LA PREGHIERA DI CRISTO

La preghiera di Cristo

 (Martedì dopo la Domenica di Settuagesima)

“Abbà, Padre, se è possibile, passi da me questo calice! Padre mio! Tutto è possibile a Te! Prendi da me questo calice! … Tuttavia, non come voglio io, ma come vuoi Tu”.

Questa festa cade il Martedì dopo Settuagesima (Doppio maggiore). Il suo scopo è quello di ricordare la preghiera prolungata che Cristo ha offerto nel Getsemani a nostro favore, in preparazione per la sua Sacra Passione. L’Ufficio insiste sulla grande importanza della preghiera.

La festa è posta all’inizio della Quaresima per ricordarci che la stagione penitenziale è soprattutto un momento di preghiera.

“Egli è nell’arena dei suoi patimenti e sull’altare del suo olocausto che dobbiamo seguire, per ben comprenderlo, quest’uomo che si proclama il Figlio e l’Inviato di Dio. Colà noi invitiamo il fedele per commuoverlo, l’incredulo per convincerlo. – Noi loro additeremo una Vittima che spasima, e che muore; ma una Vittima, che spirando fra gli strazi, opera una quantità di tali prodigi accompagnati da circostanze cotanto straordinarie, che il Cristiano, che Lo adora, vi trova il fondamento più saldo della sua fede, e l’incredulo che lo bestemmia v’incontra, se ha fior di senno, i più possenti motivi di un pronto ritorno alla verità. – Ricordiamoci soltanto prima d’imprendere la lettura delle sofferenze e della morte del Salvatore, che era stato predetto in mille luoghi delle Scritture, che il Cristo sarebbe immolato per la gloria di Dio, per la salute degli uomini, e per lo stabilimento d’un nuovo culto, fondato sulla divinità della sua persona e sul merito del suo sacrificio. Ed è pur d’uopo di ricordarci che Gesù Cristo medesimo nel corso della sua vita e fino all’istante della sua morte verificò nella propria persona, tanto parzialmente che complessivamente, tutti gli oracoli degli antichi Profeti. – Ogni cosa era già disposta all’intero loro adempimento; e da parte dell’Eterno Padre che da oltre quattro mila anni aspettava una vittima che fosse degna di soddisfarlo; e da parte dell’Unico Figlio, che venendo al mondo, aveva offerto sé stesso per surrogare gl’inefficaci olocausti della Legge di Mose; e da parte del genere umano che sospirava il Redentore sì sovente predetto, figurato, promesso, preparato da tanti eventi, il cui sangue doveva riconciliare la terra col Cielo; finalmente, ci sia concesso il dirlo, da parte dell’inferno stesso che aveva di sfrenato contro del Cristo tutte le sue potenze. Era giunto il momento solenne. – Accompagnato da’ suoi undici Apostoli il Salvatore erasi recato al giardino di Getsemani, luogo solitario, che distendevasi sul pendìo del monte degli Olivi, separato soltanto da Gerusalemme mediante la valle di Giosafat, nel cui piano scorreva il torrente Cedron. La distanza che correva da Gerusalemme a questa montagna era appena di mille passi; di modo che in giorno di sabato e nelle feste solenni potevasi fare questo breve tragitto senza trasgressione della Legge. – Il villaggio di Getsemani, presso cui oravi il mentovato giardino, sorgeva sull’alto del colle, e di quivi come in anfiteatro si presentava allo sguardo la città ed il Tempio di Gerusalemme. – Giuda, che Lo tradiva, sapeva che Gesù usava di recarsi colà durante la notte coi suoi discepoli, per attender alla preghiera; ondeché può dirsi che il Figlio di Dio, invece di fuggire il traditore, lo precedeva come a luogo di convegno. Essendo imminente l’ora del combattimento, il Salvatore disse a’suoi discepoli: Trattenetevi qui, mentre io vado colà a pregare: pregate voi pure, affinché non entriate in tentazione. Distaccatosi poscia dagli altri, prese con sé Pietro, Giacomo, e Giovanni. Quando si trovò solo con essi, e si lasciò colpire dagli orrori della sua passione, cominciò a rattristarsi e a cadere in mestizia ed in abbattimento mortale. – L’anima mia, ei disse a’ suoi tre Apostoli, è afflitta sino alla morte, restate qui e vegliate con me. Poscia andato innanzi quanto sarebbe la gittata di un sasso, si prostrò per terra orando e dicendo: Padre mio, se è possibile, passi da me questo calice: del resto sia fatta non la mia, ma la tua volontà. Egli è manifesto che un interiore e terribile contrasto sorse nella sua grand’anima. Essere da una parte, l’Innocenza medesima, il Figlio unico di Dio, il Re dell’universo, e dover tollerare tanti scherni, tanti oltraggi, e finire da ultimo su d’una croce obbrobriosa, quale avvilimento! Quale ignominia! Ma, dall’altro lato, salvare gli uomini suoi fratelli, soddisfare alla giustizia di Dio, qual consolazione! qual trionfo! Finita la sua preghiera, e ritornato presso i tre discepoli, li trovò addormentati. Disse dolcemente a Pietro: Simone, tu dormi? Così dunque non hai potuto vegliare un’ora con me? Vegliate ed orate, affinché non entriate nella tentazione. Lo spirito veramente è pronto, ma la carne è debole. Si allontanò poscia per la seconda volta, e orò dicendo: Padre mio, se non può questo calice passare, che io lo beva, sia fatta la tua volontà. E ritornato di nuovo presso i suoi discepoli, li trovò egualmente addormentati. Come mai far conto sulle consolazioni degli uomini! Voi soffrite, ed essi dormono! Lasciatili pertanto, andò una terza volta, e ripeté la medesima preghiera. Frattanto la tristezza, il terrore, l’angoscia mortale che volontariamente pativa il Salvatore alla vista delle imminenti torture di sua Passione lo fecero entrare in una violenta agonia, cosicché diede in un sudore di grosse gocce di sangue, le quali uscendo da tutto il suo corpo scorrevano fino a terra, che ne fu ben tosto inzuppata. – Un Angelo allora scese dal Cielo per confortarlo. Gesù accetta la croce, sottomettesi al sacrificio, il mondo è salvo. – Ecco quali sono le vere consolazioni del Cielo; esse non infrangono le nostre croci, ma ci tolgono la tentazione di rifiutarle. Dal momento in cui la sentenza pronunziata dal Padre fu accettata dal Figlio, più non si scorge nel Salvatore che intrepidità e coraggio; ma coraggio modesto, intrepidità tranquilla. Gesù alzatosi dall’orazione, accostassi un’ultima volta a’ suoi discepoli, e disse: su via dormite e riposatevi! Ecco è vicina l’ora, ed il Figlio dell’uomo sarà dato nelle mani dei peccatori. Alzatevi; andiamo incontro all’uomo che sta per tradirmi; è prossimo il suo arrivo.”

[da: Il Catechismo di Perseveranza dell’Abate J.-J. Gaume,Vol. 2, Torino 1881].

Qui di seguito c’è la spiegazione dell’Agonia di Nostro Signore, nel giardino, tratto da ‘La Passione di Nostro Signore Gesù Cristo, secondo le rivelazioni della Beata Anna Caterina Emmerich.

Nell’orto degli Ulivi. L’angoscia mortale di Gesù

«Cristo Gesù, pur possedendo la natura divina, non pensò valersi della sua uguaglianza con Dio, ma annientò se stesso prendendo la natura di schiavo e divenendo simile agli uomini; apparso in forma umana, umilò se stesso, facendosi obbediente fino alla morte, e alla morte in croce…» (Filippesi II,6-8). Dopo l’istituzione del santissimo Sacramento, in cui Gesù aveva offerto se stesso immolato misticamente, il Signore e gli apostoli intonarono un canto di ringraziamento e lasciarono il cenacolo. Nel vestibolo incontrarono Maria, la Madre di Gesù, con Maria figlia di Cleofa e Maria Maddalena. Le pie donne esortarono il Signore a non recarsi nell’orto degli Ulivi per ché correva voce sulla sua cattura. Ma Gesù le confortò e lasciò il cenacolo, dirigendosi verso il monte degli Ulivi. Compresi che la sua anima era profondamente turbata. Attraversando la valle di Giosafat, Gesù parlò agli apostoli metaforicamente, ma essi non capirono e attribuirono alla stanchezza quel modo strano di esprimersi. – Quando giunsero al monte degli Ulivi era già notte. La luna, benché non fosse ancora piena, illuminava tutta la montagna e rifletteva la sua luce sul volto di Gesù e degli apostoli. Con aria afflitta il Signore disse: «Questa notte sarete indignati con me e vi disperderete, poi ché è scritto: “Percuoterò il pastore e le pecore si disperde ranno”… Ma quando sarò risuscitato vi precederò in Galilea». – Gli apostoli, che da quando avevano ricevuto il santo Sacramento vivevano la pace dello spirito, si strinsero affettuosamente attorno a Lui e Lo rassicurarono della propria fedeltà. Pietro intervenne più di tutti gli altri: «Se anche tutti si scandalizzassero, io non ti lascerà mai, Signore!». Con il volto afflitto Gesù gli predisse: «In verità, in verità ti dico che questa notte stessa, prima ancora che il gallo canti, tu mi rinnegherai tre volte». Ma Pietro non si diede per vinto e replicò: «Dovessi morire con te, Signore, non ti rinnegherò mai!’». Così ribadirono pure tutti gli altri. – Attraversarono un ponte sul torrente Cedron e si fermarono nel giardino del Getsemani. Era questo un luogo adatto alla meditazione e alla preghiera; qualche volta veniva anche utilizzato dalle persone prive di un proprio giardino per organizzarvi feste e banchetti. – Il Getsemani è ampio, circondato da una siepe, pieno di alberi e di fiori. Vidi anche alcune capanne di frasche. Gli apostoli avevano la chiave del giardino. Nelle notti precedenti Gesù vi si era ritirato con i suoi apostoli per istruirli circa la scienza divina; quella notte, però, scelse di pregare solo nell’orto degli Ulivi, che è lì vicino, cinto da un muro. Il Signore lasciò otto apostoli all’ingresso del Getsemani e portò con sé soltanto i prediletti: Pietro, Giacomo e Giovanni. Giunto nell’angolo più incolto dell’orto interno, in cui si trovano piccole grotte e molti ulivi, Gesù di venne molto triste perché sentì vicina la sua ora. L’angoscia di quel momento si rispecchiava chiaramente sul suo volto. Allora Giovanni gli domandò perplesso: «Signore, come mai sei così triste, tu che ci hai sempre dato conforto e coraggio e ci hai consolato nei tempi peggiori?».

 “La mia anima è triste fino alla morte.”

Egli gli rispose: «La mia anima è triste fino a morire!» Guardandosi intorno vide avanzarsi nubi cariche d’immagini orrende: erano le tentazioni della vicina prova. La sua passione spirituale stava per avere inizio. Prima di ritirarsi nella solitudine orante, Gesù disse ai tre: «Mentre io vado a pregare nel luogo che ho scelto, resta te qui e vegliate: pregate per non cadere nella tentazione. Ricordate che lo spirito è pronto, ma la carne è debole!». Così dicendo, nella sua sconfinata angoscia interiore, Gesù scese per un piccolo sentiero ed entrò in una grotta profonda sei piedi. Vidi spaventose figure affollare minacciose la stretta caverna dove il Signore si era ritirato a pregare. – Fu qui, ai piedi del monte degli Ulivi, che Adamo ed Eva piansero disperati il loro peccato. Vidi i nostri progenitori nello stesso luogo in cui Gesù depose la sua divinità nelle mani della santissima Trinità, affidando la sua innocente umanità alla giustizia di Dio. Con questo sublime atto di carità il Redentore si donava interamente al Padre quale vittima riparatrice dei nostri peccati. – Tutte le colpe del mondo, commesse dall’uomo fin dal la sua prima caduta, gli apparvero a miriadi nella loro completa mostruosità. Nella sua sconfinata angoscia, Gesù supplicò il Padre celeste di perdonare i pensieri malvagi e le offese degli uomini, offrendogli in cambio la sua suprema espiazione. La grotta si era affollata di forme spaventose, immagini delle passioni, dei vizi e delle malvagità del genere umano. Vidi il Redentore abbandonarsi alla sua natura umana e prendere sopra di sé le nefandezze del mondo. Era su dato, stremato e angosciato di fronte agli innumerevoli peccati che Satana continuava a mostrargli come sue conquiste, mentre gli diceva: «Come?!… Anche questo vuoi prendere sopra di te e sopportarne la pena?». La sua umanità stava già per soccombere sotto l’enorme peso dei nostri peccati, quando un solco di luce chiarissima scese dal cielo, da oriente. Erano le schiere angeliche del paradiso inviate dal Padre celeste per infondere rinnovato vigore al suo Figlio divino. Gesù era al limite del le sofferenze spirituali, il peso delle colpe umane continuava a gravare immensamente su di lui e a causargli dolori atroci, mentre gli spiriti malvagi lo deridevano e i demoni gli facevano sentire la loro orribile voce. Infine, nonostante le spaventose visioni, rincuorato dagli angeli, Gesù misericordioso seppe accogliere tutto su di sé. Egli amò immensamente Dio e anche gli uomini, vittime delle loro stesse passioni. – Il demonio ignorava che Gesù fosse il Figlio di Dio; credendolo soltanto un uomo giusto, lo tentò in tutti i modi come già aveva fatto nel deserto. Satana lasciò scorrere’dinanzi alla santa anima del Signore le sue opere di carità facendole apparire come colpe contro il mondo e contro Dio. Tentò di dimostrargli che esse non sarebbero valse a nulla e non erano state adatte a soddisfare la giustizia divina, anzi erano state causa di scandalo e di rovina per molti. – Come un arguto fariseo, Satana gli rimproverò le mancanze e gli scandali che avevano suscitato i suoi apostoli e i discepoli, i disordini che essi avevano provocato abolendo le antiche usanze e, tra l’altro, incolpò Gesù di aver causato la strage degli innocenti e una vita di tribolazioni ai suoi genitori. Inoltre l’accusò di essersi rifiutato di operare diverse guarigioni e di non aver salvato Giovanni Battista, e così continuò a lungo. Gesù era rimasto perseverante nell’orazione, pur continuando a sudare con tremiti convulsi. Egli aveva lasciato prevalere la sua infinita misericordia permettendo al demonio di fargli soffrire le pene dei comuni mortali, in particolare dei giusti, i quali in punto di morte dubitano per fino delle loro sante opere. Atterrito dall’immensa ingratitudine degli uomini verso Dio, il Signore sentì piagare la sua anima e cadde in un violento dolore; allora si alzò e rivolse la sua pena al Padre:

 “Abbà, Padre, se è possibile, allontana questo calice da me.”

«Abbà, Padre mio, se puoi, allontana da me quest’amaro calice!». Ma subito soggiunse: «Sia fatta, però, non la mia, ma la tua volontà!». Sebbene la sua volontà e quella del Padre fossero strettamente congiunte, la natura umana di Gesù tremava di fronte alla morte. Lo vidi sfigurato in volto e le sue labbra erano livide. Barcollando, uscì dalla grotta e si diresse verso i tre apostoli che aveva lasciato fuori. Vedendoli addormentati, il Signore, estenuato e sopraffatto dalla tristezza, incespicò e cadde vicino a loro. Ancora circondato dalle tremende visioni, rialzandosi lentamente, Gesù disse: «Perché dormite? Non potete vegliare nemmeno un’ora? ». I tre, che frattanto si erano svegliati e si erano levati in fretta, vedendo il Signore trafelato e madido di sudore, sta vano per chiamare gli altri apostoli, ma Gesù fermò Pietro dicendo: «Non chiamare gli altri, non voglio che mi vedano in queste condizioni, dubiterebbero di me e cadrebbero in tentazione. Ma voi che avete veduto il Figlio dell’uomo nello splendore, potete pure vederlo nell’oscurità e nell’abbandono. Vegliate e pregate per non entrare in tentazione; lo spirito è sveglio, ma la carne è debole e inferma». Gesù non ignorava che anche i suoi amati apostoli erano caduti in preda all’angoscia e alla paura. Allora parlò loro con amorevole tristezza, mettendoli al corrente circa la dura lotta della natura umana contro la morte. Dopo un quarto d’ora fece di nuovo ritorno alla grotta. Erano quasi le undici di notte. I tre apostoli, afflitti, si chiedevano: «Cosa gli accade per essere così smarrito?». Si coprirono la testa e si misero a pregare. – Frattanto, nella notte silenziosa di Gerusalemme, Ma ria santissima, Maria Maddalena, Maria figlia di Cleofa, Maria Salomè e Salomè avevano lasciato il cenacolo e si erano recate a casa di Maria, la madre di Marco. Tutte erano molto preoccupate per la sorte di Gesù, in modo particolare Maria santissima, la quale non dubitava più sul tradimento di Giuda. Con il cuore colmo d’amara tristezza, Gesù dunque era ritornato nella grotta. Si gettò col viso al suolo e, con le braccia distese, pregò il Padre in cielo. – Allora gli angeli consolatori gli mostrarono l’immagine beata dei nostri progenitori nello stato di santa innocenza, ossia quando Dio dimorava ancora nel loro cuore, facendogli vedere come la loro caduta l’avesse deturpata. – In tale contesto il Salvatore vide le indicibili sofferenze che la sua anima avrebbe dovuto superare per redimere l’uomo dal peccato d’origine, causa di tutti i patimenti. Gli angeli gli fecero notare che l’unica natura umana esente dal peccato era quella del Figlio di Dio, il quale per prendere sopra di sé il debito dell’intera umanità doveva superare la ripugnanza umana per la sofferenza e la morte.

 Gesù vede i peccati del mondo in tutta la loro bruttezza.

La sua santa anima vide le pene future che sarebbero gravate sugli apostoli, sui discepoli e sui santi martiri. La crescita della Chiesa tra ombre e luci, le eresie, gli scismi e tutte le forme di vanità e le colpe scandalose del clero. La tiepidezza e la malvagità di numerosi sedicenti cristiani. E ancora: la desolazione del regno di Dio sulla terra e le or rende raffigurazioni dell’ingratitudine e degli abusi degli uomini. Con il suo martirio egli avrebbe instaurato nel mondo il precetto salvifico dell’amore e sarebbe stato il Salvatore divino per quanti, nei secoli, avrebbero voluto sfuggire alle fiamme dell’inferno e avvicinarsi alla luce beatifica di Dio. – L’umanità, corrotta dal peccato, che Lui si preparava a riscattare col proprio tributo di sofferenze indicibili, si sarebbe potuta salvare solo alla sequela della sua imitazione. Era quindi necessario che Egli bevesse quest’amaro calice per trasfigurarsi nella “verità”, nella “porta” e nella “via” al Padre. – Vidi Gesù versare lacrime di sangue di fronte all’immane ingratitudine degli uomini; per quelle moltitudini che l’avrebbero odiato e si sarebbero rifiutate di portare la croce con lui. Egli pativa affinché la sua Chiesa fosse fondata sulla roccia, contro la quale le porte dell’inferno non avrebbero prevalso. – Ecco perché il demonio per provocano gli aveva detto: «Vuoi davvero soffrire per questa massa d’ingrati?». Con forte dolore, vidi una fitta schiera di nemici del mio Sposo divino mossi dal fanatismo, dall’idolatria e dall’odio contro la Chiesa: ciechi, paralitici, sordi, muti e persino fanciulli. Ciechi che non volevano vedere la verità, paralitici che con la verità non volevano camminare, muti per ché si rifiutavano di trasmetterla agli altri e sordi perché rifiutavano di ascoltare le ammonizioni di Dio. I fanciulli crescevano insensibili alle cose divine, istruiti dai genitori e dai maestri alla vana sapienza del mondo. Questi mi fecero maggior compassione perché erano stati oggetto del massimo amore di Gesù. Non potrei mai finire se volessi raccontare tutti gli oltraggi fatti a Gesù, dai sacerdoti indegni, nel santissimo Sacramento… Vidi gli angeli che seguivano con il dito le diverse immagini che essi stessi producevano, ma non udivo quel che dicevano; compresi solo che avevano molta compassione per le sofferenze del Signore. Le sofferenze interiori di Gesù, per tali orribili peccati e concupiscenze, furono così intense che il suo corpo versò fiotti di sangue. – Nello stesso tempo vidi la Vergine Maria patire a sua volta l’agonia spirituale del Figlio. La Madre di Gesù si trovava ancora nel giardino di Maria di Marco e veniva con solata dalle pie donne, particolarmente dalla padrona di casa e dalla fedele Maria Maddalena. Perse più volte i sensi mentre sollevava le mani imploranti verso il Getsemani. – Anche Gesù, con molto trasporto, contemplava nello spirito le pene della sua santa Madre. Fu una visione intensa e molto commovente. Gli Otto apostoli, sbigottiti e afflitti dal dubbio, teme vano per la sorte di Gesù e per la loro. Essi si chiedevano: «Che faremo, se il Maestro verrà arrestato e morirà? Abbiamo rinunciato a tutto per seguirlo e adesso siamo poveri ed esposti al ridicolo. Forse abbiamo sbagliato affidandoci completamente a lui». Fu così che gli apostoli entrarono in tentazione e si misero a cercare un nascondiglio. Anche i discepoli furono assaliti da un grande sconforto e andavano in giro per Gerusalemme con l’intento di apprendere qualche notizia in torno alla sorte del Redentore. – Mancava poco alla mezzanotte. Gesù continuava l’intimo colloquio con il Padre celeste, allorché si aprì la terra sotto di lui e si trovò all’improvviso su un sentiero luminoso che scendeva nel limbo. Il Maestro divino scorse Adamo ed Eva, gli antichi patriarchi, i profeti e i giusti, i genitori di sua Madre, Giovanni Battista e una moltitudine di sacerdoti, di martiri, di beati e di santi della futura Chiesa. Tutti avevano il capo cinto dalle corone del santo trionfo, conseguite grazie alle sofferenze patite e alla perseverante lotta contro il male. Lo splendore ditale trionfo era legato unicamente ai meriti della sua prossima passione. Essi lo circondarono, esortandolo a compiere il sacrificio del suo sangue, sorgente di redenzione e di vita spirituale per tutti gli uomini di buona volontà. Questa visione rinvigorì Gesù che stava soggiacendo all’abbattimento umano. Dopo quelle confortanti scene, gli angeli gli mostrarono in tutti i particolari la passione che avrebbe subito tra poco. Quando il divino sofferente si vide inchiodato sulla croce completamente nudo per espiare l’impudicizia degli uomini, pregò fervorosamente il Padre di risparmiargli quell’immane umiliazione. Questa preghiera sarebbe stata esaudita per l’intervento di un uomo pietoso che l’avrebbe coperto. -Dopo la visione del suo martirio sulla croce anche gli angeli lo abbandonarono. Egli cadde a terra sfinito come se fosse moribondo: il suo corpo era agonizzante e in preda a un tremito convulso. Vidi la grotta illuminata da tenui raggi lunari. – All’improvviso un’altra luce illuminò la grotta: era un angelo inviato da Dio, indossava abiti sacerdotali e aveva nelle mani un piccolo calice. Senza discendere al suolo, la creatura celeste accostò il calice alle labbra di Gesù e, ciò fatto, disparve. Così il Signore aveva accettato il calice delle sue pene, dal quale ne trasse straordinarie energie. Restò ancora per alcuni minuti in atto di gratitudine verso il Padre celeste, poi si rialzò, si asciugò il volto con un sudario e fece ritorno dagli apostoli. Quando Gesù uscì dal la grotta, vidi la sua faccia pallidissima e spettrale: destava profonda compassione; notai però che il suo passo era diritto. La luce lunare e lo splendore delle stelle mi apparvero molto più naturali. Pietro, Giacomo e Giovanni, spossati dall’angoscia, era no caduti di nuovo nel torpore e si erano assopiti con la te sta coperta.

 “Non siete stati capaci di vegliare un’ora sola con me?”

Gesù, pieno di amarezza, li chiamò ancora una volta e disse loro che non era il momento di dormire ma di pregare, perché l’ora della verità era venuta. Li avvertì che egli si sarebbe consegnato ai suoi nemici senza opporre resistenza; chiese che assistessero sua Madre ed ebbe parole di compassione per il traditore. Ma Pietro gridò: «Noi ti difenderemo, vado a chiamare gli altri!». Gesù lo fermò e gli fece segno di guardare nella valle,dall’altra parte del torrente Cedron, dove una masnada di armati si avvicinava alla luce di una lanterna.

L’arciconfraternita del Cuore Immacolato: storie di conversioni [3]

 

7. CONVERSIONE di un’attrice.

Questa giovane ragazza sfortunata è nata a Parigi;  era stata battezzata, ma non sapeva nulla della religione. Quando aveva appena sette anni, iniziò la sua carriera di ballerina nei teatri minori della capitale, restando in questo lavoro scandaloso fino all’età di diciotto anni; uccessivamente, sentendo una inclinazione per il teatro, diventava un’attrice, esibendosi nelle città di provincia. In seguito a diverse vicende arrivava a Parigi, dove però si ammalava gravemente, tanto da dover essere ricoverata presso la Maison de Santé, di Dubois. Non aveva fino ad allora mai rispettato uno qualsiasi dei doveri della religione, e neppure aveva un pensiero per Dio;  e come potrebbe essere altrimenti in una vita così infelice, iniziata e passata in mezzo ad ogni specie di corruzione. “Cosa fa il ministro della morte qui, non lasciatelo venire a me vicino!”: aveva esclamato in tono di orrore alcuni giorni dopo il suo ricovero, notando l’elemosiniere della casa entrare nel suo reparto, e pensando che fosse in pericolo di morte; una vita così mal vissuta e tali disposizioni negative, sembravano essere un sicuro presagio della riprovazione eterna di questa peccatrice infelice. Una persona pia, che in precedenza l’aveva conosciuta, sentendo la sua triste condizione, ha parlato di lei al direttore della Arciconfraternita; questi, compenetratosi con compassione, prometteva di ottenere preghiere per la sua conversione. Ha raccomandato poi a questa persona tanto caritatevole di visitare questa povera figlia perduta, per parlarle di Dio, e esortarla al pentimento; questo veniva fatto con carità e costanza, ma la malata né capiva, né sentiva quanto le si diceva; Le preghiere dell’Arciconfraternita sono state offerte per lei la Domenica 4 novembre, dopo le raccomandazioni in cui si richiedeva di provvedere a tutte le sue necessità applicandole con gran sentimento; il seguente Lunedi, il curato le mandava una medaglia miracolosa, che lei ha ricevuto, ascoltando il buon consiglio di chi era con lei, e con la promessa di seguirlo, ma al tempo stesso diceva: “Che devo fare, cosa devo dire? Non mi è stato insegnato niente! “L’elemosiniere informava delle sue disposizioni il sacerdote incaricato, che sentiva la sua confessione, e le somministrava i sacramenti ecclesiastici, il 16 novembre.; la mattina del 18 rendeva la sua anima a Dio con sentimenti di sincera devozione, pronunciando con il suo ultimo respiro, la dolce invocazione, “O Maria, concepita senza peccato, pregate per me che ricorro a voi.”

Un idiota recupera la ragione .

 Finora la conversione dei peccatori era stata la sola intenzione delle preghiere della Arciconfraternita, mentre i malati e gli afflitti non erano mai stati inclusi nelle raccomandazioni pubbliche, non per un sentimento di sfiducia nella forza della sua patrona dei beati, che è Ella stessa “La salute degli infermi” e la “consolazione degli afflitti,” così come il “Rifugio dei peccatori,” ma perché si voleva rispettare esclusivamente l’oggetto speciale della sua fondazione. Ma la Madre della misericordia divina è andata al di là di questa restrizione, poiché desiderava esercitare il suo potere e la sua clemenza anche in favore di tutti coloro che sono nel dolore, nella miseria, e nell’afflizione. – Uno dei parrocchiani di Notre Dame des Victoires divenne vittima di attacchi di follia; la malattia era diventata così violenta, che si rese imperativa la separazione dalla sua famiglia. Sabato 16 marzo, i suoi amici desiderarono raccomandarlo alle preghiere pubbliche della Arciconfraternita; la loro richiesta è stata in un primo momento rifiutata, perché l’intenzione e l’oggetto dell’associazione è la conversione dei peccatori; ma poiché si prospettava la rovina inevitabile della famiglia, con il susseguente triste destino dei due giovani figli che, a causa della condizione deplorevole del loro padre, sarebbero presto diventati come orfani, il cuore dell’Abate Desgenettes fu sensibilmente afflitto così da dare il suo consenso, e il giorno seguente, il 17, è stata fatta la raccomandazione.  Nel pomeriggio del 18, il paziente scriveva una lettera alla moglie, piena di ragione e buon senso, informandola degli atti di imprudenza che aveva commesso nella gestione dei suoi affari, durante i giorni che avevano preceduto l’attacco della sua malattia, e di cui la sua famiglia non era a conoscenza, sostenendo giudiziosamente la perdita che avrebbe potuto causare loro, ed affermando che egli si proponeva di impiegare questi tali mezzi per ovviare a questa disgrazia; infine si svegliò la mattina con perfetta calma e con sana ragione, con sensazione di benessere nel corpo e nella mente: cioè si sentiva guarito, anche se, per motivi di prudenza, sarebbe rimasto un paio di giorni ancora al manicomio. La moglie andò subito a vederlo, passò il pomeriggio con lui, e non era meno stupita che contenta nel testimoniare il felice ritorno della sua ragione. Restituito alla sua famiglia, poteva ancora una volta dirigere i suoi affari, senza mai più avvertire il minimo residuo della sfortunata malattia da cui era stato afflitto.

 Guarigione di una giovane donna.

Alcuni giorni dopo, una giovane donna di una delle famiglie più rispettabili della Bassa Normandia, che stava ricevendo la sua formazione presso un istituto religioso di Parigi, è stata raccomandata alle preghiere della Arciconfraternita da sua madre e dai suoi pii istruttori. Di età compresa tra i quattordici e i quindici anni, aveva sofferto per diversi anni da una contrazione dei muscoli della gamba e della coscia; i suoi dolori erano strazianti, non aveva potuto abbandonare il suo letto per molti mesi, la contrazione della sua gamba le impediva la stazione eretta. Venne così richiesta una novena di preghiere, che non fu più rifiutata, dopo la benedizione così concessa ultimamente alla parrocchiana nel caso appena citato sopra. Durante i primi giorni della novena, la paziente si è aggravata; ella ha gioito per questo, considerando le sue sofferenze come pegno del suo vicino recupero. La mattina del nono giorno, si è alzata improvvisamente perfettamente guarita.

Innumerevoli infatti sono quelli che hanno trovato sollievo e consolazione nelle loro sofferenze, e che si sono raccomandati alle preghiere della Arciconfraternita, con l’offerta delle loro petizioni davanti all’altare dedicato a quel Santo ed Immacolato Cuore, la dolce fonte di ogni benedizione per coloro che devotamente e con fiducia lo invocano.

Fonte: L’Arciconfraternita del Cuore Immacolato di Maria, per la conversione dei peccatori, Notre Dame des Victoires, Parigi. 1843. 1843.

 

L’arciconfraternita del Cuore Immacolato: storie di conversioni [2]

L’arciconfraternita del Cuore Immacolato: storie di conversioni [2]

4. CONVERSIONE di diversi villaggi.

 Uno dei giovani missionari che ultimamente si è imbarcato per la Cina, ha inviato il manuale dell’associazione allo zio, un curato della diocesi di Le Mans, in occasione della festa della Purificazione: così, dopo la celebrazione della Messa solenne, egli aveva iniziato una novena alla Beata Vergine per il felice risultato della solennità delle Quaranta ore, che sarebbero iniziate la Domenica di Quinquagesima. Pensando che il suo contenuto potesse produrre un buon effetto sui suoi parrocchiani, ha letto alcuni estratti dal manuale durante il suo sermone, nella Domenica di Sessagesima; il pubblico ne rimase ammirato restando pieno di stupore ed ammirazione; egli approfittò di questa impressione, con l’esortarli alla conversione e alla penitenza, e annunciando che due missionari della diocesi si sarebbero uniti a lui ed ai suoi tre vicari, per confessare durante la settimana seguente. Il suo appello venne ascoltato: per otto giorni la chiesa fu quasi costantemente piena; i tribunali sacri furono circondati da una moltitudine di penitenti; le confessioni, iniziate la mattina, alle tre, non finivano prima delle undici di sera. Le comunioni furono pari a milleottocento durante tre giorni, e rimasero quasi un centinaio di persone, le cui confessioni, iniziate, non poterono essere completate per mancanza di tempo. Questi sono i dettagli del missionario sopra menzionato. – M. Desgenettes ricevette la seguente lettera, datata il 9 marzo, da questo degno curato: “Mio nipote mi ha mandato il manuale della vostra associazione, che gli avete dato nel mese di febbraio; io l’ho ricevuto in occasione della festa della Purificazione. In quella mattina, avevo annunciato una novena in onore della Beata Vergine, per il felice risultato della solennità delle nostre Quaranta ore; avevo con me due dei nostri missionari diocesani, per rinnovare i buoni effetti del loro ritiro, durante l’ultima Quaresima. Immediatamente, nel ricevere il manuale, ho deciso di informare i miei parrocchiani dei suoi contenuti;  ho fatto loro notare, la felice coincidenza dell’arrivo di questo libro e l’inizio della novena; ho dato loro un’idea della vostra associazione, e ho letto due delle più belle conversioni, ottenute dalle preghiere degli associati; poi li ho esortati ad un rinnovamento nella fede e nel fervore, implorando coloro che avevano fino ad allora trascurato i loro interessi eterni, che iniziassero la loro conversione in quello stesso giorno. Il felice risultato è andato ben al di là di ogni più rosea aspettativa; durante i tre giorni delle Quaranta ore, la chiesa è stata costantemente piena; abbiamo avuto quattro esercizi spirituali al giorno; sei confessori erano continuamente impegnati nei tribunali sacri. Abbiamo dato la santa comunione a quasi milleottocento persone, su una popolazione di tremila e sei o settecento anime. Quanto a me, ho confessato cinquecentotrenta individui, di cui 272 erano uomini. Questo inatteso successo, che ha superato tutte le mie speranze, io l’ho completamente attributo alla protezione del Cuore Immacolato di Maria.  I miei parrocchiani hanno raddoppiato il loro amore e la devozione verso questa Madre di beneficenza;  confido presto di stabilire anche qui la vostra associazione, che sono persuaso effettuerà benefici incalcolabili; mi riservo di far questo per il mese di Maria, proponendoci quest’anno di celebrarlo solennemente con grande affluenza e fervore. ” – Chi non riconosce in questo l’intervento speciale di Maria, che con una semplice lezione è in grado di cambiare i cuori della maggior parte di una numerosa popolazione. Questa parrocchia comprende numerosi villaggi sparsi lontani dalla chiesa; la stagione è stata la più fredda e triste dell’anno, con le strade impraticabili o rese quasi impossibili da utilizzare anche durante il giorno dalle forti piogge e nevicate di un rigido inverno; ma questi ostacoli sono stati superati, e si sono sfidati questi pericoli, anche durante la notte, dal momento che i primi fedeli sono arrivati in chiesa prima delle tre del mattino, e molti l’hanno lasciata non prima di mezzanotte. Le distrazioni ed i passatempi della stagione, usuali per gli abitanti del villaggio del Maine, come da consuetudine immemorabile, sono stati poi del tutto trascurati; tutto è stato sacrificato per soddisfare il loro pio ardore. Certo, si potrebbe pensare che la ripetizione frequente delle esortazioni e degli esercizi spirituali, abbiano rianimato il fervore di un popolo naturalmente religioso, ma questi si ripetono ogni anno, durante i tre giorni della settimana di Quinquagesima, ed ogni anno i comunicandi sono stati pari a circa tre o quattrocento, mentre, in questa occasione ben milleottocento persone hanno circondato la tavola santa. Questo non era opera dell’uomo; no, era Dio che si è degnato di fare uso di mezzi così semplici per poter manifestare la sua misericordia, e glorificare la Regina augusta del cielo. Vediamo questo fatto, quindi, con più ardore che mai, e poniamoci sotto la protezione della beata Maria; pensiamo a Lei come la nostra speranza e come il conforto in questa valle di lacrime; dobbiamo amarLa come la nostra tenera e affettuosa madre; cerchiamo di considerarLa come il nostro avvocato davanti al trono dell’Altissimo;- dice san Bonaventura, “sarà salvato, e chi trascura di servirLa morirà nei suoi peccati”: “Qui coluerit Mariam, justificabitur; et qui neglexerit illam, morietur in peccatis suis. et qui neglexerit illam, morietur in peccatis suis”.

5. Una edificante CONVERSIONE.

Il pastore di una importante cittadina in Francia, dove in precedenza la pietà era tutt’altro che fiorente, ascoltando le grazie concesse dalla parrocchia di Notre Dame des Victoires, dalla testimonianza dell’Abate Desgenettes, ha pensato di stabilire l’associazione nella sua parrocchia. Qui, ugualmente, ha fatto una serie di conversioni a dimostrazione che Maria aveva esaudito le preghiere dei suoi supplicanti.; una tra le tante numerose fu molto particolare e ben adatta ad eccitare l’ammirazione e la fiducia. — Il curato di questa città ha scritto quanto segue a M. Desgenettes: – Ho a lungo ritardato di scrivervi, perché io desideravo ricevere dalla persona stessa i dettagli che avete chiesto circa la sua conversione. Vi allego pertanto la sua lettera: i suoi scandali erano pubblici, la sua pietà è ora invece esemplare. Non ho mai visto in modo così ammirevole un trionfo della grazia; in un momento è cambiato un cuore abbandonato alla peggiore delle passioni, trasformato in un vaso di elezione. Molti e terribili erano gli assalti sostenuti:beffe, persecuzioni, attacchi all’amor proprio, tutte sono state superate. La santa orazione è ora la sua felicità e la gioia; costei che, per venticinque anni, non è mai salita in chiesa, ora è da sette anni davanti all’altare, immersa nella devozione ai piedi della Vergine, e smette le sue devozioni solo per adempiere le funzioni della sua condizione.. . .. .. .”. – Quella che segue è la lettera di questa felice penitente al suo pastore, in risposta alla sua richiesta di dettagli della sua conversione. “Vi faccio conoscere la causa del cambiamento che ha avuto luogo in me nel corso degli ultimi sei mesi.Io comprendo come in mezzo alle peregrinazioni e ai disturbi della mia giovinezza, avevo conservato alcuni barlumi di fede che allo stesso tempo provocavano sì il timore della vendetta di un Dio offeso, ma mi permettevano di sperare pure nella sua infinita misericordia. Metto davanti a voi, padre mio, la storia malinconica della mia vita passata, le cui pagine tristi ho avuto tanto timore di raccontare: ricorrevano agli anni felici della mia infanzia e della giovinezza; il loro ricordo, mi offrono il fascino dell’innocenza, per la qual perdita devo aggiungere i miei rimorsi; avevo fatto una devota prima Comunione e, fino all’età di diciotto anni, ho perseverato nel mio fervore religioso. Ma l’amore della virtù, e il desiderio di praticarla, è scomparso quando sono entrata nel mondo. Le sue attrazioni, le sue lusinghe, hanno incantato la mia immaginazione ardente; il piacere è diventata la mia ricerca unica e totalizzante. Presto la passione mi ha sedotto; la mia prima trasgressione ha dato poi luogo all’abitudine, e nel corso di più di venti anni, ho vissuto dimentico dei miei doveri cristiani. Ci sonostati momenti di infelicità, di inganno, di rimpianto;quante volte, allora, ho invocato l’aiuto del Cielo! Penitente e peccatore di volta in volta, ho cercato ancora il coraggio di rompere le catene della mia prigionia. – A voi, mio benefattore e mia guida, è stato riservato questo compito arduo, ed infatti per la vostra ispirazione felice ho stabilito la devozione al Cuore Immacolato di Maria. Ho assistito per la prima volta ad una delle vostre istruzioni, mossa unicamente dalla curiosità; ed ecco che la nostra Madre, che riceve i peccatori e rinnova loro la speranza, ha fatto un’impressione profonda e vivace nella mia mente. Sono sempre tornato da questi discorsi, pensosa e colpita. Il sermone del 17 marzo, il figliol prodigo, ha dato una retrospettiva malinconia della mia vita ed ilrimorso ha penetrato la mia anima; così feci un voto di rompere e fare a pezzi i legami del peccato e di ritornare a Dio. Ma quali prove ho dovuto combattere con il nemico che mi aveva in precedenza incatenato: promesse lusinghiere e speranze brillanti del futuro, sono state impiegate per sedurmi nuovamente; le vostre esortazioni mi hanno seriamente confermato nella mia risoluzione, e determinato nel confidare nel vostro cuore paterno i miei peccati, le mie miserie, il mio pentimento! Nei vostri consigli benefici ho trovato il coraggio e la rassegnazione per sostenere le prove, che è piaciuto alla Provvidenza di mandarmi. -“Il mondo e i suoi piaceri sono ora per me come un nulla; la mia unica attrazione è per gli esercizi di religione e per la santa orazione, che mi offre una fonte inesauribile di conforto e di assistenza, anche se spesso è accompagnata da lacrime, che sono ora, ahimè!,l’unica offerta che posso fare al mio Dio. – Ah! Ah! come sarei felice ai piedi di Maria, se non avessi il dispiace di non poter riavere l’innocenza di cui Ella è il modello perfetto, e che sarei felice di ritrovare, al prezzo di una parte della mia vita! ”

6. La CONVERSIONE di un ufficiale.

Un ufficiale che risiede in un paese della diocesi di Bayeux, la cui vita era stata segnata dal costante esercizio di tutte le virtù sociali, ma da una totale assenza di sentimento e di principi religiosi, è diventato gravemente malato. La moglie e la famiglia lo esortavano con urgenza a ricevere gli aiuti della religione; ma egli dichiarava subito che non aveva bisogno di essi, nei quali non aveva nessuna fede, perché, egli diceva, aveva sempre vissuto come un uomo d’onore, e non aveva niente di cui rimproverarsi, e proibiva loro di ricorrere agli ausili. La sua famiglia lo ha piamente raccomandato alle preghiere della Arciconfraternita; subito dopo, egli ha espresso il desiderio di vedere il suo pastore, che si affrettava a fargli visita, lo riportava alla religione, e gli somministrava i sacramenti della Chiesa. A coloro che, conoscendo le sue opinioni precedenti, sembravano stupito dalla sua condotta, diceva: “ho agito in tal modo per salvare la mia anima; per diventare fedele al mio Dio, come io lo sono stato al mio re. ”

Fonte: L’Arciconfraternita del Cuore Immacolato di Maria, per la conversione dei peccatori, Notre Dame des Victoires, Parigi. 1843. 1843.

L’Arciconfraternita del cuore Immacolato di Maria – Storia di conversioni – [1]

Nella festa dell’Arciconfraternita del Cuore Immacolato di Maria, che si celebra nell’ultima Domenica dopo l’Epifania, prima della Domenica di Settuagesima, vogliamo iniziare a riportare una breve serie di fatti straordinari verificatesi dalla istituzione dell’Arciconfraternita per la conversione dei peccatori.

[Fonte: L’Arciconfraternita del Cuore Immacolato di Maria, per la conversione dei peccatori, Notre Dame des Victoires, Parigi. 1843. 1843.]

L’Arciconfraternita del cuore Immacolato di Maria

– Storia di conversioni – [1]

 

1- CONVERSIONE DELLA PARROCCHIA DI NOTRE DAME des Victoires.

È stato già osservato, come la parrocchia di Notre Dame des Victoires fosse caduta in uno stato molto deplorevole di indifferenza religiosa, e persino di irreligione professata. Il numero della popolazione della parrocchia era intorno alle ventisei-settemila anime, tuttavia le comunioni, durante tutto l’anno 1835, ammontavano al numero incredibilmente basso di settecentoventi. – I pii esercizi dell’associazione del Cuore Immacolato di Maria, iniziarono l’11 dicembre 1836;il registro venne aperto il 12 gennaio 1837. Una serie ininterrotta di grazie e di conversioni si sono verificate dal quel momento in poi: la parrocchia di Notre Dame des Victoires ora ha cambiato totalmente il suo aspetto; la sua chiesa è affollatissima, l’ufficio divino è religiosamente frequentato, così pure i sacramenti sono regolarmente frequentati; ora il suo segno distintivo è un comportamento pienamente religioso ed uno spirito di profonda pietà; e spesso gli uomini del clero delle diocesi più religiose in Francia, si sono meravigliati con l’Abate Desgenettes esprimendo la loro estrema edificazione a testimonianza della devozione dei suoi parrocchiani durante gli uffici divini- Non solo la domenica e nelle feste c’è questo spettacolo di devozione, ma ci sono alcuni momenti, anche nel corso della settimana, in cui non si conta il numero dei fedeli che in ginocchio sono in supplica devota davanti all’altare di Maria, invocando la sua protezione in questo suo santuario particolarmente favorito.- Ma, è soprattutto durante le devozioni pubbliche offerte in nome della Arciconfraternita, che si manifestano i segni di pietà che maggiormente colpiscono. Durante le funzioni, diversi sacerdoti sono nei loro confessionali le confessioni si prolungano fino a quasi le 10:00, e quasi sempre succede che molti, entrando in chiesa presi dalla curiosità, a quest’ora apparentemente fuori dalla consuetudine, vengono colpiti dalla scena devota che si presenta loro davanti, e mossi dalla funzione che sentono, sono improvvisamente ispirati dalla grazia e si avvicinano al tribunale della penitenza o confessano i loro peccati nel corso della stessa settimana. – Nelle vigilie delle feste le confessioni, oltre che occupare l’intera giornata, si prolungano spesso fino a mezzanotte. – E’ stato osservato che c’erano precedentemente settecentoventi comunioni annuali; durante il felice anno 1837, queste erano salite a novemila cinquecento e cinquanta, e ogni anno successivo testimoniava un aumento del loro numero. – Questi fatti semplici sono la chiara evidenza che Maria opera, Ella di cui san Bernardo ci dice che l’Onnipotente ha posto nelle sue mani la pienezza di tutte le sue grazie, perché desidera che esse, quando sono donate a coloro ai quali Egli vuole, debbano passare attraverso le mani di sua Madre; Maria, che, secondo sant’Anselmo, ha tanto merito davanti a Dio, che è impossibile che Lei non possa ottenere la realizzazione dei suoi desideri, ha ascoltato le preghiere dei suoi supplici, ed ha ottenuto la grazia della conversione per questa parrocchia, fino ad allora miseramente persa in percorsi di irreligiosità e infedeltà.

 2. CONVERSIONE di un ateo, figlio di uno dei sovrani della Germania.

Una miracolosa apparizione!

Domenica scorsa, il 30 aprile 1837, una signora inglese cattolica, residente in rue Montmartre, stava passando per Rue Notre Dame des Victoires, alle otto di sera. Stupita di vedere una luce in chiesa ad un’ora così tarda, vi entrò: stavano celebrando l’ufficio del Cuore Immacolato di Maria; il sermone si stava appena concludendo, ed ella sentì l’- Dopo l’ufficio, essa si rivolse a due o tre donne che erano rimaste in preghiera davanti all’altare della Beata Vergine, e chiese loro la natura dell’associazione, di cui il curato aveva parlato; così esse la informarono del suo titolo e dell’oggetto; – Durante gli ultimi giorni della stessa settimana, desiderosa di unirsi alle loro preghiere, desiderò entrare nella associazione. Poi pregò l’Abate Desgenettes per raccomandare il suo protetto alle preghiere pubbliche; e, per poter far capire quanto difficile sembrerebbe l’ottenere la sua conversione, disse: “La persona che vi raccomando è il figlio di uno dei sovrani della Germania, nato da un matrimonio privato, che suo padre aveva contratto prima di godere del suo Principato. Egli ha perso la madre all’età di sei anni; il padre pensò di dargli un’educazione adatta alla sua posizione elevata e per motivi politici, tolto il bambino dal suo ambiente, desiderava che egli prendesse un nome straniero, per cui lo mandò in Francia, sotto le cure di un tutore, un uomo dai modi più dissoluti, che non permise al suo allievo di ricevere alcuna istruzione religiosa, rendendolo un ateo ed un materialista.Sono vissuti così insieme per trenta anni, e solo la morte del tutore li separò. Il tutore aveva avuto successo nei suoi disegni;  M. de ***, dell’età attuale di circa sessanta anni, è un uomo di grande buon senso, ben istruito, ma empio ed ateo ad un tale grado di frenesia, che appena sente pronunciare il nome di Dio, inizia a proferire bestemmie. In precedenza molto dedito alla società, ora è infermo, riceve solo poco compagnia, e lascia raramente la sua casa. Lo conosco da vent’anni; il suo modo di fare ed il suo conversare non mi piace affatto, ma lo visito, ogni quindici giorni, animata da un sentimento di compassione per la sua situazione di solitudine.” – Sono state offerte così preghiere per lui nella Domenica del 7 maggio; il Venerdì seguente, questa signora ha faceva la sua solita visita; trovava l’uomo un po’ cambiato, con un volto agitato, il suo aspetto tutto ansioso e tormentato.”Qual è il problema?”, lei gli chiede. “Niente; io penso di non essere malato; ma dal lunedì, la mia immaginazione è perennemente ossessionata da pensieri che invano mi sforzo di bandire e, cosa sorprendente è che si tratta di pensieri riguardanti la religione, ma cosa ancora più straordinaria, non riesco più a sopportare la società dei protestanti. Sapete, Mesdames * * * e * * *; sono state qui due volte dal Lunedì 8, ed ogni volta la loro visita mi turbava e mi inquietava, e la stessa cosa mi è successa quando sono stato in compagnia di altri che ho visto; ma con i cattolici, questo non si è verificato. “Si avventurò fino al punto di dire: “La cosa è chiara: Dio senza dubbio desidera che io sia un cattolico, “(la donna all’epoca ignorava ciò che ha in seguito scoperto, che sua madre cioè era cattolica, e lo aveva fatto battezzare nella sua stanza, da un prete cattolico, durante la sua ultima malattia, quando aveva l’età di cinque anni e mezzo, una circostanza che poi perfettamente egli ricordava): a queste parole, assumendo una viso grave, le disse con molta vivacità: “ma diamo tregua a queste osservazioni; tu sai chi sono,conosci il mio parere circa queste superstizioni miserabili; lasciamo che non siano più menzionate in mia presenza. ” – Sabato scorso, la signora * * * ha dato all’Abate Desgenettes un resoconto della sua visita;  ha riconosciuto il primo movimento della grazia divina in quest’anima, e questi la informò, che avrebbe continuato ad innalzare le preghiere dell’Arciconfraternita per la sua intenzione. – Domenica, 14 maggio, le preghiere sono state offerte, con grande devozione, per quest’anima infelice.Venerdì scorso 19, la signora * * * trovò l’uomo malato e depresso, a malapena in grado di alzarsi dal letto;il suo volto indicava grande ansia, e teneva un piccolo libro in mano. “Ah” esclamò lui, “che cosa ne sarà di me?! Io soffro tormenti indicibili; nella notte di Domenica scorsa, il mio sonno è stato turbato dai sogni più spaventosi, e, da quel momento, non ho riposato né di notte né di giorno.Ogni volta che la stanchezza e di sconforto mi fanno chiudere gli occhi, mi giunge un trasalimento, faccio sogni paurosi e mi sveglio; mi sento fermato, trascinato davanti ad un tribunale istituito per rendere conto della mia vita, e mi trovo condannato per non aver rispettato i disegni di Dio. Anche durante il giorno, lo stesso pensiero mi segue incessantemente e mi tortura.Ho chiesto al mio servitore di procurarmi un libro cattolico, sperando che potesse calmare la mia mente; mi ha dato questo che ho tra le mani e che mi interessa, ed io sono più tranquillo da quando l’ho letto.” E’ il catechismo di Parigi. “Ma come posso passare la notte? La mia situazione è terribile, non potrò sostenerla a lungo”; farò uso di qualsiasi mezzo, per potermi liberare da tanta miseria “. – Sembrava chiedere consiglio, ma la signora * * * pur animata da compassione, non osava fidarsi di se stessa nel parlare; “Ho sentito parlare di una medaglia miracolosa”, ha continuato: «Che cos’è?”, Lei gli ha spiegato il suo significato e, alla sua seria richiesta, ha promesso di portargliene una il giorno successivo. Signora * * * ha ricevuto dal curato una medaglia benedetta dell’Immacolata Concezione; l’ha porta al suo amico infelice, che la bacia con rispetto, dicendo: “Cercherò di non toglierla mai!” La notte precedente era stata ancora più dolorosa rispetto alle altre. – Le preghiere per lui sono state rinnovate nella Domenica 21, e tutte le comunioni della settimana sono state offerte per la sua conversione. Venerdì scorso, il 26, la signora * * * ancora una volta ha visitato il suo paziente, trovandolo sorprendentemente mutato; ora era allegro, e apparentemente migliorato in salute.”Appena,” ha detto, “trascorso il sabato, sono stato abbandonato da tutti i terribili pensieri, che mi avevano causato tale mia agonia, e da allora non sono più tornati. Ho dormito con calma durante le notti di Sabato e Domenica; nella notte di Lunedì, mi sono sentito dolcemente risvegliato, e ho visto la mia camera riempita da una luce brillante. Colpito dallo stupore, ho cercato di inquadrare questo fenomeno, quando una Signora di aspetto maestoso, con un volto di indicibile dignità e dolcezza, vestita di bianco, età avanza verso di me, e mi ha detto che era giunto il momento per me di convertirmi, di fare penitenza per i miei peccati, che fin dal inizio della mia vita avevano provocato la giustizia di Dio; che se fossi morto nel mio stato attuale, sarei certamente perso per l’eternità, ma Ella mi ha promesso, se convenientemente convertito, ricevessi la grazia della riconciliazione nel sacramento della penitenza, e perseverassi in questa nuova vita, la felicità eterna da Dio Onnipotente;Poi è subito scomparsa.Io non ho capito nulla di questo prodigio … che mi ha lasciato in uno stato di stupore indefinibile, ma, nello stesso tempo, ho sperimentato un sentimento dolce di gioia che non so esprimere. Ho pensato continuamente durante tutto il Martedì, trovandomi ancora nell’impossibilità di spiegare il fatto, che ho cercato di mettere in dubbio, ma senza riuscirvi. Nella notte di Martedì, mi sono svegliato nella stessa maniera, ho visto la stessa apparizione, ed ho sentito le stesse parole. Ero confuso per la meraviglia, e totalmente incapace di rispondere. In fine, ha pronunciato le stesse parole, aggiungendo: “E per l’ultima volta ti do questo consiglio: metti bene in pratica quanto detto:la tua salvezza dipende da questo.E ‘scomparsa, e io l’ho vista più! Si può comprendere tutto quello che mi è successo nel corso delle ultime tre settimane? Ho parlato di questo solo con te; sono fermamente deciso a convertirmi, a diventare un cattolico, a confessare tutti i miei peccati; ma io non so come procedere. Ho appena saputo di un prete irlandese, forse mi posso rivolgere a lui!  Farò tutto ciò che mi è stato richiesto, sento che è assolutamente necessario, perché ho già sofferto troppo per l’- La signora * * * gli ha poi confessato, che lo aveva raccomandato alle preghiere di una pia associazione, che è stata istituita nella chiesa di Notre Dame des Victoires, nata con l’intenzione di implorare la conversione dei peccatori;che il curato delle chiesa aveva sentito un vivo interesse per la sua situazione e aveva ottenuto molte preghiere per la sua conversione;lui, stupito, è stato così grato.E’ stato poi concordato tra di loro che avrebbero consultato il Curato sui mezzi per garantire il successo di un lavoro così felicemente iniziato; Questi ha raccomandato al neofita il “Catechismo della Charency,” e di non leggere niente di più, fino a quando non avesse ottenuto una piena conoscenza del suo contenuto. – M. * * * si dedicò, con zelo e costanza a questo studio, nel corso di quattro mesi; in questo intervallo ha avuto alcuni incontri con il prete irlandese che, tuttavia, ha lasciato la Francia nel mese di ottobre. All’Abate Desgenettes, che non aveva ancora visto M. * * *, né aveva avuto alcuna comunicazione personale con lui, è stato poi chiesto di intraprendere la direzione della sua coscienza. Egli lo trovò in ottime disposizioni del cuore e ben informato della dottrina cristiana, ma la sua fede richiedeva fermezza e solidità; – Per rimediare a questo, il curato gli ha dato il “Trionfo del Vangelo,” la cui lettura dissipò tutti i suoi pregiudizi, permettendogli di iniziare il lavoro della sua riconciliazione con Dio. – – Lui, che era di uno spirito orgoglioso e prepotente, non abituato alla minima contraddizione, è diventato paziente e umile come un bambino; impressionato dallo spirito di pietà, ha trovato la felicità solo nella preghiera; si rimprovera per molte conversazioni criminali ed inutili, mentre ora vorrebbe parlare solo di Dio e della religione. Ha avuto la gioia di fare la prima comunione la prima Domenica di Avvento, il 3 dicembre 1837, nel giorno anniversario della sua nascita, all’età di settantadue anni. Nel giorno dopo questa felice festa, ha iniziato a concepire un progetto, che aveva meditato già da qualche tempo, e aveva già predisposto per l’esecuzione.” Padre mio,” egli diceva, “la Chiesa cattolica è perseguitata dall’eresia nella mia terra natale; io non ho nulla da spartire qui a Parigi, dove oramai sono dimenticato e dove non cerco neppure di essere ricordato. Il mio posto è in mezzo ai cattolici: non mi presenterò a loro come un principe, dal momento che non ho né beni né famiglia, ma andrò come uno dei più semplici fedeli; alla mia età, non posso fare molto, ma posso, forse, contribuire a rafforzare i miei fratelli, raccontando loro la misericordia che Dio mi ha elargito”.Dopo pochi giorni ha iniziato il suo viaggio; Dio Onnipotente ha accettato senza dubbio i suoi desideri, ed era contento per l’omaggio del suo cuore;ma il rigore della stagione, la fatica del viaggio, unito al suo stato di salute malfermo, ha generato in lui una malattia infiammatoria, a causa della quale si è spento prima di raggiungere la sua destinazione. – Potrebbero esserci alcuni che metterebbero in dubbio la realtà di ciò che è stato qui riportato; questo è senza dubbio al di là l’ordine della natura e possiede un carattere meraviglioso e miracoloso, ma è avvenuto in un uomo di sapere e di giudizio, la cui mente era libera da ogni pregiudizio religioso, essendo egli assolutamente incredulo; in un uomo che ha visto e sentito, non una volta sola, ma tre diverse volte, e ad intervalli sufficientemente lontani per permettergli di recuperare la sua tranquillità della mente; che, nella possibilità di essere stato ingannato una prima volta, sulla seconda e la terza volta, ha potuto far convergere la necessaria attenzione per distinguere tra verità e inganno; in un uomo che ha contestato il fatto da se stesso, tentando di metterlo in dubbio, ma non riuscendo;in un uomo che non aveva alcun interesse ad inventare un tale incidente, e che ha parlato di esso, ma solo a due persone. -Qui ci sono veramente molti motivi di credibilità.E perché non dovrebbe essere vero? In primo luogo, è assurdo negare la possibilità di miracoli; essi sono avvenuti in tutte le epoche, si verificano ancora, altri avverranno ancora, fino alla consumazione del mondo, nel seno della Chiesa cattolica. – Ma sarebbe dannoso per la maestà di Dio, supporre che avrebbe operato un miracolo, senza un motivo degno della sua saggezza infinita.Ma qual è il motivo nella presente circostanza? Quella di salvare un’anima immortale; e non è questo il motivo, la causa dei più meravigliosi miracoli? Edei miracoli operati dagli Apostoli, dai Santi della Chiesa primitiva, e di quelli che ancora oggi continuamente si verificano tra le nazioni infedeli.Ma il fatto è così insolito, così straordinario; e-Ma le condizioni di questo peccatore erano anche particolari; altri hanno conosciuto Dio e Lo hanno volontariamente abbandonato; come mezzo per ritornare, hanno la Chiesa e il Vangelo.Ma lui, figlio di Dio fin dal santo Battesimo, è stato strappato dalle braccia del suo Padre celeste, prima che spuntasse l’aurora della ragione; la sua mente era stata corrotta da una formazione empia e non aveva mai conosciuto Dio. – Possiamo quindi ragionevolmente credere che la misericordia divina sia stata efficace per lui secondo quello che ci dice l’angelo delle scuole, San Tommaso d’Aquino: egli assicura che per un pagano, che aveva seguito i precetti della legge di natura, ed era arrivato ​​alla sua ultima ora, per istruirlo nelle verità di fede, Dio avrebbe volentieri inviato un Angelo dal cielo, per rivelarglieli, piuttosto che farlo morire nella sua infedeltà. Vogliamo quindi dare gloria a Dio, dicendo con il profeta, “questo è veramente l’opera del Signore, ed è meraviglioso ai nostri occhi”.

 3. Una CONVERSIONE E MORTE edificante.

Vicino alla parrocchia di Notre Dame des Victoires, risiedeva una signora, che all’età di trentatré anni, si trovava in fin di vita per una malattia del torace. Aveva avuto già sei dei suoi fratelli e sorelle che l’avevano preceduta nella tomba, e ognuno di loro aveva lasciato questo mondo senza nemmeno avere idea della religione. Essi appartenevano ad una di quelle famiglie, di tutto rispetto per il resto, ma che, concentrando tutti gli affetti sulla terra, pensano solo ad acquisire o aumentare la loro fortuna;; persone che, dopo fatiche quotidiane e lotte per questo oggetto, non conoscono altro modo di passare il loro tempo, se non nella dissipazione di teatri, balli, e simili frivolezze in una vita mondana vertiginosa; persone che vivono come se non avessero uno spirito immortale dentro di loro, come se non ci fosse un futuro eterno che si avvicina, come se non ci fosse un Dio che li debba giudicare in quella eternità; essa fu educata senza religione, anche se aveva fatto la prima comunione: infatti il genitore più negligente è a volte attento ad eseguire questo dovere, stimandolo un atto indispensabile all’inserimento sociale. Poca attenzione, però, si fa alle disposizioni con le quali dovrebbe essere accompagnata questa pratica, e troppo spesso la si fa maliziosamente e sacrilegamente cercando così di sradicare dal cuore dei loro figli il buon seme di una istruzione precoce. Il risultato malinconico di tale condotta, è stato il totale disprezzo della religione che si manifestava in questa donna malata: la sua fine rapida avanzava, e ci sembrava non esserci alcun motivo per ritenere che sarebbe morta in modo non diverso dai suoi fratelli e sorelle. La Divina Provvidenza, tuttavia, ha eseguito i suoi disegni di misericordia. All’inizio del mese di marzo 1839, una Sorella del Buon Soccorso è stata chiamata al suo capezzale, e vedendo subito che il suo recupero poteva andare al di là di speranza, ha cercato di confortare e rafforzare la sua paziente con pie esortazioni. La donna morente però rifiutava positivamente di ascoltarle professando ad alta voce il suo disprezzo e l’avversione per la religione. Per qualche giorno la sorella non osò tornare sul soggetto, ma si mise in cerca della consulenza del parroco di Notre Dame des Victoires; si cominciò così ad offrire per la paziente le preghiere dell’Arciconfraternita, nella Domenica 10 marzo;; il Martedì 12 marzo, la sorella si avventurò, e con una migliore successo, nel rinnovare il tentativo della sua pia conversazione; la paziente infatti ascoltava riconoscendo che la religione ha sempre offerto molta consolazione ai malati ed agli afflitti; non ancora accennava al pentimento, ma aggiungeva che, anche se lei possedeva la fede, le sarebbe stato impossibile fare la sua confessione, per la sua estrema antipatia per i sacerdoti; durante il resto della settimana si ripeté costantemente la stessa cosa; il suo rammarico per la mancanza di fede, divenne sempre più profonda, ma l’orrore per i sacerdoti non diminuiva minimamente. Da dove arrivava questa strana sensazione, e come è stato possibile che il desiderio di consolazione religiosa e l’assistenza non diminuiva la sua ostinazione? Questa donna non conosceva alcun prete, e probabilmente non aveva mai parlato con nessuno di essi. Senza dubbio la causa va ricercata nelle conversazioni dannose e irreligiose per cui, in molte famiglie, le menti dei bambini sono pregiudicate, e il loro cuore danneggiato, nei loro anni più teneri. Si parla in loro presenza della religione, ma con disprezzo o indifferenza, istillando verso i sacerdoti odio o rendendoli ridicoli; i bambini ascoltano senza capire, ma questi discorsi, costantemente ripetuti, fanno molto impressione, così che, con l’aumentare dell’età, diventano opinioni fisse ed inamovibili. Ma da dove doveva derivare questo cambiamento nelle idee della malata, visto che lei, anche senza disprezzare più la religione, non ne comprende e sollecita la necessità ed il vantaggio? Con i pochi amici che la visitavano ella si studiava di ben evitare l’argomento; i suo unici assistenti erano il marito, un uomo privo di ogni sentimento religioso, e la madre, che prevedeva la sua morte, ma tuttavia non aveva alcuna preoccupazione per il suo destino eterno; anche la sorella del Buon Soccorso, scoraggiata dalle sue risposte, era stato in silenzio per parecchi giorni; ma era stata invocata a suo favore la tenera compassione di Maria, e la nostra Madre benedetta le aveva già cambiato il suo cuore, attutendo la sua ostinazione. La sorella informava l’Abate Desgenettes delle disposizioni della paziente, il Sabato 16; i dettagli che raccontava, lo riempirono di gioia e di consolazione, per cui ebbe tanta fiducia che Maria avrebbe salvato quest’anima dall’abisso della miseria eterna. Ma ogni momento era prezioso, e la sua fine rapidamente si avvicinava. La sera di Domenica erano state rinnovate le preghiere. L’Abate dava un resoconto del suo stato d’animo, e raccomandava al suo gregge di ascoltare la Messa per lei il lunedì seguente, offrendo le Comunioni di quel giorno con la stessa intenzione. Il martedì successivo, il 19, ella spontaneamente pregava la sorella, di condurle il suo pastore, il curato della parrocchia di Bonne Nouvelle. Questi, sentita la sua confessione, e vedendola in condizioni presso a morire, deliberava di darle gli ultimi Sacramenti, senza indugio; lei li ha ricevuti con una fede viva, e con sentimenti ardenti di pietà. Così grande era la sua debolezza, che si temeva che non potesse sopravvivere fino alla fine del giorno; ma la gioia del cuore, la pace della coscienza e la grazia dei sacramenti hanno fatto diversamente! Lei infatti, appena ricevuta la santa Comunione, riprendeva la sua forza, benediceva Dio per la sua felicità, e con sentimento ne parlava a tutti coloro che erano intorno a lei. Stava morendo, e Maria aveva ottenuto un prolungamento della sua vita di ventidue giorni, cosicché riconciliata con Dio onnipotente, aveva potuto, con la pazienza e sottomissione, pagare sulla terra il debito contratto con la giustizia divina. Lei, che fino ad ora, non aveva mai pensato di Dio, ora sentiva una santa attrazione per la preghiera; anche in mezzo alle sue sofferenze, non trascurava i suoi vari doveri di moglie, madre e maestra di una famiglia; lei voleva che si rispettassero le regole della chiesa, ed era attenta a che i suoi servi soddisfacessero il precetto della santificazione della Domenica. Le sue sofferenze venivano appena menzionate, ma parlava volentieri della sua gioia e della rassegnazione, spesso discorrendo con il marito, e dandogli i consigli più salutari. La natura della sua malattia le precludeva la felicità di ricevere la santa Comunione, ma il nostro divin Salvatore compensava questa privazione con l’abbondante effusione della sua grazia e la sua consolazione. Alla fine il giorno è arrivata la sua ricompensa. Martedì scorso, il 9 aprile, trovandosi sola con la sorella del buon soccorso, e suo marito, lei affettuosamente affidava a lui i suoi due bambini in giovane età; “Educali piamente,” disse, ” nel timore Dio, che ce li ha dati, non lasciarli nel mondo, che li rovinerebbe; Io sinceramente vi chiedo di metterli in una casa religiosa; insegneranno loro a conoscere e praticare la religione. “Mentre finiva di pronunciare queste parole, la sua forza le veniva meno; lei lo ha percepito, e con calma aveva osservato”: La mia agonia sta iniziando” poi, voltandosi verso la sorella, aveva aggiunto, sorridendo, “Non temere”, sono rassegnata. “Per alcuni minuti era stata in preghiera; poi rapidamente aveva perso coscienza, e dopo una breve e tranquilla agonia, si addormentava nella pace del Signore.

Fonte: L’Arciconfraternita del Cuore Immacolato di Maria, per la conversione dei peccatori, Notre Dame des Victoires, Parigi. 1843. 1843

2 febbraio: PURIFICAZIONE DELLA BEATA VERGINE MARIA

2 febbraio: PURIFICAZIONE DELLA BEATA VERGINE MARIA

giorno della Candelora

 Rango: Doppio della Classe II.

Il vecchio portava il bambino, e il bambino ha rallegrato il vecchio.  La Vergine lo ha portato, e dopo il parto ha continuato ad essere Vergine, Lei Lo adorava, ne era la Madre.

Luce per illuminare le genti e gloria del tuo popolo Israele.

2 FEBBRAIO

PURIFICAZIONE DELLA SS. VERGINE

[P. Gueranger: l’Anno Liturgico]

 Sono trascorsi infine i quaranta giorni della Purificazione di Maria, ed è giunto il momento in cui essa deve salire al Tempio del Signore per presentarvi Gesù. Prima di seguire il Figlio e la Madre in questo viaggio a Gerusalemme, fermiamoci ancora un istante a Betlemme, e penetriamo con amore e docilità i misteri che stanno per compiersi.

La legge di Mosè.

La legge del Signore ordinava alle donne d’Israele, dopo il parto, di rimanere per quaranta giorni senza accostarsi al tabernacolo. Spirato tale termine, dovevano, per essere purificate, offrire un sacrificio, che consisteva in un agnello, destinato ad essere consumato in olocausto, e vi si doveva aggiungere una tortora o una colomba, offerte per il peccato. Se poi la madre era troppo povera per offrire l’Agnello, il Signore aveva permesso di sostituirlo con un’altra tortora o con un’altra colomba. Un altro comandamento divino dichiarava tutti i primogeniti proprietà del Signore, e prescriveva il modo di riscattarli. Il prezzo del riscatto era di cinque sicli che, al peso del santuario, rappresentavano ognuno venti oboli.

Obbedienza di Gesù e di Maria.

Maria, figlia d’Israele, aveva partorito; Gesù era il suo primogenito. Il rispetto dovuto a tale parto e a tale primogenito, permetteva il compimento della legge? Se Maria considerava i motivi che avevano portato il Signore ad obbligare tutte le madri alla purificazione, vedeva chiaramente che questa legge non era stata fatta per Lei. Quale relazione poteva avere con le spose degli uomini Colei che era il purissimo santuario dello Spirito Santo, Vergine nel concepimento del Figlio, Vergine nel suo ineffabile parto, sempre casta, ma ancora più casta dopo aver portato nel suo seno e dato alla luce il Dio di ogni santità? Se considerava la qualità del suo Figliuolo, la maestà del Creatore e del sommo Padrone di tutte le cose il quale si era degnato di nascere in Lei, come avrebbe potuto pensare che questo Figlio era sottomesso all’umiliazione del riscatto, come uno schiavo che non appartiene a se stesso ? – Tuttavia, lo Spirito che abitava in Maria le rivela che deve compiere il duplice precetto. Malgrado la sua dignità di Madre di Dio, è necessario che si unisca alla folla delle madri degli uomini che si recano al tempio, per riacquistarvi, mediante un sacrificio, la purezza che hanno perduta. Inoltre, il Figlio di Dio e Figlio dell’uomo deve essere considerato in tutto come un servo. Bisogna che sia riscattato quindi come l’ultimo dei figli d’Israele. Maria adora profondamente questo supremo volere, e vi si sottomette con tutta la pienezza del cuore. – I consigli dell’Altissimo avevano stabilito che il Figlio di Dio sarebbe stato rivelato al suo popolo solo per gradi. Dopo trent’anni di vita nascosta a Nazareth dove – come dice l’evangelista – era ritenuto il figlio di Giuseppe, un grande Profeta doveva annunciarlo ai Giudei accorsi al Giordano per ricevervi il battesimo di penitenza. Presto le sue opere, i suoi miracoli avrebbero reso testimonianza di Lui. Dopo le ignominie della Passione, sarebbe risuscitato gloriosamente, confermando così la verità delle sue profezie, l’efficacia del suo Sacrificio e infine la sua divinità. Fino allora quasi tutti gli uomini avrebbero ignorato che la terra possedeva il suo Salvatore e il suo Dio. I pastori di Betlemme non avevano ricevuto l’ordine, come più tardi i pescatori di Genezareth, di andar a portare la Parola fino agli estremi confini del mondo? I Magi erano tornati nell’Oriente senza rivedere Gerusalemme commossa per un solo istante al loro arrivo. Quei prodigi, di così grande portata agli occhi della Chiesa dopo il compimento della missione del suo divino Re, non avevano trovato eco o memoria fedele se non nel cuore di qualche vero Israelita che aspettava la salvezza d’un Messia umile e povero. La nascita di Gesù a Betlemme doveva restare ignota alla maggior parte dei Giudei, e i Profeti avevano predetto che sarebbe stato chiamato Nazareno. Il piano divino aveva stabilito che Maria fosse la sposa di Giuseppe, per proteggere, agli occhi del popolo, la sua verginità; ma richiedeva pure che questa purissima Madre venisse come le altre donne d’Israele ad offrire il sacrificio di purificazione per la nascita del Figlio che doveva essere presentato al tempio come il Figlio di Maria, sposa di Giuseppe. Così la somma Sapienza si compiace di mostrare che i suoi pensieri non sono i nostri pensieri e di sovvertire i nostri deboli concetti, aspettando il giorno in cui lacererà i veli e si mostrerà nuda ai nostri occhi abbagliati. Il volere divino fu sempre caro a Maria, in questa circostanza come in tutte le altre. La Vergine non pensò di agire contro l’onore del suo Figliuolo né contro il merito della propria integrità venendo a cercare una purificazione esteriore della quale non aveva bisogno. Essa fu, al Tempio, la serva del Signore, come lo era stata nella casa di Nazareth alla visita dell’Angelo. Obbedì alla legge perché le apparenze la dichiaravano soggetta alla legge. Il suo Dio e Figliuolo si sottometteva al riscatto come l’ultimo degli uomini. – Aveva obbedito all’editto di Augusto per il censimento universale; doveva « essere obbediente fino alla morte, e alla morte di croce » : la Madre e il Figlio si umiliarono insieme. E l’orgoglio dell’uomo ricevette in quel giorno una delle più belle lezioni che mai gli siano state impartite.

Il viaggio.

Che mirabile viaggio quello di Maria e di Giuseppe che vanno da Betlemme a Gerusalemme! Il divino Bambino è fra le braccia della mamma, che Lo tiene stretto al cuore per tutta la strada. Il cielo, la terra e tutta la natura sono santificate dalla dolce presenza del loro Creatore. Gli uomini in mezzo a cui passa quella Madre carica del suo tenero frutto La considerano, gli uni con indifferenza, gli altri con curiosità; nessuno penetra il mistero che deve salvarli tutti. – Giuseppe è portatore del dono che la Madre deve presentare al sacerdote. La loro povertà non permette che acquistino un agnello; e d’altronde non è forse Gesù l’Agnello di Dio che toglie i peccati del mondo ? La legge ha designato la tortora o la colomba per supplire l’offerta che una madre povera non avrebbe potuto presentare. – Giuseppe porta anche i cinque sicli, prezzo del riscatto del primogenito, poiché è veramente il Primogenito quel figlio unico di Maria che si è degnato di farci suoi fratelli e di renderci partecipi della natura divina adottando la nostra. – Finalmente la sacra famiglia è entrata in Gerusalemme. Il nome di questa città significa visione di pace, e il Salvatore viene con la sua presenza ad offrirle la pace. Consideriamo il magnifico progresso che vi è nei nomi delle tre città alle quali si collega la vita mortale del Redentore. Viene concepito a Nazareth, che significa il fiore, poiché Egli è – come dice Lui stesso nel cantico – il fiore dei campi e il giglio delle valli; e il suo divino odore ci riconsola. Nasce a Betlemme, la casa del pane, per essere il cibo delle anime nostre. Viene offerto in sacrificio sulla croce a Gerusalemme e col suo sangue ristabilisce la pace fra il cielo e la terra, la pace fra gli uomini e la pace nelle anime nostre. Oggi, come presto vedremo, egli ci darà un pegno di questa pace.

Il Tempio.

Mentre Maria, che porta il suo divino fardello, sale – Arca vivente – i gradini del Tempio, prestiamo attenzione, poiché si compie una delle più celebri profezie e si rivela uno dei principali caratteri del Messia. Concepito da una Vergine, nato in Betlemme come era stato predetto. Gesù, varcando la soglia del Tempio, acquista un nuovo titolo alla nostra adorazione. – Questo edificio non é più il famoso Tempio di Salomone che fu preda delle fiamme nei giorni della cattività di Giuda. È il secondo Tempio costruito al ritorno da Babilonia e il cui splendore non ha raggiunto la magnificenza dell’antico. Prima della fine del secolo sarà rovesciato per la seconda volta, e le parole del Signore hanno garantito che non ne rimarrà pietra su pietra. Ora, il Profeta Aggeo per consolare gli Ebrei tornati dall’esilio, i quali confessavano la loro impotenza ad innalzare al Signore una casa paragonabile a quella che aveva costruita Salomone, ha detto loro queste parole, che devono servire a fissare il tempo della venuta del Messia: « Fatti animo, o Zorobabele – dice il Signore – fatti animo, o Gesù, figlio di Josedec, sommo Sacerdote; fatti animo, o popolo di questa contrada, poiché ecco quanto dice il Signore: Ancora un po’ di tempo e scuoterò il cielo e la terra, e scuoterò tutte le genti; e verrà il desiderato di tutte le genti; e riempirò di gloria questa casa. La gloria di questa seconda casa sarà maggiore di quella della prima; e in questo luogo darò la pace – dice il Signore degli eserciti ». È giunta l’ora del compimento di questo oracolo. L’Emmanuele é uscito dal suo riposo di Betlemme, si é mostrato in piena luce, è venuto a prender possesso della sua casa terrena; e con la sua sola presenza in questo secondo Tempio, ne eleva d’un tratto la gloria al di sopra di quella di cui era circondato il tempio di Salomone. Lo visiterà ancora parecchie volte ma l’entrata ch’egli vi fa oggi sulle braccia della Madre, basta a compiere la profezia: d’ora in poi le ombre e le immagini che conteneva quel Tempio cominciano a svanire ai raggi del Sole della verità e della giustizia. Il sangue delle vittime tingerà ancora per qualche anno i corni dell’altare, ma in mezzo a tutte quelle vittime, ostie impotenti, s’avanza già il Bambino che porta nelle sue vene il sangue della Redenzione del mondo. Tra quella folla di sacrificatori, in mezzo alla moltitudine di figli d’Israele che si stringe nel Tempio, parecchi aspettano il Liberatore, e sanno che si avvicina l’ora della sua manifestazione ma nessuno di essi sa ancora che in quello stesso momento il Messia atteso è appena entrato nella casa di Dio. – Tuttavia il grande evento non doveva compiersi senza che l’Eterno operasse un nuovo miracolo. I pastori erano stati chiamati dall’Angelo, la stella aveva guidato i Magi dall’Oriente a Betlemme; ed ora lo Spirito Santo procura egli stesso al divino Bambino una testimonianza nuova e inattesa.

Il Santo Vegliardo.

Viveva a Gerusalemme un vecchio la cui vita volgeva al termine; ma quest’uomo ardente, chiamato Simeone, non aveva lasciato affievolire nel suo cuore l’attesa del Messia. Sentiva che ormai si erano compiuti i tempi; e come premio della sua speranza, lo Spirito Santo gli aveva fatto conoscere che i suoi occhi non si sarebbero chiusi prima di aver visto la Luce divina levarsi sul mondo. Nel momento in cui Maria e Giuseppe salivano i gradini del Tempio portando verso l’altare il Bambino della promessa, Simeone si sente spinto interiormente dalla forza dello Spirito divino, esce dalla propria casa e si dirige verso il Tempio. Sulla soglia della casa di Dio, i suoi occhi hanno subito riconosciuto la Vergine profetizzata da Isaia, e il suo cuore vola verso il Bambino che Ella tiene fra le braccia. – Maria, ammaestrata dallo stesso Spirito, lascia avvicinare il vecchio, e depone fra le sue braccia tremanti il caro oggetto del suo amore, la speranza della salvezza della terra. Beato Simeone, immagine del mondo antico invecchiato nell’attesa e presso a finire! Ha appena ricevuto il dolce frutto della vita, che la sua giovinezza si rinnova come quella dell’aquila, e si compie in lui la trasformazione che deve realizzarsi nell’umano genere. La sua bocca si apre, la sua voce risuona, ed egli rende testimonianza come i pastori nella contrada di Betlemme e come i Magi nell’Oriente. « O Dio – egli dice – i miei occhi hanno dunque visto il Salvatore che tu preparavi! Risplende finalmente quella luce che deve illuminare i Gentili e costituire la gloria del tuo popolo d’Israele ».

Anna la Profetessa.

Ed ecco sopraggiungere, attirata anch’essa dall’ispirazione dello Spirito Divino, la pia Anna, figlia di Fanuel. I due vegliardi, che rappresentano la società antica, uniscono le loro voci, e celebrano la venuta del Bambino che viene a rinnovare la faccia della terra, e la misericordia di Dio che dà finalmente la pace al mondo. È in questa pace tanto desiderata che Simeone spirerà la sua anima. Lascia dunque partire nella pace il tuo servo, secondo la tua parola, o Signore! – dice il vecchio; e presto l’anima sua, liberata dai legami del corpo, porterà agli eletti che riposano nel seno di Abramo la notizia della pace che appare sulla terra, e aprirà presto i cieli. Anna sopravvivrà ancora per qualche tempo a questa sublime scena; essa deve, come ci dice l’Evangelista, annunciare il compimento delle promesse ai Giudei in ispirito che aspettavano la Redenzione d’Israele. Un seme doveva essere affidato alla terra; i pastori, i Magi, Simeone, Anna l’hanno gettato; esso spunterà a suo tempo: e quando gli anni d’oscurità che il Messia deve passare in Nazareth saranno trascorsi, quando egli verrà per la messe, dirà ai suoi discepoli: Osservate come il frumento è presso alla maturazione nelle spighe: pregate dunque il padrone della messe che mandi operai per la messe. – Il beato vegliardo restituisce dunque alle braccia della purissima Maria il Figlio che essa offrirà al Signore. I volatili sono presentati al sacerdote che li sacrifica sull’altare, viene versato il prezzo del riscatto e si compie così la perfetta obbedienza; e dopo aver reso i suoi omaggi al Signore, Maria stringendosi al cuore il divino Emmanuele e accompagnata dal suo fedele sposo, discende i gradini del Tempio.

Liturgia.

Ecco il mistero del quarantesimo giorno, che chiude la serie dei giorni del Tempo di Natale con la festa della Purificazione della santissima Vergine. La Chiesa Greca e la Chiesa di Milano pongono la festa nel numero delle solennità di Nostro Signore; la Chiesa Romana l’annovera tra le feste della santa Vergine. Senza dubbio il Bambino Gesù viene offerto oggi nel Tempio e riscattato, ma è in occasione della Purificazione di Maria, di cui quell’offerta e quel riscatto sono come la conseguenza. I più antichi Martirologi e Calendari dell’Occidente presentano la festa sotto il nome che ancora oggi conserva, e la gloria del Figlio, lungi dall’essere oscurata dagli onori che la Chiesa rende alla Madre, ne riceve un nuovo aumento, poiché egli solo è il principio di tutte le grandezze che noi celebriamo in essa.

LA BENEDIZIONE DELLE CANDELE

Origine storica.

Dopo l’Ufficio di Terza, la Chiesa compie in questo giorno la solenne benedizione delle Candele, che è una delle tre principali benedizioni che hanno luogo nel corso dell’anno: le altre due sono quella delle Ceneri e quella delle Palme. L’intenzione della cerimonia è legata al giorno stesso della Purificazione della santa Vergine, di modo che se una delle domeniche di Settuagesima, di Sessagesima o di Quinquagesima cade il due febbraio, la festa è rimandata all’indomani, ma la benedizione delle Candele e la Processione che ne è il complemento restano fissate al due febbraio. – Onde raccogliere sotto uno stesso rito le tre grande Benedizioni di cui parliamo, la Chiesa ha prescritto, per quella delle Candele, l’uso dello stesso colore viola che adopera nella benedizione delle Ceneri e delle Palme, di modo che la funzione, che serve a indicare il giorno in cui si è compiuta la Purificazione di Maria, deve eseguirsi tutti gli anni il due febbraio, senza alcuna deroga al colore prescritto per le tre Domeniche di cui abbiamo parlato.

Intenzione della Chiesa.

L’origine storica è abbastanza difficile a stabilirsi in modo preciso. Secondo Baronio, Thomassin, Baillet ecc., tale benedizione sarebbe stata istituita, verso la fine del V secolo, dal Papa san Gelasio (492-496), per dare un senso cristiano ai resti dell’antica festa dei Lupercali, di cui il popolo di Roma aveva ancora conservato alcune usanze superstiziose. È almeno certo che san Gelasio abolì le ultime vestigia della festa dei Lupercali che veniva celebrata nel mese di febbraio. Innocenzo III, in uno dei suoi Sermoni sulla Purificazione, ci dice che l’attribuzione della cerimonia delle Candele al due febbraio è dovuta alla saggezza dei Pontefici romani, i quali avrebbero indirizzato al culto della santa Vergine i resti d’una usanza religiosa degli antichi Romani, che accendevano delle fiaccole in ricordo delle torce alla cui luce Cerere aveva, secondo la favola, percorso le cime dell’Etna, cercando la figlia Proserpina rapita da Plutone; ma non si trova alcuna festa in onore di Cerere nel mese di febbraio nel calendario degli antichi Romani. Ci sembra dunque più esatto adottare l’idea di D. Hugues Mènard, Rocca, Henschenius e Benedetto XIV, i quali ritengono che l’antica festa conosciuta in febbraio sotto il nome di Amhurbalia e nella quale i pagani percorrevano la città portando delle fiaccole, ha dato occasione ai Sommi Pontefici di sostituirvi un rito cristiano che essi hanno congiunto alla celebrazione della festa in cui Cristo, Luce del mondo, viene presentato al Tempio dalla Vergine madre. [Sembra difficile ammettere oggi questa opinione, poiché la festa dei Lupercali (15 febbraio) non esisteva più al tempo del Papa Gelasio, e la Candelora non appare in Roma se non verso la metà del VII secolo. Questa è una processione indipendente dalla Purificazione, anteriore ad essa, e una tradizione molto autorevole la ricollega a una cerimonia pagana: l’amburbale. Il Llber Pontificalis dice che la processione fu istituita, a Roma, dal Papa Sergio (687-707) e che si faceva dalla chiesa di Sant’Adriano a Santa Maria Maggiore, ma è certamente anteriore a questo Papa].

Il mistero.

Il mistero di questa cerimonia è stato sovente illustrato dai liturgisti dal VII secolo in poi. Secondo quanto afferma sant’Ivo di Chartres nel suo secondo Sermone sulla festa di oggi, la cera delle candele, formata dalle api con il succo dei fiori che l’antichità ha sempre considerate come un’immagine della Verginità, simboleggia la carne virginea del divino Bambino, il quale non ha intaccato nella sua concezione e nella sua nascita l’integrità di Maria. Nella fiamma della candela, il Vescovo ci invita a vedere il simbolo di Cristo. La benedizione delle candele appare a Roma in maniera certa solo nel XII secolo. Le antiche Ave gratia piena e Adorna, di provenienza bizantina, sono state introdotte a Roma nell’VIII secolo; il Nunc dimittis insieme con l’antifona Lumen fu aggiunto nel XII secolo e le orazioni sono del X e XI secolo. Ma la processione con le candele benedette esisteva già ad Alessandria nel V secolo, e anche prima a Gerusalemme. è venuto a illuminare le nostre tenebre. Sant’Anselmo, nelle sue Enarrazioni su san Luca, descrivendo lo stesso mistero, ci dice che nella Candela vi sono da considerare tre cose: la cera, lo stoppino e la fiamma. La cera – egli dice – opera dell’ape virginea, è la carne di Cristo; lo stoppino, che sta dentro, è l’anima; e la fiamma, che brilla nella parte superiore, è la divinità.

Le candele.

Un tempo i fedeli si davano premura di portare essi stessi le candele alla chiesa nel giorno della Purificazione perché fossero benedette insieme con quelle che i sacerdoti e i ministri portano nella Processione. Tale usanza è osservata ancora in molti luoghi. È desiderabile che i Pastori delle anime inculchino fortemente tale usanza, e la ristabiliscano o la mantengano dovunque ve n’è bisogno. Tanti sforzi fatti per distruggere o almeno per impoverire il culto esterno ha arrecato insensibilmente il più triste affievolirsi del sentimento religioso di cui la Chiesa possiede la sorgente nella Liturgia. È necessario inoltre che i fedeli sappiano che le candele benedette nel giorno della Candelora debbono servire non soltanto alla Processione, ma anche all’uso dei cristiani che, custodendole rispettosamente nelle proprie case, portandole con sé, tanto sulla terra che sulle acque, come dice la Chiesa, attirano speciali benedizioni dal cielo. Si devono accendere quelle candele al capezzale dei morenti, come ricordo dell’immortalità che Cristo ci ha meritata e come segno della protezione di Maria.

LA PROCESSIONE E LA MESSA

Piena di gaudio, rischiarata dalla moltitudine delle fiaccole e trasportata come Simeone dal moto dello Spirito Santo, la santa Chiesa si mette in cammino per andare incontro all’Emmanuele. È questo incontro che la Chiesa Greca, nella sua Liturgia, designa con il nome di “Ipapante” e della quale ha fatto l’attributo della festa di oggi. Lo scopo è di imitare la processione del Tempio di Gerusalemme, che san Bernardo così celebra nel suo primo Sermone sulla Festa della Purificazione di Maria: « Oggi la Vergine madre introduce il Signore del Tempio nel Tempio del Signore, e Giuseppe presenta al Signore non un figlio suo, ma il Figlio diletto del Signore, nel quale Egli ha posto le sue compiacenze. Il giusto riconosce Colui che aspettava; la vedova Anna lo esalta nelle sue lodi. Questi quattro personaggi hanno celebrato per la prima volta la Processione di oggi, che, in seguito, doveva essere solennizzata nella letizia di tutta la terra in ogni luogo e da tutte le genti. Non stupiamo che quella Processione sia stata piccola, poiché Colui che vi si riceveva si era fatto piccolo. Nessun peccatore vi apparve: tutti erano giusti, santi e perfetti ». Camminiamo nondimeno sulle loro orme. Andiamo incontro allo Sposo, come le Vergini prudenti, portando in mano lampade accese al fuoco della carità. Ricordiamo il consiglio che ci dà il Salvatore stesso: Siano i vostri lombi precinti come quelli dei viandanti; portate in mano fiaccole accese e siate simili a coloro che aspettano il loro Signore (Lc. XII, 35). Guidati dalla fede, illuminati dall’amore, noi Lo incontreremo, Lo riconosceremo, ed Egli si darà a noi. – Terminata la Processione, il Celebrante e i ministri depongono i paramenti viola, e indossano quelli bianchi per la Messa solenne della Purificazione della Vergine. Se ci si trovasse tuttavia in una delle tre Domeniche di Settuagesima, di Sessagesima o di Quinquagesima, la Messa della festa si dovrà rimandare all’indomani. – Lo Spirito divino ci ha guidati al Tempio come Simeone; vi contempliamo in questo istante la Vergine Madre che presenta all’altare il Figlio di Dio e suo. Noi ammiriamo questa fedeltà alla Legge nel Figlio e nella Madre, e sentiamo nell’intimo del cuore il desiderio di essere presentati a nostra volta al Signore che accetterà il nostro omaggio come ha ricevuto quello del suo Figliuolo. Affrettiamoci dunque a mettere i nostri sentimenti in sintonia con quelli dei Cuori di Gesù e di Maria. La salvezza del mondo ha fatto un passo in questo giorno; progredisca dunque anche l’opera della nostra santificazione. D’ora in poi il mistero del Dio Bambino non ci sarà più offerto dalla Chiesa come oggetto speciale della nostra religione; i soavi quaranta giorni di Natale volgono al termine; dobbiamo ora seguire l’Emmanuele nelle sue lotte contro i nostri nemici. Seguiamo i suoi passi; corriamo al suo seguito come Simeone, e camminiamo senza stancarci sulle orme di Colui che è la nostra Luce; amiamo questa Luce, e otteniamo con la nostra premurosa fedeltà che essa risplenda sempre su di noi. – O Emmanuele, in questo giorno in cui fai l’ingresso nel Tempio della tua Maestà, portato in braccio da Maria Madre tua, ricevi l’omaggio delle nostre adorazioni e della nostra riconoscenza. Onde sacrificarti per noi Tu vieni nel Tempio; come preludio del nostro riscatto ti degni di pagare il debito del primogenito e per abolire presto i sacrifici imperfetti vieni ad offrire un sacrificio legale. Compari oggi nella città che dovrà essere un giorno il termine della tua corsa e il luogo della tua immolazione. Non ti è bastato nascere per noi; il tuo amore ci riserba per l’avvenire una testimonianza più splendente. Tu, consolazione d’Israele e su cui gli Angeli amano tanto posare i loro sguardi, entri nel Tempio; e i cuori che ti attendevano si aprono e si elevano verso di te. Oh ! chi ci darà una parte dell’amore che provò il vegliardo allorché ti prese fra le braccia e ti strinse al cuore? Egli chiedeva solo di vederti, o divino Bambino, e poi di morire. Dopo averti visto per un solo istante, s’addormentava nella pace. Quale sarà dunque la beatitudine di possederti eternamente, se così brevi istanti sono bastati ad appagare l’attesa di tutta una vita! – Ma, o Salvatore delle anime nostre, se il vegliardo è pienamente felice per averti visto una sola volta, quali debbono essere i sentimenti di noi che siamo testimoni della consumazione del tuo sacrificio! – Verrà il giorno in cui, per usare le espressioni del tuo devoto servo san Bernardo, sarai offerto non più nel Tempio e sulle braccia di Simeone, ma fuori della città e sulle braccia della croce. Allora non si offrirà più per te un sangue estraneo, ma tu stesso offrirai il tuo sangue. – Oggi ha luogo il sacrificio del mattino: allora si offrirà il sacrificio della sera. Oggi sei nell’età dell’infanzia: allora avrai la pienezza della virilità, e avendoci amati dal principio, ci amerai sino alla fine. – Che cosa ti daremo noi in cambio, o divino Bambino? Tu porti già, in questa prima offerta per noi, tutto l’amore che consumerà la seconda. Possiamo far di meno che offrirci per sempre a te, fin da questo giorno ? Tu ti doni a noi nel tuo Sacramento, con una pienezza maggiore di quella che usasti riguardo a Simeone. Libera anche noi, o Emmanuele, spezza le nostre catene; donaci la Pace che oggi Tu arrechi; aprici, come al vegliardo, una nuova vita. Per imitare i tuoi esempi e per unirci a Te, noi abbiamo, lungo questi quaranta giorni, cercato di stabilire in noi l’umiltà e la semplicità dell’infanzia che Tu ci raccomandi; sostienici ora negli sviluppi della nostra vita spirituale, affinché cresciamo come Te in età e in sapienza, davanti a Dio e davanti agli uomini. – O Maria, tu che sei la più pura delle vergini e la più beata delle madri, o Figlia del Re, quanto sono graziosi i tuoi passi e come è maestoso il tuo incedere (Cant. VII, 1) nell’istante in cui sali i gradini del Tempio carica del tuo prezioso fardello! Come è felice il tuo cuore materno, e come è insieme umile, allorché offri all’Eterno il Figlio suo e tuo! Alla vista delle madri d’Israele che portano anch’esse i loro piccoli al Signore, Tu gioisci pensando che quella nuova generazione vedrà con i suoi occhi il Salvatore che tu le arrechi. Quale benedizione per quei neonati essere offerti insieme con Gesù! Quale fortuna per quelle madri essere purificate nella tua santa compagnia! Se il Tempio trasalisce nel vedere entrare sotto le sue volte il Dio in onore del quale è stato costruito, é anche il suo gaudio nel sentire fra le sue mura la più perfetta delle creature, l’unica figlia di Eva che non abbia conosciuto il peccato, la Vergine feconda, la Madre di Dio. Ma mentre custodisci fedelmente, o Maria, i segreti dell’Eterno, confusa nella folla delle figlie di Giuda, il santo Vegliardo accorre verso di te; e il tuo cuore ha compreso che lo Spirito Santo gli ha rivelato tutto. Con quale emozione Tu deponi per un istante fra le sue braccia il Dio che riunisce in sé tutta la natura, e che vuole essere la consolazione d’Israele! Con quale grazia accogli la pia Anna! Le parole dei due vegliardi che esaltano la fedeltà del Signore alle sue promesse, la grandezza di Colui che è nato da te, la Luce che si irradierà da quel Sole divino su tutte le genti, fanno trasalire il tuo cuore. – La fortuna di sentir glorificare il Dio che tu chiami tuo figlio e che lo è in verità, ti riempie di gioia e di riconoscenza. Ma, o Maria, quali parole ha pronunciato il vegliardo, restituendoti il tuo Figliuolo! – Quale improvviso e terribile gelo viene ad invader il tuo cuore! La lama della spada l’ha trapassato da parte a parte. Quel Bambino che i tuoi occhi contemplavano con sì tenera gioia, non lo vedrai più che attraverso le lacrime. Egli sarà il segno della contraddizione, e le ferite che riceverà Ti trapasseranno l’anima. O Maria, il sangue delle vittime che inonda il Tempio cesserà un giorno di scorrere; ma bisogna che sia sostituito dal sangue del Bambino che Tu tieni fra le braccia. Noi siamo peccatori, o Maria, poco fa tanto felice ed ora così desolata! Sono stati i nostri peccati a mutare la tua letizia in dolori. Perdonaci, o Madre! Lascia che ti accompagniamo mentre discendi i gradini del Tempio. Noi sappiamo che Tu non ci maledici; sappiamo che ci ami, poiché ci ama il tuo Figliuolo. Oh, amaci sempre, o Maria! Intercedi per noi presso l’Emmanuele. Fa’ che abbiamo a conservare i frutti di questi santi quaranta giorni. Fa’ che non lasciamo mai questo Bambino che presto sarà un uomo, che siamo docili a questo Dottore delle nostre anime, devoti, come veri discepoli, a questo Maestro così pieno d’amore, fedeli nel seguirlo dovunque al pari di te, fino ai piedi della croce che appare oggi ai tuoi occhi.

Preghiera (Colletta)

Porgi l’orecchio, Signore, noi Ti supplichiamo, al tuo popolo; e fa’ che praticando esteriormente questa devozione annuale, possiamo interiormente ottenerne gli effetti, con la luce della tua grazia.  Per Cristo nostro Signore. Amen. Amen.

PER LA PURIFICAZIONE

I. Per quella sì eroica obbedienza che voi esercitaste, o gran Vergine, nell’assoggettarvi alla legge della purificazione, ottenete anche a noi la più esatta obbedienza a tutti i comandi di Dio, della Chiesa e de’ nostri maggiori. Ave.

II. Per quell’angelica modestia e celestial divozione con cui voi, o gran Vergine, vi recaste e presentare nel Tempio, ottenete anche a noi di portarci e stare nel tempio con quell’interno ed esterno raccoglimento che conviene alla casa di Dio. Ave.

III. Per quella santa premura che voi aveste, o Vergine illibatissima,di togliere da voi col sacro rito della perificazione ogni apparenza di macchia, ottenete a noi pure una instancabile premura di togliere sempre da noi ogni ancor più piccola macchia di peccato. Ave.

IV. Per quella umiltà profondissima che vi indusse, o Maria, a collocarvi nel tempio tra le donne più volgari, quasi foste una di loro, sebbene la più santa fra tutte le creature, impetrate a noi pure quello spirito di umiltà che ci renda cari a Dio e meritevoli do’ suoi favori. Ave.

V. Por quella gran fede che voi, o Vergine fedelissima, conservaste viva e ferma in Dio vostro Figlio nell’udire dal santo profeta Simeone che egli sarebbe stato per molti occasione di contraddizione e di rovina, ottenete a noi pure, una simile vivezza e fermezza di fede, in mezzo a qualunque tentazione e contraddizione. Ave.

VI. Per quella invitta rassegnazione con cui ascoltaste gli amarissimi presagi che vi fece, o Maria, l’illuminato Simeone, fate che anche noi in tutti gli avvenimenti anche più tristi siamo sempre perfettamente rassegnati ad ogni divino volere. Ave.

VII. Per quell’accesissima carità che vi mosse, o Maria, a fare all’eterno Padre il gran sacrificio del vostro Figlio per la comun redenzione e salute, impetrate a noi pure la grazia di sacrificar al Signore qualunque cosa eziandio più cara, quando ciò sia necessario alla nostra santificazione e salvezza, Ave, Gl.

ORAZIONE.

Omnipotens sempiterne Deus, majestatem tuam supplices exoramus: ut sicut unigenitus Filius tuus hodierna die cum nostræ carnis substantia in templo est præsentatus, ita nos facias purificatus, ita nos facias purificatis tibi mentibus praesentari, Per eumdem Dominum, etc.

[Manuale di Filotea, del sa. G. Riva, XXX ed. Milano 1888]

CATTEDRA DI SAN PIETRO A ROMA

18 GENNAIO

CATTEDRA DI SAN PIETRO A ROMA (1)

[Dom Guéranger, l’Anno liturgico – vol.I]

(1) [Nel III secolo si venerava in un cimitero di Roma un trofeo – cattedra di tufo o di legno – del ministero di San Pietro in quel luogo. Più tardi si venerò nel battistero di Damaso in Vaticano la sella gestatoria “apostolicae confessionis”. Sotto il nome di Natale Petrl de Cathedra era celebrata una festa il 22 febbraio; ma, a causa della quaresima, le chiese della Gallia presero l’abitudine di celebrarla il 18 gennaio. Le due usanze si svilupparono in modo parallelo; poi, finalmente, si perdette l’unità primitiva del loro signiifcato e si ebbero due feste della Cattedra di San Pietro, la prima attribuita a Roma – quella del 18 gennaio -, la seconda attribuita a un’altra sede – In definitiva a quella d’Antiochia – il 22 febbraio. – La Cattedra di San Pietro è ora conservata nell’abside della basilica vaticana, racchiusa in un grande reliquiario; nemmeno il Papa si può sedere, come usavano i Pontefici dei primi quindici secoli, sulla Cathedra Apostolica (Schuster, Liber Sacram.)].

cattedra

L’Arcangelo aveva annunciato a Maria che il Figlio che sarebbe nato da lei sarebbe stato Re, e che il suo Regno non avrebbe avuto mai fine. I Magi guidati dalla Stella vennero dal lontano Oriente a cercare questo Re in Betlemme. Ma ci voleva una capitale per il nuovo Impero; e poiché il Re che doveva stabilirvi il suo trono doveva anche, secondo i consigli eterni, risalire presto al cielo, era necessario che il carattere visibile della sua regalità risiedesse in un uomo che fosse, fino alla fine dei secoli, il suo Vicario. – Per questa gloriosa reggenza, l’Emmanuele scelse Simone, cambiandone il nome in quello di Pietro e dichiarando espressamente che tutta la Chiesa sarebbe stata basata su quell’uomo, come su una roccia incrollabile. E siccome Pietro doveva anch’egli terminare con la croce la sua vita mortale, Cristo s’impegnava a dargli dei successori nei quali sarebbero sempre stati rappresentati Pietro e la sua autorità.

Regalità del Vicario di Cristo.

Ma quale sarà il segno distintivo di questa successione nell’uomo privilegiato sul quale deve essere edificata la Chiesa sino alla fine dei tempi? Fra tanti Vescovi, chi è il continuatore di Pietro? Il Principe degli Apostoli ha fondato e governato parecchie Chiese; ma una sola, quella di Roma, è stata irrorata del suo sangue; una sola, quella di Roma, custodisce la sua tomba; il Vescovo di Roma è dunque il successore di Pietro, e perciò stesso, il Vicario di Cristo. – Di lui, e non d’un altro, è detto: Su te costruirò la mia Chiesa. E ancora: Ti darò le chiavi del Regno dei cieli. E inoltre: “Ho pregato per te, perché non venga meno la tua fede; …conferma i tuoi fratelli”. – E infine: “Pasci i miei agnelli; pasci le mie pecorelle”. – L’eresia protestante l’aveva compreso tanto bene che per lungo tempo si sforzò di avanzare dubbi sul soggiorno di san Pietro a Roma, credendo giustamente di distruggere, con questo ritrovato, l’autorità del Pontefice Romano, e la nozione stessa d’un capo nella Chiesa. La scienza storica ha fatto giustizia di quella puerile obiezione; e da lungo tempo studiosi della Riforma sono concordi con i cattolici sul terreno dei fatti, e non contestano più nessuno dei punti della storia meglio definita dalla critica. – Fu in parte per opporre l’autorità della Liturgia a quella strana pretesa dei Riformatori, che Paolo IV, nel 1558, fssò al 18 gennaio l’antica festa della Cattedra di san Pietro a Roma. Da lunghi secoli, la Chiesa non celebrava il mistero del Pontificato del Principe degli Apostoli se non il 22 febbraio. D’ora in poi quest’ultimo giorno è stato assegnato al ricordo della Cattedra d’Antiochia, la prima ad essere occupata dall’Apostolo. – Oggi dunque, la Regalità dell’Èmmanuele brilla in tutto il suo splendore; e i figli della Chiesa si rallegrano nel sentirsi tutti fratelli e concittadini d’uno stesso Impero, celebrando la gloria della Capitale che è comune a tutti. Allorché, guardando attorno a sé, vedono tante sette divise e sprovviste di tutte le condizioni della continuità perché manca ad esse un centro, rendono grazie al Figlio di Dio per aver provveduto alla conservazione della sua Chiesa e della sua Verità, con l’istituzione di un capo visibile nel quale Pietro continua per sempre, come lo stesso Cristo in Pietro. Gli uomini non sono più pecore senza pastore; la parola detta al principio si perpetua, senza interruzione, attraverso i tempi; la prima missione non è mai sospesa e, per il Pontefice Romano, la fine dei tempi si ricollega all’origine delle cose. « Quale consolazione per i figli di Dio – esclama Bossuet nel Discorso sulla Storia universale – ma quale convinzione della verità, quando vedono che da Innocenzo XI, che occupa oggi (1681) degnamente la prima Sede della Chiesa, si risale senza interruzione fino a san Pietro, costituito da Gesù Cristo come Principe degli Apostoli! ».

Primato della sede di Roma.

Pietro, entrando in Roma, viene dunque a compiere e amplificare i destini di questa città sovrana, recandole un impero ancora più esteso di quello che essa possiede. È un Impero che non si costituirà con la forza, come il primo: da superba dominatrice delle genti che fu, Roma, per mezzo della carità, diventa Madre dei popoli. – Ma, per quanto pacifico, il suo Impero non sarà meno durevole. Ascoltiamo san Leone Magno, in uno dei suoi più magnifici Sermoni (Serm. 82), narrare, con tutta la nobiltà del suo linguaggio, l’ingresso oscuro eppure così decisivo, del Pescatore di Genezareth nella capitale del paganesimo: « Il Dio buono, giusto e onnipotente, che non ha mai negato la sua misericordia al genere umano e che con l’abbondanza dei suoi benefici, ha dato a tutti i mortali i mezzi per giungere alla conoscenza del suo Nome, nei segreti consigli del suo immenso amore ha avuto pietà del volontario accecamento degli uomini e della malizia che li sprofondava nella degradazione, e ha inviato il suo Verbo, che è a Lui uguale e coeterno. Ora, questo Verbo, fattosi carne, ha unito così strettamente la natura divina con quella umana, che l’umiliazione della prima fino alla nostra abiezione è diventata per noi il principio della più sublime elevazione.» Ma, per spargere nel mondo intero gli effetti di quel beneficio, la Provvidenza ha preparato l’Impero romano, e ne ha esteso così lontano i confini, da fargli abbracciare nella sua cerchia tutte le genti. – Era infatti una cosa utilissima per il compimento dell’opera progettata che i diversi regni formassero la confederazione d’un unico Impero, affinché la predicazione generale giungesse più presto all’orecchio dei popoli, raccolti com’erano già sotto il regime d’una sola città. » Questa città, disprezzando il divino Autore dei suoi destini, s’era fatta schiava degli errori di tutti i popoli, nel tempo stesso in cui li teneva quasi tutti sotto le sue leggi, e credeva ancora di possedere una grande religione, perché non respingeva nessuna menzogna; ma più fortemente era tenuta legata dal diavolo e più meravigliosamente fu riscattata da Cristo. » Infatti, quando i dodici Apostoli, dopo aver ricevuto con lo Spirito Santo il dono di parlare tutte le lingue, si furono distribuite le varie parti della terra, ed ebbero preso possesso di quel mondo a cui dovevano predicare il Vangelo, il beato Pietro, Principe dell’Ordine Apostolico, ricevette in eredità la roccaforte dell’Impero romano, affinché la Luce della verità che era manifestata per la salvezza di tutte le genti, si diffondesse più efficacemente, irradiando al centro di questo Impero sul mondo intero. » Quale nazione, infatti, non contava numerosi rappresentanti in quella città? Quali popoli avrebbero mai potuto ignorare ciò che Roma aveva loro insegnato? Qui dovevano essere battute le opinioni della filosofia; qui sarebbero state distrutte la vanità della sapienza terrena; qui sarebbe stato confuso il culto dei demoni e distrutta infine l’empietà di tutti i sacrifici, in quello stesso luogo in cui una stuta superstizione aveva radunato tutto ciò che i diversi errori avevano potuto produrre. » Non temi tu dunque, o beato Apostolo Pietro, di venire solo in questa città? Paolo Apostolo il compagno della tua gloria, è ancora intento a fondare altre Chiese; e tu ti immergi in questa foresta popolata di bestie feroci, avanzi su questo oceano il cui fondo è pieno di tempeste, con più coraggio di quando camminasti sulle acque. Non hai timore di Roma, la dominatrice del mondo, tu che nella casa di Caifa avevi tremato alla voce d’un servo del sacerdote. – Il tribunale di Pilato o la crudeltà dei Giudei erano forse più temibili della potenza di Claudio o della ferocia di Nerone? No; ma la forza del tuo amore vinceva il timore, e non avevi paura di quelli che t’eri impegnato di amare. Senza dubbio avevi già avuto il sentimento di quell’intrepida carità il giorno in cui la professione del tuo amore verso il Signore fu sanzionata dal mistero della triplice domanda. Cosicché non si richiese altro alla tua anima se non che, per pascere le pecore di Colui che amavi, il tuo cuore effondesse per esse la sostanza di cui era ripieno. » La tua fiducia, è vero, doveva aumentare al ricordo dei numerosi miracoli che avevi operati, dei preziosi doni della grazia che avevi ricevuti, e delle esperienze molteplici della virtù che risiedeva in te. Tu avevi già ammaestrato i Giudei che avevano creduto alla tua parola; avevi fondato la Chiesa d’Antiochia, dove ebbe i suoi inizi la dignità del nome Cristiano ; avevi sottomesso alle leggi della predicazione evangelica il Ponto, la Galazia, la Cappadocia, l’Asia e la Bitinia; e allora, certo del progresso della tua opera e della durata della tua vita, venisti ad innalzare sulle mura di Roma il trofeo della croce di Cristo, proprio là dove i consigli divini avevano predisposto per te l’onore della potenza sovrana e la gloria del martirio » (P. L. voi. 54, c. 423-425). – L’avvenire del genere umano mediante la Chiesa è dunque fissato a Roma, e i destini di questa città sono per sempre comuni con quelli del sommo Pontefice. Diversi per razza, per lingua, per interessi, noi tutti, figli della Chiesa, siamo Romani nell’ordine della religione; questo titolo ci unisce mediante Pietro a Gesù Cristo, e forma il legame della grande fraternità dei popoli e degli individui cattolici.

Gloria della Roma cristiana.

Gesù Cristo per mezzo di Pietro e Pietro per mezzo del suo successore ci reggono nell’ordine del governo spirituale. Ogni pastore la cui autorità non emana dalla Sede di Roma, è un estraneo, un intruso. – Così pure nell’ordine della credenza Gesù Cristo per mezzo di Pietro e Pietro per mezzo del suo successore ci impartiscono la dottrina divina e ci insegnano a distinguere la verità dall’errore. – Qualunque simbolo di fede, qualunque giudizio dottrinale, qualunque insegnamento contrario al Simbolo, ai giudizi e agli insegnamenti della Sede di Roma, viene dall’uomo e non da Dio, e dev’essere respinto con orrore ed anatema. Nella festa della Cattedra di san Pietro in Antiochia, parleremo della Sede Apostolica, come unica fonte del potere di governo nella Chiesa. Oggi, onoriamo la Cattedra romana come l’origine e la regola della nostra fede. Prendiamo ancora qui le eloquenti parole di san Leone (Serm. 4) e interroghiamolo sui titoli di Pietro all’infallibilità dell’insegnamento. Impareremo da questo grande Dottore a misurare la forza delle parole che Cristo pronunciò perché fossero il principale motivo della nostra adesione per tutta la durata dei secoli. – « Il Verbo fatto carne era venuto ad abitare in mezzo a noi, e Cristo si era consacrato interamente alla riparazione del genere umano. Non c’era nulla che non fosse regolato dalla sua sapienza, o che fosse superiore al suo potere. Gli elementi gli obbedivano, e gli Spiriti angelici erano ai suoi ordini; il mistero della salvezza degli uomini non poteva non giungere ad effetto, poiché, era lo stesso Dio, nella sua Unità e nella sua Trinità, che si degnava di occuparsene. Tuttavia in questo mondo, solo Pietro è scelto per essere preposto alla vocazione di tutte le genti, a tutti gli Apostoli, a tutti i Padri della Chiesa. Nel popolo di Dio, vi saranno parecchi sacerdoti e parecchi pastori; ma Pietro reggerà, con un potere che gli è proprio, tutti quelli che Cristo stesso governa in una maniera ancora più elevata. Quale grande e meravigliosa partecipazione del suo potere Dio si è degnato di dare a quest’uomo, fratelli diletti! Se ha voluto che vi fosse qualcosa di comune fra lui e gli altri pastori, l’ha fatto a condizione di dare a questi, per mezzo di Pietro tutto ciò che non voleva loro rifiutare. » Il Signore chiede a tutti gli Apostoli quale idea gli uomini abbiano di lui. Gli Apostoli sono concordi, finche si tratta di esporre le diverse opinioni dell’ignoranza umana. Ma quando Cristo giunge a chiedere ai suoi discepoli quello che pensano essi stessi, il primo a confessare il Signore è colui che è anche il primo nella dignità apostolica. – È lui che dice : Tu sei il Cristo, Figlio del Dio vivo. Gli risponde Gesù: Beato te, O Simone, figlio di Giona, poiché né la carne né il sangue ti hanno rivelato queste cose, ma il Padre mio che è nei cieli. – Cioè: Sì, tu sei beato, poiché il Padre mio ti ha ammaestrato; i pensieri della terra non ti hanno indotto in errore, ma ti ha illuminato l’ispirazione del cielo. Non già la carne e il sangue, ma Colui stesso del quale Io sono il Figlio unigenito, mi ha rivelato a te. Ed Io, aggiunge, ti dico: Come il Padre mio ti ha svelato la mia divinità, Io a mia volta ti farò conoscere la tua grandezza. Poiché tu sei Pietro, cioè, come Io sono la Pietra incrollabile, la Pietra angolare che unisce i due muri, il Fondamento tanto essenziale che non se ne potrebbe costituire un altro, così tu pure sei Pietro, poiché sei basato sulla mia solidità, e le cose che sono proprie a me per la potenza che in me risiede sono comuni anche a te per la partecipazione che io te ne faccio. E su questa pietra fonderò la mia Chiesa; e le porte dell’inferno non prevarranno contro di essa. Sulla solidità di questa pietra, io fonderò il tempio eterno; e la mia Chiesa, il cui fastigio salirà fino al cielo, s’innalzerà sulla fermezza di questa fede. » Alla vigilia della sua Passione, che doveva essere una prova per la costanza dei discepoli, il Signore disse quest’altre parole: “Simone, Simone, satana ha chiesto di macinarti come il frumento; ma Io ho pregato per te, perché non venga meno la tua fede. Quando poi sarai convertito, conferma i tuoi fratelli. Il pericolo della tentazione era comune a tutti gli Apostoli; tutti avevano bisogno dell’aiuto della protezione divina, poiché il diavolo aveva proposto di agitarli tutti e di annientarli. Tuttavia il Signore prende una cura speciale per il solo Pietro; le sue preghiere sono per la fede di Pietro, come se la salvezza degli altri fosse già sicura, per il fatto stesso che non verrà abbattuto l’animo del loro Principe. È dunque su Pietro che si baserà il coraggio di tutti e l’aiuto della grazia divina sarà disposto affinché la solidità che Cristo attribuisce a Pietro sia attraverso Pietro conferita agli Apostoli» (P. L. voi. 54, c. 149-152).

cattedra-san-pietro

L’infallibilità del Vicario di Cristo.

In un altro discorso (Serm. 3), l’eloquente Dottore ci fa vedere come Pietro vive ed insegna sempre nella Cattedra Romana. « La disposizione data da Colui che è la Verità stessa, permane dunque sempre, e il beato Pietro, conservando la solidità che ha ricevuta, non ha mai abbandonato il timone della Chiesa. Perché è tale il posto dato a lui al disopra di tutti gli altri, che, quando è chiamato Pietro, quando è proclamato Fondamento, quando è costituito Portinaio del Regno dei cieli, quando è nominato Arbitro per legare e sciogliere con una forza tale nei suoi giudizi che questi vengono ratificati anche in cielo, noi siamo in grado di conoscere, attraverso il mistero di così sublimi titoli, il legame che lo univa a Cristo. Ora egli compie con maggior pienezza e potenza la missione che gli è stata affidata; e tutte le parti del suo ufficio e del suo incarico le esercita in Colui e con Colui dal quale è stato glorificato. » Se dunque, su questa Cattedra, facciamo qualcosa di buono, se decretiamo qualcosa di giusto, se le nostre preghiere quotidiane ottengono qualche grazia dalla misericordia di Dio, è per effetto delle opere e dei meriti di colui che vive nella sua sede e vi agisce con la sua autorità. Egli ce lo ha meritato, fratelli diletti, con la confessione che, ispirata al suo cuore di Apostolo da Dio Padre, ha superato tutte le incertezze delle opinioni umane, ed ha meritato di ricevere la fermezza della Pietra che nessun assalto potrebbe scuotere. – Ogni giorno in tutta la Chiesa, è Pietro che dice: Tu sei il Cristo, Figlio del Dio vivo, e ogni lingua che confessa il Signore è guidata dal magistero di quella voce. E questa fede che vince il diavolo, e spezza i legami di coloro che egli tiene prigionieri. È essa che introduce in cielo i fedeli quando escono da questo mondo; e le porte dell’inferno non possono prevalere contro di essa. La forza divina che la garantisce, infatti, è tale che mai la perversità eretica l’ha potuta corrompere, né la perfidia pagana sopraffarla » (P. L. voL 54, c. 146). Così parla san Leone. « Non si dica dunque, esclama Bossuet nel suo Sermone sull’Unità della Chiesa, non si dica e non si pensi che questo ministero di san Pietro finisce con lui: ciò che deve servire di sostegno ad una Chiesa eterna, non può mai aver fine. Pietro vivrà nei suoi successori, Pietro parlerà sempre nella sua Cattedra: è quanto dicono i Padri ed è quanto confermano seicentotrenta Vescovi nel Concilio di Calcedonia ». E ancora: « Così la Chiesa Romana è sempre Vergine, la fede Romana è sempre la fede della Chiesa; si crede sempre quello che si è creduto, la stessa voce risuona dappertutto, e Pietro rimane, nei suoi successori, il fondamento dei fedeli. – È Gesù Cristo che l’ha detto; e il cielo e la terra passeranno, ma la sua parola non passerà ».

Pietro continuato nei suoi successori.

Tutti i secoli cristiani hanno professato questa dottrina dell’infallibilità del Romano Pontefice che guida la Chiesa dall’alto della Cattedra Apostolica. La si trova insegnata espressamente negli scritti dei santi Padri, e i Concili ecumenici di Lione e di Firenze si sono pronunciati, nei loro atti, in un modo abbastanza chiaro per non lasciare alcun dubbio ai cristiani di buona fede. Tuttavia, lo spirito di errore, con l’aiuto di sofismi contraddittori e presentando sotto falsa luce alcuni fatti isolati e mal compresi, tentò, per troppo tempo, di far cambiare idea ai fedeli d’un paese devoto del resto alla sede di Pietro. L’influenza politica fu la prima causa di quella triste scissione, che l’orgoglio di scuola rese troppo durevole. L’unico risultato ottenuto fu quello di indebolire il principio di autorità nelle regioni in cui essa regnò, e di perpetuarvi la setta giansenista, i cui errori erano stati condannati dalla Sede Apostolica. Gli eretici ripetevano, dopo l’Assemblea di Parigi del 1682, che i giudizi che avevano messo al bando le loro dottrine non erano neanch’essi irrefutabili. Lo Spirito Santo che anima la Chiesa ha infine estirpato quel funesto errore. Nel Concilio Vaticano ha dettato la sentenza solenne la quale dichiara che d’ora in poi chiunque si rifiutasse di riconoscere come infallibili i decreti emessi solennemente dal Pontefice romano in materia di fede e di morale cessa per ciò stesso di far parte della Chiesa Cattolica. Invano l’inferno ha tentato di ostacolare gli atti dell’augusta assemblea, e se il Concilio di Calcedonia aveva esclamato: «Pietro ha parlato per bocca di Leone»; se il terzo Concilio di Costantinopoli aveva ripetuto : « Pietro ha parlato per bocca di Agatone »; il Concilio Vaticano ha proclamato: « Pietro ha parlato e parlerà sempre per bocca del Romano Pontefice ». – Pieni di riconoscenza per il Dio di verità che si è degnato di elevare e garantire da ogni errore la Cattedra romana, ascolteremo con umiltà di spirito e di cuore gli insegnamenti che ne emanano. Riconosceremo l’azione divina nella fedeltà con cui questa Cattedra immortale ha saputo custodire la verità senza macchia per diciannove secoli, mentre le Sedi di Gerusalemme, d’Antiochia, d’Alessandria e di Costantinopoli hanno potuto appena custodirla per qualche centinaia di anni, e sono diventate l’una dopo l’altra le cattedre di pestilenza di cui parla il Profeta.

La Fede della Chiesa.

In questi giorni consacrati ad onorare l’Incarnazione del Figlio di Dio e la sua nascita dal seno d’una Vergine, richiamiamo alla nostra mente che dobbiamo alla Sede di Pietro la conservazione di quei dogmi che costituiscono il fondamento di tutta la nostra Religione. Non soltanto Roma ce li ha insegnati per mezzo degli Apostoli ai quali affidò la missione di predicare la fede nelle Gallie; ma quando le tenebre dell’eresia tentarono di gettare la loro ombra su così sublimi misteri, fu ancora Roma che assicurò il trionfo della verità con la sua suprema decisione. A Efeso, dove si trattava, condannando Nestorio, di stabilire che la natura divina e la natura umana in Cristo non formano che una sola ed unica persona e che di conseguenza Maria è veramente Madre di Dio; a Calcedonia, dove la Chiesa doveva proclamare contro Eutiche la distinzione delle due nature nel Verbo incarnato. Dio e uomo, i Padri dei due Concili ecumenici dichiararono che non facevano altro che seguire nella loro decisione la dottrina trasmessa loro dalle lettere della Sede Apostolica. – Questo è dunque il privilegio di Roma, di provvedere mediante la fede agli interessi della vita futura, come provvedé con le armi, per lunghi secoli, agli interessi della vita presente, nel mondo allora conosciuto. Amiamo ed onoriamo questa città Madre e Maestra, nostra patria comune, e con cuore fedele celebriamo oggi la sua gloria. Noi siamo dunque fondati su Gesù Cristo nella nostra fede e nelle nostre speranze, o Principe degli Apostoli, poiché siamo fondati su te che sei la Pietra che egli ha posta. Siamo dunque le pecore del gregge di Gesù Cristo, poiché obbediamo a te come a nostro pastore. – Seguendo te, o Pietro, siamo dunque certi di entrare nel Regno dei cieli, poiché tu ne possiedi le chiavi. Quando ci gloriamo di essere le tue membra, o nostro Capo, possiamo considerarci come le membra di Gesù Cristo stesso, poiché il Capo invisibile della Chiesa non riconosce altre membra se non obbediamo ai suoi ordini, è la tua fede, o Pietro, che noi professiamo, sono i tuoi comandi che noi seguiamo; poiché se Cristo insegna e governa in te, tu insegni e governi nel Pontefice Romano. Siano dunque rese grazie all’Emmanuele che non ha voluto lasciarci orfani, ma prima di tornare in cielo si è degnato di assicurarci, fino alla consumazione dei secoli, un Padre e un Pastore. La vigilia della sua Passione, volendo amarci sino alla fine, ci lasciò il suo corpo per cibo e il suo sangue per bevanda. Dopo la sua gloriosa Resurrezione, sul punto di salire alla destra del Padre, mentre gli Apostoli erano riuniti intorno a lui, costituì la sua Chiesa come un immenso gregge, e disse a Pietro: Pasci le mie pecore, pasci i miei agnelli. – In tal modo, o Cristo, assicuravi la perpetuità di quella Chiesa; costituivi nel suo seno l’unità, la sola che potesse conservarla e difenderla dai nemici esterni ed interni. Gloria a te, o divino architetto, che hai fondato sulla Pietra solida il tuo immortale edificio! Hanno imperversato i venti, si sono scatenate le bufere, l’hanno percossa rabbiosamente i marosi, ma la casa é rimasta in piedi, poiché era fondata sulla roccia (Mt. VII, 25). – O Roma, in questo giorno in cui tutta la Chiesa proclama la tua gloria e si rallegra di essere fondata sulla tua Pietra, ricevi le nuove promesse del nostro amore, i nuovi giuramenti della nostra fedeltà. – Tu sarai sempre la nostra Madre e la nostra Maestra, la nostra guida e la nostra speranza. La tua fede sarà per sempre la nostra, poiché chiunque non é con te, non è neanche con Gesù Cristo. In te tutti gli uomini sono fratelli, e non sei per noi una città straniera, né il tuo Pontefice un sovrano straniero. Noi viviamo per te della vita del cuore e dell’intelligenza; e tu ci prepari ad abitare un giorno quell’altra città di cui sei l’immagine, la città celeste di cui costituisci l’ingresso. – Benedici, o Principe degli Apostoli, le pecore affidate alla tua custodia, ma ricordati, di quelle che sono sventuratamente uscite dall’ovile. Lontano da te, popoli interi che tu avevi nobilitati e civilizzati per mezzo dei tuoi successori, languiscono e non sentono ancora l’infelicità di essere lontani dal Pastore. Lo scisma raffredda e corrompe gli uni; l’eresia divora gli altri. Senza Cristo visibile nel suo Vicario, il Cristianesimo diventa sterile e a poco a poco svanisce. Le audaci dottrine che tendono a diminuire l’insieme dei doni che il Signore ha elargiti a colui che deve farne le veci fino al giorno dell’eternità, hanno per troppo tempo inaridito i cuori di quelli che le professavano; troppo spesso esse li hanno portati a sostituire il culto di Cesare al servizio di Pietro. Guarisci tutti questi mali, o Pastore supremo! – Accelera il ritorno delle genti separate; affretta la caduta dell’eresia del xvi secolo; apri le braccia alla tua figlia, la Chiesa d’Inghilterra, e che essa rifiorisca come negli antichi giorni. Scuoti sempre più la Germania e i regni del Nord, e che tutti quei popoli si accorgano che non vi è più salvezza per la fede se non all’ombra della tua Cattedra. Rovescia il mostruoso colosso del Settentrione, che pesa insieme sull’Europa e sull’Asia, e scardina dovunque la vera religione del tuo Maestro. Richiama l’Oriente alla sua antica fedeltà, e che esso riveda dopo così lunga eclisse, le sue Sedi Patriarcali risorgere nell’unità della sottomissione all’unica Sede Apostolica. – E infine mantieni noi che, per divina misericordia e per effetto della tua paterna tenerezza, siamo rimasti fedeli, nella fede Romana, nell’obbedienza al tuo successore. Istruiscici nei misteri che ti sono affidati; rivelaci ciò che il Padre celeste ha rivelato a te stesso. Mostraci Gesù, tuo Maestro; guidaci alla sua culla, affinché dietro il tuo esempio, e senza essere scandalizzati dai suoi abbassamenti, abbiamo la fortuna di dirgli come te: Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente!

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Questo è pertanto un giorno straordinario di preghiera per il nostro Santo Padre in esilio, S. S. Gregorio XVIII, eletto dopo Gregorio XVII, cardinal Siri, unico e legittimo successore di Pietro, al quale dobbiamo tutto il nostro amore ed il supporto spirituale che la sua difficile situazione richiede. Per noi cattolici romani, questo è un obbligo di primaria importanza e fondamentale nell’economia della nostra salvezza perché, come Dom Guèranger ricordava, l’accesso al regno dei cieli passa necessariamente attraverso l’adesione fedele ed obbediente a Pietro, che solo ne permette l’ingresso, perché solo a lui il Cristo-Dio ha dato le chiavi che aprono le porte del Regno della eterna felicità. È Pietro che ci introdurrà nel Regno dei cieli! Beato sia Pietro, il Principe degli Apostoli.

13 GENNAIO BATTESIMO DI CRISTO

battesimo di Gesù

Il secondo Mistero dell’Epifania, il Mistero del Battesimo di Cristo nel Giordano, attira oggi in modo speciale l’attenzione della Chiesa. L’Emmanuele si è manifestato ai Magi dopo essersi mostrato ai pastori; ma questa manifestazione è avvenuta nel ristretto spazio d’una stalla a Betlemme, e gli uomini di questo mondo non l’hanno conosciuta. Nel mistero del Giordano, Cristo si manifesta con maggior splendore. La sua venuta è annunciata dal Precursore; la folla che accorre al Battesimo del fiume ne fa testimonianza, e Gesù esordisce alla vita pubblica. Ma chi potrebbe descrivere la grandiosità delle cose che accompagnano questa seconda Epifania?- Essa ha per oggetto, al pari della prima, il bene e la salvezza del genere umano; ma seguiamo il progredire dei Misteri. La stella ha condotto i Magi verso Cristo. Prima essi aspettavano e speravano; ora, credono. La fede nel Messia venuto comincia in seno alla Gentilità. Ma non basta credere per essere salvi; è necessario che la macchia del peccato sia lavata nell’acqua. « Chi crederà e sarà battezzato sarà salvo» (Me. XVI, 16): è tempo dunque che avvenga una nuova manifestazione del Figlio di Dio, per inaugurare il grande rimedio che deve dare alla Fede la virtù di produrre la vita eterna. – Ora, i decreti della divina Sapienza avevano scelto l’acqua come strumento di questa sublime rigenerazione della razza umana. – Già all’origine delle cose lo Spirito di Dio ci è rappresentato mentre sorvola sulle acque, affinché, come canta la Chiesa il Sabato Santo, la loro natura concepisse già un principio di santificazione. Ma le acque dovevano servire alla giustizia contro il mondo colpevole, prima di essere chiamate a compiere i disegni della misericordia. – Ad eccezione d’una sola famiglia, il genere umano per un terribile decreto, scomparve sotto le acque del diluvio. Tuttavia, alla fine di quella terribile scena, si manifestò un nuovo indizio della futura fecondità di questo elemento predestinato. La colomba, uscita per un momento dall’arca della salvezza, vi rientrò con un ramoscello d’ulivo, simbolo della pace ridata alla terra dopo l’effusione dell’acqua. Ma il compimento del mistero annunciato era ancora lontano. – Nell’attesa del giorno in cui il mistero sarebbe stato manifestato, Dio moltiplicò le immagini destinate a sostenere l’attesa del suo popolo. Così, fu attraversando le acque del Mar Rosso che il popolo arrivò alla Terra promessa; e durante il misterioso tragitto, una colonna di nube copriva insieme il cammino d’Israele e le acque benedette alle quali questi doveva la sua salvezza. – Ma il solo contatto delle membra umane d’un Dio incarnato poteva dare alle acque la virtù purificatrice che ogni uomo colpevole sospirava. Dio aveva dato il Figlio suo non al mondo soltanto come Legislatore, Redentore e Vittima di Salvezza, ma perché fosse anche il Santificatore delle acque; e appunto in seno a questo sacro elemento doveva rendergli una testimonianza divina, manifestarlo una seconda volta.

Il battesimo di Gesù.

Gesù dunque, all’età di trent’anni, va verso il Giordano, fiume già famoso per le meraviglie profetiche operate nelle sue acque. – Il popolo ebreo, risvegliato dalla predicazione di Giovanni Battista, accorreva in massa per ricevere il Battesimo che poteva produrre il pentimento del peccato, ma non cancellarlo. Il nostro divino Re va anch’egli al fiume, non per cercarvi la santificazione, poiché Egli è il principio di ogni giustizia, ma per dare finalmente alle acque la virtù di produrre, come canta la Chiesa, una razza nuova e santa. Scende nel letto del Giordano, non più come Giosuè per attraversarlo a piedi asciutti, ma affinché il Giordano lo cinga delle sue acque, e riceva da Lui, per comunicarla a tutto l’elemento, quella virtù santificatrice che esso non perderà mai più. Riscaldate dai divini ardori del Sole di giustizia, le acque divengono feconde, nel momento in cui il sacro capo del Redentore viene immerso nel loro seno dalla mano tremante del Precursore. – Ma in questo preludio di una nuova creazione, è necessario che intervenga tutta la Trinità. Si aprono i cieli, e ne scende la Colomba, non più come simbolo e figura, ma per annunciare la presenza dello Spirito d’amore che dà la pace e trasforma i cuori. Essa si ferma e si posa sul capo dell’Emmanuele, scendendo insieme sull’umanità del Verbo e sulle acque che bagnano le sue auguste membra.

La testimonianza del Padre.

Tuttavia il Dio-Uomo non era manifestato ancora con abbastanza splendore; bisognava che la parola del Padre risonasse sulle acque, e le agitasse fin nella profondità dei loro abissi. Allora si fece sentire quella Voce che aveva cantata David: Voce del Signore che risuona sulle acque, tuono del Dio di maestà che spezza i cedri del Libano, l’orgoglio dei demoni, che spegne il fuoco dell’ira celeste, che scuote il deserto, che annuncia un nuovo diluvio (Sal. XXVIII), un diluvio di misericordia; e quella voce che diceva: Questi è il mio Figlio diletto nel quale mi sono compiaciuto. Così fu manifestata la Santità dell’Emmanuele dalla presenza della divina Colomba e dalla voce del Padre, come era stata manifestata la sua Regalità dalla muta testimonianza della Stella. Compiuto il divino mistero e investito della virtù purificatrice l’elemento delle acque, Gesù esce dal Giordano e torna a riva, portando con sé – secondo l’opinione dei Padri – rigenerato e santificato il mondo di cui lasciava sotto le acque i delitti e le immondezze.

Usanze.

Come è grande la festa dell’Epifania, che ha per oggetto di onorare così sublimi misteri! E come non c’è da stupire se la Chiesa Orientale ha fatto di questo giorno una delle date per l’amministrazione solenne del Battesimo. Gli antichi monumenti della Chiesa delle Gallie ci mostrano che l’usanza esisteva anche presso i nostri avi; e più d’una volta – stando a quanto riferisce Giovanni Mosch – si vide il santo battistero riempirsi d’un’acqua miracolosa il giorno di questa grande festa, e asciugarsi da sé dopo l’amministrazione del Battesimo. La Chiesa Romana, fin dal tempo di san Leone, insisté per riservare alle feste di Pasqua e di Pentecoste l’onore di essere gli unici giorni consacrati alla celebrazione solenne del primo fra i Sacramenti; ma in parecchi luoghi dell’Occidente si conservò e dura ancora oggi l’usanza di benedire l’acqua con una solennità del tutto speciale nel giorno dell’Epifania. – La Chiesa d’Oriente ha conservato inviolabilmente tale usanza. La funzione ha luogo, ordinariamente, nella Chiesa, ma talvolta il Pontefice si reca sulle rive di un fiume, accompagnato dai sacerdoti e dai ministri rivestiti dei più ricchi paramenti e seguito da tutto il popolo. Dopo alcune magnifiche preghiere, che ci dispiace di non poter riportare qui, il Pontefice immerge nelle acque una croce rivestita di pietre preziose che significa il Cristo, imitando così l’azione del Precursore. Un tempo, a Pietroburgo, la cerimonia aveva luogo sulla Neva, e attraverso un’apertura praticata nel ghiaccio il Metropolita faceva scendere la croce nelle acque. Questo rito si osserva parimenti nelle Chiese dell’Occidente che hanno conservato l’usanza di benedire l’acqua nella Festa dell’Epifania. I fedeli si affrettano ad attingere nella corrente del fiume quell’acqua consacrata; e san Giovanni Crisostomo – nella sua ventiquattresima Omelia sul Battesimo di Cristo – attesta, chiamando a testimone il suo uditorio, che quell’acqua non si corrompeva mai. Lo stesso prodigio è stato riconosciuto molte volte in Occidente. – Glorifichiamo dunque Cristo per questa seconda manifestazione del suo divino carattere, e rendiamogli grazie, insieme con la santa Chiesa, per averci dato, dopo la Stella della fede che ci illumina, l’Acqua potente che toglie le nostre immondezze. Nella nostra riconoscenza, ammiriamo l’umiltà del Salvatore che si curva sotto la mano di un uomo mortale al fine di compiere ogni giustizia, come dice egli stesso; poiché, avendo assunto la forma del peccato era necessario che sopportasse l’umiliazione per risollevarci dal nostro abbassamento. Ringraziamolo per questa grazia del Battesimo che ci ha aperto le porte della Chiesa terrena e della Chiesa celeste. Infine, rinnoviamo gli impegni che abbiamo contratti sul sacro fonte, e che sono stati la condizione di questa nuova nascita.

In preparazione all’EPIFANIA

“Orietur stella ex Jacob, et consurget virga de Israel”

[UNA STELLA sorgerà da Giacobbe; uno scettro spunterà da Israele]

stella-dei-magi

EPIFANIA DI NOSTRO SIGNORE

[Dom. Guéranger. L’anno liturgico, vol. I]

Il nome della festa.

La festa dell’Epifania è la continuazione del mistero di Natale; ma si presenta, sul Ciclo cristiano, con una sua propria grandezza. – Il nome, che significa Manifestazione, indica abbastanza chiaramente che essa è destinata ad onorare l’apparizione di Dio in mezzo agli uomini. – Questo giorno, infatti, fu consacrato per parecchi secoli a festeggiare la Nascita del Salvatore; e quando i decreti della Santa Sede obbligarono tutte le Chiese a celebrare, insieme con Roma, il mistero della Natività il 25 dicembre, il 6 gennaio non fu completamente privato della sua antica gloria. Gli rimase il Nome di Epifania con la gloriosa memoria del Battesimo di Gesù Cristo, di cui la tradizione ha fissato a questo giorno l’anniversario. – La Chiesa Greca dà a questa Festa il venerabile e misterioso nome di Teofania, celebre nell’antichità per significare un’Apparizione divina. Ne parlano Eusebio, san Gregorio Nazianzeno, sant’Isidoro di Pelusio, e, nella Chiesa Greca, è il titolo proprio di questa ricorrenza liturgica. – Gli Orientali chiamano ancora questa solennità i santi Lumi, a motivo del Battesimo che si conferiva un tempo in questo giorno in memoria del Battesimo di Gesù Cristo nel Giordano. È noto come il Battesimo sia chiamato dai Padri illuminazione, e quelli che l’hanno ricevuto “illuminati”[oggi “illuminati” si definiscono gli appartenenti ad una setta dell’alta massoneria! –ndr.-] – Infine, noi chiamiamo comunemente, in Francia, tale festa la Festa dei Re, in ricordo dei Magi la cui venuta a Betlemme è celebrata oggi in modo particolare. – L’Epifania condivide con le Feste di Natale, di Pasqua, della Ascensione e di Pentecoste, l’onore di essere qualificata con il titolo di giorno santissimo, nel Canone della Messa; e viene elencata fra le feste cardinali, cioè fra le solennità sulle quali si basa l’economia dell’Anno liturgico. Una serie di sei domeniche prende nome da essa, come altre serie di domeniche si presentano sotto il titolo di Domeniche dopo Pasqua, Domeniche dopo la Pentecoste. – Il giorno dell’Epifania del Signore è dunque veramente un gran giorno; e la letizia nella quale ci ha immersi la Natività del divino Bambino deve effondersi nuovamente in questa solennità. Infatti, questo secondo irradiamento della Festa di Natale ci mostra la gloria del Verbo incarnato in un nuovo splendore; e senza farci perdere di vista le bellezze ineffabili del divino Bambino, manifesta in tutta la luce della sua divinità il Salvatore che ci è apparso nel suo amore. Non sono più soltanto pastori che son chiamati dagli Angeli a riconoscere il verbo fatto carne, ma è il genere umano, è tutta la natura che la voce di Dio stesso chiama ad adorarlo e ad ascoltarlo.

I misteri della festa.

Nei misteri della divina Epifania, tre raggi del sole di giustizia scendono fino a noi. Questo sesto giorno di gennaio, nel ciclo della Roma pagana, fu assegnato alla celebrazione del triplice trionfo d’Augusto, autore e pacificatore dell’Impero; ma quando il nostro pacifico Re, il cui impero è eterno e senza confini, ebbe deciso, con il sangue dei suoi martiri, la vittoria della propria Chiesa, questa Chiesa giudicò, nella sapienza del cielo che l’assiste, che un triplice trionfo dell’Imperatore immortale dovesse sostituire, nel rinnovato Ciclo, i tre trionfi del figlio adottivo di Cesare. Il 6 gennaio restituì dunque al venticinque dicembre la memoria della Nascita del Figlio di Dio; ma in cambio tre manifestazioni della gloria di Cristo vennero ad adunarsi in una stessa Epifania: il mistero dei Magi venuti dall’Oriente sotto la guida della Stella per onorare la divina Regalità del Bambino di Betlemme; il mistero del Battesimo di Cristo proclamato Figlio di Dio nelle acque del Giordano dalla voce stessa del Padre celeste; e infine il mistero della potenza divina di quello stesso Cristo che trasforma l’acqua in vino al simbolico banchetto delle Nozze di Cana. – Il giorno consacrato alla memoria di questi tre prodigi è insieme l’anniversario del loro compimento? È una questione discussa. Ma basta ai figli della Chiesa che la loro Madre abbia fissato la memoria di queste tre manifestazioni nella Festa di oggi, perché i loro cuori applaudano i trionfi del divin Figlio di Maria. Se consideriamo ora nei particolari il multiforme oggetto della solennità, notiamo innanzi tutto che l’adorazione dei Magi è il mistero che la santa Romana Chiesa onora oggi con maggior compiacenza. – A celebrarlo è impiegata la maggior parte dei canti dell’Ufficio e della Messa, e i due grandi Dottori della Sede Apostolica, san Leone e san Gregorio, sembra che abbiano voluto insistervi quasi unicamente, nelle loro Omelie sulla festa, benché confessino con sant’Agostino, san Paolino di Nola, san Massimo di Torino, san Pier Crisologo, sant’Ilario di Arles e sant’Isidoro di Siviglia, la triplicità del mistero dell’Epifania. La ragione della preferenza della Chiesa Romana per il mistero della Vocazione dei Gentili deriva dal fatto che questo grande mistero è sommamente glorioso a Roma che, da capitale della gentilità quale era stata fino allora, è diventata la capitale della Chiesa cristiana e dell’umanità, per la vocazione celeste che chiama oggi tutti i popoli alla mirabile luce della fede, nella persona dei Magi. – La Chiesa Greca non fa oggi menzione speciale dell’adorazione dei Magi. Essa ha unito questo mistero a quello della Nascita del Salvatore negli Uffici per il giorno di Natale. Tutte le sue lodi, nella solennità odierna, hanno per unico oggetto il Battesimo di Gesù Cristo. – Questo secondo mistero dell’Epifania è celebrato insieme con gli altri due dalla Chiesa Latina, il 6 gennaio. Se ne fa più volte menzione nell’Ufficio di oggi; ma siccome la venuta dei Magi alla culla del neonato Re attira soprattutto l’attenzione della Roma cristiana in questo giorno, è stato necessario, perché il mistero della santificazione delle acque fosse degnamente onorato, legare la sua memoria a un altro giorno. Dalla Chiesa d’Occidente è stata scelta l’Ottava dell’Epifania per onorare in modo particolare il Battesimo del Salvatore. – Essendo inoltre il terzo mistero dell’Epifania un po’ offuscato dallo splendore del primo, benché sia più volte ricordato nei canti della Festa, la sua speciale celebrazione è stata ugualmente rimessa a un altro giorno, e cioè alla seconda Domenica dopo l’Epifania. Alcune Chiese hanno associato al mistero del cambiamento dell’acqua in vino quello della moltiplicazione dei pani, che ha infatti parecchie analogie con il primo, e nel quale il Salvatore manifestò ugualmente la sua potenza divina; ma la Chiesa Romana tollerando tale usanza nel rito Ambrosiano e in quello Mozarabico, non l’ha mai accolta, per non venir meno al numero di tre che deve segnare nel Ciclo i trionfi di Cristo il 6 gennaio, e anche perché san Giovanni ci dice nel suo Vangelo che il miracolo della moltiplicazione dei pani ebbe luogo nella prossimità della Festa di Pasqua, il che non potrebbe attribuirsi in alcun modo al periodo dell’anno nel quale si celebra l’Epifania. – Diamoci dunque completamente alla letizia di questo bel giorno e nella Festa della Teofania, dei santi Lumi, dei Re Magi, consideriamo con amore la luce abbagliante del nostro divino Sole che sale a passi da gigante, come dice il Salmista (Sal. XVIII, 18) e che riversa su di noi i fasci d’una luce tanto dolce quanto splendente. Ormai i pastori accorsi alla voce dell’Angelo hanno visto accrescere la loro schiera fedele; il Protomartire, il Discepolo prediletto, la bianca coorte degli Innocenti, il glorioso san Tommaso, Silvestro, il Patriarca della Pace, non sono più soli a vegliare sulla culla dell’Emmanuele; le loro file si aprono per lasciar passare i Re dell’Oriente, portatori dei voti e delle adorazioni di tutta l’umanità. L’umile stalla è diventata troppo stretta per un simile afflusso di persone; e Betlemme appare vasta come il mondo. Maria, il Trono della divina Sapienza, accoglie tutti i membri di quella corte con il suo grazioso sorriso di Madre e di Regina; presenta il Figlio alle adorazioni della terra e alle compiacenze del cielo. Dio si manifesta agli uomini, perché è grande, ma si manifesta attraverso Maria, perché è misericordioso.

Ricordi storici.

Nei primi secoli della Chiesa troviamo due avvenimenti notevoli che hanno illustrato il grande giorno che ci raduna ai piedi del Re pacifico. Il 6 gennaio del 361, l’imperatore Giuliano già apostata nel cuore, alla vigilia di salire sul trono imperiale, che presto la morte di Costanzo avrebbe lasciato vacante, si trovava a Vienne nelle Gallie. Aveva ancora bisogno dell’appoggio di quella Chiesa cristiana nella quale si diceva perfino che avesse ricevuto il grado di Lettore, e che tuttavia si preparava ad attaccare con tutta l’astuzia e tutta la ferocia della tigre. Nuovo Erode, artificioso come il primo, volle inoltre, in questo giorno dell’Epifania, andare ad adorare il Neonato Re. Nella relazione del suo panegirista Ammieno Marcellino, si vede il filosofo incoronato uscire dall’empio santuario dove consultava segretamente gli aruspici, avanzare quindi sotto i portici della Chiesa e in mezzo all’assemblea dei fedeli offrire al Dio dei cristiani un omaggio tanto solenne quanto sacrilego. – Undici anni dopo, nel 372, anche un altro Imperatore penetrava nella chiesa, sempre nel giorno dell’Epifania. Era Valente, cristiano per il Battesimo come Giuliano, ma persecutore, in nome dell’Arianesimo, di quella stessa Chiesa che Giuliano perseguitava in nome dei suoi dèi impotenti e della sua sterile filosofia. La libertà evangelica d’un santo Vescovo abbatté Valente ai piedi di Cristo Re nello stesso giorno in cui la politica aveva costretto Giuliano ad inchinarsi davanti alla divinità del Galileo. – San Basilio usciva allora allora dal suo celebre colloquio con il prefetto Modesto, nel quale aveva vinto tutta la forza del secolo con la libertà della sua anima episcopale. Valente giunse a Cesarea con l’empietà ariana nel cuore, e si reca alla basilica dove il Pontefice celebrava con il popolo la gloriosa Teofania. « Ma – come dice eloquentemente san Gregorio Nazianzeno – l’Imperatore ha appena varcato la soglia del sacro tempio, che il canto dei salmi risuona al suo orecchio come un tuono. Egli contempla sbalordito la moltitudine del popolo fedele simile ad un mare. » L’ordine, e la bellezza del santuario risplendono ai suoi occhi con una maestà più angelica che umana. Ma ciò che lo colpisce più di tutto, è l’Arcivescovo ritto davanti al suo popolo, con il corpo, gli occhi e la mente raccolti come se nulla di nuovo fosse accaduto, e tutto intento a Dio e all’altare. Valente osserva anche i ministri sacri, immobili nel raccoglimento, pieni del sacro terrore dei Misteri. – Mai l’Imperatore aveva assistito a uno spettacolo così sublime. La sua vista si oscura, il capo gli gira, e la sua anima è presa dallo sbigottimento e dall’orrore ». – Il Re dei secoli. Figlio di Dio e Figlio di Maria, aveva vinto. Valente sentì svanire i suoi progetti di violenza contro il santo Vescovo, e se in quel momento non adorò il Verbo consustanziale al Padre, confuse almeno i suoi omaggi esteriori a quelli del gregge di Basilio. Al momento dell’offertorio, avanzò verso la balaustra, e presentò i suoi doni a Cristo nella persona del suo Pontefice. Il timore che Basilio non lo volesse ricevere agitava con tanta violenza il principe che la mano dei ministri del santuario dovette sostenerlo perché, non cadesse, nel suo turbamento, ai piedi stessi dell’altare. – Così, in questa grande solennità, la Regalità del neonato Salvatore è stata onorata dai potenti di questo mondo che si son visti, secondo la profezia del Salmo, abbattuti e prostrati bocconi a terra ai suoi piedi (Sal. LXXI). – Ma dovevano sorgere nuove generazioni d’imperatori e di re che avrebbero piegato i ginocchi e presentato a Cristo Signore l’omaggio d’un cuore devoto e ortodosso. Teodosio, Carlo Magno, Alfredo il Grande, Stefano d’Ungheria, Edoardo il Confessore, Enrico II Imperatore, Ferdinando di Castiglia, Luigi IX di Francia tennero questo giorno in grande devozione, e furono orgogliosi di presentarsi insieme con i Re Magi ai piedi del divino Bambino e di offrirGli i loro cuori come quelli Gli avevano offerto i loro tesori. – Alla corte di Francia s’era anche conservata, fino al 1378 e oltre (come testimonia il continuatore di Guillaume de Nangis) l’usanza che il Re cristianissimo, giunto all’offertorio, presentasse dell’oro, dell’incenso e della mirra come un tributo all’Emmanuele.

Usanze.

Ma questa rappresentazione dei tre mistici doni dei Magi non era in uso solo nella corte dei re. Nel medioevo, anche la pietà dei fedeli presentava al Sacerdote, perché lo benedicesse, nella festa dell’Epifania, dell’oro, dell’incenso e della mirra; e si conservavano in onore dei tre Re quei commoventi segni della loro devozione verso il Figlio di Maria, come un pegno di benedizione per le case e per le famiglie. Tale usanza è rimasta ancora in alcune diocesi della Germania. – Più a lungo è durata un’altra usanza, ispirata anch’essa dall’età di fede. Per onorare la regalità dei Magi venuti dall’Oriente verso il Bambino di Betlemme, si eleggeva a sorte, in ogni famiglia, un Re per la festa dell’Epifania. In un banchetto animato da una santa letizia, e che ricordava quello delle nozze di Galilea, si rompeva una focaccia di cui una parte serviva a designare l’invitato al quale era attribuita quella momentanea regalità. Due porzioni della focaccia erano prese per essere offerte al Bambino Gesù e a Maria, nella persona dei poveri che godevano anch’essi in quel giorno del trionfo del Re umile e povero. Le gioie della famiglia si confondevano con quelle della religione; i legami della natura, dell’amicizia, della vicinanza si rinforzavano attorno alla tavola dei Re; e se la debolezza poteva apparire qualche volta nell’abbandono di un banchetto, l’idea cristiana non era lontana e splendeva in fondo ai cuori. – Beate ancor oggi le famiglie nel cui seno si celebra con cristiana pietà la festa dei Re! Per troppo tempo un falso zelo ha trovato da ridire contro queste semplici usanze nelle quali la gravità dei pensieri della fede si univa alle effusioni della vita domestica. – Si faceva guerra a queste tradizioni della famiglia con il pretesto del pericolo dell’intemperanza, come se un banchetto privo di ogni linea religiosa fosse meno soggetto agli eccessi. Con uno spirito di ricerca alquanto difficile a giustificarsi, si è giunti fino a pretendere che la focaccia dell’Epifania e la innocente regalità che l’accompagnava non fossero altro che un’imitazione dei Saturnali pagani, come se fosse la prima volta che le antiche feste pagane avessero dovuto subire una trasformazione cristiana. Il risultato di sì imprudenti conclusioni doveva essere ed è stato, infatti, su questo punto come su tanti altri, di isolare dalla Chiesa i costumi della famiglia, di espellere dalle nostre tradizioni una manifestazione religiosa, di favorire quella che è chiamata la secolarizzazione della società. – Ma torniamo a contemplare il trionfo del regale Bambino la cui gloria risplende in questo giorno con tanta luce. La santa Chiesa ci inizierà essa stessa ai misteri che dobbiamo celebrare. Rivestiamoci della fede e dell’obbedienza dei Magi; adoriamo, con il Precursore, il divino Agnello al di sopra del quale si aprono i cieli; prendiamo posto al mistico banchetto di Cana, presieduto dal nostro Re tre volte manifestato, e tre volte glorioso. Ma, nei due ultimi prodigi, non perdiamo di vista il Bambino di Betlemme, e nel Bambino di Betlemme non cessiamo inoltre di vedere il gran Dio del Giordano, e il padrone degli elementi.

SULLA FESTA DELL’EPIFANIA.

[da Manuale di Filotea del sac. G. Riva, XXX ed. Milano 1888]

ISTRUZIONE.

Epifania è una parola greca che significa Manifestazione. Con questo nome fu chiamata la festa che si celebra 13 giorni dopo il Natale, perché dopo la prima manifestazione del Signore ai pastori dei dintorni di Betlem nella notte della sua Natività, ci ricorda tre altre principali circostanze in cui Gesù Cristo si è fatto conoscere agli uomini come il promesso Messia, cioè ai Gentili, nell’adorazione dei Magi chiamati e condotti per mezzo d’una stella prodigiosa alla capanna di Betlemme; ai Giudei nel suo Battesimo per mezzo dello Spirito Santo apparso sopra di Lui in forma di Colomba e del divin Padre che sul Tabor, disse a voce chiarissima: Questo è il mio Figlio nel quale io mi sono compiaciuto, ai Discepoli, nelle nozze di Cana col cangiamento miracoloso dell’acqua in vino. Nel rito Ambrosiano si aggiunge una quarta manifestazione, ed è quella fatta a tutte le turbe quando Gesù Cristo moltiplicando pochi pani, che avevano i suoi discepoli, saziò più di 5 mila persone che da tre giorni Lo seguitavano, e c’era pericolo che svenissero per la fame ritornando digiuni alle loro case. – Comunemente si tien per certo che i Magi giungessero al Presepio nel giorno 6 di Gennaio; e che al sei di Gennaio trenta anni dopo accadesse anche i l Battesimo del Signore. – Ma il cangiamento dell’acqua in vino si crede avvenuto verso la fine di Febbraio nell’anno stesso del Battesimo. – Tuttavia la Chiesa stimò conveniente il ricordare con una sola festa solenne tutti questi meravigliosi avvenimenti! – Vuolsi che questa festa abbia cominciato ad essere celebrata fino dai tempi apostolici, perché ne parlano nelle loro opere i Padri più antichi. Siccome però lo scopo primario di questa festa è di celebrare la manifestazione di Cristo ai Gentili, cioè la lor vocazione alla fede nella persona dei Santi Magi, su di questo fatto particolarmente terremo qualche discorso. – La stella che apparve ai Magi era profetizzata nel capo XXIV del libro dei Numeri in quelle parole dette da Balaam: “ da Giacobbe nascerà una stella, e da Israele spunterà uno scettro”. “Orietur stella ex Jacob, et consurget virga de Israel”. Essa apparve subito dopo la nascita del divin infante, come osserva il cardinal Lambertini, poi Papa Benedetto XIV, nelle sue annotazioni sopra le feste deducendole dalle Parole dette dai Magi in Gerusalemme. Dov’è il nato Re de’ Giudei, imperocchè abbiam veduto la sua stella nell’Oriente, e siamo venuti ad adorarlo “Ubi est qui natus est Rex Judæorum? Vidimus enim stellam ejus in Oriente et venimus adorare eum” (Matteo II, 2). Infatti se avessero creduto che la stella fosse segnale della nascita vicina anziché già avvenuta, avrebbero detto: “Ov’e che deve nascere il Re de’ Giudei”, e non già “Dov’è che Egli si trova il nato Re de’ Giudei?” – In qual natura poi fosse quella stella, varii sono i pareri: secondo il Cardinal Lambertini, la più vera opinione si è che la stella fosse una Meteora formata da un Angelo, tutta piena di luce così viva da non confondersi con alcun’altra, in figura di stella e mossa dall’Angelo stesso da Oriente verso Occidente nella media regione dell’aria, a somiglianza della colonna di fuoco che condusse il popolo Ebreo nel deserto; oppure una stella creata di nuovo, non nel cielo ma nell’aria a poca distanza dalla terra che muovevasi come Dio voleva. – Matteo non dice dei Magi né quanti fossero, né come si chiamassero, ma la tradizione più antica vuole che fossero tre: e secondo l’asserzione del Venerabile Beda, scrittore del secolo ottavo, essi erano anche prima de’ suoi tempi conosciuti sotto i nomi di Gaspare, Melchiorre e Baldassarre. Si ritiene pure comunemente che essi fossero Re cioè Signori di qualche territorio, sebbene non molto esteso, ove alla cura del governo dei loro sudditi, univano l ‘amore allo studio, perciò chiamati con voce persiana Magi, che significa uomini eruditi nella Filosofia e nella Astrologia. – Essi vennero dall’Arabia Felice che, rispetto alla Giudea, è regione Orientale. E che di là venissero, Io prova la qualità dei doni che seco recarono per presentarli al nuovo Re dei Giudei. Per venirvi si servirono di Dromedari così veloci al corso da fare non meno di 120 miglia al giorno. Onde i Magi agevolmente poterono compiere il lungo viaggio fino a Betlemme in soli 13 giorni, cioè dal 25 Dicembre al 6 Gennaio. Qui trovarono il Bambino Gesù con Maria nel Presepio, come lo attesta S. Girolamo praticissimo dei Luoghi Santi, nella sua lettera 44 a Marcella, e lo conferma la Chiesa nell’antifona di questo giorno. Vedere il Divino Infante, e adorarLo, prostrati colla fronte per terra, fu per loro la medesima cosa, indi Gli offrirono in dono, Oro, Incenso e Mirra per denotare in Gesù Cristo la Divinità, la Dignità Reale, e la Umanità, convenendo l’Incenso a Dio, l’Oro ad un Re, e la Mirra ad un uomo mortale il cui corpo dopo morte dovevasi imbalsamare. – Qual vita menassero essi dopo il ritorno alla loro patria non si sa con certezza; ma il culto che loro presta la Chiesa ci prova fuor d’ogni dubbio che essi professarono costantemente la Religione Cristiana e morirono così santamente da meritarsi la pubblica venerazione. Quindi niente è più probabile di ciò che si asserisce da più autori, che essi siano stati pienamente istruiti nella Fede dall’Apostolo S. Tommaso, e da battezzati ed ordinati Vescovi delle loro patrie ove cooperarono con gran fervore alla dilatazione del Cristianesimo. – I santi corpi dalla città di Serva nell’Arabia, ov’erano stati sepolti, vennero, per ordine di Costantino Magno, trasportati in Costantinopoli e poi donati ad Eustorgio governatore di Milano, che fu poi fatto vescovo di questa città, e da lui collocati nella Chiesa che dal nome di questo santo vescovo fu detta Eustorgiana, mentre pel sacro deposito dei santi Magi si chiamava prima la Basilica dei Re. Ivi stettero i sacri corpi fino all’anno 1162 in cui l’imperatore Federico Barbarossa, impadronitosi di Milano, li levò dal loro marmoreo sepolcro, che è vasto come una piccola camera, e li diede in dono a Rainoldo Arcivescovo di Colonia, nella qual città furono trasferiti il 23 Luglio 1164; il che vien confermato”‘ dalla festa che ogni anno si celebra nella città di Colonia in detto giorno per solennizzare la detta Traslazione, come all’11 di Gennaio si solennizza la memoria della preziosa loro morte. – Nella Diocesi di Milano esistono ancora i tre diti anulari dei Santi Magi, riposti in un bel Reliquiario d’argento di lavoro antico. Essi erano nell’Altare di S. Ambrogio, oratorio sotto la parrocchia di Brugherio presso Monza. Quando l’Arcivescovo cardinale Federico Borromeo nel 1611 vi fece la visita, li riconobbe per reliquie autentiche, e li trasferì nella parrocchia dove sono tuttora in molta venerazione. La tradizione dice, che santa Marcellina abbia fondato ed abitato quel monastero, e che da suo fratello S. Ambrogio, abbia avuto in dono questi tre dita.

La tua luce è venuta, o Gerusalemme, e la gloria del Signore brilla sopra di te, e le genti cammineranno dalla tua luce.

Ai SANTI MAGI

Per la Novena, la Festa e l’Ottava dell’Epifania

I. O santi Magi, che viveste in continua aspettazione della stella di Giacobbe, la quale doveva annunziare la nascita del vero sole di Giustizia, otteneteci la grazia di vivere sempre nella speranza di vedere spuntato sopra di noi il giorno della verità, la beatitudine del Paradiso. Gloria.

II. O Santi Magi, che al primo brillar della stella miracolosa abbandonaste i patrii paesi, per andar tosto in cerca del neonato re dei Giudei, otteneteci la grazia di corrispondere, come voi, prontamente a tutte le divine ispirazioni. Gloria.

III. O Santi Magi, che non temeste i rigori delle stagioni e gli incomodi dei viaggi per giungere e ritrovare il nato Messia, otteneteci la grazia di non sgomentarci giammai per le difficoltà che si incontrano nella via della salute. Gloria.

IV. O Santi Magi, che abbandonati dalla stella nella città di Gerusalemme, ricorreste umilmente e senza umano rispetto a chi poteva darvi certa notizia sul luogo ove si trovava l’oggetto delle vostre ricerche, otteneteci la grazia che in tutti i dubbi, in tutte le perplessità noi ricorriamo umilmente e fedelmente ci atteniamo al consiglio dei nostri superiori, che rappresentano sulla terra la stessa Persona di Dio. Gloria.

V. O Santi Magi, che, contro ogni vostra aspettazione, foste di nuovo consolati dalla stella ricomparsa a servirvi di guida; otteneteci dal Signore la grazia che, rimanendo a Lui fedeli in tutte le afflizioni, meritiamo di essere consolati dalla sua grazia, nel tempo, e dalla sua gloria nell’eternità. Gloria,

VI. O santi Magi, che, entrati pieni di fede nella stalla di Betlemme, prostesi a terra, adoraste il nato Re dei Giudei, quantunque non fosso circondato che da indizi di povertà e di debolezza, otteneteci dal Signore la grazia di ravvivar sempre la nostra fede quando entriamo nella sua casa, alfine di dimorarvi con quel rispetto, che è dovuto alla grandezza della sua maestà. Gloria.

VII. O santi Magi, che offrendo a Gesù Cristo, Oro, Incenso e Mirra, Lo riconosceste concordemente come Re, come Dio e come Uomo, otteneteci dal Signore la grazia che non ci presentiamo mai colle mani vuote davanti a Lui e Gli offriamo anzi continuamente l’Oro della carità, l’Incenso dell’adorazione, la Mirra della penitenza, giacché senza questa virtù è impossibile incontrare il suo gradimento. Gloria.

VIII. O santi Magi, che, avvisati da un angelo di non ritornare da Erode, vi avviaste subito per altra strada alla vostra patria, otteneteci dal Signore la grazia che, dopo esserci con Lui riconciliati nei santi Sacramenti, viviamo lontani da tutto quello che potrebbe esserci occasione di nuovi peccati. Gloria.

IX. O santi Magi, che, chiamati per i primi fra i Gentili alla cognizione di Gesù Cristo, perseveraste fino alla morte nella professione di sua fede, otteneteci dal Signore la grazia di viver sempre in conformità alle promesse da Lui fatte nel santo Battesimo, di rinunciare cioè costantemente al Mondo ed alle sue pompe, alla Carne ed alle sue lusinghe, al demonio e alla sue suggestioni, affine di meritarci come voi la visione beatifica di quel Dio che forma qui in terra l’oggetto di nostra fede. Gloria.

ORAZIONE.

“Deus, qui hodierna die Unigenitum tuum Gentìbus, stella duce revelasti, concede propitius; ut qui jam te ex fide cognovimus, usque ad contemplandam speciem tuae celsitudinis perducamur. Per eundem Dominum etc.”

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– A GESÙ ADORATO DAI MAGI-

I Magi prostrati ai vostri piedi, o mio Salvatore, sono le primizie della Gentilità. Vi ringrazio mille volte della loro vocazione; essa fu pegno della mia; ma sono io poi altrettanto fedele a corrispondervi quanto lo furono questi primi apostoli della Religione, miei veri modelli, miei colleghi nella fede? Ah! Signore, risuscitate in me lo spirito di quella preziosissima grazia la cui memoria mi vien richiamata nell’adorazione dei Magi, di quella grazia inestimabile di cui già mi favoriste con una predilezione speciale, e che troppo sovente ho meritato di perdere dopo di averla ricevuta. La memoria della mia vocazione al Cristianesimo sia per l’avvenire, o mio Dio, il motivo della mia più viva riconoscenza, le sue massime e le obbligazioni che ella mi impone facciano tutta la regola di mia condotta per meritarmi così il diritto all’eredità dei veri credenti.        3 Gloria.

IL SS. NOME DI GESU’

2 gennaio: Il SANTISSIMO NOME DI GESÙ

 Rango: Doppio della Classe II.

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 Cristo umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce. Per questo Dio lo ha risuscitato, e Gli ha dato un NOME, che è al di sopra tutti i nomi; perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si piega.

Gesù! Nome dato al Verbo Incarnato non dagli uomini, ma da Dio stesso. Apparve l’Angelo a San Giuseppe, e poiché egli pensava di rimandare occultamente Maria sua santissima Sposa, lo rassicura: « Giuseppe, gli disse, figlio di David, non temere di prender teco Maria la tua consorte, perché ciò che è nato in Lei è dallo Spirito Santo. Darà alla luce un figliuolo cui porrai nome Gesù, poiché sarà Lui che libererà il popolo suo dai peccati». Nacque il Bambino e otto, giorni dopo fu circonciso, e fu chiamato Gesù, cioè Messia, Salvatore. Gesù! Nome per noi d’allegrezza, nome per noi di speranza, per noi nome d’amare. – Nome d’allegrezza. Quando ci affligge la memoria dei nostri mali trascorsi, quando il rimorso si fa sentire più forte entro la nostra coscienza, quando lo spavento degli eterni castighi ci assale, il demonio vorrà precipitarci in seno alla disperazione, noi pensiamo a Gesù, il Salvatore, ed una gioia, una nuova giocondità ci conforta, ritroviamo in esso la luce, quella luce che illumina, che salva, che santifica. – Nome di speranza. Gesù stesso ci dice: « Se chiederete qualcosa al Padre in nome mio, Egli ve la darà ». O uomini, di che temete? Se la vostra miseria vi fa arrossire, se temete pei vostri peccati il Padre mio, se non osate chiedere a Lui ciò che a voi sta a cuore, fate coraggio, chiedetelo in Nome mio, poiché « se qualcosa chiederete al Padre in mio nome, ve lo darà ». Sperate adunque. Gesù, nome d’amore. Oh sì! Chi pronunciando questo dolcissimo Nome non ricorda quanto sia costata la nostra Redenzione? Chi non si commuove innanzi ad un eccesso di tanto amore? E Gesù, Dio uguale al Padre, che si sacrifica su di una croce, agonizza fra atroci tormenti, egli innocente, muore schernito e vilipeso da quelli stessi per cui dà la vita. Nome d’amore, d’infinito amore, nome che a Gesù solo compete, perché dopo aver creato viene a redimere e per redimere si è annichilito facendosi l’Uomo dei dolori, ed obbediente sino alla dura morte di croce; per la qual cosa il Padre Gli diede un nome che è sopra ogni nome : « dedit illi nomen quod est super omne nomen », a questo nome piegano la fronte gli Angeli ed i beati del Cielo, tremano al suono di questo le forze degli abissi, a questo riverenti si inchinano gli abitanti della terra. – Quel Bambino che i profeti da tanti anni preannunziarono quel Bambino di cui parlano le Scritture, quello che l’umanità da tanto tempo aspettava come un liberatore, oggi Lo conosciamo, si chiama Gesù, Salvatore; Egli è che chiuderà le porte dell’inferno ed aprirà quelle del Cielo, Egli che porterà la pace alla terra, Egli ancora che per i poveri uomini darà al Padre suo quella gloria che a Lui solo è dovuta.

PRATICA. — Non pronunciamo mai invano, o senza tutto il dovuto rispetto il nome di Gesù; invochiamoLo invece, con fede in ogni nostro bisogno.

PREGHIERA. — Gesù mio, scrivete il vostro Nome sul mio povero cuore, e sulla mia lingua, acciocché, tentato a peccare, io resista con invocarvi, tentato a disperarmi, io confidi nei vostri meriti, trovandomi tiepido in amarvi il vostro Nome m’infiammi col ricordarmi quanto Voi mi avete amato. Sia, o Signore, il vostro Nome sempre la mia speranza, la mia difesa, sempre e l’unico mio conforto, sempre la fiamma che mi terrà acceso del vostro divino amore.

[da: I Santi per ogni giorno dell’anno”. S. Paolo ed. Alba- Roma, 1933]

L’IMPOSIZIONE DEL NOME

[da: I Sermoni – S. Antonio da Padova]

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«E gli fu posto nome Gesù» (Lc II,21). Nome dolce, nome soave, nome che conforta il peccatore, nome di beata speranza. Giubilo al cuore, melodia all’orecchio, miele alla bocca. Piena di giubilo, la sposa del Cantico dei cantici dice di questo nome: «Olio sparso è il tuo nome» [Profumo olezzante è il tuo nome] (Ct I, 2). Osserva che l’olio ha cinque proprietà: galleggia sopra tutti i liquidi, rende cedevoli le cose dure, tempera quelle acerbe, illumina le oscure, sazia il corpo. Così anche il nome di Gesù, per la sua grandezza è al di sopra di tutti i nomi degli uomini e degli Angeli, perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si piega (cf. Fil II, 10). Quando lo proclami intenerisce i cuori più duri, se lo invochi tempera le tentazioni più aspre, se lo pensi illumina il cuore, se lo leggi sazia il tuo spirito. – E fa’ attenzione che questo nome di Gesù non è detto soltanto «olio», ma olio «sparso». Da chi? E dove? Dal cuore del Padre, nel cielo, sulla terra e negli inferi. In cielo per l’esultanza degli Angeli, che perciò acclamano esultanti: «Salvezza al nostro Dio, seduto sul trono, e all’Agnello» (Ap VII, 10), cioè a Gesù, che è chiamato «Salvezza, Salvatore»; sulla terra per la consolazione dei peccatori: «Al tuo nome e al tuo ricordo si volge tutto il nostro desiderio. Di notte anela a te l’anima mia» (Is XXVI, 8-9); negli inferi per la liberazione dei prigionieri, infatti si dice che, prostrati alle sue ginocchia, abbiano gridato: «Sei venuto finalmente, o nostro Redentore!…» (Breviario Romano, antico Ufficio dei defunti).- Riporterò brevemente ciò che scrive Innocenzo di questo nome. Questo nome di Gesù (lat. Jesus) è composto di due sillabe e di cinque lettere: tre vocali e due consonanti. Due sillabe, perché Gesù ha due nature, la divina e l’umana: la divina dal Padre, dal Quale è nato senza madre; l’umana dalla Madre, dalla quale è nato senza padre. Ecco, due sono le sillabe in quest’unico nome, perché due sono le nature in quest’unica persona. – Da notare però che la vocale è quella che ha un suono per se stessa, la consonante invece ha suono solo unita con una vocale. Quindi nelle tre vocali è simboleggiata la divinità la quale, essendo unica in se stessa, produce il suono nelle tre persone. Infatti “tre sono quelli che rendono testimonianza in cielo: il Padre, il Verbo e lo Spirito Santo; e questi tre sono uno» (lGv V, 7). – Nelle due consonanti è simboleggiata l’umanità la quale, avendo due sostanze, cioè il corpo e l’anima, non ha suono per se stessa, ma solo in virtù dell’altra natura, alla quale è congiunta nell’unità della persona. «Infatti come l’anima razionale e la carne sono un solo uomo; così Dio e l’uomo sono un solo Cristo» (Simbolo atanasiano). La persona infatti è definita «una sostanza razionale a se stante», e tale è Cristo. – Cristo è Dio e anche uomo, ma per sé «suona» in quanto è Dio, e non in quanto è uomo, perché la divinità conservò il diritto di personalità assumendo l’umanità, ma l’umanità assunta non ricevette il diritto di personalità [poiché non la persona assunse la persona, né la natura assunse la natura, ma la persona assunse la natura] (Innocenzo III, papa, Sermone sulla Circoncisione). – Questo dunque è il nome santo e glorioso «che è stato invocato sopra di noi» (Ger XIV, 9), e non c’è altro nome – dice Pietro – sotto il cielo, nel quale sia stabilito che possiamo essere salvati (cf. At IV.12). – Per la virtù di questo nome ci salvi Dio, Gesù Cristo nostro Signore, che è benedetto sopra tutte le cose nei secoli dei secoli. Amen.

 INNO

Jesu decus angelicum,

In aure dulce canticum,

In ore mel mirificum,

In corde nectar caelicum.

Qui te gustant, esuriunt;

Qui bibunt, adhuc sitiunt;

Desiderare nesciunt,

Nisi Jesum, quem diligunt.

O Jesu mi dulcissime,

Spes suspirantis animae!

Te quaerunt piae lacrimae,

Te clamor mentis intimae.

Mane nobiscum, Domine,

Et nos illustra lumine;

Pulsa mentis caligine,

Mundum reple dulcedine.

Jesu, flos Matris Virginis,

Amor nostrae dulcedinis,

Tibi laus, honor nominis,

Regnum beatitudinis. Amen.

[Gesù, decoro degli Angeli, all’orecchio dolce cantico, alla bocca miele dolcissimo, al cuore nettar celeste. Quelli che ti gustano, hanno ancor fame; quelli che ti bevono, hanno ancor sete; desiderar non sanno, se non Gesù, che amano. O Gesù mio dolcissimo, speranza dell’anima che sospira! te cercano le pie lacrime, te il grido intimo del Cuore. Rimani con noi, o Signore, e c’illumina colla tua luce: ne fuga la caligine dell’anima, riempi il mondo della tua dolcezza. Gesù, fior della Vergine Madre, amor nostro dolcissimo, a te la lode, l’onor del nome, il regno della beatitudine. Amen.]

V. Sia benedetto il Nome del Signore. Alleluia. Alleluia.

 R. Ora, e per sempre. Alleluia. Alleluia.

OREMUS

Deus, qui unigenitum Filium tuum constituisti humani generis Salvatorem, et Jesum vocari jussisti: concede propitius; ut cujus sanctum nomen veneramur in terris, ejus quoque aspectu perfruamur in cælis.

Preghiamo [O Dio, che hai costituito Salvatore del genere umano il Figlio tuo unigenito e hai voluto che si chiamasse Gesù: concedi benigno, che, come ne veneriamo il santo nome in terra, così ne godiamo ancora la vista in cielo].

V. Adjutorium nostrum in nomine Domini. R. Qui fecit cœlum et terram.

Il nostro aiuto è nel nome del Signore;

Che ha fatto cielo e terra.

ISTRUZIONE SUL PRIMO GIORNO DELL’ANNO

ISTRUZIONE SUL PRIMO GIORNO DELL’ANNO

[da: Manuale di Filotea del sac. G. Riva, XXX ed. Milano 1888]

giudizio

Qualunque affare del mondo, perché abbia buon riuscimento convien che cominci da Dio, che è il Padrone di tutti gli eventi. E ciò si fa coll’invocare preventivamente il suo santo aiuto. – Cosi fece Davide prima di agitare la sua fionda, per agitare la sua fionda per abbattere il gigante Golia. Così fece Giuditta prima di vibrare quel colpo che, troncando il capo a Oloferne, doveva salvare tutta Betulla. E così fanno tutti i buoni cristiani, facendosi il segno della Croce al principio d’ogni azione di qualche rilievo. Quanto più dunque deve ciò farsi al principio dell’anno, che è il principio di innumerevoli azioni? Tanto più che Dio è sempre stato geloso delle primizie, volendo con esse venir da noi riconosciuto per unico Autor di ogni bene; quindi ordinò nel Levitico che, al primo mietersi delle nuove biade, Gli si offerissero in sacrificio due pani formati col grano novello. Quanto più dunque, sul cominciare dell’Anno, esigerà Egli le primizie della nostra devozione, del nostro spirito. – Per determinarci a una special santificazione di questo primo giorno, conviene riflettere al nuovo debito che ognuno contrae in oggi con Dio, essendo per sua sola benignità che ci è concesso di vivere ancora in quest’anno mentre, per l’abuso fatto degli anni antecedenti, noi meritammo d’aver troncata la nostra vita. E’ bene anche considerare che quest’anno potrebbe per noi essere l’ultimo in cui il Signore voglia soffrire la nostra malvagità ed aspettarci a penitenza, facendo con noi come fece con quell’albero di fico infruttuoso descritto al capo di S. Luca. Avendo il padrone condannato alla scure ed alle flamme in pena del non aver esso per tre anni continui reso alcun frutto. Ma, per le preghiere del vignaiuolo, si accontentò di aspettare un altro anno per vedere se con nuova coltura potesse rendersi fruttuoso. Nella stessa guisa il Signore, dopo aver sopportato tanti anni la nostra vita sterile affatto d’ogni bene e solo feconda di colpe, ci concede adesso quest’altro anno, affinché ci ravvediamo dei nostri falli, e corrispondiamo con fervore a tanti suoi benefici. Diciamo dunque con Davide — Ho fatta la mia risoluzione — Voglio proprio cominciare davvero ed essere buono! = Ego dìxi, nunc coepi. – Anno nuovo. Vita nuova. – A questo intento sono utilissime le pratiche seguenti. 1. Prolungar le proprie orazioni per implorar il divino aiuto. 2. Comunicarsi con gran devozione. 3. Dare in limosina tante monete quanti sono gli anni della propria vita, oppure recitare altrettanti Pater ed Ave onde ringraziare il Signore d’averci finora conservati. 4. Fare le proteste le più sincere di una vita tutta piena di opere buone a santificazione di sé, e ad edificazione del proprio prossimo. – Tanto più che a questa vita tutta piena di opere buone ci invita oggi la Chiesa col metterci sott’occhio il mistero della circoncisione. Gesù Cristo essendo Dio, avrebbe potuto sottrarsi a questa dolorosa ed umiliante cerimonia mosaica. Tuttavia Egli volle sottomettervisi per più ragioni che meritano di essere attentamente considerate: 1. Per abolire in modo amorevole un rito instituito da Dio medesimo onde distinguere, fino alla Nuova Alleanza, da tutte le altre nazioni il suo popolo. 2. Per mostrare che il corpo da Lui assunto in unità di persona col divin Verbo era un corpo vero e reale, non già apparente e fantastico come sognarono certi eretici. 3. Per mostrare che Egli non solo era Figliuolo dell’ uomo, ma dell’uomo dalla stirpe del quale doveva venire il Messia. 4. Per insegnare a noi, non solo a sottomettersi volentieri alle leggi che ci obbligano strettamente, ma ancora a cercare spontaneamente le umiliazioni e i patimenti. 5. Per darci, fin dai primi suoi giorni il pegno più certo del suo amore, cominciando appena nato a patire e versar sangue per la nostra salute. 6. Per insegnarci fin da principio la virtù fondamentale della vita cristiana, che è la circoncisione del cuore per cui s’intende la mortificazione di ogni scorretto appetito. – Secondo l’asserzione di Durando, che scriveva nel secolo decimoterzo, anticamente si usava in questo giorno di celebrare due Messe 1° una della Circoncisione per festeggiare il Mistero, e l’altra della Madonna per esprimere la propria ricoscenza a Colei la quale ebbe tanta parte nei misteri del divin suo Figlio. Facciamoci dunque ancor noi un dovere di onorare in modo speciale la Santa Vergine Maria mettendoci con nuove proteste sotto la sua protezione. – In molti luoghi si costuma in questo giorno distribuire a ciascuno degli intervenienti alla Dottrina l’immagine di un Santo, onde serva di speciale protettore per tutto l’anno. Facciamo la debita stima di un’usanza sì bella, ricordandoci che in ogni Santo che la Provvidenza ci dà per protettore noi abbiamo un modello, un avvocato ed un giudice. Un Modello di cui dobbiamo imitar la virtù; un Avvocato di cui dobbiamo con gran fiducia implorare il patrocinio; un Giudice di cui dobbiamo temere i rimproveri quando avessimo trascurato di imitarne le virtù e implorarne l’assistenza. – Quando si facciano tutte queste considerazioni si sentirà stretto dovere di realizzare il detto di sopra. — Anno nuovo, Vita nuova!

ORAZIONE PEL PRIMO GIORNO DELL’ANNO.

I . Che sarà di me, o mio Dio, in quest’anno, a cui per vostra misericordia do lietamente principio in questo giorno? Avrò io la sorte di aggiungerlo intero ai molti altri che già mi avete concessi, o sarà quello che chiuderà il corso della mia vita a cui terrà dietro il terribil passaggio dal tempo all’eternità? Voi solo che siete l’arbitro sovrano di tutti i tempi, sapete tutto quello che ha da avverarsi: io non so altro se non che colla mia passata condotta ho meritato d’essere le mille volte cancellato dal numero dei viventi, e sepolto nel baratro de’ reprobi: quindi non cesserò mai di lodare e di benedire la vostra misericordia, che si compiacque di sottrarmi ai rigori della vostra giustizia, e di farmi parte di quei favori che si dovrebbero solamente a chi vi serve con fedeltà. E, siccome per nostro bene avete nascosto a noi tutti il momento da voi stabilito per chiamarci al vostro giudizio, così fate che io approfitti di questa incertezza per viver sempre in conformità ai vostri santi comandamenti, e così prepararmi propizia la gran sentenza che deve fissare la mia sorte per tutta quanta l’eternità. Ma, cosa sono io, o Signore senza ì’aiuto della vostra grazia, se non un terreno arido e secco, che non produce che triboli e spine? Piovete dunque sopra di me questa misteriosa rugiada, onde, benedetto da voi, possa col successe il più felice applicarmi all’estirpamento di tutti gli abiti peccaminosi che mi dominarono fino al presente, all’acquisto di tutte quelle virtù che ho finora trascurate, alla pratica di tutte quelle opere che sono indispensabili all’assicurazione della mia eterna salvezza. La sanità del mio corpo, la prosperità de’miei interessi, la preservazione di tutti i mali che possono in qualche maniera o molestare la mia persona, o alterare la mia sorte, io le rimetto interamente nelle vostre mani, ben persuaso che Voi non mi lascerete mancare giammai quanto mi può essere vantaggioso, o terrete sempre da me lontano tutto quello che può compromettere la mia santificazione o la mia salute. – Siccome però le mie preghiere sono troppo miserabili, così, ad assicurarmi il conseguimento di tutte queste grazie, interponete Voi, o gran Vergine, la vostra potentissima mediazione; tenetemi sempre sotto il manto del vostro amorevole patrocinio: fate sempre le parti d’avvocata per me ; amatemi sempre qual vostro figlio, e non permettete giammai che un solo istante io mi raffreddi nel vostro santo servizio, giacché sarebbe questo un declinare dalla strada sicura per cui si giunge a salvamento. – Angelo mio Custode, che già da tanti anni vegliate amorosamente sopra di me, non permettete che io contristi di nuovo il vostro amantissimo cuore e il vostro purissimo sguardo coll’assecondare, come per lo passato, le mie disordinate passioni. Rispetti sempre la vostra presenza; ascolti sempre i vostri consigli; e tema sempre le vostre minacce, giacché voi non cercate altro che il vero mio bene temporale ed eterno. – Santi tutti del cielo, e specialmente Voi che vi trovaste già nel mio stato, Voi il di cui nome io porto, Voi che la Provvidenza mi ha assegnato a particolari Protettori in quest’anno, ottenetemi colla vostra intercessione che, camminando sempre fedele nella strada da voi già percorsa, tanto più acquisti di merito quanto più mi è dato di vita, e, a somiglianza delle Vergini prudenti, vivendo sempre in aspettazione dell’arrivo dello Sposo, tenga sempre ben allestita la lampada misteriosa della fede, della carità e delle buone opere, senza di cui non è possibile partecipare al convitto a cui foste già ammessi, e che sarà sempre fecondo delle più squisite delizie per tutta quanta l’eternità.

Pater, Ave, Gloria, Salve Regina, Angele Dei.

In fine Veni Creator.

AVVERTENZA,

Siccome il vivere meno conforme ai propri doveri dipende dal non avere sott’occhio i santi e gravissimi impegni contratti nel nostro Battesimo, così è pratica non mai lodata abbastanza quella di fare, se non in pubblico, come già si usa in varii luoghi, almeno in privato, la rinnovazione dei Voti Battesimali, ed è perciò che alla predetta Orazione per il primo giorno dell’anno si fa succedere immediatamente la relativa formula:

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PER RINNOVARE LE PROMESSE DEL BATTESIMO.

Trinità santissima, Padre, Figliuolo e Spirito Santo, Dio solo in tre Persone, io vi adoro insieme a tutte le creature da voi redente; vi benedico per le grandi misericordie delle quali vi è piaciuto di favorirmi in tutti i giorni della mia vita; ma sopra tutto io Vi ringrazio, o mio Dio, del benefizio sì distinto del santo Battesimo, per cui sono entrato a parte di tutti i vostri tesori di grazia, ed ho cominciato a vivere a Voi per vivere un giorno anche con Voi gloriosamente nel cielo. Veramente non posso rammentare un favore sì grande, senza piangere sull’abuso che ne ho fatto avendo tante volte violate le promessa fatte a voi e condotta una vita indegna di quel carattere augusto di vostro figlio del Quale vi siete degnato di onorarmi. Detesto, o mio Gesù, una ingratitudine sì enorme: e vorrei averVi amato e servito sì bene, come hanno fatto i più gran Santi. Rinunzio di nuovo, e rinunzio per sempre, al cospetto di tutto il cielo come ho rinunziato nel Battesimo, a satanasso ed alle sue suggestioni, al Mondo ed allo sue pompe, alla Carne e alle sue lusinghe, a me stesso e a tutte le cattive inclinazioni del mio cuore, e vi prometto di voler sempre tenere nella mia vita avvenire il Vangelo per regola e Gesù Cristo per modello. – Ma Voi, o Padre eterno, che Vi siete degnato di adottarmi in Gesù Cristo per uno de’ vostri figliuoli, e chiamarmi alla eredità vostra, risvegliate in me la grazia dell’adozione divina; e poiché non son rigenerato che per Voi e pel cielo, fate che io non viva e non travagli che per la vostra gloria e la mia salute. – Gesù, figlio unico del divin Padre, e mio amabilissimo Redentore, che unicamente per la vostra carità mi avete unito al vostro corpo mistico, qual è la vostra Chiesa, lavato col vostro sangue, e arricchito de’ vostri misteri, perfezionate in me l’opera vostra facendomi colla vostra grazia morir a tutte le disordinate passioni, e vivere soltanto della vostra nuova vita celeste, e colla pratica delle vostre sante virtù in me rappresentare l’immagine vostra, come vero cristiano.Spirito Santo, principio adorabile dell’adozione divina e della mia spirituale rigenerazione, siate ancora il principio di tutti i movimenti del mio cuore e di tutte le opere mie, perché siano degne di un figlio adottivo di Dio, di un membro vivo di Gesù Cristo. Siatemi Spirito di fortezza contro lo spirito del mondo e le lusinghe delle passioni; Spirito di penitenza per piangere le mie infedeltà alla grazia e alle obbligazioni del santo Battesimo; Spirito di consiglio, per ben dirigermi in tutte le oscurità ed in tutti i pericoli della vita; e Spirito finalmente di gemito e di preghiera per gemere in questo luogo di esilio sui tristi effetti del peccato, e aspirare di continuo alla felice libera dei figliuoli di Dio o alla patria beata del Paradiso. E Voi, o Vergine Santa, Protettori immortali, Angelo mio Custode, sotto i cui auspici sono rinato al cielo, ottenetemi tutta quella abbondanza di grazia per cui sia fedele alle mie promesse; e dietro gli esempi vostri, valendomi di un sì gran dono a gloria di Dio ed a mia santificazione, possa giungere sicuramente al cielo, ed ivi amare e lodare con Voi per sempre quella Trinità Santissima che è l’unica sorgente di ogni bene, a cui sia onore, gloria e benedizione per tutti i secoli. Così sia.

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FORMULA

PER LA RINNOVAZIONE DEI VOTI BATTESIMALI

da farsi in pubblica Chiesa.

Sacerdote. Credete voi in Dio Padre Onnipotente Creatore del Cielo e della Terra?

Popolo. Credo.

Sac. Credete voi in Gesù Cristo, suo figliuolo unico, Signor nostro, vero Dio e vero Uomo, che concepito per opera dello Spirito Santo, nato da Maria Vergine, patì e mori in croce per la salute di tutto il genere umano: poi, risorto glorioso, ascese al Cielo, ove siede alla destra di Dio Padre, intercedendo sempre per noi, e d’onde ha da venire a giudicare i vivi ed i morti?

Pop. Credo.

Sac. Credete voi nello Spirito Santo, la Santa Chiesa Cattolica, la Comunione dei Santi, la Remissione dei peccati, la Risurrezione della Carne, e la Vita eterna?

Pop. Credo.

Sac. Promettete voi, coll’aiuto che sperate da Dio, di osservare la santa sua legge, tutti i precetti della sua Chiesa, e di amare Iddio con tutto il cuore sopra ogni cosa ed il prossimo come voi stessi per amore di Dio?

Pop. Prometto.

Sac. Rinunciate voi al Mondo ed alle sue pompe, alla Carne ed alle sue lusinghe, al Demonio ed alle sue suggestioni, onde non mai contaminarvi di alcun peccato?

Pop. Rinuncio.

Sac. In nome del Padre, del Figliuolo, e dello Spirito Santo, a cui sia gloria e benedizione per tutti i secoli.

Pop. Cosi sia

Che in questo nuovo anno il Signore faccia risplendere di nuova luce la SANTA CHIESA CATTOLICA oggi in eclisse!