Giovedì 26-5-2016: Festa del Corpus Domini – Il Lauda Sion

CORPUS DOMINI

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La visione della beata Giuliana.

   Simone di Montfort era stato il vindice della fede. Ma nel tempo stesso in cui il braccio vittorioso dell’eroe cristiano sbaragliava l’eresia, Dio preparava al suo Figliolo indegnamente oltraggiato dai settari nel Sacramento del suo amore un trionfo più pacifico e una riparazione più completa. Nel 1208, un’umile religiosa ospedaliera, la Beata Giuliana di Mont-Cornillon presso Liegi, aveva una visione misteriosa, in cui le appariva la luna nella sua pienezza, che mostrava sul proprio disco una incrinatura. Due anni dopo, le fu rivelato che la luna significava la Chiesa del suo tempo, e l’incrinatura che vi rilevava, l’assenza d’una solennità nel Ciclo liturgico, poiché Dio voleva che una nuova festa fosse celebrata ogni anno per onorare solennemente e in modo distinto l’istituzione della Santissima Eucarestia: il ricordo storico della Cena del Signore il Giovedì santo non rispondeva ai nuovi bisogni dei popoli turbati dall’eresia; non bastava più alla Chiesa, distratta del resto allora dalle importanti funzioni di quel giorno, e presto assorbita dalla tristezza del Venerdì santo.  Nel tempo stesso che Giuliana riceveva tale comunicazione, le fu ingiunto di porre ella stessa mano all’opera e di far conoscere al mondo i voleri divini. Passarono vent’anni prima che l’umile e timida vergine potesse trovare il coraggio d’una simile iniziativa. Si confidò infine con un canonico di San Martino di Liegi, Giovanni di Losanna, che stimava in modo singolare per la sua grande santità, e lo pregò di discutere sull’oggetto della sua missione con i dottori. – Tutti furono d’accordo nel riconoscere che non solo nulla si opponeva all’istituzione della festa progettata, ma che ne derivava al contrario un aumento della gloria divina e un gran bene nelle anime. Riconfortata da questa decisione, la Beata fece comporre e approvare per la futura festa un Ufficio proprio che cominciava con le parole: Animarum cibus, e di cui rimangono ancor oggi dei frammenti.

La festa del Corpus Domini.

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   La Chiesa di Liegi, a cui la Chiesa universale era già debitrice della festa della Santissima Trinità, era predestinata al nuovo onore di dar origine alla festa del Santissimo Sacramento. Fu un giorno radioso, quando, nel 1246, dopo così lungo tempo e innumerevoli ostacoli, Roberto di Torote, vescovo di Liegi, ordinò con un decreto sinodale che ogni anno, il Giovedì dopo la Santissima Trinità, tutte le Chiese della sua diocesi avrebbero dovuto osservare d’ora in poi, astenendosi dalle opere servili e praticando un digiuno di preparazione, una festa solenne in onore dell’ineffabile Sacramento del Corpo del Signore. – La festa del Corpus Domini fu dunque celebrata per la prima volta in quella insigne Chiesa, nel 1247. Il successore di Roberto, Enrico di Gueldre, uomo d’armi e gran signore, aveva altre preoccupazioni che quelle del suo predecessore. Ugo di San Caro, cardinale di Santa Sabina, legato in Germania, venuto a Liegi per porre riparo ai disordini che vi accadevano sotto il nuovo governo, sentì parlare del decreto di Roberto e della nuova solennità. Già priore e provinciale dei Frati Predicatori, era stato fra quelli che, consultati da Giovanni di Losanna, ne avevano favorito il progetto. Volle avere l’onore di celebrare egli stesso la festa, e di cantarvi la Messa in pompa magna. Inoltre, con mandato del 29 dicembre 1253 indirizzato agli Arcivescovi, Vescovi, Abati e fedeli del territorio della sua legislazione, confermò il decreto del vescovo di Liegi e lo estese a tutte le terre di sua giurisdizione, concedendo una indulgenza di cento giorni a tutti coloro che, contriti e confessati, avessero visitato devotamente le chiese in cui si celebrava l’Ufficio della festa, il giorno stesso oppure durante l’Ottava. L’anno seguente, il cardinale di Saint-Georges-au-Voile-d’Or, che gli succedette nella legazione, confermò e rinnovò le ordinanze del cardinale di Santa Sabina. Ma quei reiterati decreti non poterono vincere la freddezza generale; e furono tali le manovre dell’inferno il quale si vedeva raggiunto nei suoi profondi abissi, che dopo la partenza dei legati, si videro degli ecclesiastici di gran nome e costituiti in dignità opporre alle ordinanze le loro decisioni particolari. Quando morì la Beata Giuliana, nel 1258, la Chiesa di San Martino era sempre l’unica in cui si celebrasse la festa che ella aveva avuto la missione di stabilire nel mondo intero. Ma lasciava, perché continuasse la sua opera, una pia reclusa chiamata Eva, che era stata la confidente dei suoi desideri.

L’estensione della festa alla Chiesa Universale.

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Il 29 agosto 1261 saliva al trono pontificio Giacomo Pantaleone assumendo il nome di Urbano IV. Aveva conosciuto la Beata Giuliana quando era ancora arcidiacono di Liegi, e ne aveva approvato i progetti. Eva credette di vedere in quell’esaltazione il segno della Provvidenza. Dietro le insistenze della monaca, Enrico di Gueldre scrisse al nuovo Papa per congratularsi con lui e per pregarlo di confermare con la sua sovrana approvazione la festa istituita da Roberto di Torote. Nello stesso tempo diversi prodigi, e in special modo quello del corporale di Bolsena insanguinato da un’ostia miracolosa quasi sotto gli occhi della corte pontificia che risiedeva allora ad Orvieto, parvero spingere Urbano da parte del cielo e rafforzare il grande zelo che egli aveva un tempo manifestato in onore del divin Sacramento. San Tommaso d’Aquino fu incaricato di comporre secondo il rito romano l’Ufficio che doveva sostituire nella Chiesa quello della Beata Giuliana, adattato da essa al rito dell’antica liturgia francese. La bolla “Transiturus” fece quindi conoscere al mondo le intenzioni del Pontefice: ricordando le rivelazioni di cui aveva avuto un giorno notizia. Urbano IV stabiliva nella Chiesa universale, per la confusione dell’eresia e l’esaltazione della fede ortodossa, una speciale solennità in onore dell’augusto memoriale lasciato da Cristo alla sua Chiesa. Il giorno fissato per tale festa era la Feria quinta ossia il Giovedì dopo l’ottava della Pentecoste.

Sembrava che la causa fosse finalmente giunta al termine. Ma i torbidi che agitavano allora l’Italia e l’Impero fecero dimenticare la bolla di Urbano IV prima ancora che fosse messa in esecuzione. Quarant’anni e più passarono prima che essa fosse di nuovo promulgata e confermata da Clemente V nel concilio di Vienne. Giovanni XXII le diede la forza di legge definitiva inserendola nel Corpo del Diritto nelle Clementine, ed ebbe così il vanto di dare l’ultima mano, verso il 1318, a quella grande opera il cui compimento aveva richiesto più d’un secolo. (Dom Guéranger: “l’anno liturgico”). 

Concilio di Trento

« Il santo Concilio dichiara piissima e santissima l’usanza che si è introdotta nella Chiesa, di consacrare ogni anno una festa speciale a celebrare in tutti i modi l’augusto Sacramento, come pure di portarlo in processione per le vie e le pubbliche piazze con pompa ed onore. È giustissimo infatti che siano stabiliti alcuni giorni in cui i cristiani, con una dimostrazione solenne e specialissima, testimoniano la loro gratitudine e il loro devoto ricordo verso il comune Signore e Redentore, per il beneficio ineffabile e divino che ripropone ai nostri occhi la vittoria e il trionfo della sua morte. Così bisognava ancora che la verità vittoriosa trionfasse sulla menzogna e sull’eresia, in modo che i suoi avversari, in mezzo a tanto splendore e a tanto gaudio di tutta la Chiesa, o perdano il coraggio o, confusi giungano alfine alla resipiscenza » (Sessione XIII, c. V).

Riportiamo, per essere cantata con fede, la stupenda sequenza della Messa: “Lauda Sion Salvatorem”:

Sequentia

Thomæ de Aquino.

Lauda, Sion, Salvatórem, lauda ducem et pastórem in hymnis et cánticis. – Quantum potes, tantum aude: quia maior omni laude, nec laudáre súffícis. –  Laudis thema speciális, panis vivus et vitális hódie propónitur.  –  Quem in sacræ mensa cenæ turbæ fratrum duodénæ datum non ambígitur.  – Sit laus plena, sit sonóra, sit iucúnda, sit decóra mentis iubilátio.  –  Dies enim sollémnis agitur, in qua mensæ prima recólitur huius institútio.  –  In hac mensa novi Regis, novum Pascha novæ legis Phase vetus términat. –  Vetustátem nóvitas, umbram fugat véritas, noctem lux elíminat.  –   Quod in coena Christus gessit, faciéndum hoc expréssit in sui memóriam. – Docti sacris institútis, panem, vinum in salútis consecrámus hóstiam. – Dogma datur Christiánis, quod in carnem transit panis et vinum in sánguinem. –  Quod non capis, quod non vides, animosa fírmat fides, præter rerum órdinem.  –   Sub divérsis speciébus, signis tantum, et non rebus, latent res exímiæ.  –  Caro cibus, sanguis potus: manet tamen Christus totus sub utráque spécie.  –   A suménte non concísus, non confráctus, non divísus: ínteger accípitur. –  Sumit unus, sumunt mille: quantum isti, tantum ille: nec sumptus consúmitur. –  Sumunt boni, sumunt mali sorte tamen inæquáli, vitæ vel intéritus.  –  Mors est malis, vita bonis: vide, paris sumptiónis quam sit dispar éxitus. –  Fracto demum sacraménto, ne vacílles, sed meménto, tantum esse sub fragménto, quantum toto tégitur. –  Nulla rei fit scissúra: signi tantum fit fractúra: qua nec status nec statúra signáti minúitur. – Ecce panis Angelórum, factus cibus viatórum: vere panis filiórum, non mitténdus cánibus. – In figúris præsignátur, cum Isaac immolátur: agnus paschæ deputátur: datur manna pátribus.  –  Bone pastor, panis vere, Iesu, nostri miserére: tu nos pasce, nos tuére: tu nos bona fac vidére in terra vivéntium.  –  Tu, qui cuncta scis et vales: qui nos pascis hic mortáles: tuos ibi commensáles, coherédes et sodáles fac sanctórum cívium. Amen. Allelúia.

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« LAUDA SION SALVATOREM » sequenza della Messa del Corpus Domini, composta da Tommaso d’Aquino, probabilmente a Orvieto nel 1264 in occasione della bolla Transiturus, Con cui Urbano IV stabilì per tutta la Chiesa la solennità eucaristica, a imitazione della festa instituita a Liegi, nel 1246 dal vescovo Roberto de Tonile sotto l’influsso delle rivelazioni della b. Giuliana di Cornillon. L’attribuzione dell’Ufficio e della Messa (ove è contenuta la sequenza) a S. Tommaso fu subito contestata dal bollandista D. Papebroch, ma venne subito rivendicata dai domenicani J. de Maison e A. Natalis. (….) Oggi la critica è decisamente favorevole alla tesi domenicana, poiché la preziosa testimonianza del contemporaneo e amico di S. Tommaso, Tolomeo da Lucca, non può essere sminuita dalla tardiva comparsa liturgica dell’ufficiatura; questo ritardo infatti trova una soddisfacente spiegazione nelle speciali circostanze storiche: dopo la morte di Urbano IV, la S. Sede, totalmente assorbita dalle grandi difficoltà del momento, non poté vigilare sull’applicazione della bolla “Transiturus”; soltanto dopo il Concilio di Vienne (1311), dove Clemente V aveva richiamato in vigore le disposizioni di Urbano IV, si cominciò a diffondere la festa del Corpus Domini che pertanto detta “nova solemnitas” e poiché né Urbano, né Clemente avevano imposto l’ufficiatura imposta redatta da S. Tommaso, questa comparve soltanto qualche decennio dopo e divenne quasi universale, sostituendo rapidamente, per la superiorità del contenuto e per il crescente prestigio del suo autore, l’Ufficio e la Messa, che la Curia romana dovette usare prima di accettare l’opera dell’Aquinate.

La sequenza, soltanto verbalmente inspirata agli inni di Adamo di san Vittore, è composta da 24 strofe, che si susseguono con logica serrata: dopo l’esordio solenne costituito da un pressante invito alla lode e alla gioia (1-5), il ritmo si allarga nella rapida rievocazione delle ombre del Vecchio Testamento (6-8), realizzatesi nella Eucaristia (9-10), che moltiplicando nel mistero della Transustanziazione la presenza di CRISTO « non concisus, non confractus, non divisus » lo rende cibo di tutte le anime (11-15), le quali traggono frutti di vita o di morte, secondo le disposizioni con cui lo ricevono (16-20). Un commosso grido di ammirazione (ecce panis Angelorum) ed una tenera preghiera al Pastore Divino conclude questa luminosa e geometrica composizione, circondata dal fervore di un immenso amore. — La simmetria del L. S. non è artificiosa, ma nasce dalla interiorità logica del pensiero: è il gotico della poesia; come la cattedrale di Colonia è un fascio poderoso di scarne linee protese verso il cielo, quasi braccia in preghiera, così il ritmo di S. Tommaso si eleva nella concettosa linearità del dettato verso gli spazi dell’alta speculazione per tramutarsi, con impeto lirico, in una calda implorazione. Queste strofe, tanto limpide da formare altrettanti articoli di un perfetto credo eucaristico, tanto robuste da essere ritenute versi fusi nel bronzo, costituiscono la perla della liturgia cattolica e fanno del loro autore l’«Eucharistiae praeco et vates maximus»! (Pio XI, encicl. “Studiorum ducem”) [Antonio Piolanti in: Enciclopedia Cattolica – vol. VII].

Studiorum ducem” 29-6-1923, S.S. Pio XI

… In tutte le opere che egli (S. Tommaso) scrisse, ebbe somma cura di mettere a base e fondamento le Sacre Scritture. Tenendo fermo che la Scrittura in tutte e singole le sue parti è parola di Dio, egli ne esige l’interpretazione secondo le norme stesse che diedero i Nostri Predecessori Leone XIII nell’Enciclica « Providentissimus Deus» e Benedetto XV nell’altra Enciclica « Spiritus Paraclitus», e posto per principio che « lo Spirito Santo è autore principale della Sacra Scrittura… mentre l’uomo non ne fu che l’autore strumentale », non permette che alcuno muova dubbi contro l’autorità storica della Bibbia; mentre dal fondamento del significato delle parole, o sia senso letterale, egli ricava le copiose ricchezze del senso spirituale, di cui suole spiegare con la massima precisione il triplice genere: l’allegorico, il tropologico e l’anagogico. Infine, il Nostro ebbe il dono e il privilegio singolare di poter tradurre gl’insegnamenti della sua scienza in preghiere ed inni della liturgia, e divenire così il poeta e il « massimo lodatore della divina Eucaristia » [«Eucharistiae praeco et vates maximus»]. Poiché la Chiesa Cattolica in ogni parte del mondo e presso tutte le genti, nei riti sacri si serve e si servirà sempre, con ogni zelo, dei cantici di Tommaso, dai quali spira il sommo fervore dell’animo supplichevole, e che contengono ad un tempo l’espressione più esatta della dottrina tradizionale intorno all’augusto Sacramento, che principalmente si chiama «Mistero di fede », ripensando a questo e ricordando l’elogio già citato fatto a Tommaso da Cristo stesso, nessuno si meraviglierà se a lui è stato dato anche il titolo di Dottore Eucaristico. (….) Infine, perché sotto la guida dell’Angelico Maestro d’Aquino gli studi dei nostri alunni diano sempre maggiori frutti a gloria di Dio e a vantaggio della Chiesa, aggiungiamo a questa Lettera, con la raccomandazione di divulgarla, la formula della preghiera da lui stesso usata. A coloro che devotamente la reciteranno, Noi concediamo per ogni volta, con la Nostra autorità, l’indulgenza di sette anni e sette quarantene. Auspice infine dei doni celesti e segno della Nostra benevolenza, Noi impartiamo di tutto cuore a voi, Venerabili Fratelli, al clero ed al popolo affidato alle vostre cure, l’Apostolica Benedizione.

Dato a Roma, presso San Pietro, il 29 giugno 1923, festa del Principe degli Apostoli, anno secondo del Nostro Pontificato.

PREGHIERA DI SAN TOMMASO

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“Creatore ineffabile, che dai tesori della tua sapienza hai tratto le tre gerarchie degli Angeli, le hai collocate con meraviglioso ordine sopra il cielo empireo ed hai disposto con grandissima precisione tutto l’universo; Tu, che sei celebrato come autentica Fonte della Luce e della Sapienza, e supremo Principio di ogni cosa, dégnati di infondere sulle tenebre del mio intelletto il raggio della tua chiarezza, liberandomi dalle due tenebre in cui sono nato: il peccato e l’ignoranza. Tu, che rendi faconde le lingue degl’infanti, istruisci la mia lingua e infondi nelle mie labbra la grazia della tua benedizione. Dammi l’acutezza dell’intelligenza, la capacità della memoria, il modo e la facilità dell’apprendere, la perspicacia dell’interpretare, il dono copioso del parlare. Disponi Tu l’inizio, dirigi lo svolgimento e portami fino al compimento: Tu che sei vero Dio ed uomo, che vivi e regni nei secoli dei secoli. Amen”.

24 maggio festa di Maria Ausiliatrice

24 maggio festa di Maria Ausiliatrice

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[Dom Guéranger: “l’anno liturgico” – vol II, p. 663]

La festa di oggi.

Ora, ecco, in questo giorno, una festa di Maria! Affrettiamoci a dire che essa non è iscritta nel calendario universale della santa Chiesa; ma aggiungiamo allo stesso tempo che si è talmente diffusa, con l’approvazione della Sede Apostolica, che questo Anno Liturgico sarebbe stato incompleto se non avessimo dato un posto a questa solennità. Il suo scopo è di onorare la Madre di Dio sotto il titolo di Aiuto dei cristiani, appellativo meritato per gl’innumerevoli favori che questa potentissima Ausiliatrice non cessa di effondere sulla cristianità. Dal giorno in cui lo Spirito Santo discese su Maria nel Cenacolo, affinché Ella cominciasse ad esercitare, sulla Chiesa militante, il suo potere di Regina, fino alle ultime ore che durerà questo mondo, chi potrebbe enumerare tutte le occasioni nelle quali Ella ha segnalato o segnalerà la sua azione protettrice sugli eredi del figlio suo? Le eresie sono sorte di volta in volta, appoggiate dal braccio dei potenti della terra! Sembrava che dovessero divorare la stirpe dei fedeli; ma esse sono cadute, di volta in volta, le une sulle altre, atterrate da un colpo mortale! E la santa Chiesa ci rivela che è stato il braccio di Maria a sferrare il colpo “Gaude, Maria Virgo, cunctas haereses sola interemisti in universo Mundo”. (Officio della Santissima Vergine, al Mattino,- VII.a antifona.).pio_v_El_Greco_050

Se scandali inauditi e tirannie senza nome sono sembrati intralciare per un momento il cammino della Chiesa, il braccio sempre armato dell’invincibile Regina ha poi reso libero il passaggio! e la Sposa del Redentore ha avanzato libera e fiera, lasciando dietro di sè gli ostacoli spezzati ed i suoi nemici abbattuti. È proprio richiamando alla memoria tante meraviglie che il grande Papa san Pio V, l’indomani della vittoria di Lepanto, durante la quale la nostra augusta trionfatrice aveva annientato per sempre la potenza navale dei Turchi, giudicò che era venuto il momento d’iscrivere nelle Litanie della santa Vergine, al seguito dei titoli di cui la Chiesa la saluta, quello di “Aiuto dei cristiani”.

Il ritorno a Roma di Pio VII.

Era riservato al secolo scorso di vedere Pio VII, riprendere questo bel titolo e farne l’oggetto di una festa commemorativa dei soccorsi che Maria si è degnata dare ai cristiani in tutte le epoche. Ed il giorno che ne è stato stabilito non poteva essere scelto meglio.

Il 24 maggio dell’anno 1814, Pio VII rientra a Roma, tra le acclamazioni di tutto il popolo.

Pio VII

Egli esce da una prigionia di cinque anni, durante la quale il governo della cristianità è stato totalmente sospeso. Le potenze, coalizzate contro il suo oppressore, non hanno avuto l’onore di spezzarne i ferri; e stato colui che lo riteneva lontano da Roma, a dichiararlo libero di ritornarvi fin dagli ultimi mesi dell’anno precedente; ma il Pontefice ha voluto prender tempo e il 25 gennaio lascia Fontainebleau. Roma, nella quale Egli rientra, è stata unita all’impero francese, cinque anni prima, con un decreto nel quale si leggeva il nome di Carlo Magno; essa, la città di san Pietro, si è vista ridotta ad un capoluogo di dipartimento, amministrata da un prefetto e, quasi a cancellare per sempre il ricordo di ciò che fu la città dei Papi, il suo nome è stato dato come appannaggio al presunto erede della corona imperiale di Francia.

Quale giorno è quello del 24 maggio, che illumina il ritorno trionfale del Pontefice in qualità di Pastore e di Sovrano, tra le mura di quella sacra città, da dove una notte era stato strappato da alcuni soldati! Gli eserciti vengono incontrati sulla via, percorsa da Pio VII a piccole tappe, e l’Europa s’inchina di fronte al suo diritto. Tale diritto sorpassa in antichità, come in dignità, quello di tutti i re; e tutti, senza distinzione per gli eretici, gli scismatici, ed i cattolici, si faranno un dovere di riconoscerlo solennemente. Ma ciò non ci rivela ancora completamente la grandiosità del prodigio che si è degnata operare la potentissima Ausiliatrice. Per comprendere la realtà, è importante ricordarsi che testimone di questo fatto meraviglioso è il secolo XIX; che lo vede effettuato durante gli anni e in cui subisce ancora il giogo ignominioso del volterianismo, in cui vivono ancora in ogni luogo gli autori e i complici dei delitti e dell’empietà che furono quasi il coronamento del XVIII secolo. Tutto sembrava contrario ad un risultato così pieno ed inatteso; la coscienza cattolica era lungi dall’essere allora risvegliata, come lo fu più tardi; l’azione celeste doveva manifestarsi direttamente; ed è per rivelare al mondo cristiano questa realtà, che Roma ha consacrato annualmente la giornata del 24 maggio in trofeo a Maria Aiuto dei Cristiani.

Restaurazione del trono Pontificio.

Cerchiamo adesso di capire l’intenzione divina nella doppia restaurazione che oggi Cristo opera per mezzo delle mani della sua augusta Madre.

Pio VII era stato condotto via da Roma e detronizzato; Egli vi viene ristabilito come Papa e come sovrano temporale. Nei giorni della festa della Cattedra di san Pietro a Roma e ad Antiochia, noi abbiamo esposto la dottrina della Chiesa, la quale c’insegna che la successione ai diritti conferiti da Cristo a san Pietro è legata alla qualità, di Vescovo di Roma. Ne segue che la residenza in questa città è, allo stesso tempo, di diritto e di dovere del successore di Pietro salvo il caso in cui, nella sua sapienza, egli giudichi di allontanarsene per qualche tempo. Colui dunque, che coi mezzi della forza materiale costringe il Sommo Pontefice a stare fuori di Roma, o l’impedisce di risiedervi, agisce contro la volontà divina; poiché il Pastore deve abitare in mezzo al suo gregge. Ed essendo stata la Chiesa Romana preposta da Cristo alle altre Chiese del mondo, queste hanno diritto di trovare in Roma, predestinata ad un tale onore da tutto il suo passato, Colui che allo stesso tempo è il Dottore infallibile della fede e la sorgente di ogni potere spirituale.

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Il primo beneficio di cui oggi noi siamo debitori verso Maria, è dunque quello di avere restituito lo Sposo alla Sposa, e ristabilito nelle sue condizioni normali il governo supremo della santa Chiesa. Il secondo favore, è di avere ridato al Pontefice il potere temporale, che è la garanzia più sicura della sua indipendenza nell’esercizio del potere spirituale. Tristi fatti riportati dalla storia, hanno rivelato più di una volta i danni di uno stato di cose che mette il Papa alle dipendenze di un principe; e l’esperienza del passato, dimostra che la città di Roma, se non restasse sotto il dominio del papato, potrebbe incorrere, agli occhi della cristianità, nel rimprovero di non avere sempre saputo vegliare alla libertà ed alla dignità della Chiesa nell’elezione del Sommo Pontefice, La sapienza divina ha provveduto al bisogno dell’immenso gregge di Cristo preparando, fin dall’inizio, le basi del dominio temporale del papato su Roma ed il suo territorio, anche prima che la spada dei Franchi intervenisse per vendicare, per costituire ed ingrandire quel prezioso dominio che è un bene della cristianità. Chiunque osa invaderlo, reca il più palese attentato alla libertà di tutta la Chiesa; e noi, un mese fa, abbiamo udito il grande dottore sant’Anselmo, quando c’insegnava che « Dio null’altro ama tanto in questo mondo, quanto la libertà della sua Chiesa ». Ed è per questo che l’ha sempre rivendicata.

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   Preghiamo la Santissima Vergine Maria “Auxilium Christianorum”, perché ancora una volta, con lo schiacciare la testa al serpente maledetto ed agli impostori usurpanti, renda possibile il ritorno a Roma del vero Papa, la restaurazione del Papato con la Gerarchia in esilio secondo Diritto apostolico, la legittima occupazione della Cattedra di Pietro, ed il trionfo della Chiesa Cattolica oggi “eclissata”:

MARIA, Auxilium Christianorum: orate pro nobis!

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Alla Madonna Ausiliatrice dei Cristiani: preghiera di S. Giovanni Bosco

 O Maria, Vergine potente, Tu grande ed illustre presidio della Chiesa, Tu aiuto meraviglioso dei cristiani, Tu terribile come esercito ordinato a battaglia; Tu, che sola hai distrutto ogni eresia in tutto il mondo, oh! Nelle nostre angustie, nelle nostre lotte, nelle nostre strettezze difendici dal nemico, e, nell’ora della morte, accogli l’anima nostra in Paradiso. Così sia. [ind. 3 anni, plen s.c. p.t.m.].

Preghiera a Maria Ausiliatrice

[S.S. Leone XIII, con breve del 10 marzo 1900, concede 300 giorni di Indulgenza ogni volta che si recita questa preghiera almeno con cuore contrito]

“O Santissima ed Immacolata Vergine Maria Madre nostra tenerissima, e potente aiuto dei Cristiani, noi ci consacriamo interamente al vostro dolce amore e al vostro santo servizio. Vi consacriamo la mente co’ suoi pensieri, il cuore co’ suoi affetti, il corpo co’ suoi sentimenti e con tutte le sue forze, e promettiamo di voler sempre operare alla maggior gloria di Dio ed alla salute delle anime. – Voi intanto, o Vergine incomparabile, che siete sempre stata l’Ausiliatrice del popolo cristiano, deh!, continuate a mostrarvi tale specialmente in questi giorni. Umiliate i nemici di nostra santa Religione, e rendetene vani i malvagi intenti. Illuminate e fortificate i Vescovi e i Sacerdoti, e teneteli sempre uniti ed obbedienti al Papa, Maestro infallibile; preservate dall’irreligione e dal vizio l’incauta gioventù: promuovete le sante vocazioni ed accrescete il numero dei sacri Ministri affinché per mezzo loro il regno di Gesù Cristo si conservi tra noi, e si estenda fino agli ultimi confini della terra. Vi preghiamo ancora, o dolcissima Madre, che teniate sempre rivolti i vostri sguardi pietosi sopra l’incauta gioventù esposta a tanti pericoli, sopra i poveri peccatori moribondi; siate per tutti, o Maria, dolce speranza, Madre di misericordia e porta del Cielo. – Ma anche per noi vi supplichiamo gran Madre di DIO. Insegnateci a ricopiare in noi le vostre virtù, in particolar modo l’angelica modestia, l’umiltà profonda, l’ardente carità, affinché, per quanto è possibile, col nostro contegno, colle nostre parole, col nostro esempio rappresentiamo al vivo in mezzo al mondo Gesù Benedetto vostro Figliuolo, e facciamo conoscere ed amare Voi, e con questo mezzo possiamo riuscire a salvare molte anime. – Fate altresì, o Maria Ausiliatrice, che noi siamo tutti raccolti sotto i l vostro manto di Madre. Fate che nelle tentazioni noi vi invochiamo con fiducia; fate insomma che il pensiero di Voi sì buona, sì amabile, sì cara, il ricordo dell’amore che portate ai vostri divoti, ci sia di conforto, da renderci vittoriosi contro i nemici dell’anima nostra, in vita ed in morte, affinché possiamo andare a farvi corona nel bel Paradiso. Così sia.!

 

La SANTISSIMA TRINITA’

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ss. TRINITA’

[Da: “Sermones” di S. Antonio di Padova]

   In questo brano evangelico viene espressamente proclamata la fede nella Santa Trinità. Dal Padre e dal Figlio viene mandato lo Spirito Santo: queste tre divine Persone sono una sola sostanza e perfette nell’uguaglianza. Unità nell’essenza e pluralità nelle Persone. Il Signore rivela chiaramente l’Unità della divina sostanza e la Trinità delle Persone, quando dice: “Andate e battezzate tutte le genti, nel nome Padre e del Figlio e dello Spirito Santo” (cf. Mt XXVIII.19). Dice appunto «nel nome», e non «nei nomi», per indicare l’unità della sostanza. E con i tre nomi che aggiunge, indica che sono «Tre Persone».

Nella Trinità è il principio ultimo di tutte le cose, la bellezza perfettissima e la suprema beatitudine. Per «principio ultimo», come dimostra Agostino nella sua opera “La vera religione”, s’intende Dio Padre, dal Quale sono tutte le cose, dal Quale sono il Figlio e lo Spirito Santo. Per «bellezza perfettissima» si intende il Figlio, cioè la verità del Padre, per nulla diverso da Lui; bellezza che con lo stesso Padre e nello stesso Padre adoriamo, che è forma di tutte le cose, da un solo DIO create e a un solo DIO ordinate. Per «suprema beatitudine» e «somma bontà» s’intende lo Spirito Santo, che è dono del Padre e del Figlio; dono che noi dobbiamo adorare e credere immutabile insieme con il Padre e il Figlio.

In riferimento alle cose create, intendiamo la Trinità in una sola sostanza, vale a dire un solo Dio Padre dal Quale proveniamo, un unico Figlio per mezzo del quale esistiamo, e un solo Spirito nel quale viviamo; vale a dire: il principio al Quale ci riferiamo, la forma, il modello al quale tendiamo e la grazia con la quale veniamo riconciliati. E affinché la nostra mente si innalzi alla contemplazione del Creatore, e creda senza ombra di dubbio all’Unità nella Trinità e alla Trinità nell’Unità, consideriamo quale impronta della Trinità ci sia nella mente stessa. Dice Agostino nell’opera “La Trinità: «Benché la mente umana non sia della stessa natura di Dio, dobbiamo tuttavia cercare e trovare la sua immagine – della quale nulla di meglio esiste – in ciò che di meglio c’è nella nostra natura, vale a dire nella mente. La mente si ricorda di se stessa, comprende se stessa e ama se stessa. Se riconosciamo questo, riconosciamo anche la Trinità: non certo DIO, ma l’immagine di DIO. Qui infatti compare una certa trinità: della memoria, dell’intelligenza e dell’amore o della volontà. Queste tre facoltà non sono tre vite, ma una sola vita; né tre menti, ma una sola mente; non tre sostanze, ma una sola sostanza. Memoria vuol dire relazione a qualche cosa; intelligenza e volontà, o amore, indicano pure relazione a qualche cosa; la vita invece è in se stessa e mente e sostanza. Quindi, queste tre facoltà sono una sola cosa, in quanto sono una sola vita, una sola mente e una sola sostanza.

Queste tre facoltà, pur essendo distinte tra loro, sono dette una cosa sola, perché esistono sostanzialmente nello spirito. E la mente stessa è quasi la genitrice, e la sua cognizione è quasi la sua prole. La mente infatti, quando riconosce se stessa, genera la conoscenza di sé ed è essa sola la genitrice della sua conoscenza. Terzo viene l’amore, che procede dalla mente stessa e dalla sua conoscenza, quando la mente, conoscendo se stessa, si ama: non potrebbe infatti amare se stessa se non conoscesse se stessa. E ama anche la prole in cui si compiace cioè la conoscenza di sé: e così l’amore è una specie di legame tra genitrice e prole. Ecco quindi che in queste tre parole – memoria, intelligenza e amore – compare una certa impronta della Trinità. (VI dom. dopo Pasqua)

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   Come il Figlio è dal Padre, e da entrambi è lo Spirito Santo, così l’intelletto è la volontà, e da entrambi la memoria: e senza queste tre facoltà l’anima non può essere completa, perfetta; e per quanto riguarda l’eterna felicità, uno solo di questi doni, senza gli altri non è sufficiente. E come DIO Padre, DIO Figlio e DIO Spirito Santo non sono tre dei ma sono un solo DIO in tre Persone, così anche l’anima intelletto, l’anima volontà e l’anima memoria non sono tre anime, ma un’anima sola, che ha tre potenze, nelle quali presenta in modo meraviglioso l’immagine di DIO. E con queste tre facoltà, in quanto sono le facoltà superiori, ci è comandato di amare il Creatore, affinché ciò che si comprende e si ama, sia anche sempre nella memoria. E per DIO non basta l’intelletto, se all’amore verso di Lui non partecipa anche la volontà; e neppure l’intelletto e la volontà sono sufficienti, se non si aggiunge la memoria, per mezzo della quale DIO è sempre presente a chi Lo intende e Lo ama. E poiché non c’è istante nel quale l’uomo non fruisca o non abbia bisogno della bontà di DIO, così DIO dev’essere sempre presente nella sua memoria. (Dom. XXIII dopo Pent.).

 

(da S. Fulgenzio vesc.):

Per hanc unitatem naturalem totus Pater in Filio, et Spiritu Sancto est, totus Filius in Patre, et Spiritu Sancto est, totus quoque Spiritus Sanctus in Patre, et Filio. Nullus horum extra quemlibet ipsorum est: quia nemo alium aut praecedit aeternitate, aut excedit magnitudine, aut superat potestate: quia nec Filio, nec Spiritu Sancto, quantum ad naturae divinae unitatem pertinet, aut anterior, aut maior Pater est: nec Filii aeternitas, atque immensitas, velut anterior, aut maior, Spiritus Sancti immensitatem aeternitatemque aut praecedere, aut excedere naturaliter potest.

[Per questa unità di natura il Padre è tutto nel Figlio e nello Spirito Santo, il Figlio tutto nel Padre e nello Spirito Santo, e lo Spirito Santo tutto nel Padre e nel Figlio. Nessuno di essi sussiste separatamente fuori degli altri due: perché nessuno precede gli altri nell’eternità, o li supera in grandezza, o li sorpassa in potere: poiché il Padre, per quanto riguarda l’unità della sua natura divina, non è né anteriore né maggiore del Figlio e dello Spirito Santo; né l’eternità o immensità del Figlio può, quasi anteriore o maggiore, per necessità della natura divina precedere o sorpassare l’immensità e l’eternità dello Spirito Santo.]

 

Ecco la vera fede cattolica:

Sant_Atanasio

Symbolum Athanasium

Quicúmque vult salvus esse, * ante ómnia opus est, ut téneat cathólicam fidem: Quam nisi quisque íntegram inviolatámque serváverit, * absque dúbio in ætérnum períbit. Fides autem cathólica hæc est: * ut unum Deum in Trinitáte, et Trinitátem in unitáte venerémur. Neque confundéntes persónas, * neque substántiam separántes. Alia est enim persóna Patris, ália Fílii, * ália Spíritus Sancti: Sed Patris, et Fílii, et Spíritus Sancti una est divínitas, * æquális glória, coætérna maiéstas. Qualis Pater, talis Fílius, * talis Spíritus Sanctus. Increátus Pater, increátus Fílius, * increátus Spíritus Sanctus. Imménsus Pater, imménsus Fílius, * imménsus Spíritus Sanctus. Ætérnus Pater, ætérnus Fílius, * ætérnus Spíritus Sanctus. Et tamen non tres ætérni, * sed unus ætérnus. Sicut non tres increáti, nec tres imménsi, * sed unus increátus, et unus imménsus. Simíliter omnípotens Pater, omnípotens Fílius, * omnípotens Spíritus Sanctus. Et tamen non tres omnipoténtes, * sed unus omnípotens. Ita Deus Pater, Deus Fílius, * Deus Spíritus Sanctus. Ut tamen non tres Dii, * sed unus est Deus. Ita Dóminus Pater, Dóminus Fílius, * Dóminus Spíritus Sanctus. Et tamen non tres Dómini, * sed unus est Dóminus. Quia, sicut singillátim unamquámque persónam Deum ac Dóminum confitéri christiána veritáte compéllimur: * ita tres Deos aut Dóminos dícere cathólica religióne prohibémur. Pater a nullo est factus: * nec creátus, nec génitus. Fílius a Patre solo est: * non factus, nec creátus, sed génitus. Spíritus Sanctus a Patre et Fílio: * non factus, nec creátus, nec génitus, sed procédens. Unus ergo Pater, non tres Patres: unus Fílius, non tres Fílii: * unus Spíritus Sanctus, non tres Spíritus Sancti. Et in hac Trinitáte nihil prius aut postérius, nihil maius aut minus: * sed totæ tres persónæ coætérnæ sibi sunt et coæquáles. Ita ut per ómnia, sicut iam supra dictum est, * et únitas in Trinitáte, et Trínitas in unitáte veneránda sit. Qui vult ergo salvus esse, * ita de Trinitáte séntiat. Sed necessárium est ad ætérnam salútem, * ut Incarnatiónem quoque Dómini nostri Iesu Christi fidéliter credat. Est ergo fides recta ut credámus et confiteámur, * quia Dóminus noster Iesus Christus, Dei Fílius, Deus et homo est. Deus est ex substántia Patris ante sǽcula génitus: * et homo est ex substántia matris in sǽculo natus. Perféctus Deus, perféctus homo: * ex ánima rationáli et humána carne subsístens. Æquális Patri secúndum divinitátem: * minor Patre secúndum humanitátem. Qui licet Deus sit et homo, * non duo tamen, sed unus est Christus. Unus autem non conversióne divinitátis in carnem, * sed assumptióne humanitátis in Deum. Unus omníno, non confusióne substántiæ, * sed unitáte persónæ. Nam sicut ánima rationális et caro unus est homo: * ita Deus et homo unus est Christus. Qui passus est pro salúte nostra: descéndit ad ínferos: * tértia die resurréxit a mórtuis. Ascéndit ad cælos, sedet ad déxteram Dei Patris omnipoténtis: * inde ventúrus est iudicáre vivos et mórtuos. Ad cuius advéntum omnes hómines resúrgere habent cum corpóribus suis; * et redditúri sunt de factis própriis ratiónem. Et qui bona egérunt, ibunt in vitam ætérnam: * qui vero mala, in ignem ætérnum. Hæc est fides cathólica, * quam nisi quisque fidéliter firmitérque credíderit, salvus esse non póterit. V. Glória Patri, et Fílio, * et Spirítui Sancto. R. Sicut erat in princípio, et nunc, et semper, * et in sǽcula sæculórum. Amen. Ant. Gloria tibi Trinitas * aequalis, una Deitas, et ante omnia saecula, et nunc et in perpetuum.

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La Santa Chiesa Cattolica, l’unica vera Chiesa fondata da Gesù Cristo, nella quale unicamente c’è salvezza eterna, crede, professa, venera ed adora la Santissima Trinità, e non è da considerarsi alla stregua delle false cosiddette “religioni monoteiste”. Il monoteismo ebraico-talmudico, il monoteismo islamico, il monoteismo massonico, il monoteismo deistico filosofico, non hanno che un unico e medesimo principio: il baphomet – prometeo – lucifero, in totale antitesi al Trinitarismo e all’Incarnazione redentiva di Gesù-Cristo, il Quale è presente nel suo Vicario sulla terra: il “Flos Florum” succeduto al “Pastor et Nauta”, Gregorio!

Pertanto il “vero” cattolico proclama con il Re-Profeta: “Benedíctus Dóminus, Deus Israël, qui facit mirabília solus: Et benedíctum nomen maiestátis eius in ætérnum: et replébitur maiestáte eius omnis terra: fiat, fiat.” [Ps. LXXII:20] – “Quóniam hic est Deus, Deus noster in ætérnum et in sǽculum sǽculi: ipse reget nos in sǽcula. Glória Patri, et Fílio, et Spirítui Sancto”. (Ps. XLVII: 13) –  “ Magnus Dóminus, et laudábilis nimis: * terríbilis est super omnes deos. Quóniam omnes dii géntium dæmónia: * Dóminus autem cælos fecit”. (Ps. XCV: 5)

LO STATO DI NECESSITA’ PRESUNTO DEI FALSI TRADIZIONALISTI

Dal Vangelo odierno [martedì dopo Pentecoste]:

“In illo témpore: Dixit Iesus pharisaeis: Amen, amen, dico vobis: qui non intrat per óstium in ovíle óvium, sed ascéndit aliúnde, ille fur est et latro. Qui autem intrat per óstium, pastor est óvium. Huic ostiárius áperit, et oves vocem eius áudiunt, et próprias oves vocat nominátim et e ducit eas. Et cum próprias oves emíserit, ante eas vadit: et oves illum sequúntur, quia sciunt vocem eius. Aliénum autem non sequúntur, sed fúgiunt ab eo; quia non novérunt vocem alienórum. Hoc provérbium dixit eis Iesus. Illi autem non cognovérunt, quid loquerétur eis. Dixit ergo eis íterum Iesus: Amen, amen, dico vobis, quia ego sum óstium óvium. Omnes, quotquot venérunt, fures sunt et latrónes, et non audiérunt eos oves. Ego sum. óstium. Per me si quis introíerit, salvábitur: et ingrediétur et egrediátur et páscua invéniet. Fur non venit, nisi ut furétur et mactet et perdat. Ego veni, ut vitam hábeant et abundántius hábeant.” [Ioannes X:1-10]

Omelia di sant’Agostino Vescovo

[Trattato 45 su Giovanni, dopo il principio.]– Che dirò dei Giudei? Ecco gli stessi farisei leggevano, e in ciò che leggevano celebravano il Cristo, ne speravano la venuta, e non lo riconoscevano punto, sebbene fosse presente. Si vantavano ancora d’essere del numero dei Veggenti, cioè, dei sapienti, e negavano il Cristo, e non entravano per la porta. Anch’essi per conseguenza, se riuscivano a sedurne alcuni, li attiravano non per liberarli, ma per ammazzarli e ucciderli. Ma lasciamo anche questi. Vediamo se almeno entrano per la porta coloro che si gloriano del nome dello stesso Cristo. Sono innumerevoli coloro che non solo si spacciano per Veggenti, ma vogliono essere considerati come illuminati da Cristo: e questi sono gli eretici…  [ … Videamus illos, si forte ipsi intrant per ostium, qui ipsius Christi nomine gloriantur. Innumerabiles enim sunt, qui se Videntes non solum iactant, sed a Christo illuminatos videri volunt: sunt autem haeretici.].

… a proposito dello stato di necessità e delle consacrazioni abusive (ed invalide) invocato dai finti (pseudo)tradizionalisti falsi preti spuntati dalla radice velenosa del 30° Liennart e del suo “figlioccio” spirituale!

 Tutti i trasgressori della legge del mandato papale, sono ladri e briganti!

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Papa Pio XII, in “Ad Apostolorum Principis” (29 giugno 1958)

ha “Infallibilmente”

condannato le “consacrazioni” episcopali senza Mandato papale.

“Ci sarà una generale defezione dalla Chiesa verso la fine del mondo, soprattutto per quanto riguarda la sua obbedienza.” (Profezia di Richard Rolle di Hample, d. 1349)

(Nota: quanto segue è estratto dall’enciclica di Pio XII, “Ad Apostolorum Principis” . Le Encicliche papali sono parte di ciò che costituisce il Magistero ordinario della Chiesa e quindi sono infallibili, irreformabili e vincolanti per tutti in eterno.)

I Vescovi illegittimi distruggono l’unità dell’obbedienza e della disciplina!

“… Abbiamo nuovamente fatto riferimento a questo insegnamento quando abbiamo poi rivolto a voi la lettera “Ad Sinarum Gentem.,” in cui abbiamo detto: “la potestà di giurisdizione, che al sommo Pontefice viene conferita direttamente per diritto divino, proviene ai Vescovi dal medesimo diritto, ma “soltanto” mediante il successore di San Pietro, al quale non solo i fedeli, ma anche tutti i vescovi sono tenuti ad essere costantemente soggetti, e legati con l’ossequio dell’obbedienza e con il vincolo dell’unità ” (Enciclica”Ad Sinarum Gente,”7 ottobre 1954.). […]

Tornano al proposito quanto mai ammonitrici le parole del divino Maestro: “Colui che non entra nell’ovile per la Porta, ma vi sale per altra parte, è ladro e brigante”(Giovanni X,1.); le pecorelle riconoscono la voce del loro vero pastore e lo seguono docilmente, “ma uno sconosciuto non lo seguiranno, anzi fuggono da lui: perché non conoscono la voce degli estranei” (Giovanni X, 4-5.).

… Sappiamo bene che, purtroppo, per legittimare le loro usurpazioni, i ribelli si richiamano alla prassi seguita in altri secoli, ma tutti vedono che cosa mai diventerebbe la disciplina ecclesiastica se, in una questione o nell’altra, fosse lecito a chiunque di rifarsi a disposizioni che non sono più in vigore, in quanto la suprema autorità ha, da diverso tempo, disposto altrimenti. Anzi, proprio il fatto di appellarsi ad una diversa disciplina, lungi dallo scusare l’operato di costoro, è prova della loro intenzione di sottrarsi deliberatamente alla disciplina che vige e che devono seguire: disciplina che vale non solo per la Cina e per i territori di recente evangelizzazione, ma per tutta le Chiesa; disciplina che è stata sancita in virtù di quella universale e suprema potestà di pascere, di reggere e di governare, che fu conferita da nostro Signore ai successori dell’Apostolo Pietro. […] Per quanto vi abbiamo esposto consegue che nessun’altra autorità, che non sia quella del supremo Pastore, può revocare l’istituzione canonica data ad un Vescovo; nessuna persona o assemblea, sia di sacerdoti che di laici, può arrogarsi il diritto di nominare vescovi; nessuno può conferire legittimamente la Consacrazione episcopale se prima non sia certa l’esistenza dell’apposito mandato apostolico [can. 953]. Sicché, per una siffatta consacrazione abusiva, la quale è un gravissimo attentato alla stessa unità della chiesa, è stabilita la scomunica riservata in modo specialissimo alla sede apostolica, in cui automaticamente incorre non solo chi riceve l’arbitraria consacrazione, ma anche chi la conferisce.

Proponiamo qualche altro stralcio dell’Enciclica del Santo Padre: … che vescovi non nominati né confermati dalla Santa Sede, e anzi scelti e consacrati contro le esplicite disposizioni di essa, non possono godere di alcun potere né di magistero né di giurisdizione; perché la giurisdizione viene ai vescovi unicamente attraverso il romano Pontefice, come già avemmo occasione di ricordare nella lettera enciclica Mystici corporis: «I vescovi … in quanto riguarda la loro diocesi, sono veri pastori che guidano e reggono in nome di Cristo il gregge assegnato a ciascuno. Mentre fanno ciò, non sono del tutto indipendenti, perché sono sottoposti alla debita autorità del romano pontefice, pur fruendo dell’ordinaria potestà di giurisdizione che è comunicata loro direttamente dallo stesso sommo pontefice». Dottrina che avemmo occasione di richiamare ancora nella lettera Ad Sinarum gentem a voi successivamente diretta: «La potestà di giurisdizione, che al sommo Pontefice viene conferita direttamente per diritto divino, proviene ai Vescovi dal medesimo diritto, ma soltanto mediante il successore di san Pietro, al quale non solamente i semplici fedeli, ma anche tutti i Vescovi devono costantemente essere soggetti e legati con l’ossequio dell’obbedienza e con il vincolo dell’unità». (…) … E gli atti della potestà di ordine, posti da tali ecclesiastici, anche se validi – supposto che sia stata valida la consacrazione loro conferita – sono gravemente illeciti, cioè peccaminosi e sacrileghi. Tornano al proposito quanto mai ammonitrici le parole del divino Maestro: «Chi non entra nell’ovile per la porta, ma vi sale per altra parte, è ladro e brigante» (Gv 10,1); le pecorelle riconoscono la voce del loro vero pastore, e lo seguono docilmente, «ma non vanno dietro a un estraneo, anzi fuggono da lui: perché non conoscono la voce degli estranei» (Gv 10,5). (…) … quando vorrebbero giustificarsi invocando la necessità di provvedere alla cura delle anime nelle diocesi prive della presenza del loro vescovo?

È evidente, anzitutto, che non si provvede ai bisogni spirituali dei fedeli con la violazione delle leggi della chiesa [… Liquet imprimis spirituali commodo christifidelium nequaquam consuli, si leges Ecclesiae violantur] (…) … nessuna persona o assemblea, sia di sacerdoti sia di laici, può arrogarsi il diritto di nominare vescovi; nessuno può conferire legittimamente la consacrazione episcopale se prima non sia certa l’esistenza dell’apposito Mandato apostolico. Sicché, per una siffatta consacrazione abusiva, la quale è un gravissimo attentato alla stessa unità della chiesa, è stabilita la scomunica riservata in modo specialissimo alla sede apostolica, in cui automaticamente incorre non solo chi riceve l’arbitraria consacrazione, ma anche chi la conferisce!

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Teniamoci allora ben lontani da briganti e ladri, additandoli come tali alle “pecorelle ingannate”, restando ben saldi nella fede Apostolica e radicati nel solenne ed inviolabile MAGISTERO della CHIESA CATTOLICA, …  costi quel che costi!

S. Ormisda: La “vera” Santa Sede mantiene sempre la fede Immacolata!

La vera Santa Sede mantiene sempre la fede Immacolata

“La prima cosa necessaria alla salvezza è mantenere la norma della FEDE corretta senza deviare in alcun modo da quello che i Padri hanno stabilito, perché non è possibile mettere da parte le parole di nostro Signore GESU’ CRISTO che ha detto, “tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa!”.

Queste parole sono dimostrate vere dai loro effetti perché, nella Sede Apostolica, la Religione Cattolica è sempre stata conservata Immacolata.

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Estratti dalla  Formula di Ormisda:

una regola di fede composta da Papa San Ormisda nel 484 A.D., che gli scismatici acaciani erano obbligati a firmare, al fine di pervenire in comunione con la Chiesa Cattolica.

“Desiderando di non essere separati in alcun modo da questa speranza e fede, e seguendo in tutto ciò che è stato stabilito dai Padri, anatemizziamo tutti gli eretici….”

“Pertanto, come abbiamo detto prima, seguendo la Sede Apostolica in tutte le cose e predicando le cose da essa stabilite, spero si possa meritare di essere in comunione con voi (con Papa Ormisda) e con quello che predica la Sede Apostolica, ove si costata [risiede] la solidità vera e integrale della Religione cristiana.” (…) “Io considero le sante Chiese di Dio, quella della vecchia Roma e quella della nuova Roma, come una stessa Chiesa, la sede di Pietro apostolo e la sede episcopale di Bisanzio come una stessa sede… Sono in accordo col Papa nella professione della dottrina e anatemizzo tutti coloro che Egli condanna”.

Notiamo questo passaggio nella formula di S. Ormisda:”sono in accordo con la professione del Papa circa la dottrina, e censuro (con la scomunica) tutti coloro che Egli condanna.

     Il nostro Papa Gregorio XVIII, attualmente in esilio, stigmatizza il N.O. (e la FSSPX) nonché le sette della perdizione, cioè le sette sedevacantiste antipapali.

   

« Prima salus est, regulam rectae fidei custodire et a constitutis Patrum nullatenus deviare. Et quia non potest Domini Nostri Jesu Christi praetermitti sententia dicentis: Tu es Petrus et super hanc petram aedificabo ecclesiam meam. Haec quae dicta sunt rerum probantur effectibus, quia in sede apostolica immaculata est semper Catholica conservata religio »

 

 

La medaglia miracolosa

La medaglia miracolosa

Nella Cappella delle Figlie della Carità, rue du Bac, 140, a Parigi, la Santa Vergine apparve, la notte dal 18 al 19 Luglio 1830 a una giovane novizia, Suor Caterina Labouré. Verso le unidici e mezzo essa si sente chiamare per nome:Suor Labouré”! tre volte di seguito; ben desta “all’appello, apre un po’ la tendina del letto, dalla parte donde viene la voce. E che vede? Un fanciullino bello da incantare, sui 4 o 5 anni, vestito di bianco, che dai biondi capelli, come dalla personcina angelica diffonde un mite splendore che rischiara intorno intorno tutto l’ambiente. « Vieni, egli le dice con voce melodiosa, vieni in Cappella; la Vergine Santa ti aspetta! » — Ma, pensa fra sé Suor Labouré che coricava in gran dormitorio, mi sentiranno, sarò scoperta… — «Non temere, riprese il bambino rispondendo al suo pensiero, sono le undici e mezzo, t’accompagnerò io ». A queste parole, non potendo resistere all’invito della graziosa guida che le è inviata, Suor Labouré si veste in fretta e segue il fanciullo che cammina sempre alla sua sinistra, emanando raggi di luce sul suo passaggio; come pure, dovunque passano, i lumi sono accesi, con grande meraviglia della Suora. La sua meraviglia cresce ancor più quando la porta della Cappella si apre non appena il fanciullo la tocca con la punta del dito e, entrata, vede tutto illuminato « cosa, ella racconta, che le ricordava la messa della notte di Natale ». – I momenti di aspettativa sembrano lunghi a Suor Labouré; infine, verso mezzanotte, il fanciullo l’avverte: Ecco la Santa Vergine, eccola! Contemporaneamente ella sente d’istinto dalla parte dell’epistola un rumore leggero, simile al fruscio di una veste di seta, e ben presto una signora, di maestosa e pura bellezza, viene a sedersi nel santuario. Spinta dallo slancio del cuore la Suora si getta ai piedi della Santa Vergine, posandole familiarmente le mani sui ginocchi, come l’avrebbe fatto con la mamma sua. “In quel momento, ella narra, provai la commozione più dolce della mia vita e mi sarebbe impossibile esprimerla”. “Non saprei dire, essa prosegue, quanto tempo sono rimasta accanto alla Santa Vergine; tutto quello che so è che dopo avermi parlato a lungo, ella se n’è andata, sparendo come un’ombra che svanisce”. Allorché si rialza, la Beata Suor Labouré ritrova il fanciullo al posto dov’ella l’aveva lasciato quando si era accostata alla Santa Vergine; egli le dice: “è partita”, e ponendosi nuovamente alla sua sinistra la riconduce come aveva fatto prima, spandendo intorno un celeste chiarore.

« Credo, continua la Suora nel suo racconto, che quel fanciullo fosse il mio Angelo custode, perché l’avevo molto pregato che mi ottenesse il favore di vedere la Santa Vergine. Tornata a letto sentii suonare le due e non mi sono più riaddormentata ».

Il 27 Novembre, alle cinque e mezzo di sera, facendo la meditazione in profondo raccoglimento, la Beata Suor Labouré viene favorita da un’altra apparizione della Santa Vergine. La Regina del Cielo si mostra a lei in piedi su di un globo, tenendo fra le mani alzate all’altezza del petto un altro globo, più piccolo, che sembra offrire a Nostro Signore con gesto supplichevole. All’improvviso le dita le si riempiono di anelli e di gemme bellissime; si sprigionano da esse fasci di raggi dai mille riflessi i quali cingono la Santa Vergine di un tale splendore che non si scorgono più i piedi e la veste di lei. Mentre Suor Labouré è tutta assorta nella mirabile contemplazione, la Vergine Santa china gli occhi verso di lei e una voce le dice in fondo al cuore: Il globo che tu vedi rappresenta il mondo intero ed ogni persona in particolare. E la Vergine aggiunge: “ecco il simbolo delle grazie che spando sulle persone che me le domandano”. La bella figura della Santa Vergine appare allora incorniciata nella sua parte superiore da un cerchio un po’ ovale formato dalle seguenti parole scritte in lettere d’oro : “O Maria concepita senza peccato, pregate per noi, che ricorriamo a Voi!” Di poi le mani di Maria cariche di grazie simboleggiate dai raggi si abbassano e si stendono prendendo la posa graziosamente materna riprodotta sulla Medaglia. Una voce si fa sentire alla veggente, che dice: «Fa’, fa’ coniare una medaglia su questo modello; le persone che la porteranno riceveranno grandi grazie, sopratutto tenendola al collo; le grazie saranno abbondanti per le anime che avranno fiducia ».

In quel momento il quadro sembrò girare su se stesso e la Suora vede al rovescio la lettera M sormontata da una croce che poggia su di una sbarra trasversale; e al di sotto del monogramma di Maria due cuori, uno circondato di spine, l’altro trafitto da una spada. Due anni dopo, la medaglia viene coniata con l’approvazione di Monsignor de Quélen, Arcivescovo di Parigi, e da allora si è diffusa rapidamente nel mondo intero, e dovunque ha operato incessanti prodigi di guarigioni e di conversioni. Tali fatti soprannaturali che si sono verificati in tutti i paesi della terra e in tutte le classi della società, hanno fatto dare alla Medaglia il nome di: Medaglia Miracolosa.

Le persone che portano la medaglia miracolosa, ne hanno esse notato il commovente simbolismo e gli insegnamenti pratici? Sul davanti, Maria appare tutta bella e buona, con le mani scintillanti di raggi che, secondo le sue proprie parole, rappresentano le grazie da lei largamente versate su coloro che glieLe domandano; ed Ella stessa si affretta a dirci come dobbiamo domandarglieLe e ci insegna la potente invocazione: O Maria concepita senta peccato, pregate per noi, che ricorriamo a Voi! (1).

Al rovescio vediamo con quali opere dobbiamo accompagnare le nostre preghiere perché siano bene accolte: la carità, la penitenza, la mortificazione raffigurate dai due cuori e la croce; lo zelo e l’apostolato simboleggiami nelle stelle. Da questo lato non c’è nessuna iscrizione, e la Santa Vergine ne spiega il motivo a Suor Caterina : « La Croce e i due Cuori parlano abbastanza ».

La festa della Manifestazione dell’Immacolata Vergine Maria della Medaglia Miracolosa si celebra il 27 Novembre; tutti coloro che, confessati e comunicati, visitano in tal giorno una Cappella delle Figlie della Carità o dei Preti della Missione, guadagnano un’Indulgenza plenaria, purché preghino secondo le intenzioni del “vero” Sommo Pontefice. La Medaglia Miracolosa è un dono del Cielo perché Maria stessa l’ha data alla terra. Rivestiamoci di questa armatura celeste, ripetiamone con amore la breve preghiera, sicuri che è questo il modo col quale la Regina degli Angeli e degli uomini desidera di essere invocata.

(1) Indulgenza di 300 giorni ogni volta.

CON APPROVAZIONE DELL’AUTORITÀ ECCLESIASTICA

Attenzione!

     Abbiamo recentemente appreso, da uno studio accurato del dr. Franco Adessa, riportato sulla rivista Chiesa Viva [num. 493 – maggio 2016], al quale rimandiamo per i dettagli, che sono state messe in circolazione delle medaglie “massoniche”, somiglianti ingannevolmente alla Medaglia miracolosa, rappresentanti la simbologia luciferina più odiosa e occultata, quella della blasfema e satanica “triplice trinità” massonica! A tanto è giunta la sfrontatezza delle “conventicole”, che si sentono ormai padrone della situazione mondiale, senza rendersi conto di essere solo uno strumento spregevole di satana e di coloro che “odiano tutti gli uomini” (… massoni compresi), che una volta realizzato il loro piano, le stritoleranno soffocandole nello sterco e nel fuoco eterno. Quindi attenzione, e controllate attentamente le immagini riprodotte sulla medaglia, sì da non portare al collo il simbolo satanico più ributtante, invece che la dolce protezione della Vergine Santissima.

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25 anni di Papato: lunga vita a Gregorio XVIII

Il 3 maggio del 1991, in un conclave segreto a Roma, veniva eletto il nuovo Papa, che prese il nome di Gregorio XVIII in omaggio al suo predecessore, S.S. Gregorio XVII, Giuseppe Siri.

È interessante notare come Sua Santità Papa Gregorio XVII, abbia avuto il 3° Regno più lungo nella storia papale. Solo Papa San Pietro e Papa Pio IX hanno avuto un regno più lungo. L’attuale Santo Padre, Papa Gregorio XVIII, eletto il 3 maggio del 1991, ha attualmente il 5° Regno più lungo nella storia papale preceduto solo da Papa San Pietro, Pio IX (1846-1878), Gregorio XVII (1958-1989), e Leone XIII (3.3.1878-10.7.1903), che hanno avuto un regno papale più lungo. Mancano pochi mesi perché Gregorio XVIII scavalchi anche Leone XIII, ponendosi così in IV posizione. Questo sta a dimostrare come Dio abbia benedetto i nostri Santi Padri “in esilio”, Papa Gregorio XVII prima, ed ora Papa Gregorio XVIII, gloriosamente regnante, consentendo loro un lungo Papato. W il Papa! Lunga vita al Papa!

Riportiamo le scarne notizie filtrate prudentemente, dopo vari anni, dalla “gerarchia in esilio” della Chiesa in “eclissi”, sul primo atto del Santo Padre appena insediato.

-madonna-di-fatimaLa Santa Vergine di Fatima non mente!

Consacrazione della Russia al Cuore Immacolato della SS. Vergine Maria

   Sappiamo che la Vergine Maria, fin dalle apparizioni del 1917, tramite i veggenti di Fatima, ed in particolare, ripetutamente a suor Lucia, aveva chiesto al Santo Padre, in unione con i Vescovi di tutto il mondo, la “consacrazione della Russia” al suo Cuore Immacolato, e questo per evitare che gli errori della “Russia” si spargessero nel mondo intero. Tale Consacrazione però, non era stata mai fatta secondo i desideri della Vergine, neanche dai “veri” Papi, come Benedetto XV, Pio XI e Pio XII, per motivi di “opportunità” o perché mal consigliati, o per semplice accidia. Gli antipapi succedutisi dal 1958 in poi, secondo il piano massonico da essi messo in atto, si erano naturalmente ben guardati dal farlo, per cui, come sappiamo dalle vicende storiche, effettivamente gli errori della Russia, ed in primo luogo il Comunismo, si sono diffusi come un implacabile cancro metastatico per il mondo intero, generando morte e distruzione, sia materiale che spirituale, ed una lotta aperta e feroce contro la Chiesa Cattolica.

Ma provvidenzialmente, il Santo Padre Gregorio XVII, eletto in 4 successivi Conclavi, a dimostrazione inequivocabile della scelta evidente dello Spirito Santo al Soglio di Pietro del Cardinale Giuseppe Siri, Arcivescovo di Genova, e deposto contro la sua volontà dagli agenti marrano-massonici della “quinta colonna” infiltrati nei Conclavi, un anno prima della sua morte, avvenuta il 2 maggio del 1989, provvedeva segretamente, poiché segregato e monitorato costantemente in tutti i suoi movimenti, a designare Cardinali di Santa Romana Chiesa, ed in primo luogo un Camerlengo che potesse annunciare, alla sua morte, un Conclave per la elezione del Papa successore. Effettivamente, dopo la sua morte, il Camerlengo incaricato, annunciò il Conclave il 3 giugno del 1990, Conclave che si tenne a Roma, in una sede segreta, per motivi ovvi di sicurezza; il 2 maggio del 1991 i “veri” Cardinali della Chiesa Cattolica Romana “in eclissi”, celebrarono una Messa da Requiem (col rito tridentino, è naturale!) in suffragio di Papa Gregorio XVII, ed il giorno successivo si riunirono in Conclave, nel corso del quale venne eletto il nuovo Santo Padre, [la cui identità è segreta perché sotto costante pericolo di morte, essendo braccato dall’FBI e dalle polizie delle “colonie” europee degli USA, oltre che dallo Shin-Bet e dagli agenti del B’nai B’rith] che assunse il nome, in omaggio al suo predecessore, di Gregorio XVIII (262° successore di Pietro – il “flos florum” di S. Malachia). Il primo ed immediato atto di Papa Gregorio XVIII, fu la “Consacrazione” della Russia al Cuore Immacolato della Vergine Maria, realizzata nel corso di una cerimonia, prudentemente segreta, secondo il desiderio della Madonna, insieme ai Vescovi del mondo “veri”, consacrati con la Formula del rito cattolico storico di sempre, e con missione canonica [la cosiddetta: Giurisdizione] affidata loro per iscritto, sia dal Papa precedente che da quello attuale, il 13 maggio del 1991. Il giorno successivo, 14 maggio 1991, il Santo Padre, dopo aver dato disposizioni ai suoi Vescovi e Cardinali, lasciava Roma raggiungendo il suo “esilio” in una località segreta. Per chi volesse conoscere i dettagli della Consacrazione (pochi in verità quelli che potevano essere rivelati), consigliamo di consultare il sito TCW [Today’s Chatolic Word] (sito approvato dalla Chiesa Cattolica in esilio). Vediamo che gli effetti della Consacrazione furono praticamente immediati, anche se Nostro Signore aveva confidato a suor Lucia il 3 agosto 1931 (Rianjo, Spagna): “Essi (i Pontefici) non hanno voluto ascoltare la mia richiesta. Come il re di Francia si pentiranno e la faranno, ma sarà tardi, la Russia avrà già diffuso i suoi errori in tutto il mondo, provocando guerre e persecuzioni contro la Chiesa; il Santo Padre avrà molto da soffrire.”

suor lucia

Senza ricorrere a trattati di storia Europea, ci basterà dare un’occhiata alla ormai famosa Wikipedia, enciclopedia informatica da tutti consultabile. Vi leggiamo infatti: “Boris El’cin fu eletto presidente della Russia nel GIUGNO 1991 nelle prime elezioni presidenziale dirette della storia russa. Nell’AGOSTO del 1991 il tentato colpo di stato militare per deporre Gorbačëv e preservare l’URSS portò invece alla fine del Partito Comunista dell’Unione Sovietica.. Durante e dopo la dissoluzione sovietica … etc… ” d’altra parte tutti ricordiamo gli eventi vissuti, sbigottiti, con il naso incollato alla TV.

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Boris Yeltsin, “primo” presidente eletto liberamente in Unione Sovietica

     Praticamente la Consacrazione fu fatta il 13 maggio del 1991, e a giugno, cioè dopo neanche un mese, si tennero le prime elezioni libere in Russia, e dopo altri due mesi, fu addirittura sciolto il Partito Comunista dell’Unione Sovietica, con il suo mastodontico ed “invincibile” apparato e con la successiva dissoluzione sovietica!

Se questa è dunque la forza della Vergine Immacolata, non ci resta che pregare con fiducia assoluta, quotidianamente, come Ella ci ha chiesto, il Santo Rosario completo di quindici “misteri”. Ella infatti ci ha promesso a Fatima che alfine, anche in questa situazione sociale, politica e soprattutto religiosa, apparentemente inestricabile, il suo Cuore trionferà! E allora cosa aspettiamo? Prendiamo “bastone e vincastro”, come recita il Salmo XXII, cioè la Corona e lo Scapolare, e staremo a vedere! Anche Golia sembrava invincibile … fu abbattuto da una fionda ed un sassolino di fiume!

-Davide_e_Golia

 

La ruspa nella Chiesa?

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La ruspa nella Chiesa?

“Il rito invalido della consacrazione dei vescovi”

18 giugno 1968: la “ruspa” Montini abbatte la trave portante della Chiesa?

   18 giugno del 1968? Che cosa è successo in questa data, vi chiederete? Alla maggior parte delle persone, e soprattutto a coloro che, militando nella “anti-chiesa” conciliare, infiltrata palesemente dalla sinagoga di satana, si reputano ancora cattolici, nonostante l’evidenza dei fatti dimostri che essi siano modernisti ultraprotestanti massonizzati fino al midollo, e non abbiano più alcuna idea di che cosa significhi essere cattolici, non conoscendo più il Catechismo, la Tradizione dei Padri, e soprattutto il Magistero della Chiesa, credendo che il tutto si risolva nella frequentazione di un rito paganeggiante, protestantizzato, massonizzato in 33 “scene” con al centro l’agape rosa+croce ed il deicidio offerto al “signore dell’universo”, che ancora essi osano definire “Messa”, della quale non hanno nemmeno la più pallida idea, o avvezzi a sacramenti francamente invalidi ed illeciti “somministrati” da falsi sacerdoti invalidamente ordinati da falsi vescovi molti dei quali di discendenza massonica, o da “cani sciolti”, senza giurisdizione e missione canonica: a queste persone, dicevo, questa data non dice alcunché! Molti di noi hanno ormai compreso che il cosiddetto “novus ordo missae”, è un nuovo vero “mostro conciliare”, dal tenore gnostico-luciferino, schiaffo cruento a tutta la dogmatica cattolica ed ai dettami evangelici, oltre che alla tradizione bi-millenaria della Santa Chiesa Cattolica. Qualcuno ha obiettato: “ … ma non è stato concesso con il “summorum pontificum” del 2007 di celebrare in “forma straordinaria” la Messa antica?” A parte che questa è stata una ennesima “presa per i fondelli” (ci si passi l’espressione rustica), il considerare cioè la “vera” Messa solo un rito straordinario, da celebrare “una tantum” per accontentare gli inguaribili antiquati e trogloditi tradizionalisti, alla domanda si può rispondere tranquillamente con quanto affermava Don Carl Pulvermacher nel 1977: “Quando saranno scomparsi i sacerdoti validamente consacrati, essi [i modernisti-massonizzati della sinagoga di satana –n.d.r.-] permetteranno la celebrazione della Messa in latino”. Questa espressione, apparentemente candida ed ingenua, nascondeva una verità sconvolgente che purtroppo si è realizzata sotto una sapiente regia, non solo umana, come vedremo, ma anche e soprattutto luciferina. È quanto cercheremo di illustrare in questo scritto.

L’argomento che tratteremo, addentrandoci nei meandri di Encicliche, Codici, trattati antichi e recenti, occidentali ed orientali, riguarda la “consacrazione dei vescovi”, la cui formula è stata modificata ed applicata, appunto per la prima volta, in quel fatidico 18 giugno 1968, formula che costituisce un passaggio fondamentale ed obbligato nella costruzione della Gerarchia cattolica, nonché la base di tutti i Sacramenti. Scardinando con machiavellica lucidità questa “Consacrazione”, con il renderla cioè invalida nella “materia” e nella “forma”, tutto l’edificio Cattolico, umanamente, crolla inesorabilmente nel giro di pochi decenni, esattamente come è accaduto negli ultimi anni, lasciando veramente la Chiesa Cattolica, come annunziato dalla SS. Vergine alle apparizioni de La Salette, oscurata da una eclissi mostruosa: “… la Chiesa sarà eclissata!” … da un “orribile mostro conciliare”!

Iniziamo quindi con ordine, poiché l’argomento è della somma importanza in riferimento alla salvezza della nostra anima, che nella maggior parte dei casi è, nel mondo della nuova “chiesa dell’uomo”, affidata a semplici laici vestiti, come da sacrilego carnevale, da vescovi, cardinali o preti (che in verità hanno già “coerentemente” dismesso l’abito sacerdotale, abbigliandosi alla moda e con indumenti griffati, come ognuno può constatare).

Partiamo allora dalle basi teoriche iniziando da considerazioni teologiche apparentemente barbose, ma indispensabili per una corretta comprensione dell’argomento. Dalla teologia dei Sacramenti apprendiamo che: “L’ordinazione vescovile è fondamentale essendo la “sorgente” di tutti i Sacramenti, sia direttamente, [pensiamo alla Cresima e all’Ordine sacerdotale], sia Indirettamente: [i Sacerdoti ordinati, con missione canonica, amministrano a loro volta: Eucarestia, Battesimo, Confessione, Matrimonio, Unzione degli infermi].”

Affinché un Sacramento abbia validità, sono necessarie tre cose: “la materia, la forma e l’intenzione” (v. Tab. 1). Ad esempio, per il Battesimo occorre l’acqua (materia), poi è indispensabile la forma (cioè le parole: “io ti battezzo nel Nome … etc.”, ed infine l’intenzione conforme a quella della Chiesa Cattolica. Se nel bagnare la testa al bambino, l’officiante dice: “ io ti lavo la testa nel nome …”, pur in una cerimonia in chiesa con tutti gli elementi circostanti abituali validi, il Sacramento non ha alcuna efficacia, e rappresenta al massimo il tentativo di uno shampoo per il mancato battezzato. Allo stesso modo se il celebrante dicesse: “io ti battezzo nel nome di Renzi, Berlusconi e Bersani, il Sacramento non sarebbe valido, poiché non conforme alle intenzioni della Chiesa che sono quelle di battezzare nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. A tutti è chiaro allo stesso modo che nel Sacramento dell’Eucaristia la “materia” è il pane azzimo e, se per caso si usasse un’ostia di cioccolato bianco, ci sarebbe invalidità del Sacramento anche nel proferire la “vera” formula della Transustanziazione. Nel caso del Sacramento dell’Ordine, la materia è rappresentata dal “contatto” fisico tra l’impositore ed il ricevente l’ordine, come spiega mirabilmente San Tommaso nella “Summa” e quindi dall’imposizione delle mani. La sostanza di una “forma” sacramentale costituisce una cosa che è indipendentemente dagli accessori o cose accidentali che la circondano. Pertanto la “sostanza” di una forma sacramentale è il suo significato. “Il significato deve corrispondere alla grazia prodotta dal Sacramento”. Nel Concilio di Trento si definisce (Denzinger 931): «Il concilio dichiara, inoltre, che nella somministrazione dei Sacramenti c’è sempre nella Chiesa il potere di decidere o modificare, lasciando salva la sostanza di questi sacramenti, così come Essa giudichi meglio convenire all’utilità di coloro che li ricevono, e nel rispetto dei Sacramenti stessi, secondo la diversità delle cose, dei tempi e dei luoghi.»

   Veniamo a chiarire già da subito che cos’è la significatio “ex adjunctis” di un Sacramento, [significato adiuvante] elemento, questo, che costituisce il punto centrale della questione e di cui discuteremo pure ampiamente in seguito. Per il momento ci basti sapere: • Il valore o l’efficacia dei Sacramenti viene da Cristo, non dalla Chiesa; e il Cristo ha voluto che essi si comportino nella maniera degli agenti naturali, “ex opere operato”.

  • Un ministro indegno o anche eretico (ma non con scomunica “maggiore”, anche se “ipso facto”!) amministra validamente i Sacramenti se utilizza “scrupolosamente” la materia e la forma proprie a ciascun Sacramento, con l’intenzione di fare ciò che fa la Chiesa.
  • L’utilizzazione della materia e della forma del Sacramento, con l’integralità della “significatio ex adjunctis” garantisce che il ministro manifesti l’intenzione della Chiesa.
  • La “significatio ex adjunctis” deve esprimere il significato del Sacramento; se le modifiche introducono una “contraddizione”, il Sacramento non ha efficacia perché manca manifestamente l’intenzione.
  • Se la “significatio ex adjunctis” è tronca, il Sacramento può essere dubbio perché l’intenzione può praticamente mancare.

– In questi casi è legittimo ricercare le intenzioni di coloro che hanno modificato il rito per valutare la sua validità (cf. notazione di Leone XIII in “Apostolicae Curae”).

E in quel fatidico, nefando giorno, il “18 giugno 1968” si è perpetrata l’“Eliminazione radicale” del rito romano antico, consacrato “infallibilmente” da Pio XII nel 1947! Fortunatamente, con l’aiuto della Provvidenza, si è costituito un “piccolo resto” di consacrati “isolati”, in costante pericolo di vita, vescovi, Cardinali e sacerdoti usciti dalla “scuola” e dalle “mani” del Cardinale Siri (eletto validamente Papa almeno 3 volte all’unanimità, incarico accettato col nome di Gregorio XVII), che potranno così perpetuare, ad onta degli adoratori di lucifero, i marrano-massoni, attuali usurpatori, la Chiesa Cattolica, unica Chiesa fondata da Cristo, fuori dalla Quale non c’è salvezza eterna (extra Ecclesia nulla salus!), ed adempiere a tutte le promesse di “indefettibilità” (di assistenza continua) che il Signore Gesù ci ha fatto nel Santo Vangelo! Come questo sia potuto succedere, chi siano stati gli infami autori di questo sfregio luciferino alla Santa Chiesa Cattolica, e quindi a N.S. Gesù Cristo stesso, a Dio Padre Creatore, ed allo Spirito Santo (con una specifica eresia “anti-filioque” nella formula), con quali assurdi e, per certi aspetti, ridicoli pretesti abbiano compiuto questo sacrilego aberrante misfatto, lo vedremo a breve.

Oggi i fedeli si trovano oramai al cospetto di una “contro-religione” totalmente “A-cattolica”, nella quale è stato reso invalido il Rito della Consacrazione vescovile, con la conseguente invalidità di TUTTE le Ordinazioni sacerdotali e di tutti i “Sacramenti”, amministrati quindi illecitamente, invalidamente e sacrilegamente da laici, consapevoli o meno, “finti” preti e “carnevaleschi” vescovi! Persino gli occupanti, usurpatori recenti del “Soglio di Pietro”, non hanno mai ricevuto una ordinazione vescovile valida! “Si è trattato invero di un’operazione chirurgica mirata, di un cesello orafo “a sfregio”, della rimozione dell’ingranaggio fondamentale di tutto l’impianto gerarchico-ecclesiastico, strutturato come un perfetto “orologio svizzero”, immagine terrena della Gerarchia celeste, e di cui l’orologiaio “perfido” conosceva esattamente il meccanismo, tutto incentrato sulla Consacrazione vescovile: rimuovendo la ruotina “cardine”, si è avviata una caduta con effetto “domino” che sta portando inesorabilmente alla distruzione totale della Gerarchia ecclesiastica (almeno di quella apparente!), con la creazione conseguente di una “falsa” gerarchia composta da semplici laici, cosa della quale purtroppo non ci si è resi ancora conto in pieno (sperando che non ce se ne renda conto solo una volta sprofondati nell’inferno, quando cioè oramai è troppo tardi!). Ma veniamo ai fatti!

Abbiamo già ricordato sommariamente i capisaldi teologici dei Sacramenti Cattolici, ora torneremo in particolare sul significato dell’ “ex adjunctis”, già in precedenza accennato, elemento essenziale di un Sacramento. Che cos’è allora la “Significatio ex adjunctis” di un Sacramento (Significato delle parole aggiunte)? A costo di essere ripetitivi, cerchiamo di fissare bene in mente:

  • Il valore o l’efficacia dei Sacramenti viene da Cristo, non dalla Chiesa; e il Cristo ha voluto che essi si comportino nella maniera degli agenti naturali, “ex opere operato” (attuati mediante un’operazione).
  • Un ministro indegno, o peccatore notorio, (… ma non lo scomunicato, anche “ipso facto”!) amministra validamente i Sacramenti se utilizza scrupolosamente la materia e la forma proprie a ciascuno con l’intenzione di fare ciò che fa la Chiesa (come già ricordato).
  • L’utilizzazione della materia e della forma del sacramento, con l’integralità della “significatio ex adjunctis” garantisce che il ministro manifesti l’intenzione della Chiesa.
  • La “Significatio ex adjunctis” deve esprimere il “significato del Sacramento”; se le modifiche introducono una contraddizione, il Sacramento non ha efficacia perché “manca manifestamente l’intenzione”.
  • Se la significatio ex adjunctis è tronca, il Sacramento può essere dubbio perché l’intenzione può praticamente mancare.

L’antichità del rito tradizionale.

  • Il Padre Jean Morin (1591-1659), sapiente oratore, pubblicava nel 1655 un’opera rimarchevole sul soggetto degli “ordines” latini ed Orientali. Si tratta del: “Commentarius de sacris Ecclesiae ordinationibus secundum antiquos et recentiores Latinos, Graecos, Syros et Babylonios in tres partes distinctus”, la cui seconda edizione apparve ad Amsterdam nel 1695.
  • Più tardi, un benedettino di Saint-Maur, Dom Martene (1654-1739), pubblicava nel 1700, una sapiente edizione, notevole per rigore, raccogliendo i “Pontificali” di ordinazione della Chiesa Cattolica antecedenti all’anno ‘300 fino alla sua epoca. – Si tratta del ”De antiquis Ecclesiae ritibus libri quatuor”. Dom Martene fu discepolo di Dom Martin, e fu diretto per molto tempo da Dom Mabillon. Su queste autorevoli basi, e su una tradizione millenaria, S.S. Papa Pacelli, Pio XII, definì con Magistero solenne, “infallibile” ed “irreformabile” la formula definitiva (formula, si badi bene, che aveva consacrato un elenco lunghissimo di “fior” di Papi, Cardinali e Vescovi, Santi per vita, fede e dottrina, avallati da fatti straordinari e miracoli!).

La decisione infallibile di Pio XII:

I lavori scientifici di recensione e di giustapposizione dei riti (Padre Morin, Dom Martène, etc.) hanno permesso di identificare la “forma invariabile, essenziale, nel rito latino, da più di 17 secoli”. • A partire da tali lavori, Pio XII ha designato “infallibilmente” le parole del “prefazio” che costituiscono la “forma” essenziale del Sacramento (in: Costituzione Apostolica “Sacramentum Ordinis”, punto 5, del 30 nov. 1947). Eccole:

   “Comple in Sacerdote tuo ministerii tui summam, et ornamentis totius glorificationis instructum coelestis unguenti rore sanctifica”. («Compi nel tuo sacerdozio la pienezza del tuo ministero, e, rivestitolo con le insegne della più alta dignità, santificalo con la rugiada del celeste unguento»)

S. Pio XII cioè non ha creato un rito, Egli ha semplicemente designato la forma essenziale del Sacramento in un Rito di tradizione quasi bi-millenaria. Al termine della Costituzione Apostolica citata, chiude con le terribili parole, che dovrebbero far tremare l’inferno (ma non hanno fatto tremare il “santo” della sinagoga di satana: il marrano e capo degli “Illuminati di Baviera”, noto omosessuale e spia del K.G.B., G. B. Montini, il sedicente Paolo VI, anti-Papa insediato al posto del Cardinale Siri, -validamente eletto con il nome di Gregorio XVII, esiliato sotto minaccia atomica … ma questa è un’altra storia … la racconteremo in altra sede!-: “Nulli igitur homini liceat hanc Constitutionem a Nobis latam infringere vel eidem temerario ausu contraire” (… a nessun uomo è lecito infrangere questa Costituzione o modificarla con temerario ardimento). Or dunque, Pio XII non ha creato nulla: egli ha semplicemente constatato e quindi definito la “forma essenziale” nel Prefazio del Rito di Consacrazione nel Pontificale (il volume che contiene tutte le cerimonie presiedute dai Vescovi ed Autorità Superiori).

A questo punto, incomprensibilmente, apparentemente senza motivazioni apostoliche, teologiche, liturgiche,

il RIBALTONE!!!:

Eliminazione radicale della forma essenziale del rito latino.

21 anni dopo la promulgazione infallibile di Pio XII della “forma” essenziale, rimasta invariata per oltre 17 secoli, G.B. Montini (il sedicente antipapa Paolo VI) la sopprime totalmente.

S.S. Pio XII, nel 1947, in ”Sacramentum ordinis” ha designato le parole del prefazio che costituiscono la “forma” essenziale, le riportiamo ancora:“Comple in Sacerdote tuo ministerii tui summam, et ornamentis totius glorificationis instructum coelestis unguenti rore santifica”. Il marrano Montini, usurpante la Cattedra di S. Pietro, con un ribaltone sacrilego senza precedenti, ha designato nel 1968 nel Pontificalis romani un’altra forma essenziale che non conserva NULLA della forma essenziale fissata “infallibilmente” da Pio XII. Ecco la nuova “assurda” formula: “Et nunc effúnde super hunc Eléctum eam virtútem, quæ a te est, Spíritum principálem, quem dedísti dilécto Fílio tuo Iesu Christo, quem ipse donávit sanctis Apóstolis, qui constituérunt Ecclésiam per síngula loca ut sanctuárium tuum, in glóriam et laudem indeficiéntem nóminis tui”. Questo è un fatto di portata e gravità senza pari!! Non resta una sola parola, una sola sillaba della “forma” che S.S. il Papa Pio XII aveva giustamente (1947) definito infallibilmente essenziale e assolutamente richiesta per la validità del sacro Episcopato !

In breve: … « la “forma” essenziale e necessaria alla validità è stata TOTALEMENTE soppressa dal nuovo ordinale di Paolo VI!» (Abbé V.M. Zins, 2005). Questo il fatto nudo e crudo, vedremo poi gli infami autori di tale sfregio sacrilego e le blasfeme e le ridicole ragioni addotte a sostegno del ribaltone, che è tra l’altro veicolo sottile di eresie perniciose e gravissime, contro la SS. Trinità, contro l’Incarnazione del Cristo, e contro lo Spirito Santo, configurando un assurdo gnostico-manicheo, peraltro già intrufolato nell’anglicanesimo e nel giansenismo, un movimento novatore, pre-modernista del 1700, condannato giustamente come eretico, e contro il quale il nostro S. Alfonso Maria de’ Liguori è stato un martello tenace ed implacabile nella sua denuncia e demolizione. Chi pensa che con questo rito, o partecipando a pseudo-funzioni (??) tenute da laici, falsamente consacrati da questo rito, faccia parte della Chiesa Cattolica, è un illuso: pensando di marciare sotto il vessillo di Cristo, in realtà segue lo stendardo di satana. “Apriamo gli occhi: il nostro pensiero costante, l’unico che conti per davvero, sia sempre la conquista della salvezza dell’anima, che si ottiene con laboriosità ininterrotta, mediante la vigilanza, la prudenza, la preghiera incessante e la conoscenza delle Sacre Scritture, rigorosamente e correttamente interpretate, e del Magistero autentico della Chiesa, Corpo mistico di Cristo, Sposa immacolata di Cristo, Maestra e via di Verità e Vita. Non c’è posto per la falsa misericordia che chiude i due occhi sulla peccaminosità, sul pentimento, prospettando infine l’inferno “buono” per tutti!!!”

Gli autori dell’infamia

Cerchiamo allora di esaminare più da vicino la questione riguardante la formula di consacrazione dei vescovi. Intanto ci cominciamo a chiedere chi ne siano gli autori. Guarda caso, ci troviamo a che fare con personaggi già noti, fortemente compromessi con istituzioni massoniche e ferocemente anticristiane, al centro delle “apparenti” stravaganze già arcinote nella cosiddetta “nuova messa”, un rito di ispirazione vagamente anglicano-protestante, vera liturgia rosa+croce in 33 ”atti”, osannante il massonico e gnostico “signore dell’universo” al quale viene pure offerto il deicidio di Gesù Cristo, e fuorviante totalmente dal contesto teologico tridentino, pertanto carico di anatemi imperituri, in particolare per chi ne ha o ne dovrebbe avere consapevolezza. Non paghi dello “scoop” anticattolico ed antiliturgico, di per se stesso già gravissimo, e mirando a radere al suolo totalmente la Gerarchia cattolica, e quindi la Chiesa stessa, avviano questa nuova “pratica” che, confondendo tradizioni apostoliche inesistenti, costruite in biblioteca per attribuirsi un’aureola di sapienza (un “baro” da falsi sapienti), e mescolando riti orientali, siriaci ed africani, di difficile controllo documentale, ed oltretutto già rigettati nel passato perché eretici e blasfemi, creano questo nuovo rito gettando fumo negli occhi con ignobili menzogne e contraffazioni. E allora, chi sono gli autori del Pontificale Romano? Eccoli: Giovanni Battista Montini, detto Paolo VI, figura arcinota, il cui ruolo, decisivo nella “contro-Chiesa”, è riconosciuto ormai da tutti come determinante. Non ci dilungheremo affatto su tale losco figuro, anche perché la cosa, a noi di stomaco delicato, ci farebbe nauseare e vomitare, e così rinviamo i lettori al trittico di Don Luigi Villa che lo ha “degnamente” e compiutamente descritto con dovizia di particolari ed abbondante documentazione. L’altro degno ancor più losco figuro, già noto ai lettori attenti, è il mons. Annibale Bugnini, il tristemente noto BUAN 1365/75 (nome in codice di appartenenza alla “loggia”) che ebbe la “sfortuna” di dimenticare ad una conferenza in Vaticano, su una sedia, una borsa che malauguratamente fu rinvenuta da un giornalista che ne rivelò il contenuto (oh, questi giornalisti non si fanno mai i fatti propri!): erano documenti segreti della loggia di appartenenza massonica dell’incauto. Così “sgamato”, fu inviato come nunzio apostolico in Iran, per chiudere ingloriosamente la sua turpe carriera. Ma l’incarico più “tecnico” fu assunto da un oscuro benedettino, dom. Bernard Botte, OSB, di cui nessuno aveva mai saputo nulla, (a Buan probabilmente lo avrà segnalato l’amico e compagno di loggia: Salma, Salvatore Marsili, abate OSB dell’abazia di Finalpia, anch’egli finito nella lista Pecorelli!), e che qualche anno prima del nuovo pontificale, pubblicava un libro in cui illustrava una strana e fino ad allora oscura, presunta “tradizione di Ippolito”, un Ippolito che non si capisce chi fosse stato, o forse “Ippoliti”, visto che se ne contano due o tre (!?!), la stessa “tradizione” già implicata fraudolentemente nella stesura della “messa di BUAN” (l’attuale rito spacciato per Messa cattolica dalla setta marrano-modernista, attualmente usurpante il Soglio di Pietro)!

Il “Pontificalis Romani” (con il nuovo Sacramento dell’Ordine) è stato promulgato da Giovanni Battista Montini, la “ruspa”, l’anti-papa, sedicente Paolo VI, il 18 giugno 1968. – Montini nomina Annibale Bugnini, che è stato quindi l’artefice (il braccio della ruspa in azione!) dei due documenti liturgici essenziali del suo “pontificato”, demolitore ruspante: 1) il Pontificalis Romani, promulgato il 18 giugno 1968 e 2): in Cena Domini, promulgato il 03 Aprile 1969 (Novus Ordo Missae). Il 07 gennaio 1972, Montini ha egli stesso “ordinatoBugnini all’Episcopato (ovviamente in modo invalido!!), nominandolo poi, il 15 gennaio 1976, Arcivescovo titolare di Dioclentiana. Ma davanti allo scandalo della sua nota e divulgata appartenenza massonica fin dal 23 aprile del 1963, sotto il nome in codice di ’Buan 1365/75, lo “esilia” come pro-Nunzio apostolico a Teheran … oramai il burattino logoro e “scoperto” si poteva mettere da parte, con un bel calcio nel fondo schiena!

Dom Bernard Botte, benedettino dell’abbazia del Mont-César (Belgio) fu, sotto l’autorità di Bugnini, il principale artigiano del testo, inventando la rocambolesca ricostruzione di un fantomatico rito, da una pretesa tradizione apostolica di Ippolito (ma non sa nemmeno lui di quale Ippolito si tratti!), nota evidentemente a lui solo …, e di cui non si era mai sentito parlare in precedenza nella Chiesa … una favola partorita dalla fervida fantasia di questo strambo benedettino, [forse compagno dell’abate di Finalpia, Salvatore Marsili, affiliato con la sigla Salma 1278/49 e compagno di Buan nella P2], subito fatta propria da chi intendeva distruggere la Gerarchia, il Sacerdozio ed i Sacramenti cattolici.

Quali sono le origini del Pontificalis Romani, e da dove proviene questa formula di Paolo VI? Le Ragioni addotte da Montini, il falso “papa” Paolo VI nel Pontificalis Romani per promulgare questa riforma, ufficialmente sono:

– « … Si è giudicato bene di ricorrere, tra le fonti antiche, alla preghiera consacratoria che si trova nella “Tradizione apostolica di Ippolito di Roma”, documento dell’inizio del terzo secolo, e che, in una grande parte, è ancora osservata nella liturgia dell’ordinazione presso i Copti ed i Siriaci occidentali. In tal modo, si rende testimonianza, nell’atto stesso dell’ordinazione, dell’accordo tra la tradizione orientale ed occidentale sul carico apostolico dei Vescovi » Paolo VI (Pontificalis Romani,1968). L’inganno è palese, poiché è provato (come vedremo più avanti) che :

– La pretesa (*) Tradizione apostolica attribuita ad Ippolito di Roma, o ad altri autori, è un tentativo di ricostituzione fatto da Dom Botte dopo il 1946, ed « in modo costruttivo », secondo l’espressione di R.P. Hanssens, nel 1959.

– La Tradizione apostolica d’Ippolito suscita dal 1992 un dibattito tra specialisti che la qualificano come di «pretesa Tradizione apostolica», quindi quantomeno dubbia, se non fantomatica! Questa controversia divenne oggetto di un seminario nel 2004 nel quale si concluse che: –1) La preghiera di consacrazione di Paolo VI si ispira, ma non s’identifica, con la pretesa Tradizione apostolica attribuita ad Ippolito; essa rappresenta una creazione “artificiale” di Dom Botte nel 1968.

.2) La preghiera consacratoria di Paolo VI, la cui forma essenziale è ispirata alla pretesa (*) Tradizione Apostolica d’Ippolito, presenta delle similitudini con i riti Abissini, riti di eretici “monofisiti”, i quali non costituiscono dei riti validi, ma piuttosto dei riti risultanti da dibattiti teologici nati alla fine del XVII secolo.

.3) I riti copto e siriaco non utilizzano affatto la formula detta d’Ippolito, (dello stesso avviso è perfino Dom Botte!). inoltre i riti utilizzati dal siriaco al copto, ai quali ci si è falsamente ispirati, venivano utilizzati per insediare un Patriarca già consacrato Vescovo, e quindi non conferivano in alcun caso il Sacramento dell’ordine!

.4) La formula del c.d. Paolo VI non manifesta alcun «accordo tre le tradizioni orientale ed occidentale», ma viene recuperata piuttosto da una pretesa (*) ’Tradizione apostolica d’Ippolito’, testo che secondo alcuni proviene invece da ambiti egiziano-alessandrini, nei quali i riti traducono, secondo Burton Scott Easton, le influenze della sinagoga (The Apostolic Tradition of Hippolytus, Burton Easton, 1934, pag. 67 ed. del 1962, Archon Books).

(*) [Noi abbiamo préferito scrivere, in accordo con il comitato internazionale “Rore sanctifica”: La “pretesa” tradizione apostolica a proposito di questo documento denominato: “la Tradizione apostolica attribuita ad Ippolito” (o a diversi autori “Ippoliti”), conformandoci così alla denominazione dei lavori Scientifici ed universitari che si è imposta da un paio di decenni nel mondo degli specialisti che trattano di questo soggetto.]

In sostanza, la “contestazione d’Ippolito”, conosciuta dagli specialisti già dal 1946, ossia ben 22 anni prima del Pontificalis Romani, continua nel 1990 ed oltre, anche da parte dei Bollandisti (Gesuiti seguaci di Bolland, particolarmente eruditi nelle documentazioni ecclesiastico-liturgiche). Sarebbe troppo lungo e noioso riportare tutti i documenti, veri o presunti, ed i dibattiti successivi sul tema! In conclusione, la preghiera consacratoria di Paolo VI s’ispira, ma non riproduce neppure quella della pretesa (*) “Tradizione Apostolica d’Ippolito’ che è stata quindi solo un po’ di “fumo negli occhi”, un “bluff” per prendere tempo in attesa di tempi migliori e … di nuove invenzioni, e costituisce pertanto una creazione artificiale di Dom Botte nel 1968. L’inganno verrà meglio compreso successivamente, quando qualche “topo di biblioteca”, inopportuno ed inatteso intrigante, va a scovare le formule ed i riti orientali nelle lingue originali, fraudolentemente addotti essere un modello di ispirazione onde fondere le consuetudini liturgiche occidentali ed orientali, sicuri che nessuno mai andasse a verificarle, fidandosi della perizia dei falsi “sapienti” incaricati; questo però ci fa capire ulteriormente la volontà sottile con la quale si sia perpetrato l’inganno tra l’indifferenza, l’insipienza e, non voglia Iddio, la connivenza di tanti presunti “conoscitori di cose divine”, mollemente adagiati nei loro dorati e molleggiati giacigli, come i “cani muti” già catalogati dal profeta Isaia! Ma … “Qui habitat in caelis irridebit eos, et Dominus subsannabit eos.”(Ps. II, 4)! Tremate, il giudizio arriverà anche per voi … come un ladro, quanto meno ve lo aspettate … e lì sarà pianto e stridor di denti!

Osservando la giustapposizione dei riti succitati, ne esce una grande similitudine, anche se confusa, tra il rito di Paolo VI e “l’ordinanza ecclesiastica” nella sua recensione etiopica ed i riti abissini; la preghiera consacratoria quindi, la cui formula essenziale era inizialmente considerata essere parte della pretesa’Tradizione apostolica d’Ippolito’, è similare ai riti abissini! Ma questo “archeologismo storico-geografico” è manifestamente essere una eresia monofisita e quindi antitrinitaria! Infatti i riti abissini devono essere letti nel contesto del “monofisismo: Nunc autem effunde desuper virtutem Spiritus principalis, quem dedisti dilecto Filio tuo Jesu Christo [… allora dunque effondi dall’alto la virtù dello Spirito principale, che hai dato al Figlio tuo diletto Gesù Cristo]. Ciò vale ugualmente per la forma dell’Ordinanza ecclesiastica di recensione etiopica: … Et nunc effunde eam quae a te est virtutem principalis spiritus, quem dedisti dilecto puero tuo Iesu Christo … [… ed ora effondi quella che da te è la virtù dello Spirito principale …]. Ma perché questa formula afro-orientale, è sostanzialmente eretica, anzi blasfema, applicata ad una Consacrazione vescovile? L’enigma che si pone nella formula, riguarda lo “spiritus principalis”, che designerebbe lo Spririto-Santo (anche se lo “spirito del principe” – come pure correttamente si potrebbe tradurre – ci sembra ben altra cosa, oltretutto con un vago “odore di zolfo”!), il quale viene trasmesso al Figlio, e questo significherebbe quindi, nel contesto etiope-abissino, che Gesu-Cristo diviene Figlio di Dio per mezzo di questa “operazione” che è per essi dunque una unzione divinizzante o meglio una “adozione” seguita da una “unione deificante”, quindi una “sola” natura sussistente, ciò che corrisponde appunto al “monofisismo”. [il “Monofisismo”, eresia condannata dal Concilio di Calcedonia nel 451, “riconosceva” al Cristo la sola natura divina, negando che la natura umana di Cristo fosse sostanzialmente la nostra, fatto che quindi impedirebbe la nostra Redenzione attraverso di Lui e negherebbe il “fiat” della Vergine Maria”. Esso ancora oggi è praticato dalle chiese orientali copte di Egitto ed Etiopia e dalle maronite della Siria occidentale].

Queste concezioni alle quali si è accennato, debordano inoltre dal quadro della Cristologia per estendersi alla Teologia Trinitaria, poiché, per questa formula così malamente manipolata, lo Spirito-Santo non sarebbe consustanziale al Figlio. L’affermazione è pertanto “antitrinitaria”, ed “anti-filioque”. In parole povere c’è un’aberrante similitudine tra il rito del sedicente Paolo VI ed i riti appartenenti agli eretici monofisiti!.

Questi riti di consacrazione, ai quali si richiama il Montini, appartengono nei fatti a “chiese” eretiche che adottano principi già condannati abbondantemente dal Magistero Cattolico, principi antitrinitari e cristologicamente a-cattolici.

Senza volerci addentrare ulteriormente in questioni molto “specialistiche”, possiamo concludere che alla fine il rito di Botte-Bugnini-Montini, non è né copto, né maronita occidentale, essendo essi confusamente sovrapposti tra loro ma non coincidenti, e quel che più è evidente è che la preghiera consacratoria (la forma del Sacramento), non riprende nemmeno quella della pretesa “tradizione apostolica” del fantomatico Ippolito; dissimili sono pure il rito nestoriano ed armeno!

Questi fatti contraddicono la parola del Montini secondo la quale: “… si è ben giudicato di ricorrere, tra le fonti antiche alla preghiera consacratoria che si trova nella tradizione apostolica di Ippolito di Roma, documento dell’inizio del III secolo, e che, per una gran parte è ancora osservata nella liturgia dell’ordinazione presso i Copti ed i Siriani occidentali”.

No, non è Pinocchio a Bengodi, ma Paolo VI, il falso “papa”, in “Pontificalis Romani” [forse sarebbe meglio ribattezzarlo “ponte-fecalis”!]. In realtà sappiamo oggi benissimo, e chiunque può constatarlo, come i riti copto e siriaco occidentale non utilizzino affatto la “prefabbricata” preghiera consacratoria della pretesa “Tradizione apostolica di Ippolito”. Lo stesso dom Botte, in opere successive, aggiungeva fandonie a menzogne per giustificare il suo operato chiaramente in malafede. Ad esempio in un’opera del 1957, opponeva la “tradizione apostolica di Ippolito”, alla tradizione siriaca autentica [“La formula di ordinazione – la grazia divina nei riti orientali”; in l’Oriente siriano, abst., vol. II, fasc. 3, 3° trim. 1957, Parigi, pag. 285-296]. Si tratta alla fine, di un inaudito abuso, quello perpetrato il 18 giugno 1968 dall’antipapa sedicente Paolo VI; egli ha avuto il “temerario ardimento” di rimpiazzare un rito latino antico, invariabile nella sua forma essenziale da oltre 17 secoli, con una creazione artificiale ricavata da una ricostruzione di dom Botte apparsa negli anni 1950, e poi nel 1990 contestata dagli specialisti (quelli veri!). Il Montini si è giustificato con un sedicente ritorno alle origini, un falso archeologismo, riproducendo il metodo utilizzato da eresiarchi in passato, nei confronti del quale S.S. Leone XIII scriveva, bollandoli severamente: «essi hanno grandemente sfigurato l’insieme della liturgia conformemente alle dottrine erronee dei novatori, con il pretesto di ricondurla alla sua forma primitiva ». (Lettera enciclica: Apostolicae curae, 1896).

Si è preteso giustificarsi con delle menzogne: a) la forma citata non riproduce affatto la forma della pretesa tradizione apostolica attribuita ad Ippolito; b) la forma citata non è mai stata in uso nei riti copto e siriano occidentale. Si è commesso un attentato contro lo Spirito-Santo, avendo avuto, come detto, l’audacia inaudita di rimpiazzare, con una creazione puramente umana, un rito invariabile nella sua forma essenziale e quasi bi-millenaria, di cui lo Spirito-Santo è stato garante della costanza, coronata poi dalla decisione infallibile di Pio XII (Sacramentium ordinis) meno di 21 anni prima dell’atto ignobile del fasullo Paolo VI e quindi irreformabile da parte di un “vero” Papa [un vero Papa non avrebbe mai apportato, né poteva, una modifica al Magistero definito da un suo predecessore!]. Ecco quindi le origine smascherate di un rito aberrante: una creazione puramente umana!

Ricordiamo al proposito, anche per respirare un po’ di aria pura, San Tommaso d’Aquino che pone la questione: “Dio è il solo a realizzare l’effetto interno al sacramento?” Risposta: «Ci sono due modi di realizzare un effetto: in qualità di agente principale o in qualità di strumento. Secondo la prima maniera, è Dio solo che realizza l’effetto del Sacramento. Ecco perché Dio solo penetra nelle anime ove risiede l’effetto del Sacramento, e un essere non può agire direttamente la dove Egli non c’è. Anche perché appartiene solo a Dio il produrre la “grazia”, che è l’effetto interiore del sacramento (S. Th. I-II, Q.112, a. 1). Inoltre, il carattere, effetto interiore di certi Sacramenti, è una virtù strumentale derivante dall’agente principale che è qui Dio. Ma, nella seconda maniera, cioè agendo in qualità di ministro, l’uomo può realizzare l’effetto interiore del Sacramento; perché il ministro e lo strumento hanno la stessa definizione: l’azione dell’uno conduce ad un effetto interiore sotto la mozione dell’Agente principale che è Dio. » [Summa theologiae -III, Q.64, 1-]. In poche parole, l’uomo non è che il ministro, lo strumento dell’azione di Dio in un Sacramento. E qui sorge la domanda: “Chi è che ci assicura in modo assolutamente certo che Dio agisce al meglio in un rito creato nel 1968”? Seguiamo ancora San Tommaso, che si chiede: “L’istituzione dei sacramenti ha solo Dio per autore? « È a titolo di strumento, lo si è visto, che i Sacramenti realizzano degli effetti spirituali. Ora lo strumento trae la sua virtù dall’Agente principale. Vi sono due agenti, nel caso di un Sacramento: Colui che lo istituisce, e colui che usa del Sacramento già instituito applicandolo quanto a produrre il suo effetto. Ma la virtù del Sacramento non può venire da colui che non fa che usarne, perché non si tratta così se non al modo di un ministro. Rimane dunque che la virtù del Sacramento gli viene da Colui che l’ha instituito. La virtù del Sacramento non venendo che da Dio, ne risulta che Dio solo ha istituito i sacramenti». [Summa theologiae -III, Q.64, 1-] Dio solo ha istituito i Sacramenti, e allora: Chi ci assicura in modo assolutamente certo che un rito creato nel 1968 trasmetta la “virtù” di un Sacramento che ha solo Dio come autore? Chiediamo venia ed un po’ di pazienza, per la lunga citazione di San Tommaso, che però è fondamentale nella logica da seguire nel valutare teologicamente e dottrinalmente il problema. Egli continua: : “L’istituzione dei sacramenti ha Dio solo per autore? « Obiezione n°1: Non sembra, perché è la Santa Scrittura che ci fa conoscere le istituzioni divine. Ma ci sono alcuni elementi dei riti sacramentali che non si ritrovano menzionati nella Santa Scrittura, come la santa Cresima, con la quale si dà la confermazione, e l’olio con cui si ungono i sacerdoti, e certe altre parole e gesti che sono in uso nei Sacramenti. Risposta all’obiezione n° 1: Gli elementi del rito sacramentale che sono d’istituzione umana non sono necessari al Sacramento, ma contribuiscono alla solennità di cui lo si circonda per eccitare devozione e rispetto in quelli che lo ricevono. Quanto agli elementi necessari ai sacramenti, essi sono stati istituiti dal Cristo stesso, che è nello stesso tempo Dio ed uomo; e se essi non ci sono tutti rivelati nelle Scritture, la Chiesa comunque li ha ricevuti dall’insegnamento ordinario degli Apostoli; è così che San Paolo scrive (1 Co XI, 34) : «Per gli altri punti, io li regolerò alla mia venuta». [Summa theologiae -III, Q. 64, 1-]. Se gli elementi del rito “necessari” al Sacramento sono stati istituiti dal Cristo stesso, chi è che ci assicura in modo assoluto che gli elementi del rito creato (… nientemeno che da dom B. Botte, l’amico di Buan 1365/75, !?!) nel 1968 contengano effettivamente gli elementi necessari al Sacramento istituito dallo stesso N.S. Gesù Cristo? Ricordiamo, al proposito, pure il giudizio di San Pio X :« … allorché si sappia bene che la Chiesa non ha il diritto di innovare nulla che tocchi la sostanza del sacramento » [San Pio X, 26 dicembre 1910, “Ex quo nono”]. Quindi veniamo alle “1+3” condizioni di validità del Sacramento di consacrazione: 1) Perché una consacrazione episcopale sia valida, si richiede innanzitutto che il consacratore abbia egli stesso il potere d’ordine, cioè che egli sia validamente (ed ontologicamente) Vescovo (che non sia ad esempio un massone di 30° grado scomunicato “ipso facto”!). Successivamente, sono necessarie 3 condizioni all’esistenza del Sacramento della consacrazione episcopale (vale a dire alla sua validità) : • la materia e la forma: « I sacramenti della nuova legge devono significare la grazia che essi producono e produrre la grazia che essi significano. Questo significato deve ritrovarsi … in tutto il rito essenziale, e cioè nella materia e nella forma; ma esso appartiene particolarmente alla “forma”, perché la materia è una forma indeterminata per se stessa, ed è la “forma che la determina” ». [Leone XIII, Apostolicae Curae, 1896]. • l’intenzione del consacratore: «la forma e l’intenzione sono egualmente necessarie all’esistenza del sacramento», «Il pensiero o l’intenzione, dal momento che è una cosa interiore, non cade sotto il giudizio della Chiesa; ma Essa deve giudicarne la manifestazione esteriore » [Leone XIII, in Apostolicae Curae, 1896]. E il Santo Padre S.S. Pio XII sottolinea efficacemente la questione alla “Conclusione dei lavori del 1° congresso internazionale della liturgia pastorale d’Assisi”, il 22 settembre 1956: «Ricordiamo a questo proposito ciò che Noi diciamo nella Nostra Constituzione Apostolica “Episcopalis Consecrationis” del 30 novembre 1944 (Acta Ap. Sedis, a. 37, 1945, p. 131-132). Noi vi determiniamo che nella consacrazione episcopale i due Vescovi che accompagnano il Consacratore, devono avere l’intenzione di consacrare l’Eletto, e che essi devono per conseguenza compiere i gesti esteriori e pronunciare le parole, per mezzo delle quali il potere e la grazia da trasmettere siano significate e trasmesse. Non è dunque sufficiente che essi uniscano la loro volontà a quella del Consacratore principale e dichiarino che essi fanno proprie le sue parole e le sue azioni. Essi stessi devono compiere quelle azioni e pronunziare le parole essenziali.»! Ma quali siano state le modifiche o soppressioni “sospette” (per usare un eufemismo) del rito montiniano? Ecco cosa è stato soppresso: -.1) Il giuramento del futuro vescovo che promette a Dio «di promuovere i diritti, gli onori, i privilegi dell’autorità della santa Chiesa romana… d’osservare con tutte le sue forze, e di farle osservare agli altri, le leggi dei santi Padri, i decreti, le ordinanze, le consegne ed i mandati apostolici … di combattere e di perseguire secondo il suo potere gli eretici [una delle principali funzioni del vescovo!!!], gli scismatici ed i ribelli verso il nostro San Pietro, il Papa, ed i suoi successori». -2) L’esame attento del candidato sulla sua fede, comprendente la domanda di confermare ciascuno degli articoli del credo. -3) L’istruzione del vescovo: «Un vescovo deve giudicare, interpretare, consacrare, ordinare, offrire il sacrificio, battezzare e confermare». In nessuna parte, quindi, il nuovo rito menziona che la funzione del vescovo sia quella di ordinare, di confermare e di giudicare (di slegare e legare). -4) La preghiera che precisa le funzioni del vescovo, dopo la preghiera consacratoria. Nel Pontificalis Romani, si definisce quindi una forma essenziale insufficiente. Per Pio XII, la forma deve significare in modo univoco l’intenzione del rito di fare un Vescovo per ordinare dei preti: «allo stesso modo, la sola forma sono le parole che determinano l’applicazione di questa materia, parole che significano in un modo univoco gli effetti sacramentali, cioè il potere di ordine e la grazia dello Spirito Santo, parole che la Chiesa accetta ed impiega come tali» [Pio XII, Sacramentum Ordinis, 1947].

La forma designata come “essenziale” da Paolo VI non indica il potere d’ordine né la grazia dello Spirito-Santo come grazia del Sacramento: « La forma consiste nelle parole di questa preghiera consacratoria; tra di esse, ecco quelle che appartengono alla natura “essenziale”, sicché sono quelle esatte perché l’azione sia valida: «Et nunc effunde super hunc electum eam virtutem, quæ a te est, Spiritum principalem, quem dedisti dilecto Filio Tuo Jesu Christo, quem ipse donavit sanctis apostolis, qui constituerunt Ecclesiam per singula loca, ut sanctuarium tuum, in gloriam et laudem indeficientem nominis tui» [ed ora effondi su questo eletto quella virtù che viene da Te, lo Spirito “principale” (e chi è!?! -n.d.r.-), che desti al Figlio tuo diletto, e che Egli donò ai suoi Apostoli, perché si costituisse la Chiesa come tuo santuario a gloria e lode del tuo Nome …] (Paolo VI, Pontificalis Romani, 1968.] I termini supposti per definire il vescovo figurano in un’altra parte del prefazio: «ut distribuát múnera secúndum præcéptum tuum » [Paolo VI, Pontificalis Romani, 1968). Alla maniera degli anglicani, i difensori del rito montiniano devono allora invocare l’“unità morale” del rito. Nel Pontificalis Romani, la forma essenziale è senza dubbio, insufficiente. Il sacramento (ex opere operato) non può operare ciò che esso non significa!!! « La sola forma sono le parole che determinano l’applicazione di questa materia, parole che significano in modo univoco gli effetti sacramentali, cioè il potere d’ordine e la grazia dello Spirito-Santo, parole che la Chiesa accetta ed impiega come tale». [Pio XII, Sacramentum ordinis, 1947]. Le parole del prefazio del Pontificalis romani “non” significano il potere d’ordine: “Ut distribuant munera secundum praeceptum tuum”. (Che essi distribuiscano dei “doni” (di chi!?!) secondo il tuo comandamento). Il termine adottato “distribuant munera” è equivoco, esso esprime dei doni, dei carichi, delle funzioni (vedere il diz. Gaffiot per “munus”), si tratta di un termine profano che non esprime affatto il potere d’ordine. Dom Botte traduce il greco κλήρους (Klerous) con ’carichi’ (La Tradition apostolique, Ed. Sources chrétiennes, maggio 1968). Ora un “carico” ecclesiastico non è un ordine. Un anglicano può accettare l’espressione di distribuzione di carichi, un luterano ugualmente. Questa ambiguïtà è voluta … siamo ben lontani dalle parole essenziali del rito latino (comple sacerdote tuo); queste parole esprimono in modo univoco il potere d’ordine (Episcopum oportet … ordinare – il Vescovo deve ordinare!).

Il sacramento (ex opere operato) non può operare ciò che esso non significa e quindi la forma è da considerarsi “difettosa”. A differenza di tutti i riti precedentemente adottati, è patente la “contro-intenzione” del rito, quella di “non” significare il potere di ordinazione dei preti, e quindi la volontà di non ordinare! Noi abbiamo messo in evidenza una contro-intenzione a livello della forma del rito, contro-intenzione che appare in un contesto ecumenico che fornisce la “chiave” per la comprensione della messa in atto di questo rito. Non a caso Jean Guitton, scriveva: «Questa Chiesa ha cessato di chiamarsi cattolica per chiamarsi ecumenica», ed il massone Bugnini (sempre lui, quello della messa del baphomet, il Buan 1365/75!) dichiarava sull’Osservatore Romano del 19 marzo del 1965: “Noi dobbiamo spogliare le nostre preghiere Cattoliche e la liturgia Cattolica da tutto ciò che potrebbe rappresentare l’ombra di una pietra d’inciampo per i nostri “fratelli” separati (quelli che la Chiesa una volta chiamava “eretici” e “scismatici”,, vale a dire i Protestanti.-n.d.r.-)”. Un caso simile, a proposito delle false ordinazioni anglicane, fu inesorabilmente ed infallibilmente stroncato da un Papa “vero”, S.S. Leone XIII nella sua famosa (oggi occultata con ogni mezzo dai marrani e dagli apostati modernisti conciliari!) lettera Enciclica del 1896, la già citata “Apostolicae curae” nella quale si dimostravano 4 punti: –1) La forma del Sacramento è stata rimpiazzata da una forma ambigua che non significa precisamente la grazia che produce il Sacramento. (come quella di Montini!) –2) Il rito anglicano è stato composto e pubblicato in circostanze di odio del Cattolicesimo (come quello del marrano Montini! –n.d.r.-) e in uno spirito settario ed eterodosso (appunto quello ecumenico e neoterico); – 3) Le espressioni del rito anglicano non possono avere un senso Cattolico (così come quello del rito modernista novordista –n.d.r.-). – .4) L’intenzione del rito anglicano è contrario a ciò che fa la Chiesa (la vera Chiesa Cattolica). Una conclusione infallibile, irreformabile e senza appello!!!

E allora siamo qui a parlare di una cosa gravissima, della quale pochi sono a conoscenza, e coloro che sanno, si guardano bene dal farne parola, e cioè della INVALIDITA’ formale e materiale della consacrazione vescovile del “Pontificalis Romani”, che sta producendo nei fatti l’estinzione dell’Ordine sacerdotale cattolico e di conseguenza di tutti i Sacramenti: quella che oggi appare essere la Chiesa Cattolica, è costituita in realtà da un esercito di laici, di “zombi” spirituali, da “finti” e presunti sacerdoti e vescovi che stanno lentamente ma inesorabilmente soppiantando i pochi veri “residui” Vescovi e sacerdoti, oramai solo ultraottantenni, e cioè i Vescovi ordinati con il “rito Cattolico”, o sacerdoti ordinati da “veri” Vescovi a loro volta ordinati prima del fatidico 18 giugno 1968.

Discorreremo adesso addirittura delle ERESIE contenute nella formula del rito del “Pontificalis Romani”!! Effettivamente costateremo nella “forma” essenziale:.1) un’eresia monofisita, 2) un’eresia anti-filioque, 3) un’eresia anti-Trinitaria, tali da configurare una forma essenziale “kabbalista e gnostica” (la Gnosi in generale, e quella talmudica-cabbalista in particolare, è propriamente la “teologia” di lucifero), e creare quindi un “eletto manicheo”. Una forma quindi, che non solo rende invalida ogni presunta consacrazione, ma ne inverte i valori spirituali, consacrando cioè un “servo di lucifero”, quasi un rituale da 30° grado massonico. C’è chi ha attaccato la Chiesa dal tetto, chi dalle mura esterne, che dal portone e dalle finestre, ma Montini, “ruspa” di lucifero, L’ha praticamente rasa al suolo, scardinandone i pilastri portanti: la Santa Messa e la Consacrazione vescovile con la sequela di tutti i Sacramenti!

Ma torniamo alla nostra formula di ispirazione copto-etiopica, come dimostrato in precedenza: «Et nunc effunde super hunc electum eam virtutem, quæ a te est, Spiritum principalem, quem dedisti dilecto Filio Tuo Jesu Christo» [Pontificalis Romani, 1968 (forma essenziale)]. Qui si afferma l’eresia monofisita, l’eresia dei monofisiti etiopici [che negano la natura divina di Cristo]. Queste due righe citate infatti si ritrovano tal quali nel loro rito abissino di consacrazione episcopale. Questa eresia consiste nel considerare che il Cristo abbia bisogno di ricevere dal Padre lo Spirito-Santo per divenire ‘Figlio di Dio’, e per poter comunicare a sua volta, lo Spirito-Santo ai suoi Apostoli. Il Figlio riceve lo Spirito ad un dato momento (al battesimo secondo gli Etiopi) cosa quindi che nega la natura del “Fiat” della Santissima Vergine Maria, “fiat” che permette nello stesso momento la sua verginale Concezione, realizzando così il Mistero centrale della Fede Cattolica: l’Incarnazione di Nostro Signore Gesù-Cristo, vero uomo e vero Dio per mezzo dello Spirito-Santo. Negazione totale della verità cattolica dell’Incarnazione del Verbo! Ma nella “forma essenziale” c’è spazio per l’eresia anti-Filioque [l’eresia di Fozio e dei sedicenti “Ortodossi”, scismatici ed eretici orientali, che negano il procedere dello Spirito-Santo anche dal Figlio]. In questa forma infatti si afferma l’eresia anti-Filioque etiopica, secondo la quale “Non è più il Figlio che spira, con il Padre, lo Spirito-Santo (cf. il filioque del Simbolo di Nicea), ma è il Figlio che riceve dal Padre lo Spirito-Santo. Si tratta di una inversione (secondo un tipico costume satanico), delle relazioni nella Santa Trinità tra il Figlio e lo Spirito-Santo. Incredibile! Pensare che al Credo della Messa la Chiesa ci fa cantare a proposito dello Spirito-Santo «qui ex Patre Filioque procedit»!. Questa formula esprime la fede della Chiesa nello Spirito Santo come terza Persona della Santa Trinità. Lo Spirito-Santo procede dal Padre e dal Figlio come da un solo Principio e possiede, con il Padre ed il Figlio, gli stessi attributi di onnipotenza, di eternità, di santità; Esso è uguale al Padre ed al Figlio a causa della divinità che è Loro propria. L’utilizzazione del termine Puer Jesus Christus nella “forma”, in Ippolito, «modello» del rito della consacrazione dei vescovi riformato dal Montini, è rimpiazzato da: “dilectus Filius” = tuo Figlio diletto, Gesù Cristo. Malgrado tutto, questa correzione indica ancora e sempre una inferiorità del Figlio poiché il Cristo è designato anche, come nei Greci scismatici, come canale transitorio dello Spirito-Santo. Manca dunque allo Spirito-Santo la relazione essenziale in seno alla Santa Trinità come Persona emanante dal Padre e dal Figlio dall’eternità. Un errore fondamentale dunque che rende la forma dell’ordinazione intrinsecamente inoperante e dunque invalida!. Ed anche se la rettitudine della fede del vescovo consacrante fosse certa, questa non potrebbe “sopperire” né correggerebbe la forma e l’intenzione che è normalmente veicolata dal rito. Ma non è ancora finita: la “forma” inventata da B. Botte per Bugnini, su richiesta di Montini, proclama anche una eresia anti-Trinitaria! Ed infatti il «Signore» che è: Dio, il Padre; il Figlio Gesù-Cristo, consustanziale al Padre; e «lo Spirito che fa i capi (!?!) e che Tu hai dato al tuo Figlio diletto, Gesù-Cristo» non costituiscono affatto una designazione teologicamente corretta delle tre Persone divine nell’unità della sostanza e distinte per le loro Relazioni proprie! Qui il discorso è sottile, ma è palese il voler rinnegare la formulazione di San Tommaso quando dice: Pater et Filius et Spiritus Sanctus dicuntur “unum” et non unus. (Quodl. 6,1+2) [si dicono un “unico” e non uno]. Di conseguenza la nuova formula di consacrazione episcopale è egualmente invalida a causa di questa eresia antitrinitaria. Ma c’è ancora dell’altro: questa “forma” sembra a ragione, provenire addirittura da un sistema gnostico e kabbalista! Riportiamo ancora la formula: «Et nunc effunde super hunc electum eam virtutem, quæ a te est, Spiritum principalem, quem dedisti dilecto Filio Tuo Jesu Christo » Con la modifica di “Spiritus principalis” in “Spiritum principalem”: cioè un genitivo che diviene un accusativo, l’essere dello Spirito è assimilato ad una qualità (forza), lo Spirito diviene cioè una sorta d’“energia”, e non più una “Persona”. Questo concetto eretico deriva da un sistema “gnostico” (il discorso sui concetti della “gnosi spuria” e kabbalista, richiederebbe un’opera monumentale). La messa in equivalenza mediante un accusativo, proprio della “fabbricazione” di Dom Botte (che non si ritrova né presso gli etiopi, né nella sinossi della ’Tradizione apostolica’ e neppure nelle Costituzioni apostoliche), tra la “forza” (virtus) che viene dal Padre e lo Spiritus principalis, fa nuovamente assimilare la Persona dello Spirito-Santo ad una semplice “qualità” proveniente da Dio, ma senza essere Dio. Questo è nuovamente un negare lo Spirito-Santo come Persona divina e quindi la sua consustanzialità divina. Ma addirittura in certe traduzioni “diocesane” lo Spirito vi appare con una minuscola, ma egualmente il ’Figlio’ vi appare con una minuscola: “Signore, spandi su Colui che tu hai scelto la tua forza, lo spirito sovrano che tu hai dato a tuo figlio”. Facendo il legame di questi elementi con la concezione kabbalista di Elia Benamozegh, si arriva alla riduzione dello Spirito e del Figlio a due “eoni” inviati da Dio, ma che non sono Dio, bensì degli “éoni” [coppia di entità che Dio manderebbe ogni tanto per “illuminare” gli uomini], come nel sistema dell’eretico gnostico Valentino, o delle forze semplici, “virtù” o energie spirituali. Questo riduce la Santa Trinità ad un concetto puramente simbolico, espressione di un sistema gnostico sotto le apparenze monoteiste. Questo lascia trasparire la profonda conoscenza che il “marrano” Montini [la cui famiglia materna era giudaica, o più probabilmente kazara] avesse della kabbala e della gnosi spuria che egli ha travasato nel Cattolicesimo facendola apparire “cristiana” ai poveri “ignari” fiduciosi della sua (finta) infallibilità! A chi volesse saperne di più, si consiglia : “Dell’Origine dei Dogmi Cristiani”, di Elia Bénamozegh. Cap. III. Caratteri dello Spirito-Sainto, pag. 271, e, sempre dello stesso rabbino, gli: Atti del convegno di Livorno (settembre 2000) Alessandro Guetta (ed.) Edizioni Thalassa de Paz, Milano, coop srl. – Dicembre 2001 Via Maddalena, 1 – 20122 Milano. Quindi la SS. Trinità è intesa seconda la “gnosi spuria”: «Non è più la Trinità di Persone nell’unità della sostanza, ma è l’Infinito, l’Assoluto, l’Eternità, l’Immensità incomprensibile, inintelligibile, vuota e senza alcuna forma, l’“ensof” in cui le tre Persone non sono più che delle emanazioni temporali (…). Secondo il paganesimo, l’Essere primordiale, che è nello stesso tempo il Non-essere, si differenzia e si rivela solamente dopo un certo tempo, facendo emanare dal suo vuoto interiore le tre divinità che i pagani hanno adorato. Così si elimina la S.S. Trinità in vista della religione noachide. E qui il discorso si allargherebbe a dismisura esulando dalle intenzioni di questo scritto. Ricordiamo solo che la negazione dell’eternità della Trinità divina è la negazione della creazione “ex nihilo”, è la negazione della differenza essenziale tra Dio e l’universo; è l’abbassamento del Creatore al livello della sua creatura o la deificazione della creatura, in particolare dell’uomoIn verità questa è stata sempre la costante del “falso” pontificato di Montini: sostituire l’uomo a Dio. Oltre queste chiare eresie e l’intento noachide, la “forma” montiniana, nasconde un’ulteriore intenzione “occulta”, quella di designare un «Eletto» manicheo, aggiungendo l’espressione : “super hunc Electum”. Electus ha due sensi (cristiani) secondo il Gaffiot (termine electus) • scelto da Dio per la salvezza,: VULG. Luc. 18,7 • scelto per ricevere il battesimo : AMBR. Hel. 10, 34. Poi il Gaffiot aggiunge un ultimo senso: • membro d’élite della setta dei manichei, [eretici gnostici, seguaci di Mani]: MINUC. 11,6. Ora, essendo gnostica la natura del sistema dal quale deriva questa formula, questo è il vero senso, e cioè: l’intenzione del rito d’ordinazione episcopale di Paolo VI è un rito che conferisce dei poteri ad un eletto manicheo! .

Il grande autore cattolico francese Dom Guéranger (quando in Francia c’erano ancora i sacerdoti cattolici! … bei tempi …) nelle “Instituzioni Liturgiche”, presenta in 12 punti fondamentali la «Marcia dei pretesi riformatori del cristianesimo » : – Egli dimostra che l’eresiarca antiliturgista odia la Tradizione, rimpiazza le formule liturgiche con i testi della Scrittura Santa per interpretarli a suo modo, introduce delle formule «perfide», rivendica i diritti dell’antichità di cui si fa beffe cambiandone il rito, sopprime tutto ciò che esprime i misteri della fede cattolica, rivendica l’uso della lingua volgare, sopprime le genuflessioni ed altri atti di pietà della liturgia cattolica, odia la Potenza papale, organizza la distruzione dell’episcopato, rigetta l’autorità di Roma per gettarsi nelle braccia del principe temporale. Alla luce delle considerazioni di dom Guéranger, della cui retta dottrina c’è da essere assolutamente certi, siamo quindi alla presenza di eresie antiliturgiste, e del maggiore eresiarca antiliturgista mai comparso sulla faccia della terra: G. B. Montini, sedicente Paolo VI, “giustamente” in procinto di canonizzazione, “santo” della attuale “sinagoga di satana” che oggi domina la Sede di Pietro ed i Sacri palazzi dell’urbe e dell’orbe, così come da visione profetica del Santo Padre Leone XIII (un “vero” Papa)!

Ma torniamo al nostro argomento, facendo un po’ di riepilogo. Ripetiamolo, anche ad essere petulanti: il rito Romano, soppresso il 18 giugno del 1968, è un rito antico, invariabile nella sua forma essenziale da più di 17 secoli, ed infatti tutti i Vescovi cattolici di rito latino (tra i quali Santi straordinari, tipo S. Francesco di Sales, S. Alfonso Maria de’ Liguori, tanto per citarne qualcuno), sono stati consacrati con questo rito. Che cosa, quindi ha questo nuovo Rito che non va? Si può rispondere così: “ Il rito di Pontificalis Romani è stato creato nel 1968 e non è MAI stato utilizzato nella Chiesa. Nessun Vescovo cattolico è mai stato consacrato in questo rito. Questo rito non possiede gli «elementi necessari» secondo la teologia sacramentale. (dell’angelico Dottore) Esso è INTRINSECAMENTE invalido. Questo non è un rito cattolico!!! A tal proposito accenniamo ancora all’“eletto manicheo”, che sarebbe l’unico titolo che il rito, o meglio questa “pantomima”, spacciata per consacrazione vescovile, conferirebbe! Gli “eletti” manichei, o “perfetti”, costituivano, nell’ambito del Manicheismo, una “religione” di carattere gnostico, che annoverava influssi disparati derivanti da tradizioni giudaiche, iraniane, ed afro-orientali, in un “minestrone” ecumenico comprendente elementi di buddismo, cristianesimo, zoroastrismo, tradizioni iraniche, giudaismo talmudico e paganesimo variegato, il tutto ben cementato dalla cosmogonia e teogonia gnostica, in un sistema codificato secondo presunte “rivelazioni” spirituali di un “paracleto”, il presunto “spirito gemello” di Mani (da cui Manicheismo), nobile personaggio vissuto nel III secolo d. C. in Persia: “eletti” quindi, erano un gruppo ristretto di religiosi osservanti rigorose norme morali e comportamentali, che libererebbero le “fiammelle” divine imprigionate nei corpi materiali creati da un “demiurgo” malefico, il Dio dei Cristiani: agli eletti si contrapponevano gli “auditores” che erano i collaboratori degli eletti, verso i quali avevano doveri servili (elemosine), che non li avrebbero però liberati dalla materia continuando così ad essere obbligati a trasmigrare in corpi diversi (metempsicosi gnostica!). L’obiettivo inconfessato della sceneggiata della “falsa” consacrazione cattolica vescovile, non è altro quindi che la blasfema “istituzione” di eletti manichei (vescovi della anti-chiesa gnostica) nell’ambito della dottrina gnostica, “gnosticismo” del quale è infarcito il talmudismo “spurio” giudaico, al quale si “abbeverava”, per tradizione familiare, l’apostata Montini e si abbeverano i marrani della “quinta” colonna infiltrati nella Chiesa, nonché tutti gli aderenti alle conventicole massoniche! I fatti e gli argomenti fin qui riportati hanno dimostrato quanto segue, per il rito di consacrazione episcopale promulgato da Giovan Battista Montini, il 18 giugno 1968 a Roma, nel Pontificalis Romani:

.1) Questo rito non è antico, ma è stato creato nel maggio 1968 da diversi materiali. .2) Questo rito rivendica una origine oggi contestata dagli specialisti (veri) della questione.

.3) Questo rito non riproduce affatto quello della pretesa (*) “Tradizione apostolica” attribuita ad Ippolito.

.4) Questo rito non è, e non lo è mai stato, praticato in Oriente, presso i copti ed i siriani occidentali.

.5) Questo rito si rivela, dall’inchiesta, non essere null’altro che una “costruzione” puramente umana di Dom Botte.

.6) Questo rito possiede una “forma” essenziale insufficiente.

.7) Questo rito non esprime l’intenzione di conferire il potere di ordinare dei sacerdoti cattolici.

.8) Questo rito subisce le condanne che Leone XIII indirizzò (in “Apostolicae curae”) infallibilmente ai riti anglicani simili in tutto al rito montiniano.

.9) Questo rito nega la Santa Trinità.

.10) Questo rito nega l’unione ipostatica delle due nature nella Persona di N.S. Gesù Cristo

.11) Questo rito nega la “spirazione” dello Spirito dal Figlio, nega cioè il “Filioque” .12) Questo rito veicola una concezione kabbalista e gnostica dello Spirito-Santo. .13) Questo rito rilancia, nel 1968, l’attacco contro lo Spirito-Santo sviluppato mezzo secolo prima dal rabbino di Livorno, Elia Benamozegh (1828-1900).

.14) Questo rito serve a creare, in modo sacrilego e blasfemo, gli “eletti” Manichei, e quindi vescovi gnostici!

Ne risulta da ciò che precede, così come dai testi infallibili di Leone XIII, di Pio XII e del Magistero tutto, che è assolutamente IMPOSSIBILE considerare un rito tale come INTRINSECAMENTE VALIDO e capace di consacrare dei veri Vescovi cattolici, veri successori degli Apostoli di Nostro Signore Gesù-Cristo.

 

denunciare i lupi

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Denunciare i lupi!!

  1. Tommaso d’Aquino insegna l’obbligo per un cattolico

di denunciare i peccatori:

 

Per la pubblica denunzia dei peccati dobbiamo distinguere. Infatti i peccati sono o pubblici od occulti. Se sono pubblici non si deve provvedere soltanto al colpevole perché diventi più onesto, ma anche agli altri che sono a conoscenza del peccato perché non ne siano scandalizzati. Perciò questi peccati devono essere rimproverati pubblicamente, stando all‘esortazione dell‘Apostolo [1 Tm V, 20]: «Quelli che risultano colpevoli riprendili alla presenza di tutti, perché anche gli altri ne abbiano timore»; parole queste che, secondo S. Agostino [ De verbo. Dom. xvi, 7.] si riferiscono ai peccati pubblici.

Se invece si tratta di peccati occulti, allora valgono le parole del Signore: «Se il tuo fratello commette una colpa contro di te» (Matteo, XVIII,15): poiché quando uno offendesse te pubblicamente davanti agli altri, allora non peccherebbe solo contro di te, ma anche contro gli altri, turbandoli. Siccome però anche con i peccati occulti si può predisporre l’offesa di altri, dobbiamo qui suddistinguere. Infatti ci sono dei peccati occulti che causano al prossimo un danno, corporale o spirituale: quando uno, p. es., tratta segretamente la consegna della città al nemico; oppure quando un eretico privatamente distoglie i credenti dalla fede. E poiché in tal caso chi pecca segretamente non pecca solo contro di te, ma anche contro gli altri, bisogna subito procedere alla denunzia, per impedire tale danno: a meno forse che uno non fosse fermamente persuaso di poterlo impedire con un’ammonizione segreta. (Summa, II-II, q. 33, art. 7.) .

Senza la vera fede è impossibile piacere a Dio.

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Senza la vera fede è impossibile piacere a Dio

   “La virtù della fede, fondamento di una vita cristiana, ci dà una certezza assoluta delle verità che noi crediamo; una certezza più assoluta di quella che si basa sulla testimonianza dei nostri occhi e della ragione: essa poggia su Dio, la cui parola non può fallire, e sulla Chiesa, che è similarmente infallibile quando ci insegna la sua parola. ”

[Rev.do p. Francois Xavier Schouppe S.J. (fonte: “Brevi sermoni per le Messe basse della Domenica” Esposizione metodica della dottrina cristiana, composta da quattro serie: A, p. 290, London: Burns & Oates, Imprimatur 1883].

“Essere un vero Cattolico significa possedere il più saldamente tutte quelle verità che Cristo e suoi Apostoli hanno insegnato, che la Chiesa Cattolica ha sempre proclamato, che i Santi hanno professato, che i Papi e i Concili hanno definito, e che i Padri e Dottori della Chiesa hanno difeso. Colui che nega o esita nell’accettare anche una sola di quelle verità, non è cattolico. Egli afferma così di esercitare il diritto di giudizio privato per quanto riguarda la dottrina di Cristo, e quindi è un eretico. Il vero cattolico riconosce e crede che non ci possa essere nessun compromesso tra Dio e il diavolo, tra verità ed errore, tra la fede ortodossa ed eresia!”

[-fr. Michael Mueller, C.SS. R., A.D.1880]