La CHIESA CATTOLICA condanna e vieta espressamente la CREMAZIONE .

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L’obbrobrio della cremazione viene oggi fatto passare come pratica approvata dalla Chiesa Cattolica. Innanzitutto, ciò che viene sbandierato dai media di regime massonico, non è di fede cattolica, ma di fede marrano-modernista appannaggio della falsa chiesa conciliare, o meglio del tempio masso-liberista, sinagoga di satana. Ma poiché molti non sanno, non capiscono, o non voglio capire, ci intratteniamo con questo scritto, sull’ennesimo abominio modernista anticattolico, quindi ulteriore via per finire dritti nel fuoco eterno preparato per gli angeli ribelli e per coloro che lottano contro Cristo e la sua Chiesa [anche se inconsapevolmente … colpevolemente però!]. Per chiarire le idee a tanti inebetiti allocchi colpevolmente ignoranti, ricorriamo, come al solito, alla Enciclopedia Cattolica, l’ultima opera cattolica edita in Vaticano nel 1950 [oggi uno dei centri “direzionali” della Massoneria mondiale], coll. 838-841 del vol. IV, voce: CREMAZIONE., redatta addirittura da mons. Pietro Palazzini, quando ancora era nella Chiesa Cattolica, prima di essere nominato  non-Cardinale della falsa chiesa del novus ordo, dall’anti-Papa Montini [i cui atti sono quindi tutti invalidi, comprese le nomine cardinalizie].

CREMAZIONE

[Enciclop. Cattolica, C. d. V. 1950]

La voce crem. (dal lat. Crematici = abbruciamento) è stata riservata dall’uso all’atto dell’abbruciamento del cadavere umano. Il quale atto, com’è praticato oggi nei nostri paesi, è una combustione del cadavere pronta, completa e secondo la tecnica scientifica, mentre presso i popoli meno civili è un incinerimento più o meno completo con speciale cerimoniale religioso, com’era presso gli antichi. Secondo una simbologia, piuttosto convenzionale, l’incinerimento sembra voler significare che i corpi sono per sempre risoluti e dispersi, mentre il rito contrario dell’inumazione accompagna l’idea della morte equiparata a sonno, ed esprime con più aderenza la fede cristiana nella finale risurrezione. Ciò come espressione simbolica, non come realtà. In via assoluta infatti la crem. non è contraria a nessuna verità naturale o rivelata; molto meno è tale da costituire un ostacolo all’onnipotenza di Dio per la resurrezione dei corpi. E neppure può dirsi che leda in qualche modo i diritti della persona umana. Il cadavere non è più persona e quindi non è più per sé ed in sé essenzialmente inviolabile. Di fatto però la crem. è ripugnante alla disciplina della Chiesa fin dai suoi primi inizi, contraria agli squisiti sensi di pietà cristiana verso i defunti; mentre il rito contrario, l’inumazione, per unanime, ininterrotto, tradizionale insegnamento, è assurto ad una aderente significazione dell’immortalità dell’anima, della fede nella risurrezione della carne; ad un richiamo palese di avvenimenti ed insegnamenti biblici, già operanti nella tradizione giudaica, come dell’idea del corposeme ( Cor. XV, 36-44), della terra madre (Ger. III, 19; Iob. I, 2 1 ; Eccli. XL, 1), della morte-riposo e sonno (Dan. XII, 2 ; Io. XI, 11-39). Un pagano del II sec. diceva dei cristiani « execrantur rogos, et damnant ignium sepulturas » (Minucio Felice, Octavius, cap. 11: PL 3, 267). E ne faceva noto anche il motivo: la fede nella risurrezione della carne. Non si tratta dunque di una semplice consuetudine, contraria ai roghi, ma di una esecrazione, di una condanna fatta per principio religioso e così aperta da essere nota anche ai pagani. I quali, appunto per fare insulto alle convinzioni cristiane, non raramente si accanivano contro le martoriate spoglie dei martiri, incinerendole (Eusebio, Hist. eccl., V, capp. 1 e 2, PG 20, 433). – I cristiani si ritenevano gravemente ingiuriati per lo scempio fatto ai cadaveri dei loro fratelli e gli apologisti protestavano, pur facendo capire di non aver nulla a temere per la resurrezione. – Sono state tuttavia rinvenute in cimiteri cristiani urne cinerarie c resti combusti; ma il luogo di invenzione, spesso sotto cimiteri pagani, e le iscrizioni, nessuna delle quali finora è stata riscontrata cristiana, ci autorizzino senz’altro a ritenere che le dette urne cinerarie provengano per frane dai soprastanti monumenti funerari pagani (cf. O. Marucchi, Manuale di archeologia cristiana, Roma 1933. P- 201). – Materialismo, superstizione, incongruenze ridicole, tutto concorreva ad alienare l’animo dei cristiani dalla crem., oltre gli inutili maltrattamenti, a cui era sottoposto il cadavere. La consuetudine cristiana dell’inumazione, già in uso tra gli Ebrei, prende piede anche nel mondo pagano contro la pratica del rogo, proporzionalmente al diffondersi della fede cristiana e si estende ad ogni qualità di persone, anche le più alte, che avessero abbracciato il cristianesimo. I convertiti al cristianesimo, anche se di nobile casato, al fasto del rogo preferivano i loculi cimiteriali cristiani, mentre la liturgia della Chiesa si orientava tutta al rito dell’inumazione, riecheggiando gli alti significati che la tradizione ha dato alla deposizione del cadavere sotterra. – Con la vittoria della Chiesa tra la fine del IV e l’inizio del V sec, cessa la crem. nell’Impero romano. – La stessa rarità o quasi assenza della documentazione canonica in materia, è indice della assenza di abusi. Le testimonianze indirette dei concili, che legiferano in materia funeraria ci documentano la consuetudine universale di inumare i cadaveri (C. 28, C. XIII , q. 2 ). – Anche fuori dell’Impero romano i roghi sono scomparsi generalmente in ogni paese, ove è penetrato il cristianesimo. – I Sassoni renitenti ad abbandonare la crem., ne sono pressati da un capitolare di Carlo Magno del 789 (ed. Boretius, I , 69). Prima di loro avevano abbandonato la crem. i Turingi e dopo gli Scandinavi, i Norvegesi, gli Svedesi, i Danesi (1205) ed i Prussiani (1245). – Dopo il mille una strana usanza funebre si era andata diffondendo in Europa, che in qualche maniera aveva punti di contatto con la crem. Si scarnificavano artificialmente i cadaveri, previa cottura, perché più facilmente le ossa ripulite potessero essere trasferite da un luogo ad altro. Simile trattamento fu applicato al figlio dell’imperatore Conrado, all’arcivescovo di Colonia, Rainaldo (1162), a Federico I , il Barbarossa (1167) e ad alcuni suoi dignitari, a S. Luigi IX di Francia (1270) a Teobaldo, re di Navarra, Isabella d’Aragona, Filippo IV di Francia, e ad altri (Aimoino, De gestis Francorum, V, Parigi 1514, cap. 55). Una decretale di Bonifacio VIII (1299) colpisce di scomunica « latae sententiae », riservata alla S. Sede, i.mandanti e gli esecutori di tale operazione; privando insieme il corpo, così trattato, di sepoltura ecclesiastica (c. 1, De sepulturis, III, 6, in « Extravag. Comm.). La decretale nel suo testo e contesto è anche una condanna implicita della crem. – La condanna ottenne i l suo effetto, perché per secoli non si hanno più tracce di nuovi abusi. Sarà l’atteggiamento decisamente anticristiano dei cremazionisti odierni e dei loro sodalizi pro-crem. che susciterà per un fatto, in sé non strettamente legato con la dottrina, l’avversione dei credenti e le esplicite condanne della Chiesa. – Le origini del moderno movimento per la crem. si vogliono ricollegare con la Rivoluzione del sec. XVIII. Vi fu infatti un progetto di legge al Consiglio dei Cinquecento (11 nov. 1797), per ottenere che fosse resa facoltativa la crem., ma la cosa fu respinta. I tentativi saranno però ripresi più tardi nei vari Stati europei e con un certo successo. La massoneria ha molte responsabilità al riguardo. Pur non potendosi, per insufficenza di prove, imputarle la genesi di tale movimento, è certo che lo ha favorito in tutti i modi per spirito soprattutto anticlericale, curando di dargli quel carattere di indipendenza e di spirito di libertà di pensiero, di svincolamento da tradizioni religiose che è stata la causa principale delle condanne della Chiesa. Il vero lancio dell’idea cremazionista si ebbe in Italia nel 1857 ad opera di Ferdinando Coletti, un medico che fu seguito da vari colleghi; e nel 1867 formava oggetto di una proposta parlamentare non ammessa però alla lettura, ad iniziativa dell’on. Salvatore Morella celebre divorzista. Ma le proposte ripetute ebbero successo col decreto del 1874, il cui art. 67 permette la crem. come cosa, tuttavia eccezionale: da cosa eccezionale, grazie alla propaganda ed alle pressioni di una trentina di società cremazioniste, sorte nel frattempo, passava ad essere facoltativa con decreto del 1892. – Dopo il suo quarto d’ora di fortuna nel secolo scorso la c. è oggi in regresso in Italia. [Oggi le logge massoniche del Vaticano post-conciliare, in combutta con le logge a prevalenza giudaica, l’hanno riportata in auge – ndr. -]. Negli altri paesi gli inizi della campagna cremazionista si ebbero pure nel secolo scorso, e quasi dappertutto risulta il carattere storicamente antireligioso della crem. La crem. trovò traccia anche nelle altre legislazioni: fu ammessa in Francia (1887), in Belgio (1932), nella Spagna rossa (1932), nel Portogallo (1910), i n Danimarca (1892), in Cecoslovacchia (1919), in Inghilterra (1904), Finlandia (1926), Austria (1922), in molti degli Stati dell’America del nord, nell’Argentina (1886) ecc. All’avanguardia della prassi cremazionista sta forse la Svezia seguita dalla Norvegia, Svizzera (dove la legge in proposito è cantonale) e Germania. La Chiesa protestante si è mostrata in proposito molto conciliante, avversa invece la chiesa ortodossa e più di tutte la Chiesa cattolica. Ma non già per partito preso. -Difatti proprio in questo secolo la Chiesa dava prova di tolleranza in materia con i neofiti dell’India, permettendo ai suoi ministri di rimanere passivi, pur senza approvare, di fronte a casi di crem. di cadaveri di cristiani, promossa da parenti pagani per ragioni di prestigio di casta. E ciò per non porre ostacoli alla loro conversione (Collectanea S. Congr. de Propaganda Fide, n. 1626-27 sett. 1884). Intransigente invece si mostrò per opposte ragioni di fronte ai cremazionisti dei paesi cattolici nei quali era evidente il proposito di scristianizzare. Nel I° documento che è della S. Congregazione del S. Uffizio in data 19 maggio 1886 la Chiesa condanna la crem. come un detestabile abuso, proibisce di destinare per testamento o convenzione con le società di crem., o comunque, il proprio cadavere alla crem. o di far cremare quello degli altri; proibisce di appartenere a società cremazioniste, che, se affiliate alla massoneria, soggiacciono alle pene ecclesiastiche comminate contro quest’ultima (Acta Sanctae Sedis 19 [1886], p. 46). Il 15 dic. dello stesso anno usciva un altro decreto della medesima Congregazione, che interdiceva ai sacerdoti l’accesso al forno crematorio per compiervi i riti sacri, pur permettendoli, nella, casa del defunto o in Chiesa, qualora la c. avesse luogo per volontà dei superstiti. Che, se la c. avviene per destinazione del defunto, mantenuta fino alla morte, egli è privato della sepoltura ecclesiastica.Sorgevano in seguito a questi decreti molte questioni morali relative ai Sacramenti, ai suffragi ed alla cooperazione; questioni che venivano affrontate nel decreto del S. Uffizio del 27 luglio 1892. Con questo si interdiceva di amministrare i Sacramenti ai fedeli che senza essere massoni, avevano optato per la crem. e non volevano ritrattarla anche in seguito ad ammonizione; e si proibiva di applicare per loro pubblicamente la Messa in caso di decesso; si dichiarava illecita, pena l’interdizione dei Sacramenti, la cooperazione alla crem., fatta con l’animo da trasgredire il precetto ecclesiastico, pur tollerandosi la cooperazione materiale, qualora venisse tolto dalle cerimonie per la c. qualsiasi segno di aderenza alla setta massonica o di ostilità alla Chiesa (Collectanea S. Congr. De Propaganda Fide, n. 1808).Coerente a questi principi sulla cooperazione è l’istruzione del S. Uffizio del 3 ag. 1897, con cui rispondendosi alla superiora delle suore « a Matre Dolorosa », si tollerava, se eseguito dietro ordine espresso del medico, l’incenerimento di membra amputate, pur raccomandandosi, se possibile, la sepoltura in luogo benedetto (Acta Sanctae Sedis, 30 [1897] p. 630). Il codice di diritto canonico ritiene i principi e le istruzioni dei predetti decreti, ed alla loro luce vanno interpretati i canoni relativi. Il can. 1203 § 1 prescrive il seppellimento dei cadaveri, riprova la crem. e dichiara irrita la volontà del defunto, che avesse lasciato mandato in qualsiasi maniera per la crem. del suo cadavere, interdicendo la cooperazione alla crem. stessa a norma del decreto del 1892. È questa irritazione della volontà del defunto l’unico elemento nuovo della legislazione canonica. – La pena per chi, in qualunque modo, abbia dato disposizione che venga cremato il proprio cadavere, e non l’abbia ritrattata, è a norma del can. 2291 n. 5 e 1240 § 1 e 5, la privazione della sepoltura ecclesiastica, e quindi, a norma del can. 1204, dell’accompagnamento alla Chiesa, delle esequie e della deposizione in luogo sacro.- Conseguentemente il defunto sarà privato di qualunque messa esequiale, anche anniversaria (can. 1241). – La privazione della sepoltura ecclesiastica rimane in vigore come pena, anche se la crem. di fatto non sia eseguita, qualora risulti che il defunto abbia perseverato fino alla morte nel suo proposito di crem. Qualora sia dubbia questa volontà la sepoltura ecclesiastica non viene interdetta. Cosi non viene proibita, se la crem. è eseguita contro la ritrattazione dell’autore o senz’altro contro qualsiasi precedente volontà del defunto; ma occorre allora prevenire lo scandalo, il che potrà ottenersi anche rendendo pubblica la vera volontà del defunto, e occorre ancora seppellire le ceneri, a modo di inumazione di cadavere. L’accompagnamento di un cadavere al forno crematorio può riguardarsi non come un atto di religione, ma come un dovere di civili onoranze e sotto questo aspetto, anche se ci fosse il ministro acattolico, a norma del can. 1258 § 2 sarà lecito. Se negata la sepoltura ecclesiastica, si è chiamato un ministro acattolico, chi lo ha fatto è sospetto di eresia e non può essere ammesso ai Sacramenti, se non dopo aver riparato lo scandalo (risposta del S. Uffizio al vescovo di Linz, 25 febbr. 1926; AAS, 18 [1926], p. 282). – Le società di crem. sono certamente proibite, ma non sub censura a meno che non siano affiliazioni della massoneria. Anche gli acattolici, a norma del c. 12, sono tenuti ad osservare le leggi della Chiesa sulla crem. – Nel giugno del 1926 un’istruzione del S. Uffizio gettava l’allarme su una ripresa della crem., richiamando quasi letteralmente i decreti del 1886 e ribadendo ancora una volta la dottrina della Chiesa. È opportuno però rilevare, a scanso di equivoci, che nel campo puramente disciplinare e rituale: se le circostanze lo richiedessero, la Chiesa potrebbe, senza contraddirsi, cambiare disposizioni. E anche oggi non trova nulla a ridire, qualora la crem. sia richiesta in circostanze straordinarie, come guerra, epidemie ecc. per una certa e grave ragione di bene pubblico, come non trovò nulla a ridire in passato contro la pena di morte, applicata per crem. – Oltre i motivi religiosi, contro la crem., sta un grave argomento di indole sociale, tratto dalla medicina legale, che ha tra i suoi oggetti di studio, il cadavere umano, anche per qualche tempo dopo il suo seppellimento, in seguito ad una morte, che possa apparire violenta o delittuosa. Ora la crem. distrugge con il cadavere una delle eventuali prove del delitto; è dunque anche socialmente pericolosa per una maggiore sicurezza data al delitto.

BIBL.: B. Biondelli, La c. dei cadaveri umani esaminata nella sua ragione morale, religiosa e politica, Milano 1874; J . Matteucci, La crem. dei cadaveri, combattuta nei suoi rapporti storici, chimici, e religiosi, Bologna 1875; A. Guidini, La crem. dei cadaveri nei rapporti igienici e morali, Milano 1875; A. Cadet, Hygiène, inumation, crémation ou incénération des corps, Parigi 1878; A. Rota, È ammissibile la crem. dei cadaveri? Scritti contro la crem., Venezia 1882; A. Chollet, La crémation, in Revue des sciences ecclésiastiques, 54 (1886), pp. 981 sgg. ; A. Besi, Inumazione e c. dei cadaveri, Padova 1886; E. Valton, s. v., in DThC, III, coll. 2310-23; J . Besson, Incinération, in DAFC, II, coll. 628-44; H. Leclercq, Incinération, in DACL, VII, coll. 502-508; E. P. Regatillo, Crematio cadaverum, in Sal Terrae, 17 (1928), pp. 706-13; C. S . , De crematione corporis humani, in Periodica de re mor. can. lit., 18 (1929), pp. 62-82; E. Voosen, De inhumatione, in Collationes Namurcenses, 26 (1932), pp. 349-62; V. Dalpiaz, De cadaverum crematione, in Apollinaris, 17 (1934), pp. 246-54; F. Abba, La crem, Torino 1936; N . lung, Crémation, in DDC, IV coli. 757-62; E. Righi-Lambertini, De vetita cadaverum crematione…, Venegono inf. 1948. –

Pietro Palazzini

MEDICINA . – A favore della crem. sono portati, dai fautori, argomenti d’indole storica, tecnica, igienica, sociale, politica e religiosa. In particolare: 1) L’aggravarsi del problema della sistemazione dei cadaveri nelle sempre più vaste necropoli annesse alle città, crescenti per il fenomeno dell’urbanesimo: così, p. es., mentre nel 1870 il cimitero del Verano a Roma occupava un superfice di 15 ettari, attualmente le aree cimiteriali complessive della città (Verano, Flaminio) e del suburbio coprono ca. 100 ettari. 2) La difficoltà pratica di sistemare il camposanto in condizioni di ubicazione e orientazione tali da riuscire veramente non dannoso alla falda idrica sotterranea per le infiltrazioni nel sottosuolo o in rapporto alla direzione delle correnti atmosferiche dominanti, destinate a convogliare in direzione opposta all’abitato le esalazioni miasmatiche. Quantunque i competenti abbiano chiaramente dimostrato che un cimitero impiantato con tutte le regole dell’igiene non porta alcun danno al vicino abitato, bisogna riconoscere che praticamente non è facile risolvere il problema in maniera soddisfacente e son ben pochi i cimiteri non criticabili dal punto di vista igienico. Però, sia le ragioni addotte dal punto di vista dell’ingombro spaziale sia quelle d’indole igienica, se possono apparire a prima vista di notevole importanza, praticamente si rivelano non preoccupanti. Gli stessi cimiteri hanno una loro vita relativamente breve; pochi anni, al massimo una diecina, compiono nei morti quell’incenerimento che la fiamma produrrebbe in pochi istanti; la vita prepotentemente avanza e mentre la storia mostra che molte città sorsero e molti nuovi fertili campi furono conquistati dall’aratro, dove già i nostri avi trovarono pietosa sepoltura, non ha mai parlato di necropoli che soffocarono o inghiottirono città di viventi. Dal punto di vista igienico è dimostrato l’ottimo potere filtrante esercitato dalla terra sui germi patogeni più pericolosi (vaiolo, colera, tifo, ecc.); è dato d’osservazione che, ogni qualvolta scoppia un’epidemia, le fonti del contagio e della diffusione partono dai vivi e non dai morti; che non si assiste mai a risvegli di vecchie epidemie quando, nel periodo di sviluppo urbanistico del sec. XIX, i vecchi cimiteri furono travolti dal sorgere e dal dilatarsi dei nuovi abitati.

BIBL.: Documentation catholique, 23 (1930, 1), coli. 1363-1406; L . Maccone, Storia documentata della c. presso i popoli antichi e moderni, con speciale riferimento all’igiene, Bergamo 1931; E. Righi-Lambertini, Crem. o inumazione?, in La scuola cattolica, 1946, II , p. 132 sgg.; n i , p. 205 sgg.; 1947, 1, p. 28 sgg. Giuseppe de Ninno.

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Da questo scritto dell’Enciclopedia Cattolica si evince chiaramente che la cremazione è una pratica considerata abominio dalla Chiesa Cattolica, e pertanto proibita, tranne in caso di pubbliche calamità, con pene canoniche come si legge appunto nel Codice Canonico. Giova qui ricordare ai soliti “finti tonti”, gli ignobili e sacrileghi novatori del “conciliabolo roncallo-montiniano”, che il Codex Juris Canon. Pio-Benedettino del 1917 è parte integrante del Magistero della Chiesa Cattolica, quindi irreformabile ed eterno, essendo parte della Lettera Enciclica di S.S. Benedetto XV PROVIDENTISSIMA MATER – Pentecoste del 1917- [BOLLA che promulga il codex juris canonicus “… cui intendiamo attribuire validità perpetua, « promulghiamo il presente Codice, così come è stato redatto, e decretiamo e comandiamo che esso abbia d’ora in poi forza di legge per tutta la Chiesa », e lo affidiamo alla vostra salvaguardia e vigilanza.]. Codici successivi, promulgati da invalide pseudo-autorità [come gli apostati marrani antipapi del Novus Ordo], sono assolutamente invalidi, sacrileghi e blasfemi, parto distocico di lucifero. Pensare quindi semplicemente di essere cremato, costituisce peccato mortale degno del fuoco eterno; la cremazione impedisce addirittura la sepoltura ecclesiastica o in edifici sacri, indice quindi di estromissione dalla Chiesa cattolica, e pertanto sigillo sicuro di dannazione eterna. E chi afferma il contrario, anche se carnevalescamente addobbato con talare di colore porpora, rossa, nera o addirittura bianca, è un eretico, come tale estromesso dalla comunione della Chiesa Cattolica, quindi candidato certo all’eterna cremazione!

 

Permettetemi di portarvi alla Casa di mio Padre…!

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L’Arcibasilica Papale del Santissimo Salvatore

Basilica di San Giovanni in Laterano – Roma

L’Arcibasilica Papale del Santissimo Salvatore, comunemente nota come Arcibasilica di San Giovanni in Laterano. La basilica di San Giovanni in Laterano, o Basilica Lateranense, è la Chiesa Cattedrale della diocesi di Roma e la Sede ecclesiastica ufficiale del Vescovo di Roma, che è il Papa – Gregorio XVIII.

   Queste parole sono utilizzate in riferimento all’Arcibasilica Papale, ed anche se il vero Papa attualmente non è assiso nella sua sede ecclesiastica ufficiale, che è appunto questa Arcibasilica, si suppone che formalmente sia seduto su di essa, che è il suo trono legittimo, defraudato da impostori!

Guarda, Signore, la mia miseria, perché il nemico ne trionfa”. L’avversario ha steso la mano su tutte le sue cose più preziose; essa infatti ha visto i pagani penetrare nel suo santuario, coloro ai quali avevi proibito di entrare nella tua assemblea”. [Lam. I: 9-10]

Essa è la più antica ed è al primo posto tra le quattro basiliche papali o basiliche maggiori di Roma (che possiedono la Cattedra del vescovo di Roma).

La Cattedrale del Papa, L’Arcibasilica di San Giovanni in Laterano, è denominata la “Chiesa madre” di tutte le chiese non solo nella città di Roma, ma in tutto il mondo.

La grande scritta sulla parte anteriore principale dell’Arcibasilica, riporta: ‘Clemens XII Pont Max Anno V Christo Salvatori In Hon. SS Ioan Bapt et Evang., una sintetica iscrizione latina che significa “Papa Clemente XII, nel quinto anno del suo Regno, dedica quest’edificio a Cristo Redentore, in onore di San Giovanni Battista e San Giovanni Evangelista”; Questo perché le cattedrali di tutti i Patriarchi sono dedicate a Cristo Salvatore; la co-dedica a San Giovanni Battista e San Giovanni Evangelista, è stata aggiunta secoli più tardi… Come Cattedrale del vescovo di Roma, si propongono pure altre chiese nella Chiesa cattolica, tra cui Basilica di San Pietro. Per questo motivo, a differenza di tutte le altre basiliche romane, essa detiene il titolo di Arcibasilica.

La dedicazione ufficiale

La dedicazione ufficiale della Basilica e l’adiacente Palazzo del Laterano fu presieduta nel 324 da papa Silvestro I, che dichiarava entrambi gli edifici essere “Domus Dei” o “Casa di Dio”. Al suo interno, è stato disposto il Trono papale, rendendola Cattedrale del vescovo di Roma. Nella riflessione della definizione della basilica al primato nel mondo come “Chiesa madre”, le parole: ‘ Sacrosancta Lateranensis ecclesia omnium urbis et orbis ecclesiarum mater et caput’ (che significa “Sacrosanta Chiesa in Laterano, la madre e il capo di tutte le chiese della città e del mondo”), sono incise nella parete frontale tra le porte dell’ingresso principale. Il Palazzo del Laterano e la Basilica sono stati consacrati due volte. Papa Sergio III li ha dedicati a San Giovanni Battista nel x secolo in onore del Battistero appena consacrato della Basilica. Papa Lucio II ha dedicato il Palazzo del Laterano e la basilica anche a San Giovanni Evangelista nel XII secolo. Pertanto, S. Giovanni Battista e San Giovanni Evangelista sono considerati come co-patroni della Cattedrale, essendone Cristo il Salvatore stesso il patrono principale, come indica l’iscrizione all’ingresso della Basilica, secondo tradizione nelle cattedrali patriarcali (che sono dedicate tutte a Cristo stesso).

Preghiamo Dio che il vero Vescovo di Roma, il Santo Padre – Papa GREGORIO XVIII , possa occupare come un tempo, il trono, il suo legittimo trono Santo (che i ladri hanno usurpato).

Hymnus

Caelestis urbs Jerusalem,

Beata pacis visio,

Quae celsa de viventibus

Saxis ad astra tolleris,

Sponsaeque ritu cingeris

Mille angelorum millibus.

O sorte nupta prospera,

Dotata Patris gloria,

Respersa Sponsi gratia,

Regina formosissima,

Christo jugata principi,

Caeli corusca civitas.

Hic margaritis emicant,

Patentque cunctis ostia:

Virtute namque praevia

Mortalis illuc ducitur,

Amore Christi percitus

Tormenta quisquis sustinet.

Scalpri salubris ictibus,

Et tunsione plurima,

Fabri polita malleo

Hanc saxa molem construunt,

Aptisque juncta nexibus

Locantur in fastigio.

Decus Parenti debitum

Sit usquequaque Altissimo,

Natoque Patris unico,

Et inclyto Paraclito,

Cui laus, potestas, gloria

Aeterna sit per saecula.

Amen.

[Inno: Celeste città di Gerusalemme, beata visione di pace, eccelsa, fatta di vive pietre, tu t’innalzi agli astri, incoronata come sposa da mille e mille Angeli! O sposa fedelissima, dotata della gloria del Padre, ricolma della grazia dello Sposo, regina bellissima, unita a Cristo principe, fulgente città del cielo. Di gemme brillano e a tutti sono aperte le sue porte, perché per la virtù dei meriti vi giunge ogni mortale, che per amore di Cristo sostiene tormenti. Le pietre che formano questa mole, son tagliate a colpi di salutare scalpello, e levigate assiduamente col martello, e, bellamente unite insieme, ne adornano il fastigio. * Da ogni parte sia reso l’onore dovuto al Padre Altissimo, al Figlio suo unigenito e all’inclito Paraclito, al quale siano resi lode, potere e gloria per tutti i secoli. Amen.]

sgiovannilaterano

DEDICAZIONE ARCIBASILICA SS. SALVATORE

9 NOVEMBRE.

Fino dall’antichità più remota si solevano consacrare a Dio con particolare solennità i luoghi destinati al culto divino. E’ un fatto questo che troviamo verificato nella storia di tutti i popoli, ma specialmente in quella del popolo d’Israele. Tutti infatti sanno quale fosse la magnificenza e la ricchezza del Tempio di Gerusalemme, e con quale pompa il Re Salomone lo abbia fatto consacrare a Dio. – Anche la Chiesa di Cristo ebbe fin dai suoi inizi i luoghi dedicati al culto: ai tempi dalla predicazione apostolica non erano che camere separate nelle case dei fedeli; in seguito si ebbero vere chiese. Durante le persecuzioni tutte queste chiese furono distrutte ed i cristiani costretti a ritirarsi nelle catacombe. Quando l’Imperatore Costantino il Grande, dopo la vittoria riportata su Massenzio, diede piene libertà ai seguaci del Vangelo (313), questi non risparmiarono fatiche e spese per edificare al Signore templi sontuosi, e numerose e grandiose furono le chiese che vennero fabbricate in quei tempi. Lo stesso imperatore ne diede l’esempio facendo costruire sul Monte Celio a Roma, in luogo dell’antico Palazzo Laterano una magnifica Basilica che fece dedicare al SS. Salvatore. In essa fu edificata una cappella dedicata e S. Giovanni Battista che serviva di Battistero, donde il nome di S. Giovanni in Laterano dato dai cristiani a quella chiesa. Il Pontefice S. Silvestro la consacrò solennemente il giorno 9 novembre e stabilì che le cerimonie da lui seguite in quella circostanza, fossero quelle con cui i cattolici avrebbero dovuto in seguito consacrare i loro templi. – La Basilica del Santissimo Salvatore sia per la sua magnificenza, sia per l’abituale residenza che in essa facevano anticamente i Sommi Pontefici, fu sempre dai cristiani considerata come la principale, la madre e la signora di tutte le chiese del mondo, e perciò, sola fra tutte, viene anche designata col titolo di Arcibasilica. Fin dai tempi di S. Leone Magno la officiava una collegiata di canonici regolari; oggi ai canonici regolari furono sostituiti canonici secolari col titolo di prelati. -Sebbene il Pontefice S. Silvestro, avesse ordinato che gli altari nelle chiese dovessero essere di pietra, tuttavia noi troviamo in questa basilica un altare di legno. Ciò non deve far meraviglia poiché dai tempi da S. Pietro a S. Silvestro, i cristiani solevano celebrare il Santo Sacrificio su altari portatili di legno. L’altare inoltre che fu collocato nella Basilica Lateranense era quello che aveva ordinariamente servito ai Sommi Pontefici nella celebrazione dei Divini Misteri, e correva tradizione che sul medesimo avesse celebrato lo stesso Principe degli Apostoli S. Pietro. Per questo venne posto in quella chiesa e fu nel medesimo tempo ordinato che nessuno, all’infuori del Papa, potesse su di esso celebrare il Santo Sacrificio. La Basilica del Santissimo Salvatore, più volte distrutta durante il percorso dei secoli, fu sempre con sollecitudine ricostruita, e l’ultima sua riedificazione avvenne sotto il Pontificato di Benedetto XIII, che la riconsacrò l’anno 1724. Fu in quest’occasione che venne stabilita ed estesa a tutta la cristianità la festa che oggi celebriamo.

FRUTTO. — Diportiamoci con sommo rispetto nella Casa del Signore, ricordando le parole del Divin Maestro: « La mia casa è casa d’orazione ».

PREGHIERA. — O Dio, che annualmente rinnovi il giorno della consacrazione di questo santo tempio, e per la virtù dei sacri misteri ci conservi incolumi, ascolta la preghiera del tuo popolo, e chiunque entrerà in questo tempio per domandarti favori, si rallegri nel vedere attuati i suoi desideri. Così sia.

 

 

Scomunica e censura: nota da meditare attentamente!

Scomunica [da: Enciclopedia cattolica]

Il CIC definisce la scomunica (sc.) [2257, par.1]: “la censura che esclude il punito dalla comunione dei fedeli e che produce gli effetti elencati nei canoni seguenti” (cann. 2258 – 67). Ma la separazione dello scomunicato dalla comunione dei fedeli è più un ricordo del passato che una realtà effettiva: il vescovo scomunicato, ad es., continua ad essere il capo della propria diocesi con tutti i diritti inerenti.

Scomunica: Effetti. – Neppure è esatto che la scomunica produce effetti inseparabili e che essi vengono elencati nei cann. 2258-67. Gli effetti della scomunica sono molteplici e vengono sanciti in numerosi canoni, che non fanno parte del diritto penale. Essi poi sono più o meno gravi, secondo che la scomunica sia semplicemente incorsa, divenga notoria, sia inflitta o dichiarata con sentenza o decreto penale; gravissimi se lo scomunicato viene dichiarato « vitando ». A qualsiasi scomunicato è vietato di: a) ricevere i Sacramenti; b) fare e amministrare i Sacramenti e i sacramentali; c) assistere agli Uffici divini; d) porre gli atti legittimi ecclesiastici, di cui al can. 2256, n. 2°; e) esercitare le funzioni inerenti ad un ufficio o incarico ecclesiastico;) usufruire di un privilegio ecclesiastico; g) eleggere, presentare, nominare; h) conseguire dignità, uffici, benefici, pensioni ed incarichi nella Chiesa;

1) porre atti di giurisdizione ecclesiastica. Egli non partecipa delle indulgenze, suffragi e preghiere pubbliche della Chiesa. Se viola la censura, ponendo un atto di ordine, riservato ai chierici in sacris, diviene irregolare (can. 985, n. 70 ) . Se poi persiste per un anno intero nella contumacia, è sospetto di eresia (can. 2340 §1), a tutti gli effetti di legge. Se il fedele è notoriamente incorso nella s. non può lecitamente fungere da padrino nel Battesimo (can. 766, n. 20) e nella Cresima (can. 796, n. 30 combinato col can. 766, n. 2°); inoltre non può essere scusato dall’osservanza della censura per evitare l’infamia (can. 2232 §1, ultimo comma ) , né assolto dal semplice confessore, nei casi urgenti, dalla censura, se riservata, a norma del can. 2254 §1, primo comma; infine gli deve essere impedita l’assistenza attiva agli Uffici divini (can. 2259 § 2, ultimo comma) . Se poi è stato scomunicato o dichiarato tale con sentenza o precetto penale non può lecitamente ricevere neppure i sacramentali (can. 2260 §1, secondo comma); validamente fungere da padrino nel Battesimo o nella Cresima, essere nominato arbitro ( can. 1931, primo comma) , esercitare il diritto di elettorato attivo, presentazione o designazione, porre atti di giurisdizione (can. 2264, secondo comma), ottenere una grazia pontificia, se nel rescritto non viene fatta menzione della s.: perde la capacità di conseguire dignità, uffici, benefici ed incarichi nelle Chiese, di ottenere pensioni ecclesiastiche (can. 2265 § 1, 2° combinato col § 2 ), e di acquistare il diritto di patronato (can. 1453 § 1, ultimo comma ). Inoltre egli rimane privato dei frutti della dignità, uffici, benefici, pensioni ed incarichi, se ne abbia precedentemente conseguito qualcuno (can. 2266). Personalmente può stare in giudizio solo per impugnare la giustizia o la legittimità della s. inflittagli; per mezzo di un procuratore per scongiurare un pericolo che sovrasti al bene della sua anima; nel resto è privo della capacità processuale (can. 1654,§ 1) . Se muore, senza aver dato segni di penitenza, gli deve essere negata la sepoltura ecclesiastica (can. 1240 § 1, 2°) con tutte le conseguenze di legge (can. 1241). E se, nonostante tale divieto, egli viene seppellito nel luogo sacro, questo rimane profanato (can. 1172 §1, 4° e 1207). Allo scomunicato « vitando » infine, cioè a colui che sia stato dichiarato tale in una sentenza o decreto di condanna, pronunciati dalla S. Sede e pubblicati nelle forme stabilite dalla legge, e al reo di ingiuria reale sulla persona del Sommo Pontefice (can. 2258 § 2), deve essere impedito di assistere alla sacre funzioni, e se riesce impossibile allontanarlo, queste ordinariamente non possono aver luogo o essere continuate (can. 2259, § 2, I comma). – Egli rimane privato non solo dei frutti, ma delle stesse dignità, benefici, uffici o incarichi ecclesiastici (can. 2266, ultimo comma) . È permesso aver relazioni con lui nelle cose di ordine temporale solo ai genitori, al coniuge, ai figli, ai dipendenti e a coloro che abbiano un giusto motivo di farlo (can. 2267). Gravi pene sono comminate ai suoi correi, complici, e ai chierici, che lo ammettono alle sacre funzioni (can. 2338 § 2) .

2 . Comparazioni con le altre censure. — È facile cogliere le profonde differenze tra la scomunica e le altre censure: l’interdetto e la sospensione. La prima esclude il punito dalla comunione dei fedeli, sia pure nei limiti indicati di sopra; il secondo invece vieta soltanto alcuni atti della comunione, i quali sono diversi a seconda della specie dell’interdetto; la sospensione poi, i cui effetti sono separabili e quasi sempre separati, proibisce soltanto l’esercizio della potestà ecclesiastica, inerente all’ufficio o beneficio. Inoltre la s. è sempre censura, mentre l’interdetto e la sospensione possono essere anche pena vendicativa (v .). Infine la s. può colpire soltanto le persone fisiche, pertanto se viene inflitta ad un corpo morale soltanto i singoli colpevoli sono tenuti a sottostare ad essa. Invece la sospensione può colpire sia una persona fisica che morale collegiale e l’interdetto anche un luogo (can. 2255 § p. 2) .

  1. Riserva e assoluzione della scomunicaNel CIC sono comminate 37 scomuniche, di esse sono riservate alla S. Sede 4 “specialissimo modo”, 11 “speciali modo”, 11 simpliciter, all’Ordinario 6 e 5 non sono riservate. – Le prime colpiscono i seguenti gravissimi delitti: 1) profanazione delle Sacre Specie (can. 2320); 2) ingiuria reale sulla persona del Sommo Pontefice (can. 2343 § 1°); 3) assoluzione del complice nel peccato d’impudicizia semplice o qualificata (can. 2367); 4) violazione diretta del sigillo sacramentale (can. 2369 § 1, comma 1). Le seconde ordinariamente sono comminate ai rei di delitti contro la fede o che comunque fanno presumere la mancanza di fede nel colpevole, e in specie dei seguenti: 1) apostasia, eresia e scisma (can. 2314); 2) edizione, difesa, ritenzione e lettura dei libri che propugnano l’apostasia o lo scisma (can. 2318 §1); 3) simulazione della celebrazione della S. Messa e dell’amministrazione del sacramento della Penitenza da parte di uno che non sia sacerdote (can. 2322, n. 1°); 4) ricorso al concilio universale avverso leggi, decreti e ordini del Sommo Pontefice [in “Execrabilis” –ndr.-] (can. 2332 ); 5) ricorso al potere secolare per impedire l’emanazione, la promulgazione o l’esecuzione di atti della S. Sede o dei suoi legati (can. 2333); 6) emanazione di leggi, ordini o decreti lesivi della libertà o dei diritti della Chiesa; l’impedire, facendo ricorso al potere secolare, l’esercizio della giurisdizione ecclesiastica (can. 2334); 7) il convenire davanti ad un giudice laico un cardinale, un legato della S. Sede, un ufficiale maggiore della Curia Romana (assessori, segretari, sottosegretari o sostituti delle SS. Congregazioni ed altri prelati ad essi equiparati) per atti del loro ufficio, e il proprio Ordinario (can. 2341,1 comma); 8) ingiuria reale sulla persona di un cardinale o di un legato del Sommo Pontefice (can. 2343 § 2, 1°); 9) usurpazione o detenzione di beni o di diritti della Chiesa Romana (can. 2345); 10) contraffazione o alterazione di lettere, decreti o rescritti della S. Sede ed uso doloso di essi (can. 2360 § 1 ) ; 11) calunniosa denunzia ai superiori di un confessore per sollecitazione (can. 2363).

Le simpliciter riservate colpiscono i seguenti delitti: 1) traffico sacrilego delle indulgenze (can. 2327); 2) iscrizioni alla massoneria o ad associazioni affini [es. Rotary e Lion etc. –ndr.- ) (can. 2335); 3) assoluzione, data con dolo senza la necessaria facoltà, di una scomunica riservata specialissimo o speciali modo alla S. Sede (can. 2338 § 1) ; 4) correità o complicità in un delitto per cui uno viene dichiarato scomunicato « vitando », sua ammissione a prendere parte agli uffici divini o comunicazione in divinis con lui, consapevole e spontanea da parte di un chierico (can. 2338 § 2) ; 5) il convenire davanti ad un giudice laico un vescovo che non sia il proprio Ordinario, un abate o prelato nullius, o un superiore generale di un istituto religioso di diritto pontificio (can. 2341, comma 11); 6 ) violazione della clausura delle monache o dei regolari e illegittima uscita delle prime dal monastero (can. 2342, nn. 1 °, 2 °, 30); 7) usurpazione o distrazione di beni ecclesiastici (can. 2346) ; 8) duello (c a n. 2351 § 1); 9) Matrimonio attentato da chierici in sacris (vescovi, sacerdoti, diaconi, suddiaconi), e da regolari o monache che abbiano emesso la professione solenne (can. 2388 § 1); 10) simonia circa gli uffici, i benefici e le dignità ecclesiastici (can. 2392, n. 1°); 11) sottrazione, distruzione, occultamento o alterazione di un documento appartenente alla Curia vescovile (can. 2405). – Sono riservate all’Ordinario le scomuniche comminate contro i seguenti delitti: 1) celebrazione del matrimonio misto davanti ad un ministro acattolico, patto concluso nell’unirsi in matrimonio di educare la prole fuori della Chiesa, di far battezzare i figli da ministri a cattolici, e di educarli nella religione acattolica (can. 2319, nn. 1°- 4°); 2) fabbricazione, vendita, distribuzione ed esposizione alla pubblica venerazione di false reliquie (can. 2326); 3) ingiuria reale sulla persona di un chierico o di un religioso, non costituito in una delle dignità, di cui ai §§ 1-3. Certo ci vuole un po’ di pazienza per districarsi tra i canoni, ma chi vuole vedere, ne ha abbastanza per farsi un’idea chiara di censure e scomuniche.

– Ecco che allora i sedicenti “tradizionalisti” scismatici, eretici gallicani e sedevacantisti, rientrano nella categoria « riservate “speciali modo”», sia per scisma ed eresia, [p. 1], sia [p. 3] per “simulazione della celebrazione della S. Messa e dell’amministrazione del sacramento della Penitenza da parte di uno che non sia sacerdote [come i non-preti lefebvriani e sedevacantisti, che non hanno alcun mandato canonico, non sono mai stati ordinati validamente da “non-vescovi” senza giurisdizione e senza mandato pontificio], i non-fedeli scismatici perché partecipanti ad un falso culto! Per i modernisti ecumenisti della “chiesa dell’uomo, ugualmente c’è scomunica per eresia manifesta o anche apostasia, e per il punto 4), che scomunica tutti gli aderenti al falso concilio c.d. Vaticano II secondo la bolla “Execrabilis”. Tutti coloro che rientrano in queste categorie di scomunicati, sono formalmente fuori dalla Chiesa Cattolica, e per salvarsi in eterno hanno bisogno in assoluto della rimozione delle censure, cosa che, tranne che in “articulo mortis”, può essere ottenuto solo dal Santo Padre (Gregorio XVIII) o da un suo delegato. Questi sono i canoni e le leggi della Chiesa cattolica, piaccia o meno. Chi vuole salvare l’anima in eterno deve attenersi scrupolosamente ad essi, entrare o rientrare ad ogni costo nella Chiesa Cattolica, l’unica vera Chiesa di Cristo, nella quale solo c’è salvezza.

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Haec est fides catholica, quam nisi quisque fideliter firmiterque crediderit, salvus esse non poterit” – “ Quam nisi quisque integram inviolatamque servaverit, absque dubio in æternum peribit”. [Symbol. di S. Atanasio] e per chi fa finta di non conoscere il latino: “Questa è la fede cattolica, e non potrà essere salvo se non colui che l’abbraccerà fedelmente e fermamente” – “colui che non la conserva integra ed inviolata, perirà senza dubbio in eterno”.

Ragazzi, svegliatevi prima che giunga il Padrone della casa, altrimenti sarete buttati fuori al buio e li … sarà pianto e stridor di denti!

La basilica distrutta

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La basilica distrutta

Ha forse un significato simbolico la rovina a Norcia della Basilica di San Benedetto, patrono dell’Europa una volta cristiana? E’ forse il sigillo della Chiesa europea, che oramai ha perso ogni legame con il Cattolicesimo Romano? Il Patrono d’Europa ha voluto segnalare così a tutti noi che il suo patrocinio sull’Europa è decaduto, polverizzato? Roma e tutta l’Europa, come  anticipato da molteplici profezie, sono in piena e conclamata apostasia, guidate da una falsa e blasfema gerarchia che ha insediato la “sinagoga di satana” tra le mura della Chiesa Cattolica. A noi sparuti, superstiti Cattolici che vogliono con ostinazione conservare la fede in Cristo e nella sua vera ed unica Chiesa, in comunione con il Santo Padre Gregorio XVIII, non resta che attendere il ben meritato castigo e, nella penitenza e nella sofferenza, pregare il Cuore Immacolato della Vergine Maria perché abbia di noi pietà ed acceleri il suo trionfo sulle “porte del male”, onde la Chiesa di Cristo, Maestra dei popoli, e UNICA Via della salvezza eterna, possa nuovamente far risplendere nel mondo la luce della verità. La foto è perfetta: della Basilica solo la facciata è rimasta, così come solo la facciata esterna conserva la falsa “chiesa dell’uomo”, l’ecumenista e modernista blasfemo “tempio” postconciliare.

IL SIGNORE DIO DELL’UNIVERSO E’ sATANA (secondo i fratelli massoni).

IL SIGNORE DIO DELL’UNIVERSO E’ sATANA (secondo i fratelli massoni).

[Ebbene, ti faccio dono di alcuni della sinagoga di satana – di quelli che si dicono Giudei, ma mentiscono perché non lo sono” – Ap. III,9]

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Dal libro di Domenico Margiotta, ex 33° della franco-massoneria ed esponente italiano insigne di questa ignobile associazione a delinquere, “Le Palladisme”, -culte de satan-lucifer dans les triangles maçonniques- estrapoliamo il passo in cui viene riportato il testo di una lettera dai contenuti deliranti di un allucinato 33:. I. Senigagliese. Proponiamo il testo, anche se ributtante per la comune intelligenza umana, per il solo fatto di far comprendere quali “alte e nobili ideologie” circolavano e circolano tuttora nelle retro logge massoniche, frequentate da finanzieri, politici, affaristi e da tempo da falsi prelati di “alto bordo”. Tra questi il celebre Buan 1365/75, Annibale Bugnini, incaricato con altri sei “fratelli” protestanti, compagni di merenda e di loggia, della stesura del testo della blasfema “messa” del “novus ordo”. Così è chiara l’intenzione del nostro insigne liturgista, il massone Buan, per l’appunto, quando ha deciso, con l’approvazione del sommo marrano G.B. Montini, prossimo “santo/dannato” della sinagoga di satana, di imperniare il rito sul “dio, signore dell’universo”, che ancora oggi, tanti poveri ingannati (ma colpevolmente ignoranti), osannano nelle chiese nelle quali un tempo si celebrava la Messa Cattolica, Sacrificio di Cristo, Agnello senza macchia, offerto alla “Sancta Trinitas”. Oggi il Sacrificio viene offerto al “dio, signore dell’universo”, al quale si tributano pure gloria ed onori al “Sanctus”, o meglio al “santo, santo, santo, il Signore dio dell’universo”.

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Ecco come il grande prestigiatore Buan 1365/75, d’intesa con il “Patriarca della Massoneria universale”, capo degli “Illuminati di Baviera” del tempo, ha trasformato l’opera divina del Santo Sacrificio della Messa, in un rito abominevole, “l’abominio della desolazione”, durante il quale si omaggia il baphomet-lucifero, al quale si offre il Sacrificio redentivo del Cristo, … per fortuna quasi sempre invalidamente, perché gli officianti, tranne qualche residuo ottuagenario, sono oramai tutti falsamente consacrati. Capisco che la lettura del testo proposto sia raccapricciante, nauseante, ma turiamoci il naso per vedere fino a che punto i nemici di Cristo hanno lavorato nell’ombra per portare anime al loro padre-padrone, che, nella sua “misericordia” infinita [come da satanico giubileo], li attende tutti con sé negli inferi!

“Le PALLADISME, culte de satan-lucifer dans les triangles Maçonniques”- Grenoble. 1895 – Pag. 43-46.

“Il reame della menzogna e dell’orgoglio esiste anche ai nostri giorni come esisteva quando il Figlio dell’uomo venne sulla terra sprofondata nell’errore, per predicare la fraternità universale, stabilire il reame della giustizia e della verità, abolire la schiavitù e spandere dappertutto la luce della libertà.

L’angelo decaduto che odiava l’umanità rigenerata, non potendo più ricevere il suo culto infame in pieno giorno, si è retratto oggi nelle retro-logge. Il culto che si rende a satana, rappresentato dal Baphomet, nelle retro logge, è vergognoso. I profani non possono formarsi un’idea ben netta del ruolo satanico giocato nella società dalla franco-massoneria, la quale era conosciuta nell’antichità pagana sotto il nome di Gnosi. Simon mago, che viveva a Sebaste ai tempi degli Apostoli, è il fondatore di questa religione occulta, divinizzante il principe delle tenebre, religione che è praticata, in pieno XIX secolo nei grandi triangoli luciferini, da una falange di forsennati, presieduti oggi dal celebre ladro Adriano Lemmi. [in precedenza da A. Pike coadiuvato dall’eroe del risorgimento italiano, G. Mazzini ndr.-]. – La stella fiammante che si vede nei templi massonici, porta al centro la lettera “G”.

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Si fa credere agli iniziati che essa sia la prima lettera della parola inglese Good (Dio); ma ai veri eletti, ai Kadoschs (30°) si spiega che la vera parola è “Gnosi”. La franco-massoneria è dunque la discendente diretta della “Gnosi”; ed Albert Pike, il primo pontefice luciferino, predecessore del giudaizzato che troneggia vergognosamente nel palazzo di Paolo V, non ha fatto mistero nell’affermare che lo gnosticismo è l’anima ed il midollo della franco-massoneria. La gnosi era la religione di satana; la franco-massoneria è dunque il culto di satana.

E infine, affinché nessuno possa credere che io abbia un partito preso contro la setta infernale nella quale disgraziatamente ho trascorso, come un cieco, molto tempo, cederò la parola al F:. Ignazio Sinigagliesi 33°:., antico presidente della prima federazione massonica di Palermo, che in uno dei suoi discorsi in seno al Triangolo satanico della valle dell’Oreto, si esprimeva così:

“Satana è il vero Dio! Satana, che i preti hanno vinto con l’astuzia, con la calunnia e l’inganno, è il creatore dell’opera dell’eguaglianza, della civilizzazione e del progresso! Ora, che cos’è Satana per voi, signori della terra? Che cos’è Satana per il Signore dei Cieli, che la vostra immaginazione ha inventato a vostra immagine e somiglianza! A vostra somiglianza! Cos’è il Signore dei Cieli? Un dualista che ha creato dei privilegi e delle preferenze, mentre l’unica sorgente produceva evidentemente l’eguaglianza dell’essere. Cos’è Satana? Un monolista che, ricercando tutto nella materia come opera della creazione, e ritrovando l’essenza nella materia, si dichiara per la materia e non trova né distinzione di gradi, né differenza di origine … Satana è il vero dio! Gloria dunque a Satana, sovrano della materia! … Cos’è dunque il Signore dei Cieli, se non il Dio dei pigri, dei fannulloni e dei vagabondi che immaginano lo spirito e si saziano di materia; che vivono di idee e consumano la realtà? Non c’è spirito senza materia, essi sono identificati l’uno con l’altro, ebbene, il Signore dei Cieli è il Dio del niente, mentre Satana, al contrario, è il Dio dell’Universo!

Il Dio dell’Universo, perché egli comprende in un solo essere spirito e materia, l’uno non potendo sussistere senza l’altro solo questi, per noi, deve essere il Dio che governa entrambi, e questi è Satana! … il Signore dei Cieli è colui che non da nulla e prende tutto! Colui che dice che tutto gli appartiene, perché è lui che ha creato tutto, e che tutto deve tornare a lui. Ma quello che il Signore dei Cieli afferma con tanto orgoglio è vero? Se il concorso di Satana non lo avesse aiutato in questa occorrenza, avrebbe mai potuto creare tutte le cose? Se la materia non era congiunta allo spirito, su cosa avrebbe fondato il diritto di proprietà? Se la luce non fosse sposata alle tenebre, e viceversa, da dove sarebbe venuto il giorno e la notte? Se l’architetto non avesse avuto l’artigiano per aiutarlo nella costruzione, si sarebbe edificato l’edificio? – E perché Abele sarebbe morto e Caino sarebbe vissuto, se entrambi avevano contribuito all’opera della creazione? È Abele che morì, perché egli offriva in olocausto al Signore ciò che la natura produceva da se stessa, ed in cui l’arte del fabbro non aveva nulla a che fare. Caino, al contrario, conservava la vita, perché era capace di popolare la terra e di stupire per la sagacia del suo spirito e del suo braccio. Ma Caino si maritò e creò, aiutato dalla sua compagna, e fu nel contempo architetto ed operaio. È l’intelligenza ed il lavoro che formeranno l’opera della creazione! … – Satana e Caino non rappresentano dunque che lo stesso simbolo. E se essi sono gli artigiani che da soli potevano creare senza il soccorso del Dio dei Cieli, qual è il maestro del Signore dei Cieli o di Satana e Caino? Il Signore dei Cieli diverrebbe un accessorio. Egli non avrebbe fatto altro che migliorare l’opera della creazione; perché questa esisteva da se stessa, e non avrebbe avuto altro diritto se non quello di reclamare un salario o una ricompensa, e non di usurpare l’impero assoluto. Per questo motivo, due dovrebbero essere gli dei degni di venerazione e di rispetto: il Signore dei Cieli che, per la sua intelligenza, ha contribuito al perfezionamento dell’opera di Satana, ma Satana restava l’inventore dell’opera. Perché se un solo Dio deve avere tutti gli onori per se stesso, il Dio più autentico è Satana, la cui opera può sussistere senza il soccorso detto Signore dei Cieli. Gloria dunque a Satana, l’artigiano, il Dio. Il Signore dei Cieli è un usurpatore! – Lui che viveva nell’ozio dell’estasi dello spirito e dell’intelligenza, non avendo nulla da fare, complottò per la rovina e la distruzione del compagno”.

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Albert Pike, insieme all’infame Mazzini, fondatore del culto luciferino del Palladismo, massoneria di grado superiore.

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È questa una delle questioni più importati ancora oggi dibattute con gravità nelle retro logge, ove si abbeverano di illuminata “saggezza” tanti governanti, presidenti, monarchi, finanzieri, imprenditori, generali, scienziati, artisti, letterati, giornalisti, opinions leaders, premi Nobel, etc. etc. … ah dimenticavo, … tanti prelati, patriarchi, “finti” cardinali “et ultra”, mufti, etc. etc. Ecco in quali mani siamo finiti dal momento che … non vogliamo che Costui regni su di noi”, e … non Questi, ma Barabba”. Che Iddio Onnipotente, … quello vero, naturalmente, ci salvi da questa generazione perversa, e la Vergine Maria, quanto prima, trionfi con il suo Cuore Immacolato …

“Et tu, Domine, deridebis eos; ad nihilum deduces omnes gentes” [Ps. LVIII-9]

 

18 GIUGNO 1968 -7-

–18 giugno 1968

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-7-

     Riprendiamo con una certa tensione il nostro esame circa la totalmente invalida e blasfema consacrazione vescovile la cui “forma” è contenuta nel pontificalis romani del 1968, forma progettata, redatta e confezionata ad arte dai trio massonico-modernista BBM [Botte, Buan 1365/75, Montini], esame che ci ha messo a conoscenza di cose sconvolgenti e scrupolosamente celate da chi “sa”, cose che descrivono una realtà totalmente artefatta ed ingannevole. A riguardo degli attuali falsi-vescovi vaticano-secondisti (compreso quello “sedicente” di Roma), è bene rileggere le parole, oggi tragicamente attuali, contenute in una lettera famosa che reca le firme delle più belle ed appropriate penne del Cattolicesimo, ossia di trentatre vescovi, tra i più insigni dell’epoca della peste giudaico-ariana abbattutasi sulla Cristianità, tra i quali Melezio di Antiochia, primo presidente del Concilio Ecumenico di Costantinopoli, di S. Gregorio Nazianzeno, grande Padre della Chiesa, che presiedette il suddetto Concilio Ecumenico alla morte di Melezio, San Basilio, anch’esso Padre della Chiesa, S. Giovanni Crisostomo, ed altre personalità insigni per fama e santità. La lettera famosa riporta quanto segue: “… si getta lo scompiglio nei dogmi della religione, si confondono le leggi della Chiesa. L’ambizione di coloro che non temono il Signore li spinge a scavalcare le autorità e ad attribuirsi l’Episcopato quale premio alla più sfacciata empietà, di modo ché colui che proferisce le più gravi bestemmie viene ritenuto il più adatto per reggere il popolo come Vescovo. È scomparsa la serietà episcopale. Mancano pastori che pascolino con coscienza il gregge del Signore. I beni dei poveri sono costantemente impiegati dagli ambiziosi per proprio tornaconto e regalati senza riguardo. Il fedele compimento dei canoni si è oscurato (….) Per tutto questo gli increduli ridono, i deboli vacillano nella fede, la fede stessa è dubbiosa, l’ignoranza si distende sulle anime, quindi assumono aspetto credibile coloro che insozzano la divina parola con loro malizia, visto anche che la bocca dei più osserva il silenzio” [opere di S. Giovanni Crisostomo. Bibliot. di Autori Cristiani. La Editorial Catolica S. A., introd. Pag. 7 -grassetto e sottolineatura redaz.-]. Nulla è cambiato oggi rispetto alla quella tragica situazione, anzi oggi è ancora peggio, perché abbiamo da un lato 1°- finti vescovi non-consacrati dell’ecumenico-modernismo, setta oggi padrona illegittima nella Chiesa; dall’altro altrettanto 2° – finti non-vescovi mai consacrati, a cominciare dal cavaliere kadosh A. Lienart, massone 30° già quattro anni prima della sua sacrilega ed invalida consacrazione, invalida poiché un Sacramento non può operare in uno scomunicato “latae sententiae” od imprimere il sigillo del sacerdozio pieno in uno che grida alzando un pugnale al cielo: “Adonay nokem” [Adonai vendetta], nei brindisi inneggianti a lucifero delle agapi massoniche. (Inutile e falso dire che anche Giuda fosse stato costituito Vescovo da Gesù-Cristo, malgrado le sue intenzioni nefaste, ma il Salvatore ha lasciato fare, perché sapeva già a quale fine il reprobo traditore andasse incontro … da li a poco). Invalida quindi la sua consacrazione, invalide tutte quelle da lui operate e quelle operate dai suoi falsi consacrati, a cominciare dal “santo” “Marcello” Giuda-Lefebvre, ben consapevole della cosa, e che oltretutto poi, senza alcun mandato, contravvenendo a tutte le regole ed ai Canoni della Chiesa, ed in dispregio a qualunque autorità, anche alle false, ha sacrilegamente ed invalidamente “fatto finta” di consacrare, con cognizione di causa, altri poveri disgraziati peggiori di lui, destinati anch’essi alla fine di Giuda, che continuano il turpe ed infame costume di perdizione delle anime incaute. Delle pittoresche balorde consacrazioni di mons. Thuc, ai limiti della patologia psichiatrica, che in preda ad enfasi misticheggianti, ha consacrato cani e p…., senza mandato apostolico e giurisdizione, avallando scismatici ed eretici movimenti sedevacantisti pseudo-tradizionalisti, non è neppure il caso di accennare. E qui non abbiamo Santi come il Crisostomo, Basilio, Gregorio Nazianzeno. Ci resta solo la Santissima Vergine e la potentissima arma del Rosario… Ella ce l’ha promesso … “Ma alla fine il mio Cuore Immacolato trionferà!!!” [Messaggio di Fatima]. Ricordiamo pure come il grande autore cattolico francese Dom Guéranger (quando in Francia c’erano ancora sacerdoti cattolici! … bei tempi …) nelle “Instituzioni Liturgiche”, presenta in 12 punti fondamentali la «Marcia dei pretesi riformatori del cristianesimo» : – Egli dimostra che l’eresiarca antiliturgista odia la Tradizione, rimpiazza le formule liturgiche con i testi della Scrittura Santa per interpretarli a suo modo, introduce delle formule «perfide», rivendica i diritti dell’antichità di cui si fa beffe cambiandone il rito, sopprime tutto ciò che esprime i misteri della fede cattolica, rivendica l’uso della lingua volgare, sopprime le génuflessioni ed altri atti di pietà della liturgia cattolica, odia la Potenza papale, organizza la distruzione dell’episcopato, rigetta l’autorità di Roma per gettarsi nelle braccia del principe temporale. Alla luce delle considerazioni di dom Guéranger, della cui retta dottrina c’è da essere assolutamente certi, siamo quindi alla presenza di eresie antiliturgiste, e del maggiore eresiarca antiliturgista mai comparso sulla faccia della terra: G. B. Montini, il marrano sedicente Paolo VI, “giustamente” in procinto di canonizzazione, “santo” della attuale “sinagoga di satana” [si legga: “dannato” della chiesa Cattolica] che oggi domina la Sede di Pietro ed i Sacri palazzi dell’urbe e dell’orbe così come da visione “purtroppo” profetica del Santo Padre S. S. Leone XIII ! – Ma torniamo al nostro argomento, facendo un po’ di riepilogo. Ci pare di aver capito, nella nostra grossolana ignoranza, che il rito Romano, soppresso il 18 giugno del 1968, è un rito antico, invariabile nella sua forma essenziale da più di 17 secoli, ed infatti tutti i Vescovi cattolici di rito latino (tra i quali Santi straordinari, tipo S. Francesco di Sales o S. Alfonso Maria de’ Liguori, tanto per citarne qualcuno), sono stati consacrati con questo rito. Che cosa ha questo nuovo Rito che non va? Ecco la risposta pronta: “ Il rito di Pontificalis Romani è stato creato nel 1968 e non è MAI stato utilizzato nella Chiesa. Nessun Vescovo cattolico è mai stato consacrato in questo rito. Questo rito non possiede gli «elementi necessari», secondo la teologia sacramentale. (v. San Tommaso): Esso è INTRINSECAMENTE invalido. Questo non è un rito cattolico!!! A tal proposito cerchiamo, prima di un riepilogo dettagliato sulla questione, di comprendere meglio cosa si intendesse, nel numero precedente, accennando all’“eletto manicheo”, che sarebbe in realtà l’unico titolo che il rito, o meglio questa “pantomima”, spacciata per consacrazione vescovile, conferirebbe! Gli “eletti” manichei, o “perfetti”, costituivano, nell’ambito del Manicheismo, una “religione” di carattere gnostico che annoverava influssi disparati derivanti da tradizioni giudaiche, iraniane, ed afro-orientali, in un “minestrone” ecumenico comprendente elementi di buddismo, cristianesimo, zoroastrismo, tradizioni iraniche, giudaismo talmudico e paganesimo variegato, il tutto ben cementato dalla cosmogonia e teogonia gnostica, in un sistema codificato secondo presunte “rivelazioni” spirituali di un “paracleto”, il presunto “spirito gemello” di Mani (da cui Manicheismo, definire compiutamente il quale richiederebbe tempo e spazio), nobile personaggio vissuto nel III secolo d.C. in Persia: gli “eletti”, erano un gruppo ristretto di religiosi osservanti rigorose norme morali e comportamentali, che libererebbero le “fiammelle” divine imprigionate nei corpi materiali creati da un “demiurgo” malefico, il Dio dei Cristiani [sempre la stessa “solfa” gnostica]: agli eletti si contrapponevano gli “auditores” che erano i collaboratori degli eletti, verso i quali avevano doveri servili (elemosine), che non li avrebbero però liberati dalla materia, continuando così essi, poverini, ad essere obbligati a trasmigrare in corpi diversi (metempsicosi gnostica!). L’obiettivo inconfessato della sceneggiata della “falsa” consacrazione cattolica vescovile, non è altro quindi che la blasfema “istituzione” di eletti manichei (vescovi della chiesa gnostica) nell’ambito della dottrina gnostica, “gnosticismo” del quale è infarcito il talmudismo “spurio” giudaico, al quale si “abbeverava”, per tradizione familiare, l’apostata Montini. – Proseguiamo allora con il riepilogo succinto di quanto abbiamo cercato di esporre in questa serie di scritti dedicati alle “false consacrazioni vescovili” iniziate il 18 giugno del 1968. I fatti e gli argomenti precedentemente riportati hanno dimostrato quanto segue, per il rito di consacrazione episcopale promulgato dal falso Papa, l’antipapa Giovan Battista Montini, sedicente Paolo VI, il 18 giugno 1968 a Roma, nel Pontificalis Romani: 1) Questo rito non è antico, ma è stato creato nel maggio 1968 da diversi materiali. 2) Questo rito rivendica una origine oggi contestata dagli specialisti (veri) della questione 3) Questo rito non riproduce affatto quello della pretesa (*) “Tradizione apostolica” attribuita ad Ippolito. 4) Questo rito non è, e non lo è mai stato, praticato in Oriente, presso i copti ed i siriaci occidentali. 5) Questo rito si rivela, dall’inchiesta, non essere null’altro che una “costruzione” puramente umana di Dom Botte. 6) Questo rito possiede una “forma” essenziale insufficiente. 7) Questo rito non esprime l’intenzione di conferire il potere di ordinare dei sacerdoti cattolici. 8) Questo rito subisce le condanne che Leone XIII infallibilmente indirizzò (in “Apostolicae curae”) ai riti anglicani simili in tutto al rito montiniano. 9) Questo rito nega la Santa Trinità. 10) Questo rito nega l’unione ipostatica delle due nature nella Persona di N.S. Gesù Cristo. 11) Questo rito nega la “spirazione” dello Spirito dal Figlio, nega cioè il “Filioque”. 12) Questo rito veicola una concezione kabbalista e gnostica dello Spirito-Santo. 13) Questo rito rilancia, nel 1968, l’attacco contro lo Spirito-Santo sviluppato mezzo secolo prima dal rabbino di Livorno, Elia Benamozegh (1828-1900). 14) Questo rito serve a creare, in modo sacrilego e blasfemo, gli “eletti” Manichei, e quindi vescovi gnostici!

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Un falso Papa, l’antipapa Montini

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Un Papa vero, S.S. Leone XIII

   Ne risulta da ciò che precede, così come dai testi infallibili di Leone XIII, di Pio XII e del Magistero tutto della Chiesa di sempre, che è assolutamente IMPOSSIBILE considerare un rito tale come INTRINSECAMENTE VALIDO e capace di consacrare dei veri Vescovi cattolici, veri successori degli Apostoli di Nostro Signore Gesù-Cristo. In tal modo quindi, come da copione scritto nelle retro logge giudaico-massoniche, e recitato dai pupazzi della “quinta colonna” ecclesiastica infiltrata, si è cercato di distruggere l’Apostolicità della Chiesa Cattolica Romana, almeno spiritualmente, lasciando poi che si distruggesse materialmente, con opportune guerre inventate per i più futili motivi, anche l’Apostolicità delle chiese orientali greco-Cattoliche, ad esempio in Ucraina, Libano, Siria, Egitto, etc., che non hanno modificato il loro rito antichissimo, così come la Messa di S. Basilio e S. Giovanni Crisostomo. L’Apostolicità è unicamente solo conservata nella Chiesa d’occidente, la Cattolica Romana, dalla Gerarchia in esilio, che da Gregorio XVII, Cardinal Siri, Papa “impedito”, in poi è rimasta l’unico filo conduttore che da San Pietro in poi giunge ai nostri giorni e continuerà la serie ininterrotta dei Papi, come da Magistero cattolico, e da promessa del divin Salvatore Gesù-Cristo. A Lui sia onore e gloria, a Lui che vive e regna, con il Padre e lo Spirito Santo, per tutti secoli dei secoli. Cristo regni!

Le conseguenze dell’introduzione del rito invalido della consacrazione episcopale sulla Chiesa conciliare!

Chiesa conciliare               Chiesa conciliare                      Chiesa conciliare

         1968                                          1988                                                 1999          ●  ● ● ● ●                                 ●●●●                                               ●●●●    ● ● ● ● ●                                       ●●                                                  ●●

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1968                 →                             1999

Dal 1968 al 1999 è avvenuta la sparizione del sacerdozio ed episcopato cattolico romano. (… in apparenza nella falsa chiesa modernista dell’uomo, ma il Signore non è stato inoperoso, la gerarchia continua nbella Chiesa cattolica eclissata e portata dall’aquila nel deserto – Apoc. XII. )

  • = vescovi

= preti

= pseudo vescovi

= pseudo preti

Quale che sia il rito utilizzato per l’ordinazione sacerdotale da uno pseudo-vescovo, anche con tonsura clericale, esso non può ordinare un vero prete.

18 GIUGNO 1968 -1-

18 GIUGNO 1968 -6-

18 giugno 1968-

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-6-

   Eccoci ancora a parlare di una cosa gravissima, della quale pochi sono a conoscenza, e chi sa si guarda ovviamente bene dal farne parola, e cioè della INVALIDITA’ formale e materiale della consacrazione vescovile del “Pontificalis Romani”, che sta producendo nei fatti l’estinzione dell’ Ordine sacerdotale cattolico e di conseguenza di tutti i Sacramenti: quella che oggi appare essere la Chiesa Cattolica, è costituita in realtà da un esercito di “zombi” spirituali, da “finti” e presunti sacerdoti e vescovi che stanno lentamente ma inesorabilmente soppiantando i pochi veri “residui” vescovi e sacerdoti, oramai solo ultraottantenni, e cioè i Vescovi ordinati con il “rito Cattolico” di sempre contenuto nel Magistero irreformabile ed eterno, o i sacerdoti ordinati da “veri” Vescovi a loro volta ordinati prima del fatidico 18 giugno 1968. Questa volta discorreremo addirittura delle ERESIE contenute nella formula del rito del “Pontificalis Romani”!! Effettivamente costateremo nella “forma” essenziale: 1) un‘eresia monofisita, 2) un’eresia anti-filioque, 3) un’eresia anti-Trinitaria, tali da configurare una forma essenziale “kabbalista e gnostica” (la Gnosi in generale, e quella talmudica-cabbalista in particolare, è propriamente la “teologia” di lucifero), e creare quindi un “eletto manicheo”. Una forma quindi, che non solo rende invalida ed illecita ogni presunta consacrazione, ma ne inverte i valori spirituali, consacrando cioè un “servo di lucifero”. E allora ci chiediamo: ma se è così come sembra, e come ci accingiamo a dimostrare, cosa pensare del prossimo “santo” G.B. Montini, Paolo VI? Possiamo affermare, con piglio categorico, sicuro e senza … peli sulla lingua: “il prossimo “dannato” sodomita della “sinagoga di satana”, infiltrata fraudolentemente nella Chiesa Cattolica, è da ritenersi come il più grande eresiarca della storia di tutti i tempi, al cui confronto Lutero, Calvino, Fozio, Ario, Krenmer, Soncino e compagnia cantando, sono dilettanti di serie Z, di ultima categoria!”.

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gli eretici dilettanti e…

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… Il più grande eresiarca di tutti i tempi!

C’è chi ha attaccato la Chiesa dal tetto, chi dalle mura esterne, chi dal portone e dalle finestre, ma Montini “la ruspa” L’ha praticamente rasa al suolo (si fieri potest), scardinandone i pilastri portanti: la Santa Messa, la Consacrazione vescovile, la tonsura abolita e quindi sacerdozio cattolico abolito, con la conseguente invalidità di tutti i Sacramenti! Ma torniamo alla invalida ed illecita consacrazione, alla blasfema formula di ispirazione copto-etiopica, come dimostrato in precedenza: «Et nunc effunde super hunc electum eam virtutem, quæ a te est, Spiritum principalem, quem dedisti dilecto Filio Tuo Jesu Christo» [Pontificalis Romani, 1968 (forma essenziale)]. Qui è palese l’affermazione dell’eresia monofisita, l’eresia dei monofisiti etiopici [che negano cioè la natura divina di Cristo]. Questi due righi citati infatti si ritrovano tal quali nel loro rito abissino di consacrazione episcopale. Questa eresia consiste nel considerare che il Cristo abbia bisogno di ricevere dal Padre lo Spirito-Santo per divenire ’Figlio di Dio’, e per poter comunicare a sua volta, lo Spirito-Santo ai suoi Apostoli. Il Figlio riceve lo Spirito ad un dato momento (al battesimo secondo gli Etiopi), cosa quindi che nega la natura del “Fiat” della Santissima Vergine Maria, “Fiat” che permette nello stesso momento la sua verginale Concezione, realizzando così il Mistero centrale della Fede Cattolica: l’Incarnazione di Nostro Signore Gesù-Cristo, vero uomo e vero Dio per mezzo dello Spirito-Santo). Quindi: negazione totale della verità cattolica dell’Incarnazione del Verbo! Ma nella “forma essenziale” c’è anche spazio per l’eresia anti-Filioque [l’eresia di Fozio e dei sedicenti “Ortodossi”, che negano il procedere dello Spirito-Santo dal Padre “e” dal Figlio]. In questa forma infatti si afferma l’eresia anti-Filioque etiopica, secondo la quale “Non è più il Figlio che spira, con il Padre, lo Spirito-Santo (cf. il “Filioque” del Simbolo di Nicea), ma è il Figlio che riceve dal Padre lo Spirito-Santo. Si tratta di una inversione (secondo un tipico costume satanico), delle relazioni nella Santa Trinità tra il Figlio e lo Spirito-Santo. Incredibile! Pensare che al Credo della Messa “di sempre” la Chiesa ci faceva cantare a proposito dello Spirito-Santo «qui ex Patre Filioque procedit»! Questa formula esprime la fede della Chiesa nello Spirito Santo come terza Persona della Santa Trinità. Lo Spirito-Santo procede dal Padre e dal Figlio come da un solo Principio e possiede, con il Padre ed il Figlio, gli stessi attributi di onnipotenza, di eternità, di santità; Esso è uguale al Padre ed al Figlio a causa della divinità che è Loro propria. L’utilizzazione del termine Puer Jesus Christus nella “forma”, in Ippolito, «modello» del rito della consacrazione dei vescovi riformato da Montini (il sedicente marrano Paolo VI), è rimpiazzato da: “dilectus Filius” = tuo Figlio diletto, Gesù Cristo. Malgrado tutto, questa correzione indica ancora e sempre una inferiorità del Figlio poiché il Cristo è designato anche, come nei Greci scismatici, come canale transitorio dello Spirito-Santo. Manca dunque allo Spirito-Santo la relazione essenziale in seno alla Santa Trinità come Persona emanante dal Padre e dal Figlio dall’eternità. Un errore grossolano, fondamentale, che rende, una volta di più, la forma dell’ordinazione intrinsecamente inoperante e dunque invalida! Ed anche se la rettitudine della fede del Vescovo consacrante fosse certa, questa non potrebbe “sopperire” né correggerebbe la forma e l’intenzione che è normalmente veicolata dal rito. Ma non è ancora finita: la “forma” inventata da B. Botte per Bugnini, su richiesta di Montini, proclama anche una eresia anti-Trinitaria! Ed infatti il «Signore» che è: Dio, il Padre; il Figlio Gesù-Cristo, consustanziale al Padre; e «lo Spirito che fa i capi (!?!) e che Tu hai dato al tuo Figlio diletto, Gesù-Cristo» non costituiscono affatto una designazione teologicamente corretta delle tre Persone divine nell’unità della sostanza e distinte per le loro Relazioni proprie! Qui il discorso è sottile e non alla portata di ogni mente non abituata (e dove sono più oramai?) al “tomismo” (la teologia di S. Tommaso), ma è palese il voler rinnegare la formulazione di San Tommaso quando dice: Pater et Filius et Spiritus Sanctus dicuntur “unum” et non unus. (Quodl. 6,1+2) [si dicono un “unico” e non uno]. Di conseguenza la nuova formula di consacrazione episcopale è egualmente invalida a causa di questa eresia antitrinitaria. Ma c’è ancora dell’altro: questa “forma” sembra a ragione, provenire addirittura da un sistema gnostico e kabbalista! Riportiamo ancora la formula: «Et nunc effunde super hunc electum eam virtutem, quæ a te est, Spiritum principalem, quem dedisti dilecto Filio Tuo Jesu Christo » Con la modifica di “Spiritus principalis” in “Spiritum principalem”: cioè un genitivo che diviene un accusativo, l’essere dello Spirito è assimilato ad una qualità (forza), lo Spirito diviene cioè una sorta d’ “energia”, e non più una “Persona”. Questo concetto eretico deriva da un sistema “gnostico” (il discorso sui concetti della “gnosi spuria” e kabbalista, richiederebbe un’opera monumentale). La messa in equivalenza mediante un accusativo, proprio della “fabbricazione” di Dom Botte (“originalità” luciferina che non si ritrova né presso gli etiopi, né nella sinossi della ’Tradizione apostolica’ e neppure nelle Costituzioni apostoliche), tra la “forza” (virtus) che viene dal Padre e lo Spiritus principalis, fa nuovamente assimilare la Persona dello Spirito-Santo ad una semplice “qualità” proveniente da Dio, ma senza essere Dio. Questo è nuovamente un negare lo Spirito-Santo come Persona divina e quindi la sua consustanzialità divina. Ma addirittura in certe traduzioni “diocesane” lo Spirito vi appare con una minuscola, ed egualmente il ’Figlio’ vi appare con una minuscola: “Signore, spandi su Colui che tu hai scelto la tua forza, lo spirito sovrano che tu hai dato a tuo figlio”. Facendo il legame di questi elementi con la concezione kabbalista di Elia Benamozegh, si arriva alla riduzione dello Spirito e del Figlio a due “eoni” inviati da Dio, ma che non sono Dio, bensì degli “éoni” [coppia di entità che Dio manderebbe ogni tanto per illuminare gli uomini], come nel sistema dell’eretico gnostico Valentino, o delle forze semplici, “virtù” o energie spirituali. Questo riduce la Santa Trinità ad un concetto puramente simbolico, espressione di un sistema gnostico sotto le apparenze monoteiste (monoteismo appunto del “signore dell’universo”: lucifero, cosa di cui ci ha informato il sig. Margiotta, massone ex 33° del palladismo di Pike e Mazzini). Questo lascia trasparire la profonda conoscenza che il “marrano” Patriarca della massoneria universale dell’epoca, Montini [la cui famiglia materna era giudaica] aveva della kabbala e della gnosi spuria che egli ha travasato nel Cattolicesimo facendola apparire “cristiana” agli “ignari” fiduciosi della sua (finta) infallibilità! A chi ne volesse sapere di più, si consiglia : “Dell’Origine dei Dogmi Cristiani”, di Elia Bénamozegh. Cap. III. Caratteri dello Spirito-Santo, pag. 271, e, sempre dello stesso rabbino, gli: Atti del convegno di Livorno (settembre 2000) Alessandro Guetta (ed.), Edizioni Thalassa de Paz, Milano, coop srl. – Dicembre 2001 Via Maddalena, 1 – 20122 Milano. Quindi la SS. Trinità è intesa seconda la “gnosi spuria”: « Non è più la Trinità di persone nell’unità della sostanza, ma è l’Infinito, l’Assoluto, l’Eternità, l’Immensità incomprensibile, inintelligibile, vuota e senza alcuna forma, l’“ensof” in cui le tre persone non sono più che delle emanazioni temporali (…). Secondo il paganesimo, l’Essere primordiale, che è nello stesso tempo il Non-essere, si differenzia e si rivela solamente dopo un certo tempo, facendo emanare dal suo vuoto interiore le tre divinità che i pagani hanno adorato. Così si elimina la S.S. Trinità in vista della religione noachide. E qui il discorso si allargherebbe a dismisura esulando dalle intenzioni di questo scritto. Ricordiamo solo che la negazione dell’eternità della Trinità divina è la negazione della creazione “ex nihilo”, è la negazione della differenza essenziale tra Dio e l’universo; è l’abbassamento del Creatore al livello della sua creatura o la deificazione della creatura, in particolare dell’uomo.» In verità questa è stata sempre la costante del “falso” pontificato di Montini: sostituire l’uomo a Dio, sostituire alla Redenzione di Gesù-Cristo, la redenzione gnostico-cabalista della triplice e blasfema trinità massonica. Oltre a queste chiare eresie e l’intento noachide, la “forma” montiniana, nasconde un’ulteriore intenzione “occulta”, quella di designare un « Eletto » manicheo, aggiungendo l’espressione: “super hunc Electum”. “Electus” ha due sensi (cristiani) secondo il Gaffiot (termine electus) • scelto da Dio per la salvezza: VULG. Luc. XVIII,7 • scelto per ricevere il battesimo: AMBR. Hel. 10, 34. Poi il Gaffiot aggiunge un ultimo senso: • membro d’élite della setta dei manichei, [eretici gnostici, seguaci di Mani]: MINUC. 11,6. Ora, essendo gnostica la natura del sistema dal quale deriva questa formula, questo è il vero senso, e cioè l’intenzione del rito d’ordinazione episcopale di Paolo VI è un rito che conferisce dei poteri ad un eletto manicheo! A questo punto abbiamo bisogno di respirare aria pura, non ne possiamo più di tutti questi inganni! Certo, non vorremmo ritrovarci nei panni “infuocati” di un vescovo (falsamente) consacrato dopo il 1968, cioè un “eletto manicheo” anti-Cristo! Alla prossima per ricapitolare il tutto!

J.-J. GAUME: IL SEGNO DELLA CROCE -introduzione del traduttore-

 

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J.-J. Gaume:

IL SEGNO DELLA CROCE

Carte Postal Religieuse Italienne de De Chirico"Il segno della croce " Anderson Credit: Rue des Archives/DS/18 rue le Bua 75020 Paris France

Introduzione del traduttore

Mille fiori olezzanti profumo di puro cattolicismo, nascono nel seno della famiglia cristiana, e smaltano qua e là il terreno sociale: nobilissimi esempi d’individuale abnegazione, mostra l’individuo nel combattere le battaglie del Signore; ma fra questi smalti e sacrifici, un fatto doloroso si attua, di che il solo pensiero dovrebbe far tremare i polsi. Questo fatto comincia ed agogna alla sua attuazione completa, e solo, chi ha interesse a nasconderlo, può dissimularlo: ma, se v’ ha intelligenza che milita per la verità, ed un cuore tenero degl’interessi della umana famiglia, non può tenersi dal disvelarlo, e gridare ai contemporanei: La società torna al paganesimo! – I contemporanei a questo grido restano attoniti; ma ripensando poi si domandano: Possibile! A mezzo il secolo XIX tornare al paganesimo? Se lo si affermasse di altri tempi, lo si potrebbe ben credere: ma ai tempi nostri è incredibile. Gl’idoli ingombrano i nostri musei a ricordarci i tempi che furono, e ci eccitano a commiserazione per la umana intelligenza orba per manco di evangelico lume. Noi tornare agli idoli? l’è grossa esagerazione questa! – Ciascuno dissimula a sua posta il male che gli angoscia l’animo, e cerca con gl’impossibili immaginari, ritardare l’arrivo di quanto dispiacevolmente si avanza a furia. Così la società moderna, perché l’idolo di Moloc e di Baal, e le sfingi di Babilonia la muovono a riso per le sproporzionate ed orride forme, credesi sì ferma da non poter tornar con l’animo all’ossequio dell’idea e del principio, che rendeva tali mostri oggetto di profonda venerazione. La società è in inganno! Non è mestieri d’idoli manufatti per paganizzare la coscienza sociale. La società era pagana innanzi la mano dell’uomo formasse idoli per prestare ad essi divini onori. Il paganesimo è la negazione della incarnazione del Verbo e del sopranaturale; è circoscriversi nelle sole cerchia del naturale, è il predominio dell’errore sulla verità, del male sul bene, della carne sullo spirito, è il regno di satana. É paganesimo l’adorazione di tutto ciò che non è il vero Dio; l’adorare tutto se stesso, o una parte di sé, un principio, una formula, che non è da Dio, e che a Lui non meni, è paganesimo: Omnis forma, vel formula idolum se dici potest. Jdolum tam fieri, quam coli Deus prohibet (1). (1) [“Principale crimen generis humani, summus saeculi realus, tota causa iudicii Idololalria. Idolum aliquandiu retro non erat. Priusquam huiusmodi artifices ebullis-sent, sola tempia et vacuae aedes erant…. Taraen ido-lolatria agebalur, non isto nomine, sed in isto opere. Nam et hodie extra templum et sine idolo agi potest. Inde idololalria omnis circa omne idolum famulatus et ser-vilus dici potest. Igitur omnis forma vel formula idolum se dici potest. Idolum tam fieri quam colere Deus prohibet.” Tertul. De Idol. c. I, II, III. ]. – Se tale è il paganesimo nella sua essenza spogliato delle diverse forme esteriori di che l’uomo 1’ha rivestito lungo il corso de’ secoli, come potrà negarsi che la società contemporanea corra al paganesimo, ed agogni pervenirvi? – Di fatti, la società civile cristiana si distingue dalla cinese, dalla indiana, da qualunque altra pagana, da che nella coscienza pubblica sociale si è introdotto il Dio dei Cristiani come giudice del giusto e dell’ingiusto, introduzione fattavi dal Cristo, e continuata dal suo Vicario, tale essendo l’economia del vero cristianesimo. Il perché se una società politica toglie a suo diritto pubblico principi che non mettono capo al Cristo redentore, e rivelatore della giustizia divina, tale società rigetta il principio cristiano sociale ed è già pagana. Che se vuole ritenerne soli alcuni pel suo tornaconto, rigettandone altri, fuorvia, s’incammina al rifiuto completo del principio cristiano, e per esso al paganesimo; poiché tutto il criterio della giustizia sociale cristiana dev’essere illuminato e santificato dalla dottrina del Cristo. – Ora la società moderna è tutta nel negare il sopranaturale, come si rivela allo sguardo non clericale, ma protestante di chi pose pure la sua mano a farla qual’è. [Guizot l’Eglise e la Société Chrétienne ch. IV; Le ternaturel.]. – La negazione sopranaturale è la eresia contemporanea . [Gaume Traité du S. Esprit chap. I L’Esprit du bien et l’Esprit du mal]. – La società ripudia il sopranaturale, adora se stessa, e questa apostasia l’ha formulata dicendo: La società farà da sé, il sopranaturale è da esserne eliminato; la secolarizzazione assoluta, universale è la sua vita. Bandita la dottrina del Cristo, corre per un lume che la guidi, e lo ritrova nella propria scienza, della quale lasciamo ad altri accennare i caratteri. – « Oltre la guerra diretta e dichiarata al sopranaturale, un altro male attacca il cuore stesso della religione cristiana, il paganesimo. [Guizot: l’Eglise e la société Chret. chap. IV.]. – Ecco frattanto dove siamo, e dove il vento del secolo vuol condurci. Non si tenta punto di ricondurci a questa o quella forma d’idolatria che hanno eretto in divinità gli eroi del genere umano, o le grandi facoltà dell’uomo, o le forze della natura; ma si vuole, che noi lasciamo il Dio della Bibbia e del Vangelo, il Dio primitivo, indipendente, personale, distinto ed autore dell’uomo e del mondo; ci si domanda di accettare per completa religione un Dio astratto, ch’è altresì d’invenzione umana, poiché non è che l’uomo ed il mondo confuso e trasformato in Dio da una scienza che si crede profonda, e che vorrebbe non essere empia. In luogo del cristianesimo vero, della sua storia e de’ suoi dogmi, le sue grandi soluzioni di nostra natura, ci si propone il panteismo, lo scettecismo, gl’imbarazzi della erudizione ». [Idem: ch. V; Le deux Dieux. ]. – Ecco la scienza regolatrice della società: 1′ ateismo scientifico! Epperò non è da maravigliare se studiando 1′ organismo sociale si trovi il predominio della carne sullo spirito, del bene utile sull’onesto; che la finanza n’è la suprema legge di modo, che il sig. Havet, uno de’ panegiristi di Renan, non ha avuto difficoltà di annunziare alla intelligenza contemporanea, che la economia è già tale da divenire la religione della società contemporanea. “La science économique est bien prète d’ètre tonte la réligion d’auojurdhui.” – Che se delle singole parti della società volessimo discorrere, noi non le troveremmo meno pagane. Le divine ragioni nelle famiglie sono distrutte. La più sacra delle unioni è divenuta un contratto, che né lo Dio del Sinai, né quello del Golgota hanno sancito, ma che un capriccio femmineo può sciogliere; quella vergine che qual candida colomba veniva tratta dalla casa paterna, potrà tornarvi cacciata dalla maritale dimora, per cedere ad altra, il rendere, per qualche tempo, felice un cuore! Si vuole rendere libera la donna alla pagana, sottraendola alle catene dell’amore cristiano di un solo uomo, per darle la libertà di essere di tutti. Bella libertà del matrimonio civile e del divorzio! E l’educazione? Non è questa pagana, non è l’emula della Stòa, dell’Accademia e del Peripato, anziché delle scuole di Clemente, Panteno, Cassiodoro? – Queste aspirazioni sociali al paganesimo si rivelano in certe opere che tendono alla riabilitazione di satana, principe del mondo pagano. M. Renan, innanzi negasse la divinità di Cristo, impietositosi della sconfitta riportata da satana, lo chiama sventurato rivoluzionario! Uno de’ suoi maestri, Schelling in Alemagna, è andato più innanzi. Non solo ha fatto di satana una creatura ordinata, ma lo ha elevato alla natura divina, perché Cristo-Dio doveva avere un competitore degno di sè. [N. Moëller. De l’état de la Philosophie en Allemagne, pag. 211, Satanalogie de Scelling]. – Michelet, or sono trent’anni, dall’alto della sua cattedra di filosofìa della storia di Parigi, previde questa ascensione satanica, e nella Sorcière se n’è reso istoriografo, narrandoci i trionfi di satana sul Cristo (2). – Conformemente a questi principii, Quinet trova in satana il principio da riunire tutti i cuori; [De Schamps Le Christ et les Antéchrist, vol. 2, pag. 43] e Prudhon vuole sostituirlo all’inconseguente riformatore, che fu crocifìsso [La Révolution au XIX siècle, pag. 290, 591]. Tralasciamo le bestemmie di altri molti, le quali, se fossero fatto segno alla pubblica riprovazione e, se le opere che le contengono venissero sepolte nella oscurità, accennerebbero solo alla esistenza di matti e blasfemi scrittori; ma il numero de’ lettori e degli encomiatori di esse è tale, da metterci in pensieri, e rivelarci le tendenze della società. Tanto più, che le simpatie per tali principi ricevono puntello e spiegazione da pratiche sì conformi a talune del paganesimo, che ad accennarle è mestieri usare delle voci, con che Tertulliano le nominava, di esse facendo rimprovero a’ pagani de’ tempi suoi. I nostri pretesi mediums, sarebbero designati da lui col nome di genii: “Genii deputantur, quod daemonum nomen est” [Tertull. De anima, cap. XI]; le nostre tavole parlanti e rotanti, multa miracula circulatoriis praestigiis ludunt et caprae et mensae divinare consueverunt”; il nostro sonnambulismo ed ipnotismo, “somnia immittunt”; il nostro spiritismo, “phantasmata edunt, et iam defunctorum infamant animus” [Idem: Apolog. cap. XXIII]. Possiamo noi non affermare che la società contemporanea agogni tornare al paganesimo, e che verso di esso cammina? – Qual forza umana potrà contrapporre una diga a questo torrente che cerca trasportare l’umanità? E come ostare a questo risuscitarsi del paganesimo ? Quando il primitivo paganesimo fu da satana introdotto nel mondo, quanto di più santo era in esso, fu mezzo e simbolo della sua tirannica occupazione, e della sua vittoria. La vergine accolse la tentazione di esser ribelle: il legno venne fatto oggetto de’ suoi desideri, e la morte accorse a coprire di funereo velo l’uomo conquiso alla tirannide satanica. La vergine, il legno, e la morte furono il triplice trofeo del vincitore [S. Gioan. Gris. Homil. de coemeterio et cruce: “Per quae diabolus vicerat, per eadem Christus eumdetn devicit, et acceptis, quibus usus fuerat, armis eum dehellavit. Et quomudo ? Audi, virgo, lignum, et mors cladis nostrae fuerunt symbola. Virgo erat Eva. Lignum erat arbor. Mors erat mulcta Adami. Attende vero, rursus virgo, et lignum et mors simbola extiterunt cladis, et victoriae quidem symbola. Nam loco Evae est Maria: loco ligni scientiae boni et mali, lignum Crucis: loco mortis Adami mors Christi. Vides eum, per quem vicit, per eadem et victum esse.]. – Ma la vergine, il legno e la morte dovevano essere il trofeo della sua sconfitta! Percorriamo la storia della dominazione satanica prolungatosi dall’Eden al Golgota, e quivi di nuovo troveremo la vergine, il legno e la morte. Una nuova Vergine ascende il monte per schiacciare ai piedi dell’albero il capo all’insidiatore della vergine Eva, e cancellare in sé l’onta, che nella prima vergine aveva bruttata la delicata metà della specie umana. Il legno della scienza del male è abbattuto da quello della croce, per fulgore di luminoso insegnamento, non di fallibile umana ragione, ma di divina, rivelatrice e maestra di verità. La morte fu distrutta; il Cristo spirando sul legno, vivificò a novella vita il vecchio Adamo morto a pie dell’albero. – Se la storia de’ trionfi di satana e delle sue sconfitte, e quella de’ mezzi e de’ simboli di esse, dev’essere nostra guida a conoscere la fine delle ovazioni, che satana cerca ottenere nella umanità lungo il corso de’ secoli; noi siamo condotti ad affermare provvidenziale l’opera del Gaume: “segno della croce al secolo XIX!” Questa non solo accenna allo stremarsi della ovazione, a che agogna satana col suscitare novello paganesimo, ma somministra altresì mezzo a portarne trionfo. La vergine difatti, il legno e la morte vedemmo al principio della dominazione satanica, ed allo spirare di essa. Ora in questa passeggera forma del continuo sforzo di satana a riconquistare il perduto dominio, troviamo di nuovo il legno e la morte riunito alla vergine. La vittoria è nostra! La vergine al presente si mostra sfolgorante di luce, ed in tutta l’espressione del suo potere a schiacciare l’antico serpente, perché il piede che lo preme è dommaticamente della vergine Immacolata. Il secolo XIX s’è trasportato nell’Eden ed ha fatto della propria voce eco a quella di Dio, e per la bocca del Sommo Pontefice Pio IX, ha ripetuto l’“inimicitias ponam inter te et mulierem”; e satana sperimenterà l’ “ipsa conteret caput tuum”; e lo stesso agitarsi di lui accenna ad una forza, che lo contrista e combatte, contro cui cerca difendersi con nuovi inganni. Ma questi saranno vinti, che contro ad essi, di unita alla Vergine, si levano di nuovo il legno e la morte. Il chiarissimo scrittore del primo, narra le antiche e sempre nuove glorie, i continui trionfi, spiega il magistero di esso, lo rileva dall’oblio profondo in che l’hanno le menti cristiane, e questo griderà all’individuo, alla famiglia, alla società protestante, pagana che sia: “Figli della polvere, il segno della croce è un segno divino che ci nobilita; vi moriva il figlio di Dio”. [Matth.. XXVII, 54.] – Ignoranti, la croce è un libro che c’istruisce; vi moriva la sapienza di Dio. [Ad Cor. I, c. I, 24]. Poveri, la croce è un tesoro che ci arricchisce; vi moriva il costituito erede dell’universo. [Ad Hebr. I, 2]. – Soldati, la croce è un’arma che dissipa l’inimico; vi moriva il condottiero del popolo di Dio. Matth. II, 6. – Non ti sembra, lettore, sentire l’eco dell’“in hoc signo vinces”? E questo eco si rimuterà in grido di vittoria, poiché il legno abbatterà tutti i mezzi di che satana usa a risuscitare il paganesimo. Questo secolo che ha vergogna di avere la religione della croce nelle sue leggi e nelle sue instituzioni, dovrà apprendere che nella croce è la vera gloria. A questo secolo scienziato ed ammaestrato da’ mediums, i quali insegnano che, Mose ha coltivato, il Cristo ha seminato, e lo spiritismo raccoglierà, e che lo spiritismo viene a stabilire fra gli uomini il segno della carità e della solidarietà annunziata da Cristo [Alan Kardée : Le Spiritisme à sa plus simple expression pag. 24]; a questo secolo sarà ripetuto. « La croce è l’antico libro! » Questo secolo materialista, che tutto proporziona col lucro materiale, e che al peso dell’oro fa sottostare la forza de’ princìpii, dovrà sentire. « La povertà della croce è vera ricchezza! » Questo secolo, che con indifferenza ha intese le bestemmie del Renan, dovrà intendere la parola della croce che afferma: « Io sono un segno divino; dunque Cristo è Dio! » Questa parola scenderà nella coscienza sociale; la muoverà ad avere in onore la croce, produrrà in essa il culto d’invocazione, e la croce invocata è sconfitta di satana. E la Vergine ed il legno continueranno per l’opera del chiarissimo autore, i loro trionfi! – E la morte? La morte dell’Uomo-Dio distrusse i trionfi satanici e li rimutò in schiavitù; le ovazioni di esso devono essere rimutate in sconfitte dalla morte dell’uomo carnale. Queste sono riportate su i figli della diffidenza, che per ignavia e mal volere non seppero conservare la libertà del riscatto, e con le proprie mani raccolsero i lembi del lacerato chirografo e li deposero fra gli artigli di satana, come titoli di volontaria soggezione, amando meglio vivere di senso che di ragione, più di concupiscenza che di grazia. Questa grazia è da suscitare nell’uomo, e la concupiscenza da mortificare. Questa mortificata, satana non avrà più appiglio ed addentellato a continuare le sue passeggere ovazioni, e, quella suscitata, l’uomo per essa fortificato, combatterà a vittoria l’avversario. L’uomo della carne è da mutare in quello dello spirito! Metamorfosi è questa, che solo l’abnegazione può operare, come quella, che sottomette il corruttibile senso alla immortale ragione, ed il giudizio del fallibile intelletto all’autorità della infallibile fede; ed eleva il cuore umano alla vita sopranaturale del giusto, per la speranza e la carità che ingenera. Lo spirito di abnegazione e di sacrificio dell’umano individuo non potrà restar straniero alla famiglia, ma come germe nel seno della terra vi mette radici, ed attecchisce e produce l’abnegazione della famiglia. Questa, avendo l’animo usato alla morale fatica del sacrificio, saprà sostenere tutta la lotta necessaria per immettere nella coscienza dell’individuo sociale l’ “abnega temetipsum” della croce, e questo sorgerà ad opere salutari spogliate di naturalismo e sensismo, ed informate dallo spirito di abnegazione prodotte della convinzione che la materia è da sottoporre allo spirito, la forza al diritto, l’individuo all’universale, la società a Dio. satana è vinto da questa sua morte! Questa morte della società al senso, sarà prodotta dall’opera del Gaume. Dessa inspira all’umano individuo la venerazione per la croce, questa produce l’imitazione, e che v’ha da imitare nella croce se non l’abnegazione di se stesso, e la morte al senso? “Abnega temetipsumè la parola della croce! L’opera di che discorriamo, ingenerando nella società il culto d’invocazione e d’imitazione della croce, dà dunque mezzo alla società da abbandonare il materialismo in che si avvilisce, e sorgere alla vita dello spirito per unirsi al legno ed alla Vergine, per distruggere le ovazioni che satana vuol riportare col moderno paganesimo! – Noi deponiamo la penna. Diremo solo che questo sublime scopo dell’opera ci ha guidati nella traduzione, che raccomandiamo alla umanità del lettore. Delle parti dell’opera non parliamo, che già altrove ne abbiamo detto [Scienza e Fede voi. XLIX, fasc. 203, pag. 367]. Per chi volesse sapere come Roma vegga l’opera che presentiamo al pubblico, trascriviamo una lettera che S. E. il Cardinale Altieri indirizzava all’autore.

Monsignor Illustrissimo,

Colla pubblicazione della vostra ammirabile opera sopra il segno della Croce, voi avete reso un nuovo e segnalato servizio a favore della Chiesa di Gesù Cristo. Infatti voi avete fatto conoscere ai fedeli colla forma la più attraente, tutto ciò che manifestamente contiene, ciò che insegna, ciò che opera di sublime, di santo, di divino, e per conseguenza di grandemente utile alle anime, questa sacra formula tanto antica quanto la Chiesa stessa. – L’augusto capo di questa stessa Chiesa il Sommo Pontefice, non poteva non raccogliere con gioia un’opera sì preziosa e sì utile al popolo cristiano. Così non solamente egli ha esternato la sua viva soddisfazione allorché io ho deposto nelle sue sacrate mani 1’esemplare che voi vi siete fatto premura di offrirgli per mezzo mio; egli ha voluto di più esaudire con bontà il desiderio che avete manifestato di vedere arricchita di un’indulgenza la pratica del segno della croce, affine di eccitare i fedeli a farne uso in difesa delle loro anime, senza rispetto umano, e sovente quanto sia possibile. – Nel Breve qui unito vedrete quanto generoso si è mostrato il S. P. nel concedere una simile grazia e com’egli ne fa apprezzare il valore. Importa grandemente che questo favore del supremo dispensatore dei favori celesti accordato in prò della Chiesa militante, sia universalmente conosciuto nello stesso tempo che si estenderà e si apprezzerà di più in più il vostro eccellente libro. Nella traduzione italiana che ne fa molto a proposito, l’incomparabile Angelo d’Aquila, si troverà il Breve del quale si parla, e bisognerà anche inserirlo selle nuove edizioni che sicuramente non mancheranno di succedersi. Cosi sarà colmato il vuoto che voi avete notato nella Raccolta delle Indulgenze. – Cosi V. E. riceverà la degna ricompensa, e certamente la più stimata dal suo cuore, nel vedere aperto il tesoro «iella Redenzione, per il bene delle anime che ancor vivono su questa terra, o che di già son discese nel purgatorio, per effetto dell’ opera che voi avete composta collo scopo di attirare l’attenzione universale sul primo segno del culto che tutti devono rendere al principale strumento della Redenzione. – Gradite l’espressione della più sincera e della più alta stima colla quale io sono, Monsignor illustrissimo, vostro affettuosissimo servitore.

Cardinale Altieri.

Noi facciamo voti che quest’opera sia sparsa nella società, e che questa cooperi solerte a compierne il voluto altissimo scopo di arginare lo spirito pagano, che cerca diffondersi fra i contemporanei. Facciamo altresì voto che le anime pie si studino lucrare le indulgenze che il regnante S. P. ha annesse al segno della Croce, ed all’uopo ne trascriviamo il Breve.

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PIUS PP. IX

AD PERPETUAM REI MEMORIAM.

Quum salutiferae reparationis mysterium virtutemque divinam in Crucis Domini Nostri Jesu Chmti vacillo contineri perspectum haberent primi Ecclesiac fideles, frequentissimo illo signo eosdem usos fuisse vetustissima et insignia monumenta declarant. Quin ab eodem signo quascumque actiones auspicabantur, et ad отпет progressum atque promotum, ad отпет aditum, et eritum. ad lumina, ad cubilia, ad sedilia, quacumque nos conversatio exercet, frontem Crucis signáculo terimus, inquiebat Tertullianus. Haec nos perpendentes fidelium pietatem erga illud salutiferum redemptionis nostrae signum codesta Indulgentiarum thesauros reserando iterum excitandam censuimus; quo pulchra veterum Christianorum exempla imitantes signo Crucis, quae tamquam tessera est Christianae militiae frequentius et palam etiam ac publice se munire non erubescant. Quare de Omnipotentis Dei misericordia, ac BB. Petri et Pauli App. eins auctoritate confisi, omnibus el singulis uhiusque sexus Christi fidelibus quoties saltem corde contrito, adjectaque Sanctissimae Trinitatis invocatione Crucis forma se signaverint, toties quinquaginta dies de iniunctis eis seu alias quomodolibet debitis poenìtentiis in forma Ecclesiae consueta relaxamus; quas poenitentiarum relaxationes etiam animabas Christi fìdelium, quae Deo in cháritate coniunctae ab hac luce migraverint, per modum suffragii applicare possint, misericorditer in Domino concedimus. In contrarium faciendis non obstantibus quibuscumque, praesentibus perpetua futuris temporibus valiturìs. Volumus autem, ut praesentium litterarum transumptis seu exemplis etiam impressis, manu alicuius Notarii publici subscriptis, et sigillo personae in ecclesiastica dignitate constitutae munitis eadem prorsus fide adhibeatur, quae adhiberetur ipsis praesentibus, si forent exhibitae vel ostensae; utque earumdem exemplar ad Secretariam S. Congrcgationis Indulgentiarum, Sacrisene Reliquiis praepositae deferatur, secus nullas esse cus volumus, iuxta Decretum ab eadem S. Congregatione sub die XIX Januarii MDCCLVI latum, et a. s. m. Benedicto PP. XIV Praedecessore Nostro die XXVIII dicti mensis et anni adprobatum. Datum Romae apud S. Petrum sub annulo Piscatoria die XXVIII iulii MDCCCLXIII, Pontificatus nostri anno decimo octavo.

Praesentes lilterae apostolicae in forma Brevis sub die 28 Julii 1863 exhibitae fuerunt in secretaria S. Congrégations indulgentiarum die 4 Augusti eiusdem anni ad formam decreti ipsius S. Congregationis die 14 Aprilis 1856.

In quorum fidem datum Romae ex eadem secretaria die et anno ut supra.

Archiepiscopus Prinzivalli substitutus. – Per copia conforme: J. Gaume.

pio IX

PIO PAPA IX.

A MEMORIA ETERNA.

Perfettamente certi che il salutare mistero della Redenzione e la virtù divina si contengono nel segno della Croce di nostro Signore Gesù Cristo, i fedeli della primitiva Chiesa facevano il più frequente uso di questo segno, come ce lo dimostrano i più antichi e più insigni monumenti. É anche con questo segno ch’eglino incominciavano ogni loro azione. Ad ogni movimento, (diceva Tertulliano) ed a ciascun passo, entrando e sortendo, accendendo i lumi, nel prendere il cibo, nel mettersi a sedere, qualunque cosa noi facciamo, ovunque noi andiamo, noi segniamo la nostra fronte col segno della croce. – Considerando queste cose, Noi abbiamo creduto a proposito di risvegliare la pietà dei fedeli verso il segno salutare della nostra redenzione aprendo i tesori celesti delle indulgenze, affinché, imitando i belli esempi dei primi cristiani, essi non arrossiscano di munirsi più frequentemente, ed apertamente, e pubblicamente del segno della croce, che è come lo stendardo della milizia cristiana.

È questo il motivo per cui, confidando nella misericordia di Dio onnipotente e nell’autorità dei suoi santi Apostoli Pietro e Paolo, Noi accordiamo nella solita forma della Chiesa a tutti ed a ciascuno dei fedeli dell’uno e dell’altro sesso, ogni volta che almeno contriti di cuore, ed aggiungendovi l’invocazione della SS. Trinità, eglino faranno il segno della croce, cinquanta giorni d’indulgenza per le penitenze che loro saranno state imposte, o ch’eglino debbono fare per un’altra ragione qualunque; Noi accordiamo di più misericordiosamente nel Signore, che queste indulgenze possano essere applicate, per modo di suffragio, alle anime dei fedeli che hanno lasciala questa terra nella grazia di Dio. – Nonostante qualunque cosa contraria le presenti debbono valere in perpetuo. Noi vogliamo inoltre che alle copie manoscritte od esemplari stampati delle presenti lettere, segnate da un pubblico notaio e munite del bollo d’una persona ecclesiastica costituita in dignità si presti assolutamente la stessa fede che si presterebbe a queste stesse presenti se fossero presentate o mostrate; ed anche che una copia di queste medesime lettere sia portata alla Segreteria della Sacra Congregazione delle Indulgenze e delle sante Reliquie, sotto pena di nullità, conforme al decreto della stessa Sacra Congregazione in data del 19 gennaio 1750, ed approvato dal nostro predecessore di santa memoria, il papa Benedetto XIV , il 28 dello stesso mese ed anno.

Dato a Roma, a S. Pietro, sotto l’anello del Pescatore, il 28 luglio 1863, l’anno decimottavo del Pontificato Nostro.

Cardinale Parracciani Clarelli.

Le presenti lettere apostoliche in forma di Breve, in data del 28 luglio 1863, sono state presentate alla Sacra Congregazione delle Indulgenze il 4 agosto dello stesso anno, conforme al decreto della stessa sacra Congregazione in data del 14 aprile 1856.

In fede del che, dato a Roma, alla stessa Secreteria, il giorno ed anno come sopra.

Arciv. Prinzivalli sostituto.

 

18 GIUGNO 1968 -5-

–18 giugno 1968

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   Continuiamo a discutere con le idee un po’ più chiare, circa l’Invalidità intrinseca del rito del “Pontificalis Romani”, per quanto concerne la consacrazione vescovile. Ricordiamo in quali termini San Tommaso d’Aquino pone la questione: “Dio è il solo a realizzare l’effetto interno al Sacramento? Risposta: «Ci sono due modi di realizzare un effetto: in qualità di agente principale o in qualità di strumento. Secondo la prima maniera, è Dio solo che realizza l’effetto del Sacramento. Ecco perché Dio solo penetra nelle anime ove risiede l’effetto del Sacramento, e un essere non può agire direttamente la dove Egli non c’è. Anche perché appartiene solo a Dio il produrre la “grazia”, che è l’effetto interiore del Sacramento ( Sum. Theol. I-II, Q.112, a. 1). Inoltre, il carattere, effetto interiore di certi Sacramenti, è una virtù strumentale derivante dall’agente principale, che è qui Dio. Ma, nella seconda maniera, cioè agendo in qualità di ministro, l’uomo può realizzare l’effetto interiore del Sacramento; perché il ministro e lo strumento hanno la stessa definizione: l’azione dell’uno conduce ad un effetto interiore sotto la mozione dell’Agente principale che è Dio. » (Summa theologiae III, Q.64, 1). In poche parole, l’uomo non è che il ministro, lo strumento dell’azione di Dio in un Sacramento. E qui sorge la domanda: “Chi è che ci assicura in modo assolutamente certo che Dio agisce al meglio in un rito creato nel 1968”? Seguiamo ancora San Tommaso, che si chiede: “L’istituzione dei sacramenti ha solo Dio per autore? – « È a titolo di strumento, lo si è visto, che i Sacramenti realizzano degli effetti spirituali. Ora lo strumento trae la sua virtù dall’Agente principale. Vi sono due agenti, nel caso di un Sacramento: Colui che lo istituisce, e colui che usa del Sacramento già instituito applicandolo quanto a produrre il suo effetto. Ma la virtù del Sacramento non può venire da colui che non fa che usarne, perché non si tratta così se non al modo di un ministro. Rimane dunque che la virtù del Sacramento gli viene da Colui che l’ha instituito. La virtù del Sacramento non venendo che da Dio, ne risulta che Dio solo ha istituito i Sacramenti. » Summa theologiae (III, Q.64, 1). Dio solo ha istituito i sacramenti, e allora: Chi ci assicura in modo assolutamente certo che un rito creato nel 1968 trasmette la “virtù” di un Sacramento che ha solo Dio come autore? – “Gli elementi necessari istituiti dal Cristo secondo San Tommaso d’Aquino: L’istituzione dei sacramenti ha Dio solo per autore? « Obiezione n°1: Non sembra, perché è la Santa Scrittura che ci fa conoscere le istituzioni divine. Ma ci sono alcuni elementi dei riti sacramentali che non si ritrovano menzionati nella Santa Scrittura, come la santa Cresima, con la quale si da’ la confermazione, e l’olio con cui si ungono i sacerdoti, e certe altre parole e gesti che sono in uso nei Sacramenti. Risposta all’obiezione n° 1: Gli elementi del rito sacramentale che sono d’istituzione umana non sono necessari al Sacramento, ma contribuiscono alla solennità di cui lo si circonda per eccitare devozione e rispetto in quelli che lo ricevono. Quanto agli elementi necessari ai Sacramenti, essi sono stati istituiti dal Cristo stesso, che è nello stesso tempo Dio ed uomo; e se essi non ci sono tutti rivelati nelle Scritture, la Chiesa comunque li ha ricevuti dall’insegnamento ordinario degli Apostoli [la tradizione – ndr. – ]; è così che San Paolo scrive (1 Co XI, 34) : «Per gli altri punti, io li regolerò alla mia venuta». Summa theologiae (III, Q.64, 1). Se gli elementi del rito “necessari” al Sacramento sono stati istituiti dal Cristo stesso, chi è che ci assicura in modo assolutamente certo che gli elementi del rito creato  (… nientemeno che da dom B. Botte su commissione di Buan 1365/75!?!) nel 1968 contengano effettivamente gli elementi necessari al Sacramento istituito dallo stesso N.S. Gesù Cristo? Ricordando, al proposito, il giudizio di San Pio X « … allorché si sappia bene che la Chiesa non ha il diritto di innovare nulla che tocchi la sostanza del sacramento » [San Pio X, 26 dicembre 1910, “Ex quo nono”]. Quindi veniamo alle “1+3” condizioni di validità del Sacramento di consacrazione: 1) Perché una consacrazione episcopale sia valida, si richiede innanzitutto che il consacratore abbia egli stesso il potere d’ordine, cioè che egli sia validamente (ed ontologicamente) Vescovo. Successivamente, sono necessarie 3 condizioni all’esistenza del Sacramento della consacrazione episcopale (vale a dire alla sua validità) : • la materia e la forma: « I sacramenti della nuova legge devono significare la grazia che essi producono e produrre la grazia che essi significano. Questo significato deve ritrovarsi … in tutto il rito essenziale, e cioè nella materia e nella forma; ma esso appartiene particolarmente alla “forma”, perché la materia è una forma indeterminata per se stessa, ed è la “forma che la determina” ». [Leone XIII, Apostolicae Curae, 1896]. • l’intenzione del consacratore: «la forma e l’intenzione sono egualmente necessarie all’esistenza del Sacramento », «Il pensiero o l’intenzione, dal momento che è una cosa interiore, non cade sotto il giudizio della Chiesa; ma Essa deve giudicarne la manifestazione esteriore » [Leone XIII, Apostolicae Curae, 1896]. E il Santo Padre Pio XII sottolinea efficacemente la questione alla Conclusione dei lavori del 1° congresso internazionale della liturgia pastorale d’Assisi, il 22 settembre 1956: «Ricordiamo a questo proposito ciò che Noi diciamo nella Nostra Constituzione Apostolica “Episcopalis Consecrationis” del 30 novembre 1944 (Acta Ap. Sedis, a. 37, 1945, p. 131-132). Noi vi determiniamo che nella consacrazione episcopale i due Vescovi che accompagnano il Consacratore, devono avere l’intenzione di consacrare l’Eletto, e che essi devono per conseguenza compiere i gesti esteriori e pronunciare le parole, per mezzo delle quali il potere e la grazia da trasmettere siano significate e trasmesse. Non è dunque sufficiente che essi uniscano la loro volontà a quella del Consacratore principale e dichiarino che essi fanno proprie le sue parole e le sue azioni. Essi stessi devono compiere quelle azioni e pronunziare le parole essenziali. »! E allora, quali sono state le modifiche o le soppressioni “sospette” (per usare un eufemismo) del rito montiniano. Ecco cosa è stato soppresso: – 1) Il giuramento del futuro vescovo che promette a Dio «di promuovere i diritti, gli onori, i privilegi dell’autorità della santa Chiesa romana… d’osservare con tutte le sue forze, e di farle osservare agli altri, le leggi dei santi Padri, i decreti, le ordinanze, le consegne ed i mandati apostolici … di combattere e di perseguire secondo il suo potere gli eretici [una delle principali funzioni del vescovo!!!], gli scismatici ed i ribelli verso il nostro San Pietro: il Papa ed i suoi successori». – 2) L’esame attento del candidato sulla sua fede, comprendente la domanda di confermare ciascuno degli articoli del credo. – 3) L’istruzione del vescovo: « Un vescovo deve giudicare, interpretare, consacrare, ordinare, offrire il sacrificio, battezzare e confermare». In nessuna parte quindi, il nuovo rito menziona che la funzione del vescovo sia quella di ordinare, di confermare e di giudicare (di slegare e legare). -.4) La preghiera che precisa le funzioni del vescovo, dopo la preghiera consacratoria. Nel Pontificalis Romani, si definisce quindi una forma essenziale insufficiente. Per Pio XII, la forma deve significare in modo univoco l’intenzione del rito di fare un Vescovo per ordinare dei preti: «allo stesso modo, la sola forma sono le parole che determinano l’applicazione di questa materia, parole che significano in un modo univoco gli effetti sacramentali, cioè il potere di ordine e la grazia dello Spirito-Santo, parole che la Chiesa accetta ed impiega come tali» [Pio XII, Sacramentum Ordinis, 1947]. –

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[la vera formula consacratoria di sempre in uso nella Chiesa Cattolica]

La forma designata come “essenziale” da Paolo VI non indica il potere d’ordine, né la grazia dello Spirito-Santo come grazia del Sacramento: « La forma consiste nelle parole di questa preghiera consacratoria; tra di esse, ecco quelle che appartengono alla natura “essenziale”, sicché sono quelle esatte perché l’azione sia valida: «Et nunc effunde super hunc electum eam virtutem, quæ a te est, Spiritum principalem, quem dedisti dilecto Filio Tuo Jesu Christo, quem ipse donavit sanctis apostolis, qui constituerunt Ecclesiam per singula loca, ut sanctuarium tuum, in gloriam et laudem indeficientem nominis tui» [ed ora effondi su questo eletto quella virtù che viene da Te, lo Spirito “principale”, che desti al Figlio tuo diletto, e che Egli donò ai suoi Apostoli, perché si costituisse la Chiesa come tuo santuario a gloria e lode del tuo Nome …]. (Inoltre non è specificato di quale spirito si tratti! “Principalem”, in latino, significa pure: “del principe” [si consulti un normale vocabolario della lingua latina]… quindi non è per caso che ci si riferisca, viste le referenze degli autori, allo spirito del “principe … di questo mondo”?) – (Paolo VI, Pontificalis Romani, 1968.]. I termini supposti per definire il Vescovo figurano in un’altra parte del prefazio: «ut distribuát múnera secúndum præcéptum tuum » [Paolo VI, Pontificalis Romani, 1968). Alla maniera degli anglicani, i difensori del rito montiniano devono allora invocare l’“unità morale” del rito. Nel Pontificalis Romani, la forma essenziale è senza dubbio, insufficiente. Il sacramento (ex opere operato) non può operare ciò che esso non significa!!! « La sola forma sono le parole che determinano l’applicazione di questa materia, parole che significano in modo univoco gli effetti sacramentali, cioè il potere d’ordine e la grazia dello Spirito-Santo, parole che la Chiesa accetta ed impiega come tale». [Pio XII, Sacramentum ordinis, 1947]. Le parole del prefazio del Pontificalis romani “non” significano affatto il potere d’ordine: “Ut distribuant munera secundum praeceptum tuum”. [Che essi distribuiscano dei “doni” (!?! forse come santa Claus o la befana !?) secondo il tuo comandamento]. Il termine adottato “distribuant munera” è equivoco, esso esprime dei doni, dei carichi, delle funzioni (vedere il diz. Gaffiot per “munus”), si tratta di un termine profano che non esprime nemmeno lontanamente il potere d’ordine. Dom Botte traduce il greco κλήρους (Klerous) con ‘carichi’ (La Tradition apostolique, Ed. Sources chrétiennes, maggio 1968). Ora un “carico” ecclesiastico non è un ordine. Un anglicano può accettare l’espressione di distribuzione di carichi, un luterano ugualmente. Questa ambiguïtà è voluta … siamo ben lontani dalle parole essenziali del rito latino (comple sacerdote tuo). Queste parole esprimono in modo univoco il potere d’ordine (Episcopum oportet … ordinare – il vescovo deve ordinare!). Il sacramento (ex opere operato) non può operare ciò che esso non significa e quindi la forma è da considerarsi “difettosa A questo punto, a differenza di tutti i riti precedentemente adottati, è patente la “contro-intenzione” del rito, quella di “non” significare il potere di ordinazione dei preti, e quindi la volontà di non ordinare! Si mette dunque in evidenza una contro-intenzione a livello della forma del rito, contro-intenzione che appare in un contesto ecumenico che fornisce la “chiave” per la comprensione della messa in atto di questo rito. Non a caso Jean Guitton, scriveva: «Questa Chiesa ha cessato di chiamarsi cattolica per chiamarsi ecumenica», ed il massone Bugnini (col nome d’arte BUAN, sempre lui, quello della messa del baphomet “signore dell’universo”!) dichiarava sull’Osservatore Romano del 19 marzo del 1965: Noi dobbiamo spogliare le nostre preghiere Cattoliche e la liturgia Cattolica da tutto ciò che potrebbe rappresentare l’ombra di una pietra d’inciampo per i nostri “fratelli” separati (quelli che la “vera” Chiesa ha sempre chiamato “eretici” e “scismatici”, vale a dire i Protestanti.”). Un caso simile, a proposito delle false ordinazioni anglicane, fu inesorabilmente ed infallibilmente stroncato da un Papa “vero”, Leone XIII nella sua famosa lettera Enciclica del 1896(oggi occultata con ogni mezzo dagli apostati modernisti conciliari!), la già più volte citata “Apostolicae curae” nella quale si dimostravano 4 punti: – 1) La forma del sacramento è stata rimpiazzata da una forma ambigua che non significa precisamente la grazia che produce il sacramento [appunto come l’attuale -ndr. -]. –2) Il rito anglicano è stato composto e pubblicato in circostanze di odio del cattolicesimo e in uno spirito settario ed eterodosso (come quello ecumenico e neoterico della setta modernista, ampiamente scomunicato da Papi di felice memoria, uno tra tutti: Pio II –ndr. – ); – 3) Le espressioni del rito anglicano non possono avere un senso cattolico (esattamente come quello esaminato –ndr. – ).– 4) L’intenzione del rito anglicano è contraria a ciò che fa la Chiesa • Una conclusione infallibile e senza appello!!!. Tale conclusione, viste le premesse, può essere tranquillamente e serenamente applicata, con identica fermezza, a quella del rito di Montini e del “trio” dei blasfemi. Si tratta come si vede, di una ulteriore impostura sacrilega a-canonica ed a-cattolica introdotta a devastazione della gerarchia, completata di li a poco (1972) dall’abolizione indebita della tonsura ecclesiastica, e che ha “confezionato”, come vedremo, dei laici mai consacrati, dei prelati-zombi, ridicoli travestiti ed usurpanti ignobilmente titoli e giurisdizione!

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     Cari lettori, rieccoci a dipanare una “matassa” complicata, ma della quale si iniziano ad scorgere le terminazioni del filo, lasciando intravedere una trama interessante e che suscita curiosità anche per gli “indifferenti”, soprattutto per coloro che amano i thriller spionistici, nei quali appunto gli inganni si intrecciano vorticosamente. Ci siamo lasciati sulla vicenda della “pretesa costituzione apostolica di Ippolito”, che stava per scoppiare come una bolla di sapone vuota e fragile mostrandosi chiaramente come una “bufala” inventata da uno strano benedettino, un certo Dom Bernard Botte, su commissione di un personaggio ormai noto ai nostri lettori: il frammassone Annibale Bugnini, il famigerato BUAN 136575, intimo amico e fratello di loggia, anche se di più basso livello, dell’illuminato G.B. Montini. Ma il “nostro” trio cerca di ricorrere ai ripari con altre invenzioni, ancora peggiori come si vedrà, per giustificare una formula assurda nonché eretica e blasfema, gettando così ancora fumo negli occhi dei poveri Cattolici, ignari del “piattino” che si stava loro preparando. La nuova “trovata” è questa: la nuova formula si ispira ai riti antichi orientali, il siriaco, l’egiziano e l’etiopico, ed addirittura abissino! [si vede che avevano acquistato un nuovo atlante geografico].   Osservando la giustapposizione dei riti succitati, ne esce una grande similitudine, anche se confusa, tra il rito di Montini e “l’ordinanza ecclesiastica” nella sua recensione etiopica ed i riti abissini, e la preghiera consacratoria, la cui formula essenziale era inizialmente considerata essere parte della pretesa’Tradizione apostolica d’Ippolito’, è similare ai riti abissini! Ma questo “archeologismo storico-geografico” è manifestamente essere una eresia monofisita e quindi antitrinitaria! Infatti i riti abissini devono essere letti nel contesto del “monofisismo: Nunc autem effunde desuper virtutem Spiritus principalis, quem dedisti dilecto Filio tuo Jesu Christo [… allora dunque effondi dall’alto la virtù dello Spirito principale, che hai dato al Figlio tuo diletto Gesù Cristo]. Ciò vale ugualmente per la forma dell’Ordinanza ecclesiastica di recensione etiopica: … Et nunc effunde eam quae a te est virtutem principalis spiritus, quem dedisti dilecto puero tuo Iesu Christo … [… ed ora effondi quella che da te è la virtù dello Spirito principale …]. Perché questa formula afro-orientale, è sostanzialmente eretica, anzi blasfema, applicata ad una Consacrazione vescovile. L’enigma che si pone nella formula, riguarda lo “spiritus principalis”, che designerebbe lo Spririto-Santo, il quale viene trasmesso al Figlio, e questo significherebbe quindi, nel contesto etiope-abissino, che Gesu-Cristo diviene Figlio di Dio per mezzo di questa “operazione” che è per essi dunque una unzione divinizzante o meglio una “adozione” seguita da una “unione deificante”, quindi una “sola” natura sussistente, ciò che corrisponde appunto al “monofisismo”, eresia condannata dal Concilio di Calcedonia nel 451, che “riconosceva” al Cristo la sola natura divina, negando che la natura umana di Cristo fosse sostanzialmente la nostra, fatto che quindi impedirebbe la nostra Redenzione attraverso di Lui. [Si tratta della solita teologia gnostico-satanica, quella della “G” massonica, che fa capolino, come un serpente biforcuto, a firmare l’impresa] Esso ancora oggi è praticato dalle chiese orientali copte di Egitto ed Etiopia e dalle maronite della Siria occidentale.  – Queste concezioni alle quali si è accennato, debordano inoltre dal quadro della Cristologia per estendersi alla Teologia trinitaria, poiché secondo questa formula così malamente manipolata, lo Sprito-Santo non sarebbe consustanziale al Figlio. L’affermazione è pertanto “anti-trinitaria” ed “anti-filioque”. In parole povere c’è una aberrante similitudine tra il rito dell’antipapa Montini ed i riti appartenenti agli eretici monofisiti! – Questi riti di consacrazione, ai quali si richiama il Montini, appartengono nei fatti a “chiese” eretiche che adottano principi già condannati abbondantemente dal Magistero cattolico, principi antitrinitari e cristologicamente a-cattolici.

Senza volerci addentrare ulteriormente in questioni molto “specialistiche”, alle quali rimandiamo i più interessati, possiamo concludere che alla fine il rito del trio Botte-Bugnini-Montini, non è né copto, né maronita occidentale, essendo essi confusamente sovrapposti tra loro ma non coincidenti, e quel che più è evidente, è che la preghiera consacratoria (la forma del Sacramento) non riprende nemmeno quella della pretesa “tradizione apostolica” del fantomatico Ippolito; dissimili sono pure il rito nestoriano ed armeno. Un vero pastrocchio al quale però tutti, ancora oggi, ricorrono per rivestirsi sacrilegamente di una carica usurpata ai legittimi pretendenti! (A proposito del trio, ben si confa’ la profezia del re-Profeta: “1 – Ecce parturiit injustitiam; 2- concepit dolorem, et 3 – peperit iniquitatem” … che subito dopo aggiunge: “Lacum aperuit, et effodit eum; et incidit in foveam quam fecit” (Ps. VII, 15-16) e più in là completa: Dominus autem irridebit eum, quoniam prospicit quod veniet dies ejus” – Ps. XXXVI, 13!)

Questi fatti succintamente riferiti, contraddicono quindi la parola del pinocchio-Montini (c.d. Paolo VI, l’antipapa usurpante, rappresentante di satana in carne ed ossa, contrapposto al vero Papa in esilio, Gregorio XVII), secondo la quale: “ … si è ben giudicato di ricorrere, tra le fonti antiche alla preghiera consacratoria che si trova nella tradizione apostolica di Ippolito di Roma, documento dell’inizio del III secolo, e che, per una gran parte è ancora osservata nella liturgia dell’ordinazione presso i Copti e i Siriani occidentali”. No, non è Pinocchio a Bengodi, ma Paolo VI in “Pontificalis Romani”. In realtà sappiamo oggi benissimo, e chiunque può costatarlo, che i riti copto e siriaco occidentale non utilizzino affatto la “prefabbricata” preghiera consacratoria della pretesa “Tradizione apostolica di Ippolito”. Lo stesso Dom Botte, in opere successive, aggiungeva fandonie a menzogne per giustificare il suo strampalato operato chiaramente in malafede. Ad esempio in un’opera del 1957 opponeva la “tradizione apostolica di Ippolito” alla tradizione siriaca autentica. [“La formula di ordinazione – la grazia divina nei riti orientali”; in “l’Oriente siriano”, abst., vol. II, fasc. 3, 3° trim. 1957, Parigi, pag. 285-296]. Si tratta alla fine, di un inaudito abuso, quello perpetrato il 18 giugno 1968 dall’anti-Papa sedicente Paolo VI, [solo un falso papa poteva avallare tali bestialità]: egli ha avuto il “temerario ardimento” di rimpiazzare un rito latino antico invariabile nella sua forma essenziale da oltre 17 secoli, con una creazione artificiale ricavata da una ricostruzione di Dom Botte apparsa negli anni 1950, e poi nel 1990 contestata dagli specialisti (quelli veri!). Il Montini si è giustificato con un sedicente ritorno alle origini, un falso archeologismo, riproducendo il metodo degli anglicani utilizzato in passato e nei confronti del quale Leone XIII scriveva bollandoli severamente: «essi hanno grandemente sfigurato l’insieme della liturgia conformemente alle dottrine erronee dei novatori, con il pretesto di ricondurla alla sua forma primitiva ». (Apostolicae curae, 1896). Si è preteso giustificarsi con delle menzogne [avendo per padre il diavolo, non poteva essere altrimenti! ]; concludendo: 1) la forma citata “non” riproduce affatto la forma della pretesa ’Tradizione apostolica’ attribuita ad Ippolito.2) la forma citata non è stata “mai” in uso nei riti copto e siriano occidentale. 3) Si è commesso un attentato contro lo Spirito-Santo, avendo avuto, come detto, l’audacia inaudita di rimpiazzare con una creazione puramente umana e mal congegnata, un rito invariabile nella sua forma essenziale e quasi bi-millenaria, di cui lo Spirito-Santo è stato garante della costanza, coronata poi dalla decisione infallibile di Pio XII (Sacramentum ordinis) meno di 21 anni prima dell’atto ignobile del marran Montini, (e quindi irreformabile da parte di un vero Papa- [un vero Papa non avrebbe mai apportato, né poteva, una modifica al Magistero definito da un suo predecessore!). Ecco quindi le origini smascherate di un rito aberrante: une creazione puramente umana! Alla prossima e, se la materia non fosse così delicata e decisiva per la salvezza dell’anima … buon divertimento!

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Allen Brent: Hippolytus & the Roman Church in the Third Century, Communities in tension before the Emergence of a Monarch-Bishop, Allen Brent, E.J.Brill, 1995

rore-6 

Stewart-Sykes, Hippolytus: On the Apostolic Tradition:

An English Version with Introduction and Commentary,

(New York: St. Vladimir’s Press 2001.)

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J.A. Cerrato, Hippolytus Between East and West: The Commentaries

and the Provenance of the Corpus, (Oxford: U.P. 2002).

rore-8

Bradshaw, M.E. Johnson, and L.E. Phillips, The

Apostolic Tradition; A Commentary, (Minneapolis

MN: Fortress Press 2002).

 

Alcuni volumi di specialisti che contestano con fatti evidenti la “pretesa” costituzione apostolica di Ippolito”! Ma anche questi sono superati dalle nuove menzogne … siriache ed abissine!

http://18 giugno 1968 – 5 –