noi le sue virtù, domandiamole di proteggerci onde poter riuscire sempre vittoriosi nella lotta col demonio, di godere della sua preghiera e della sua protezione in punto di morte, e di poter finalmente acclamarla e benedirla per sempre in cielo quale Madre di Dio.

FIORETTO. —Reciteremo devotamente sette volte l’Ave Maria e la Sancta Maria per onorare la Madre di Dio e pregarla della sua protezione.

GIACULATORIA. — Ripeteremo spesso la liella invocazione che proclama Maria Madre di Dio: Sancta Dei Genetrix, ora prò nobis.

ESEMPIO. — Visione di fra Leone. — Nelle cronache dei frati francescani si legge come vivendo tuttavia il beato Padre Francesco su questa terra aveva molta domestichezza e famigliarità con un frate laico del suo ordine, che si chiamava frate Leone. Era questi di una semplicità mirabile e tutto pieno dello spirito del Signore e perciò molto caro a Francesco, che sovente sel toglieva seco a passeggio e insieme discorrevano delle cose di Dio. Ora avvenne che il beato padre Francesco se ne morì, ed i frati suoi ne seppellirono il corpo nella chiesa della Madonna degli Angioli, che è in Assisi. E frate Leone sentendosi solo in sulla terra privo del suo amato padre, sovente recavasi in quella chiesa e la andava ad inginocchiarsi presso la tomba del beato Francesco, ove passava le ore intere in sante meditazioni, parendogli così ancora di conversare con lui, non altrimenti che faceva quando era ancora in terra. Una sera adunque mentre frate Leone stavasi in preghiera vicino alla tomba del padre suo, stanco pel molto lavorare che aveva fatto durante il giorno, sentì un grave sonno venirgli addosso; per il che appoggiato il capo in sulla sponda del sepolcro si addormentò subitamente. Ed ecco mentre profondamente dormiva ebbe una visione. Parevagli trovarsi in vasto campo e la convenire tutti i frati del suo ordine; ed erano in numero sì grande da parere quello il giorno del giudizio universale. E mentre i frati si stavano radunati in quel campo, ecco in alto da un lato del cielo aprirsi come una porta e di la scendere in fino a terra una grande scala, che pareva quella che altra volta era comparsa al Patriarca Giacobbe mentre dormiva nell’aperta campagna. E sulla sommità della scala si vedeva il beato Francesco, e dietro di lui il divino Giudice Gesù Cristo. E Francesco voltosi ai frati che si stavano nella valle dire loro: Fratelli miei, suvvia venite al cielo passando per questa scala. E quelli tutti a provarsi per montare; ma non potevano, che la scala aveva pochi e radi scalini e pareva che fossero di fuoco, tanto bruciavano le mani che vi si attaccavano. E tutti provavano a salire e nessuno il poteva. Onde i frati piangevano dirottamente. Allora sparve la scala, il cielo si chiuse e più non si vedeva persona; per il che i frati incominciarono a mandare altissime grida. Ma ecco che poco stante da un altro lato si aperse un’altra volta il cielo e discese giù un’altra scala, che aveva molti e spessi scalini e pareva fossero infiorati ed alla sommità apparve nuovamente Francesco, tutto raggiante di gioia, e dietro di lui era vi la Vergine Madre di Dio con tanti Angeli che le facevano corona. E Francesco rivolto nuovamente ai frati, che avevano cessato dal piangere e stavano meravigliati a guardare, disse loro con parole piene di santa allegrezza: Suvvia, frati miei cari, provatevi ora a salire su questa scala, e venite con me in paradiso. E i frati a quelle parole ed a quell’invito tutti si attaccarono alla scala per salire; e quando alcuno per la pesantezza della persona pareva stanco e si arrestava dal salire, la Madonna il confortava chiamandolo per nome e inviandogli degli Angioli che il sostenessero; e così tutti i frati poterono giungere in fino al beato Francesco, che prendendoli per mano li presentava alla Vergine, ed Ella li introduceva nel cielo. E quando tutti si furono scomparsi, ecco che si svegliò frate Leone, e trovò che ei solo era rimasto in terra presso la tomba del beato Padre. Ed allora incominciò a piangere forte; e avendolo un frate che si trovava in chiesa interrogato del perché piangesse a quel modo, frate Leone gli raccontò il sogno che aveva avuto. E messisi tutti e due a pregare insieme conobbe frate Leone quella essere una visione con cui voleva Iddio significargli che l’amore e la devozione inverso la beata Vergine Maria era la scala facile e sicura per giungere al cielo; onde in seguito fu poi sempre devotissimo di Maria, e a tutti raccomandava questa devozione, raccontando loro quanto aveva veduto nel suo sogno.

(MORINO).

Siamo devoti di Maria. Ella, perché Madre di Dio, è vera scala del paradiso; la scala che unisce questa povera terra, valle di lagrime, al cielo. Ascendiamo questa scala per mezzo della pratica fervorosa, della divozione a Maria. In questo modo anche noi conseguiremo certamente la eterna salute.

I SERMONI DEL CURATO D’ARS: FESTA DEL SANTO ROSARIO

FESTA DEL SANTO ROSARIO.

[Da: I Sermoni del Curato d’Ars, trad. it. di Giuseppe D’Isengard, vol. IV, Torino, libreria del Sacro Cuore – 1907]

Dicit discipulo: Ecce mater tua.

Gesù dice al discepolo: Figlio, ecco tua Madre.

(S. GIOVANNI XIX, 27).

Son pur dolci e consolanti queste parole, fratelli miei, per un Cristiano, che può intender tutta l’estensione d’amore che vi è racchiusa? Sì, Gesù Cristo, dopo averci dato tutto ciò che poteva darci, cioè i meriti di tutte le sue fatiche, de’ suoi patimenti, della sua morte dolorosa, ah! (debbo ricordarlo?) il suo Corpo adorabile e il suo Sangue prezioso a nutrimento delle anime nostre, vuole ancora farci eredi di ciò che gli resta di più prezioso, cioè della sua SS. Madre. Non par che le dica: « Madre mia, io debbo tornarmene al Padre e lasciare i miei figli; il demonio farà quanto gli sarà possibile per perderli; ma mi consola il pensiero chi; voi ne avrete cura, li difenderete, li conforterete nelle loro pene ? » E la SS. Vergine dal canto suo non gli dice: « No, Figliuol mio, non cesserò mai d’averne cura, finché sian giunti nel vostro regno, in quel regno che avete loro acquistato coi vostri patimenti » Ah! qual bella sorte per noi, miei fratelli! Quale aiuto e quale speranza abbiamo in Maria per vincere il demonio, le nostre passioni ed il mondo! « Con tal guida, «lice S. Bernardo, non è possibile fuorviare; con tal protezione è impossibile perire ». Oh! miei fratelli, come vive sicuro chi ha vera confidenza nella SS. Vergine! Tutte le feste della Santissima Vergine ci annunziano qualche nuovo benefizio del cielo. La sua Concezione, la sua Natività, la sua Presentazione al Tempio, la sua Visitazione a S. Elisabetta, la festa de’ suoi Dolori e finalmente la sua Assunzione; ma possiam dire che la festa del S. Rosario è come un compendio di tutte le grazie che Dio le ha accordate nel corso della vita, e ci ricorda che il suo divino Figliuolo ha messo tra le sue mani tutti i suoi tesori. Vogliam noi dunque, fratelli miei, divenir ricchi dei beni celesti? Andiamo a Maria, e in Lei troveremo tutte le grazie che possiamo desiderare: grazia d’umiltà, di purezza, di castità, d’amor di Dio e del prossimo, di dispregio della terra e di desiderio del cielo. Ma per meglio convincervene, vi dimostrerò: 1° Che tutte le grazie ci vengono per mezzo di Lei; 2° che tutte le Confraternite istituite in suo onore, e quella del santo Rosario in particolare, ci attirano le grazie più copiose.

I. — In tre diversi stati abbiano bisogno d’un aiuto potente. Il primo è lo stato in cui siamo nel tempo della nostra vita sulla terra, ove il demonio citende senza posa mille insidie per ingannarci e perderci. Il secondo è quello in cuisaremo quando compariremo dinanzi al giudice, e renderemo conto d’una vita, che sarà forse una catena di peccati. Finalmente il terzo stato sarà quello in cui ci troveremo, quando, dopo essere stati giudicati, dovremo forse passare, una lunghissima serie d’anni tra le fiamme del purgatorio. Ab! guai a noi se in questi vari stati non avessimo la SS. Vergine che venisse in nostro aiuto per sollecitare a favor nostro la misericordia del suo Figliuolo? Ma saremo certi d’averla con noi, se, nel corso della nostra vita, avemmo in Lei grande confidenza, e abbiam cercato d’imitarne le virtù colla maggior possibile fedeltà.

1° Dico che la nostra vita è una catena di miserie, di malattie, di affanni e di mille altre pene, il che ci dipinge sì bene lo Spirito santo per bocca del santo Giobbe: « L’uomo… soffre assai » (Giob. XIV, 1). Ma senza rifarci sì addietro, entriamo nel nostro cuore, e vedremo famiglie di peccati, che senza posa vi nascono. Infatti nel corso della nostra vita quanti cattivi pensieri ci molestano, e quanti cattivi desideri che spesso non vorremmo avere; quanti pensieri d’odio, di vendetta, di superbia, di vanità; quante mormorazioni nelle piccole afflizioni che Dio ci manda; quanta svogliatezza nel servizio di Dio, anche nel tempo della Messa, tempo così prezioso nel quale Gesù Cristo si immola per noi alla giustizia del Padre suo! E quante volte ci sentiamo quasi trascinati dai cattivi esempi di coloro che ci stanno intorno, e soprattutto dalla loro condotta assolutamente empia e mondana? Ma, senza uscir di noi stessi, i nostri sensi non sono come tante corde, che, quasi contro il nostro volere, ci trascinano al male? Quindi concludo che, se siam soli a combattere, ci riesce difficilissimo sfuggire al pericolo. Ecco un esempio che ce lo dimostrerà chiaramente. – S. Filippo Neri meditava un giorno sul pericolo continuo in cui siamo di perderci; e si meravigliava, che, inclinati come siamo da noi medesimi al male, fossimo di più circondati da tanti e sì cattivi esempi. Uscì una volta in un luogo appartato per meglio piangere liberamente. Credendosi solo cominciò a gridare: « Ohimè! mio Dio, son perduto! Son dannato! ». Qualcuno, avendolo udito, corse a lui, e gli disse: « Padre mio, vi lasciate andare alla disperazione? Sapete pure che la misericordia di Dio è infinita! » — « Oh! no, non dispero, amico mio, anzi spero assai; ma il pensiero che son solo a combattere, mi spaventa, poiché vedo tanti pericoli che mi circondano ». Ditemi, fratelli miei, come potremo sfuggire a tanti agguati che il demonio, il mondo e le passioni ci tendono? Ohimè! Se siam soli a combattere, se non abbiamo qualche potente, che venga a darci aiuto, abbiamo ragione di temere che non ne verremo mai a capo! E a tal fine che cosa potrem trovare più efficace a vincere i nostri nemici che la santissima Vergine? Disgraziati come siamo, abbiam pure molteplici aiuti. Udite S. Bernardo (Homil. 2 super Missus est, 17): « Figliuoli miei, siete tentati? Invocate Maria in vostro aiuto, e il tentatore scomparirà. Essa è la Vergine impareggiabile che ha dato al mondo Colui da cui il demonio fu posto in catene. Siete tra le afflizioni? Riguardate Maria: è la consolatrice degli afflitti, ed è pur la Madre dei dolori, poiché la sua vita fu tutta un mare d’amarezze. Siete assaliti dal demonio dell’impurità? Gettatevi ai piedi di Maria. Troppo a cuore le sta conservarvi questa bella virtù sì gradita al suo Figliuolo ». Diciamo più ancora che, con l’aiuto di Maria, basta che vogliam vincere per essere sicuri di riuscir di fatto vittoriosi. Oh! miei fratelli, siam pure avventurati d’aver tanti mezzi per procurar la nostra salute, purché sappiamo profittarne! Ohimè! quante anime, senza la protezione di Maria, sarebbero adesso a bruciare nell’inferno!

2° Abbiam veduto, fratelli miei, che nel corso della nostra vita siam circondati da mille pericoli, che minacciano di trarci a perdizione; ma in ricambio abbiamo grandi aiuti per vincere. Quando usciremo da questo mondo, andremo a rendere conto a Dio di tutte le opere nostre. E terribile quel momento, che deve decider della nostra sorte, del paradiso o dell’inferno, senza appello, senza speranza di mutar mai la nostra sentenza. Il demonio, che ne conosce i rischi meglio che noi, raddoppia i suoi sforzi per trarci in inganno; perché, se riesce a guadagnarci, ci strascina tosto all’inferno. Il pensiero di questo terribile momento ha mosso tanti grandi del mondo ad abbandonar tutto e andare a passare il resto della loro vita nelle lacrime e nei rigori della penitenza, per aver così qualche speranza in quel momento così formidabile al peccatore. Vedete S. Ilarione, S. Arsenio. Ah! miei fratelli, che sarà di noi che sarem tutti carichi di peccati, e non avremo fatto nulla di bene ?… Potrà tuttavia rassicurarci il pensiero, che, mentre saremo dinanzi al tribunale di Gesù Cristo, gran numero d’anime pregherà chiedendo grazia per noi: aggiungo anzi che la SS. Vergine presenterà le nostre anime al suo Figliuolo, nostro giudice. Oh! miei fratelli, quale speranza per noi in quel momento terribile!

3° Quando quel momento formidabile sarà passato, sebbene giudicati degni del cielo, quanti anni dovremo soffrire nel purgatorio, ove la giustizia di Dio si fa sentire con tanto rigore! Ma, ditemi, qual maggior consolazione per un Cristiano tra quelle fiamme, che sapere e sentire offerirsi per lui sì potenti preghiere, e vedere scorrer rapidamente il tempo della sua pena?

II. Possiam dire, fratelli miei che tutte le Confraternite, istituite dalla Chiesa, sono mezzi che Dio ci dà per aiutarci a procurar la nostra salute, e mezzi tanto più efficaci, in quanto i membri, che le compongono, siano sulla terra, siano in cielo, uniscono insieme le loro preghiere. Ciascuna Confraternita ha un fine particolare. Quelli che sono ascritti alla Confraternita del SS. Sacramento si propongono di risarcire Gesù degli oltraggi che gli si fauno nel ricevere i Sacramenti, e soprattutto nel Sacramento adorabile dell’Eucaristia. Si uniscono per far ammenda onorevole a Gesù Cristo per tante comunioni e confessioni sacrileghe; devono pure far penitenze, elemosine… Gli ascritti alla Confraternita del Sacro Cuor di Gesù, vogliono compensare il divino Maestro del disprezzo che si fa del suo amore per gli uomini. Devono far di spesso atti d’amor di Dio. e condolersi con Lui, perché gli uomini amano sì poco Colui che ci ha tanto amato. Gli aggregati alla Confraternita della S. Schiavitù mettono tra le mani della SS. Vergine tutte le loro azioni, perché le offra al suo divino figliuolo: si considerano come non più appartenenti a se stessi, ma assolutamente alla SS. Vergine. Nella Confraternita del S. Scapolare, ci rechiamo ad onore di portar su noi un segno, per cui riconosciamo che Maria è nostra Sovrana, e noi le apparteniamo in modo particolarissimo. Dal canto suo Maria s’impegna a non negarci mai la sua protezione, nel corso della vita e all’ora della morte. La Confraternita poi del S. Rosario èuna delle più estese. È stabilita, per dir così, in tutto il mondo cattolico, e la compongono i Cristiani più ferventi. Possiam dire che chi ha la sorte d’essere ascritto a questa santa Confraternita, ha in tutti i punti del mondo anime che pregano per la sua conversione, se sgraziatamente è in peccato, per la sua perseveranza se ha la bella sorte d’essere in grazia di Dio, e per la sua liberazione se è tra le fiamme del purgatorio. Dovrebbe bastar questo solo a farci sentire quanto aiuto ne abbiamo per operare la nostra salute. Il Rosario ècomposto di tre parti, consacrate ad onorare i tre diversi stati della vita di Nostro Signor Gesù Cristo. La prima parte e indirizzata a d onorare la sua Incarnazione, la sua Natività, la sua Circoncisione, la sua fuga in Egitto, la sua Presentazione, il suo smarrimento nel tempio. In questa parte del Rosario, bisogna domandare a Dio la conversione dei peccatori e la perseveranza dei giusti. La seconda parte si propone di onorare la sua vita sofferente e la sua morte dolorosa sulla croce, chiedendo le grazie necessarie per gli afflitti, per gli agonizzanti e per quelli che sono sul punto di comparire al tribunale di Dio e rendervi conto della propria vita. La terza è consacrata ad onorare la sua vita gloriosa, pregando per la liberazione delle anime del purgatorio. Sì, miei fratelli, tutti questi misteri ben meditati sarebbero capaci di muovere anche i cuori più induriti, e strapparne le più inveterate abitudini. Dico primieramente che nella prima parte chiediamo a Dio la conversione dei peccatori e la perseveranza de’ giusti. Infatti dacché siamo in peccato, non possiamo aspettarci che l’inferno: la fede in noi a poco a poco si spegne, diminuisce l’orrore alla colpa e si affievolisce il pensiero del cielo; talché cadiamo in peccato quasi senza accorgercene; e (ciò ch’è sciagura anche maggiore) moltissimi provano piacere nel perdurarvi. Vedetene un esempio in David, che durò nel suo peccato finché venne il profeta a farlo rientrare in sé stesso (II Re, XII). Ebbene, fratelli miei, chi ci aiuterà ad uscire da quest’abisso? Noi stessi, no certamente, perché non conosciamo neppure il nostro stato; ora che accade? Mentre siamo in istato così miserando in tutti i luoghi della terra gran numero d’anime pregano per chiedere a Dio che abbia pietà di noi; ed è impossibile ch’Egli non si lasci piegare da quest’unione di preghiere. Quanti rimorsi di coscienza, quanti buoni pensieri, quanti buoni desideri, quanti mezzi ci si offrono per farci uscir dal peccato! Non ci fa stupore il vedere d’aver potuto rimanere in istato così infelice, e che ci metteva a rischio di perderci ad ogni momento? Se ci danniamo essendo ascritti a questa Confraternita, bisognerà che per questo ci facciamo tanta violenza quanta dovremmo farcene per salvarci: così grandi e copiose vi son le grazie e gli aiuti! E ciò che deve anche consolarci è il sapere che, di giorno e di notte, non v’è momento in cui non si preghi per noi: come sarà dunque possibile rimanere in peccato e dannarci? Diciamo altresì che questa parte si offre a Dio per chiedergli la perseveranza di quelli che hanno la bella sorte di essere in grazia sua. Ma, miei fratelli, quando noi avessimo questa buona ventura, non per questo dobbiamo crederci assolutamente salvi: il demonio non lascia di tornare per indurci al male, se può. Quante volte non ci siam trovati in mezzo a così grandi pericoli che siamo altamente stupiti di non aver dovuto soccombere! Ah! la causa vera della nostra resistenza è che, mentre eravamo tentati, v’era un numero d’anime, per così dire, infinito, che con le loro preghiere, con le loro penitenze, con le loro sante Comunioni agli sforzi del demonio opposero un’impenetrabile baluardo! – Un’altra ragione che ci prova quanto gradita a Dio e alla sua SS. Madre, e terribile al demonio sia questa Confraternita, è il disprezzo in cui la tengono i cattivi. Vedete quegli scherzi, quelle beffe sopra una pratica pia, che ci mette dinanzi agli occhi i misteri della nostra santa religione più commoventi e più capaci di allontanarci dal male e muoverci verso Dio. Ne volete la prova? Udite il demonio in persona. Un giorno, per bocca d’un ossesso disse che la SS. Vergine è la sua più crudele nemica, che senz’Ella già da lunga pezza avrebbe rovesciato la Chiesa, e che gran numero d’anime che sperava aver in suo potere, gli erano strappate, appena ricorrevano a Lei. Riconoscete con me, fratelli miei, che è grande felicità l’essere ascritti a sì santa Confraternita, poiché Dio ha promesso alla SS. Vergine di non negarle mai nulla. Se Mosè ottenne il perdono a trecento mila persone (Es. XXXII), che non potrà la SS. Vergine, ch’è ben più gradita a Dio di Mosè? E non soltanto prega per noi la SS. Vergine, ma innumerevoli anime gradite quanto Mosè. Se vediamo tanti peccatori, che vissero soltanto per offendere Iddio, pure andar salvi, non ne cerchiamo altra cagione che la devozione alla SS. Vergine. Ah! miei fratelli, trova pur agevole la sua salute chi ricorre a Maria!… Ma per farvi intender meglio quanto siano consolanti pel Cristiano questi misteri, attentamente meditati, ve li spiegherò, e dovrete necessariamente ringraziare Iddio, che vi ha messo in cuore il pensiero d’entrare in codesta santa Confraternita. Il santo Rosario è composto di quanto v’ha di più commovente. È una pratica pia che ha relazione non meno con Gesù Cristo che con la sua SS. Madre. Inoltre è impossibile che, chi medita sinceramente questi misteri, rimanga nel peccato; da qualunque lato si consideri questa pratica, tutto ne dimostra l’eccellenza e l’utilità. Quando si prega la santa Vergine, non si fa altro che incaricarla di offrire al suo divin Figliuolo le nostre preghiere, perché siano meglio accolte, eci ottengano maggiori grazie. Maria è il canale per cui facciamo salire al cielo il merito delle nostre opere buone, e che poi ci trasmette le grazie celesti. Il sapere ch’Ella è sempre attenta ad ascoltare le nostre suppliche, deve impegnarci a rivolgerci a Lei con grande fiducia. Eccone una prova. Un giorno S. Domenico gemeva sul progredire dell’empietà nel mondo, e sulla fede che si perdeva ogni giorno più. Prostrato dinanzi a un’immagine della SS. Vergine, le chiese, nella sua semplicità, qual rimedio dovesse usare per impedir la perdita di tante anime. L a SS. Vergine gli apparve, dicendogli che se voleva ricondur anime al suo Figliuolo, unico mezzo era ispirare gran divozione al santo Rosario: vedrebbe tosto i frutti di tal devozione. S. Domenico si mise dunque a predicar la devozione del santo Rosario, e innanzi tutto la praticò egli stesso, in breve tal pia pratica si diffuse, e così bene, che si ebbe gran numero di conversioni; la qual cosa fece dire al santo che aveva convertito maggior numero d’anime con una sola Ave Maria che con tutte le sue prediche (RIBADENEIRA al 4 d’Agosto). Certo la recita del Rosario è semplice, ma pure commovente più che altra mai. Si comincia col mettersi alla presenza di Dio per mezzo d’un atto di fede; si recita il Credo, che ci mette dinanzi agli occhi ciò che Gesù Cristo ha patito per noi…. È possibile recitar queste parole e non sentirsi tutti pieni di rispetto e di riconoscenza verso Dio, che ci dà tanti mezzi di tornare a Lui, se avemmo la mala sorte d’allontanarcene col peccato? – Nel Rosario i primi misteri, a cui si dà il nome di gaudiosi, e che meditiamo per la conversione de’ peccatori, ci rappresentano le umiliazioni e l’annientamento di Gesù Cristo, il suo Natale, la sua Circoncisione, la sua Presentazione al tempio, la sua fuga in Egitto, lo smarrimento di Lui nel tempio. Può forse, fratelli miei, trovarsi cosa piùcapace di commuoverci, di distaccarci da noi medesimi e dal mondo, di farci sopportare i nostri dolori con spirito di penitenza, che contemplare il divino modello nella meditazione di questi misteri? 1 santi non avevano altra occupazione. Due giovani studenti, riferisce la storia, erano sempre insieme intenti a meditare sulla vita nascosta di Gesù Cristo. Un d’essi, dopo la sua morte apparve all’altro, conforme alla promessa che gli aveva fatto, e gli disse ch’era in Paradiso per essersi comunicato con molto fervore e grande purità di coscienza: per avere avuto gran divozione alla SS. Vergine, cosa graditissima a Dio; e per avere meditato spesso la vita nascosta di Gesù Cristo e averla imitata quanto gli era stato possibile. Nella vita di S. Bernardo si narra che la SS. Vergine lo protesse sempre in modo così singolare che il demonio perdette su lui tutto il suo impero. Perduta la madre, mentr’era in giovanissima età, pregò Maria ad adottarlo qual figlio: appresso, crescendo sempre la sua divozione. Bernardo pregò la SS. Vergine a fargli conoscere che cosa doveva fare peresserle più gradito, e udì una voce che gli disse: « Bernardo, fìgliuol mio, fuggi il mondo, e cerca rifugio in qualche solitudine: là ti santificherai ». Ed ei vi passò tutta la vita nella penitenza e nelle lacrime; e dalla solitudine salì al cielo. Vedete che gli valse la fiducia nella SS. Vergine? Si legge nella vita di S. Margherita da Cortona, che tutta la sua divozione riponeva nell’imitare la vita povera e sconosciuta della santa Famiglia: non volle posseder mai cosa alcuna, neppure pel domani; fu abbandonata da tutti i suoi parenti ed amici, ma Dio n’ebbe cura. Faceva tutti i suoi esercizi devoti per onorare la santa Famiglia nella stalla di Betlemme, e bagnava il pavimento delle sue lacrime, quando pensava a quei misteri di povertà e d’abbandono. Morta che fu si aperse il suo cuore e vi si trovarono tre pietruzze, su cui erano scritti i nomi di Gesù, di Maria e di Giuseppe. Vedete quant’è gradita a Dio la meditazione di questi misteri? … Si narra pure cheun gran peccatore aveva passato la vita in ogni maniera di dissolutezze. All’ora della morte, poiché allora le cose si vedono ben diversamente che quando si è sani, riconoscendo d’aver fatto tanto male, si lasciò andare alla disperazione. S’ebbe bel fare per ispirargli fiducia nella misericordia di Dio; nulla poté vincerlo. Gli si parlò di S. Agostino. « Ma, rispondeva, S. Agostino non era ancora stato… (battezzato?) ». Gli si disse di ricorrere alla SS. Vergine, ma rispose che l’aveva disprezzata per tutta la vita; gli si ricordò che Gesù Cristo ha patito tanto per salvarci. — « È vero, rispose, ma io l’ho perseguitato e fatto morire ogni giorno ». Gli si disse ancora: « Amico mio, credete voi che un fanciullo in tenera età ricordi, divenuto adulto, i piccoli disgusti che gli si diedero nella sua infanzia? » — « No », rispose. « Ebbene, amico mio, andiamo al presepio, vi troveremo quel Bambino, che avete offeso, sì; ma vi dirà che ora non ricorda più nulla ». Il poveretto entrò in si grande fiducia e concepì dolore sì vivo de’ suoi peccati, che morì con segni manifesti del perdono di Dio. Vedete, miei fratelli, quanto sono gradite a Dio queste meditazioni, e come sono capaci d’attirar su noi le sue misericordie! – Non v’ha preghiera che ci avvicini alla vita di Gesù Cristo meglio che questa pia pratica. È tuttavia necessario che la nostra divozione sia illuminata e sincera, non divozione di mera abitudine o d’usanza. S. Cesario riferisce un esempio che deve farci intendere come la SS. Vergine non gradisca gran fatto queste divozioni non punto sincere. « Nell’ordine de’ Cistercensi v’era un religioso, che, facendo il medico, usciva contro il volere del suo superiore e del suo confessore. Ma, per una certa devozione che aveva a Maria, rientrava nel monastero in tutte le feste della SS. Vergine. Il giorno della Presentazione, mentr’era in coro cogli altri religiosi per cantare l’ufficio, vide la SS. Vergine passeggiar pel coro, e dare a tutti i religiosi un certo liquore, il quale li accendeva di tanto amore che non credevano d’esser più sulla terra: tali dolcezze gustavano! Giunta la santa Vergine vicino a lui, passò oltre senza dargliene, dicendo « che chi voleva andar in cerca delle dolcezze terrene, non meritava di gustare quelle del cielo; e che, sebbene tornasse al monastero i giorni delle sue feste, questo non le riusciva gradito ». Sentì così vivamente quel rimprovero, che si mise a piangere e promise di non uscir più. E perché aveva mantenuto la sua promessa, la SS. Vergine, quando riapparve un’altra volta, gli concesse l’istessa grazia che agli altri (Nella Patrologia latina, T. CLXXXV, 1077, può leggersi un fatto simile, forse quel medesimo avvenuto fra i Cistercensi – Nota degli editori francesi). Passò la vita in grande divozione alla SS. Vergine, e ne ricevette grazie segnalate; e non si saziava di ripetere che chi ama la Madre di Dio, riceve grandissimi aiuti per operare la sua salute e vincere il demonio. S. Stanislao aveva sì grande devozione verso la SS. Vergine, che la consultava in ogni sua cosa. Questo santo giovane immaginava spesso la felicità del santo vecchio Simeone nel ricevere tra le sue braccia il bambino Gesù. Un giorno, mentre stava pregando, gli apparve la SS. Vergine, che teneva in braccio il Bambino Gesù, e glielo diede per procurargli la stessa sorte beata. S. Stanislao lo prese, come il vecchio Simeone, e n’ebbe sì grande consolazione, che non poteva parlarne senza spargere abbondanti lacrime: tanto era pieno di gioia il suo cuore! Vedete, fratelli miei, com’è sollecita la SS. Vergine di ottenerci le grazie, che le domandiamo? Ah! miei fratelli, come assicureremmo bene la nostra salute, se avessimo grande fiducia nella SS. Vergine! Quanti peccati si eviterebbero, se si ricorresse ad essa in tutte le nostre azioni, se ogni mattina ci unissimo a Lei pregandola a presentarci al suo divino Figliuolo! – Se pensiamo al secondo gruppo di misteri, che chiamiamo dolorosi, quanti motivi efficaci e atti a commuoverci e a farci intendere l’amore infinito d’un Dio per noi! Infatti, fratelli miei, chi non si commuoverà vedendo un Dio che agonizza e bagna la terra del suo sangue adorabile? Un Dio legato, incatenato, gettato a terra da’ suoi nemici per liberarci dalla schiavitù del demonio? Chi non s’intenerirà nel vedere un Dio coronato di spine, che gli trafiggon la fronte, con una canna in mano, in mezzo ad un popolo che l’insulta e lo disprezza? Oh! chi potrà intendere tutti gli orribili trattamenti, che tollerò nel corso di quella notte spaventosa, che passò in mezzo agli scellerati? Fu legato ad una colonna, ove fu flagellato così crudelmente che il suo corpo era come un pezzo di carne tagliato a brandelli! O mio Dio, quante crudeltà avete sofferto per meritarci il perdono dei nostri peccati! O miei fratelli, chi di noi non temerà il peccato più della morte?… Oh! abbiam pur motivo di consolarci nei nostri patimenti, e ben giusta ragione di piangere i nostri peccati!… Un missionario, che predicava in una grande città, venne a sapere che in una segreta vi era un poveretto che si disperava; le sue lacrime e i suoi gemiti facevano fremere quei che l’udivano. Gli venne in pensiero d’andare a fargli una visita per consolarlo e offrirgli gli aiuti del suo ministero. Entrato nel carcere, anch’egli rimase sbigottito udendo i lamenti di quel povero sventurato, e riconobbe che, a confronto di ciò che vedeva, era nulla la pittura che gliene era stata fatta. Gli disse con bontà: « Caro amico, qual è la cagione del vostro dolore? » E poiché il prigioniero non rispondeva, il missionario gli disse: « Vi affligge forse la vostra condizione ? » — « No: merito ben di più ». — « Avete lasciato nel mondo qualcuno che soffre per cagion vostra? » — « No: nulla di tutto questo mi turba ». — « Vi affligge dunque il pensiero della morte? » — « No certamente: so bene che non dovrò viver sempre: o prima o poi la morte verrà purtroppo; purché io possa espiar le mie colpe, sarò felice. Ma giacché volete sapere la cagione delle mie lacrime, eccola ». E singhiozzando trasse di sotto le vesti un gran crocifisso e lo mostrò al missionario: « Ecco il perché delle mie lacrime. Oh! un Dio che ha patito tanto ed è morto per me, non ostante i miei peccati, può ancora perdonarmi? La grandezza dei suoi patimenti e del suo amore per me son cagione ch’io non posso frenar le lacrime. Dacché son qui tutti m’abbandonano: Dio solo pensa a me, e vuole ancora farmi sperare il paradiso. Ah! quant’è buono! E come mai ho potuto esser così sciagurato da offenderlo?… » Fratelli miei, riconoscete con me che se la meditazione di questi misteri ci commuove sì poco, è perché non vi facciamo attenzione. Mio Dio! Quale sciagura per noi!… Andando innanzi vediamo un Dio carico d’una pesantissima croce; vien condotto in mezzo a due ladri da una schiera di scellerati, che lo caricano degli oltraggi più atroci. Il peso della croce lo fa cadere a terra: lo rialzano a fiere pedate e a pugni, e anziché darsi pensiero dei suoi dolori, par che non pensi se non a consolare chi partecipa a’ suoi patimenti. Oh! potremo non sentirci commossi e trovar troppo pesanti le nostre croci, nel vedere che cosa soffre un Dio per noi? Occorre di più, per eccitarci a dolore de’ nostri peccati? Udite: l’inchiodano alla croce, senza che esca dalle sue labbra una parola con cui si lamenti di soffrir troppo. Udite le sue ultime parole: « Padre, perdona loro, perché non sanno quel che si fanno ». Non avevo ragione di dirvi che il S. Rosario ci mette dinanzi quanto v’ha di più efficace per muoverci a pentimento, ad amore, e a riconoscenza? Ohimè! Fratelli miei, chi potrà intender mai l’accecamento di codesti poveri empi, che spregiano una pratica pia così atta a convertirli, e così capace a darci forza di perseverare, se abbiamo la lieta sorte d’essere in grazia di Dio? – Parliamo adesso del terzo gruppo di misteri, a cui si dà il nome di gloriosi. Che cosa possiamo trovare di più stringente per distaccarci dalla vita e farci sospirare pel cielo? In questi misteri Gesù Cristo ci appare non più soggetto a patimenti, ma in atto d’entrare a possesso d’una infinita felicità, che ha meritato per tutti noi. Per farci concepire gran desiderio del cielo, vi ascende in piena luce, alla presenza d’oltre cinquecento persone (II Cor. XV, 6). Se continuate a meditar questi misteri, vedete la SS. Vergine, che il suo Figliuolo viene in persona a cercare seguito da tutta la corte celeste: gli Angeli appaiono visibilmente e intonano cantici di giubilo uditi da tutti gli astanti; la Vergine abbandona la terra, ove ha tanto patito, e va a raggiungere il suo Figliuolo per esser felice della felicità di Colui che tutti ci chiama e ci aspetta. Nella nostra santa Religione possiam forse trovar cosa, che meglio giovi a muoverci verso Dio e staccarci dalla vita? Ebbene, fratelli miei, ecco che cos’è il santo Rosario; ecco quella devozione che tanto si biasima e di cui si fa sì poco conto. Ah! bella Religione, se ti si disprezza, è davvero perché non sei conosciuta! Tuttavia non ci fermiamo qui; è pur necessario, imitar, quanto possiamo, le virtù della SS. Vergine per meritarne la protezione; specialmente la sua umiltà, la sua purità, la sua grande carità. Ah! padri e madri, se, per loro buona ventura, raccomandaste spesso ai vostri figliuoli questa divozione alla SS. Vergine, quante grazie otterrebbe loro questa Madre! Quante virtù praticherebbero! Vedreste nascere in essi quanto è più capace di renderli cari a Dio! No, miei fratelli, non potremo intender mai quanto desideri la Vergine santa d’aiutarci a conseguir la salute, e quanto grandi cure si prenda di noi! Un po’ di confidenza che s’abbia in Lei non resta mai senza ricompensa. Beato chi vive e muore sotto la sua protezione! Può ben dirsi che la sua salute è sicura, e che il Paradiso un giorno sarà suo! Questa felicità vi desidero!

7 OTTOBRE, vedi:

https://www.exsurgatdeus.org/2018/10/04/battaglia-di-lepanto/

https://www.exsurgatdeus.org/2017/10/07/la-battaglia-di-lepanto/

CONSACRAZIONE DI SE STESSO A GESÙ-CRISTO SAPIENZA INCARNATA, PER LE MANI DI MARIA.

CONSACRAZIONE DI SE STESSO A GESÙ-CRISTO SAPIENZA INCARNATA, PER LE MANI DI MARIA

ACTUS CONSECRATIONIS

96

Consécration de soi-méme à Jésus-Christ,

la Sagesse incarnée, par les mains de Marie

O Sagesse éternelle et incarnée! O très amiable et adorable Jesus, vrai Dieu et vrai Homme, Fils unique du Pére éternel et de Marie, toujours Vierge, je vous adore profondément dans le sein et les splendeurs de votre Pére, pendant l’éternité, et dans le sein virginal de Marie, votre très digne Mère, dans le temps de votre incarnation. Je vous rends gràces de ce que Vous vous étes anéanti vous mème, en prenant la forme d’un esclave, pour me tirer du cruel esclavage dù démon. Je vous loue et glorifie de ce que Vous avez bien voulu vous soumettre à Marie, votre sainte Mère, en toutes choses, afin de me rendre par elle votre fidèle esclave. Mais, hélas! ingrat et infidèle que je suis, je ne vous ai pas gardé les promesses que je vous ai si solennellement faites à mon baptème. Je n’ai point rempli mes obligations; je ne mérite pas d’ètre appelé votre enfant ni votre esclave, et comme il n’y a rien en moi qui ne mérite vos rebuts et votre colere, je n’ose plus par moi-mème approcher de votre très sainte et auguste Majesté. C’est pourquoi j’ai recours à l’intercession de votre très sainte Mère, que Vous m’avez donnée pour médiatrice auprès de vous; et c’est par ce moyen que j’espère obtenir de vous la contrition et le pardon de mes péchés, l’acquisition et la conservation de la sagesse. Je vous salue donc, ò Marie immaculée, tabernacle vivant de la Divinité, où la Sagesse éternelle cachée veut étre adorée des Anges et des hommes. Je vous salue, ó Reine du ciel et de la terre, à l’empire de qui est soumis tout ce qui est au-dessous de Dieu. Je vous salue, ò refuge assuré des pécheurs, dont la miséricorde ne manque à personne; exaucez les désirs que j’ai de la divine sagesse et recevez pour cela les voeux et les offres que ma bassesse vous présente. Moi N…, pécheur infidèle, je renouvelle et ratifie aujourd’hui entre vos mains les voeux de mon baptème. Je renonce pour jamais à Satan, à ses pompes et à ses oeuvres, et je me donne tout entier à Jésus-Christ. la Sagesse incarnée, pour porter ma croix à sa suite, tous les jours de ma vie. Et, afin que je lui sois plus fidèle que je n’ai été jusqu’ici, je vous choisis aujourd’hui, ò Marie, en présence de toute la Cour celeste, pour ma Mère et Maitresse. Je vous livre et consacre, en qualité d’esclave, mon corps et mon àme, mes biens intérieurs et extérieurs et la valeur mème de mes bonnes actions passées, présentes et futures, vous laissant un entier et plein droit de disposer de moi et de tout ce qui m’appartient, sans exception, selon votre bon plaisir, à la plus grande gioire de Dieu, dans le temps et l’éternité. Recevez, ó Vierge benigne, cette petite offrande de mon esclavage, en l’honneur et union de la soumission que la Sagesse éternelle a bien voulu avoir à votre maternité, en hommage de la puissance que Vous avez tous deux sur ce petit vermisseau et ce misérable pécheur, en action de gràces des privilèges dont la sainte Trinité vous a favorisée. Je proteste que je veux désormais, comme votre véritable esclave, chercher votre honneur et vous obéir en toutes choses. O Mère admirable, présentez-moi à votre cher Fils, en qualité d’esclave éternel, afin que, m’ayant racheté par vous, il me reçoive par vous. O Mère de miséricorde, faites-moi la gràce d’obtenir la vraie sagesse de Dieu et de me mettre pour cela au nombre de ceux que Vous aimez, que Vous enseignez, que Vous conduisez, que Vous nourrissez et protégez comme vos enfants et vos esclaves. O Vierge fidèle, rendez-moi en toutes choses un si parfait disciple, imitateur et esclave de la Sagesse incarnée, Jésus-Christ votre Fils, que j’arrive, par votre intercession et votre exemple, à la plénitude de son àge sur la terre et de sa gloire dans les cieux. Ainsi soit-il (S. L. M. Grignion de Montfort).

ATTO DI CONSACRAZIONE

Consacrazione di se stesso a Gesù-Cristo,

Sapienza incarnata, per le mani di Maria.

O Sapienza eterna ed incarnata! O amabilissimo ed adorabilissimo Gesù, vero Dio e vero Uomo, Figlio unico del Padre eterno e di Maria sempre Vergine, io vi adoro profondamente nel seno e negli splendori del Padre vostro, durante l’eternità, e nel seno verginale di Maria, vostra degna Madre, nel tempo della vostra Incarnazione. Io vi rendo grazie perché vi siete annientato prendendo la forma di uno schiavo, per trarmi dalla crudele schiavitù del demonio. Io vi lodo, vi glorifico perché avete voluto volentieri sottomettervi a Maria, vostra santa Madre in ogni cosa, alfine di rendermi per Ella vostro schiavo fedele. Ma ahimè! ingrato ed infedele qual sono, non ho mantenuto le promesse che vi ho così solennemente fatto al mio Battesimo. Io non ho adempiuto ai miei obblighi; io non merito di esser chiamato vostro figlio, né vostro schiavo, e siccome in me non c’è nulla che non meriti il vostro rigetto e la vostra collera, io non oso più da me stesso avvicinarmi alla vostra santissima ed augusta Maestà. È per questo che io ho ricorso all’intercessione della vostra Santissima Madre che mi avete dato per Mediatrice dopo di Voi; ed è per questo mezzo che io spero di ottenere da Voi la contrizione ed il perdono dei miei peccati, l’acquisto e la conservazione della Sapienza. Io dunque vi saluto, o Maria immacolata, tabernacolo vivente della Divinità, in cui l’eterna Sapienza nascosta vuol essere adorata dagli Angeli e dagli uomini. Io vi saluto, o Regina del cielo e della terra, al cui impero è sottomesso tutto ciò che è al di sotto di Dio. Io vi saluto, o rifugio sicuro dei peccatori, la cui misericordia non fa difetto per nessuno; esaudite i desideri che ho della divina Sapienza e ricevete per questo i voti e le offerte che la mia nullità vi presenta. Io, N…, peccatore infedele, rinnovo e ratifico oggi tra le mani vostre le promesse del mio Battesimo. Io rinunzio per sempre a satana, alle sue pompe e alle sue opere, e mi offro interamente a Gesù-Cristo, la Sapienza eterna, per portare la mia croce al suo seguito per tutti i giorni della mia vita. Ed perché alfine gli sia più fedele di quanto finora non lo sia stato, io vi scelgo oggi, o Maria, per Madre e Padrona mia. Io vi offro e consacro, in qualità di schiavo, il mio corpo e la mia anima, i miei beni interiori ed esteriori ed il valore stesso delle mie buone azioni passate, presenti e future, lasciandovi interamente il pieno diritto di disporre di me e di tutto ciò che mi appartiene, senza eccezione, secondo il vostro beneplacito, a maggior gloria di Dio, nel tempo e nell’eternità. Ricevete, o Vergine benigna, questa piccola offerta della mia schiavitù, in onore ed unione con la sottomissione che la Sapienza eterna ha voluto avere alla vostra maternità, in omaggio alla potenza che avete entrambi su questo vermiciattolo e miserabile peccatore, come azione di grazie per i privilegi di cui la Santissima Trinità vi ha favorito. Io protesto che voglio oramai, come vostro vero schiavo, cercare il vostro onore ed obbedirvi in tutte le cose. O Madre ammirabile, presentatemi al vostro caro Figlio, in qualità di schiavo eterno, affinché, essendomi riscattato per mezzo vostro, Egli mi riceva per Voi. O Madre di misericordia, fatemi la grazia di ottenere la vera sapienza di Dio e di mettermi per questo, nel numero di coloro che Voi amate, ammaestrate, conducete, nutrite e proteggete come vostri figli e vostri schiavi. O Vergine fedele, rendetemi in ogni cosa un sì perfetto discepolo, imitatore e schiavo della Sapienza incarnata, Gesù-Cristo vostro Figlio, che io arrivi, per vostra intercessione, alla pienezza della sua età sulla terra e della sua gloria nei cieli. Così sia.

(S. Luigi M. Grignion de Montfort)

Indulgentia plenaria suetis conditionibus die festo Immaculatæ Conceptionis B. M. V. ac die 28 apr. (Pius X, Rescr. Manu Propr., 24 dec. 1907, exhib. 22 ian. 1908; S. C. S. Officii, 7 dec. 1927).

[Ind. Plen. Nel giorno dell’Immacolata Concezione e il 28 Aprile (festa di S. Luigi M. Grignion De Montfort]

FESTA DI MARIA ADDOLORATA (2019)

FESTA DI MARIA ADDOLORATA (2019)

15 SETTEMBRE

I sette Dolori della B. V. Maria.

Doppio di II classe. – Paramenti bianchi.

Maria stava ai piedi della Croce, dalla quale pendeva Gesù [Intr., Grad., Seq., All., Vangelo) e, come era stato predetto da Simeone (Or.), una spada di dolore trapassò la sua anima (Secr.). Impotente « ella vede il suo dolce figlio desolato nelle angosce della morte, e ne raccoglie l’ultimo sospiro » (Seq.). L’affanno che il suo cuore materno provò ai piedi della croce, le ha meritato, pur senza morire, la palma del martirio (Com.). – Questa festa era celebrata con grande solennità dai Serviti nel XVII secolo. Fu estesa da Pio VII, nel 1817, a tutta la Chiesa, per ricordare le sofferenze che la Chiesa stessa aveva appena finito di sopportare nella persona del suo Capo esiliato, e prigioniero, e liberato, grazie alla protezione della Vergine. Come la prima festa dei Dolori di Maria, al Tempo della Passione, ci mostra la parte che Ella prese al sacrificio di Gesù, così la seconda, dopo la Pentecoste, ci dice tutta la compassione che prova la Madre del Salvatore verso la Chiesa, sposa di Gesù, che è crocifissa a sua volta nei tempi calamitosi che essa attraversa. Sua Santità Pio X ha elevato nel 1908 questa festa alla dignità di seconda classe.

[Messale Romano; D. G. Lefebvre O. S. B. – L.I.C.E. – R. Berruti 6 C. – Torino, Imprim. 1936]

Septem Dolorum Beatæ Mariæ Virginis ~ Duplex II. classis

Incipit

In nómine Patris, ✠ et Fílii, et Spíritus Sancti. Amen.

Introitus

Joann XIX: 25
Stabant juxta Crucem Jesu Mater ejus, et soror Matris ejus, María Cléophæ, et Salóme et María Magdaléne.
Joann XIX: 26-27
Múlier, ecce fílius tuus: dixit Jesus; ad discípulum autem: Ecce Mater tua.
Stabant juxta Crucem Jesu Mater ejus, et soror Matris ejus, María Cléophæ, et Salóme et María Magdaléne.

Oratio

Orémus.
Deus, in cujus passióne, secúndum Simeónis prophetíam, dulcíssimam ánimam gloriósæ Vírginis et Matris Maríæ dolóris gladius pertransívit: concéde propítius; ut, qui transfixiónem ejus et passiónem venerándo recólimus, gloriósis méritis et précibus ómnium Sanctórum Cruci fidéliter astántium intercedéntibus, passiónis tuæ efféctum felícem consequámur:
[O Dio, nella tua passione, una spada di dolore ha trafitto, secondo la profezia di Simeone, l’anima dolcissima della gloriosa vergine e madre Maria: concedi a noi, che celebriamo con venerazione i suoi dolori, di ottenere il frutto felice della tua passione:

Lectio

Léctio libri Judith.
Judith XIII: 22; 23-25
Benedíxit te Dóminus in virtúte sua, quia per te ad níhilum redégit inimícos nostros. Benedícta es tu, fília, a Dómino, Deo excélso, præ ómnibus muliéribus super terram. Benedíctus Dóminus, qui creávit coelum et terram: quia hódie nomen tuum ita magnificávit, ut non recédat laus tua de ore hóminum, qui mémores fúerint virtútis Dómini in ætérnum, pro quibus non pepercísti ánimæ tuæ propter angústias et tribulatiónem géneris tui, sed subvenísti ruínæ ante conspéctum Dei nostri.

[Il Signore nella sua potenza ti ha benedetta: per mezzo tuo ha annientato i nostri nemici. Benedetta sei tu, o figlia, dal Signore Dio altissimo più di ogni altra donna sulla terra. Benedetto il Signore, che ha creato il cielo e la terra, perché oggi egli ha tanto esaltato il tuo nome, che la tua lode non cesserà nella bocca degli uomini: essi ricorderanno in eterno la potenza del Signore. Perché tu non hai risparmiato per loro la tua vita davanti alle angustie e alla afflizione della tua gente: ci hai salvato dalla rovina, al cospetto del nostro Dio.]

Graduale

Dolorósa et lacrimábilis es, Virgo María, stans juxta Crucem Dómini Jesu, Fílii tui, Redemptóris.
V. Virgo Dei Génetrix, quem totus non capit orbis, hoc crucis fert supplícium, auctor vitæ factus homo. Allelúja, allelúja.
V. Stabat sancta María, coeli Regína et mundi Dómina, juxta Crucem Dómini nostri Jesu Christi dolorósa.

[Addolorata e piangente, Vergine Maria, ritta stai presso la croce del Signore Gesù Redentore, Figlio tuo.
V. O Vergine Madre di Dio, Colui che il mondo intero non può contenere, l’Autore della vita, fatto uomo, subisce questo supplizio della croce! Alleluia, alleluia.
V. Stava Maria, Regina del cielo e Signora del mondo, addolorata presso la croce del Signore.]

Sequentia


Stabat Mater dolorosa


Juxta Crucem lacrimósa,
Dum pendébat Fílius.

Cujus ánimam geméntem,
Contristátam et doléntem
Pertransívit gládius.

O quam tristis et afflícta
Fuit illa benedícta
Mater Unigéniti!

Quæ mærébat et dolébat,
Pia Mater, dum vidébat
Nati poenas íncliti.

Quis est homo, qui non fleret,
Matrem Christi si vidéret
In tanto supplício?

Quis non posset contristári,
Christi Matrem contemplári
Doléntem cum Fílio?

Pro peccátis suæ gentis
Vidit Jesum in torméntis
Et flagéllis súbditum.

Vidit suum dulcem
Natum Moriéndo desolátum,
Dum emísit spíritum.

Eja, Mater, fons amóris,
Me sentíre vim dolóris
Fac, ut tecum lúgeam.

Fac, ut árdeat cor meum
In amándo Christum Deum,
Ut sibi compláceam.

Sancta Mater, istud agas,
Crucifixi fige plagas
Cordi meo válida.

Tui Nati vulneráti,
Tam dignáti pro me pati,
Poenas mecum dívide.

Fac me tecum pie flere,
Crucifíxo condolére,
Donec ego víxero.

Juxta Crucem tecum stare
Et me tibi sociáre
In planctu desídero.

Virgo vírginum præclára.
Mihi jam non sis amára:
Fac me tecum plángere.

Fac, ut portem Christi mortem,
Passiónis fac consórtem
Et plagas recólere.

Fac me plagis vulnerári,
Fac me Cruce inebriári
Et cruóre Fílii.

Flammis ne urar succénsus,
Per te, Virgo, sim defénsus
In die judícii.

Christe, cum sit hinc exíre.
Da per Matrem me veníre
Ad palmam victóriæ.

Quando corpus moriétur,
Fac, ut ánimæ donétur
Paradísi glória.
Amen
.

Evangelium

Sequéntia +︎ sancti Evangélii secúndum Joánnem.
Joann XIX: 25-27.
In illo témpore: Stabant juxta Crucem Jesu Mater ejus, et soror Matris ejus, María Cléophæ, et María Magdaléne. Cum vidísset ergo Jesus Matrem, et discípulum stantem, quem diligébat, dicit Matri suæ: Múlier, ecce fílius tuus. Deinde dicit discípulo: Ecce Mater tua. Et ex illa hora accépit eam discípulus in sua.

[In quel tempo, stavano presso la croce di Gesù sua madre, la sorella di sua madre, Maria di Clèofa, e Maria Maddalena. Gesù, dunque, vedendo la madre e accanto a lei il discepolo che amava, disse a sua madre: «Donna, ecco tuo figlio». Poi disse al discepolo: «Ecco tua madre». E da quell’ora il discepolo la prese con sé.]

OMELIA

[G. Colombo: Pensieri sui Vangeli e sulle Feste del Signore e dei Santi; VI Ed. Sov. Vita e Pens. – Milano, 1956]

LA MADRE ADDOLORATA

Uno dei grandi conquistatori dell’America del Sud è Pizzarro. Con una piccola flotta era giunto la prima volta alla spiaggia del continente nuovo: le foreste opache e immense, le fiumane rombanti, il suolo pieno d’agguati spaventarono i suoi compagni che, mossi alcuni passi sulla terra ignota volevano risalire le navi e tornarsene in Europa, nella tranquillità della loro famiglia. Pizzarro allora getta la sua spada sul terreno, e, volgendosi ai suoi grida: « Se alcuno di voi ha paura, resti al di qua della mia spada, i coraggiosi vengano con me! ». Anche il nostro capitano, Gesù Cristo, ha gettato tra il paradiso e noi la sua croce e grida: « Se alcuno di voi ha paura del patimento, resti al di qua della mia croce, ma non ascenderà mai in Cielo. Chi invece mi ama, venga con me! » Molte anime, intrepidamente, disprezzando i tormenti, oltrepassarono la croce pur di tenere dietro a Gesù: un S. Vincenzo si lasciò distendere sul cavalletto, scarnificare dagli uncini di ferro, tagliuzzare da lame ardenti; un San Bonifacio si lasciò colare, nella bocca, del piombo fuso; San Marco e S. Marcelliano coi piedi trapassati dai chiodi furono legati a un palo; e San Lorenzo, giovane diacono, abbrustolito sulla graticola si volgerà scherzando al carnefice: «Sono cotto arrosto; assaggiami». – Ma prima di tutti costoro, ma avanti ad ogni martire, dietro al grido di Gesù, accorse la Madonna. Il suo dolore supera i dolori di tutti gli uomini messi insieme; la sua croce è più grave di tutte le croci del mondo messe assieme: essa anche nel patimento è sopra ogni creatura. Ego primogenita ante omnem creaturam. (Eccli., XXIV, 5). « A chi, nella tua angoscia, ti paragonerò o Vergine? c’è forse fra tutte le figlie di Sion una sola che abbia un dolore simile al tuo? Grande come il mare è la tua ambascia, e nessuno ti può consolare (Thr., II, 13). « O uomini immersi sempre negli affari, distratti sempre da pensieri mondani, raccoglietevi in questa festa! Fermatevi un momento, e considerate se vi è un dolore che somigli a quello di Maria! » (Thr., I , 12). A voler compendiare lo strazio della Madonna, io penso che non ci sia frase migliore di quelle due semplici parole che spesso abbiamo ripetute: « Mater dolorosa». Sì! Soprattutto come madre la madre la Vergine ha sofferto: come Madre di Dio, come Madre degli uomini.

Ecco due facili e fecondi pensieri.

1. LA DOLOROSA MADRE DI DIO

La circoncisione, la fuga in Egitto, la perdita di Gesù nel tempio, non furono che il preludio; tutta la tragedia si consumò al Calvario. Sotto il cielo imbrunito, nonostante che il mezzogiorno fosse passato da poco, si ergevano tre croci: due per due ladroni e in mezzo stava quella del Figlio di Dio. Aveva la testa coronata di spine, gli occhi senza lacrime, ma gonfi, le palme delle mani e le piante dei piedi trafitte, e la persona era tutta in una piaga sola. Ai piedi del patibolo, ritta, immota, senza parola, senza lamento stava la dolorosa Madre dell’Unigenito divino.

Ella tutto vedeva: quando Agar, profuga della casa d’Abramo, si trovò nel deserto senza latte, senz’acqua, senza stilla di rugiada per dissetare i l suo figliuolo, lo depositò sulla sabbia e fuggì via disperatamente non volendo assistere alle crudeli agonie della morte di sete. « Non lo vedrò morire! » — Maria invece non fuggì dal Golgotha: con gli occhi intenti, vedeva ogni stilla di sangue rigare la persona del suo Figliuolo, vedeva ogni spasimo del volto divino, vedeva l’orribile morte avvicinarsi lentissimamente.

Ella tutto udiva: le madri non sanno soffrire che qualcuno sparli delle loro creature; o fuggono per non udire o accorrono per difenderle dalla mala lingua. Maria invece era costretta a sentire tutte le bestemmie, le ironie, gl’insulti banali, le sghignazzate che dalle bocche infernali latravano contro suo Figlio morente. « Ecco: hai fatto tanti miracoli per gli altri, fanne uno anche per te e discendi dalla croce. Hai detto che in tre giorni puoi fabbricare un tempio come quello di Salomone e non sai salvarti? Ci hai fatto credere di essere re, ma i tuoi soldati dormono, che non vengono a liberarti? ». L a Madre udiva. E taceva.

Ella tutto provava: lo spasimo nel suo cuore. Il respiro di Gesù si faceva sempre più rantolante, ed il petto gli si dilatava con affannoso convulso per bere un po’ d’aria: ed anch’ella sentiva il suo fiato farsi sempre più corto e quasi mancarle. Sentiva nelle palme delle mani una puntura acutissima come se un chiodo gliele attraversasse, il medesimo dolore sentiva nelle piante dei piedi. – Il cuor di Gesù pulsava con battiti celeri e veementi che lo squassavano come per strapparlo: ed anch’ella sentiva il suo cuore materno rompersi dentro. La lebbre sitibonda cominciò a bruciare tutta la persona del Crocifisso divino: « Ho sete! » gridò. E sua Madre non poté dargli un bacio per placargli l’arsura delle labbra. Quanto è terribile!

Ella tutto comprendeva: quando l’Agonizzante esclamò: «Dio mio, Dio mio! Perché mi hai abbandonato anche tu? » nessuno comprese il significato vero di quelle parole. « Sentite — dicevano — chiama Elia a liberarlo ». Ma la Vergine sapeva che in quel momento Gesù s’era caricato di tutti i peccati del mondo, e provava la vendetta di Dio; sapeva come questo fosse il dolore massimo, ma per alleviarlo non poteva far niente.

Ella tutto sopportò fin anche lo sfregio al cadavere. Anche a Respha (II Re, XXI) avevano crocifisso due figliuoli: ma poi che furono morti, essa poté rimanere per più giorni accanto ai loro cadaveri perché non li mangiassero i corvi rapaci. Maria invece dovette vedere un soldato squarciare con una lancia il costato del suo Gesù: il Figlio già morto non lo avvertì quel colpo, ma la Madre sentì il freddo della lama penetrarle in seno, e dividerle il cuore.

Eppure stava presso la croce. Quando a Davide uccisero il figlio Assalonne, per alcuni giorni fece rimbombare la reggia di urli e di pianti. Maria non fece querela. Il monte tremava, il sole si copriva di caligine, il velo del tempio si fendeva, i sepolcri s’aprivano, solo la Madre stava. Stabat Mater (Giov., XIX, 25).

2. LA DOLOROSA MADRE DEGLI UOMINI

L’Addolorata noi amiamo rappresentarla con il cuore trafitto da sette spade: i sette dolori più gravi della sua vita. Eppure la Vergine rivolgendosi a noi potrebbe

far questo lamento: «Tu super dolorem vulnerum meorum addidisti» (Salm., LXVIII, 27). Un dolore più grave di questi sette, me l’hai dato tu. Non vi sembrapossibile? ascoltate.Una ricchissima signora di Parigi aveva un figliuolo ch’ella amava sopra ognicosa. Volle dargli un’educazione quale non possono averla se non i figli del re: chiamò i professori più rinomati, non lesinò in ricompense, e poi, a completare la formazionelo mandò in Inghilterra. Di là riceveva di quando in quando lettere del figliuolochiedente denaro sempre: la madre già tutto aveva speso per lui, tuttavia vendette anche l’oro e le gemme di quando era giovane sposa. Le lettere chiedenti danaro continuavano ancora; e la madre vendette i suoi vestiti di seta e poi anche il palazzo in cui abitava. Si ritirò in una stanzetta, povera ma contenta di rivedere tra poco il figlio ricco di titoli e d’istruzione, onorato e invidiato da tutti. Ed ecco un’ultima lettera annunciarle prossimo il ritorno solo che occorreva ancora danaro. E la madre agucchiò, notte e giorno, pur di guadagnare quell’ultimo sforzo. Finalmente sente bussare alla porta; ma non era suo figlio. Venivano a dirle che la giustizia l’aveva agguantato e rinchiuso nel carcere dei delinquenti. « Ma come!— urlava la povera mamma — tutta la mia sostanza fu spesa inutilmente? Il mio danaro fu usato a delinquere? È troppo! È troppo!… ».Questa non è che una parabola. La realtà è che un’altra madre ha fatto per noi molto di più. Non l’oro, non la seta, ma il suo Figlio divino ha sacrificato per noi, ha versato per noi il sangue del suo sangue! Ed inutilmente. Noi siamo ritornati a peccare nelle nostre cattive abitudini. « Come mai? — pare che oggi ci dica la nostra Madre dolorosa — come!? Per niente ho lasciato crocifiggere il mio Gesù? Il suo sangue fu inutile per la tua anima? Il suo sangue, il mio sangue sparso perla tua redenzione, tu lo tramuti per la tua perdizione? È troppo, è troppo!» Tu super dolorem vulnerum meorum addidisti.

CONCLUSIONE

Cristiani, figli di Maria, che la considerazione dei dolori della Vergine non passi senza frutto davanti all’anima vostra! Ed il frutto sia quello che è consigliato nel libro dell’Ecclesiastico: «Gemitus matris tuæ ne obliviscaris » (VII, 29). Non essere sordo al gemito di tua Madre. Quando il mondo ti affascina con i suoi piaceri e non sai come strapparti dalla fantasia l’immaginazione di delizie velenose, ricordati del pianto di Maria e non dimenticare il gemito di questa tua Madre dolorosa. Gemitus matris tuæ ne obliviscaris. O uomini miserabili! quale pensiero vi agita? Volete voi un’altra volta elevare la croce a Gesù Cristo? Volete rinnovellare a Maria il suo strazio? Lasciamoci commuovere dal grido d’una Madre dolorosa. «Figliuoli! — ci dice Ella — Io ho visto morire il mio Figlio diletto, io sotto la croce ho patito tutto quello che a creatura umana è possibile patire. Eppure tutto quel dolore io non lo conto più, io lo dimentico. Credete al mio amore: il colpo che mi date col vostro peccato, questo è la piaga più spasimante che mi passa il seno, che mi colpisce il cuore! ». Ecco un gemito della Madre nostra; fratelli, non dimentichiamolo.

Credo

Offertorium

Orémus
Jer XVIII: 20
Recordáre, Virgo, Mater Dei, dum stéteris in conspéctu Dómini, ut loquáris pro nobis bona, et ut avértat indignatiónem suam a nobis.

[Ricordati, o Vergine Madre di Dio, quando sarai al cospetto del Signore, di intercedere per noi presso Dio, perché distolga da noi la giusta sua collera].

Secreta

Offérimus tibi preces et hóstias, Dómine Jesu Christe, humiliter supplicántes: ut, qui Transfixiónem dulcíssimi spíritus beátæ Maríæ, Matris tuæ, précibus recensémus; suo suorúmque sub Cruce Sanctórum consórtium multiplicáto piíssimo intervéntu, méritis mortis tuæ, méritum cum beátis habeámus:

[Ti offriamo le preghiere e il sacrificio, o Signore Gesù Cristo. supplicandoti umilmente: a noi che celebriamo. in preghiera i dolori che hanno trafitto lo spirito dolcissimo della santissima tua Madre Maria, per i meriti della tua morte e per l’amorosa e continua intercessione di lei e dei santi che le erano accanto ai piedi della croce, concedi a noi di partecipare al premio dei beati:]

Præfatio de Beata Maria Virgine

Vere dignum et justum est, æquum et salutáre, nos tibi semper et ubique grátias ágere: Dómine sancte, Pater omnípotens, ætérne Deus: Et te in Transfixióne beátæ Maríæ semper Vírginis collaudáre, benedícere et prædicáre. Quæ et Unigénitum tuum Sancti Spíritus obumbratióne concépit: et, virginitátis glória permanénte, lumen ætérnum mundo effúdit, Jesum Christum, Dóminum nostrum. Per quem majestátem tuam laudant Angeli, adórant Dominatiónes, tremunt Potestátes. Coeli coelorúmque Virtútes ac beáta Séraphim sócia exsultatióne concélebrant. Cum quibus et nostras voces ut admitti jubeas, deprecámur, súpplici confessióne dicéntes: ….

[È veramente degno e giusto, conveniente e salutare, che noi, sempre e in ogni luogo, Ti rendiamo grazie, o Signore Santo, Padre Onnipotente, Eterno Iddio: Te, nella Transfissione della Beata sempre Vergine Maria, lodiamo, benediciamo ed esaltiamo. La quale concepí il tuo Unigenito per opera dello Spirito Santo e, conservando la gloria della verginità, generò al mondo la luce eterna, Gesú Cristo nostro Signore. Per mezzo di Lui, la tua maestà lodano gli Angeli, adorano le Dominazioni e tremebonde le Potestà. I Cieli, le Virtú celesti e i beati Serafini la célebrano con unanime esultanza. Ti preghiamo di ammettere con le loro voci anche le nostre, mentre supplici confessiamo dicendo:]

Communio

Felices sensus beátæ Maríæ Vírginis, qui sine morte meruérunt martýrii palmam sub Cruce Dómini.

[Beata la Vergine Maria, che senza morire, ha meritato la palma del martirio presso la croce del Signore.]T

Postcommunio

Orémus.
Sacrifícia, quæ súmpsimus, Dómine Jesu Christe, Transfixiónem Matris tuæ et Vírginis devóte celebrántes: nobis ímpetrent apud cleméntiam tuam omnis boni salutáris efféctum:

[O Signore Gesù Cristo, il sacrificio al quale abbiamo partecipato celebrando devotamente i dolori che hanno trafitto la vergine tua Madre, ci ottenga dalla tua clemenza il frutto di ogni bene per la salvezza:]

Per l’Ordinario, vedi:

https://www.exsurgatdeus.org/2019/05/20/ordinario-della-messa/

LE GRANDEZZE DEL NOME DI MARIA

Le Grandezze del Nome di Maria.

[A. Carmagnola: LA PORTA DEL CIELO – S. E. I. Torino, 1895]

Non rare volte Iddio volle Egli medesimo imporre a taluno il nome, e ciò perché il nome imposto avesse ad esprimere con particolare esattezza la destinazione di colui al quale usava tanto riguardo. Così leggiamo nella Sacra Scrittura, che Iddio apparendo al suo servo Abramo gli disse: « D’ora innanzi il tuo nome non sarà più quello di Abramo, ma quello di Abrahamo, perocché io ti ho destinato padre di molte genti, e la tua moglie non chiamerai più col nome di Sarai, mia signora, ma con quello di Sara, assolutamente la Signora, perciocché io la benedirò e le darò un figlio, che sarà capo di nazioni e di popoli ». Così pure fece Iddio con Giacobbe. Essendo questi, nel cammino verso di suo fratello Esaù, rimasto vincitore contro dell’Angelo, che rappresentando Iddio aveva lottato con lui, il Signore gli disse: « Il tuo nome d’ora in poi sarà Israele, perocché se fosti forte a petto di Dio, tanto più prevarrai contro tutti gli uomini ». Così ancora operò con Giovanni precursore di Gesù Cristo. Inviando un Angelo a suo padre Zaccaria per annunziargliene la nascita, dallo stesso Angelo gli fece dire: « A quel figliuolo, che ti nascerà dalla moglie Elisabetta, porrai nome Giovanni, che significa grazia, perocché egli sarà grande nel cospetto del Signore e andrà innanzi a Lui con lo spirito e con la virtù di Elia». E finalmente, per tacere di molti altri, così accadde per il Verbo incarnato, Gesù Cristo, poiché l’Angelo del Signore nel presentarsi e a Maria Santissima ed a S. Giuseppe, disse e all’una e all’altro: « Al Divin Figliuolo porrete nome Gesù, Salvatore, perché libererà il suo popolo da’ suoi peccati ». Or bene poteva essere che Iddio non seguisse anche per Maria un tal costume? Poteva essere che il suo nome le fosse imposto così a caso ? Il Vangelo, è vero, nulla dice a questo riguardo, ma ben possiamo credere che fosse veramente Dio stesso, il quale a Gioachino ed Anna suggerisse il nome della loro figlia, poiché il nome di Maria, e lo vedremo oggi, è:

1° Un nome di gloria.

2° Un nome di luce.

3° Un nome di salute.

I. — Anche a Maria adunque il nome venne imposto da Dio, poiché non poteva essere che avesse un nome casuale Colei, che era preordinata da Dio alla più sublime destinazione, ad essere cioè la Madre del Divin Salvatore e la Corredentrice del genere umano. Epperò anche in Maria il nome è come una cifra, la quale indica le sue grandezze, i nobilissimi unici a cui venne trascelta. Difatti, che cosa significa il nome di Maria? Questo nome, secondo l’interpretazione di S. Epifanio, di S. Gerolamo e di S. Giovanni Damasceno, dedotta dalla fonte ebraica, significa anzitutto Signora. Or bene qual nome meglio di questo poteva esprimere la gloria altissima, a cui fu elevata Maria? Qual nome, più di questo, le conveniva? Ed in vero Maria dovea essere Madre, e lo fu, di Colui che è chiamato nelle sacre Scritture Dominus omnipotens, Signore onnipotente, Rex regum et Dominus Dominantium, Re dei re e Signore dei signori. E tale essendo Maria, ben a ragione, dice S. Pier Crisologo, fu chiamata col nome di Signora. Lo stesso vanno dicendo S. Giovanni Damasceno, S. Pier Damiani, Alberto Magno ed altri: dal momento che ella è Madre del Creatore e Signore di tutte le cose, ancoressa è di tutte le cose Signora. E Signora infatti Ella fu proclamata lassù in cielo da tutti i cori degli Angeli e da tutti gli altri beati spiriti il giorno della sua trionfale Assunzione, quando incoronata da Dio Regina del cielo e della terra, ed ascesa in trono col manto dorato e circondata di varietà, come la descrive il profeta, si assise accanto del suo Divin Piglio, vedendo nient’altro al di sopra di sé che Iddio, e al disotto tutto l’universo prostrato ai suoi piedi. E come Signora fu riconosciuta per tutta la terra, dove col titolo di Madonna, che vuol dire appunto Mia signora, si saluta, si chiama e si invoca in tutte le lingue, dove come a Signora le si erigono per ogni luogo altari e santuari e come di Signora si scrive da per tutto il suo nome, e sui frontoni delle chiese e delle case, e sulle vele e sui fianchi delle navi, e persino sulle bandiere degli eserciti. E Signora ella è veramente, poiché tutto quello che non è Dio a Lei deve inchinarsi e Lei deve obbedire, dovendosi dappertutto sentire la sua universale padronanza, avendo Gesù Cristo tutte le cose a Lei assoggettate. Oh ben a ragione adunque S. Pier Damiani esclama: « Nell’udir il nome di Maria ogni creatura si taccia riverente e tremi, né presuma giammai di levare il guardo alla immensa sua grandezza: Taceat et contremiscat omnis creatura; et vix audeat adspicere tantæ dignitatis immensitatem. E come quando si pronuncia il nome adorabile di Gesù suo Figlio, così nel pronunciarsi il nome di Lei che è sua Madre, si pieghi riverente ogni ginocchio e nel cielo e nella terra e negli inferni: Omne genu flectatur cœlestium, terrestrium et infernorum. Ma poiché il nome santissimo di Maria esprime con tanta esattezza la gloria di Lei e l’altissima sua padronanza, procuriamo per parte nostra che ciò esprima pure esattamente per ciascuno di noi. Tanti uomini nel mondo ambiscono di essere servi di qualche re o di qualche grande signora, e se arrivano a ciò ottenere, si reputano grandemente fortunati. E noi che possiamo tutti, se il vogliamo, avere la fortuna di essere servi e sudditi di Maria non ce ne daremo alcun pensiero? Oh non sia mai. Il nome di Maria si verifichi in tutta la sua estensione: Maria da vera signora regni sovrana in ciascuno dei nostri cuori, si abbia del continuo gli omaggi della nostra servitù e a somiglianza di S. Stefano d’Ungheria chiamandola spesso la nostra gran Signora, e ad esempio di S. Ildefonso preghiamola, che voglia veramente dominarci Esto Domina mea atqìie dominatrix mea dominans mihi.

II— In secondo luogo il nome di Maria è un nome di luce. Dicono i sacri interpreti che questo nome significa pure illuminatrice. Or bene anche per questa ragione chi non vede quanto questo nome si addica a Maria? E non è dessa che diede al mondo la luce, lucem dedit sæculo, conforme a quel che canta la Chiesa, quella luce vera che illumina ogni uomo, la Sapienza incarnata, Gesù Cristo ? Non è dessa che portando nel suo seno questa luce beatissima n’ebbe ripiene le parti più intime della sua mente e del suo cuore e ne fu così illustrata da poter poi Ella medesima gettar luce vivissima sulle verità da Dio rivelate e confidate alla Chiesa? Sì senza alcun dubbio. Ella, che per singolare privilegio penetrò tanto addentro nelle divine perfezioni, nei disegni della divina Provvidenza, nella cognizione del suo Figliuolo Gesù, nelle intenzioni e nei voleri del suo sacratissimo Cuore, nei destini ammirabili della Chiesa, Ella fu altresì Colei, che tra gli Apostoli ed i primi fedeli sparse tanta luce sui dogmi e sulla morale di nostra santa Religione. Ed è a Lei, che nelle inquietudini, nelle dubbiezze, nelle incertezze ricorrevano e i fedeli e gli Apostoli, ben sapendo quanto illuminatrice fosse la parola di Maria e quanto vera la luce, che dalla sua parola usciva. Anzi è dessa, che anche senza essere interrogata, mettendo fuori quei divini oracoli che serbava in fondo al cuore, veniva sempre più illustrando la mente di quei suoi primi diletti figliuoli, come è dessa ancora, che colla santità dell’esempio, colla soavità del conforto e coll’autorità del consiglio li animava a correre volenterosi per tutta la faccia della terra a portare la santissima luce del Vangelo. Sicché ben a ragione dice il Santo Padre Leone XIII che « non parrà eccedere il vero chi affermi che fu segnatamente per la guida e il presidio di Lei, che la sapienza e le istituzioni dell’Evangelo, benché tra difficoltà e contraddizioni fierissime, penetrarono per ogni nazione con tanto celere corso, portando da per tutto un nuovo ordine di giustizia e di pace ». Dopo di che non è meraviglia che i Padri della Chiesa di secolo in secolo prendendo a mantener chiara la dottrina di Cristo in mezzo alle nebbie degli errori che cercavano di offuscarla, ricorressero per luce a Maria. Per certo e quando Ario e Nestorio e Pelagio e Lutero e Calvino si travagliavano a corrompere la verità immacolata della Chiesa Cattolica, i santi Vescovi e Dottori non esitavano un istante a ricorrere a Maria, e Maria, pulchra ut luna, electa ut sol, brillante come la luna, sfolgoreggiante siccome il sole in pien meriggio, interveniva con la sua assistenza, con le sue illustrazioni, con le stesse apparizioni a fugare le tenebre degli errori e a far risplendere di nuova luce la Cattolica Dottrina. Per modo che sopra il labbro dei Cristiani risuonava entusiastico quel canto, che tuttora si ripete e si ripeterà per tutti i secoli: Allegrati, o Maria, che per te sola furono distrutte tutte le eresie per tutto il mondo: Gaude Maria Virgo, cunctas hæreses sola interemisti in universo mundo. Ed anche ai dì nostri non è per opera massimamente di Maria, per la sua bontà, per i santi eccitamenti, che Ella desta nel cuore di generosi missionari, che la santa luce del Vangelo è portata e fatta risplendere a quelli, che giacciono ancor nelle tenebre e nell’ombra di morte? Sì, Maria è veramente illuminatrice e il suo santissimo nome, dopo quello del suo divin Figlio, è nome ripieno di luce, nome che lucet prædicatum, che predicato sprazza vivissima luce, nome nella luce del quale altresì siamo chiamati alla conoscenza più chiara della verità. Oh quanto utile pertanto ci sarà in mezzo ai dubbi di nostra vocazione, nelle incertezze di nostra vita, fra le oscurità della nostra mente invocare questo amabilissimo Nome! Maria senza dubbio accorrerà in nostro aiuto e rischiarerà le nostre vie.

III. — Infine il nome di Maria è un nome di salute. Poiché questo dolcissimo nome significa ancora stella del mare. Or bene, siccome chi in una oscurissima notte, in cui imperversi la bufera, trovandosi in alto mare non ha maggior conforto e sicurezza, che tener fisso lo sguardo alla stella polare, così chi si trova nel mar tempestoso di questa misera vita non ha una guida ed un sostegno più caro di Maria. È vero, le tentazioni del demonio, le lusinghe del mondo, la veemenza delle nostre passioni come altrettanti scogli e venti furiosi ci rendono difficilissimo il cammino per il mar della vita: ma in alto brilla di vivissima luce la stella: Maria risplende di meriti, luccica di esempi : micans meritis, illustrans exemplis; rivolgiamo a Lei lo sguardo e sicurezza arriveremo al porto della beata eternità. È questo tutto il pensiero di S. Bonaventura: Maria est stella utilissima nos ad patriam cœlestem dirigendo, immo ducendo nos per mare huius sæculi ad portum Paradisi. Ma anche nei temporali affanni nonè forse un nome di salute il nome di Maria?L’orfano che ha perduto la sua madre quaggiùnon è forse invocando Maria, che non si sentepiù abbandonato e sente di aver ancora una madre? La vedova che ha perduto nel marito il suosostegno e quello dei suoi figli, non è ricorrendo a Maria che sente dilatarsi il cuore alla fiducia nella divina Provvidenza? L’infermo che languisce da più mesi sul letto dei suoi dolori non è nel pronunciare questo nome, che sente rinascere la pazienza e trova un balsamo salutare alle sue pene? E non è nel ripetere Maria, che si conforta il pellegrino smarrito nella foresta, il navigante che combatte coi flutti del mare, il soldato che cimenta la vita sui campi di battaglia? E non è dicendo Maria, che la donzella si difende nel pericolo, che ognuno cerca scampo nel disastro, che persino il fanciullo si libera dalle paure della notte? Oh sì: Maria! Maria! ecco il grido più spontaneo, più frequente, più solito in mezzo ad ogni calamità, ad ogni sventura, ad ogni rischio. E che è mai questo spontaneo ricorrere al nome di Maria da parte di tutti i fedeli, se non un riconoscere, che per Lei massimamente ci viene la salute? Che se tale è il nome di Maria nei pericoli del corpo, oh quanto più lo sarà in quelli dell’anima! Epperò è ben con ragione che l’eloquentissimo encomiator del nome di Maria, S. Bernardo, tanto ci anima all’invocazione di questo nome, dicendo:« Se sorgono contro di te i venti delle tentazioni,se incorri negli scogli delle tribolazioni, riguardala stella, chiama Maria: respice stellam, voca Mariam. Se ti sbattono le onde della superbia, dell’ambizione,della detrazione, dell’ingiusta emulazione, riguarda la stella, chiama Maria, respice stellam, voca Mariam. Se l’ira, l’avarizia, le lusinghe della carne cercano di mettere a fondo la navicella dell’anima tua, riguarda Maria. Se turbato per la gravità delle tue colpe, confuso perle sozzure della tua coscienza, atterrito dall’orrore del divino giudizio cominci ad essere assorbito dal baratro della tristezza, dall’abisso della disperazione, pensa a Maria. Nei pericoli, nelle angustie, nelle cose dubbie pensa a Maria, chiama Maria: Mariam cogita, Mariam invoca. Deh! Non avvenga mai che questo nome si parta dalla tua bocca, si scosti dal tuo cuore; coll’aiuto di questo nome giungerai alla gloriosa tua meta ».

FIORETTO.

Non profferir mai i nomi di Dio, di Gesù Cristo e di Maria invano; chinare la testa con riverenza qualora sentissimo qualche bestemmia contro di essi, ed invocarli noi sovente.

GIACULATORIA.

Viva Gesù! Viva Maria!

Esempio e preghiera

Il nome santissimo di Maria ha nel corso dell’anno una festa particolare ed è la domenica fra l’ottava della Natività di Maria. Anche una tal festa ricorda al popolo cristiano una grazia straordinaria di Maria. Nel 1683 i Turchi, invasa già l’Ungheria, si avanzarono anche sull’Austria e strinsero di assedio la città di Vienna con una armata di duecentomila soldati. Vienna gagliardamente resisteva, ma non di meno trovavasi nel più spaventoso pericolo di cadere nelle mani dei Turchi e sottostare agli orrori di una ferocissima strage. Lo spavento fu accresciuto da un incendio sviluppatosi in una chiesa e dilatatosi così rapidamente da giungere ormai vicino all’arsenale, ove conservavansi le polveri. La tremenda esplosione era imminente ed avrebbe in pari tempo aperto il passo ai nemici e seppellito la città intera coi suoi cittadini sotto le rovine. Ma essendo quello il giorno dell’Assunzione di Maria fece nascere il pensiero di ricorrere a Lei. Ed ecco tutto il popolo e tutta l’armata mettersi ad invocare il soccorso della Vergine ed a ripetere con fiducia il suo santissimo nome. Quelle preghiere non furono vane, poiché come per miracolo l’incendio si arrestò e poi si estinse, sicché le polveri non presero fuoco. Questa così sensibile protezione di Maria riaccese in tutti la speranza di essere liberati dalla potenza ottomana e fece accrescere i voti e le preghiere. Ma intanto erano già tre settimane dacché i Turchi avevano aperta la trincea e, ridotto agli estremi il presidio che la difendeva, sembrava giunto il momento della resa, quando quasi miracolosamente giungeva in aiuto un’armata di Polacchi capitanata dall’eroe Sobieski. A quella vista gli abitanti di Vienna giubilando esclamavano: È Maria, che ci è venuta in soccorso. Come ci ha salvati dalla rovina nel dì dell’Assunta, così ora ci salva dai nostri nemici. E non s’ingannarono. Il principe Carlo di Lorena, che comandava l’esercito alemanno, andò ad unirsi con Sobieski presso una cappella, ove fecero celebrare la santa Messa in onore di Maria. Sobieski istesso la volle servire, tenendo sempre le braccia incrocicchiate al petto e facendo la santa Comunione. Infine avuta la benedizione dal sacerdote nel nome di Maria per sé e per l’esercito, pieno di animo a gran voce esclamò: Andiamo, che la Vergine sarà con noi. Nell’atto stesso tutta l’armata si mosse e slanciossi con tanto impeto contro al nemico, che in breve scompigliatolo, messolo in rotta, e fattolo con precipitazione ripassare il Danubio colla perdita delle munizioni, di duecento cannoni e con pressoché la metà de’ suoi morti e feriti, ne riportò una fra le più splendide vittorie. Da tutti i Cristiani fu riconosciuto l’aiuto manifesto di Maria; il principe di Lorena e l’eroe Polacco si recarono davanti al suo altare a rendergliene grazie solenni ed il Pontefice Innocenzo XI, avuto lo stendardo verde di Maometto, tolto ai Turchi, e depostolo ai piedi della Vergine, decretò, che nella domenica fra l’ottava della Natività di Lei si celebrasse, a memoria di tanto trionfo, la festa del suo santissimo Nome. Oh! se tanto è potente il nome di Maria contro i nostri nemici temporali, quanto più lo sarà contro i nemici spirituali. Dell’invocazione di questo nome pertanto armiamoci prontamente ogni qualvolta saremo assaliti dalle tentazioni del demonio, del mondo e della carne, e il nome di Maria ci renderà forti ed invincibili. – Sì, o Maria santissima, è al nome vostro che noi faremo fiducioso ricorso in mezzo agli assalti dei nemici dell’anima nostra, e voi che sotto la protezione del vostro santissimo nome già ci deste di allietarci, fate ancora che per la intercessione dello stesso nome siamo liberati da ogni male qui in terra e possiamo un giorno arrivare ai gaudi eterni nel cielo. Così sia.

I SERMONI DEL CURATO D’ARS: FESTA DELLA NATIVITÀ DELLA SS. VERGINE

I SERMONI DEL CURATO D’ARS: FESTA DELLA NATIVITÀ DELLA SS. VERGINE

[Da: I Sermoni del Curato d’Ars, trad. it. di Giuseppe D’Isengard, vol. IV, Torino, libreria del Sacro Cuore – 1907]

LA NATIVITÀ DELLA SS. VERGINE.

De qua natus est Jesus.

Da Maria ci è nato il Salvatore.

(S. MATTEO I, 16).

Ecco, miei fratelli, in due parole l’elogio più compiuto che possa farsi di Maria: dire che da Lei ci è nato Gesù, Figliuolo di Dio. Si, Maria è la creatura più bella che sia uscita mai dalle mani del Creatore. Dio medesimo l’elesse per essere il canale per cui doveva far discendere le sue grazie più preziose e più abbondanti su quelli che avessero fiducia in Lei. Dio ce la rappresenta come un bello specchio, in cui si riflette come un compiuto modello di tutte le virtù. Perciò appunto vediamo la Chiesa riguardarla qual Madre sua e qual patrona e protettrice contro i suoi nemici, e piena d’ardore celebrare colla pompa più solenne il giorno beato in cui questo bell’astro cominciò a splendere sulla terra. La nascita de’ grandi del mondo ci ispira timori e apprensioni, perché non sappiamo, se saran giusti o peccatori, salvi o riprovati, non sappiamo, dico, se renderan felici o sventurati i loro popoli. Ma quanto a Maria non abbiamo timore alcuno. Nasce per esser Madre di Dio, e con la sua nascita ci reca ogni sorta di beni e di benedizioni. Dio ce la propone qual modello, in qualunque stato o condizione siam posti. Abbandoniamoci dunque, fratelli miei, con tutta la Chiesa a una santa gioia, e: – 1° ammiriamo in questa Vergine santa il modello delle più perfette virtù; – 2° consideriamo Maria come destinata da tutta l’eternità ad esser Madre del Figlio di Dio e nostra; – 3° contempliamo finalmente con riconoscenza i doni e le grazie che ha in sé la Mediatrice che Dio ha preparato agli uomini. Ma ascoltatemi attentamente; poiché parlarvi di Maria non è forse interessare i vostri cuori trattenendovi di Colei ch’è oggetto della vostra fiducia e del vostro amore?

1. — Fratelli miei, se, per ispirarvi una tenera devozione verso Maria, fosse necessario mostrarvi quanto avventurata è la sorte di chi confida in Lei; quanti aiuti, quante grazie, quanti vantaggi può ottenerci; se fosse necessario, aggiungo, mostrarvi l’accecamento e la sciagura di chi per una Madre sì buona, sì tenera, sì potente e così inclinata a farci sperimentare gli effetti della sua tenerezza ha soltanto indifferenza e disprezzo, avrei solo ad interrogare i patriarchi e i profeti, e in tutte le grandi cose che lo Spirito Santo ha fatto dire ad essi intorno a Maria, avreste argomento di confusione pei bassi sentimenti di cui troppo spesso siete ripieni a riguardo di questa buona Madre. Se poi vi narrassi tutti gli esempi, che i Santi ne han tratto, dovremmo deplorare il nostro accecamento ed avvivare la nostra fiducia verso di Lei. Primieramente nulla giova meglio a ispirarci una tenera devozione verso Maria del primo passo che leggiamo nelle sante Scritture, in cui vediamo Dio medesimo annunziare pel primo la nascita di Maria. – Quando i nostri progenitori ebbero la sventura di cader nel peccato, Dio, mosso dal loro pentimento, promise che verrebbe un giorno in cui nascerebbe una Vergine, la quale darebbe alla luce un figliuolo, onde avesse rimedio la sciagura cagionata dal loro peccato (ISAIA VII, 14). Più tardi i profeti dopo di Lui non cessarono d’annunziare di secolo in secolo, per dar conforto al genere umano che gemeva sotto la tirannia del demonio, che una Vergine darebbe alla luce un figliuolo, il quale sarebbe Figlio dell’Altissimo e mandato dal Padre per redimere il mondo perduto pel peccato d’Adamo (Genesi III, 15). Tutti i profeti annunziano che sarò la creatura più bella che abbia ad apparir sulla terra. Talora le danno il nome di Stella del mattino, che pel suo splendore e per la sua bellezza ecclissa tutte le altre, e che, in pari tempo, è guida al viaggiatore attraverso i mari; per farci intendere ch’essa sarà modello perfetto d’ogni virtù. A ragione dunque la Chiesa, nel tripudio della sua gioia, dire alla SS. Vergine: « La vostra nascita, o santa Vergine Maria, riempì il mondo intero di dolce consolazione e di santa allegrezza, perché da Voi è nato il Sol di giustizia, Gesù nostro Dio, che ci ha liberati dalla maledizione nella quale eravamo pel peccato de’ nostri progenitori, e ci ha colmato d’ogni sorta di benedizioni ». Sì, voi, o Vergine senza pari, Vergine incomparabile, avete distrutto l’impero del peccato e ristabilito il regno della grazia. « Levati su, dice lo Spirito Santo, esci dal seno di tua madre, tu che sei la mia più cara e insieme la mia più bella amica; vieni, tenera colomba, la cui purezza e la cui modestia sono senza pari, mostrati sulla terra, mostrati al mondo, come Colei che deve adornare il cielo e render felice la terra. Vieni, e mostrati in tutto lo splendore, di cui Dio t’ha rivestita, perché  tu sei l’opera più bella del tuo Creatore ». Infatti, quantunque la SS. Vergine avesse origine per la via ordinaria, lo Spirito Santo volle che l’anima sua fosse la più bella e la più ricca di grazie; e volle altresì che il suo corpo fosse il più bello di quanti se n’erano visti mai sulla terra. La Scrittura la paragona all’aurora nella sua nascita, alla luna nella sua pienezza, al sole nel suo meriggio (Cantico dei Cantici VI, 9). Ci dice pure che ha una corona di dodici stelle (Apocalisse XII, 1) ed è costituita dispensatrice di tutti i tesori celesti. Dopo la caduta d’Adamo il mondo era coperto di orrende tenebre; apparve allora Maria e, a guisa d’un bel sole in giorno sereno, dissipa le tenebre, avviva la speranza e dà alla terra la fecondità. Non dovette Iddio, fratelli miei, dire a Maria come a Mosè (Esodo III): « Va a liberare il mio popolo, che geme sotto la tirannia di Faraone; va ad annunziargli ch’è vicina la sua liberazione e che ho udito la sua preghiera, i suoi gemiti e le sue lacrime. Sì, o Maria, sembra ch’Ei dica, ho udito i gemiti, ho visto le lacrime de’ patriarchi, de’ profeti e di tante anime che sospirano il momento beato della loro liberazione ». Maria infatti, o miei fratelli, meglio assai che Mosè, annunzia che cesseranno ben presto le nostre sciagure, e che il cielo si riconcilierà colla terra. Oh! quali tesori apporta al cielo e alla terra la nascita di Maria! Il demonio freme di rabbia e di disperazione, perché in Maria vede Colei che deve schiacciarlo e coprirlo di confusione. Invece gli Angeli e i Beati fan risuonare la volta dei cieli di cantici d’allegrezza vedendo nascere una Regina, che deve aggiungere alla loro bellezza nuovo splendore. Ma, siccome Dio voleva cominciare a mostrarci che il cielo si sarebbe acquistato solo per via dell’umiltà, del disprezzo, della povertà e dei patimenti, volle che nella natività della Vergine nulla vi fosse di straordinario. Nacque in istato di debolezza, la sua culla fu bagnata di lacrime, come quella degli altri bambini, che nel nascere pare prevedano le miserie da cui saranno oppressi nel corso della vita. In questo senso lo Spirito Santo dice per bocca del Savio « che il giorno della morte è preferibile a quello della nascita » (Eccl. VII, 2). Maria nasce nell’oscurità. Sebbene fosse della stirpe di David e tra’ suoi antenati potesse noverare patriarchi, profeti e re, tutti questi titoli, sì ricercati dalle persone del mondo erano caduti in dimenticanza: essa non aveva altro splendore che la virtù, la quale agli occhi degli uomini non è oggetto di grande considerazione. Dio aveva permesso cosi, perché questa nascita fosse più conforme a quella del suo divino Figliuolo, di cui i profeti avevano annunziato che non avrebbe avuto neppure ove riposar il suo capo. Ma s’Ella viene al mondo così povera de’ beni della terra, è ricca de’ tesori di Colui che, da tutta l’eternità, l’aveva eletta ad esser sua Madre. S. Giovanni Damasceno ci dice che i secoli si disputarono a gara, quale tra loro avrebbe la sorte avventurata di vederla nascere. Vogliam sapere, dice uno de’ grandi suoi servi, il santo Vescovo di Ginevra, chi è questa Vergine coronata sin dalla culla? Interroghiamo gli Angeli, e ci diranno che li vince infinitamente in grazia, in meriti, in dignità e in ogni maniera di perfezioni. S. Basilio dice che dalla creazione del mondo alla venuta di Maria, l’Eterno Padre non aveva trovato creatura tanto pura e tanto santa che potesse esser Madre del suo Figliuolo. Quante volte i patriarchi e i profeti non levarono la voce con sospiri e con lacrime a dire: « Ah! quando verrà il beato momento in cui apparirà nel mondo questa Tergine santa? Oh! Beati gli occhi che vedranno quella creatura, che dovrà esser Madre del Salvatore degli uomini! »

II. — Sarebbe impossibile, fratelli miei, non amare Maria, se riflettessimo un momento alla sua tenerezza verso di noi e ai benefici di cui ha continuamente ricolmati. Invero, se Gesù Cristo ha versato il suo sangue prezioso per salvarci, chi, se non Maria, ha prodotto questo sangue adorabile? Se teniamo dietro alla sua vita mortale, quanti affanni, quanti dolori, quante angosce ha tollerato! Ogni volta che volgeva lo sguardo al suo divino Figliuolo, soffriva, dicono i SS. Padri, più che tutti i martiri insieme. — E in che modo direte? — Dio per compiere questa profezia, volle farle conoscere anticipatamente tutti i patimenti, tutti gli oltraggi, e tutti i tormenti che il suo divin Figliuolo doveva tollerare prima della sua morte (Infatti il giorno della Purificazione il santo vecchio Simeone annunziò a Maria, che una spada di dolore trapasserebbe l’anima sua. – Nota degli editori francesi). Ogni volta che Maria toccava i piedi o le mani adorabili di Gesù diceva tra se: « Ohimè! questi piedi e queste mani che pel corso di trentatré anni avranno atteso soltanto a portar grazie e benedizioni, saranno un giorno trafitti e inchiodati ad un legno infame; i suoi occhi d’amore saranno coperti di sputi; il suo volto, più bello che i cieli, sarà tutto pesto dagli schiaffi che gli si daranno. Tutto questo corpo dev’essere flagellato così crudelmente, che sarà quasi impossibile riconoscerlo per un uomo; questo capo, tutto raggiante di gloria, sarà traforato da una crudele corona di spine ». Quando passava per le vie di Gerusalemme, diceva tra sé: « Verrà giorno in cui vedrò queste pietre tutte bagnate del suo sangue prezioso. Sarà steso sull’albero della croce; udrò i colpi di martello, e non potrò dargli soccorso ». O dolore incomprensibile! O ineffabile martirio! ci dice un santo Padre: solo Dio può misurarne tutta l’estensione. Sì, miei fratelli, dobbiam dire che Gesù Cristo fece provare particolarmente alla Madre sua ognuno dei dolori della sua passione; poiché Maria aveva del continuo dinanzi alla mente i supplizi a cui doveva essere sottoposto il suo Figliuolo. « Ah! (esclama il gran servo di Maria S. Bernardo) siam pure ciechi e sciagurati, se non amiamo una Madre sì benefica e sì buona! Da gran tempo, se non fossero state le preghiere di Maria, il mondo non esisterebbe più: sarebbe caduto in rovina a cagion del peccato ». Si narra infatti che, ai tempi di S. Domenico e di San Francesco, Dio era irritato contro gli uomini per modo, che aveva risoluto di farli tutti perire. Questi due santi videro la SS. Vergine gettarsi a’ piedi del suo divino Figliuolo: « Figlio mio, diss’Ella, rammentate che per questo popolo appunto siete morto: manderò due miei grandi servi (e additò S. Domenico e S. Francesco): si, andranno per tutto il mondo, e inviteranno gli uomini a convertirsi e far penitenza ». Ohimè! quante volte Essa ha presentato al suo divin Figlio le viscere ove fu concepito, il seno che l’ha nutrito, le braccia che l’hanno portato! Quante volte gli ha detto: « Figliuol mio, lasciatevi muovere dalle preghiere di Colei che vi portò nove mesi nel suo seno, che vi nutrì con tanta tenerezza, che con tanta gioia avrebbe dato la sua vita per salvare la vostra; risparmiate, di grazia, questo popolo che vi è costato sì gran prezzo ». O ingratitudine! O accecamento de’ peccatori, sei pur grande ed incomprensibile! Non aver che disprezzo per Colei che sì volentieri avrebbe dato la vita per noi! Ben diversamente, fratelli miei, operarono i santi a riguardo di Maria. Ah! essi erano ben persuasi che senza Maria sarebbe stato loro quasi impossibile poter resistere agli assalti, che il demonio dava loro per perderli. S. Bernardo insegna che tutte le grazie a noi concesse dal cielo passano per le mani di Maria. Sì, dice un altro Padre della Chiesa: « Maria è come una buona madre di famiglia, che non si contenta d’aver cura in generale di tutti i suoi tigli, ma veglia su ciascuno in particolare ». Se dopo ogni peccato Dio ci avesse trattato come meritavamo, da gran tempo bruceremmo nell’inferno. Oh! quanti son tra quelle fiamme, e non vi sarebbero, se avessero ricorso a Maria! Essa avrebbe pregato il suo Figliuolo di prolungare i loro giorni perché avessero tempo di far penitenza. Se questa sventura non c’è toccata, ringraziamo Maria; a Lei veramente ne siamo debitori. Leggiamo nell’Evangelo (S. LUCA XIII, 6) che « un uomo aveva piantato un albero nella sua vigna. Giunta la stagione dei frutti, andò a vedere se quell’albero ne aveva: ma non ne trovò. Vi andò la seconda e la terza volta, e non ne trovò punto: disse allora al vignaiuolo: « Ecco tre volte che vengo invano per cercar frutto da quest’albero: perché gli lasci occupare il posto d’un altro albero che darebbe frutto? Taglialo e gettalo nel fuoco ». Che fa il vignaiuolo? Si getta ai piedi del suo padrone e lo prega ad aspettare ancor qualche tempo, dicendo che raddoppierà le sue cure, lavorerà la terra all’intorno; concimerà l’albero e non trascurerà nulla per farlo fruttificare. « Ma, aggiunge poi, se quando tornerai l’anno venturo, non avrà dato frutto, sarà tagliato e gettato nel fuoco ». Viva immagine, fratelli miei, di ciò che accade tra Dio, la SS. Vergine, e noi: il padrone della vigna è Dio, la vigna tutta la Chiesa, gli alberi piantati nella vigna siam noi. Dio esige e vuole che diam frutto, cioè facciamo opere buone pel cielo. Come il padrone della vigna aspetta due, tre, ohimè! fors’anche venti o trent’anni per darci tempo di convertirci e far penitenza. Quando vede che, invece di correggerci e far penitenza, moltiplichiamo il numero de’ nostri peccati, comanda che quell’albero venga tagliato e gittate nel fuoco; cioè permette al demonio di prender quei peccatori e gettarli all’inferno. Ma che fa Maria, miei fratelli? Fa ciò che fece quel buon vignaiuolo, si getta ai piedi del suo divin Figliuolo: « Figliuol mio, gli dice, grazia ancor per qualche tempo a questo peccatore: forse si convertirà e farà meglio di ciò che ha fatto finora ». E che fa per placale la collera del Padre? Gli ricorda quanto ha fatto e sofferto il suo Figliuolo per risarcire la gloria toltagli dal peccato; con grande sollecitudine rappresenta al Figliuolo ciò che per amore suo Ella ha patito nei giorni della sua vita mortale: « Figlio mio, gli dice ad ogni tratto, ancor qualche giorno: forse si pentirà ». Oh! tenerezza materna, quanto sei grande! Ma sei pur pagata d’ingratitudine! Gli uni la disprezzano, altri, non contenti di disprezzarla, coi loro scherni si fanno beffe di coloro che hanno fiducia in Lei! Ebbene, fratelli miei, sebbene abbiam per Lei disprezzo e non altro, Maria non ci ha abbandonato; perché altrimenti saremmo già all’inferno: la prova è senza replica. Udite che cosa si legge nella vita del signor di Q… Narra egli stesso che il demonio fece quanto poté per farlo morire in peccato. Una notte poco mancò che il fulmine non l’incenerisse; passò attraverso parecchie tavole e distrusse metà del suo letto. Qualche tempo dopo, trovandosi in un luogo ove si cacciava il demonio dal corpo d’un ossesso, gli chiese chi l’avesse salvato dal fulmine. Il demonio rispose: «Ringraziate la SS. Vergine; se la sua protezione non v’avesse salvato, v’avremmo già da gran tempo all’inferno; e quel giorno credevamo davvero che foste nostro ». Ebbene, miei fratelli, potrei dir l’istesso anche a voi: se vivete ancora, non ostante che la vostra coscienza sia aggravata da tante colpe, dovete credere con certezza che da gran tempo sareste a patire nell’altra vita, se non vi avesse salvato la protezione di Maria presso il suo divino Figliuolo, a cui chiede di prolungare i vostri giorni per veder se vi convertirete. Ah! fratelli miei, perché non ricorreremo continuamente alla SS. Vergine, poiché abbiam continuo bisogno della sua protezione, ed Ella è inclinata sempre a soccorrerci? Nella vita di S. Maria Egiziaca si legge che fino all’età di diciannove anni condusse vita scandalosa. Un Venerdì Santo volle andar, come gli altri ad adorare il legno prezioso della vera croce. Mentre voleva entrare in chiesa, sentì una mano invisibile che la respingeva fuori, il che accadde per ben tre volte. Sbigottita si ritirò in un angolo della piazza, e cominciò a ricercare quale potesse esser la cagione d’un caso così straordinario: tutti entravano senza ostacolo; essa soltanto era respinta con tanta violenza. « Ah! esclamò sospirando, lo veggo bene: ne son cagione i miei peccati! Non vi sarà più aiuto per me? Oserò presentarmi dinanzi a Dio dopo avergli rapito tante anime redente dal suo sangue prezioso? Egli sì santo e sì puro, consentirà che il mio corpo, il quale servì solo al peccato, s’accosti al suo sacro legno? Oh! disse tra sé piangendo amorosamente, ho udito dir tante volte che la SS. Vergine è così buona anche pei più grandi peccatori, e che niuno l’ha pregata mai senza ottener grazia e misericordia: andrò dunque a pregarla ». E si ritirò tutta tremante, presso un’immagine della SS. Vergine, si prostrò col volto per terra, bagnandola delle sue lacrime: « Oh! Vergine santa, ecco dinanzi a Voi la più grande peccatrice del mondo: oserò ancora implorare il vostro aiuto e quello del vostro divin Figliuolo, o m’avrà Egli abbandonato per sempre? O Vergine santissima, se mi ottenete misericordia da Gesù Cristo, e la bella sorte d’andar ad adorare quel sacro legno su cui si è immolato, andrò a far penitenza in qualunque luogo vi piaccia ». Dopo questa protesta torna a presentarsi tutta trainante alla porta della chiesa per veder se potesse entrare senz’essere respinta come le tre prime volte; ed entra senza ostacolo. Piena di riconoscenza adora il santo legno, bagna il pavimento delle sue lacrime, e si confessa per ricevere il perdono de’ suoi peccati. Quindi si ritira in un bosco, ove rimase pel corso di quaranta anni, facendo risuonare il deserto delle sue grida e de’ suoi singhiozzi e nutrendosi solo d’erbe selvatiche. Riferisce essa medesima che il demonio per ben diciannove anni la tentò in tutte le maniere; e di mano in mano che il demonio la tentava, essa raddoppiava le sue penitenze: talora il mattino, destandosi, era tutta coperta di neve, e nel suo deserto il freddo era sì rigido che le sue carni ne cadevano a brandelli. Meditava mattina e sera, ora sulle sue colpe passate, ora sulle grazie che Maria le aveva ottenute, o anche sulla speranza che aveva d’andare a cantare in cielo le misericordie del Signore. Oh! saremmo pur felici, fratelli miei, se imitassimo questa grande penitente nel suo pentimento e nella sua viva fiducia in Maria. – Quando si ama qualcuno, si stima lieta ventura averne qualche oggetto come ricordo. Così, miei fratelli, se amiamo la SS. Vergine, dobbiamo riguardare come onore e dovere il tenerne nelle nostre case qualche immagine, che ci ricordi di tratto in tratto, questa buona Madre. Di più i genitori veramente Cristiani non debbono trascurar d’istillare nei loro bambini una tenera divozione alla SS. Vergine: è mezzo sicuro per attirar sulle loro famiglie le benedizioni del cielo e la protezione di Maria. Nella vita di S. Giovanni Damasceno (RIBADENEIRA. al 6 di Maggio) si legge che l’imperatore aveva concepito contro le sacre immagini così viva avversione da comandar sotto pena di morte di distruggerle od abbruciarle. S. Giovanni si mise subito a scrivere che si dovevano invece avere immagini e venerarle. L’imperatore si sdegnò contro il santo a tal segno che, per impedirgli di scrivere, gli fece tagliare la mano. Il santo andò a prostrarsi dinanzi ad un’immagine della SS. Vergine, dicendole: « Vi chieggo la mano che mi fu recisa, perché volevo sostenere l’onore che si rende alle vostre immagini: so che siete tanto potente da restituirmela». Fatta questa preghiera, s’addormentò, e nel sonno vide la SS. Vergine, la quale gli disse che la sua preghiera era esaudita. Quando si svegliò, trovò la mano perfettamente ricongiunta al braccio: Iddio aveva soltanto lasciato, nel punto ove s’era riunita al braccio, una piccola riga rossa, perché ricordasse la grazia ottenutagli dalla SS. Vergine. Con questo miracolo volle Essa mostrare quanto le sia gradito l’onore, che si rende alle sue rappresentazioni, cioè alle sue immagini. – Udite ciò che dice S. Anselmo: « Quelli che avranno la mala sorte di spregiare la .Madre, possono star sicuri che saranno spregiati dal Figlio. Sì, soltanto i demoni, i riprovati e i grandi peccatori, immersi nelle sozzure de’ loro vizi, non amano Maria e non hanno fiducia in Lei. Potrete riconoscere agevolmente se un Cristiano è per la via del cielo, o se va per la strada della perdizione: chiedetegli se ama Maria; se vi dice che l’ama e le sue azioni lo dimostrano, benedite il Signore: quell’anima è pel cielo. Ma se vi dice di no, e per ciò che riguarda il suo culto mostra solo disprezzo, gettatevi a’ piedi del crocifisso e piangete amaramente; perché è abbandonato da Dio, e vicino a cader nell’abisso. Sì, quando pur foste immerso nelle più obbrobriose abitudini, se avete fiducia in Lei, non disperate, che, presto o tardi, vi otterrà il perdono ». – Leggiamo nella storia (RIBADENEIRA al 9 d’Ottobre. — Il Beato ha citato più sopra in compendio questo fatto tolto dal P. Lejeune. – Nota degli editori francesi) che S. Dionisio Areopagita fu gran devoto di Maria. Ebbe la sorte felice di vivere mentre la SS. Vergine era ancora sulla terra. Pregò l’Evangelista S. Giovanni, a cui Gesù, prima di morire, aveva confidato Maria, di procurargli la consolazione di vedere la SS. Vergine. San Giovanni lo fece quindi entrare nella camera ov’era Maria. S. Dionigi fu così abbagliato dalla sua presenza che si vide ad un tratto circondato da una luce celeste: « Io era come smarrito, sentivo uscir dal suo corpo una sì grata fragranza che credevo morir d’amore; la mia mente e il mio cuore erano sì vivamente colpiti dallo splendore della sua gloria che mi sentiva venir meno. Vedevo uscir dal suo sacro corpo tale splendore di luce, che, se la fede non m’avesse insegnato che v’è un Dio solo, l’avrei creduta veramente una divinità. Per tutto il resto della mia vita mi pareva d’averla dinanzi agli occhi; la mia mente e il mio cuore erano sempre in quella camera, ove avevo avuto la bella sorte di contemplarla! Ah! che cosa sarà dunque, allorché la vedremo in cielo, accanto al suo Figliuolo, sul bel trono della reggia celeste, e rivestita della gloria stessa di Dio?» – Ecchè, miei fratelli, dopo tutto quel che abbiam detto, non ameremo Maria, la quale pare non per altro si rallegri d’esser Madre di Dio, che per ottenerci maggior copia di grazie? O accecamento!… non amare Colei che vuol soltanto la nostra felicità, questa madre che per salvarci avrebbe dato volentieri la vita!..

III. — L a SS. Vergine è pure continua difesa contro gli assalti del demonio. Un giorno il suo gran servo S. Domenico essendo stato pregato di scacciare il demonio dal corpo d’un ossesso dinanzi a una immensa folla di gente accorsa per veder questo fatto, alla presenza di tutti il demonio disse che la SS. Vergine è la sua più crudele nemica, ch’essa rovescia tutti i suoi disegni; che senz’Ella da lungo tempo non vi sarebbe più Religione, ch’egli avrebbe sconvolta la Chiesa cogli scismi e colle eresie; che Maria ad ogni istante gli strappa le anime, che sperava aver seco un giorno all’inferno; che parecchi all’ora della morte, implorandone il soccorso, ottengono misericordia, e che niuno che abbia fiducia in Lei, si perde. – Questo, fratelli miei, confessò il demonio in presenza di tutti gli astanti. E se è necessario convincervene anche meglio, ricordiamo quella donna, che, accusata falsamente dal marito, era stata condannata a morir sul patibolo; andò a prostrarsi dinanzi ad un’immagine della SS. Vergine, pregandola a non permetter che morisse, poich’era innocente. Or quando il carnefice volle giustiziarla, non poté riuscirvi. Tuttavia, credendola morta, fu staccata dal patibolo, e quando fu portata in chiesa per seppellirla, non solo die segni di vita, ma si alzò e corse dinanzi ad un’immagine della SS. » Vergine esclamando: « O Vergine santa, voi siete la mia liberatrice! » Voltasi poi verso il popolo che empiva la chiesa: « Sì, disse, ho visto Maria in atto di fermar la mano al carnefice e consolarmi mentr’ero sospesa al patibolo ». Quanti furono testimoni di questo fatto sentirono raddoppiarsi la loro confidenza nella SS. Vergine. Ma, diranno taluni ignoranti e senza religione, tutto questo va bene per chi non sa leggere, o pei poveri di spirito e di beni. — Ah! miei fratelli! Se volessi potrei dimostrarvi che in tutti gli stati Maria ebbe grandi servi; ne troverei tra quelli che van mendicando il pane di porta in porta; ne troverei tra coloro il cui stato era quello della maggior parte di voi; ne troverei, e assai numerosi, tra i ricchi. Leggiamo nel Vangelo che Nostro Signor Gesù Cristo trattò sempre tutti con grande dolcezza, eccetto una sola classe di persone, che trattò duramente, ed erano i farisei; e li trattò così perché erano orgogliosi e peccatori induriti. Gli avrebbero, se avessero potuto, volentieri impedito di compiere la volontà di suo Padre; perciò li chiamava: « sepolcri imbiancati, ipocriti, razza di vipere, viperette che straziano il seno della loro madre ». L’istesso possiam dire quanto alla divozione alla SS. Vergine. I Cristiani han tutti gran divozione a Maria, eccetto que’ vecchi peccatori ostinati, che da gran tempo, perduta la fede, si avvoltolano nelle sozzure della loro brutale passione. Il demonio cerca di mantenerli nel loro accecamento fino al momento della morte; e allora farà ad essi aprir gli occhi. Ah! se avessero la bella sorte di ricorrere a Maria, non cadrebbero all’inferno, come pur troppo loro accadrà! No, miei fratelli, non imitiamo siffatta gente! Seguiamo invece le orme dei veri servi di Maria. Del numero di questi fu S. Carlo Borromeo, che diceva sempre in ginocchio il Rosario; di più digiunava tutte le vigilie delle feste della Madonna. Era sì esatto a salutarla (quando suonava la campana, che al suono dell’Angelus, in qualunque luogo si trovasse, si metteva in ginocchio, anche in mezzo alla strada tutta fangosa. Voleva che in tutta la sua Diocesi si avesse gran divozione a Maria, e se ne pronunziasse il nome con molto rispetto. Fece edificare gran numero di cappelle in suo onore. Ebbene, fratelli miei, perché non vorremo imitar questi santi, che ottennero da Maria tante grazie per tenersi lontani dal peccato? Non abbiamo da combattere gli stessi nemici, e il medesimo paradiso da sperare? Sì, Maria ha gli occhi sempre su noi: se siam tentati, volgiamo a Maria il nostro cuore, e stiamo certi che saremo liberati. Ma non basta ancora, fratelli miei: per meritare la sua protezione, bisogna imitar le virtù, di cui ci ha dato l’esempio. Bisogna imitarne la grande umiltà. Essa non disprezzava alcuno: quantunque sapesse benissimo che Dio l’aveva innalzata alla più grande tra tutte le dignità, la dignità di Madre di Dio, di Regina del cielo e della terra, pur si riguardava come l’ultima tra tutte le creature. Bisogna imitarne l’ammirabile purità che l’ha resa a Dio sì gradita. La sua modestia era sì grande, che Dio si compiaceva nel contemplarla. Dobbiamo ancora, fratelli miei, conforme al suo esempio, staccarci dalle cose del mondo, e pensar solo al cielo, nostra vera patria. Dopo l’Ascensione del suo divin Figliuolo la vita di Maria sulla terra era continuo languire. Tollerava, sì, con pazienza la vita; ma aspettava con ardore la morte che doveva ricongiungerla al suo divino Figliuolo, unico oggetto del suo amore. Quante volte esclamava col profeta: « Mio Dio, fino a quando prolungherete il mio esilio? Oh! quando verrà il momento beato, in cui sarò a Voi ricongiunta per sempre! Oh! se vedete il mio Sposo, ditegli che languisco d’amore! » Dio la tolse dal mondo, ove aveva tanto patito nel corso del suo lungo pellegrinaggio; morì, ma non posero fine alla sua vita né gli acciacchi dell’età, né il naturale deperimento, ma solo l’amore del suo Figliuolo. Il suo primo sospiro era stato un sospiro d’amore, ed era giustissimo che un sospiro d’amore fosse anche l’ultimo. Se vogliam persuadercene, fratelli miei, gettiamo uno sguardo sul letto di morte di Maria. O nuovo spettacolo! Cielo e terra sono rapiti in ammirazione; i fedeli accorrono da ogni parte: gli apostoli si trovano prodigiosamente riuniti in quella povera casa. Nella morte di Maria non si vede ciò che nella nostra mette orrore: quello spaventoso pallore, quell’universale indebolimento, e le dolorose convulsioni dell’agonia: nella morte di Maria tutto è tranquillo; il suo volto è più splendente che mai: le sue grazie modeste si manifestano con maggior vivezza ancora che durante la vita, un’amabile pudore brilla nella sua fronte, una dolce maestà riveste il suo corpo: i suoi occhi teneramente fissi al cielo, ne han già tutta la serenità; il suo spirito, inabissato in Dio, par che già lo contempli faccia a faccia; il suo tenero cuore, stimolato da un amore del pari dolce e forte, gusta anticipatamente i torrenti d’eterne delizie, che Dio le apparecchia in cielo. Non teme, perché non ha mai offeso il suo Dio; non ha rammarico, perché non fu mai attaccata alle cose terrene; sospira solo il suo Gesù, e la morte le assicura questa felicità; lo vede venirle incontro con tutta la corte celeste per onorare il suo ingresso trionfale in cielo. Così si addormenta nel bacio del Signore questa sacra amante, così scompare questo bell’astro, che per settantadue anni ha illuminato il mondo. Così trionfa della morte Colei che ha dato alla luce l’Autore della vita… Che cosa concluder da tutto questo, fratelli miei? Che, conforme all’esempio di Maria, dobbiamo sospirare la medesima felicità e lavorare a conseguirla. Il che vi desidero …

15 AGOSTO: ASSUNZIONE DELLA B. V. MARIA (2019)

15 AGOSTO.

Assunzione della B. V. M.

[D. G. LEFEBVRE O. S. B.: Messale romano – L.I.C.E. –R. BERRUTI, TORINO 1936]

Doppio di I classe con Ottava Comune – Paramenti bianchi.

In questa festa, la più antica e la più solenne del Ciclo Mariano (VI secolo), la Chiesa invita tutti i suoi figli sparsi nel mondo a unire la loro gioia (Intr.), la loro riconoscenza (Pref.) a quella degli Angeli che lodano il Figlio di Dio, perché sua Madre è entrata in questo giorno, con il corpo e con l’anima, nel cielo (All.). Nella Basilica di Santa Maria Maggiore si celebra a Natale il Mistero, che è il punto di partenza di tutte le glorie della Vergine ed ancora si celebra oggi l’Assunzione, che ne è l’ultimo. Maria, porta in sé l’umanità di Gesù al momento dell’incarnazione del Verbo; oggi è Gesù, che riceve a sua volta il corpo di Maria in cielo. Ammessa a godere le delizie della contemplazione eterna, la Madre ha scelto ai piedi del suo divin Figlio la miglior parte, che non le sarà giammai tolta (Vang., Com.).

In altri tempi si leggeva il Vangelo della Vigilia, dopo quello del giorno, a fine di dimostrare che la Madre di Gesù è la più fortunata tra tutte, perché meglio d’ogni altra, « Ella ascoltò la parola di Dio ». Questa Parola, questo Verbo, questa Sapienza divina che stabilisce, sotto l’Antica Legge, la sua dimora nel popolo d’Israele (Ep.), è discesa sotto la Nuova Legge in Maria. Il Verbo si è incarnato nel seno della Vergine e ora negli splendori della celeste Sion egli l’ha colmata delle delizie della visione beatifica. Come Marta, la Chiesa sulla terra si dedica alle sollecitudini delle quali necessita la vita presente ed ancora come Marta, la Chiesa reclama l’aiuto di Maria (Or., Secr., Postc). Una processione fu sempre fatta nel giorno della festa dell’Assunzione. A Gerusalemme era formata dai numerosi pellegrini che andavano a pregare sulla tomba della Vergine e contribuirono così all’istituzione di questa solennità. Il clero di Costantinopoli faceva anch’esso nel giorno della festa dell’Assunzione di Maria una processione. A Roma, dal VII al XVI secolo, il corteo papale, al quale prendevano parte le rappresentanze del Senato e del popolo, andava in quel giorno dalla chiesa di San Giovanni in Laterano a quella di Santa Maria Maggiore. Questo si chiamava fare la Litania.

Assunzione della Beata Maria Vergine.

[Appendice al Messale ut supra]

Doppio di classe con Ottava Comune. – Paramenti bianchi.

La credenza nell’Assunzione corporea di Maria SS. era già radicata da secoli nel cuore dei fedeli, profondamente persuasi che la Vergine, sin dal momento del suo transito da questa terra al Cielo, era stata glorificata da Dio anche nel corpo, senza che dovesse attendere che questo risorgesse, insieme con quello di tutti gli altri, alla fine del mondo. Cosi La festa dell’Assunzione, celebrata già verso il 500 in Oriente, costituì la più antica e la maggiore solennità dell’anno in onore di Maria SS. Tuttavia la realtà dell’Assunzione corporea di Maria in Cielo non fu oggetto di una solenne definizione da parte del Papa se non il 1° novembre 1950. In tale giorno, il Sommo Pontefice Pio XII proclamò dogma di fede che « Maria, terminata la carriera della vita terrena, fu assunta alla gloria celeste quanto all’anima e quanto al corpo. – Questa definizione, maturata lentamente, ma incessantemente nei diciannove secoli che seguirono al beato transito di Maria da questa terra, ha ed avrà un’eco incalcolabile nella dottrina come nella vita cristiana. – Una delle sue conseguenze pratiche sarà quella di attirare vieppiù l’attenzione dei fedeli sulla futura glorificazione nostra non solo quanto all’anima, ma anche quanto al corpo. Come Adamo ci rovinò nell’una e nell’altro, così Gesù ci redense non solo quanto all’anima, ma anche quanto al corpo, cosicché l’anima del giusto è destinata ad una beatitudine immensa mediante la visione beatifica di Dio, ed il corpo alla sua volta verrà risuscitato, trasformato e configurato a quello glorioso del Cristo. Per Maria SS. la glorificazione corporea avvenne alla fine della sua carriera mortale; per gli altri giusti non avverrà che alla fine del mondo; ma se devono attenderla, non possono però dubitarne; la loro redenzione è certissima e sarà completa e perfetta (Rom. VIII, 23; Ef. IV, 30). Avendo già realizzato pienamente in se stessa il disegno divino della nostra redenzione, Maria SS. è per noi, colla sua Assunzione corporea, un altro modello, oltre quello di Gesù, della divinizzazione dell’anima mediante la visione beatifica e della glorificazione del corpo cui tutti siamo chiamati e che tutti dobbiamo meritare con le buone opere e con le sofferenze di questa vita cristianamente sopportate. Come del Cristo, così saremo coeredi di Maria SS., se soffriremo con Lei e come Lei (Rom. VIII, 17). – D’altra parte l’Assunta non soltanto ci ricorda quale sia la nostra meta soprannaturale e la via per raggiungerla, ma ci presta anche il suo validissimo aiuto. A quel modo che una buona mamma mira sempre a rendere partecipi della sua felicità tutti i suoi figli, così la Madre nostra celeste regna in Paradiso sempre sollecita della salvezza di tutti gli uomini. S. Paolo ci rappresenta Gesù che vive alla destra del Padre, sempre pregando per noi (Rom. VIII, 34; Ebr. VII, 25); la Chiesa, alla sua volta, ci dice che la Vergine è stata assunta in cielo, affinché fiduciosamente s’interponga presso Dio per noi peccatori (Segreta della Vigilia).

Affine di perpetuare anche nella Liturgia il ricordo della definizione del dogma dell’Assunzione di Maria SS., la Santa Sede ha pubblicato una nuova Messa in onore dell’Assunta, ordinando di inserirla nel Messale il giorno 15 d’agosto, in luogo di quella antica (A. A. S. 1950, pag. 703-5).

Introitus

Ap XII: 1
Signum magnum appáruit in cœlo: múlier amicta sole, et luna sub pédibus ejus, et in cápite ejus coróna stellárum duódecim [Un gran segno apparve nel cielo: una Donna rivestita di sole, con la luna sotto i piedi, ed in capo una corona di dodici stelle].
Ps XCVII:1
Cantáte Dómino cánticum novum: quóniam mirabília fecit. Cantate al Signore un càntico nuovo: perché ha fatto meraviglie.
Signum magnum appáruit in coelo: múlier amicta sole, et luna sub pédibus ejus, et in cápite ejus coróna stellárum duódecim [Un gran segno apparve nel cielo: una donna rivestita di sole, con la luna sotto i piedi, ed in capo una corona di dodici stelle].

Oratio

Orémus.
Omnípotens sempitérne Deus, qui Immaculátam Vírginem Maríam, Fílii tui genitrícem, córpore et ánima ad coeléstem glóriam assumpsísti: concéde, quǽsumus; ut, ad superna semper inténti, ipsíus glóriæ mereámur esse consórtes.
Onnipotente sempiterno Iddio, che hai assunto in corpo ed ànima alla gloria celeste l’Immacolata Vergine Maria, Madre del tuo Figlio: concédici, Te ne preghiamo, che sempre intenti alle cose soprannaturali, possiamo divenire partecipi della sua gloria.

Lectio

Léctio libri Judith.
Judith XIII, 22-25; XV:10
Benedíxit te Dóminus in virtúte sua, quia per te ad níhilum redégit inimícos nostros. Benedícta es tu, fília, a Dómino Deo excelso, præ ómnibus muliéribus super terram. Benedíctus Dóminus, qui creávit coelum et terram, qui te direxit in vúlnera cápitis príncipis inimicórum nostrórum; quia hódie nomen tuum ita magnificávit, ut non recédat laus tua de ore hóminum, qui mémores fúerint virtútis Dómini in ætérnum, pro quibus non pepercísti ánimæ tuæ propter angústias et tribulatiónem géneris tui, sed subvenísti ruínæ ante conspéctum Dei nostri. Tu glória Jerúsalem, tu lætítia Israël, tu honorificéntia pópuli nostri.
[Il Signore ti ha benedetta nella sua potenza, perché per mezzo tuo annientò i nostri nemici. Tu, o figlia, sei benedetta dall’Altissimo piú che tutte le donne della terra. Sia benedetto Iddio, creatore del cielo e della terra, che ha guidato la tua mano per troncare il capo al nostro maggior nemico. Oggi ha reso cosí glorioso il tuo nome, che la tua lode non si partirà mai dalla bocca degli uomini che in ogni tempo ricordino la potenza del Signore; a pro di loro, infatti, tu non ti sei risparmiata, vedendo le angustie e le tribolazioni del tuo popolo, che hai salvato dalla rovina procedendo rettamente alla presenza del nostro Dio. Tu sei la gloria di Gerusalemme, tu la gloria di Israele, tu l’onore del nostro popolo!]

Graduale

Ps XLIV: 11-12; XLIV: 14
Audi, fília, et vide, et inclína aurem tuam, et concupíscit rex decórem tuum. [Ascolta, o figlia; guarda e inclina il tuo orecchio, e s’appassionerà il re della tua bellezza.]

V. Omnis glória ejus fíliæ Regis ab intus, in fímbriis áureis circumamícta varietátibus. Allelúja, allelúja. V. Tutta bella entra la figlia del Re; tessute d’oro sono le sue vesti. Allelúia, allelúia.
V. Assumpta est María in cælum: gaudet exércitus Angelórum. Allelúja.  [Maria è assunta in cielo: ne giúbila l’esercito degli Angeli. Allelúia.]

Evangelium

Sequéntia sancti Evangélii secúndum Lucam.
Luc 1:41-50
“In illo témpore: Repléta est Spíritu Sancto Elisabeth et exclamávit voce magna, et dixit: Benedícta tu inter mulíeres, et benedíctus fructus ventris tui. Et unde hoc mihi ut véniat mater Dómini mei ad me? Ecce enim ut facta est vox salutatiónis tuæ in áuribus meis, exsultávit in gáudio infans in útero meo. Et beáta, quæ credidísti, quóniam perficiéntur ea, quæ dicta sunt tibi a Dómino. Et ait María: Magníficat ánima mea Dóminum; et exsultávit spíritus meus in Deo salutári meo; quia respéxit humilitátem ancíllæ suæ, ecce enim ex hoc beátam me dicent omnes generatiónes. Quia fecit mihi magna qui potens est, et sanctum nomen ejus, et misericórdia ejus a progénie in progénies timéntibus eum.”

[In quel tempo: Elisabetta fu ripiena di Spirito Santo, e ad alta voce esclamò: Benedetta tu fra le donne, e benedetto il frutto del tuo seno! Donde a me questo onore che la madre del mio Signore venga a me? Ecco, infatti, che appena il tuo saluto è giunto alle mie orecchie, il bimbo ha trasalito nel mio seno. Beata te, che hai creduto che si compirebbero le cose che ti furono dette dal Signore! E Maria rispose: L’ànima mia magnifica il Signore, e il mio spirito esulta in Dio mio salvatore, perché ha guardato all’umiltà della sua serva; ed ecco che da ora tutte le generazioni mi diranno beata. Perché grandi cose mi ha fatto colui che è potente, e santo è il suo nome, e la sua misericordia si estende di generazione in generazione su chi lo teme.]

OMELIA

[Segue il Sermone Del Curato d’Ars]

CREDO ...

Offertorium

Orémus
Gen III:15
Inimicítias ponam inter te et mulíerem, et semen tuum et semen illíus.[Porrò inimicizia tra te e la Donna: fra il tuo seme e il Seme suo.]

Secreta

Ascéndat ad te, Dómine, nostræ devotiónis oblátio, et, beatíssima Vírgine María in coelum assumpta intercedénte, corda nostra, caritátis igne succénsa, ad te júgiter ádspirent.
[Salga fino a Te, o Signore, l’omaggio della nostra devozione, e, per intercessione della beatissima Vergine Maria assunta in cielo, i nostri cuori, accesi di carità, aspirino sempre verso di Te.]

Communio

Luc 1: 48-49
Beátam me dicent omnes generatiónes, quia fecit mihi magna qui potens est. [Tutte le generazioni mi diranno beata, perché grandi cose mi ha fatto colui che è potente.]

Postcommunio

Orémus.
Sumptis, Dómine, salutáribus sacraméntis: da, quǽsumus; ut, méritis et intercessióne beátæ Vírginis Maríæ in coelum assúmptæ, ad resurrectiónis glóriam perducámur.
[Ricevuto, o Signore, il salutare sacramento, fa, Te ne preghiamo, che, per i meriti e l’intercessione della beata Vergine Maria Assunta in cielo, siamo elevati alla gloriosa resurrezione.]

I SERMONI DEL CURATO D’ARS: 15 AGOSTO – FESTA DELL’ASSUNZIONE DELLA SS. VERGINE

I SERMONI DEL CURATO D’ARS

15 Agosto

FESTA DEL L’ASSUNZIONE DELLA SS. VERGINE.

SULLE GRANDEZZE DI MARIA.

Quia respexit humilitatem ancillæ suæ.

[Perché il Signore ha riguardato la bassezza della sua ancella].

(S. LUCA I, 48).

[I Sermoni del B. GIOVANNI B. M. VANNEY, trad. It. di Giuseppe D’Isengrad P. d. M. – vol. IV, Torino, Libreria del Sacro Cuore – 1908- imprim. Can. Ezio Gastaldi-Santi, Provic. Gen., Torino, 8  apr. 1908]

Se noi vediamo, fratelli miei, la SS. Vergine abbassarsi nella sua umiltà al di sotto d’ogni creatura, vediamo pure quest’umiltà innalzarla al di sopra di tutto ciò che non è Dio. No, non i grandi della terra l’han sollevata al sommo grado di dignità nella quale abbiamo oggi la lieta ventura di contemplarla. Le tre Persone della SS. Trinità l’han posta su quel trono di gloria; l’han proclamata Regina del cielo e della terra, facendola depositaria di tutti i tesori celesti. No, miei fratelli, non riusciremo mai ad intender sufficientemente le grandezze di Maria, e il potere conferitole dal suo divino Figliuolo; non potremo mai conoscer bene quanto desidera di farci felici. Ci ama come figli: e si rallegra del potere datole da Dio, perché può così giovarci di più. Sì, Maria è nostra mediatrice; essa presenta tutte le nostre preghiere, le nostre lacrime, i nostri gemiti al suo divin Figlio; Ella attira su noi le grazie necessarie alla nostra salute. Lo Spirito santo ci dice che Maria è, tra tutte le creature, un prodigio di grandezza, un prodigio di santità e un prodigio d’amore. Quale felicità per noi, miei fratelli, e quale speranza per la nostra salute! Ravviviamo dunque la nostra fiducia in questa buona e tenera Madre, considerando: 1° la sua grandezza; 2° il suo zelo per la nostra salute; 3° ciò che dobbiam fare per piacerle e meritarne la protezione.

I. — Parlar delle grandezze di Maria, miei fratelli, è voler impicciolire l’idea grande che ve ne fate; poiché dice S. Ambrogio che Maria è innalzata a sì alto grado di gloria, d’onore e di potenza, cui neppur gli Angeli son capaci di comprendere: ciò è riservato a Dio solo. Quindi concludo che quanto potrete udire, sarà nulla o quasi nulla a confronto di ciò che è Maria agli occhi dì Dio. Il più bell’elogio, che possa farcene la Chiesa, è dirci che Maria è Figlia dell’eterno Padre, Madre del Figliuol di Dio salvatore del mondo, e Sposa dello Spirito santo. Se l’eterno Padre ha scelto Maria qual sua Figlia privilegiata, qual torrente di grazie non dovette Egli versar nell’anima sua? Ella sola ne ricevette più che tutti insieme gli Angeli e i Santi. Innanzi tutto la preservò dal peccato originale, grazia concessa soltanto a Lei. L’ha confermata in questa grazia, con piena certezza che mai la perderebbe. Sì, miei fratelli, l’eterno Padre l’arricchì de’ doni celesti a proporzione dell’alta dignità, a cui doveva innalzarla. Ne formò un tempio vivo delle tre Persone della SS. Trinità. – Diciamo meglio ancora: fece per essa quanto poteva farsi per una creatura. Se l’eterno Padre ebbe sì gran cura di Maria, sappiamo che lo Spirito Santo scese pure ad abbellirla in tal grado, che, fin dall’istante del suo concepimento, divenne oggetto delle compiacenze delle tre divine Persone. Maria soltanto ha la bella sorte d’esser Figlia privilegiata dell’eterno Padre, ed ha pur quella d’esser Madre del Figliuolo e Sposa dello Spirito Santo. Per tale dignità incomparabile si vede congiunta alle tre divine Persone per formare il corpo adorabile di Gesù Cristo. Di Lei Dio doveva servirsi per abbattere e rovinare l’impero del demonio. Di Lei si valsero le tre Persone divine per salvare il mondo dandogli un Redentore. Avreste pensato mai che Maria fosse un tale abisso di grandezza, di potenza e d’amore? Dopo il Corpo adorabile di Gesù Cristo Essa è il più bello ornamento della corte celeste. Possiam dire che il trionfo della SS. Vergine in cielo è il compimento di tutti i meriti di quest’augusta Regina del cielo e della terra. In quell’istante ricevette l’ultimo ornamento della sua incomparabile dignità di Madre di Dio. Dopo aver per qualche tempo tollerato le molteplici miserie della vita e incontrato poi le umiliazioni della morte, andò infine a godere della vita più gloriosa e più felice di cui possa godere una creatura. Talora ci meravigliamo che Gesù, il quale amava tanto sua Madre, l’abbia lasciata dopo la sua resurrezione così a lungo sulla terra. La ragione fu che voleva con questo ritardo procurarle maggior gloria; d’altra parte gli Apostoli avevano ancor bisogno di Lei per essere consolati e guidati. Maria infatti rivelò agli Apostoli segreti più grandi della vita nascosta di Gesù Cristo. Maria pure spiegò il vessillo della verginità, ne fece conoscere tutto lo splendore, tutta la bellezza, e ci mostra l’inestimabile premio riserbato a uno stato sì santo. Ma rimettiamoci in via, fratelli miei, e continuiamo a seguire Maria fino al momento, in cui abbandona questo mondo. Gesù Cristo volle, che, prima d’essere assunta al cielo, potesse anche una volta rivedere gli Apostoli. Tutti, eccetto S. Tommaso, furono miracolosamente trasportati intorno al suo povero letto. Per un atto profondissimo di quell’umiltà, che aveva spinto sempre al più alto grado, Maria volle baciare a tutti i piedi, e chiese loro la benedizione. Quest’atto era apparecchio all’altissima gloria, a cui il suo Figliuolo doveva innalzarla. Quindi Maria diede a tutti la sua benedizione. È impossibile far intendere quante lacrime abbiano allora versato gli Apostoli per la perdita che stavano per fare. Dopo il Salvatore la SS. Vergine non era loro unica felicità, loro sola consolazione? Per mitigare un po’ la loro pena, Ella promise che non li dimenticherebbe dinanzi al suo divino Figliuolo. Si crede che l’Angelo medesimo, da cui le era stato annunziato il mistero dell’Incarnazione, venisse a indicarle, a nome del suo Figliuolo, l’ora della sua morte. La SS. Vergine rispose all’Angelo: « Ah! qual felicità! E come desideravo questo momento! » Dopo sì lieta notizia volle fare il suo testamento che fu presto fatto. Aveva due vesti e le diede a due vergini, che da lungo tempo la servivano. Si sentì allora infiammata di tanto amore, che l’anima sua, simile ad accesa fornace, non poté più rimanere nel corpo. Beato momento! È possibile, fratelli miei, considerar le meraviglie, che accompagnarono tal morte, e non sentir ardente desiderio di viver santamente per santamente morire? Certo non dobbiamo aspettarci di morir d’amore, ma almeno abbiamo speranza di morir nell’amor di Dio. Maria non teme punto la morte, poich’essa la metterà a possesso della perpetua felicità. Sa che l’aspetta il paradiso, e ch’Ella ne sarà uno de’ più belli ornamenti. – Il suo Figliuolo e tutta la corte celeste si fanno anzi per celebrare così splendida festa; i santi e le sante del cielo aspettano solo gli ordini di Gesù, per venir in cerca di questa Regina e condurla trionfalmente nel suo regno. In cielo tutto è apparecchiato per riceverla; essa riceverà onori superiori a quanto può immaginarsi. Per uscir da questa vita Maria non ebbe a soffrir malattia, perché esente da peccato. Non ostante la sua età, il suo corpo non fu mai deperito, come quello degli altri mortali, anzi sembrava prendere nuovo splendore a misura che si avvicinava alla fine. S. Giovanni Damasceno ci dice che Gesù Cristo in persona venne in cerca della Madre sua. Così spariva questo bell’astro, che per settantadue anni aveva rischiarato il mondo. Sì, miei fratelli, Maria rivide il suo Figliuolo, ma in aspetto ben diverso da quello in cui l’aveva visto, quando, tutto coperto di sangue, era confitto alla croce. O Amor divino, ecco la più bella delle tue vittorie e delle tue conquiste! Non potevi far di più, ma neppure avresti potuto far di meno! Sì, miei fratelli, se la Madre d’un Dio doveva morire, non poteva morire che in un impeto d’amore. O bella morte! o morte beata! o morte desiderabile! Ah! Ella è pur compensata di quel torrente d’umiliazioni e di dolori, di cui la sua sant’anima fu inondata nel corso della sua vita mortale! Sì, essa rivede il suo Figliuolo, ma ben diverso da ciò che era il giorno in cui l’aveva visto nel tempo della sua dolorosa passione, tra le mani de’ suoi carnefici, sotto il peso della croce senza poterlo sollevare. Oh! no: non lo vede più in sì triste apparato, capace di annichilare una creatura un po’ sensibile; ma lo vede, dico, splendente di tanta gloria, ch’è la gioia e la felicità del cielo: vede gli Angeli e i Santi che lo circondano, lo lodano, lo benedicono e l’adorano fino ad annientarsi dinanzi a Lui. Sì, rivede quel tenero Gesù, esente da tutto ciò che può farlo patire. Ah! chi di noi non vorrà lavorare per andare a raggiungere Madre e Figlio in quel luogo di delizie? Pochi momenti di combattimento e di patimenti sono larghissimamente ricompensati. – Ah! miei fratelli, che morte beata! Maria non teme nulla, perché ha sempre amato il suo Dio: non rimpiange nulla, perché non possedette mai altro che il suo Dio. Vogliamo morire senza timore? Viviamo nell’innocenza come Maria; fuggiamo il peccato, ch’è nostra sola sventura nel tempo e nell’eternità. Se avemmo la grande sventura di commetterlo, piangiamo, conforme all’esempio di S. Pietro, fino alla morte, e il nostro dolore termini solo colla vita. Imitando l’esempio del santo re David, scendiamo nella tomba versando lacrime: e nell’amarezza del nostro pianto laviamo le anime nostre (Ps. VI, 7). Vogliamo, come Maria, morire senza rammarico? Viviamo com’Ella senza attaccarci alle cose create; facciamo com’eElla, amiamo Dio solo, Lui soltanto desideriamo, e cerchiamo unicamente di piacergli in tutto ciò che facciamo. Beato il Cristiano, che non lascia nulla e ritrova tutto!… Accostiamoci ancora un momento a quel povero letticciuolo, che ha la bella sorte di reggere questa perla preziosa, questa rosa sempre fresca e senza spine, questo globo di luce e di gloria, che deve dare nuovo splendore a tutta la corte celeste. Gli Angeli, si dice, intonarono un cantico d’allegrezza nell’umile casetta ov’era il sacro corpo, ed essa era imbalsamata d’odore sì gradito, che pareva vi fossero scese tutte le dolcezze del paradiso. Andiamo, fratelli miei, accompagniamo questo sacro corteo; teniam dietro a questo tabernacolo in cui l’eterno Padre aveva rinchiuso tutti i suoi tesori, e che, per qualche tempo starà nascosto, come fu nascosto il corpo del suo divino Figliuolo. Il dolore e i gemiti resero senza parola gli Apostoli e i fedeli venuti in grandissimo numero a vedere anche una volta la Madre del loro Redentore. Ma, riavutisi, cominciarono a cantare inni e cantici per onorare il Figlio e la Madre. Degli Angeli una parte sali al cielo per condurre in trionfo quest’anima senza pari; l’altra restò sulla terra per celebrar le esequie del suo corpo. Or vi chiedo, fratelli miei, chi potrà esser capace di dipingerci sì bello spettacolo? Da una parte s’udivano gli spiriti celesti usar tutto la loro arte di paradiso per manifestare la gioia ond’erano pieni per la gloria della loro Regina; dall’altra si vedevano gli Apostoli e gran numero di fedeli levare anch’essi le loro voci per accompagnare le armonie di quei divini cantori. S. Giovanni Damasceno ci dice che, prima di mettere nel sepolcro il santo corpo, tutti ebbero la sorte felice di baciare quelle mani sacrosante, che avevan tante volte portato il Salvatore del mondo. In quell’istante non vi fu infermo che non fosse guarito; non vi fu alcuno in Gerusalemme, che non chiedesse a Dio qualche grazia per intercessione di Maria e non l’ottenesse. Dio volle così per farci intendere che tutti coloro, i quali poi avrebbero ricorso a Lei, erano certi di tutto ottenere. Poiché ciascuno, dice il medesimo santo, ebbe soddisfatto alla sua pietà, e ottenuto ciò che chiedeva, si pensò alla sepoltura della Madre di Dio. Gli Apostoli, secondo l’usanza de’ Giudei, ordinarono che si lavasse e s’imbalsamasse il sacro corpo. Incaricarono di quest’ufficio due vergini, ch’erano ai servizi di Maria. Queste, per miracolo, non poterono veder, né toccare il santo corpo. Si credette riconoscere in questo il volere di Dio, e il corpo fu sepolto con tutte le sue vesti. Se Maria fu sulla terra umile in guisa che non ebbe pari, anche la sua morte e la sua sepoltura non ebbero eguale per la grandezza delle meraviglie che vi accaddero. Gli Apostoli in persona portarono quel prezioso deposito, e il sacrosanto corteo traversò la città di Gerusalemme fino al luogo della sepoltura, ch’era nel borgo di Gethsemani nella valle di Giosafat. Tutti i fedeli l’accompagnarono con fiaccole in mano, molti si univano per via a quella pia folla, che portava l’arca della nuova alleanza e la conduceva al luogo del suo riposo. Dice S. Bernardo che gli Angeli facevano anch’essi la loro processione, precedendo e seguendo il corpo della loro Sovrana con cantici d’allegrezza: tutti gli astanti udivano il canto degli Angeli, e, dovunque passava, quel sacro corpo spandeva una fragranza deliziosa, come se tutte le dolcezze e i profumi celesti fossero discesi sulla terra. Vi fu, aggiunge il santo, un disgraziato Giudeo, che, consumato dalla rabbia nel vedere che si rendevano sì grandi onori alla Madre di Dio, si scagliò sul santo corpo per farlo cadere nel fango; ma appena l’ebbe toccato, ambe le mani gli caddero inaridite. Pentito pregò S. Pietro a farlo accostare al corpo della SS. Vergine; e nell’atto in cui lo toccava, le sue due mani si rimisero a posto da sé in modo che pareva non fossero state mai separate dal braccio. Il corpo della Madre di Dio essendo stato rispettosamente deposto nel sepolcro, i fedeli tornarono a Gerusalemme; ma gli Angeli continuarono a cantar per tre giorni le lodi di Maria, gli Apostoli venivano, gli uni dopo gli altri, ad unirsi agli Angeli che se ne stavano sopra la tomba. In capo a tre giorni S. Tommaso, il quale non aveva assistito alla morte della Madre di Dio, chiese a S. Pietro la consolazione di vedere anche una volta quel corpo verginale. Andarono dunque al sepolcro; ma non vi trovarono più che le vesti. Gli Angeli l’avevano trasportata in cielo, poiché non si sentivano più i loro canti. Per farvi una fedele descrizione della sua entrata gloriosa e trionfante in cielo, bisognerebbe, fratelli miei, ch’io fossi Dio medesimo, che in quel momento volle prodigare alla Madre sua tutte le ricchezze del suo amore e della sua riconoscenza. Possiam dire che allora raccolse quant’era capace di abbellirne il celeste trionfo. « Apritevi, porte del cielo, ecco la vostra Regina che abbandona la terra per adornare i cieli colla grandezza della sua gloria, coll’immensità de’ suoi meriti e della sua dignità ». Quale stupendo spettacolo! Il cielo non aveva visto mai entrare nel suo recinto creatura sì bella, sì compita, sì perfetta, sì ricca di virtù. « Chi è costei, dice lo Spirito Santo, che s’innalza dal deserto di questa vita ricolma di delizie e d’amore, appoggiata al braccio del suo Diletto?… » (Cant. C. VIII, 5). Avvicinatevi: le porte del cielo si schiudono, e tutta la corte celeste si prostra dinanzi a Lei come a sua Sovrana. Gesù Cristo in persona la conduce in mezzo alla gloria del suo trionfo, e le fa sedere sul più bel trono del suo regno. Le tre Persone della SS. Trinità le mettono in capo una splendente corona e la rendono depositaria di tutti i tesori del cielo. Oh! miei fratelli, qual gloria per Maria! Ma insieme quale argomento di speranza per noi saperla elevata a sì alta dignità, e conoscer quanto ardentemente desideri di salvare le anime nostre!

II. — Quale amore non ha Maria per noi? Ci ama come figli; se fosse stato necessario, sarebbe stata pronta a morire per noi. Rivolgiamoci a Lei con grande fiducia, e saremo sicuri che, per quanto siamo meschini, ci otterrà la grazia della conversione. Ha tanta cura della salute delle anime nostre, e desidera tanto la nostra felicità!… Nella vita di S. Stanislao, devotissimo della Regina del cielo (Ribadeneira: 15 Agosto), leggiamo che, mentre un giorno pregava, chiese alla SS. Vergine che volesse una volta lasciarsegli vedere insieme al bambino Gesù. Tale preghiera riuscì così gradita a Dio, che nell’istante medesimo Stanislao vide apparirgli dinanzi la SS. Vergine, la quale teneva tra le braccia il santo Bambino. Un’altra volta, essendo infermo e in casa di luterani che non volevano permettergli di ricevere la Comunione, si rivolse alla SS. Vergine e la pregò di procacciargli tanta felicità. Finita appena la sua preghiera vide venire un Angelo, che gli recava l’Ostia santa, accompagnato dalla SS. Vergine. L’istesso gli accadde in circostanza quasi simile: un Angelo gli recò Gesù Cristo e gli diede la santa Comunione. Vedete, fratelli miei, quanta cura ha Maria della salvezza di chi confida in Lei? Siam pur felici d’aver una Madie che ci ha preceduto nella pratica delle virtù, di cui dobbiamo essere adorni, se vogliamo piacere a Dio e giungere al cielo! Ma badiamo bene di non far poco conto di Lei e del culto che le si rende! S. Francesco Borgia ci narra che un gran peccatore sul letto di morte non voleva udir parlare né di Dio, né d’anima, né di confessione. S. Francesco, ch’era allora nel paese di quel disgraziato, si mise a piegare Iddio per lui; e, mentre pregava piangendo, udì una voce che gli disse: « Va, Francesco, va a portar la mia croce a quest’infelice, esortalo alla penitenza ». S. Francesco corse presso il malato ch’era già in braccio alla morte. Ohimè! aveva già chiuso il cuore alla grazia. S. Francesco lo scongiuro’ d’aver pietà dell’anima sua, di chiedere perdono a Dio; ma no: per lui tutto era perduto; il santo udì ancor due volte la stessa voce che gli disse: « Va, Francesco, a portar la croce a questo sciagurato ». Il santo gli mostrò ancora il suo crocifisso, che si trovò tutto coperto di sangue, il quale grondava da ogni parte; disse al peccatore che quel sangue adorabile gli otterrebbe il perdono, purché volesse chieder misericordia. Ma no: per lui tutto fu vano; e morì bestemmiando il nome di Dio. – La sua sventura veniva di qui che aveva schernita e spregiata la SS. Vergine negli onori che le si rendono. Ah! fratelli miei! badiamo bene di non dispregiar nulla di ciò che si riferisce al culto di Maria, di questa Madre sì buona, così inclinata ad aiutarci alla minima confidenza che si riponga in Lei. Ecco alcuni esempi, dai quali apparirà manifesto che, se saremo fedeli anche alla più piccola pratica di devozione verso la SS. Vergine, Ella non permetterà mai che moriamo in peccato. – È riferito nella storia che un giovane libertino si abbandonava senza rimorso a tutti i vizi del suo cuore. Una malattia venne ad interrompere i suoi disordini. Per quanto libertino non aveva lasciato mai di dire ogni giorno un’Ave Maria: era la sua sola preghiera, ed anche mal fatta: era ormai una mera abitudine. Quando si seppe che la sua malattia era disperata, si andò in cerca del Curato che venne a visitarlo e l’esortò a confessarsi. Ma il malato gli rispose, che, se aveva da morire, voleva morir com’era vissuto; e che, se riusciva a scamparla, voleva continuare a vivere com’era vissuto fino allora. Egual risposta diede a tutti coloro che vollero parlargli di confessione. Tutti erano grandemente costernati: niuno osava più parlargliene per timore d’essergli occasione di vomitar le stesse bestemmie e le stesse empietà. Frattanto uno de’ suoi compagni, ma più assennato di lui, e che l’aveva spesso ripreso de’ suoi disordini, venne a trovarlo. Dopo avergli parlato di varie altre cose, gli disse senza giri di parole: « Compagno mio, dovresti pur pensare a convertirti ». — « Amico, rispose l’infermo, sono troppo gran peccatore: sai bene qual vita ho menato ». — « Ebbene, prega la SS. Vergine, ch’è rifugio de’ peccatori ». — « Ah! ho ben detto ogni giorno un’Ave Maria; ma son qui tutte le preghiere che ho fatto. Credi forse che questo debba giovarmi a qualche cosa? » — « Eccome, replicò l’altro: ti gioverà per tutto. Non le hai chiesto che preghi per te all’ora della morte? Adesso dunque pregherà per te ». — « Poiché credi che la SS. Vergine preghi per me, va a cercare il signor Curato perch’io faccia una buona confessione ». Così dicendo cominciò a versare torrenti di lacrime. « Perché piangi? » gli chiese l’amico. « Ah! potrò pianger mai abbastanza, rispose, dopo aver menato una vita così peccaminosa, dopo aver offeso un Dio così buono, che vuole ancora perdonarmi? Vorrei poter piangere a lacrime di sangue per mostrare a Dio quanto mi duole d’averlo offeso: ma troppo impuro è il mio sangue e non è degno d’essere offerto a Gesù Cristo in espiazione dei miei peccati. Mi consola il pensare che Gesù Cristo ha offerto il suo al Padre per me: in Lui è posta la mia speranza ». L’amico, udendo queste parole e vedendo le sue lacrime grondare copiose, cominciò a pianger di gioia con lui. Tale cangiamento era sì straordinario che l’attribuì alla protezione della SS. Vergine. In quell’istante tornò il Curato, e, meravigliato assai di vederli piangere ambedue, chiese che cosa fosse accaduto. — « Ah! Signore, rispose il malato, piango i miei peccati! Ohimè! Ho cominciato a piangerli troppo tardi! Ma so che sono infiniti i meriti di Gesù Cristo e che senza confini è la sua misericordia; perciò spero che Dio avrà ancora pietà di me ». – Il prete, stupito, gli chiese chi avesse operato in lui sì gran cangiamento. « La SS. Vergine, rispose l’infermo, ha pregato per me; e ciò m’ha fatto aprire gli occhi sul misero mio stato ». — « Volete ben confessarvi? » — « Oh! sì, Signore, voglio confessarmi, e pubblicamente; poiché ho dato scandalo con la mia vita cattiva, voglio che tutti siano testimoni del mio pentimento ». Il Sacerdote gli disse che ciò non era necessario; ma bastava, per riparazione dello scandalo, che si sapesse com’egli aveva ricevuto i Sacramenti. Si confessò con tanto dolore e tante lacrime, che il sacerdote dovette più volte fermarsi per lasciarlo piangere. Ricevette i Sacramenti con segni sì grandi di pentimento, che si sarebbe creduto ne dovesse morire. – Non aveva ragione S. Bernardo di dire che, chi è sotto la protezione della SS. Vergine è sicuro; e che non s’è vista mai la SS. Vergine abbandonare chi ha fatto in suo onore qualche atto di pietà? No, miei fratelli, ciò non s’è visto e non si vedrà mai. Vedete in che modo la SS. Vergine ha ricompensato un’Ave Maria che quel giovine aveva detto ogni giorno? E come la diceva! Tuttavia avete visto che fece un miracolo, anziché lasciarlo morire senza confessione! Qual felice sorte è per noi invocare Maria, poich’Ella ci salva così e ci fa perseverare nella grazia! Qual motivo di speranza è il pensare che, non ostante i nostri peccati, si offre continuamente a Dio per implorarci il perdono! Sì, miei fratelli, Maria ravviva la nostra speranza in Dio. Ella presenta a Lui le nostre lacrime, e ci trattiene dal cadere nella disperazione alla vista delle nostre colpe. – S. Alfonso de’ Liguori racconta che un suo compagno prete vide un giorno entrare in una chiesa un giovane, il cui aspetto rivelava un’anima straziata da’ rimorsi. Il prete s’accostò al giovane e gli disse: « Volete confessarvi, amico mio? » Egli rispose di sì, ma ad un tempo chiese che la sua confessione fosse ascoltata in luogo recondito, perché va esser lunga. Quando furono soli, il nuovo penitente parlò così: « Padre mio, son forestiero e gentiluomo; ma credo di non potere esser mai oggetto delle misericordie d’un Dio, che ho tanto offeso con una vita così colpevole. Per tacere gli omicidi e le infamie, di cui sono reo, vi dirò, che, disperando della mia salvezza, mi sono lasciato andare ad ogni maniera di colpe, meno per contentare le mie passioni, che per oltraggiare Iddio e far pago l’odio mio contro di Lui. Portavo indosso un crocifisso, e l’ho gettato via per disprezzo. Questa mattina istessa mi sono accostato alla sacra Mensa per commettere un sacrilegio, ed era mia intenzione calpestar l’Ostia santa, se non me ne avesse trattenuto la presenza degli astanti »; e così dicendo, consegnò al sacerdote l’Ostia consacrata che aveva conservata in una carta. « Passando dinanzi a questa chiesa, continuò, mi son sentito muovere ad entrarvi a segno che non ho potuto resistere: ho provato rimorsi così violenti, e straziavano talmente la mia coscienza, che, di mano in mano ch’io m’accostava al vostro confessionale, cadeva in grandissima disperazione. Se non foste uscito per accostarvi a me, me ne sarei andato via di chiesa: non so davvero come sia andata ch’io mi trovi adesso a’ vostri piedi per confessarmi ». Ma il prete gli disse: « Avete forse fatto qualche opera buona che vi abbia meritato tal grazia? Avete forse offerto qualche sacrifizio alla santissima Vergine, o implorata l’assistenza di Lei, poiché tali conversioni sono, d’ordinario, effetto della potenza di questa buona Madre? » — « Padre mio, siete in errore: avevo un crocifisso, e l’ho gettato via per disprezzo ». — « Eppure… riflettete bene, questo miracolo non s’è compiuto senza qualche ragione ». — « Padre, disse il giovane accostando la mano al suo scapolare, quest’è quanto ho conservato ». — « Ah! mio buon amico, gli disse il prete abbracciandolo, non vedete che la SS. Vergine appunto v’ha ottenuto la grazia, v’ha tratto in questa chiesa a Lei consacrata? ». A quelle parole il giovane ruppe in amaro pianto; narrò tutti i particolari della sua vita di peccato, e, crescendo sempre il suo dolore, cadde come morto ai piedi del confessore: riavutosi, terminò la sua confessione. Prima d’uscir di chiesa promise che avrebbe narrato dappertutto la misericordia che Maria aveva ottenuto dal suo Figliuolo per lui.

III. — Siam pure avventurati, fratelli miei, d’avere una Madre sì buona, e così intenta a procurare la salute delle anime nostre! Tuttavia non bisogna contentarsi di pregarla, bisogna altresì praticare tutte le altre virtù, che sappiamo essere gradite a Dio. Un gran servo di Maria, S. Francesco di Paola, fu un giorno chiamato da Luigi XI, che sperava di ottener da lui la guarigione. Il santo riconobbe nel re ogni maniera di pregi: attendeva a molte buone opere e preghiere ad onor di Maria. Diceva ogni giorno il Rosario, faceva molte limosine per onorare la santissima Vergine, portava indosso parecchie reliquie. Ma sapendo che non era abbastanza modesto e riserbato nel parlare, e che tollerava presso di se gente di mala vita, S. Francesco di Paola gli disse piangendo: « credete forse, o principe che tutte codeste vostre devozioni siano gradite alla SS. Vergine? No, no, principe: imitate innanzi tutto Maria, e sarete sicuro che vi porgerà la mano ». Invero avendo fatto una buona confessione generale, ricevette tante grazie ed ebbe tanti mezzi di salute, che morì d’una morte edificantissima, dicendo che Maria con la sua protezione gli era valsa il cielo. Il mondo è pieno di monumenti che attestano le grazie ottenuteci dalla SS. Vergine; vedete tanti santuari, tanti quadri, tante cappelle in onor di Maria. Ah! miei fratelli, se avessimo una tenera devozione verso Maria, quante grazie otterremmo tutti per la nostra salute? Oh! padri e madri, se ogni mattina metteste tutti i vostri figli sotto la protezione della SS. Vergine, Maria pregherebbe per loro, li salverebbe e salverebbe voi con essi. Oh! il demonio come teme la devozione alla SS. Vergine!… Un giorno si lamentava altamente con S. Francesco che due classi di persone lo facevano soffrire assai: prima quelli che concorrono a diffondere la divozione alla SS. Vergine, e poi quelli che portano il santo Scapolare. Ah! miei fratelli, non basta questo per ispirarci grande fiducia nella Vergine Maria e desiderio vivo di consacrarci interamente a Lei, mettendo tra le sue mani la nostra vita, la nostra morte e la nostra eternità? Quale consolazione per noi ne’ nostri affanni, nelle nostre pene, sapere che Maria vuole e può soccorrerci! Sì, possiam dire che chi ha la lieta ventura d’aver gran fiducia in Maria ha assicurato la sua salute; e mai non si udì né si udirà dire che sia andato dannato colui che aveva posto la sua salvezza nelle mani di Maria. All’ora della morte riconosceremo guanti peccati ci abbia fatto sfuggire la Vergine SS., e quanto bene ci abbia fatto fare, che senza la sua protezione non avremmo fatto. Prendiamola per nostro modello, e saremo sicuri di camminar veramente per la via del cielo. Ammiriamo in Lei l’umiltà, la purezza, la carità, il disprezzo della vita, lo zelo per la gloria del suo Figliuolo e per la salute delle anime. Sì, miei fratelli, diamoci tutti e consacriamoci a Maria per l’intera nostra vita. Beato chi vive e muore sotto la protezione di Lei! Il paradiso è per lui assicurato: il che vi desidero.

16 LUGLIO: MADONNA DEL CARMELO (2019)

16 LUGLIO MADONNA DEL CARMELO (2019)

LA MADONNA DEL CARMINE

L’ ORAZIONE.

Deus, qui beatíssimæ semper Vírginis et Genetrícis tuæ Maríæ singulári título Carméli órdinem decorásti: concéde propítius; ut, cujus hódie Commemoratiónem sollémni celebrámus offício, ejus muníti præsídiis, ad gáudia sempitérna perveníre mereámur: Qui vivis et regnas cum Deo Patre, in unitate Spiritus Sancti, Deus, per omnia saecula saeculorum.

“0 Dio, che avete concesso all’ Ordine del Carmelo l’insigne onore di portare il nome della beatissima sempre Vergine Maria vostra Madre, concedete a noi, nella vostra misericordia, che circondati dalla protezione di Colei di cui onoriamo oggi solennemente la memoria, meritiamo di pervenire all’eterna felicita; voi che Dio vivete e regnate etc. “

L’EPISTOLA.

Lezione tratta dal Libro dell’Ecclesiastico. Cap XXIV, v. 23,31.

Io come la vite gettai fiori di odor soave, e i miei fiori sono frutti di gloria e di ricchezza. Io madre del bell’amore, e del timore e della scienza e della santa speranza: in me ogni grazia per conoscer la via della verità, in me ogni speranza di vita e di virtù. Venite a me voi tutti,voi che siete presi dall’amore di me; e saziatevi dei miei frutti; perché dolce è il mio spirito più del miele e lamia eredità più’ del favo del miele. Memoria di me si farà per tutta la serie dei secoli. Coloro che mi mangiano hanno sempre fame, e coloro che mi bevono hanno sempre sete. Chi ascolta me non avrà mai da arrossire, e quelli che per me operano non peccheranno. Coloro che mi illustrano, avranno la vita eterna.

IL VANGELO.

Segue il santo Vangelo secondo s. Luca, Cap. XI, v. 17. 28.

lo quel tempo mentre Gesù parlava alle turbe, alzò la voce una donna di mezzo ad esse, e gli disse: Beato il seno che ti ha portato, e le mammelle che hai succhiate. Ma Egli disse: Anzi beati coloro, che ascoltano la parola di Dio, e l’osservano.

In qualità di Madre di Dio, Maria è pietosa alle nostre necessità; in qualità di Madre di Dio, Maria può soccorrerci nelle nostre necessità: questo è quanto ci insegnano i Padri, e c’insegna la Chiesa, è quanto ci detta la ragione, e l’esperienza di tutti i tempi c’impedisce di porre in dubbio. Alla nostra profonda venerazione per l’augustaMadre di Dio uniamo adunque la più gran fiducia; ricorriamo a Lei in tutte le penose congiunture in cui ci troveremo: poiché in qualunque occasione ciò avvenga, Maria può essere per noi un aiuto infallibile, estendendosi la sua misericordia ad ogni cosa, intromettendosi in tutte le nostre necessità, quanto ai beni spirituali, e quanto ai beni temporali. Voi dunque, dice s. Bernardo, voi tutti che vogate in mezzo agli scogli e alle tempeste di questo mondo, se volete salvarvi dal naufragio, mirate la vostra stella, alzate gli occhi verso Maria. Siete assaliti da violente tentazioni, vi sentite mancare le forze, e il vostro cuore è presso a soccombere? Chiamate in vostro soccorso Maria. Siete esposti a gonfiarvi d’orgoglio, all’amarezza dell’odio, agli impeti dell’ira, al veleno dell’invidia? Invoca te Maria. È la tribolazione che vi perseguita, vi affligge, vi abbatte e vi desola? Cercate in Maria il vostro sostegno. In tutti i pericoli, in tutti i mali, in tutte le sventure di questa vita mortale, pensate a Maria,  e tendete a Lei le braccia per implorare la sua assistenza – La Regina dei cieli, che oggi onoriamo, sotto il titolo di Nostra Donna del santo scapolare, apparendo al Beato Simone Stock, generale dell’ordine dei Carmelitani, gli pose nella mano il santo scapolare, come uno scudo contro tutti gli assalti e una difesa in tutti i pericoli, come uno dei più saldi appoggi nell’ultima ora, e quasi assicurazione contro lo spaventoso rischio di una irrevocabile condanna: ma non perdiamo di vista che tante promesse sono unite alla confraternita del santo scapolare, non per dispensarci dalla penitenza, ma per aiutarci a far penitenza; non per sottrarci alle leggi del Vangelo. ma per facilitarcene l’osservanza; non per darci una colposa sicurezza nelle nostre sregolatezze, ma per ottenerci i mezzi di uscirne; non per assicurarci una santa morte dopo una vita peccaminosa, ma per farci pervenire alla morte preziosa dei giusti con la vita pura o penitente dei giusti. – Maria è il rifugio dei peccatori, ma dei peccatori contriti,dei peccatori penitenti, dei peccatori che sentendo l’infelice stato a cui gli ha ridotti il peccato, si sforzano di uscirne e di salvare la loro anima dal fuoco eterno. Mariaè la Madre di misericordia, ma la sua misericordia non e una pietà meschina e cieca, una molle indulgenza che favorisca il peccato, ledendo i diritti della giustizia divina; è una misericordia illuminata e pronta sempre a seguire i sentimenti di Gesù Cristo; una misericordia che, facendo sperare il perdono al peccatore, l’eccita nello stesso tempo alla penitenza. Maria è pronta sempre a domandare a Dio la grazia della nostra conversione; ma bisogna che la domandiamo noi stessi con Lei, bisgna che che cooperiamo alla nostra santificazione; ed è follia il riposarci sopra il soccorso di Lei quando da noi medesimi ci abbandoniamo. Facciam capitale, si, di Maria, possiamo, e anzi dobbiamo farlo; ma non speriamo di star d’accordo con Maria, se non temiamo di essere in discordia con Gesù Cristo; e se siamo sempre degni di condanna al tribunale del Figlio di Lei, non speriamo giammai di essere assoluti al tribunale di Maria. Rammentiamoci che per conciliar a noi la benevolenza materna della potente protettrice che onoriamo specialmente oggi, dobbiamo accompagnare alla nostra azione costumi religiosi e puri, costante applicazione nell’adempire tutti i nostri doveri, e la pratica di tutte quelle virtù cristiane, di cui essa ci ha dato l’esempio.

(L. Goffiné: manuale per la santificazione delle Domeniche e delle Feste. Tip. Calas., Firenze – 1869)

Decor Carmeli, ora prò nobis.

Indulgentia trecentorum dierum (S. Pæn. Ap., 8 nov.1921).

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O Vergine benedetta, o piena di grazie, o Reginadei Santi, quanto m’è dolce di venerartisotto questo titolo di Madonna del Monte Carmelo!

Esso mi richiama ai tempi profetici di

Elia, quando Tu fosti, sul Carmelo, raffigurata

in quella nuvoletta, che poi, dilargandosi, si

aprì in una pioggia benefica, simbolo delle grazie

santificatrici, che ci provengono da te. Sin

dai tempi apostolici Tu fosti onorata con questo

misterioso titolo : ed ora mi rallegra il pensiero

che noi ci uniamo a quei primi tuoi devoti e con

essi ti salutiamo, dicendoti: O decoro del Carmelo,

o gloria del Libano, Tu giglio purissimo,

Tu rosa mistica del fiorente giardino della Chiesa.

Intanto, o Vergine delle vergini, ricordati

di me miserabile, e mostra di essermi madre.

Diffondi in me sempre più viva la luce di quella

fede che ti fece beata; infiammami di quell’amore

celestiale, onde Tu amasti il Figliuol

tuo Gesù Cristo. Son pieno di miserie spirituali

e temporali. Molti dolori dell’anima e del corpo

mi stringono da ogni parte ed io mi rifugio,

come figliuolo, all’ombra della tua protezione materna.

Tu, Madre di Dio, che tanto puoi e tanto vali,

impetrami da Gesù benedetto i doni

celesti dell’umiltà, della castità, della mansuetudine,

che furono le più belle gemme dell’anima

tua immacolata. Tu concedimi di esser forte

nelle tentazioni e nelle amarezze, che spesso mi

travagliano. Allorché poi si compirà, secondo

il volere di Dio, la giornata del mio terreno pellegrinaggio,

fa’ che all’anima mia sia donata,

per i meriti di Cristo e per la tua intercessione,

la gloria del paradiso. Amen.

Indulgentia quingentorum dierum

(Breve Ap., 12 apr. 1927; S. Pæn. Ap., 29 apr. 1935).