IL SACRO CUORE DI GESÙ (53)

IL SACRO CUORE (53)

J. V. BAINVEL – prof. teologia Ist. Catt. Di Parigi;

LA DEVOZIONE AL S. CUORE DI GESÙ

[Milano Soc. Ed. “Vita e Pensiero, 1919]

PARTE TERZA.

Sviluppo storico della divozione.

CAPITOLO QUINTO

SFORZI SPECIALI PER ORGANIZZARE E PER DIFFONDERE LA DEVOZIONE

II. – LA COMPAGNIA DI GESÙ. IL CARATTERE DELLA SUA OPEROSITÀ (1)

Alle origini della Compagnia di Gesù, non troviamo né la stessa divozione né le stesse intuizioni che abbiamo trovato in S. Francesco di Sales e alla Visitazione. Non abbiamo testimonianze storiche di qualche divozione speciale di sant’Ignazio, nel senso preciso della parola. La preghiera Anima Christi, che egli pose in principio degli Esercizi spirituali (Si sa che questa preghiera esisteva molto prima di sant’Ignazio. Sembra che fosse stata arricchita di un’indulgenza da Giovanni XXII, ed alcuni autori ne attribuiscono l’origine allo stesso Papa), non contiene l’invocazione: Cor Christi, inflamma me, come vi si trova qualche volta fin dal principio del XVII secolo, se non anche prima. Nel Nacional Homenaje, a pagina 100, si attribuisce a lui un’invocazione, nella quale si nominerebbero i sacri Cuori di Gesù e di Maria. Eccola: « Santa Maria, Madre dei nostri cuori, fate che il cuor nostro divenga simile al Vostro ed a quello del Vostro dolce Figlio, Gesù ». Ma il testo sul quale ci si appoggia non dice quello che gli si fa dire. – Le testimonianze che noi abbiamo, non sono d’ordine propriamente detto storico. Un gesuita, il P. Claudio Bernier (+ 1655), diceva d’aver saputo da nostro Signore che il divin Maestro aveva dato il suo cuore ad Ignazio, come altra volta a santa Caterina da Siena. Questo accadeva molto prima delle grandi manifestazioni del sacro Cuore a santa Margherita Maria. Molto dopo (ci sembra nel 1733) un gesuita spagnolo, il Padre Bernardo di Hoyos, ebbe una rivelazione molto più espressiva, ed ecco come la racconta: sentii il santo Fondatore alla mia destra, e San Francesco Saverio alla mia sinistra… e quando ebbi il caro Cuore mio cuore, mi parve che i due Santi gli tributassero i loro omaggi. Allora Gesù fece cenno al nostro santo Patriarca di parlarmi ed a me di ascoltar la dottrina che mi avrebbe insegnata. Il santo allora, con parole formate e con delle idee che trasmetteva a me senza parlare, dichiarò che la divina Provvidenza voleva concedere alla Compagnia la gloria di vedere i suoi figli propagare il culto del sacro Cuore di Gesù, di ottenere dalla Chiesa la festa desiderata, incaricandosi di farla accettare. Il santo stesso e… san Francesco di Sales, hanno ricevuto la missione di promuovere questa impresa, per mezzo delle loro due famiglie religiose, la Visitazione e la Compagnia ». Come vede, è questa una ripetizione della celebre visione di santa Margherita Maria. Storicamente ecco ciò che si constata. Lo spirito di sant’Ignazio è, secondo l’espressione di S. Maria Maddalena dei Pazzi, lo spirito di san Giovanni Evangelista, uno spirito d’amore. Questo spirito sì manifesta nella sua vita e nelle sue Costituzioni. egli Esercizi spirituali non vi è menzione esplicita del sacro Cuore, ma si può dire però che essi dirigono le anime a tale divozione; sia per il modo umano col quale vien loro presentato Gesù, che vuole dalle anime stesse amore e sacrificio; sia per lo studio attento ed amoroso di Gesù, nella sua vita e nella sua morte; per la forza che fa agire e stimola tutto l’amore appassionato dell’uomo per Gesù, in ricambio dell’amore di Gesù per lui. Le meditazioni più terribili, come quella del peccato e quella dell’inferno, finiscono con un colloquio d’amore e di riconoscenza, che potrebbe dirsi un grido del cuore al Cuor di Gesù. Ad ogni momento noi siamo vicini al Cuor di Gesù e come sotto la sua calda influenza; la preghiera Anima Christi non contiene, precisamente, è vero la parola Cuore, ma è piena della sua essenza; la domanda così spesso, così insistentemente ripetuta « di conoscere Gesù intimamente, per amarlo di più e per seguirlo meglio », è tutta nello spirito della divozione; la conformità amorosa di vita e l’unione del Cuore con Gesù, che sono l’anima degli Esercizi, preparano l’esercitante ad entrare in commercio intimo col sacro Cuore, appena che il sacro Cuore gli sarà svelato. – Abbiamo un’ammirabile invocazione di san Francesco Borgia alla piaga del costato; il Cuor di Gesù non vi è nominato, ma non vi manca proprio che la parola cuore. San Luigi Gonzaga è spesso citato come gran devoto del sacro Cuore; ma le due testimonianze che se ne danno, non hanno direttamente alcun valore storico. La pagina è quella di santa Maddalena dei Pazzi, la quale fu udita in una delle sue estasi, dire che Luigi, figlio d’Ignazio, scoccava continuamente dardi d’amore al Cuor del Verbo ». La santa però non diceva « del Verbo incarnato », come alcuni hanno qualche volta tradotto. L’altra testimonianza, ancora meno diretta, riguarda la guarigione miracolosa di Fr. Nicola Celestini, novizio della Compagnia di Gesù a Roma, avvenuta il 9 febbraio 1765, per mezzo di un’apparizione di S. Luigi Gonzaga: « Il Signore, gli disse il santo, da me pregato, ti manda la salute per lavorare ancora alla tua perfezione ed a propagare con tutte le tue forze, la divozione al sacro Cuore, divozione molto cara a tutti i felici abitatori del Paradiso ». E questo avvenne tre giorni dopo il breve di Clemente XIII che accordava, finalmente, l’ufficio e la festa del sacro Cuore. Per avere testimonianze esplicite della devozione al Cuore di Gesù fra i Gesuiti, bisogna adire primieramente a S. Pietro Canisio. Abbiamo visto più sopra (cap. III, par. 3) come il Canisio attinse divozione dal suo maestro Nicola Van Esch e nei suoi rapporti con la Certosa di Colonia; come Dio la sviluppò in lui, con grazie insigni; con quali esercizî la praticava e com’egli impegnava i suoi fratelli in religione a praticarla. Possiamo anche supporre di più; per esempio (e la supposizione è verosimile) possiamo supporre che Pietro Canisio abbia detto a sant’Ignazio, e forse anche ai suoi compagni che erano con lui, la grazia straordinaria ricevuta al momento della sua professione. Ma le supposizioni, per quanto fondate, non si possono dare per fatti storici. – Un altro compagno ed amico di sant’Ignazio, il P. Girolamo Nadal (Egli è riguardato fra i Gesuiti come Uno degli uomini che fecero di più per la Compagnia e specialmente per infonderle lo spirito di S. Ignazio in materia d’orazione e di spiritualità.) (1507-1580), che fu per qualche anno il braccio destro del fondatore, ci ha lasciato tracce della sua divozione al sacro Cuore. Nelle sue note spirituali, ov’egli parla di se stesso in terza persona, designandosi con la parola «qualcuno» (quidam), si legge: « Avendo avuto il presentimento che il Cristo avrebbe trasfuso il suo cuore in quello del suo servo (missurum Christum cor suum ad ejus cor), egli sì domandava con timore, Se questo pensiero non fosse un’illusione presuntuosa (arroganter per illustonem). Egli sentì allora che il Cristo gli concedeva di più ancora (o più di una cosa, plura); cioè che non solamente Egli gli aveva trasfuso il suo Cuore di carne, cioè il suo amore creato, ma altresì il suo Cuore increato ed infinito; e non poteva abbandonarsi interamente a questo pensiero (nec hæc poterat plene cogitare) senza sentire nel suo cuore una grande commozione (motionem) e non so qual forza, che lo faceva cadere come in deliquio (et vim quamdam, in cordis quasi defectionem cogentem) ». Un poco più innanzi si legge: « Elévati verso Dio con lo spirito e il pensiero (spiritu et mente); che il tuo cuore trovi la forza nel Cuore di Cristo, nel celeste soggiorno (consistat vis cordis tui in Corde Christi in cœlestibus); di là tu vedrai Dio nel cuore ed avrai una dolcissima conoscenza di Lui ». – Da ogni pagina di queste note spirituali spira la più grande unione del cuore con Gesù, un’intimità affettuosa con Lui, la dimenticanza di sé, per Lui e per i suoi interessi, un certo gusto dell’umiliazione e del sacrificio per Lui e con Lui, la vita in Lui e come dolce partecipazione al suo spirito; tutti caratteri e tratti che formano i veri devoti del sacro Cuore. – Se noi aggiungiamo a questi fatti quelli che rilevammo sopra, di sant’Alfonso Rodriguez, del P. Baldassare Alvarez, di san Luigi Gonzaga, del P. Nigri moribondo, con i testi di Fr. Decoster, di Salmeron, di Toleto, del Suarez, di Ribadeneira e, senza dubbio, altri ancora (aggiungendovi quello che stiamo per dire dell’immagine), noi avremo i principali esempî di divozione al sacro Cuore, segnalati fin qui, durante il secolo XVI, nella Compagnia di Gesù. Nel XVII secolo fatti e testi si moltiplicano con estrema abbondanza. I fatti mistici non hanno nulla di spiccato ma, i testi ascetici sulla divozione hanno un’estensione ed un’importanza tale da meritare la più seria attenzione dello storico. Per i fatti, il P. de Franciosi, con i tratti della divozione al sacro Cuore, ch’egli ha trovato nei Menologi, o storici della Compagnia di Gesù, ha raccolto anche gli esempi di favori straordinari accordati a Gesuiti devoti del divin Cuore. Ed io mi accontento di segnalarne alcuni. – Il P. Girolamo Dias (1575-1624) si compiaceva di chiudersi alternativamente in ciascuna delle piaghe di Gesù ed al cuore domandava « d’essere sempre leale con lui ». Il P. Giovanni Suffren (1565-1646) aveva fatto sua la pratica santa raccomandata da Luigi di Blois, e tutti i giorni dopo la Messa diceva: « Buon Gesù siate misericordioso per me, povero peccatore. Io rimetto nel vostro dolcissimo Cuore il santo sacrifizio che vi ho ora offerto con tanta tiepidezza e distrazione; degnatevi di correggerlo e di perfezionarlo!». Il P. Giovanni Rigoleuc (1595-1658) domandava continuamente a nostro Signore di cambiargli il cuore e di concedergliene uno nuovo, un cuore largo, libero e magnanimo. Non dice espressamente ch’egli domandasse il Cuore a Gesù, o un cuore simile a quello di Gesù; ma si capisce che doveva essere così; e lo prova anche la divozione speciale ch’egli aveva per i Santi ai quali il Signore aveva cambiato il cuore, trasformandolo nel suo. Il P. Antonio Padilla (1534-1612) diceva morendo a nostro Signore: « Che posso io temere, avendomi Voi detto che mi custodite nel vostro sacro Cuore? E, poichè è così, andiamo dove voi volete; non vi è nulla da temere! ». Il P. Girolamo Ansaldi (1598-1652) mentre celebrava la Messa, fu visto circondato da una nube luminosa nella quale sì vedeva nostro Signore mettere il suo Cuore in quello del suo servo. Come si vede, i fatti particolari non hanno nulla di molto notevole, né di saliente. Perciò soprattutto nella predicazione e negli scritti apparisce la parte notevole che la Compagnia di Gesù ha avuto nella storia della divozione al sacro Cuore, prima di santa Margherita Maria. È una parte tutta di apostolato e di propaganda e tale sarà anche il carattere della missione che nostro Signore affiderà più tardi a santa Margherita Maria. – Ma, avanti di parlare degli scritti, diciamo una parola delle immagini. E veramente non basterebbe per questo una parola; un lungo studio non sarebbe superfluo. Ne abbiamo un primo abbozzo in Desjardins, in Grimoiiard di Saint Laurent e soprattutto in Letierce. In attesa di un lavoro completo di cui sono già stati raccolti gli elementi, debbo qui accontentarmi d’una indicazione generale. Nulla dimostra meglio quanto la profusione delle immagini del Cuor di Gesù, la generalità del movimento che, fin dal XVI secolo, trasportava i Gesuiti verso la devozione al sacro Cuore. – Una tendenza molto diffusa, e che sembra proveniente da S. Pietro Canisio, volle riguardare il Cuor di Gesù, come facente parte col monogramma dello stemma dei Gesuiti. Così lo si trova con il monogramma dappertutto, sui loro libri, sui loro edifici, nelle loro Chiese e nei loro oratori. (Per scegliere solo un esempio, fra centinaia, ho sotto gli occhi la riproduzione di una bella incisione posta in testa di un libro del P. Girolamo Nadal, stampato ad Anversa nel 1593, e del quale un esemplare, fra gli altri, si trova alla biblioteca reale di Bruxelles. Il libro è intitolato: Evangelicæ historiæ imagines. L’incisione rappresenta nostro Signore che stende le mani e dice: Venite ad me omnes qui laboratis et onerati estis; et ego reficiam vos. Al di sopra nel pannello che serve di frontone al magnifico dossale, di cui le colonne inquadrano l’immagine di nostro Signore, due Angeli in ginocchio sorreggono un quadro ovale con raggiera; in mezzo al quadro il monogramma IHS, sormontato, cpme sempre dalla croce posta sulla stanghetta dell’H; al di sotto del monogramma un cuore con tre chiodi confitti nell’aorta e convergenti nel centro). Quasi sempre è ferito da una lancia e combinato in diversi modi con i tre chiodi, secondo l’usanza, divenuta comune nel XVI e nel XVII secolo, di rappresentare le cinque piaghe aggruppandole intorno alla piaga del cuore; qualche altra volta è solo, altra volta unito al cuor di Maria. In tale o tal altro caso particolare, non è sempre facile il decidere se è direttamente il Cuor di Gesù che vien rappresentato o se è il cuor del fedele. Spesso però è il Cuor di Gesù; e, anche quando è combinato con i chiodi, è certo il cuore che si vuol rappresentare, ben più delle piaghe. Ed a più forte ragione quando è isolato; si trova anche perfettamente libero, come Cuore amatissimo ed amabilissimo, senza nulla che richiami la piaga del costato. Per limitarci ad un caso, facciamo una visita alla chiesa dell’antico collegio dei Gesuiti, a Poitiers (oggì Liceo), che è del 1610 circa. Noi vi troviamo almeno quattro volte il Cuor di Gesù, Primieramente, nella prima cappella laterale, dalla parte del Vangelo: ai due lati dell’altare, due fregi architettonici simili; questi contengono in un quadro ovale con raggiera, jl monogramma IHS e, al di sotto, un cuore di forma convenzionale; le fiamme si sprigionano all’aorta; fiamme escono pure da ogni parte. Il cuore tien qui il posto dei chiodi nella riproduzione della sigla della Compagnia, ed è certamente il cuor di Gesù. Nel timpano interiore della porta grande d’entrata, su di un fregio architettonico adornato di palme e di foglie d’olivo, si vede la stessa immagine, monogramma e cuore; ma il cuore è senza le fiamme laterali. Sulla porticina del tabernacolo, in rame cesellato su tartaruga, un fregio rotondo il medesimo monogramma, sormontante un cuore senza fiamme, ma con tre chiodi confitti nell’aorta. Immagine analoghe si vedono negl’intarsi della sagrestia. – Fermiamoci alquanto di più sugli scritti. Gli asceti ed i mistici della Compagnia di Gesù, nel XVII secolo camminando nelle vie tracciate loro da S. Ignazio negli Esercizi spirituali, giungono naturalmente a scoprire il Cuor di Gesù, lo fanno conoscere ai fedeli con ogni mezzo, nella predicazione e nella devozione delle anime,  con il libro e con le immagini. – Il P. Giacomo Alvarez de Paz (1560-1620) nel suo monumentale trattato De inquisitione pacis sive studio orationis, nella seconda parte del quarto libro, giunge alle « affezioni che servono al progresso nel bene ». Naturalmente egli incontra nostro Signore sulla sua strada e riporta tutto a doverci rivestire di Gesù, cioè a riformarci sul divino modello. – Il primo esercizio si occupa delle potenze dell’anima per riformarle sull’anima di Gesù; il secondo ha per oggetto le affezioni del nostro cuore, per ricomporlo a somiglianza di Gesù: « Voi vi eserciterete a riformare il vostro cuore, a togliere e mortificare tutto ciò che potrebbe  impedire d’immedesimarvi in Lui e di attaccarvi vostro Creatore con lo spirito e col sentimento ». Il mezzo per giungere a questo sarà lo studio e l’imitazione del divin Cuore. Tutto il passo è bellissimo, ma troppo lungo per essere riportato qui per intero; perciò per darne un’idea ne riporto qualche brano. « Voi vi sforzerete di entrare nel Cuor di Gesù e di studiarlo, per formare il vostro cuore su questo divino modello. Questo Cuore santissimo è la via che ci conduce all’eterna dimora, che è la divinità del Cristo…; essendo Egli la porta per la quale entriamo nella contemplazione della divinità… Per poter dunque elevarvi fino alla contemplazione dell’amore della divinità, voi procurerete di penetrare, per mezzo di attenta considerazione, nel Cuore del divino Maestro, il più santo ed il più puro di tutti i cuori, cercando con le vostre aspirazioni nella preghiera e mediante i vostri sforzi nell’azione, di renderei il vostro cuore simile a quello di Gesù. Fissando gli occhi dell’anima vostra sul Cuore stesso di Lui, voi lo vedete tutto puro e in dodici diverse specie di purezze. 1. Puro di ogni amore ai beni temporali; 2. di ogni mancanza di retta intenzione; 3. di ogni mondana attrattiva; 4. di ogni desiderio di piacere agli uomini; 5. di ogni pensiero inutile; 6. di ogni cura superflua; 7. di ogni amarezza dannosa; 8. di ogni vana compiacenza; 9: di ogni vana consolazione; 10. di ogni scrupolo o timore ingiusto; 11. di ogni agitazione di impazienza; 12. di ogni macchia di propria volontà. Voi loderete il Signore per tanta purità del suo Cuore e la desidererete, la domanderete con aspirazioni infiammate, lavorando poi, con slancio ed energia, per raggiungerla, riformando così il vostro cuore ». E qui segue una bella preghiera, per ottenere di conoscere e d’imitare la perfezione del divin Cuore: « O Salvatore degli uomini, Cristo Gesù, la cui opera è la nostra redenzione la di cui conoscenza è il principio della nostra salvezza, la cui imitazione è tutta perfezione, apritemi, io ve ne prego, il vostro santissimo Cuore, porta di vita e sorgente d’acqua viva, affinché là io impari a conoscervi e là io beva le acque della vera virtù, che estinguono ogni sete di beni temporali. Voi avete detto: il cuor dell’uomo è tortuoso ed impenetrabile, chi potrà conoscerlo? Io, io solo, il Signore. Ed io dico: santo e puro è il vostro cuore, ma impenetrabile, e chi lo conoscerà? Voi, o Signore, ed in parte colui al quale vi degnerete rivelarlo. Aprite dunque i miei occhi, illuminateli, perché io veda la perfezione del vostro Cuore, perché io cerchi, imitando le vostre perfezioni, di rigettare le immortificazioni del mio, perché io respinga continuamente ciò che non è Voi, ciò che Voi non volete, quello che Voi non amate, e perché io ricerchi con cura Voi, Voi solo e quello che Voi volete ed amate, nella misura con la quale mi comandate o consigliate di amarlo! ». Vengono dopo dodici elevazioni sulle dodici specie di purezze del Cuor di Gesù. Abbastanza varie nei particolari e per le espressioni, nelle grandi linee hanno però molta simmetria fra loro, basandosi tutte sul piano segnato nell’avviso preliminare; lode cioè per la qualità che si considera e si ammira nel Cuor di Gesù; sospiri, rimpianti, aspirazioni, desideri, domande, risoluzioni di mettersi all’opera, attaccandosi a Gesù e cercando d’imitarlo in tal genere di purezza. Ecco la prima elevazione e con questa ci faremo un’idea delle altre. « Io Vi rendo gloria, autore di ogni santità, per la prima qualità di purezza del vostro cuore, che lo rese puro di ogni amore ai beni temporali. Voi non aveste attacco alcuno per quel che è temporale: ma, rigettando ogni superfluo, con grande semplicità di cuore, Voi avete preso solo quel che era necessario alla vostra umanità poveramente (parce), parcamente (anguste), appena l’indispensabile per sostenervi. Oh! s’io imparassi una volta a lasciare i beni temporali, a disprezzare le cose visibili, a non attaccare il cuore a ciò che passa! Oh! se, con cuore calmo, io mi rimettessi per questi beni al vostro beneplacito, e se, sia che me li concediate o me li neghiate, con essi o senza di essi, sapessi restarmene in pace e tranquillo! Concedetemi, ve ne prego, per il vostro santo distacco (nuditatem)… di esser distaccato (nuditatemamem), e di spogliarmi da ogni cosa superflua e visibile, di rigettare tutto ciò che è lusso (curiosa) e che non è secondo il mio stato; e, quanto alle cose necessarie, indispensabili alla vita o conformi al mio stato, per evitare la singolarità, fate ch’io me ne serva senza attacco eccessivo di cuore, senza troppo assoggettarmi ad esse, sforzandomi anche di non sentirne disgusto, per rendermi più conforme al vostro distacco, per poter volare più velocemente verso il mio divino esemplare ». Le altre undici elevazioni proseguono senza interruzione. Infine vi è una preghiera quasi simile a quella del principio. « Ho raccolto questi dodici ruscelli di purezza da quella infinita purezza del vostro Cuore benedetto, e vi prego di accordarmi di domandarveli sempre, d’averne sempre sete e di operare costantemente, secondo la mia domanda ed i miei desideri. Fate che in questo senso io regoli la mia vita, sforzandomi di purificare il mio cuore da ogni attacco sregolato. Imprimete il vostro Cuore sul mio e rendetelo simile al vostro (istud tibi assimila); non permettete che, dovendo io, per il mio stato, esser vostro imitatore, abbia un cuore che non si curi d’imitarvi ». È superfluo notare, mi sembra, l’importanza ascetica di un tale esercizio, né la parte grande che occupa il Cuor di Gesù nel faticoso cammino della perfezione cristiana. Margherita Maria non procederà diversamente, e, d’altra parte, coloro che hanno famigliarità con gli Esercizi di S. Ignazio e con la sua spiritualità, vedranno facilmente l’affinità delle belle pagine di Alvarez de Paz con i principi ed i modi del fondatore della Compagnia di Gesù. Il libro, ove si trovava questo esercizio, fu stampato a Lione nel 1608 e, a brevi intervalli, se ne fecero nuove edizioni. Benché scritto in latino, si può argomentare che esso non fu senza influenza sullo sviluppo ascetico della divozione al Cuor di Gesù, o, se si vuole, sulla parte fatta a questa divozione nell’ascetica di quel tempo. Forse ne riscontreremo qualche traccia nel corso di questo studio. E non solamente in questo punto del suo lavoro il P. Alvarez de Paz rammenta il sacro Cuore: vi si trova altrove anche questa bella preghiera: « Io ve ne prego, per l’amore ardentissimo del vostro divin Cuore e per il vostro Cuore umano trapassato dalla lancia, per il suoi innumerevoli spasimi, imprimete il mio cuore sul vostro trafitto… ». Ed in fine alla preghiera troviamo: « Fortificate il mio cuore con queste sante virtù e riaffermatelo per il vostro santissimo Cuore squarciato ». – Il quinto esercizio di questa seconda parte ha per oggetto il desiderio e la domanda della virtù. Seguendo l’esempio di Van Esch, l’autore le riporta alle cinque piaghe di Gesù. La preghiera al divin Cuore è testualmente quella da noi riportata sopra. – Nel lavoro, celebre ormai, del P. Le Gaudier (1562-35) troviamo ancora varie volte nominato il sacro Cuore; questo lavoro si intitola: La perfezione della vita spirituale. In uno dei capitoli sulla Comunione, egli dice: « Il suo Cuore (e la sua volontà) riempiti del tesoro di meriti, formato di tanti atti… per la gloria di Dio… ardente come una fornace del più infiammato amore, perDio e per noi, sì applichi al nostro (ed alla nostra volontà), sia per consumare i nostri peccati, sia per dargli la misura della sua pienezza per amare Iddio ed il prossimo, respingendo l’amor proprio in guisa che il nostro cuore viva del suo, partecipando alle sue divine qualità, alle sue gioie e delizie, immedesimando la nostra volontà nella sua, per divenir così con lui ed in lui, un sol cuore ed un’anima sola, da poter dire: « Io vivo, ma non io, è Cristo che vive in me ». [1. Continua]

IL SACRO CUORE DI GESÙ (52)

IL SACRO CUORE (52)

J. V. BAINVEL – prof. teologia Ist. Catt. Di Parigi;

LA DEVOZIONE AL S. CUORE DI GESÙ-

[Milano Soc. Ed. “Vita e Pensiero, 1919]

PARTE TERZA.

Sviluppo storico della divozione.

CAPITOLO QUINTO

SFORZI SPECIALI PER ORGANIZZARE E PER DIFFONDERE LA DEVOZIONE.

Ho creduto di dover raggruppare in un capitolo a parte ciò che riguarda le Visitandine, i Gesuiti e San Giovanni Eudes. Perchè? Prima di tutto perché è una materia molto estesa e avrei dovuto scrivere un capitolo lunghissimo e sproporzionato se avessi raccolto tutto in uno stesso capitolo. Mi pare inoltre che qui si ritrovino meglio le tracce di uno sforzo speciale di un’azione compiuta per organizzare e diffondere la divozione. Infine son state iniziate discussioni sulla parte precisa che bisogna fare alle Visitandine, ai Gesuiti, a S. G. Eudes nella propaganda della divozione. Senza voler prendere partito nella controversia si può desiderare di conoscere i fatti con esattezza. Son dunque fatti e testi che son raccolti qui. Cominciamo con le Visitandine, collegando, come si conviene, la loro divozione a quella di S. Francesco di Sales e di S. Giovanna di Chantal.

I. – SAN FRANCESCO DI SALES E LE VISITANDINE

S. Francesco di Sales merita, a doppio titolo, un posto speciale in questa storia: per i suoi scritti e per le sue intuizioni soprannaturali sulla vocazione delle Visitandine. Nei suoi trattati ascetici il santo non ha parlato ex professo del Cuore di Gesù; ma aveva, per esso, una gran devozione e ne abbiamo, nei suoi scritti, molte prove squisite. Tuttavia, non vi lascerei alcuna cosa che gli sia personale, all’infuori della maniera e dello stile. Quelli che hanno scritto sul sacro Cuore, ne han raccolte un buon numero, e si potrebbe fare un libro intero intorno ai sentimenti di S. Francesco di Sales sul sacro Cuore. Basta citare poche righe. Egli scrive a S. Chantal, verso Natale: « Voi state bene… presso questa sacra culla…. Il suo piccolo cuore palpitante d’amore per noi, dovrebbe infiammare veramente il nostro. Ma guardate come Egli scrive amorosamente il vostro nome nel fondo del suo divin cuore che palpita là sulla paglia per la passione amorosa che ha per il vostro progresso spirituale; e non manda un solo sospiro verso suo Padre a cui voi non abbiate parte, né un solo tratto di spirito altro che per la vostra felicità. La calamita attira il ferro, l’ambra attira la paglia e il fieno; o che noi siamo ferro, per durezza, o che noi siamo paglia per imbecillità, ci dobbiamo unire a questo piccolo sovrano lattante che è una vera calamita dei cuori ». E la vigilia della festa di santa Caterina da Siena: « Perché non ci avviene come a questa benedetta santa… che il Salvatore ci togliesse il cuore e mettesse il suo al posto del nostro? Ma non farebbe più presto a rendere il nostro tutto suo?… Oh! ch’egli lo faccia, questo dolce Gesù; io lo scongiuro per il suo proprio cuore e per l’amore ch’esso racchiude, che è l’amore degli amori ». I testi di questo genere non son rari in lui, ma basterebbero questi a giustificare le parole di Pio IX, nel breve pontificio che lo proclama Dottore della Chiesa: « Anche le sue lettere offrono una grande messe ascetica. Ed è una meraviglia il considerare specialmente come, pieno dello spirito d’Iddio, ed avvicinandosi all’Autore stesso della soavità, egli ha gettati i germi di quella divozione al sacro Cuore di Gesù che, nei nostri tristi tempi, abbiamo la gioia grandissima di veder meravigliosamente propagata a gran profitto della pietà ». Tuttavia, non è per gli scritti o per i suoi sentimenti che lo storico della divozione dà grande importanza a S. Francesco; importanza speciale ha nei riguardi della missione e dello spirito della Visitazione. Si direbbe che avesse previste le relazioni della sua Congregazione col sacro Cuore. Mons. Bougaud cita, accomodandoli un po’ è vero, numerosi testi interessanti a questo riguardo: « Non volete, egli diceva alle sue religiose, essere figlie adoratrici e serve del cuore amoroso di questo divin Salvatore? ». E diceva ancora: « Le religiose della Visitazione, che saranno così felici di osservar fedelmente le loro regole, potranno portare il nome di figlie evangeliche, fondate particolarmente in quest’ultimo secolo per essere le imitatrici delle due più care virtù del sacro Cuore del Verbo Incarnato, la dolcezza e l’umiltà, che sono come la base e il fondamento del loro ordine e danno loro il privilegio particolare e la grazia incomparabile di portare la qualità di figlie del sacro Cuore ». Infine ecco quel che scriveva a S. Chantal, il 10 giugno 1611. Era il venerdì dopo l’ottava del SS. Sacramento, giorno destinato alla futura festa del sacro Cuore. « Dio mi ha dato questa notte (il pensiero) che la nostra casa della Visitazione è, per sua grazia, assai nobile e considerevole d’aver il suo stemma, il suo blasone, la sua divisa e il suo grido di armi. Ho dunque pensato, mia cara madre, se voi siete d’accordo, che noi dobbiamo prendere per stemma un unico cuore trafitto da due frecce racchiuso in una corona di spine; in questo povero cuore sarà incastrata una croce che lo sormonterà e sarà impressa con i sacri Nomi di Gesù e di Maria. Figlia mia, vi dirò la prima volta che ci vedremo mille piccole idee che mi son venute a questo proposito, perché la nostra piccola Congregazione è veramente opera del Cuor di Gesù e di Maria. Il Salvatore, morendo, ci ha generati dall’apertura del suo sacro Cuore; è dunque ben giusto che il nostro cuore si mantenga, con un’accurata mortificazione sempre circondato dalla corona di spine che posò sulla testa del nostro Capo, mentre l’amore lo teneva attaccato sul trono dei suoi mortali dolori ». – La Visitazione era come consacrata precedentemente al sacro Cuore; era, per così dire, battezzata in quel cuore divino. – Pare che le Visitandine avessero coscienza della loro missione molto prima di Margherita Maria. Nel libro detto delle Piccole meditazioni, spesso attribuite a santa Chantal, la Madre l’Huillier, che ne è l’autrice, scriveva ciò che segue: « Il nostro dolce Salvatore… ci ha favorito specialmente noi altre della Visitazione, per il dono e favore che ha fatto al nostro Ordine del suo Cuore o, per dir meglio, delle virtù che vi risiedono, giacché ha fondato il nostro amabilissimo istituto su questi due principî: Imparate da me che sono dolce ed umile di Cuore. È la parte che ci è toccata di tutti i suoi tesori… Sì che noi possiamo avere la soddisfazione, se impariamo e pratichiamo bene la lezione che questo amoroso Salvatore ci dà, di aver l’onore di portare il titolo di figlie del Cuore di Gesù ». Segue questo grido di riconoscenza: « È molto dolce, anima mia cara, che questo mite Gesù ci abbia scelte per far di noi le figlie del suo Cuore. Perché, o mio Salvatore, non avete favorito così qualcun altro nella vostra Chiesa? E cosa abbiamo fatto noi, alla vostra bontà, per averci destinato questo tesoro dell’eternità in questi ultimi secoli »? – La santa fondatrice della Visitazione, qui come sempre, non formava che una sola anima col Padre. « Diventate veramente umile, dolce e semplice, scriveva, affinché con questo mezzo il vostro povero cuore, che amo teneramente, sia un vero cuore di Gesù ». « Dio ci faccia la grazia, diceva ancora, di essere nel suo cuore, vivente e morente ». Sulla carta in cui S. Francesco di Sales dichiarava di accettare i suoi voti da parte d’Iddio, e che ella ordinò di sotterrare con lei, scriveva in margine questa invocazione alla SS. Vergine: « Mia dolcissima Madre, mettete nel Cuore del vostro Figliuolo questa indegna figlia e le sue risoluzioni; affinché esse siano eterne ». Abbiamo già citato, parlando di S. Francesco di Sales, le belle parole che santa Chantal diceva alle sue figlie sulla dolcezza e l’umiltà che le renderebbero vere «figlie del cuor di Gesù ». Ch’esse siano testualmente del santo fondatore o della santa fondatrice, esprimono un pensiero familiare all’uno e all’altra. Nella bella edizione delle Visitandine, esse son precedute da queste altre ugualmente attribuite a santa Chantal: « Se le suore della nostra Congregazione saranno molto umili e fedeli a Dio avranno il cuore dello Sposo crocefisso per dimora e soggiorno in questo mondo, ed il suo celeste palazzo per abitazione eterna ». – Infine, fra le meditazioni ch’ella aveva scritto per le solitudini annuali, la diciottesima ha per titolo: « In qual modo l’anima religiosa rapisce il cuore del suo amato ». – Negli annali della Visitazione si trovano i nomi di molte religiose devotissime al Cuore di Gesù o favorite dalle sue grazie insigni. È necessario segnalare almeno alcuni casi. Madre Francesca della Fléchère (+ 1665) faceva un « patto » col suo cuore, che per onorare i dolori e le gioie dei sacri Cuori di Gesù e di Maria; essa non darebbe mai segni del suo proprio dolore né della sua gioia. Madre Anna di Beaumont (+ 1656), sentiva in uno dei suoi ritiri la sua anima « nascosta dall’amore nel cuore » del suo Gesù. Suor Maria Collet (+ 1664) riposò un giorno lungamente sul cuore di nostro Signore. Suor Claudia Garnier. (1667) imparò da nostro Signore, « che la dimora delle anime abbattute è il cuor di Gesù, e ch’Egli le ha care come la pupilla dei suoi occhi ». Madre Anna Rosset (+ 1667) si trovò un giorno « con le labbra attaccate alle piaghe del sacro costato con un tal trasporto del suo cuore nel Cuore di Gesù, che cadde svenuta… Mi pareva, dice, che questo divin cuore dicesse al mio debole: « Noi non ci separeremo mai, ci ameremo eternamente cuore a cuore… ». Era il 1614, Essa fu, dicono le antiche memorie, la prima figlia della Visitazione a cui il divin Maestro scoprì i tesori del suo Cuore adorabile. – La Madre Maria Costanza di Bressaud (+ 1668) scrive: « Considerando un giorno nostro Signore sulla croce, mi fu detto che il suo cuore era aperto affine di mostrarci il suo amore e con l’intenzione di ricevere tutti i nostri cuori nel suo. Volli gettarvi io pure il mio, ma questa grazia mi fu ricusata a causa della mia indegnità. Tuttavia compresi che questo rifiuto era dovuto solo al fatto di farmelo domandare con più ardore. Ciò che feci con grande affezione. Ed allora il mio cuore fu attirato presso al sacro Cuore e gli si unì e gli si serrò in una maniera intimissima, per imprimergli le sue virtù, e per chiuderlo in maniera che non vi potesse più entrare alcuna affezione all’infuori dell’amore. Poi, con parole tutte di dilezione, questo divin Cuore mi assicurò della sua protezione e assistenza speciale in tutte le occasioni in cui fossi ricorsa a Lui ». Verso il 1661, suor Guglielmina Dumas scriveva nel suo monastero di Chartres: « O mio Dio, vi domando in grazia che, fin dal mio primo svegliarmi, le mie prime aspirazioni salgano verso il vostro trono e mi uniscano e incorporino al Cuor di Gesù, affinché in lui e per lui io vi conosca, vi ami e vi adori come voi lo desiderate… Poiché io non posso vivere senza respirare ed inspirare, io intendo o mio Dio, con le mie aspirazioni, d’attirare nell’anima mia il cuore di Gesù. Voglio che i miei pensieri non siano concepiti e prodotti che nello spirito e cuore di Gesù ». Suor Guglielmina non morì che nel 1694, quattro anni dopo santa Margherita Maria. Aveva udito parlare della veggente di Paray? La cosa è probabile, viste le frequenti comunicazioni fra i monasteri della Visitazione. Ma ne mancano le prove. Un caso analogo è quello di Maria Michele Bouffard (1661-1698), suora conversa della Visitazione di Nantes, che fu anch’essa, molto prima che si parlasse di Margherita Maria, in relazione tutta intima con il Cuore di Gesù. Per altre due sorelle di Margherita Maria, grandi devote al Cuore di Gesù, molto prima delle rivelazioni, non è possibile alcun dubbio. Suor Marta Gaultier (è 1692) scriveva nel 1668: « Voi sapete, o Vergine Santa, Madre del mio Salvatore, che non ho che un solo desiderio ed un’unica volontà; è di essere unita a Dio ed a voi, mia buona Madre, e di amare il divin Maestro, perfettamente e ardentemente. Ma da chi posso ottenere Questa grazia, o Vergine Santissima, se non da voi, che siete la madre d’amore? Prendete il mio cuore, inabissatelo nel vostro, in quello di Gesù Cristo. Ch’esso si perda in lui come la goccia nell’oceano, il nulla nel tutto; o piuttosto, che sia tutto consumato nelle fiamme d’amore ». – Suor Marta Gaultier doveva apprendere, qualche anno dopo, a Digione, le rivelazioni di Paray e prendere parte alle prime feste del nuovo culto. » Un’altra Visitandina, un’umile conversa, Suor Giovanna Benigna Gojoz, veniva a sapere soprannaturalmente nel monastero di Torino, dove morì nel 1692, le grazie fatte dal sacro Cuore a Margherita Maria. « È certo, dice il suo storico, che nell’anno 1687 ella mi fece conoscere diverse grazie della Nostra sorella Margherita Maria Alacoque, di cui non si parlava per nulla ancora nel nostro paese. Mi disse che era una persona per mezzo della quale Dio sarebbe glorificato e che insegnerebbe nella Chiesa una divozione di gran profitto ». Suor Giovanna Benigna fu ella stessa colmata di favori dal Cuore di Gesù. Dopo una lunga preparazione per l’unione col Salvatore in croce, More, essa dice, mi nascose in Gesù e mi trovai nel cuore adorabile del mio Salvatore dove dimorai, come perduta a me stessa, per tre anni interi ». Lo storico aggiunse: « Lo spirito d’amore, la Spinse sempre più nell’interno di questo divin Cuore e suor Benigna era lì come la colomba nel cavo della pietra angolare ». – Un giorno ella vide il suo cuore « fra le mani divine di quest’Amore increato che lo teneva come in un vaso prezioso. Conobbi in quel vaso il Cuore di Gesù, e mi fu detto: « Gesù ha preso il vostro cuore, ma vi dona il suo che contiene il vostro ». Io lo vidi allora, quel povero cuore di Benigna, ma così piccolo che rimasi afflitta trovandolo tanto limitato e così poco amore… Allora l’amore stesso mi consolò della mia impotenza e mi disse: « Mia colomba, io riparo alla tua mancanza d’amore, col mio amore, alla tua piccolezza con l’amore del Cuore di Gesù, alla tua debolezza con la mia bontà onnipotente. infine il cuor di Gesù, e il tuo, Benigna, sono uniti ». Ella scrisse, in un’altra circostanza: « L’amore mi disse ancora: « Quando conduco lo sposo nel tuo cuore devi accarezzarlo. Benigna non deve temere niente, perché l’amore stesso ha segnalato il suo posto nel Cuor di Gesù; là è la sua dimora più ordinaria, e dove lo Sposo le fa sentire i suoi abbracci celesti ». – Fra queste Visitandine, devote al Sacro Cuore; la Madre Anna Margherita Clement, che morì al monastero di Melun il 3 gennaio 1661, merita un posto a parte nella storia della divozione. Ella fu quanto, o forse di più di quella di cui abbiamo parlato, una grande amante del Cuor di Gesù, colmata delle sue grazie ed istruita nei suoi segreti; ebbe, un giorno, come S. Caterina da Siena, il senso che Gesù le scioglieva il cuore e metteva il suo al suo posto. Ma vi è ancora di più. Essa ebbe l’intuizione netta che la Visitazione era stata fatta dal sacro Cuore e per il sacro Cuore. Vide S. Francesco di Sales, durante la sua vita, dimorare nel Cuor di Gesù e ricevervi l’ispirazione di fondare un ordine che avrebbe, per proprio compito, « di rendere omaggio a questo Cuore divino ». La sua Vita, pubblicata venticinque anni più tardi, nel 1686 arriverà in tempo per sostenere santa Margherita Maria e secondarla nel suo apostolato, come lo dirà ella stessa con gioia visibile, in una delle sue lettere al P. Croiset.

IL SACRO CUORE DI GESÙ (51)

IL SACRO CUORE (51)

J. V. BAINVEL – prof. teologia Ist. Catt. Di Parigi;

LA DEVOZIONE AL S. CUORE DI GESÙ – [Milano Soc. Ed. “Vita e Pensiero, 1919]

PARTE TERZA.

Sviluppo storico della divozione.

CAPITOLO IV.

LA DIVOZIONE NEL XVII SECOLO

III. – LE CONGREGAZIONI RELIGIOSE

Com’è naturale, nelle Congregazioni religiose bisogna aspettarsi di trovare specialmente sviluppata questa divozione di tenerezza e di pietà. Nelle antiche la spinta era stata data ed essa si confondeva qua e là, come una tradizione; nelle nuove ne troveremo ugualmente. Ho già fatta parola dei Carmelitani. Fra i Domenicani possiamo segnalare due scritti dove si tratta espressamente del Cuor di Gesù. Il primo è del P. Ignazio del Nente e fu pubblicato a Firenze nel 1642. È scritto in italiano ed ha per titolo: Solitudini di sante e pie affezioni verso i Misteri di nostro Signore Gesù Cristo e della Vergine Maria. Queste Solitudini o ritiri sono sette. Le prime cinque hanno per soggetto l’Annunciazione, la Natività, la santa Infanzia, le ultime due, che non entravano nel piano primitivo, sono consacrate una all’Eucaristia, l’altra al Cuor di Gesù. Nel corso del libro è nominato più volte questo divin Cuore; ma l’autore ha voluto comporre una « Solitudine di alcune ore », che fosse espressamente in suo onore, come spiega lui stesso nell’Avvertimento. Si appoggia su di una rivelazione di nostro Signore a santa Gertrude, e mostra come, essendo il Cuore di Cristo unito « al cuore del Verbo e della Divinità, che lo contempla, l’adora, l’offre al Padre celeste e vive nell’unione per il suo divin amore, fa necessariamente un’opera sublime, la più gradita che possa presentare a Dio ». Il titolo è: Solo col sacro Cuore. Al principio si ha una bella preghiera per offrire all’Eterno Padre, insieme con il cuor di Gesù, tutti i buoni pensieri ed esercizî di questa Solitudine. Meditazione preliminare: Esortazione alla solitudine, col Cuore di nostro Signor Gesù Cristo. Seguono: un’esortazione a meditare nel Cuore di Gesù; delle affezioni di pentimento in unione col Cuor di Gesù, un soliloquio d’unione al Cuore di Gesù, cinque meditazioni (brevissime) sul divin Cuore di Gesù, un’offerta del Cuor di Gesù al Padre eterno, delle invocazioni ed orazioni al Cuor di Gesù, un secondo soliloquio in cinque parti, in cui si vede come Maria perdé il suo cuore nel Cuor di Gesù, quali dolcezze, qual sapienza, qual carità essa attingeva dal Cuor di Gesù e come Gesù consolava sua Madre delle sofferenze che le imponeva. – Tutto questo è molto pio: è veramente una perla di divozione al sacro Cuore. Didiot, segnala ancora, secondo Echard e Quétif, l’opera di un domenicano fiammingo, il P. Antonio Barbieux, pubblicata a Lilla nel 1661, con il titolo: La divozione al cuore santissimo del Figlio d’Iddio e della sua santissima Madre. Io non lo conosco che per questa indicazione. I Certosini continuano, nel secolo XVII, le tradizioni dei loro predecessori; i loro scritti parlano del cuore divino, i loro mistici ricevono suoi favori. Don Antonio di Molina, Certosino di Miraflores, verso il 1605, nelle sue Meditazioni sulla Passione, non dimentica la passione del Cuore nelle ore dell’agonia. Don Renato Hensaeus, che era nel 160 priore della Certosa di Briinn in Moravia, cercando perché Gesù ha voluto che il suo costato venisse trafitto, dà, tra le altre, questa ragione: « Infine Gesù ha voluto che il suo costato fosse aperto, affine di mostrarci, con quella ferita visibile, la piaga invisibile che ha trafitto il suo cuore ». La stessa formula della divozione, ricordiamolo, la Chiesa ha fatta sua, prendendola a prestito dal pio autore della Vite mistica. « Entrate dunque, conclude don Hensaeus, in questa porta del Paradiso. Andate verso la fontana e l’albero di vita, che non sono altro che il cuore stesso di Gesù, affinché vediate come Egli vi ha portato nel suo cuore. Entrate da questa porta nella cella mistica; vi ci invita lo sposo delle anime quando dice: Si quis sitit, veniat ad me et bibat; che l’anima assetata venga a me e sarà dissetata ». Don Policarpo della Rivière, priore della Certosa di Bordeaux (1629), poi di quella di Bonpas, presso Avignone, ha delle idee e degli affetti simili; ed anche don Giovanni Anadon, priore dei Certosini di Saragozza (1682). Suor Anna Griffon (1580-1641), d’Abbeville, certosina: a Gosnay in Artois, racconta come un giorno ella ricevè « una gande dolcezza e abbondanza di delizie » che vedeva « come sgorgare dal cuore » di Gesù. « Ciò che scendeva, ella dice, dal Cuore del mio dolce Salvatore era una luce pura che mi attirava a lui. Questo raggio sottilissimo, che sortiva da quel divin cuore e che penetrava nel più intimo dell’anima mia attirava a sé tutta l’affezione del mio cuore per prenderlo e trasformarlo in Lui, in un modo mirabile e incomprensibile… M’intenda chi può ». Ciò che segue è ancor più nel tono di santa Margherita Maria, quanto al senso e alla forma. « Un’altra volta, essendo molto addolorata per tante offese che si commettevano ordinariamente negli ultimi giorni di quaresima, e abbandonandomi interamente al mio dolce Salvatore, offrendomi in espiazione per tutte le offese che si commettevano in quei giorni nel mondo, gli domandai come potessi soddisfare alla sua giustizia e fargli piacere, e conobbi il piacere inestimabile che provava il mio Signore quando in tali giorni offrivo al Padre eterno l’amore del cuore del suo Figliuolo ». Si vede che don Innocente Le Masson, generale dei Certosini, quando, nel 1694, le sue religiose gli chiederanno il permesso di onorare il sacro Cuore, come si era allora rivelato a Margherita Maria, avrà ragione di riconoscere in quella una seta divozione del suo Ordine e di raccomandarla come tale. – Nei diversi rami della famiglia francescana, la divozione è viva e tende a generalizzarsi. Due libri di uso corrente ne indicano le pratiche quotidiane e, per così dire, continue, per gruppi considerevoli. Il primo è La regola di Penitenza del serafico Padre san Francesco…, seguita da un Esercizio giornaliero all’uso dei Religiosi e del Terzo Ordine regolare, 1635. È una specie di Direttorio spirituale, composto per rispondere a una decisione del Capitolo generale del 1625, approvato dai Capitoli susseguenti. Ora nell’Esercizio si parla ad ogni istante del sacro Cuore, quanto è più che nella Faretra di Lansperge, o nel Manuale di don Michele di Vesly per i Certosini. « Dopo l’esame, bisogna offrire al Padre eterno i dolori e le amarezze del Cuore del suo Figliuolo per supplire ai difetti nostri ». E quelle che noi concepiremo, debbono essere attinte a questa forma d’amore ». Fra gli atti di lontana preparazione alla comunione, vi sono le affezioni d’amore «considerando che le azioni e le sofferenze di nostro Signore hanno la loro sorgente nel suo Cuore divino, infinitamente desideroso della nostra salute », e vi sono delle aspirazioni a Gesù, per ottenere «l’accesso al suo cuore ». Uscendo dal convento bisogna raccomandarsi al Cuore di Gesù dicendogli: « Gesù amabilissimo, vi raccomando il corpo e l’anima mia, con tutti i miei sensi e potenze, rinchiudendoli nella piaga del vostro Cuore fedele, affinché vi piaccia di preservarmi là da tutti i peccati ed affezioni sregolate. Degnatevi di nascondere il mio cuore nel vostro, e tutto il volere e non volere, il mio riposo e la mia azione; e siate il principio e il fine di tutti i miei pensieri, le mie opere e le mie parole ». Al ritorno, « avvicinandosi al convento…, bisogna allontanare l’immaginazione delle idee concepite per la vista e l’udito…. E infine, allorché si è arrivati, si ritornerà al Cuore di Gesù, per riprendere i suoi esercizî». – L’altro libro è del P. Adriano di Maringues, Recolletto Fu pubblicato a Lione nel 1659 sotto il titolo: Esercizi spirituali molto utili e propri per condurre le anime religiose alla perfezione delle azioni dei giorni, delle settimane, dei mesi e degli anni. Come si vede, si rivolge a tutti i Cristiani, ma è stato scritto specialmente per le Clarisse. Questo libro è pieno del sacro Cuore. Vi si indica particolarmente secondo il P. Saint-Jure, come bisogna unirsi a Gesù nel Cuore di Gesù stesso, compiervi tutte le nostre azioni e abbandonarvisi a tutti gli esercizî della vita purgativa, illuminativa, unitiva. Il P. Adriano fa notare che non propone le pratiche nuove, c il modo con cui trascrive le pagine di Saint-Jure ci fa indovinare come procede per il resto. Il gran posto fatto al sacro Cuore nel libro non farebbe che dimostrare meglio la parte eminente ch’esso aveva fin d’allora nella divozione dei fedeli. – Il celebre P. Giuseppe (1577-1638), braccio destro di Richelieu, l’« Eminenza grigia » come si diceva, nomina spesso il sacro Cuore. Pochi ne parlano quanto lui prima di santa Margherita Maria. Le sue istruzioni alle Benedettine del Calvario che, come si sa, aveva fondate nel 1614, ne sono piene. Forse la parola cuore non rappresentava per lui un senso ben definito; ed, esaminando alcune delle sue impressioni, si potrebbe essere tentati di concludere che, pur impiegando la parola cuore, non ha in vista il cuore di carne e che, per conseguenza, non abbiamo in lui, per parlar propriamente, la divozione del sacro Cuore. La conclusione sarebbe inesatta: il P. Giuseppe, è vero, non precisa come si è fatto più tardi; e la realtà concreta che dà un fondamento al simbolismo resta così velata che il cuore, nel suo scritto, ci appare più come una parola od una metafora, che come una cosa, un simbolo. Questo è comune a lui e a tutti, o quasi tutti quelli che in quest’epoca parlano del sacro Cuore. Ma un esame più attento ci mostra che l’idea resta simbolica e che la parola cuore non è completamente priva del suo significato mate riale; il continuo richiamo della ferita del cuore e del costato trafitto è sufficiente ad avvertirci. Quando il P. Giuseppe dice che, parlando del cuore, non intende « parlare del cuore materiale del Salvatore, ma della sua volontà e del suo amore », l’espressione va più lontano del suo pensiero; egli vuol dire soltanto che si arresta al cuore materiale come tale. – Da altri scrittori della famiglia francescana sono stati raccolti numerosi testi sul Cuore di Gesù, del P. Filippo d’Angoumois (1631), del P, Paolo di Lagny (1663), del P. Leandro di Digione (1661), del P. Bernardino di Parigi (1662), del P. Luigi Francesco d’Argentan (1668), del P. Guglielmo di Troyes (1670). Pure presso i loro mistici sono stati raccolti molti tratti poco conosciuti, sia come divozione al Cuor di Gesù, sia come manifestazione di questo Cuore santissimo. A questo riguardo, la venerabile Giovanna Maria della Croce (1603-1673) merita una menzione speciale. Insieme con la santa amica Sibilla di Lodrone, ella aveva fondato a Rovereto, sua patria, un monastero di Clarisse e vi si era fatta religiosa. La sua vita era tutta piena del sacro Cuore e ne parlava incessantemente. « Che lo Sposo celeste, scriveva alla sua amica, trasporti l’anima tua nella grande piaga del cuore e ti lasci contemplare la sua bellezza e le sue grazie… Questa vista ti immergerà in un rapimento ineffabile. Egli ti inebrierà del suo amore infinito; come una cerva ferita tu corri… al suo santissimo e amabilissimo Cuore, dove l’anima pure ama di stabilire la dimora… Ci ritroveremo nel Cuore di Gesù ». Il 15 aprile 1654 ella scriveva il suo testamento Spirituale: « O cuore trafitto del mio dolce Gesù! O porta che il vostro amore, ben più che la lancia del soldato, ha aperta! O dolce Gesù, o grazioso, o amabile, o buon Gesù! Soffocate, tutti i miei peccati, poiché è in questo cuore che l’anima mia pone ogni speranza… O Figlio d’Iddio, mi amabile Sposo, vi amo con tutto il cuore; io languisco dal desiderio di entrare, per la sacra porta del vostro cuore aperto, nelle gioie del vostro paradiso ». E con quanta poesia cantava il cuore di Gesù: « O Gesù, mio amore, la vera felicità dell’anima è di riposarsi nel cuore, spoglia di tutte le cure terrestri, in un benedetto oblìo di tutto ciò che non è Dio, è di bere così il latte della vostra sapienza. Che i miei occhi non sentano che voi; che la mia lingua parli solo di voi; che tutti i miei sensi assopiti dolcemente nel vostro cuore divino, come Giovanni sul vostro petto, seguano e parlino di voi in un amore ineffabile. O cuor di Gesù, scuola della verità divina, dove l’anima impara ed intende ciò che vi è di più incomprensibile! Artista divino! è nella fucina del vostro cuore che voi lavorate il mio, con i colpi raddoppiati di un amore reciproco, per farne un vaso prezioso… Il vostro cuore è un’arca piena di colombe che, sfuggite al pantano di questo mondo, hanno cercato un rifugio in voi, E voi stesso mi tendete la mano, affine di farvi entrare l’anima mia, affaticata dal volo… Oh! come si dorme dolcemente su questa roccia, al mormorio delle acque celesti, al soffio rinfrescante delle consolazioni divine! Oh! come cantate dolcemente dall’alto di questa roccia, queste parole: «Vieni mia colomba, la porta del mio cuore è aperta per te. Tu sei il mio e io sono il tuo; ho messo il mio cuore nel tuo ed ho racchiuso il tuo nel mio, e, tutti e due, non abbiamo che una stessa volontà. Io ti porto scritta nel mio cuore aperto. Tu sei là, come la perla di prezzo inestimabile, come una perla di amore santo… ». O mio Salvatore! rinchiudetemi nella cittadella del vostro cuore! Ponete delle guardie alla porta, affinché la mia anima, non vi sia turbata, ma anch’essa vi goda della vostra felicità, nella pace e nel riposo ». – Si potrebbe aggiungere qui S. Fedele di Sigmaringa, ma di lui se ne è già parlato. – Nella famiglia benedettina, abbiamo già segnalato l’opera di D. Haeften, abate di Afflighem, e la vita della, Madre Deleloe. La Francia ci dà due o tre grandi badesse molto devote al Cuore di Gesù. Nella vita di M.me Francesca di Nérestang, morta nel 1652, badessa de La Bénissondieu, scritta dal P. Cherubino di Marcigny, Recolletto, e stampata a Lione nel 1653, in cui sono stati raccolti alcuni scritti della pia badessa, troviamo, nel suo corso di una elevazione sull’Eucaristia, una bella preghiera al sacro Cuore: « Poiché io son sicurissima d’aver l’accesso nel vostro Cuore, perché vi alberga la carità che avete per noi, permettetemi di farvi il mio ritiro e il mio soggiorno. Permettetemi di entrare in questo Cuore pietoso e generoso come nel luogo del mio rifugio, per fuggire c salvarmi dai miei nemici crudeli… Mio dolce Salvatore, avete voluto che il vostro sacro fianco fosse aperto al fine di tenerci una porta libera per entrare da voi; avete fatto sì che l’amore più che la lancia lo trafiggesse, affinché noi ci si potesse ricoverare, esservi al coperto da tutti i pericoli e dalle persecuzioni del mondo in questo cuore favorevole, per non sortirne mai più… Là voglio considerare, esaminare e piangere i miei peccati e domandarne perdono alla vostra divina Maestà, in questo cuore amoroso che, altra volta ne ha concepito un inesprimibile dispiacere e ne è stato trafitto da un estremo dolore. In questo Cuore sacro, infinitamente santo e meravigliosamente puro, che ha in orrore le minime imperfe-zioni, io voglio odiare tutte le mie colpe, fino alle più leggere; voglio combattere tutte le mie passioni disordinate e resistere coraggiosamente agli assalti di tutti i miei nemici, sperando di riportarne una gloriosa vittoria, grazie a questa inespugnabile fortezza. Sarà in questo cuore divino, che è stato afflitto da me, che vivrò contenta nelle mie mortificazioni e penitenze ed in tutti i miei dispiaceri, afflizioni, aridità, noie e contraddizioni. Sarà pure là che soffrirò, senza lamentarmi, i dolori della morte, ricordando che questo cuore generoso, per amor mio, fu oppresso di noie e di tristezze, al tempo della sua amara passione, senza mormorare. È in questo sacro Cuore che rinnovo la donazione assoluta di me stessa, che vi ho già fatta, caro Maestro, della mia anima e del mio corpo e di tutte le loro facoltà e operazioni, e che mi abbandono interamente a Voi, mio adorabile Redentore, in una completa dipendenza di tutto ciò che sono e che posso; protestando di voler agire eternamente, secondo le inclinazioni del vostro Cuore, seguire i suoi consigli, conformarmi ai suoi desideri, entrare in tutti i suoi interessi e trasformarmi nelle sue affezioni ». – La Madre Matilde del SS. Sacramento (1624-1698). fondatrice delle Benedettine dell’Adorazione perpetua, vide un giorno la Vergine che le presentava il suo Figliuolo, tutto ferito, col cuore aperto, e che la invitava a cercar rifugio in quel cuore. Era verso il 1637. Più tardi, nel libretto su Le véritable esprit des Religieuses adoratrices, redatto verso il 1660, ella diceva alle sue religiose: « Corriamo dunque, sorelle, corriamo al SS. Sacramento. Andiamo a soddisfare i desideri infiniti in questo cuore adorabile; comunichiamoci per accontentarlo. Abbandoniamo i nostri corpi ai suoi piedi santissimi e diciamogli con reciproco amore, il più ardentemente che ci sarà possibile: O cuor divino! O cuor amabile! O cuore la cui eccellenza e bontà non si può esprimere! Accontenta i tuoi desideri in me, attirami tutta a te per soddisfare i tuoi desideri, nutriscimi alla tua maniera affinché io sia sostentata da te e i tuoi desiderì trovino la loro piena soddisfazione. Comunica all’anima mia una piccola parte dei tuoi desideri più ardenti e che io possa dire, con lo stesso cuore e lo stesso amore, per l’effusione dei tuoi sacri desiderì in me, comunicandomi tutti i giorni: Desiderio desideravi ». – Si noterà in questa bella preghiera l’indirizzo diretto al Cuor di Gesù. Era cosa molto rara, benché ne abbiamo visti altri esempi. Si noterà anche questa idea, che si crederebbe tutta moderna o almeno dipendente completamente dalle visioni di Paray, della comunione quotidiana, riguardata come una risposta ai desideri del sacro Cuore. Molti altri passi, nelle lettere della pia fondatrice, fanno menzione del Cuore di Gesù e mostrano una vera divozione. – Non deve adunque meravigliare che gli sforzi di san Giovanni Eudes abbiano trovato là la migliore accoglienza. Probabilmente, studiando la vita della Signora di Lorraine, badessa di Montmartre, si troverebbero dei passi simili; poiché anche là san Eudes trovò la migliore accoglienza e il suo Ufficio del cuor di Gesù vi fu ricevuto fin da 1668 o 1669, con l’approvazione del Cardinale di Vendòme. Ne faremo parola studiando l’azione di san Giovanni Eudes. – Le diverse famiglie religiose conosciute sotto il nome generale di Orsoline ci forniscono pure dei tratti interessanti. La venerabile Madre Anna di Xainctonge, fondatrice delle religiose di S. Orsola della Santissima Vergine (1567-1621), quando assisteva alla Messa, « praticava col Salvatore una santa familiarità, dice il P. Binet, uno dei suoi biografi, avanzandosi in ispirito sull’altare a baciare la preziosa piaga del costato, ben addentro al suo cuore, per unire strettamente la sua anima a lui…, protestando di non volerne uscire mai più se non le avesse detto di andarsene con la sicurezza ch’Egli l’amava e la benediva ». – Fra le Orsoline di S. Angela Merici, le Cronache dell’Ordine ci indicano molti casi di divozione al Cuor di Gesù. Ecco quelli che ha raccolto il P. Di Franciosi. La Madre Anna di Beauvais di Bordeaux (1587-1620) diceva al suo direttore, il P. Loyrot, gesuita, che nostro Signore le aveva tolto il suo cuore e gliene aveva dato un altro. – Suor Carlotta Ronault d’Abbeville (1618-1644), non desiderava e non chiedeva altro, quasi, che di essere accolta nel Cuor di Gesù. Ella vi attingeva la forza per austerità terribili. Qualche giorno dopo la sua morte, una delle sue suore la vide « attaccata a quel cuore divino ». – La Madre Maria-Germana Tiercelin, di Pontoise, vide un giorno nostro Signore che le copriva «il suo costato aperto ed il suo cuore ardente di amore per lei, facendole : comprendere, nello stesso tempo, che il suo cuore divino ed il suo erano così uniti che non formavano che un solo cuore ». – Suor Stefanetta Guyot, di Beaune (1626-1642), vide un giorno nostro Signore. « Mi ha detto, ella raccontò, amami, seguimi. Avvicina la tua bocca, o figliola amata, e mettila sulla piaga del mio cuore, bevi e succhiane i liquori divini fin che io te lo permetterò ». – La Madre De’Jasse, d’Ussel (1614-1656), vide nostro Signore che cambiava di cuore con lei. « Mi piace, Egli le disse, di prendere il tuo, è uno dei miei tesori ». Poi le donò il suo raccomandandole di conservarlo. – Grazie analoghe ebbe Suor Antonietta Miette, di Roanne (1592-1657), che il P. Coton aveva in grande stima: scambio di cuori, applicazione al divin Cuore per bevervi una dolcezza indicibile. – Suor Maria Prévostière, di S. Giovanni d’Angély (1623-1662), era ai suoi ultimi momenti: « quando ebbe ricevuta la Comunione, vide presso il suo letto una luce brillante ed un cuore, in mezzo a quella luce, che cagionava delle grandi palpitazioni al suo, come per andare a raggiungere quel bel cuore. Infatti, le sembrò che, essendo il suo cuore riuscito ad avvicinarsi, si fece un miscuglio dei due cuori, come se non fossero stati che uno ». Ma fra questi amanti del sacro Cuore bisogna fare un posto speciale a Madre Maria dell’Incarnazione, orsolina, morta a Québec nel 1672. Bossuet l’ha chiamata la Teresa del Nuovo Mondo. Maria dell’Incarnazione fu una grande devota del sacro Cuore e l’editore delle sue lettere ha ragione di notare questa « divozione pratica di tutti i giorni durante gli ultimi quarant’anni della sua vita », come uno dei tratti caratteristici della sua spiritualità. Ella ne parla ad ogni istante; spesso mette in testa alle sue lettere un « saluto umilissimo nel sacro Cuore di Gesù », o una formula analoga. L’11 ottobre 1649 scrive ad una delle sue sorelle: «Mi siete cara come me stessa; per questa ragione vorrei potervi porre nel Cuore del nostro amabilissimo Gesù. È in quel santuario sacro che io vi visito e vi vedo ogni giorno. Venite anche voi  a visitarmi là, affinché possiamo rallegrarci insieme perché esso è così pieno d’amore da permettere che noi, lo avviciniamo. Son tutta vostra in lui » Un po’ più tardi, il 13 agosto 1650, essa lo scrive ancora: « Salve umilissima nel sacro Cuore del nostro amabilissimo Gesù, santuario di tutti i tesori di grazia e di gloria. Che la sua infinita bontà sia eternamente benedetta, poiché gli piace di continuarvi la larghezza della sua intima carità. Non temete di seguire i fini che vi spingono: a parlargli familiarmente ed amorosamente. Bisogna rispondergli, e parlargli. Ciò conquista il suo cuore e cattiva la sua bontà infinitamente portata a comunicarsi ai suoi amici, e se voi non gli rispondeste…, voi ne sareste responsabile al suo amore, che non ama che per essere amato… Vi voglio e vi desidero, mia sorella carissima, in questo abisso d’amore, il più che amabile e adorabilissimo cuor di Gesù. Che voi siate tutta perduta e consumata nelle sue sante fiamme ». –  A suo figlio, il 22 ottobre 1649: « Viviamo, ora nel sacro Cuore di Gesù per concepirvi ciò che produce in un’anima la fedele pratica delle massime che tu sai ». Ed aggiunge, il giorno dopo: « Viviamo nel nostro Gesù. mio carissimo figlio; che l’avvicinarsi del sacro Cuore faccia riversare nei nostri la vera santità; poiché è da questo cuore santo, che sgorgano tutti i tesori di grazia e di amore che ci fanno vivere della sua vita e ci animano del suo spirito. » – E in una lettera a questo figlio, don Claudio Martin datata del 16 settembre 1661, ella descrive lungamente una pratica di divozione al sacro Cuore che Dio le aveva ispirata circa trent’anni avanti (verso il 1635, ella dice altrove) e che aveva sempre mantenuta. Un giorno che Dio pareva sordo alle sue preghiere, ella intese una voce interna che le diceva: «Domandami per il cuore del mio Figliolo; è per Lui che ti esaudirò ». Subito, essa racconta, « tutto il mio essere interno si trovò in comunicazione intima con quest’adorabile cuore, in modo che non potevo più parlare al Padre eterno che per mezzo suo ». Dipoi fu sempre fedele a questa pratica. « Ecco presso a poco come mi comporto, così ella scrive, quando son libera, nel parlare al Padre nostro: « Per mezzo del cuore del mio Gesù, mia via, mia verità, e mia vita, mi accosto a Voi, o eterno Padre. Per mezzo di questo divin cuore vi adoro per tutti quelli che non vi adorano; vi amo per tutti quelli che non vi amano; vi riconosco per tutti i ciechi volontari che per disprezzo non vi riconoscono. Voglio, per questo divin cuore, soddisfare al dovere di tutti i mortali… Li abbraccio per presentarveli per mezzo suo e per Lui vi chiedo la loro conversione… Ah! fate ch’essi vivano per questo divin cuore ». La preghiera e l’offerta, per mezzo del sacro Cuore, continuano per la Chiesa del Canadà, per i missionari, per suo figlio, ecc. La Venerabile, si rivolgeva in seguito a Gesù e gli diceva: «Voi sapete, o amor mio, tutto ciò che voglio dire al vostro Padre per mezzo del vostro divin cuore e della vostra anima santa. Unitevi a me per pregare, col cuore vostro, quello del vostro Padre, etc. Ecco, conclude, l’esercizio del cuor di Gesù ». – In altre congregazioni dedicate all’insegnamento si possono spigolare ancora alcuni fatti. Marcella Germain (1599-1661), che fondò a Limoges l’istituto di S. Giuseppe della Provvidenza, racconta al suo confessore come, un giorno, pregando, si trovò « inabissata nel sacro Cuore di Gesù ». « Figlia mia, le disse nostro Signore, bevi a grandi sorsi le soavità del mio cuore, tu vi troverai in abbondanza tutte le consolazioni. Entra nel mio amabile cuore. Guarda e attingi in questo torrente, in questo abisso di delizie… Voglio racchiuderti nel mio gran cuore che tutto è amore per te ». « Questo Dio d’amore, ella aggiunge, me l’ha aperto, questo cuore adorabile, dicendomi: « Guarda come è capace di contenere il mondo intero! Oh! quanto è bello e grande questo cuore divino!… Quanto è buono dimorarvi e perdersi in lui! ». – Giovanna di Matel (1596-1670), fondatrice delle Religiose del Verbo Incarnato, era pure in relazioni intime con il divin Cuore; Gesù le disse un giorno: « Figlia mia, ho preso il tuo cuore avanti alla comunione; il mio ti appartiene per il mio amore ». Un altro giorno le dice: « hai ferito il mio cuore »; e, mentre, la sera dello stesso giorno, ella si preparava alla comunione, Egli le lanciò una freccia che le ferì il cuore dicendole: « Tu mi hai ferito in te, voglio ferirti in me ». Una volta la invitò a riposare nelle sue piaghe, un’altra volta le mostrò le grazie dell’Eucaristia che stillavano dal suo Cuore divino. Si potrebbero moltiplicare i passi analoghi o segnalare, nei suoi scritti, delle pratiche di divozione, come quella di salutare le sue religiose nel Cuore di Gesù.

IV. – COME LA DIVOZIONE DIVENNE GENERALE NELL’ASCETICA CRISTIANA

Leggendo gli oratori e gli scritti ascetici del secolo XVII, sì incontra ad ogni istante menzione del sacro Cuore; qualche volta sono intere pagine pie e commoventi. Luigi Bail (morto nel 1669) nella sua Théologie affective, ha una bella elevazione al Cuore di Gesù, principio della nostra vita spirituale e fonte della nostra salvezza. Bernières-Louvigny (1602-1676) scriveva: « Questo cuore divino di Gesù sarà dunque, d’ora in poi il tuo oratorio, anima mia; in Lui e per mezzo suo tu offrirai tutte le tue preghiere a Dio Padre, perché gli siano più gradite. Sarà la tua scuola, ove andrai ad imparare la eminentissima scienza d’Iddio… Sarà il tuo tesoro dove andrai a prendere tutto ciò che ti abbisogna per arricchirti ». I testi innumerevoli in cui si parla del Cuor di Gesù, non provano sempre rigorosamente che esista divozione a questo Cuore; ma indicano, almeno, che essa si presentava naturalmente allo Spirito appena era questione dei sentimenti del Maestro, delle sue virtù, dell’unione e della conformità che il Cristiano deve avere con Lui. Dopo ciò non ci meraviglieremo di incontrare in Bossuet, non dirò, per non esagerare, un discorso del sacro Cuore, ma tutta una parte di un discorso in cui si trova molto ben definito lo spirito stesso della divozione e dimostrato molto bene quel che deve esserne la base poiché la base della vita cristiana è l’identità del nostro cuore con quello di Gesù. Nel panegirico di S. Giovanni, tutta questa dottrina è così bene esposta; la parte fatta al Cuor di Gesù è così gande che vale la pena di arrestarcisi un poco. « Ciò che mi fa conoscere, egli dice, il più sensibilmente la grande inclinazione del Cuor di Gesù, per il discepolo di cui parliamo, sono tre doni che egli gli fa… In vita, gli dà la sua croce; alla sua morte, gli dona sua madre; alla cena gli dona il suo cuore ». Dopo alcune parole sui due primi doni, Bossuet continua: « Ma ciò che mostra di più il suo amore, è il bel regalo che gli fa al sacro banchetto dell’Eucaristia. Come se non bastasse di averlo gratificato con tanti doni, lo mette in possesso della sorgente stessa di tutte le sue liberalità, cioè del suo cuore, sul quale gli ordina di riposare, come in un luogo che gli spetta. O discepolo veramente felice! a cui Gesù Cristo… ha dato il suo cuore per non essere più che una sola cosa con lui! Cosa resta, o caro favorito, se non che voi accettiate questi doni, col rispetto che è dovuto all’amore del vostro buon Maestro? Vedete, Cristiani, com’egli li accetta. Accetta la croce… Accetta la SS. Vergine… Accetta soprattutto il Cuor di Gesù con una tenerezza incredibile, allorché si riposa su di esso dolcemente e tranquillamente, per segnare un godimento piacevole ed un possesso assicurato ». Tali sono le proposizione e la divisione del discorso. Il terzo punto tutto intero è consacrato al dono del cuore. Eccone alcuni passi per darne un’idea: « Non basta al Salvatore spargere i suoi doni su S. Giovanni. Vuol condurlo fino alla sorgente. Tutti i doni vengono dall’amore: gli dà anche il cuore e lo mette in possesso del fondo di cui gli ha già dato i frutti. Vieni, Egli dice, mio discepolo caro, ti ho scelto avanti tutte le età per essere il dottore della carità. Vieni a berla alla sua fonte… Avvicinati a questo cuore che non respira che l’amore degli uomini e, per parlar meglio del mio cuore, vieni a sentir da vicino gli ardori che lo consumano ». L’oratore continua indirizzandosi al discepolo amato. « Giovanni, poiché voi ne siete il padrone apriteci questo cuore di Gesù; fatecene notare tutti i movimenti che solo la carità eccita » E riprende: « Questo è ciò che egli ha fatto in tutti i suoi scritti; tutti gli scritti di S. Giovanni non tendono che a spiegare il Cuore di Gesù ». Bossuet interprete di Giovanni, ce lo spiega lui pure: « In questo cuore è il compendio di tutte le meraviglie del Cristianesimo. Misteri di carità la cui origine è nel cuore: un cuore, se può dirsi, tutto nutrito di amore; tutti i palpiti, tutti i battiti di questo cuore, li produce la carità. Chi l’ha fatto… abitare fra noi? L’amore. E così che Dio ha amato il mondo… È, dunque l’amore che l’ha fatto discendere a rivestirsi della natura umana. Ma qual cuore avrà Egli dato a questa natura umana se non un cuore fatto tutto d’amore?… Datemi tutto ciò che vi è di tenero, tutto ciò che vi è di dolce e di umano: bisogna fare un Salvatore che non possa soffrire le miserie senza esser preso dal dolore… ». Segue un ritratto del Cuor di Gesù, e l’oratore conclude: « Ecco, fratelli miei, qual è il cuor di Gesù, ecco qual è il mistero del Cristianesimo. Per questo il compendio della fede è racchiuso in queste parole: « Per noi, abbiamo creduto all’amore che Dio ha per noi ». Perché il Giudeo, non crede al nostro Vangelo? Egli riconosce la potenza; ma non vuol credere all’amore… Per me, io credo alla sua carità, ed è tutto. Si è fatto uomo, io lo credo; è morto per noi, io lo credo; Egli ama, e chi ama fa tutto: Credidimus caritati ejus ». « Ma, riprende subito, se crediamo in Lui, bisognaimitarlo ». La lezione sarà una lezione di carità.« Questo Cuore di Gesù abbraccia tutti i fedeli… Abbiamodunque un Cuor di Gesù, un gran cuore che non escludenessuno dal suo amore… Amiamoci dunque nel Cuor diGesù Cristo ».Sarebbe troppo lungo dare qui tutta la trattazione riguardanteil sacro Cuore. E poi qual formula di vita cristiana si può trovare più felice di questa formula della devozione al sacro Cuore: « Abbiamo un cuore di Gesù Cristo »? Qual formula più perfetta di carità cristianadi questa, che è pure una formula usuale della stessa devozione:« Amiamoci nel Cuor di Gesù »? Che cosa si può dire di più, nel senso della divozione, del mostrare « in questo cuore… il riassunto di tutte le meraviglie del Cristianesimo» e del riportare tutta la nostra fede a quella parola di S. Giovanni: « Noi abbiamo creduto all’amorehe Dio ha per noi »?

IL SACRO CUORE DI GESÙ (50)

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IL SACRO CUORE (50)

J. V. BAINVEL – prof. teologia Ist. Catt. Di Parigi;

LA DEVOZIONE AL S. CUORE DI GESÙ- [Milano Soc. Ed. “Vita e Pensiero, 1919]

PARTE TERZA.

Sviluppo storico della divozione.

CAPITOLO IV.

LA DIVOZIONE NEL XVII SECOLO

II.

DIFFUSIONE IN FRANCIA

In Francia incontriamo da per tutto la divozione fra le persone del mondo; alla Corte, come nei chiostri, essa s’identifica con le tendenze spirituali le più diverse, a quelle del de Bérulle e di Olier, come a quelle dei Gesuiti; si ritrova perfino tra i Giansenisti, ed è così familiare alle anime che Bossuet per dare la formula della perfezione cristiana, ci dà la formula stessa della divozione al sacro Cuore. – Alla testa di questo movimento, troviamo san Francesco di Sales, uno di quelli la cui spiritualità è maggiormente impregnata dal sacro Cuore. Da lungo tempo si sono segnalati i principali passi che parlano di questo cuore divino. Ma è nelle sue lettere, soprattutto, che la sua divozione si esprime con una tenerezza di pietà, che rapisce le anime devote. Vi torneremo sopra quando cercheremo alla Visitazione le prime tracce della divozione al Cuore di Gesù.

Il cardinale de Bérulle (1575-1629) ha qualche riflessione sottile, ma penetrante, sul cuore di Gesù. « San Giovanni solo, come discepolo prediletto, fa menzione della ferita da cui furono aperti il costato e il cuore di Gesù. Essendo ella una ferita d’amore, era conveniente che ci fosse rilevata dal discepolo del cuore e dell’amore di Gesù. Notiamo ancora che il cuore di Gesù è trafitto d’amore; perciò questa trafittura della lancia è riservata al suo cuore morto come se, prima della morte, il ferro non avesse potuto trafiggerlo di più, tanto lo era per l’amore. Il suo cuore è eternamente aperto, eternamente trafitto; la sua gloria non cancella questa piaga, perché è una piaga d’amore; questa trafittura della lancia, non è che un segno della vera, interna trafittura del cuore, Ringraziamo l’eterno Padre che ha voluto questa piaga per dare a noi una dimostrazione nel suo cuore, nell’eternità ». Egli scriveva a una persona provata e tentata: « Si ricordi che il Figlio di Dio, per i dolori e le piaghe del suo cuore, ci ha preparato in quel cuore stesso, un rifugio nelle nostre pene e tentazioni; gli renda grazie di questa sua cura e di questo suo amore per noi, come pure di questo sacro rifugio che Egli vuole che noi abbiamo e troviamo in Lui. Ma ella è indegna di farvi dimora, e non sta a lei di entrarvi e non deve tentarlo. Non dimentichi dunque che, essendo Egli quello che è ed ella non deve neppur osare di pensarlo; ma nello stesso tempo, essendo Egli quello che è per lei, per sua grazia e per sua misericordia, ciò che ha voluto essere per i peccatori, e per lei, e perché ha voluto esser trafitto nel suo cuore di dolore e di ferite; per tutto questo, lo preghi con vera umiltà che si compiaccia alloggiarla Egli stesso in questo santo ritiro, nella tempesta che la travolge…; e nel frattempo, stia raccolta con tutte le sue potenze in questo santo cuore del Figlio di Dio, abbeverato di dolori per la nostra salute ».

Da parte sua Olier scriveva a una pia signora: « Si annienti mille volte al giorno in quell’ammirabile cuore, verso il quale ella si sente così profondamente attratta. Là entrerà Nel godimento di tutto quello che egli è, anche nelle corrispondenze e comunicazioni scambievoli, che si passano fra Lui e il Padre suo. È il rifugio privilegiato il cuore del Figlio di Dio; è la pietra preziosa del gabinetto particolare di Gesù; è il tesoro di Dio stesso, dove Egli riserva tutti i suoi doni e comunica tutte le sue grazie. In questo sacro Cuore, e in questo adorabile interno di Gesù si cominciarono a operare tutti i misteri; ivi si svolgono le sue più intime comunicazioni, si esprimono perfettamente tutti i suoi divini misteri ». Egli scriveva ancora: « Che dire della gloria che la grandezza di Dio riceve dal cuore di Gesù Cristo? Egli solo rende a Dio maggiori lodi e rispetto di tutti i santi insieme, poiché tutti gli angioli e tutti i santi che cos’altro possono fare, se non che esprimere i sentimenti interiori che si racchiudono nel cuor di Gesù? O cuore magnifico che contiene tutto l’amore, tutto il rispetto, tutte le lodi di tutti i santi insieme! ». – Fra le donne che, al principio del XVIII secolo, edificarono l’alta società per la pietà loro, dobbiamo ricordare in modo speciale, per la sua divozione al cuore di Gesù, la signora de Neuvillars (1571-1616). Susanna de la Pomélie, signora de Neuvillars, era nata nel Calvinismo. Convertita a ventitrè anni, non visse più che per Iddio e fu favorita di grazie insigni, fra le quali la manifestazione e il dono del sacro Cuore: « Pensando, ella scrive, ai peccati della mia vita passata, e volendo nascondermi sotto terra…, nostro Signore mi presentò il suo costato aperto, e mi disse che era il luogo dove voleva vedermi nascondere e dove doveva star nascosta tutta la vita. Io mi gettai tosto in esso con gran gioia: ho cercato sempre di rimanervi, il meglio che mi è stato possibile ». Nel gennaio 1615, dopo la santa comunione, le mostrò l’apertura del suo sacro costato e le comandò di accostarvi la bocca. « Ciò io feci, dice ella, e vi portai pure il mio cuore che io non ritrassi di là: ma vi fu trattenuto. con promessa di nostro Signore, che un’altra volta, mi darebbe il suo. Ciò che mi riempì di confusione. Ed egli mi sollecitò spesso questa domanda, assicurandomi che non mi sarebbe rifiutata ». Malgrado tutto questo, Susanna non osava fare la domanda; ma infine, si decise. « Un giorno prostrata ai piedi di nostro Signore facevo con la sua divina Maestà dei colloqui pieni d’affetto, baciavo teneramente quei sacri piedi, quando Egli mi rimproverò la mia poca confidenza, con queste precise parole: « Nessuno si sarebbe rifiutato di accettare il mio cuore se Io glielo avessi offerto, come ho fatto con te ». E, tuttavia io continuavo a non aver coraggio di fare questa richiesta che mi sembrava indebita, a causa della mia indegnità ». Ma, finalmente, il 15 giugno 1615 « nostro Signore, ella dice, si presentò improvvisamente dinanzi ai miei occhi, e, rispondendo al mio pensiero, disse: « Vedo bene, che tu diffidi di me. Ma non lo farai più d’ora innanzi. Ecco il cuore che ti avevo promesso; tu vi troverai abbondantemente tutto quello che vi potresti desiderare ». «lo non voglio già ricercare, dice lo storico, in qual modo si fece questo ammirabile commercio di cuore a cuore… Mi limiterò a dire che… il seguito mostrò che si erano fatti dei grandi cambiamenti nell’anima di questa serva di Dio ». Un altro giorno, verso la fine della sua vita, « nostro Signore le scoprì a nudo le sue sacre piaghe, e fece uscire dal suo costato come un torrente di fiamme divine: ella se ne sentì come bruciare: e, conoscendo che era quello il suo elemento e il suo soggiorno naturale, si slanciò, più volte e con fervore ammirabile, in mezzo a quelle fiamme, non potendo sperare di trovare luogo più adatto a mantenere il suo amore se non quella fornace d’amore ». – La divozione al sacro Cuore penetrava, frattanto, sino alla corte di Luigi XIII, trasportatavi da diverse influenze, fra le quali si deve ricordare quella di una Carmelitana. Il Carmelo della via san Giacomo era visitato molto di frequente dalle dame di corte; la regina stessa vi andava tratto tratto; la duchessa di Longueville vi era di continuo. Tutto quel gran mondo amava respirare il profumo del chiostro austero. Fra le sante Carmelitane che vi si trovavano, la ven. Madre Maddalena di san Giuseppe (1578-1637) nell’anima aveva il dono meraviglioso d’insinuare la pietà. Ora, devotissima essa stessa del cuor di Gesù, si sforzava d’ispirare agli altri la stessa divozione. Questa testimonianza le fu resa dalla duchessa di Longueville nella sua deposizione. « Ella mi ha qualche volta raccomandato in particolare, d’onorare il cuore di nostro Signore Gesù Cristo, di domandargli che voglia santificare tutti i movimenti del mio cuore con quelli del suo così santo e divino, e ho conosciuto, da tutto quello che ella me ne ha detto, che aveva una divozione e una applicazione particolarissima a questo sacro cuore del Figlio di Dio ».

Un’altra carmelitana la « Carmelitana di Beaune » come vien designata abitualmente, esercitava dal suo Carmelo una simile influenza che si sparse per tutta la Francia. La ven. Margherita del SS.mo Sacramento (1619-1648), è celebre soprattutto per la sua divozione alla santa Infanzia, ma il sacro Cuore occupa pure un posto considerevole nella sua vita. Nostro Signore, dice il suo storico, P. Amelote, « le fece vedere il suo cuore come una vasta, immensa fornace d’amore, e ve la rinchiuse giorno e notte, per lo spazio di tre settimane o d’un mese. Là attinse ogni sorta di grazie alla loro propria sorgente, e i suoi progressi apparivano più grandi in un giorno, che non in anni intieri per lo innanzi. Ora questo fuoco divino la bruciava tutta come un fuoco vivo e consumava le sue imperfezioni; ora vi era lavata come in una fontana di purezza… Ella notò questo doppio movimento d’elevazione e di compressione, che è pur stato conosciuto da altri santi, nel cuore di Gesù, e comprese che questo cuore si restringeva affine di riempirsi del divino Spirito per se stesso, per amare Dio Padre, per offrirsi a Lui in sacrificio, per annientarsi innanzi alla sua divina maestà, per unirsi alle sue adorabili perfezioni, e per rendergli quell’amore che gli è dovuto; e, in pari modo, si dilatava affine di spandere il suo spirito in tutte le sue membra, di comunicare alla sua Chiesa, che è il suo corpo, il calore vitale che aveva prodotto. Ella scorse in questo cuore un oceano senza fondo e senza sponde d’amore per Iddio Padre; un possesso e un godimento grande della sua divina bontà; il riposo nella sua infinita beatitudine; una calma e una pace che sorpassano ogni intelligenza; un tesoro incomprensibile di tutte le virtù. Tuttavia, fra tante ricchezze e tanta felicità, ella vide che questo cuore amabilissimo, era stato annegato in profondi abissi di dolore e di amarezza. Ma… ella conobbe in questo Cuore un sì ammirabile trasporto d’amore per quelli che gli avevano cagionato tanti mali, che il suo coraggio sopravanzava d’assai il timore… Ella vide questo sacro Cuore, come il palazzo in cui erano nati ed erano stati nutriti tutti gli affetti di Gesù, tutti i suoi desideri, tutte le sue divozioni, tutte le sue gioie e le sue tristezze… Ella non toccava quasi cibo ed, in compenso, trovava in questo sacro Cuore di Gesù Cristo un nutrimento soprannaturale che la sosteneva senza mangiare, e che, più nobilmente che non avrebbe fatto il frutto della vita, le rendeva tutte le sue forze. Qualche volta le sembrava che si versasse da questo Cuore divino nel suo corpo, un sacro liquore, ora come un olio dolce e penetrante, ora come un latte purissimo, ora come un balsamo pieno d’odore celeste, ora come un succo animato, ora come una manna gradevole, che non la fortificava solo nel corpo, ma che produceva pure nell’anima sua degli effetti meravigliosi. Qualche volta Gesù la nascondeva nel suo Cuore e le diceva: « Io ti lavo di purità, ecc… ». « Un giorno nostro Signore le fece comprendere che voleva prendere l’anima sua per il suo giardino di delizie, e che avrebbe avuto cura di coltivarlo da se stesso. Egli cominciò, dunque, a spandere nell’anima sua delle nuove virtù…, e qualche tempo dopo le aprì il suo Cuore divino e ne fece uscire un ruscello d’acqua viva, con cui inondò la sua anima. E nello stesso tempo, sentì un rinnovamento di vigore nello spirito che le fece abbracciare queste virtù con un rapimento di gioia ». – Si sa che la Francia attribuì, in parte la nascita di Luigi XIV alle preghiere dell’umile Carmelitana. Ma quello che si conosce meno si è che ella ebbe a questo proposito, una manifestazione speciale del sacro Cuore. « Un giorno nostro Signore l’incoraggiò a chiedergli delle grazie per le anime, in nome della sua divina Infanzia e le fece sperare che le sarebbero accordate. Allora Egli le mise in cuore un impulso forte di pregarlo affinché si compiacesse di dare un Delfino a quel regno… Il santo Bambino si mise fra le sue braccia, così piccolino come era al momento che venne al mondo, e aprendole il suo cuore divino: « Attingi, le disse, tutto quello che vuoi nel mio cuore, niente ti sarà rifiutato. Io ti accordo il Delfino che chiedi ».

Santa Luisa di Marillac (signorina Legras) fondatrice delle Figlie della Carità (morta nel 1659), sembra essere stata devota, ella pure, del sacro Cuore. Alla casamadre, nella rue du Bac, a Parigi, si conserva un quadro, dipinto da lei. Nostro Signore vi è rappresentato con un cuore raggiante sul petto; Egli mostra le sue due mani trafitte e sembra invitare tutti gli uomini, come se dicesse loro: « Venite tutti a me ». In uno dei suoi scritti si legge: « Avendo letto il Vangelo del buon Seminatore, ho sentito gran desiderio di seminare nel cuor di Gesù tutto quello che produce l’anima mia e le azioni del mio corpo, affinché, arricchendomi dei suoi meriti, io non operi più che per Lui e in Lui ». – Non vi ha paese, non vi ha condizione umile, dove Gesù non trovi degli amici del suo cuore e non si riveli ad essi. A Vannes moriva nel 1671 una povera domestica Armella Nicolas, venerata anche oggidì nell’antica cappella detta delle Orsoline, attigua al collegio di san Francesco Saverio e che ha preso il nome di « cappella della buona Armella ». Ella era nelle relazioni più familiari col divin Cuore; vi entrava e ne usciva come fosse casa sua, e diceva ai suoi amici: « Se voi volete trovarmi, non mi cercate altrove che nel cuore del mio divino Amore ». Ella vi trovava un rifugio contro i suoi nemici e vi riceveva dal divin Maestro ammirabili comunicazioni. Si trovano tracce di questa divozione persino nei centri che sembrerebbero più refrattari; e Gazier scriveva nella « Revue bleue » (15 agosto 1908, t. X, pagg. 199-202), un articolo intitolato: Le sacré Coeur à Port-Royal en 1627. Il titolo non dice tutto quello che si trova nell’articolo, nel quale si trovano dei particolari curiosi. Gazier attribuisce « senza l’ombra di dubbio » alla Madre Angelica Arnauld un opuscolo estremamente raro pubblicato a Parigi nel 1627, col titolo: Élévations de coeur et prières è N. S. J. C. sur les mystères de de sa passion (Io mi riporto, per questo punto, all’autorità di Grazier, la cui convinzione deve appoggiarsi a buone ragioni; ma si sarebbe desiderosi di saperle, non foss’altro per dissipare i dubbî che fanno nascere quelle ragioni che dà, e che sembrano insufficienti). Ecco ciò che vi legge « in seguito ad una lunga elevazione per il venerdì » : « O sacro cuore di Gesù! O sorgente di grazia! O fornace d’amore! permettimi di entrare in questa fornace ardente e che mi consumi là dentro, del fuoco della carità. Sì, io mi nasconderò lì, come la sposa nella cavità della pietra; io riposerò sul tuo cuore, io vi stabilirò la mia dimora e non temerò nulla quand’anche il mondo e l’inferno si sollevassero contro di me. O Gesù, o Dio del mio cuore, lascia che io mi attacchi al tuo Cuore sacratissimo, che mi inebri a questa viva sorgente e che non cerchi mai consolazione altrove ». Più avanti, in una Elevazione su la ferita del costato di nostro Signore: « Datemi la grazia che mi è necessaria per partecipare con frutto ai vostri sacramenti, e, poiché voi mi avete aperto l’ingresso nel vostro cuore per quella piaga d’amore che vi avete ricevuta, aiutatemi, vi prego, ad avvicinarmi ad esso, e che io stabilisca la mia dimora e il mio riposo in questo luogo di rifugio, dove voi invitate la vostra sposa, quando le dite di ritirarsi nel cavo della pietra, nelle capanne, nelle caverne che son le vostre piaghe sacratissime ». Si ritrova qui il più puro linguaggio della tradizione, e possono meravigliarsi di trovarlo a Port-Royal solo quelli che attribuiscono al passato le preoccupazioni delle lotte che seguirono. – Negli studi di Cousin su la signora Longueville, si trovano moltissimi passi dello stesso carattere. Molto tempo dopo nelle sue Elevazioni a Gesù Cristo nostro Signore su la sua passione e morte, pubblicate nel 1676, il P. Quesnel trova qui pure il Cuore nella piaga del costato. « Questa piaga sacratissima del vostro costato è la porta di quell’altra divina, che ci dà ingresso nel vostro cuore, per esservi al riparo nel tempo della vendetta… Questa apertura è veramente l’entrata del vostro cuore e questo cuore è la scuola della scienza, della croce e della carità, ed è colà che io desidero studiare per tutta la vita. È la porta del tempio del vostro cuore, ove io spesso desidero di adorare Dio in spirito e in verità, come nel vero santuario. Non chiudetemi, o Gesù, questa arca, questa scuola e questo tempio, ma fate, al contrario, che io vi entri spesso per mezzo della fede… Create dunque e formate in me un cuor puro, un cuore ardente di carità, affinché sia degno di essere introdotto nel santuario del vostro cuore.». Qui ancora siamo in piena corrente di tradizione. Il simbolismo del cuore è poco accertato; tuttavia non siamo di fronte a una semplice metafora. – Gazier avrebbe potuto citare altri casi e ben più notevoli. Per esempio, quello di Maria di Valernod, signora d’Herculais (1654). Ella fu, in un ambiente tutto impregnato di spirito giansenista, una grande devota del sacro Cuore. Un giorno il suo confessore le proibisce di comunicarsi per 6 mesi; « io mi risentii moltissimo per quella proibizione, ella scrive…; mentre pregavo, il mio Salvatore mi mostrò il suo costato aperto, ed io vidi, con gli occhi dell’anima mia, il suo cuore ardente di amore. Questa vista addolcì la desolazione estrema in cui era caduta. Mi rivolsi a quel cuore tanto amante: « Sarà in questo rifugio sacro, o mio Gesù, che io entrerò per ricevere un po’ di sollievo al mio male? Oserò di aver tanto ardire da penetrare in quel Sancta Sanctorum, dove non ricevete che le anime pure e perfette? ». Un altro giorno ch’ella si rassegnava, per obbedienza, a privarsi ancora di Lui, nostro Signore le apparve di nuovo. « Mi mostrò, ella scrive, il suo petto tutto ardente per le fiamme del suo amore. La mia anima, gli disse quanto essa soffriva lontano da Lui e gli chiese di riposare sul suo cuore ». Una voce le assicurò ch’ella sarebbe ricevuta. Infine un giorno, nel quale ella chiedeva a Dio dove potrebbe ricambiare ciò che aveva ricevuto da Lui, le apparve nostro Signore, che, portando la mano al petto, le mostrò il suo cuore (dove il sangue « bolliva con ardori di fuoco ») come il tesoro da cui ella doveva attingere. « O amore, o sacro Cuore, esclama, quanto vi debbo! ma come largamente mi date di poter soddisfare tutti i miei debiti! ». – Tutto ciò avveniva avanti il 1643, epoca in cui si arresta la relazione. Ma alcuni frammenti dei suoi ringraziamenti, nel 1652, ce la mostrano tutta piena del pensiero del sacro Cuore. « O mio Salvatore, voi che riposate, ora, nel mio cuore, fatemi riposare nel vostro… O mio tutto, mio generoso amore, raddoppiate i nodi per cui legate a voi il mio cuore, o, piuttosto, fate, amore caro, che questo cuore non sia più che una sola cosa col vostro. O amore, amore, che la vostra forza riduca tutti i cuori in un solo per sacrificarlo al mio Gesù, in espiazione di tutto il disprezzo in cui è tenuta la sua Persona adorabile: che tutti i cuori siano consumati nel cuor di Gesù, con il mio… O amore, che ti comunichi a me così amorosamente, fai fondere e riversare tutto il mio cuore nell’incomparabile dolcezza che mi hai data, versandomi tutta nel cuore del mio adorabile Gesù. Fa che non mi ritrovi più in me stessa, e che, essendo tutta nel cuor del mio Dio, io mi nutrisca in questo cuore santissimo, della sua pura vita e, nello stesso tempo, che mi riposi in Lui e che mi nutrisca di Lui, che io comunichi al prossimo la sua incantevole dolcezza, che inebri tutti i cuori del suo amore, e che li unisca a questo divino, per la gloria della sua Maestà! O cuore amatissimo, o mio tutto, riempimi della tua virtù, uniscimi a te, e cambiami tutta in te ». – Abbiamo incontrato fin qui, delle belle preghiere al sacro Cuore e belli slanci d’amore, ma ben poche, mi pare, rendono un suono così puro e bello. Infine, pochi mesi avanti la sua morte, in un colloquio con le religiose della Visitazione, essa diceva loro: « Mie care sorelle, Dio, prendendovi per sue spose, vi ha segnato con un segno speciale: ha messo l’anima sua nell’anima vostra; e il suo cuore come un sigillo sul vostro, affine di suggellarlo, perché ne rimanga il padrone assoluto e l’unico possessore ». – È probabile che, cercando bene, si possano trovare molti testi analoghi. Io ho segnalato il caso della signora Longueville. Gazier indica, a pagina 201, in nota, delle effusioni molto simili in un altro lavoro di Quesnel, intitolato Pietà verso Gesù, pubblicato a Rouen nel -1697, specialmente a pag. 259. Arnaldo d’Andilly, evidentemente, non vedeva nulla da riprendere nel passo del B. Giovanni d’Avila sul sacro Cuore che noi abbiamo citato più sopra, nella sua traduzione. Soltanto quando la divozione sarà presentata da san Eudes, da Mons. Languet, dai Gesuiti e in condizioni tutte nuove, i Giansenisti ne diverranno i nemici accaniti. Frattanto, essa usufruiva, come lo nota Gazier, a pagina 202, d’una specie di culto profano del cuore umano, che non era certo nuovo nel XVII secolo, ma che si propagò molto in quel tempo a causa delle influenze combinate di una psicologia raffinatissima dei sentimenti e di una psicologia rudimentale che li riferiva al cuore (Gazier cita il caso di Enrico IV e Luigi XIV, che legarono il loro cuore ai Gesuiti; di M.me di Longueville e d’Arnauld che legarono i loro a Port-Royal. Egli ricorda anche Mascaron, il quale svolse in tre punti della sua orazione funebre della duchessa d’Orleans, pronunziata al Val-de-Grace nel 1670, «le qualità di quel cuore che era effettivamente sotto il catafalco »; Bossuet, che pronunzia alla Visitazione di Chaillot, quella della regina d’Inghilterra e parla di quel cuore « che si risveglia, benché non sia che polvere, e diventa sensibile, anche sotto il drappo mortuario, al nome di uno sposo tanto caro ». Avrebbe potuto aggiungere l’orazione funebre del Principe di Condé, di Bourdaloue, che pure si svolge tutta sulle qualità del cuore che era lì.). Non potrebbe anche questa diffusione del culto profano esser considerata come una delle provvidenziali preparazioni al culto del sacro Cuore?

IL SACRO CUORE DI GESÙ (49)

IL SACRO CUORE (49)

J. V. BAINVEL – prof. teologia Ist. Catt. Di Parigi;

LA DEVOZIONE AL S. CUORE DI GESÙ-

[Milano Soc. Ed. “Vita e Pensiero, 1919]

PARTE TERZA.

Sviluppo storico della divozione.

CAPITOLO IV.

LA DIVOZIONE NEL XVII SECOLO

Per ciò che riguarda la nostra divozione, si può dire che non si riscontra un passaggio ben deciso fra il XVI secolo e il XVII. Se però si cerca di approfondire qualche tratto e di precisarlo, si può dire, senza esagerare, che durante il secolo XVI la divozione si costituisce in se stessa, più che propagarsi, mentre nel secolo XVII si propaga piuttosto che costituirsi in se stessa. Si riscontra, è vero, sino dal XVI secolo, un primo sbocciare della divozione, ma è sopra tutto una fioritura nelle anime; non è, per quanto almeno possiamo afferrare, un movimento generale, che si trasmette e si comunica grado a grado; la devozione rimane affare individuale e non presenta una diffusione sociale e, per quanto le tracce siano numerose, si mantengono circoscritte. Niente indica un movimento che abbia coscienza di se stesso e tenda a generalizzarsi. Il secolo XVII, al contrario, ci si presenta come un’aurora della divozione o, se si vuole, come la sua primavera; tutto annunzia il gran movimento che va poco a poco, alla conquista del mondo. Segni oscuri per quelli che vivevano allora, salvo per qualche anima privilegiata, profetessa dell’avvenire: segni assai chiari per noi, che conosciamo questo avvenire. Studieremo rapidamente questa divina preparazione. I fatti sono, presso a poco, gli stessi che abbiamo già riscontrato ma si moltiplicano singolarmente e, avvertiti come siamo dagli avvenimenti. Ci danno l’impressione di un movimento che comincia e si propaga. Non è facile raggruppare. questo. ammasso di fatti. L’ordine cronologico non è Sempre possibile e impedirebbe spesso di vedere i rapporti reali delle cose; gli altri aggruppamenti rischierebbero di falsare la prospettiva o di stabilire dei rapporti fittizi. Sembra perciò naturale collegare l’ordine cronologico con l’ordine delle cose, procedendo ora per regioni, ora per comunità religiose, o mediante riunioni analoghe, seguendo per ogni diversa serie di fatti, sia l’ordine cronologico, sia qualche altro ordine indicato dall’analogia delle cose (Riserbiamo per il capitolo susseguente ciò che riguarda le Visitandine, i Gesuiti e il Beato Giovanni Eudes).

I. LA DIVOZIONE FUORI DELLA FRANCIA

Spagna: S. Michele dei Santi. Marina d’Escobar. Maria d’Agreda. — Fiandra, Belgio e Paesi Bassi: Nicola Montmorencv. Benedetta Haeften. Giacomo Marchant. Giovanna Cambry. La madre Deleloe. — Svizzera: San Fedele di Sigmaringen.

Ecco, dapprima, nella Spagna, San Michele dei Santi, monaco della Santissima Trinità (1590-1625). Egli chiedeva a Nostro Signore di cambiargli il cuore e dargliene un altro più amante e più generoso. Nostro Signore l’esaudì (Ufficio del Santo, lezione VI, 5 luglio. Cf.: Acta canonizationis, negli Analecta iuris Pontificii, 1863, p.. 1446); si prese il cuore del Suo diletto Michele e se lo nascose nel seno, in cambio gli diede il suo cuore, tutto infiammato d’amore. –  Ancora nella Spagna, s’incontra la Venerabile Marina d’Escobar (1554-1633), alla quale Nostro Signore rivelò spesso i segreti del suo cuore. Dopo avere scritto la regola per le sue religiose, l’offrì a Nostro Signore dicendogli che era sua. « Hai ragione. le disse Gesù, è mia infatti. Alza piuttosto gli occhi e guarda il mio cuore ». « lo alzai gli occhi dell’anima mia, disse ella, e vidi tutta la regola scritta nel suo divin Cuore » (Vita, scritta dal P. Luigi da Ponte, I parte, I. 5, c, 20, n. 3 Traduzione latina, Praga, 1622, p. 536. In  FRANCIOSI, col, 354. Si noti che la Venerabile dice … gli occhi dell’anima, è, ordinariamente, nello stesso senso na che bisogna intendere la cosa, anche là ove non è detto espressamente. Nello stesso senso ella dice ‘che abbracciava, secondo la nostra maniera di parlare », i piedi del Salvatore.). Un altro giorno Egli le mostrava le piaghe delle sue mani e dei suoi piedi: « E quella del cuore? gli chiesi; Guarda, mi rispose, e mi mostrò anche quella e nello stesso tempo il suo cuore che si intravvedeva attraverso la ferita » (Ibid. l. 2, c.21, p. 197; Franciosi l.c.). Il venerdì santo del 1616, siccome ella era paurosa, e teme le illusioni, Nostro Signore le disse: « Avvicinati, e tocca la ferita del mio costato. lo mi avvicinai e la toccai, e tosto sentii dei raggi ardenti d’amor divino, che uscivano dalla ferita del cuore e l’infiammavano d’amore per lui » (Ibid, 1.2, c. 17; p. 203; Franciosi, col. 355.). Nel febbraio del 1622, ella vide Nostro Signore come in cielo e dal suo petto una scala discendeva, allargandosi verso la terra. « Gli angeli, disse ella, mi condussero appiè della scala, e cominciai a salire…. sino a che fui arrivata…. là ove la scala si appoggiava al suo petto. Egli allora. mi introdusse…. nel santuario segreto del suo petto divino…. Là vidi il mistero della Santissima Trinità, per quel tanto, almeno, ch’io ne ero capace » (Ibid. d, 1,53;.c. Le 91; Franciosi, col. 355-356). E a lei pure volle (18 luglio 1612) far dono del suo cuore, affine di renderla perfettamente conforme a questo cuore divino (Ibid, 1. 3, c. 28, n. 2, p. 336; Francrosi; col, 356). Infine, in un giorno di dicembre del 1618, le diede la chiave del suo cuore e della sua volontà per significarle che d’ora innanzi ella non avrebbe avuto che esprimere un desiderio ». Purché la cosa fosse espediente, gliela accorderebbe subito e volontieri » (Ibid, 1. 6, c. 9, n. 2, p. 626; Franciosi, col, 357). Non abbiamo noi forse qui i principali elementi di un trattato di divozione al sacro Cuore? Marina d’Escobar merita perciò un posto a parte fra i precursori della beata Margherita Maria. – Accanto a lei si può menzionare un’altra mistica spagnola, oggetto di contestazioni, la Venerabile Maria d’Agreda (1602-1665). Ella, del resto, ha poche cose sul cuore di Gesù, e quel che ne dice non è che la ripetizione di quel che troviamo da per tutto; l’apertura del costato fa scorrere dal cuore divino le sorgenti feconde della grazia; ci mostra l’amore di questo cuore, e invita le anime a entrare per gustare questo amore, attingendolo alla sua sorgente, e per cercare un rifugio (La cité mystique de Dieu, 2. parte, 1. 6, c. 24, n. 1440 e 1451, Traduzione Croset; Franciosi, col. 412).

Nei Paesi Bassi, un uomo di Stato, un belga, che, fra le occupazioni importanti affidategli dalla fiducia di Filippo II, trovò tempo di scrivere dei libri di pietà, Nicola Montmorency (1556 al 1617 circa), pubblicava nel 1616 ad Anversa un Diurnale pietatis in due volumi, ove si trovano molte preghiere o affetti pii, tolti spesso da autori il cui nome viene indicato in margine. Fra queste affezioni o preghiere, più d’una son rivolte al sacro Cuore. Eccone un bello esempio : «Saluto e preghiera del mattino al Cuore di Gesù: Io lodo; benedico glorifico e saluto il vostro dolcissimo e benignissimo cuore, o Gesù Cristo, mio fedele amico, rendendovi grazie per la custodia fedelissima da cui mi avete circondato in questa notte e per la paterna ed immensa bontà con la quale sopportate e conservate, fra tanti altri, me, il più miserabile di tutti i peccatori, e. anche mi visitate qualche volta con le inspirazioni della vostra grazia. Ed ora io vi prego, o mio unico amico, per virtù del vostro divin cuore, purificatemi da ogni macchia, preservatemi misericordiosamente, da ogni pericolo, e accordatemi la grazia di perseverare fedelmente e felicemente nel vostro santo servizio e nel vostro amore, sino alla fine della vita mia ». «0 cuore dolcissimo di Gesù, dove si trova ogni bene, Trinità, in voi mi affido, a voi mi abbandono interamente, in voi getto ogni mia sollecitudine e tutto quel che mi opprime, a voi mi offro umilmente, per essere purificato dei miei peccati, a voi mi rimetto con intiera confidenza, affinché suppliate a tutta la mia insufficienza. In voi è ogni mia speranza, ogni mia consolazione, in voi il mio riposo e la mia dimora. Che scorra da voi su di me, una stilla del sangue del costato aperto del mio Signore Gesù, per cancellare le mie sozzure, e per infiammare il mio cuore del divin amore. O cuore di Gesù, Cuore tutto amore, siate per me il rifugio nella tentazione, la consolazione nella pena, il riparo nel momento della morte; ch’io mi riposi e mi addormenti in voi fino a che gusti e senta quanto è soave Gesù, lo sposo dell’anima che ama. il Dio benedetto al disopra di tutto e per sempre. Amen. » (Diurnale pietatis. Antverpiæ, 1616, t. I, p. 153-154). – Il pio autore non indica, donde ha preso questa preghiera. Le prime linee ci danno il saluto del mattino di santa Ma, non ho identificato tutto, ma certe idee, certe espressioni, sono di Luigi de Blois, le altre risentono di Eschio e di Lansperge. L’Olanda ed il Belgio ci offrono ancora due scrittori ascetici, fra molti altri, e sono ‘Giacomo Marchant e dom Benedetto Haeften, abate di Afflighem (1587-1648), nel suo libro intitolato: L’école du coeur,1629, parla della piaga del costato in termini commoventi che  riassumono tutta la idea tradizionale. Egli pure trova il cuore attraverso la piaga: « avvicinati (anima mia) al Dio del tuo cuore, al cuore del tuo Dio: pianta là la tua tenda e fai la tua dimora. La unisci il tuo cuore del tuo amore: non già il dito la mano, ma il cuore bisogna immergervi ». egli vede nel cuor divino il modello di di ciò che deve essere il suo cuore. « Ciò che devono essere i pensieri del mio cuore lo trovo scritto in questo cuore. Perché il vostro cuore è la regola … dei cuori umani, essi devono esser regolati sul vostro cuore. Andrò dunque a questo cuore profondo, al cuore del mio Dio e riguarderò le sue perfezioni, per trasportarle nel mio cuore, con l’aiuto della sua grazia. Il tuo cuore, o Dio del mio cuore, è stato puro da ogni attrazione umana, da ogni amore per ciò che passa … Degnati, o Signore, amico cedi cuori, di spandere tutto questo nel cuore del tuo servo, affinché io lo riguardi e sul quel modello  rettifichi il mio cuore. Riguardami ancora, e abbi pietà di me, o Signore; e da questo specchio ardente del tuo cuore (l’autore un po’ più sopra ha confrontato il cuore di Gesù al famoso specchio concavo di Archimede che incendiò la flotta nemica) manda raggi di fuoco nel mio cuore per infiammarlo e renderlo conforme al cuor tuo. » (Ibid. 544 – 546; Franciosi, col. 380; altro passo bellissimo citato dal p. Dufai, Trésor, t. VII, p. 393-395, a proposito del testo Vulnerasti cor meum.  « Se rimaneste confitto alla croce fu ben più per i legami del vostro amore che per i chiodi di ferro … ed è per l’amore che io debbo essere unito al vostro cuore. E come non amarvi? Voi siete stato ferito per me, o mio Gesù. Rendetemi dunque ferita per ferita » lib. 4, lect. 12, pag. 519). – In un’altra opera egli dice: « Contempliamo adesso il cuore di Cristo, purissimo serbatoio (receptaculum) della divina dolcezza. Di qual dolcezza trabocca! Chi ci aprirà la porta di questo cuore, affinché possiamo vedere i tesori che vi sono nascosti? » E il pio autore comtempla ora l’intenziozionidi questo cuore e i suoi desiderî, ora i pensieri e l’amore di questo cuore per noi. « Ma che?, aggiunge, Egli ha voluto che il suo cuore fosse aperto dalla lancia del soldato, perché divenisse per i colpevoli una città di rifugio, un asilo di pace, il nido ove la colomba medita, la cella vinaria e il talamo della sposa, il riposo dell’anima e il santo dei santi. Che dire infine? Il cuore dell’uomo non saprebbe concepire quale abbondanza di dolcezza si nasconda nel cuore del Figlio dell’uomo » (R. D. Hæfteni, Venatio sacra, |. 11, c. 3, p. 455 (per errore 456), Anversa, 1650. Alla fine della prefazione, un cuore trafitto da tre chiodi, sormontato dal monogramma IHS, con una croce sulla traversa dell’H). – Giacomo Marchand (nel 1648) nel suo Hortus Pastorum, invita la mistica colomba a entrare nel costato trafitto di Gesù: « Tu non potrai trovar riposo, le dice, che nel cuore del Salvatore….  È là ch’Egli ha voluto prepararti un asilo. Il cuore, ardente d’amore, è il giardino fiorito ove puoi trovare le tue delizie, ed esclamare: “È buona cosa per noi rimanere quì ,,. Se tu senti dunque che il tuo cuore è povero, tiepido, duro, rivolgiti verso il Dio del tuo cuore…. Per questa larga porta del costato…. è stato aperto l’ingresso sino al cuore. Là immedesima il tuo cuore col suo, per prendervi luce, vita, fiamme…. La sua ferita non è tanto quella fatta dalla lancia quanto quella che fece l’amore; o, se ti sembra più giusto, è insieme quella della lancia e quella dell’amore. Ecco perché  dice due volte: Hai ferito il mio cuore, o mia sposa, hai ferito il mio cuore. Rispondigli, dunque, a tua volta: Ferisci il mio cuore, o sposo mio, ferisci il mio cuore, feriscilo con la compassione, feriscilo con l’amore » (Hortus Pastorum, tract. 2, lect. 21. De vulnere lateris. Testo latino in Franciosi, 692-693). – Pure al paese fiammingo ci rimanda Giovanna di Gambry, (1581-1639), da prima religiosa agostiniana, poi reclusa a Lilla. Fu essa una grande devota della piaga del costato; e, più d’una volta, nella piaga del costato s’incontrò col divin cuore. In questo sacro costato trovava « due camere nuziali », come essa dice, « l’una di carne e di sangue, rappresentante la sua umanità, l’altra, il cuor d’oro, a rappresentare la sua divinità ». Possiate voi, scriveva al suo direttore, possedere talmente queste due camere, che non possiate uscire mai » (Vie admirable de Jeanne de Cambry, del P. Sarntrain, C. SS. R., Tournai, 1898, 3.a parte, c. 6; cf.: Franciosi, 365-366.). E nella sua grande opera spirituale rappresenta il cuor di Gesù come « il letto nuziale, ove riposano lo Sposo con la Sposa, l’anima con Dio. Il talamo, dice, sarà il divin cuore di Gesù, ove sarà il cuore pieno d’amore del dolce Gesù, ove l’anima si riposerà, e a cui sarà unita, e dei due cuori non se ne farà che uno con una unione d’amore. Se amiamo Dio, bisogna che il nostro cuore ritorni a Dio, a quel cuore amoroso di Gesù, che per amore volle nascere da una Vergine e soffrire morte e passione, per mostrarci il suo amore ardente; a questo cuore che è stato trafitto da una lancia per noi, a cagione di questo fuoco d’amore. O cuore divino che cosa vi ha dunque in questa ingrata e miserabile creatura, perché  l’amiate così? Ma è il vostro amore acuto e ardente, che vi fa amare in questo modo l’opera vostra! E poiché Dio ama quello che Egli ha fatto e creato, per quanto siamo ingrati; non ameremo noi Colui che ci ha creato? ((1) Traîté de la ruine de l’amour propre, etc., 1 4, c. 26. Les Oeuvres spirituelles de’Saeur Jeanne-Marie de la Présentation.,..Tournai, 1655. Franciosi, col. 368. Vedi. nella Vie admirable de Jeanne de. Cambry, del Sarntrain, C. SS. R. Tournai e Parigi (Castarman, 1899), la 3.2 parte, c. 6, la devozione di Giovanna al Sacro Cuore, p. 320-337).Nelle stesse regioni l’ordine di san Benedetto, ci se fornisceanch’esso una devota del sacro Cuore, che fu ultimamente rivelataal pubblico da Dom Bruno Destrée, la Madre Giovanna deSaint-Mathieu Deleloe. Nata a. Fauquembergues, nella diocesidi Arras, entrò fra le Benedettine della città nativa e seguìla sua comunità a Poperinghe, quando le suore furono obbligatea trasferirsi colà. Morì nel 1660. Tutta la sua vita nonfu che un succedersi d’intime comunicazioni col cuore diGesù (Une mystique inconnue du XVII siècle, di Dom Bruno Destrée, Brouges, 1905). – Finalmente, prima di parlare della Francia, da dove non usciremo quasi più, segnaliamo un santo dell’ordine di san Francesco, san Fedele da Sigmaringa, capuccino (1577-1662). Fra le sue pratiche di divozione se ne nota una in onore del cuor di Gesù. La preghiera comincia così: «Io vi ringrazio, o amabilissimo Gesù, per l’amore infinito e per l’infinito dolore del vostro dolcìssimo cuore », Egli vi si abbandona interamente a Gesù e conclude: « Durante tutta la mia vita, e particolarmente nell’ora della morte, troverò un rifugio Sicuro in quella ferita d’amore del vostro fedelissimo cuore » (Segnalato da R. de la Bécassière; vedi: il Compendio storico… della devozione al SS.mo Cuore di Gesù. Ediz. 2a, Roma, 1822 p. 34, $ 14. La preghiera non è, io credo, del santo medesimo. Vedi più sopra, Luigi de Blois e Nicolas de Montmorency).

IL SACRO CUORE DI GESÙ (48)

IL SACRO CUORE (48)

J. V. BAINVEL – prof. teologia Ist. Catt. Di Parigi;

LA DEVOZIONE AL S. CUORE DI GESÙ-

[Milano Soc. Ed. “Vita e Pensiero, 1919]

PARTE TERZA.

Sviluppo storico della divozione.

CAPITOLO TERZO.

PRIMO SVILUPPO DELLA DEVOZIONE (SECOLO XVI)

IV.

LA SPAGNA E L’ITALIA: MISTICI ED ASCETI – SCRITTORI DIVERSI

Luigi Garcia. – I B. Anyès – Pietro d’Alcantara e Francesco Borgia. — Giovanni d’Avila. – Luigi di Granata. – Santa Teresa. – S. Alfonso Rodriguez – Baldassare Alvarez. -— Anna Ponzia di Leoni – Sancha di Carillo – Vittoria Colonna Caterina dei Ricci – Maddalena dei Pazzi – Scrittori ascetici, esegeti, teologici. – Fatti diversi.

La Spagna merita una menzione speciale in questa prima fioritura. 1 suoi preti hanno cantato la nostra divozione, i suoi mistici l’hanno vissuta, i suoi scrittori ne hanno parlato. Non sappiamo precisamente ciò che si trovava in certi versi catalani scritti per una giostra pubblica nel 1456 da un prete di Valenza, Luigi Garcia, il titolo dei quali mostra che erano « in onore del sacratissimo Cuore di Nostro Signore Dio, Gesù Cristo », perché la composizione è perduta (Secondo il P. Fita, Apuntes para formar una biblioteca hispano-americana del Sagrado Corazon de Jesus, Barcelona 1874, p. 6). Ma ci rimane un testimonio prezioso, il più antico nel suo genere, della devozione spagnola al cuore di Gesù. A Valenza, infatti, appariva sino dal 1150, una specie di Piccolo Ufficio del sacro Cuore, sotto il titolo: Septem hore precariae ad Christi cor, perstringentes precipuos Pas:sionis Domini actus ab ejus captione in sepulturam. L’opuscolo è di I. B. Anyès, pio e sapiente prete spagnuolo, di S. Francesco Borgia e di santa Teresa. Esso è dedicato a una parente di san Francesco Borgia, che era badessa del monastero di santa Chiara a Candia. È tutto in versi, meno l’orazione. Ogni piccola ora contiene in cinque versi una menzione del sacro Cuore, in rapporto con una delle scene della Passione, seguita da un distico, che costituisce versetto e responsorio, e dalla orazione che non variano. È molto pio e non si discosta dalla linea della divozione. Ecco, perché se ne abbia una idea, l’Ad Matutinum (Testo in NILLES, t.II, p. 221-223; testo e traduzione francese nella Petite anthologie du Sacré-Caur de Jésus, del P. Francesi, Tournai, 1903, p. 9-13)

Cordis pura tui puro præconia corde

Da modulis celebrare piis mihi, dulcis Iesu;

Corde ut agone tuo tecum certemus amaro,

Vincti et amore simul tua vincula dura feramus

Atque alapas animo, verbera, sputa, pio.

V). Cor mundum da, Christe, pii da flumina fletus.

R). Plangamus pœnas corde animoque tuas.

Oremus. Bonorum omnium largitor Deus, qui omnes thesauros tuos in cordis Filii tui Domini nostri Jesu Christi, arca recondisti, ut in cruce militis aperta lancea eos in pauperes miseros liberalis effunderes: quæsumus, ut cordibus nostrìs ita illos recondas, ut vita et mortis ejusdem Filii tui semper memores, digni efficiamur gloria resurrectionis. – Per eumdem….

Ecco, dopo compieta, la preghiera finale intitolata

Commendatio;

Cordis diva tui cecini præconia, Christe,

Pleni divitis deitatis: lucis, amoris,

Flaminis et vitæ. Toto fac corde animoque

Te deamem, cupiam, quæram, inveniam, teneamque

Post mortem ut cœlo te super astra fruar.

I grandi mistici ed asceti spagnoli non hanno dato un posto alla nostra divozione. Nondimeno non l’hanno dimenticata. Senza parlare di S. Pietro d’Alcantara (1499-1562), né di S. Francesco Borgia (1506-1566), nei quali. la divozione al cuore non si libera ancora, o molto poco, dalla divozione alla piaga del costato, possiamo segnalare casi e testi precisi in cui l’attenzione quantunque fissata principalmente sulla piaga del costato, distingue pertanto il cuore e la ferita che gli ha fatto l’amore, ben più che il è ferro crudele d’una lancia » (La parola è di S. Pietro D’ALCANTARA, Traité de l’Oraison, 1.a parte, c. 4. Per il sabato. Ediz. Migne, Oeuvres de sainte Therése, t. Ill, p.-332, Cf trad. 1. Bourx, 1862, p. 148. In questo stesso luogo il cuore è rammentato: « Dio ti conservi, preziosa piaga del costato che ferisci i cuori devoti rosa d’ineffabile bellezza, rubino di valore inestimabile, ingresso al cuore di Gesù Cristo, testimonianza del suo amore e pegno della vita eterna ». Al principio del capitolo, il santo autore, indicando la maniera di meditare sulla Passione, raccomanda d’insistere sulle sofferenze interne dell’anima, ma non nomina il cuore. La parola citata nel testo, si ritrova in Lours GRENADE, De l’Oraison et de la considération, 1.a parte, c. 2. Per il sabato; Oeuvres complètes, traduzione Bareille, Parigi 1863; t, II, p, 83. I due passi sono identici. Vedi: Franciosi col. 309 e col. 325. Sui rapporti fra le due opere, vedi, per lo stato attuale della questione: Villien, Pierre d’Alcantara ou Louis de Grenade? nella Revue du clergé francais, t. LXXXII, p. 65-69 – aprile 1915. Franciosi, riporta la bella preghiera di san Francesco Borgia alla piaga del costato).

Ecco da prima, il beato Giovanni d’Avila.

Il B. Giovanni d’Avila, morto nel 1569, ha parlato del sacro Cuore meno di Luigi di Blois, di Lansperge e di san Francesco di Sales. Si è anzi sorpresi che egli gli passi spesso così da vicino, per così dire, senza vederlo (Così nel Discours de l’amour de Dieu, c. 4 e 5, egli insiste sull’amor di Gesù morente in croce per noi, sulle ferite fatte dalla corona di spine e dai chiodi, ma niente sulla ferita del cuore. Les Oeuvres du B. Jean d’Avila, Paris Arnauld d’Andelly, Paris 1673, pag. 494-497). Qualche volta, però, lo nota e ne parla. Allora egli si ferma da vero devoto del sacro Cuore, e, senza osservazioni teoriche, né spiegazioni, ci mostra la devozione in atto. Spiegando la maniera di meditare sulla vita di Nostro Signore egli scrive: « Considera…. ciò che egli soffriva…. e ascolta le parole uscite dalla sua bocca. Ma soprattutto fissate lo sguardo dell’anima sua al sacro Cuore, con un sentimento vivo e tranquillo, per vedere come l’amore di cui arde per tutti gli uomini, sorpassi tanto ciò che apparisce al di fuori delle sue sofferenze, quantunque siano inconcepibili quanto il cielo è al disopra della terra » (Trattato Audi filia, c. 74, p. 674 Ho verificato la traduzione sul testo spagnuolo: Obras del Ven. Maestro Juan de Avila, Madrid 1759, t. IV, p. 10-32-33, ma vi è l’essenziale.). Egli ci insegna dunque ad entrare nel « santo dei santi » considerando « il cuore di Gesù Cristo che non solo è santo, ma la santità stessa ». – « Perchè, continua egli, non essendosi contentato di soffrire esteriormente, ma avendoci amato dal fondo del cuore, non deve bastare a voi di considerarlo ed imitarlo nelle sue sofferenze esteriori, ma dovete entrare nel suo cuore, per considerare ed imitare quello che vi avviene ». Eccoci qui in piena divozione al sacro Cuore. Ciò che segue è ancor più espressivo. « Per renderci questo più facile, Egli ha permesso che dopo la morte un colpo di lancia gli trafiggesse il costato per aprire una porta attraverso la quale potessimo entrare in quel cuore e vedervi ed ammirarvi le meraviglie onde è pieno ». Una volta giunti là, Egli ci fa meditare amorosamente l’amore di Gesù nelle sue sofferenze e le ricchezze del divin Cuore. « Tutto quello che Gesù Cristo ha fatto in nostro favore, è meraviglioso, ma ciò che ha sofferto lo è molto di più. Ma se si considerano quali erano i suoi sentimenti per noi, nel più forte dei suoi dolori, si può, forse dimenticare tutto il resto e trattenersi dall’esclamare: Chi è simile a Voi, o Signore? Quando dunque, figlia mia, vedrai in spirito che Gesù vien legato con corde, che lo si schiaffeggia, che si incorona di spine, che si configge con chiodi su di una croce e che vi soffre la morte, pregalo di accordarti la grazia di comprendere come può farsi che Egli essendo onnipotente si lasci trattare così; e San Giovanni vi risponderà che è perché ci ha amato e ha voluto lavare, nel suo sangue, i nostri peccati. Medita bene queste parole, imprimile nel tuo cuore e pensa e ripensa all’eccesso di un tale amore ». (Audi filia c. 78, p. 684-685). Seguono delle pie considerazioni su questo amore così generoso e disinteressato: il tutto nel senso della devozione al sacro Cuore. – Il Venerabile Luigi de Granada, O. P. (1505-1588) si esprime spesso a poco come il beato Giovanni d’Avila, salvo forse, che egli fa maggior eco di pensieri tradizionali e ne ripete le principali espressioni: « Nostro Signore, per un divino consiglio ha voluto che il suo costato fosse aperto da una lancia, per farci comprendere che per l’apertura delle sue piaghe noi dobbiamo entrare nel suo cuore e nei segreti della sua divinità » (Addition au Mèmorial, 2.° tratt., Avant-propos, c. l., Oevres spirituelles, traduites par M. Giraud, Paris, 1679, p. 1679, p. 916. In Franciosi, col. 325. La traduzione di M. Bareille risveglia meno chiaramente l’idea del cuore simbolico, ma il senso è lo stesso. Oevres complètes, Paris, 1863, t. XIII, p. 196. Ho verificato i testi sullo spagnolo: Obras del Ven. P. M. Fray Luis de Granada, repartitas en tres tomos, Madrid 1701. Quello che precede è al t. I, p. 823 col. I.). Egli dice altrove, a San Pietro d’Alcantara (testo e note), dove il cuore è espressamente nominato: « Aprimi, Signore, aprimi questa porta, ricevi il mio cuore in questa deliziosa dimora e per essa dammi libero passaggio sino al più intimo del vostro sacro Cuore! (a las netranas de tu amor). Che io mi disseti a questa sorgente deliziosa, che mi purifichi in questa acqua santa, che mi inebri di questo nettare prezioso. Lascia che l’anima mia si addormenti nel tuo cuore divino (en este pheco sagrado), e la dimenticherò tutte le vane cure del mondo » (Traitè de l’Oration, 1.a parte, c. 2, Meditation pour le samedi. In Franciosi, col. 325-326. Obras t. I, p. 233-234. Abbiamo già notato l’identità di questo passo con quello di san Pietro d’Alcantara ibid. Col. 309. Ma s. Pietro d’Alcantara si ferma meno al cuore. Qui ancora la traduzione di Mareille è meno espressiva, ma dice la stessa cosa. Oevres complètes, t. II, p. 83). – Nel Memoriale (trattato V. c. 10, n. 8) si trova un’altra preghiera a Gesù, contemplando il tuo costato trafitto: « Io ti ringrazio, o mio dolce Gesù, per aver voluto che il tuo dolcissimo cuore (coraçon) fosse aperto dalla lancia del soldato e che ne uscisse sangue ed acqua, per lavare le anime nostre e dar loro la vita. Oh! se ferissi il mio cuore con la lancia del tuo amore in maniera che non potesse d’orinnanzi volere altra cosa se non quello che tu vuoi! Che l’anima mia, abbia accesso, per la piaga del tuo costato, nel santuario tuo tuo amore, nel tesoro della tua divinità, per adorarti … e, strappando dalla mia memoria l’immagine di tutte le cose visibili, non mi occupi più che di te, non veda che te, sempre ed in tutte le cose (Traduzione diretta dallo spagnuolo, Obras, t. 1, p. 583; col. I.). – La stessa via, santa Teresa (1525- 1582) indicava al vescovo di Osma, tracciandogli,  dietro sua richiesta, un metodo d’orazione. « La piaga. del suo costato, per la quale ci lascia vedere allo scoperto il suo cuore, vi rivelerà  se l’indicibile tenerezza d’amore che ci ha indicato, volendo che questa sacra piaga fosse il nostro nido e il nostro asilo, e che ci servisse di porta, per entrare nell’arca, nel tempo delle tentazioni e delle tribolazioni. Voi lo supplicherete che, come ha voluto che il suo costato fosse aperto per prova dell’amore che ci porta, così faccia, per bontà sua, che si apra a sua volta, per discuoprirgli le nostre miserie e domandergliene, con successo, il rimedio. (Lettres, traduzione Bovix, t. III, p. 336. Citato da Franciosi, col. 321 Come si vede è l’idea tradizionale che esprimevano alla lor volta s. Pietro d’Alcantara e Luigi di Granata nei passi citati. La medesima idea nel P. Bernardo d’Osimo, Méditations sur la Passion du Christ, Avant-propos, p. 3 e segg. Citato dal P. Henry pe Grèsez, p. 185-186.) La stessa santa ha espresso in uno squisito volumetto una delle grandi verità della vita soprannaturale, la nostra dimora in Dio e la dimora di Dio in noi per amore, sotto forma di presenza reciproca nel cuore. Il pensiero del cuore materiale è poco marcato in questo documento; mi sembra, non pertanto, che vi si ritrovi. « L’amore, o anima, ha potuto tracciare in me il tuo ritratto in tal modo, che il pittore più abile non avrebbe saputo produrre una simile immagine. È il mio amore che ti ha formata, bella da rapire, e che ti ha così dipinta nel mio cuore che, se tu ti perdessi, anima cara, bisognerebbe ricercarti in me. Io so che tu ti troveresti impressa e riprodotta sì al vivo nel mio cuore, che se tu ti vedessi, ti rallegreresti vedendoti così ben riprodotta » (Vedi Histoire de sainte Thérése, secondo i Bollandisti, t. II, p. 507, Paris 1886. Sul senso preciso del documento e sua verità profonda, vedi: Nature et surnaturel, 4a ediz., Parigi, 1911. Prefazione, p. XIX e seguenti). – Medesime idee e medesime esperienze mistiche in sant’Alfonso Rodriguez (1534-1617), umile fratello coadiutore della Compagnia di Gesù, quando spiega « come l’anima abita per la contemplazione nel cuor di Gesù, e come Gesù per il grande amore che le porta, se la ponga nel suo proprio cuore ». Egli mostra l’anima pia che legge sul santo volto di Gesù i dolori del suo cuore e dell’anima sua che beve, per la compassione, alla sorgente da cui provengono, sorgente che non è altro « che il cuore di Cristo ». « Allora lo stesso Cristo, la conduce sin nell’interno del suo cuore; ed essa, una volta entrata in quel cuore, in quell’oceano di tribolazione e di angoscia, gli tien compagnia…. E, siccome questo santo cuore è un fuoco d’amore, essa s’infiamma là, di un fuoco d’amore, e gli ardori che Gesù le comunica son così vivi che ei la trasforma in sé stesso, presso a poco come fa con il ferro il fuoco materiale, quando è grande; penetra al punto che il ferro sembra fuoco. Così immersa tutta in quel ritiro del Cuor di Gesù, l’anima gode di ciò che questo dolce Salvatore, che l’ama tanto, le comunica di se stesso, rivestendola, da capo a piedi dei suoi grandi dolori e delle sue sofferenze »

(De la union y transformacion del alma en Christo, c. 7 – nelle Obras espirituales del B. Alonso Rodriguez, ordenados y publicadas por el P. Jaime Nonell, t. Il, p. 140-1411, Barcelone, 1886. Traduzione in francese; un po’ libera, ma esatta, in LETIERCE t. I, p. 52-53: L’opuscolo intiero è stato tradotto dal P. de Bénazé, Union et transformation de l’ame en Jésus-Christ suivie de L’explication des demandes du Pater. Nuova edizione, Paris–Lille, 1907, II c. VII, qui accennato, è alla p. 65 e seguenti. Si trovano delle analoghe nella 10.a meditazione del santo sulla Passione. Obras, t. I, p: 373; e nelle considerazioni che seguono, intitolate:  De quelques manières d’union et de transformations de l’Ame en Jésus-Christ, lui demeurant en elle, et elle dans le coeur du Christ». Obras, t. I, p. 374-376.).

Il P. Luigi du Pont ci mostra in simile modo Baldassare Alvarez (1533-1580) « che entra del cuore di Dio fatto uomo e che sale poi per immergersi nei misteri di Dio che è trino nelle Persone ed uno nell’essenza ». (Vie de P. Balthasar Alvarez, traduzione Bouix, p. 24, citato da Franciosi, col. 321). – Prima di lasciare la Spagna, segnaliamo ancora il caso di mistiche che, nel XVI secolo, ci sono indicate come aventi intimi rapporti col sacro Cuore. Una di esse è Anna Ponce de Leon, e di Feria, che si fece clarissa nel convento di Montilla presso Siviglia, sotto il nome di suor Anna della Croce. Ad essa  Luigi de Granata dedicò il Supplemento al Memoriale: Racconta ella stessa che Nostro Signore le fece comprendere un giorno come dovesse riguardare il suo Cuore come il suo unico bene, mettere in Lui tutta la sua confidenza e ricever tutto come se venisse da questo cuore amantissimo. Un’altra volta, Egli le apparve, mostrandole il suo cuore ferito, e dicendole: « È il mio amore per te che mi ha ferito così. In compenso io desidero che tu ti dia tutta a me» (P. Martinez DE Roa, s. j., Vida maravillosa de D: Anna Ponce de Leon, 1. 1, c.-7, e 1.2; c. 2; secondo i Padri Martorell, e Castella, Theses de cultu S. Cordis Jesu, editio 3a, Barcellona, 1880, p. 24). – Sancia di Carillo, vide un giorno il cuore di Gesù così Infiammato da un accesso di amore per gli uomini, che neppur quegli che potesse penetrargli nel cuor e veder quest’amore, non potrebbe comprenderlo. Dal centro del Cristo, uscivano dei raggi d’amore che arrivavano agli uomini, a tutti e a ciascuno; passati; presenti o da venire » (P. Martinez De Roa s. j., Vida y maravillosas virtudes D. Sancha de Carillo, t. 2, c. 12; secondo il medesimo, ibid.). – In Italia vediamo pure menzione del sacro Cuore fra le mistiche dell’epoca. La venerabile Madre Clara Maria della Passione, Vittoria Colonna, fondatrice delle Carmelitane di Regina cæli a Roma (morta nel 1575), racconta che l’anima sua fu attratta, un giorno, « con una, forza deliziosa, nel sacro costato di Gesù Cristo e sino nel suo cuore…. Io comprendeva, dic’ella, che questo cuore divino è pieno d’amore; ma di un amore così puro, che non ha parole per esprimere. Io vedeva l’anima mia come immersa in quel cuore…. e, sentendomi così nel cuore di Gesù Cristo, conoscevo con chiarezza ed efficacia e insieme con gioia inesplicabile, che quel luogo, cioè il petto e il cuore di Gesù, era un luogo eminentissimo » (Vita pubblicata a Roma nel 1681, 1. 2; c. 9, citata da Gallifet l. 3, c. 3, p. 198.). – La vita di santa Caterina dei Ricci (1522-1590) ci offre diversi tratti di divozione alla piaga del costato, dove il pensiero del cuore, senza pur mancare, non è espresso direttamente: accanto a questi tratti, però, si trova una specie di scambio dei cuori, come fu per santa Caterina da Siena, ma dove il realismo del simbolo, impallidisce molto più dinnanzi alla realtà simboleggiata. In una delle sue estasi, ella vide la santa Vergine che la prendeva per mano e la conduceva al suo divin Figliuolo. « Figlio mio diss’ella, ecco che io ti presento la nostra carissima vergine Caterina, che implora, dalla tua tenerezza, la grazia di cambiare il suo cuore di carne, in un cuore tutto celeste, affinché prendendo un cuore simile al tuo, possa esser più degna di te. — O mia cara Madre, rispose Gesù, ti ho io forse mai rifiutato cosa alcuna, e non è forse il tuo cuore la via naturale che con luce al mio cuore?…. Sarà fatto come tu domandi. E poi mia carissima figlia Caterina, ricordati che da questo momento non ti appartieni più e che sei tutta mia, poiché ecco che io purifico il tuo cuore da ogni affezione che non sia per me, e lo riempio del mio solo amore ». Nostro Signore, toccò allora con la sua mano divina, il costato sinistro della santa, mise in lei un cuor nuovo…. Quando ella si sentì battere questo cuore, nel petto, uscì dalla sua estasi esclamando: « Non sono più io che vivo, è Gesù Cristo che vive in me » (Vedi Messager du Sacré-Coeur, febbraio 1862, t. I, p. 282. In Franciosi, col. 328). – Santa Maddalena dei Pazzi (1566-1607) ricevé un giorno da Nostro Signore la promessa che le avrebbe dato il suo cuore, ed ella pregava i suoi santi preferiti, perché l’aiutassero a riceverlo. E diceva pure a Nostro Signore con profonda umiltà: « 0 mio Gesù, io te ne prego, fai che nessuno sappia che mi dai il tuo cuore ». Allora, infiammata d’amore, si struggeva per la dolcezza, e, aprendo le braccia, e sporgendosi verso il suo Sposo, ne ricevé il cuore, E dopo questo favore inestimabile, incrociò le braccia sul petto in forma di croce come per rinchiuderlo nel suo proprio cuore (Vita del P. Vincenzo Puccini, 2. parte, c. 5, n. 200-204, Acta Sanctorum, t. XIX, maggio 6, ad diem 25; P. 229-230, in FRANCIOSI, col. 345-346.). Questa stessa santa ha detto di san Luigi Gonzaga quella bella parola, così spesso citata: « Oh! come ha egli amato sulla terra! Egli lanciava delle frecce al cuore del Verbo…. Ed ora, che è in cielo, quelle frecce si accolgono nel suo proprio cuore, perché comprende bene, adesso, e gode quegli atti di amore e di unione…. ai quali si esercitava » (Ibid. p. 212. In Franciosi, col. 329). Io non saprei dire se il pensiero del sacro Cuore, si trova espresso in questo tratto; ma la sola scelta delle espressioni vale a dimostrare come le formule più espressive della vita cristiana si combinino, naturalmente, con quelle della nostra divozione. – Non è possibile notare tutti gli autori; teologi, esegeti, asceti, oratori che hanno parlato del sacro Cuore nel corso del XVI secolo, nominerò, almeno, i principali. Da prima i Francescani Niccolò Factore (1520-1583) che, per arrivare alla contemplazione, raccomanda la divozione al costato trafitto e al cuore di Gesù (Vedi il P. Henry de Grézes, p. 182); Bernardo d’Osimo (morto nel 1591), e che fu per sei anni provinciale dei Cappuccini di Parigi (1681-1587), parla della piaga del costato e del cuore in termini degni di San Francesco di Sales (Testi del suddetto, p. 185-188) );- Giovanni di Cartagena (morto 1617) studia da esegeta tutto quel che ha rapporto alla ferita e del costato e del cuore, e riassume, a questo riguardo, i dati tradizionali (De religionis christiana arcanis homiliæ sacræ L. 12;- De arcanis in vulnere lateris Christi latentibus, 1. 12, Homil. 1 e 2, t. I, p. 411 e sq., Anversa, 1622. In FRANCIOSI, col. 351-352, Analisi nel P. Henri DE Grizes, 190-200). – Nell’ordine di s. Domenico possiamo segnalare Pietro Dorè (1500 – 1569) che nel Nouveu testament d’amour di N. S. Jesus Christ. Signé de son sang, Parigi 1550, ha qualche bella pagina sul sacro Cuore (C. 14. Quinto dono eccellente che nostro Padre ci ha fatto nel suo testamento, che è il suo cuore. Testi in Franciosi, col. 394-396). – Non meno pia è una pagina del B. Alfonso d’Orozeo (1500-1591), monaco agostiniano, nel suo commentario sul Cantico dei Cantici, Burgos, 1581: Di già il postulatore del 1697, la citava come tutta impregnata della divozione al sacro Cuore (A proposito del testo Vulnerasti cor. meum: Vedi Nilles t. I, p. 445 e in Franciosi col. 332). – Quasi dello stesso genere delle spiegazioni di Giovanni da Cartagena, sono quelle del Salmeron (1515 – 1585), uno dei primi compagni di Sant’Ignazio, e quelle del dotto Toleto (1531 – 1596), a proposito del sso di san Giovanni, sulla piaga del costato (Salmeron, Commentarii in NT, t X tr. 48, p. 391 sq: Toletus, in sacrosanctum Joannis Evangelium); e pur quelle del Gerosolimitano Danniele Mallonius, (morto circa il 1616), a proposito delle piaghe di Cristo (Fr. Danielis Mallonii, Lucidationes in historiam admirandum de J. C. stigmatibus, Donai 1607, c. 20 n. 1, p. 371, n. 8, p. 383. Testi in latino in Franciosi col. 340-343). E, finalmente, quelle di Suarez, nel suo Trattato sull’Incarnazione (In 3° parte S, Th. Disp. 41 setc. 1). Più brevi, ma sempre nello stesso senso, sono le riflessioni del P. Ribadeneira, nella sua vita di N. S. Gesù Cristo, con cui ha preceduto i suoi Fiori della vita dei Santi (testi in francese di Franciosi col. 336, secondo la traduzione di René Gaultier, Donai 1650.). – Il p. Fr. Decoster, gesuita belga, in un libro pubblicato a Ingolstadt nel 1588 per i congregazionisti, inseriva, per il venerdì una meditazione « sulla inestimabile e ardentissima carità di Nostro Signore Gesù Cristo » dove scriveva: « Fuggite dunque all’appressarsi della tentazione,nell’amabile Cuore di Gesù e nelle sue ferite aperte; contemplate in quella la sua bontà ineffabile e la sua carità » (Libellus sodalitatis, hoc est christianarum institutionem libri quinque, libro I c. 26, p. 159. Comunicato dal P. F. Brucker). – In una parola verso la fine del XVI secolo, l’attenzione è attratta da ogni parte verso il Cuore di Gesù. Se ne parla dappertutto; la devozione esiste, ed è molto diffusa. (il P. Benedetto Nigri, gesuita, morendo a Verdun, circa il 1590, diceva ai suoi fratelli: « Io vi auguro di abitare di abitare nel cuore di Gesù Cristo e desidero che formiate per me lo stesso augurio. Citato dal P. Fouqueray, Histoire de la Compagnie de Jesus en France, t. II, p. 242. Nel monastero di Fontaine les-Nonnes presso Meaux, gli atti di professione delle religiose, fra il 1565 e 1601, portano spesso, sotto la firma, l’immagine di un cuore disegnato alla penna. Ordinariamente, il cuore è trapassato da una spada (non da una lancia), con tre chiodi, qualche volta contiene il monogramma IHS, spesso una piccola croce in mezzo. Qualche volta è messo appiè della croce, altre sulla sbarra verticale della croce, al di sotto della traversa orizzontale. Communication di Bergy, a cui il sig. Curato decano de la Ferté-sous-Jouarre ha mostrato questi atti di professione. Con le nostre idee attuali, si pensa, naturalmente, che questa immagine sia quella del Cuor di Gesù, monogramma, croce, chiodi, lancia, o spada, fanno pensare alle cinque piaghe. Crederei, piuttosto che il cuore rappresentato forse quello della religiosa consacrato a Gesù e attaccato alla croce per i suoi reati come da tre chiodi, sotto l’influenza dell’amor Divino che l’ha ferita di una spada. Incontreremo più di un caso simile (Giovanna di Montel, S. Francesco di Sales e le Visitandine, il Beato Giovanni Eudes). Si può accordare, peraltro, che questa figura supponga già una certa devozione alle cinque piaghe e al sacro Cuore.).

IL SACRO CUORE DI GESÙ (47)

IL SACRO CUORE (47)

J. V. BAINVEL – prof. teologia Ist. Catt. Di Parigi;

LA DEVOZIONE AL S. CUORE DI GESÙ-

[Milano Soc. Ed. “Vita e Pensiero, 1919]

PARTE TERZA.

Sviluppo storico della divozione.

CAPITOLO SECONDO

CAPITOLO Ill.

PRIMO SVILUPPO DELLA DIVOZIONE

(SECOLO XVI)

Si rileva dai fatti e dai testi raccolti nel capitolo precedente, che la divozione al sacro Cuore era molto diffusa verso la fine del medio evo e ai tempi del Rinascimento. Abbiamo ancora notato, benché vagamente, qualche corrente di propaganda, qualche centro d’irraggiamento. Abbiamo pur constatato che si avevano esercizî e pratiche determinate, come in santa Matilde, in santa Gertrude, in Taulero, in Domenico di Treviri, nella beata Varani, ecc. Ma sembra che nella seconda metà del XV secolo e nella prima metà del XVI la divozione tendesse a emanciparsi, a organizzarsi in divozione distinta, a fiorire in pratiche speciali e proprie. Non si tratta più soltanto di relazioni personali fra: Gesù e l’anima; essa si concretizza in certo qual modo e diviene una divozione che si propone, con esercizî suoi proprî e di cui si preconizza il valore e si concilia l’uso. Così passa, per così dire, dal dominio della mistica in quella dell’ascetica cristiana. Un certosino di Colonia, Lansperge, e un benedettino, Luigi di Blois, hanno avuto, sembra, la più gran parte in questa prima fioritura della divozione, ma intorno a loro, poco prima o poco dopo, possiamo notare altri nomi e segnalare altre influenze. Cominciamo con due testi che formano, per così dire, un legame fra questo e il capitolo precedente.

IN DANIMARCA E IN BAVIERA

Il manoscritto di Mariebo. Il Prete Bavarese.

In un libro di preghiere che l’abbadessa di Mariebo, in Danimarca, fece scrivere nel 1497, troviamo una preghiera al Cuor di Gesù: « Salve, cuore onorabile di Gesù Cristo, Io vi prego, o cuore dilatato (blühendes) e amante di Gesù Cristo dal quale scorre, ha scorso, e scorrerà sempre ogni bene, ogni gioia, ogni felicità. Io vi saluto, santo Cuore di Gesù che so capace di illuminare il mio cuore tenebroso e agghiacciato. Fortificatelo, confermatelo nel vostro amore e nel vostro santo timore, perché io possa amarvi temervi, perfettamente e lodarvi degnamente nell’eternità. Così sia » (Volktshimliche Andachtsitbungen der Dinen beim Ausgange des Mittelalters, articolo del P. W. Scumrtz, s. j. nella rivista Stimmen aus Maria-Laach, agosto 1891, t. XLI, p. 191, 192. Il P. Scumitz non dà il testo originale. Il manoscritto al quale rimanda, è della biblioteca reale di Copenhague, collezione Thott, n. 553, in 4°. La preghiera si trova, io credo, al foglio 32, ma il richiamo manca di precisione. Il manoscritto contiene, ci dite il P. Scamitz, una grande scelta di preghiere piene di unzione, specialmente quelle rivolte all’anima di Cristo, alla sua faccia, alle sue cinque piaghe, alla piaga del costato e al Cuore di Maria. L’indicazione di questo articolo si deve alla cortesia di P. Bernard.). – Nel 1510. un prete di Monaco componeva una raccolta di preghiere e di meditazioni sulla vita e sui dolori di N. S. Gesù Cristo, dove pur si trova un bell’esercizio della divozione. al sacro Cuore. È  nella meditazione 52, ma sulla ferita del costato. I pensieri sono quelli della tradizione sul simbolismo del sangue e dell’acqua, ma l’idea del cuore è sempre espressa. « La lancia del soldato…. ha raggiunto il vostro cuore sì buono e sì tenero, ha aperto la benedetta e viva sorgente del vostro sangue ». Seguono bellissimi commenti sulla virtù del sangue redentore, dell’acqua purificatrice, sul simbolismo della Chiesa che esce dal costato di Cristo, come Eva da quello d’Adamo, su questa ferita ancor più venerabile delle altre. « Chiunque, aggiunge il pio autore, chiunque beva alla divina e sacra sorgente di questa larga ferita, non foss’altro che una sol goccia del santo amore, dimentica tosto le sue tristezze e le sue pene…. Andiamo, andiamo, povera anima mia, penetra adunque nel costato destro del tuo Signore crocifisso. Entra per questa larga ferita nel cuore amantissimo di Cristo, che nel suo ardente amore sì è lasciato trafiggere. Cerca un rifugio nella cavità di questa roccia contro le inquietudini e il tumulto del mondo. Anima fedele penetra dunque in questo cuore sublime, in questo cuore nascosto, in questo cuore misterioso, in questo cuore divino, che si apre così largamente dinanzi a te; entra in quel mare, anima benedetta da Dio. Perché esitare sì lungo tempo? Davanti a te si dischiude la sorgente della. vita, la via della salute, la fontana celeste da cui scorrono i flutti preziosi che riconfortano e beatificano. Ecco la città di rifugio, contro gli attacchi dello spirito cattivo; ecco l’asilo inviolabile contro la collera del giudice che deve venire. Ecco la sorgente inesausta della divina grazia…. La sorgente che la potenza divina fece scaturire nel mezzo del paradiso terrestre. Anima cristiana, bevi dunque a questa sorgente sì pura del Salvatore, una goccia del divino amore…. ». Ciò che segue riguarda anche più direttamente il cuore. « Per questa santa ferita, o cristiano, penetra sino al più intimo del tuo Salvatore. Egli t’invita a dimorare in lui, lo esige. Tutto il suo desiderio è che il tuo cuore faccia un sol cuore col suo. Figlio mio, ti dice, dammi il tuo cuore. Il cuore…. intendi …. nessun’altra cosa; il cuore è il dono migliore che tu possa fargli. Se il Salvatore ha voluto che il suo costato fosse sì largamente aperto e il suo cuore sì profondamente ferito, è affinché tu possa entrare liberamente nel cuore del tuo diletto e gustare quanto è dolce e soave dimorare così nel santuario intimo del cuore del tuo Dio. Si opererà in questo modo una unione così intima e indissolubile che d’ora innanzi potrai compiere nella semplicità del tuo cuore ogni cosa per la maggior gloria di Gesù e cercare in tutto il suo buon volere e vivere interamente sotto la sua dipendenza. Dove potrai ritrovare una dimora più sicura, un riposo più tranquillo, un sonno più dolce, che nelle sacre piaghe di Gesù Cristo? Dove potrai trovare sapienza più grande, insegnamenti più utili per il tuo progresso spirituale, che pelle intime profondità del cuore del divin Crocifisso da cui scorrono le acque vivificatrici della grazia? Da dove potrai più efficacemente scacciare la tiepidezza? Da dove meglio infiammare il cuore di santo amore e dove trovare più facilmente rimedio alle tue ferite e raccoglimento perfetto, che nel cuore di Cristo? Nulla sulla terra potrebbe infiammare e attirare così irresistibilmente il cuore umano come l’amore infinito di Cristo sulla croce. Il mio Amore è stato trafitto e ferito, affinché io possa penetrare liberamente nel cuore amante dell’eterno Amore…. ». « Anima cristiana, stringiti al sacro Cuore del tuo Dio…. se lo puoi, strappati il Cuore dal petto e mettilo nel cuore del tuo Maestro, affinché lo custodisca, lo governi, lo. Protegga contro le seduzioni delle creature e le rovine del peccato…. ». – « Apri il tuo cuore, a questo Maestro, a Gesù, affidagli interamente il tuo cuore, dallo a Lui senza riserva, con tutti i suoi desideri, tutte le sue volontà, tutte le sue ripugnanze. Un sol cuore, un’anima sola con Gesù, una conformità perfetta di giudizi e di sentimenti in ogni cosa, una sottomissione assoluta alla sua sovrana volontà per tutto e sempre. Tu possederai così la pace più soave e dimorerai in Lui. La preghiera che si sprigiona da queste considerazioni e da queste esortazioni è tutta impregnata essa stessa dello spirito della divozione al sacro Cuore. « Dolcissimo Signore Gesù, sorgente d’intime gioie, voi che abitate nei cuori che vi amano e vi sono devoti…., Voi avete voluto che la lancia vi squarciasse il sacro costato; datemi dunque, io ve ne supplico, di poter entrare in quell’abisso senza fondo di misericordia; lasciatemi penetrare, per questa piaga, nell’intimo santuario del vostro Cuore amabilissimo, affinché il mio cuore si unisca al vostro cuore indistruttibile, e s’infiammi d’amore per Voi, affinché Voi dimoriate in me, ed io in voi, e che questa unione abbia eterna durata. Ferite il. mio cuore con i raggi penetranti del vostro amore sovrano; feritelo profondamente, questo cuore così freddo e così vile; trapassatelo da parte a parte, affinché, grazie a questa ferita salutare, la mia anima ricuperi una sanità perfetta e d’ora innanzi nessun amore s’impossessi del mio cuore e io non cerchi, e non trovi gioia e consolazione che in Voi solo. Che il mio cuore si apra solo per Voi, o Gesù, che sia chiuso a satana e al mondo, e protetto contro tutti gli attacchi, dal segno della vostra santissima. croce, o Gesù. Così sia. (Secondo le Bulletin de l’Oeuvre du Vœu national, 2 ottobre 1896, t. XXI, n. 19 P- 856-858. È da rimpiangere che il Bollettino, non dia nessuna indicazione precisa sul libro da cui ciò è ricavato. Dice solo che fu pubblicato nel 1887. FRANCIOSI ha riprodotto il testo dal Bollettino, col. 337. 340 trascrivendo, però, in maniera inesatta le indicazioni già insufficienti).

II.

LANSPERGE E LUIGI DI BLOIS

La divozione si concretizza. Pratiche è preghiere. — Da mistica diviene ascetica.

Queste preghiere e questi esercizî di cui, senza dubbio, sarebbe facile moltiplicare gli esempi, preparavano un nuovo divozione. Non era ancora una divozione  organizzata se così può dirsi, una esistenza stabile e distinta e le sue pratiche speciali; ma questa organizzazione era in via di sviluppo. Due uomini vi diedero potente aiuto, cioè: il devoto Lansperge della Certosa di Colonia (Giovanni Giusto, o Gerecht, di Landsberg in Baviera, morto nel 1539) e il pio Luigi di Blois (Blosius), benedettino, abate di Liessies, in Hainaut, che morì nel 1566. – Lansperge fu il primo e sembra aver fatto il più. La sua influenza si esercitò sullo stesso Luigi di Blois, che lo conobbe e lo citò: ma anche Luigi fece pur molto per propagare e rendere popolari alcune pratiche destinate a diffondersi molto. Nei due, pertanto, la divozione si presenta come un esercizio eccellente della vita ascetica e buon numero di pratiche e di preghiere ci son date per renderla facile. Lansperge è più ricco e più vario. Egli offre modelli mirabili di preghiere e di affetti al sacro Cuore. Fu uno dei primi a portare delle immagini del cuore. Per i particolari rimando a dom Boutrais, ma bisogna pur citare almeno qualche passo per mostrare con quale insinuante pietà raccomanda la sua cara divozione. Per lui, questa divozione « è traboccante d’amore e di misericordia » e cerca uno stimolo nell’immagine sensibile del cuore. – Ecco come ne scrive a una novizia: « Cerca di onorare il Cuore del tenerissimo Gesù Cristo, Nostro Signore, tutto traboccante d’amore e di misericordia; abbi la divozione di salutarlo spesso; bacialo; penetra in ispirito e fa a Lui le tue domande e offrigli i tuoi esercizi, Esso è il deposito (apotheca) di tutte le grazie, la porta per cui andiamo a Dio e Dio viene a noi. Abbi dunque un’immagine del Cuor divino o delle cinque piaghe, o di Gesù sanguinante e piagato, mettila in qualche luogo dove vieni tu a passare di frequente, affinché ti ricordi la tua pratica e il tuo esercizio d’amore verso Dio. A questa vista…. innalza a Dio il tuo cuore e solo con lo spirito, senza strepito di parole, grida verso di Lui, desiderando che il tuo cuore sia purificato e che il tuo cuore e la tua volontà si riuniscano al cuore di Cristo e alla sua divina volontà. Potrai pure, se la divozione ti spinge a ciò, baciar questa immagine, che intendo del cuor di  Gesù, su cui stringerai le labbra col desiderio d’imprimervi il tuo cuore, d’immergervi il tuo spirito, di assorbirti là, figurandoti di attirare dal suo Cuore grazioso nel tuo il suo spirito, le sue grazie e le sue virtù, e tutto quello che, nella sua immensità, contiene di salutare per te. Il cuore del Signore trabocca di tutto ciò. È dunque molto utile e molto pio onorare devotamente il Cuore del Signore Gesù. Ricorri ad esso in ogni necessità e attingi ad esso consolazioni e conforti d’ogni specie. Ancorchè tutti i cuori ti abbandonassero ed ingannassero, non temere; questo Cuore fedelissimo non ti abbandonerà né ingannerà (Pharetra divini amoris, libro 1, parte 5°. Exercitium ad piissimum Cor Jesu, p. 196, Montreuil 1892, completa secondo l’edizione in 18.mo, Parigi 1576, senza impaginatura e secondo la lettera  citata nel Mois du Sacré-Coeur de Jèsus par d’anciens auteurs Chartreux; p. 552. Montreuil 1886. L’ultima frase è quasi testualmente in Domenico di Treviri. Vedi p. 262. È difficile, nei minuti particolari di espressione, avere il testo esatto di Lansperge, tanto tutto questo è stato ritoccato. L’edizione della Pharetra, Montreuil 1895, differisce molto da quella di Parigi 1526, che si dà come l’edizione principe, (nunc primum typis excusa) e che è, probabilmente, una semplice ristampa della prima edizione che dovè uscire a Colonia; la distribuzione della materia è tutt’altra, e le preghiere e gli esercizî non sono sempre gli stessi. Ve ne sono di più nell’edizione del 1892; ma mancano documenti di prim’ordine e indicazioni pratiche che facevano della Pharetra un manuale di vita spirituale eccellente. Si aveva forse avuto paura di dar pretesto ad accuse di quietismo?). A questi consigli bisogna aggiungere, non foss’altro che come esempio, qualche estratto delle pie aspirazioni che ci propone: O Gesù amabilissimo, quando mi toglierai questo cuore macchiato, e mi darai il cuor tuo?…. Quando sarà che il mio cuore potrà essere tutto imbalsamato dell’odore delle tue virtù e infiammato d’amore per le cose celesti? Ah! dolcissimo Gesù, chiudi il mio cuore; rimani tu solo, siane il solo padrone; deh! che il mio cuore sia nobilitato e abbellito dalla nobiltà del tuo cuore. Imprimi, te ne prego, nel mio cuore, tutte le ferite del tuo cuore ferito, affinché io vi legga incessantemente, l’amore immenso del tuo cuore per me e i suoi vivi dolori » (loc. cit. p. 197). Né si potrebbe tralasciare questa bella preghiera, una di quelle che afferrano meglio «al vivo e in azione la divozione al sacro Cuore. – «O cuore sì nobile, sì buono, sì dolce, del mio fedele amico Gesù Cristo, mio Dio e mio Signore, attira, assorbi in te, te ne prego, il mio cuore e tutti i miei pensieri, i miei affetti, con tutte le potenze dell’anima mia e i miei sensi e tutto quello che è in me, tutto quello che io sono e che posso; che io non viva che per la tua gloria e a seconda della tua santissima volontà ». – « O misericordiosissimo Gesù, io mi rimetto e mi abbandono interamente nel tuo Cuore. Io ti prego, o Dio di bontà, di togliermi questo mio cuore corrotto, senza pietitudine; dammi il tuo cuore divino, o, almeno, rendi il mio cuor secondo il cuor tuo, e lavoralo come  più ti piace ». – « Ah! Signore, mio Dio, mio Salvatore e Redentor mio, togli i miei peccati e tutto quello che ti dispiace in me, e in me versa dal tuo santissimo Cuore quel che ti è grato. Cambiami e possiedimi tutto. Che io non viva che per piacerti, o Dio santissimo, e per amarti. Fai che il mio cuore si unisca al tuo Cuore e la mia volontà alla volontà tua; che nulla io voglia, che mai possa io nulla volere all’infuori di quel che tu vuoi e che a te piace. Che io ti ami, o dolce Gesù, mio Dio, con tutto il cuore e al disopra di tutte le cose. Amen » (Pharetra, loc. cit., p. 198. Con questa differenza che l’ultimo paragrafo si trova avanti del primo. lo ho seguito l’ordine antico. Molti altri testi in Franciosi, 294-301). – Io non credo che possa trovarsi, anche oggidì, nulla di più pio in onore del sacro Cuore, nulla di più penetrante, di queste aspirazioni o di queste preghiere di Lansperge. Sono veramente delle frecce d’amore. – Luigi di Blois ci consiglia a rifugiarci nel Cuore di Gesù per la piaga aperta del suo costato nelle tentazioni, afflizioni, miserie della vita, per trovarvi forza e misericordia, per attingervi consolazione e gioia (Margaritum spirituale, pars. 3, c. XIX, Opera in fol., edizione d’Ingolstadt, 1726, p. 603. Le parole stesse sono quelle degli Erercitia Tauleriana. Ho sott’occhi per questa 4.a edizione D. Ludovici. Blosii…., opera accurate recognita, Colonia 1615. Il capitolo indicato si trova a p. 604-607). Ci raccomanda: con insistenza « di offrire le nostre buone opere al dolcissimo e sacratissimo Cuore di Gesù Cristo, affinché le purifichi le perfezioni (Conclave anima fidelis, part. 1, speculum spirituale; c. VII, p. 4, n. 4, loc.. cit., p. 450, edizione del 1615; p. 59). – A questo scopo ci suggerisce delle formule bellissime, come, ad esempio, questa; «Io ti offro, o Padre celeste, l’amore infiammato e i desideri ardenti del cuore di Gesù,. Tuo Figlio diletto, per supplire all’aridità e alla freddezza del mio povero cuore » (Conclave, pars 4. Scriniolum p. 5, l. c. p. 507. Ed. 1615, p. 135). Egli ha, per salutare il Cuore, delle parole di una tenerezza squisita..« Salve, cuore amantissimo, buonissimo, dolcissimo (mellitissimum), ferito per me. Salve, tesoro (gazophylacium) incomparabile d’ogni bene e di ogni beatitudine. Di grazia (eia), sii per me un gradevole asilo (umbraculum) alla morte, e, dopo la. morte, la mia dimora eterna » (Institutio spiritualis. Appendice III, endologia 6, p. 272, ed. 1615, p. 473). Ci raccomanda, di poi, di appropriarci le intenzioni del sacro Cuore e di offrire tutte le mostre preghiere, azioni e pene, in unione con Lui, per la gloria di Dio e la salute della sua Chiesa (Institutio spiritualis, c. 1X, P. 253. Ed. 1615, p. 447. Per più ampi dettagli vedi Franciosi, col. 310-312). È la pratica che l’Apostolato della preghiera doveva lanciare, un giorno, attraverso il mondo.

III

INFLUENZA DI LANSPERGE E DEI CERTOSINI

Eschio. Canisio. I Certosini.

Lansperge e Luigi di Blois sembrano avere avuto una missione speciale nella nostra divozione, e cioè organizzarla e propagarla. I loro scritti la fecero conoscere e praticare anche lontano. Accanto a Lansperge e, in parte almeno, sotto la sua influenza, la vediamo praticata da Eschio, da Canisio e dai Certosini. – Eschio o Van Fsch (1507-1578), il maestro di Pietro Canisio o del Surio fu, come già ho notato, l’amico di Lansperge e della Certosa di Colonia. Ci rimangono di lui degli esercizî molto commoventi della divozione al sacro Cuore « O dolcissimo Signore Gesù Cristo, io ti prego per l’ardente amore del tuo cuore divino, per il tuo cuore umano trafitto e per le tue angosce, imprimi il mio cuore in quel tuo cuore trafitto e riempilo di quella carità perfetta che possa sradicare in me ogni amore personale per me stesso e per le creature. Che la freccia del tuo ardente amore mi ferisca e mi infiammi per siffatto modo che io possa amarti perfettamente con tutta l’anima, con tutto il cuore, con tutto lo spirito, con tutte le forze e puramente per la tua bontà, senza preoccupazione alcuna di ricompensa. Possa io, per amor tuo, rinunziare a molto, molto agire e soffrire senza mai stancarmi! Possa io, per i miei desideri ardenti e senza limiti, per le mie suppliche, ottenere la perfetta rinunzia di me e l’amorosa unione con te, aspirare incessantemente a te, a te innalzare la voce e battere alla tua porta. Possa io pensare a te, aver fame e sete di te, e cercarti e trovarti, sino a che, tutto trasformato in te, divenga con te un solo spirito, io vivendo sempre in te e tu in me! Dammi anche di amare col medesimo amore il prossimo mio con te e per te come me stesso » (Escercitium cruciforme ad Vulnera Domini lesu. Exercitium VII in orationis formulam prætice redactum… Ad cor lesu. In appendice agli Exercitia del Taulero, Lione, 1556, p. 906-497. Testo latino, in Franciosi, 320. Il P. Talos ha unito alla sua traduzione dei suddetti esercizi quella pure degli Exercitia di Eschio. Vedi più sopra c. 2, par. 4.a. Il passo qui tradotto si trova a p. 479). – Non meno pia è un’altra preghiera d’Eschio « per entrare attraverso le ferite sino al cuore e alla divinità di Gesù, per nascondervisi contro le distrazioni e tentazioni d’ogni genere »: « Signore Gesù Cristo, crocifisso per i peccatori, accogli questo peccatore che si rifugia in te, e proteggimi sotto l’ombra delle tue ali che distendi sulla croce, fra le braccia del tuo amore. Che esca dalle tue sacre ferite e cadano su di me raggi d’umiltà, di povertà, d’obbedienza, di pazienza e di carità. Dalla ferita del tuo cuore trafiggi il mio cuore, affinché io arda veramente, languisca nei sospiri dell’anima mia (in desiderio animæ) e. illuminato dalla luce che proietta la tua morte, possa io comprendere veramente, i dolori e le sofferenze che hai sopportato nelle mani, nei piedi, nella testa, nel corpo, nel cuore e nell’anima tua » (Margarita Evangelica, 1. 4, (Appendice), c. 6, 2.a Ed. latina, Dilingæ, 1610. Tradotto su di una copia latina cortesemente comunicatami da J. Brucker.). m- Non separiamo da Eschio il suo discepolo, il B. Pietro Canisio (1521-1597), amico e familiare come lui dei Certosini di Colonia, che, divenuto Gesuita, ricordava con tanta riconoscenza il suo santo maestro e i giorni della sua pia gioventù. Nel giorno della sua professione solenne, fatta a Roma nella Basilica Vaticana fra le mani di sant’Ignazio, fu invaso, quasi al momento di pronunciarli, da un sentimento profondo della sua miseria e della sua povertà, ma il sacro Cuore volle supplire a tutto. « Voi, dice egli a Gesù nel suo Memoriale, m’apriste allora il cuore del vostro sacro corpo, e mi sembrava vederlo vicinissimo a me; mi diceste di bere a quella sorgente, invitandomi così ad attingere le acque della mia salute alle vostre sorgenti, o mio Salvatore. Ed io desideravo ardentemente che di là venissero sino a me flutti di fede, di speranza e di carità… Quando osai accostarmi al vostro dolcissimo cuore e spegnervi la mia sete, voi mi prometteste una veste tessuta in tre parti » (Beati Petri Canisii Epistula et Acta, per Orto Braunsberger, t. I, p. 55, Fribourg-en-Brisgau, 1896). Si trovano molte altre tracce della sua divozione al S. Cuore. In un manoscritto, scritto di suo pugno, si trova fra le altre preghiere che egli aveva composto e raccolte, una preghiera per salutare al mattino il Cuore di Cristo, che è quella stessa di santa Matilde : « io vi lodo, vi benedico, vi glorifico e vi saluto, o dolcissimo e buonissimo Cuore di Gesù Cristo, mio fedele amico, ringraziandovi per la vostra vigilanza nel custodirmi durante la notte, e per la vostra attenzione continua a lodare e ringraziare per me Dio Padre e a rendergli ogni onore in mia vece. Ed ora, o mio unico amico, io vi offro il mio cuore come una rosa di primavera, la cui grazia attiri tutto il giorno i vostri sguardi e il cui profumo incanti il vostro cuore divino, ecc. » (Ibid, p. 58. Cf.: Revelationes mechtildianæ, pars tertia, c. 17, Pi 207). Si trova pure, nello stesso manoscritto, una graziosa preghiera per il momento di coricarsi, nella quale si unisce alla « riconoscenza di cui tutti i Santi trovano la sorgente nel sacro Cuore » e loda Dio; e li unisce pure allo « spirito d’orazione che dal Divin Cuore si è sparso in tutti i Santi», ecc. (Ibid, p. 59. Inspirato a santa Matilde, ibid, c. 31, p. 238.). – Nello stesso libro scriveva: « Il cuore di Gesù arde per noi di un tale amore, che questo Figlio di Dio e della Vergine è pronto…., che dico?, è desideroso di soffrire per te solo tutte le amarezze interiori e esteriori che Egli ha sofferto per il mondo intiero, piuttosto che permettere la tua perdita o la rovina di un’anima sola » (Otto Braunsberger, loc. cit, p. 59). – E, infine, nelle sue Exhortations domestiques, rivolte ai suoi fratelli in religione, raccomandava loro « d’unire la propria volontà col Cuore di Gesù, perché, come Egli ci ha dato il suo cuore, così bisogna rendergli il nostro »; che essi « imitino la liberalità con la quale ci ha dato da bere il sangue del suo Cuore, in unione con la gratitudine che i Santi attingono nel Cuore di Gesù, ringraziandolo dei doni che ne han ricevuto »; e che facciano il loro nido nella cavità della pietra e si rifugino, in ogni tentazione, nell’amabile Cuore di Cristo » (Exhortationes domesticœ B. P. Canisii, ed. del P. Giorgio Schlosser, Ruremonde 1876, p. 181 e 435-457. Vedi: Nix, p. 8. E Braunsbarger, p. 58). La divozione al sacro Cuore, con i suoi molteplici esercizi, non era, peraltro, concentrata esclusivamente nella Certosa di Colonia. Altri Certosini s’incontrano, e da per tutto, non meno divoti, non meno pii, nell’esprimere la loro devozione. Dom Boutrais, nel suo Mese del S. Cuore d’antichi Certosini, ci dà delle belle pagine di Giovanni di Torralba, priore della Cour-Dieu, 1578, di Antonio Volmar, priore di Astheim, nato circa il 1550, di don Giovanni Michele di Vesly, 44mo generale dei Certosini, che nel 1598, pubblicò a Lione un Manuel d’exercices de piété, per l’uso giornaliero dei Certosini, dove si fa menzione ad ogni pagina (Vedi Dom Boutrain, Larsperge, p. 185) del sacro Cuore, senza parlare di quelli che appartengono al XVII secolo.

IL SACRO CUORE DI GESÙ (46)

IL SACRO CUORE (46)

J. V. BAINVEL – prof. teologia Ist. Catt. Di Parigi; LA DEVOZIONE AL S. CUORE DI GESÙ-

[Milano Soc. Ed. “Vita e Pensiero, 1919]

PARTE TERZA.

Sviluppo storico della divozione.

CAPITOLO SECONDO

DIFFUSIONE DEL CULTO

SECOLI XI E XV

Sguardo generale; le anime privilegiate; pratiche e favori.

La Vigna mistica, santa Mechtilde e santa Gertrude riassumono, si può dire, la divozione col sacro Cuore, come la conobbe e praticò il Medio Evo. Ciò, a rigore, potrebbe dispensarci dal raccogliere i testi che riguardano il sacro Cuore e citare i nomi di quelle anime privilegiate che, in quel periodo, furono in intima comunicazione col cuore di Gesù. Si hanno già liste numerose e ogni giorno vi si aggiungono, ora dei testi, ora dei nomi (Vedi sopratutto: FRANCIOSI, opera citata. Cf. pure: BARUTEIL, La Genése du culte du Sacré Coeur, Paris 1904, p. 13-17, et p. 69-94; GALIFFET, Addition au livore Il, art. | e N ; Nittes, 1. 1, part. III, c.1; Tkomas, 1. 2, c. 3. Nel Le Régnue du Coeur de Jésus, t. IV, p. 441-488; una doppia lista di serittori che hanno parlato del sacro Cuore, e delle sante anime divote del sacro Cuore, dal secolo XI al XVII — Per i Framcescani, vedi il P. HENRI e GRÊZES; per i Certosini Don Boutrais. Molti dei fatti e dei testi riguardano piuttosto l’amore e la ferita del costato che il cuore simbolo.). – Senza obbligarci a riferir tutto, segnaleremo quei tratti che ci sembrano più caratteristici. Prima, però, di venire ai particolari, diamo una rapida idea del soggetto. Dal XIII al XV. secolo, il culto si propaga; ma non si vede che esso si sviluppi. Il più sovente si rivolge alla ferita del cuore, qua e la va al cuore indipendentemente dalla ferita, riguardando il cuore come l’organo della vita affettiva e simbolo dell’amore. I favori compartiti ai privilegiati, sono: di essere ammessi ad appoggiare le labbra sulla ferita del costato, per succhiarne l’amore e le ricchezze del cuore: di penetrare in questo cuore, per riposarvi come in un’oasi, per trattenervisi come in un bel giardino, per immergervisi come in una fornace d’amore e di purezza; d’essere infiammati da una scintilla, uscita da quel cuore; di cambiare il proprio cuore, con quello di Gesù, e di non vivere, per così dire, che per il divin Cuore; di sentirsi uniti a Lui, per lodare Dio, o di poterlo offrire al Padre celeste, come bene proprio, di trovarvi un asilo sicuro contro gli assalti del demonio, e persino un rifugio contro la collera stessa di. Dio. Il simbolismo, lo si vede bene, occupa un gran posto in questi favori e visioni, e ci mostra sempre più quanto Gesù ci ha amato, Come veramente sia nostro, e come possiamo e dobbiamo amarlo in ricambio. Una parola di Gesù a santa Caterina da Siena riassume l’idea dominante della divozione. Essa gli diceva un giorno: « Dolce Agnello, senza macchia, voi eravate morto quando il vostro costato fu aperto; perché dunque avete voluto che il vostro cuore fosse così ferito ed aperto? ». Egli rispose: – « Per molte ragioni; di cui ti dirò la principale. Il mio desiderio, riguardante. la razza umana, era infinito, e l’atto attuale della sofferenza e dei tormenti, era finito. Con questa sofferenza, Io non potevo dunque manifestarvi quanto vi amassi, perché il mio amore era infinito. Ecco perché ho voluto rivelarvi i segreti del cuore, facendovelo vedere aperto. E perché comprendiate bene che esso vi amava assai più di quello che Io avessi potuto provarvi con un dolore che doveva aver fine » (Dialogo di santa Caterina da Siena. Terza edizione, Parigi, 1913. 2° risposta, 2a c. XLV, (75), p- 233- La vita di questa santa offre un esempio interessante dello scambio del Cuore. –  H P. Gautierer L. IL, aggiunta, art. 1, p- 107-109, ha trascritto il racconto, molto vivo e circostanziato, che fa il B.to RAIMONDO da Caprua, confessore e storico della beata. Ci si accorda nell’intendere di una impressione vera, quella che i soggetti dicono, in simili casi, della realtà delle cose. Cf.: TERRIEN, lib. III c. II, p. 187. Boudon nel secolo XVII, raccontando un caso analogo, aggiunge: « Non è già che noi pensiamo che si sia fatto un cambio materiale ma solo che Egli, (Gesù) si consacrò (il cuore della sua serva) con una nuova santificazione, unendolo al suo divin cuore, fornace immensa del puro amore, abisso di una carità infinita e sorgente di tutte le benedizioni ». L’amour de Dieu seul, ou Vie de le soeur Marie-Angéligue de la Providence, 3a parte, c. VII Oevres complétes de Boudon, Paris, 1856 (ediz. Migne), t. III, p. 721. La stessa nota fa il P. Jacouer, Oblato di Maria Immacolata, nella sua Sainte Lutgarde ou la Marguerite Marie belge, Jette, Bruxelles, 1907, p. 55-56. Cf.: ibid, p. 68, nota). – Per precisare questa veduta generale, sembra utile di raccogliere i fatti o i testi pit salienti e pit significativi, d’indicare a grandi linee il progredire della divozione e di ricrearne le tracce principali! Per essere meno incompleti, ritorneremo un poco sui nostri passi, per raccogliere gualche spiga che non potemmo mettere nel nostro covone nel capitolo precedente (Ve ne sono molte più in FRANCIOSI, nel P. HENRI DE GREZES – Ma questi autori precisano poco; appena si fa questione della piaga del costato e del cuore di Gesù; accade anche più d’una volta P. Henri de Grezes di tradurre per cuore le parole latus, costatum, pectus, ecc. che non hanno questo senso preciso).

II.

CISTERCIENSI E BENEDETTINI

Santa Ludgarda. La venerabile Ida.

Bisogna segnalare, da prima, santa Ludgarda (1182-1246). Più di una volta nella sua vita si fa questione del sacro Cuore. Si esagera, tuttavia, quando si vuol farne cinque secoli innanzi e la Margherita Maria Belga. È già molto che ella abbia avuto con Gesù, amantissimo e amabilissimo, qualche cosa di quelle relazioni intime che abbiamo già ammirato in Mechtilde e in Gertrude, le sorelle cadette della vergine di Saint Trond e d’Aywières. Il fatto più saliente è il dono reciproco dei cuori. Dio le aveva accordato la grazia di guarire i malati. Si accorreva dunque a lei, e ne rimaneva molto molestata nelle sue preghiere. Ella disse al Signore: « a che scopo, Signore, questa grazia che m’impedisce spesso di trattenermi intimamente con voi? Toglietemela; ma in modo da cambiarmela in meglio « E il Signore: « Che cosa vuoi, le rispose, in cambio di questa grazia? » Ed essa: « Vorrei, per mia maggior divozione, comprendere il mio Salterio. » E così fu. Poi prevedendo che questa grazia non le dava tutto il profitto che ne aveva atteso…, disse ancora al Signore: « E a che cosa serve, a me ignorante, sempliciotta e illetterata, di conoscere i segreti della Scrittura? » – « Che vuoi tu dunque ? », Rispose il Signore.  « Voglio il vostro cuore. » – « Sono piuttosto io che voglio id tuo ». – « Cosi sia, Signore, ma temperate alla misura del mio cuore l’amore del cuore vostro, e che in Voi io possegga sempre il mio cuore, messo al sicuro sotto la vostra custodia (Vita seritta da TOMMASO DI CANTIMPRÉ, C. 1, n. 12, Acta Santorum t. XXIV, giugno t. IV ad diem 14, p: 193; Francios, col. 187 Vi si trovano molti altri tratti che si riferiscono più o meno direttamente, alla nostra divozione. H P. ALET nella France et le Sacre-Caur, p. 200, racconta un tratto simile della Beata Giovanna de Maillé, con un vago richiamo ai Bollandisti.). – Un’altra Cisterciense, la venerabile Ida (1247-1300), vide un giorno Nostro Signore, andare a lei; Egli le mostrava il petto del Signore, e l’invitava ad avvicinarsi a Lui con prontezza onde bere a questa deliziosa sorgente – de pectore suo mellifluo. – Questa volta, pertanto, Ida non si accostò al petto del Signore … ma, altre volte, spesso anzi molto spesso, in rapimenti simili, mentre era fuori dai sensi, entrò nella cella binaria e … bevve alla sacra sorgente del petto del Signore (de sacro…. Dominici pectoris fonte potaverat – Vita, 2, c. 1., n. 4. Acta sanctorum, t. II. Apr.t. II, ad diem 13, p. 173. Franciosi, col. 210). Questi due esempi bastano per dimostrare la divozione al sacro Cuore, nella. grande famiglia benedettina e cisterciense, e ne abbiamo già veduti molti altri nel capitolo precedente, cioè: san Bernardo e i suoi discepoli, santa Mechtilde e santa Gertrude.

III.

I FRANCESCANI

Le cinque piaghe e il sacro Cuore. Cantici Francescani. Jacopone. Stimulus amoris et Philomena. Margherita da Cortona. Angela da Foligno. Francesca Romana. Giovanna di Valois. Battista Varani. Ubertino da Casale. Bernardino da Siena. Enrico di Herp.

Nella famiglia francescana si trovano pure delle tracce numerose della divozione al sacro Cuore. Il P. Henry de Grézes, ha scritto un grosso libro con testi ed esempi. Abbiamo già parlato di san Bonaventura; raccoglieremo ora qualche altro fiore nel giardino di san Francesco. Il più sovente non vi si ritrova la devozione al sacro Cuore così direttamente come nelle sante Mechtilde e Gertrude; è piuttosto, una divozione ardente e espansiva alle cinque piaghe, specialmente alla piaga del costato, spesso alla piaga del cuore e, per conseguenza, al cuore ferito col molteplice simbolismo che vi si riferisce. L’ordine di san Francesco si distinse subito per la divozione alle cinque piaghe. In questa divozione quella del costato attirava naturalmente l’attenzione, e nella piagha del costato è così facile fermarsi a considerare il cuore ferito, ferito d’amore per noi, come lo era stato dalla lancia del soldato. Si sa che Nostro Signore, fece vedere in una visione alla nostra beala Margherita Maria san Francesco d’Assisi come uno dei più grandi favoriti del suo sacro Cuore e glielo dette per guida e come un pegno del suo amore divino (Contemporaines, t. V, p. 254 (282); G. n. 254, pag. 249; Cf. t. II, pag. 161).

Sino dal XIII secolo si cantava fra i francescani: Riguarda un poco, e vedi

Com ‘io sto per amore, Ho trapassato il cuore Con una lanza …

Mio cor tuo cuor desia. Mi fai d’amor languire. Frettati a me venire, Dammi il core (2).

(2) Citato dal P. HENRI, pag. 41. Si continuò per lungo tempo a cantare queste e altre strofe simili, come composte da S. Francesco. La B.ta Battista Varani racconta questo tratto grazioso. Nel secondo venerdì che tenne dietro al nostro ingresso in monastero, io stava con suor Costanza. Essa filava accanto al fuoco, mentre io cuciva…, ed essa a un tratto si pose a cantare questo cantico del nostro Padre s. Francesco. « Alma benedetta dall’alto Creatore ». Io replicai, e dopo avere ascoltato la prima strofa, cantai la seconda. Quando ella venne a queste parole: Risguarda quelle mani, Risguarda quelli piedi, Risguarda quello lato », io non potei continuare, la parola mi mori sul labbro e svenni fra le braccia della mia sorella ». CONTESSA DI Ramputeau; ia B. Varani, Parigi 1909, p. 85. Pacheu attribuisce a Iacopone un canto che comincia con gli stessi versi. Le strofe somigliano molto per il pensiero e per il metro a quelle del cantico attribuito a san Francesco dalla Beata Battista Varani, ma i versi sono differenti, – Fra le poesie di Fra Iacopone da ‘Todi (morto nel 1306) più di una fa menzione del Cuor di Gesi. quella che comincia Mirami sposa è una commovente richiesta di Gesù in croce dell’amore dell’anima sua Sposa. « Guardami un istante …. sulla croce, dove soffrì così crudelmente, per darti il mio fuoco divino…. Tu sei scritta nel mio cuore con lettere di sangue…. Il mio amore per te mi costrinse a venire nel mondo; e il mio cuore santo e puro non indietreggio dinanzi alla morte! Le mie mani e i miei piedi, la mia testa insanguinata sono, lo vedi, fra brandi pene:; ma la mia pena più grande è che tu veda il dolore mio…. di me tuo Redentore, e che tu ne faccia meno caso che di un fuscello ». La risposta dell’anima é una risposta d’amore. « E a chi dunque devo io darmi se non a te, Sposo mio? Che solo in te speri e che il tuo amore cui consumi » (Cf.: Pacheu, Iacopone da Todi, p. 156-158). Senza fermarci a rilevare quel che nell’opera di lacopone ha relazione col sacro Cuore, citiamo ancora un passo. Il poeta, ebbro d’amore, dice a Gesù che gli chiede di moderarsi: « Perché dunque mi conduci a una tal fornace d’amore, se tu vuoi che io sia temperante? …. Dandoti a me, in siffatto modo, senza misura, tu togli a me ogni misura…. Se qui vi è qualche colpa, ê tua, Amore, e non mia, poiché questa strada ê stata tracciata da te, o Amore. Tu non hai saputo difenderti dall’amore. È l’amore che dal cielo ti fece venire sulla terra …. (fin qui ti abbassasti!) Tu non volesti avere né dimora, né terra; ma la povertà per arricchirci. In vita e in morte tu mostrasti, in modo ben certo, l’amore senza misura che ti ardeva nel cuore… Dunque, o Gesù… perché mi rimproveri se son pazzo (d’amore)…. poiché l’amore ha legato te stesso sì fattamente come privato di ogni grandezza.» (Amor di caritate, I c., p. 248-252.). Chi vorrebbe contestare che in tutto questo vi sia, più o meno distinto, della divozione al sacro Cuore (il Cuor di Gesù vi è menzionato più volte), quando lo spirito della divozione animava sì visibilmente queste strofe infiammate? Vi sarebbe molto ancora da spigolare, non solo sulla piaga del costato, ma sul sacro Cuore medesimo, nei sermoni che circolano sotto il nome di sant’Antonio di Padova (1195-1231). Accontentiamoci di qualche. citazione, secondo Henry de Grèzes, che, senza garantire le edizioni di cui si serve, si è però assicurato che i passi che indica si trovano nel testo autentico delle opere del santo (L. c., p. 48. I testi che citiamo, sono sparsi nelle pagine 52 e 62 del P. Henry. Per quanto è possibile, abbiamo riferito quelli il cui testo latino mi è stato accessibile, sia nel P. Henry, sia in Franciosi, col. 180-182). « Egli ha dato per te il suo cuore sulla croce, ed è perciò che Egli ha voluto avere il cuore ». « Cor suum dedit in consumationem operum » (52). « Egli ha aperto alla sua colomba il suo cuore, perché vi si nasconda. Nascondendosi nelle cavità della pietra, la colomba si mette al riparo dalle insidie dell’uccello di rapina; e, nello stesso tempo, si prepara una dimora tranquilla, ove riposa dolcemente, e dove può gemere in pace. E l’anima religiosa troverà nel cuor di Gesù un asilo sicuro contro tutte le macchinazioni di satana e un ritiro delizioso. Non ci accontentiamo dunque di rimanere nel limitar della grotta, ma penetriamo nel profondo. All’ingresso della grotta, alle labbra della ferita, troviamo pur sempre, è vero, il sangue che ci ha riscattato …, ma l’anima religiosa non deve fermarsi lì…. Ma vada sino alla sorgente, da cui scorre quel sangue, nella parte più intima del cuor di Gesù. Là troverà luce, consolazioni, pace e delizie ineffabili. E là, nella cavità profonda della pietra, siate come la colomba che costruisce il suo nido …. Ma con che cosa costruiremo noi quella nostra dimora nel Cuor di Gesù? » (56, 57). « Vi sono due cose da considerare nel Cristo, che ci strappan le lacrime: l’amore nel suo cuore, il dolore nel suo corpo. L’altare d’oro è la carità nel cuore di Cristo » (62). « Tutti questi testi non possono essere attribuiti, con assoluta certezza, a sant’Antonio, ma ci danno dei lumi sulla divozione dei Francescani al Cuor di Gesù e sul modo con cui la predicavano (Insieme con. la nota del P. Henry de Grzes sulle opere di sant’Antonio, bisogna consultare l’Appendice 2.a di Lepitre, S. Antoine de Padoue, Paris, 1901, p. 204-208). Come prova della divozione Francescana bisogna ricordare qualche passo dello stimulus amoris, stato attribuito, per lungo tempo, a san Bonaventura, ma che certamente non è suo, per quanto vi si ritrovino le sue idee e, persino, le sue espressioni (Vedi S. Bonaventure, Opera omnia, Quaracchi 1898, t. VIII, Prolegomena, c. IIl, art. 5, p. CXI, cf, pag. XCIV. Sarebbe di Fra Giacomo da Milano, 2.a metà dél secolo XIII). Qui ancora è la ferita del costato che attira l’attenzione; il cuore non è estraneo al pensiero, ma non è che di passaggio che se ne fa una menzione esplicita: «Io voglio fare tre tende, una nelle sue mani, una nei suoi piedi, ma soprattutto una che sia fissa nel suo costato…. Là io parlerò al suo cuore e otterrò tutto quello che voglio (1,1,634) (Traduco dal testo latino, ediz. Vives, Parigi 1867, t. XIII. Cf. Pungiglione d’amore, tradotto in francese dal P. Ubalpo di ALENCON, 1910, c. XIV, pag. 83,86, c. 18, pag. 33, c. XIII, pag. 75. II P. Ubaldo segue l’ediz. di Quaracchi dove mancano il 3° e il 5° testo). « Nell’eccesso dell’amor suo Egli si è aperto il costato, onde poterti dare il suo cuore » (1,1,635). « Se ti sei liquefatta (liquefacta) al solo udir la sua voce, come non ti sei tutta immedesimata (absorta) in lui entrando nelle sue ferite…. sino al suo cuore? » (2,8,672). « Se tu mediti la sua passione e penetri profondamente nel suo costato, arriverai ben presto al suo cuore. Beato il cuore che si unisce così teneramente al cuore di Cristo » (3,1,677). « Avviciniamoci a questo cuore profondo e immergiamoci tutti e interamente in questa profondità della bontà infinita. Avviciniamoci con fiducia al costato di Gesù; entriamoci » (1,14,657). Egli ha voluto mostrarci l’amore del suo cuore, attraverso l’apertura del suo costato » (3,14,690). – Quest’ultima espressione è, lo abbiamo veduto, la formula fondamentale della divozione al sacro Cuore. La ritroviamo in un poema del Medio Evo intitolato Philomena (forma popolare di Philomela), che pur si attribuisce a san Bonaventura, ma forse a torto (Vedi S. Bonaventura, Opera omnia, Quaracchi 1898, t. VIII, Prolegomena, c. II, art. 1:$ 7,3; p. CIV, CV, Cf. p. 699, nota 3)  « Finalmente Egli ti ha scoperto il suo cuore così tenero, per farti conoscere quanto ti ha amato: Domum suum dulce cor tibi denudavit. Ut sic innotesceret quantum te amavit (Strofa 67, ediz. di Quaracchi, t. VIII, XIV, p.-. 672. Ediz. Vivès, t. p. 165. Si potrebbe citare pure la strofa seguente, sopra tutto la seconda: Cor ignavi siquidem minime perpendit. Ad quid Christus optimum suum cor ostendit, Super alas positum crucis; nec attendit. Quod reclinatorii vices hoc prætendit. L’idea del Cuor di Gesù come reclinatorium (lettuccio?) si trova sino dall’XI secolo. Si riferisce a s. Giovanni, che riposa sul petto del Salvatore. Il testo latino di Taulero ci offre nello stesso senso la parola pulvinar (guanciale, cuscino -). Nel movimento francescano possiamo pur rammentare santa Margherita da Cortona (1242 – 1297), la grande peccatrice che divenne terziaria di san Francesco; la beata Angela da Foligno (1248 – 1309); santa Francesca Romana (1384-1440), che fu terziaria di san Francesco, prima di divenire figlia di san Benedetto, in un monastero fondato da lei stessa; la beata Giovanna di Francia (1404-1505), che fu del Terzo Ordine di san Francesco prima di fondare le suore dell’Annunziazione; la beata Battista Varani, Clarissa, (1458 – 1527). Nostro Signore Apparve un giorno a santa Margherita da Cortona (1247-1297), e le disse: « Metti le tue mani sulle piaghe delle mani mie ». Ella non osava, e rispose: « Oh: no, Signore ». In quel punto si aprì la ferita del costato e, in quell’apertura, ella vide il cuore del suo Salvatore. Allora in un trasporto d’amore (in quo excessu) Margherita abbracciò il suo Signor crocifisso e da Lui fu trasportata al cielo » (Vie, scritta dal suo confessore, c, VI febbraio t. III n. 152, Acta Sanctorum, t. VI, febbraio t. III: ad diem 22, P. 335. Testo latino in FRANCIOSI, col. 208). – Un altro giorno Nostro Signore le chiese: Figlia mia, mi ami tu?» Ella rispose: « Non solo vi amo, Signore, ma vi desidero, e vorrei, se Voi pur lo voleste, esser nel vostro cuore ». E il Signore: « Perché, le disse, se vuoi entrare nel mio cuore, non vi entri per la ferita del mio costato? ». Al che Margherita riprese: « Signore Gesù, se io sono nel vostro cuore, sarò pure nella ferita del costato » (Vie, c. V Acta Sanctorum, I, c. 330, Franciosi, 208). – Un giorno mentre ella Pregava per i Padri dell’anima sua, Nostro Signore le disse:« Dì ai miei Frati Minori, che le loro anime non ritardino di entrare in me per l’amore; perché Io entrerò nelle loro anime con la mia grazia. Con questo intendimento che comincino al mio presepio e continuino la loro meditazione…. sino al supplizio finale della mia passione. Ad ogni sosta delle mie sofferenze considerino l’amore del mio cuore ardente » (Vita, c.IX, n. 285, Acta Sanctorum, 1, c. p. 351 in Franciosi, 209). –  La beata Angela da Foligno (1248-1309) si occupa più, ella pure, della ferita del costato, che del cuore propriamente detto. Certi tratti, pertanto, meritano d’esser notati. Un giorno, dic’ella, « ebbi un sogno, in cui mi fu mostrato il cuore di Cristo, e mi fu detto: In questo cuore non vi è menzogna; tutto vi è verità » (Vie, par ARNAUD, suo contemporaneo, c. I, n.27, Acta Sanctorum, t. I., Gennaio t. l, ad diem 4, p. 189; Franciosi, 229. Cf. Le livre des visions et instructions de la’ B. Angéle de Foligno; Tradotto da Erneest Hello, con Avertissement di GEORGES Goyau, 5.a edizione, Paris 1914, p. 53. La santa aggiunge una spiegazione di cui non si vede il rapporto con la parola di Gesù: « Et hoc videbatur mihi quod acciderat, quia ego feceram quasi. truffas. de quodam pradicatore ». Il P., Henry traduce « Io compresi allora, che questa visione mi era data per mostrarmi la temerità che avevo avuta di criticare ciò che un predicatore aveva detto dalla cattedra, sui misteri del santo Cuore di Gesù ». E conclude che la divozione incontrava qua e là delle opposizioni. Ma è un andare più lungi nei testi). Un’altra volta, fra le altre spiegazioni sulle sue sofferenze, Nostro Signore disse: « Per i peccati del tuo cuore (s’intendono peccati interni d’invidia, collera, ecc.) io ho avuto il cuore e il costato trapassati da una lancia acuta, e ne è uscito un rimedio sovrano contro tutte le passioni e i peccati del cuore » (Vie, c. VI, n. 107; Ibid., p: 203; FRANCIOSI, 229, trad. Hello c. XXV, p. 151). – Santa Francesca Romana. vide un giorno « l’Agnello di Dio e dei bianchi agnellini che scherzavano davanti a Lui e gli facevano umilmente la riverenza. Poi una voce si fece udire: « Se qualcuno, ha sete, che venga a me e beva ». E l’Agnello divino presentava il petto agli agnellini per invitarli a bere alla gran piaga da cui era ferito. E gli agnelli accorrevano dolcemente. La devota serva di Dio vi fu pur condotta. Ella vide nella ferita. un oceano profondo di luce infinita, e, non contenta di bere, avrebbe voluto immergervisi tutta, se le fosse stato permesso. Ma ne fu impedita senza sapere da chi… E intese una voce che diceva: « Io sono questo amore che grida alto: ..Se qualcuno ha sete, che venga e beva; quelli che vengono, Io voglio satollarli e ho aperto il mio cuore per farne il loro asilo » (Vita, 1, II, visione 8, n. 15-16, Acta Sanctorum, t. VIII, marzo, t. Il, ad diem 9, p. 108; in Franciosi, col. 267.). In un altro luogo il suo storico ci dice: « Un giorno ch’ella beveva avidamente alla ferita del costato…, elle vide il cuore del Salvatore ferito da un lato (ex uno latere) dalla lancia » (Loc. cit., n. 17, P. 108 ; Franciosi, l. c.). Un altro giorno ella ebbe una visione analoga: « Nella piaga del costato vi era come un oceano di dolcezza infinita… ed ella intese una voce dolcissima che diceva: « Io sono l’amore fedele che mette l’anima nella verità….. E dalle mie piaghe esce uno splendore siffatto che ella diviene tutta accesa d’amore. E quando l’anima è così infiammata, io la trasformo, ed ella si abbandona tutta al mio amore e alla mia volontà; là trova un abisso di amore e di dolcezza » (Ibid., visione 14, n. 32, p. 112; Franciosi, col. 290). Si vede come siamo vicini al sacro Cuore. Lo tocchiamo quasi. Notiamo, pertanto, che è la piaga del costato che è il centro di tutto; tutti i particolari si coordinano in rapporto ad essa, quelli pure in cui si fa menzione del cuore. In Margherita Maria è il contrario; i particolari sono quasi sempre gli stessi, ma è il cuore che ne è il centro. – Il cuore simbolo si rivela meglio in una visione della beata Giovanna di Valois (1464-1505). Un giorno, « rapita in estasi vide Cristo e la Madre sua che le presentavano…, due cuori. Volendo essa stessa offrire il suo cuore, siccome il Cristo le domandava, ella si mise la mano nel seno e rimase sorpresa nel non trovarvi più il cuore, mentre il dolcissimo Gesù le sorrideva teneramente. E non è meraviglia, aggiunge lo storico, che ella non più lo trovasse, perché unito per l’amore al cuore di Cristo, vi viveva più che nel suo proprio corpo » (Vita, c. III, n. 8, Acta Sanctorum, t. IV, febbraio, t. I, ad diem 4, pag. 583; in Franciosi, col. 290). – Ancor più espressive e veramente degne di beata Margherita Maria sono le visioni della B. Battîsta Varani, Clarissa (1458-1527) ((3) Vedi Conressa. pe Ramsureau, La 8. Varani, Princesse de Camerino, et Religieuse francescaine, Paris, 1906, Si troveranno là quasi tutti i passi tradotti qui letteralmente dal testo latino dei Bollandisti. De Ramsureau rimanda per il testo italiano a Opere spirituali della beata Battista Varani, Camerino, 1894). Ella stessa parla in una relazione scritta nel 1419: « Non è meraviglia, mio dolcissimo Gesù, ch’io avessi voglia di entrare nel vostro cuore. Poiché voi mi avevate già mostrato il mio nome, là dentro, scritto in lettere d’oro. Oh! come mi parevano belle, nel vostro cuore purpureo, le lettere d’oro, in scrittura antica, che significavano: « Io ti amo Camilla » (Essa si chiamava Camilla di nome di battesimo). E voi mi avete presentato questo spettacolo perché io non potevo comprendere che aveste per me un tale amore, e voi quasi ve ne scusavate dicendo che non potevate farne a meno, poiché mi portavate scritta nel vostro cuore; e, alzando il vostro braccio glorioso, mi facevate leggere le parole che ho detto ». Da ciò naturalmente, si accendeva in lei un desiderio ardente « di perdersi nel cuore immenso di dolore, ove fu immerso il cuore di Gesù… Questo desiderio la tenne per due anni nella preghiera e nella meditazione…, sino a che fu ammessa in sacerrimum thalamum myrrhati cordis Jesu Christi, veri solique maris amarissimi, omni tam angelico quam humano intellectui in navigabilis » (Vita scritta da sè stessa, c. IV, n. 29 e 30. Acta Sanctorum t. XX, maggio, t. VII, ad diem 31; p. 478. In Franciosi, col. 292. Cf. contessa de RAMBUTPAU, p. 7-5 77). Ella intendeva per quella « camera sacra dal cuore imbalsamato di mirra » per quel « mare d’amarezza che non potrebbe esser navigato da nessuna intelligenza angelica, o umana », i dolori immensi e senza limiti del sacro Cuore. Noi andiamo a piene vele, lo si vede bene, verso quel mondo in cui si agita il pensiero di beata Margherita Maria. Sono quasi le sue stesse parole. Ciò che segue ricorda parimente una lettera della beata Visitandina al P. Croiset. « Una rivelazione meravigliosa, che io voglio che domandiate a Dio (scrive al suo figlio spirituale) è che vi faccia conoscere quello che siete, quello che potete, quello che sapete, quello che meritate; perché senza questa rivelazione, nessuno può giungere alla perfezione. Questo segreto, d’altronde, non s’impara che nel sacro petto di Cristo Gesù ; ed Egli non lo rivela a tutti…: (Supplemento alla Vita, c. Il, n. 10, p. 494, FRANCIOSI, 293). Vegliate dunque con tutta la cura possibile, anima cara, a essere umile di cuore (humilis ex animo), caritatevole, pio, dolce, con gli occhi fissi come su di uno specchio; sul purissimo cuore del dolce Gesù, rendendovi a Lui somigliante, se pur desiderate la sua dolce familiarità e la sua amicizia così onorevole. È in questo cuore, è in questo sacro petto, che vostra madre (Ella parla qui di sé stessa. -) ha attinto tutto quel che ha di bene esteriormente: e interiormente. Il dolce petto di questo amantissimo Gesù è stato la sua scuola; è là che ha studiato. Là non si legge che verità, mansuetudine, compassione, dolcezza, gioia del cuore e cristiana felicità; là non si trova che amore e carità per il prossimo. O cuor divino! lo non posso impedirmi di nominarvi, poiché ella si è veduta scritta in voi in lettere d’oro; belle e risplendenti. Entrate là, o anima, se volete esser presto perfetta. È questa via la via breve, nascosta, sicura, infallibile, per la quale ha camminato e cammina vostra madre: seguitela dunque » (Supplemento alla Vita, c. Il, n. 14, p. 495, in Franciosi 293). « Vi è, diceva ella ancora, la stessa differenza fra quegli che si esercita a meditare i dolori intimi (mentalibus) di Cristo e quegli che si ferma a considerare quelli della sua sola umanità (Bisogna intendere qui i dolori esteriori e corporali) che vi è fra il miele, o il balsamo, che è nel vaso, e le poche gocce che’ bagnano il vaso al di fuori. Chi desidera, dunque, di gustare la passione di Cristo, non deve accontentarsi di passare la sua lingua sull’orlo esterno del vaso, vale a dire le piaghe e il sangue che aderiscono a questo sacro vaso dell’umanità di Cristo…, ma entri nel vaso stesso, voglio dire nel cuore di Cristo benedetto, e là sarà satollato al di là dei suoi desideri… Ogni spirito non è atto a navigare in questo oceano…, ma Dio ne rende capace chi lo desidera e lo ricerca in verità » (Rivelazioni, n. 21, Acta Sanctorum, 1. c. p. 492, Franciosi, col. 294. Contessa de Rambuteau, p. 103). – I mistici francescani finiscono per introdurci nella piena divozione del Cuor di Gesù verso la fine del secolo XV o verso il principio del XVI. Qualche predicatore, di cui abbiamo gli scritti, ne ha pur parlato. I due principali sono fra Ubertino da Casale, l’ardente capo degli « spirituali », verso la fine del XIII secolo, e san Bernardino da Siena, l’amabile apostolo della divozione al Nome di Gesù. Nel suo libro sulla Passione, scritto del 1305, che egli intitola. Arbor vitæ, Ubertino parla spesso dei dolori del cuore (cordiales dolores), di Gesù. Egli si compiace a studiare le sofferenze intime del cuore divino. Racconta che egli stesso, nelle sue meditazioni. Sulla Passione, beveva l’acqua che scorreva dalla sorgente aperta in questo cuore, e come: « lo spirito di Gesù l’occuperà per quattordici anni dell’esteriore di Gesù, « circa forinseca Jesu »; prima d’introdurlo « nelle perfezioni. profonde dell’anima sua e nei dolori inesprimibili del suo cuore ». Egli amava « immergersi in quell’abisso di sofferenze dell’amor divino ». Egli. ci dice, in termini molto simili a quelli della beata Margherita Maria «il dolore amoroso del divin Cuore durante tutta la sua vita, come ricevé la croce, sino dal seno: della madre sua e sempre la portò nel cuore ». Più che lo studio della vita esteriore di Gesù, egli gusta quello della sua vita interiore, e il dono speciale dello Spirito Santo « a quelli che nel fervore di un amore serafico, sono introdotti nei sentimenti cordiali della perfezione del cuor di Gesù». Ci descrive Gesù mentre va al Calvario, « pieno d’amore, col cuore acceso d’ardore per compiere il mistero della redenzione che per trentatrè anni…. aveva compiuto nel suo cuore, esprimendo con segni esteriori l’amore intimo del suo cuore ». Le parole di Gesù in croce « venivano dall’abbondanza del suo cuore. Vi era, in quel cuore insieme con un ardente amore inestinguibile, con un dolore d’amarezza incomprensibile, un vigore di coraggio indomito (L. IV, c. 19, col. 2, Testo latino del P. Henry DE GREZES, pag. 124. Gli altri testi, /bid., p. 110-124. Cf. FrÉDÉGAND CALLAEY, Études sur Ubertin de Casal, nella Recueil des travaux pubblicata da l’Università di Louvain, 28 fascicolo, p. 87-90, Paris 1911) ». – Il P. Henry de Grèsez, a p. 112, interpreta così la dottrina di fra Ubertino: « La vita di Gesù Cristo si riassume in queste due parole: amore e sacrifizio. Egli mi ha amato, dice l’Apostolo, e, per amore, si è immolato per me: Dilexit me et tradidit. Il sacrifizio apparisce in tutta la vita esteriore del Salvatore, e la sua espressione culminante fu la immolazione sul Calvario. Ma questo sacrificio non era che il sacramento, vale a dire il segno visibile e sacro del sacrificio invisibile, che si era compiuto, e non cessava di compiersi nel cuor di Gesù tutto acceso d’amore. È dunque a questo augusto santuario che dobbiamo andare, se pur vogliamo comprendere la vita immolata del Salvatore e i suoi meriti infiniti. Noi non comprendiamo il martirio del corpo di Gesù, che studiando con amore il martirio del suo cuore ». – Io temo che l’interprete abbia messo qualcosa del suo, almeno nell’espressione, ed abbia un po’ rammodernato il suo autore. Ma il fondo rimane esatto, come lo mostrano i testi che abbiamo citato. Aggiungiamo questo, nel quale l’anima divota è invitata a fare come Maria: « La lancia salutare ha fatto un foro nella pietra, un asilo nella muraglia, come soggiorno di colomba. Alzati, dunque, Vergine Beata, unica, sola colomba tutta bella del diletto Gesù; fai il tuo nido all’apertura del foro, nel cuore aperto e nel costato del tuo Cristo…. E tu, figlio devoto della Vergine Madre, entra con la Vergine, vaso di divozione, nei segreti del cuor di Gesù che la lancia ha crudelmente aperto per te, e là completa ciò che manca alla passione di Cristo, gustando con la Vergine i dolori delle ferite del Salvatore » (L. IV, c. 24, Franciosi col. 223). Non attribuiamo a fra Ubertino più di quello che ha detto. Se il simbolismo del cuore non è molto accentuato in lui, vi è frequente la menzione del cuore, come sede dei sentimenti e delle virtù del divin Maestro, come centro della sua vita intima e particolarmente del suo amore, come luogo di riposo per l’anima contemplativa e d’ unione intima con Gesù, come principio amoroso di tutte le Opere e sofferenze di Cristo. – San Bernardino, 1383-1446, si avvicina di più alla nostra divozione, se se ne giudica da alcuni passaggi delle sue prediche: « O amore, che fai liquefar tutto, in quale stato hai ridotto il nostro Amico per operare il nostro riscatto? Affinché il diluvio dell’amore inondasse tutto, i grandi abissi hanno rotto le dighe, voglio dire le profondità del cuor di Gesù; la lancia crudele ha penetrato sino nel fondo, senza risparmiar nulla. L’apertura del costato ci fa conoscere l’amore del cuor di Gesù, sino alla morte, e c’invita ad andare a questo amore ineffabile che lo ha fatto venir sino a noi (ad illum ineffabilem amore ingrediamur, quo ille ad nos processit). Andiamo dunque al suo cuore, cuore profondo, cuore segreto, cuore che pensa a tutto, cuore che ama, o piuttosto, che arde d’amore. La porta è aperta; comprendiamo da ciò la vivacità del suo amore (Il testo latino è oscuro: Apertam portam intelligamus saltem in amoris vehementia.) e, col cuore conforme al suo, penetriamo in questo segreto, nascosto, sino all’ora, e svelato, per così dire alla sua morte, per l’apertura del costato (Serm. 51 per il venerdì santo, p. 2, ediz. di Venezia, 1745, t. I, p. 263, art. 2, c. III, in: FrANCIOSI, col. 270-271. Il dettaglio del pensiero è oscuro nel testo che abbiamo e non mi lusingo di aver compreso tutto. Cosa curiosa; questo testo si trova quasi parola per parola, come pure tutto lo sviluppo di cui fa parte nell’Opus in Quatuor Evangelia del B.to Simone da Cascia, che citeremo presto;Vedi: Franciosi; col. 339-341. Il senso è più chiaro nel testodi Simone : Et per apertam portam fiamus saltem in amoris vehementia cordiformes et mente intremus ad secretum…. Forse Bernardinonon vuol dire altra cosa).E poco prima diceva nello stesso sermone: « Gesù incroce, era tutto acceso d’amore per noi…. e si occupava della nostrasalute. Non aveva egli detto: L’uomo da bene ritraeil bene dal buon tesoro del suo cuore? Dunque dal buon tesorodel suo cuore; che è l’amore, Egli aveva sempre trattoil bene, ma Egli prodiga l’eccellente amore quando, per amornostro, era sospeso in croce. Là egli mostrò che il suo cuoreera una fornace della più ardente carità, per infiammare, perconsumare pienamente, efficacemente il mondo intiero » (Serm. 51, p. 2, art. 1, Ediz. di Venezia, t. I, p. 252. In Franciosi, col. 270). In un altro sermone, si esprimeva così: « Il Cuore di Gesù, non si potrebbe meglio paragonarsi, a causa del suo ardente amore, che a un incensiere pieno di carboni accesi » (Serm. 56, in Parasceve, 3° p., art. 2, c. III, ediz, Venezia, 1745; t. II, p. 370, FRANCIOSI, 272.). – Il gran mistico Enrico de Herp (Harphius), che morì verso il 1478, non fa che ripetere, e spesso coi medesimi termini, ciò che avevano scritto i suoi predecessori sulla piaga del costato, i Sacramenti che ne escono, ecc. Quello che dice del sacro Cuore coincide, presso a poco, sia in pensiero che in espressione; con ciò che ha scritto Ludolfo Certosino, sia che Harphius abbia copiato Ludolfo, sia che i due abbiano attinto alla stessa fonte. Vi sono, pertanto, dei tratti che sono suoi: « Che la volontà di Dio ci sia gradita in tutto e al disopra di tutto, poiché il cuore di Cristo è stato ferito per noi di una ferita d’amore, onde, per corrispondenza d’amore, noi possiamo entrare per la porta del costato sino al suo cuore e là unire tutto il nostro amore al Suo amore divino. E, come metalli diversi, fusi al fuoco e uniti insieme, si trasformano in in un’altra sostanza unica, così l’uomo deve fondere fedelmente tutti i suoi desideri nell’amore di Cristo (Nel testo si trova « amore Christi fundare» che, a prima vista, non dà perfettamente lo stesso senso; ma, riguardando più da vicino, mi sembra che vi sia un’idea di fusione, Forse bisognerebbe leggere fundere o intendere fundare nel medesimo senso), e rivolgerli a Dio…. Impara, anima fedele, di quale amore ardeva Gesù, poiché l’ampio recinto del cuore si è trovato troppo stretto e la fiamma dell’amore ha dovuto sprigionarsi per le aperte piaghe del cuore » (Theologia mystica, I. I, c. XVIII, ediz. di Brescia 1601, pag. 50 e 51; Franciosi, col. 280. Vedi più avanti, § 5, Lupolfo Certosino). A questi testi e a questi fatti bisogna aggiungere una parola su ciò che la famiglia francescana ha fatto onde familiarizzare le anime col sacro Cuore per mezzo delle immagini. Si sa come ci si abitua, poco a poco, a rappresentare la piaga del costato con una immagine del cuore, e come intorno a questa immagine si aggrupparono, in mille modi ingegnosi, le altre piaghe (Vedi Grimouard di s: Lorenzo; Les images du sacré Coeur, p. 46, ecc.). Così l’attenzione era sempre più concentrata sul cuore ferito. Propagando la divozione alle i cinque piaghe e moltiplicandone le immagini, preparavano il terreno alla nostra divozione (Vedi, oltre Grimouard di s. Lorenzo, l. c., il P. HENRY DE GREZES, I p. 29:2 e ss.).

IV.

I DOMENICANI

Santa Caterina da Siena. Taulero e gli scritti Tauleriani. Il B.to Enrico Suso. Le Domenicane di Colmar. La B.ta Cristina di Stommeln, Le Domenicane di Schonensteinbach. L’ufficio delle cinque piaghe e della piaga del costato.

Senza tornar qui su santa Caterina da Siena, della quale ho già parlato, troviamo negli scrittori e nei mistici domenicani molti tratti sul sacro Cuore. Giovanni Taulero, 1294-1361, ne ha fatto spesso menzione nei suoi sermoni, si citano, sotto il suo nome, altri testi, più commoventi ancora di quelli dei sermoni, ma son ricavati dagli Esercizi sulla vita e passione di Nostro Signor Gesù Cristo, che, secondo il P. Denifle, non sono da attribuirsi a lui. Spiegando in un sermone come tutta la vita cristiana deve esser piena del pensiero di Gesù, egli vuole che ci si addormenti su questo cuore sanguinante: « Si dormit, super cor illius cruentum sese reclinet » (In dominic. IV Adventus, sermo 2. Vedi D. 1. Thauleri clarissimi atque illuminati T. teologi, sermones…. reliquaque …. opera omnia, Parigi, 1623, p. 39. In: Franciosi, col. 242, ediz, Venezia 1556. Cf.: Noòel, Opere complete, t. I, p. 292, 1911); e che questo « cuore ci sia come un cuscino, corque suavissimus pulvinar » (In Dominic. XV post. Trinit., sermo 1, ibid, P. 449; Franciosi, L.c., NoeL, t. IV, p. 83). Egli fa dire a Nostro Signore: « Più che la morte mia, già così dura, sarebbe stato doloroso al mio cuore che ci fosse rimasto una sola goccia di sangue o d’acqua che io non avessi mversato da questo mio cuore per la salute dell’uomo. Poiché, come il sigillo imprime la sua forma alla cera, così la forza dell’amore con cui ho amato gli uomini, ha impresso in me nelle mie mani e nei miei piedi, e persino nel mio cuore, l’immagine dell’uomo, in maniera che io non posso cessare di pensare a lui» (In S. Pauli commemoration, ibid, p. 570 in FRANCIOSI, col. 243. Néel, t. V, p. 137.). Egli vuole che il discepolo di Cristo « si ritiri interamente nel cuore amoroso e dolcissimo di Gesù, nella camera deliziosa dello sposo, (che Egli stesso ha aperto a tutti quelli che ben vogliono dargli il cuore per abbracciarvelo .. .. fra le braccia del suo amore), e che là impari a rinunziare a se stesso in tutti i modi…, come il Signore vorrà, e come piacerà al suo divin cuore » (In Assumptione ; ibid, p. 593, in Franciosi, col. 243, Noel, t-V, p. 201). Ma se nei sermoni di Taulero si è molto parlato del sacro Cuore, più e meglio ancora è forse di esso parlato negli Esercizi sulla vita e passione di Nostro Signor Gesù Cristo. Dopo aver detto del sangue ed acqua uscite dal costato trafitto, l’autore aggiunge: « Il costato di Cristo è stato trafitto vicino al cuore per aprirci l’ingresso in quel cuore. Vi si vede il suo amore incomprensibile. Egli si dà interamente a noi, non riserba nulla nel suo cuore, se non per darcelo. Che cosa avrebbe potuto fare di più per noi? Il suo medesimo cuore Egli ce lo ha aperto come la sua camera segreta per introdurci là dentro come una sposa prescelta …. Egli ci ha dato il suo cuore orribilmente ferito, per farne la nostra dimora, sino a che, pienamente purificati, senza macchia, conformi al suo cuore, siamo resi capaci e degni di esser condotti con Lui nel cuore divino del Padre. Egli ci dà il suo cuore per nostra dimora e, in compenso, non chiede che il nostro per riposarvi » (Exercitia de vita et passione Salvatoris Nostri J.-C.; in Franciosi, col. 244-247, ediz. di Colonia 1706. Il P. Gracomo Talon dell’Oratorio, traduceva questi Esercizi nel 1669 (approvazione di Bossuet). Ho avuto sott’occhio la 3.a edizione di questa. Il passo tradotto, c. LIII, si trova alla pagina 385. Il P. Noel ne ha dato una nuova traduzione. Opere complete di Giovanni Taulero, t. VI e VII, 1912, 1913. Vedi t. VII, p. 181.). Si tratta qui del cuore di carne, del cuore ferito; ma è considerato simbolicamente, come lo dimostra il riavvicinamento col cuore di Dio. Siamo dunque qui, veramente, in faccia alla devozione del sacro Cuore. Il seguito è nello stesso senso e molto bello. In continuazione delle opere del Taulero, il Surio ha inserito un opuscolo anonimo, intitolato De decem cæcitatibus, « Dei dieci accecamenti ». L’opera non è, certo, del gran mistico, ma è ispirata alla sua maniera di vedere e piena del suo spirito. È un trattato dei principali ostacoli alla perfezione dell’anima e alla sua unione con Dio. Ora, alla fine del trattato, c. XX, si trova, come a riepilogo, un triplice esercizio divinamente rilevato, che contiene, in breve, tutta la perfezione della santità. Il primo si riferisce alla pratica perfetta dei doveri del proprio stato, mettendovi spirito interiore; il secondo all’esame attento della coscienza, con contrizione e fermo proposito; il terzo alla divozione nel servizio di Dio, secondo la propria attrazione. Qui il gran mezzo è meditare la vita e la passione di Cristo, studiandovi l’immenso amore che vi si manifesta e operando in conseguenza; poi s’impara a vivere in Dio per la fede, la speranza e la carità. Questa vita amorosa in Dio, si pratica eccellentemente con l’esercizio delle cinque piaghe, che ci fa passare per l’umanità per andare alla divinità. Nella piaga dei piedi si gettano tutte le proprie miserie per farla finita col peccato; alla piaga delle mani ci si abbandona in Dio e si riceve Dio in sé, meditando quanto Dio ci ha amato, e tutto quello che ha fatto per noi, sforzandoci di rispondere al suo amore e ai suoi benefici con un amore distaccato da tutto, un amore puro, vivo, efficace che riferisce tutto alla gloria dell’amico divino. « Ornato di questo triplice amore, pieno di una ardente carità, vi raccoglierete ed andrete al cuore di Gesù. È un tesoro immenso, una sorgente infinita di bontà e di carità. Voi vi entrerete per mezzo dei quattro esercizi seguenti », Il primo è l’offerta totale di sé, l’abbandono a Dio, quel che ora chiamiamo la consacrazione al Cuore di Gesù. Il secondo, è la domanda di ogni sorta di grazie, e soprattutto di Dio stesso. Il terzo, il desiderio di divenire conforme a Lui, nelle sue sofferenze, nelle sue umiliazioni, e nelle sue virtù, particolarmente nell’amor suo, per potersi trasformare in Lui. Il quarto è l’unione con desiderio e preghiera, che questa unione divenga sempre più stretta e perfetta. « Così unito a Lui, andrete alla stessa divinità . … e potrete immergervi tanto profondamente nel vostro Dio, così dolce, che le creature non vi trovino più come creatura, e là tutto il vostro desiderio sarà d’essere assorbita in Lui e, a vostra volta, assorbire Lui stesso, poiché Egli non è che una montagna o un mare immenso d’amore e di bontà … E se, mentre siete così nel Cuor di Gesù, la divinità vi assorbe, sarete felice ». È, conclude l’autore, « ciò che è accaduto, or non è gran tempo, a un amico nascosto di Dio » (D. I. Thauleri…. sermones…. reliquaque…. opera omnia, Parigi 1623, p. 806-905; Noel, t. VII, p. 504 ss.), che ha fatto questo triplice esercizio. Il Cuor di Gesù non è nominato che due volte in questo esercizio; ma vi occupa però una parte principale. L’unione a Dio è lo scopo supremo, ma Gesù ne è la via. Stringendosi a Lui, immergendosi nelle piaghe dei suoi piedi e delle sue mani, ci si prepara all’unione intima con Lui; ma è nella piaga del costato e nel cuore che si consuma. Ed ecco che questa unione con Dio fatto uomo, conduce l’anima anche più in alto, nell’intimo della divinità; dal cuore dell’Uomo-Dio, arriviamo al cuore di Dio. È la via spesso indicata dagli asceti e dai mistici del Medio Evo e abbiamo potuto afferrarne qualche traccia nella nostra rivista benché troppo rapida. L’autore che abbiamo analizzato vi ha indicato come dei punti di riposo e insinuato l’importanza speciale della fermata nel cuore di Gesù. Ora quel che egli dice combina con quello che ci avevano detto i primi testi precisi sulla divozione al sacro Cuore, quello specialmente di Guglielmo di Saint-Thierry che ci presentava il cuore di Gesù, come il Santo dei santi, ove Dio riposava, o come l’urna d’oro che conteneva la manna della divinità (Vedi più sopra c. I, § 2.). È nel medesimo senso che santa Margherita Maria intendeva la divozione, quando scriveva alla Madre Greyfié: « Egli mi ha fatto conoscere che il suo cuore è il Santo dei santi, il santo d’amore che Egli voleva fosse conosciuto al presente per essere come mediatore fra Dio e gli uomini » (Lettera XXXIII (XXXIV); Vita e Opere, t. Il, p. 68 (105). G. XXXVII, 300. Vedi più sopra 1. parte, c, II). –  Così il movimento della divozione è sempre e da per tutto lo stesso. Ciò riesce evidente dall’insieme di questo studio. Ma era, forse, utile di fermarci un momento nella nostra corsa frettolosa, per farlo osservare. – Vi sono dei tratti affatto simili nelle opere del B. Enrico Suso (1300-1366). Egli fa dire a Gesù: « Considerate tutti i cuori e vedete se uno solo è stato mai così ripieno d’amore come lo è stato il mio. Avrei voluto, al posto di tutte le mie membra, averne un solo, il più nobile…. il cuore, e avrei desiderato che questo cuore fosse trafitto, distrutto, straziato; fatto in pezzi…., avrei voluto che non ne rimanesse in me nulla che non fosse dato per dimostrarvi il mio amore » (Libro della sapienza, c. IV, in Oeuvres mystigues du B. Henri Suso, nuova traduzione del. P. G. Thiriot, O. P., t. II, p. 28, 29, Paris, 1899). E un po’ più avanti: « Bisogna che tu entri per il mio costato aperto nel mio cuore ferito d’amore e che tu ti rinchiuda là dentro; bisogna che tu vi cerchi una dimora e che tu vi rimanga. Io ti purificherò allora nell’acqua viva, e ti colorerò in rosso col mio sangue, mi immedesimerò con te e a te mi unirò eternamente ». L’anima fedele risponde: « Signore, nessuna calamita attira il ferro con tanta forza, quanto l’esempio delle vostre amabili sofferenze attira i cuori per unirli al vostro » (Ibid, c. XVIII, p. 130). – E quello che scrivevano Taulero e Suso vien realizzato dai mistici domenicani. Abbiamo parlato di santa Caterina da Siena, ma possiamo segnalare altri casi meno conosciuti. Esisteva a Colmar un convento di Domenicane molto devote alla Passione del Salvatore e alle sue sacre piaghe. Nelle notizie scritte da una di quelle suore, Caterina di Guebwiller intorno a diverse delle sue compagne che vissero là, dal 1250 al 1330, si vede che nella piaga del costato ritrovarono più d’una volta il Cuore divino. Una di esse, Gertrude di Sassonia, fu fatta vedere, alla badessa del monastero, come essendo nel cuore di Gesù su di una immagine meravigliosa del Crocifisso. Siccome egli se ne meravigliava, il Crocifisso gli disse: « Figlio mio, l’uomo può essermi unito più intimamente di quello che tu puoi credere; Io nascondo nel tesoro più segreto della mia divinità l’uomo che ho creato.» Un giorno che Gertrude era in orazione: da molte ore tormentata da una sete ardente finì per assopirsi. Allora le sembrò che le si ponesse dinanzi un vaso pieno sino all’orlo di acqua fresca e limpida e una voce le diceva: « Dissetati figlia mia, bevi di quest’acqua la cui sorgente è nel mio cuore ». Ella bevve e quando si svegliò la sua sete era calmata (Les inistigues d’Unterlinden a Colmar. Notizie scritte da una di esse e pubblicate dal V.te di Bussiéres, pag. 165, 222. In Franciosi, col. 235-6. Non saprei dire, non avendo il testo originale, se si tratta del cuore propriamente detto o del petto. Secondo il nostro punto di vista ciò stabilisce una differenza, quantunque il pensiero del cuore non sia assente in nessuno dei due casi). – La B.ta Cristina di Stommeln, presso Colonia, (1230-1312), si rivolgeva al cuor di Gesù quando il demonio minacciava di toglierle la vita: « Signore Gesù…. io vi prego per il vostro dolcissimo cuore torturato per amor nostro, se è vostro volere che questi maligni spiriti mi diano la morte, ricevete in pace il mio cuore turbato e agitato, custoditelo misericordiosamente nel vostro dolcissimo cuore » (Vita scritta da Pietro di Dacia O. P. suo contemporaneo in: Acta sanctorum, t. XXV, giugno, t. V, ad diem 23; p. 299; cf. p. 328). Dopo queste lotte terribili Nostro Signore sopravveniva all’improvviso e stringeva sul suo cuore dolcissimo il cuore della sua sposa (Ibid, p. 307, Franciosi, col. 231). Il P. Denifle ha trovato, in un manoscritto del XV secolo,  altre prove della divozione al sacro Cuore delle Domenicane di Alsazia nel decimo quinto secolo. – Suor Clara d’Ostren (morta nel 1447) del Monastero di Schéonensteinbach, diceva: « Ogni giorno io mi rinchiudo in un triplice castello. Il primo è il cuore purissimo e verginale della nobile Vergine Maria, contro tutti gli attacchi dello spirito maligno; il secondo è il cuore così buono del nostro amabile Signor Gesù Cristo, contro tutti gli attacchi della carne; il terzo è il Santo Sepolcro, dove mi nascondo accanto a Nostro Signore, contro il mondo e tutte le creature nocive ». Di Suor Clara Foeltzin (morta nel 1421), dello stesso monastero, si dice: « Ella aveva grazia speciale e particolare divozione al buono, dolce; soave Cuore del nostro amabile Signore e al santo Nome di Gesù (Comunicato dal P. Denifle al Nilles. V. Nilles, t. II, p. 53, nota). – L’ordine intiero di san Domenico si familiarizzò di buon’ora con l’idea del cuore ferito e del simbolismo che vi rifiorisce. Il venerdì dopo l’ottava del Ss. Sacramento, giorno destinato a divenire la festa del sacro. Cuore, essi dicevano l’ufficio della piaga del costato, e cantavano: Dulcis hasta, latus Dei/ Te replevit sanguine; / Dulcis mucro per cor Dei / Volvitur in flumine, / Sic salvantur omnes rei / Secreto Dei murere; ossia « Dolce lancia, sei stata tutta coperta di sangue, dal costato di un Dio. La dolce spada a traverso il cuore divino, s’immerge in un flutto di sangue. Così son salvati i colpevoli, per un dono misterioso di Dio. – E nel loro Ufficio delle cinque piaghe, cantavano pure: Si cor habes maculatum, / Inspice vulnus tam latum / Cordis ejus: illine fluit / Unda que sordes abluit; « Se il vostro cuore è macchiato; fissate lo sguardo sulla larga ferita del cuore. Di là scorre l’onda che lava tutte le sozzure ». Nella nona lezione del medesimo ufficio leggevano: « Egli ha voluto che il suo costato fosse aperto, per darci accesso a cìò che vi ha di più intimo (ad intima usque. sua). Poiché quando il costato fu ferito, il cammino fu aperto sino al cuore del Signore. Che l’uomo siaccosti, dunque, a questo Cuore sublime (E’ la parola del Salmo 63. « Accedet homo ad cor altum ». Non si sa sempre se gli autori, utilizzando questo testo, intendono «cuor profondo » o « cuor sublime ») e che Dio sia esaltato in lui. Ma chi salirà sino là? Chi vi farà suo riposo? Colui che ha le mani innocenti e il cuore puro, Ma che il peccatore non esiti. Se l’ingresso non gli è subito aperto, che pianga alla porta, là dove scorre il sangue, da dove esce. l’acqua: le porte sono aperte: il grido di coloro che piangon penetrerà facilmente sino al cuore del Signore, ecc. (Secondo Francesco Collius, De sanguine Christi, l. 4, c. 7; p. 616, Milano 1617. In Franciosi, col. 641).

V.

I CERTOSINI

Corrente continua di divozione. — Ludolfo di Sassonia. — Due certosini di Treviri. — Giacomo di Clusa. — Un Certosino di Norimberga, ecc. — L’immagine.

Vedremo ben presto, studiando Lansperge, che la divozione al sacro Cuore incomincia con lui a fiorire in pratiche, preghiere, e vari esercizi. Lansperge non è uno isolato fra i Certosini. Anche prima di lui troviamo indicazioni molto precise di tracce di una corrente continua nel campo di questa devozione tra i certosini. La teoria ne è come abbozzata in tratti rapidi, ma chiari, da Ludolfo di Sassonia, detto il Certosino (1295-1378), che, nelle sue pie considerazioni sulla piaga del costato, riassume la tradizione e dice in poche parole qual sia la natura e lo spirito della divozione: «  Il cuore di Cristo è stato ferito per noi di una ferita d’amore affinché noi, con una corrispondenza amorosa, possiamo, per la porta del costato, avere accesso al suo cuore, e là unire tutto il nostro amore al suo amore divino, in maniera da non formare che uno stesso amore, come succede del ferro incandescente e del fuoco. Poiché l’uomo deve…. rivolgere tutti i suoi desideri verso Dio, per amore di Cristo e confermare in tutto la sua volontà alla volontà divina, in ricambio di quella ferita d’amore che ricevé per amor dell’uomo sulla croce, quando la freccia di un amore invisibile trapassò il suo dolcissimo cuore … Ricordiamo dunque quell’amore eccellente che il Cristo ci ha rivelato nell’apertura del suo costato, aprendoci così un largo accesso al suo cuore. Affrettiamoci di entrare nel cuore di Cristo, raccogliamo tutto quello che abbiamo di amore per unirlo all’amore divino, meditando su ciò che si è detto » (Vita Christi, 2.a parte, c. 64, n. 14; in Franciosi, col. 250. Si  può vedere tutto il passo in francese nel Mois du sacré-Coeur par danciens auteurs Chartreux, Veille, p. 29-35). – Noi vediamo nei certosini la divozione al sacro Cuore in azione nelle loro preghiere e nelle loro pratiche di pietà. Ecco una preghiera di dom Enrico di Calkar, priore di Strasburgo, nella seconda metà del XIV secolo: « Dolcissimo Gesù, io getto e rinchiudo nel vostro cuore i miei sensi, le potenze dell’anima mia, i miei pensieri, i miei affetti. Io li seppellisco per sempre nel vostro cuore, affinché io stia e dimori interamente con voi per tutta l’eternità » (Mois du sacré-Coeur, p. 295.). – Verso lo stesso tempo, un Certosino di Treviri, il cui nome ci è sconosciuto, scriveva: « Per attirare sempre più nell’anima vostra il fuoco del divino amore, sappiate che il cuore sacro, il cuore tenero di Gesù, è pieno per voi di un amore naturale e divino…. amore veramente immenso, senza misura e come senza fine…. Non è forse cosa sorprendente e ben degna di lacrime amare vedere che s’incontra sì raramente e sì poco, anche nel cuore di molti buoni Cristiani, l’amore di nostro Signor Gesù Cristo?…. Ah! se pure in questa vita il vostro cuore ricevesse, per amare Gesù, una piccola particella di quell’amore che consuma per voi il cuor di Gesù, il vostro cuore non potrebbe contenerlo: ma infiammato subitamente da così ardente fornace, prenderebbe fuoco, si spezzerebbe, scoppierebbe » (Mois du sacré- Coeur, p. 42-45). – Un altro Certosino, pure di Treviri, dom Domenico, nato nel 1384 o nel 1888 e morto nel 1461, insiste più ancora e precisa meglio. « Se volete perfettamente e facilmente purificarvi dei vostri peccati, liberarvi dalle vostre passioni, arricchirvi di tutti i beni,…. mettetevi alla scuola dell’eterna carità (dove è maestro lo Spirito Santo). Mettete, immergete spesso in ispirito…., tutto il vostro cuore e lo spirito vostro…. nel cuore dolcissimo del nostro Signor Gesù Cristo…. in croce. Questo cuore è pieno d’amore. Per suo mezzo abbiamo accesso al Padre nell’unità dello spirito; egli abbraccia in un immenso amore tutti gli eletti…. Elevate il vostro cuore, verso questo cuor salutare, dopo esservi raccolto in voi stesso…. In questo dolcissimo cuore di Gesù si trovano tutte le virtù, la sorgente della vita, la consolazione perfetta, la vera luce che illumina ogni uomo…., ma. sopratutto ritrova ciò chi ricorre a Lui devotamente in ogni afflizione e necessità. Tutto il bene che si può desiderare si attinge sovrabbondantemente in lui; ogni salute e ogni grazia vengono da questo Cuore dolcissimo e non da altre parte. Egli è il focolare dell’amor divino, sempre ardente del fuoco dello Spirito Santo, purificando, consumando, trasformando in sé  tutti quelli che gli sono uniti e che desiderano immedesimarsi con lui. Ora, siccome è da questo Cuore che ci viene ogni bene, così dovete riferir tutto a Lui…. rendergli tutto senza niente attribuirvi, senza riposarvi nei doni di Dio…. ma tutto ricondurre alla sorgente. In questo medesimo cuore confesserete i vostri peccati, domanderete perdono e grazia, loderete (psalles) e ringrazierete. Perciò bacerete frequentemente e con riconoscenza questo piissimo Cuore di Gesù, unito inseparabilmente al cuore divino, dove sono nascosti tutti i tesori della sapienza e scienza di Dio, immagine, dico, sia di questo cuore, sia del crocifisso. Aspirerete di continuo a contemplarlo faccia a faccia, a lui confidando le vostre pene. di là attirerete nel vostro cuore il suo spirito e il suo amore, le sue grazie e le sue virtù; a Lui vi abbandonerete nei beni e nei mali, in Lui avrete confidenza; a Lui vi stringerete; in Lui abiterete…., affinché Egli, in compenso, degni far sua dimora nel vostro cuore; là; infine, vi addormenterete dolcemente e riposerete nella pace. Quand’anche il cuore di tutti i mortali, vi ingannasse o vi abbandonasse, questo cuore fedelissimo non v’ingannerà, né vi abbandonerà. Non trascurate, neppure, di onorare e invocare la gloriosa Madre di Dio, la dolcissima Vergine Maria, affinché si degni ottenervi dal dolcissimo cuore del suo Figliuolo, tutto quello che vi sarà necessario. In compenso offrirete tutto al cuor di Gesù, per le sue mani benedette » (In appendice negli Exercitia D. Ioannis Thauleri piissima super vita et passione Salvatoris nostri 7-C.,- Lyon 1556. La 1.a edizione latina è quella di Colonia del Surio, traduttore, 1548. Ogni pagina è data spesso come del Lansperge. Così fa il B. Jean Eudes, Le coeur admirable, 1. 12, c. 14 (Oeuvres complètes, t. VIII, p. 283), riportandola al cap. 36 della Milice chrétienne. Egli seguiva in ciò Dom de Roignac, certosino, che l’aveva inserita nella sua traduzione della Milice chrétienne ou le Combat spirituel, Paris 1671. Io non saprei dire se qualche edizione latina la dà come di Lansperge. Dom Boutrais ne ha trascritto due volte degli estratti secondo Dom Roignac, nel suo Lansperge, p. 119-117 e nel Mois de Sacré-Coeur par d’anciens auteurs Chartreux. 15° giorno, p. 94-96, sempre attribuendolo a Lansperge. Vedi, ibid. 1.0 giorno, pag. 36-41, il passaggio integrale tradotto una seconda volta sul latino e attribuito a Dom Domenico di Triri. Ho tradotto abbreviando sul testo latino dato dal Franciosi, col. 275-276, completando la referenza dietro le indicazioni di M. de la Begassiere, e correggendo quà e là, una copia fatta da lui). Abbiamo qui, in germe, tutto un manuale pratico della divozione al sacro Cuore; l’immagine stessa non è dimenticata. Lansperge, che ha avuto certamente sott’occhio queste pagine del suo predecessore non avrà che a ripeterle e spiegarle. Qualche volta si accontenterà di spiegare il testo. Giacomo di Clusa (1386-1466), che fu abate Cistercense avanti di essere Certosino ad Erfurt, dice in uno dei suoi sermoni: « Se il nostro amore per Gesù si raffredda, riguardiamo il suo costato trafitto e aperto per noi, e tosto il fuoco della carità accenderà di nuovo l’anima nostra, perché necessariamente un cuore aperto deve accendere il fuoco dell’amore nell’anima che lo contempla » (Secondo Dom Boutrais, Lansperge, p. 182, che rimanda ai Sermones formales, pubblicati a Spira circa il 1470. Cf.: Mois de Sacré Coeur, IV giorno, p. 52). – Un altro Certosino in un libro stampato a Norimberga nel 1480, scrive: « Il vostro costato destro è stato «così profondamente ferito dalla lancia del soldato, che la punta di ferro, penetrò nell’interno del vostro petto e venne a trafiggere nel mezzo il vostro tenero cuore. O anima mia, entra nel costato del tuo Signore Crocifisso, entra per questa ferita benedetta, sino al fondo del cuore amante di Gesù, trafitto per amore ». Seguono belle effusioni sul cuore di Gesù, città di rifugio, sorgente inesauribile di misericordia e di grazia. E continua: « Avvicinati dunque e dissetati con la bevanda dell’amore a questa sorgente del Salvatore, affinché all’avvenire tu non viva più in te, ma in Colui che è. Stato crocifisso per te. Dona il tuo cuore a Colui che ti ha aperto il suo cuore. Viene in seguito la preghiera: « Re Gesù, Salvatore dei fedeli, che avete voluto che il vostro costato fosse aperto dalla punta di una lancia spietata, io vi prego umilmente, ardentemente, a volermi aprire le porte della vostra misericordia e a lasciarmi penetrare attraverso la larga apertura del vostro adorabile e santissimo costato, sino nell’interno del vostro cuore, infinitamente. amabile, in maniera che il mio cuore divenga unito al vostro cuore, con un indissolubile legame d’amore. Ferite il mio cuore col vostro amore, fate penetrare la lancia del soldato attraverso il mio petto e che il mio cuore sia aperto per voi solo e chiuso al mondo e al demonio » (Nel Mois-du Sacré Coeur, 5.0 giorno, p. 54-59). Noi siamo qui si vede bene, in piena devozione al sacro Cuore; anche adesso non abbiamo formole o pratiche diverse. – Potremmo raccogliere molti altri tratti dello stesso genere in Dionigi il Certosino (1394-1471), priore di Basilea (m. 1487), in Niccolò Kempf, nato a Strasburgo nel 1393, certosino in Austria, in Pietro Dorland, priore di Diest (1440-1507), in Pietro Bloemenvenna, priore della Certosa di Colonia dal 1506 al 1536 e maestro di Lansperge (Per Dionigi, i testi sono meno diretti, vedi Franciosi, col. 278-279; Dom Boutrais, p. 183; per Arnaud, Mies di Sacré Coeur, 6° giorno, p. 60-62; per Niccolò Kempf, ibid,. 7° giorno, p. 63-66; per Bloemenvenns, ibid. 8° giorno, p. 67-70; per P. Dorland, Dom Boutrais, p. 184). – L’atmosfera dei Certosini era tutta imbalsamata dalla devozione al sacro Cuore di Gesù. Essi avevano la sua immagine sotto gli occhi e la mettevano pure sotto gli occhi dei fedeli nei loro libri stampati e negli ornamenti della loro architettura.

VI

VARIA

Pietro di Blois. – Uno sconosciuto spagnuolo. – Il primo inno al Sacro Cuore. – Simone di Cascia. – Giuliana di Norvich, – La beata Dorotea. – Santa Liduina – S. Lorenzo Giustiniani.

AI di fuori di questi ordini religiosi, si trovano sparse, ma numerose, le tracce di questa divozione. Ritorniamo sui nostri passi, per raccogliere qualche testo. Eccone uno di Pietro di Blois, morto nel 1200. « Il ferro è penetrato sino al suo cuore, per farci vedere che col suo amore, si son rivelati i segreti del suo cuore, per mezzo dell’apertura corporale ci si mostrano le viscere misericordiose del nostro Dio. La lancia mi ha dischiuso il segreto…. del Signore….; la lancia è come la chiave che mi apre (perchè io veda) quanto è soave il Signore » (Pierre de Blois, Serzzo 19, De cena Domini; Migne, t. CCVII, col. 618). Come siamo vicini a S. Bernardo, per il pensiero e per l’espressioni! Riconosciamo, pertanto, che S. Bernardo e la sua scuola superano il pio arcidiacono per ciò che è della divozione propriamente detta. Molto più chiara si rivela l’idea del cuore, e più accentuata è la divozione a questo sacro Cuore in un opuscolo manoscritto, di un autore sconosciuto del secolo XII intitolato: Liber de doctrina cordis. Quelli che hanno scoperto e pubblicato questo bel passo, non banno, disgraziatamente, che poche notizie sul manoscritto, e nessuna sull’autore. Ne traduco gli estratti più significativi. «Offri il tuo cuore a Colui che…. per il primo ti ha dato il suo cuore, affinché tu gli renda cuore per cuore,… Gaudio felice in cui…. tu hai tutto per te, e il tuo cuore e il cuore di Cristo. Non ti ha Egli forse mostrato la casa del suo cuore (Domum cordis) allora in special modo che un soldato gli aperse il costato? Fu una breccia nella muraglia, fu una porta aperta da una chiave regia, affinché il tuo cuore avesse accesso al suo cuore, affinché per una fede retta, per amore indiviso tu possa penetrar sino al suo cuore senza incontrare ostacolo. Infiamma colà il tuo cuore con la fede e la meditazione » (Liber de doctrina cordis. Opera manoscritta di un autore sconosciuto del XII secolo. Testo 1atino in Franciosi, col. 163-164; secondo LLobet e Balaguer, Nacional Homenaje de las Ciencias, Letras y Artes Espanolas al Sacratisimo Corazon de’ Jesus, Barcelona. 1882, p.:180; s salvo che Francioso ha donum cordis, dove nel libro spagnuolo è domum Cordis. Non so quello che si trovi nel manoscritto, ma poco importa al nostro scopo. Un Gesuita spagnolo, ha voluto trascrivere per me la pagina 180 del Nacional Homenaje, ove si trovano altri testi, non meno espressivi. Il testo qui sopra riportato è al foglio CXLV del ms. Lo si attribuisce a un Tractatus de Doctrina cordis B. Gregorii. Magni. Lo scritto è stato trovato in uno dei due conventi di Poblet (Tarragona) mo di Santas Creus. Sono due conventi cisterciensi fondati nel 1154. Benchè i nostri autori attribuiscano il manoscritto al XII secolo, non sarebbe certo temerario di dirlo del XII o XIII). – Fra le opere di S. Bernardo si incontra una lunga preghiera ritmica per salutare ciascuna delle membra di Cristo penante e confitto in croce. Si rivolge ora ai piedi, ai ginocchi, alle mani, al costato, al petto, al cuore, alla faccia. Si può rilevare la distinzione del costato, del petto benché nell’applicazione mistica queste diverse parti vengano un po’ confuse insieme. La poesia, pertanto, non è di San Bernardo, ma è del XIII secolo, e vi si trova, nel ritmo lento e monotono delle strofe che cadono una ad una come gocce d’acqua, l’insieme delle considerazioni che, su questo soggetto, han nutrito la pietà del Medio Evo. Ecco qualche brano.

Per il costato ferito :

Salve, latus Salvatoris,

In quo latet mel dulcoris,

In quo patet vis amoris,

Ex quo scatet fons cruoris

Qui corda lavat sordida….

Salve, mitis apertura,

De qua manat vena pura,

Porta patens et profunda,

Super rosam rubicunda,

Medela salutifera….

(Salve, costato del Salvatore, dove si nasconde un miele dolcissimo, dove si mostra un ardente amore e da dove scorre una sorgente di sangue che lava tutti i cuori macchiati. Salve o dolce apertura da dove scorre un così puro ruscello, porta aperta e profonda, più rubiconda della rosa, e che è per noi salutare rimedio.).

Per il petto:

Salve, salus mea, Deus,

Jesus dulcis amor meus;

Salve, pectus reverendum,

Cum tremore contingendum,

Amoris domivilium….

Plaga rubens, aperire,

Fac cor meum te sentire,

Sine me in te transire

Vellem totus introire :

Pulsenti pande pauperi….

In hac fossa me reconde,

Infer meum cor profunde,

Ubi latens incalescat,

Et in pace conquiescat,

Nec prorsus quemquam timeat.

Jesu dulcis, pastor pie,

Fili Dei et Mariae,

Largo fonte tui cordis

Foeditatem meae sordis,

Benigne Pater, dilue.

(Salve, o Dio, mio. Salvatore, mio: dolce amore Gesù, salve petto venerabile, dimora d’amore che si deve toccare. O piaga purpurea apriti, e fa’ che il mio cuore ti gusti! Permettimi di venire in te… Io vorrei entrarvi tutto… deh! apri al poverello che batte (alla porta). Nascondimi in questa fossa e mettimi bene in fondo il mio cuore. Che nascosto là s’infiammi (d’amore) e che io riposi in pace senza temere nessuno al mondo. O dolce O dolce Gesù! O buon pastore! Figlio di Dio e di Maria; deh! fai che la bruttezza delle mie sozzure sia lavata dall’abbondante sorgente del vostro cuore).

Per il cuore :

Summi Regis, cor, aveto,

Te saluto corde læto,

Te complecti me delectat,

Et hoc meum cor affectat,

Ut ad te loquar animes….

Propter mortem quam tulisti,

Quando pro me defecisti,

Cordis mei cor dilectum,

In te meum fer affectum,

Hoc est quod opto plurimum.

Per medullam cordis mei,

Peccatoris atque rei,

Tuus amor transferatur

Quo cor totum rapiatur,

Languens amoris. vulnere….

Viva cordis voce clamo,

Dulce cor, te namque amo:

Ad cor meum inclinare,

Ut se possit applicare,

Devoto tibi pectore….

Rosa cordis, aperire,

Cuis odor fragrat mire,

Te dignare dilatare.

Fac cor meum anhelare,

Fiamma desiderii,

Da cor cordi sociari,

Tecum, lesu, vulnerari,

Nam cor cordi similatur,

Sic cor meum perforatur

Sagittis improperii.

(Salve, o cuore del Re sovrano, io ti saluto con lieto cuore, e mi compiaccio nell’abbracciarti, è il desiderio del mio cuore; non ho più vivo desiderio di questo. Che il tuo amore penetri nel fondo della midolla del mio cuore, e che bench’io sia peccatore e colpevole, rapisca tutto il mio cuore, il mio cuore ferito d’amore. Io grido con la voce più viva del cuore, dolce cuore, perché io ti amo. Deh! inclina il tuo cuore verso di me, divotamente a te, cuore a cuore, Schiudi, o rosa del cuore, il cui profumo è sì dolce, degnati dilettarti e rendi anelante il mio cuore sotto il fuoco del desiderio. Che il mio si unisca al tuo.  Che sia ferito con te; o Gesù perché i nostri cuori saranno simili se il mio cuore sarà trapassato dalle frecce dell’oltraggio. In appendice alle opere di S. Bernardo, Migne t. clxxxiv, col. 1321-1323. Il padre Blume ha, congetturato, e sembra a ragione, che le strofe sul cuore (Summi Regis cor aveto) devono aver formato in origine, un poema a parte, che sarebbe il primo canto conosciuto in onore del sacro Cuore. È vero che non si trovano mai isolate nei manoscritti (di cui i primi sono del principio del XIV secolo), ma non si collegano bene con l’insieme di cui fanno parte adesso… (per esempio, non cominciano col Salve come le altre), e l’insieme mi sembra farlo supporre. Le strofe al costato ferito e al petto dicono presso a poco la stessa cosa e fanno come un doppio ufficio. Blume va più lungi. Egli attribuisce la poesia così distaccata dalle altre al P. Hermann Joseph dell’ordine dei Premonstratensi, che morì a Zulpic nel 1241 e di cui ha pubblicato l’opera poetica nel 50° fascicolo degli Analecta hymnica medii ævi. Vedi l’articolo di Blume Gozllichen Herzens erster Sanger, der. sel. Hermann Joseph, in: Stimmem aus Maria-Laach, gennaio 1909; t. LXXVI, p. 121-124. Il testo di Blume differisce notevolmente da quello che io dò qui seguendo Magitron. Lo si troverà negli Etudes del 5 Giugno 1911, art. sulla Diffusione della divozione al XIII, XIV e XY secolo. Devo l’indicazione del lavoro di Brune alla cortesia di di F. TOURNIER.). Il beato Simone da Cascia (morto nel 1348), dell’ordine di Sant’Agostino, nella sua opera De gestis Christi, non è che l’eco fedele della tradizione quando ci parla dei misteri del sangue e dell’acqua sgorgati dalla piaga del costato, ma trova il sacro Cuore quando si ferma a considerare l’intenzione nascosta nell’uso della parola aperuit. « Bisogna vedere l’azione dello Spirito Santo nell’espressione dell’Evangelista. Egli vuole che il costato aperto ci manifesti l’amore di quel cuore che ci ha amato sino alla morte e che andiamo a quell’amore ineffabile che lo ha fatto venire a noi; vuole che ci accostiamo al suo cuore, quel cuore profondo, quel cuore che pensa a tutto e sa tutto…, a quel cuore che ama. Vuole che, grazie alla porta aperta, noi diveniamo, almeno nella vivacità dell’amore, simili al suo cuore (cordiformes) e che penetriamo in ispirito nel segreto nascosto da tutta l’eternità e come svelato alla sua morte per l’apertura del costato » (De gestis Christi, Colonia, 1533; 1. XIII, p, 807; in FRANCIOSI, col. 241. Abbiamo già veduto questo testo, quasi parola per parola, in un sermone di S, BERNARDINO DA SIENA). Nella contemplazione di una romita inglese del XIII secolo sulla passione di nostro Signore e l’apertura del costato, troviamo questo passo: « Essi fanno venire Longino che con la lancia gli trafigge il costato, gli apre il cuore, e da quella larga ferita scorre il sangue che ci ha riscattato e l’acqua che purifica il mondo dai suoi peccati…. Ah! Dolce Gesù! Voi mi aprite il cuore affinché io vi conosca veramente, là io vedo in giusta misura quanto mi avete amato. Come posso io rifiutarvi il mio cuore, poiché avete comprato cuore con cuore? (Citato da Dalgairns nel suo Essai sur la vie spirituelle en Angleterre au moyen age, che serve d’introduzione a l’Echelle de la perfection, di V. Hirron : Franciosi, 237), E questa, si vede bene, una formula perfetta della divozione al sacro Cuore simile a quella che abbiamo raccolto nella Vigna mystica. L’espressione vi è meno chiara, ma l’idea è la stessa della rivelazione fatta da nostro Signore a un’altra religiosa, la beata Giuliana di Norvich, nel 1373. « Nostro Signore, mostrandosi tutto lieto, riguardò il suo costato aperto e lo contemplò qualche tempo con visibile gioia. Poi, con un dolce sguardo, invitò il mio intelletto a penetrarvi per la ferita che vi fece la lancia, e mi mostrò un bel posto, ripieno di delizie e assai vasto, perché tutta la porzione del genere umano che sarà salva, possa riposarvi nella pace e nell’amore. Con questo mi ricordò allo spirito il Prezioso sangue e l’acqua che ne fece sgorgare per amore. Infine, tutto raggiante di gioia, mi fece vedere il suo divin cuore trafitto dalla lancia. E, mentre io godeva di una visione così dolce, Gesù mi svelò, in parte, la sua divinità, sforzandosi di attirare la mia |povera anima…, non dico a comprendere, ma a considerare che almeno un poco quell’amore infinito che non ha avuto principio, che è e sarà eternamente. Indi il nostro buon Salvatore mi disse deliziosamente : Vedi quanto ti ho amato !,, » (Giuliana DI Norvica, Révélations de l’amour de Dieu, tradotto da un Benedettino di Farnborough, Parigi 1910, c. 24. Decima rivelazione, p. 95-96.). La vita della beata Dorotea, un’altra reclusa, (1343-1394) ci offre, ma in una maniera più velata, un caso di cambio del cuore analogo a quello di santa Caterina da Siena. Un giorno che Ella aveva una tentazione di scoraggiamento, e pregava con grande fervore la Vergine Santa di venire in suo soccorso, « il Signore Gesù, suo meraviglioso amante, le tolse il suo vecchio cuore e le mise, in cambio, un cuore nuovo e infiammato. Nell’estasi, ella sentiva che le si toglieva il cuore e, al suo posto, si metteva una massa di carne tutta in fiamme; ricevendola era così felice che non poté, sul momento, farne parola con nessuno…. Questa estrazione del cuore, aggiunge il vecchio narratore, e questa sostituzione di un altro cuore, fu solo un’alterazione naturale, o un vero cambiamento di sostanza? Lo sa colui che rinnovò il cuore e che ben poteva rinnovarlo in una maniera, o nell’altra. (Vita Beatæ Dorotheæ, c. 3, n. 45. Acta Sanctorum, t. LXI, ottobre, t. XIII, ad diem 30, p. 517 in Franciosi, 260). – Un’ altro giorno in cui la beata aveva molto pregato, e con fervore speciale, « vide il Signore che si mostrava a lei amichevolmente, col costato e il cuore aperti (cum corde suo et latere aperto) ». « Da ieri sera al tramonto del sole, le disse, io ti ho mandato tre volte lo Spirito Santo, per ferirti e abbracciarti, affinché, a tua volta tu possa lanciare su di me delle frecce d’amore. Se io ti ho mostrato il mio costato aperto e il mio cuore piagato, è perché all’avvenire, ti sia facile di ritrovare il mio cuore e ferîrlo con dei dardi d’amore » (Apparitiones, c. 80, ibid, p. 581. Questi due fatti sono ricordati in una bella preghiera alla Beata Dorotea che i Bollandisti riportano da un vecchio manoscritto, « O dolcissimo Signore Gesù, che tagliando il suo vecchio cuore alla vostra serva Dorotea, le avete dato un cuor nuovo e l’avete spesso ferito con la lancia e le frecce del vostro cuore, io vi prego, per i suoi meriti e la sua intercessione… datemi, nella vostra misericordia, un cuor contrito, nuovo e umile, accordatemi di comprendere la vostra volontà e di compierla fedelmente con una buona condotta e una santa vita ». (ibid, p. 493). Non si fa qui menzione espressa del cuore di Gesù, ma si vede che tutta la preghiera è impregnata di questo pensiero). L’amore tenero, nell’ordine umano, si esprime naturalmente, col dono del cuore. L’amore verso Gesù usa delle formole simili; e queste formole ci riavvicinano al sacro Cuore. Così santa Liduina (1380-1433) diceva al Suo Buon Angelo: « Dite al mio Diletto l’ardore del mio cuore…. Salutatelo nél santuario del suo cuore e supplicatelo a non permettere che io dia mai posto nel mio cuore a un altro amante che non sia Tu » (Acta Sanctorum, Aprile, t. II, ad diem 24; Pg. 315; in FRANCIOSI, 263). Come Pietro di Blois, che conosce e cita, S. Lorenzo Giustiniani (1381-1455) mostra una divozione esplicita al Cuor di Gesù, ad eccezione, forse, di qualche citazione che fa. Ma parlando della ferita del costato, ha delle parole che esprimono a meraviglia la devozione al sacro Cuore. Fatene l’esperienza, vedete, gustate quanto è dolce, quanto gradevole, quanta sicurezza dà il far dimora nel costato di Gesù !». Pensare alle fatiche e ai dolori di Cristo, commenta, è entrare nelle piaghe dei suoi piedi, ricordare i suoi benefizi e i suoi miracoli, è entrare nelle piaghe delle sue mani; ma se gustate il suo amore ardente, la grandezza della sua dilezione, la sapienza ammirabile, i tesori della sua divinità, l’affluenza dei doni dello Sposo, l’unione delle due nature, trasalite di gioia, perché siete giunti a penetrare i segreti del suo custode… Si dice che in Epiro si trova una sorgente dove non solo, come in tutte le altre, si spengono le fiaccole accese, ma dove, a differenza delle altre, si possono accendere spente. Tali sono le sorgenti del Salvatore, le sue ferite; cioè vi si spengono gli ardori della concupiscenza e vi si accende il fuoco della carità » (De casto connubio, c. 8, n. 2. Oeuvres, Lyon, 1678, p. 155; pure Franciosi, col. 273).

VII.

OSSERVAZIONI E CONCLUSIONI.

Numero dei fatti. — Correnti d’idee e movimenti che si disegnano. — Testi comuni. — Centri d’ influenza. — La certosa di Colonia.

Si. può, da questa lunga rassegna, raccogliere qualche conclusione generale, per la storia della nostra divozione? È possibile. Ma mi accontento di annotare qui qualche tratto preciso. Si constata, per prima cosa, quanto la divozione sia diffusa. Si ritrova dappertutto e non bisogna dimenticare che i fatti citati son lungi dall’esser tutti i fatti. Quanti altri se ne potrebbero ancora raccogliere! Tutti i giorni ne vien segnalato qualcuno. E quanti rimarranno ignorati per sempre! senza parlare dei casi numerosissimi in cui la divozione al cuore si confondeva con quella alla piaga del costato, per modo da non poterla distinguere con sufficiente chiarezza. Altra constatazione. Non vi sono solamente dei fatti sparsi; ma si hanno pure delle correnti d’idee, dei movimenti che si disegnano, dei centri d’influenza, delle linee direttrici. Pur tenendosi in guardia contro premature generalizzazioni, si può sempre segnalare qualche fatto. Esisteva già un fondo comune d’idee; assai facile a riconoscersi. Dapprima il simbolismo delle. piaghe e, in modo speciale, di quella del costato da cui escono, coi sacramenti, tutte le grazie di Dio; dove si trova un rifugio, dove l’amore può riposare tranquillo. Ora, la piaga del costato è riguardata, almeno a partire dal XII secolo, come se fosse pur anche la piaga del cuore « vulnus lateris et cordis ». Generale era pur l’idea che il discepolo prediletto, riposando. sul petto di Gesù, avesse bevuto alle sorgenti del Salvatore, « de fontibus Salvatoris, » l’amore, la virtù, i segreti divini. Ma nel mondo del simbolismo, petto e cuore, «pectus cor » si confondono facilmente per designare l’intimo di Gesù, i segreti dell’amor suo, ciò che infine noi chiamavamo cuore; e quantunque la parola del Vangelo, pectus, fosse la più usata vi si ritrova pure la parola cor. Sant’Agostino aveva già detto che il riposo di Giovanni sul petto di Gesù, significava che egli aveva bevuto i segreti più profondi nell’intimo del cuore divino, « de intimo ejus corde » (In Joann., 18. n. 1, Migne, 35 1536). Questi testi, e gli altri che ho segnalato al cap. I, §° 1 e 2, come pieni della divozione del sacro Cuore, erano generali, e d’uso comune; bandivano dunque dappertutto quelle idee che una meditazione amorosa, faceva sgorgare, come naturalmente, da questa divozione. – Poi, quando le idee cominciarono ad essere espresse in termini precisi, i testi che le esprimevano, erano studiati, copiati, utilizzati in mille modi. Qualche esempio può essere utile. San Bernardo, nel Sermone 61 sulla Cantica, ha una pagina ammirabile sulle ferite di Gesù e, in special modo, sulla ferita del costato, qualche linea allude anche direttamente al cuore (l’ho tradotto più sopra, potet arcanum cordis per foramina corporis, etc.). Tutto questo sviluppo, con qualche tratto sia del sermone Seguente, sia di altri, è forse un po’ rimaneggiato o con qualche aggiunta. Esso fu ripreso dai compilatori. Come tale fu inserito nella raccolta che ebbe sì gran successo; e continua ancora a nutrire le anime pie, sotto il titolo di Manuale, attribuito a Sant’Agostino (Migne, t. XL, col 960-961, qui append. II, n. 5). Fu pure inscritto in un’altra compilazione sull’anima, « Libri de anima », che circolò sotto il nome di Ugo da San Vittore (Migne, t. CLXXVII, col. 181, qui append. II, n. 5), e fu inserito pur’anco in altri opuscoli e raccolto qua e la dai predicatori o dagli asceti. È citato come di S. Bernardo o S. Agostino negli « Esercitia de vita et passione Salvatoris Nostri. » (Vedi il passo in FRANCIOSI, col. 246. Si trova nello stesso luogo un altro passaggio attribuito a Sant’Agostino,. dove si fa ugualmente menzione del sacro Cuore. È nostro Signore che parla e invita l’uomo ad amarlo, ricordandogli i suoi benefizi e l’amor suo. « Denique cor meum tibi patefici, potum tibi præbens ipsum roseum sanguinem cordis mei »). Ludolfo il Certosino lo cita pure (Franciosi, col. 251) e quanti dopo, di loro! Altri testi meno salienti e. di autori meno, conosciuti, passavano pure di mano in mano, di bocca in bocca, di raccolta in raccolta. Ho già detto che Harphius, il. Mistico francescano, ha copiato Ludolfo Certosino, a meno che l’uno e l’altro non abbiano copiato da un terzo, Si è molto sorpresi di trovare in San Bernardino. da Siena un lungo commento del B. Simone da Cascia, sulla ferita del costato e il sacro Cuore. Nella Milice chretienne di Lansperge, fu inserita una pagina di Domenico di Tréviri, che si è potuto leggere più sopra. I fatti circolavano come i testi ed esercitavano la loro influenza sulla divozione ed hanno potuto pure esercitarla sino sui fenomeni d’ordine mistico. E che dire delle comunicazioni fra persona e persona? Santa Lutgarda passa dalle Benedettine alle Cirstercensi, Santa Francesca. Romana, dopo essere stata lungo tempo sotto la direzione dei Francescani, passa sotto quella degli Olivetani; Ubertino da Casale, comincia per essere francescano, diviene poi benedettino e muore cirstercense. Ludolfo Certosino era stato già domenicano. Quanti legami, invisibili qualche volta, ma reali, e che possiamo supporre. Possiamo anche discernere certi centri d’influenza e di comunicazione e zone di influenza. Segnalo, specialmente la Certosa di Colonia. I particolari verranno dati nel capitolo seguente, ma per ora raccogliamo qualche fatto caratteristico. Bloemenvenna vi avev a tradotto Harphius, il mistico francescano.; Lansperge  vi tradusse S. Mecthilde e S, Gertrude, le mistiche cirstencensi; Surio, fece lo Stesso, per Suso e Taulero, i mistici domenicani, senza parlare di Ruysbroeck e sante mistiche; un po’ più tardi Bruno Loér vi ristampava le opere mistiche di Harphius e le dedicava ad Ignatio di Loyola. Van Esch (Eschius), molto divoto, egli pure, del Cuore di Gesù, era in intimo rapporto con Lansperge e i Certosini di Colonia, ai quali condusse Surio, uno altro discepolo dello stesso maestro, Pietro Canisio, condiscepolo e amico del Surio, era pur familiare della Certosa. Nel 1543, aveva pubblicato una edizione di Taulero, nel testo originale tedesco, che servì di base alla traduzione del Surio (Questo « certo Pietro Noviomagus » di cui parla il P. Noel nella sua Introduzione alla traduzione francese del Taulero, t. I, p. 87; non è altri che Canisio, nato a Nimegue: Noel lo ha riconosciuto nei volumi seguenti.). Fu forse nei suoi rapporti col coi suoi amici che Canisio attinse quella tenera devozione al cuor di Gesù che ne ha fatto uno dei precursori della B. Margherita Maria? Infine, i Certosini di Colonia, pubblicavano, nel 1541 presso Jaspar Gennepaeus, un volumetto di 88 pagine intitolato: Hortules devotionis, che non è altro che una raccolta di preghiere, pie pratiche, ove ad ogni istante  si fa questione del sacro Cuore. Vi si offre a Dio il cuore di Gesù per i peccati del cuore….. vi si trova buon numero d’esercizi in onore delle cinque piaghe; e le preghiere alla piaga del cuore (è sempre l’espressione usata) sono in particolar modo pie e commoventi. D’altra parte, Luigi di Blois seguiva con attenzione quel movimento ‘di pietà…. Egli conosce e utilizza Lansperge, approfondisce Taulero, cita Harghius e Ruysbroeck, fa raccolta fra i mistici d’Helfta…. e la sua divozione al sacro Cuore si arricchisce con la divozione del passato. (Per diversi dettagli vedi Dom Bourrais, p. 44-50 altri sono presi da Hurter, Nomenclator litterarius, t. IV, Innsbruk 1899, ai nomi di Harphius, Tauler, Suso e t. I, ai nomi di Brosius e Surius.). Precisare anche di più, sarebbe un andar troppo per le lunghe, e su molti punti sarebbe ancor temerario, dato lo stato attuale delle nostre conoscenze. Le indicazioni che precedono bastano, del resto, per farci intravedere non solo quanto la divozione era diffusa verso la fine del XV secolo e il principiare del XVI, ma ancora per quali vie e in qual modo, pur restando una divozione privata, si diffondeva e tendeva via via a entrare nel dominio del pubblico. Vediamola adesso, prender forma, per così dire, in divozione distinta, con pratiche che le son proprie.

IL SACRO CUORE (45)

IL SACRO CUORE (45)

J. V. BAINVEL – prof. teologia Ist. Catt. Di Parigi;

LA DEVOZIONE AL S. CUORE DI GESÙ-

[Milano Soc. Ed. “Vita e Pensiero, 1919]

PARTE TERZA.

Sviluppo storico della divozione.

CAPITOLO PRIMO

III

XII E XIII SECOLO

Il culto del sacro Cuore; prime tracce e sviluppo; San Bonaventura e la vigna mistica; Santa Mechtilde, Santa Gertrude. Prospettive d’avvenire.

A partire dal XII secolo, i testi si moltiplicano a mostrarci nel cuore aperto di Gesù il rifugio delle anime, il tesoro delle divine ricchezze dove, come dirà più tardi Margherita Maria, « più si prende e più si trova da prendere », il simbolo espressivo dell’amore che reclama l’amore. Barutell ne ha raccolto un buon numero: di Riccardo, di San Vittore, d’Eelchert, di Schònau (al quale si attribuisce adesso il sermone sulla passione di Cristo che si trova spesso attribuito sia a sant’Anselmo (Medit. IX, P. L. t. CLVIII, col 778), sia a san Bernardo (P. L., t, CLVIII, col. 953.), di Pietro di Blois, che ripete i pensieri e persino le parole di san Bernardo, ecc. (Se ne trovano molti altri in Franciosi benchè vari debbano intendersi piuttosto del costato aperto o del cuore metaforico che del cuore simbolo dell’amore. – Vedi più sotto, c. II, § 6, un testo di Pietro pe Blois.). – Questi testi ci presentano il sacro Cuore, ma non vi vediamo il culto propriamente detto. Qualcuno sembra portar traccia di divozione al sacro Cuore specialmente quelli di Guerrie e di Guglielmo di San Thierry; ma queste tracce sono tenui; sono solo accenni fuggitivi. Nella Vigna mistica e pure con santa Mechtilde e con santa Gertrude la divozione sembra prender corpo, la pietà si nutrisce di quello che sa. Di chi è la Vitis mistica e da quando data? E’ stata spesso attribuita a San Bernardo, ed è sotto il suo nome che la Chiesa ne aveva inserito degli estratti nell’Ufficio del sacro Cuore, nelle lezioni del secondo notturno. Altri la attribuiscono a san Bonaventura. La questione è stata risolta in questo senso, almeno per la parte che ci interessa, e questo appoggiato a buone prove raccolte nella bella edizione del dottore Serafico pubblicata a Quaracchi (S. Bonaventura, Opera omnia, t. VIII, p. LIMI sq. 1898. Tuttavia non oso dire che la mia convinzione sia stabile, poiché tanto il tono quanto il modo sono più quelli di S. Bernardo e della scuola cisterciense, che di S. Bonaventura, tali e quali noi li vediamo nelle sue opere, se non quali ce li figuriamo in quelle che gli si attribuiscono.). Queste prove hanno indotto la congregazione dei riti nella recente riforma del Breviario ad attribuire queste lezioni a San Bonaventura. In pari tempo si trova, in questa edizione, un testo migliore. È questo testo che seguiremo (Loc. cit., p. 159, § 9-e 163-164.). Dovremo, perciò, mettere san Bonaventura in prima linea fra i devoti del sacro Cuore. Egli ha fornito ai promotori della divozione una delle loro pagine più espressive e più pie; e si comprende che la Chiesa l’abbia adottata. Vi s’indica chiaramente la ferita del cuore e la si avvicina alla ferita dell’amore: Foderunt ergo et perfoderunt non solum manus, sed et pedes, latus quoque et sanctissimi cordis intima furoris lancea perforaverunt; quod jamdudum amoris lancea fuerat perforatum, Segue il testo della Cantica, IV, 9: Vulnerasti cor meum, con uno sviluppo che per altro fa perdere un po’ di vista il cuore ferito. Ma l’autore vi ritorna,ed è allora che la divozione ci appare. « Ma poiché siamo venuti al cuore dolcissimo di Gesù, e che è bene per noi il rimanervi, non allontaniamocene con troppa facilità.Noi ci avvieremo dunque a voi, e ci rallegreremo in voi nel ricordo del vostro cuore, Ah! come è buono e dolce l’abitarein questo cuore! Ah! che prezioso tesoro, che perla squisita è il vostro cuore o buon Gesù! Chi non vorrebbe questa perla? Ben più, io darei, tutto al mondo, darei in cambio tutti i miei pensieri, tutti gli affetti dell’animamia, gettando ogni mio pensiero nel cuore del buon Gesù ». – Non son forse questi tutti esercizî di divozione verso il sacro Cuore, per dimorarvi e appropriarselo? E, in questo senso, ciò che segue è ancora più preciso: «Io andrò a pregare in questo tempio, in questo Santo dei Santi, presso l’arca del testamento. David diceva: Ho trovato il mio cuore per pregare il mio Dio. Ed io al pari di lui; ho trovato il cuore del Signore, mio re, mio fratello, e mio amico, il buon Gesù. E non pregherò io? Sì, pregherò. Perché il suo cuore è mio, lo dico arditamente ». Seguono le prove di questa asserzione, e, conclude: « E dunque mio. Ed ecco che io ho un sol cuore con Gesù … Avendo dunque trovato il vostro cuore ed il mio, o Gesù, io vi pregherò come mio Dio. Accogliete le mie preghiere nel santuario dove esaudite; o piuttosto attiratemi tutto intiero nel vostro cuore ». La preghiera prosegue, bella e commovente, implorando che l’anima purificata da Gesù possa avvicinarsi a Lui, rimaner sempre nel suo cuore, conoscere e compiere sempre la sua volontà. –  Bisogna ancor citare testualmente il Seguito, perché non si potrebbe trovare nulla di meglio per esprimere la divozione: « Il vostro costato è stato trafitto; perciò, messi al sicuro da tutte le tempeste del di fuori, possiamo dimorare in questa vigna (in ipsa vite). È perché questa ferita? Perché nella ferita visibile, potessimo vedere la ferita invisibile dell’amore. Come rivelar meglio questo ardente amore, che lasciando ferire non solo il corpo, ma ancora il cuore? La ferita della carne, mostra la ferita spirituale ». – Segue il testo Vulnerasti cor meum, con un magnifico svolgimento sull’amore dello sposo, che termina così: « Io ti amo estremamente, come una fidanzata; di un amor casto come a sorella. Ecco perché il mio cuore è stato ferito per te ». La conclusione è questa che potevamo aspettarci: « Chi non amerebbe questo cuore ferito? Chi non darebbe corrispondenza d’amore a Lui che ama tanto? Chi non abbraccerebbe uno sposo sì casto? Ah dunque, per quanto è possibile, rendiamo amore per amore; abbracciamo il nostro caro ferito…. e preghiamo perché stringa con i lacci dell’amor suo il nostro cuore ancor duro e impenitente e lo trapassi: con un dardo amore » (Vitis mistica, c. III, loc. cit, p. 163-164. Testo un po’ diverso in Migne, P. L.) t: CLXXXIV, col. 141-144). Questo testo ci esprime ben chiaramente la: divozione al sacro Cuore, Vi si trova tutto: il doppio oggetto nell’unità del simbolismo, il fine, lo spirito, l’atto proprio, molti atti della divozione. Ancorché la vigna mistica non fosse di san Bonaventura, troviamo però sempre nelle opere che sono certamente sue delle tracce della divozione al sacro Cuore. Così nel capitolo VI del libro della vita perfetta, egli raccomanda all’anima religiosa, con termini molto penetranti, di fortificare la sua divozione meditando la Passione e attingendo le acque della grazia alle sorgenti di Cristo, vale a dire alle sue piaghe: « Va dunque, le dice, vai dal cuore a Gesù ferito, a Gesù coronato di spine, a Gesù confitto in croce; e col beato Tommaso non guardar solamente le tracce dei chiodi nelle sue mani, non metter solamente la mano tua nel suo costato, ma entra tutta intiera per la porta di quel costato, sino al cuore stesso di Gesù, e trasformati in Gesù Cristo per l’ardente-amore del crocefisso » (De perfectione vitæ ad sorores. Opera t. XII, Parigi 1868, p. 221). – Nella Vigna mistica esiste la divozione, ma gli esercizî sono appena accennati. Nelle opere di santa Gertrude (morta nel 1298) e in quelle di santa Mechtilde (morta nel 1302) troviamo la divozione vivente e, per così dire, in atto in una quantità di esercizî e nei rapporti più famigliari con Gesù. – Mechtilde, dietro invito di Gesù stesso, entra nel sacro Cuore per riposarsi (Libro della grazia speciale, traduzione francese, Parigi 1838, lib. CXVII, 183. Rimando alla traduzione francese, ma traduco io stesso sul testo latino). Gesù le dà il suo Cuore in pegno di una eterna alleanza (Loc. cit. lib. XX, p. 89, 1. I, c. XIX, p. 187), ed ella gli parla come all’amico più tenero. Un giorno le sembrò che il Maestro le prendesse « il cuore dell’anima sua » e lo stringesse col suo per modo da non far più che udì cuore solo (Loc. cit., lib. III, c. XXVII, p. 233.); e un altro giorno le insegnò come si deve chiedere al suo cuore, tutto quello di cui si ha bisogno, « come un figlio che domanda al padre suo tutto quello che ama (Loc. cit., lib. IV, c. XXVIII, p. 339). – Mechtilde gli parla; fa delle conversazioni con Lui; lo saluta la mattina; lo saluta la sera. Un giorno che ella teme essere stata negligente verso la Santa Vergine, Nostro Signore le dice di venir d’ora innanzi ad attingere nel suo cuore tutto quello che vorrebbe offrire a Maria (Loc. cit., lib. I, c. XLVI, p. 159). In questi intimi rapporti, la sua divozione al sacro Cuore. cresceva sempre; e quasi ogni volta che il Signore le si mostrava, ne riceveva qualche grazia (Loc. cit., lib. II, c. IX, p. 187). Si faceva Egli stesso suo maestro. Ammessa un giorno a riposare sul petto del suo diletto, ella sentì sensibilmente nelle profondità del cuore divino come tre battiti accentuati, e Gesù medesimo volle spiegarlene il simbolismo (Loc. cit., lib. I, c. XX, p. 189). – In una parola, ella stessa asseriva «che se si dovessero scrivere tutti i benefizi che ha ricevuto dal cuore amatissimo di Dio, se ne, farebbe un libro più voluminoso di quello del Mattutino » (Loc. cit., lib. II, c. XIX, p. 188). – Con santa Gertrude si entra forse anche più avanti nel mondo delle relazioni più intime fra l’anima e il sacro Cuore con invenzioni reciproche squisite dell’amore più ingegnoso e più delicato (Vedi: Cros, Le coeur de sainte Gertrude, ou: Un coeur selon le Coeur de Jésus, Tolosa, terza edizione, Paris, 1901, p.165 ecc.). Il libro dove son consegnate queste rivelazioni è veramente «l’araldo della tenerezza divina ». « Legatus divinæ pietatis ». Gertrude, come dice il suo editore benedettino, « sembra costituita profetessa dell’amor divino per gli ultimi tempi » (Révélations de sainte Gertrude, Paris, 1878, Prefazione, p. XV. Cf.: G. Ledos, sainte Gertrude, 3. ediz. Paris, 1901, p. 165 e ss.).  E questo amore divino si personifica per lei nel sacro Cuore. Ella ebbe « per missione di rivelare lo scopo e l’azione del divin Cuore nell’economia della gloria divina e della santificazione delle anime ». E, fatte le debite proporzioni, si può ripetere la stessa cosa di santa Mechtilde. Non si può paragonare, a questo riguardo, che alla beata Margherita Maria. Ecco come l’editore benedettino riassume le manifestazioni del sacro Cuore a Gertrude; il riassunto converrebbe quasi testualmente anche a santa Mechtilde. « Ora il cuore divino le appariva come un tesoro, ove sono riunite tutte le ricchezze; ora come una lira tocca dallo Spirito Santo al suono della quale si rallegrano la SS.ma Trinità e tutta la corte celeste. Poi è una sorgente abbondante le cui acque vanno a portar refrigerio alle anime del Purgatorio, grazie fortificanti che militano sulla terra, e quei torrenti di delizie in cui s’inebriano gli eletti della Gerusalemme celeste. Come un incensiere d’oro da cui s’innalzano tanti profumi d’incenso quante sono le razze umane, per le quali il Salvatore ha offerto la morte di croce. Un’altra volta è un altare su cui i fedeli depongono le loro offerte; gli eletti i loro omaggi; gli angioli le loro adorazioni, e su cui l’ eterno Sacerdote s’immola. È una lampada sospesa fra il cielo e la terra; è una coppa a cui si dissetano i santi, ma non gli angioli, che pur ne risentono l’effetto delizioso. È là che la preghiera del Signore, il Pater noster, è stata concepita ed elaborata….  È quel Cuore divino, che supplisce a tutte le negligenze nostre, nel rendere l’omaggio dovuto a Dio, alla S.ta Vergine e ai santi. Per soddisfare a tutti i nostri obblighi questo sacro Cuore si fa nostro servo, nostra cauzione; in lui solo le nostre opere ricevono quella perfezione, quella nobiltà che le rende gradite agli occhi della divina maestà; è da Lui che scorrono e possono discendere sulla terra. Infine è la dimora soave, il santuario sacro che si dischiude alle anime al loro partire dalla terra, affinché possano rimanervi sempre nelle ineffabili delizie della eternità (Loc. cit, p. XVIII. Vedere: L’indice delle persone e delle cose alla parola cuore.). – Mechtilde e Gertrude hanno avuto proprio il pensiero del cuore di carne? Sì, senza dubbio. Ma esso è come nobilitato nel simbolismo dell’amore; esso si perde, per così dire, nell’irradiamento luminoso della Persona di Gesù. Nella Vigna mistica la divozione si attacca alla piaga del costato. Qui va al cuore, per tutte le vie, e lo ritrova sempre glorioso e vivente. È anzi questo irradiamento di gloria e di gioia che mi sembra differenziare in gran parte la divozione che si rivela in Mechtilde e in Gertrude, da quella che ci si presenta in Margherita Maria. Non già che anche in questa non apparisca così gloriosa e raggiante, ma l’idea dell’amore che non è amato, dell’amore, che se non soffre più, ha però tanto sofferto, attrista quasi sempre il cielo della veggente di Paray. A Helfta siamo quasi sempre sotto un cielo luminoso di gioia e di gloria; il sacro Cuore vi si mostra amante e glorioso e lo vediamo deliziosamente amato; il culto del sacro Cuore vi respira, per così dire, da una parte e dall’altra, la gioia dell’amore felice. Si è notato che questo aspetto del Cristo glorioso e trionfante è quello in cui si compiace l’arte del XIII secolo; la croce stessa vi è come un trono. – Non ho ancor detto nulla della celebre visione in cui Gertrude ebbe come l’intuizione del divino disegno sul culto del sacro Cuore. Questa visione merita un’attenzione speciale. Fa epoca nella storia della divozione, al di fuori e accanto allo sviluppo che ha nella vita delle nostre due sante. Ebbe luogo, come più tardi la prima grande visione di Margherita Maria; nella festa di san Giovanni Evangelista, a mattutino. « Mentre ella era immersa, secondo il suo solito, nella divozione, il discepolo che Gesù amava tanto, e che deve essere perciò, amato da tutti, le apparve colmandola di mille testimonianze di amicizia. Essa gli chiese: « Qual grazia potrei io ottenere, io miserabile, nella vostra dolcissima festa? » Egli rispose: « Vieni con me; tu sei l’eletta del mio Signore, riposiamo insieme sul dolce petto del Signore, dove son nascosti i tesori d’ogni beatitudine ». E, prendendola con sé, la condusse presso il nostro tenero Salvatore, la collocò alla destra e si ritrasse per prender posto alla sinistra, E, mentre riposavano ambedue (Nel XIII secolo si poneva ancora la piaga al costato destro ordinariamente), con gran soavità, sul petto del Signore Gesù, il beato Giovanni toccando col dito, con rispettosa tenerezza, il petto del Signore, disse: « Ecco il santo dei santi che attira a sé tutti i beni del cielo e della terra » (L. IV, c. IV, t. II, p. 26, Parigi, 1878). San Giovanni spiega poi a Gertrude perché l’abbia messa alla destra, dalla parte della ferita, mentre prendeva per sé la sinistra. « Divenuto uno stesso Spirito con Dio, io posso penetrare sottilmente dove la carne non lo potrebbe. Ho dunque scelto per me la parte chiusa del costato. Ma tu che vivi ancora, della vita terrestre, tu non potresti, come me, penetrar nell’interno. Ti ho dunque posta all’apertura del Cuore divino, affinché tu possa ritrarne, con maggior facilità, la dolcezza e la consolazione che nella sua effervescenza continua, l’amor divino spande con impetuosità, su tutti quelli che lo desiderano » (Loc, cit.; p. 27). Come era possibile rappresentar meglio e la necessità di un oggetto sensibile per la nostra divozione e la relazione che ha con la divozione al sacro Cuore la vista del costato. aperto? – Ma non è questa che la prima parte della scena. « Siccome ella (la santa) provava un godimento ineffabile, alle pulsazioni santissime che facevano battere il Cuore divino, senza interruzione, disse a san Giovanni: Non sentiste voi forse, o prediletto di Dio, non sentiste l’incanto di questi palpiti soavi che hanno ora per me così gran dolcezza, quando riposavate alla cena, su questo seno benedetto? ,,. Egli rispose: « Confesso che le provai e riprovai, e la soavità ne impregnò l’anima mia come il dolce idromèle impregna, con la sua dolcezza, un boccone di pane fresco; di più l’anima mia ne rimase così infiammata, come lo diviene una caldaia bollente posta su di un fuoco ardente » (loc, cit. p. 27). Ecco la seconda fase della grande manifestazione. Il divin Cuore batte d’amore, e l’anima che sente questi battiti ne è insieme e rapita ed accesa. Di più la divozione è riallacciata al passato, con la divozione stessa dell’Evangelista dell’amore, che, secondo la parola liturgica « bevve alla sacra sorgente del Cuore divino, le acque che scaturiscono dal Vangelo ». – La terza fase della scena, riguarda l’economia provvidenziale. « Ella riprese: Perché dunque avete conservato su tutto questo un silenzio così assoluto, e non avete scritto cosa alcuna che lo potesse far conoscere, ciò che sarebbe pur stato di profitto per le anime nostre? ,,. Egli rispose: « La mia missione era di presentare alla Chiesa primitiva una semplice parola sul Verbo incarnato di Dio Padre, che fosse capace di soddisfare sino alla fine dei secoli l’intelligenza della razza umana tutta intiera, senza che almeno, per altro, pervenisse mai a comprenderla pienamente. Ma è stato riservato ai tempi attuali il dire la soavità di quelle pulsazioni, affinché udendo queste cose, si riscaldi il mondo che invecchia e che si raffredda nell’amore,, (Loc. cit., p. 28) ». Non è forse vero che qui si ritrova tutta la divozione, nella sua sostanza e nella sua storia? Questa sola pagina, basterebbe a metter Gertrude molto vicina a Margherita Maria, e, se non è stata scelta, per essere direttamente l’Apostolo del sacro Cuore, né per propagarne il culto, ne è stata però il poeta squisito e l’amante gioiosa.

IL SACRO CUORE (44)

IL SACRO CUORE (44)

J. V. BAINVEL – prof. teologia Ist. Catt. Di Parigi;

LA DEVOZIONE AL S. CUORE DI GESÙ-

[Milano Soc. Ed. “Vita e Pensiero, 1919]

PARTE TERZA.

Sviluppo storico della divozione.

Su questo Soggetto « dello sviluppo storico della divozione » sì sono spacciate molte sciocchezze; la parola non è troppo forte. La Real encyklopedie für protestantiche Theologie, così seria ordinariamentr e così bene informata, quando non si tratta di cose specificamente cattoliche, comincia il suo articolo sulla divozione al Cuore di Gesù, dicendo che la devozione al sacro Cuore è stata inventata da Gesuiti. Nel corso dell’XVIII secolo si sparse la voce che il P. de la Colombière né aveva preso l’idea in Inghilterra da un certo Tommaso Goodwin, sociniano e quacchero, e che, al suo ritorno in Francia, aveva persuaso Margherita Maria a farsene la zelatrice (Cf: Nilles, t. I, parte I, parergon II, §1, t. I P. 220 nota. Su questa favola bizzarra vedi: R, DE LA Bégassiére, art, cit. X, col, 580-582). – Da un’altra parte si è molto discusso anche fra i Cattolici, se la divozione è antica o nuova, qual parte vi abbia avuto la beata Margherita Maria e quali furono i suoi « precursori » ecc. Un autore pio, per esempio, riguarda come uno dei principali meriti dell’opera sua, il risalire nella storia della divozione, sino alla creazione del mondo e all’eterno amore che ci ha tratti dal nulla, invece di prender le mosse, come si era fatto sino a lui, da Margherita Maria o almeno limitare i suoi precursori all’origine del Cristianesimo. – Ci studieremo di dare qualche idea precisa sui punti principali dicendo quello che era la divozione avanti beata Margherita Maria, quale fu la sua azione, come si è sviluppato il culto del sacro Cuore dalla sua morte sino ai nostri giorni. Il nostro scopo, d’altronde, non è tanto di dare la storia particolareggiata, quanto di tracciarne la strada, seguendone le tappe principali.

[La storia della divozione al sacro Cuore; non è stata ancor fatta. Se ne trovano però gli elementi già pronti, in varî degli scritti che riguardano Margherita Maria e il Sacro Cuore, in special modo, in: Garuierer, Nilles, Franciosi, Ercheverry, Nix, Daniel, Bougaud, etc. – Thomas è stato, il primo, che io sappia, a tracciare con qualche esattezza lo sviluppo della divozione dalla idea iniziale sino al culto pubblico; come esiste oggi. Lo studio di Grimouard de Saint Laurent, fornisce pure delle buone indicazioni storiche. FRANCIOSI sopra tutto è una miniera ricchissima. Io conosco solo per il titolo i lavori del P. Harruer, Geschichte des Festes und der Andacht zum Herzen Jesu, 2.a ediz. Vienna, 1875 e: Zur Geschichte der Herz-Jesu Andacht, nel Katholik, 1885, t. LXV, p. 523 e. 638. Non conosco nemmeno il Compendio storico della divozione al sacro Cuor di Gesù, 5.a ediz., Roma 1856. – Molte indicazioni sono sparse nel Régne du Sacré-Caur de Jésus. Sforzo meritorio per precisare le origini e i primi sviluppi della divozione, si ha in Baruten, Genése du culte du Sacré Cœur de Jésus, Paris 1904. Indicazioni molto precise e molto sicure nell’articolo già citato di M. de La BÉGASSIÈRE. – Molti fatti aggruppati ma con non abbastanza critica ed esattezza si hanno in V. Alet, La France et le Sacré-Cœur, 34 ediz. Paris 1889, Il P. LETIERCE, Etude sur le Sacré-Cœur, 2 vol.; Paris 1890 e 1891; si occupa sopra tutto della Visitazione -e della Compagnia di Gesù, ma dà anche delle indicazioni generali. Molte ricerche; ma non troppo precise, sia nel trascrivere i testi, sia nell’indicare le sorgenti. Dello stesso si vegga: Le Sacré-Coeur, ses apotres et ses sanctuaires, Nancy, pieni di utili indicazioni. Per varie famiglie religiose vi sono delle opere speciali sui loro rapporti col sacro Cuore. Per i certosini, Dom. Bourrais, Un précurseur de la B. Marguerite-Marie. Lansperge le Chartreux et la dévotion au Sacré-Cœur, Grenoble, 1878; Mois du Sacré-Cœur, après d’anciens auteurs Chartreux, 4.2 ediz. Montreuil, 1886; Ancient devotione to the Sacred Heart by Carthusian Monks of the 14th-17th centuries, Londres, 1896. Per i Francescani, il R. P. Enrico pe Greésez, Le Sacré-Cœur de Jésus. Études franciscaines, Paris 1890. Per i Gesuiti e la Visitazione: Letierge, Études, già citati. Per i Gesuiti, il P. de Rochemure, Le Sacré-Caur et la Compagnie de Jésus, Paris 1890, Il P. J. M. Sàenz de Tejada, Deudas de la Compania de Jesis para con el Sagrado Corazon, Bilbao 1913. Non so se altre comunità religiose hanno fatto lavori analoghi. Per diversi paesi ci sono delle monografie: Per la Spagna: il P. Fra, S. J., Apuntes para formar una biblioteca hispano-americana del Sagrado Corazén de Jesus, 2.à ediz. Barcelone 1874; J. E. URIARTE; s. j., Principios del reinado del Corazén de Jestis en Espana, Madrid 1880; LLoser e Bayacuer, Nacional Homenaje de las Ciencias, Letras y Artes Espanolas al Sacratisimo Corazénde Jestis, 26 Junio 1881. Barcelone 1882.Per la Francia, V. Alet, La France et le Sacré-Cœur, indicato qui sopra, per non parlare di molti altri saggi meno considerevoli.Per il Canadà: Linpsay, Les origines de la dévotion au Sacré-Cœur de Jésus au Canada, Montréal 1900:Nilles nel Parergon, al c. IV del 11,1. parte, t. I, p. 211-327,dà molte, indicazioni sulla diffusione del culto per tutto il mondo,particolarmente nella Spagna, nel Portogallo, nella Cina, ecc.].

Nondimeno dovremo fermarci a lungo su quel che precede beata Margherita Maria. Coi documenti che ormai possediamo, è facile proiettare qualche luce sulle origini della devozione, fissare con sufficiente fermezza le grandi linee del suo sviluppo e indicare con precisione a che punto si trovava quando Gesù cominciò a parlarne alla beata Margherita Maria. Il seguito della storia è più conosciuto e meno contrastato. – Potremo dunque sorvolare più facilmente sui particolari tanto più che il dotto storico della beata, A. Hamon, ha l’intenzione, crediamo, di raccontare dettagliatamente la storia di quest’ultimo periodo. Il suo lavoro non può mancare di riuscire interessantissimo e molto bene informato.

CAPITOLO I.

LE ORIGINI;

I PRIMI SECOLI

Elementi del culto: l’amore, la ferita del costato e il suo simbolismo, il cuore metaforico. Nessuna traccia del culto del sacro Cuore.

L’amore di Dio per l’uomo riempie la storia dell’umanità, e abbiamo veduto che il Cristianesimo in special modo è un grande sforzo dell’amore per ottenere l’amore. Ma la devozione del sacro Cuore non è già questo amore reciproco di Dio e dell’uomo. Ci avviciniamo ad essa quando sentiamo Dio esprimerci il suo amore e quando l’uomo esalta questo amore di Dio, o di Gesù, per noi affine di eccitarci a rendergli amore per amore. Ora di questi panegirici della carità divina per noi e di queste esortazioni a dar ricambio d’amore, è piena la tradizione cristiana (Ricca collezione in: FRANCIOSI, libro citato.). Chi non conosce i bellissimi slanci di san Giovanni Grisostomo sulla philostorghia, tenerezza paterna o fraterna di Dio o di Gesù per noi, sulla sua philantropia, o amore suo per l’uomo? E il Grisostomo non era in questo che l’eco di san Paolo e di san Giovanni. Tutta la teoria del Cristianesimo, amore reciproco fra Dio e l’uomo, è fondata su testi molto espliciti della Scrittura, che i Santi Padri hanno magnificamente rilevato, che i teologì hanno intrecciato coi testi dei Padri nelle loro sintesi teologiche. Basti rammentare i nomi di sant’Agostino e di san Bernardo, di san Tommaso e di san Bonaventura, basti ricordare alcune meditazioni di sant’Anselmo o di Eckbert di Schénau, lo Stimulus amoris, stato attribuito a san Bonaventura, o il De diligendo Deo di san Bernardo. Ma tutto questo non costituisce la divozione al sacro Cuore, poiché non vi si trova traccia alcuna del culto reso al cuore di carne, come simbolo dell’amore. Certe parole della Scrittura avvicinavano molto i fedeli. Sé così può dirsi, a questo tesoro nascosto. Ad esempio, quelli della Cantica: Vulnerasti cor meum (IV, 9); In foraminibus petræ, in caverna macerie (II, 14); Pone me ut signaculum super cor tuum (VID, 6); o questo d’Isaia: Haurietis aquas in gaudio de fontibus Salvatoris (XII, 3); e in particolare certi passaggi del Vangelo, fra gli altri quello in cui Gesù ci si presenta come il maestro dolce ed umile di cuore; (Matth., XI, 29); o quello in cui Egli ci rappresenta come l’uomo da bene, che trae dal buon tesoro del suo cuor il vecchio e il nuovo (Luc., VI, 45); o il passaggio dove si parla del discepolo che Gesù amava e che riposò sul suo petto (Joan., XXI, 20) ; e quello, soprattutto, dove san Giovanni ci parla del costato di Gesù, aperto dalla lancia in termini che risvegliano così bene l’idea del mistero (Joan.,XIX, 34). E pertanto nulla rivela che lo abbiano pur supposto. È stato cantato il mistero del sangue e dell’acqua che sgorgarono dal costato aperto; è stato intuito qualche significato nella parola dell’Evangelista!: Vigilanti verbo evangelista usus est, ci dice sant’Agostino (Joan., tr. CXX., P. L. t. XXXV., col: 1953), ma sembra che nessuno abbia pensato esplicitamente alla ferita del cuore. Infatti la parola pectus, che è usata qualche volta, sembra significare petto, piuttosto che cuore; sembra che l’organo venga ad esser designato di preferenza con la parola cor [La parola più usata nei primi secoli è quella del Vangelo: in greco “pleura”. in latino latus. Il testo latino aperuit latus, ove S. Agostino ha veduto una intenzione speciale sembra supporre, un testo greco “enoixen”, li dove il testo corrente porta è “enoxen” Si segnala la parola “cardia” che corrisponde a “cor”, in una omelia del IV o del V secolo, che Cavallera, che l’ha pubblicata, rivendica come di Eustorgio d’Antiochia. Non so, veramente, se in latino si trovi pectus o cor, in rapporto con la ferita del costato, prima del IX secolo; in ogni caso non si deve citare come di san Cipriano, il testo De duplici martyrio, VI: « Quidquid resederat in corde sanguinis, emisit ut nos confirmaremur ». P. L. t. IV (1844) col. 885. Quest’opuscolo è una invenzione di Erasmo]. –

 Ma, qualunque cosa si sia della parola pectus, e della ferita del cuore, niente autorizza a credere che si sia riguardata la ferita del costato come emblema del cuore ferito d’amore, o si sia pensato a designare esplicitamente il cuore di carne di Nostro Signore, come simbolo d’amore per noi o si sia reso alcun culto a questo cuore di carne – (Vedi GALLIFFET, Aggiunta al l. II, a. 2. Cf.: Nilles, t; 1, p. 46 e seguenti. I testi che vengon spesso citati a questo soggetto, come di sant’Agostino, sono apocrifi, son tutti tratti dal Manuale ‘dai Soliloqui, compilazioni posteriori a sant’Anselmo e a san Bernardo che vi sono citati quanto, e più, di sant’Agostino, Ma una parola di sant’Agostino su san Giovanni si avvicina molto alla nostra divozione: « Egli riposava alla Cena sul petto del Maestro, per significare che egli beveva nell’intimo del cuore di Lui i più «alti segreti. I Joan.; tra. 18, n. I, Migne, t. XXXV, co. 1536. Medesima idea nel Sacramentaire grégorien, Festa di san Giovanni. Prefazione, Migne, t. LXXVIII, col. 34. Lo ritroviamo nell’attuale liturgia romana, 27 dic. « Fluenta evangelii de ipso sacro Dominici peccatoris fonte potavit ». Matines, 1, n. oct. 2 rep. cf. oct. S. Joan. 2. notturno l. 5).- I testi precisi in sulla ferita del cuore sono rari nei primi dieci secoli, se pure ve ne sono. Del culto reso al cuore ferito, nessuna traccia.  – La parola cuore veniva usata, presso a poco nello stesso senso che si fa ogni giorno, per designare l’intimo, i sentimenti, l’amore, Ma sino ad oggi non è stata notata, che io sappia, una sola testimonianza chiara e sicura, dei primi dieci o undici secoli del Cristianesimo, sul simbolismo del cuore di carne, applicato al cuore di Gesù, né della ferita dell’amore, spiegata come emblema della ferita dell’amore. Forse si finirà per trovarne. Sino ad ora le ricerche fatte non sembrano essere state così accurate da permetterci di assicurare che non ve ne siano. Ciò di cui abbiamo prova si è che i testi citati generalmente dagli autori, non dicono quello che vi si vorrebbe trovare, o non sono dei Padri a cui si attribuiscono. Alcuni sembrano ricavare il simbolismo dal cuore. Ad esempio, il Venerabile Bada, spiegando la parola della cantica « Vulnerasti cor meum », dice che si potrebbe vedere « in questa menzione del cuore ferito, la grandezza dell’amore che lo Sposo ha per la sua Chiesa » (Migne, P. L. t. XCI, col. 1139). Ma niente autorizza a vedervi né un culto, né una divozione speciale al sacro Cuore. – Concludiamo con Thomas: « Noi non troviamo né il nome, né l’idea complessa della divozione al sacro Cuore, nei primi secoli della Chiesa o nelle sacre Scritture. Ma possiamo « scoprirvi sparse almeno le verità di cui abbiamo ora la sintesi….. È vero, sarebbe dimenticare la storia il voler contestare una vera antichità all’idea della nostra divozione (l’amore di Dio per noî e la metafora del cuore); ma, se si volesse far risalire questo culto, nella sua forma attuale, ad un’epoca ii cui non se ne sospettava l’esistenza, non c’inganneremmo meno (La théorie de la dévotion au Sacré-Coeur, p. 46). Thomas parla soprattutto dell’Antico Testamento, ma ciò che egli dice è vero pure per il Nuovo. Vero pure per i primi secoli cristiani. Si vedeva nel costato trafitto, da cui sgorgavano il sangue e l’acqua, una sorgente di grazie; sembra che vi si vedesse pure un rifugio, un luogo di riposo e di unione con Gesù. Si era molto vicini al sacro Cuore, ma non lo si intravvedeva ancora attraverso il petto squarciato.

II

XI E XII SECOLO.

Passaggio dalla ferita del costato alla ferita del cuore; simbolismo del cuore trafitto.,

Nei secoli XI o XII si ritrovano le prime tracce del sacro Cuore. Poco a poco esso si rivela all’anima devota nel costato trafitto, si fa vedere ferito, come per invitare a penetrare più avanti, a unirsi, a immedesimarsi con questo Cuore divino. Dunque a traverso la ferita del costato la devozione è arrivata al cuore. Il culto del sacro Cuore sembra essere uscito dalla divozione alla piaga del costato. Il passaggio ci apparisce come già fatto, o almeno in via di compiersi, in una parola della decima meditazione di sant’Anselmo: « Gesù è dolce.:. nell’apertura del suo costato; perché questa apertura ci ha rivelato le ricchezze della sua bontà, la carità del suo cuore: Dulcis Jesus… in apertione lateris; apertio siquidem illa revelavit nobis divitias bonitatis suæ, caritatem scilicet cordis sui erga nos » (P. L, t CLVIII, col. 762). Questa meditazione, per altro, è veramente di sant’Anselmo? Può darsi, ma non si può affermare. L’autore, parlando del cuore amante, caritatem cordis, aveva în vista distintamente, il cuore di carne? Si può sostenerlo, ma non risulta evidente. – San Bernardo è più esplicito, intendo in ciò che è suo di sicuro. Perché la Vitis mystica o trattato De passione di cui parleremo ben presto, non possono essergli attribuite da quelli stessi che esitano ancora fra lui e San Bonaventura, con una probabilità più o meno accentuata, Mi sembra, pertanto, che possiamo esserne certi, almeno nel passaggio seguente. « Il ferro ha trapassato l’anima sua, e gli da l’accesso nel suo cuore, affinché Egli sappia compatire alle mie infermità. Il segreto del cuore è messo a nudo dalle aperture del corpo (patet arcanum cordis per foramina corporis); ci sono stati scoperti questo gran sacramento di bontà e le viscere misericordiose del nostro Dio » (In Cant. sermo LXI, n. 4, P. Lt. CLXXXIV., col. 1072). –  Con Guglielmo di Saint Thierry (morto circa il 1150), l’amico di san Bernardo, il dubbio non è più possibile: « Quando io ardo dal desiderio di avvicinarmi a Lui…. è Lui tutto intiero (come Tommaso) desidero di vedere e toccare; e più ancora bramo di accostarmi alla sacrosanta ferita del suo costato, a questa porta dell’arca fatta al fianco (ostium arcas quod factum est in latere), non solamente per introdurvi il mio dito o la mia mano, ma per entrar tutto intiero sino al cuore stesso di Gesù, nel Santo dei Santi, nell’arca del Testamento, sino all’urna d’ oro, l’anima della nostra umanità, contenente in sé la manna della divinità » (De contemplando Deo, c. 1, n. 3, P. L. t. CLXXXIV, col. 1072). – Medesime idee e quasi medesime espressioni troviamo altrove: « Queste ineffabili ricchezze della vostra gloria, o Signore, erano nascoste nel cielo del vostro essere misterioso (in cœlo secreti tui), sino a che la lancia del soldato, avendo aperto il costato del Figliuol vostro e nostro Signore e Redentore, sulla croce, ne sgorgarono i sacramenti della nostra redenzione, in maniera che non solo mettiamo nel suo costato il dito e la mano, come già Tommaso, ma per quella porta aperta, penetriamo tutti interi sino al vostro cuore, o Gésù, in quella sede sicura della vostra misericordia (in apertum ostium toti intremus usque ad cor tuum, Iesu, certam sedem misericordiæ ), sino alla vostra santa anima, piena di tutta la pienezza di Dio, piena di grazia e di verità, piena della nostra salute e della nostra consolazione. Aprite, o Signore, la parte laterale dell’arca vostra (ostium lateris arce tue), affinché possano entrarvi tutti i vostri eletti; apriteci il vostro costato (aperitatus corporis tui) affinché possano entrarvi tutti quelli che desiderano conoscere i segreti del Figlio; che essi ricevano i frutti misteriosi che ne scorrono (profluentia ex eo sacramenta) e il prezzo della loro redenzione (Meditativa orationes, VI, P. L., t. CLXXX, col. 225-226). Il postulatore del 1697, citava, come una autorità di prim’ordine, un testo di Gilberto di Holland (Inghilterra) sul Cuore del nostro divin Salomone, che è Gesù (In cant., sermo XI, n. 6. P.L., t. CLXXIN, col. 113). Altri hanno fatto proprio questo pensiero. Ma, a bene osservare, non si tratta, almeno direttamente, del cuore di carne di Gesù; sono le anime più belle, che membra più nobili di questo corpo prezioso che è il corpo mistico, possono esserne riguardate come il cuore. Nondimeno Gilbert ha una bella pagina sul Cuore di Gesù, ispiratagli dal testo Vulnerasti cor meum. « La ferita del cuore indica la vivacità dell’amore. O cuore veramente dolce, che si lascia commuovere dal nostro amore per satollarci d’amore. Noi abbiamo un bell’amarvi, non facciamo che corrispondere al vostro amore (quamtumcumque amat non amat sed redamat)…. Voi non potete, sposa, sdebitarvi pienamente; e, pertanto, egli non cessa di aumentare il suo amore. Ciò che vi ha dato, non è stato ancor ripagato e nondimeno Egli vuol riguardarsi come a voi debitore. La vostra corrispondenza in amarlo non è già riguardata da Lui come dovutagli; ma bensì come dono gratuito. Egli si sente come provocato ad amare, quando dice che il suo cuore è ferito. Qual meraviglia, fratelli miei! Non stimate forse, beata l’anima che ferisce e penetra nel cuore stesso di nostro Signor Gesù Cristo, coi suoi affetti ? (Sermo XXX, n. 1 e 2. P. L., t. CLXXXIV, col. 155). Tutto questo passo è bellissimo nella sua pia sottigliezza. E, pertanto, bisogna convenire che non si riferisce punto al cuore di carne di Gesù, almeno direttamente. Ma la difficoltà stessa di discernere se è l’amore che si ha di mira, o se è il cuore amante, dimostra l’unità intima della divozione, e come l’elemento sensibile e l’elemento spirituale si fondano in un tutto che non si sa quasi più decidere se sia sensibile o spirituale. – È quasi lo stesso, mi sembra, di un testo di Riccardo da san Vittore (morto 1173); vi si parla molto del cuor di Gesù, ma non è certo che l’autore abbia avuto in vista il cuore di carne. « Se riguardiamo.il cuore di Cristo, troveremo che non vi ha nulla di più dolce, nulla di più benevolo… Più che ogni altro, l’Emanuele ha avuto un cuore di carne per compatire, perché per tutto quel che riguarda una bontà affettuosa, non vi fu mai nulla di più tenero. Pre ceteris omnibus Emmanuel cor carneum ad compatiendum habuît, quoniam ad omnem pietatis affectum nihil illo unquam tenerius fuit » (De Emmanuele, I. II, c. XXI; Migne, t. CXVI, col. 655. Vedi: Franciosi,, col. 159). In un contesto in cui fosse questione . del cuore di carne o del cuore simbolico, bisognerebbe vedervi il sacro Cuore. Ma qui è il cuore metaforico che si ha in vista ed è nel senso metaforico che bisogna intendere la parola cor carneum. Senza dubbio, vi ha gran relazione fra il cuore metaforico e il cuore simbolico; ma, bisogna pur riconoscerlo, se è qui presentato l’intimo di Gesù, la parola cuore ha la forza di una nozione, non di una cosa simbolo di un’altra cosa. Quando la divozione sarà matura, potremo passar sopra queste distinzioni troppo sottili. Adesso che studiamo curiosamente il momento di questa maturazione, dobbiamo riguardar la questione più da vicino. Col Beato Guerrie d’Igny (morto circa il 1160) il pio discepolo di San Bernardo, ci ritroviamo certamente dinanzi al cuore di carne. « Benedetto sia Colui che, per darmi modo di fare il mio nido nel foro della pietra, si è lasciato trapassare i piedi, le mani e il costato; che mi si è aperto tutto intiero affinché io entri nel luogo del tabernacolo ammirabile e trovi protezione nel segreto della sua tenda. Questi fori aperti da tante ferite offrono il perdono ai colpevoli e inondano di grazie i giusti… . Correte a lui…. e non solamente a Lui ma in Lui; entrate nei fori della pietra…. nascondetevi nelle sue mani trafitte, nel suo costato aperto. Perché che cosa altro è la ferita del costato di Cristo, se non che la porta del fianco dell’arca? Buono e pieno. di misericordia, Egli ha aperto il suo costato, affinché il sangue della sua ferita ti vivifichi, e il calore del suo corpo ti riscaldi, e il soffio del suo cuore ti aspiri, per così dire, aprendoti libero un passaggio, (spiritus cordis quasi patenti et libero meatu aspiret – In domenica Palmarum, sermo V, n, 5. P. L., t. CXXXV). Forse Guerrie fa un po’ di confusione fra l’azione del cuore e quella del polmone. Ma il cuore vi è indicato e come simbolo d’amore. Vi è indicato come aperto dalla. ferita, in stretto rapporto con le altre piaghe. – Così si riuniscono, a poco a poco, i diversi elementi. Che costituiscono la divozione al cuore di Gesù, con un passaggio insensibile dalla ferita del costato alla ferita del cuore, dall’amore che ferisce il cuore, il cuore ferito di ama. Perché questo passaggio sì effettuasse, i testi dell’amore la Cantica (vulrerasti cor meum; in foraminibus petre, in caverna maceriæ) hanno riscontro con quelli del discepolo dell’amore; (aperuît latus eîus) e il ricordo dell’arca antica, con la sua porta al fianco (ostium in latere ejus) s’intreccia con quello dell’arca dell’alleanza ove Dio riposava nel fondo del Santuario del Santo dei Santi; e ’intreccia pur, qualche volta, a quello di Mosè che fa scaturir con la sua verga l’acqua dalla roccia. Così, sempre più arricchendosi, è venuto a fondersi col simbolismo che i Padri avevano travisto, sino dai primi secoli, nel sangue ed acqua sgorgati dal costato aperto di Gesù; quest’acqua e questo sangue, figura dei due principali sacramenti, intorno ai quali si raggruppano tutti gli altri, il battesimo e l’Eucaristia, ha ricordato le acque vive della grazia nascoste « nelle sorgenti del Salvatore», sgorgate dalla piaga del costato; hanno rappresentato la Chiesa uscente da questo costato aperto, come Eva era stata tratta, altra volta, dal costato di Adamo dormiente. – Come e da chi si è fatta la sintesi di questi diversi elementi che completano la devozione al sacro Cuore? Non sapremmo dirlo. Ed è assai probabile che quegli che l’ha fatto non abbia avuto coscienza di avere introdotto nella Chiesa di Dio nessuna idea nuova. Ma si può dir veramente che qualcuno l’ha fatta? O, piuttosto, non si è formata da se stessa nella coscienza sociale della Chiesa, sotto l’influenza dello Spirito Santo che vive in essa? Tre cose pertanto sono visibili: Questa divozione è nata nella calda atmosfera dell’amore. L’anima amante, meditando sull’amore di Gesù, ha veduto nel suo Cuore il simbolo di quest’amore, come Gesù amante aveva voluto dire la sua ultima parola, aprendo il suo sacro petto, per fare scorrere dal suo cuore l’acqua e il sangue e schiuder la via per arrivare a questo cuore divino. – Ed è pur nata, questa divozione, dal meditare sulla ferita del costato. La contemplazione di questa ferita adorabile, ha messo allo scoperto la ferita del cuore, e la divozione alla ferita del cuore vi ha trovato il simbolo del cuore ferito dall’amore; la divozione al sacro Cuore è uscita fuori da queste combinazioni amorose. – Noi la vediamo fatta verso la metà del XII secolo, al tempo di San Bernardo, in quei focolari di vita pia e contemplativa, accesa o rianimata dal soffio ardente di San Bernardo medesimo, sembra che la vediamo farsi in questi stessi tempi, in questo stesso luogo. Ma non par possibile, per il momento, precisare di più. [Continua …]