IL CATECHISMO DI BALTIMORA 3 (II) – Lez. 5-7

IL CATECHISMO DI BALTIMORA (2)

[Dal terzo Concilio generale di Baltimora

Versione 1891]

Lezioni 5-7

LEZIONE 5 –

SUL NOSTRO PRIMO GENITORE E SULLA CADUTA

D. 233. Chi furono il primo uomo e la prima donna?

R. I primi uomini, uomo e donna, sono stati Adamo ed Eva.

D. 234. Ci sono delle persone nel mondo che non sono discendenti di Adamo ed Eva?

R. Non ci sono persone nel mondo né adesso, né ce ne sono mai state, che non siano i discendenti di Adamo ed Eva, perché l’intera razza umana non ha avuto che un’unica origine.

D. 235. Le differenze di colore, di statura, ecc., che troviamo in razze distinte, indicano una differenza nei primi genitori?

R. Le differenze di colore, statura, ecc., che troviamo in razze distinte, non indicano differenza nei primi genitori, in quanto queste differenze sono state prodotte nel tempo da altre cause, come il clima, le abitudini, ecc…

D. 236. Adamo ed Eva erano innocenti e santi quando uscirono dalla mano di Dio?

R. Adamo ed Eva erano innocenti e santi quando uscirono dalla mano di Dio.

D. 237. Che cosa intendiamo dicendo che Adamo ed Eva “erano innocenti” quando uscirono dalla mano di Dio?

R. Quando diciamo che Adamo ed Eva “erano innocenti” quando uscirono dalla mano di Dio, intendiamo che essi erano nello stato di giustizia originale; cioè, erano dotati di ogni virtù e liberi da ogni peccato.

D. 238. Come si è formato il corpo di Adamo?

R. Dio ha formato il corpo esteriore di Adamo dall’argilla della terra, e poi ha insufflato in esso un’anima vivente.

D. 239. Come si è formato il corpo di Eva?

R. Il corpo di Eva si è formato da una costola estratta dal fianco di Adamo durante un sonno profondo che Dio fece scendere su di lui.

D. 240. Perché Dio fece Eva da una costola di Adamo?

R. Dio fece Eva da una costola di Adamo per dimostrare la stretta relazione esistente tra il marito e la moglie nella loro unione matrimoniale da Dio istituita.

D. 241. Potrebbe essersi sviluppato, il corpo dell’uomo, dal corpo di un animale inferiore?

R. Il corpo dell’uomo potrebbe essersi sviluppato dal corpo di un animale inferiore qualora Dio lo avesse voluto; ma la scienza non prova che il corpo dell’uomo sia stato così formato, mentre la rivelazione ci insegna che esso sia stato formato direttamente da Dio dall’argilla della terra.

D. 242. L’anima e l’intelligenza dell’uomo possono essersi formate dallo sviluppo della vita animale e dall’istinto?

R. L’anima dell’uomo non può essersi formata dallo sviluppo dell’istinto animale, poiché, essendo interamente spirituale, deve essere stata creata da Dio ed è unita al corpo non appena il corpo sia pronto a riceverla.

D. 243. Dio ha dato qualche comando ad Adamo ed Eva?

R. Per provare la loro obbedienza, Dio comandò ad Adamo ed Eva di non mangiare un certo frutto che cresceva nel giardino del Paradiso.

D. 244. Qual era il giardino del paradiso?

R. Il Giardino del Paradiso era un luogo grande e bello, preparato come abitazione dell’uomo sulla terra. E stato fornito di ogni specie di piante e di animali e con tutto ciò che potesse contribuire alla felicità dell’uomo.

D. 245. Dov’era il Giardino del Paradiso?

R. Il luogo esatto in cui si trovava il Giardino del Paradiso – chiamato anche il Giardino dell’Eden – non è conosciuto, poiché il diluvio può aver cambiato la superficie della terra e gli antichi punti di riferimento essere stati cancellati. Probabilmente era posto in Asia, non lontano dal fiume Eufrate.

D. 246. Come si chiamava l’albero recante il frutto proibito?

R. L’albero che porta il frutto proibito è stato chiamato “l’albero della conoscenza del bene e del male”.

D. 247. Conosciamo il nome di qualsiasi altro albero nel giardino?

R. Conosciamo il nome di un altro albero nel giardino chiamato “albero della vita”. Il suo frutto manteneva i corpi dei nostri primi genitori in uno stato di perfetta salute.

D. 248. Quali sarebbero state le principali beatitudini destinate ad Adamo ed Eva se fossero rimasti fedeli a Dio?

R. Le principali beatitudini destinate ad Adamo ed Eva, se fossero rimaste fedeli a Dio, erano un costante stato di felicità in questa vita e la gloria eterna nell’altro.

D. 249. Adamo ed Eva sono rimasti fedeli a Dio?

R. Adamo ed Eva non rimasero fedeli a Dio, ma infransero il Suo comando mangiando il frutto proibito.

D. 250. Chi fu il primo a disobbedire a Dio?

R. Eva fu la prima a disobbedire a Dio e indusse Adamo a fare lo stesso.

D. 251. In che modo Eva fu tentata nel peccare?

R. Eva fu tentata dal peccato dal diavolo, che venne sotto forma di un serpente e la persuase ad infrangere il comando di Dio.

D. 252. Quali furono le cause principali che portarono Eva nel peccato?

R. Le cause principali che portarono Eva nel peccato furono: (1) Si espose al pericolo di peccare ammirando ciò che era proibito, invece di evitarlo. (2) Lei non cadde subito nella tentazione, ma discutendo si arrese ad essa. Una simile condotta da parte nostra, allo stesso modo ci porterà al peccato.

D. 253. Che cosa accadde ad Adamo ed Eva a causa del loro peccato?

R. Adamo ed Eva, a causa del loro peccato, persero l’innocenza e la santità e furono condannati alla malattia e alla morte.

D. 254. Quali altri mali hanno colpito Adamo ed Eva a causa del loro peccato?

R. Molti altri mali colpirono Adamo ed Eva a causa del loro peccato. Furono cacciati dal Paradiso e condannati a lavorare. Dio dispose anche che d’ora in poi la terra non producesse raccolti senza essere coltivata, e che le bestie, una volta amici dell’uomo, diventassero i suoi selvatici nemici.

D. 255. Dovevamo noi rimanere nel Giardino del Paradiso per sempre, se Adamo non avesse peccato?

R. Non dovevamo rimanere nel Giardino del Paradiso per sempre anche se Adamo non avesse peccato, ma dopo aver attraversato gli anni della prova sulla terra, dovevamo essere presi, corpo e anima, e portati in cielo senza patire la morte.

256. Qual male ci ha colpiti a causa della disobbedienza dei nostri primi genitori?

R. A causa della disobbedienza dei nostri primi genitori, tutti condividiamo il loro peccato e la loro punizione, come avremmo condiviso d’altra parte la loro felicità, se fossero rimasti fedeli.

D. 257. Non è ingiusto punirci per il peccato dei nostri primi genitori?

R. Non è ingiusto punirci per il peccato dei nostri primi genitori, perché la loro punizione consisteva nell’essere privati ​​di un dono gratuito di Dio; cioè, del dono della giustizia originale a cui non avevano alcun rigoroso diritto al quale volontariamente avevano rinunciato nel loro atto di disobbedienza.

D. 258. Ma in che modo la perdita del dono della giustizia originale ha lasciato i nostri primi genitori e noi in peccato mortale?

R. La perdita del dono della giustizia originale ha lasciato i nostri primi genitori e noi, nel peccato mortale, perché li ha privati ​​della Grazia di Dio, ed è proprio nell’essere senza questo dono della Grazia, che è consistito e consiste il peccato mortale. Poiché anche tutti i loro figli sono privati ​​dello stesso dono di Grazia, pur essi vengono al mondo nello stato di peccato mortale.

D. 259. Quali altri effetti seguirono al peccato dei nostri primi genitori?

R. La nostra natura era corrotta dal peccato dei nostri primi genitori, oscurando così la nostra comprensione, indebolendo la nostra volontà e lasciando in noi una forte inclinazione al male.

D. 260. Che cosa intendiamo per “la nostra natura è stata corrotta”?

R. Quando diciamo che “la nostra natura è stata corrotta” intendiamo che tutto il nostro essere, corpo e anima, è stato ferito in tutte le sue parti e nei suoi poteri.

D. 261. Perché diciamo che la nostra comprensione è stata oscurata?

R. Diciamo che la nostra comprensione è stata oscurata perché anche con il molto apprendimento, non abbiamo la chiara conoscenza, la percezione rapida e la memoria ritentiva che Adamo aveva prima della sua caduta dalla grazia.

D. 262. Perché diciamo che la nostra volontà è stata indebolita?

R. Diciamo che la nostra volontà è stata indebolita per mostrare che il nostro libero arbitrio non è stato interamente tolto dal peccato di Adamo, e che abbiamo ancora il potere di usare il nostro libero arbitrio, facendo il bene o il male.

D. 263. In che consiste la forte inclinazione al male che è rimasta in noi?

R. Questa forte inclinazione al male che è lasciata in noi, consiste negli sforzi continui che i nostri sensi e i nostri appetiti fanno per condurre le nostre anime al peccato. Il corpo è incline a ribellarsi contro l’anima e l’anima stessa a ribellarsi contro Dio.

D. 264. Che cos’è questa forte inclinazione richiamata al male, e perché Dio le ha permesso di rimanere in noi?

R. Questa forte inclinazione al male è chiamata concupiscenza, e Dio le permette di rimanere in noi perché, con la sua grazia, possiamo resisterle e così aumentare i nostri meriti.

D. 265. Come è chiamato il peccato che ereditiamo dai nostri primi genitori?

R. Il peccato che ereditiamo dai nostri primi genitori è chiamato peccato originale.

D. 266. Perché questo peccato è chiamato originale?

R. Questo peccato è chiamato originale perché discende fino a noi dai nostri primi genitori e veniamo al mondo con questa colpa sulla nostra anima.

D. 267. Questa corruzione della nostra natura rimane in noi dopo che il peccato originale sia stato perdonato?

R. Questa corruzione della nostra natura e le altre pene rimangono in noi anche dopo che il peccato originale è perdonato.

D. 268. Qualcuno è mai stato preservato dal peccato originale?

R. La Beata Vergine Maria, per i meriti del suo divin Figlio, fu preservata libera dalla colpa del peccato originale, e questo privilegio è chiamato la sua Immacolata Concezione.

269. Perché la Vergine è stata preservata dal peccato originale?

R. La Beata Vergine fu preservata dal peccato originale perché non sarebbe stato coerente con la dignità del Figlio di Dio che la Madre Sua, anche per un solo istante, fosse stata sotto la potenza del diavolo, nemico di Dio.

D. 270. In che modo la Beata Vergine poteva essere preservata dal peccato dal suo Divin Figlio, prima che suo Figlio nascesse?

R. La Vergine Benedetta poteva essere preservata dal peccato dal suo Divin Figlio prima che nascesse come uomo, poiché Egli sempre è esistito come Dio e aveva previsto i suoi meriti futuri e la dignità della Madre Sua. Quindi, per i suoi futuri meriti, aveva previsto il suo privilegio di essere esente dal peccato originale.

D. 271. Che cosa significa “Immacolata Concezione”?

R. L’Immacolata Concezione significa il privilegio esclusivo della Vergine Beata di venire all’esistenza, per i meriti di Gesù Cristo, senza la macchia del peccato originale. Non significa, quindi, che la sua vita sia stata esente dal peccato, né la verginità perpetua o la concezione miracolosa del Nostro Divino Signore mediante l’opera dello Spirito Santo.

D. 272. Qual è sempre stata la credenza della Chiesa riguardo a questa verità?

R. La Chiesa ha sempre creduto nell’Immacolata Concezione della Beata Vergine e collocando questa verità oltre ogni dubbio, l’ha dichiarato un Articolo di Fede.

D. 273. A cosa dovrebbero portarci i pensieri dell’Immacolata Concezione?

I pensieri dell’Immacolata Concezione dovrebbero portarci ad un grande amore per la purezza e al desiderio di imitare la Vergine Santa nella pratica di quella santa virtù.

LEZIONE 6 –

SUL PECCATO E SUOI TIPI

D. 274. Come si distingue il peccato?

R. Il peccato si distingue in:

-1) peccato che ereditiamo, chiamato peccato originale, e:

– 2) il peccato che commettiamo noi, chiamato peccato attuale. Il peccato reale è suddiviso in peccati maggiori, chiamati mortali, e peccati minori, chiamati veniali.

D. 275. In quanti modi può essere commesso il peccato reale?

R. Il peccato effettivo può essere commesso in due modi: facendo volontariamente le cose proibite o trascurando volontariamente le cose comandate.

D. 276. Come si chiama il nostro peccato quando trascuriamo le cose comandate?

R. Quando trascuriamo le cose comandate, il nostro peccato è chiamato “peccato di omissione”. Trascurare volontariamente di ascoltare la Messa la domenica, o andare alla Confessione almeno una volta all’anno, sono ad esempio peccati di omissione.

D. 277. Il peccato originale è l’unico tipo di peccato?

R. Il peccato originale non è il solo tipo di peccato; c’è un altro tipo di peccato, che noi commettiamo, chiamato vero peccato.

D. 278. Che cos’è il peccato attuale?

R. Il peccato attuale o reale è qualsiasi pensiero intenzionale, parola, azione o omissione contraria alla legge di Dio.

D. 279. Quanti tipi di peccato attuale ci sono?

R. Esistono due tipi di peccato reale: il mortale e il veniale.

D. 280. Che cos’è il peccato mortale?

R. Il peccato mortale è un’offesa grave contro la legge di Dio.

D. 281. Perché questo peccato si chiama mortale?

R. Questo peccato è chiamato mortale perché ci priva della vita spirituale, che è la grazia santificante, conduce alla morte eterna e alla dannazione all’anima.

D. 282. Quante cose sono necessarie per rendere mortale un peccato?

R. Per commettere un peccato mortale, sono necessarie tre cose: 1. una materia grave, 2. una consapevolezza sufficiente e 3. il pieno consenso della volontà.

D. 283. Che cosa intendiamo per “materia grave” riguardo al peccato?

R. Per “materia grave” riguardo al peccato, intendiamo che il pensiero, la parola o l’azione con cui viene commesso il peccato mortale, devono essere molto cattivi in ​​sé o severamente proibiti, e quindi sufficienti per commettere un peccato mortale se deliberatamente cadiamo in esso.

D. 284. Che cosa significa “sufficiente consapevolezza e pieno consenso della volontà”?

R. “Consapevolezza sufficiente” significa che sappiamo con certezza che il pensiero, la parola o l’azione sono peccaminosi, nel momento in cui ne siamo colpevoli; e “il pieno consenso della volontà” significa che dobbiamo cedere pienamente e volontariamente ad essa.

D. 285. Quali sono i peccati commessi senza consapevolezza o deliberato consenso?

R. I peccati commessi senza consapevolezza o consenso sono chiamati peccati materiali; cioè, sarebbero peccati formali e reali, se ne conoscessimo la peccaminosità nel momento in cui li stiamo per commettere. Così mangiare carne in un giorno di astinenza senza sapere che sia un giorno di astinenza o senza pensare al divieto, sarebbe un peccato materiale.

D. 286. I peccati materiali commessi nel passato, diventano veri peccati non appena scopriamo la loro peccaminosità?

R. I peccati materiali passati non diventano veri peccati appena scopriamo la loro peccaminosità, a meno che non li ripetiamo nuovamente con piena consapevolezza e consenso.

D. 287. Come possiamo sapere quali peccati siano considerati mortali?

R. Possiamo sapere quali peccati siano considerati mortali: dalla Sacra Scrittura, dall’insegnamento della Chiesa e dagli scritti dei Padri e dei Dottori della Chiesa.

D. 288. Perché è sbagliato giudicare gli altri colpevoli di peccato?

R. È sbagliato giudicare gli altri colpevoli di peccato perché non possiamo sapere con certezza se il loro atto peccaminoso sia stato commesso con sufficiente consapevolezza e pieno consenso della volontà.

D. 289. Quale peccato commette chi, senza una ragione sufficiente, ritiene un altro colpevole di peccato?

R. Colui che senza una ragione sufficiente crede che un altro sia colpevole di peccato commette un peccato di giudizio avventato.

D. 290. Che cos’è il peccato veniale?

R. Il peccato veniale è una offesa leggera contro la legge di Dio in questioni di minore importanza o, in questioni di grande importanza, è un’offesa commessa senza sufficiente consapevolezza o pieno consenso della volontà.

D. 291. Possiamo sempre distinguere il peccato veniale dal peccato mortale?

R. Non possiamo sempre distinguere il peccato veniale dal peccato mortale, e in tali casi dobbiamo lasciare la decisione al nostro confessore.

D. 292. Le piccole offese possono mai diventare peccati mortali?

R. Lievi offese possono diventare peccati mortali se li commettiamo con disprezzo provocatorio verso Dio o la Sua legge; oppure anche quando sarebbero seguiti da conseguenze molto malvagie, che noi prevediamo nel commetterli.

D. 293. Quali sono gli effetti del peccato veniale?

R. Gli effetti del peccato veniale sono: 1) la diminuzione dell’amore di Dio nel nostro cuore, 2) il renderci meno degni del suo aiuto, e 3) l’indebolimento del potere di resistere al peccato mortale.

D. 294. Come possiamo sapere che un pensiero, una parola o un’azione siano peccaminosi?

R. Possiamo sapere che un pensiero, una parola o un’azione siano peccaminosi se esse, commesse od omesse, sono proibite da una qualsiasi legge di Dio e della sua Chiesa, o se si oppone a qualsiasi virtù soprannaturale.

D. 295. Quali sono le principali fonti di peccato?

R. Le principali fonti di peccato sono sette, orgoglio, avarizia, lussuria, ira, gola, invidia, accidia, e sono comunemente chiamate: peccati capitali.

D. 296. Che cos’è l’orgoglio?

R. L’orgoglio è un amore eccessivo per le nostre capacità; tale da farci disobbedire peccando, piuttosto che umiliarci.

D. 297. Quale effetto ha l’orgoglio per le nostre anime?

R. L’orgoglio genera nelle nostre anime un’ambizione peccaminosa, la vanagloria, la presunzione e l’ipocrisia.

D. 298. Che cos’è la avarizia o cupidigia?

R. L’avarizia o cupidigia è un desiderio eccessivo delle cose del mondo.

D. 299. Quale effetto ha la cupidigia sulle nostre anime?

R. La cupidigia genera nelle nostre anime cattiveria, disonestà, l’inganno e la mancanza di carità.

D. 300. Che cos’è la lussuria?

R. La lussuria è un desiderio eccessivo per i piaceri peccaminosi proibiti dal sesto comandamento.

D. 301. Quale effetto ha la lussuria sulle nostre anime?

R. La lussuria genera nelle nostre anime un disgusto per le cose sante, una coscienza perversa, un odio per Dio, e molto spesso porta ad una completa perdita della fede.

D. 302. Che cos’è l’ira?

R. L’ira è un’emozione eccessiva della mente eccitata contro qualsiasi persona o cosa, o è un desiderio eccessivo di vendetta.

D. 303. Che effetto ha l’ira sulla nostra anima?

R. L’ira genera nelle nostre anime impazienza, odio, irriverenza e troppo spesso l’abitudine a bestemmiare.

D. 304. Che cos’è la gola o ingordigia?

R. La gola è un desiderio eccessivo di cibo o di bevande.

D. 305. Che tipo di peccato è l’ubriachezza?

R. L’ubriachezza è un peccato di gola per il quale una persona si priva dell’uso della ragione, con l’assunzione eccessiva di bevande inebrianti.

D. 306. L’ubriachezza è sempre un peccato mortale?

R. L’ubriachezza deliberata è sempre un peccato mortale se la persona viene completamente privata da questa, dell’uso della ragione, ma l’ubriachezza che non è compresa o desiderata, può essere giustificata dal peccato mortale.

D. 307. Quali sono gli effetti principali dell’ubriachezza abituale?

R. L’ubriachezza abituale ferisce il corpo, indebolisce la mente, porta la vittima in preda a molti vizi e lo espone al pericolo di morire in uno stato di peccato mortale.

D. 308. Quali sono i tre peccati che sembrano causare la maggior parte dei mali nel mondo?

R. L’ubriachezza, la disonestà e l’impurità, sembrano causare la maggior parte dei mali nel mondo, e devono quindi essere attentamente evitati in ogni momento.

D. 309. Che cos’è l’invidia?

R. L’invidia è un sentimento di dispiacere per la fortuna dell’altro e la gioia del male che si abbatte su di lui; come se noi stessi fossimo feriti dal bene e beneficati dal male che gli viene.

D. 310. Che effetto ha l’invidia sull’anima?

R. L’invidia genera nell’anima una mancanza di carità per il prossimo e produce uno spirito di diffamazione, di maldicenza e di calunnia.

D. 311. Che cos’è l’accidia?

R. L’accidia è una pigrizia della mente e del corpo, attraverso la quale trascuriamo i nostri doveri a causa del lavoro che essi richiedono.

D. 312. Quale effetto ha la pigrizia sull’anima?

R. La pigrizia genera nell’anima uno spirito di indifferenza verso i nostri doveri spirituali e un disgusto per la preghiera.

D. 313. Perché le sette radici o fonti del peccato sono chiamate peccati capitali?

R. Le sette fonti del peccato sono chiamate peccati capitali perché dirigono gli altri nostri peccati e ne sono la causa.

D. 314. Che cosa intendiamo per: nostro peccato predominante o passione dominante?

R. Per il nostro peccato predominante, o passione dominante, intendiamo il peccato in cui cadiamo più frequentemente e al quale troviamo più difficile resistere.

D. 315. Come possiamo superare meglio i nostri peccati?

R. Possiamo superare meglio i nostri peccati, proteggendoci dal nostro peccato predominante o dominante.

D. 316. Dovremmo rinunciare a cercare di essere buoni quando sembriamo non riuscire a superare i nostri difetti?

R. Non dobbiamo rinunciare a cercare di essere buoni quando sembra che non riusciamo a superare i nostri difetti, perché i nostri sforzi per essere buoni, ci impediranno almeno di diventare ancor peggiori.

D. 317. Quali virtù si oppongono ai sette peccati capitali?

R. L’umiltà è contraria all’orgoglio; la generosità alla cupidigia; la castità alla lussuria; la mitezza alla rabbia; la temperanza alla gola; l’amore fraterno all’invidia e diligenza alla pigrizia.

LEZIONE 7 –

SULL’INCARNAZIONE E LA REDENZIONE

D. 318. Che cosa significa “incarnazione” e cosa significa “redenzione”?

R. “Incarnazione” significa l’atto di vestirsi con la carne. Così nostro Signore ha rivestito la sua divinità con un corpo umano. “Redenzione” significa acquistare di nuovo.

D. 319. Dio ha abbandonato l’uomo dopo che questi cadde nel peccato?

R. Dio non ha abbandonato l’uomo dopo che questi era caduto nel peccato, ma gli ha promesso un Redentore, che avrebbe dovuto soddisfare il peccato dell’uomo e riaprirgli le porte del cielo.

D. 320. Che cosa intendiamo per “porte del paradiso”?

R. Per “porte del cielo” intendiamo il potere divino mediante il quale Dio ci tiene fuori dal cielo o ci ammette ad esso, a Suo piacimento.

D. 321. Chi è il Redentore?

R. Il nostro Santo Signore e Salvatore Gesù Cristo è il Redentore dell’umanità.

D. 322. Che cosa significa il nome “Gesù” e come è stato dato a Nostro Signore questo nome?

R. Il nome “Gesù” significa Salvatore o Redentore, e questo nome fu dato a Nostro Signore da un Angelo che apparve a Giuseppe e disse: “Maria darà alla luce un Figlio, e tu gli imporrai il nome di Gesù”.

D. 323. Che cosa significa il nome “Cristo”?

R. Il nome “Cristo” significa lo stesso che “Messia” e significa “Unto”; perché, come nell’antica legge, i profeti, i sommi sacerdoti e i re erano unti con olio, così Gesù, il Grande Profeta, Sommo Sacerdote e Re della Nuova Legge, fu unto come uomo con la pienezza del potere divino.

D. 324. In che modo Cristo dimostrò e provò il Suo potere divino?

R.  Cristo ha mostrato e dimostrato la sua potenza divina principalmente con i suoi miracoli, che sono opere straordinarie che possono essere eseguite solo con il potere ricevuto da Dio e che hanno, quindi, la sua ratifica e la sua autorità.

D. 325. Che cosa, quindi, dimostrarono i miracoli di Gesù Cristo?

R. I miracoli di Gesù Cristo provarono che qualunque cosa Egli avesse detto, era vera, e che quando dichiarò di essere il Figlio di Dio era assolutamente vero ciò che sosteneva di essere.

D. 326. Gli uomini non potrebbero essere stati ingannati nei miracoli di Cristo?

R. Gli uomini non potevano essere ingannati nei miracoli di Cristo perché essi venivano operati nella maniera più aperta e di solito in presenza di grandi moltitudini di persone, tra le quali c’erano molti dei suoi nemici, sempre pronti a smascherare qualsiasi inganno. E se Cristo non ha compiuto veri miracoli, in che modo avrebbe potuto convertire il mondo e persuadere gli uomini peccatori a rinunciare a ciò che amavano e a fare le cose difficili che la Religione cristiana impone?

D. 327. Non sono stati scritti anche dei falsi resoconti di questi miracoli dopo la morte di Nostro Signore?

R. False descrizioni di questi miracoli non potevano essere state scritte dopo la morte di Nostro Signore; allora infatti, né i suoi amici né i suoi nemici avrebbero creduto loro senza prove. Inoltre, i nemici di Cristo non negavano i miracoli, ma cercavano di spiegarli attribuendoli al potere del diavolo o ad altre cause. Per di più, gli Apostoli e gli Evangelisti che hanno scritto i resoconti, hanno sofferto la morte per testimoniare la loro fede nelle parole e nelle opere di Nostro Signore.

D. 328. Gesù Cristo è morto per riscattare tutti gli uomini di ogni età e razza senza eccezioni?

R. Gesù Cristo è morto per riscattare tutti gli uomini di ogni età e razza senza eccezioni; e ogni persona nata nel mondo dovrebbe condividere i suoi meriti, senza i quali nessuno può essere salvato.

D. 329. In che modo i meriti di Gesù Cristo si applicano alle nostre anime?

R. I meriti di Gesù Cristo sono applicati alle nostre anime attraverso i Sacramenti, e specialmente attraverso il Battesimo e la Penitenza, che ci riportano all’amicizia di Dio.

D. 330. Che cosa credi di Gesù Cristo?

R. Credo che Gesù Cristo sia il Figlio di Dio, la seconda Persona della Santissima Trinità, vero Dio e vero uomo.

D. 331. Non possiamo anche essere chiamati progenie di Dio, e quindi suoi figli e figlie?

R. Possiamo essere chiamati figli di Dio perché Egli ci ha adottato per la sua grazia o perché è il Padre che ci ha creati; ma noi non siamo, quindi, i suoi veri figli; mentre Gesù Cristo, il suo unico reale e vero Figlio, non fu né adottato né creato, ma fu generato da Suo Padre da tutta l’eternità.

D. 332. Perché Gesù Cristo è vero Dio?

R. Gesù Cristo è vero Dio perché è il vero e unico Figlio di Dio Padre.

D. 333. Perché Gesù Cristo è un vero uomo?

R. Gesù Cristo è vero uomo perché è il Figlio della Beata Vergine Maria e ha un corpo e un’anima come noi.

D. 334. Chi era il padre adottivo o il custode di Nostro Signore mentre era sulla terra?

R. San Giuseppe, il marito della Beata Vergine, era il padre putativo o il custode di Nostro Signore mentre era sulla terra.

D. 335. Gesù Cristo è nei cieli come Dio o come uomo?

R. Dalla sua ascensione Gesù Cristo è in cielo sia come Dio che come uomo.

D. 336. Quante nature ci sono in Gesù Cristo?

R. In Gesù Cristo ci sono due nature, la natura di Dio e la natura dell’uomo.

D. 337. Gesù Cristo è più di una Persona?

R. No. Gesù Cristo è solo una Persona Divina.

D. 338. Da cosa apprendiamo che Gesù Cristo è una sola persona?

R. Impariamo che Gesù Cristo è una sola Persona della Sacra Scrittura e dal costante insegnamento della Chiesa, che ha condannato tutti coloro che insegnano il contrario.

D. 339. Gesù Cristo è sempre stato Dio?

R. Gesù Cristo è sempre stato Dio, poiché è la seconda Persona della Santissima Trinità, uguale a Suo Padre da tutta l’eternità.

D. 340. Gesù Cristo è sempre stato uomo?

R. Gesù Cristo non fu sempre uomo, ma divenne uomo al tempo della sua incarnazione.

D. 341. Cosa intendi con l’Incarnazione?

R. Con l’incarnazione intendo che il Figlio di Dio è stato fatto uomo.

D. 342. In che modo il Figlio di Dio fu fatto uomo?

R. Il Figlio di Dio è stato concepito e fatto uomo dal potere dello Spirito Santo, nel seno della Beata Vergine Maria.

D. 343. La Beata Vergine Maria è veramente la Madre di Dio?

R. La Beata Vergine Maria è veramente la Madre di Dio, perché la stessa Persona Divina, che è il Figlio di Dio, è anche il Figlio della Beata Vergine Maria.

D. 344. Il Figlio di Dio si è fatto uomo immediatamente dopo il peccato dei nostri primi genitori?

R. Il Figlio di Dio non divenne uomo immediatamente dopo il peccato dei nostri primi genitori, ma fu loro promesso come Redentore.

D. 345. Quanti anni trascorsero da quando Adamo peccò fino al tempo in cui venne il Redentore?

R. Passarono circa 4000 anni dal momento in cui Adamo peccò, fino al tempo in cui venne il Redentore.

D. 346. Qual era la condizione morale del mondo immediatamente prima della venuta di Nostro Signore?

R. Poco prima della venuta di Nostro Signore, la condizione morale del mondo era pessima. L’idolatria, l’ingiustizia, la crudeltà, l’immoralità ed orribili vizi erano comuni quasi ovunque.

D. 347. Perché la venuta del Redentore è stata così a lungo ritardata?

R. La venuta del Redentore è stata ritardata talmente a lungo affinché il mondo – che soffre di ogni miseria – potesse apprendere il grande male del peccato e sapere che solo Dio può aiutare l’uomo decaduto.

D. 348. Quando fu promesso il Redentore all’umanità?

R. Il Redentore fu promesso per la prima volta all’umanità nel Giardino del Paradiso, e in seguito spesso attraverso Abramo e i suoi discendenti, i Patriarchi e attraverso numerosi Profeti.

D. 349. Chi erano i profeti?

R. I profeti furono uomini ispirati, ai quali Dio rivelava il futuro, affinché potessero farlo conoscere con assoluta certezza al popolo.

D. 350. Cosa predissero i profeti riguardo al Redentore?

R. I profeti, nella loro totalità, predissero in modo così preciso tutte le circostanze della nascita, della vita, della morte, della risurrezione e della gloria del Redentore, che nessuno che avesse studiato attentamente i loro scritti poteva non riconoscerlo quando realmente venne.

D. 351. Si sono adempiute tutte queste profezie riguardanti il ​​Redentore?

R. Tutte le profezie riguardanti il ​​Redentore sono state adempiute in ogni punto, dalle circostanze della nascita, della vita, della morte, della risurrezione e fino alla gloria di Cristo; Egli è, quindi, il Redentore promesso all’umanità fin dal tempo di Adamo.

D. 352. Dove troveremo queste profezie riguardo al Redentore?

R. Queste profezie riguardanti il ​​Redentore, le troveremo nei libri profetici della Bibbia o della Sacra Scrittura.

D. 353. Se la venuta del Redentore era predetta in modo così chiaro, perché non lo hanno riconosciuto tutti quando è venuto?

R. Non tutti hanno riconosciuto il Redentore quando è venuto, perché molti conoscevano solo una parte delle profezie, e ritenendo solo quelle riguardanti la Sua gloria, omettendo quelle riguardanti la Sua passione, non hanno potuto comprendere la Sua vita.

D. 354. Come potevano essere salvati coloro che vivevano prima che il Figlio di Dio diventasse uomo?

R. Coloro che vissero prima che il Figlio di Dio diventasse uomo, potevano essere salvati credendo in un Redentore venturo ed osservando i Comandamenti.

D. 355. In quale giorno il Figlio di Dio fu concepito e fatto uomo?

R. Il Figlio di Dio fu concepito e fatto uomo nel giorno dell’Annunciazione, il giorno in cui l’Angelo Gabriele annunciò alla Beata Vergine Maria che sarebbe stata la Madre di Dio.

D. 356. In quale giorno è nato Cristo?

R. Cristo è nato il giorno di Natale, in una stalla a Betlemme, oltre millenovecento anni fa.

357. Perché la Beata Vergine e San Giuseppe andarono a Betlemme poco prima della nascita di Nostro Signore?

R. La Beata Vergine e San Giuseppe andarono a Betlemme in obbedienza all’imperatore romano, che ordinò a tutti i suoi sudditi di registrare i loro nomi nelle città o nelle città dei loro antenati. Betlemme era la città di David, l’antenato reale di Maria e Giuseppe, e quindi dovettero registrarsi lì. Tutto ciò fu fatto dalla Volontà di Dio, affinché le profezie concernenti la nascita del Suo Divin Figlio, potessero essere adempiute.

D. 358. Perché Cristo è nato in una stalla?

R. Cristo nacque in una stalla perché Giuseppe e Maria erano poveri e stranieri a Betlemme, e senza denaro non trovarono nessun altro riparo. Ciò è stato permesso da Nostro Signore affinché potessimo imparare una lezione dalla Sua grande umiltà.

D. 359. Nel nominare gli ancestri o gli antenati di Nostro Signore, perché i Vangeli ricordano gli antenati di Giuseppe, che era solo il padre putativo di Cristo, e non gli antenati di Maria, che era la vera genitrice di Cristo?

R. Nel dare gli antenati di Nostro Signore, i Vangeli danno gli antenati di Giuseppe:

(1) Perché gli antenati delle donne non erano solitamente registrati dagli ebrei; e

(2) Perché Maria e Giuseppe erano membri della stessa tribù e avevano, quindi, gli stessi antenati; sicché, nel nominare gli antenati di Giuseppe, i Vangeli nominano anche quelli di Maria; e questo fu compreso da coloro ai quali i Vangeli erano destinati.

D. 360. Il nostro Signore aveva fratelli o sorelle?

R. Nostro Signore non aveva fratelli o sorelle. Quando i Vangeli parlano dei Suoi fratelli, intendono riferirsi ai suoi parenti prossimi. La Sua Beatissima Madre Maria, è sempre stata Vergine anche prima e alla Sua nascita come dopo.

D. 361. Chi furono i primi ad adorare Gesù bambino?

R. I pastori di Betlemme, ai quali la sua nascita fu annunciata dagli Angeli; e i Magi o tre saggi, che furono guidati alla Sua culla da una stella miracolosa, furono tra i primi ad adorare il Bambino. Ricordiamo l’adorazione dei Magi nella festa dell’Epifania, che significa apparizione o manifestazione, cioè, del nostro Salvatore.

D. 362. Chi ha cercato di uccidere Gesù bambino?

R. Erode cercò di uccidere Gesù Bambino perché pensava che l’influenza di Cristo – il nuovo re – lo avrebbe privato del suo trono.

D. 363. In che modo il Santo Bambino fu salvato dal potere di Erode?

R. Il Santo Bambino fu salvato dal potere di Erode mediante la fuga in Egitto, quando San Giuseppe – avvertito da un Angelo – fuggì frettolosamente in quel paese con Gesù e Maria.

D. 364. In che modo Erode sperava di realizzare i suoi disegni malvagi?

R. Erode sperava di realizzare i suoi disegni malvagi uccidendo tutti i bambini di Betlemme e dintorni. Il giorno in cui commemoriamo la morte di questi primi piccoli martiri che hanno versato il loro sangue a causa di Cristo, è chiamato la festa dei Santi Innocenti.

D. 365. Come possono essere divisi gli anni della vita di Cristo?

R. Gli anni della vita di Cristo possono essere divisi in tre parti:

– La sua infanzia, che si estende dalla sua nascita fino al dodicesimo anno, quando andò con i suoi genitori ad adorare nel Tempio di Gerusalemme.

– La sua vita nascosta, che si estende dal suo dodicesimo al trentesimo anno, durante il quale Egli dimorò con i suoi genitori a Nazareth.

– La sua vita pubblica, che si estende dal suo trentesimo anno, o dal suo battesimo di San Giovanni Battista alla sua morte; durante la quale ha insegnato le sue dottrine e stabilito la sua Chiesa.

D. 366. Perché la vita di Cristo è divisa così?

La vita di Cristo è divisa così per mostrare che tutte le classi trovano in Lui il loro modello. Nell’infanzia ha dato un esempio ai giovani; nella sua vita nascosta un esempio per coloro che si consacrano al servizio di Dio in uno stato religioso; e nella sua vita pubblica un esempio per tutti i cristiani senza eccezioni.

D. 367. Per quanto tempo Cristo visse sulla terra?

Cristo visse sulla terra per circa trentatré anni e condusse una vita santissima in povertà e nella sofferenza.

D. 368. Perché Cristo ha vissuto così a lungo sulla terra?

Cristo ha vissuto così a lungo sulla terra per mostrarci la via per il cielo con i suoi insegnamenti ed il suo esempio.

CATECHISMO DI BALTIMORA 3 (III) – Lez. 8-10

 

IL CATECHISMO DI BALTIMORA 3 (I) – Lez. 1-4

IL CATECHIAMO DI BALTIMORA (I)

[Dal terzo Concilio generale di Baltimora

Versione 1891]

Lezioni 1-4

LEZIONE 1

SUL FINE DELL’UOMO

 (Nota: la domanda n. 126 è l’inizio corretto del Catechismo di Baltimora n. 3)

D. 126. Che cosa intendiamo per “fine dell’uomo”?

R. Per “fine dell’uomo” intendiamo lo scopo per cui l’uomo è stato creato, cioè: conoscere, amare e servire Dio.

D. 127. Come si sa che l’uomo è stato creato solo per Dio?

R. Si sa che l’uomo è stato creato per Dio solo, perché tutto nel mondo è stato creato per qualcosa di più perfetto di sé: ma non c’è nulla al mondo più perfetto dell’uomo; perciò, egli fu creato per qualcosa che è al di fuori di questo mondo, e dal momento che non fu creato per gli Angeli, doveva essere stato creato solo per Dio.

D. 128. In che senso tutti gli uomini sono uguali?

R. Tutti gli uomini sono uguali in tutto ciò che riguarda la loro natura ed il loro fine. Sono tutti composti infatti da un corpo e da un’anima; sono tutti creati ad immagine e somiglianza di Dio; sono tutti dotati di comprensione e di libero arbitrio; e tutti sono stati creati per il medesimo fine: Dio.

D. 129. Gli uomini non differiscono tra loro in molte cose?

R. Gli uomini differiscono tra loro n molte cose, come l’apprendimento, la ricchezza, il potere, ecc.; ma tutte queste cose appartengono al mondo e non alla natura dell’uomo. Egli è venuto in questo mondo senza di esse e lo lascerà pure senza di esse. Solo le opere fatte in questo mondo nel bene o nel male, accompagneranno gli uomini nel mondo futuro.

D. 130. Chi ha creato il mondo?

R. È Dio che ha creato il mondo!

D. 131. Che cosa si intende per “mondo” in questa domanda?

R. In questa domanda “mondo” significa l’universo, cioè l’intera creazione: tutto ciò che vediamo ora o che si potrà vedere in futuro.

D. 132. Chi è Dio?

R. Dio è il Creatore del cielo, della terra e di tutte le cose.

D. 133. Chi è l’uomo?

R. L’uomo è una creatura composta da un corpo e da un’anima e creata ad immagine e somiglianza di Dio.

D. 134. “L’uomo” nel Catechismo significa tutti gli esseri umani?

R. “Uomo” nel Catechismo significa effettivamente tutti gli esseri umani, uomini o donne, giovani, vecchi o bambini.

D. 135. Che cos’è una creatura?

R.  Una creatura è qualsiasi cosa creata, che abbia o meno vita, un corpo o nessun corpo. Ogni essere, persona o cosa, eccetto Dio stesso, può essere chiamato “creatura”.

D. 136. Questa somiglianza [dell’uomo a Dio] è nel corpo o nell’anima?

R. Questa somiglianza dell’uomo a Dio, è principalmente nell’anima.

D. 137. In che modo l’anima è simile a Dio?

R. L’anima è simile a Dio perché è uno spirito che non morirà mai, e ha comprensione e libero arbitrio.

D. 138. Ogni cosa invisibile è uno spirito?

R. Ogni spirito è invisibile. il che significa che non può essere visto; ma ogni cosa invisibile non è uno spirito. Il vento è invisibile e non è uno spirito.

D. 139. Uno spirito possiede altre qualità?

R. Uno spirito è anche indivisibile; cioè non può essere diviso in parti, così come dividiamo le cose materiali.

D. 140. Che cosa significano le parole “non morirà mai”?

R. Con le parole “non morirà mai” intendiamo che l’anima, una volta creata, non cesserà mai di esistere, qualunque sia la sua condizione nel prossimo mondo. Quindi diciamo che l’anima è immortale o dotata dell’immortalità.

D. 141. Perché allora diciamo che un’anima è morta mentre si trova in uno stato di peccato mortale?

R. Diciamo che un’anima è morta mentre si trova in uno stato di peccato mortale, perché in quello stato è impotente come un corpo morto, e non può meritare nulla per se stessa.

D. 142. Che cosa significa la nostra “comprensione”?

R. La nostra “comprensione” significa il “dono della ragione”, mediante il quale l’uomo si distingue da tutti gli altri animali e per mezzo del quale ha la possibilità di pensare e quindi di acquisire la conoscenza onde regolare le sue azioni.

D. 143. Possiamo imparare tutte le verità solo mediante la nostra ragione?

R. Noi non possiamo imparare tutte le verità solo con la nostra ragione, poiché alcune verità sono al di là del potere di comprensione della nostra ragione e ci devono essere pertanto insegnate da Dio.

D. 144. Come chiamiamo le verità che Dio ci insegna?

R. Presa nel loro insieme, chiamiamo le verità che Dio ci insegna: rivelazione, e chiamiamo rivelazione anche il modo in cui Egli le insegna.

D. 145. Che cos’è il “libero arbitrio”?

R. “Il libero arbitrio” è quel dono di Dio mediante il quale abbiamo la possibilità di scegliere tra una cosa e l’altra, di fare il bene o il male nonostante la ricompensa o la punizione.

D. 146. Gli animali bruti hanno la “comprensione” e il “libero arbitrio”?

R. Gli animali bruti non hanno “comprensione” né “libero arbitrio”. Non hanno “comprensione” perché non cambiano mai le loro abitudini né migliorano le loro condizioni. Non hanno “libero arbitrio” perché non lo dimostrano mai nelle loro azioni.

D. 147. Quale dono negli animali supplisce in luogo della ragione?

R. Il dono dell’ “istinto” supplisce negli animali a guidare le loro azioni in luogo della ragione.

D. 148. Che cos’è l’istinto?

R. “L’istinto” è un dono mediante il quale tutti gli animali sono spinti a seguire le leggi e le abitudini che Dio ha dato alla loro natura.

D. 149. Gli uomini bruti hanno un’ “istinto”?

R. Gli uomini hanno anch’essi un “istinto” e lo mostrano quando si trovano improvvisamente nel pericolo, e non hanno quindi il tempo di usare la loro ragione. Un uomo che cade improvvisamente, ad esempio, afferra qualcosa per sostenersi.

D. 150. Perché Dio ti ha creato?

R. Dio ha fatto in modo che lo conoscessi, per poterlo così amare e servire in questo mondo ed essere felice con Lui per sempre nel mondo prossimo.

D. 151. Perché è necessario conoscere Dio?

R. È necessario conoscere Dio perché senza conoscerlo non possiamo amarlo; e senza amarlo non possiamo essere salvati. Dovremmo conoscerlo perché è infinitamente vero; amarlo perché è infinitamente bello; e servirlo perché è infinitamente buono.

D. 152. Di cosa dobbiamo prenderci maggiormente cura, della nostra anima o del nostro corpo?

R. Dobbiamo prenderci cura della nostra anima più che del nostro corpo.

D. 153. Perché dobbiamo prenderci cura della nostra anima più che del nostro corpo?

R. Dobbiamo prenderci cura della nostra anima più che del nostro corpo, perché perdendo la nostra anima, perdiamo Dio e la felicità eterna.

D. 154. Che cosa dobbiamo fare per salvare le nostre anime?

R. Per salvare le nostre anime, dobbiamo adorare Dio mediante la fede, la speranza e la carità; cioè, dobbiamo credere in Lui, sperare in Lui e amarlo con tutto il cuore.

D. 155. Che cosa significa “culto”?

R. “Culto” significa dare onore divino con azioni quali l’offerta di preghiere o di sacrifici.

D. 156. Come possiamo conoscere le cose a cui dobbiamo credere?

R. Conosciamo le cose alle quali dobbiamo credere, dalla Chiesa Cattolica, attraverso la quale Dio ci parla.

D. 157. Che cosa intendiamo per “Chiesa, attraverso la quale Dio ci parla”?

R. Con “Chiesa, attraverso la quale Dio ci parla”, intendiamo la “Chiesa docente”, che insegna, e cioè: il Papa, i Vescovi e i sacerdoti, il cui compito è quello di istruirci nelle verità e nelle pratiche della nostra religione.

D. 158. Dove troveremo le principali verità che la Chiesa insegna?

R. Troveremo le principali verità che la Chiesa insegna nel Credo degli Apostoli.

D. 159. Se troveremo solo le “principali verità” nel Credo degli Apostoli, dove troveremo le restanti verità?

R. Troveremo le restanti verità della nostra fede negli scritti religiosi e nei discorsi approvati dall’autorità della Chiesa.

D. 160. Nomina alcune verità sacre non menzionate nel Credo degli Apostoli.

R. Nel Credo degli Apostoli non si fa menzione della presenza reale di Nostro Signore nella Santa Eucaristia, né dell’infallibilità del Papa, né dell’Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria, né di alcune altre verità che siamo obbligati a credere

D. 161. Recita il Credo degli Apostoli.

R. Io credo in Dio, Padre Onnipotente, Creatore del cielo e della terra; e in Gesù Cristo, suo unico Figlio, nostro Signore; che fu concepito dallo Spirito Santo, nacque da Maria Vergine, soffrì sotto Ponzio Pilato, fu crocifisso; morì e fu sepolto. Discese agl’inferi: il terzo giorno risuscitò dai morti: salì al cielo, si è seduto alla destra di Dio, Padre onnipotente: da lì verrà per giudicare i vivi e i morti. Credo nello Spirito Santo, nella Santa Chiesa cattolica, nella comunione dei santi, nella remissione dei peccati, nella risurrezione dei corpi e nella vita eterna. Amen.

LEZIONE 2 –

DIO E LE SUE PERFEZIONI

D. 162. Che cos’è una perfezione?

R. Una perfezione è la somma delle buone qualità che una cosa dovrebbe avere. Una cosa è perfetta quando ha tutte le buone qualità che dovrebbe avere.

D. 163. Che cos’è Dio?

R. Dio è uno spirito infinitamente perfetto.

D. 164. Che cosa intendiamo quando diciamo che Dio è “infinitamente perfetto”?

R. Quando diciamo che Dio è “infinitamente perfetto” intendiamo che non vi sono misure o limiti alla sua perfezione; poiché Egli possiede tutte le buone qualità nel più alto grado possibile e Lui solo è “infinitamente perfetto”.

D. 165. Dio ha avuto un inizio?

R. Dio non ha avuto inizio; Egli è sempre stato e lo sarà sempre.

D. 166. Dov’è Dio?

R. Dio è ovunque

D. 167. E come Dio è ovunque?

R. Dio è dappertutto completo ed intero in qualsiasi posto. Questo è vero e dobbiamo crederci, anche se non possiamo capirlo.

D. 168. Se Dio è ovunque, perché non lo vediamo?

R. Non vediamo Dio, perché è un puro spirito e non può essere visto con gli occhi del corpo.

D. 169. Perché chiamiamo Dio “spirito puro”?

R. Chiamiamo Dio puro spirito perché non ha un corpo. La nostra anima è uno spirito, ma non uno spirito “puro”, perché è stato creato per essere unito al nostro corpo.

D. 170. Perché non possiamo vedere Dio con gli occhi del nostro corpo?

R. Non possiamo vedere Dio con gli occhi del nostro corpo perché essi sono creati per vedere solo le cose materiali, e Dio non è materiale. bensì spirituale.

D. 171. Dio ci vede?

R. Dio ci vede e veglia su di noi

D. 172. È necessario che Dio vegli su di noi?

R. È necessario che Dio vegli su di noi, poiché senza la sua costante cura noi non potremmo esistere.

D. 173. Dio conosce tutto?

R. Dio conosce tutte le cose, anche i nostri pensieri, le parole e le azioni più segrete.

D. 174. Dio può fare tutto?

R. Dio può fare tutte le cose, e nulla è difficile o impossibile per Lui.

D. 175. Quando una cosa è detta “impossibile”?

R. Una cosa è detta “impossibile” quando non può essere eseguita. Molte cose che sono impossibili per le creature, sono invece possibili per Dio.

D. 176. Dio è giusto, santo e misericordioso?

R. Dio è tutto giusto, tutto santo, tutto misericordioso, così come è infinitamente perfetto.

D. 177. Perché Dio deve essere “giusto” e “misericordioso”?

R. Dio deve essere altrettanto misericordioso perché deve adempiere la Sua promessa di punire coloro che meritano la punizione, e perché Egli non può essere infinito in una perfezione senza essere infinito in tutto.

D. 178. In quali peccati ci condurrà l’oblio della giustizia di Dio?

R. L’oblio della giustizia di Dio ci poterà al peccato di presunzione.

D. 179. In quale peccato ci porterà l’oblio della misericordia di Dio?

R. L’oblio della misericordia di Dio ci condurrà nel peccato di disperazione.

LEZIONE 3 –

L’UNITÀ E LA TRINITÀ DI DIO

180. Che cosa significa “unità” e cosa significa “trinità”?

R. “Unità” significa essere uno; “trinità” significa essere triplice o tre in uno.

D. 181. Possiamo trovare un esempio per illustrare pienamente il mistero della Beata Trinità?

R. Non possiamo trovare un esempio per illustrare pienamente il mistero della Trinità Santissima, perché i misteri della nostra santa Religione sono al di là di qualsiasi raffronto.

D. 182. Esiste un solo Dio?

R. Sì; c’è un solo Dio.

D. 183. Perché può esserci un solo Dio?

R. Può esserci un solo Dio perché Dio, essendo supremo e infinito, non può avere un uguale. 

D. 184. Che cosa significa “supremo”?

R. “Supremo” significa il massimo grado di autorità; ed anche il più eccellente o il più grande possibile in qualsiasi cosa. Quindi in tutte le cose Dio è supremo, e nella Chiesa supremo è il Papa.

D. 185. Quando due persone sono considerate uguali?

R. Si dice che due persone sono uguali quando l’una non è in alcun modo più grande o inferiore all’altra.

D. 186. Quante persone ci sono in Dio?

R. In Dio ci sono tre Persone divine, veramente distinte ed uguali in tutte le cose: il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo.

D. 187. Che cosa significano “divino” e “distinto”?

R. “Divino” significa pertinente a Dio e “distinto” significa separato; cioè, non è confuso o mescolato con qualsiasi altra cosa.

D. 188. Il Padre è Dio?

R. Il Padre è Dio e la prima Persona della Santissima Trinità. 

D. 189. Il Figlio è Dio?

R. Il Figlio è Dio ed è la seconda Persona della Santissima Trinità.

D. 190. Lo Spirito Santo è Dio?

R. Lo Spirito Santo è Dio ed è la terza Persona della Santissima Trinità.

D. 191. “Primo”, “secondo” e “terzo” riguardo alle Persone della Santissima Trinità significa che una Persona esisteva prima dell’altro o che l’una era superiore dell’altra?

R. “Primo”, “secondo” e “terzo” riguardo alle Persone della Santissima Trinità non significa che una Persona sia precedente all’altra o che una sia più grande dell’altra; poiché tutte le Persone della Trinità sono eterne e uguali sotto ogni aspetto. Questi numeri sono usati per marcare la distinzione tra le Persone e mostrano l’ordine in cui l’una procede dall’altra.

D. 192. Cosa intendi con la Santissima Trinità?

R. Per Santissima Trinità intendo un Dio in tre Divine Persone. 

D. 193. Le tre Persone divine sono uguali in tutte le cose?

R. Le tre Persone divine sono uguali in tutte le cose.

D. 194. Le tre Persone Divine sono lo stesso Dio?

R. Le tre Persone divine sono un unico e medesimo Dio, hanno la stessa natura divina e la stessa sostanza.

D. 195. Che cosa intendiamo per “natura” e “sostanza” di una cosa?

R. Per “natura” di una cosa, intendiamo la combinazione di tutte le qualità che rendono quella cosa ciò che essa è. Per “sostanza” di una cosa, intendiamo la parte che non cambia mai e che non può essere cambiata senza distruggere la natura della cosa stessa.

D. 196. Possiamo comprendere appieno come le tre Divine Persone siano un unico e unico Dio?

R. Noi non possiamo comprendere appieno come le tre Divine Persone siano un unico e medesimo Dio, perché questo è un mistero.

D. 197. Che cos’è un mistero?

R. Un mistero è una verità che non riusciamo a comprendere pienamente.

D. 198. Ogni verità che non possiamo comprendere è dunque un mistero?

R. Ogni verità che non possiamo capire non è un mistero; ma ogni verità rivelata che nessuno può capire è un mistero.

D. 199. Dovremmo credere a verità che non possiamo capire?

R. Dovremmo e spesso crediamo a verità che non possiamo capire, quando abbiamo la prova della loro esistenza.

D. 200. Fai un esempio di verità che tutti credono, anche se molti non le capiscono.

R. Tutti credono che la terra sia rotonda e in movimento, sebbene molti non lo capiscano. Tutti credono che un seme piantato nel terreno produrrà un fiore o un albero spesso con più di un migliaio di altri semi uguali a se stesso, sebbene molti non possano capire come questo avvenga.

D. 201. Perché una religione divina ha dei misteri?

R. Una religione divina deve avere dei misteri perché deve avere verità soprannaturali che Dio stesso deve insegnare loro. Una religione che ha solo verità naturali, che l’uomo cioè con la sola sua ragione può conoscere, comprendere e insegnare pienamente, è soltanto una religione umana.

D. 202. Perché Dio ci chiede di credere ai misteri?

R. Dio ci chiede di credere ai misteri perché possiamo sottomettere a Lui la nostra comprensione.

D. 203. Con quale forma di preghiera lodiamo la Santa Trinità?

R. Lodiamo la Santissima Trinità con una preghiera chiamata Dossologia, che è giunta fino a noi fin quasi dal tempo degli Apostoli.

D. 204. Dì la dossologia.

R. La dossologia è: “Gloria al Padre, e al Figlio e allo Spirito Santo, come era in principio, è ora e sempre lo sarà, nei secoli dei secoli. Amen”.

D. 205. Esiste qualche altra forma di dossologia?

R. Esiste pure un’altra forma della dossologia, che si dice durante la celebrazione della Messa. Essa si chiama “Gloria in excelsis” o “Gloria a Dio nell’alto”, ecc., e queste sono le parole cantate dagli Angeli alla nascita di Nostro Signore.

LEZIONE 4 –

SULLA CREAZIONE

D. 206. Qual è la differenza tra fare e creare?

R. “Fare” significa produrre o formarsi da un materiale già esistente, come fanno gli operai. “Creare” significa tirar fuori dal nulla, come Dio solo può fare.

D. 207. È stato creato tutto ciò che esiste?

R. Tutto ciò che esiste, tranne Dio stesso, è stato creato.

D. 208. Chi ha creato il cielo e la terra e tutte le cose?

R. Dio ha creato il cielo e la terra e tutte le cose.

D. 209. Da cosa apprendiamo che Dio ha creato il cielo e la terra e tutte le cose?

R. Impariamo che Dio ha creato il cielo e la terra ed ogni cosa, dalla Bibbia o dalla Sacra Scrittura, in cui è dato il resoconto della Creazione.

D. 210. Perché Dio ha creato tutte le cose?

R. Dio ha creato tutte le cose per la sua stessa gloria e per il loro o nostro bene.

D. 211. Dio ha lasciato tutto a se stesso dopo averli creati?

R. Dio non ha lasciato tutte le cose a se stesse dopo averle create; Continua a preservarle e governarle.

D. 212. Come chiamiamo la cura con cui Dio preserva e governa il mondo e tutto ciò che contiene?

R. Chiamiamo la cura con cui Dio preserva e governa il mondo e tutto ciò che contiene: sua Provvidenza.

D. 213. In che modo Dio creò il cielo e la terra?

R. Dio ha creato il cielo e la terra dal nulla solo con la sua parola; cioè, con un singolo atto della sua onnipotente volontà.

D. 214. Quali sono le principali creature di Dio?

R. Le principali creature di Dio sono gli Angeli e gli uomini.

D. 215. Come possono essere divise le creature di Dio sulla terra?

R. Le creature di Dio sulla terra possono essere divise in quattro classi:
1. Cose che esistono, come l’aria;

2. Cose che esistono, crescono e vivono, come piante e alberi;

3. Cose che esistono, crescono, vivono e sentono, come animali;

4. Cose che esistono, crescono, vivono, sentono e capiscono, come l’uomo.

D. 216. Cosa sono gli Angeli?

R. Gli Angeli sono puri spiriti senza corpo, creati per adorare e godere Dio in cielo.

D. 217. Se gli angeli non hanno corpi, come potrebbero apparire?

R. Gli Angeli potrebbero apparire prendendo i corpi per rendersi visibili per qualche tempo; proprio come lo Spirito Santo prese la forma di una colomba e il diavolo prese la forma di un serpente.

D. 218. Ricordami alcune persone a cui sono apparsi gli Angeli.

R. Angeli apparvero alla Beata Vergine e a San Giuseppe; anche ad Abramo, Lot, Giacobbe, Tobia e altri.

D. 219. Gli Angeli furono creati per altri scopi?

R. Gli Angeli furono anche creati per assistere e servire Dio davanti al suo trono; essi sono stati spesso inviati come messaggeri da Dio all’uomo; e sono anche nominati nostri guardiani.

D. 220. Tutti gli Angeli sono uguali in dignità?

R. Tutti gli Angeli non sono uguali in dignità. Ci sono nove cori o classi menzionate nella Sacra Scrittura. I più alti sono chiamati Serafini mentre i più bassi semplicemente Angeli. Gli Arcangeli sono una classe superiore agli Angeli ordinari.

D. 221. Menziona alcuni Arcangeli e racconta quello che hanno fatto.

R. L’Arcangelo Michele cacciò satana dal cielo; l’Arcangelo Gabriele annunciò alla Beata Vergine che sarebbe diventata la Madre di Dio. L’Arcangelo Raffaele guidò e protesse Tobia.

D. 222. Gli Angeli furono mai mandati a punire gli uomini?

R. A volte gli Angeli venivano inviati per punire gli uomini. Un Angelo uccise 185.000 uomini dell’esercito di un re malvagio che aveva bestemmiato Dio; un Angelo uccise anche il primogenito nelle famiglie degli egiziani che avevano perseguitato il popolo di Dio.

D. 223. Che cosa fanno per noi i nostri Angeli custodi?

R. I nostri Angeli custodi pregano per noi, ci proteggono, ci guidano, e offrono le nostre preghiere, le buone opere e i desideri a Dio.

D. 224. Come sappiamo che gli Angeli offrono le nostre preghiere e le buone opere a Dio?

R. Sappiamo che gli Angeli offrono le nostre preghiere e le buone opere a Dio perché è così affermato nella Sacra Scrittura e la Sacra Scrittura è la Parola di Dio.

D. 225. Perché Dio dispose che gli Angeli custodi ci proteggessero?

R. Dio ha nominato gli Angeli custodi per assicurarci il loro aiuto e le nostre preghiere, e anche per mostrare il Suo grande amore per noi nel darci questi servitori speciali e amici fedeli.

D. 226. Gli Angeli, come Dio li ha creati, erano buoni e felici?

R. Gli Angeli, come Dio li ha creati, erano buoni e felici.

D. 227. Tutti gli Angeli sono rimasti buoni e felici?

R. Non tutti gli Angeli sono rimasti buoni e felici; molti di loro peccarono e furono gettati nell’inferno, e questi sono chiamati diavoli o angeli cattivi.

D. 228. Conosciamo il numero di Angeli buoni e cattivi?

R. Non conosciamo il numero degli Angeli buoni o cattivi, ma sappiamo che è molto grande.

D. 229. Qual era il nome del diavolo prima che cadesse, e perché fu cacciato dal cielo?

R. Prima di cadere, satana, o il diavolo, era chiamato Lucifero, o portatore di luce, un nome che indica una grande bellezza. Fu cacciato dal cielo perché per orgoglio si ribellò a Dio.

D. 230. Come agiscono i Cattivi Angeli nei nostri confronti?

R. I cattivi Angeli cercano con ogni mezzo di condurci al peccato. Gli sforzi che compiono sono chiamati “tentazioni del diavolo”.

D. 231. Perché il diavolo ci tenta?

R. Il diavolo ci tenta perché odia la bontà e non desidera che godiamo la felicità che lui stesso ha perso.

D. 232. Possiamo noi con il nostro potere superare le tentazioni del diavolo?

R. Noi non possiamo, con il nostro potere, vincere le tentazioni del diavolo, perché il diavolo è più scaltro di noi; poiché, essendo un Angelo, è più intelligente e non ha perso la sua intelligenza cadendo nel peccato più di quanto faccia ora. Pertanto, per superare le sue tentazioni abbiamo bisogno dell’aiuto di Dio.

IL CATECHISMO DI BALTIMORA 3 (II) – Lez. 5-7

 

ATTI DI VIRTU’ TEOLOGALI

ATTI DI VIRTÙ TEOLOGALI

secondo la formula in uso nella Diocesi Milanese.

[G. Riva: Manuale di Filotea; XXX ed. Milano, 1888 –impr.-]

Atto di Fede.

Mio Dio, io credo tutto ciò che vi siete compiaciuto di rivelarmi, e lo credo di tutto cuore, e con somma fermezza, pronto a morire piuttosto che dubitare, perché l’avete rivelato voi, prima, infallibile Verità, che non potete ingannarvi né ingannare. Credo che Voi sempre siete stato, siete e sarete, e che siete un Dio solo in tre Persone distinte ed uguali, Padre, Figliuolo e Spirito Santo. Credo pure che Voi siete rimuneratore, e date il Paradiso ai buoni e l’inferno ai cattivi. Credo che il divin Figliuolo si è incarnato e fatto uomo nel ventre purissimo di Maria Vergine per opera dello Spirito Santo, ha patito ed è morto in croce per la nostra redenzione e salute, e che il terzo dì risuscitò da morte. Finalmente credo tutte le altre verità che si credono nella santa Chiesa cattolica romana, in cui protesto di voler vivere e morire.

Atto di Speranza.

Mio Dio, sospiro a voi mio sommo bene ed eterna felicità, ed animato dalla vostra infinita misericordia, ed appoggiato alle vostre infallibili promesse, spero fermamente che, per i meriti del nostro Signor Gesù-Cristo, mi darete il perdono dei miei peccati e la grazia di non offendervi mai più, e di perseverare nel bene sino alla morte, e di salvar l’anima mia, cooperando io fedelmente ai vostri santi aiuti, come propongo di fare.

Atto di Amor di Dio e del Prossimo.

Mio Dio, Verso di me sì amorevole e benefico, io vi amo sopra ogni cosa, e vi amo, non solamente per tanti beni che finora ho ricevuti dalla vostra mano e che spero di ricevere in avvenire; ma vi amo principalmente, e sopra ogni altro riguardo, perché siete un Dio infinitamente degno d’essere amato per Voi medesimo, essendo Voi la stessa bontà. Amo ancora per amor vostro tutti i miei prossimi come me stesso, e li abbraccio con tutte le forze del mio cuore come immagini vostre, come creature fatte e redente da Voi: in particolare amo tutti quelli che mi hanno offeso, e perdono loro tanto di cuore quanto desidero che voi perdoniate a me, pregandovi a render loro altrettanto di bene, e più quanto essi mi hanno fatto e desiderato di male.

Atto di Pentimento.

Mio Dio, detesto sopra ogni male i miei peccati e me ne pento di tutto cuore per la loro orribile deformità, perché con essi ho macchiata l’anima mia, disonorata in me la vostra immagine, mi sono reso indegno de’ vostri beni, e reo innanzi a Voi di acerbe pene; anzi, offendendovi gravemente, ho meritato di essere da Voi privato del Paradiso e cacciato all’inferno: ma molto più detesto i miei peccati, e me ne dolgo perché peccando ho offeso un Dio così buono, cosi grande, così amabile come siete Voi. Vorrei prima esser morto che avervi offeso: e propongo fermamente col vostro santo aiuto di non offendervi mai più, né mai più disgustarvi perché vi amo sopra ogni cosa.

Indulgenze per gli Atti di Fede, etc.

Benedetto XIV, il 28 Gennaio 1756, concesse per gli Atti di Virtù Teologali le seguenti indulgenze, tutte applicabili anche ai defunti: 1. 7 anni e 7 quarantene ogni volta che si recitano; 2. Ind. plen. una volta al mese; 3. Ind. plen. in articulo mortis. Per l’acquisto di dette Indul. ciascuno può usar quella formula che vuole, purché in essa esprima e spieghi i particolari motivi di ciascuna delle tre teologali virtù.

Esercitando gli atti di qualunque virtù crescono le virtù in noi e sempre maggiormente si perfezionano; perciò quanto più spesso faremo Atti di Fede la nostra Fede diverrà sempre più viva; quanto più frequentemente ne faremo di Speranza, la nostra speranza si farà sempre più ferma, e quanto più moltiplicheremo Atti di Carità, ella si farà in noi sempre più ardente. (…) Vi è obbligo espresso di fare gli atti di Virtù Teologali, e sì potrebbe provare con moltissimi argomenti delle divine Scritture e dei Santi Padri. L’errore contrario fu condannato da S. S. Alessandro VII: perciò questi Atti si facciano frequentemente e con distinta frequenza l’Atto di Carità… [G. Frassinetti, “Catechismo dogmatico”, Cap. VI- I, Parma, 1860].

LO SCUDO DELLA FEDE (XIV)

[A. Carmignola: “Lo Scudo della Fede”. S.E.I. Ed. Torino, 1927]

LO SCUDO XIV.

NATURA DI DIO E SUOI ATTRIBUTI.

Dio esiste da sé. — È immutabile, semplicissimo e puro spirito. — Infinitamente perfetto ed immenso. — Sapientissimo ed onnipotente. – Obbiezioni contro la divina onnipotenza. — Delle altre perfezioni.

— Dio esiste; la stessa ragione me ne persuade; ma vorrei un po’ sapere come mai Iddio ha fatto ad esistere, cioè quando ha avuto principio e per virtù di chi o di che cosa.

Dio, per essere tale, non deve aver avuto mai alcun principio, né può aver cominciato ad esistere per virtù d’altri. Dio è per se stesso e da sé. Cioè: nessuno creò Dio, ed è sempre eternamente esistito senza alcun principio. Ed invero se Egli non esistesse da tutta l’eternità, ed avesse cominciato ad esistere in un punto determinato del tempo, bisognerebbe che qualche causa a Lui superiore lo avesse prodotto. E se fosse così, Dio sarebb’Egli ancora il supremo degli esseri?

— No, certamente, perché quella causa a Lui superiore, che lo avesse prodotto, starebbe al di sopra di Lui. Vuol dire adunque che è Egli stesso che si è creato?

Nemmeno. Affinché  una causa qualsiasi agisca, è necessario assolutamente che esista; l’agire suppone l’esistere. Per esempio se io parlo, scrivo, opero, mi muovo, faccio delle azioni, è perché esisto: se non esistessi non potrei farle. Pertanto dicendo tu che Dio si è creato Egli stesso, verresti a dire questo assurdo, che Dio è esistito prima di esistere, per dare a se stesso l’esistenza che già possedeva.

— Ho inteso. Dunque?

Dunque devi ritenere che Dio è per sua natura, che ha in se stesso eternamente la ragione della sua esistenza.

— E potrebbe Iddio non esistere o essere distratto?

No, assolutamente. Dio avendo in se stesso la ragione della sua esistenza deve necessariamente esistere da tutta l’eternità e per tutta l’eternità. In altri termini: Dio è necessario ed eterno.

— E non potrebbe per lo meno mutarsi, crescere o diminuire se stesso?

No, mai e poi mai. Dio non è solamente necessario nella sua esistenza, ma lo è ancora in tutto il suo essere. Egli ha quanto deve e può avere come Dio, cioè Egli è tutto l’essere, l’essere per eccellenza, l’essere assoluto, l’essere sommamente perfetto, l’essere che non ha alcun vuoto da riempire, che non ha potenze da svolgere, che non ha cognizioni da acquistare, che ha nulla insomma da aggiungere, epperò l’essere che non può crescere se stesso neppure in un etto. E come non può crescersi, così non può diminuirsi, perché se si diminuisse anche per poco, lascerebbe di avere tutto ciò che deve e può avere come Dio, ossia lascerebbe di essere Dio, di essere eterno, di essere sempre eguale a se stesso.

— Dunque Iddio avendo tutto ciò che deve e può avere, sarà Egli un composto di quanto di più eletto si può immaginare?

Tutt’altro. Egli è semplicissimo. Un essere composto risulta degli elementi, diversi, che lo costituiscono, ridotti all’unità da una forza superiore e precedente, che regga il moto e l’ordine. Se Dio fosse composto, sia pure di quanto vi ha di più eletto, bisognerebbe che qualche forza superiore e precedente a Lui fosse esistita per comporlo; e così Egli non sarebbe più l’essere che è da sé, essere eterno, indipendente da ogni altro, l’essere primo e la causa prima di tutto. Inoltre non sarebbe neppure più l’essere necessario, perché  ogni composto può scomporsi, risolversi negli elementi che lo compongono, e per tal guisa cessare di esistere. Pertanto quando immaginiamo Iddio, dobbiamo rimuovere qualsiasi idea di composto, sia di elementi corporei, sia di elementi spirituali, e riconoscerlo per uno spirito purissimo e semplicissimo, come ci insegna a riconoscerlo la dottrina cattolica.

— Ma io intendo sempre a parlare degli occhi di Dio, delle sue mani, del suo dito ecc. Che vuol dir ciò?

Sì, è vero, nelle Sacre Scritture si parla di quanto tu dici, e sull’esempio delle Scritture anche la Chiesa adopera simili espressioni. Ma tutto ciò non è già per negare quello che le stesse Sacre Scritture insegnano, che cioè « Dio è spirito », ma per adattarsi alla debolezza della mente nostra, la quale anche nelle più alte cognizioni non può far a meno che ricorrere ad immaginazioni sensibili.

— Per altro, benché Dio sia uno spirito purissimo e semplicissimo io lo vorrei conoscere.

A questo tuo vorrei potrei darti la risposta di Giobbe: « Che pretendi tu di fare? Non sai che Dio è più alto dei cieli, e più profondo degli abissi? Come lo vuoi tu conoscere? » Tuttavia siccome, pigliar cognizione di Dio, per quanto è possibile alla debolezza della nostra intelligenza, è cosa ottima, perciò mi studierò, nel modo più facile e adatto per te, di dartene qualche idea. Poni ben mente: allo stesso modo che dalle cose create abbiamo potuto arguire l’esistenza di Dio, così dalle bellezze e dalle perfezioni di queste cose possiamo salire in qualche guisa alle bellezze e perfezioni di Dio. Pigliamo a tal fine tutte le qualità o proprietà, che esistono nelle creature, e specialmente nell’uomo; spingiamole con la nostra mente all’infinito; leviamo da esse qualsiasi imperfezione, riduciamole alla massima unità, ed avremo così una idea lontana, meno imperfetta che sia possibile, di ciò che è Dio.

— Dunque la grandezza e la maestà, la vita e la fecondità, l’intelligenza, la scienza, la saggezza, la potenza, la libertà, la giustizia, la carità, la benevolenza, la misericordia, la felicità e tutti gli altri beni, che si possano concepire, vi sono tutti in Dio?

Sì, vi sono tutti, perfetti nel loro insieme e perfetti ciascuno nell’essere suo, senza l’ombra di alcun difetto, dimodoché Dio è l’essere infinitamente perfetto, vale a dire senza limite alcuno nella sua perfezione.

— Bicordo di aver appreso che Dio è anche immenso. Che vorrebbe dire ciò?

Ciò vuol dire che Egli è da per tutto e tutto da per tutto, né può esser contenuto in alcuno spazio. Come l’anima nostra è tutta in tutto il corpo e in ogni sua parte, così Dio riempie tutti gli spazi ed è tutto intero in tutte le divisioni dello spazio.

— E si trova Egli anche in cose non belle?

Senza dubbio.

— E ciò non gli torna di sfregio?

Mente affatto. Come la luce del sole illuminando il fango della terra non ne resta imbrattata, così neppure Iddio riceve sfregio alcuno dal trovarsi in cose anche non belle.

— E quando si dice che Dio è sapientissimo, s’intende di dire che Dio sa moltissime cose?

No, caro mio; ma si intende di dire che Egli sa tutto, conosce tutto, vede tutto. Dio vede immediatamente se stesso e vede tutto, tutto ciò che Egli è, tutto ciò che Egli può, penetrando fino ai più intimi nascondigli, della sua essenza, conoscendo tutto quanto l’infinito valore di ciascuno de’ suoi attributi, comprendendo in una parola se stesso. E conoscendo se stesso, conosce tutte le cose, perché essendo Egli la causa universale di tutto ciò che esiste, nell’atto che conosce se stesso non potrebbe ignorare ciò che Egli stesso produce. Epperò Egli sa il passato, il presente, il futuro, Egli conosce tutte quante le creature esistite, esistenti, che esisteranno, e quelle persino che possono esistere; Egli vede le nostre opere, le nostre parole, i nostri movimenti, i nostri pensieri, i nostri desiderii, i nostri affetti, Egli vede i destini dei popoli, delle città, dei paesi, del mondo intero; Egli vede tutto ciò che facciamo di bene e tutto ciò che facciamo di male e misura esattamente le nostre intenzioni, la nostra buona o cattiva volontà, insomma non v’è cosa alcuna che si sottragga al suo sguardo, alla sua conoscenza.

— Ho inteso. E quando si dice che Dio è onnipotente, si vuol dire che Dio può propriamente fare tutto ciò che vuole?

Precisamente, giacché un Dio, che non possa far tutto ciò che vuole, non è Dio. Noi diciamo talvolta a noi stessi per incoraggiarci all’opera che « volere è potere ». Ma la cosa non è così propriamente, e non fa bisogno di essere filosofi per capirlo. Invece in Dio volere è propriamente potere.

— Perché nel Credo, in cui si dice: « Credo in Dio Padre onnipotente », non si parla di altro attributo divino che di questo?

Perchè, se così posso dire, questo attributo è il più palpabile. Vedendo l’universo con tutte le meraviglie, che in esso vi sono, l’onnipotenza divina balza tosto innanzi alla nostra mente. E così la divina onnipotenza ci serve come punto di partenza per iscoprire l’una dopo l’altra tutte le perfezioni divine.

— Iddio però con la sua onnipotenza non potrà mai fare che un circolo sia quadrato, che uno più uno facciano tre.

E con ciò! Penseresti tu che la sua onnipotenza sia così abbreviata! L’assurdo, vale a dire ciò che è contrario alla ragione, non può certamente avere un’esistenza reale. Pretendere adunque che Dio, ad essere del tutto onnipotente, possa fare ciò che non può avere un’esistenza reale, come ad esempio che un circolo sia quadrato, che uno più uno facciano tre, è lo stesso che pretendere che Iddio crei il nulla. Ora pare a te che sia difetto d’onnipotenza il non poter creare il nulla?

— La risposta data alla mia obbiezione è limpidissima, e non me la sarei aspettata tale. Ma vorrei ancora sapere, se Dio essendo onnipotente possa fare anche il male.

Eh! no, certamente. Il poter fare il male non è effetto di onnipotenza, ma di debolezza. Tu, ad esempio, ti credi potente, perché puoi ammalarti?

— Tutt’altro. Mi crederei potente, se potessi star sempre perfettamente sano.

Dunque anche Dio è al sommo potente, perché non può perdere la potenza di fare il bene, perché non può fare il male, ciò che sarebbe difetto di potenza. Giacché la volontà di Dio è retta, è santissima, è indissolubilmente legata al bene, e non può e non potrà mai menomamente piegare al male. Se ciò potesse accadere, Dio non sarebbe più l’essere santissimo, che Egli è, anzi non sarebbe più Dio.

— Ho inteso.

E se hai inteso mi sembra che non ti occorrano altre spiegazioni intorno agli altri attributi o perfezioni di Dio, quali sarebbero la santità, la giustizia, la bontà, la misericordia, la veracità, la fedeltà ecc., perché facilmente comprendi da te quello che significano.

— Mi piacerebbe nondimeno che mi dicesse anche una qualche parola di essi.

Ebbene ti appagherò. L a santità è quella divina perfezione, per cui Dio vuole ed ama il bene, ed abborrisce il male. Il titolo di Santo è quello che si dà a Dio per eccellenza nelle Sacre Scritture: lo si dice tre volte Santo, cioè infinitamente santo.

La giustizia è la perfezione, per cui secondo il merito premia i buoni e castiga i cattivi, dando così a ciascuno ciò che è dovuto.

La bontà è quella, per cui Egli ci vuol sommamente bene e sommamente ci benefica, sicché ogni bene, che noi abbiamo, ci viene da lui.

La misericordia è la perfezione per cui, quasi col cuore dato alle nostre miserie, ci perdona facilmente e volentieri le nostre colpe, e ci sottrae a tanti mali, oppure ce ne libera.Dio poi dicesi ancora verace e fedele, perché Egli non potendo dir mai altro che la pura verità, non può né mentire, né ingannare, e sempre mantiene la sua parola. « Iddio, dice la Santa Scrittura, non è come l’uomo che può mentire; né come il figliuol dell’uomo che può mutarsi. Egli ha detto una cosa e non la farà? Ha parlato, e non manterrà la parola? » (Vedi il Libro dei Numeri, capo XXIII, versetto 19). Da ultimo, per tacere di altro, Iddio dicesi infinitamente provvido, perché Egli ha cura delle sue creature, le conserva nel loro essere, e le governa e dirige a conseguire il fine di loro esistenza, provvedendo ossia procacciando a tutte quel che loro fa bisogno. Ma ora basti di ciò per la nostra debolezza, memori di quel detto della Sacra Scrittura: « Colui, che si fa scrutatore della maestà di Dio, rimarrà sotto il peso della sua gloria ».

G. FRASSINETTI: IL CATECHISMO DOGMATICO (XII)

Catechismo dogmatico (XII)

[Giuseppe Frassinetti, priore di S. Sabina di Genova:

Ed. Quinta, P. Piccadori, Parma, 1860]

APPENDICE

SUL MODO D’INSEGNARE

LA DOTTRINA CRISTIANA AI FANCIULLI.

§ I .

Dell’importanza di questo insegnamento.

1. La cognizione di Dio e delle verità da Lui rivelate è il primo e il sommo bisogno dell’uomo: privo di essa, percorrendo la vita più infelice in questo mondo, va a terminare in una eterna miseria nell’altro. Questo suo primo e sommo bisogno, addiviene urgente tosto che il lume della ragione ne rischiara l’intendimento; quindi mentre ogni altra istruzione si potrebbe differire al fanciullo per gli anni appresso, questa della Religione non gli può essere ritardata. Per la qual cosa l’insegnamento della dottrina cristiana ai fanciulli è della più alta importanza, di assoluta necessità.

2. Inoltre è da notare che l’età della più verde adolescenza è la più adatta a tale istruzione, mentre che se le prime idee che sono comunicate al fanciullo quando perviene all’uso della ragione sono le idee cristiane, queste gli rimangono quasi naturali e profondamente impresse; quindi si trova Cristiano quasi nato e non fatto, né facilmente soffre che gli vengano alterate, o scambiate nelle età successive. L’istruzione cristiana cominciata ai primi albori dell’intelligenza, e continuata poi, com’è dovere, con paziente e solerte perseveranza, è la più grande guarentigia che possa aversi per la buona riuscita dell’adolescente, dell’uomo.

3. Egli è per questo che i Concili Generali, i Sommi Pontefici e i Vescovi prescrivono con gli ordini più pressanti e severi, che non si lasci mancare questa istruzione ai fanciulli: egli è per questo che gli uomini più eminenti in dottrina e in santità, l’hanno sempre promossa con indefesso zelo, e si pregiarono costantemente di amministrarla personalmente essi stessi.

§ II.

Del modo che sì deve tenere in questo insegnamento.

1. L’insegnamento deve essere uniforme. Perciò ai fanciulli si deve insegnare soltanto il Catechismo della Diocesi e, se è possibile, procurare che l’imparino tutto materialmente. Se si usassero catechismi diversi si produrrebbe una considerabile confusione; inoltre la materialità delle parole più facilmente si ritiene, e questa conserva nella memoria più lungamente la sostanza, ossia l’intelligenza delle cose.

2. Non si vuol dire però che si debba insegnare il catechismo solo materialmente. Lo devono mostrare soltanto materialmente le persone che non sono istruite nella teologia; queste bisogna si contentino d’insegnare il catechismo siccome sta senza sminuzzarlo, e spiegarlo, perché mancanti delle opportune cognizioni teologiche, insegnerebbero alle volte dei gravi errori; chi poi è istruito sufficientemente, procuri di sminuzzarlo, di spiegarlo secondo la capacità dei fanciulli, affinché meglio lo comprendano, e le verità che vi si contengono facciano più viva impressione nei loro animi.

3. Ma qui si avverta di non credere sempre cosa facile ed opportuna, lo sminuzzare molto sottilmente ai fanciulli le verità della Dottrina Cristiana; ella non è sempre cosa facile, perché nei misteri della Fede non si può sapere tutto ciò che si vorrebbe, ma soltanto quello che dei medesimi Dio ha voluto manifestare. Diceva Sant’Atanasio, a riguardo del mistero della Ss. Trinità, che noi ci dobbiamo contentare di saperne quel tanto che ce ne insegna la Chiesa, e che il rimanente lo coprono i Cherubini con le loro ali. Similmente nel mistero della Incarnazione, della Grazia e in tutti gli altri, non bisogna pretendere di dare ragione di ogni difficoltà che vi s’incontri, o di essere al caso d’intendere tutto e di tutto spiegare. Non è poi cosa opportuna, poiché quantunque chi insegna la Dottrina Cristiana fosse dottissimo, e al caso di trattare delle verità cattoliche con la maggior profondità e sottigliezza, non sarebbe questa cosa adattata per li fanciulli, i quali appena intendono le cose principali, e all’ingrosso. Si sminuzzi adunque la dottrina cristiana, ma non molto sottilmente, affinché apprendano le cose necessarie, e frattanto non restino più confusi che illuminati.

4. Un’altra importante avvertenza, è quella di non toccare quelle obbiezioni alle quali non si può dare una risposta che appieno soddisfi il grosso ingegno dei fanciulli, né quelle difficoltà che non si possano appianare con ragioni palpabili, e quasi direi materiali, delle quali soltanto è capace la loro mente. Ai fanciulli si devono dare quelle cognizioni che sono importanti a sapersi per tutti, e con la possibile chiarezza e semplicità: eglino non devono o confutare gli eretici, o salire le cattedre. – Questa avvertenza è necessaria ai chierici studenti, i quali alle volte vorrebbero insegnare ai fanciulli tutto ciò che essi vanno imparando nelle scuole.

5. Bisogna istruire i fanciulli gradatamente, cominciando dalle cose più necessarie a sapersi, e da quelle progredendo a tutte le altre; non si devono pertanto istruire sopra molte cose confusamente. Bisognerà, p. es., prima istruirli sull’esistenza di Dio, sopra i suoi Attributi, quindi sopra i misteri della Trinità, l’Incarnazione ecc., e progredire in tal modo di materia in materia, senza confusione. È ben vero però che spesso bisognerà ritornare sulle materie anteriori affinché non le dimentichino. E qui si osservi essere cosa importante, il far prendere ai fanciulli una idea grande di Dio, e la più grande che sia possibile spiegando loro i suoi Divini Attributi, giacché questa idea grande servirà molto, perché quindi facciano nei loro cuori maggiore impressione le massime del Santo Amore, e del Santo Timor di Dio. Si sa che Dio è poco amato e poco temuto da tanti Cristiani, perché hanno troppo poca cognizione della sua Bontà, e della sua Grandezza.

6. Si avverta che nell’istruire i fanciulli non si può pretendere da tutti la stessa riuscita. Perciò si deve procurare che i più svelti, d’ingegno pronto e di memoria tenace, imparino più cose, e conviene contentarsi che tanti altri, tardi d’ingegno e di poca memoria, imparino soltanto le cose più necessarie; si perde il tempo quando si vuole che un di questi impari molte cose come le imparano tanti altri di maggiore capacità, e non si fa che confonderne l’intendimento; laonde il prudente catechista non cercherà d’istruire i fanciulli di grossolano ingegno che intorno alle verità più importanti, e talora più indispensabili a sapersi.

§ III.

Delle massime che si devono instillare

ai fanciulli.

1. È insegnamento della Dottrina Cristiana: ai fanciulli non dev’essere un insegnamento nudo e secco delle verità della Fede, come sarebbe: vi è Dio, vi è l’inferno, vi è il Paradiso, i Sacramenti sono sette ecc., ma dev’essere un insegnamento sugoso il quale mentre illumina la mente, formi anche il cuore. – Si riesce a questo con l’insegnamento e la dilucidazione delle buone massime cristiane, e qui se ne metteranno per esempio e norma alcune principali. La prima massima è quella che Dio ci ha messo al mondo, non perché mangiamo, beviamo, ci divertiamo ecc., ma perché lo conosciamo, lo amiamo, lo serviamo e lo andiamo poi a godere in Paradiso; e questa massima come fondamentale bisogna spiegarla bene, e fare intendere ai fanciulli che chiunque non istà al mondo per conoscere, amare, servire Iddio e per guadagnarsi il Paradiso, al mondo sta male, e si merita di esserne levato, come si merita di essere tagliata nel campo quella vigna che non fa uva, quella ficaia che non fa fichi.

2. Che la grazia di Dio è il maggior tesoro, anzi l’unico vero tesoro che sia al mondo; che per conservarsi la grazia di Dio nel cuore, bisognerebbe gettar via un mondo intero quando fosse nostro, se per conservarla convenisse gettarlo via.

3. Che la peggior cosa è il peccato, il quale ci priva di quella grazia, e che sarebbe meglio tenersi un serpente vivo in seno, che un peccato mortale sull’anima; e siccome chi avesse un serpente vivo in seno non potrebbe né mangiare, né dormire, né divertirsi pel timore che da un momento all’altro gli desse la morte, così la persona, se ha un po’ di Fede, pare impossibile che possa mangiare, dormire, divertirsi, quando ha il peccato mortale sull’anima che da un momento all’altro la può precipitare all’inferno; che perciò quando uno avesse la disgrazia, la più spaventosa di tutte, di commettere un peccato mortale, dovrebbe fare subito vivi atti di contrizione, e poi confessarsene al più presto possibile.

4. Che chi ha compagnie cattive non ha bisogno di demonio che lo tenti per andare all’inferno; che un cattivo compagno alle volte, fa più danno all’anima di quello che non le farebbe un demonio. Che se non sono cattive compagnie, almeno sono sempre pericolose, e non piacciono agli Angeli Custodi, le compagnie promiscue di fanciulli e fanciulle insieme.

5. Che è meglio non confessarsi, che confessarsi male tacendo dei peccati; e a questo oggetto sarà cosa opportuna l’addurre qualche terribile esempio di confessioni mal fatte.

6. Che bisogna esercitarsi negli atti di amor di Dio, i quali al dire di Santa Teresa sono come le legna che mantengono e fanno crescere nel nostro cuore il santo fuoco dell’Amor di Dio. E qui sarà bene suggerire ai fanciulli la pratica di farne spesso tra il giorno, quali sarebbero: Mio Dio vi amo sopra ogni cosa. Signore vi amo con tutto il mio cuore. Convengono i teologi che i fanciulli tosto che arrivano all’uso della ragione sono obbligati a fare atti di amor di Dio; tuttavia, generalmente parlando, si trascura di ammaestrarli e di eccitarli all’adempimento di questo loro dovere, cui per la loro irriflessione badano poco o nulla. Per ottenere che prendano la consuetudine di fare spesso atti di amor di Dio, sarà bene di tempo in tempo interrogarli domandandone loro conto.

7. Che un vero devoto della Madonna non si è dannato mai; e qui bisogna avvertire ad instillare nel cuore dei fanciulli questa divozione tenera e fervente, procurando che tengano Maria in conto della più buona Madre, e a Lei ricorrano in tutti i loro bisogni. Tra le altre pratiche che loro si potrebbero suggerire questa sarebbe facile, e molto fruttuosa; che cioè recitassero tre Ave mattina e sera con questa breve orazione — Cara Madre, guardatemi dal peccato mortale. — Cara Madre piuttosto morire, che offender Dio.

8. Se queste ed altre massime s’instilleranno nel cuore dei fanciulli e dei giovinetti, ai quali s’insegna la Dottrina Cristiana, si formeranno al bene e alla pietà molto facilmente, e queste massime ben impresse nella prima età, non si scancelleranno mai più in avvenire.

§ IV.

Delle qualità che si deve procurare chi insegna la Dottrina Cristiana ai fanciulli.

1. Chi si mette ad istruire i fanciulli bisogna che sia paziente, grave, e manieroso. Bisogna in primo luogo che sia paziente, perchè i fanciulli, o per indole alquanto trista, o per rozzezza di educazione, o per inconsiderazione, e leggerezza sono alle volte difficili e tediosi: bisogna compatirli; tutto il male in loro non è malizia: di certi difetti alle volte non ne possono far di meno; diceva però bene quel Santo ai fanciulli: state savii se potete. Molte leggerezze o mancanze, che non sono d’altronde di gran conseguenza, conviene far mostra di non osservarle; bisogna sgridarli, o castigarli all’opportunità, quando le mancanze sono veramente considerabili, se il fanciullo si sente sempre sgridare, e si vede sempre castigato per ogni bagatella, non sapendo come evitare tanti gridi o castighi, non bada più né a questi né a quelli, e si forma di un’indole insensibile, e quindi incorreggibile.

2. Bisogna quindi che conservi la conveniente gravità, affinché i fanciulli abbiano sempre per lo maestro il necessario rispetto, senza cui non vi sarà né attenzione né profitto. Per tanto richiedesi che il Catechista si tenga sempre in certo decoro dì aspetto e di maniere, sicché i fanciulli lo rispettino. La quale avvertenza è necessaria in modo particolare, anche per altri titoli, a chi istruisce le fanciulle.

3. La gravità non deve essere disgiunta dalla buona maniera, affinché i fanciulli gustino di trattenersi con chi loro insegna la Dottrina. Chi usa aspre maniere e ributtanti, aliena gli animi dei fanciulli dalla Dottrina Cristiana; quei pochi che v’intervengono si tediano, si divagano, e nulla apprendono.

4. Quelli per altro, che insegnano la Dottrina Cristiana con vero zelo, non si trovano mai privi delle richieste qualità; perché l’amor di Dio lor insegna ogni modo opportuno per far profitto. Abbiano dunque molto amor di Dio, considerino quanto sia cosa importante istruire le menti, e formare i cuori dei giovinetti, e quindi sperino abbondante frutto dalle loro fatiche. Fatiche le quali, agli occhi di alcuni, sembrano poco onorevoli e poco stimabili, perché sono dirette alla tenera età, e il più delle volte ai fanciulli rozzi e malnati; ma che sono preziosissime agli occhi di Dio, il quale non riguarda le cose coi pregiudizi dell’umana vanità.

DOTTRINE NOTEVOLI PER L’AMMINISTRAZIONE DEI SS. SACRAMENTI AGL’INFERMI.

1. Riguardante la Confessione.

Qualunque Cristiano, sia uomo, sia donna in occasione d’infermità, anche non pericolosa di morte, per cui sia impedito di portarsi alla Chiesa, può confessarsi in casa: e ciò per più ragioni. Prima di tutto perché il Cristiano, potrebbe trovarsi in istato di peccato mortale, indi aver bisogno della Confessione per rimettersi in grazia di Dio. In secondo luogo, perché le malattie le quali sul principio non sembrano pericolose di morte, si aggravano alle volte improvvisamente, togliendo all’infermo anche l’uso dei sentimenti. Inoltre questa dottrina si rileva dai decreti del Concilio Lateranese sotto il Papa Innocenzo III e di S. Pio V. Questi decreti sono generali, tanto per gli uomini come per le donne, come sono generali le ragioni che indussero la Chiesa ad emanarli. Si noti che per ricevere questo Sacramento non fa bisogno della licenza del medico; che anzi sarebbe cosa ridicola chiedere licenza al medico di far ciò che non solo permette, ma ordina la Chiesa.

2. Riguardante il Ss. Viatico.

Come si può vedere in tutti i teologi, si può amministrare il Ss. Viatico ogni volta che la malattia è grave, ossia pericolosa di morte, quantunque vi sia ancora buona speranza di guarigione; e si dice grave, ossia pericolosa di morte, perché la gravità del male è necessariamente congiunta al pericolo della vita: anzi in tutte le malattie gravi, si possono sempre temere fatali peggioramenti anche precipitosi. Eccettuati i casi evidenti, di questa gravità e pericolo giudica il medico. Ma è da notare che, qualora l’infermo avesse argomenti da credere grave e pericolosa la propria malattia, purché seriamente il medico non gli asserisca il contrario, potrebbe esigere che gli fosse amministrato il Ss. Viatico, ancorché con tutta verità gli si dicesse non essere disperata la sua malattia, ed anzi dare buone speranze di risanamento.

III. Riguardante l’Estrema Unzione.

Primieramente si deve notare che questo Sacramento si chiama con tal nome, non perché debba darsi agli estremi momenti della vita; ma perchè è l’estrema, ossia l’ultima delle sacre unzioni che dà la Chiesa. In secondo luogo si deve osservare che l’Estrema Unzione si può amministrare come il Ss. Viatico, ogni volta che la malattia è grave, ossia pericolosa di morte, come si è detto. E poiché questo è un punto nel quale comunemente v’ha maggiore ignoranza, sarà bene sentire come ne parli s. Alfonso (Homo Apost. de Ex. Unct. n. 7). Ecco la fedele traduzione delle sue parole: « Comunemente dicono i Dottori che basta che l’infermità sia pericolosa di morte, almeno remotamente, cosi Suarez, Layman, Castropalao, Bonacina, Conninchio, i Salmanticesi ed altri. Basta perciò che vi sia un pericolo anche remoto. Prova quindi questa dottrina con le autorità dei Concili di Aquisgrana, di Magonza, di Firenze e di Trento; quindi segue: « Ma più chiaramente ciò si conferma da Benedetto XIV nella Bolla già citata, dove dice che il Sacramento dell’Estrema Unzione non si amministri a coloro che sono sani; ma soltanto a coloro che hanno una grave malattia: per il che dice rettamente Castropalao, che tutte le volte che si può dare il Viatico all’infermo non digiuno, si può dare, ed è espediente che si dia l’Estrema Unzione, « Per tanto l’infermo, ricevuto che abbia il Ss. Viatico, può domandare l’Estrema Unzione con diritto che gli sia data (A Parigi si costuma di dare l’Estrema Unzione immediatamente dopo il Viatico, come si legge nella Vita di Vittorina di Gallard morta nel 1836 – Vita, parte IV-). Queste avvertenze potranno servire di regola non solo agl’infermi, ma anche ai loro parenti ed ai medici.

PROFESSIONE DI FEDE CATTOLICA

Io N. N. credo e confesso con ferma fede tutti e ciascun articolo compreso nel simbolo di fede, del quale si serve la Santa Chiesa Romana, cioè:

Credo in un solo Dio Padre Onnipotente, Creatore del Cielo e della terra, di tutte le cose visibili ed invisibili; e in un solo Gesù Cristo, Figlio di Dio unigenito, e nato dal Padre prima di tutti i secoli, Dio da Dio, Lume da Lume, vero Dio dal vero Dio, generato e non fatto, consostanziale al Padre, per mezzo del quale furono fatte tutte le cose, che per amore verso noi uomini, e per la nostra salute è disceso dai Cieli, e ha preso carne dalla Vergine Maria per opera dello Spirito Santo, e si è fatto uomo: che è stato crocifisso per noi sotto Ponzio Pilato, ha patito e fu seppellito, che è risuscitato nel terzo giorno, giusta le Scritture, ed è salito al Cielo, che è seduto alla destra dei Padre; e che verrà un’altra volta con gloria a giudicare i vivi ed i morti, di cui il regno non avrà più fine. Credo nello Spirito Santo, Signore e Vivificatore, il quale procede dal Padre e dal Figliuolo, e che è adorato e glorificato col Padre e col Figliuolo, che ha parlato per bocca dei Profeti. Credo la Chiesa una, santa, cattolica ed apostolica. Riconosco un solo Battesimo per la remissione dei peccati, ed aspetto la risurrezione de’ morti, e la vita del futuro secolo. Così è. – Ammetto ed abbraccio fermamente le apostoliche ed ecclesiastiche tradizioni, e tutte le altre osservanze e costituzioni della Chiesa medesima. Ammetto inoltre la Sacra Scrittura nel senso che ha sempre tenuto, e tiene anche oggi la Santa Madre Chiesa, alla quale appartiene di giudicare del vero senso e della vera interpretazione delle Sante Scritture, e non le intenderò, e non le interpreterò mai altrimenti, che secondo il consenso unanime dei santi Padri. Confesso altresì che vi sono propriamente e veramente sette Sacramenti della nuova legge, instituiti da Gesù Cristo Signor nostro, per la salute del genere umano, comecché non tutti siano necessari alla salvezza di ciascuno in particolare. Tali sono: il Battesimo, la Cresima, l’Eucarestia, la Penitenza, l’Estrema Unzione, l’Ordine, e il Matrimonio. Credo che questi Sacramenti conferiscono tutti la grazia, e che tra questi il Battesimo, la Cresima, e l’Ordine non si possono ricevere che una sola volta senza sacrilegio. – Accetto, ed abbraccio del pari i riti dalla Chiesa Cattolica ricevuti ed approvati nella amministrazione solenne di tutti i suddetti Sacramenti: accetto ed abbraccio ogni e qualunque cosa che è stata definita e dichiarata nel Sacrosanto Concilio di Trento circa il peccato originale e la giustificazione. Confesso similmente, che nella santa Messa si offre a Dio vero, proprio e propiziatorio Sacrifizio per i vivi e per i morti; e che nel santissimo Sacramento dell’Eucaristia è veramente, realmente e sostanzialmente il Corpo e il Sangue in un con l’Anima e Divinità di nostro Signor Gesù Cristo, e che si opera una conversione di tutta la sostanza del pane nel Corpo, e di tutta la sostanza del vino nel Sangue, il qual cangiamento la Chiesa Cattolica chiama Transustanziazione. Confesso altresì che Gesù Cristo v’è tutto ed intero, ed il vero Sacramento ricevasi sotto l’una e l’altra delle due specie. Tengo costantemente esservi il Purgatorio, e credo che le anime quivi detenute sono sollevate ed aiutate dai suffragi de’ fedeli. Credo per egual maniera, che i Santi che regnano con Gesù Cristo debbono essere onorati ed invocati, e che offrono le loro orazioni a Dio in favor nostro, e che le loro reliquie devono essere venerate. – Affermo fermissimamente che le immagini di Gesù Cristo e della Madre di Dio sempre Vergine, siccome quelle degli altri Santi, debbono essere conservate, ritenute e onorate con la debita venerazione. Affermo anche che il potere di concedere Indulgenze, è stato lasciato da Gesù Cristo nella Chiesa, e che il loro uso è salutevolissimo al popolo Cristiano. Riconosco la Santa Chiesa Romana Cattolica ed Apostolica per madre e maestra di tutte le Chiese, e giuro e prometto una vera obbedienza al Pontefice Romano, Vicario di Gesù Cristo, successore di S. Pietro, principe degli Apostoli. Confesso e ricevo similmente, senza alcun’esitazione tutte le altre cose lasciate per tradizione, definite e dichiarate dai sacri Canoni, e dai Concili ecumenici, e segnatamente dal Sacrosanto Concilio di Trento, e similmente condanno, rigetto, ed anatematizzo tutte le cose contrarie e tutte le eresie, quali e quante mai sono state condannate, rigettate e anatematizzate dalla Chiesa. – Questa Fede vera e Cattolica, fuor della quale nessuno può salvarsi, che professo ora e di mia spontanea volontà, e che tengo fermamente e sinceramente, io N. N. giuro, prometto, e m’impegno di tenerla e di professarla col soccorso di Dio costantemente e inviolabilmente in ogni sua parte fino all’ultimo mio respiro, e di procurare, per quanto è da me, che sia predicata, insegnata ed osservata da tutti coloro che dipendono da me e da quelli tutti che saranno alla mia cura commessi. Così Dio mi aiuti, ecc.

Ha il Cristiano Cattolico in questa professione un eccellente Atto di Fede, e sicura norma per conoscere tutti i protestanti.

FINE

PECCATO VENIALE

Peccato veniale.

[G. Bertetti: Il Sacerdote Predicatore; S.E.I. Ed. Torino, 1919, – impr. -]

Dopo il peccato mortale, il male più grave del mondo è il peccato veniale:

1. Sia considerato in se stesso; — 2. sia nelle sue conseguenze.

1. IL PECCATO VENIALE CONSIPERATO IN SE STESSO. — Il peccato veniale non riconosce, come il peccato mortale, la creatura come ultimo fine, ma la riconosce come fine prossimo:… mentre che la creatura dovrebbe essere riconosciuta soltanto come mezzo per salire a Dio nostro supremo e unico fine… è perciò una specie di furto che si fa a Dio rubandogli parte di quell’onore e di quella gloria che a Lui solo si deve. Il peccato veniale consiste nel disubbidire a Dio in cose leggere: … ma per un’anima veramente affezionata a Dio, tutto è della massima importanza nel servizio di Dio, … ed è già cosa grave per lei il disubbidire a Dio anche in cose che si dicono leggere – Il peccato veniale include anch’esso un certo qual disprezzo della legge di Dio, … non rompe l’unione nostra con Dio, ma la rallenta; … non estingue la carità, ma ne raffredda il fervore; … non ci toglie la grazia santificante, ma molte grazie particolari, che Dio fa soltanto alle anime fervorose; … non ci toglie il diritto alla gloria del Paradiso, ma vi ci fa scendere a un grado inferiore…. Ora, l’onore e la gloria di Dio, la sua legge la sua grazia, la sua eredità santa, son cose talmente grandi e magnifiche, che il diminuirle anche in minima parte è maggior male che tutt’i mali temporali immaginabili e possibili: … poiché la perdita anche minima d’un bene sovrannaturale supera immensamente la perdita d’un bene temporale, come l’acquisto d’un bene sovrannaturale vale immensamente più di tutt’i beni temporali… Pensiero terribile, se non fosse confortato dall’altra verità consolante, che cioè si possono riparare, compensare e superare in acquisto ciò che di bene sovrannaturale s’è fatto getto coi peccati veniali, aumentando per altra parte gli atti di fervore verso Dio… Senza questa precauzione, noi ci esporremmo al pericolo di tristissime conseguenze

2. IL PECCATO VENIALE CONSIDERATO NELLE SUE CONSEGUENZE. — Il peccato veniale si commette con estrema facilità:… è di fede che, « salvo uno speciale privilegio di Dio, l’uomo una volta giustificato non può evitare in tutta la vita i peccati veniali » (Conc. Trid. );… « sette volte cadrà il giusto e risorgerà» (Prov., 24, 16);… «in molte cose inciampiamo tutti» (JAC, III, 2);… « se diremo di non aver colpa, c’inganniamo da noi stessi, é non è in noi la verità » ( 1a JOAN., I, 8) … Che se ciò accade nei santi, che diremo di noi?… Ma i santi risorgono subito e rimediano alle venialità con un aumento di fervore; e noi? – Si tien giustamente conto delle mancanze gravi, e si trascurano le leggere come se fossero cose da nulla;… si tien conto dell’effetto, ma non si tien conto delle cause che produssero questo effetto… Non si può comprendere un peccato mortale commesso senz’essere stato preceduto da una serie di peccati veniali: nessuno divien santo e nessuno divien malfattore a un tratto. Il peccato veniale, commesso senza rimorso e non riparato con altrettanti atti di fervore, a forza di ripetersi conduce insensibilmente al peccato mortale: ecco la tristissima delle conseguenze:!… « Chi disprezza le cose piccole, a poco a poco cadrà » (Eccli., XIX, 1) Da una parte, commettendosi il peccato veniale senza scrupolo e senza rimorso, si rafforza sempre più l’abito cattivo e la malvagia inclinazione della corrotta natura;… dall’altra parte, il demonio, che sarebbe stato facilmente sentito e scacciato, se si fosse presentato con tentazioni di peccati mortali, ha già preso astutamente possesso parziale dell’anima che gli ha dato ricetto accontentandolo in cose piccole e minute:… e il demonio, che già la tiene avvinta con un filo sottile, lavora a più non posso per moltiplicare l’uno dopo l’altro i fili e stringerla con una grossa catena,… mentre che Dio può esaurire la sua pazienza e sospendere quegli aiuti speciali ed efficaci, per cui l’anima avrebbe perseverato nel bene: ma rendendosene indegna con la sua trascuranza, sarà vinta e cadrà in grave peccato. Cadute provvidenziali, se quei peccatori ne traessero motivo per umiliarsi e starsene guardinghi in avvenire; ma pur troppo « l’anima avvezza alle mancanze leggere, a poco andare non teme più le gravi e vi cade senza rimorso » (S. GREGORIO, Pastor.)… Chi senza rimorso commette il peccato veniale, senza rimorso commetterà il peccato mortale, e allora?… Allora, si cadrà nell’ostinazione del peccato e nell’impenitenza finale…

G. FRASSINETTI: IL CATECHISMO DOGMATICO (XI)

Catechismo dogmatico (XI)

[Giuseppe Frassinetti, priore di S. Sabina di Genova:

Ed. Quinta, P. Piccadori, Parma, 1860]

Cap. VII.

§. V.

Della penitenza.

— La Penitenza è un Sacramento della nuova legge?

La Penitenza è una virtù morale soprannaturale, che inclina il peccatore alla detestazione, e al dolore dei propri peccati in quanto sono offesa di Dio, con proposito di emenda e di soddisfazione. « Questa virtù fu sempre necessaria ai peccatori anche nella Legge antica affinché ottenessero il perdono dei loro peccati, e Gesù Cristo innalzò al grado di Sacramento; cosicché quando la Penitenza ha i dovuti requisiti secondo l’istituzione di Cristo, è un vero Sacramento ( Halert c. 1.)

— La Penitenza dunque non è sempre un Sacramento?

Quando vi è non solo il dolore del peccato commesso, non solo il proponimento di emendarsi e di soddisfare alla Divina Giustizia; ma vi è ancora la confessione del peccato fatta al Sacerdote approvato per le confessioni, e l’assoluzione dello stesso, allora è di Fede che sia un vero Sacramento; quando poi mancano queste due cose è una semplice virtù.

— Come si definisce il Sacramento della Penitenza?

« Un Sacramento istituito da Gesù Cristo in cui per gli atti del penitente e l’assoluzione del Sacerdote approvato, si rimettono i peccati commessi dopo il Battesimo.

— Qual è la materia di questo Sacramento?

La materia rimota di questo Sacramento sono i peccati commessi dopo il Battesimo, la materia prossima sono la contrizione, la confessione degli stessi peccati, e la soddisfazione.

— Tutti i peccati commessi dopo il Battesimo sono ugualmente materia di questo Sacramento?

I peccati mortali non ancora confessati sono materia necessaria, sicché questi, tolto il caso di vera impotenza, bisogna confessarli per ottenerne il perdono; i peccati veniali poi, e tutti gli altri peccati mortali già confessati, sono materia sufficiente, sicché non vi è obbligo di confessarli, ma si possono confessare, e non avendone altri, ricevere per questi solo l’assoluzione.

— In caso di vera impotenza come restano perdonati i peccati mortali senza la Confessione?

Restano perdonati mediante la contrizione perfetta la quale include il desiderio, ossia il voto della confessione, come abbiamo detto nel Cap. 3, §. 4.

— È bene frequentare la Confessione quando non si hanno peccati mortali?

É certamente cosa ben fatta, conforme al desiderio di S. Chiesa, e alla pratica dei fervorosi Cristiani.

— Che cosa è la contrizione?

Il Concilio di Trento (sess. IV, c. 4) la definisce: « Un dolore di animo, e detestazione del peccato commesso accompagnato dal proponimento di non più peccare ». Altra è  perfetta quando questo dolore nasce del perfetto amor di Dio, altra è imperfetta quando nasce da un motivo soprannaturale, ma non dal perfetto amor di Dio. Se uno si pente di avere offeso Dio perché ha offeso il Sommo Bene che merita di essere amato sopra ogni cosa, ha la contrizione perfetta; se invece si pente per aver meritato l’inferno e perduto il Paradiso, ha la contrizione imperfetta.

— Nella Confessione è necessaria la contrizione perfetta o l’imperfetta?

La perfetta è senza dubbio desiderabile, però non è necessaria; giacché altrimenti chiunque si va a confessare dovrebbe andarvi già in istato di grazia; non potendosi dubitare, come abbiamo detto nel Cap. 6, § 4, che la carità perfetta e la perfetta contrizione, mettono l’anima in grazia di Dio prima che si riceva l’assoluzione Sacramentale, anche fuori del caso di necessità (vedi il cit. § 4). Pertanto nella Confessione basta la contrizione imperfetta.

— Quali condizioni deve avere la contrizione, ossia il dolore dei peccati?

Deve essere interno, cioè che provenga dal cuore; sommo, che ci faccia detestare il peccato più di qualunque male, universale, che ci faccia abborrire qualunque dei peccati mortali.; soprannaturale, che cioè nasca da un motivo rivelato dalla s. Fede. Si noti che il dolore deve sempre avere queste condizioni, sicché mancandone alcuna, la Confessione è mal fatta.

— Questo dolore con tali condizioni, è necessario anche nelle Confessioni nelle quali si accusano soltanto i peccati veniali?

Non ve n’ha dubbio ad eccezione della terza; giacché non è necessario che il penitente abbia un dolore universale di tutti i suoi peccati veniali, basta che confessando i soli peccati veniali si penta di qualcuno. Però di quello di cui si pente, bisogna che abbia un dolore interno, sommo, soprannaturale, sicché sia disposto a soffrire qualunque cosa più tosto che commetterlo mai più.

— Chi non avesse se non peccati veniali, e non si sentisse questo dolore, non potrebbe confessarsi?

Costui non potrebbe ricevere l’assoluzione, altrimenti resterebbe nullo il Sacramento come mancante di una parte essenziale. Anzi avvertono i Teologi le persone che frequentano la Santa Confessione e si accusano di soli peccati veniali nei quali sono abituati, a volervi aggiungere qualche peccato più grave della vita passata di cui abbiano più certo dolore: affinché non manchi la materia del Sacramento. Per mancanza di questa avvertenza, forse non poche persone che frequentano la S. Confessione, ricevono inutilmente l’assoluzione; ma di ciò parlano i Teologi moralisti.

— Quale deve essere il proponimento?

Il proponimento deve essere fermo, sicché la volontà sia risoluta di non tornare mai più al peccato che si detesta; universale, sicché sia risoluta di guardarsi dal commettere qualunque peccato mortale; efficace, sicché sia disposta ad adoprare tutti i mezzi necessari per evitare il peccato.

— Che cosa è la Confessione?

« É l’accusa dei propri peccati commessi dopo il Battesimo fatta dal penitente alla presenza del Sacerdote per ottenerne l’assoluzione (Hubert).

— Non si può ottenere il perdono dei peccati mortali senza la Confessione dei medesimi?

Questo è articolo di Fede definito dal Santo Concilio di Trento (sess.  XII, c. 5 et 7) perché vi è espresso comando Divino di confessare tutti e singoli i peccati mortali; e se si ottiene il perdono di tali peccati mediante la contrizione perfetta, si ottiene perché nella contrizione perfetta è incluso il voto, ossia il desiderio della Confessione.

— Ogni quanto tempo obbliga questo precetto?

Generalmente parlando obbliga una volta all’anno, e in punto di morte: vi possono però essere altre circostanze nelle quali obblighi pure, come si può vedere, appresso i Teologi moralisti.

— Che cosa è la soddisfazione?

La soddisfazione, che forma una parte del Sacramento della Penitenza, è l’accettazione e il volontario adempimento della Penitenza ingiunta dal Confessore per compensare l’ingiuria fatta a Dio col peccato (Habert).

— Perdonata la colpa del peccato resta a scontarsi alcuna pena?

Alle volte la contrizione è così forte e veemente, che toglie la colpa e tutta la pena; ma per lo più, come insegna il Concilio Tridentino, perdonata la colpa, resta una pena temporale da scontarsi o in questa vita, con opere penitenziali, o nell’altra nel Purgatorio.

— Pare che la penitenza si dovrebbe fare prima di ricevere l’assoluzione?

La pratica della Chiesa è contraria, giacché s’ingiunge la penitenza, e se chi si confessa è disposto, gli si dà tosto l’assoluzione commettendogli di eseguirla di poi; anzi la Chiesa ha condannato alcuni moderni rigoristi, i quali pretendevano che prima dell’assoluzione si dovesse adempire la penitenza ingiunta dal Confessore.

— La penitenza imposta dal Confessore è una parte essenziale del Sacramento?

Non è una parte essenziale, sicché non potendosi imporre o non potendosi eseguire, il Sacramento produrrebbe il suo effetto, cioè la giustificazione del peccatore; per altro ha una parte necessaria, stante il precetto Divino che questa penitenza s’imponga e si eseguisca, tolto il caso di una impossibilità che non lo permettesse. Perciò se uno si confessasse con intenzione di non eseguire la penitenza, avrebbe una intenzione cattiva che lo renderebbe indisposto, riceverebbe male l’assoluzione, e non gli sarebbero perdonati i suoi peccati.

— Questa penitenza è tutta in arbitrio del Confessore?

Non è in arbitrio del Confessore di modo che possa imporre la penitenza a capriccio; ma è in arbitrio del Confessore perché, giudiziosamente osservando il numero e la qualità dei peccati e le disposizioni del penitente, spetta a lui di assegnare quella penitenza che giudica prudentemente più adattata e salutare: dovendo essere, come insegna il S. Concilio di Trento, non solo diretta a castigo delle colpe passate, ma anche a medicinale preservativo dalle future (sess. XIV, c. 8).

— Quale è la forma del Sacramento della Penitenza ?

Io ti assolvo dai tuoi peccati in nome del Padre, del Figliuolo e dello Spirito Santo. Per altro queste ultime parole non sono essenziali, sicché chi le tralasciasse peccherebbe, ma l’assoluzione sarebbe valida: le essenziali sono: Io ti assolvo (Habert).

— Quale è il senso di queste parole?

Il senso di queste parole è: Io ti amministro il Sacramento dell’assoluzione [così San Tommaso], oppure: Io ti do per quanto posso la grazia che riconcilia, ossia che rimette i peccati, e con tale senso è vera la forma anche per quelli che si accostano al Sacramento già liberi dal peccato per la contrizione perfetta e ai quali perciò, in realtà non si possono più togliere i peccati, essendo già tolti. Con tale senso è vera la forma; perché il peccatore riceve la grazia che di sua natura è diretta a togliere il peccato; perché meglio si riconcilia con Dio, e cresce nella sua amicizia; e perché gli si condona nel Sacramento una parte della pena temporale dovuta alla colpa ( Habert de Pœnit. c. 6, 2.3).

— Quale è il ministro del Sacramento della Penitenza?

Il solo Sacerdote approvato per le Confessioni. Approvati poi per le confessioni sono tutti i sacerdoti che hanno cura di anime, e tutti gli altri ai quali fu conferita la giurisdizione di ascoltare le Confessioni.

— Chi può dare la giurisdizione ai Sacerdoti per ascoltare le confessioni?

Il Papa per tutta la Chiesa come Pastore universale, il Vescovo nella sua Diocesi, il Prelato Regolare a riguardo dei Religiosi a lui soggetti. Si avverta però che i Regolari non possono ascoltare le confessioni delle Monache né meno esentate dalla giurisdizione del Vescovo e suddite del Prelato regolare, senza avere l’approvazione dal Vescovo del luogo (c. 8).

— I Sacerdoti non approvati non possono nemmeno assolvere dai peccati veniali?

È certo che nemmeno possono assolvere dai peccati veniali; e così dichiarò la Congregazione de’ Cardinali sotto Innocenzo XI nell’anno 1679.

— Ai Sacerdoti approvati per le Confessioni, si possono eccettuare dei peccati sui quali non abbiano giurisdizione?

È un articolo di fede dichiarato nel S. Concilio di Trento (Sess. XIV, can. XI), che i Vescovi possono riserbarsi dei peccati dai quali non possono assolvere gli altri Confessori; e ciò che può fare il Vescovo nella sua diocesi, può fare il Papa in tutta la Chiesa.

— La Chiesa comanda che tutti i fedeli si confessino una volta all’anno dal proprio Sacerdote: che s’intende per proprio Sacerdote?

Per proprio Sacerdote s’intende il Parroco, però adesso basta confessarsi da qualunque Sacerdote approvato dal Vescovo; tale è la pratica odierna riconosciuta dal Sommo Pontefice e da tutti i Vescovi.

— Quali sono gli effetti del Sacramento della Penitenza?

Se ne numerano cinque: 1. La remissione del peccato, e della pena eterna che si merita se è mortale. 2. La diminuzione della pena temporale dovuta al peccato, maggiore o minore secondo la maggiore o minore disposizione del penitente. 3. La rinnovazione della amicizia con Dio violata. 4. La restituzione, ossia reviviscenza, delle virtù e dei meriti che si erano perduti per il peccato. 5. Gli aiuti di grazie attuali, ossia un certo diritto ad averli a tempo opportuno, mediante i quali il penitente resta fortificato per non cadere in peccato nuovamente, e perseverare nel bene (Habert. C. 7).

— Come s’intende che si restituiscono le virtù, e i meriti che si erano perduti per il peccato?

Il peccato fa perdere gli abiti delle virtù: il peccato, per esempio, della infedeltà fa perdere la Fede, quello della disperazione la Speranza ecc., e mediante una confessione ben fatta si ridonano all’anima queste virtù. Similmente il peccato spoglia l’anima di tutti i meriti che ella aveva già acquistato per la vita eterna, e mediante la confessione tali meriti vengono all’anima restituiti.

APPENDICE

SULLE INDULGENZE.

— Che cosa è l’Indulgenza?

« É una remissione della pena temporale che resta a scontarsi perdonata la colpa, la quale si fa fuori del Sacramento da chi ha facoltà di dispensare il tesoro spirituale della Chiesa.

— Me la spieghi distintamente.

Si dice remissione della pena, perché con l’indulgenza non si rimette la colpa, bensì la pena dovuta alla colpa: si dice della pena temporale, perché con l’indulgenza non si rimette la pena eterna dovuta al peccato mortale che si rimette nel Sacramento della Penitenza. Si aggiunge che resta a scontarsi perdonata la colpa; perché, come abbiamo detto, per lo più ricevuta l’assoluzione, resta una pena temporale da scontarsi in questa vita con opere penitenziali, ovvero nel Purgatorio. Si nota: la quale si fa fuori del Sacramento per non confondere l’indulgenza con la remissione di quella parte di pena temporale che si ottiene in virtù del Sacramento della Penitenza a misura della maggiore o minore disposizione del penitente. Si conclude da chi ha la facoltà di dispensare ecc., perché nessuno può dare le indulgenze se non quelli che hanno legittima autorità di distribuire i beni comuni della Chiesa. Il Papa perciò l’ha illimitata per tutta la Chiesa, i Vescovi limitata per le loro Diocesi, e ristretta dal Concilio Lateranese IV, sicché non possono concedere se non l’indulgenza di 40 giorni, e di un anno nella dedicazione di qualche Basilica (Habert de Pæn. a. 5).

— Che cosa forma lo spirituale tesoro della Chiesa?

Lo spirituale tesoro della Chiesa è formato dai meriti infiniti di Gesù Cristo, e dai meriti di Maria Ss. e di tutti i Santi, anche dei giusti ancora viventi in questa terra, come insegna Clemente VI, nella sua bolla Unigenitus, dell’ anno 1350. La Chiesa ha autorità di dispensare questo tesoro, in isconto delle pene temporali dovute a Dio a cagione dei peccati.

— È certo che nella Chiesa sia questa potestà di dare indulgenza?

È articolo di Fede dichiarato dal S. Concilio di Trento (Sess. XXV).

— Sono le indulgenze di varie sorta?

Altre sono plenarie, ed altre parziali. Le plenarie rimettono ogni pena temporale dovuta alla Divina Giustizia; però onde conseguirne tutto intero l’effetto, bisogna non solo essere in istato di grazia, ma anche avere l’affetto staccato da qualunque peccato veniale. Le parziali ne rimettono una parte corrispondente o a 40 giorni, o a 7 anni, ecc., di pena ingiunta.

— Che cosa è questa pena ingiunta?

Anticamente i canoni stabilivano per molti peccati una penitenza, o di giorni o di anni da farsi dai peccatori quando si convertivano a Dio: queste penitenze si chiamavano pene ingiunte. Adesso non si prescrivono più; ma quando si dà un’indulgenza di 40 giorni, di 7 anni ecc., si rimette tanta pena temporale quanto ne sarebbe stata rimessa al penitente se avesse adempiuto a una pena ingiunta di 40 giorni, di 7 anni ecc.

— Si possono anche dare indulgenze per i defunti?

Si possono dare, e tale è la pratica della Chiesa; si deve però avvertire che ai viventi, sopra i quali la Chiesa ha giurisdizione, si danno per modo di assoluzione; ai defunti, sopra i quali non ha più giurisdizione, si danno in modo di suffragio.

§ VI.

Della Estrema Unzione.

— L’Estrema Unzione è un Sacramento?

È articolo di Fede definito nel Concilio Tridentino, che sia un vero Sacramento (Trid. C. sess. XIV).

— Quale ne è la materia?

È l’Olio benedetto dal Vescovo nel giovedì Santo.

— Quale ne è la forma?

L’Orazione che vien proferita dal Sacerdote mentre si ungono i sensi dell’infermo.

— Quale ne è il ministro?

Il solo Sacerdote è ministro di questo Sacramento.

— Quale ne è il soggetto?

Il solo infermo in pericolo di morte, arrivato all’uso della ragione, giacché nei fanciulli che non hanno ancora peccato, non si potrebbe avverare la forma, la quale è: « Per questa santa unzione, e per la sua piissima misericordia, ti perdoni il Signore tutto ciò che hai peccato per la vista, l’udito ecc. »

— Quali ne sono gli effetti?

Il primo è la grazia santificante col diritto alle grazie attuali, che si danno per alleviare e corroborare l’animo dell’infermo nelle molestie e dolori della malattia e contro le tentazioni del demonio. Il secondo è la liberazione dalle reliquie dei peccati, le quali sono la debolezza, il languore, il torpore nel bene, l’ansietà, la timidità che lasciar il peccato nell’anima: e oltre ciò le pene temporali ancora dovute al peccato (vedi sopra § V della Penitenza ) le quali restano tolte, ossia perdonate, a misura della maggiore o minore disposizione di chi riceve questo Sacramento. Il terzo è la liberazione dai peccati veniali e anche dai mortali, qualora non si fossero potuti confessare, o si fossero dimenticati, purché se ne abbia avuto già il pentimento di sincera attrizione, come abbiamo detto nel §. I. Il quarto: è la sanità corporale qualora sia espediente per la salute dell’anima.

— Vi è necessità di ricevere questo Sacramento?

Dall’importanza dei sopraddetti effetti, si vede chiaramente che ciascuno deve procurare di premunirsi con questo Sacramento nel punto terribile della morte.

§ VII.

Dell’Ordine.

— L’Ordine è un vero Sacramento della nuova Legge?

Questo è un articolo dì Fede dichiarato espressamente nel Santo Concilio di Trento (Sess. XXIII, c. 3) e si definisce « Un Sacramento della nuova Legge mediante il quale si dà nell’uomo battezzato la podestà spirituale di consacrare il pane e il vino nell’augustissimo Sacramento dell’altare, di amministrare i Sacramenti e di esercitare gli altri ecclesiastici ministeri ».

— Quali potestà si devono riconoscere come derivanti da questo Sacramenti?

Due potestà: la prima podestà, detta di Ordine, la quale riguarda il Santo Sacrifizio ossia il Corpo reale; la seconda detta di Giurisdizione, la quale riguarda il regime del corpo mistico di Cristo, ossia del popolo cristiano.

— Queste due podestà hanno distinti gradi?

È certo che hanno distinti gradi, dai quali si forma la Gerarchia Ecclesiastica. Che esista questa Gerarchia, è definito dal S. Concilio di Trento (Sess. XXIII, can. 6). Questa Gerarchia si forma dai Vescovi, dai Sacerdoti e dai ministri inferiori.

— Nella Sacra ordinazione si devono riconoscere più Ordini?

È di fede che si devono, riconoscere più Ordini, maggiori e minori, come definì il Sacrosanto Concilio di Trento (sess. XXIII, can. 2).

— Quali sono gli Ordini maggiori?

Sono tre: il Sacerdozio, il Diaconato e il Suddiaconato.

— Quali sono i minori?

Sono quattro: l’Ostiariato, il Lettorato, l’Esorcistato, l’Accolitato.

— Chi è il ministro del Sacramento dell’Ordine?

Il solo Vescovo, come ha definito il Concilio di Trento (Sess. XXIII, can. 7).

— Quale è la materia e la forma di questo Sacramento?

La materia è l’imposizione dello mani del Vescovo sopra l’Ordinando, e la forma sono le parole con le quali il Vescovo accompagna questa azione (Si noti che a riguardo dei vari ordini maggiori e minori, del Vescovato e della materia e forma di questo Sacramento si dovrebbero dire molte cose di più; ma qui si tralasciano come non necessarie allo scopo che d’altronde, per essere alquanto difficili, bisognerebbe trattarle diffusamente, onde renderle intelligibili alte persone non istruite).

— Quali disposizioni si richiedono in chi aspira al Sacerdozio?

Le principali sono: 1. La vocazione di Dio, giacché senza una positiva vocazione, la quale si deve bene esaminare, nessuno deve ardire di aspirare ad uno stato così eminente nella Chiesa. 2. La Santità della vita, giacché uno il quale non vive abitualmente in grazia di Dio non può pretendere di occuparsi nei Sacrosanti misteri. 3. Il dono della perpetua continenza, e chi non si sentisse disposto a conservarla, non potrebbe in alcun modo aspirare allo stato sacerdotale. 4. La scienza competente, perché l’ignorante non potrà mai essere un ministro utile alla S. Chiesa. 5. L’immunità da ogni censura ed irregolarità.

— Non si può prendere lo stato Ecclesiastico come qualunque altro, quando le convenienze della famiglia lo richiedono, avendo però intenzione di vivere in questo stato come conviene?

Nessuna convenienza di famiglia o altro motivo temporale, deve determinarci ad abbracciare questo stato, ma soltanto la Divina vocazione; e chi prendesse la sacra Ordinazione senza questa vocazione non potrebbe pretendere di vivere nello stato ecclesiastico come conviene, perché non potrebbe pretendere da Dio le grazie necessarie che soltanto concede a quelli che Egli chiama a servirlo nel Sacerdozio.

— Ma dunque chi avesse preso la Sacra Ordinazione senza questa vocazione divina non potrebbe più sperare salute?

Costui sarebbe a gran pericolo; per altro se egli, considerando questo pericolo, e detestando il suo ardimento, facesse ricorso alla misericordia di Dio, otterrebbe le grazie necessarie per salvarsi nello stato intrapreso dal quale, come immutabile, non si può più ritirare.

— Quali sono gli effetti di questo Sacramento?

Il carattere e la grazia, come abbiamo osservato nel § I parlando dei Sacramenti in genere.

§ VIII.

Del Matrimonio.

— Gesù Cristo ha innalzato il contratto matrimoniale alla dignità di Sacramento?

Questo è un articolo di Fede, come consta dal S. Concilio di Trento (Sess. VII, can. 1 ).

— È lecito all’Uomo l’avere più di una moglie?

Avere più di una moglie simultaneamente era lecito nell’antica legge, ma è vietato nella nuova; successivamente è lecito, cioè morta una, se ne può prendere un’altra; anzi è articolo di fede che sono lecite le seconde, le terze, le quarte nozze (Antoine, de matr. q. 12 et ult.).

— Il matrimonio consumato è indissolubile?

È articolo di fede che sia indissolubile tra Cristiani. Il matrimonio tra gl’infedeli si può sciogliere quando la parte che si converte alla fede ha motivi di non abitare con la parte che resta nell’infedeltà.

— Il matrimonio rato soltanto, cioè quando i coniugi dopo contratto il matrimonio non hanno ancora abitato insieme, è indissolubile?

È articolo di fede che si può sciogliere mediante la professione Religiosa. Se l’uomo si fa Religioso in una religione approvata, fatta la professione, la donna resta libera, e così viceversa (Conc. Trid. Sess. XXIV can. 6).

— La Chiesa ha autorità di mettere impedimenti al matrimonio, che in qualche caso lo rendano illecito, ed anche invalido?

Questo è un articolo di fede dichiarato nel S. Concilio di Trento (Sess. XXIV. Can. 4).

— Il matrimonio è comandato a tutti?

⁕ A nessuno in particolare è comandato il matrimonio, anzi, come cosa di maggior perfezione, è meglio il conservarsi in perfetta castità. Anche questo è articolo di fede sempre riconosciuto tale in tutti i secoli dalla Chiesa, e dichiarato nel Concilio, come sopra, nel can. 10 (intorno a questo Sacramento: ma non essendo adattate al primario scopo di questa operetta, credo opportuno l’ommetterle).

L’ESAME DI COSCIENZA PER UNA BUONA CONFESSIONE

L’ESAME DI COSCIENZA PER UNA BUONA CONFESSIONE.

PECCATI CONTRO I DIECI COMANDAMENTI

APeccati contro il primo Comandamento
(1. Io sono il Signore tuo Dio: non avrai altri dèi all’infuori di me.)

-1) Hai dubitato in materia di fede? –O–

-2) Hai consultato maghi o indovini? –O–

-3) –O– Credi nei sogni? –O–

-4) Hai fatto uso di pratiche di superstizione? –O–

-5) Sei andato ai luoghi di falso culto e preso attivamente parte ai servizi religiosi di una falsa chiesa? [protestanti, ortodossi, novus ordo, lefebvriani, sedevacantisti, eretici vari, etc.] –O–

-6) Hai aderito alla massoneria, al comunismo,  ad altre società proibite,  o a partiti anticristiani? –O–

-7) Leggi libri o giornali anti-cattolici? –O–

-8) Hai trascurato l’istruzione religiosa? –O–

-9) Hai omesso i doveri religiosi per paura o per rispetto umano, o per non sembrare ridicolo? –O–

-10) Hai mormorato contro Dio, o la sua grazia? –O–

-11) Hai avventatamente presunto della sua bontà nel commettere peccati? –O–

-12) Hai pregato nel momento della tentazione? –O–

-13) Hai pregato per la tua famiglia? Hai trascurato con i familiari la preghiera quotidiana? –O–

-14) Hai recitato le preghiere distrattamente, con noncuranza, senza devozione, in modo sconsiderato, o  con la mente ad altro? –O–

-15) Hai impiegato una quantità ragionevole di tempo nel  ringraziamento dopo la Comunione? –O–

-16) Ti sei rivolto in modo irriverente verso Dio, persone,  luoghi o cose sacre? –O–

-17) Ti sei associato a persone che possono avere una cattiva influenza sulla tua vita?–O–

-18) Hai rifiutato di mettere segni di fede in casa, come crocifissi, immagini della Madonna o dei Santi? –O–


B” Peccati contro il secondo comandamento

(2. Non nominerai invano il nome del Signore tuo Dio.)

-1) Hai nominato il nome di Dio invano? –O–

-2) Hai deriso  il Nome di Dio con l’uso profano o irriverente nei discorsi con altri? –O–

-3) Hai dato cattivo esempio ai figli con tali discorsi in loro  presenza, o trascurato di correggerli quando hanno  utilizzato un linguaggio irriverente o profano? –O–

-4) Hai parlato con rispetto dei Santi o delle cose sante? –O–

-5) Hai tollerato che altri in famiglia lo facessero? –O–

-6) Hai giurato falsamente, chiamando cioè Dio a testimoniare la verità in quello che stavi dicendo, mentre in realtà stavi mentendo? –O–

-7) Hai giurato avventatamente, anche per materia leggera e banale? –O–

-8) Hai maledetto persone, animali o cose? –O–

-9) Hai bestemmiato, utilizzando un linguaggio insolente, disprezzando Dio, i suoi Santi o le cose sacre? –O–

-10) Hai indotto altri a farlo? –O–

-11) Hai criticato la misericordia o la giustizia di Dio, o diffidato della sua Provvidenza? –O–

C Peccati contro il terzo comandamento
(3. ricordati di santificare il giorno del Signore.)

-1) Di Domenica  e nei giorni comandati festivi dalla Chiesa, hai assistito, potendo, alla santa Messa?–O–

-2) Sei arrivato  tardi alla Messa? Ti sei comportato correttamente in chiesa? –O–

-3) Hai eseguito o comandato lavoro servile inutile, comprato o venduto senza necessità o impellenza? –O–

-4) Ti sei dato al  gioco d’azzardo, al bere, ai bagordi, ai piaceri e spettacoli illeciti, allo sport, profanando i giorni Santi? –O–

D Peccati contro il quarto comandamento
(4. Onora tuo padre e tua madre.)

-1) Hai dato il dovuto onore, amore, gratitudine ed obbedienza ai tuoi genitori? –O–

-2) Hai dimostrato onore ed obbedienza ai tuoi pastori e agli altri legittimi superiori? –O–

-3) Hai chiesto perdono per aver fatto loro del male? –O–

-4) Sei stato irrispettoso verso i tuoi genitori parlando loro con rabbia, rivolgendoti in modo scortese e con parole dure sul loro conto, o ti sei vergognato di loro? –O–

Se sei un genitore,

-5) Hai dimostrato mancanza di onore, amore e gratitudine verso i tuoi genitori alla presenza dei tuoi figli? –O–

-6) Li hai criticati respingendo i loro ordini? –O–

-7) Hai corretto e punito i tuoi figli per gravi trasgressioni, o proibito loro di esporsi a gravi occasioni di peccato? –O–

-8) Hai collaborato con gli insegnanti all’educazione dei tuoi figli? –O–

-9) Hai rifiutato di mandare i tuoi figli alla scuola cattolica quando avresti potuto farlo, od omesso senza permesso del Vescovo o del  parroco? –O–

-10) Se non esiste una scuola cattolica a te vicina, hai mandato almeno i figli al Catechismo fedelmente? –O–

-11) Hai partecipato con interesse alle loro lezioni di Catechismo? Hai collaborato col parroco o le suore nei loro progetti per stimolare la fede? –O–

-12) Hai addestrato e corretto i tuoi figli nella castità? –O–

-13) Sei stato irrispettoso verso le persone anziane? –O–

-14) Hai avuto adeguata cura per i figli e per i tuoi dipendenti sia in materia profana che religiosa, soprattutto dando loro un buon esempio? –O–

Se sei un figlio:

-15) Hai rifiutato di parlare con tuo padre e tua madre? –O–

-16) Provi risentimento verso di loro? –O–

-17) Hai obbedito ai genitori quando ti hanno ordinato di evitare cattive compagnie od occasioni di peccato? –O–

-18) Hai obbedito alle regole date per quanto riguarda persone da portare in casa, il trascorrere le ore notturne, il comportamento da tenere in casa? –O–

-19) Nel guadagnare denaro, quando vivevi a casa o quando eri ancora soggetto ai tuoi genitori, hai rifiutato di dare loro parte dei tuoi guadagni quando ne hanno avuto bisogno o ne hanno fatto richiesta? –O–

-20) Come cittadino, hai obbedito alle leggi della città e  del tuo Paese per la sicurezza ed il benessere di tutti? –O–

EPeccati contro il quinto comandamento
(5. : non uccidere.)

Il quinto comandamento proibisce: l’omicidio, il suicidio, la negligenza criminale che potrebbe causare gravi lesioni o morte di una persona, la forte rabbia e l’odio, l’aborto, l’eutanasia, l’uso di droghe, la sterilizzazione, l’ubriachezza, l’induzione a commettere un peccato mortale, il combattimento e il duello, la vendetta.

-1) Hai procurato, desiderato o  affrettato la morte di qualcuno? –O–

-2) Sei stato colpevole di rabbia, odio, litigi, vendetta? –O–

-3) Hai usato la lingua provocando, insultando o gettando nel ridicolo? –O–

-4) Ti sei rifiutato di parlare con altri? –O–

-5) Hai causato inimicizie? –O–

-6) Hai dato scandalo? –O–

-7) Hai mangiato o bevuto troppo? –O–

-8) Sei stato scortese, irritabile, impaziente? –O–

-9) Hai provocato in altri rabbia offendendoli, o fatto loro del male per ira o impazienza? –O–

-10) Hai avuto pensieri di gelosia, di vendetta, di avversione, di risentimento o di disprezzo verso gli altri? –O–

-11) Hai intrattenuto rapporti di compagnia con chi beve in eccesso? Li hai incoraggiati a bere? –O–

-12) Hai favorito la loro ubriachezza? –O–

-13) Hai trascurato la salute, messo in pericolo  la vita? –O–

-14) Hai trascurato di prenderti cura della salute dei tuoi figli o di coloro a te soggetti? –O–

-15) Hai messo in pericolo la vita di altri guidando  un’auto in stato di ebbrezza o tossicosi, con grave pericolo per la sicurezza, o in qualsiasi altro modo? –O–

FPeccati contro i sesto e il nono comandamento
(6. non commettere adulterio.)
(9. non desiderare la moglie del tuo prossimo.)

Questi due comandamenti richiedono purezza e modestia nella nostra vita: nei nostri pensieri, parole ed azioni, da soli o con gli altri. – In generale, questi comandamenti vietano: l’adulterio, la fornicazione, l’auto-abuso, le trasparenze indecenti, lo sbaciucchiare, i baci impuri, le danze e i balli provocanti, le espressioni volgari e sporche, i peccati contro natura, il controllo delle nascite, i tocchi sconvenienti, il petting, il guardare immagini impure, danze, spettacoli lascivi, film, la lettura di libri o riviste impuri.

-1) Hai avuto pensieri sconvenienti, impuri o immodesti, usate parole o fatte azioni impure da solo o con altri? –O–

-2) Hai usato parole o frasi a doppio senso? Hai raccontato storie sporche o provocanti? –O–

-3) Hai incoraggiato altri a farlo? Hai insegnato agli altri a farlo? –O–

-4) Hai evitato occasioni di peccato in questa materia? –O–

-5) Hai custodito la tua vista, o hai permesso agli occhi di vagare con curiosità su oggetti pericolosi? –O–

-6) Ti sei messo nell’occasione di peccare con la lettura di libri cattivi, con la visione di immagini indecenti, con cattive compagnie, assistendo a spettacoli immorali, guardando film, programmi televisivi o siti internet indecenti,  cantando canzoni oscene? –O–

-7) Hai distribuito riviste o libri osceni? Hai informato gli altri su dove e come fare a procurarseli? –O–

-8)Hai incoraggiato altri a leggerli? –O–

-9) Hai avuto desiderio di fare cose impure?  –O–

-10)Sei stato occasione di peccato per gli altri, con conversazioni, abbigliamento, aspetto o azioni provocanti? –O–

-11) Ti sei toccato  commettendo impurità? –O–

Se sposati:

-12) hai commesso peccato di impurità con persona sposata o single? –O–

-13) Ti sei dato ad effusioni prolungate, baci ed  abbracci con persona diversa dal tuo coniuge? –O–

-14) Hai usato mezzi contraccettivi nello svolgimento delle funzioni matrimoniali? –O–

-15) Hai rifiutato od omesso, senza motivi sufficienti, di assoggettarti al debito coniugale quando richiesto per fini leciti? –O–

GPeccati contro i comandamenti settimo e decimo
(7. non rubare.) – (10. non desiderare la roba d’altri.)

.-1) Questi comandamenti vietano: la rapina e il furto con scasso, il lucro da corruzione, tangenti, il furto con danno della proprietà altrui. –O–

Questi comandamenti non riguardano solo il rubare ma ogni tipo di comportamento disonesto, ad esempio il tradimento, l’ingiusto trattenere ciò che appartiene agli altri, il danno alla proprietà altrui, la frode da parte di funzionari pubblici. – Questi comandamenti sono violati anche da:

-2) i commercianti che usano falsi pesi e misure, –O–

-3) che fanno profitti esorbitanti o mentono circa le qualità essenziali dei loro prodotti; –O–

-4) da coloro che ottengono danaro, convincendo ad investimenti perdenti, con la garanzia di guadagno; –O–

-5) da coloro che consapevolmente spacciano denaro falso, o traggono vantaggio indebito dall’ignoranza o dalle necessità di un altro; –O–

-6) dai datori di lavoro che derubano i lavoratori; –O–

-7) dai dipendenti perditempo nelle ore lavorative, …–O–

-8) … o che eseguono il lavoro negligentemente –O–

-9) … o trascurano curar la proprietà dei datori di lavoro; –O–

-10) dai proprietari che applicano prezzi esorbitanti; –O–

-11) da chi non restituisce i prestiti; –O–

-12) da coloro che emettono assegni o carte false; –O–

-13) da chi non restituisce quanto trovato; –O–

-14) da chi vende articoli difettati al prezzo usuale; –O–

-15) da chi non paga le bollette o le tasse dovute; –O–

-16) da chi priva una famiglia delle sue necessità con gioco d’azzardo, alcool, droga o shopping inutile. –O–

-17) Hai rubato o conservato beni illeciti? –O–

-18) Hai danneggiato o perso cose di proprietà altrui? –O–

-19) Hai accettato tangenti, regali, mazzette? –O–

-20) Hai trascurato di effettuare la restituzione di beni indebitamente acquisiti, o di aiutare i poveri? –O–

-21) Hai desiderato i beni degli altri? –O–

– 22) Hai sperperato i tuoi  beni? –O–

-23) Come genitore, hai insegnato ai tuoi figli un rigoroso senso dell’onestà e della giustizia, punendo eventuali furti lievi o gli inganni? –O–

-24) Hai peccato secondo le suddette modalità? –O–

HPeccati contro l’ottavo comandamento
(8. non darai falsa testimonianza contro il tuo prossimo.)

Questo comandamento proibisce: bugie, calunnie, maldicenza, falsa testimonianza; critiche ingiuste, inutili ed eccessive; pettegolezzi, calunnie, insulti, giudizi temerari, narrazione di segreti che si è tenuti a conservare, imbrogli, tradimenti, notizie maliziose.

-1) Hai reso falsa testimonianza per o contro qualcuno? –O–

-2) Ti sei reso colpevole di qualche calunnia, adulazione, ipocrisia, menzogna, giudizio temerario? –O–
-3) Hai avuto cattivi pensieri su altri? –O–

-4) Hai alimentato sospetti, coltivato risentimenti –O–

-5) hai rifiutato di perdonare agli altri quando hanno chiesto scusa? –O–

-6) Hai riferito maldicenze dette su di te? –O–

-7) Hai riportato le colpe dei tuoi genitori, di tua moglie, o marito, dei figli, ad altri che non hanno a che fare nulla con di loro? –O–

-8) Ti sei comportato in casa in modo infastidito, con lamentele,  spropositi, ignominie, meschinità e litigi? –O–
-9) Hai provocato danni al tuo prossimo, senza provare poi a riparare quanto è successo? –O–

-10) Hai cercato di distruggere il buon lavoro svolto da un altro, o ad ostacolarlo e comprometterlo? –O–

-11) Sei stato sensibile, compassionevole, senza cattivi pensieri, o malizia con gli altri? –O–

IPECCATI CONTRO I PRECETTI DELLA CHIESA

I. Hai rispettato le domeniche ed i dì festivi come comandato dalla Chiesa? –O–

II.
Hai praticato il digiuno? Hai mangiato carne nei giorni proibiti? –O–

Hai incoraggiato altri a violare i precetti della Chiesa? –O–

Hai dato scandalo mancando di obbedire alla Chiesa in quest0? –O–

III. Sei andato a confessarti almeno una volta all’anno? –O–

Hai ricevuto la Santa comunione durante il tempo Pasquale? –O–

IV. Sei membro di società proibite? … un comunista, un socialista, un massone? –O–

V. Hai contribuito al sostegno della Chiesa, della scuola cattolica, del pastore e parroco? Hai impedito gli altri da tale adempimento? Hai fomentato ribellione contro l’autorità Chiesa?

Hai dato il cattivo esempio ai figli rifiutando di sostenere la Chiesa?

Hai provato ad insegnare ai figli a dare la loro offerta per il sostegno della Chiesa?

Hai ridicolizzato coloro che fanno la loro parte ed offrono spesse volte di più della loro quota a sostegno della Chiesa? –O–

VI. Ti sei sposato violando le leggi della Chiesa cattolica, –O–

… o aiutato altri a farlo? –O–

Sei in compagnie [associazioni, partiti, etc.] che potrebbero un giorno rivelarsi pericolose per te ed indurti ad una violazione di questo precetto della Chiesa? Incoraggi altri a intrattenere tali compagnie? –O–

OBBLIGHI DI UNO STATO IN VITA

Doveri dei figli

Hai disobbedito ai tuoi genitori? Sei  stato causa della loro rabbia? –O–

Hai causato loro dolore? –O–

Hai usato un linguaggio offensivo nei loro confronti? –O–

Hai conservato o sprecato il tuo salario che doveva servire per il loro sostegno? –O–

Hai incitato i tuoi fratelli e sorelle o altri contro di loro? –O–

Hai trascurato di confortarli o prestare loro aiuto? –O–

Li hai trascurati nella malattia e nella morte? –O–

Doveri dei mariti

Hai afflitto o abusato di tua moglie; o l’hai accusata ingiustamente? –O–

Hai trascurato di fornire sostegno alla tua famiglia? –O–

Hai dato ai tuoi figli cattivi esempi? –O–

Non sei riuscito a correggere i loro errori? –O–

Hai interferito con la loro vocazione religiosa? –O–

Compiti delle mogli

Hai disobbedito a tuo marito? –O–

Hai indotto i tuoi figli a disobbedirgli e disonorarlo? –O–

Hai parlato delle sue colpe ai tuoi figli o a conoscenti ? –O–

Hai trascurato di correggere i tuoi figli? Hai dato loro cattivo esempio? Li hai istruiti nella religione? –O–

Hai interferito con la loro vocazione religiosa? –O–

Peccati capitali:

Orgoglio, –O–

Invidia, –O–

Ira,  –O–

Pigrizia, –O–

Avarizia, –O–

Gola,   –O–

Lussuria –O–  .

Annotazioni personali …..

LO SCUDO DELLA FEDE (XII)

[A. Carmignola: “Lo Scudo della Fede”. S.E.I. Ed. Torino, 1927]

PRATICA DELLA RELIGIONE.

Dovere della, religione. — Non basta essere galantuomini. — La vera onestà. — Il culto esterno. — La religione è buona solo per il popolo, per le donne e pei bambini?

— È proprio indispensabile il praticare la religione?

Indispensabilissimo. La religione è un dovere assoluto che l’uomo ha verso di Dio quale primo principio di tutte le cose. Poiché Dio esiste, e ha dato l’esistenza a noi, e noi, sue creature ragionevoli, siamo in dovere di onorarlo con quel culto, che Egli si merita.

— Ma che cosa può importare a Dio che noi l’onoriamo o no?

Gli importa moltissimo. Essendo Egli infinitamente giusto, deve volere come tale ciò che è conforme alla ragione e all’ordine, e l’ordine e la ragione esigono che l’uomo, creatura ragionevole, onori il suo Creatore con la pratica degli omaggi della Religione.

— Ma Iddio non è forse infinitamente beato in se stesso? Dunque che bisogno ha egli dei nostri omaggi!

Certamente Dio si trova in una beatitudine perfetta, ed Egli non ha bisogno alcuno della nostra Religione. Tutti quanti gli omaggi, non solo degli Angeli e degli uomini esistiti, esistenti, e che esisteranno, ma di miliardi e miliardi di altri Angeli e di altri uomini, che Dio potrebbe far esistere, non accrescerebbero di un etto solo la beatitudine interiore, che Dio gode da tutta l’eternità, perché Egli è l’Essere pienamente perfetto, in cui non v’è, a nostro modo di dire, un atomo solo né da togliere né da aggiungere. Ma siamo noi che abbiamo bisogno di Dio; noi, che abbisogniamo di essere da Lui conservati, benedetti, protetti, difesi, perdonati, aiutati. E pretenderemmo noi che Egli ci usasse tutti questi riguardi senza che noi ci curassimo di Lui, senza che lo onorassimo e gli rendessimo gli omaggi della religione?

— Pure ho inteso dire le tante volte che basta essere galantuomini, gente onesta, e che ciò costituisce la miglior religione del mondo.

Ed è questo propriamente uno dei più grossi strafalcioni che si dicano. E primieramente, che s’intende dai più per galantuomo? per gente onesta? Credilo? amico mio, qui ci troviamo di fronte a termini di significato molto elastico nella realtà dei fatti. Ed invero anche i libertini, gli scialacquatori, i truffatori, gli usurai, gli avari, i poltroni, ed altra simile genia, tutti si vantano di essere galantuomini, tutti pretendono di essere gente onesta. Forse ci saranno appena i galeotti, che non avranno tale pretesa. E dico forse, perché non ci sarebbe poi troppo da meravigliare, se vi fossero dei galeotti che dicessero : « I ladri e gli assassini sono i carabinieri che ci hanno arrestati, e i giudici che ci hanno condannati, ma noi siamo galantuomini ». Lo sai bene il fatto di quel re, che visitando le prigioni, s’intese a dire da tutti i carcerati, che tutti erano innocenti? Ci fu un solo che si confessò colpevole, sicché il re, voltosi a lui disse: Or se è così, tu stai male fra tutti questi innocenti: esci fuori di qui; e diede ordine che fosse rimesso in libertà. Pare dunque a te che sia questa l’onestà, questo il galantomismo da sostituire alla religione?

— Ma no. Per galantuomo si intende chi compie i suoi doveri, fa il bene ed evita il male.

E allora se un uomo riesce ad essere tale senza l’aiuto della Religione è l’ottava meraviglia del mondo. Anche quelli, che praticano la Religione, trovano difficoltà ad essere buoni ed onesti, tanto sono terribili gli assalti del demonio, del mondo e delle nostre passioni, e vuoi che un uomo riesca di per sé, senza l’aiuto della Religione a vincerli sempre?

— Ma quando un uomo sia ben compenetrato dall’idea del dovere, e da quella dell’onore, quando un uomo si imponga di non la sciarsi guidare che dalla sua ragione, perché non potrà riuscire ad essere un vero galantuomo?

L’idea del dovere, caro mio, si fonda sopra la Religione. Togli il pensiero di Dio, nostro padrone, di Dio che vede anche i nostri più reconditi pensieri, che premia i buoni e castiga i cattivi, e l’idea del dovere svanisce, e questa parola dovere diventa una parola vuota, o talmente vaga da non avere la forza di indurti a compiere il bene ed evitare il male. – In quanto all’idea dell’onore, devi comprendere che molto facilmente si può apparire nel mondo come uomini d’onore anche allora che si commettono dei gravissimi delitti. Tutto sta nel farla franca, nel coprire con destrezza e fina ipocrisia il male che si fa. E in quanto poi all’impero della ragione, devi pure ammettere che è un impero assai poco efficace, perciocché quante volte la passione piglia alla ragione il sopravvento! No, no, mantenersi buoni, onesti, galantuomini senza l’aiuto della Religione è impossibile. Chi pensasse di riuscirvi, e peggio ancora di esserlo, o è un povero illuso, o è un solenne bugiardo, che mentisce contro la voce della sua coscienza.

— Eppure, a me pare che si diano nel mondo uomini, che anche senza la Religione, abbiano un’onestà naturale a tutta prova.

Ebbene dato pure che vi siano gli uomini che tu dici, non perciò meritano di essere chiamati onesti. Ti reco qua in proposito una bella pagina del Bougaud: « L’uomo onesto onora il proprio padre e la propria madre. E Dio non ci tien luogo di padre e di madre? – L’uomo onesto è riconoscente dei beni, che ha ricevuti. E Dio non glie ne ha elargiti a piene mani? – L’uomo onesto obbedisce alle leggi del proprio paese, anche alle più onerose. E Dio non gli ha data alcuna legge da osservare? – L’uomo onesto è fedele alla propria parola. Non l’ha mai impegnata con Dio? Non si è mai legato con Lui con alcuna promessa? – L’uomo onesto rende a ciascuno ciò che gli si deve. E a Dio non è dovuta l’adorazione, la preghiera, l’azione di grazia, il culto, essendo Egli il nostro sovrano, il nostro benefattore, il nostro tutto? Dunque non corriamo dietro a chimere. Finché non si prega, non si adora, non si rende a Dio l’omaggio della Religione, diciamo pure che non si è uomo onesto nel vero senso della parola ».

— Questa pagina è d’una chiarezza ed evidenza incantevole. Sì, lo ammetto il praticare la Religione è un dovere assoluto.

E tanto più che Dio lo comanda. È sì, o no, in diritto Iddio di imporci dei precetti? Chi mai lo potrebbe negare? Or bene fra gli altri, anzi in capo agli altri, ci ha imposto anche questo in quelle parole: Io sono il Signore Iddio tuo: vale a dire: « Uomo, riconoscimi per quello che sono e rendimi l’onore, il culto, che mi è dovuto ».

— Benissimo. Ma in confidenza, coloro i quali praticano la Religione non sono alla fin fine come tutti gli altri? non commettono anch’essi le loro marachelle?

Ammetto che anche tra gli uomini di Religione ve ne siano di quelli, che non fan bene, perché anch’essi come tutti gli altri uomini hanno di quel d’Adamo. Ma anche in questo caso non avranno sempre costoro un aiuto per reagire contro se stessi? Eppoi se anche costoro, uomini di Religione, fan male, è forse per colpa della Religione, oppure di quel mondo miscredente e irreligioso, tra cui vivono, e di cui subiscono una perniciosa influenza? Del resto considera un po’ bene le cose: confronta un po’ a fondo gli uomini di Religione con quelli che non ne vogliono sapere, e poi vedrai se i primi possono stare alla pari coi secondi nel fare d’ogni erba fascio! Riconoscerai che sì ancor essi, gli uomini religiosi, cadranno in qualche disordine, ma che i delitti più neri, più esecrandi, più orribili sono la privativa pressoché esclusiva di coloro, che non credono e non hanno Religione.

— Non ho difficoltà ad ammettere che la cosa stia così. Ma dacché bisogna proprio praticar la Religione non basta forse praticarla col cuore? Che bisogno c’è di manifestarla esteriormente in pubblico con riti, con preghiere, con cerimonie esteriori?

Che bisogno? Per Iddio nessuno certo, per noi moltissimo. Prima di tutto perché  Dio ce lo comanda; poi perché, anche non ce lo comandasse, dovremmo renderglielo egualmente, essendoché noi siamo anima e corpo, e dobbiamo perciò con l’anima e col corpo manifestare a Dio la nostra sudditanza; e da ultimo perché il culto esteriore serve efficacemente a farci rendere a Dio anche quello interiore.

— Come? questo non lo capisco.

Hai mai provato qualche effetto nel tuo cuore prendendo parte a qualche pubblica manifestazione di fede? I cantici della Chiesa, il suono degli organi, i riti compiuti con solenne maestà dai sacerdoti non ti hanno mai interiormente colpito?

— Oh! sì. Debbo dire la verità. Molte volte mi hanno commosso, ed anche senza che io ci avessi pensato prima, mi sono sentito attratto da una forza per me inesplicabile a stare raccolto, a pregare, e persino a piangere.

Vedi adunque di qual maniera il culto esteriore ci giova per rendere a Dio anche quello interiore. Aggiungi poi che il culto esteriore torna sommamente utile alla società. La sola esperienza del passato è sufficiente a provarlo; la stessa ragione poi ce lo assicura, giacché per mezzo del culto esterno è predicato del continuo e all’individuo e alla società l’esistenza di un Dio sommamente giusto, che premia i buoni e castiga i cattivi, verità questa fondamentale del dovere e dell’ordine; per mezzo del culto esterno è mantenuto più vivo il sentimento dell’universale fratellanza; per mezzo del culto esterno viene esercitata la più forte influenza sopra le arti e sopra la civiltà, per mezzo del culto esterno infine, per tacere di altro, il sentimento della patria si fa grande e gagliardo.

— A dir il vero non aveva mai riflettuto a tutto ciò, e sono contentissimo di averlo appreso. – Nondimeno lo spendere tanti denari come si fa alle volte per certe feste religiose non è troppo? Non sarebbe meglio farne delle elemosine?

Questa osservazione non è tua certamente, ma di coloro che vogliono rivaleggiare con Giuda, il quale vedendo la Maddalena versare unguento sui piedi di Gesù diceva: « Non era meglio venderlo, e il denaro ricavato darlo ai poveri? » Ma per rispondere a questa osservazione potrei domandare a te: E non sarebbe meglio che in occasione di visite reali, imperiali, di feste civili e carnevalesche, anziché spendere tanti denari negli apparati esteriori si facessero delle elemosine? Del resto forsechè non si possa far l’una cosa e l’altra? E alla fin fine a questi apparati esteriori non ci tengono gli stessi poveri, i quali alle volte anche con maggior sacrificio dei ricchi ci concorrono con le loro spontanee oblazioni? E poi quegli apparati esteriori in certe speciali solennità non ci parlano con maggior efficacia della grandezza di nostra Religione e non ci spronano più efficacemente a praticarla?

— Sì, è verissimo. Ma ora vorrei un po’ sapere perché vi sono molti che dicono la Religione essere buona per il popolo, per le donne…

È facile a spiegarsi. In questi motti escono coloro che son dominati dalla superbia, che credono di abbassarsi a praticare quella Religione, che specialmente praticano il popolo e le donne. Ma appunto perciò devi capire come costoro non dicano la verità. La Religione o è vera, o è falsa. Se è vera, e per conseguenza buona, lo è tanto per gli uomini elevati come per il popolo e per le donne, e se è falsa, lo è parimenti per tutti. Certamente la religione è di un conforto e vantaggio inestimabile al povero popolo ed alle donne, che sembrano specialmente destinati a soffrire. Ma qui si tratta non solo di vantaggio e conforto, ma anche, e specialmente, di dovere. Ora l’uomo, e particolarmente l’uomo di classe elevata o per natali, o per censo, o per scienza, o per qualsiasi altra condizione, non si trova ad essere anch’egli suddito di Dio? Del resto se si guarda bene che gli uomini, e specialmente i giovani, corrono più gravi i pericoli, sentono più vive le passioni e sono più proclivi ai cattivi costumi, ben si conosce che la Religione si manifesta anche più indispensabile nell’uomo. No, la Religione non è buona soltanto pel popolo e per le donne, ma è buona per tutti.

— E che devo pensare di coloro che dicono che è vero che un po’ di Religione ci vuole, ma non troppa per non cadere nel fanatismo?

Devi pensare che costoro la sbagliano Il fanatismo, ossia l’immaginazione riscaldata che induce a fare pratiche religiose o che sembrano tali in modo eccessivo, disordinato, inopportuno, è certamente un male, dal quale dobbiamo sperare di essere da Dio liberati. Ma se questo è un male per eccesso, il « po’ di religione », di cui costoro vorrebbero accontentarsi, è un male per difetto. – La Religione non è già una specie di pepe, di cui si debba solo metterne un po’ nelle vivande per farle più saporite, ma è la vivanda, il cibo istesso dell’anima nostra, che perciò deve essere sostanzioso, tale quale ce lo ha preparato Iddio medesimo. Un po’ di Religione anziché la Religione nella sua integrità, è una contraddizione manifesta. È lo stesso che dire che Dio sì, bisogna ma onorarlo, non troppo, ma non sempre, ma non a quel modo che Egli vuole esser onorato.

— Ciò è chiaro. E che dire di quelli che, capi di famiglia, si vantano magari di non praticare essi la Religione, ma asseriscono di volerla per i loro bimbi, perché è utile?

Costoro fanno male per due riguardi. Prima di tutto perché, se sono convinti che la Religione è utile, dovrebbero praticarla anch’essi dandone l’esempio ai propri figliuoli; in secondo luogo perché essi considerano la Religione come uno spediente e non già come un dovere. Essi vanno precisamente d’accordo con quei politici, che riguardando nel prete un alleato del carabiniere, un gendarme in sottana, e nella Religione da lui predicata un aiuto a tenere a freno la società, la vorrebbero unicamente per questo motivo, disposti però a farne a meno, se dalla Religione non ridondasse tale utilità. La Religione, caro mio, si deve volere per noi, per tutti, siccome sacrosanto obbligo, che ci incombe verso di Dio.

G. FRASSINETTI: CATECHISMO DOGMATICO (IX)

Catechismo dogmatico (IX) 

[Giuseppe Frassinetti, priore di S. Sabina di Genova:

[Ed. Quinta, P. Piccadori, Parma, 1860]

CAP. VII
DEI SACRAMENTI.

§ II

Del Battesimo.

— Come si definisce il Sacramento del Battesimo?

«Un Sacramento della nuova legge Istituito da Cristo per la spirituale rigenerazione dell’Uomo. »

— Che cosa significano queste parole: per la spirituale rigenerazione dell’uomo?

L’uomo è morto alla grazia di Dio per il peccato, mediante il Battesimo rinasce a questa grazia, che è la vita soprannaturale dell’anima. In questa spirituale rigenerazione, entra a fare parte dei fedeli di Cristo, diviene cioè membro della sua Chiesa, e acquista il diritto di essere ammesso agli altri Sacramenti.

— Quale è la materia di questo Sacramento?

L’acqua naturale, sia del pozzo, sia della fontana, sia del mare. Però nel Battesimo solenne, cioè nel Battesimo che si conferisce con le solite cerimonie, si deve adoprare l’acqua santa benedetta nel fonte del Sabato Santo.

— Altro liquido come vino, olio, ecc. non basterebbe per amministrare il Battesimo in caso di necessità?

É di Fede che solo l’acqua vera e naturale sia necessaria per dare validamente il Battesimo (Conc. Trìd. sess. VII c. 2 ), e perciò se si adoprasse qualunque altro liquido il Battesimo sarebbe invalido.

— Se si adoprasse acqua vera e naturale, ma vi si mischiasse altro liquido o materia, sarebbe parimente invalido il Battesimo?

Se si mischiasse in poca quantità, non sarebbe invalido; vediamo infatti che nell’acqua benedetta del fonte del Sabbato Santo si mischia alquanto di Olio e di Crisma, e non solo si può, ma si deve battezzare con quell’acqua, tolto il caso di necessità. Se poi il liquido, o altra materia mischiata con l’acqua, fosse in tale quantità che essa non si potesse dire più acqua, come se ci si mischiasse tanta terra che quell’acqua divenisse fango, in questo caso il Battesimo resterebbe invalido, cioè non avrebbe alcun effetto.

— Quale è la forma del Sacramento del Battesimo.

« Io ti battezzo in nome del Padre, e del Figliuolo, e dello Spirito Santo. »

— Chi cangiasse o tralasciasse di esprimere qualcuna di queste parole, il Battesimo resterebbe invalido?

Se la mutazione non fosse essenziale, e l’omissione nè meno, il Battesimo sarebbe valido, altrimenti non avrebbe più alcun valore. A cagione di esempio se si tralasciasse la parola io, il Battesimo avrebbe il suo valore, se si tralasciasse la parola battezzo non avrebbe più valore alcuno (vedi la prop. condann. da Aless. VIII n. 27).

— Quale attenzione si deve avere nel battezzare?

Di versare l’acqua sopra la testa del fanciullo in quantità che scorra sopra la medesima, e frattanto di proferire le parole della forma con tutta precisione.

— Perché si deve avvertire a versare l’acqua sopra la testa?

Perché versandola sopra altra parte del corpo, quantunque probabilmente il Battesimo sia valido, specialmente se si versasse sopra una parte delle primarie, come sopra il petto e sopra le spalle, non è però certissimo il suo valore come allorché si versa sopra la testa. È per questo che se un fanciullo fosse stato battezzato sopra altra parte del corpo, si dovrebbe ribattezzare sotto condizione, come prescrive il Rituale Romano. Versando l’acqua sopra la testa, si deve anche avere l’avvertenza di non farla scorrere soltanto sopra i capelli quando il battezzando li avesse folti, perché alcuni dubitano che l’acqua, non toccando la pelle, resti il Battesimo senza valore. Questo dubbio ha pochissimo fondamento, ma trattandosi di un Sacramento di tanta necessità, bisogna usare di tutta la sicurezza; perciò in quel caso si dovrebbe avvertire che l’acqua scorresse alquanto sopra la fronte, o le tempia.

— Perché richiedesi che l’acqua si versi in quantità che scorra?

Perché il Battesimo dovendo essere una lavanda, non si potrebbe dir tale qualora l’acqua non scorresse, e certo non si dice che una cosa si lavi se gli si lasciano cader sopra alcune gocce di acqua che si fermano dove cadono.

— É necessario che l’acqua si versi in tre volte sopra il capo del battezzando?

La Chiesa comanda così, e perciò si deve osservare questo rito; per altro il Battesimo sarebbe certamente valido anche versandola in una volta sola.

— Perché si vuole che tutto in un tratto, chi versa l’acqua proferisca insieme la forma?

Perché si deve sempre applicare la forma alla materia in tutti i Sacramenti, e quando vi fosse notabile interruzione tra il profferire la forma e l’applicare la materia, il Sacramento sarebbe invalido.

— Chi è il ministro del Sacramento del Battesimo?

Il ministro ordinario è il Sacerdote, lo straordinario è il Diacono, il quale può essere delegato ad amministrare questo Sacramento con le debite cerimonie, quando vi sia giusta causa. Avvenendo però qualche caso in cui non si possa avere né Sacerdote, né Diacono, qualunque persona, anche un fanciullo, purché abbia l’uso della ragione, e anche un infedele, può amministrare il Battesimo: questo è definito dal concilio IV Lateranese (Antoin. de Rap. c. 3 a. 1).

— Se un Chierico non ancora ordinato Diacono, o pure un laico battezzasse un fanciullo fuori del caso di necessità, tale Battesimo sarebbe valido?

Sarebbe valido certamente; per altro chi si arrogasse di battezzare fuori del caso di necessità peccherebbe gravemente (Antoine ibid.).

— Il Battesimo è necessario per tutti?

Il Battesimo è necessario a tutti perché conseguiscano l’eterna salute, ed è articolo di Fede definito dal Sacrosanto Concilio di Trento (Sess. VII, c. 5), però i Teologi distinguono tre sorta di Battesimo: il Battesimo di sangue, il Battesimo di desiderio e il Battesimo di acqua, il quale solo è propriamente Sacramento; gli altri due fanno le sue veci, ma non sono Sacramenti.

— Che cosa è il Battesimo di sangue?

Il Battesimo di sangue è il martirio. Se un bambino fosse ucciso in odio della fede prima di essere battezzato si salverebbe. Quando però nelle persecuzioni uccidevano i Cristiani adulti, e anche i loro bambini, se alcuno di tali bambini non era ancor battezzato, andava salvo.

— Che cosa è il Battesimo di desiderio?

Il desiderio di ricevere il Battesimo: se un turco trovandosi in punto di morte e non avendo chi volesse battezzarlo, desiderasse il Battesimo, si salverebbe.

— Che cosa si richiede per il martirio?

Nei fanciulli si richiede che siano uccisi in odio di Cristo o della sua Fede, né altro si richiede di più. In tal modo furono veramente martiri i ss. Innocenti fatti uccidere da Erode. – Negli adulti poi si richiede: 1. Che accettino la morte per un motivo onesto e soprannaturale; se uno accettasse il martirio per fine della vanagloria di essere onorato qual martire, la sua morte non avrebbe il merito del martirio; se un altro l’accettasse per levarsi dal condurre una vita angustiata nell’indigenza, né meno egli sarebbe martire. 2. Che non abbiamo volontà di difendersi; perché il morire in guerra per la Fede non è propriamente martirio. 3. In chi fosse reo di peccato mortale, si richiederebbe il pentimento del peccato almeno di attrizione. Si noti poi che il martirio deve essere volontario, essendo un atto della virtù della fortezza; per altro non è necessaria la volontà attuale e nemmeno virtuale d’incontrare la morte per attestare la Fede; basta la volontà abituale. Per esempio, in tempo di persecuzione un Cristiano è già risoluto di piuttosto morire che rinunziare alla Fede, un giorno mentre dorme è sorpreso dal persecutore ed è ucciso: egli è vero martire per la sua disposizione abituale in cui si trova. Si noti di più che il martirio non libera da tutte le altre obbligazioni che può aver l’uomo in punto di morte, se però può aver tempo a soddisfarvi. Se non avesse ancora preso il Battesimo, potendo sarebbe obbligato a prenderlo, se avesse qualche peccato mortale non ancor confessato, sarebbe obbligato a confessarlo, qualora avesse pronto il Sacerdote che lo potesse assolvere (Antoine ut sup. art. 5).

— Chi soffrisse la morte per non offendere un’altra virtù p. es. la castità, sarebbe martire?

Certamente; e le vergini che vollero morire piuttosto che cedere alle lusinghe dei tentatori della loro pudicizia, sono venerate per martiri (Antoine ut sup. art. 4).

— Chi soffre la morte per motivo di carità, servendo agli appestati, si può dire vero martire?

Egli non è martire in tutto il rigore del termine, perché il martirio è un atto della virtù della fortezza in difesa della Fede, o di qualche altra virtù cristiana; nell’esporsi al pericolo di morte servendo agli appestati, v’interviene un atto di fortezza non in difesa, ma soltanto in esercizio della virtù della carità; egli per altro potrebbe avere innanzi a Dio un merito uguale a quello del reale martirio: la Chiesa nel suo martirologio al 28 di febbraio venera come martiri quelli che morirono in servigio degli appestati (« Quos velat martyres religiosa fides venerare consuevit.») – (Antoine ibid.).

— Il martirio supplisce per tutti gli effetti del Battesimo?

Supplisce soltanto per l’infusione della grazia e per la remissione dei peccati, né può supplire per gli altri effetti, dei quali si dirà dopo, e per cui si richiede il Battesimo di acqua, cioè il Sacramento. È però da notare, circa la remissione dei peccati, che nel martirio restano rimessi in quella pienezza che si rimettono nel Battesimo, sicché al martire nulla resta a scontare di pena temporale nell’altra vita, e appena consumato il martirio è ammesso nella beatitudine eterna (Antoin. ibid. art. 4).

— In caso di necessità il semplice desiderio del Battesimo vale per conseguire l’eterna salute?

Il semplice desiderio non vale se non è accompagnato dall’atto di contrizione o di carità; perché i peccati non si rimettono fuori del Sacramento, e fuori del caso del martirio, senza la contrizione dei medesimi, cioè senza che l’uomo li detesti per motivo di perfetto amor di Dio (Antoin. ibid. art. 3).

— È poi certo che si possano battezzare validamente i fanciulli?

É articolo di Fede definito dal Sacrosanto Concilio di Trento (sess. VII, C. 13), e chi dicesse che non sono veri fedeli i fanciulli così battezzati o che si devono ribattezzare arrivati all’uso della ragione, o che è meglio aspettare per battezzarli che arrivino al suddetto uso, sarebbe eretico, e dallo stesso Concilio scomunicato.

— Se arrivati all’uso della ragione fossero malcontenti di essere stati battezzati, si potrebbero obbligare a vivere da Cristiani?

Il Battesimo li costituisce sudditi della Chiesa; si dovrebbero obbligare a vivere da Cristiani, e in nulla si dovrebbe attendere al loro malcontento, come irragionevole, ed ingiustissimo.

— Non sarebbe questo un violentar la coscienza.

Non si può dire che si violenti la coscienza ad alcuno quando si obbliga a fare ciò che è di suo preciso dovere. Se gli uomini costituiti sudditi della Chiesa mediante il Battesimo, potessero ricusare di restarle soggetti arrivati all’uso della ragione, tanto più potrebbero, arrivati a quest’uso, ricusare di sottomettersi all’autorità del legittimo governo di quello stato in cui nascono. Dico tanto più, perché è più sacra ed inviolabile l’autorità che ha la Chiesa sopra i battezzati, di quella che hanno i Sovrani sopra i loro popoli. Infatti non siamo fatti sudditi da alcun Sacramento, e non abbiamo alcun carattere indelebile che in perpetuo ci costituisca tali a riguardo del legittimo Sovrano nel cui stato nasciamo; se mutiamo stato non siamo più sudditi di lui; non vi ha frattanto alcuna parte di mondo in cui andando ci possiamo sottrarre dalla sudditanza della Chiesa dopo di essere stati battezzati (Con questo non si vuol dire che non sia anche sacra ed inviolabile l’autorità che ha il Sovrano sopra i suoi sudditi. È sacra perché i principi hanno la loro autorità da Dio; è inviolabile, perché tolto il caso in cui il principe comandasse il delitto, caso che non formerebbe uso di autorità, ma abuso di prepotenza, non può mai accadere che il suddito abbia il diritto di disubbidire al Sovrano).

— Quali sono gli effetti del Battesimo?

Si assegnano sei effetti del Sacramento del Battesimo:

1) Rimette il peccato originale ed ogni peccato attuale, tanto circa la colpa quanto circa la pena anche temporale dovuta al peccato attuale: cosicché se un adulto subito dopo ricevuto il Battesimo passasse all’altra vita, nulla avrebbe da scontare in Purgatorio; e perciò, se si battezzasse un adulto moribondo, non se gli potrebbe dare alcuna indulgenza.

2. Conferisce la grazia santificante, le virtù infuse e gli altri doni soprannaturali con cui l’uomo resta santificato e rinnovato interiormente.

3. Da un certo diritto ad ottenere le grazie attuali necessarie al conseguimento del suo fine, cioè necessarie all’uomo, affinché possa vivere cristianamente e santamente. Qui consiste la grazia sacramentale di cui si parlò nel § antecedente D. 15.

4. Imprime nell’anima un carattere indelebile per cui non si può ricevere che una volta sola.

5. Ci costituisce membri della Chiesa, e ci sottomette alla sua giurisdizione.

6. Ci dà la capacità e il diritto a ricevere gli altri Sacramenti, e ci fa partecipi dei beni comuni della Chiesa, come sono le Indulgenze, i frutti del Sacrificio della Messa ecc. (Antoine de Bapt. cap. 4, art. 1).

— Gli adulti che ricevono il Battesimo, devono avere il dolore dei peccati?

Del peccato originale non ne devono aver dolore, perchè non ci possiamo pentire se non dei peccati commessi con la propria individua personale malizia. È certo poi che devono essere pentiti dei peccati mortali attuali, almeno con dolore di attrizione, giacché questi non si perdonano mai senza che la persona ne abbia sincero dolore (Antoin. loc. cit. art. 2).

III.

Della Confermazione.

— Come si definisce il Sacramento della Confermazione?

« Un Sacramento della nuova Legge col quale si dà ai battezzati la fortezza dello Spirito Santo perché restino fermi nella Fede e la professino intrepidamente » (Habert).

— Chi è il ministro di questo Sacramento?

É articolo di Fede, dichiarato dal sacrosanto Concilio di Trento (sess. VII, can. 3) che il solo Vescovo è il ministro ordinario di questo Sacramento. Per altro il Sommo Pontefice può delegare anche un semplice Sacerdote a conferire la Confermazione; in tal caso il semplice Sacerdote, ne è ministro straordinario.

— Quale è la materia della Confermazione?

L’imposizione delle mani e l’unzione del Sacro Crisma.

— Quale ne è la forma?

Sono quelle parole « Io ti segno col segno della Croce, ti confermo col Crisma della salute. »

— Chi è il soggetto di questo Sacramento?

Ogni uomo battezzato; e per ciò, sebbene fuori il caso di necessità, secondo l’odierna disciplina non si debba dare se non dopo il settennio, anticamente si dava anche ai bambini immediatamente dopo il Battesimo (Hubert, cap. 2).

— Quali disposizioni si richiedono in quelli che ricevono questo Sacramento?

Quando il Vescovo crede di avere bastanti motivi per conferire questo Sacramento ai fanciulli prima dell’uso di ragione, si richiede soltanto che siano battezzati; conferendosi questo Sacramento agli adulti e ai fanciulli che hanno già l’uso della ragione, si richiede lo stato di grazia, e una conveniente istruzione circa le cose della Fede e la natura e gli effetti di questo Sacramento.

— Questo Sacramento è necessario per conseguire la salute eterna?

Non è necessario assolutamente parlando; e diversamente ne sarebbero ministri i semplici Sacerdoti affinché a tutti fosse cosa facile il riceverlo; per altro ciascuno potendo, è obbligato a ricevere questo Sacramento sotto pena di peccato mortale; come Benedetto XIV comanda ai Vescovi d’insegnare a quelli che non lo hanno ancora ricevuto .(Bulla Etsi pastoralis de rit. et dogm. Græcor. 1742, § 3, n. 4).

— Quali sono gli effetti di questo Sacramento?

Sono due: 1. Il carattere indelebile, come si disse nel § 1 alla D. 17. 2. È la pienezza dello Spirito Santo che dà all’anima una particolare fortezza onde si vincano facilmente le tentazioni contro la Fede, e si sopportino con invitta costanza le persecuzioni che si dovessero incontrare per causa della medesima. Questa pienezza dello Spirito Santo include anche l’aumento della grazia santificante (Hubert cap. 3).