Il cavaliere kadosh Achille Lienart (3)

Il Cavaliere Kadosh Achille Lienart (3)

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   Il nostro pregiato sacrilego (finto)cardinale, il cavaliere Kadosh Achille Liénart, era in buona compagnia nelle logge delle varie conventicole, i cui nomi figurano in varie liste, da quella di Mino Pecorelli, a quella del “il Borghese”, alle inchieste di Chiesa Viva, liste che costituiscono degli ampi squarci nel velo che copriva e copre tuttora gli adepti. Tra questi nomi ritroviamo personaggi importanti della Gerarchia ecclesiastica, cardinali come Casaroli, Suenens, Villot, Tisserant, Poletti, Baggio, il noto prestigiatore Buan 1365/75, arcivescovo Bugnini, e poi Ruini etc., e ancora tante altre personalità … eccellenti … si fa per dire, per non parlare degli usurpanti della Cattedra, per i quali rimandiamo ai numeri speciali di Chiesa Viva del “segugio” don Luigi Villa.

A proposito della faccenda Lienart e Lefebvre, quando se n’è cominciato a discutere, tutto è stato incentrato, dagli adepti delle fraternità, sull’ordinazione conferita “validamente”, a loro dire, dell’Arcivescovo di Lille al sig. M. Lefebvre, con dotte citazioni e stralci dall’enciclica di Leone XIII “Apostolicae curae” [sembravano Caifa che si straccia le vesti!]. Tutto, opportunamente confezionato, …. però … la radice infetta del problema non era l’ordinazione episcopale del sig. Lefebvre, (sulla quale è stata volutamente incentrata la questione), bensì quella sacerdotale ed episcopale del sig. Lienart, il “falso” consacratore, falso perché mai consacrato egli stesso!!! Pertanto invalida l’una, invalida l’altra, e di conseguenza quelle successive, oltretutto senza giurisdizione e missione! Qualcuno, per confondere il povero sprovveduto, distingue la consacrazione valida da quella lecita, non sottolineando però che un Sacramento o una consacrazione illecita è un sacrilegio infinitamente più grave di quello invalido. Se ad esempio un tale prende un’ostia non consacrata o non validamente consacrata, e la getta nella fogna, in realtà non commette alcun peccato, ma se utilizza consapevolmente un’Ostia consacrata per fare lo stesso gesto, compie un Sacrilegio gravissimo degno del più profondo degli inferi. Comunque ne riparleremo successivamente, codice canonico alla mano, lungi dalle fantasie del magistero autonomo di Ecône, “ad usum delpini”, zeppo di sforbiciate e tagli chirurgici. – Vediamo più da vicino la questione.

Cosa comporta l’adesione alla Massoneria, o anche semplicemente l’appoggio esterno o la condivisione dei suoi falsi principi e valori? Esaminiamo succintamente cosa dice il Magistero della Chiesa, citando i più importanti documenti al riguardo, documenti inoppugnabili, inconfutabili ed irreformabili.

Encicliciche Anti massoneria.

– 1) Clemente XII: “In Eminenti” (1738)

     In questa bolla non viene riportata una vera e propria condanna contro la massoneria, perché non vengono citate concezioni eretiche o malcostume, ma viene messo in guardia il clero dall’aderire o assecondare l’ideologia massonica. Alla fine c’è la : SCOMUNICA!!!!

-.2) Benedetto XIV (1751): Bolla “Providas Romanorum Pontificum”.

   Rafforza l’ammonimento della bolla papale di Clemente XII,enumerando cinque punti che danno seguito alla condanna delle “sette muratorie” . Nel suo intento colpisce le Logge riconosciute e presenti in molte regioni italiane, in quanto rappresentano un pericolo al potere temporale della Chiesa.  Annessa:

SCOMUNICA!!!!

– 3) Pio VII (1821): “Ecclesiam a Jesu Christe”.

     Papa Pio VII° condanna le società segrete ed in maniera particolare la Carboneria. In questa bolla traspare l’intento del frenare l’ideologia massonica che tende ad espandersi. Alcune fonti storiche riportano che la bolla venne promulgata su influenza di molti sovrani europei. Anche qui è comminata la SCOMUNICA!!!! “ipso facto”.

-. 4) Leone XII (1825):” Quo graviora”.

     Leone XII condanna con particolare energia le sette dei Liberi Muratori, o dei Franc-Maçons, e dei Carbonari, nonché qualsiasi altra setta occulta comunque denominata. Al fine di eliminare qualunque interessata incomprensione, il Pontefice riproduce integralmente nella presente Bolla tutti i documenti di condanna delle società segrete promulgati dai suoi Predecessori Clemente XII, Benedetto XIV e Pio VII. Si conferma la sentenza di   SCOMUNICA!!!!

-. 5) Pio VIII (1829): “Traditi humilitati”

     Pio VIII precisa ed aggrava le accuse contro la massoneria e contro le affiliazioni carbonare. La scomunica dei massoni viene spiegata richiamando le parole di San Leone Magno:”La loro legge è la menzogna; il loro Dio è il demonio, la turpitudine il loro culto” … Inutile aggiungere che anche qui c’è: SCOMUNICA !!!! 

-. 6) Pio IX (1846): “Qui pluribus”

     Pio IX°, bersaglio privilegiato, fu grande oppositore delle conventicole, anche per la perdita del potere temporale da esse sostenute. L’enciclica tratta la questione della verità di fede, senza alludere alla massoneria, ma alludendo alla propaganda dai modi empi. Il Pontefice sensibilizza i fedeli contro il pensiero liberale. Conferma della SCOMUNICA (!!!!) delle precedenti encicliche.

 

In Etsi multa luctuosa – 21 novembre 1873, Pio IX per la prima volta definisce ufficialmente la massoneria, “sinagoga di satana”: « … Si meraviglierà forse qualcuno di Voi, Venerabili Fratelli, che la guerra che oggi si muove alla Chiesa Cattolica si espanda tanto. Ma chiunque conosce il carattere, gli obiettivi ed il proposito delle sette, sia che si chiamino massoniche, sia che si chiamino con qualsivoglia altro nome, e li paragoni al carattere, al modo, e all’ampiezza di questa guerra, da cui la Chiesa è assalita quasi da ogni parte, non potrà certamente dubitare che questa calamità non si debba attribuire alle frodi ed alle macchinazioni di quelle sette. Da esse infatti è formata la sinagoga di Satana, che ordina il suo esercito contro la Chiesa di Cristo, innalza la sua bandiera e viene a battaglia ». Le colpe della massoneria vengono ribadite in Etsi Nos (15 febbraio 1882)

Leone XIII (1884): “Humanum genus”

   Papa Leone XIII condanna in maniera perentoria la massoneria. In quel periodo Giuseppe Garibaldi era il capo della massoneria mondiale, dopo Mazzini, e non trovò alcuna indulgenza nelle parole del Papa. Alla massoneria viene attribuita la colpa di divulgare la filosofia naturalistica. Per la notizia il poeta Carducci, noto massone luciferiano, e per questo premio Nobel, cantava il suo “inno a satana”. In questa enciclica non vengono riportati riferimenti generici come in passato, in quanto la dottrina massonica non era più serbata in segreto. SCOMUNICA !!!!

In “Dall’alto dell’Apostolico Seggio” del 15 ottobre 1890, indirizzata ai vescovi italiani, c’è una nuova ferma presa di posizione contro la massoneria. Papa Leone XIII, scrive ancora sia Custodi di quella Fede [custodes fidei] (8 dicembre 1892) [ … scritta ai fedeli cattolici d’Italia sulle deplorevoli condizioni della Nazione. L’Enciclica è una nuova denuncia del Pontefice contro la Massoneria. Questa enciclica venne pubblicata in duplice edizione: questa in italiano per il popolo; e col nome “Inimica Vis” in latino per l’Episcopato italiano.]

Leone XIII (1892 ): “Inimica vis”

     Leone XIII° si rivolge ai Vescovi d’Italiani e al loro clero affinché condannino l’ideologia massonica unitamente alla bolla “Custodes Fidei” dell’ 8 dicembre 1892 riaffermando i fondamenti dell’Humanum genus del 20 aprile 1884. Si descrive crudamente condannandola senza appello la setta massonica. È implicita ed ovvia la SCOMUNICA!!!!

     L’adesione alla setta massonica comporta la SCOMUNICA!!!! (“ipso facto” e “latae sententiae”) (solo qui ne abbiamo contate otto!) che può essere revocata cioè solo dal Santo Padre o da un suo delegato, tranne che in pericolo di morte imminente. A proposito della scomunica “ipso facto”, sulla quale molti sorridono allegramente, c’è, come se non bastasse, una sentenza infallibile ed inappellabile del Magistero ecclesiastico di Papa Pio VI, in “errori del Sinodo di Pistoia”, 1794, nella proposizioni di Condanna n. XLVII.: “Similmente [condanna] quella [proposizione] che dice essere necessario, secondo le leggi naturali e divine, che tanto alla scomunica quanto alla sospensione debba precedere un personale esame, e che perciò le cosiddette sentenze “ipso facto” non abbiano altra forza che di una seria minaccia senza alcun effetto attuale; FALSA, TEMERARIA, PERNICIOSA, INGIURIOSA AL POTERE DELLA CHIESA, (D. 1547 in “Auctorem fidei”).

   Pertanto, non occorre alcuna sentenza, avviso o giudizio di un giudice competente per comunicare ad un cattolico che è diventato un eretico, perché gli eretici sono automaticamente scomunicati dalla legge della Chiesa. Le cariche eventualmente conservate sono quindi USURPATE A TUTTI GLI EFFETTI configurando anche un illecito giuridico [ad es. furto ed appropriazione indebita]. – Sorge una domanda, a questo punto già “puerile” e superflua: ma uno scomunicato ipso facto, “latae sententiae” per adesione alla Massoneria, quindi eretico, apostata, un “vitando” della contro-Chiesa, può ricevere validamente gli ordini sacerdotali e addirittura l’episcopato, senza commettere un odioso sacrilegio, e comunicarlo poi ad altri “ordinati”, altrettanto sacrilegamente? Vediamo cosa ci suggerisce la sana teologia, nella “ Summa” del dottore angelico S. Tommaso:

Dalla Summa teologica

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A proposito della scomunica:

Parte III, Argomento 21: la scomunica.

 Art.1,4 Chi col battesimo è inserito nella Chiesa è reso capace di due cose: di costituire il ceto dei fedeli e di partecipare ai sacramenti. E questa seconda cosa presuppone la prima, poiché mediante la partecipazione ai sacramenti i fedeli sono anche in comunione tra loro. Perciò si può essere posti fuori della Chiesa con la scomunica in due modi. Primo, con la sola esclusione dai sacramenti: e questa è la scomunica minore. Secondo, con l‘esclusione da entrambe le cose: e questa è la scomunica maggiore definita in questo articolo…. «Chi è colpito di anatema (l’anatema è scomunica maggiore – n.d.r. -) per un delitto, è escluso dalla bocca, dalla preghiera, dal saluto, dalla comunione e dalla mensa». «Dalla bocca», cioè dal bacio, «dalla preghiera», poiché non si può pregare con gli scomunicati, «dal saluto», poiché essi non vanno salutati, «dalla comunione», cioè da ogni rapporto sacramentale, «dalla mensa», poiché non si può mangiare con essi. Ora, la definizione data implica l‘esclusione dai sacramenti con le parole «quanto al frutto», e dalla comunione dei fedeli quanto alle realtà spirituali con il riferimento ai «suffragi comuni della Chiesa».

… Articolo2,2

  1. In S. Matteo [18, 17], di chi si rifiuta di ascoltare la Chiesa, sta scritto: «Sia per te come un pagano e un pubblicano». Ora, i pagani sono fuori della Chiesa. Perciò è giusto che la Chiesa, con la scomunica, escluda dalla sua comunione coloro che non vogliono ascoltarla.

Parte III, Questione 36, artic. 5, in contrario:

– 1) Dionigi [Epist. 8, 2] ha scritto: «Costui», ossia chi non è illuminato [dalla grazia], «sembra molto presuntuoso, mettendo mano alle funzioni sacerdotali; e non sente timore e vergogna nel trattare le cose divine senza dignità, pensando che Dio ignori i segreti della sua coscienza; e pensa di poter ingannare Colui che egli falsamente chiama Padre; e osa servirsi delle parole di Cristo per pronunziare sui segni divini, non oso dire delle preghiere, ma delle immonde bestemmie». Perciò il sacerdote che indegnamente esercita il proprio ordine è come un bestemmiatore, o un ipocrita. Quindi pecca mortalmente. E per lo stesso motivo peccano in caso analogo tutti gli altri ordinati. 2. La santità è richiesta negli ordinandi in quanto indispensabile per esercitare le loro funzioni. Ora, chi si presenta agli ordini in peccato mortale pecca mortalmente. A maggior ragione quindi pecca chiunque esercita in stato di peccato il proprio ordine.

-.2) Dimostrazione: La legge [Dt: XVI, 20] comanda di «compiere santamente le cose sante». Perciò chi esegue le funzioni del proprio ordine in modo indegno compie le cose sante in maniera non santa, e quindi agisce contro la legge, per cui pecca mortalmente. Chi infatti esercita un ufficio sacro in peccato mortale, senza dubbio lo esercita indegnamente. Perciò è evidente che fa peccato mortale.

Spulciamo il codice canonico, pio-benedettino del 1917.

Codex juris canonici 1917

Conferma per ciò che riguarda la massoneria:

Can. 2335. Nomen dantes sectae massonicae aliisve eiusdem generis associationibus quae contra Ecclesiam vel legitimas civiles potestates machinantur, contrahunt ipso facto excommunicationem Sedi Apostolicae simpliciter reservatam. – [Chi si iscrive alla massoneria o altra setta che trama contro la Chiesa o il potere civile, incorre la scomunica riservata alla Sede apostolica, ( …)].

A proposito dell’ordinazione:

CAPUT II.

De subiecto sacrae ordinationis.

Can. 968. §1. Sacram ordinationem valide recipit solus vir baptizatus; licite autem, qui ad normam sacrorum canonum debitis qualitatibus, iudicio proprii Ordinarii, praeditus sit, neque ulla detineatur irregularitate aliove impedimento. 2. Qui irregularitate aliove impedimento detinentur, licet post ordinationem etiam sine propria culpa exorto, prohibentur receptos ordines exercere. – (968. §1[Riceve validamente l’ordinazione il solo battezzato, lecitamente chi ha le qualità richieste ed è senza irregolarità o impedimento].

2 – Chi è impedito o irregolare, anche se questo avviene senza colpa, dopo ricevuto l’ordine non potrà esercitarlo.)

  E chi sono gli irregolari? Ce lo spiega ancora il C.J.C. al can 985 al punto 1, per quel che ci riguarda: Can. 985. Sunt irregulares ex delicto: Apostatae a fide, haeretici, schismatici; etc. (Can. 985. sono irregolari per delitto: 1° gli apostati della Fede, eretici, scismatici, ….)

Leggiamo al Can. 2260. §1. Nec potest excommunicatus Sacramenta recipere; imo post sententiam declaratoriam aut condemnatoriam nec Sacramentalia. [Uno scomunicato non può ricevere i Sacramenti, anzi dopo la sentenza nemmeno i Sacramentali.]

codice di diritto canonico 1917 (canone 188. 4.):

Can. 188. Ob tacitam renuntiationem ab ipso iure admissam quaelibet official vacant ipso facto et sine ulla declaratione, si clericus: (1°….) 4° A fide catholica publice defecerit; [“ci sono alcune cause che influenzano la tacita rassegnazione di un Ufficio, per cui le dimissioni sono accettate in anticipo per effetto di legge e quindi sono efficaci senza alcuna dichiarazione. Queste cause si verificano quando: … (4) si è pubblicamente disertato (per caduta) dalla fede cattolica.”]

Riassume compiutamente la “Enciclopedia Cattolica” [vol. XI, col. 145-146]: A qualsiasi scomunicato è vietato di: a) ricevere i Sacramenti; b) fare e amministrare i Sacramenti e i sacramentali; c) assistere agli Uffici divini; d) porre gli atti legittimi ecclesiastici, di cui al can. 2256, n. 2; e) esercitare le funzioni inerenti ad un ufficio o incarico ecclesiastico; f) usufruire di un privilegio ecclesiastico; g) eleggere, presentare, nominare; h) conseguire dignità, uffici, benefici, pensioni ed incarichi nella Chiesa; i) porre atti di giurisdizione ecclesiastica. – Quindi, anche se lo pseudo-cardinale, il sig. Achille Lienart non era stato canonicamente sancito, e non appariva un “vitando” esternamente; in foro interno era ben scomunicato e “vitando”, perché oltretutto agente dell’anti-Chiesa Cattolica, per cui non poteva ricevere l’ordine, essendo già maestro massone e 18° livello: “Rosa Croce” ed ancora peggio, come spiegato in precedenza, 30° livello, cavaliere kadosh, e ovviamente non poteva trasmetterlo a nessun altro, anche se la cerimonia veniva fatta materialmente con tutti i canoni previsti. “Nessuno può dare ad un altro ciò che non possiede”: non possedendo l’ordine, il sig. Lienart, che gridava regolarmente “Adonai nokem” non poteva naturalmente trasmetterlo, ed il suo “episcopato usurpato”, non era valido né trasmissibile, semplicemente sacrilego, come tutti i (pseudo)-consacrati. A questo punto si chiarisce bene la vicenda delle Fraternità e “derivati”, singoli o organizzati! Ed i sacrileghi ministri ricadono nella sentenza di Dio emanata per bocca del Profeta Malachia, nel cui libro leggiamo al capitolo II: 1Ora a voi questo monito, o sacerdoti.2Se non mi ascolterete e non vi prenderete a cuore di dar gloria al mio nome, dice il Signore degli eserciti, manderò su di voi la maledizione e cambierò in maledizione le vostre benedizioni. Anzi le ho già maledette perché nessuno tra di voi se la prende a cuore. 3Ecco, io spezzerò il vostro braccio e spanderò sulla vostra faccia escrementi, gli escrementi delle vittime immolate nelle vostre solennità, perché siate spazzati via insieme con essi. 4Così saprete che io ho diretto a voi questo monito, perché c’è anche un’alleanza fra me e Levi, dice il Signore degli eserciti. 5La mia alleanza con lui era alleanza di vita e di benessere e io glieli concessi; alleanza di timore ed egli mi temette ed ebbe riverenza del mio nome. 6Un insegnamento fedele era sulla sua bocca, né c’era falsità sulle sue labbra; con pace e rettitudine ha camminato davanti a me e ha trattenuto molti dal male. 7Infatti le labbra del sacerdote devono custodire la scienza e dalla sua bocca si ricerca l’istruzione, perché egli è messaggero del Signore degli eserciti. 8Voi invece vi siete allontanati dalla retta via e siete stati d’inciampo a molti con il vostro insegnamento; avete rotto l’alleanza di Levi, dice il Signore degli eserciti. 9Perciò anch’io vi ho reso spregevoli e abbietti davanti a tutto il popolo, perché non avete osservato le mie disposizioni [e quelle della Chiesa – ndr.-].

[1] Et nunc ad vos mandatum hoc, o sacerdotes. [2] Si nolueritis audire, et si nolueritis ponere super cor, ut detis gloriam nomini meo, ait Dominus exercituum, “mittam in vos egestatem”, et “maledicam benedictionibus vestris, et maledicam illis”, quoniam non posuistis super cor. [“Manderò si di voi la maledizione … e cambierò in maledizioni le vostre benedizioni …”.  Noi siamo ignoranti è vero, ma il Signore si fa capire ai piccoli, agli ignoranti, a quelli che Lo amano con cuore sincero; i boriosi saccenti invece li acceca nel fumo della loro superbia. … “et maledicam illis”! ] . [Continua …]

 

Il cavaliere kadosh Achille Lienart (2)

Fr. Achille Liénart, confessava negli ultimi istanti sul letto di morte (nel 1973), che era un massone e incaricava il suo confessore di rivelare al mondo la sua confessione sul letto di morte, che egli, come un massone, ha partecipato alla trama ordita dalla massoneria per la distruzione della Chiesa cattolica.lienart 3

   Nel marzo del 1976, la rivista tradizionalista cattolica italiana, Chiesa Viva n. 51, pubblicava delle informazioni inerenti il lungo tempo di appartenenza segreta alla Massoneria del cardinale Achille Liénart, il prelato che aveva aiutato il percorso di Marcel Lefebvre in seminario, lo aveva ordinato al sacerdozio cattolico e poi lui stesso lo aveva consacrato vescovo. Durante i discorsi ha che ha tenuto a Minneapolis e a Montreal ai tradizionalisti nel 1976, Lefebvre stesso, aveva pubblicamente riconosciuto Liénart come suo Vescovo ordinante, e ben sapeva che era stato un massone … e che massone! Liénart, che una volta fu denominato da Lefebvre suo “padre spirituale”, aveva mantenuto un alto profilo come leader liberale di ispirazione massonica del Concilio Vaticano II, e veniva identificato, da un ex compagno massone, come un adoratore di satana ed un luciferiano. Al momento della sua morte, nel 1970, il Liénart apparentemente impenitente, si segnalò per essersi vantato che: “…umanamente parlando, la Chiesa cattolica è morta”. Egli ben sapeva il perché! Se qualcuno pensa che si tratti di accuse infondate, di calunnie gratuite, tirate fuori da qualche buontempone in vena di tiri mancini o rivalse personali, evidentemente non conosce, o fa finta di non conoscere, la figura di don Luigi Villa, l’unico sacerdote della Chiesa Cattolica ad aver mai ricevuto da un Sommo Pontefice, S. S. Pio XII, tramite il santo frate Pio da Pietrelcina, l’incarico di stanare gli adepti della massoneria infiltrati nella Chiesa Cattolica per destabilizzarla ed infine [si fieri potest] per distruggerla. Il sacerdote di Brescia ha ben operato in tal senso e la sua opera benemerita, evidentemente mal digerita dai segnalati di ogni appartenenza ed obbedienza, è ben conosciuta oramai in tutto il mondo. Infatti gli articoli della sua rivista “Chiesa Viva” nascevano da ponderate, oculate e ben documentate informazioni. A chi volesse contestarci su questo punto, consigliamo di cambiare interlocutore e rivolgersi direttamente ai collaboratori di don Luigi Villa, nel frattempo deceduto. – Qui di seguito è riportato un elenco cronologico degli eventi significativi della vita di Achille Liénart, riportati nella Newsletter n. 72 del defunto Hugo Maria Kellner, Ph.D., 9 Iroquois Strada, Caledonia, NY, del luglio 1977:

Nato a Lille, in Francia……………………..2-7-1884

Ordinato sacerdote . ………………………. 29 – 6 -1907

Entrato nella loggia Massonica a Cambrai………………il 15 ott. 1912

Divenne “Visitatore” in Massoneria di 18° grado. Cav. Rosa+croce,..…. 1919

Giunto al 30 ° grado cav. Kadosh ……………… 1924

Consacrato vescovo………………………… 12 – 8-1928

Ordinazione di Marcel Lefebvre al sacerdozio………… 21 – 9 -1929

Creato cardinale da Papa Pio XI…..…….. 6 – 30-1930

Consacrazione vescovile (invalida e sacrilega) di Marcel Lefebvre:18.9.1947 – Si noti che già 16 anni prima che venisse consacrato vescovo, Liénart era stato un membro della loggia massonica, e 4 anni prima aveva raggiunto il 30° grado, quello del cavaliere kadosh, il primo livello nel quale gli iniziati vengono informati dettagliatamente sui veri fini della Massoneria, come già segnalato e secondo quanto Albert Pike, supremo pontefice della Massoneria universale dell’epoca ammetteva: “Alla gente comune dobbiamo dire: “noi adoriamo un “dio”, ma un dio che si adora senza superstizione. A voi, Grandi ispettori Sovrani, diciamo ciò che si può ripetere ai fratelli dei gradi 32°, 31° e 30°: tutti noi iniziati degli alti gradi dovremmo mantenere la religione massonica nella “purezza della dottrina di lucifero”. Se, lucifero non fosse dio, ma lo fosse solo Adonay, il Dio dei cristiani, le cui gesta rivelano la sua crudeltà, la perfidia e l’odio dell’uomo, la sua barbarie e la repulsione per la scienza, Adonay ed i suoi sacerdoti lo calunnierebbero? Sì, lucifero è dio, e purtroppo Adonay è anche Dio. La filosofia religiosa nella sua purezza e verità consiste nella credenza in lucifero, al pari di Adonay “(Albert Pike, citato in A.C. de la Rive: La Femme et l’Enfant dans la Franc-Maçonnerie Universelle, pagina 588.). – La citazione di cui sopra non rappresenta una speculazione, ma è la testimonianza, oltre che un manifesto di intenzioni, di un esponente massonico le cui credenziali sono indiscusse. Albert Pike (1809-1891) è stato l’impareggiabile sommo sacerdote americano della massoneria. Nel 1859, Pike fu eletto Sovrano Gran Commendatore del Supremo Consiglio del Sud, del Rito Scozzese Antico ed Accettato, e più tardi divenne Gran Maestro Provinciale della Gran Loggia del Reale Ordine di Scozia negli Stati Uniti, ed è stato membro onorario di quasi tutti i Consigli Supremi nel mondo. Nel 1871, ha pubblicato il suo infame “Morale e Dogma”, un compendio di filosofia massonica, di terminologia, procedure, rituali, simbolismo e storia. – Alla luce delle ammissioni di Pike, e di quanto già riportato nel precedente articolo dal volume di Leon Meurin “Franc-Maçonerie, la synagogue de satan”, possiamo ben credere che Liénart fosse un luciferiano “consapevole” e “convinto” già quattro anni prima della sua consacrazione episcopale. Infatti, anche delle rivelazioni fatte in modo più preciso, riguardanti il sinistro “retroterra” del Liénart sono state pubblicate nel 1970 dal marchese de la Franquerie, nel suo libro: “L’infallibilité Pontificale”, che per la prima volta è stato presentato all’attenzione dei cattolici di lingua inglese dal già citato Dr. Hugo M. Kellner. Ora citiamo, dal paragrafo del libro del Marchese, che è stato presentato dal dottor Kellner nella Newsletter n° 72, il commento introduttivo del dottore: “Il nome completo dell’autore è André Henri Jean, Marchese de la Franquerie. Il Marchese è un segretario pontificio Ciambellano che vive a Luçon, Vendea, Francia, ed è riconosciuto come uno storico dotto con competenze specifiche nel campo della penetrazione della Gerarchia cattolica da parte della Massoneria in Francia, e delle attività massoniche del cardinale Rampolla, come il suo libro succitato dimostra. Il libro rivela l’atteggiamento ‘tradizionalista’ dell’autore. – “Il marchese discute, come indicato correttamente in “Chiesa viva”, del Cardinale Liénart alle pagine 80 e 81 del suo libro. A pagina 80 dice che Liénart era un satanista che ha partecipato a ‘messe nere.’ Dopo la descrizione del ruolo ben noto a supporto del Modernismo [la somma di tutte le eresie sec. S. Pio X] che ha giocato all’apertura del Vaticano II, il conciliabolo condannato anzitempo dalla bolla “Execrabilis” di Pio II, e di cui l’autore dice di aver ottenuto, in quel momento, delle informazioni esatte sul fatto che questo abbia avuto luogo per ordine del potere ‘Occulto, scrive:”Questo atteggiamento del cardinale non poteva sorprendere coloro che conoscevano la sua appartenenza alle logge massonico-luciferine”. Questo è stato il motivo per cui l’autore di questo studio ha sempre rifiutato di accompagnare il cardinale Liénart nelle cerimonie ufficiali come segretario-Ciambellano. – “‘Il Cardinale era stato iniziato in una loggia a Cambrai, il cui Venerato Fratello era Debierre. Frequentava abitualmente una loggia a Cambrai, tre a Lille, una a Valenciennes, e due a Parigi, di cui una era in modo particolare composta da parlamentari. Nell’anno 1919 venne designato come ‘Visiteur’ (grado 18°), poi, nel 1924, divenne 30° grado. Il futuro “cardinale” ha incontrato nelle logge il “Fratello” Debierre e Roger Solengro. Debierre è stato uno dei delatori del Cardinale Gasparri, che era a sua volta stato iniziato in America, e del Cardinale Hartmann, arcivescovo di Colonia, un “fratello” Rosa+croce”. – “‘E’ stato dato di incontrare a Lourdes un ex massone che, il 19 luglio 1932, era stato miracolosamente guarito da una ferita suppurata al piede sinistro da ben quattordici anni! Una guarigione riconosciuta dal Bureau di verifica. Questo signore miracolato, Mr. B. …, ci ha detto che ai tempi in cui frequentava una loggia luciferina, vi ha incontrato il Cardinale [Liénart] che egli riconobbe, rimanendo interdetto. ‘” – Liénart sarebbe naturalmente caduto in un’apostasia sempre più profonda dalla fede, nei dodici anni trascorsi dal giorno in cui aveva fatto il giuramento e si era assoggettato agli obblighi della Massoneria nel 1912. Inoltre, si sarebbe in tal modo necessariamente dedicato al rovesciamento della Chiesa, almeno dal momento della sua accettazione del 30° grado, quello di “cavaliere Kadosh” esaminato in precedenza, nel 1924, cioè quattro anni prima della sua “consacrazione” a Vescovo. In considerazione di quanto sopra, sembra essere più che ragionevole dubitare delle intenzioni di Achille Liénart nel ricevere gli ordini episcopali assunti al momento della sua consacrazione in modo assolutamente sacrilego ed usurpante la giurisdizione! – E’, ovviamente, impossibile esagerare l’importanza della corretta intenzione per invalidare la ricezione del Sacramento dell’Ordine, che per una volontà contraria rende nullo il Sacramento. A questo proposito, la Chiesa insegna: “Ogni battezzato di sesso maschile che sia in grado di aver intenzione di ricevere il Sacramento [degli Ordini sacerdotali o episcopali] può farlo validamente” (William E. Addis & Thomas Arnold, “Dizionario cattolico”, pagina 627, 1885). Alcuni hanno teorizzato che Liénart avesse voluto ricevere gli ordini episcopali per uno scopo malefico, e quindi diventare vescovo valido. Ma anche se ciò fosse vero, il suo conferimento degli Ordini sacri a Lefebvre avrebbe richiesto l’intenzione di fare ciò che la Chiesa intende, quella stessa Chiesa che, per gli obblighi del suo alto ufficio massonico di 30° grado di cavaliere kadosh, ha giurato di rovesciare. Inoltre, uno dei principali mezzi con cui la “loggia” ha da sempre cercato di distruggere la Chiesa, è stato quello di invalidare i suoi Sacramenti e di renderli sacrileghi, “abominio agli occhi di Dio”! Questo fatto è stato definitivamente stabilito nel lavoro classico, “Il corpo mistico di Cristo e la riorganizzazione della società” (1943), di p. Denis Fahey, CSSp., che è stato una delle principali autorità e studioso della Massoneria nel corso del XX secolo. Pertanto, qualsiasi ordinazione fatta da Liénart può essere considerata discutibile [nulla o, ancor peggio, sacrilega], per due motivi: per gli ordini episcopali propri del Liénart e poi per la sua non retta intenzione di amministrare i Sacramenti della Chiesa. Non dimentichiamo mai nello stesso tempo la bolla di Paolo IV “Ex Apostolatus officio”, confermata in pieno da S. Pio V, nella quale è detto che: “Esordio: Impedire il Magistero dell’errore – Poiché, a causa della carica d’Apostolato affidataci da Dio, benché con meriti non adeguati, incombe su di noi il dovere d’avere cura generale del gregge del Signore. E siccome per questo motivo, siamo tenuti a vigilare assiduamente per la custodia fedele e per la sua salvifica direzione e diligentemente provvedere come vigilante Pastore, a che siano respinti dall’ovile di Cristo coloro i quali, in questi nostri tempi, indottivi dai loro peccati, poggiandosi oltre il lecito nella propria prudenza, insorgono contro la disciplina della vera ortodossia e pervertendo il modo di comprendere le Sacre Scritture, per mezzo di fittizie invenzioni, tentano di scindere l’unità della Chiesa Cattolica e la tunica inconsutile del Signore, ed affinché non possano continuare nel magistero dell’errore coloro che hanno sdegnato di essere discepoli della verità. 1 – Finalità della Costituzione: Allontanare i lupi dal gregge di Cristo. – Noi, riteniamo che una siffatta materia sia talmente grave e pericolosa che lo stesso Romano Pontefice, il quale agisce in terra quale Vicario di Dio e di Nostro Signore Gesù Cristo ed ha avuto piena potestà su tutti i popoli ed i regni, e tutti giudica senza che da nessuno possa essere giudicato, qualora sia riconosciuto deviato dalla fede possa essere redarguito (possit a fide devius, redargui), e che quanto maggiore è il pericolo, tanto più diligentemente ed in modo completo si debba provvedere, con lo scopo d’impedire che dei falsi profeti o altre persone investite di giurisdizione secolare possano miserevolmente irretire le anime semplici e trascinare con sé alla perdizione ed alla morte eterna innumerevoli popoli, affidati alle loro cure e governo per le necessità spirituali o temporali; né accada in alcun tempo di vedere nel luogo santo l’abominio della desolazione predetta dal Profeta Daniele, desiderosi come siamo, per quanto ci è possibile con l’aiuto di Dio e come c’impone il nostro dovere di Pastore, di catturare le volpi indaffarate a distruggere la vigna del Signore e di tener lontani i lupi dagli ovili, per non apparire come cani muti che non hanno voglia di abbaiare, per non subire la condanna dei cattivi agricoltori o essere assimilati al mercenario. 2 – Approvazione e rinnovo delle pene precedenti contro gli eretici – Dopo approfondito esame di tale questione con i nostri venerabili fratelli i Cardinali di Santa Romana Chiesa, con il loro parere ed unanime consenso, Noi, con Apostolica autorità, approviamo e rinnoviamo tutte e ciascuna, le sentenze, censure e pene di scomunica, sospensione, interdizione e privazione, in qualsiasi modo proferite e promulgate contro gli eretici e gli scismatici da qualsiasi dei Romani Pontefici, nostri predecessori o esistenti in nome loro, comprese le loro lettere non collezionate, ovvero dai sacri Concili ricevute dalla Chiesa di Dio, o dai decreti dei Santi Padri, o dei sacri canoni, o dalle Costituzioni ed Ordinamenti Apostolici, e vogliamo e decretiamo che essi siano in perpetuo osservati e che si torni alla loro vigente osservanza ove essa sia per caso in disuso, ma doveva essere vigenti; inoltre che incorrano nelle predette sentenze, censure e pene tutti coloro che siano stati, fino ad ora, sorpresi sul fatto o abbiano confessato o siano stati convinti o di aver deviato dalla fede, o di essere caduti in qualche eresia, od incorsi in uno scisma, per averli promossi o commessi, di qualunque stato (uniuscuiusque status), grado, ordine, condizione e preminenza essi godano, anche se episcopale (etiam episcopali), arciepiscopale, primaziale o di altra maggiore dignità (aut alia maiori dignitate ecclesiastica) quale l’onore del cardinalato o l’incarico (munus) della legazione della Sede Apostolica in qualsiasi luogo, sia perpetua che temporanea; quanto che risplenda con l’autorità e l’eccellenza mondana quale la comitale, la baronale, la marchionale, la ducale, la regia o imperiale. 3 – Sulle pene da imporre alla gerarchia deviata dalla fede. Legge e definizione dottrinale: privazione «ipso facto» delle cariche ecclesiastiche. – Considerando non di meno che, coloro i quali non si astengano dal male per amore della virtù, meritano di essere distolti per timore delle pene e che i vescovi, arcivescovi, patriarchi, primati, cardinali, legati, conti, baroni, marchesi, duchi, re ed imperatori, i quali debbono istruire gli altri e dare loro il buon esempio per conservarli nella fede cattolica, prevaricando peccano più gravemente degli altri in quanto dannano non solo se stessi, ma trascinano con se alla perdizione nell’abisso della morte altri innumerevoli popoli affidati alla loro cura o governo, o in altro modo a loro sottomessi; Noi, su simile avviso ed assenso (dei cardinali) con questa nostra Costituzione valida in perpetuo (“perpetuum valitura”), in odio a così grave crimine, in rapporto al quale nessun altro può essere più grave e pernicioso nella Chiesa di Dio, nella pienezza della Apostolica potestà (“de Apostolica potestatis plenitudine”), sanzioniamo, stabiliamo, decretiamo e definiamo (“et definimus”), che permangano nella loro forza ed efficacia le predette sentenze, censure e pene e producano i loro effetti, per tutti e ciascuno (“omnes et singuli”) dei vescovi, arcivescovi, patriarchi, primati, cardinali, legati, conti, baroni, marchesi, duchi, re ed imperatori i quali, come prima è stato stabilito fino ad oggi, siano stati colti sul fatto, o abbiano confessato o ne siano stati convinti per aver deviato dalla fede o siano caduti in eresia o siano incorsi in uno scisma per averlo promosso o commesso, oppure quelli che nel futuro, siano colti sul fatto per aver deviato dalla fede o per esser caduti in eresia o incorsi in uno scisma, per averlo suscitato o commesso, tanto se lo confesseranno come se ne saranno stati convinti, poiché tali crimini li rendono più inescusabili degli altri, oltre le sentenze, censure e pene suddette, essi siano anche (sint etiam), per il fatto stesso (eo ipso) e “senza bisogno di alcuna altra procedura” di diritto o di fatto, (absque aliquo iuris aut facti ministerio) interamente e totalmente privati in perpetuo (“penitus et in totum perpetuo privati”) dei loro Ordini, delle loro chiese cattedrali, anche metropolitane, patriarcali e primaziali, della loro dignità cardinalizia e di ogni incarico di Legato, come pure di ogni voce attiva e passiva e di ogni autorità, nonché‚ di monasteri, benefici ed uffici ecclesiastici (“et officiis ecclesiasticis”) con o senza cura di anime, siano essi secolari o regolari di qualunque ordine che avessero ottenuto per qualsiasi concessione o dispensa Apostolica, o altre come titolari, commendatari, amministratori od in qualunque altra maniera e nei quali beneficiassero di qualche diritto, benché saranno parimenti privati di tutti i frutti, rendite e proventi annuali a loro riservati ed assegnati, anche contee, baronie, marchesati, ducati, regni ed imperi; inoltre, tutti costoro saranno considerati come inabili ed incapaci (inhabiles et incapaces) a tali funzioni come dei “relapsi” [ribelli –ndr. -] e dei sovversivi in tutto e per tutto (in omnibus et per omnia), per cui, anche se prima abiurassero in pubblico giudizio tali eresie, “mai ed in nessun momento potranno essere restituiti, rimessi, reintegrati e riabilitati nel loro primitivo stato” nelle chiese cattedrali, metropolitane, patriarcali e primaziali o nella dignità del Cardinalato od in qualsiasi altra dignità maggiore o minore, (“aut quamvis aliam maiorem vel minorem dignitatem”) nella loro voce attiva o passiva, nella loro autorità, nei loro monasteri e benefici ossia nella loro contea, baronia, marchesato, ducato, regno ed impero; al contrario, siano abbandonati all’arbitrio del potere secolare che rivendichi il diritto di punirli, a meno che mostrando i segni di un vero pentimento ed i frutti di una dovuta penitenza, per la benignità e la clemenza della stessa Sede, non siano relegati in qualche monastero od altro luogo soggetto a regola per darsi a perpetua penitenza con il pane del dolore e l’acqua dell’afflizione. – Essi saranno considerati come tali (ribelli e sovversivi) da tutti, di qualunque stato, grado, condizione e preminenza siano e di qualunque dignità anche episcopale, arciepiscopale, patriarcale, primaziale o altra maggiore ecclesiastica anche cardinalizia, ovvero che siano rivestiti di qualsiasi autorità ed eccellenza secolare, come la comitale, la baronale, la marchionale, la ducale, la regale e l’imperiale, e come persone di tale specie dovranno essere evitate (evitari) ed escluse da ogni umana consolazione” [“Vitandi”-ndp.].- Non abbiamo mai letto nulla di più chiaro, esaustivo e autoritario, senza alcuna possibilità di ribattuta,[almeno in persone che conservano sanità mentale ed il lume della ragione]. [il grasseto è redazionale]. Si tratta quindi di scomunica maggiore, ipso facto, con appellativo espresso di “vitando”, il peggiore che possa mai essere pronunziato! Ne vedremo più avanti anche le pene canoniche, comminate per questi delitti contro la fede, lo Spirito Santo: verità impugnata, ostinazione e impenitenza finale! – “ … A questo punto, quindi, gli ordini di “tutto” il clero, ordinato e consacrato dai “figli spirituali del cavaliere”, non sarebbero doppiamente sospetti [si tratta di un eufemismo, evidentemente]?

lefebvre e tisser.

M. Lefebvre e l’agente della massoneria Tysserand

   Altri ribattono che quant’anche questa fosse stata la condizione di Lienart, i suoi consacrati non sarebbe privi dell’Ordinazione episcopale poiché questa comunque era assicurata dalla presenza, al momento della sua consacrazione, di due Vescovi co-consacranti insieme con Liénart. Tuttavia, se un consacrando Vescovo non è già in precedenza Sacerdote, non può essere consacrato Vescovo. La vera essenza della Consacrazione episcopale si esprime con le parole sacramentali, che conferiscono “la pienezza del sacerdozio.” Così, è stato affermato dalla stragrande maggioranza delle opinioni teologiche e da lunga data è consuetudine, nella Chiesa, che il possesso degli ordini sacerdotali validi è un prerequisito necessario, indispensabile, per l’elevazione alla carica di Vescovo. San Tommaso scrive al proposito: “il potere vescovile dipende dal potere sacerdotale, poiché nessuno può ricevere il potere vescovile se non ha già il potere sacerdotale. Pertanto l’episcopato non è un Ordine.” (Summa Theologica, Supp. 40, 5). – Pertanto, non sarebbe corretto mettere in dubbio gli ordini episcopali del “consacrato del cavaliere”? … così come è giusto essere diffidenti nei confronti di qualsiasi Sacramento incerto, o sospetto sacrilego, come nel caso della cosiddetta “nuova messa”, nella quale si offrono i frutti del lavoro dell’uomo al “signore dell’universo”? – Queste domande sono forse troppo difficili da valutare per coloro che hanno riposto tutte le loro speranze su cappellucce, istituti, società “tradizionaliste” di “sacerdoti” che sono venuti alla ribalta, con grande fanfara e scoppi di petardi, come i salvatori dei fedeli residui, mediante il supporto di una campagna sapientemente orchestrata e preparata dagli avversari della Chiesa. Se un tale scenario sembra troppo orribilmente cupo per ammettere che provenga da Dio, si consideri questo: il Papa Leone XIII dichiarò gli Ordini anglicani non validi a causa dell’ “intenzione difettosa”, 350 anni dopo la loro introduzione da parte della Chiesa d’Inghilterra. Milioni di anime per molte generazioni sono state influenzate negativamente prima che Roma esprimesse un giudizio definitivo in materia. Allo stesso modo, le ordinazioni sacerdotali messe in atto con il rito dell’ordinazione della contro-chiesa “riformata”, (una copia carbone prossima al rito anglicano, e per certi aspetti ancor peggiore), in uso oggi, richiederanno sicuramente una dichiarazione radicale di nullità da parte della “vera” Chiesa cattolica “fuoriuscita dall’eclissi attuale” in un giorno futuro. Ma nel frattempo, la “società” del “figlio spirituale del cavaliere” ed i lupi solitari da essa fuoriusciti, continuano a riconoscere gli ordini sacerdotali della contro-chiesa “cattolica”, la chiesa oggi contraffatta, fino al punto da incorporare, in alcune delle sue cappelle, “sacerdoti” ordinati col rito del Novus Ordo, senza nemmeno far passare queste ordinazioni attraverso provvedimenti di “correzione” (e meno male …!). – Lefebvre stesso ha riconosciuto che Achille Liénart era un massone, e lo si può ascoltare in un discorso che, registrato su nastro, fece a Montreal, Canada il 27 maggio 1976, dichiarando [falsamente] che questo però non incideva sulla validità e liceità dei suoi ordini. – Gli apologeti del “figlio spirituale del cavaliere” sostengono che, poiché la Chiesa ha sempre accettato gli ordini conferiti dal massone Talleyrand, anche quelli di Liénart debbano quindi essere riconosciuti. Ma tutto questo è falso, come si può facilmente dimostrare: Talleyrand, fu Consacrato vescovo di Autun, in Francia, nel 1789, lo stesso anno cioè della Rivoluzione francese. Inizialmente si oppose alla rivolta perché essa aveva “smembrato la Francia”, ma due anni più tardi, capitolò davanti al movimento democratico, ed approvò pubblicamente la “costituzione rivoluzionaria civile del clero”, che portò alla confisca della sua sede nel 1791, e la scomunica da Roma, poi revocata a causa del suo pentimento sul letto di morte. – Talleyrand, che è anche accusato di aver inserito i livelli inferiori della Franco-massoneria, aveva consacrato diversi Vescovi, che tuttavia sono stati riconosciuti dal Vaticano. Né prima né dopo la propria Consacrazione, si è evidenziato che Talleyrand avesse mai cercato di svolgere una “sceneggiata” in vesti episcopali, per favorire il rovesciamento della Chiesa, bensì le sue azioni erano in ogni caso alla luce del sole, e sono state motivate da mero opportunismo. Piuttosto che un “agente segreto” in combutta con i nemici della Chiesa, Talleyrand era un opportunista consumato che cambiava i cappelli come meglio si adattavano alle proprie ambizioni politiche, ritrattando poi i suoi errori sul letto di morte. La sua carica di Vescovo venne esercitata per appena due anni, consentendogli il tempo solo per l’introduzione di un apprendista della Massoneria, e consacrò poi comuni Vescovi. Così i Vescovi consacrati da Talleyrand e dai suoi co-consacranti (che non erano massoni), sono stati giustamente ritenuti validi perché già “legittimamente” ordinati sacerdoti anni prima, dal momento che non sono mai state loro attribuite carenze sacerdotali che ne avessero suggerito il contrario. – D’altra parte, tra una cerchia sempre più ampia di Cattolici, l’eventuale nullità o illiceità del clero di “fraternità” o “istituti” vari, viene considerata come la migliore spiegazione per l’instabilità di questi “sacerdoti” e l’alto tasso di fuoriusciti dal proprio gruppo, (come nella nuova “chiesa”), o il passaggio da un gruppetto all’altro. Scandali coinvolgenti, lotte intestine, divisioni, azioni da donnaioli, cause distruttive sulla proprietà, calunnie e alienazioni di buone famiglie, contenziosi faziosi, procedure irregolari, senza contare le tendenze giansenistiche, gallicane e fallibiliste, sono caratteristiche di questo corpo di “sacerdoti” fin quasi dall’inizio dell’attività missionaria della società, che iniziò nella metà degli anni 1970. Questi mali, dai quali essi sono invariabilmente affetti, sono di solito attribuiti ad intemperanze “giovanili” o a “scarsa formazione,” ma è ora chiaramente evidente che c’è qualcosa di molto più profondo di viziato e sbagliato nel clero della società: il sacrilegio palese. – Questo non è molto probabilmente un “colpo di fortuna” o un “incidente”, ma è probabile che sia un colpo “da maestro” del nemico, che, sulla scena politica, ha sempre incuriosito onde impostare la propria opposizione fasulla; uno stratagemma simile avrebbe senso solo nell’ambito ecclesiastico. Ci potrebbe essere forse un mezzo più efficace per neutralizzare il movimento Cattolico tradizionale, della creazione di un quasi monopolio sulla “Messa tridentina”, da parte di una “società” di preti e vescovi fasulli o peggio ancora illeciti e sacrileghi? Centri di resistenza cattolica presidiati da sacerdoti invalidi andrebbero presto in preda all’autodistruzione. Gli intelletti, e forse anche le anime, di quelli che vi aderiscono, sarebbero man mano oscurati. I fedeli sarebbero sedati rispetto al cambio di gestione del culto, mentre la “chiesa conciliare” potrebbe continuare nella sua corsa rovinosa per le anime, senza impedimenti! – Nel processo, i buoni ma più anziani sacerdoti, che possiedono la formazione e l’esperienza antecedente al temuto conciliabolo, spesso sono sottovalutati da laici ingenui e disperati, per le rassicurazioni rilassanti (di una continuità di preti e sacramenti) da una società che è stata creata per “tirare da sotto il tappeto” la Chiesa cattolica “residua” al momento opportuno, in futuro, quando cioè la maggior parte di tutto il clero valido sarà deceduta, e quindi la resistenza sembrerà senza speranza. – Che cosa deve dunque fare un Cattolico durante questa terribile crisi? In primo luogo, evitare tutto ciò che è discutibile per quanto riguarda i Sacramenti. Papa Innocenzo XI dichiarò che nel conferimento e la ricezione dei Sacramenti, non è mai permesso adottare una linea “probabile” di condotta per la loro validità, abbandonando la più sicura. (Vedi: Denzinger, # 1151; Morale e Teologia Pastorale, Vol 3, “I sacramenti, l’uso di pareri probabili”, pagina 27). In secondo luogo, ricevere i Sacramenti solo dai residui sacerdoti più anziani, che offrono la vera Messa in comunione non con il falso-papa imposto dalle conventicole, e la cui ordinazione è indiscutibilmente valida. In terzo luogo, avere fede in Dio Onnipotente, che conosce tutte le cose e protegge la Sua Chiesa dall’oblio a Suo modo e a Suo tempo. Pregare ogni giorno il Rosario. Infine, pregare incessantemente il Cielo perché, per amore degli eletti, vengano abbreviati questi giorni, e la “chiesa delle Tenebre” lasci Roma per far posto alla vera, legittima Gerarchia, e al vero “Papa”. – Sul tema degli scomunicati e degli “illeciti” sacrilegi commessi dagli scomunicati “vitandi” o anche solo “ipso facto”, quelli che gridano brindando, pugnale all’aria: “Adonai nokem!” parleremo ancora a breve prossimamente. Per noi la questione invero già da tempo sarebbe conclusa, ma vogliamo continuare ancora per dimostrare l’assoluta malafede e devianza dal codice canonico e quindi dall’autentico Magistero pietrino di coloro che, sotto la “mascherina” della Messa di sempre, e sotto un magistero aggiustato a loro uso e consumo, balbettando formulette in latino, ingannando tanti incauti e sprovveduti che spesso in buona fede credono di recuperare un cattolicesimo di “tradizione” a buon mercato, nascondono la loro bocca avida di anime da divorare e consegnare al nemico dell’uomo e di Dio. (continua …)

Il cavaliere kadosh Achille Lienart (1)

Il cavaliere kadosh A. Lienart (1)

LIENART 2

Il Cardinale A. Lienart, 30° grado della Franco-Massoneria, “cavaliere Kadosh”, costituisce la radice infetta del falso tradizionalismo cattolico “chic”, che vuole condividere [anzi già lo fa] la liedership della anti-Chiesa-sinagoga con gli eretici scismatici modernisti conciliari. Per cominciare a capire di cosa stiamo parlando, conviene iniziare dal capo, cioè chiedersi intanto chi siano i cavalieri Kadosh e quale culto pratichino. Poi ci occuperemo di costatare come la Chiesa abbia anatemizzato gli aderenti alle sette massoniche nel corso dei secoli e in varie occasioni con documenti magisteriali infallibili e quindi “irreformabili”; poi verificheremo se e come uno scomunicato “ipso facto”, “latae sententiae” possa esercitare le funzioni sacerdotali e nel caso lo faccia comunque, quali siano le conseguenze per i malcapitati sacrileghi “ordinati” ed per i disgraziati ed incauti presunti fedeli; infine è bene capire cosa significhi un sacramento ed un ordine “illecito”, cosa molto più grave dell’ “invalido”: molti illustri “scribacchini prezzolati, lupi del branco travestiti, cani sciolti e sciacalli solitari sostengono che il Sacramento, per essere efficace, deve essere semplicemente valido, anche se è illecito! Incredibile!!! … a qual punto è giunta l’ignoranza e la malafede di falsi o sacrileghi chierici che oltretutto si vantano di essere i “veri” cattolici … aveva proprio ragione Pio IX nella sua enciclica “Graves ac diuturnae”:  “… nulla hanno maggiormente a cuore che d’ingannare gl’incauti e gl’ignoranti, e trarli negli errori con la simulazione e l’ipocrisia, ripetendo pubblicamente che non respingono la Chiesa cattolica e il suo Capo visibile, ma anzi desiderano la purezza della dottrina cattolica, e sono “essi soli” cattolici ed eredi dell’antica fede. Di fatto essi non vogliono riconoscere tutte le prerogative del Vicario di Cristo in terra, né sono ossequienti al supremo magistero di Lui”. Un chierico “solitario” si esprimeva così in un recente colloquio, con molto garbo:      “ … tu non capisci niente, tu non sei nessuno, tu non hai nessuna autorità, fa’ il tuo mestiere: queste quattro bolle, il Codice canonico e le encicliche citate, tu non le devi leggere e neppure guardare, non ne hai l’autorità, quello che conta è quel che ti dico io e i confratelli (…), io che dico la Messa in latino, recito il Rosario e bla bla bla …” . Evviva l’umiltà e soprattutto il rispetto per le leggi della Chiesa! Queste parole sono il solito linguaggio, le sentiamo ogni volta che si ragiona con l’adepto di una setta, di qualunque setta, anche di una “mono-setta”, come in questo caso, che crea un magistero o una falsa teologia a proprio uso e consumo! “Dai frutti riconoscerete l’albero”, con queste parole il divin Redentore ci ha messo in guardia dai falsi profeti. I frutti dello Spirito Santo sono appunto: la pace, l’amore, la gioia, la pazienza, la bontà, la mitezza, la modestia, la benevolenza, la longanimità, la fedeltà alla parola data, la continenza, la castità … qui ognuno qui può giudicare da quale spirito vengano questi frutti sulle parole dell’Apostolo ai Galati, e sul comando evangelico.

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Riportiamo quindi dal libro di mons. Leon Meurin: “La franco-massoneria, sinagoga di satana” la descrizione dettagliata di questo grado, al quale il nostro “amico” belga era stato degnamente elevato già nel 1924, 5 anni prima cioè di essere nominato vescovo (!?). La lettura non è evidentemente semplice né agevole, per le numerose citazioni di natura kabbalistica, esoterica, iniziatica, ma … si ha in ogni caso un’idea comprensibile a tutti della “faccenda”.

Cavaliere Kadosch-30° liv.caval. kadosh

(Da: Mgr. L. Meurin “Franco-massoneria: sinagoga di satana – 1893)

  1. L a 3° Séphirah. L’Intelligenza. — Il grande eletto, cavaliere Kadosch, iniziato perfetto; cavaliere dell’aquila bianca e nera. – Dopo la sua moralizzazione, o piuttosto la sua demoralizzazione satanica, non resta ancora all’uomo giudaizzato e indemoniato, di essere ricevuto nei gradi più misteriosi che la sinagoga di satana ha voluto offrire ai Goim, alle “cavallette” della generazione di Japhet. Là ci sarà più difficile ritrovare il filo kabbalistico che ci ha guidato fin qui, non perché noi non possiamo intuirlo, ma perché non ci viene rivelato con la medesima chiarezza che nei gradi precedenti.

Il 30° grado corrispondente alla sephirah “Intelligenza”, deve avere una connessione con l’8° ed il 19° grado, che sono ugualmente calcati sulla terza delle sephiroth superiori. All’8° grado, noi vediamo il triangolo invertito con le tre lettere Ja, Je, Ji, che si fanno rimirare al neofita, invitandolo a combattere l’ “Intellettualità con l’ordine”, cioè la Santa Fede. Al 19° gli si racconta la storia dell’assalto dell’ebbro Eblis contro la Gerusalemme celeste. Al 30° grado si muove la battaglia apertamente contro l’Adonai biblico, al “cattivo principe”, cioè al Dio dei Cristiani. L’uomo giudaico-politico, già moralmente formato dalla seconda triade kabbalistica, è ora armato contro Adonai e muove guerra aperta contro Dio! Assorbito nelle rivelazioni che gli si fanno sull’Ordine decaduto dei Templari e sulla vendetta terribile che la frammassoneria si è imposta e alla quale si è votata a causa della soppressione dell’ordine, per cui gli si fa riprendere l’adorazione del baphomet, il destinatario non ha l’agio di riflettere sull’alta importanza della parte del cerimoniale che si pratica nella “camera bianca”. – Il gran maestro gli fa intendere alla larga che “nessuno può sperare di essere introdotto nell’Aeropago dei “cavalieri kadosh”, senza aver sacrificato all’oggetto del loro culto”. Il cortigiano e la corte di sua maestà infernale, dopo essersi sottomesso a lucifero ed avere abbassato lo stendardo davanti alla sua immagine, il baphomet, riceve al 30° grado l’ordine di adorarlo e di offrirgli, in ginocchio, il sacrificio dell’incenso profumato. Nel “santuario dei kadosch”, la camera bianca, illuminata da una larga e macabra luce bluastra sprigionata dall’alcool del vino, si vede al di sopra dell’altare, in una “gloria”, un immenso triangolo capovolto, che tiene sospesa alla sua punta un’aquila con due teste a grandezza naturale, metà bianca e metà nera, con le ali spiegate e con una spada nei suoi artigli. Il grande sacrificatore è solo in questa camera, seduto davanti all’altare. Egli chiede a colui che introduce: “… cavaliere mio fratello, chi conduci?” – Risposta: “È un cavaliere grande scozzese di Sant’Andrea di Scozia, che possedendo tutte le virtù di un saggio (acquisite nel 27°, 28° e 29° grado) desidera fare il suo ingresso nel “tempio della Saggezza””. Si tolga al postulante il suo velo nero! – «Il sacrificatore: “Mortale, prosternati!” Il grande introduttore fa prendere al postulante dell’incenso, glielo fa versare sul fuoco e lo fa inginocchiare». Il gran sacrificatore pronuncia allora la preghiera seguente indirizzata a lucifero: “O saggezza onnipotente (Shaddai), oggetto delle nostre adorazioni, sei tu che in questo momento noi invochiamo. Causa e sovrano dell’universo, ragione eterna, luce dello spirito, legge dei cuori, quanto è augusto e sacro il tuo culto sublime! …” – Si fa ancora versare dal destinatario l’incenso nel vaso dei sacrifici. Il sacrificatore dice: “alzati e prosegui la tua strada”. – L’uomo giudaizzato è incorporato ai sacerdoti sacrificatori di lucifero. Egli è santificato, è diventato un santo, “kadosh”. Come tale egli ha il diritto di commettere anche degli omicidi in onore del grande architetto dell’universo e della sua chiesa massonica. In un camerino dipinto di nero, dopo avergli bendato gli occhi, gli si fa infiggere il suo pugnale nel cuore di quel che gli si assicura essere un traditore dell’ordine. È in realtà un montone imbavagliato al quale si è rasato il lato sinistro del volto. Il ricevente deve toccarlo, per ben assicurarsi dei battiti del cuore di un uomo strangolato, prima di colpirlo. Non essendo istruito circa questa sostituzione dell’animale ad un uomo, egli commette, non materialmente, ma formalmente, un omicidio! Dopo questa prova cruenta, l’aspirante è condotto al Senato, il consiglio politico del Kadosch nella quarta camera. La ancora si trova, sotto al trono, il triangolo invertito al quale è sospesa l’aquila nera e bianca, ma egli porta qui, intorno al collo, un nastro bianco e nero al quale è legato una triplice croce patriarcale, corrispondente alla tiara “triregno” dei Papi. Ad occidente si trova su di una piramide, un mausoleo portante un’urna funeraria (di Jacques Molay), una corona (di Filippo il Bello), ed una tiara (di Clemente V): ma i crani non ci sono più. È inutile fare la descrizione della cerimonia politica concernente Jacques Molay; essa non ha bisogno di alcuna delucidazione. – La scala misteriosa ritorna, e l’aspirante è obbligato a salire da un lato per ridiscendere dall’altra. Le spiegazioni banali che si danno delle parole ebraiche e dei nomi delle scienze inscritte ai sette marchi da ciascun lato della scala, non meriterebbero la nostra attenzione se il Tuileur non ne desse una variante in cui la parola finale è blasfema ed una vedetta sanguinosa. Per noi è sufficiente aver indicato questo dettaglio che non ha che poca connessione con la kabbala giudaica. Il vero significato della “scala misteriosa” a sette gradini che, per la sua forma, ricorda il delta o triangolo, non è affatto quel che dice Rangon, da un lato la morale, e dall’altra la scienza, dovendo esse aiutarsi reciprocamente; essa si trova in ciò che Clavel racconta nella sua storia della Franco-massoneria (3° ed., pag. 352), ove cita il racconto arabo che ha per titolo: storia di Habib e di Doratilgoase: « il cavaliere solleva alla fine un grande velo dietro il quale si trovano i sette mari e le sette isole che si devono attraversare prima di raggiungere Medinazilbalor, la città di cristallo, la Tebe o la Gerusalemme mistica. Queste isole (le sette isole fortunate di Lucien, i sette gradi della scala della magia, le sette stazioni planetarie poste sulla strada di Ames che ritornano in questo mondo di miseria alla luce eterea d’Ormazd, loro vera patria) sono distinte dal nome dei sette colori; e siccome le insegne bianche non sono variate per il primo grado, la prima isola, che deve conquistare Harib, è l’isola bianca. Ma prima di pervenirvi, bisogna che si subisca la prova degli elementi. Se l’eroe resta irremovibile, è per il soccorso del Re filosofo e della parola sacra che vi è incisa ». ma la medesima scala si trova nei Misteri di Mithra. Per rappresentare la purificazione delle anime per il loro passaggio attraverso gli astri, « si faceva salire all’aspirante, una sorta di scala, lungo la quale vi erano sette porte e più in alto, un’ottava. La prima porta era di piombo e la si attribuiva a Saturno. La seconda di stagno, era destinata a Venere; la terza di bronzo, a Juppiter; la quarta, di ferro, a Mercurio; la quinta, di un metallo misto, a Marte; la sesta d’argento, alla Luna, e la settima, d’oro, al Sole. L’ottava porta era quella delle stelle fisse, soggiorno della luce increata e meta finale, alla quale dovevano tendere le anime » (Clavel, pag. 323). È ancora nella kabbala che bisogna cercare l’origine di questa Scala misteriosa a sette gradi. Nella sua dottrina, lo spirito umano esce dalla Saggezza. La Saggezza suprema, chiamata anche l’Eden celeste, è la sola origine dello spirito; l’anima viene dalla séphirah Beltà, e lo spirito animale dall’imo. L’anima prende con dolore il cammino della terra, e viene a discendere in mezzo a noi » (Zohar, Franck, p. 181). L’anima è rischiarata dalla luce dello spirito, da cui dipende interamente. Dopo la morte essa non ha riposo; le porte dell’Eden non gli saranno aperte fintanto che lo spirito non sia risalito verso la sua sorgente, verso l’antico degli antichi, per riempirsi di lui per l’eternità; perché … ogni spirito risale alla sua sorgente » (Ib. p. 175),. L’anima non lascia la terra finché la “regina” non sia venuta a raggiungersi ad essa per introdurla nel palazzo del “re” ove dimorerà eternamente» (Ibid. p. 178. Ora discendendo dalla “Saggezza”, lo spirito deve passare attraverso l’ “Intelligenza”, i tre sephiroth morali ed i tre sephiroth fisici; nel risalire, essa devi passare per i sette medesimi “sette sephiroth” per rientrare nell’Eden. Ecco l’origine della “scala misteriosa” che l’aspirante deve salire per arrivare al 31° grado, alla sephirah “Saggezza”. La kabbala giudaica spiega quasi tutti i misteri del paganesimo e della magia. Con essa i Giudei dominano su di noi. Alla tomba di Saint-Jacques (Molay) il candidato pronunzia ancora quattro maledizioni; ma prima di ciò gli si ordina di afferrare la corona e la tiara e di calpestarle coi piedi. – Si sottolinea con questo atto che la vendetta dell’ordine deve cadere non più su Filippo il Bello e Clemente V, morti da vari secoli, ma su “chi di diritto”, e cioè sui successori nell’ufficio pontificale e nella dignità reale. Cosa hanno calpestato i tuoi piedi? – Risp. “Delle corone reali e delle tiare papali” (p. 386). Dopo i voti augurali, l’aspirante è consacrato Kadosch, Iniziato perfetto, cavaliere dell’aquila bianca e nera, cosa che significa: “sacerdote del «buon principe ermafrodito”, “sacrificatore di lucifero” ». – Doman.: “perché noi siamo Kadosch?” – Risp.: “Per combattere ad oltranza ed incessantemente ogni ingiustizia, ogni oppressione, sia che vengano da Dio, dal re, o dal popolo”. – Dom.: “In virtù di quale diritto?” – Risp.: “Mischtar, del governo (dell’ordine)”. – Dom.: “Che cos’è un perfetto Kadosch?” – Risp. : “Colui che ha prestato un giuramento irrevocabile di sostenere, fianco a fianco, i princìpi dell’ordine, di difendere, fianco a fianco, la causa della Verità e dell’Umanità contro ogni autorità usurpata, o abusiva, o irregolare, sia essa politica o militare, o religiosa, e di punire senza pietà i traditori dell’ordine”. Il colmo dell’odio satanico contro Dio è ben espresso dal gesto simbolico dei Kadosch, nel corso del loro banchetto nel bere, al sesto brindisi, si immerge il pugnale nel bicchiere di vino rosso; nel mentre colano le gocce che figurano il sangue, si grida tutti insieme: “Deus sanctus, Nokem; “dio santo, vendetta!”. Dopo aver bevuto, si da un colpo di pugnale verso il cielo gridando: Nekam, Adonai; “Vendetta! Adonai!” vendetta contro te, il Dio dei cristiani, vendetta per tutto il male inflitto a lucifero! Al settimo brindisi si porta una bevanda infiammabile; si accende la fiamma e, alla sinistra luce delle fiamme bluastre dello spirito del vino, i sacerdoti di satana brandiscono il pugnale contro il cielo, cantano il loro cantico di Kadosch e finiscono ripetendo la loro invocazione a lucifero: “dio santo, vendetta!” e la loro sfida a Dio: vendetta Adonai!” – Si ripone il pugnale al suo posto, ed il gran maestro dice: Phagal-khol, egli ha annientato tutto; gli assistenti rispondono: “Pharas-khol”, egli ha schiacciato tutto. Ed il sinistro banchetto dell’aeropago è terminato.

I re della terra si sono sollevati, ed i principi si sono riuniti contro il Signore e contro il suo Cristo, dicendo: rompiamo i loro lacci e gettiamo lontano da noi il loro giogo! Colui che abita nei cieli si ride di essi, ed il Signore li schernisce dall’alto” (Ps. II).

Ricapitolando questo grado per trovarvi la Sephirah dell’Intelligenza, noi vediamo il candidato scrivere e firmare, nella camera nera, la domanda di ammissione alle più alte conoscenze, nonostante la sua persuasione di trovarsi in una sfera soprannaturale e diabolica. In questa supplica, noi troviamo un nuovo patto con il quale si impegna, in piena consapevolezza, ad andare avanti nel cammino scabroso. Noi lo seguiremo nel caveau del sepolcro, ove commette, con cognizione di causa, un omicidio simbolico sulle teste del Papa e del re. – Nella camera blu, la seconda, entra nel “tempio della Saggezza” e vi offre, in ginocchio, il suo sacrificio all’angelo della luce; ancora un atto di demonolatria! Nella camera blu si decreta che l’aspirante deve “seguire la sua sorte”. Quale sorte? Di dover commettere nel camerino nero un omicidio reale, se non materiale, almeno formale. Nella camera rossa infine, egli sale la scala misteriosa a sette gradini, il numero sette che torna sovente in questo grado, ed in tutte le occasioni in cui si tratta di spiriti maligni, ci ricorda le sette “daeva” dei zoroastriani dei quali abbiamo parlato più in alto. Gli iniziati alla magia, presso i persiani, salivano una scala misteriosa assolutamente simile ai sette doppi gradini. Il neofita è censito, nel salire, con i sette cori dei demoni, come, nella sua ammissione nel coro di lucifero, è stato incorporato ai silfi e ai cherubini. Ci sarebbe da scrivere un libro sui sette cori degli spiriti. Qui è sufficiente constatare il progresso fatto dal candidato nella assimilazione con l’angelo della luce. Egli ha ricevuto il dono dell’intelligenza; egli ha compreso l’interno della “corte” che gli si era aperta al 27° grado. – Ancora questa notazione importante: in questo grado, la doppia aquila, non porta ancora la “corona”, se bisogna credere alla rappresentazione che ne da Leon Taxil.

Il cavaliere kadosh, quindi, è un tale che con giuramento solenne ed irrevocabile, offre incenso a satana, glorifica con invocazioni lucifero, commette un omicidio rituale, formale o all’occasione materiale, sale la scala a sette gradini, secondo un rituale gnostico di magia pagana, calpesta la corona e la Tiara simbolo del Papato, giura odio contro Dio e la Religione cristiana, brinda con un pugnale verso il cielo gridando “Deus sanctus, nokem”, cioè: dio santo [lucifero] vendetta!” e “Adonai, nokem”: “Vendetta Adonai”! Il cardinale A. Lienart, nel 1924 viene consacrato “cavaliere kadosh”, 30° grado della Massoneria, “sacrificatore di lucifero”, “iniziato perfetto”, “cavaliere dell’aquila bianca e nera”, cosa che significa: “sacerdote del buon principe ermafrodito”! Un bel traguardo, non c’è che dire! Questa è la radice occulta del tradizionalismo pseudo-cattolico acefalo: “Adonai nokem”!

LE QUARANT’ORE

ISTRUZIONE SULLE QUARANT’ORE

[da:”Manuale di Filotea” del sac. Giuseppe Riva, Milano 1888]

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Lo scopo della devozione: delle Quarant’Ore è d’indennizzare Gesù Cristo di quella specie di abbandonamene in cui fu lasciato dagli uomini dal momento della sua morte sopra la croce fino a quello della risurrezione del sepolcro. – Una cosi bella istituzione ebbe l’origine seguente. Nel 1537 città di Milano, desolata ancor dalla peste, che dodici anni prima l’aveva spogliata di cento quaranta mila abitanti, abbattuta da civili discordie, tiranneggiata da guerre sanguinose, venne da un formidabile esercito minacciata di assedio e di saccheggio. Cessato il dominio del ducato di Milano in Francesco Sforza, secondo di questo nome, morto senza successione verso la fine di Ottobre del 1535, i Milanesi si misero sotto l’ubbidienza dell’imperator Carlo V, cedendogli spontaneamente lo Stato di Milano a lui dovuto per le antiche ragioni dell’impero, e per disposizione dello stesso duca Francesco. – Appena n’ebbe sentore Francesco I re di Francia, che determinò di rendersene egli padrone in forza delle ragioni che aveva sul ducato di Milano per l’eredità di Valentina, figlia di Giovan Galeazzo Visconti, e già moglie di Lodovico duca d’Orleans, dal cui secondogenito proveniva Carlo padre di Francesco. Raccolta quivi una poderosa armata, la quale guidata dal figlio Enrico il Delfino, era già scesa in Piemonte, egli stava per investire Milano con tanto più di violenze, in quanto che all’araldo, che era stato spedito dalla Corte francese per domandare le chiavi, il Senato di Milano aveva risposto colla più assoluta fermezza. – In questo stato di cose dovevasi cominciare in Duomo la quaresimale predicazione da un cappuccino celebratissimo per santità e per dottrina, il padre Giuseppe da Ferno, piccolo paese presso Gallarate nella Diocesi di Milano. Ma qual frutto poteva promettersi da una città tutta in disordine per la vicina invasione del nemico! Non si smarrì tuttavia l’uomo di Dio. Cominciò egli la sua predicazione, e il concorso degli uditori andò crescendo di giorno in giorno. Quando investito da lume particolare propose al popolo l’adorazione di Gesù Cristo sacramentato, esposto per quarant’ore continue sull’altare, come mezzo il più opportuno ad allontanar il flagello che stava per piombare sulla città, il popolo accolse con entusiasmo un progetto cosi santo, e lo realizzò subito col dar principio a questa esposizione nella Domenica delle Palme, due ore prima di sera, intervenendo alla Processione preparatoria, non solo l’Arcivescovo con tutto il Clero secolare e regolare, ma ancora i deputati della città, tutti vestiti di sacco. L’esposizione si fece quella volta nella cappella della Madonna che si dice dell’Albero. Si vedeva quindi la ss. Eucaristia circondata da cento e più lumi, collocata sopra un gran trono a cui si ascendeva per dodici gradini. La prima ora d’adorazione fu fatta dal Cardinale, dagli ecclesiastici e dai deputati, le successive dal popolo che, distribuito in diverse processioni vi veniva da tutte le parti con torce accese. Il concorso fu veramente straordinario, che più è da notarsi, tutti i concorrenti erano in abito di penitenza, con croce sulle spalle e strumenti di mortificazione alla mano. Il Padre Giuseppe, con una corona di spine in capo, una fune al collo, un crocifisso nelle mani, inginocchiato al lato destro del ss. Sacramento, faceva ogni ora dei brevissimi discorsi ai concorrenti che si scambiavano, lavorando sempre il suo dire sul testo di Giona : “Ancora quaranta giorni e Ninive sarà distrutta”. — Terminata questa funzione in Duomo, si rinnovò collo stesso metodo nelle altre chiese della città, in ognuna delle quali l’indefesso uomo di Dio si trovava sempre a declamare dal pergamo per la santificazione del popolo. Né fu vana la speranza dei Milanesi di ottenere con questo mezzo l’allontanamento dei loro nemici. Negli animi inaspriti dei due monarchi rivali sì risvegliarono sentimenti d’amicizia e di pace; si fece una tregua di sei mesi. Poi il Delfino che stava per piombar sopra Milano, rivalicó le Alpi e se ne ritornò in Francia, e lasciò pacifico il Milanese sotto il dominio dell’imperatore. Un beneficio così grande che ebbe l’aspetto di un miracolo, impegnò i Milanesi alla più viva riconoscenza verso Gesù sacramentato, e quindi resero perpetua l’esposizione della sant’Ostia, facendo delle Quarantore una pratica indispensabile per tutte quante le chiese. Da Milano poi si diffuse in tutti gli Stati cattolici, i quali ne sperimentarono sempre un gran vantaggio. Il Papa Clemente VIII con la Bolla Graves et diuturna, del 25 Nov. 1592 volle che in Roma fosse perpetua, passando coll’ordine da lui stabilito dall’una all’altra chiesa, incominciando nella I Domenica d’Avvento nella Cappella del Palazzo Apostolico, e accordò ai fedeli accorrenti alcune indulgenze che furono poscia confermate da Paolo V, il 10 Maggio 1606. Tali indulgenze sono : 1° la Plenaria a chi veramente pentito, confessato e comunicato visiterà devotamente per quello spazio di tempo che potrà il Santissimo esposto e vi pregherà secondo i soliti fini; 2° indulgenza di 10 anni e 10 quarantene per ogni altra visita fatta col fermo proposito di confessarsi. Tale Indulgenza fu confermata da Pio IX, 26 Nov. 1876. Clemente XI nella sua istruzione per le 40 Ore pubblicata il 21 Gennaio 1705 ne stabilì dettagliatamente le norme liturgiche obbligatorie per Roma e lodevolmente praticabili in tutto il mondo. Pio VII poi col rescritto 10 Maggio 1807, dichiarò privilegiati tutti gli altari di quelle chiese ove si fa la lodata Esposizione, ma solo nei giorni in cui essa ha luogo.

Documenti declassificati: gli Stati Uniti coinvolti nel “Golpe” del Conclave del 1958.

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In un post del 15 giugno 2015, un redattore del sito americano TCW, riferiva di aver visitato l’US National Archives e di aver così potuto ottenere più di 200 documenti e fascicoli declassificati riguardanti i rapporti intrattenuti dal Vaticano col governo degli Stati Uniti (ed altri Paesi). 

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L’immagine riportata si riferisce ad un esemplare di questi importanti documenti: esso (un telegramma) venne inviato dall’ambasciatore USA in Italia (James Zellerbach, di stanza a Roma) al Segretario di stato degli Stati Uniti John Foster Dulles presso il dipartimento di stato a Washington D.C. il 11/10/58, 15 giorni prima cioè dell’ “Assemblea” del 26 ottobre, cioè del Conclave del 1958. Ecco il testo in inglese: “During conversation with embassy officier, vatican source espresse personal view next pope will be “elected” outside conclave by agreement between cardinals. Source said Pius XII elected this manner and recalled that as cardinals were entering 1939 conclave card Pizzardo had called him aside and asked him to prepare biographical sketch of pacelli. Added he consulted with msgr. Montini and both decided for obvious ressons not to go ahead with pizzardo’s request. Speculating on Pius XII’s successor source said college may very well choose an old cardinal whose short pontificate may be devoted entirely to the re-organization of the roman curia left by deceased pope in “deploravle state”. Source indicated election of siri, ruffini, ottaviani would be “misfortune for church” since these three cardinals have an unrealistic approach to great problems facing world today. Source said election oh anyone of three could depend on influence oh American cardinals and volunteered suggestion u.s. authorities would do well exercise discretly “their own influence on certain cardinals”. [Durante la conversazione con l’ufficiale di ambasciata, la “fonte” del Vaticano ha espresso il punto di vista personale che il prossimo Papa sarà ” eletto ”  fuori dal conclave da un accordo tra cardinali. La “fonte” ha detto che Pio XII fu eletto in questo modo e ha ricordato che, come un cardinale entrava nel conclave del 1939 con la carta di Pizzardo, veniva chiamato in disparte e gli veniva chiesto di preparare il profilo biografico di Pacelli. L’addetto si è consultato con mons. Montini ed entrambi hanno deciso per ragioni evidenti di non procedere con la richiesta di Pizzardo. Speculando sul successore di Pio XII la “fonte” ha detto che il collegio può benissimo scegliere un vecchio cardinale il cui pontificato breve possa essere interamente dedicato alla riorganizzazione della Curia romana lasciata dal Papa defunto in uno “stato deplorevole”. La “Fonte” ha indicato come l’elezione di Siri, Ruffini, Ottaviani sarebbe “una disgrazia per la chiesa” dal momento che questi tre cardinali hanno un approccio non realistico dei grandi problemi che affliggono il mondo di oggi . La “Fonte” ha detto che l’elezione di uno di questi tre potrebbe dipendere dalla influenza dei cardinali americani e si offrono suggerimenti alle autorità degli Stati Uniti affinché esercitino discretamente “la propria influenza su alcuni cardinali”. (Tooday catholic world- 15-VI-2015).

L’ambasciatore Zellerbach, in sostanza passava le informazioni ottenute da una “fonte” Vaticana (probabilmente il traditore cardinale Tisserant) su un “evento” progettato per controllare l’esito dell’ imminente Conclave del 26 ottobre 1958. L’informatore della 5a colonna indica all’Intelligence degli Stati Uniti che lui e gli altri nella sua organizzazione Cabalistica non vogliono che cardinali come “Siri” siano eletti al Papato per la loro “visione non realistica” dei gravi problemi del mondo. C’è evidenza che il messaggio trasmesso da Zellerbach con urgenza alla leadership di Washington D.C. (di nota matrice massonica), servisse a mettere pressione (con un probabile ricatto), riguardo al papato, ai Cardinali americani, affinché contrastassero il blocco di “Siri” (o di altri papabili anti-massonici come Ottaviani, Ruffini …). Questo e simili documenti squarciano un velo sulla situazione balorda (volutamente fatta credere tale) degli uomini della chiesa “televisiva” e mediatica di oggi, lasciando quindi totalmente assolta la Chiesa cattolica “vera”, che rimane sempre la “Sposa senza macchia e senza rughe” di Cristo, dalle pretese deviazioni dogmatiche e dai fallibilismi ventilati dagli eretici scismatici gallicani e sedevacantisti di ogni risma, che in realtà sostengono occultamente l’azione dell’anticristo e dei suoi vicari!

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PREZIOSISSIMO SANGUE DI NOSTRO SIGNOR GESÙ CRISTO

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DI NOSTRO SIGNOR GESÙ’ CRISTO

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Scopo della festa.

[Dom Guéranger: “L’anno liturgico, vol II]

La Chiesa ha già rivelato ai figli della nuova Alleanza il valore del Sangue dal quale furono riscattati, la sua virtù nutritiva e gli onori dell’adorazione che esso merita. Il Venerdì Santo, la terra e i cieli videro tutti i peccati immersi nel fiume della salvezza le cui eterne dighe si erano infine rotte, sotto la pressione associata della violenza degli uomini e dell’amore del Cuore divino. La festa del Santissimo Sacramento ci ha visti prostrati davanti agli altari in cui si perpetua l’immolazione del Calvario e l’effusione del Sangue prezioso divenuto la bevanda degli umili e l’oggetto degli omaggi dei potenti di questo mondo. Oggi tuttavia la Chiesa invita nuovamente i cristiani a celebrare i flutti che si effondono dalla sacra sorgente: che altro significa ciò, se non che, le solennità precedenti non ne hanno certamente esaurito il mistero? La pace ottenuta da quel Sangue; lo scorrere delle sue onde che riportano dagli abissi i figli di Adamo purificati; la sacra mensa imbandita per essi, e quel calice di cui esso costituisce l’inebriante liquore: tutti questi preparativi sarebbero senza scopo, tutte queste meraviglie resterebbero incomprese se l’uomo non vi scorgesse le proposte d’un amore le cui esigenze non vogliono essere sorpassate dalle esigenze di nessun altro amore. Il Sangue di Gesù deve essere per noi in quest’ora il Sangue del Testamento, il pegno dell’alleanza che Dio ci propone (Es. XXIV, 8; Ebr. IX, 20), la dote costituita dall’eterna Sapienza che invita gli uomini a quella divina unione di cui lo Spirito di santità procura senza fine il compimento nelle nostre anime.

Virtù del Sangue di Gesù.

« Avendo dunque, o fratelli – ci dice l’Apostolo – in virtù del sangue di Cristo, la fiducia di entrar nel Santo dei Santi, per la via nuova e vivente che egli inaugura per noi attraverso il velo, cioè attraverso la sua carne, accostiamoci con cuore sincero, colla pienezza della fede, purificato il cuore dalla cattiva coscienza, col corpo lavato dall’acqua pura. Conserviamo senza vacillare la professione della nostra speranza (essendo fedele chi ha promesso) e vigiliamoci a vicenda, per stimolarci alla carità e alle opere buone (Ebr. X, 19-24). E il Dio della pace, il quale ha ritolto alla morte nostro Signor Gesù Cristo, vi renda capaci d’ogni bene, in modo che voi facciate la sua volontà, mentre egli opera in voi ciò che gli è grato per Gesù Cristo, a cui sia gloria nei secoli dei secoli» (ibid. XIII, 20-21).

Storia della festa.

Non dobbiamo omettere di ricordare qui che questa festa è il memoriale di una fra le più splendide vittorie della Chiesa. Pio IX era stato scacciato da Roma, nel 1848, dalla Rivoluzione trionfante; in quegli stessi giorni, l’anno seguente, egli vedeva ristabilito il suo potere. Il 28, 29 e 30 giugno, sotto l’egida degli Apostoli, la figlia primogenita della Chiesa, fedele al suo glorioso passato, cacciava i nemici dalle mura della Città eterna; il 2 luglio, festa di Maria, terminava la conquista. Subito un duplice decreto notificava alla città e al mondo la gratitudine del Pontefice e il modo in cui egli intendeva perpetuare mediante la sacra Liturgia il ricordo di quegli eventi. – Il 10 agosto, da Gaeta, luogo del suo rifugio durante la burrasca, Pio IX, prima di tornare a riprendere il governo dei suoi Stati, si rivolgeva al Capo invisibile della Chiesa e Gliela affidava con l’istituzione dell’odierna festa, ricordandogli che, per quella Chiesa egli aveva versato tutto il suo Sangue. Poco dopo, rientrato nella capitale, si rivolgeva a Maria, come avevano fatto in altre circostanze san Pio V e Pio VII; il Vicario dell’Uomo-Dio attribuiva a Colei che è l’Aiuto dei cristiani l’onore della vittoria riportata nel giorno della sua gloriosa Visitazione, e stabiliva che la festa del 2 luglio fosse elevata dal rito doppio maggiore a quello di seconda classe per tutte le Chiese: preludio alla definizione del dogma dell’Immacolata Concezione, che l’immortale Pontefice fin d’allora aveva in mente, e che doveva schiacciare ancor più il capo del serpente. – Poi, nel corso del Giubileo indetto nel 1933 per commemorare il XIX centenario della Redenzione, Papa Pio XI, onde imprimere maggiormente nell’animo dei fedeli il ricordo e la venerazione del Sangue del Divino Agnello e per invocarne sulle anime nostre frutti più abbondanti, elevò la festa del Preziosissimo Sangue al doppio di prima classe.

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Sermone di san Giovanni Crisostomo Omelia ai Neofiti

Volete conoscere la virtù del sangue di Cristo? Risaliamo a ciò che l’ha figurato, e ricordiamo il suo primo simbolo, e narriamo il passo dell’antica Scrittura. Nell’Egitto, Dio minacciava gli Egiziani d’una decima piaga, di far perire a mezzanotte i loro primogeniti, perché trattenevano il suo popolo primogenito. Ma, affinché l’amato popolo Giudaico non perisse insieme con quelli, abitando tutti uno stesso paese, egli trovò un mezzo di riconoscimento. Esempio meraviglioso fatto apposta per farti conoscere la virtù del sangue di Cristo. Gli effetti della collera divina erano attesi e il messaggero di morte andava di casa in casa. Che fa allora Mosè? Uccidete, dice, un agnello d’un anno, e col suo sangue tingete le porte. Che dici, Mosè? Il sangue di un agnello può dunque preservare l’uomo ragionevole? Certo, egli risponde; non perché è sangue, ma perché esso è figura del sangue del Signore. – Poiché come le statue dei re, pur inerti e mute, proteggono d’ordinario gli uomini dotati d’anima e di ragione i quali si rifugiano presso di esse, non perché sono di bronzo ma perché sono l’immagine del principe; così quel sangue, privo di ragione, liberò gli uomini aventi un’anima, non perché era sangue, ma perché annunziava la venuta di questo sangue. E allora l’Angelo devastatore vedendo gli stipiti e le porte tinte, passò oltre e non osò entrare. Se dunque ora il nemico invece delle porte tinte d’un sangue figurativo, vedrà le labbra dei fedeli, porte dei templi di Cristo, arrossate del suo vero sangue, molto più esso se ne allontanerà. Perché se l’Angelo si ritirò davanti alla figura, quanto più sarà atterrito il nemico nel vedere la stessa realtà? Vuoi conoscere ancora un’altra virtù di questo sangue? Sì. Guarda donde prima s’è sparso e da qual fonte è uscito. Esso è uscito prima dalla croce medesima; il costato del Signore ne fu la sorgente. Difatti morto Gesù, è detto, e ancora sospeso alla croce, si avvicina un soldato, ne percuote il lato colla lancia e ne esce acqua e sangue; l’una simbolo del battesimo, l’altro del sacramento. E perciò non disse: Uscì sangue e acqua; ma uscì prima l’acqua e poi il sangue, perché prima siamo lavati nel battesimo, e poi consacrati dai santi misteri. – Un soldato aprì il costato, e fece un’apertura nella parete del tempio santo; ed io v’ho trovato un tesoro prezioso, e mi rallegro di scoprirvi delle grandi ricchezze. Così è avvenuto pure di quest’agnello: i Giudei uccisero l’Agnello, ed io vi ho riconosciuto il frutto del sacramento. Dal costato uscì sangue ed acqua. Non voglio, uditore, farti passare sì rapidamente sui secreti di tanto mistero; mi resta ancora a dire una cosa mistica e profonda. Dissi quest’acqua e questo sangue esser simbolo del Battesimo e dei sacri misteri. Infatti per essi fu fondata la Chiesa mediante la rigenerazione del bagno e la rinnovazione dello Spirito Santo. Per il Battesimo, dico, e i sacri misteri, che sembrano usciti dal costato. Dal suo costato dunque Cristo ha edificato la Chiesa, come dal costato di Adamo fu tratta Eva, sua sposa. Ond’è che (San) Paolo attesta dicendo: «Noi siamo membra del suo corpo e delle sue ossa» (Eph. 5,30), alludendo a questo costato. Invero, come Dio fece uscire la donna dal costato d’Adamo, così Cristo ci ha dato dal suo costato l’acqua e il sangue, destinati alla Chiesa come elementi riparatori.

Omelia di sant’Agostino Vescovo Trattato 120 su Giovanni

L’Evangelista ha usato una parola studiata, perché non ha detto: Gli percosse il costato, o ferì, o altro di simile, ma: “Aprì”; per mostrarci che la porta della vita ci si apre in certo qual modo là donde sono sgorgati i sacramenti della Chiesa, senza i quali non si ha accesso alla vita, ch’è la sola vera vita. Quel sangue che fu versato, fu versato per la remissione dei peccati. Quell’acqua ci tempera la bevanda della; salvezza; ed essa è insieme bagno, purificatore e bevanda. Questo significava l’ordine dato a Noè di aprire una porta nel fianco dell’arca per farvi entrare gli animali che non dovevano perire nel diluvio e che rappresentavano la Chiesa. Perciò la prima donna fu tratta dal costato dell’uomo addormentato e fu chiamata la vita e la madre dei viventi. Perché simboleggiava un gran bene, prima che commettesse il gran male della prevaricazione. Questo secondo Adamo, chinato il capo, si addormentò sulla croce, affinché ne fosse formata la sua sposa che uscì dal costato di lui addormentato. O morte, per cui i morti rianno la vita! Che più puro di questo sangue? Che più salutare di questa ferita? – Gli uomini erano schiavi del diavolo, e servivano ai demoni; ma sono stati riscattati dalla schiavitù. Essi infatti poterono bensì vendersi, ma non poterono riscattarsi. Venne il Redentore, e sborsò il prezzo; sparse il suo sangue, e ricomprò il mondo. Chiedete che cosa ha comprato? Guardate quel che ha dato e vedrete quel che ha comprato. Il sangue di Cristo n’è il prezzo. Che vale esso mai? che cosa, se non tutto il mondo? che cosa, se non tutte le genti? Sono molto ingrati al suo prezzo, o sono molto superbi coloro che dicono ch’esso vale sì poco d’aver comprato soltanto gli Africani, o ch’essi sono tanto grandi che fu sborsato soltanto per essi. Non si millantino dunque, non s’insuperbiscano. Quello che ha dato, lo ha dato per tutti. – Egli ebbe il sangue, onde riscattarci; e perciò prese il sangue, perché servisse ad essere versato per la nostra redenzione. Il sangue del tuo Signore, se lo vuoi, è stato dato per te: ma se non vuoi, non è stato dato per te. Ma forse dirai: Ebbe il mio Dio il sangue onde redimermi, ma ormai lo diede tutto, quando soffrì: che gliene rimane ancora da darlo anche per me? E questa è la gran cosa, che lo diede una volta, e lo diede per tutti. Il sangue di Cristo per chi vuole è salvezza, per chi non vuole è condanna. Perché dunque tu, che non vuoi morire, dubiti d’essere liberato piuttosto dalla seconda morte? Dalla quale sarai liberato, se vuoi prendere la tua croce, e seguire il Signore; perché Egli prese la sua, e andò in cerca dello schiavo.

Invito a questa Devozione.

[G. Riva: Manuale di Filotea – Milano 1888]

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Basta esser cristiano per professare una speciale devozione al Sangue divino di Gesù Cristo. Desso infatti è nientemeno che il prezzo con cui tutti gli uomini furono riscattati dalla schiavitù dell’inferno, quel mosto misterioso colla cui aspersione l’anima nostra si purificò d’ogni macchia e divenne oggetto di compiacenza agli occhi di Dio, quella mediazione che è sempre efficace ad ottenere misericordia, più che non fosse il sangue di Abele a domandare vendetta; quella fonte sempre patente da cui ognuno può trarre con gaudio acque di misericordia e di grazia. Di qui è che il Crisostomo la chiama “Salvezza delle anime”, S. Tommaso “Chiave dei tesori celesti”, Sant’Ambrogio “Oro prezioso d’infinito valore”, S. Bernardo “Tromba che altamente risuona misericordia e clemenza, e S. Maria Maddalena de’ Pazzi “Pegno e Caparra di vita eterna”. Egli è perciò che Eugenio IV, Paolo II1, Paolo IV, Gregorio XIII accordarono numerosi privilegi alla confraternita del Prezioso Sangue eretta nella Chiesa di “Santa Maria in Vado”, in Roma. Questa pia Unione venne poi confermata in perpetuo nel 1285 da Sisto V. Venuta però in qualche decadenza una sì pia istituzione, si adoperò per rilevarla il canonico Gaspare de Bufalo, di cui vassi ora inoltrando in Roma il processo di Canonizzazione [fu poi effettivamente canonizzato nel 1954 da SS. Pio XII -ndr.- ]. Né furono vani i suoi sforzi, perocché in poco d’ora vide divenute famigliarissime in Roma e in molti altri paesi le sante pratiche da lui suggerite, specialmente quella delle Sette Offerte costituenti la Corona del preziosissimo , non che quella di un mese intero, e specialmente quello di giugno, parzialmente destinato a questo culto. [oggi luglio]. A questo dilatamento, che va sempre crescendo, contribuì l’istituto dei Missionari detti del preziosissimo Sangue fondati dallo stesso Canonico, non ché Monsignor Strambio, Vescovo di Macerata che ne fu sempre devotissimo. Nelle vicinanze di Roma, nei villaggi cioè di Genzano, di Laricia, di Nemi niente è più comune che il trovar scritto sopra le porte “Viva il Sangue dì Gesù Cristo”. Ciò ricorda l’efficacia della predicazione di Gaspare del Buffalo che riusciva a radicar dappertutto il culto ch’ei professava pel primo, e quindi mettere tutte le case sotto la protezione del Sangue di Gesù-Cristo, come le case degli Ebrei in Egitto erano sotto il patrocinio del Sangue dell’Agnello che bastava, da sè solo, a perseverarle dalla spada dell’Angelo sterminatore.- Professate dunque ancor voi una divozione particolare al Sangue SS. di Gesù Cristo, e una felice esperienza vi obbligherà a confessare col Grisostomo, che questo Sangue adorabile è un fiume misterioso che irriga tutta la terra, e la feconda e la adorna d’ogni più bella specie di alberi ciascheduno dei quali produce a suo tempo i frutti più belli e saporosi.

Sulle Reliquie del Preziosissimo SANGUE

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Fu dunqe già sentimento di molti critici, che il Sangue Preziosissimo di Gesù Cristo che molte chiese si glorificano di possedere non fosse altro che sangue miracoloso sgorgato da qualche Crocifisso maltrattato dagli Ebrei, fra i quali è famoso quel di Perito, oppure da qualche Sacra Ostia egualmente maltrattata. Ma il rispetto che si deve alle venerabili e pie tradizioni riconosciute legittime dai Papi stessi che ne fecero l’esame il più accurato e le autenticarono con il’appoggio dei loro più solenni Decreti, non lascia più luogo a dubitare che questo Sangue di cui si parla, anziché sangue miracoloso dei Crocifissi e delle Ostie, sia proprio sangue naturale di Gesù Cristo, cioè parte di quel Sangue che sgorgò dalle sue vene nei giorni tormentosi di sua passione . Né vale l’opporre in proposito che Gesù Cristo, nella sua Risurrezione, riprendendo tutto quello che aveva perduto, doveva ancor prendere tutto il sangue che in qualsivoglia modo aveva versato; perocché i più dotti teologi fanno notare che, a restituire nel pristino stato la sua divina Umanità, non era necessario che Gesù Cristo riprendesse fino all’ultima goccia tutto quel sangue che era uscito dal divino suo corpo, ma bastava che egli riprendesse tutto quello che era necessario a costituire perfetta la propria umanità, non ostando per niente alla sua integrità il lasciare in terra qualche piccola parte a fomento speciale di devozione ne’ suoi fedeli adoratori, onde alla vista di queste moltiplicate testimonianze della sua carità verso di noi, venissero essi a sempre più accendersi di amore verso di Lui. Tale infatti è infatti la dottrina insegnataci dal Sommo Pontefice Pio II nel famoso suo Breve del 1 Agosto 1461, ordinato ad approvare quel culto che dalla più remota antichità, fu costantemente prestato al Preziosissimo Sangue venerato in Mantova, e sempre ritenuto per sangue vero e naturale del nostro Signore Gesù-Cristo. – A provare la ragionevolezza di questa credenza non occorre che di esaminare la storia di questo sacro deposito, sempre veneratissimo fra i Mantovani. Noi la rifereremo coll’ordine, e quasi ancora colle parole del celebre Fra Ippolito Donesmondi, accreditatissimo scrittore delle Memorie Ecclesiastiche di tale illustre città.

 

DEL SANGUE PREZIOSISSIMO DI GESÙ

venerato in Mantova.

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Longino, soldato romano della provincia di Isauria, presente alla morte di Cristo, Lo ferì con una lancia nel costato, e da questa ferita ne scaturì Sangue ed Acqua. Convertito da questo miracolo, raccolse con una spugna quanto più poté di quell’umore divino, e lo portò a Mantova l’anno di Cristo 36, ove si recò per predicarvi, come primo apostolo, il Vangelo. Ivi perseguitato dal prefetto Ottavio, per cui ordine fu poi decollato il 2 Dicembre dell’anno susseguente, che era il ventesimo primo del regno di Tiberio, pensò a mettere in sicuro la gran Reliquia che aveva seco portato, nascondendola sotto quel luogo ove adesso si ammira la chiesa oltremodo magnifica di S. Andrea. – Al tempo di Carlo Magno nell’804, per celeste rivelazione, venne a scoprirsi il preziosissimo deposito lasciatovi da Longino. Il fatto fu cosi strepitoso che il Papa Leone III si recò personalmente sul posto, ed accertatosi della verità, ne portò in dono una particella all’ Imperatore. – Nel 925, per paura degli Ungari che devastavano l’Italia, i Mantovani sotterrarono il detto preziosissimo Sangue, parte in S.Andrea, e parte in s. Paolo, che era allora la chiesa cattedrale. Nel 1053 Enrico III Imperatore, venuto apposta a Mantova, adorò questo preziosissimo Sangue e presone un poco, che portò in Boemia, fece murar sotterra il rimanente temendosi ancora l’invasione dei barbari che di continuo infestavano l’Italia. – Nel 1084, per rivelazione fatta dall’Apostolo s. Andrea al Beato Adalberto, fu nuovamente trovato il divino deposito: e pei grandi miracoli che ne seguirono, venne a Mantova il Papa Leone IX, e approvata la pubblica credenza, nonché il culto supremo che si prestava a quell’insigne Reliquia, ne portò una particella in Roma, ove si mostra tuttora. – Nel 1298 Bardellone Bonacorsi, reggendo Mantova, fece aprire il luogo ov’era nascosto detto Santissimo Sangue, e lo fece portare processionalmente per tutta la città con grande festa, poi lo rinserrò come prima. – Nel 1356 Carlo IV Imperatore, venuto a Mantova, fece rompere segretamente lo stesso luogo, ove era il detto SS. Sangue, lo adoro con gran devozione facendo poi acconciar tutto come prima; e 14 anni dopo concesse amplissimi privilegi alla chiesa di S. Andrea. – Nel 1402 Francesco Gonzaga vicario, quarto re di Mantova, fece rompere segretamente il detto luogo, è presa una particella di esso SS. Sangue, lo portò a Pavia in dono a Giovan Maria Visconti, secondo duca di Milano per riconciliarlo seco lui. – Nel 1459 venne a Mantova Pio II, e vi celebrò un Concilio, al fine del quale si disputò in sua presenza sulla verità di questo Sangue, e si conchiuse che era del vero real Sangue laterale di Gesù-Cristo, poi con suo breve : “Illius qui se pro dominici salvatione gregis”, etc. del 1 Agosto 1461 dichiarò non essere in nessun modo contrario alla cristiana Religione il ritenere che Gesù-Cristo abbia lasciata in terra qualche piccola particella de suo Sangue per maggiormente accrescerne la devozione dei fedeli, e ordinò che in ogni anno fosse quel Sangue mostrato al popolo come si fa. – Nel 1479 fu trovata in S. Paolo quella particella di questo Sangue che 556 anni prima vi era stata riposta e occorsero in quest’occasione grandi miracoli, onde poi fu sempre conservata in S. Pietro, che è l’attuale Cattedrale costruita in luogo dell’antica chiesa di s. Paolo. – Nel 1321, facendo professione nel monastero di S. Paola la beata suor Paola Gonzaga figliuola del Marchese Francesco e sorella del Duca Federico, il duca medesimo, per consolare la sorella che non aveva mai visto codesto Sangue, lo fece portare con bellissima processione da S. Andrea a Santa Paola, ove fu da tutte quelle Religiose adorato, e fu da tutta la città per tutto quel giorno riverito con universal commozione.

ALTRE RELIQUIE DEL SANGUE PREZIOSISSIMO DI G. G.

Nella chiesa di S. Basilio in Bruges, città della Fiandre si ritiene esservi del Sangue vero e reale di Cristo, raccolto da Giuseppe d’Arimatea e portatovi da Teodorico Alsazio conte di Fiandra nel suo ritorno da Terra Santa l’anno 1143. – Niceforo, scrittor greco, attesta che la Beata Vergine, stando sotto la croce, raccolse in un vaso qualche poco di Sangue versato dal suo divinissimo Figlio, e conservollo presso di sé. In Marsiglia se ne adora una porzione mescolata colla terra che ne fu inzuppata. Essa è chiusa in un vasetto portatovi da Santa Maria Maddalena. Questo sangue, dice il Plerio, nel Venerdì Santo si vede sensibilmente bollire con meraviglia di tutti.

 

 

 

 

GIACULATORIA

Per cui il Settembre 1817 Pio VII concesse l’Indulgenza di 100 giorni per ogni volta che si reciti con cuor contrito.

“Eterno Padre, io vi offro il Sangue preziosissimo di Gesù Cristo in isconto de’ miei peccati per i bisogni di santa Chiesa”.

 

Giaculatoria  

Salve, o Sangue di grazia e salute;

Su quest’alma contrita discendi;

Tu la tergi, t u bella la rendi;

Tu la torna al suo primo candor.

Salve, o Vittima augusta adorata,

D’un Dio’ grande infinito sol degna;

E Viva, viva l’Eterno che regna

Sovra un trono di gloria e d’amor.

 

Il grande prestigiatore: Buan 1365/75

Il grande prestigiatore: Buan 1365/75

Bugnini

Il burattino di G.B. Montini, Annibale Bugnini, Buan 1365/75 [nome in codice della loggia] è stato senza dubbio il più grande prestigiatore di tutti i tempi. Egli ha infatti trasformato, ingannando senza che nessuno se ne accorgesse [tranne sparuti ben informati cani muti] e sotto gli occhi di tutti, la Santa Messa cattolica in un rito rosacrociano. E come ha fatto, con quale trucco? Il trucco sta essenzialmente nell’Offertorio che precede la consacrazione. Esaminiamo la differenza tra la preghiera di sempre, 1) – il “Suscipe Sancta Trinitas” , e 2) – il “Benedetto sei tu…” del rito taroccato:

.1)- “Suscipe, Sancta Trinitas, hanc oblationem, quam tibi offerimus ob memoriam passionis,resurrectionis, et ascensionis Iesu Christi, Domini nostri, et in honorem beatae Mariae semper Virginis, et beati Ioannis Baptistas, et sanctorum apostolorum Petri et Pauli, et istorum, et omnium sanctorum: ut illis proficiat ad honorem, nobis autem ad salutem: et illi pro nobis intercédere dignéntur in casus, quorum memoriam agimus in terris. Per eundem Christum Dominum nostrum. Amen”. [Accetta, Trinità santa, questa oblazione che Ti offriamo in memoria della passione, della resurrezione e dell’ascensione del Signore nostro Gesù Cristo e in onore della beata Maria sempre Vergine, di San Giovanni Battista, dei santi apostoli Pietro e Paolo, dei Santi, le cui reliquie sono racchiuse in questo altare e di tutti i Santi; essa sia per loro sorgente d’onore e per noi causa di salvezza. Dal cielo si degnino di intercedere per noi essi la cui memoria noi celebriamo in terra. Per lo stesso Cristo nostro Signore. Così sia].

.2) – “Benedetto sei tu, Signore, Dio dell’universo: dalla tua bontà abbiamo ricevuto questo pane, frutto della terra e del lavoro dell’uomo; lo presentiamo a te, perché diventi per noi cibo di vita eterna. Benedetto nei secoli il Signore. Benedetto sei tu, Signore, Dio dell’universo: dalla tua bontà abbiamo ricevuto questo vino, frutto della terra, e del lavoro dell’uomo; lo presentiamo a te, perché diventi per noi bevanda di salvezza. Benedetto nei secoli il Signore”.

 Nessuno si accorge di nulla, si estrae l’asso occulto ed occultato nella manica e … voilà, signori, il gioco è fatto! Ecco che l’offerta della Vittima pura ed immacolata, gradita infinitamente dal Padre, viene sostituita dai banalissimi “frutti della terra e del lavoro dell’uomo” esattamente quelli che Dio aborrisce; in Genesi IV, 3 leggiamo: … “Caino offrì frutti del suolo in sacrificio al Signore” …, frutti che il Signore non gradiva affatto! Ma questi frutti del lavoro dell’uomo, così sgraditi a Dio, che preferiva, guarda un po’ che gusti strani, l’ostia immacolata, l’agnello senza macchia che Gli offriva Abele destando l’invidia omicida di Caino, vengono portati nientemeno che al “signore dell’universo”, signore con la “s” minuscola e ne spiegherò il perché. Infatti ci siamo chiesti: perché la Santissima Trinità, espressione cattolica perfetta e totale, sia stata sostituita dal dio dell’universo … che forse indicano la medesima entità? “Benedetto sei tu, dio dell’universo” è una espressione della cabala giudaica. Non si dice infatti: “Benedetto sei tu Dio, Creatore dell’universo” …  figuriamoci poi il riferimento esplicito alla SS. TRINITA’, bensì: “Benedetto sei tu, dio dell’universo”, cioè dio Immanente all’universo, anima della materia. Questo è tipicamente cabalistico, morbo che ha infettato tutta la nuova delirante anti-teologia modernista! Pensavamo in verità, fino a poco fa, che queste considerazioni fossero esagerate, allucinazioni di inguaribili complottisti, che non si potesse in fondo mai arrivare a tanto, finché siamo stati colti dallo sgomento nel leggere in un testo del 1895 di Domenico Margiotta, noto esponente apicale della massoneria dell’ottocento, del palladismo, un provetto adoratore del baphomet-lucifero, quanto qui riportiamo con orrore: “Che cosa è dunque il Signore dei Cieli, se non è il Dio dei pigri, degli oziosi e dei vagabondi che immaginano lo spirito e si satollano di materia, che vivono di idee e consumano la realtà? Non c’è spirito senza materia e sono identificati l’uno all’altro, se no, il Signore dei Cieli è il Dio del Nulla; mentre Satana è invece, il dio dell’Universo! Il dio dell’Universo, poiché comprende in un solo essere spirito e materia, l’una non potendo sussistere senza l’altro. Quello solo deve essere per noi il dio che le governa tutt’e due, e quello è Satana”(Domenico Margiotta: Le palladisme: Culte de Satan-Lucifer dans les triangles maçonniques, Grenoble 1895, p. 44). Complimenti all’abile prestigiatore: il Sacrificio di Cristo offerto alla Santissima TRINITA’ per la Redenzione dell’umanità, si trasforma in un DEICIDIO offerto a lucifero, signore dell’universo. La Messa cattolica diventa il rito dei cavalieri rosa+croce, ove appunto l’agnello immacolato, decollato, con gli arti tagliati e gettati nel fuoco, viene offerto al baphomet-lucifero per la redenzione gnostico-satanica, il tutto sotto gli occhi di ignari, incoscienti e nolenti satanisti. Giustamente i poveri Cardinali Bacci ed Ottaviani, che nel loro “Breve Esame critico” avevano mosso dei rilievi fondati solo sugli aspetti teologici del “novus ordo”, erano stati tacciati di superficialità e scarso approfondimento. Stavolta Buan 1365/75 aveva ragione, perché nessuno aveva nemmeno lontanamente pensato all’aspetto satanico ed esoterico del nuovo rito!

Complimenti a Buan 1365/75, che senza farsene accorgere, coprendo bene il trucco, è riuscito in ciò che né Ario, né Lutero, né Calvino, né Socino, né Kranmer ed altri eresiarchi, nonostante si fossero profusi in sforzi erculei, erano riusciti mai a farlo: “… distruggere il Sacrificio di Cristo sostituendolo con l’incruento deicidio offerto a lucifero” … Chapeau maestro! E poi al trisagio ancora “santo, etc. … è il signore dio dell’universo”, si inneggia al prometeo-lucifero! Non c’è che dire, un sublime artista del prestigio! Santo, santo subito, come l’altro … santo subito nella sinagoga di satana!

(D. Qual è stata la conseguenza dell’abolizione della Messa?

R. Abolendo la Messa, essi hanno rubato a Dio Padre l’infinito onore che Gesù Cristo gli rende in essa, e a se stessi tutte le benedizioni che Gesù Cristo conferisce a coloro che assistono a questo santo Sacrificio con fede e devozione. « … così il peccato di quei giovani (i figli di Eli) era molto grande davanti al Signore perché avevano allontanato gli uomini dal sacrificio del Signore.” (1 Re II. 17).

D. Credi che Dio Padre ammetterà in cielo questi rapinatori del Suo infinito onore?

R. No certamente; perché se sono dannati coloro che rubano i beni temporali del loro prossimo, quanto più saranno dannati quelli che privano Dio del suo infinito onore e i loro simili delle infinite benedizioni spirituali della Messa).

[Michael Muller C.SS.R.: “Familiar Explanation of Christian doctrine …” pp. 102-103; Kreuzer Broth. Baltimore, M.D. Catholic Publication Society, New York, 1875]

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“L’Anticristo cercherà di abolire ed abolirà realmente il Santo Sacrificio dell’Altare, in castigo dei peccati degli uomini”. [S. Alfonso M. de’ Liguori].

et revelatus fuerit homo peccati filius perditionis, qui adversatur, et extollitur supra omne, quod dicitur Deus, aut quod colitur, ita ut in templo Dei sedeat ostendens se tamquam sit Deus. (II Tess. II, 3-4].

Dopo qualche anno, il Dr. F. Adessa, si è ricordato di alcune lettere che Don Luigi Villa gli aveva affidato e la ha recentemente pubblicate nella rivista Chiesa Viva (*) (Lugl.-Ago- 2019),

Lettera del 14 luglio 1964

Caro Buan,

ti comunichiamo l’incarico,

che il Consiglio dei Fratelli ha stabilito per te d’accordo col Gran Maestro e i principi Assistenti al Soglio,

e ti obblighiamo:

  1. a far tuo il programma di Rocca, ex prete: “Si dovrà arrivare ad una nuova religione: dogma nuovo, rito nuovo, sacerdozio nuovo mediante la naturalizzazione dell’Incarnazione”.
  2. ad una inversione dell’autorità: “Le autorità della chiesa devono rimanere, ma limitarsi ad approvare le decisioni della base”.
  3. a diffondere la scristianizzazione mediante la confusione dei riti e delle lingue e mettere preti, vescovi e cardinali l’un contro l’altro: la babele linguistica e ritualistica sarà la nostra vittoria, come l’unità linguistica e di rito è stata la forza della chiesa”.
  4. a sceglierti gli elementi più adatti e segreti tra il clero e a segnalarceli subito perché vengano avvicinati e contrattati. Il tutto deve avvenire entro un decennio. Il tuo stipendio fisso di Lire 500.000 mensili potrà essere aumentato e raddoppiato secondo i successi.

A voce i particolari del tutto. Ti abbracciano i Fratelli del Consiglio uniti al Gran Maestro.

Al fratello Buan

(a mano).

Lettera del 21 luglio 1964

Gran Maestro Incomparabile

Consiglieri cari,

la Vostra del 14 c.m. mi obbliga anzitutto a ringraziarVi per la fiducia che riponete in me in tutta la realizzazione del programma del Fratello Rocca. In particolare:

  1. ho già scelto i collaboratori che vi presenterò personalmente e che Voi ingaggerete secondo i compiti specifici: sono esperti nelle varie materie e docenti nei vari Atenei Pontifici Romani.
  2. il mio compito sarà molto facile e raggiungibile in quanto che ho miei intimi il Cardinal LERCARO e lo stesso Paolo VI che mi dona la massima fiducia in tutto, per cui non sospetterà mai le mie relazioni con Voi. Farò il possibile perché il sacerdote (… illeggibile) diventi Cerimoniere Pontificio: allora tutto sarà più agevolato.
  3. la dissacralizzazione dovrà avvenire per gradi: perciò Vi prego di essere comprensivi nei miei riguardi. Occorre immettere elementi protestanti e ortodossi nella liturgia cattolica con la scusa dell’ecumenismo: poi la strada è aperta a tutto. Tutto questo richiede tempo, ma in dieci anni ci riusciremo. Mentre ripeto il mio fraterno ringraziamento, Vi assicuro di essere già al lavoro alacremente e presto verrò a trovarVi.

Vi abbraccia il Vostro Fratello (firmato: “Buan”)

AL GRAN MAESTRO

di Palazzo Giustiniani

(a mano)

Lettera del 6 aprile 1967

Gran Maestro, Consiglieri cari,

come avevo promesso, ormai è stata aperta la via alla dissacralizzazione con la pubblicazione ufficiale dell’Istruzione della Musica sacra del 5 marzo u.s. Come avrete potuto constatare, è un documento volutamente molto ambiguo e subdolo. Mentre infatti si ribadiscono certi principi tradizionali, quasi di passaggio e per non dare molto all’occhio, mi sono battuto perché fossero messi in rilievo alcuni punti:

  1. la parte preminente del popolo;
  2. la lingua volgare, prima della lingua ufficiale;
  3. la parte delle donne, che possono formare anche da sole una schola cantorum;
  1. i vari gradi di partecipazione, per cui si scompagina e si fraziona il sistema precedente, sino a non far cantare e partecipare più alcuno…
  2. libertà dei vari generi di composizione e di strumenti. Si sarebbe potuto far di più, ma, come già dissi a voce, c’è la grave difficoltà della Congregazione dei Riti, il cui segretario è un mio acerrimo nemico: Antonelli. Voi dovreste, tramite i nostri Fratelli Assistenti al Soglio, far abolire detta Congregazione e mettere me al posto di Antonelli.

Ma di questo ne parleremo a voce.

Cari saluti dal Vostro Fratello (firmato: “Buan”)

AL GRAN MAESTRO

Palazzo Giustiniani

(a mano)

Lettera del 2 luglio 1967

Gran Maestro Incomparabile

Consiglieri illustri,

i gradi della dissacralizzazione procedono celermente. Infatti è uscita un’altra Istruzione la cui attuazione è iniziata il 29 giugno u.s. – Ormai possiamo cantare vittoria poiché

  1. la lingua volgare è sovrana in tutta la liturgia anche nelle parti essenziali
  2. le vesti sacre sono ridotte sempre più…
  3. massima libertà di scelta dei vari formulari sino alla creatività privata e al … caos!
  4. Abolite genuflessioni, baci, inchini, cerimonie, prescrizioni rituali…

Insomma con tale documento credo di aver seminato il principio del massimo libertinaggio, secondo le vostre disposizioni. Ho lottato aspramente e sono dovuto ricorrere a tutte le astuzie per farlo approvare dal Papa, contro i miei nemici della Congregazione dei Riti. Per nostra fortuna abbiamo subito trovato appoggio e negli amici e fratelli della Università laus, che sono fedeli. Vi ringrazio della somma inviata e sperando di vederVi quanto prima,

Vi abbraccio.

Vostro Fratello (firmato: “Buan”)

AL GRAN MAESTRO

Palazzo Giustiniani

(a mano)

Lettera del 22 ottobre 1973

Gran Maestro Venerabile

Cari Illustri Aggiunti,

in riferimento alla Vostra del 17 c.m. Vi dirò che capisco perfettamente la Vostra preoccupazione per il male che potrà fare l’Anno Santo. Ma mi preme comunicarVi subito che ho radunato tempestivamente i nostri seguenti fratelli: Erba, Fragi, Mani, Gigi, Chie, Monda, Mago, Saba, Bigi, Gica, Pinpi, Salma e Lube. Tutti tra i più fedeli nostri teologi. Essi hanno il compito di studiare come diminuire il più possibile l’importanza e la necessità dell’Anno Santo in maniera tale che esso non sia sentito né dal clero né dal popolo. Penseranno loro ad organizzare conferenze e convegni e a distribuire una stampa capillare presso il giovane clero facilmente vulnerabile su certi problemi. Un convegno lo faranno certamente ad Assisi come base di lancio di idee contro l’Anno Santo. Vi ringrazio della fiducia e di quanto fate per me, sperando di parlarci quanto prima, con cari saluti.

V.F. (firmato: “Buan”)

AL GRAN MAESTRO

Palazzo Giustiniani

(a mano)

(1) Avviso per i lettori Cattolici:

 

La rivista Chiesa Viva, fondata da Don Luigi Villa, Sacerdote incaricato da Papa Pio XII di smascherare gli infiltrati massoni nella Gerarchia ecclesiastica, oggi è divenuta purtroppo la voce degli eretici fallibilisti gallicani (gli eredi del Cavaliere Kadosh) e degli altrettanto eretici fallibilisti del Patriarcato (pseudo-)cattolico di Costantinopoli, non disdegnando incursioni operate da scismatici sedevacantisti e cani (… in senso teologico) sciolti vari. La posizione della rivista è oggi di assoluta schizofrenia teologica: ritiene infatti che il sig. J. M. Bergoglio (il sedicente Francesco) sia contemporaneamente un Papa eretico ed un antipapa, mentre nega, contro ogni canone ed ogni principio dogmatico cattolico, in piena ignoranza della storia della Chiesa e della testimonianza dei Padri della Chiesa, la legittimità di un Papa vero “in vincoli” ed impedito, ritenendo il Magistero della Chiesa  – ad es. la costituz. Apostolica “Pastor Aeternus” del Concilio Vaticano – e la stessa parola evangelica di Cristo, una falsità enorme: asserto rivoltante … orrore, blasfemia inaudita; la rivista si pone quindi tra gli scritti blasfemi della galassia dei sedevacantisti scismatici (sette pseudotradizionaliste che oramai spuntano come funghi, come le protestanti) e ritiene che la successione apostolica del Sommo Pontefice, si sia fermata con Gregorio XVII al 1989, e che attualmente la Sede Apostolica sia vacante da 30 anni, o forse da 60, non si capisce troppo bene per la verità, è una continua contraddizione …). In pratica la rivista, un tempo benemerita, è diventata un veicolo che conduce negli inferi, oltre che violare le norme della Costituzione Apostolica Officiorum ac Munerum di S. S. Leone XIII, e della Enciclica Pascendi di San Pio X, che prevedono la scomunica « ipso facto latæ sententiæ riservata in modo speciale », per l’editore, gli scriventi ed i lettori non autorizzati dall’Ordinario. Le lettere qui riportate sono documento storico funzionale all’articolo, ma non costituiscono in alcun modo approvazione della rivista a-cattolica, scismatica e quindi fuori dalla Chiesa Cattolica.

La bolla che inchioda il Vaticano II, manda tutti all’inferno!

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La bolla che inchioda il Vaticano II, manda tutti all’inferno!

     Come è stato possibile che nel corso del c.d. concilio Vaticano II) si sia acconsentito, senza alcuna remora, ad eretiche ed assurde proposizioni ottenendone l’obbedienza dei Vescovi in tutto il mondo? Come poter comprendere che i prelati della Chiesa Cattolica abbiano potuto accettare dalla “setta modernista del v-2” atti ed insegnamenti completamente contrari a tutto ciò che Cristo ha affidato alla sua Chiesa? È successo questo indubbiamente perché i sacerdoti odierni hanno perso la conoscenza, lo zelo e la vigilanza apostolica. Sono stati praticamente smarriti l’Amore per la Tradizione Apostolica, l’amore per la parola di Dio, e il risultato? Oggi abbiamo sacerdoti che non hanno più l’amore dovuto agli insegnamenti della Chiesa cattolica, né lo zelo per sostenerne la Verità verso la quale mancano di rispetto nell’osservanza delle sue sentenze, che anzi vengono, in un’abissale e raccapricciante ignoranza, disconosciute e calpestate. Dopo aver perso la conoscenza Apostolica della parola di Dio, la gerarchia [o presunta tale] si è unita con i nemici della Chiesa Apostolica nella soppressione del suo Primato e della sua Sovranità. Privi di conoscenze apostoliche, teologiche, scritturali e patristiche, essi non accettano la religione Cattolica Apostolica Romana come l’unica e divina Religione che Dio ha rivelato all’umanità. Non credono più che la Religione Cattolica abbia dei diritti che gli altri non hanno perché aderenti a false e mistificanti spiritualità demoniache. Il clero cioè non crede più che l’uomo sia legato in coscienza ad accettare ed a credere che questa sia l’unica religione divina e che non ce ne sia nessun’altra, se non false religioni guidate dal “signore dell’universo”, il demonio, come recita il salmo XCV. Ma c’è un conto molto salato da pagare nell’aldilà da coloro che negano alla Chiesa Cattolica Apostolica Romana, il suo primato e la sovranità: a coloro che osano contestare o attaccare la parola di Dio o l’interpretazione divinamente istituita e docente di questa parola, è inflitta una terribile punizione. Per rendercene conto basta dare un’occhiata alla bolla “Execrabilis” di S.S. Pio II. È inutile chiedere ai nostri abulici parroci modernisti che ignorano totalmente e colpevolmente il magistero della Chiesa e che, sollecitati, non si danno nemmeno la briga di consultare documenti oramai alla portata di tutti. La loro protervia anzi supera pure la loro ignoranza, ed interrogati risponderanno solo con offese, calunnie, e ridicole e non comprovate asserzioni. Ciò che ci spinge non è certo lo spirito di polemica, bensì il desiderio di trarli fuori, essi ed i loro (in)fedeli dalla fornace eterna nella quale, senza rendersene probabilmente conto, sono abbondantemente immersi, anche se non credono oramai neppure più all’inferno e ai castighi dai quali il divino Maestro ci ha messo in guardia. In tal modo poi, come se non bastasse, commettono uno delle più gravi colpe contro lo Spirito Santo: “impugnare la verità conosciuta”, per arrivare poi all’ostinazione nel peccato e all’impenitenza finale. Ora tutto questo è di fede nella Chiesa Cattolica, e quel che è veramente agghiacciante, è che coloro che si professano cattolici, ormai non hanno più nemmeno un’idea approssimativa di cosa comporti questa fede divinamente rivelata dall’Uomo-Dio, e che si basa su un Magistero eterno che non può essere modificato da chicchessia. E a questo proposito vogliamo riportare qualche breve sentenza che potrebbe dare qualche dritta nel deviare la vertiginosa corsa verso l’inferno. Ecco quindi alla ribalta il concetto della inappellabilità ed irreformabilità di una opinione o sentenza definitiva del Santo Padre, benché avvenuta secoli o millenni orsono. Il Concetto è questo: il Santo Padre, assistito dallo Spirito Santo e voce di Gesù Cristo in terra, possedendo (de fide) l’infallibilità in materia di fede e di morale, una volta che si sia espresso, emette una sentenza definitiva, che nessun altro può modificare, poiché non esiste un’autorità superiore. Un successivo Papa non ha bisogno di modificare una sentenza precedente che, essendo infallibile, può essere solo confermata o estesa. Questo banale concetto da “scuola dell’infanzia”, purtroppo non è compreso, o non vuole essere compreso, da chi invece appoggia, soprattutto tra chierici ed ecclesiastici, modifiche in nome di un “aggiornamento” che, oltre che inopportuno, contrasta con dogmatica, morale, teologia e legge divina. Ed invocare un Concilio, o conciliabolo che dir si voglia, per ribaltare quanto per millenni si è creduto, si vedrà che è una grave eresia punita con la scomunica “ipso facto” e “latae sententiae”, la cui remissione cioè richiede l’intervento di un Papa … “vero”… naturalmente. In questa sede accenniamo a tre documenti fondamentali, e di facile reperibilità documentale. Una prima sentenza ufficiale (circa 860 d. C.) fu quella di S. Niccolò Magno [Papa negli anni 858-867], che si trovò a gestire, tra le altre vicende in cui fu coinvolto, la difesa dell’Autorità Papale contro gli imperatori ed i sinodi vescovili locali che rivendicavano una loro superiorità. S. Niccolò I (canonizzato da Urbano VIII): in Ep. Ad Michaelem Imperatorem; “Decretali” o Constitutum Constantini, egli tenne già a precisare che il giudizio del Papa, che detiene la più alta autorità (sia religiosa, nei confronti di sinodi o assemblee vescovili, sia rispetto a quella civile degli imperatori e regnanti). “È evidente che il giudizio della Sede Apostolica, che detiene la più alta autorità non può essere rimesso in questione da alcuno né sottoposto ad esame da parte di chicchessia” [… Ep. Nicolai I ad Michaelem Imperatorem,] Nel Sinodo di Quedlinburg (1085) si riaffermò la superiore autorità papale! Passiamo poi al 1459 con Silvio Enea Piccolomini, Papa Pio II, che emanò la celeberrima bolla “Execrabilis” ….: “Ai nostri tempi si sta verificando un esecrabile abuso, sconosciuto in età precedenti, e precisamente che gente, imbevuta dello spirito di ribellione, presuma di appellarsi contro il Pontefice di Roma, – il Vicario di Gesù Cristo, cui fu detto nella persona del santo Pietro: «Nutri il  mio gregge» e «Qualunque cosa tu legherai in terra, sarà legata anche in Cielo»: – non certo per  desiderio di più alta giustizia, ma al solo scopo di sfuggire le conseguenze dei loro peccati, ad un  futuro Concilio, (…) si dà esca alla ribellione contro la più alta Sede, si concede la libertà ai delinquenti e la disciplina ecclesiastica e l’ordine gerarchico vengono confusi (…) condanniamo i ricorsi in appello di tal genere, col consiglio e il consenso dei nostri venerabili fratelli Cardinali e di tutti i prelati e giureconsulti della legge Divina ed umana, appartenenti alla Curia, e sulla base della nostra sicura conoscenza li denunziamo come falsi e detestabili, li infirmiamo nell’eventualità che qualcuno di tali appelli, esistente al momento, sia scoperto e dichiariamo e decretiamo che essi – come vani e pestilenziali – siano privi di alcun significato. Quindi noi diffidiamo chiunque dal ricorrere con tali appelli, sotto qualunque pretesto, contro le nostre ordinanze, sentenze e provvedimenti, o contro quelle dei nostri successori, o di aderire a tali appelli, fatti da altri, od infine di fame uso in qualsiasi modo. Se alcuno di qualsiasi stato, rango, condizione od ordine esso sia, anche se insignito della dignità Imperiale, regia o Papale contravverrà a ciò dopo lo scadere di due mesi dalla pubblicazione di questa Bolla nella Cancelleria Papale, egli incorrerà «ipso facto » nella sentenza di anatema, da cui potrà essere assolto, solo dal Pontefice di Roma ed in punto di morte ( …) . – Le Università o corporazioni verranno colpite da interdetto ecclesiastico, e nondimeno, corporazioni ed Università, come le suddette e tutte le altre persone, incorreranno in quelle penalità e censure, in cui incorrono gli offensori che abbiano commesso «crimen laesae maiestatis», ed i promotori di depravazioni eretiche. Inoltre scrivani e testimoni, che abbiano sottoscritto atti di tal genere ed in generale tutti coloro che abbiano coscientemente dato consigli, aiuto od appoggio a tali appellanti, saranno puniti con le medesime pene. Perciò non è permesso ad alcuno di contravvenire o di opporsi con impudenti perversioni a questo documento della nostra volontà, con cui noi abbiamo condannato, riprovato, infirmato, annullato, decretato, dichiarato ed ordinato quanto sopra. Se tuttavia alcuno oserà, sappia che incorrerà nello sdegno dell’Onnipotente Iddio e dei santi Apostoli Pietro e Paolo”. Data a Mantova nell’anno 1459 dell’Incarnazione di nostro Signore, nel quindicesimo giorno prima delle calende di febbraio, nel primo anno del nostro Pontificato (18 gennaio 1459). [per il testo completo si veda nel blog: “la mina vagante nel tempo – execrabilis …”] – Questa è una sentenza dagli effetti devastanti, perché denunzia qualsiasi rimessa in discussione di sentenze o disposizioni emanate dall’Autorità del Papa, foss’anche da parte di un Concilio o di una successiva Autorità apostolica [o ritenuta tale]! E commina la Scomunica maggiore “ipso facto”, che può essere rimessa solo dal Sovrano Pontefice, o in punto di morte, da un vero sacerdote, ordinato validamente da un vescovo a sua volta valido [cosa quasi impossibile al giorno d’oggi!]. Strano che in Vaticano nel 1960 non lo sapessero… o facevano finta di non saperlo. Ma non è finita qui, perché il XX Concilio Ecumenico Vaticano, condotto da Pio IX (e conclusosi repentinamente nel 1870 per lo scoppio della guerra franco-prussiana che provocò la partenza da Roma della guarnigione francese a difesa del Papa, consentendo così l’invasione della città da parte degli avidi, vigliacchi ed incapaci “buzzurri” piemontesi, dei carbonari rivoluzionari e delle loro guide, (cioè i soliti marrani della quinta colonna), conferma con altrettanta incisività la disposizione del Piccolomini (Pio II). Nella stupenda e “cattolica” Costituzione dogmatica “Pastor Aeternus” (18 luglio 1870) gioiello per gli occhi e per l’anima del Cristiano, al capitolo III leggiamo ribadito sia – 1) il giudizio di S. Niccolò I: “È evidente che il giudizio della Sede Apostolica, che detiene la più alta autorità, non può essere rimesso in questione da alcuno né sottoposto ad esame da parte di chicchessia [Ep. Nicolai I ad Michaelem Imperatorem]; sia – 2) quello di: .2) “Execrabilis”: “Si discosta quindi dal retto sentiero della verità chi afferma che è possibile fare ricorso al Concilio Ecumenico, come se fosse investito di un potere superiore, contro le sentenze dei Romani Pontefici”. Tornando alla Bolla “mitraglia”, o “ghigliottina”, visto l’attitudine rivoluzionaria dei marran-massoni che indussero con minacce pesanti, anche di tipo atomico, la assemblea del conciliabolo c.d. Vaticano II, essa abbraccia, radicalmente la dogmatica, la dottrina, l’insegnamento ed il culto cattolico, tutte tematiche appannaggio del Magistero Papale. – Così è coinvolto ogni giudizio della Chiesa che riguardi la fede e la morale. Condannate sono tutte le soppressioni, innovazioni, modifiche e false dottrine introdotte dal Concilio Vaticano II, tra cui il tentativo di cambiare il pensiero e l’atteggiamento dei cattolici sulla fede e sulla morale. Questa legge è una difesa contro chi tenta di modificare le decisioni della Chiesa contro l’ebraismo rabbinico, (radice di ogni male per la Cristianità), il naturalismo, la Massoneria, il comunismo, l’umanesimo, il supernaturalismo, favole ed immondezze varie. Per ora chiudiamo qui, sperando che qualche “chierico-trombone”, bravo ad aprir bocca solo per sparlare, offendere, ridicolizzare, calunniare, vincendo la propria infingardia accidiosa, apra finalmente qualche libro, ed infine gli occhi, per vedere, capire e cominciare a condurre il suo oramai “sparuto” gregge sui “pascoli erbosi”. … Riassumendo, chiunque accetta, difenda, propagandi e divulghi in qualsiasi modo, i documenti aberranti del Vaticano II incorre “ipso facto” in una scomunica “maggiore” che pone fuori dalla Chiesa Cattolica spianandosi il cammino verso il fuoco eterno … ma siamo fiduciosi ad oltranza … preghiamo … la speranza è l’ultima a morire!

– Le IMMAGINI della Santissima TRINITA’ – Novena

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– Le IMMAGINI della Santissima TRINITA’ – Novena

Le divine Persone non si possono dipingere se non in quelle figure che assunsero quando si resero visibili agli uomini. Quindi il Padre non può essere rappresentato che in un vecchio venerando, giusta il profeta Daniele che Lo chiama “l’Antico dei giorni”. Lo Spirito Santo può effigiarsi o in una fiamma come apparve agli Apostoli, o meglio in una colomba come fu decretato nel II Concilio Niceno dacché sotto questo simbolo apparve sul capo di Gesù Cristo quando fu battezzato al Giordano. Non occorre parlare del Figlio perché, essendosi Egli incarnato nella pienezza dei tempi, non si può dipingere altrimenti che in forma d’uomo o penante o glorioso, come meglio si crede. La Chiesa ha sempre disapprovato quelle immagini in cui la SS. Trinità sia rappresentata con figure diverse dalle indicate. Urbano VII col decreto 11 Agosto 1628, ordinò che fossero bruciate quelle immagini in cui la SS. Trinità è rappresentata in un uomo avente tre facce distinte con quattro occhi: e “Benedetto XIV dichiarò “anticanonica” la SS. Trinità raffigurata in tre distinti uomini aventi tutta una eguale, anzi identica fisonomia, dacché lo Spirito Santo non si è mai fatto vedere in forma d’uomo, e i tre Angioli apparsi ad Abramo, se erano sotto qualche rapporto un simbolo della Trinità, erano tre distinti Angeli, non già le tre Divine Persone”.

Considerazioni morali.

 Si possono nella circostanza di sì grande mistero, considerare tre Trinità: — Una in Dio e due nell’uomo. — In Dio è increata, e sono le tre divine Persone e un solo Dio. Delle due Trinità nell’uomo una è creata da Dio e sono le tre Potenze, Memoria, Intelletto e Volontà; tre potenze e un’anima sola. L’altra è prodotta dal peccato; e sono le tre concupiscenze di cui parla S. Giovanni, cioè la concupiscenza degli Onori, delle Ricchezze, dei Piaceri, ossia: Superbia, Avarizia, Sensualità, tre concupiscenze dell’uomo, che non formano tre uomini, ma che si trovano in un solo stesso uomo. Si deve quindi considerare che: 1) la prima Trinità, che è quella in Dio, deve adorarsi con ferma fede, non discutersi con temeraria curiosità. 2) La seconda Trinità, che è quella nell’uomo, deve santificarsi con sollecita attenzione, non trascurarsi con dannosa oziosità. 3) La terza Trinità, che è quella che nell’uomo è prodotta dal peccato, si deve combattere con guerra incessante, non secondarsi con colpevole condiscendenza.

[N.B. La scimmia di Dio, ha opposto a questa triplice TRINITA’, una blasfema triplice “trinità satanica”, che costituisce il segreto più occultato, obbrobrioso ed abominevole, che unisce le diverse obbedienze massoniche in un unico culto a lucifero, ed i cui simboli sono oggi esplicitamente riprodotti in templi satanici – cioè le false chiese del “novus ordo”, come ad es. quella di S. Giovanni Rotondo – e sulle insegne liturgiche degli usurpanti “vicari dell’anticristo”.

Trinità massonica o redenzione gnostico-satanica di Lucifero

(da: G. Meurin, franc-maçonerie synagogue de satan, Paris, 1893]

– Prima trinità massonica o pietra grezza: terra acqua, fuoco.

– Seconda trinità o uomo-dio: corpo, anima, spirito.

– Terza trinità: l’imperatore del mondo, il patriarca del mondo, lucifero.]

 

TRIDUO O NOVENA ALLA SS. TRINITÀ.

Alle tre divine Persone.

Vi adoro e Vi glorifico con tutto il cuore, Trinità sacrosanta, divinità invisibile del Padre, del Figliuolo e dello Spirito Santo, unico vero Dio in tre Persone distinte ma eguali fra loro, e nella gloria e nella maestà. In Voi solo, da Voi e per Voi, esistono tutte le cose, o Sostanza essenziale, Verità infallibile e vera Vita, primo nostro Principio, ed ultimo nostro Fine. Dacché mi faceste a vostra immagine o somiglianza, fate che ai vostri santissimi desideri siano sempre conformi tutti i pensieri della mia mente, tutte le parole della mia lingua, tutti gli affetti del mio cuore, e tutte quante le mie operazioni; affinché, dopo avervi quaggiù veduto in ispecchio ed in enigma, per mezzo della fede, giunga finalmente a contemplarvi faccia a faccia, possedendovi perfettamente per tutti i secoli nel paradiso. 3 Gloria.

Al Padre

Dio Padre, fonte d’ogni essere, da voi emana ogni paternità sulla terra e nel cielo. Voi che, prima della fondazione del mondo, ci predestinaste nel vostro di vin Figliuolo, e dando a noi lo stesso Unigenito per nostra redenzione e salvezza, ci adottaste in Lui per vostri figli, fate che noi sempre Vi adoriamo in spirito di verità, ed osservando fedelmente la vostra legge meritiamo di partecipare cogli Angeli alla eterna eredità del Paradiso. 3 Gloria.

Al Figliuolo.

Dio Figliuolo, generato dal Padre prima dei secoli: lume da lume, Dio vero da Dio vero, eguale e consustanziale al Padre, Splendore della sua gloria, Figura della sua sostanza, eterno Verbo per cui furono create tutte le cose, in cui dimora ogni pienezza di grazia, in cui risiede ogni potere in cielo, in terra e negli abissi, e che verrete nella vostra gloria a giudicare alla fine dei secoli i vivi ed i morti, dacché Vi degnaste di indossare la fragile nostra natura, di farVi obbediente fino alla morte e alla morte di croce, di versare per noi fino all’ultima stilla il vostro Sangue divino, fate che noi Vi siamo sempre riconoscenti a così segnalati favori, e camminando con Voi la strada delle umiliazioni e dei patimenti, giungiamo ancora a partecipare alla gloria del vostro regno. 3 Gloria.

Allo Spirito Santo.

Dio, Spirito Santo, procedente dal Padre e dal Figliuolo. Amore immutabile e sostanziale dell’uno e dell’altro, sorgente d’ogni bontà, dispensatore d’ogni grazia, fortezza e conforto, Santificatore e perfezionatore delle anime, Spirito Paraclito, Datore dei sette doni e della perseveranza finale, Unzione spirituale, Carità inestinguibile, per la di cui opera venne compito il glorioso mistero dell’Incarnazione del Verbo, diffuso il Vangelo in tutto il mondo, e conservato sempre intatto il sacro deposito della Fede, animate noi tutti d’un coraggio simile a quello degli Apostoli per sostenere, malgrado tutte le dicerie e le persecuzioni del mondo, il glorioso carattere di Cristiani, di vivere e morire sempre fedeli alla madre comune dei credenti, la Cattolica Chiesa, fuori della quale non v’ha speranza di salute e di vita. 3 Gloria.

ORAZIONE.

Omnipotens sempiterne Deus, qui dedisti famulis tuis in confessione verae fidei, aeternae Trinitatis gloriam agnoscere, et potentia majestatis adorare Unitatem, quaesumus, ut ejusdem fidei firmitate ab omnibus semper muniamur adversis. Per Dom., etc.

[da: “Manuale di Filotea” di G. Riva, Milano, 1888]

la festa del CUORE DI GESU’ – l’ATTO di RIPARAZIONE

cuore di gesù

Nella straordinaria Festa del CUORE DI GESU’, rileggiamo l’enciclica del S.S. Pio XI [musica celestiale per le orecchie del vero cattolico] dedicata a questo culto centrale della fede Cattolica, ricordandoci soprattutto di recitare con cuore contrito l’ATTO DI RIPARAZIONE AL CUORE SACRATISSIMO Dl GESÙ, in unione col S.P. GREGORIO XVIII e la Gerarchia in esilio.  W il Cuore di Gesù, W il PAPA!

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 Pio XI

Miserentissimus Redemptor

INTRODUZIONE

Il Redentore divino presente alla sua Chiesa sempre…

  1. – Il nostro misericordiosissimo Redentore, dopo aver compiuto sul legno della croce la salvezza del genere umano, prima di ascendere da questo mondo al Padre, nell’intento di sollevare gli apostoli e i discepoli dalla loro afflizione, disse: a Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo” (Mt XXVIII,30). – Parole assai gradite e fonte di ogni speranza e di ogni sicurezza, che vengon da sé alla Nostra mente, Venerabili Fratelli, quando da questa, per chiamarla così, più alta specola, osserviamo la società umana afflitta da tanti mali e miserie, non ché la Chiesa fatta oggetto, senza intermittenza, di attacchi e di insidie. – Questa divina promessa, che sollevò gli animi abbattuti degli apostoli e così rianimati li accese e li infervorò di zelo per andare a spargere su tutta la terra il seme della dottrina evangelica, ha anche sostenuto in seguito la Chiesa, fino a farla prevalere sulle potenze degli inferi….ma in modo speciale nei tempi più critici,
  2. – Sempre il Signore Gesù Cristo ha assistito la sua Chiesa, ma più potente è stato il suo aiuto e più efficace la sua protezione quando la Chiesa s’è trovata in pericoli e sciagure più gravi. Fu allora che nella sua divina sapienza, che “si estende da un confine all’altro con forza e governa con bontà eccellente ogni cosa” (Sap VIII,1), offrì i rimedi più adatti alle esigenze dei tempi e delle circostanze. – E non “si è accorciata la mano del Signore” (Is LIX,1) in tempi a noi più vicini, come quando penetrò e largamente si diffuse l’errore che faceva temere che negli animi degli uomini, allontanati dall’amore e dalla familiarità con Dio, venissero a inaridirsi le fonti della vita cristiana.

Argomento dell’Enciclica: la riparazione

  1. – C’è nel popolo cristiano chi ignora o non si cura di quel che l’amatissimo Gesù ha lamentato nelle sue apparizioni a Margherita Maria Alacoque e quel che ha indicato di aspettare e volere dagli uomini, in vista del loro stesso vantaggio. – Perciò vogliamo, Venerabili Fratelli, trattenerci alquanto con voi a parlare di quella giusta riparazione che abbiamo il dovere di compiere verso il Cuore Sacratissimo di Gesù, affinché ciascuno di voi procuri diligentemente di insegnare ed esortare il proprio gregge a mettere in pratica quel che abbiamo in animo di esporvi.

LA RIVELAZIONE DEL CUORE DI GESÙ PER I NOSTRI TEMPI

Nel S. Cuore rivelate le ricchezze della bontà divina

  1. – Fra le testimonianze della benignità infinita del nostro Redentore, emerge in maniera particolare il fatto che mentre nei Cristiani s’andava raffreddando l’amore verso Dio, è stata proposta la stessa carità divina ad essere onorata con speciale culto, e sono state chiaramente rivelate le ricchezze di questa bontà divina per mezzo di quella forma di devozione con cui si onora il Cuore Sacratissimo di Gesù, “nel quale sono nascosti tutti i tesori della sapienza e della scienza” (Col II,3).

Il Cuore di Gesù vessillo di pace e di amore

  1. – Infatti, come un tempo al genere umano che usciva dall’arca di Noè, Dio volle far risplendere “l’arcobaleno che appare sulle nubi” (Gn II,14, in segno di alleanza e d’amicizia, così negli agitatissimi tempi più recenti, quando serpeggiava l’eresia giansenista -la più insidiosa fra tutte, nemica dell’amore e della pietà verso Dio- che predicava un Dio non da amarsi come padre ma da temersi come giudice implacabile, il benignissimo Gesù mostrò agli uomini il suo Cuore Sacratissimo, quasi vessillo spiegato di pace e di amore preannunziando certa vittoria nella battaglia..

Nel Cuore di Gesù tutte le nostre speranze

  1. – Perciò, molto a proposito, il nostro predecessore di f.m., Leone XIII, nella sua Lettera Enciclica “Annum Sacrum” osservando la meravigliosa opportunità del culto al Cuore Sacratissimo di Gesù, non dubitò di affermare: “Quando la Chiesa nascente era oppressa dal giogo dei Cesari, apparve in cielo al giovine imperatore una croce, auspice e in pari tempo autrice della splendida vittoria che seguì immediatamente. Ecco che oggi si offre ai nostri sguardi un altro consolantissimo e divinissimo segno: il Cuore Sacratissimo di Gesù, sormontato dalla croce, rilucente di splendidissimo candore tra le fiamme. In esso sono da collocarsi tutte le speranze, da esso è da implorare ed attendere la salvezza dell’umanità”.

Il Cuore di Gesù compendio della Religione

  1. – Ed è giusto, Venerabili Fratelli. Infatti, in quel felicissimo segno e in quella forma di devozione che ne deriva, non è forse contenuto il compendio dell’intera Religione e quindi la norma d’una vita più perfetta, dal momento che essa costituisce la via più spedita per condurre le menti a conoscere profondamente Cristo Signore e il mezzo più efficace per muovere gli uomini ad amarLo più intensamente e a imitarLo più fedelmente? – Nessuna meraviglia, dunque, che i nostri predecessori abbiano sempre difeso questa ottima forma di culto dalle accuse dei denigratori e l’abbiano esaltata con grandi lodi e propagata con grande impegno, secondo le esigenze dei tempi e delle circostanze.

Provvidenziale l’incremento di questa devozione

  1. – Ed è per ispirazione divina che la devozione dei fedeli verso il Cuore Sacratissimo di Gesù è andata crescendo di giorno in giorno, sono sorte pie Associazioni per promuovere il culto al divin Cuore, come pure la pratica, oggi largamente diffusa, di fare la Comunione ogni primo venerdì del mese, secondo il desiderio espresso da Gesù stesso.

LA CONSACRAZIONE AL CUORE Dl GESÙ

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Significato della consacrazione

  1. – Tra gli atti che sono propri del culto al Cuore Sacratissimo di Gesù, emerge -ed è da rammentarsi- la consacrazione, con la quale offriamo al Cuore divino di Gesù noi e tutte le nostre cose, riferendole all’eterna carità di Dio, da cui le abbiamo ricevute. – E fu lo stesso Salvatore, il quale, mosso dal suo immenso amore per noi più che dal diritto che ne aveva, manifestò alla innocentissima discepola del suo Cuore, Margherita Maria quanto bramasse che tale ossequio di devozione gli venisse tributato dagli uomini. E lei per prima, insieme al suo padre spirituale Claudio de la Colombière, fece questa Consacrazione. Col tempo l’esempio fu seguito da singole persone, da famiglie private e associazioni, e poi anche da autorità civili, città e nazioni.

La consacrazione argine contro l’empietà dilagante

  1. – In passato, e anche nel nostro tempo, per l’azione cospiratrice di uomini empi, s’è giunti a negare la sovranità di Cristo Signore e a dichiarare apertamente guerra alla Chiesa con la promulgazione di leggi e mozioni popolari contrarie al diritto divino e naturale, fino al grido di intere masse: “Non vogliamo che costui venga a regnare su di noi” (Lc. XIX,14). Ma dalla consacrazione, di cui abbiamo parlato, erompeva e faceva vivo contrasto la voce unanime dei devoti de] S. Cuore, intesa a rivendicarne la gloria e affermare i suoi diritti: a Bisogna che Cristo regni” (1 Cor XV,25), “Venga il tuo regno”! Di qui il gioioso avvenimento della consacrazione al Cuore Sacratissimo di Gesù di tutto il genere umano – che per diritto nativo appartiene a Cristo, nel quale si ricapitolano tutte le cose (Cf Ef I,10) – che all’inizio di questo secolo, tra il plauso di tutto il mondo cristiano, fu compiuta dal nostro predecessore Leone XIII di f.m.

Consacrazione riaffermata con la festa di Cristo Re

  1. – Queste felici e confortanti iniziative, Noi stessi, come dicemmo nella nostra Enciclica “Quas primas” abbiamo condotto, per grazia di Dio, a pieno compimento, quando aderendo agli insistenti desideri e voti di moltissimi Vescovi e fedeli, al termine dell’anno giubilare, abbiamo istituito la Festa di Cristo Re dell’universo, da celebrarsi solennemente da tutto il mondo cristiano. – Con questo atto non solo mettemmo in luce la suprema autorità che Cristo ha su tutte le cose, nella società sia civile che domestica e sui singoli uomini, ma pregustammo pure la gioia di quell’auspicatissimo giorno in cui il mondo intero, liberamente e coscientemente, si sottometterà al dominio soavissimo di Cristo Re. – Perciò ordinammo pure che in occasione di tale festa, ogni anno si rinnovasse questa consacrazione. nell’intento di raccoglierne più sicuramente e più copiosamente il frutto, e stringere nel Cuore del Re dei re e Sovrano dei dominatori, tutti i popoli, in cristiana carità e comunione di pace.

LA RIPARAZIONE

Alla consacrazione segue la riparazione

  1. – A questi ossequi, e in particolare a quello della consacrazione – tanto fruttuosa in sé e che è stata come riconfermata con la solennità di Cristo Re – conviene che se ne aggiunga un altro, del quale, Venerabili Fratelli, vogliamo parlarvi alquanto più diffusamente: del dovere, cioè, della giusta soddisfazione o riparazione al Cuore Sacratissimo di Gesù. – Nella consacrazione s’intende, principalmente, ricambiare l’amore del Creatore con l’amore della creatura; ma quando questo amore increato è stato trascurato per dimenticanza o oltraggiato con l’offesa, segue naturalmente il dovere di risarcire le ingiurie qualunque sia il modo con cui sono state recate. – È quel dovere che comunemente chiamiamo “riparazione”. – Richiesta dalla giustizia e dall’amore.
  2. – Sono le medesime ragioni che ci spingono sia alla consacrazione che alla riparazione. Vero è però che al dovere della riparazione e dell’espiazione siamo tenuti per un titolo più forte di giustizia e di amore. Di giustizia, perché dobbiamo espiare l’offesa recata a Dio con le nostre colpe e ristabilire con la penitenza l’ordine violato; di amore al fine di patire insieme con Cristo sofferente e “saturato di obbrobri” e recarGli, per quanto può la nostra debolezza, qualche conforto. – Siamo, infatti, peccatori e gravati di molte colpe; dobbiamo perciò rendere onore al nostro Dio non solo con quel culto che è diretto sia ad adorare, con i dovuti ossequi, la sua Maestà infinita, sia a riconoscere, mediante la preghiera, il suo supremo dominio e a lodare, con azioni di grazie, la sua infinita generosità; ma è necessario inoltre che offriamo anche a Dio giusto vindice, soddisfazioni per i nostri “innumerevoli peccati, offese e negligenze”. – Per questo, alla consacrazione per mezzo della quale ci offriamo a Dio e diventiamo a Lui sacri – con quella santità e stabilità che è propria della consacrazione, come insegna l’Angelico (2-2, q. 81, a. 8, c.) – si deve aggiungere l’espiazione al fine di estinguere totalmente le colpe, affinché l’infinita santità e giustizia di Dio non abbia a rigettare la nostra proterva indegnità e rifiuti, anzi ché gradire, il nostro dono.

Dovere che grava su tutto il genere umano

  1. – Questo dovere di espiazione grava su tutto il genere umano, giacché, come insegna la fede cristiana, dopo la funesta caduta di Adamo, l’umanità, macchiata della colpa ereditaria, soggetta alle passioni e in stato di grave depravazione, avrebbe dovuto finire nell’eterna rovina. – Non ammettono questo stato di cose i superbi sapienti del nostro tempo, i quali, seguendo il vecchio errore di Pelagio, rivendicano alla natura umana una bontà congenita, che di suo interno impulso spingerebbe a perfezione sempre maggiore. – Ma queste false invenzioni della superbia umana sono respinte dall’Apostolo che ammonisce che a eravamo per natura meritevoli d’ira” (Ef II,3). E di fatti, fin dagli inizi, gli uomini, hanno riconosciuto in qualche modo il debito che avevano d’una comune espiazione e mossi da naturale istinto si adoperarono a placare Dio anche con pubblici sacrifici.

La riparazione adeguata fu offerta dal Redentore

  1. – Nessuna potenza creata però era sufficiente ad espiare le colpe degli uomini, se il Figlio di Dio non avesse assunto la natura umana per redimerla. – È ciò che lo stesso Salvatore degli uomini annunziò per bocca del Salmista: “Tu non hai voluto né sacrificio né offerta, un corpo invece mi hai preparato. Non hai gradito né olocausti né sacrifici per il peccato. Allora ho detto: Ecco io vengo” (Eb X,5-7). – E realmente “Egli si è caricato delle nostre sofferenze, si è addossato i nostri dolori; è stato trafitto per i nostri delitti” (Is LIII,4-5). a Egli portò i nostri peccati nel suo corpo sul legno della croce” (1 Pt II,24), “annullando il documento scritto del nostro debito, le cui condizioni ci erano sfavorevoli. Egli lo ha tolto di mezzo inchiodandolo alla croce” (Col II,14), “perché non vivendo più per il peccato, vivessimo per la giustizia” (1 Pt II,24).

È richiesta però anche la nostra riparazione

  1. – È vero che la copiosa redenzione di Cristo ci ha abbondantemente perdonato tutti i peccati (Cf Col II,13), tuttavia, in forza di quella mirabile disposizione della divina Sapienza per cui si deve completare nella nostra carne ciò che manca ai patimenti di Cristo, a favore del suo corpo, che è la Chiesa (Cf Col 1, 24), noi possiamo, anzi dobbiamo aggiungere le nostre lodi e soddisfazioni alle lodi e soddisfazioni che “Cristo tributò in nome dei peccatori”…. che ha valore per l’unione al sacrificio di Cristo.
  2. – Si deve però sempre tenere a mente che tutto il valore espiatorio dipende dall’unico Sacrificio cruento di Cristo, che senza intermittenza si rinnova nei nostri altari. Infatti “una sola e identica è la vittima, il medesimo è l’offerente che un tempo si offrì sulla croce e che ora si offre mediante il ministero dei sacerdoti; differente è solo il modo di offrire” (Conc. Trid. Sess. XXII, c. 2). – A questo augustissimo Sacrificio Eucaristico, perciò, si deve unire l’immolazione sia dei ministri che dei fedeli, in modo che anch’essi si dimostrino a ostie viventi, sante e gradite a Dio” (Rm XII,1). -Anzi S. Cipriano non dubita di affermare che “non si celebra il sacrificio di Cristo con la conveniente santificazione, se alla passione di Cristo non corrisponde la nostra offerta e il nostro sacrificio” (Ep. 63, n. 381). – Perciò ci ammonisce l’Apostolo che “portando sempre e dovunque nel nostro corpo la morte di Gesù” (2 Cor IV,10), e sepolti con Cristo e completamente uniti a Lui con una morte simile alla sua (Cf Rm VI,4-5), non solo crocifiggiamo la nostra carne con le sue passioni e i suoi desideri (Cf Gal V,24) a fuggendo alla corruzione che è nel mondo a causa della concupiscenza” (2 Pt I,4), ma anche che “la vita di Gesù si manifesti nel nostro corpo” (2 Cor IV,10) e resi partecipi del suo sacerdozio eterno, offriamo “doni e sacrifici per i peccati” (Eb V,1).

Tutti i cristiani partecipi del sacerdozio di Cristo…

  1. – Partecipi di questo misterioso sacerdozio e dell’ufficio di offrire soddisfazioni e sacrifici, non sono soltanto quelle persone delle quali il nostro Pontefice Cristo Gesù si serve come ministri per offrire l’oblazione pura al Nome divino, dall’oriente all’occidente in ogni luogo (Cf Ml 1,11), ma tutti i cristiani – chiamati a ragione dal Principe degli Apostoli “stirpe eletta, il sacerdozio regale” (1 Pt II,9) – devono offrire per i peccati propri e per quelli di tutto il genere umano (Cf Eb V,2), a un di presso come ogni sacerdote e pontefice “scelto fra gli uomini viene costituito per il bene degli uomini nelle cose che riguardano Dio” (Eb V,1). – E quanto più perfettamente la nostra oblazione e il nostro sacrificio saranno conformi al Sacrificio del Signore – cosa che si compie immolando il nostro amor proprio e le nostre passioni e crocifiggendo la carne con quel genere di crocifissione di cui parla l’Apostolo – tanto più copiosi saranno i frutti di propiziazione e di espiazione che raccoglieremo per noi per gli altri.

…e per l’unione in Cristo si aiutano a vicenda

  1. – C’è, infatti, un mirabile legame dei fedeli con Cristo, simile a quello che vige tra il capo e le membra del corpo. Parimenti, per quella misteriosa comunione dei Santi, che professiamo per fede cattolica, sia gli uomini singoli che i popoli, non solo sono uniti fra loro, ma anche con Colui “che è il capo, Cristo, dal Quale tutto il corpo, ben compaginato e connesso, mediante la collaborazione di ogni giuntura secondo l’energia propria di ogni membro, riceve forza per crescere in modo da edificare se stesso nella carità” (Ef IV,15-16). Che è quel che lo stesso Mediatore fra Dio e gli uomini, Cristo Gesù, vicino a morire, domandò al Padre: “Io in loro e tu in me, perché siano perfetti nell’unità” (Gv XVII,23).

LA RIPARAZIONE NEL CULTO AL CUORE Dl GESÙ

La riparazione nell’intenzione di Gesù

  1. – La consacrazione esprime e rende stabile l’unione con Cristo; l’espiazione inizia questa unione con la purificazione dalle colpe, la perfeziona partecipando alle sofferenze di Cristo e la porta all’ultimo culmine offrendo sacrifici per i fratelli. – Tale appunto fu l’intenzione che il misericordioso Signore Gesù ci volle far conoscere nel mostrare il suo Cuore con le insegne della passione e le fiamme indicanti l’amore, che cioè riconoscendo noi da una parte l’infinita malizia del peccato e dall’altra ammirando l’infinita carità del Redentore, detestassimo più vivamente il peccato e rispondessimo con maggior ardore al suo amore.

Preminenza della riparazione nel culto al S. Cuore

  1. – Lo spirito di espiazione e di riparazione ha avuto sempre la prima e principale parte nel culto al Cuore Sacratissimo di Gesù, e tale spirito è senza dubbio il più conforme all’origine, all’indole, all’efficacia e alle pratiche proprie di questa devozione, come appare dalla storia, dalla prassi, dalla liturgia e dagli atti dei Sommi Pontefici. – Infatti, nel manifestarsi a Margherita Maria, Gesù, mentre proclamava l’immensità del suo amore, al tempo stesso, in atteggiamento di addolorato, si lamentò dei molti e gravi oltraggi che Gli venivano recati dagli uomini ingrati, e pronunziò queste parole che dovrebbero rimanere sempre scolpite nelle anime pie e mai dimenticate: “Ecco quel Cuore che ha tanto amato gli uomini e li ha ricolmati di ogni genere di benefici, e che in cambio del suo amore infinito non solo non ha avuto alcuna gratitudine, ma, al contrario, dimenticanza, indifferenza, oltraggi, e questi recati, a volte, anche da coloro che sono tenuti per dovere, a rispondere con uno speciale amore”.

Atti di riparazione richiesti da Gesù stesso

  1. – In riparazione di tali colpe, tra le molte altre cose, raccomandò questi atti, a Lui graditissimi; che cioè i fedeli, con l’intenzione di riparare si accostassero alla S. Comunione – chiamata perciò “Comunione riparatrice” – e compissero atti e preghiere di riparazione per un’ora intera, che per questo viene giustamente chiamata “Ora santa”. – Tali pratiche la Chiesa non solo le ha approvate ma le ha anche arricchite di favori spirituali.

Come si può consolare il Cuore di Gesù glorioso

  1. – Ma, se Cristo regna ora glorioso in cielo, come può venir consolato da questi nostri atti di riparazione? “Dà un’anima amante, e comprenderà ciò che dico”, rispondiamo con le parole di S. Agostino (Sul Vang. di Giovanni, tr. XXVI, 4) che qui vengono a proposito. – Infatti, un’anima ardente di amor di Dio, guardando il passato vede e contempla Gesù affaticato per il bene dell’umanità, addolorato e sottoposto alle prove più dure; Lo vede “per noi uomini e per la nostra salvezza” oppresso da tristezza, angoscia, quasi annientato dagli obbrobri, “schiacciato per le nostre iniquità” (Is. LIII,5) e che con le sue piaghe ci guarisce. Queste cose le anime pie le meditano con maggiore aderenza alla realtà per il fatto che i peccati e i delitti, in qualsiasi tempo siano stati commessi, costituiscono la causa per cui il Figlio di Dio fu dato a morte, e anche al presente cagionerebbero a Cristo la morte accompagnata dai medesimi dolori ed angosce, dal momento che ogni peccato rinnova in qualche modo la passione del Signore: “Per loro conto crocifiggono di nuovo il Figlio di Dio e lo espongono all’infamia” (Eb VI,6). – Pertanto, se a motivo dei nostri peccati che sarebbero stati commessi nel futuro, ma che furono previsti allora, l’anima di Cristo divenne triste fino alla morte, non vi può esser dubbio che abbia provato anche qualche conforto già da allora a motivo della nostra riparazione anch’essa prevista, quando “gli apparve un angelo dal cielo” (Lc XXII,43) per consolare il suo Cuore oppresso dalla tristezza e dall’angoscia. – Sicché, anche ora, in modo mirabile ma vero, noi possiamo e dobbiamo consolare quel Cuore Sacratissimo che viene continuamente ferito dai peccati degli uomini ingrati. Ed è Cristo stesso, come si legge nella Liturgia, che si duole per bocca del Salmista dell’abbandono dei suoi amici: “L’insulto ha spezzato il mio cuore e vengo meno. Ho atteso compassione, ma invano, consolatori, ma non ne ho trovati” (Sal LXVIII,21).

Si consola Gesù anche nelle sue membra sofferenti

  1. – A ciò s’aggiunga che la passione espiatrice di Cristo si rinnova e in certo modo continua e si completa nel suo corpo mistico, che è la Chiesa. – Infatti, per servirci ancora delle parole di S. Agostino, “Cristo patì tutto quello che doveva patire; ormai nulla più manca al numero dei patimenti. Dunque i patimenti sono completi, ma nel Capo; rimanevano ancora le sofferenze di Cristo da compiersi nel corpo” (In Sal 86). – Che è quel che il Signore Gesù stesso ha voluto dichiarare quando, parlando a Saulo “sempre fremente minaccia strage contro i discepoli” (At IX,1), disse: “Io sono Gesù, che tu perseguiti” (At IX,5). – Con ciò significò chiaramente che le persecuzioni mosse alla Chiesa, andavano a colpire e affliggere lo stesso Capo della Chiesa. – Giusto, dunque, che Cristo, sofferente ancora adesso nel suo corpo mistico, voglia averci compagni della sua espiazione, cosa che richiede la stessa nostra unione con Lui, perché essendo noi “corpo di Cristo e sue membra” (1 Cor XII,27), ciò che soffre il capo bisogna che con Lui soffrano anche le membra (Cf 1 Cor XII,26).

LA RIPARAZIONE RICHIESTA PER I NOSTRI TEMPI

Offensiva attuale contro Dio e la cristianità

  1. – Quanto sia urgente, specialmente in questo nostro tempo, l’espiazione o riparazione appare manifesto, come abbiamo detto all’inizio, a chiunque osservi con gli occhi e la mente questo mondo che giace sotto il potere del maligno” (1 Gv V,19). – Da ogni parte giunge a Noi il grido di popoli afflitti, dove capi e governanti sono, nel vero senso, insorti e congiurano insieme contro il Signore e contro la sua Chiesa (Cf Sal II,2). – Vediamo in quelle regioni calpestato ogni diritto divino e umano. I templi demoliti e distrutti, i religiosi e le sacre vergini cacciati dalle loro case, insultati, tormentati, affamati, imprigionati; strappati dal grembo della madre Chiesa schiere di fanciulli e fanciulle, spinti a negare e a bestemmiare Cristo e a commettere i peggiori crimini di lussuria; il popolo cristiano gravemente minacciato e oppresso, e in continuo pericolo di apostatare dalla fede o andare incontro a morte anche la più atroce. – Cose tanto tristi, che con tali avvenimenti sembra si preannunzi e si anticipi fin da ora “l’inizio dei dolori”, quali apporterà “l’uomo iniquo che s’innalza sopra ogni essere che viene detto Dio o è oggetto di culto” (2 Ts II,4).

Deficienze tra i cristiani

  1. – Ma è ancor più doloroso il fatto, Venerabili Fratelli, che tra gli stessi Cristiani, lavati col sangue dell’Agnello immacolato nel battesimo e arricchiti della sua grazia, ce ne siano tanti, appartenenti ad ogni classe, i quali ignorando in maniera incredibile le verità divine e infetti da false dottrine, vivono una vita viziosa, lontana dalla casa del Padre; una vita che non è illuminata dalla vera fede, non confortata dalla speranza nella futura beatitudine, non sostenuta né ravvivata dall’ardore della carità, sicché sembra davvero che costoro siano nelle tenebre e nell’ombra di morte. – Inoltre, va sempre più crescendo tra i fedeli la noncuranza della disciplina ecclesiastica e delle antiche istituzioni, da cui è sorretta tutta la vita cristiana, regolata la società domestica e difesa la santità del matrimonio. – Trascurata affatto è poi o deformata da troppe delicatezze e lusinghe l’educazione dei fanciulli e perfino tolta alla Chiesa la facoltà di educare cristianamente la gioventù. – Il pudore cristiano purtroppo dimenticato nel modo di vivere e di vestire, specialmente nelle donne. Insaziabile la cupidigia dei beni transitori, gli interessi civili predominanti, sfrenata la ricerca del favore popolare rifiutata la legittima autorità, disprezzata la parola di Dio, per cui la fede stessa vacilla o è messa in grave pericolo. Al complesso di questi mali si aggiunge l’ignavia e l’infingardaggine di coloro che, a somiglianza degli apostoli addormentati o fuggitivi, mal fermi nella fede, abbandonano Cristo oppresso dai dolori e circondato dai satelliti di Satana. E c’è anche la perfidia di coloro che seguendo l’esempio di Giuda traditore, con sacrilega temerarietà si accostano all’altare o passano al campo nemico. – E così, anche senza volerlo, si presenta alla mente il pensiero che si stiano avvicinando i tempi predetti dal Signore: e Per il dilagare dell’iniquità, l’amore di molti si raffredderà” (Mt XXIV,12).

Ci sono però anche confortanti reazioni

  1. – Riflettendo su queste cose i buoni fedeli, infiammati d’amore per Cristo sofferente, non potranno fare a meno di dedicarsi ad espiare con maggiore impegno le proprie colpe e quelle commesse da altri, risarcire l’onore di Cristo e promuovere la salvezza delle anime. – E possiamo davvero descrivere la nostra età adattando in qualche modo il detto dell’Apostolo: “Laddove è abbondato il peccato, ha sovrabbondato la grazia” (Rm V,20). – Infatti, è vero che è cresciuta di molto la perversità degli uomini, ma è anche vero che va meravigliosamente aumentando, per impulso dello Spirito Santo, il numero dei fedeli dell’uno e dell’altro sesso, i quali con animo volenteroso si adoperano a dare soddisfazione al divin Cuore per tante ingiurie che gli si recano e giungono anche ad offrire a Cristo le loro stesse persone come vittime. – Certo che chi riflette con spirito di amore a quanto abbiamo fin qui rammentato e l’imprime, per così dire, nell’intimo del cuore, arriverà non solo ad aborrire il peccato come il sommo dei mali e a fuggirlo, ma anche ad abbandonarsi totalmente alla volontà di Dio e risarcire l’onore leso della divina Maestà con la preghiera assidua, le volontarie penitenze e col sopportare pazientemente le eventuali calamità, fino a vivere tutta la vita in spirito di riparazione. – E così che sono sorte molte famiglie religiose di uomini e di donne, le quali, con ambito servizio, si propongono di fare in qualche modo, giorno e notte, le veci dell’Angelo che conforta Gesù nell’orto. – Di qui pure le pie associazioni di uomini, approvate dalla Sede Apostolica e arricchite di indulgenze, che si assumono il compito dell’espiazione con opportuni esercizi di pietà e atti di virtù. – Di qui, infine, per non parlare di altre, quelle pratiche religiose e solenni attestazioni d’amore, introdotte allo scopo di riparare l’onore divino violato, usate frequentemente non solo da singoli fedeli ma anche da parrocchie, diocesi e città.

Atto di riparazione da farsi nella festa del S. Cuore

  1. – Ebbene, Venerabili Fratelli, come la pratica della consacrazione, cominciata da umili inizi e poi largamente diffusasi, ha raggiunto lo splendore desiderato con la nostra conferma, così grandemente bramiamo che la pratica di questa espiazione o riparazione, già da tempo santamente introdotta e propagata, abbia con la nostra apostolica autorità il più fermo suggello e diventi più solenne e universale nel mondo cattolico. – Stabiliamo perciò e ordiniamo che tutti gli anni, nella festa del Cuore Sacratissimo di Gesù – che in questa occasione abbiamo disposto che sia elevata al grado di doppio di prima classe con ottava – in tutte le Chiese del mondo si reciti solennemente, con la formula di cui uniamo esemplare in questa Lettera, la preghiera espiatrice o ammenda onorevole, com’è chiamata, per esprimere con essa il pentimento delle nostre colpe e risarcire i diritti violati di Cristo sommo Re e Signore amatissimo.

Frutti che si sperano

  1. – Non dubitiamo, Venerabili Fratelli, che da questa pratica santamente rinnovata ed estesa a tutta la Chiesa, molti e segnalati siano i beni che ne verranno non solo alle singole persone, ma anche alla società religiosa, civile e domestica. – Lo stesso Redentore nostro, infatti, ha promesso a Margherita Maria che “avrebbe colmato con l’abbondanza delle sue grazie celesti tutti coloro che avessero reso questo onore al suo Cuore”. – I peccatori “volgendo lo sguardo a Colui che hanno trafitto” (Gv XIX,37) e commossi dai gemiti e dalle lacrime di tutta la Chiesa, pentiti per le ingiurie recate al Sommo Re, “rientreranno in se stessi” (Cf Is XLVI,8), perché non avvenga che ostinandosi nei loro peccati, quando vedranno “venire sulle nubi del cielo” (Mt XXVI,64) colui che trafissero, troppo tardi e inutilmente piangano su di Lui (Cf Ap I,7). I giusti diventeranno più giusti e più santi (Cf Ap XXII,11) e si consacreranno con rinnovato fervore al servizio del loro Re che vedono tanto disprezzato e combattuto e oggetto di tante e così gravi ingiurie. Soprattutto s’infiammeranno di zelo per la salvezza delle anime, nel meditare il lamento della vittima divina: “Quale vantaggio dal mio sangue” (Sal XXIX,10), e nel riflettere al gaudio che avrà quel Sacratissimo Cuore “per un peccatore convertito” (Lc XV,7). – Ma quel che principalmente desideriamo e speriamo è che la giustizia divina, la quale per dieci giusti avrebbe usato misericordia e perdonato a Sodoma, molto più voglia perdonare a tutto il genere umano, in vista delle suppliche e delle riparazioni che dappertutto innalza la comunità dei fedeli, insieme con Cristo Mediatore e Capo.

Sia propizia Maria Riparatrice

  1. – Sia propizia a questi nostri voti e a queste nostre disposizioni la benignissima Vergine Madre di Dio, la quale col dare alla luce il nostro Redentore, col nutrirlo e offrirlo come vittima sulla croce, per la mirabile unione con Cristo e per sua grazia del tutto singolare, è divenuta anch’essa Riparatrice e come tale è piamente invocata. Noi confidiamo nella sua intercessione presso Cristo, il quale pur essendo il solo “Mediatore fra Dio e gli uomini” (1 Tm II,5) volle associarsi la Madre come avvocata dei peccatori, dispensatrice e mediatrice di grazia.

L’apostolica benedizione

  1. – Auspice dei divini favori e in testimonianza della paterna nostra benevolenza, a Voi, Venerabili Fratelli, e all’intero gregge affidato alle vostre cure, impartiamo di cuore l’apostolica benedizione. Dato a Roma presso S. Pietro, il giorno 8 del mese di maggio dell’anno 1928, settimo del nostro Pontificato.

Pio Papa XI

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PRECATIO PIACULARIS
AD SACRATISSIMUM COR IESU

“Iesu dulcissime, cuius effusa in homines caritas, tanta oblivione, negligentia, contemptione, ingratissime rependitur, en nos, ante altaria tua provoluti, tam nefariam hominum socordiam iniuriasque, quibus undique amantissimum Cor tuum afficitur, peculiari honore resarcire contendimus. – Attamen, memores tantae nos quoque indignitatis non expertes aliquando fuisse, indeque vehementissimo dolore commoti, tuam in primis misericordiam nobis imploramus, paratis, volontaria expiatione compensare flagitia non modo quae ipsi patravimus, sed etiam illorum, qui, longe a salutis via aberrantes, vel te pastorem ducemque sectari detrectant, in sua infidelitate obstinati, vel, baptismatis promissa conculcantes, suavissimum tuae legis iugum excusserunt. – Quae deploranda crimina, cum universa expiare contendimus, tum nobis singula resarcienda proponimus: vitae cultusque immodestiam atque turpitudines, tot corruptelae pedicas innocentium animis instructas, dies festos violatos, exsecranda in Te tuosque Sanctos iactata maledicta atque in tuum Vicarium ordinemque sacerdotalem convicia irrogata, ipsum denique amoris divini Sacramentum vel neglectum vel horrendis sacrilegiis profanatum, publica postremo nationum delicta, quae Ecclesiae a Te institutae iuribus magisterioque reluetantur. – Quae utinam crimina sanguine ipsi nostro eluere possemus! Interea ad violatum divinum honorem resarciendum, quam Tu olim Patri in cruce satisfactionem obtulisti quamque cotidie in altaribus renovare pergis, hanc eandem nos tibi praestamus, cum Virginis Matris, omnium Sanctorum, piorum quoque fidelium expiationibus coniunctam, ex animo spondentes, cum praeterita nostra aliorumque peccata ac tanti amoris incuriam firma fide, candidis vitae moribus, perfecta legis evangelicae, caritatis potissimum, observantia, quantum in nobis erit, gratia tua favente, nos esse compensaturos, tum iniurias tibi inferendas pro viribus prohibituros, et quam plurimos potuerimus ad tui sequelam convocaturos. Excipias quaesumus, benignissime Iesu, B. Virgine Maria Reparatrice intercedente, voluntarium huius expiationis obsequium nosque in officio tuique servitio fidissimos ad mortem usque velis, magno illo perseverantiae munere, continere, ut ad illam tandem patriam perveniamus omnes, ubi Tu cum Patre et Spiritu Sancto vivis et regnas Deus in saecula saeculorum. Amen”.

[ATTO DI RIPARAZIONE AL CUORE SACRATISSIMO Dl GESÙ]

Prostrati dinanzi al tuo altare, noi intendiamo riparare con particolari attestazioni di onore una così indegna freddezza e le ingiurie con le quali da ogni parte viene ferito dagli uomini il tuo amatissimo Cuore. –

[“Gesù dolcissimo: il tuo amore immenso per gli uomini viene purtroppo, con tanta ingratitudine, ripagato di oblio, di trascuratezza, di disprezzo. – Memori però che pure noi altre volte ci macchiammo di tanta ingratitudine, ne sentiamo vivissimo dolore e imploriamo la tua misericordia. – Desideriamo riparare con volontaria espiazione non solo i peccati commessi da noi, ma anche quelli di coloro che, errando lontano dalla via della salvezza, ricusano di seguire Te come pastore e guida, ostinandosi nella loro infedeltà, o, calpestando le promesse del Battesimo, hanno scosso il soavissimo giogo della tua legge. – E mentre intendiamo espiare il cumulo di sì deplorevoli delitti, ci proponiamo di ripararli ciascuno in particolare: l’immodestia e le brutture della vita e dell’abbigliamento; le insidie tese alle anime innocenti dalla corruzione dei costumi; la profanazione dei giorni festivi; le ingiurie scagliate contro di Te e i tuoi Santi; gli insulti rivolti al tuo Vicario e l’ordine sacerdotale; le negligenze e gli orribili sacrilegi con i quali è profanato lo stesso Sacramento dell’amore divino e in fine le colpe pubbliche delle nazioni che osteggiano i diritti e il magistero della Chiesa da Te fondata. Intanto come riparazione dell’onore divino conculcato, Ti presentiamo quella soddisfazione che Tu stesso offristi un giorno sulla croce al Padre e che ogni giorno si rinnova sugli altari: Te l’offriamo accompagnata con le espiazioni della Vergine Madre, di tutti i Santi e delle anime pie. Promettiamo con tutto il cuore di voler riparare, per quanto potremo, con l’aiuto della tua grazia, i peccati commessi da noi e dagli altri e l’indifferenza verso sì grande amore, con la fermezza della fede, la santità della vita, l’osservanza perfetta della legge evangelica e specialmente della carità. Inoltre d’impedire, con tutte le forze, le ingiurie contro di Te e attrarre quanti più potremo, a seguire e imitare Te. Accogli, te ne preghiamo, o benignissimo Gesù, per intercessione della B.V. Maria Riparatrice, questo volontario ossequio di riparazione, e conservaci nella fedele obbedienza a Te e nel tuo servizio fino alla morte, col dono della perseveranza, così che possiamo un giorno pervenire a quella patria, dove Tu col Padre e con lo Spirito Santo vivi e regni, Dio, per tutti i secoli dei secoli. – Amen.”]