I SANTI MISTERI (1)

G. De SEGUR: I SANTI MISTERI (1)

[Opere di Mgr. G. De Ségur, Tomo X, 3a Ed. – LIBRAIRIE SAINT- JOSEPH TOLRA, LIBRAIRE-ÉDITEUR, 112, RUE DE RENNES, 112 – 1887. PARIS, impr.]

I SANTI MISTERI

Il Trattato dei Santi Misteri si rivolge più in particolare agli ecclesiastici, ai religiosi, ed alle persone maggiormente abituate alle cose di Dio. Preziose testimonianze permettono di affermare che sarà di gran vantaggio a tutti coloro che lo leggeranno con cura soprattutto nei piccoli o grandi seminari e nelle comunità religiose. Sei-settemila esemplari sono andati esauriti in pochi anni, ed è stato tradotto in italiano, spagnolo, fiammingo e, se non erriamo, in tedesco. 

Agli allievi del santuario

La Messa è il centro del culto di Dio sulla terra, è come il cuore della vita sacerdotale. Un Sacerdote che dice bene la Messa è d’ordinario un santo Prete, mentre un Sacerdote che la celebra negligentemente, senza riverenza e senza zelo, senza ardore, è se non una luce spenta, per lo meno una luce misera, senza splendore, senza ardore, prossima allo spegnersi. Voi siete in seminario, amici miei, unicamente per diventare un giorno dei Preti santi, per illuminare i popoli, convertirli infiammarli del fuoco divino dell’amore di Nostro Signore. Per voi, più che tutti gli altri fedeli, è di immensa importanza conoscere per bene le ineffabili grandezze del Sacrificio della Messa e circondarlo di profondo rispetto. La Messa che voi ascoltate ogni giorno, deve essere, fin da ora, ciò che sarà ben presto la Messa che voi celebrerete ogni giorno. Essa deve essere il cuore, il sole di ciascuna vostra giornata, il punto centrale al quale tutto si rapporta, intorno al quale tutto gravita nella grande opera della santificazione. Sappiatelo – amici miei cari – voi direte un giorno la Messa così come l’ascoltate oggi; se voi la ascoltate con pietà, con fede viva ed una religiosità molto intima, più avanti, quando sarete Sacerdoti, la celebrerete santamente; se voi la ascoltate male, la celebrerete male. Ora, uno dei mezzi più efficaci per farci bene intendere e ben celebrare la Messa, è senza dubbio l’intelligenza dei riti che la Chiesa ha istituito per la celebrazione dei santi Misteri. Il senso di queste cerimonie sacre ne è come l’anima, come la via; una volta penetrate e ben comprese, esso ci rivela dappertutto il grande mistero di GESÙ-CRISTO, che riassume in sé il cielo e la terra; questo impedisce la routine, respinge la negligenza  e la svogliatezza; sostiene meravigliosamente il fervore, la fede viva, la devozione. Benché questo piccolo lavoro possa servire a tutte le persone pie, io ve lo porgo in modo speciale, e vi prego di gradirlo come affettuoso omaggio. Possa esso elevare i vostri spiriti, illuminare ed attirare i vostri cuori, farvi venerare ancor più la santissima liturgia cattolica  e l’adorabile mistero dell’Eucarestia, sorgente principale, per non dire unica, di tutta la pietà cristiana e sacerdotale.

11 Aprile 1869, 50° anniversario della prima Messa del nostro Sommo Pontefice, il Papa Pio IX.

I MISTERI

PROLOGO

Prima di penetrare nella contemplazione e nell’esposizione del gran dramma della Messa, è necessario porre qui delle riserve. Esse vertono sulla natura stessa di queste spiegazioni. – Nel tesoro della Chiesa, non esiste, che io sappia, una interpretazione ufficiale e di conseguenza assolutamente certa dei sacri riti della Messa. Quale sia il senso vero, diretto di « queste mistiche benedizioni che ci vengono dalla disciplina e dalla Tradizione degli Apostoli? » Qual sia il vero senso, o quali siano i sensi che i santi Apostoli abbiano voluto celare sotto questi riti? Né i Santi Padri, né la Chiesa hanno creduto rivelarceli, sembra pure, al dire di San Dionigi l’Aeropagita e di Clemente di Alessandria, che i riti misteriosi del divino Sacrificio, siano stati istituiti per esprimere e nel contempo velare abissi di grazie e di luce, per nascondere i misteri della Saggezza divina agli occhi dei profani e per proporli, non alla visione chiara, ma alla meditazione ed alla contemplazione dei Cristiani spirituali, i quali, dice San Paolo, hanno il senso di Cristo e sono pieni dello Spirito « che penetra tutto, anche le profondità di Dio ». Queste profondità di Dio, sono tutte riassunte nel mistero universale del Cristo, ed il mistero del Cristo è Esso stesso interamente riassunto, condensato in questa azione adorabile che, per questa ragione la Chiesa chiama per eccellenza i Santi misteri. Nel Medio Evo, ed anche in seguito, sono state fornite molte spiegazioni su questo soggetto da parte di grandi e santi uomini  (tra gli  altri il Papa Innocenzo III, come dottore privato; San Tommaso, nei suoi Opuscoles; Durand, vescovo di Mende, nel suo Rational; Suarez; il Cardinale Bona; il santo Abate Olier), ma queste interpretazioni, benché moto belle in sé, differiscono le une dalle altre ed esprimono evidentemente delle vedute particolari della pietà e del genio di ciascuno di essi, ed inoltre non riportano il senso proprio e tradizionale, il senso apostolico ed ecclesiastico delle antiche cerimonie del Santo Sacrificio. Vere soggettivamente, queste interpretazioni, lo sono oggettivamente allo stesso grado? Nessuno saprebbe affermarlo. Quelle che andiamo a proporre qui alla pietà del lettore mi sembra realizzino più direttamente, e più completamente l’idea dominante del Sacrificio della Messa, la quale è certamente il riepilogo del mistero universale di GESÙ-CRISTO. Questo mistero adorabile, centro di tutti gli altri, celeste ed insieme terrestre, abbraccia tutti i tempi, fin dal primo momento della creazione degli Angeli e degli uomini, fino alla consumazione ultima, fino alla beata eternità. Questa interpretazione realizza pienamente, come sembra, la celebre parola del Salmo CX, applicato da tutti gli interpreti all’Eucaristia, Sacrificio e Sacramento: Memoriam fecit mirabiliam suorum misericors et miserator Dominus; escam dedit timentibus se.  Essendo la Messa il memoriale delle meraviglie e dei misteri del Signore Nostro, il cerimoniale che l’accompagna deve rispondere a questo pensiero. Ora le interpretazioni che riassumo qui mi sembrano emergere naturalmente dai riti medesimi e non possono avere quella nota di invenzione che spesso si riscontra spesso in tal materia, e che è più propria a discreditare la santa Liturgia che a conciliarne il rispetto e l’ammirazione. Esse non sono punto di fede; si collocano quasi tutte nell’ambito di quelle che si chiamano opinioni, liberi sentimenti; le si può non adottare se, contemplando i nostri santi misteri, si trovano luci che soddisfino di più e la pietà e la ragione e la sapienza. Queste sono state prese da fonti molto autorevoli; esse sono inoltre, mie relazioni con diversi dotti e pii personaggi, sia qui che a Roma. È dunque il frutto di tutto ciò che ho potuto, da venticinque anni, intendere, raccogliere e contemplare su questo bel soggetto che ho cercato di riassumere in un piccolo opuscolo, il cui merito principale è, senza dubbio, di essere breve ed alla portata di tutte le intelligenze e di tutte le borse. Un venerabile superiore di Seminario mi assicura che queste spiegazioni potranno essere molto utili alle anime pie ed al giovane clero. È in questa speranza che io oso proporlo qui, come capace di chiarire santamente lo spirito e di fortificare la pietà. – Studiamoli umilmente, non da dottori sapienti, ma come scolari che indagano. 

I

Quanto sante e venerabili siano le cerimonie della Messa.

Più una cosa o una persona è grande, più è naturale circondarla di rispetto e di onori. Quando un sovrano onora della sua visita una città o un castello, si mette in opera tutto per fare un’accoglienza degna di lui; non c’è nulla che sia di troppo; nulla si risparmia. Ancor meglio se si trattasse della visita del Papa. Come ci si può allora stupire che i santi Apostoli ed i primi Pontefici della Chiesa, regolando il culto divino, abbiano circondata di cerimonie augustissime questa divina visita che il Re del cielo si degna di fare ogni giorno alla terra, mediante la Consacrazione eucaristica? Le une, quelle che precedono la Consacrazione, sono come la preparazione del Sacerdote e del fedele all’arrivo del grande Re Gesù; quando appare questo Re celeste, tutti si prosternano ed adorano in silenzio. La altre cerimonie, quelle che seguono la Consacrazione e terminano la Messa, preparano il Sacerdote ed i Cristiani a ricevere, con la Comunione, l’adorabile Visitatore e ringraziarlo del suo amore misericordioso. – Il Concilio di Trento ci dichiara che: Tra le cose sante, nulla c’è di venerabile, niente di sacro, come queste benedizioni piene di misteri, che gli Apostoli stessi hanno istituito e lasciato in eredità alla Chiesa. « La nostra santa Madre Chiesa, dice il Concilio, ha introdotto, conformemente alla disciplina ed alla tradizione apostolica, delle cerimonie, come le benedizioni mistiche, le luci, gli incensamenti, gli ornamenti, e molte altre cose di questo genere, alfine di accrescere la maestà di sì gran Sacrificio ed al fine di eccitare gli spiriti dei fedeli, con questi segni sensibili della pietà e della Religione, alla contemplazione dei profondissimi misteri che cela questo Sacrificio. (Sess. XXII, c. V), Riassunto ed imperfetto senza dubbio, ma infine spiegandoli un po’. Le cerimonie della Messa, hanno per oggetto di ricordare e compendiare, intorno alla Persona stessa di Gesù eucaristico, tutto l’insieme del magnifico ed universale mistero di questo divin Salvatore: l’unità di Religione che esiste tra gli Angeli e gli uomini, tra l’Alleanza antica e la nuova, tra la grazia del primo Avvento di GESÙ-CRISTO e la gloria del secondo. Anche i Sacerdoti e tutti coloro che li assistono all’altare, devono rispettarle infinitamente, ed osservarle religiosamente. Omettere o negligere volontariamente quelle che si rapportano più direttamente alla Consacrazione, sarebbe certamente un peccato mortale; e tutte, anche le minime, obbligano in coscienza. È fuor di dubbio che le rubriche dell’Ordinario della Messa, dopo il segno della Croce, dall’inizio fino al Deo gratias finale, sono tutte imperative e non solo direttive. Bisogna osservarle alla lettera, con molta fede, religione ed amore, e fare tutto ciò che viene prescritto dalla Chiesa, così com’è prescritto, e solo ciò che è prescritto, senza nulla omettere, senza nulla aggiungere. Altrimenti si rischierebbe di falsare il senso delle cose sante che queste cerimonie sono destinate a significare. Questo punto è molto importante, e la dottrina che riportiamo è affatto certa, checché se ne possa dire. La Bolla di San Pio V, che è sempre in pieno vigore, come la Santa Sede l’ha espressamente dichiarato in precedenza, decreta che, nel Messale Romano, nulla dovrebbe essere mai aggiunto, né soppresso, né cambiato … « sotto penna dell’indignazione Apostolica », il Sovrano Pontefice « ordina a tutti i Sacerdoti in generale, ed a ciascuno in particolare, qualsiasi sia il rango nella Chiesa, e questo in virtù della santa obbedienza, di dire o cantare Messa secondo il rito, il modo e la regola che prescrive il Messale. »  Ed il Papa Urbano VIII decretò ugualmente, mediante la Congregazione dei Riti, « che in ogni cosa, “in omnibus et per omnia”, si devono osservare le rubriche del Messale Romano, nonostante ogni uso contrario, che egli dichiara essere un abuso. » Inoltre, tante volte la Congregazione dei Riti ha risposto, nel Nome del Sovrano Pontefice, a delle questioni relative a certe pratiche non indicate dalle rubriche: « Serventur rubricæ » [si servano della rucrica]. Questa risposta è significativa; essa ci rinvia puramente e semplicemente alla lettera delle rubriche. Vale a dire: che si osservino le rubriche, non si faccia più di quanto esse non dicano di fare, che si faccia tutto ciò che esse dicono di fare, né più né meno. – Un professore di liturgia insegnava nel passato, in pieno corso, in un gran Seminario molto considerevole, che le rubriche dovessero intendersi in questo senso: che bisognava fare almeno ciò che esse prescrivono; ma che si poteva fare di più, « … purché sia più bello ». A questo riguardo, si potrebbe, si dovrebbe far durare l’Elevazione un quarto d’ora o una mezz’ora, « … purché questo sia più maestoso. » In effetti, questo non è specificato dalla rubrica; essa nulla dice. Questa interpretazione moderna è semplicemente l’introduzione dei principii dell’89 nella liturgia. Questo falso dato liturgico ha aperto le porte alle mille ed una invenzioni che sfigurano la maestosa semplicità della liturgia romana. « Serventur rubricæ»; « … che si osservi la rubrica! » Ecco la regola delle regole, ed essa obbliga in coscienza [L’autorità della Congregazione dei Riti, e in generale, delle Sacre Congregazioni romane, è l’autorità medesima del Sovrano-Pontefice che, attraverso di esse, governa e regge la Chiesa. I Vescovi stessi sono sottomessi ai decreti delle Congregazioni e non possono né dispensarsene, né dispensare gli altri: ancor mano i curati ed i semplici Sacerdoti. Soltanto l’ignoranza del diritto canonico, ha potuto introdurre queste distinzioni chimeriche tra l’autorità del Papa e quella delle Sacre Congregazioni. Le Congregazioni sono all’Autorità del Papa, ciò che per noi sono i diversi ministeri all’autorità del Capo di Stato, ed ancor di più.]. Santa Teresa, che sapeva unire una mirabile larghezza di spirito a tutte le delicatezze dell’obbedienza, diceva: « Io darei la mia testa per le cerimonia più piccole della Chiesa. » Ella aveva ben ragione, pensiamo, diciamo, facciamo come lei.

II

 Cosa rappresenta l’altare sul quale  si celebra la Messa.

   L’altare deve essere di pietra. Se fosse di legno o di bronzo, o anche di argento ed oro, occorrerebbe comunque che lo spazio sul quale si offre il Sacrificio, sia di pietra; questa pietra si chiama appunto “pietra d’altare”. L’altare (o “pietra d’altare”, che è la stessa cosa, almeno in pratica) è consacrata dal Vescovo, che lo marchia con cinque croci, in onore delle cinque piaghe che Gesù-Cristo conserva in eterno nel suo Corpo glorificato; questa consacrazione si fa con il santo Crisma, che è il più sacro degli oli santi, e dopo le unzioni il Vescovo brucia un grano di incenso purissimo in ciascuna delle croci che sono incise nella pietra. – Così consacrato l’altare, in effetti, significa: Nostro Signore GESÙ-CRISTO, al di fuori del Quale, il Padre Celeste non gradisce alcun omaggio religioso, alcuna adorazione, nessun sacrificio. GESÙ-CRISTO è quindi il centro ed il fondamento vivente dell’unica vera Religione, la quale è iniziata con gli Angeli e con Adamo, fin dall’origine del mondo, e non finirà neppure con la fine del mondo, perché Essa durerà nel cielo, per tutta l’eternità. GESU è la pietra consacrata, la pietra angolare che supporta tutto l’edificio della Religione degli Angeli e degli uomini, ed è per questo che è assolutamente vietato celebrare la Messa fuori dall’altare consacrato, o almeno una pietra d’altare consacrata. L’altare significa allora GESÙ-CRISTO, fondamento divino della Religione e del Sacrificio. Ognuno può comprendere allora quale sia la santità dei nostri Altari, e perché sia proibito non solo di farlo servire per alcun uso profano, ma anche di non posarvi sopra nulla di estraneo al Culto divino. Ci sono dei preti che non si curano di posare sull’altare i loro occhiali, il loro berretto, la loro tabacchiera. Io ho visto sacrestani posarvi tranquillamente sopra la loro penna, la spazzola, etc. Il santo abate Olièr, uno degli uomini che hanno usato il massimo rispetto per il Santo Sacrificio ed il Santo Sacramento, era al riguardo di una severità straordinaria: una volta un giovane chierico del seminario di San Sulpizio, di cui Olièr era il Superiore, era stato scelto da lui per servir Messa per la sua grande pietà. Un giorno il pio giovane posò sbadatamente la sua piccola calotta sul cono dell’altare. M. Olièr lo riprese severamente, come per una mancanza di rispetto verso l’adorabile Eucaristia, e lo privò per otto giorni dell’onore di servire Messa. Non si è mai troppo delicati in ciò che concerne le testimonianze della fede e dell’adorazione nei riguardi dei santi Misteri e di tutto ciò che ha rapporto con il Santissimo Sacramento.

III

Gli altari privilegiati

Il Papa accorda talvolta la grazia dell’Indulgenza plenaria per le anime del Purgatorio, ai Sacerdoti che celebrano la Messa su certi altari. Questo privilegio sì prezioso ha fatto attribuire a questi altari il nome di “altari privilegiati”. Talvolta un altare è privilegiato una sola volta a settimana, altre volte il privilegio dell’Indulgenza si estende a due, tre, quattro giorni della settimana; più raramente è quotidiano. Questo dipende unicamente dalla concessione pontificale. L’indulgenza degli altari privilegiati è riservata esclusivamente alle anime del Purgatorio. A meno che il contrario non sia specificato nella concessione, queste indulgenze possono essere lucrate solo celebrando la Messa su un altare “fisso”. Per “altare fisso” si intende un altare immobile, che non possa essere cioè trasportato da un luogo ad un altro. Poco importa che sia consacrato interamente, o che ne sia consacrata solo la pietra, l’importante è che sia sigillato tanto al muro che al suolo. –  È arrivata a Parigi da qualche anno, una simpatica storia a proposito di un altare privilegiato (in francese altare, autel, si pronunzia “otel”): una pia ed eccellente dama, a giusto titolo considerata tale da tutti coloro che la conoscevano, aveva ottenuto dal Santo Padre il favore dell’altare privilegiato per la sua cappella domestica. Quando il rescritto da Roma arrivò, si era alla vigilia della sua partenza per la campagna. Ella fece dunque venire il suo amministratore, uomo di spirito e fiduciario, e gli diede ordini perché in sua assenza facesse venire pittori, scultori, indoratori, senza nulla risparmiare. Secondo la foggia delle Basiliche romane, ella desiderava far porre sopra la porta della cappella, come coronamento dello stesso altare che era appunto vicino alla porta, una bella iscrizione a caratteri d’oro: AUTEL PRIVILÉGIÉ (altare privilegiato). L’eccellente dama non si spiegò probabilmente in modo molto chiaro. In effetti, dopo quattro o cinque giorni dopo il suo soggiorno in campagna, ricevette una lettera dal bravo amministratore che le chiedeva nuove istruzioni. « Madame, lei ha senza dubbio dimenticato, diceva, che al di sopra della porta dell’hotel c’è uno stemma, etc.; i pittori e gli operai non sanno come posizionare l’iscrizione comandata da madame. » Il maldestro aveva confuso « autel » con « hotel » e se per fortuna (o per sventura), sulla grande porta d’entrata che dava sulla strada si fosse proceduto alla decorazione senza che si richiedesse una nuova consultazione, la povera santa signora, al suo rientro avrebbe trovato sopra la porta d’entrata, a grandi lettere d’oro, la scritta: HÔTEL PRIVILEGIATO. – Prova evidente che in materia liturgica, non ci si possa fidare … degli amministratori.

LO SCUDO DELLA FEDE (59)

LO SCUDO DELLA FEDE (59)

[S. Franco: ERRORI DEL PROTESTANTISMO, Tip. Delle Murate, FIRENZE, 1858]

CAPITOLO X.

IL PROTESTANTISMO È FALSO PERCHÈ COL SUO PRINCIPIO RENDE IMPOSSIBILE LA SALVEZZA.

Gesù Cristo è venuto sulla terra perché  tutti gli uomini acquistassero la salute, ciò è indubitabile: e però con la sua predicazione spianò il sentiero del Cielo in molti modi. Lo spianò con la cognizione più ampia che apportò al mondo delle verità necessarie a sapersi, lo spianò col magistero che lasciò permanente nella sua Chiesa per mezzo della quale tutti possono con facilità arrivarvi, lo spianò con l’abbondanza delle grazie che ci conferì interiormente, lo spianò per mezzo dei santi Sacramenti che sono a guisa di tanti canali che le portano sempre più copiose alle anime nostre, lo spianò co’ suoi esempli onde ci muove sì efficacemente, lo spianò con le nuove virtù che egli fece conoscere agli uomini. Parve però che i Protestanti avessero invidia di tanti beni che Gesù ci aveva procacciati. Che hanno fatto adunque? Hanno chiusa ad anime senza numero la via del Cielo. Voi non crederete facilmente tanta nequizia, ma ponete mente che io ve lo farò vedere chiaro chiaro. – Noi Cattolici per conoscere sicuramente la verità e per praticarla abbiamo un mezzo semplicissimo, alla portata di tutti, l’insegnamento vivo dei Sacri Pastori. Gesù Cristo stabilì i Vescovi e questi subordinò al Sommo Pontefice. I Vescovi mandano i Sacerdoti, i Sacerdoti insegnano a noi quello che abbiamo da credere, quello che abbiamo ad operare. In questo modo noi sappiamo per l’appunto quali verità e quali misteri abbiamo da credere, quali Sacramenti da ricevere e con quali disposizioni, quali orazioni da fare, quali sono gli obblighi dello stato di ciascheduno e da quali peccati ci abbiamo da guardare per non cadere nel fuoco eterno. Questo mezzo che è semplicissimo è ancora sommamente sicuro perché essendo infallibile la S. Chiesa, ed i Sacerdoti sotto la sorveglianza dei Vescovi, i Vescovi sotto quella del Sommo Pontefice, non potendo insegnar altro che quello che tiene tutta la Chiesa, i semplici fedeli sono al tutto certi di possedere la verità. Mirabile trovato della sapienza di Dio, la quale dispone tutte le cose a suoi fini con semplicità ed efficacia divina! I Protestanti però rovesciando questo bell’ordine di cose hanno preteso che non si debba stare alle autorità né dei Sacerdoti, né dei Vescovi, né del Papa, né di tutta la Chiesa, ed hanno stabilito come principio che ognuno debba da sé leggere la S. Bibbia, da sé intenderla ed interpretarla, da sé cavarsene fuori le verità da credere, da sé applicarsela e non stare in nulla agli altrui insegnamenti; la qual cosa se fosse vera (come per grazia di Dio non è) bisognerebbe che quasi tutto il genere umano si rassegnasse ad andare all’Inferno. Ed è chiaro perché prima di tutto come farebbero i più dei Cristiani a leggere la S. Bibbia? Nel passato prima che ci fosse la stampa non era possibile neppure averne una copia senza grandi spese, ed i più non potevano procurarsela. Inoltre i più non sapevano neppur leggere, perché allora non solo i poverelli ed i lavoratori l’ignoravano, ma non sapevano spesso neppure i Signori. Sarebbe stato anche necessario che avessero conosciuto questo precetto, ma nessuno lo conosceva: e certamente questi grandi maestroni che sempre gridano bibbia, bibbia, non sapranno davvero indicarvi il capitolo della Bibbia dove si trovi un tal precetto. Anche al presente il maggior numero dei contadini, dei lavoranti, degli artieri, delle donne non sa leggere. Bisognerebbe dire che come nel passato, così nel presente il maggior numero dei poverelli dovesse dannarsi: e tuttavia Gesù Cristo ha insegnato tutto l’opposto dicendo anzi che il Regno dei Cieli, il Santo Paradiso è fatto principalmente pei poverelli. E però è falso il Protestantismo che col suo principio li esclude senza lor colpa dal Regno di Dio. – Del resto fingete pure che tutti sapessero leggere, oppure che potessero supplire col sentire gli altri a leggere la S. Bibbia. dunque potrebbero salvarsi almeno così? No, miei cari, se fosse vero il principio dei Protestanti il maggior numero dei Cristiani non avrebbe neppure allora modo di salvarsi. Imperocché che cosa giova il leggere la Bibbia se poi non s’intende, oppur s’intende a rovescio? In cambio di averne la vita se ne avrebbe la morte. Se io credo che Dio prescriva una cosa, quando invece ne prescrive un’altra, se io credo che sia una verità quello che è una mia immaginazione, non è egli vero che mi riuscirebbe un veleno quello che dovrebbe darmi la sanità? Or qui è il punto. L a S. Scrittura è molto oscura e molto difficile e ciò per più ragioni. L’antico Testamento comprende la storia di 40 secoli e ne tocca i fatti principali ma con molta brevità, è tutta figurativa dei tempi del Cristianesimo; del quale poi i Profeti accennano più o meno chiaro le vicende mescolandole coi fatti che allora accadevano: richiede però molto acume d’ingegno e molta penetrazione, perché s’intenda. Bisogna avere cognizioni ampie di storia, di critica, di geografia, di lingue antiche, e soprattutto delle usanze di quei tempi, e delle consuetudini di quegli uomini, altrimenti o non s’intende nulla, o s’intende a rovescio come accade frequentemente. Il nuovo Testamento poi oltre alle difficoltà dell’antico, ha oscurità tutte sue proprie per la profondità dei misteri e delle verità che tratta, come sono la SS. Trinità, l’Incarnazione, la grazia, i Sacramenti, ed andate dicendo. Più, in quelle carte divine tutti questi misteri sono spesse volte appena adombrati perché nella S. Chiesa dovevano poi insegnarsi di viva voce, epperò è sommamente arduo il comprenderli. Come dunque ha da fare il più dei Cristiani ad intendere da sé tutte quelle profondità? Costoro vogliono mettervi sulle spalle un peso che affatto vi è importabile. Da giovani non avete certo potuto occuparvi di questi studi nella vostra condizione. Adesso chi ha la moglie ed i figliuoli che vogliono del pane, chi ha il mestiere, e davvero che non vi è possibile di attendere allo studio della S. Scrittura. E le donne che pur sono una metà dell’uman genere come faranno ancor esse? Come, le povere contadine? Come, le persone di servizio? Come, le coniugate? Davvero che se non basta l’insegnamento dei Sacri Pastori, se non basta apprendere le verità alla Parrocchia, se è necessario intendere da sé la S. Scrittura, possono rinunziare alla eterna salute per sempre. Ora che stranezza, e che crudeltà è mai questa? A queste ragioni sì chiare sapete che rispondono poi i Protestanti? Prima si sdegnano che noi diciamo che la S. Scrittura è difficile ed oscura poi affermano che lo Spirito Santo c’illumina ad intenderne tutto quello che è necessario alla salute. Ma se l’andare in collera bastasse per aver ragione, alla buon’ ora: come però non basta; né il loro sdegno, né le loro pretensioni sullo Spirito Santo valgono punto a sciogliere le difficoltà. Imperocché che la S. Bibbia sia oscura è verissimo, e lo afferma la S. Scrittura. L’Apostolo S. Pietro parlando delle lettere di S. Paolo dice espressamente che vi sono in esse delle cose difficili ad intendersi, che perciò alcuni le depravano siccome fanno di tutte le altre Scritture. Lo dimostrano anche i Santi Padri della Chiesa, i quali tutto che dottissimi e pieni del lume di Dio, tuttavia hanno impiegato immenso studio e grandi volumi per spiegarla. Ma lo dimostra assai chiaramente l’esperienza stessa dei Protestanti. Conciossiachè se la Scrittura è tanto chiara, come essi dicono, perché vi hanno sprecato intorno tanti volumi di spiegazioni? Perché in queste spiegazioni non si trovano mai due che siano di accordo? Perché le credenze che fondano sopra queste spiegazioni sono così disparate? Son divisi in tante sette, quante sono le teste, e poi dicono che la Bibbia è chiara. Un bel giorno ci potranno persuadere che gli asini volano se ci trovano così dolci di sale da credere ai loro paradossi. Queste contraddizioni poi in che cadono mostrano fino all’evidenza quanto sia vero quel che soggiungono dell’assistenza dello Spirito Santo. Imperocché se ognuno avesse cotesta assistenza sarebbe mai possibile che si contrariassero sì fattamente? Lo Spirito Santo non può insegnare altro che la verità, e siccome la verità è una sola, così dovrebbe insegnare a tutti lo stesso. Mentre dunque si avversano, si lacerano, si scomunicano a vicenda, è chiaro come la luce del sole che è una fandonia quell’assistenza che vantano dello Spirito Santo. Resta dunque che se la fede cristiana non può formarsi altro che sulla Bibbia spiegata da ognuno che la legge, è impossibile la fede al più degli uomini. Epperò Gesù Cristo che è venuto sulla terra per apprestare a tutti gli uomini i mezzi della salute ha posto il maggior numero degli uomini (bestemmia orribile) in condizione di non potere giungere alla salute. E che sia così io voglio che ve ne convinciate da quello che fanno e dicono poi essi stessi. Osservate. Insegnano che non si deve credere ad altro che alla Bibbia e poi che cosa fanno dopo d’avervi dato un tale insegnamento? Lo trasgrediscono essi i primi ed invece degli insegnamenti della Bibbia, vi danno i loro. Montano essi in pulpito, leggono la Scrittura, e poi si fanno ad esporvela. Vogliono che la intendiate così e così, che non accettiate la spiegazione che ne dà la S. Chiesa Cattolica, ma che crediate che solo la spiegazione loro è buona. Ora che cosa è tutto ciò? Se la S. Scrittura è così chiara, perché vengono essi a spiegarla? Se lo Spirito Santo assiste tutti quei che la leggono, perché vengono essi a guastare l’opera dello Spirito Santo? Se non si ha da stare all’autorità neppur della Chiesa, perché pretendere che si stia alla loro? Sapete che cosa è? Che veggono ancor’essi che con la sola Bibbia, i fedeli mai non saprebbero né che cosa credere, né che cosa operare, e però sono costretti se vogliono mantenere in piedi le loro sette ad insegnare qualche cosa di viva voce. Il che mostra con ogni chiarezza quel che dicevamo, che la fede è al tutto impossibile con le sole Scritture. Frattanto però che si sono messi all’opera d’insegnare si contentino un poco così per nostra curiosità di manifestarci con qual titolo e con qual autorità il facciano. Sarà non ne dubitate un’edificazione il conoscerlo. Essi hanno rigettato l’insegnamento di S. Chiesa sul pretesto che era composta d’uomini, e che gli uomini son sempre soggetti ad errare, orsù come insegnano essi? Non sono anche essi uomini, e soggetti ad errare? Che privilegio hanno? Forse la scienza, l’erudizione, la critica, la cognizione delle lingue, la storia, la cronologia, la cognizione dell’antichità? Lasciamo stare che tutto ciò nella Chiesa non conferisce l’autorità, lasciamo stare che la scienza di questi propagandisti della Bibbia se non l’han trovata nei caffè, nelle bettole, nelle taverne, nei biliardi non si sa donde sia potuta venire loro in corpo, poniamo pure che siano dotti e sapienti, ci dicano però di grazia, e la scienza s’è andata tutta a rifuggire in loro, sicché non ne sia più rimasta un briciolo nei Sacerdoti, nei Vescovi, nei Prelati, nei Dottori Cattolici? Hanno forse la missione affidata loro da una legittima autorità? Si hanno quella missione che ognuno si è presa da sé medesimo facendosi propagatore della Bibbia, e taluno anche espositore, e taluno perfino (trattenete le risa se potete) mitriandosi da sé sé Vescovo. Avranno forse la Santità della vita che li renda cospicui? Ma facciano dunque qualche miracolo in prova della loro Missione, e poi crederemo loro. Alcuni li ho io uditi rispondere in questa occasione che essi insegnavano perché lo Spirito Santo rivelandosi agli umili ed ai rozzi, essi … non osavano per modestia finir la frase, ma volevano dire che erano proprio gli eletti dello Spirito Santo, perché umili e semplici. Manco male che negli Apostoli sta sempre bene un poco di umiltà: solamente sarebbe da fare qualche osservazione a questi umili e semplicetti, ed è che ogni qual volta Iddio si rivelò ai semplici sempre inculcò loro che abbassassero il loro orgoglio, che si sottoponessero in tutto ai Ministri di S. Chiesa, che non si preferissero a veruno, che anzi si stimassero da meno di tutti. Laddove questi umili e semplicetti di nuova stampa per umiltà si arrogano essi soli l’intelligenza della S. Scrittura, per umiltà la negano a tutta la S. Chiesa, per umiltà chiamano illusi tutti i sacri Pastori, per umiltà rinnegano l’autorità di tutti i Sommi Pontefici, per umiltà antepongono il proprio giudizio a tanti milioni di Cattolici, e tanti gran Santi che hanno riempito il mondo di miracoli, che hanno convertiti tutti i Paesi più barbari suggellando infine la loro fede col loro sangue. Ecco la sola osservazione che abbiamo da far loro. Possono dunque comprendere che se per ora non siamo disposti a creder loro, non ce ne manca qualche ragione. – Ma rimettiamoci in via dopo questa breve digressione. Per ottenere la salute è necessario altresì appartenere alla vera Chiesa, e possedere la vera fede. Ciò è indubitato anche ai Protestanti, i quali non per altro vogliono tirarvi alla loro setta se non sul pretesto di darvi la vera fede, e farvi appartenere alla vera Chiesa. Ora sappiate che se fosse vero quel che insegnano essi che ognuno debba da sé medesimo cercarsi nella Bibbia quello che ha da credere, sarebbe al tutto impossibile la salute perché sarebbe impossibile secondo quel principio giungere alla fede, e ritrovare la Chiesa. Attendete a queste due belle ragioni che sono sì chiare che ponderate da parecchi onesti Protestanti bastarono loro per aprir gli occhi alla verità. La fede per esser tale deve essere pienamente certa; altrimenti sarà un’opinione, una maniera di vedere, una probabilità e nulla più. Ora chi si forma la sua fede solamente leggendo la Bibbia, e senza un’autorità infallibile che gliela dichiari, è impossibile che abbia mai una tale certezza. Imperocché come sarà mai sicuro di averlo colto il vero senso di essa? È costretto tanto più a dubitarne quanto che vede degli altri, i quali sanno più di lui, o quanto lui, e che dicono che hanno la stessa assistenza dello Spirito Santo che lui, e che hanno la stessa sincerità nel ricercare il vero, i quali pure la spiegano affatto diversamente: non potrà dunque a meno di dubitare di essere in errore. Il Luterano vede che il Calvinista la spiega in un altro modo ed in un altro l’Anglicano, il Sociniano in un terzo, il Mormone in un quarto, e poi ancora diversamente il Quacchero, lo Syedemborgiano, il Battista, 1’Unitario, ecc. ecc. – In mezzo a tante spiegazioni chi potrà adulare se stesso fino a credere di essere solo il privilegiato a cogliere nel segno delle verità? Se già non giunge costui a credere infallibile se stesso, dopo che ha negata l’infallibilità a tutta la Chiesa, sarà costretto sempre a dubitare. Ora chi dubita di una verità, non può di quella verità averne fede, che è una certezza che esclude ogni dubbio. Di che ne conseguita che è proprio vero che il Protestantismo ha chiusa la via del Cielo ai suoi seguaci; perché ha strappata loro dal cuore la santa Fede. Inoltre per ottenere salute, è necessario altresì appartenere alla vera Chiesa; la quale è come l’Arca fabbricata da Noè, dicono i Santi, fuori della quale niuno si salva da naufragio. E lo Spirito Santo ci fa sapere che chi non ascolta la Chiesa debba essere riguardato come un gentile ed un pubblicano che è quanto dire che debba riputarsi come fuori della via di salvazione. Ebbene, miei cari, se fosse vero il principio dei Protestanti che ognuno è obbligato a formarsi da sé la sua fede leggendo la Bibbia, sarebbe impossibile a tutti noi appartenere alla vera Chiesa e così salvarci. Questa è la seconda ragione fortissima che io vi proponeva. – Ma come mai, direte voi, i Protestanti non possono appartenere alla S. Chiesa? Per due motivi, primo perché non possono aver Chiesa, secondo perché quando tra loro vi fosse anche la vera Chiesa, essi non potrebbero mai conoscerla. Ed è chiaro che non possono averla, perché che cosa vuol dire Chiesa? Chiesa vuol dire al nostro proposito moltitudine di coloro che professano la stessa fede. Ora come volete che si trovi una moltitudine di quelli che professano la stessa fede tra coloro che interpretano a modo loro la S. Scrittura ? Perché si potesse fare una moltitudine di quelli che pensano lo stesso bisognerebbe che vi fosse una moltitudine di quelli che interpretano allo stesso modo la S. Scrittura. Ora questo è ben possibile, anzi facilissimo a noi Cattolici, perché tutti la spieghiamo come la spiega la S. Chiesa Cattolica, ma tra i Protestanti bisogna per necessità che vi siano quante teste, tante sentenze. E nel fatto poi è veramente così, che niuno vuole stare al detto altrui e Io proclamano altamente, e se ne fanno vanto. Dov’è dunque presso di loro la Chiesa, cioè una moltitudine di quelli che professano la stessa fede? Non v’è, non v’è per quanto la cerchino. Dite sarebbe possibile aver del buon grano, se non si ha neppur del grano? Aver del buon vino, se non si ha neppur del vino? Poveri Protestanti che separatisi dalla cattolica Chiesa, son rimasti orfani al tutto e senza madre! Avessero almeno il buon senso, se pure non vogliono ritornare al seno di Lei, di non strapparne gli altri! Che cosa hanno fatto però? Non avendo una Chiesa vera, ne hanno fabbricate molte con le loro mani, ed ognuno ci vanta poi la sua, quasi fosse proprio quella stabilita da Gesù. Ne hanno fabbricate in Inghilterra, nella Germania, in Prussia, negli Stati Uniti di America, una moltitudine e l’una sempre diversa dall’altre: anzi ogni giorno sono al lavoro di foggiarne qualcuna nuova. Ma che? Fingendo anche che fra tante false ve ne fosse una buona (e dico con ragione fingendo poiché certamente son tutte false) come faranno mai i Protestanti a conoscerla, a ravvisarla fra le altre ? Noi Cattolici abbiamo i miracoli, i martiri, le profezie, la santità, l’apostolicità, e andate dicendo tanti altri segni che ci scorgono a ravvisare e distinguere la vera Chiesa tra tutte quelle che pretendono di esser tali; ma i Protestanti alla cui Chiesa mancano evidentemente tutti questi segni, in qual guisa potranno riconoscere che la loro è la vera indubitatamente? Non è possibile. Che se non possono riconoscerla come faranno a salvarsi? Gesù promise i suoi doni, la sua assistenza e la salute, non a qualunque Chiesa, ma solo alla sua; queste altre non le riconosce, anzi le abomina, che cosa adunque diventeranno quegli infelici che ne fan parte? E d ecco la tristissima condizione a cui vorrebbero condurre anche voi. Gesù nelle sue misericordie vi ha concesso il dono della S. Fede che è la vera radice della salute, vi ha collocati come piante avventurate nel bel giardino di S. Chiesa, perché possiate crescere e portare frutti di eterna vita, e questi sgraziati vi vogliono levare dal cuore la fede, e svellendovi dalla S. Chiesa, mettervi pel cammino di perdizione. Per quanto dunque amate Gesù che vi ha fatto sì gran grazia, per quanto vi è caro il S. Paradiso, per quanto vi preme ruggir l’inferno guardatevi cara la S. Fede, tenetevi stretti alla vostra Madre la Chiesa, ed aborrite quelli che con tanta perfidia tentano di rovinare le vostre anime.

ISTRUZIONE SULLA TRADIZIONE DIVINA E SULLA SACRA SCRITTURA

ISTRUZIONE SULLA TRADIZIONE DIVINA E SULLA SACRA SCRITTURA

[Goffiné: Manuale per la santificazione delle Domeniche e delle Feste, ed. Francese di Besançon, 1852 – traduz. A. Ettorri delle Scuole Pie;  Tipogr. Calas. Dir. da A. Ferroni. Firenze, 1872]

La tradizione divina è la parola di Dio non scritta, ma uscita dalla bocca stessa di Gesù Cristo, o rivelata agli Apostoli dallo Spirito Santo, e comunicata dagli stessi Apostoli ai primi Fedeli, che l’hanno trasmessa ai loro successori, da cui noi successivamente e come di mano in mano l’abbiamo ricevuta. Quando si dice che la tradizione è la parola di Dio non scritta, s’intende dire che non è stata scritta subito dagli autori sacri, come i libri canonici dei due Testamenti, quantunque sia stata scritta in séguito o dai Concili, o nelle opere dei Santi Padri e degli altri autori ecclesiastici, o nei decreti dei Sommi Pontefici etc. La tradizione divina è assolutamente necessaria: la sua necessità e la sua autorità sono fondate sulla Scrittura e sui Padri. – La santa Scrittura è la parola di Dio scritta sotto la ispirazione di Lui: non si dice santa precisamente, perché mira a Dio, né perché è stata scritta col soccorso e con l’assistenza di Dio, ma perché ha Dio per autore, che l’ha ispirata e dettata ai sacri scrittori. – La Scrittura si divide in Antico e Nuovo Testamento:  l’antico Testamento contiene i libri santi scritti avanti Gesù Cristo, che sono in numero di quarantacinque. Il nuovo Testamento contiene i libri che riguardano la legge evangelica, e sono stati scritti da Gesù Cristo in poi: sono ventisette. Si chiama la Scrittura Testamento perché racchiude l’alleanza che Dio ha fatta con gli uomini, e la sua ultima volontà, con la quale lascia loro i suoi beni, come avviene nei testamenti che si fanno tra gli uomini. – Ecco l’ordine e il catalogo dei libri della Scrittura, secondo il decreto del Concilio di Trento, Sess. IV. cap. 1. I libri dell’antico Testamento sono: la Genesi, l’Esodo, il Levitico, i Numeri, il Deuteronomio, Giosuè, i Giudici, Ruth, i quattro libri dei Re, i due libri dei Paralipomeni, i due libri d’Esdra, Tobia, Giuditta, Ester, Giobbe, i Salmi, i Proverbi, l’Ecclesiaste, il Cantico dei Cantici, la Sapienza, l’Ecclesiastico, Isaia, Geremia, Baruch, Ezechiele, Daniele, i dodici Profeti minori, cioè: Osea, Gioele, Amos, Abdia, Giona, Michea, Nahum, Habacuc, Sofonia, Aggeo, Zaccaria, Malachia; i due libri dei Maccabei. I Libri del Nuovo Testamento sono: il Vangelo di s. Matteo, il Vangelo di s. Marco, il Vangelo di s. Luca, il Vangelo di s. Giovanni, gli Atti degli Apostoli, le quattordici Lettere di s. Paolo: una ai Romani, due ai Corinti, una ai Galati, una agli Efesini, una ai Filippesi, una ai Colossesi, due ai Tessalonicesi, due a Timoteo, una a Tito. una a Filemone, una agli Ebrei; le due Lettere di s. Pietro, le tre di s. Giovanni, una di s. Giacomo, una di s. Giuda, e l’Apocalisse di s. Giovanni. Alla sola Chiesa appartiene di determinare infallibilmente il senso ed i libri della Scrittura.

DELLA LETTURA DELLA BIBBIA IN VULGARE

[Dell’Abate Glaire]

La lettura della Bibbia in volgare è stata il tèma di vive discussioni. Così i Protestanti e i Giansenisti hanno accusato la Chiesa Cattolica: – 1° di non leggere la santa Scrittura in volgare nella celebrazione della sua liturgia; – 2° di non permettere generalmente a tutti i Fedeli di leggerla; – 3° di abusare della sua autorità col proibirne la lettura. – Ma non ci sembra difficile il difender la Chiesa su questi differenti appunti.

l.° Quando la Religione Cristiana si stabiliva, la Sinagoga celebrava i suoi ufizi pubblici in ebraico, lingua che non era più l’usuale; e Gesù Cristo e gli Apostoli, che rimproverarono ai Giudei tante loro costumanze, non condannarono mai, per quanto si sa, quest’uso. Ora abbiam noi più ragione di condannarlo? Aggiungiamo che se vi fosse un obbligo rigoroso per la Chiesa di leggere la Scrittura in volgare, gli Apostoli non avrebbero mancato di farla tradurre nella lingua di tutti i popoli che essi convertirono alla fede. Qal monumento storico vi è, che comprovi un simil fatto? e qual critico oserebbe sostenerlo? – Vi sono ben altri motivi ancora che possono giustificare la Chiesa Cattolica. In primo luogo vi è la grande difficoltà del tradurre i libri liturgici, senza alterarne il senso, e senza porre in pericolo la forma dei Sacramenti: cosa che può dare motivo ad errori ed eresie. – In secondo luogo la diversità delle lingue usate negli ufizi pubblici, non nocerebbe alla comunicazione delle varie chiese della cristianità? Un prete italiano, per esempio, non potrebbe offrire il santo sacrifizio della Messa che nel suo paese, poiché, secondo i principj dei nostri avversari [tra i quali oggi vi sono in prima fila gli ultra protestanti apostati della setta del “Novus Ordo” che, usurpando gli uffizi della Santa Chiesa di Cristo e la Cattedra di s. Pietro, si spacciano fraudolentemente per Cattolici – ndr.-], i semplici Fedeli debbono intender la lingua usata nel pubblico esercizio del culto religioso, e principalmente per questa ragione essi vogliono imporre alla Chiesa l’obbligo di leggere la Scrittura in volgare. – In terzo luogo finalmente la maestà e la dignità dei nostri divini Misteri sono tali, che non si potrebbero senza abbassarli ed avvilirli volgere in certe lingue rozze ed imperfette.

2.° Ma almeno, dicono gli avversari, perché la Chiesa non ne permette la lettura senza distinzione a tutti i suoi figli? Perché ella sa, come insegna l’Apostolo s. Pietro, che vi sono nella santa Scrittura dei passi che gli uomini ignoranti e di fede non salda potrebbero intender male a danno della loro salute. Pensano inoltre i Padri, e molti lo hanno notato, che vi siano nella Scrittura molte cose, le quali invece di edificare certi lettori gli scandalizzerebbero. In fatti quanti giovani non sarebbero posti al pericolo di guastarsi, se loro si mettesse in mano l’intera raccolta dei nostri santi libri? Quanti Cristiani d’ogni età, se leggessero un libro ove incontrassero ad ogni pagina cose di cui non intendessero il senso, correrebbero rischio di far naufragio nella fede! Bisogna prima aver fatto uno studio particolare del linguaggio familiare agli scrittori sacri, per non cadere a ogni momento in qualche sbaglio. Quante cose a prima giunta urtano, e quando sono spiegate appariscono naturali, buone e lodevoli! Aggiungi che permessa una volta indistintamente la lettura della Bibbia, un gran numero di persone la leggerebbero senza fede, senza umiltà, senza purità d’intenzione, come confessano che avviene gli stessi Protestanti più dotti, e come l’esperienza d’ogni giorno dimostra chiaro: e allora essa diverrà senza dubbio una cagione di scandalo e di caduta. Che se i nostri avversari ci dicano ancora, che i santi Padri esortano tutte quante le persone a legger la Scrittura, risponderemo: « Dateci dei Cristiani così istruiti, così docili e così sottomessi come erano quelli a cui son dirette le loroesortazioni, e noi terremo loro il medesimo linguaggio. »

3.° Queste avvertenze sono più che sufficienti per giustificare  la Chiesa dalla terza accusa lanciatale contro, di abusare cioè della sua autorità vietando la lettura della Bibbia ai Fedeli: poiché, se si è dimostrato che ci è pericolo per una certa classe di persone a leggere la santa Scrittura, non si vede come potrebbe contrastarsi alla Chiesa il diritto di proibire in certe circostanze questa lettura. Se la Sinagoga ha esercitata questa autorità vietando la lettura dei primi capitoli della Genesi, di Ezechiello e del Cantico de’ Cantici, alle persone che non erano arrivate ad una certa età, perché negare il medesimo diritto ai pastori della Chiesa Cristiana; mentre sta ad essi il proibire ai Fedeli a loro affidati ciò che può nuocere? Così ne hanno usato in più Concilj, senza che mai alcun Cattolico gli abbia accusati di usurpazione (Concilio di Tolosa, 1229; terzo di Milano sotto s. Carlo Borromeo; Concilio di Cambrai, 1586; concilio di Trento). – Dopo testimonianze sì autorevoli, non fa meraviglia che i più gravi autori e i più rinomati teologi, come gli addetti alla facoltà teologica di Parigi, Gersone, Alfonso di Castro, il Soto, il Catarina, i Cardinali Du Pirron e Bellarmino, il Fromont e l’Ertius, abbiano riconosciuto il diritto che la Chiesa ha di una tal proibizione. Ma non sarà cosa inutile il dimostrare la falsità del principio, su cui i nostri avversari fondano le loro accuse. Il principio sta nel considerare come cosa necessaria, o almeno sempre vantaggiosa a tutti i Fedeli, il leggere la santa Scrittura. Or nulla vi è di più falso. Primieramente, non si verrà mai a provare la necessità di questa lettura per i semplici fedeli; non essendovi nessun testo della Scrittura ove questa verità sia asserita, e dall’altra parte la tradizione prova il contrario. (V. s. Iren., adv. hæres. 1. III, c. IV.; Tertull., de Præscript., c. XIV.; Clem. Alex. Pedagog., 1. III, c. II.; s. August., de Doct. Christ.). – Dopo tutto ciò e perché la lettura della Bibbia sarà assolutamente necessaria ai semplici Fedeli? forse per conoscere le verità della fede? ma non possono apprenderle nei Catechismi e nelle predicazioni dei loro Pastori? Forse per credere? ma la fede è il frutto della sommissione alle verità insegnate dalla Chiesa, e non dell’esame. O finalmente per santificare il giorno del Signore? Ma dopo l’assistenza al santo sacrifizio, e alle istruzioni cristiane, a quante altre opere di pietà non ci possiamo applicare? In secondo luogo, la lettura della santa Scrittura non è sempre utile ai Fedeli. Abbiamo provato di sopra che potrebbe anche esser loro dannosa. Il principio da cui si partono i nostri avversari è dunque falso, per conseguenza i capi d’accusa che ne deducono sono senza fondamento. Per riassumere adunque ciò che avevamo da dire in quest’ultimo articolo concernente la Bibbia, diciamo: 1.° Che le versioni in volgare non sono proibite in modo assoluto dalla Chiesa universale; 2.° Che le Chiese particolari, le quali le hanno proibite, non l’hanno fatto assolutamente e per tutti i Fedeli, ma solamente per quelli a cui questa lettura potrebbe recar danno; 3.° Che queste versioni non sono state proibite se non per certe circostanze, talché se tali circostanze cessassero, queste Chiese cesserebbero di proibir l’uso di quelle versioni; 4.° Che sebbene non sia generalmente proibito di leggere le versioni della Scrittura in volgare, quando sono state approvate dai Vescovi, nondimeno vi è il pericolo per i semplici fedeli a farne uso senza averne chiesto consiglio al proprio parroco o al Confessore.

LO SCUDO DELLA FEDE (58)

LO SCUDO DELLA FEDE (58)

[S. Franco: ERRORI DEL PROTESTANTISMO, Tip. Delle Murate, FIRENZE, 1858]

CAPITOLO IX.

IL PROTESTANTISMO SI CONVINCE FALSO DA CIÒ CHE NON HA SANTITÀ NÉ MIRACOLI.

Nella Chiesa vera di Gesù Cristo vi deve essere la Santità. Ora questa è solamente tra i Cattolici, non tra i Protestanti: dunque la vera Chiesa è solo con noi. Noi non vogliamo dire con ciò, che tutti i Cattolici siano Santi, perché anzi Gesù Cristo ci avvertì che vi sarebbero stati dei peccatori e perciò lasciò stabiliti i Santi Sacramenti per la loro conversione e giustificazione: vogliamo dire solamente che la vera Religione ha da essere tanto buona, tanto santa, tanto pura che chiunque l’osservi com’è prescritta, possa diventare santo; e che però molti divengano veramente tali con l’aiuto divino e che mostrino anche coi fatti e perfino coi miracoli la loro Santità. Ora tutto questo è pienamente verificato nella Chiesa Cattolica. Dite: se uno osservasse veramente tutto quello che la S. Chiesa ci prescrive, sarebbe egli santo o no? Se osservasse tutti i comandamenti divini, tatti i precetti, tutte le leggi che essa ci presenta, sesi valesse di tutti i mezzi che offre nella preghiera e nei sacramenti, sarebbe egli Santo? Ci presenta mai nessuna cosa che sia cattiva? Dio buono! Neppure l’ombra. Tutto al contrario ci ha sempre allontanati dal male coi consigli, con gli esempi, con le minacce, con le promesse, e perfino coi castighi materni: ci ha sempre inculcate tutte le virtù, la pazienza, la mansuetudine, l’umiltà, la carità, la temperanza, la purezza, la fuga dai pericoli come sapete. Oh quanto dunque è pura tutta la legge Cattolica; Ed infatti con tutti questi Divini insegnamenti, quanti gran Santi non ha formati! – Così le volessero tutti dare retta. Come perverrebbero alla più eroica Santità! Intanto però chi non ammira il coraggio che essa seppe ispirare a tante persone le quali erano deboli come noi, eppure nella Santa Chiesa seppero praticare le virtù più sublimi fino a diventare gran Santi? In ogni secolo sono tanti e così ammirandi che il raccoglierne solo i nomi è opera di molti volumi. Questi seppero praticare la penitenza più rigida in mezzo alla più rara innocenza sin nelle Corti. come gli Enrichi, i Ferdinandi, i Ludovichi, le Cunegonde, le Clotildi; quelli seppero perdonare ai loro nemici e beneficarli in ogni maniera, come S. Giovan Gualberto. S. Ignazio, S. Francesco di Sales, S. Alfonso di Liguori. Altri si posero con un coraggio al tutto celeste a divorare fatiche sterminate per benefizio del prossimo, come S. Antonio di Padova, S. Bernardino da Siena, S. Francesco Saverio, S. Francesco Regis, S. Vincenzo de’ Paoli. Altri vissero nell’umana carne puri come gli Angeli del cielo, come S. LuigiGonzaga, S. Stanislao, S. Teresa, S. Caterina, sino alla B. Marianna di Gesù beatificata ai dì nostri. Io non finirei mai se volessi porre sott’occhio tutte le belle ed eroiche virtù che risplendettero in tuttii tempi sino alla nostra età nella Santa Chiesa: bastivi il sapere che sono uomini e donne di tutte le età, di tutti gli stati, di tutti i paesi, ed in tanto numero, che non si regge a formarne i processi. Ma più: anche il dono dei miracoli hanno avuto molti di loro, e questo èun privilegio innegabile e ed una conferma della nostra fede. Gesù Cristo ha promesso che quelli che avessero avuto fede in Lui, avrebbero fatti prodigi e miracoli strepitosi, come aveva fatto Egli stesso, ed anche maggiori (Giov. XIV, 12). Ora domandate un poco a tutti i Protestanti, da trecento anni che sono al mondo, se mai uno di loro ha fatto il minimo miracolo, se ha, non dico risuscitato un morto, ma risanata una piccola febbre? Tutti sonocostretti a dirvi di no. Ma la S. Chiesa Cattolica ne ha avuti una bella serie e costantissima anche in questi tre secoli. I Protestanti che non possono vantarne, si ostinano a negare che noi abbiamo avuti dei veri miracoli: ma questa loro ostinazione valse solamente a metterli in maggiore splendore. Il solo S. Francesco Saverio ne ha fatti tanti e così solenni e così illustri, alla presenza di tante persone che non si sono potuti negare neppure dagli Eretici Olandesi. S. Filippo Neri ne riempì tutta la città di Roma. S. Luigi Gonzaga ne fece una moltitudine in tutta Italia. S. Isidoro buon contadino spagnolo, ne conta gran numero nelle Spagne. –  Molti di questi miracoli furono esaminati con processi diligentissimi, autenticati da testimoni d’ogni fatta, verificati dagli stessi Protestanti, e tanto sicuri che non si possono mettere in dubbio da niuno che abbia fiore d’intendimento. Ora perché fuori della Religione Cattolica non si trovano più  miracoli? Perché almeno qualcuna delle sette Protestanti non ne vanta? Se ne trovasse almeno uno in trecento anni! Eppure tant’è: noi soli abbiamo la verità. Non è questa una bella prova in favore della Cattolica Chiesa? – Eppure vi è molto da aggiungere, perché mentre la Chiesa Cattolica è santa nelle sue dottrine e nella sua legge, il Protestantismo è iniquo nell’una e nell’altra. Voi che sentite solamente quei tristi che vi si nascondono sotto la pelle di pastore e che fingono di parlarvi di Gesù e di carità fraterna e di fede, non vene accorgete facilmente: ma se sapeste le orribili dottrine che hanno ingegnate al mondo, ne avreste orrore. Io ve ne accennerò qualcuna, lasciando le più astruse,  perché sebbene sianole più inique, pure voi non le intendereste neppure. Insegnano questi ribaldi che Dio comanda agli nomini delle cose impossibili, e che non dà loro la grazia per eseguirle, e che poi li manda all’inferno perché non le hanno eseguite; il che è un’orrenda bestemmia perché fa Iddio crudele, ingiusto e tiranno; laddove Egli è Padre di misericordia e di bontà, che non comanda se non quello che è possibile a farsi col suo divino aiuto, che non ci lascia mai mancare. Insegnano che per salvarsi basta aver la fede e che non sono necessarie le buone opere, con che distruggono tutti i meriti degli uomini ed aprono la strada a commettere ogni iniquità. Giungono fino a dire (… turatevi pure gli orecchi a sentire queste bestemmie) che Dio è autore del male, che è Dio che ci dà la spinta a commettere il peccato: il che è lo stesso che trattare Dio, come se fosse uno scellerato. Insegnano ancora che è impossibile osservare i Divini comandamenti, il che è lo stesso che autenticare tutte le iniquità: che non si debbono manifestare i propri peccati al Confessore, il che toglie ogni freno al vizio. – Riprendono i voti che si fanno a Dio. di povertà, castità ed obbedienza, ed insegnano che non si hanno da osservare e così fanno gli uomini sacrileghi. Pretendono che l’uomo non meriti nulla con le sue buone opere, e così li rendono scioperati e distruggono la virtù: non vogliono saper nulla di digiuni, di mortificazione, di penitenza, e così fomentano tutti i vizi della carne ed accrescono le tentazioni. Disprezzano il culto e l’invocazione dei Santi, e così tolgono a loro l’onore, a noi il patrocinio. Non vogliono che si preghi pei morti, e così negano la Comunione dei Santi e ci rendono crudeli persino contro i poveri defunti. Vogliono che tutti prendano moglie per obbligo, e così vengono ad annientare l’esempio di Gesù  Cristo e di tanti Santi che per virtù sono stati celibi. Queste sono solo alcune delle orribili empietà che insegnano i maestri di questa bella religione che vogliono farvi abbracciare: e non basta questo solo a mostrarvi la sua falsità ed a mettervene orrore? Non vi aspettate poi da loro la Santità, non vi aspettate né Apostoli, né Martiri, né Confessori, né Vergini, né altri Santi, perché con queste orribili dottrine non è possibile la Santità. Mi direte che ciò non ostante vi sono dei Protestanti che non sono così cattivi, e che anzi danno qualche buon esempio, che fanno limosine, che vivono costumatamente, e che però non possono avere tutte quelle ree massime. Sì miei cari, questo è vero, ma state bene attenti alla risposta che io vi darò. Vi sonotra i Protestanti di quelli che avendo avuta una buona educazione ed essendo dotati di buon senso e di naturale onestà, vivono onestamente e fanno anche qualche buona opera: ma fanno ciò, perché rinunziano in molte cose alla loro Religione per vivere secondo la nostra. Se essi obbedissero ciecamente ai loro maestri sarebbero tanti scellerati, ed invece per bontà di cuore, per rettitudine naturale fanno quel che prescrive la Religione Cattolica, per questo se ne trovano anche tra loro degli esemplari. In una parola questa è la differenza in fatto di santità: noi quando osserviamo perfettamente la nostra legge siamo Santi: essi se la osservassero perfettamente sarebbero scellerati, e solo perché non osservano la loro, ma si accostano alla nostra diventano buoni. Il che mostra che noi possediamo fortunatamente il gran dono della Santità, il quale compete unicamente alla Religione di Gesù Cristo. – Non vi parlo poi della mancanza totale che hanno i Protestanti dei miracoli, perché essi stessi sono costretti a concedere che ne sono privi: il che vuol dire che mancano della più bella prova che Gesù Cristo diede al mondo, per conoscere quelli che gli appartengono. Non vi parlo neppure della bella impresa che fece Lutero, quando avendo posto un uomo in una bara perché sorgesse poi a sua richiesta, con grande sua confusione fu trovatoveramente morto quello che per denaro era concorso a quella sacrilega finzione. Piuttosto da tutto ciò torneremo a confermarci sempre più nell’amore della Santa Fede, e ci terremo sempre più stretti alla Chiesa Cattolica che sola ha il privilegio della vera Santità e dei miracoli.

LO SCUDO DELLA FEDE (57)

LO SCUDO DELLA FEDE (57 )

[S. Franco: ERRORI DEL PROTESTANTISMO, Tip. Delle Murate, FIRENZE, 1858]

CONVINCE FALSO IL PROTESTANTISMO PERCHÈ NON È CATTOLICO, OSSIA UNIVERSALE.

La vera Chiesa fondata da Gesù dovette sempre esser nel mondo e dovette sempre esser così visibile, che tutti i popoli la potessero ravvisare e distinguere dalle altre. Non che tutte le nazioni abbiano dovuto all’istante ricevere il lume dell’Evangelio, ma che successivamente sia stato recato loro, di modo che si vegga sempre grandeggiare in qualche luogo e si conosce che questo è il medesimo che fu sparso per tutto il mondo ed abbracciato da tutte le nazioni. Così si conveniva alle promesse che la S. Chiesa aveva ricevuto dal suo Sposo divino Gesù Cristo. Sentitene alcuna per vostra consolazione. Gesù Cristo per mezzo della sua Chiesa, dice il Salmista, doveva dominare dal mare fino al mare, dal fiume fino al termine dell’orbe terraqueo (Ps. LXXI). Negli ultimi tempi, cioè in quelli della Chiesa, sarà preparato il monte della casa del Signore, sulla vetta di tutti gii altri monti, ed a Lui si recheranno tutte le genti ed egli c’insegnerà le sue vie (Is. II, 2). Io stringerò, dice altrove, un’alleanza sempiterna, e nelle nazioni si conoscerà il loro germe, ed il loro germe sarà in mezzo a tutti i popoli; tutti quelli che li vedranno, conosceranno che questi sono il seme a cui ha benedetto il Signore (Is LXI, 8-9). Chiedi a me, (dice Dio per bocca del Salmista al suo divino Figliuolo) ed io ti darò le genti per tua eredità e per tua possessione i confini ultimi della terra (Ps. II, 8). – Vedete se deve essere sparsa universalmente la vera Chiesa di Gesù? Inoltre conferma tutte queste Profezie lo stesso Gesù dicendo che l’Evangelio sarà predicato in tutto l’universo (Marc. XIII, 18), che in suo Nome si ha da predicare la penitenza e la remissione dei peccati a tutte le genti, incominciando da Gerusalemme (Luc. XXIV, 47). Mi renderete testimonianza, dice Gesù agli Apostoli ed ai suoi successori, in Gerusalemme, in tutta la Giudea, nella Samaria e fino all’estremità della terra (Act. IV, 8). Ora ditemi sinceramente: quale fu la Religione che adempì tutte queste Profezie dell’antico Testamento e del nuovo ? Non è evidentissimo che è la sola Chiesa Cattolica Apostolica Romana? Se voi considerate questo bel fiume della Chiesa Cattolica. voi vedrete appunto che essa di età in età. di secolo in secolo, andò introducendosi in tutti i paesi che sono sulla terra. Fino dai suoi primordi invase l’Oriente tutto, l’Egitto, l’Asia, le Indie, la Grecia e gran parte d’Italia, ed a mano a mano i Romani Pontefici successori di S. Pietro conquistarono le altre parti del mondo, inviando degli Apostoli da per tutto. Nel secolo primo per opera di S. Crescente furono convertiti i Moguntini, per opera di S. Materno e di S. Eucario i Coloniesi e i Treviresi, per opera di S. Lazzaro, i popoli di Marsilia, e di S. Ireneo quei di Lione, di Vienna ed altri. Nel secondo secolo S. Lucio fu spedito ai popoli della Rezia. S, Ghiliano a quei della Franconia, S. Ruperto a quei della Baviera. Nel secolo terzo, quarto e quinto si dilatò la Chiesa nell’Africa, nella Grecia e nelle Gallie. Sul fine del secolo sesto nell’Inghilterra per opera di S. Agostino speditovi da S. Gregorio. S. Bonifazio nel secolo settimo la propagò in molte parti della Germania: S. Firmino convertì i popoli dell’Alsalzia e della Svezia: S. Ludgero la Sassonia inferiore. Nei tempi susseguenti altri ed altri popoli entrarono nella Chiesa, fino al momento in cui spuntarono i Protestanti, nel qual tempo appunto per loro confusione Iddio fece vedere qual fosse la potenza della Chiesa Cattolica; la quale dilatò la Fede nelle Indie per mezzo di S. Francesco Saverio, aprì le porte del Giappone e della Cina fino allora chiuse, e vi fece fiorire nobilissime cristianità, e non lascia fino ai dì nostri di spargere nei vasti Regni di Siam e del Tonchino e della Cocincina, nella nuova Olanda ed in tante isole perdute in mezzo al mare, la sementa dell’Evangelio per farla fruttificare in anime senza numero. Ora come non è visibile da tutto ciò, che la Chiesa Romana è veramente Cattolica, cioè universale e sparsa a tutte le genti , e che così compie tutte le Profezie che erano state fatte intorno alla vera Chiesa? – Dall’altra parte può forse dirsi che si adattino e convengano queste Profezie ai protestanti? Nulla meno: imperocché dove sono stati essi in tutti i secoli anteriori alla riforma? Per mille e cinquecento anni non vi è chi abbia tenuta la loro dottrina né sentito parlare di loro. Lo stesso Lutero affermava che ai suoi tempi nessuno conosceva più le gran cose che egli aveva da insegnare. Non è dunque Cattolica la loro setta, perché non si estende a tutti i tempi. Ma neppure dopo che è nata questa setta può dirsi Cattolica, perché non si estende a tutti i popoli: perocché sebbene siano in vari paesi molti che si danno il nome di Protestanti, qual è però delle tante sette in che sono divisi quella che possa vantarsi di essere Cattolica, cioè universale? Forse 1’Anglicana? Ma questa non è universale neppure in Inghilterra, che è sì piccola rispetto al mondo intero, perché la avversano i Disuniti, i Presbiteriani, i Quaccheri, i Metodisti, i Vaslesiani, gli Scozzesi e cento altre sette che tutte la condannano. Forse la Luterana? Ma se questa ha ancora alcuni seguaci nella Svezia e nella Danimarca, la maggior parte della Germania l’ha abbandonata ed ha formate cento mila sette diverse. Forse il Calvinismo? Ma questo che aveva sua sedeprincipale in Ginevra, ha lasciato ivi stesso il luogo a tutti gli errori immaginabili, tantoché fra tante Religioni in Ginevra ve ne ha perfino una in onore del Diavolo. Non vi parlo degli Stati Uniti di America, dove pure sono Protestanti, perché ivi è impossibile numerare tutte le varie credenze che dominano e ciò per confessione degli stessi Protestanti. O quale adunque di tante sette può aspirare al vanto di esser Cattolica, cioè universale? Non vi sono dieci teste che si intendano insieme, ed hanno la superbia di chiamarsi Cattolici! ed essere essi la fiaccola che illumina l’universo! – Avete mai letta la favola della rana e del bue? Una rana una volta si lasciò prendere da tanta invidia al vedere un bel bue grosso che pasceva l’erba in un prato, che volle emularlo nella grandezza. Che fece? Cominciò a gonfiarsi sformatamente; ma alla fine crepò e questo fu tutto l’utile che ne trasse. Fate voi l’applicazione a quei Protestanti che vanno attorno chiamando la loro setta la Chiesa Cattolica. Del resto poi essi stessi sono così convinti nel cuore, che non sono i veri Cattolici, che secondo l’osservazione fatta da S. Agostino, se voi trovandovi in un paese di eretici domandaste dove sia la Chiesa Cattolica, essi sarebbero i primi a mostrarvi la Chiesa nostra e non la loro. Che segno è questo? Che la verità si fa largo da sé  stessa, anche a dispetto di quelli che non la vogliono.

LO SCUDO DELLA FEDE (57)

[S. Franco: ERRORI DEL PROTESTANTISMO, Tip. Delle Murate, FIRENZE, 1858]

CAPITOLO VII.

IL PROTESTANTISMO E’ FALSO PERCHE’ SUPPONE CHE LA VERA CHIESA POSSA MANCARE.

La ragione più forte che per allontanarvi dalla S. Chiesa Cattolica vi apportano i Protestanti è sempre questa, che la Chiesa Cattolica è venuta meno, che ha cambiata la Fede, che ha perduta la verità che Gesù Cristo le aveva affidato. Ebbene io vi ho già mostrato che è un fatto indubitabile che non l’ha perduta, perché non ha fatto verun cambiamento: ma adesso vi dirò anche di più, che se, per impossibile, avesse voluto far gettito delle vere dottrine, non avrebbe potuto. Se ciò è vero, non sarà anche vero che sono in un grandissimo errore i Protestanti, che si fondano totalmente sul presupposto che la Chiesa sia venuta meno? – Ebbene, osservate. Chi ha stabilita la S. Chiesa? Gesù Cristo! lo concedono tutti. Chi è Gesù Cristo? è Dio! Ora se Gesù Cristo si protestasse ch’Egli vuole fondare una Chiesa così fatta, così ordinata, così assistita, così assicurata, che fosse impossibile il distruggerla, il farla mancare: se Gesù Cristo Dio protestasse così, potremmo noi credere poi che la Chiesa è veramente indefettibile? Certo sì, se non giungiamo a tanta di audacia e di temerità da affermare che Gesù o non abbia saputo, o non abbia potuto, o non abbia voluto mantenere la sua parola, il che sarebbe una bestemmia orrenda (la stessa orrenda bestemmia, ma nei confronti del Papa, il Vicario “in perpetuo”di Cristo, oggi è pronunziata dai novelli protestanti: i c. d. sedevacantisti pseudo-tradizionalisti! – ndr.-). Tutto si riduce adunque a verificare se Gesù Cristo abbia veramente promesso di stabilire una Chiesa così fatta che non potesse mancare. Ma per verificare questo, basta saper leggere. Gesù Cristo dice espressamente che la Chiesa è di tale saldezza, che le porte dell’Inferno mai non prevarranno contro di lei [… e contro la sua pietra fondante, cioè Pietro ed i suoi successori– ndr. – ] (Matth. XVI, 18). Questa è una maniera orientale di parlare sommamente espressiva, che equivale al dire che, né tutti gli sforzi degli uomini, né tutte le furberie dei seduttori, né tutte le violenze dei persecutori, né le furie medesime dei demoni, mai varranno ad annientare la Chiesa. – Ora la Chiesa, che non vive se non se nella sua dottrina e nei suoi insegnamenti, se errasse in questi non sarebbe affatto annientata? e non avrebbe perduto il suo vero patrimonio, il suo grande scopo sopra la terra? Dunque se la parola di Gesù è vera, la Chiesa non può errare mai, in nessun tempo. Aggiungete che Gesù, per mantenerla nella sua verità, le ha promessa l’assistenza dello Spirito Santo, e questa non per un momento, ma fino alla consumazione dei secoli. Dunque con tale assistenza fino alla consumazione dei secoli debba conservarsi. [… questo prova altresì che il Novus Ordo ecumenico-conciliare degli antipapi marrani, setta che ha ribaltato tutta la dottrina Cattolica dall’interno della Chiesa, è opera satanica, di lucifero che ivi, travestito da “angelo di luce”, si spaccia per divinità facendosi adorare come “signore dell’universo” – ndr. -]. E poi non è essa chiamata dall’Apostolo Paolo « colonna ed il sostegno saldo della verità? » (1 Tim. III, 15)! Come dunque potrebbe esser vero questo nome, se non solo non fosse sostegno dell’edificio, ma fosse cagione di rovina? Più, la Chiesa non è fondata sopra di Pietro, il quale ha da confermare i suoi fratelli nella fede, perché la sua fede, secondo le preghiere di Gesù, non potrà mai venir meno? (Luc. XXII, 32) Aggiungete che Gesù Cristo ha affermato che Egli, se fosse stato innalzato di terra, cioè messo in Croce, avrebbe attratto tutto a sé (Giov. XIII, 32). Ora volete voi che abbia tirato a sé gli uomini per pochi anni e poi li abbia subito lasciati andare in perdizione per tanti secoli? E questo sarebbe l’onore di Gesù, che non avesse fatto neppure quello che fece Mosè, che mantenne per tanti anni la Sinagoga? Questo non sarebbe negare tutta la virtù della Croce di Cristo? Il demonio non si mostrerebbe più potente di Gesù, col togliergli subito tutta la Chiesa, ch’Egli aveva sposata ed unita a sé nel sangue suo? Gesù ha dato al mondo Apostoli, Profeti, Evangelisti, Pastori e Dottori per la consumazione dei Santi, per la opera del ministero, per la edificazione del Corpo di Gesù Cristo, dice S. Paolo (Ephes. IV, 13). Ora è già compito il numero dei Santi? e da quattordici secoli siamo già tutti fuori della salute, dacché non vi è salute fuori della vera Chiesa? E come adunque Dio che ha tanta cura degli uccelli dell’aria, che ebbe tanta sollecitudine del popolo Giudaico, ha lasciato marcire nell’infedeltà per tanti secoli la Chiesa sua sposa? Perché dunque nel Salmo (Ps. LXXX, 30, 38) ha fatto dire della Chiesa, che Dio l’ha fondata nella sua eternità, che il suo trono sarà permanente? Perché ha detto che la S. Chiesa sarà come il Sole davanti a Dio, perfetta come la Luna che sempre risplende nel cielo, come un testimonio fedele? Perché l’Arcangelo Gabriele ha detto che il regno di Gesù mai non avrebbe avuto fine? (Luc. I, 33) . E dunque indubitatissimo che Gesù Cristo promise la indefettibilità alla sua Chiesa. Se l’ha promessa è impossibile che essa venga meno: giacché passeranno il cielo e la terra, ma la parola Divina non passerà. Che dire adunque dei Protestanti, i quali non intendono queste promesse, e poi affermano che tutta la Chiesa era in errore, che essi furono chiamati a riformarla? Ecco quello che si ha a dire: che essi mettendosi all’opera di riformare la Chiesa, trattano Gesù da falsario e da ingannatore, quasi ci avesse illusi, quando le promise la sua assistenza, e quasi non avesse saputo o potuto, o voluto mantenere la suapromessa. Oh che bestemmia esecranda!Ma non vediamo poi talvolta degli abusi e degli scandali nella Chiesa, direte voi? Miei cari attendete bene. Voi vedete sì degli abusi e degli scandali in alcuni che appartengono alla Chiesa, ma non mai nella dottrina che viene insegnata dalla S. Chiesa. Ora qui è tutto l’abbaglio dei Protestanti. Se essi si contentassero di dire che tra i Cattolici vi sono pur troppo di quelli che prevaricando dalla dottrina della buona loro madre si precipitano in molte iniquità, direbbero una cosa verissima, che anche noi Cattolici deploriamo con le lacrime agli occhi: ma non è questo quello che dicono. Dicono invece che la stessa Chiesa nostra madre, fu essa la prevaricatrice, che essa insegnò ai suoi figliuoli degli errori, dellesuperstizioni, delle idolatrie: e questa è la loro orribile empietà. Imperocché può pur troppo errare il Cattolico, quando si scosta dagl’insegnamenti della sua madre; non può errare la madre, quando dà insegnamenti ai suoi figliuoli.Pertanto l’affermare che abbia errato la S. Chiesa è prima di tutto un affronto a Gesù, perché è lo stesso che dire che Egli abbia abbandonata la sua sposa, la Chiesa, alla quale fece promessa di non lasciarla in eterno, e poi è un insulto alla Chiesa, perché è un farla passare per infedele ed adultera, che abbia cacciato Gesù per darsi in preda all’errore ed al demonio. E può un Cattolico pensar così? Ah noi ci consoleremo invece di appartenere ad una Chiesa, che non può mancare mai [anche se oggi è perseguitata ed “eclissata” – ndr. -], e detesteremo con tutto il cuore quei felloni che staccatisi dalla Chiesa per le loro iniquità, onde avere qualche scusa alla loro perfidia, ne rigettano tutta la colpa sopra delitti che calunniosamente appongono alla loro madre.

LO SCUDO DELLA FEDE (56)

LO SCUDO DELLA FEDE (56)

[S. Franco: ERRORI DEL PROTESTANTISMO, Tip. Delle Murate, FIRENZE, 1858]

FALSITA’ DEL PROTESTANTESIMO

CAPITOLO VI.

 È FALSO IL PROTESTANTISMO PERCHÈ NON HA UNITÀ.

Non solamente è nuovo il Protestantismo, il che è un gran segno di falsità, ma è ancora una Religione che varia in infinito: prova innegabile che è un’invenzione umana. Imperocché come stabilì Gesù Cristo la sua Religione? Egli insegnò un gran numero di verità preziosissime, che riguardano la grandezza e maestà di Dio uno e trino, la grande opera della Redenzione fatta da Gesù Cristo, la natura della S. Chiesa, i Santi Sacramenti che sono la fonte della grazia, il divin Sacrifizio per onorare perfettamente Iddio, e così andate voi discorrendo, tutto quello che dobbiamo credere, praticare, sperare, temere ed amare. Tutte queste cose Gesù le determinò, le fece certe con la sua rivelazione. Volle poi che nella credenza di tutte queste verità, noi fossimo pienamente d’accordo fra noi. San Paolo scriveva che tutti parlassimo e sentissimo ad un modo [2 Cor. XIII, 11]: che Dio non è autore della discordia ma della pace (1. Cor. XIV, 33); che uno è il Signore, uno è il Battesimo, una la Fede, uno Iddio e Padre di tutti (Ephes. IV, 8). Gesù Cristo sempre pregò, perché noi fossimo d’accordo, che mantenessimo l’unità (Ephes, IV, 4). Ci avvertì che ogni regno fra sé diviso sarebbe stato desolato (Luc. XI, 17), che finalmentetutti dovevamo costituire un solo ovile sotto un solo pastore (Ioan. X, 16). Tutto ciò è indubitato dalla Sacra Scrittura. E però è anche indubitato che quella sola Religione è la vera, che tenne sempre e che tiene tutte queste verità e le tiene in una perfettissima concordia ed unità. Chi è convinto d’aver cambiato dottrina anche una volta sola, costui è convinto che forse nell’uno e nell’altro cambiamento ma certo in uno dei due non ha la verità. Non può esser vero nell’istesso tempo il sì ed il no: non può una cosa esser tutto insieme e bianca e nera: e così Gesù Cristo o ha rivelata o non ha rivelata una verità, e questa verità l’ha rivelata di un modo oppure di un altro. Non è egli chiaro? Ma dunque il Protestantesimo che ammette e nega la stessa cosa, che oggi difende quel che domani impugna, che dice e disdice ogni proposizione, che varia Catechismi, riti, pratiche con un moto e variazione perpetua, non è e non può essere la verità. – Ora di qua scendono due belle conseguenze. Avvertitele bene. Una è che dunque tutta la presunzione di possedere la verità è tutta in favore di noi Cattolici i quali abbiamo una stessa professione di fede che è comune a tutto l’Universo e che dura da tutti i secoli, come abbiam veduto sopra. Oh se sapeste che bello spettacolo è mai questo! In tutta la terra i Cattolici parlano allo stesso modo e credono le stesse verità, e sottopongono il capo all’ìstesso supremo Pastore. Nel fondo dell’America quei poveri selvaggi fatti Cattolici, credono quel che credono in Roma, quello che credono in Francia i Cattolici, lo credono i Cattolici dell’Italia, del Belgio, dell’Austria, della Germania, dell’Inghilterra. In tutti i porti, in tutte le isole, nei paesi anche i più barbari, basta che vi sia un Cattolico, perché creda tutto quello che crediamo noi. Con noi sono il Sommo Pontefice, con noi tanti Sacerdoti, con noi tutto il gran corpo dei Cattolici che salgono a più di dugento milioni. Questa è la vera fratellanza, la vera unione. Qui si vede verificato quello che Gesù Cristo aveva tanto raccomandato che fossimo tutti una sola cosa in Lui; quello che il S. Apostolo Paolo inculcava dicendo che sentissimo tutti allo stesso modo e che non fossimo fra noi divisi; quello che Gesù Cristo presso alla morte aveva chiesto al suo divin Padre, che fossimo con lui una cosa sola; quello che per grand’elogio fu detto di noi Cristiani dall’Apostolo S. Paolo, che siamo un corpo solo ed un solo spirito, che vi ha un solo Dio, una sola Fede, un solo Battesimo, perché vi ha un solo Padre e Signore di tutti. Alla vista di questo spettacolo cosi bello, se voi aggiungete quel che abbiamo detto di sopra, che quelle verità, che noi teniamo al presente, furono tenute da tutte le generazioni cattoliche che ci precedettero da Gesù Cristo in qua, voi non potrete non ammirare e ringraziare la bontà di Dio, che ha fatto nascere nella S. Chiesa Cattolica la quale ha tanto sicure prove di verità. – L’altra conseguenza che dovrete pur trarre si è che dunque i Protestanti sono in errore, perché sono sempre tra loro divisi. Voi non vi accorgete di questa loro divisione, perchè non conoscete altro che quei maestrucoli disgraziati che vi parlano: ma se conosceste le loro discordie e guerre intestine, vi sentireste muovere a dispetto e ad indignazione. Attendete. Martin Lutero fu il primo a piantare il Protestantesimo, ma subito ebbe una gran guerra coi suoi primi seguaci che lo condannarono. Zuinglio, Carlostadio etc. lo contraddissero acerbamente. Sorse quasi nello stesso tempo un altro capo per nome Calvino e fece la guerra al primo, ed ebbe ancor egli tutti i suoi seguaci che lo oppugnarono. Dietro a questi primi venne Arrigo VIII ed anch’egli seminò discordie e divisioni. Sulla scorta di questi maestri d’errore ne sorsero altri e poi altri, e ciascuno di loro fabbricava una nuova credenza a suo modo. Di che i Protestanti cominciarono a separarsi in tante sette tutte ostili fra di sé: l’una condannava quel che diceva l’altra: si scomunicavano a vicenda, chiamandosi Eretici gli uni gli altri, si perseguitavano, s’investivano e perfino si bruciavano e scannavano quando il potevano. Sopra ogni punto vi era una dottrina speciale, la quale cambiavano ogni anno. E quello che hanno fatto negli anni passati lo fanno anche adesso. Se voi viaggiaste pei paesi protestanti, voi trovereste che le Religioni presso di loro nascono come i funghi. Ogni capo leggero e superbo presume di essere maestro e di tenere tutti per scolari. Dei sarti anche ivi, dei calzolai e perfino delle donnicciole inventano nuove religioni. Di che si trova talvolta che in una famiglia di sei o sette persone vi sono sei o sette religioni diverse. Questo caso tra i Protestanti degli Stati Uniti è tutt’altro che raro. Ed ora ci vogliono vendere questa Babele, questo disordine, questa confusione, questo ammasso di errori, per la vera Religione di Gesù Cristo! Ci vuole pure una fronte di bronzo per fare questi inviti! Sapete quel che rispose un uomo savio, una volta che fu richiesto di farsi Protestante da uno scellerato? Io mi farò Protestante, egli rispose, quando voi mi saprete dire il numero delle sette in che siete divisi voi, e la ragione per cui io debba credere piuttosto a voi che ai vostri avversari.

IL PAPA (sec. San TOMMASO)

Il Papa.

[G. Bertetti: I tesori di S. Tommaso d’Aquino; S. E. I. Torino, 1918]

1. Il Papa è il capo di tutta la Chiesa (Contra Gent., 4, 76). — 2. A lui tutti i fedeli, anche i re, debbono ubbidienza (De Regim. Princ, 1, 14). — 3. In che cosa il Papa può dispensare (Quol., 4, 13).

1. Il Papa è il capo di tutta la Chiesa. — L’unità della Chiesa richiede che tutti i fedeli vadano d’accordo nella fede. Accade che intorno alle cose di fede si sollevino dello questioni? La Chiesa allora si dividerebbe per causa delle diverse opinioni, se non si conservasse nell’unità per la sentenza d’un solo. Dunque, perché si conservi l’unità della Chiesa, ci vuol uno che presieda a tutta la Chiesa. È poi manifesto che nelle cose necessarie Gesù Cristo non vien meno alla sua Chiesa ch’egli amò, spargendo per essa il suo sangue; se anche della sinagoga fu detto dal Signore: « Che cos’altro avrei dovuto fare alla mia vigna, e non ho fatto? » (ISA., V, 4). Nessun dubbio quindi che per ordinazione di Gesù Cristo, ci sia uno che presieda a tutta la Chiesa. Nessun dubbio ci dev’essere che il regime della Chiesa sia ottimamente ordinato, essendo stato costituito da Quello per cui « regnano i re e fan giusti decreti i legislatori» (Prov., VIII, 15). Ora, il miglior governo d’un popolo è quel che risiede in un solo: perché un solo, meglio che molti, è causa di quella pace e di quell’unità ch’è il fine d’ogni governo. Dunque il regime della Chiesa è disposto in modo che uno solo presieda a tutta la Chiesa. – La Chiesa militante trae somiglianza dalla Chiesa trionfante: onde San Giovanni nell’Apocalisse vide la Gerusalemme discendente dal Cielo, e a Mosè fu detto che facesse tutto secondo l’esemplare dimostratogli sul monte. Ebbene, nella Chiesa trionfante presiede un solo, quel solo che presiede pure in tutto l’universo, Dio: « essi saran suo popolo, e lo Stesso Dio sarà con essi Dio loro » (Apoc, XXI, 3). Dunque anche nella Chiesa militante ci sarà uno che presiede a tutti: « saran congregati i figli di Giuda e i figli d’Israele parimenti, e porranno a sé un solo capo » (OSEA, 1, 11); e dice il Signore: « Sarà un solo ovile e un solo pastore » (JOAN., X, 16). Non basterà asserire che il solo capo e il solo pastore è Gesù Cristo, che è l’unico sposo della Chiesa una. Tutti sappiamo che ogni sacramento della Chiesa è compiuto da Gesù Cristo: è Lui che battezza, è Lui che rimette i peccati, è Lui il vero sacerdote che si offrì sull’altare della croce e che dà la virtù di consacrare il suo corpo ogni giorno sui nostri altari: tuttavia, poiché non sarebbe rimasto con la sua presenza corporale in mezzo ai fedeli, s’elesse dei ministri che dispensassero ai fedeli i sacramenti. Per la ragione medesima di sottrarre la sua presenza corporale alla Chiesa, lasciò in sua vece chi avesse cura della Chiesa universale. Quind’è che prima della sua ascensione disse a Pietro: « Pasci le mie pecore » (JOAN., XXI, 17); e prima della passione: « Tu, una volta ravveduto, conferma i tuoi fratelli » ( Luc. XXII, 32); e a lui solo promise: « A te darò le chiavi del regno dei cieli » ( MATTH., XVI, 19), per dimostrare che la potestà delle chiavi sarebbe da lui derivata ad altri per la conservazione dell’unità della Chiesa. Né si può dire che questa dignità data a Pietro non sia da lui derivata ad altri. È chiaro che Gesù Cristo istituì la Chiesa in modo da durare sino alla fine del mondo: « sederà sul soglio di Davide e sul suo regno, per confermarlo e corroborarlo nel giudizio e nella giustizia, da ora fino in sempiterno » (ISA., IX, 7). È chiaro dunque che Gesù Cristo costituì nel ministero quei che c’erano allora, sicché la lor potestà derivasse ai posteri, per l’utilità della Chiesa, sino alla fine del mondo; principalmente perché Egli stesso lo dice: « Ecco che io sono con voi per tutti i giorni sino alla consumazione dei secoli » (MATTH., XXVIII, 20).

2. Tutti i fedeli, anche i re, debbono ubbidienza al Papa. — Vivere secondo la virtù non è l’ultimo fine del popolo: ma il pervenire con una vita virtuosa all’ultima beatitudine che s’aspetta dopo la morte nel godimento di Dio: beatitudine acquistataci dal sangue di Gesù Cristo, beatitudine per il cui possesso ricevemmo l’arra dello Spirito Santo. Se a quest’ultimo fine noi potessimo arrivare per virtù dell’umana natura, dovrebbe condurvici chi ha in sua mano il supremo potere. Ma poiché il fine del godimento divino non si raggiunge per virtù umana, ma per virtù divina, non all’umano ma al divino regime spetterà il condurci a un tal fine. A capo di questo regime sta un Re, che non solo è uomo ma anche Dio, ossia il Signor nostro Gesù Cristo, che, facendo gli uomini figli di Dio, gl’introduce nella gloria celeste. A lui è stato affidato questo regime che non si corrompe, a Lui che dalla Scrittura è chiamato non solo Sacerdote ma anche Re (JER., XXIII, 5). Da Lui è derivato il regale sacerdozio: e, ciò ch’è più, tutti i fedeli di Cristo, in quanto sono suoi membri, son chiamati re e sacerdoti. Il ministero di questo regno, affinché le cose spirituali rimanessero distinte dalle cose corporali, non fu affidato ai re terreni, ma ai sacerdoti e precipuamente al Sommo Sacerdote successore di Pietro, vicario di Gesù Cristo e Romano Pontefice. A lui appartiene la cura dell’ultimo fine, e a lui devono sottomettersi e lasciarsi dirigere dal suo impero quei che hanno la cura dei fini antecedenti. Era giusto che i sacerdoti dei gentili fossero soggetti ai re: perché il loro sacerdozio e tutto il loro culto era per l’acquisto dei beni temporali. Anche nella legge antica i sacerdoti erano soggetti ai re: perché la legge antica prometteva beni terreni, che non il demonio ma il Dio vero avrebbe dato al popolo religioso. Ma nella nuova legge v’è un più sublime sacerdozio, per cui gli uomini sono condotti ai beni celesti.

3. In che cosa il Papa può dispensare. — Avendo il Papa la pienezza della potestà sulla Chiesa, può dispensare su tutto ciò che fu istituito dalla Chiesa o dai prelati della Chiesa. Son le cose che si dicono di diritto umano o di diritto positivo. Non può dispensare intorno a ciò ch’è di diritto divino o di diritto naturale: perché queste cose traggono efficacia da divina istituzione. – Diritto divino è quel che si riferisce alla legge nuova o alla legge antica. Ma fra l’una e l’altra legge v’è questa differenza: che la legge antica determinava molte cose, tanto nei precetti cerimoniali appartenenti al culto di Dio, quanto nei precetti giudiziali appartenenti alla conservazione della giustizia fra gli uomini; ma la legge nuova, ch’è legge di libertà, non ha più siffatte determinazioni, contentandosi dei precetti morali della legge naturale, e degli articoli della fede, e dei sacramenti della grazia: perciò si dice anche legge di fede e legge di grazia. Le altre cose che appartengono alla determinazione degli umani giudizi o alla determinazione del culto divino, Gesù Cristo, latore della nuova legge, le lasciò liberamente da determinare ai prelati della Chiesa e ai principi del popolo cristiano: perciò queste determinazioni appartengono al diritto umano, in cui il Papa può dispensare. Ma nelle, cose che son della legge di natura, e negli articoli della fede, e nei Sacramenti della nuova legge, il Papa non può dispensare: ciò non potrebbe essere in favore della verità, ma sarebbe contro la verità.

A queste note dell’Angelico aggiungiamo qualche riga di un sermone celebre (… non per i sedevacantisti sembra), di S. Leone Magno che si legge nel Breviario [quello Romano, forse i sedevacantisti ed i fallibilisti ne hanno uno … modificato …] :

Omelia di san Leone Papa

Sermone 2 nell’anniversario della sua elezione, prima della metà


Allorché, come abbiamo inteso dalla lettura del Vangelo, il Signore domandò ai discepoli, chi essi in mezzo alle diverse opinioni degli altri credessero ch’egli fosse, e gli rispose il beato Pietro con dire: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente» (Matth. XVI, 16; il Signore gli disse: « Beato te, Simone, figlio di Giona, perché non te l’ha rivelato la natura e l’istinto, ma il Padre mio ch’è nei cieli Matth. XVI, 17-19: e io ti dico, che tu sei Pietro, e su questa pietra io edificherò la mia Chiesa, e le porte dell’inferno non prevarranno contro di lei: e darò a te le chiavi del regno dei cieli: e qualunque cosa legherai sulla terra, sarà legata anche nei cieli; e qualunque cosa scioglierai sulla terra, sarà sciolta anche nei cieli». Rimane dunque quanto ha stabilito la verità, e il beato Pietro conservando la solidità della pietra ricevuta, non cessa di tenere il governo della Chiesa affidatagli.

Infatti in tutta la Chiesa ogni giorno Pietro ripete: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente»; ed ogni lingua, che confessa il Signore, è istruita dal magistero di questa voce. Questa fede vince il diavolo e spezza le catene di coloro ch’esso aveva fatti schiavi. Questa, riscattatili dal mondo, li introduce nel cielo, e le porte dell’inferno non possono prevalere contro di lei. Perché essa ha ricevuto da Dio fermezza sì grande, che né la perversità della eresia poté mai corromperla, né la perfidia del paganesimo vincerla. Così dunque, con questi sentimenti, dilettissimi, la festa odierna viene celebrata con un culto ragionevole; così che nella umile mia persona si consideri ed onori colui nel quale si perpetua la sollecitudine di tutti i pastori e la custodia di tutte le pecore a lui affidate, e la cui dignità non vien meno neppure in un erede.

Ai “distratti” sedevacantisti si potrebbe chiedere, cosa intendano essi per: “OGNI GIORNO fino alla fine dei tempi”, parole che Nostro Signore Gesù Cristo, ed i suoi Vicari poi, avrebbe pronunciato con inganno (bestemmia atroce e totalmente  inverosimile in chi è la VERITÁ e SAPIENZA); ma noi pensiamo che l’inganno sia sempre del solito serpente menzognero che si serve di sempre nuovi adepti! Occorre quindi vegliare su qualsiasi “fur et latro” (Joan. X), … oggi con le vesti sedevacantiste … che voglia intrufolarsi nell’ovile della Chiesa come “pecora matta”, per sbranare gli agnelli.

E a proposito sulle amene idiozie che si dicono sul Papa nascosto da imbecilli vari, coloro che ignorano il Vangelo [… forse ce ne sarà uno “adattato” dagli apostati scismatici sedevacantisti! … cani sciolti e papi di se stessi …] ed i Padri della Chiesa, aggiungiamo:

Léctio sancti Evangélii secúndum Matthǽum.
Matt X: 23-28
In illo témpore: Dixit Jesus discipulis suis: Cum persequentur vos in civitate ista, fugite in aliam. Et réliqua.

Homilia sancti Athanasii Epíscopi.
In Apologia de fuga sua, ante med.

La legge ordinava di stabilire delle città di rifugio, in cui, coloro che in qualsiasi modo fossero cercati a morte, potessero rimanervi sicuri. Inoltre, venuto nella pienezza dei tempi quello stesso Verbo del Padre, che antecedentemente aveva parlato a Mosè, diede di nuovo quest’ordine, dicendo: « Quando vi perseguiteranno in una città, fuggite in un’altra ». E poco dopo aggiunge: « Quando vedrete l’orrore della desolazione, predetta dal profeta Daniele, posta nel luogo santo (chi legge, comprenda), allora quelli che dimorano nella Giudea, fuggano ai monti; e chi starà sulla terrazza, non discenda per prender nulla di casa sua ; e chi è al campo, non ritorni per pigliar la sua veste ». Istruiti da queste cose, i Santi ne fecero sempre la regola della loro condotta. Infatti il Signore, prima ancora della sua venuta nella carne, aveva già detto ai suoi ministri quanto ora qui comanda ; e questo precetto conduce gli uomini alla perfezione. Perché bisogna assolutamente osservare quanto Dio comanda. Ond’è che lo stesso Verbo fattosi uomo per noi, non ha stimato indegno di nascondersi, come noi, allorché era cercato; e di fuggire altresì e d’evitare le insidie, allorché veniva perseguitato: ma quando venne il tempo da se stesso stabilito, in cui voleva soffrire nel corpo per tutti, si diede spontaneamente da sé nelle mani degl’insidiatori.

CHE LA VERGINE MARIA CI LIBERI DAGLI ERETICI, APOSTATI, SCISMATICI PSEUDO-TRADIZIONALISTI DEI NOSTRI TEMPI!! …

et Ipsa conteret

LO SCUDO DELLA FEDE (55)

S. Franco: ERRORI DEL PROTESTANTISMO, Tip. Delle Mure, FIRENZE, 1858]

FALSITA’ DEL PROTESTANTESIMO

CAPITOLO V.

IL PROTESTANTISMO È FALSO PERCHÉ È NUOVO.

Dalle persone che abbiamo considerate passiamo alle cose, e vediamo fin dove vi vogliano trascinare. Vi conducono se non istate attenti nell’abisso di ogni errore. Eccovene alcune prove bell’e chiare. La vera Religione è quella che ebbe origine da Gesù Cristo e che mantenutasi in ogni secolo pervenne fino a noi, che perciò si chiama Religione Cristiana, perché proviene da Gesù Cristo. È dunque manifesto che la vera Chiesa deve essere antica quanto è il suo divin Fondatore. Ma il Protestantismo è nuovo, dunque non è la vera Chiesa. Ora che le sette Protestanti non siano antiche e che per conseguenza non provengano da Gesù Cristo, gli è chiaro poiché noi sappiamo l’anno, il mese, il giorno in cui sono comparse al mondo. Le une hanno avuto per padre Lutero, le altre Calvino, la Zuingliana viene da Zuinglin, l’Anglicana da Arrigo VIII e da Elisabetta, i Quaqueri da Giorgio Fox, i Mormoni da Giuseppe Smith, c così andate dicendo. Tutti questi capi settarii non hanno nessun legame con le persone precedenti, non ne hanno principalmente la dottrina, perché se l’avessero avuta non si sarebbero separati da loro: dunque non possono vantarsi di provenire da Gesù; dunque non sono veri pastori, dunque sono lupi voraci. Con questa ragione sola un vecchio contadino fece ammutolire la perfida Regina d’Inghilterra Elisabetta. – Questa Signora andando una volta alla caccia nei suoi poderi s’incontrò in un buon vecchio e prese ad esortarlo che si facesse protestante. Egli stava zitto a sentirla, ed intanto con una mano si lisciava la sua candida barba. Quando la trista Regina ebbe finito, orsù, gli disse, siete risoluto a farvi dei nostri? Come posso, ripigliò allora quel vecchio savio, abbracciare una Religione che è nata dopo la mia barba? Con questa bella risposta le volle far capire che la Religione Cristiana non può esser vera se non è antica, se non rimonta fino a Gesù Cristo che ne è il divin fondatore. E questa è appunto la bella proprietà della Religione Cattolica, la quale sale di età in età, di secolo in secolo, come un bel fiume maestoso sino alla sua sorgente che è Gesù Cristo. Noi in questo secolo teniamo le stesse dottrineche hanno tenuto nel secolo precedente, quelli del secolo precedente hanno conservate quelle dei loro antenati, ed andate dicendo. Quest’oggi siede Pio IX Pontefice e Vicario di Gesù Cristo sul trono Apostolico, egli insegnò quello che insegnò Gregorio XVI. Questi quello che insegnò Pio VIII, Leone XII, Pio VII, Pio VI, e tutti gli altri Romani Pontefici fino a S. Pietro e fino a Gesù Cristo. Direte: e come si sa che hanno sempre insegnato lo stesso? Si sa con tutta certezza in molte maniere. Si sa da questo che si vede che ogni volta che venne fuori qualcuno che insegnasse una dottrina nuova, come hanno fatto finodai primi tempi gli eretici, fu subito reciso dal corpo di S. Chiesa. Questo sono obbligati a confessarlo anche i Protestanti, parlando delle prime Eresie, clic anch’essi rigettano: sebbene poi non lo vogliano più concedere delle ultime e delle loro, perché non vogliono confessare d’aver torto. Si sa per testimonianza degli stessi Protestanti, i quali provocati tante volte a dire in qual secolo la Chiesa abbia cambiate le sue dottrine, sono costretti a dire mille spropositi ed a contraddirsi fra di sé, volendo alcuni che fosse nel terzo secolo, altri nel quarto, altri nel sesto, altri nel duodecimo. Con che fanno vedere molto chiaro, che non sanno quel che si dicono. Lo dimostrano anche con ciò, che postisi talora all’opera d’indicare quelle dottrine in che si è fatto cambiamento, mai non convennero fra di sé, e qualunque punto traessero fuori come novità introdotta dalla Chiesa, fu subito dimostrato che non era altrimenti nuova dottrina introdotta, ma antica sentenza mantenuta. – Si dimostra finalmente da ciò, che sarebbe stato impossibile fare un cambiamento nella Fede senza che tutti i Cattolici reclamassero subito. Nei primi secoli per testimonianza di tutti i Protestanti, Ja Fede era pura, i Sommi Pontefici che reggevano la Chiesa erano sulla strada di verità. Quando fa dunque, li interroga S. Francesco di Sales, che Roma perdette questa Fede pura e celeste? Quando cessò di essere quello che era? » In qual tempo, sotto qual Papa? Per qual mezzo e per forza di chi? Qual Religione straniera invase la città eterna, e con lei il mondo intero? Questo divorzio fatto dalla verità non destò neppure una voce fedele, non un grido, non una lagnanza? Oh dormivano dunque tutti quelli che pure voi tutti quelli che pure voi stessi concedete che erano fedeli, mentre Roma formava nuovi sacramenti, nuovo sacrificio, nova dottrina? Come non vi ha o né greco, né latino, né domestico, né  straniero che ne abbia lasciato un cenno, una memoria, una sillaba? Oh certo questa è la più portentosa novità del mondo, che mentre essi si perdono in cento inezie che riguardano i paesi ed i popoli, abbiano tutti d’accordo passato senza un’osservazione l’affare della Religione. Se venisse adesso un fedele qualunque e volesse mutare qualche verità della S. Fede, starebbero zitti tutti i Sacerdoti, tutti i Vescovi, tutti i Patriarchi della Chiesa Cattolica? Tutto l’opposta Sorgerebbero subito a gridare, a strepitare e condannare, appunto come fanno quando alcuno toglie ad insinuare una novità: ma lo stesso facevano in passato: tanto che non sarebbe mai stato un cambiamento senza di molto strepito. Vedeteadunque che la Chiesa Cattolica, mai non mutò dottrina. – I Protestanti però a dimostrarvi che la Chiesa ha cambiato dottrina, vi portano sempre dinanzi la definizione che il Santo Padre Pio IX ha fatta dell’Immacolata Concezione di Maria Vergine. Ebbene io voglio che osserviate la ignoranza e la malizia di quelli che fanno questa difficoltà. Ecco come andò la cosa. Si dubitava da alcuni se la SS. Vergine fosse stata concepita in peccato o no. Notate bene, non si faceva questione, come sognano alcuni sciocchi, se la Madonna SS. fosse stata Vergine o no, perché mai nessuno ha dubitato che la Madonna godesse questo gran privilegio: quello di che si dubitava, era se la Madonna avesse contratto il peccato originale o no. Allora che cosa fece la S. Chiesa, la quale non vuole che s’introduca nessuna dottrina nuova, ma che ritiene sempre la dottrina tal quale fu rivelata da Gesù Cristo? Fece ricerche diligenti nelle tradizioni di tutte le Chiese e specialmente nelle Chiese fondate dai Santi Apostoli, per scoprire quale fosse la vera dottrina di Gesù Cristo lasciata alla sua Chiesa; ed avendo trovato per quella assistenza che lo Spirito Santo secondo le promesse di Gesù Cristo mai non le lascia mancare, che in tutte anche le più antiche Chiese era comune e costante la dottrina dell’immacolato concepimento di Maria, pronunziò autenticamente per mezzo del Sommo Pontefice che la vera, l’antica dottrina era che la gran Madre di Dio fosse stata esente da ogni macchia di peccato originale. – Vedete adunque che non solo la Chiesa non inventò una nuova dottrina, ma insegnò l’antica levandola da ogni dubbietà. Sono adunque o molto ignoranti quelli che non comprendono queste cose, ed allora farebbero bene a tacere, oppure sono molto maligni ed allora non meritano alcuna fede. – Del resto i Protestanti istruiti sanno che questo mezzo di definizione fu adoperato sempre nella Chiesa, ogni qual volta sorse un dubbio od un errore, ed essi sono costretti ad ammetterlo come legittimo, trattandosi degli errori definiti contro Nestorio, Eutiche etc. che anche essi riconoscono come errori. Qual è dunque il motivo per cui lo stimano inopportuno trattandosi della Madonna SS.? E sempre la mala fede che si mostra a mille miglia lontano. Negano e concedono ad arbitrio, come fanno quelli che avendo detto la bugia, per sostenerne una, sono costretti a dirne cento altre.

CONOSCERE SAN PAOLO (55)

CAPO II

I Novissimi.

[F. Pratt: La teologia di San Paolo – Parte SECONDA,  S.E.I. Ed. – Torino, 1927 – impr.]

IV. LA CONSUMAZIONE DELLE COSE.

1. IL REGNO DI DIO E DEL CRISTO. — IL TERMINE FINALE.

1. Il regno di Dio, questo punto così saliente della predicazione sinottica, prende nel resto del Nuovo Testamento, e particolarmente in san Paolo, un altro carattere: è una differenza di orientamento che facilmente si spiega. Al principio della nostra èra, si sapeva di essere alla vigilia del giorno in cui si dovevano compiere le profezie che annunziavano la venuta del re discendente di Davide, il quale avrebbe fatto rifiorire con un maggiore splendore la teocrazia d’Israele ed avrebbe fondato su la terra il regno della pace, della giustizia e della santità. Bisognava dunque che Gesù, se voleva farsi riconoscere per Messia, rivendicasse a sé la dignità regale, spiegando la natura spirituale del regno che veniva a stabilire. So benissimo che, quasi senza eccezione, gli scritti del rabbinismo, tutti posteriori al Vangelo, non mettono « il regno di Dio » in connessione diretta con le speranze messianiche; con questa espressione essi indicano il governo divino nel mondo e non tanto l’impresa di Dio su le anime, quanto la libera accettazione del « giogo della Legge » mediante la professione di fede ebraica (Lagrange: Le messianisme chez les Juifs, Paris, 1909). Ma di queste due cose l’una è la vera: o la disgiunzione del regno di Dio e del regno del Messia era generale nel fariseismo contemporaneo, e importava sommamente che Gesù Cristo correggesse quella falsa idea tanto pregiudizievole alla riuscita della sua missione; oppure essa fu suggerita più tardi ai rabbini dal loro spirito di ostilità contro il Cristianesimo, e allora si capisce meglio perché la dottrina evangelica del regno di Dio non sollevò, nei primi tempi, nessuna obbiezione di principio. In qualunque ipotesi, l’annunzio del regno doveva essere un articolo fondamentale della predicazione di Gesù, durante quella fase del ministero pubblico che è caratterizzata dall’insegnamento delle parabole e che i Sinottici espongono con cura speciale. – Ma questa dottrina passa in secondo ordine quando l’idea cristiana del regno di Dio si trova realizzata nella Chiesa. Se ancora si dice per abitudine « predicare il regno (Act. I, 3; VIII, 12, etc.) », come si direbbe « predicare il Vangelo », si bada ad evitare i malintesi e a non urtare le suscettibilità dell’autorità romana, trasportando il regno fuori della sfera in cui si agitano gl’interessi di questo mondo. Per questo san Paolo, pure facendo un uso frequente di tale espressione, le dà quasi sempre un senso escatologico. « Gli ingiusti, i ladri, non erediteranno il regno di Dio »; gl’impuri, gl’idolatri « non hanno parte nel regno del Cristo e di Dio »; la persecuzione ci « rende degni del regno di Dio », che « la carne e il sangue non possono ereditare ». Sotto questo aspetto, il regno di Dio comincia al ritorno trionfale del Cristo e s’identifica con la vita eterna. Ma non sempre è così: il regno di Dio esiste già per noi; noi lo possediamo anticipatamente, come possediamo la vita, la redenzione, la salvezza e la gloria, in uno stato d’imperfezione che non esclude la realtà. Si può prendere nel senso escatologico la vocazione con cui Dio ci chiama « al suo regno ed alla sua gloria », ma non l’atto con cui ci ha « trasferiti nel regno del suo Figlio prediletto ». Qualche volta il senso è più oscuro: « Il regno di Dio, dice l’Apostolo, non è il mangiare e il bere, ma è giustizia e pace e gioia nello Spirito Santo (Rom. XIV, 17) ». Qui evidentemente non è la società dei fedeli, né molto meno la società dei santi del cielo, quello che Paolo vuole indicare; ma è piuttosto il regno di Dio come si presenta negli scritti dei rabbini: appena appena si modificherebbe il senso, se si sostituisse al regno il Vangelo o il Cristianesimo. Così pure « il regno di Dio non è in parole ma in (opere di) forza (I Cor. IV, 20) »; esso non consiste nel parlare molto, come facevano gli agitatori di Corinto, ma nell’agire con vigore, come Paolo si propone di fare al suo ritorno. Insomma, il regno di Dio indica ordinariamente la vita eterna dove i giusti regneranno con Gesù Cristo; più raramente, la Chiesa militante dove essi lottano per lui; qualche volta, l’essenza ed i princìpi direttivi del Vangelo. Per san Paolo, come per gli Evangelisti, il regno di Dio è anche il regno del Cristo. La fondazione del regno è lo scopo della missione redentrice; e raggiunto tale scopo, il mandato del Salvatore cessa: « Poi la fine, quando rimetterà il regno al Dio e Padre, dopo di aver ridotto al nulla ogni principato e ogni potestà e (ogni) virtù. Poiché bisogna che Egli regni finché abbia messo sotto i suoi piedi tutti i suoi nemici. L’ultimo dei nemici resi impotenti sarà la morte… Ma quando tutto gli sarà stato assoggettato, allora il Figlio stesso si assoggetterà a suo Padre, affinché Dio sia tutto in tutti (I Cor. XV, 24-26) ». La fine di cui qui si parla non è lo scopo della risurrezione, senso che non è ammesso né dalla parola greca né dal contesto; non è neppure la fine della risurrezione, come pretendono molti esegeti; è invece il compimento dell’opera del Cristo e la consumazione di tutte le cose. Si può tenere questo punto come acquisito, anche senza fare appello ai passi paralleli, poiché san Paolo indica chiaramente e in due maniere l’istante preciso che segna questa fine: da una parte la consegna del regno al Padre, dall’altra il trionfo completo sopra tutti i suoi nemici. Finché durava la lotta, finché gli avversari erano in piedi, la missione del Figlio di Dio era incompleta; ora che tutti i suoi nemici sono caduti ai suoi piedi, non eccettuata neppure la morte che era restata l’ultima sul campo di battaglia, la sua dittatura finisce, ed Egli restituisce al Padre il mandato che da Lui aveva ricevuto, con il frutto delle sue vittorie, come un vassallo fa al suo sovrano l’omaggio dei regni conquistati. – Tale è il pensiero di Paolo, espresso abbastanza chiaramente; ma il timore che san Paolo sembri voler limitare il regno del Cristo, suggerì agli esegeti le soluzioni più sottili. Rimettere il regno al Padre sarebbe far contemplare Dio dagli eletti che formano questo regno; oppure condurli a sottomettersi a Dio; oppure organizzare il regno, estirparne gli abusi, bandirne i ribelli: tutte sottigliezze che non hanno consistenza. Il Cristo, come Dio, come creatore, regna eternamente col Padre. Come uomo, conserva il primato di onore e la dominazione universale conferitagli dall’unione ipostatica. Se la Chiesa è un corpo, Egli ne è sempre il capo; se la Chiesa è una società religiosa, Egli ne è sempre il pontefice; se la Chiesa è un regno, Egli ne è sempre il re. Sotto questo aspetto, il suo regno non può finire: Egli regnerà sempre, e sempre « noi regneremo con lui ». Ma Egli è inoltre capo della Chiesa militante, incaricato di vendicare l’onore di Dio, di condurre alla vittoria quelli che marciano sotto la sua bandiera, di punire i ribelli o di sottometterli. Questo vice-reame temporaneo cessa con le funzioni che lo costituiscono; il mandato di dittatore o di generalissimo spira nel momento in cui non vi sono più combattimenti né forze nemiche. Dio, nell’affidare a suo Figlio questo potere straordinario, aveva pensato ad assegnarne il termine: « Bisogna che egli regni finché abbia messo sotto i suoi piedi tutti i suoi nemici ». Come capo della Chiesa militante, il Cristo godeva di una specie di autonomia ed aveva effettivamente un’autorità propria. Terminata la sua missione, altro non gli rimane che prendere il suo posto, posto alto assai sopra i suoi soggetti, ma basso molto in relazione con Dio. L’abbandono del suo mandato è spontaneo, come era pure l’atto con cui lo aveva preso: l’uno e l’altro sono regolati secondo l’ordine del volere divino. San Paolo parla così evidentemente del Cristo come uomo, che si stenta a capire perché mai tanti Padri — e dei più illustri — abbiano pensato o al Cristo sussistente nella natura divina, o al corpo mistico del Cristo. Il corpo mistico del Cristo non è mai chiamato « il Figlio di Dio » né molto meno « lo stesso « Figlio »; ed è fare violenza al testo il passare bruscamente dall’opera della redenzione, che è l’argomento di tutto questo passo, alle relazioni della vita intima del Verbo.

2. Il sentimentalismo teologico dei nostri giorni, rinnovando i sogni di Origene, prolunga l’azione redentrice del Cristo molto di là dal suo ritorno trionfale. La parusia porterebbe soltanto la risurrezione e la glorificazione dei giusti; per gli altri non ci sarebbe ancora nulla di definitivo. La fine verrà più tardi, quando il Cristo avrà compiuta la sua vittoria sottomettendo con la persuasione tutti i suoi avversari; quando Dio, effettuando i suoi disegni di amore, avrà fatto misericordia, a tutti gli uomini. Ma san Paolo non si può fare responsabile di un sistema che contraddice molte delle sue più precise affermazioni. Secondo lui, la volontà salvifica di Dio, per quanto sia universale, rispetta la libertà umana; la redenzione offerta a tutti non è imposta a nessuno, ed il Cristo, mediatore unico, associa alla sua vittoria soltanto quelli che accettano la sua mediazione e che gli sono uniti con la carità. Perciò i partigiani della restaurazione universale si trovano costretti ad abbandonare il terreno della teologia e dell’esegesi per stabilirsi sul terreno, secondo loro, più stabile, della filosofia razionale, dove noi non possiamo seguirli. – Quando l’uomo sarà giunto al termine dei suoi destini, che cosa diventerà la sua antica dimora? Un solo testo dell’Apostolo permette a questo riguardo, qualche induzione abbastanza incerta (7). Egli ci rappresenta la creazione che attende, con ansiosa impazienza, la glorificazione degli eletti, alla quale Dio le ha promesso di farla partecipe. Senza sforzare troppo questa poetica ipotiposi, è evidente che la creazione materiale — poiché qui si tratta di questa, in opposizione agli esseri ragionevoli — fu associata in qualche maniera alla caduta dell’uomo ed avrà parte, in qualche misura, alla sua glorificazione. Difatti essa geme per la sua condizione attuale, come di uno stato violento e contrario alle sue legittime aspirazioni; essa non accettò di essere sottomessa alla vanità se non per ottemperare agli ordini del Creatore e dietro assicurazione che questo giogo odioso le verrebbe tolto al momento della perfetta liberazione dell’uomo. Tutto sta nel sapere se si tratta di una decadenza fisica o di una decadenza morale, di una riabilitazione fisica o di una riabilitazione morale. Questo testo isolato non permette di rispondere con certezza. La maledizione pronunziata da Dio contro la terra colpiva direttamente l’uomo e toccava la terra soltanto di rimbalzo: ora perdette la terra la sua fertilità naturale, oppure perdette l’uomo l’aiuto provvidenziale che lo sottraeva alla dura legge del lavoro! E la terra ricupererà un giorno quella meravigliosa fecondità che le promettono gli Oracoli Sibillini e altri apocrifi, senza parlare dei redattori del Talmud! Non ne sappiamo assolutamente nulla: « Dio solo può dire quali saranno i nuovi cieli e la nuova terra. Sarà quello che vi è di più conveniente per manifestare la bontà divina e la gloria dei beati. È dunque superfluo il perdersi in vane congetture dove la ragione è impotente e la rivelazione è muta ». Queste sagge parole di Scoto avrebbero potuto risparmiare ai teologi molti sogni, ed agli esegeti molte divagazioni. A Paolo, meno che a qualunque altro, non bisogna domandare che ci descriva i destini della creazione materiale. Tutto il suo interesse si concentra su la storia dell’umanità; e anche questa storia, di mano in mano che progredisce, si va racchiudendo in un orizzonte sempre più stretto: prima il genere umano, poi la Chiesa militante, poi gli eletti associati al trionfo del Cristo, finalmente Dio, tutto in tutti.