Beato de Liébana:
COMMENTARIO ALL’APOCALISSE (8)
Migne, Patrologia latina, P. L. vol. 96, col. 893-1030, rist. 1939, I, 877
[Dal testo latino di H. FLOREZ – Madrid 1770]
LIBRO TERZO
[4] E ho visto nella mano destra di colui che siede sul trono un libro scritto dentro e fuori, sigillato con sette sigilli. Il libro che qui si indica, scritto dentro e fuori, è ogni creatura del mondo, di cui Dio contempla l’interno e di cui conosce l’esterno; oppure supera il mondo esteriore, limitato per il potere della sua potenza, o lo scruta interiormente con la chiaroveggenza della sua Maestà. Si dice [questo libro] che sia sigillato con sette sigilli, per mostrare la composizione della settimana presente che è la lunghezza del mondo. O ancora che il libro scritto comprende i due Testamenti, il Vecchio ed il Nuovo. E ciò che dice dentro e fuori, vuol dire: fuori è ciò che si vede nella lettura, cioè la Legge prima della sua venuta; e dentro, tutto ciò che non è compreso, perché nella Legge è nascosto il Vangelo; come dice Ezechiele: « come se una ruota fosse in mezzo all’altra » (Ez. X, 10), cioè il Vangelo è rimasto dentro la Legge, ma occultato, come dice pure il salmista: « Davanti al suo fulgore si dissipavano le nubi con grandine e carboni ardenti. » (Psal. XVII, 12), perché il messaggio nei Profeti è oscuro. Ma con la voce di Salomone che lo testimonia, diciamo: « È gloria dei re nascondere una parola, è gloria di Dio scoprirne il significato » (Prov. XXV, 2). Infatti è un onore per tutti loro – cioè per i re – nascondere i loro segreti, ed è gloria di Dio annunciare e chiarire i misteri della sua parola. « Ciò che vi dico nel buio, ditelo nella luce (Mt. X, 27) », cioè rendete chiaro ciò che sentite nel buio delle allegorie. L’oscurità stessa del messaggio di Dio è di grande utilità, perché esercita l’intelligenza, in modo che si ampli per lo sforzo e, aguzzata che sia, capti ciò che l’ozioso non può captare. Ha anche un beneficio maggiore, in quanto l’intelligenza della Sacra Scrittura, che sarebbe degradata se fosse chiara a tutti, in alcuni oscuri passaggi alimenta lo spirito, così che ne trovi il significato con una dolcezza tanto maggiore quanto maggiore è la fatica dell’opera dello spirito che l’ha cercata. Guardate cosa dice ora la voce di Ezechiele: « Io guardavo quegli esseri ed ecco sul terreno una ruota al loro fianco » (Ez. I,15). Che cos’è la ruota se non il segno della Sacra Scrittura che da ogni punto si rivolge all’anima degli ascoltatori e non si discosta per nessun principio di errore dal percorso della sua predicazione? Essa si tiene dritta sotto tutti i punti di vista, perché cammina rettamente ed umilmente sia tra le cose avverse che tra le prospere. Il cerchio dei suoi precetti si trova sia al di sopra che al di sotto: infatti le cose che si dicono in senso spirituale per i più perfetti, i più deboli le comprendono in senso letterale, e i dotti attraverso l’intelligenza spirituale vanno nel più profondo. Chi infatti tra i piccoli, nei fatti di Esaù e Giacobbe, di cui l’uno è mandato a cacciare, mentre l’altro, con l’inganno della madre, è benedetto dal padre, non si pasce della storia del testo sacro? Infatti in questa storia, esaminata con sottigliezza, si vede che Giacobbe carpì la benedizione al primogenito, ma la ricevette come a sé dovuta, poiché ottenuta dal padre come mercede del suo ingegno. Ma se qualcuno, riflettendo più profondamente, vuole scoprire le azioni attraverso i segreti dell’allegoria, immediatamente dalla storia risale al mistero. Cosa significa che Isacco vuole mangiare la cacciagione del figlio maggiore, se non che Dio onnipotente volesse dal popolo giudeo una buona opera? Ma poiché esso indugiava, Rebecca mise al suo posto il più giovane: cioè mentre il popolo giudeo cercava le buone opere, la Madre della grazia introdusse al suo posto il popolo gentile, che ha presentato al Padre onnipotente il cibo delle buone opere ricevendone la benedizione in luogo del fratello maggiore. Egli presentò le prelibatezze proprie degli animali domestici, ed il popolo gentile che non cercava di compiacere Dio con sacrifici esteriori, come dice la voce del profeta: « su di me, o Dio, i voti che ti ho fatto: ti renderò azioni di grazie » (Psal. LV, 13). Che cosa significa che Giacobbe si coprì le mani, le braccia ed il collo con le pelli di un capretto, se non che aveva l’intenzione di offrire un capretto per il peccato, come il popolo dei Gentili che annichilò in sé i peccati della carne, non vergognandosi di confessare di essere stato coinvolto nei peccati della carne? Che cosa significa vestirsi con gli abiti del fratello maggiore, se non il rivestirsi della buona condotta del fratello maggiore con i comandi della Sacra Scrittura che erano stati dati al popolo maggiore; e che il più giovane utilizza in casa i precetti che il più grande, uscendo, lascia dietro di sé? Infatti il popolo dei Gentili possiede nell’anima quei precetti che il popolo giudeo non poté ritenere, poiché vi prestò attenzione solo in senso letterale. E cosa significa ancora che Isacco non riconosce l’identità del figlio a cui dà la sua benedizione, se non ciò che il Signore ha detto attraverso il salmista del popolo gentile: « il popolo che non conoscevo mi servì; son tutto orecchie, mi obbediscono »? (Psal. XVII, 45). Che cosa significa che Isacco non riconosce colui che gli sta davanti mentre prevede quel che accadrà in futuro, se non che Dio Onnipotente, attraverso i suoi Profeti annunciava alla gentilità la grazia che avrebbe concesso, e non riconosceva con la grazia – al presente – coloro che erano già nell’errore, e senza dubbio prevedeva di acquisire questa [la gentilità] con la grazia della benedizione? Perciò si dice nella benedizione a Giacobbe, che questi assume la figura del popolo gentile: « Ecco l’odore del mio figlio come l’odore di un campo che il Signore ha benedetto » (Gen. XXVII, 27). Così dice anche la Verità nel Vangelo: « il campo è questo mondo » (Mt. XIII, 38). Ecco allora che il popolo gentile, condotto alla fede, diffonde le virtù in tutto il mondo attraverso i suoi eletti; il profumo del figlio è il profumo di un campo da loro ripieno. Infatti altro è l’odore della vigna, e tanto grande è il potere e la conoscenza dei predicatori, da inebriare gli spiriti degli uditori. L’olivo profuma in un altro modo, perché soave è l’opera della misericordia, che come l’olio riscalda e dà luce; in altro modo profuma il fior della rosa, perché mirabile è la fragranza che si espande e profuma con l’aroma dei martiri. Altro ancora è il fiore del giglio, perché bianca è la carne della verginità incorrotta. Altro profumo è quello del fior della violetta, perché grande è la virtù degli umili, che occupano gli ultimi posti per loro volontà, ed anche se non si elevano in alto per la loro umiltà, conservano nell’anima la purezza della regione celeste. Altrimenti profuma la spiga, quando giunge la sua stagione, perché la perfezione delle buone opere si prepara a fare compagnia a chi ha fame di giustizia. Così dunque il popolo dei Gentili è nei suoi eletti, diffusi in tutto il mondo, ed è dalle loro virtù, che l’Onnipotente agisce con tutti coloro che ricevono il profumo della buona dottrina, per cui è detto a ragione: « Ecco l’odore del mio figlio come l’odore di un campo che il Signore ha benedetto. »Ma poiché non c’è virtù per meriti propri, si aggiunge: … a colui al quale il Signore ha dato la sua benedizione. E poiché il popolo stesso degli eletti è elevato per mezzo di alcuni alla contemplazione, e per mezzo di altri è arricchito dalle opere della vita attiva, ancora si aggiunge a ragione: che Dio vi dia la vette del cielo ed il grasso della terra. La rugiada cade dall’alto dolcemente, ed ogni volta che riceviamo la rugiada dal cielo, vediamo qualcosa di celeste nell’effusione della contemplazione intima: quando noi facciamo delle opere buone mediante il corpo, è allora che siamo arricchiti dal grasso della terra. Che cosa significa che Esaù sia poi tornato da suo padre, se non che il popolo giudeo tornerà a compiacere Dio? Per questo nella benedizione si dice anche: « … ma poi, quando ti riscuoterai, spezzerai il suo giogo dal tuo collo », verrà cioè il momento in cui spezzerai il giogo del tuo collo (Gen. XXVII, 40), perché infatti alla fine il popolo giudeo sarà libero dalla schiavitù del diavolo e dal peccato. Come sta scritto: « … fino a che saranno entrate tutte le genti. Allora tutto Israele sarà salvato » (Rm. XI, 25). – Qual figliolo non si nutre del medesimo racconto evangelico del miracolo compiuto quando il Signore ordinò che le giare vuote fossero riempite d’acqua e subito trasformò quest’acqua in vino? Ma se gli evangelizzatori più attenti lo ascoltano con acutezza e, credendo, venerano la storia sacra, esaminano ciò che esso indica interiormente. Colui che era in grado di cambiare l’acqua in vino, era anche in grado di riempire subito i vasi vuoti con il vino. Ma invece ordina di riempirli d’acqua, perché il nostro cuore doveva essere riempito dalla storia di questa sacra lezione; l’acqua si trasforma in vino dentro di noi quando la storia medesima, per il mistero dell’allegoria, si muta in noi in intelligenza spirituale. – La ruota nel mezzo aderisce alla terra perché si adatta al piccolo con il suo umile sermone; mentre, versando beni spirituali sui grandi, si eleva verso l’alto come in un cerchio che si rialza là dove poco prima sembrava toccar terra. E poiché serve da esempio ovunque, la ruota corre quasi come in cerchio; per questo è stato scritto nel libro della Legge: « Farai anche un candelabro d’oro puro. Il candelabro sarà lavorato a martello, il suo fusto e i suoi bracci; i suoi calici, i suoi bulbi e le sue corolle saranno tutti di un pezzo. » (Es. XXV, 31). Qual è il segno del candeliere se non Colui che è designato come Redentore del genere umano? Egli infonde la luce della divinità nella natura umana, per essere il candelabro del mondo, perché nella sua luce ogni peccatore possa vedere le tenebre in cui è immerso; e poiché ha assunto la nostra natura senza macchia, il candelabro del tabernacolo è fatto con l’oro più puro. Esso si rende duttile nei colpi, perché il nostro Redentore, che con il suo concepimento e la sua nascita è rimasto perfetto Dio ed Uomo, ha sofferto la passione ed il dolore, ed è così giunto alla gloria della risurrezione. Egli era un candeliere duttile d’oro purissimo, perché non aveva peccato, eppure avanzava verso l’immortalità attraverso le sofferenze della passione. Infatti mancava completamente delle virtù dell’anima, con cui avrebbe potuto avanzare giorno per giorno per mezzo della persecuzione; ma nelle sue membra, che siamo noi, avanza di giorno in giorno per mezzo della persecuzione, perché è quando siamo battuti che riusciamo a meritare di essere suoi membri, ed Egli stesso avanza; è stato scritto di questo corpo: « … dal quale tutto il corpo riceve sostentamento e coesione per mezzo di giunture e legami, realizzando così la crescita secondo il volere di Dio. » (Col. II, 19). Tutti noi siamo il suo Corpo: attraverso le articolazioni ed i legamenti il corpo è unito, perché quando il torace è unito alla testa, e le braccia al torace, e le mani alle braccia, e le dita alle mani, e le rimanenti membra sono coese con le altre membra, tutto il corpo è ben composto. Così i santi Apostoli, che sono rimasti vicini al nostro Redentore, sono come il torace che è stato unito al capo. I martiri al loro seguito, erano come le braccia unite al torace. E quando i pastori e i dottori si unirono a loro con le loro buone opere, furono come le mani unite alle braccia. Tutto il Corpo del nostro Redentore è giorno per giorno unito e nutrito in cielo per mezzo di articolazioni e legamenti: cosicché quando gli eletti vi vengono portati, unisce a sé i loro membri. Per questo si dice giustamente: riceve nutrimento e coesione per realizzare la sua crescita in Dio: infatti Dio onnipotente, il nostro Redentore, che in sé non ha nulla per cui crescere, attraverso le sue membra riceve ogni giorno un aumento. Così è scritto di nuovo: « finché tutti noi arriviamo a Lui, allo stato di uomo perfetto, alla maturità della pienezza di Cristo » (Ef. IV, 13). Il fusto di quel candelabro deve essere inteso come la Chiesa stessa, che è il suo corpo che rimane integro in mezzo a tante avversità. I bracci che escono dal fusto sono i predicatori, che hanno comunicato al mondo un dolce suono, cioè un cantico nuovo. I calici sono di solito fatti per il vino. Quale altra cosa sono le menti degli ascoltatori, se non i calici che attraverso la predicazione dei Santi vengono riempiti con il vino della saggezza? Cos’altro sono i globi se non la fluidità della predicazione, perché una sfera gira ovunque, e la predicazione che non può essere messa a tacere dalle avversità, né si vanta nella prosperità, è come una sfera: essa è forte nelle avversità, umile nella prosperità e non ha angolo di paura o di vanità. Nel suo corso non può essere arrestata, perché attraversa tutte le cose con fluidità. Continuiamo ancora con quello che abbiamo dato come esempio: sul candeliere sono descritti i gigli, dopo i bracci, i bicchieri e i globi: perché dopo quello che abbiamo chiamato la grazia e la fluidità della predicazione, segue quella fiorente patria che rinverdisce nelle anime sante, cioè con i fiori eterni. I globi si riferiscono al lavoro; i gigli, al premio. Come in Mosè, i globi sono intesi essere la dottrina della predicazione, in modo che attraverso la ruota si riscopra la stessa Sacra Scrittura. Quando il Profeta vide i santi animali, aggiunse: Ho guardato gli animali ed ho visto una ruota al suolo. In questo testo, dobbiamo chiederci, dato che le ruote sono descritte come interne: perché si dice che dapprima sia apparsa una ruota, se non perché al popolo antico è stato concesso solo l’Antico Testamento, tanto da istruire la loro mente col farla girare come una ruota? Si dice giustamente che la stessa ruota è apparsa sulla terra, perché all’uomo peccatore è stato detto: tu sei terra e ritornerai nella terra (Gen. III, 19). Così una ruota è apparsa sulla terra, perché Dio Onnipotente ha dato la legge sopra il cuore dei peccatori. Ma poiché questi animali con le ali, come dicevamo, designano i santi Evangelisti, com’è che appaiono prima come animali e poi come una ruota, se non perché fu dato per prima l’Antico Testamento e poi i santi Evangelisti lo seguirono? In questo possiamo capire che coloro che sono superiori per merito sono stati visti per primi dal Profeta: infatti il santo Vangelo è superiore all’Antico Testamento, in quanto anche i suoi predicatori devono averlo anteposto nella descrizione profetica. C’è però un’altra cosa da considerare in questa descrizione: che lo spirito di profezia riunisce in sé nello stesso tempo l’anteriore ed il posteriore, in modo tale che la lingua del Profeta non possa annunciare contemporaneamente queste cose, ma le cose complesse che vede le annuncia in discorsi separati: e annuncia o il secondo dopo il primo, o il primo dopo il secondo. Per questo anche il Profeta Ezechiele, sotto la figura della santa Chiesa universale, vede la gloria degli Evangelisti a somiglianza di animali, ed aggiunge improvvisamente ciò che è accaduto in tempi passati, per indicarci chiaramente che ha visto nello stesso tempo ciò che la lingua mortale non è in grado di dire nello stesso tempo. E siccome abbiamo già detto che i quattro animali sono figure di uomini perfetti, dobbiamo considerare anche che c’erano alcuni Santi già prima della Legge che vivevano rettamente secondo la legge naturale e si compiacevano del Signore Onnipotente. Dopo gli animali, si descrive la ruota, perché c’erano già molti eletti, perfetti per il Signore onnipotente, prima della Legge. Ma se dobbiamo considerare, come abbiamo detto, gli animali solo come gli Evangelisti, c’è un’altra cosa che dobbiamo prendere in considerazione. Il santo Profeta vide che proprio queste parole, da lui pronunciate nell’oscurità, sarebbero diventate chiare, non al popolo giudeo, ma ai Gentili. Parlandoci ha descritto prima gli animali e poi la ruota, perché quando siamo giunti alla fede, per grazia di Dio, non abbiamo conosciuto il Vangelo per mezzo della Legge, ma la Legge per mezzo del santo Vangelo. Aggiunge ancora dove e come appare la ruota quando dice: « presso gli animali c’erano quattro facce » (Ez. I, 15); e più avanti dice: « l’aspetto delle ruote e la disposizione, come una visione del mare; e avevano tutte e quattro la stessa forma, e il loro aspetto e la loro disposizione era come se una ruota fosse dentro l’altra. » Cosa significa il parlare di una ruota, aggiungendo poco dopo … come ruota dentro una ruota, se non che nell’Antico Testamento era nascosto il Nuovo Testamento per mezzo di un’allegoria? Per questo motivo la ruota che è apparsa con gli animali è descritta con quattro facce: perché la Sacra Scrittura, attraverso entrambi i Testamenti, è divisa in quattro parti: l’Antico Testamento, nella Legge e nei Profeti; e il Nuovo Testamento, nei Vangeli e negli Atti e scritti degli Apostoli. Si sa che là dove volgiamo la faccia, colà vediamo ciò che è necessario. La ruota ha quattro facce perché prima ha visto attraverso la Legge i mali che dovevano essere eliminati dal popolo, poi li ha visto attraverso i Profeti; in modo più fine poi attraverso il Vangelo, ed infine attraverso gli Atti e negli scritti degli Apostoli ha visto ciò che doveva essere eliminato dei peccati degli uomini. Si può anche capire che la ruota abbia quattro facce, perché la Sacra Scrittura, resa nota nelle quattro parti del mondo, si è manifestata attraverso la predicazione. Per questo motivo, viene anche giustamente descritta dapprima la ruota come una sola, apparsa al fianco degli animali; e poi, come se essa avesse quattro facce: infatti se la Legge non è in armonia con il Vangelo, non viene fatta conoscere alle quattro parti del mondo. – E continua: l’aspetto delle ruote e la loro disposizione, come una visione del mare. Dice giustamente che le Sacre Scritture sono simili alla visione del mare, perché in esse ci sono sentenze di gran volume ed una ricchezza di significato. E non è senza ragione che si dica che la Sacra Scrittura sia simile alla visione del mare, perché in essa le affermazioni della parola sono confermate dal Sacramento del Battesimo. Certamente consideriamo che navighiamo sul mare con le navi, quando andiamo nei paesi desiderati. E qual è il nostro desiderio se non di quella terra, della quale è scritto: « sei tu la mia sorte nella terra dei viventi. »? (Psal. CXLI, 6). Come detto, chi attraversa il mare è portato da un legno, e sappiamo che la Sacra Scrittura ci preannuncia nella Legge il legno della croce, quando dice: « Maledetto è chiunque pende dall’albero » (Dt. XXI, 23). Lo testimonia Paolo del nostro Redentore, quando dice: « … Cristo ci ha riscattati dalla maledizione della legge, diventando lui stesso maledizione per noi » (Gal. III,13). L’albero è annunciato anche dal Profeta quando dice: « il Signore regnerà dall’albero » (Psal. XCV, 10). E in un’altra occasione: « Abbattiamo l’albero nel suo rigoglio » (Ger. XI, 19). Attraverso il Vangelo, ci viene mostrato chiaramente l’albero della croce, con cui dai Profeti viene annunciata la stessa passione del Signore. Questa stessa croce si manifesta nelle parole e nei fatti attraverso gli Apostoli, quando Paolo dice: « Quanto a me invece non ci sia altro vanto che nella croce del Signore nostro Gesù Cristo. » (Gal. VI, 14). E di nuovo: « quanto a me, Dio non voglia che io mi glori, se non nella croce di nostro Signore Gesù Cristo. » Per noi, che camminiamo verso la nostra patria eterna, la Sacra Scrittura con le quattro facce rappresenta il mare, che annuncia la croce che ci porta attraverso il legno [dell’albero] alla terra dei viventi. Se il Profeta non avesse visto la Sacra Scrittura come un mare, non avrebbe detto: « perché la saggezza del Signore riempirà il paese come le acque ricoprono il mare » (Is. XI, 9). E continua: è la stessa forma e il loro aspetto, e la disposizione dei quattro, come se una ruota fosse dentro l’altra. La stessa loro forma è di quattro: ciò che predica la Legge, lo predicano anche i Profeti; ciò che i Profeti annunciano, il Vangelo lo rende chiaro; e ciò che il Vangelo manifesta, gli Apostoli lo predicarono al mondo. La forma dei quattro è la stessa, perché le parole divine, sebbene lontane nel tempo, sono tuttavia unite nel loro significato. « … e il loro aspetto e la loro disposizione, come una ruota dentro una ruota, » è il Nuovo Testamento, come detto, dentro l’Antico Testamento, perché ciò che l’Antico Testamento adombrava, il Nuovo Testamento lo rende chiaro. Per fare alcuni esempi tra i tanti: che cosa significa che Eva è stata creata da Adamo mentre dormiva, se non che la Chiesa ha la sua origine nella morte di Cristo? Che cosa significa che Isacco è condotto al sacrificio, raccoglie la legna, è posto sull’altare e vive, se non che il nostro Redentore, condotto alla sua passione, ha portato il legno della croce, ed è morto per noi nel sacrificio della sua umanità in modo tale da rimanere immortale per la sua divinità? – Che cosa significa che « Lì dovrà abitare fino alla morte del sommo sacerdote » (Num. XXXV, 25) ed è tornato nella sua città, se non che il genere umano, che ha peccato, è stato messo a morte? Dopo la morte del vero Sacerdote, cioè del nostro Redentore, si è liberato dalle catene dei suoi peccati ed è tornato in possesso del Paradiso? Che cosa significa quando si ordina che nel Tabernacolo si fa un Propiziatorio, sul quale si collocano due cherubini, l’uno ad un’estremità ed il secondo all’altra, d’oro puro, con le ali spiegate e che coprono il coperchio, uno volto verso l’altro con il volto rivolto verso il Propiziatorio (Es. XXV, 17-19), se non che entrambi i Testamenti concordano tra loro come un mediatore tra Dio e gli uomini? Cosa c’è indicato nel Propiziatorio se non il Redentore del genere umano stesso? Di Lui si dice attraverso Paolo: « … Dio lo ha prestabilito a servire come strumento di espiazione per mezzo della fede, nel suo sangue » (Rm. III, 25). Cosa si intende per mezzo dei due Cherubini, che si chiamano la pienezza della scienza, se non i due Testamenti, di cui l’uno si trova ad un’estremità del Propiziatorio, ed il secondo all’altra estremità? Perché ciò che l’Antico Testamento, per mezzo delle profezie, cominciò a promettere circa l’Incarnazione del nostro Redentore, il Nuovo Testamento lo descrive perfettamente realizzato. I due cherubini erano d’oro puro, perché entrambi i Testamenti sono scritti con la semplice e pura verità. Essi spiegano le loro ali e coprono il coperchio, perché noi, che siamo l’oracolo di Dio Onnipotente, siamo coperti dalle colpe che ci minacciano con la protezione della Sacra Scrittura; e quando osserviamo attentamente i suoi insegnamenti, le sue ali ci proteggono dall’errore dell’ignoranza. I due Cherubini stanno in piedi uno di fronte all’altro con il volto rivolto verso il Propiziatorio, perché i due Testamenti non differiscono affatto l’uno dall’altro; e l’uno e l’altro sembrano guardarsi tra di loro, cosicché l’uno promette, l’altro mostra, e quando si vedono entrambi situati tra il Mediatore di Dio e l’uomo, i Cherubini voltando il volto l’uno dall’altro, cosa vuol dire se non che ciò che un Testamento promette, l’altro nega? Ma quando manifestano il loro accordo sul mediatore tra Dio e gli uomini, vengono posti sul Propiziatorio in modo tale che entrambi si guardino l’un l’altro. C’è una ruota dentro una ruota, perché dentro l’Antico Testamento c’è il Nuovo Testamento: e come abbiamo già detto molte volte, ciò che l’Antico Testamento prometteva, il Nuovo Testamento lo ha manifestato; e ciò che il primo annunciava in modo velato, il secondo lo ha proclamato chiaramente. L’Antico Testamento è la profezia del Nuovo Testamento, e il Nuovo Testamento è la spiegazione dell’Antico Testamento. – E continua: « Potevano muoversi in quattro direzioni, senza aver bisogno di voltarsi nel muoversi. » (Ez. I, 17). Dove vanno le parole divine se non nel cuore degli uomini? Ma essi avanzano nelle quattro direzioni, perché la Sacra Scrittura si rivolge al cuore degli uomini attraverso la Legge, indicandone il mistero. Avanza attraverso i Profeti che annunciano il Signore in modo un po’ più chiaro. Procede attraverso il Vangelo, mostrando Colui che ha annunciato; continua attraverso gli Apostoli, che predicano Colui che il Padre ha mandato a nostra redenzione. Essi hanno, quindi, volto di ruote e strade, perché le parole divine danno notizia dei precetti con la manifestazione delle opere; ma avanzano nelle quattro direzioni, perché, come detto prima, parlano in tempi diversi: o perché certamente annunciano il Signore incarnato in tutte le regioni del mondo. E si aggiunge subito sulle ruote in modo chiaro: … e non hanno girato quando hanno camminato. Questo è stato detto prima degli animali; ma non si può capire come le ruote siano lo stesso che gli animali. Abbiamo detto che le ruote sono una figura del Testamento: e l’Antico Testamento andava avanti quando, predicandolo, arrivava alle anime degli uomini; ma andava indietro perché non riusciva a conservarsi fino alla fine secondo la lettera nei suoi precetti e nei suoi sacrifici. Infatti non è rimasto invariato perché ne mancava il senso spirituale. Così quando il nostro Redentore è venuto al mondo, ha fatto comprendere in modo spirituale ciò che ha trovato già affermato in modo carnale. Infatti, quando la sua lettera viene interpretata in senso spirituale, tutto quel rivestimento materiale prende vita in Lui. Il Nuovo Testamento, invece, anche nelle pagine dell’Antico Testamento, si chiama Testamento Eterno, perché il suo significato non muta mai. Per questo si dice giustamente che le ruote avanzano camminando, e non girano sul loro cammino: infatti quando il Nuovo Testamento non si annulla, e l’Antico Testamento è già compreso in senso spirituale, esse non girano sulle loro strade, che rimangono immutabili fino alla fine del mondo. Avanzano e non indietreggiano, perché raggiungono il nostro cuore spiritualmente in modo tale che i loro precetti o la loro conoscenza non cambiano più. – E continua: Avevano tutti stabilità nelle ruote, nell’altezza ed un aspetto orribile « La loro circonferenza era assai grande e i cerchi di tutt’e quattro erano pieni di occhi tutt’intorno. » (Ez. 1: 18). Che cosa significa quando si dice che le parole della Sacra Scrittura contengono questi tre elementi che essa menziona di avere: stabilità, altezza ed un aspetto orribile, cioè terribile? Dobbiamo chiederci con grande attenzione cosa si intenda per stabilità della Scrittura divina, e per altezza, e per aspetto terribile. Dobbiamo sapere che la stabilità corrisponde alla vita di chi opera bene. Perciò Paolo dice: « Chi sta in piedi si guardi bene dal cadere » (1 Cor. X, 12); e dice anche ai suoi discepoli: « rimanete saldi nel Signore, carissimi » (Fil. IV, 1). E il Profeta, che si vedeva con la sua vita e le sue vie davanti al Signore, dice: « Per la vita del Signore, Dio di Israele, alla cui presenza io sto » (3 Re XVII, 1). L’altezza è la promessa del regno eterno, verso il quale si avanza, quando tutta la corruzione della vita morta è già sottomessa. L’aspetto orribile è la paura dell’inferno che tiene nel timore senza fine i reprobi e li mantiene sempre nel terrore. La stabilità, quindi, consiste nella rettitudine nell’adempimento dei precetti; l’altezza, nell’elevazione verso l’eterna promessa; l’aspetto orribile, nelle minacce e nei terrori del successivo supplizio. La Sacra Scrittura ha, quindi, una stabilità perché dirige i costumi nel permanere in piedi, affinché le anime dei suoi uditori non si pieghino nella direzione della concupiscenza terrena; ha un’altezza perché promette le gioie della vita eterna nella patria celeste; ed ha anche un aspetto orribile perché minaccia tutti i reprobi con i supplizi dell’inferno. Essa mostra la sua stabilità nella costruzione della morale; mostra la sua altezza nella promessa delle ricompense; mostra il suo aspetto orribile nei terrori dei castighi. È dritta nei suoi precetti, elevata nelle sue promesse, orribile nelle sue minacce. Ha stabilità quando dice: desistete dal fare il male; « … imparate a fare il bene, ricercate la giustizia, soccorrete l’oppresso, rendete giustizia all’orfano, difendete la causa della vedova » (Is. I, 17). E in altra occasione: « … dividere il pane con l’affamato, nell’introdurre in casa i miseri, senza tetto, nel vestire uno che vedi nudo, senza distogliere gli occhi da quelli della tua carne » (Is. LVIII,7). È alta quando è detto dallo stesso Profeta: « Il sole non sarà più la tua luce di giorno, né ti illuminerà più il chiarore della luna. Ma il Signore sarà per te luce eterna, il tuo Dio sarà il tuo splendore. » (Is. LX, 19). Ha un aspetto orribile quando dice, descrivendo l’inferno: « Poiché è il giorno della vendetta del Signore, l’anno della retribuzione per l’avversario di Sion. I torrenti di quel paese si cambieranno in pece, la sua polvere in zolfo, la sua terra diventerà pece ardente. Non si spegnerà né di giorno né di notte, » (Is. XXXIV, 8). Il beato Giobbe lo descrive anche dicendo: « … la terra delle tenebre e dell’ombra di morte, terra di caligine e di disordine, dove la luce è come le tenebre. » (Giob. X, 21). Ha stabilità quando il Signore, attraverso di essa, si mostra benevolo, dicendo che « Sì, come i nuovi cieli e la nuova terra, che io farò, dureranno per sempre davanti a me – oracolo del Signore – così dureranno la vostra discendenza e il vostro nome. » (Is. LXVI, 22). Rimarranno veramente alla Sua presenza. coloro che non sprecano la vita nel male. Ha altezza quando aggiunge subito: « In ogni mese al novilunio, e al sabato di ogni settimana, verrà ognuno a prostrarsi davanti a me, dice il Signore – oracolo del Signore. » (Is. LXVI, 23). Cos’è un mese se non la perfezione dei giorni, e cos’è il Sabbath se non il riposo, dove non è permesso alcun lavoro servile? È di mese in mese, perché chi vive perfettamente quaggiù è portato alla perfezione della gloria. E da sabato a sabato, perché coloro che abbandonano la loro cattiva condotta qui, riposano nell’aldilà in una retribuzione celeste. Ha un aspetto orribile quando aggiunge continuando: « … e quando uscirò, vedrete i cadaveri di coloro che si sono ribellati contro di me; il loro verme non morirà e il loro fuoco non si estinguerà. ». Cosa si può dire o pensare di più orribile che ricevere la sentenza della condanna e non porre mai fine ai dolori dei castighi? A proposito di questo orribile aspetto delle ruote, è giustamente detto da Sofonia, quando fa notare che il giorno del giudizio sta arrivando per le anime indurite, che: « È vicino il gran giorno del Signore, è vicino e avanza a grandi passi. Una voce: Amaro è il giorno del Signore! anche un prode lo grida. Giorno d’ira quel giorno, giorno di angoscia e di afflizione, giorno di rovina e di sterminio, giorno di tenebre e di caligine, giorno di nubi e di oscurità, giorno di squilli di tromba e d’allarme sulle fortezze e sulle torri d’angolo. » (Sof. I, 14-16)– Una volta spiegato le caratteristiche della ruota esterna, rimane ora da esporre anche la stabilità, l’altezza e l’aspetto orribile della ruota interna. La ruota interna ha la sua stabilità quando, per mezzo del Santo Vangelo, ci proibisce l’inclinazione verso i desideri terreni, dicendo con le parole del nostro Redentore: « State bene attenti che i vostri cuori non si appesantiscano in dissipazioni, ubriachezze e affanni della vita e che quel giorno non vi piombi addosso improvviso; » (Lc. XXI, 34). Ha la sua altezza quando si promette, secondo le parole dello stesso Salvatore che dice: « A quanti però l’hanno accolto, ha dato potere di diventare figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome » (Gv. I, 12). Cosa si può dire che sia più alto di questo potere? Cosa c’è di più sublime di questa altezza, per cui un essere creato diventi figlio del Creatore? Assume un aspetto orribile quando, parlando del reprobo, dice: « … gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti … e se ne andranno al tormento eterno » (Mt. XXV, 25 e 46). Ha stabilità quando la Verità, dando consiglio ai discepoli, dice loro: « Vendete ciò che avete e datelo in elemosina; fatevi borse che non invecchiano, un tesoro inesauribile nei cieli, dove i ladri non arrivano e la tignola non consuma. » (Lc. XII, 33). Ha l’altezza della promessa quando dice: « Ora vi dico che molti verranno dall’Oriente e dall’Occidente e siederanno a mensa con Abramo, Isacco e Giacobbe nel regno dei cieli »; ha un aspetto orribile quando dice: « … mentre i figli del regno saranno cacciati fuori nelle tenebre, ove sarà pianto e stridore di denti » (Mt. VIII, 12). A questi stessi la voce della verità dice ancora: « Vi ho detto che morirete nei vostri peccati; se infatti non credete che Io sono, morirete nei vostri peccati » (Gv. VIII, 24). Ha stabilità quando, con le parole del primo Pastore, si dice: « Per questo mettete ogni impegno per aggiungere alla vostra fede la virtù, alla virtù la conoscenza, alla conoscenza la temperanza, alla temperanza la pazienza, alla pazienza la pietà, alla pietà l’amore fraterno, all’amore fraterno la carità » (2 Pt. I, 5). È alto quando poco dopo dice: « Così infatti vi sarà ampiamente aperto l’ingresso nel regno eterno del Signore nostro e salvatore Gesù Cristo. » (v. 11). In un’altra occasione fa ancora una promessa ai buoni pastori dicendo: « E quando apparirà il Pastore supremo, riceverete la corona della gloria che non appassisce. » (1 Pt. V, 4). Ha un aspetto orribile quando dice: « Il giorno del Signore verrà come un ladro; allora i cieli con fragore passeranno, gli elementi consumati dal calore si dissolveranno e la terra con quanto c’è in essa sarà distrutta. » (2 Piet. III, 10). Essa ha stabilità per mezzo di Paolo, che ci solleva dai desideri terreni, dicendo: « Mortificate dunque quella parte di voi che appartiene alla terra: fornicazione, impurità, passioni, desideri cattivi e quella avarizia insaziabile che è idolatria » (Col. III, 5). Ha altezza quando promette, dicendo: « la tua vita è nascosta con Cristo in Dio. Quando Cristo, la tua vita, apparirà, allora anche tu apparirai nella gloria con Lui » (Col. II, 4). Ha un aspetto orribile quando minaccia dicendo: « … quando si manifesterà il Signore Gesù dal cielo con gli Angeli della sua potenza in fuoco ardente, a far vendetta di quanti non conoscono Dio e non obbediscono al Vangelo del Signore nostro Gesù. Costoro saranno castigati con una rovina eterna, lontano dalla faccia del Signore e dalla gloria della sua potenza » (2 Tess. I, 7-8). Ha stabilità quando ci mette in guardia, dicendo: « Guardatevi dal rendere male per male ad alcuno; ma cercate sempre il bene tra voi e con tutti. » (1 Tess. V, 15). Ha altezza quando promette, dicendo: « Se moriamo con Lui, vivremo anche con Lui; se con Lui perseveriamo, con Lui anche regneremo » (2 Tm. II, 1). E in altro luogo: « … le sofferenze di questo mondo non sono paragonabili alla gloria futura. »Sembra orribile quando minaccia col dire: « ma soltanto una terribile attesa del giudizio e la vampa di un fuoco che dovrà divorare i ribelli. » (Eb. X, 27). Lo stesso poi dice: « è tremendo cadere nelle mani del Dio vivente! » Riassume tutto questo pure in una breve frase, dicendo: « … comprendere con tutti i santi quale sia l’ampiezza, la lunghezza, l’altezza e la profondità » (Ef. III: 18). La carità è certamente ampia, perché comprende l’amore dei propri nemici, e per la stessa carità con cui il Creatore ci ama ampiamente, ci sopporta anche con longanimità. Dobbiamo, quindi, manifestare al nostro prossimo ciò che vediamo si manifesta a noi indegni, del nostro Creatore. La larghezza e la lunghezza appartengono alla stabilità, che amplia le abitudini attraverso l’amore, in modo che la carità sostenga i mali del nostro prossimo con la longanimità. L’altezza è la ricompensa dei premi eterni. Della sua immensità si dice: « né l’occhio ha visto né l’orecchio ha udito, né ha raggiunto il cuore dell’uomo ciò che Dio ha preparato per coloro che lo amano » (1 Cor. II, 9). Ha, quindi, un’altezza sublime, perché nessun pensiero è ormai in grado di scrutare le gioie eterne dei Santi. L’inimmaginabile condanna dei supplizi è anche profonda, perché fa sprofondare chi la riceve negli abissi, per i quali la Sacra Scrittura ha un aspetto terribile, perché infonde negli ascoltatori un terrore senza fine, quando annuncia i supplizi dell’inferno. Si dice giustamente, quindi, che le ruote avevano stabilità, altezza, ed un aspetto orribile, perché la Sacra Scrittura in entrambi i Testamenti è retta nei suoi consigli, alta nella sua promessa, e terribile nelle sue minacce. Tutte le altre cose, sia interne che esterne, sono rimaste nascoste perché, occultate, si nascondevano l’un l’altra. Ed entrambe queste cose non avrebbero mai potuto essere conosciute dalla Legge se non fossero state rivelate da Cristo, come dice: sigillate con sette sigilli, cioè chiuse con tutta la pienezza dei misteri. – E vidi un Angelo potente che proclamava a voce alta: “Chi è degno di aprire il libro e di scioglierne i sigilli?” (Ap. V, 2). Questo potente Angelo, che si dice proclamare chiedendo chi sia degno di aprire il libro o di scioglierne i sigilli, dobbiamo ritenere che siano tutte le Scritture in coro, o i Santi Padri che, mossi dallo stupore divino, contemplando con gli occhi della fede la disposizione dei tempi presenti, o l’ordine di tutte le cose – cose sigillate per ordine di Dio – comprendono e sostengono che il loro autore sia il Signore della Maestà, e così dicono: chi è degno di comprendere tutto questo e di aprire i segreti del Signore, segreti che Egli ha distribuito nei giorni della settimana di questo mondo con ammirevole fermezza, creati con un ordine, determinati nel suo piano e realizzati con la sua potenza? Tuttavia, Cristo ha aperto chiaramente questo libro, quando, essendosi disposto alla realizzazione del piano del Padre, è nato ed ha sofferto. Guarda … il libro è aperto! Egli apre poi le profezie di entrambi i libri in modo tale da compiere in sé tutto ciò che era stato predetto su di Lui dai Patriarchi e dai Profeti, e così ascende alla croce, realizzando le profezie fino alla fine. Poi continua e mostra gli stessi sette sigilli; cioè ciò che Cristo stesso ha fatto: Egli che ne è il capo, indica che ha dovuto formarne il corpo, che è la Chiesa. E i sette sigilli, che sono aperti da Cristo, cioè che sono stati annunciati in tutto il mondo, sono questi: il primo è la sua Incarnazione, il secondo la sua Nascita, il terzo la sua Passione, il quarto la sua Morte, il quinto la sua Risurrezione, il sesto la sua Gloria, il settimo il suo Regno. Questi sette sigilli la Chiesa li tiene aperti, e questi sigilli sono gli atti della Chiesa dalla sua passione alla venuta del Signore, come aveva promesso, dicendo: Venite, vi mostrerò ciò che deve essere fatto dopo questo (Ap. IV, 1). Ma nessuno è stato in grado di aprire il libro o di leggerlo, né in cielo, né in terra, né sotto terra (Ap. V, 3). Nessuna di tutte le creature del cielo, della terra e degli abissi, cioè né i giusti, né i vivi, né i sepolti, hanno potuto aprire il libro o vederlo, cioè contemplare lo splendore della grazia del Nuovo Testamento, che è il Vangelo, così come i figli di Israele non potevano contemplare il volto velato di Mosè, cioè della Legge dell’Antico Testamento, che contiene al suo interno il Nuovo Testamento. E Io – dice – ho pianto molto, perché nessuno era stato trovato degno di aprire il libro o di vederlo. Per la sua fragilità e la sua umanità il santo ha pianto qui, perché ha previsto che nella Chiesa nessuno fosse stato talmente degno da poter capire chiaramente tutte queste cose, né penetrarle con la riflessione. Ora, però, la Chiesa piange di dolore, e implora addolorata la sua redenzione. Ma uno degli anziani mi disse: “Non piangere, perché il leone della tribù di Davide ha trionfato; Egli aprirà il libro e i suoi sigilli”. In uno degli anziani viene rappresentato l’intero corpo dei Profeti. I Profeti hanno confortato la Chiesa annunciando, attraverso le Scritture, il Cristo della tribù di Giuda, il germoglio di Davide, che avrebbe fatto la volontà di Dio e riscattato la Chiesa. Non è di ostacolo che sia stato mostrato a Giovanni, che è figura di tutta la Chiesa, ciò che era accaduto prima della Passione, dopo la Passione di Cristo. Perché chiunque crede in Cristo vede giustamente il passato già compiuto, e le cose nuove che devono ancora succedere, e che davanti a Dio sono già avvenute; e così si conosceranno dalle Scritture le ultime cose che sono le prime, e le prime che sono le ultime. Tutte queste cose erano nascoste in Cristo, perché non si poteva ottenere la salvezza se non attraverso Cristo, come sta scritto: « … mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi. A maggior ragione ora, giustificati per il suo sangue, saremo salvati dall’ira per mezzo di Lui » (Rom. V, 8). – Continua a descrivere come e dove il Leone della tribù di Giuda abbia vinto o vinca: per questo si riferisce al passato quando promette il futuro, perché in modo sottile lo Spirito nasconde il genere nella specie, e mostra il futuro con gli eventi passati. Nello stesso modo in cui Giacobbe manifestò mediante la benedizione ai figli, con il presente ciò che sarebbe accaduto loro in futuro. Poi vidi in piedi in mezzo al trono e ai quattro animali e agli anziani, un agnello come ucciso; questo aveva sette corna e sette occhi, che sono i sette Spiriti di Dio, inviati in tutta la terra. Qui si riferisce chiaramente ancora a nostro Signore Gesù Cristo, del quale si diceva che non fosse morto, ma quasi ucciso dalla passione e dalla morte che aveva sofferto. E dice di averlo visto in mezzo al trono, cioè nella potenza e nella grandezza della sua divinità … e dei quattro animali, il che si intende del quadruplice ordine dei Vangeli … e in mezzo agli anziani, cioè alla Legge, con cui designa il coro dei Profeti o degli Apostoli. Testimonia di aver visto l’Agnello là, non ucciso, ma come se fosse stato ucciso, cioè che aveva vinto la morte e subìto la passione. Ma come abbiamo detto altrove, la Chiesa è i Patriarchi, i Profeti e gli Apostoli, e la Chiesa è il corpo del Capo supremo: Cristo: a volte nelle Scritture tutti questi membri, insieme al Capo, sono chiamati l’Agnello; altre volte, in modo speciale, lo è solo Cristo; ed altre volte, in modo generale, lo è tutta la Chiesa. E ciò che il Capo ha sofferto in altro tempo, ora soffre nella Chiesa attraverso i suoi membri, perché si è rivestito della sua Chiesa, che in Lui è come uccisa fino alla morte. Ed ogni giorno la Chiesa è uccisa per Cristo, perché viva con Lui per sempre. Che nessuno pensi che solo gli Apostoli o i martiri siano morti per Cristo e che il martirio sia finito e che non ci siano persecutori nella Chiesa. Un tempo c’erano martiri e persecutori; ed oggi pure ci sono i martiri ed i persecutori. Ci sono due tipi di martiri: gli uni lo sono apertamente per mezzo della spada, gli altri in occulto con la penitenza. E questi sono i figli degli Apostoli, perché sono stati generati nello stesso spirito. I loro persecutori sono i figli di coloro che hanno ucciso gli Apostoli, perché sono stati generati nello stesso spirito, e uccidono Cristo nella sua famiglia, e anche l’Agnello che rimane in piedi in mezzo agli anziani, per mezzo del suo Capo, viene ucciso fino alla fine del mondo nei suoi membri. Di questi l’Apostolo dice che « … per loro conto crocifiggono di nuovo il Figlio di Dio », crocifiggono cioè Cristo in modo spirituale (Eb. VI, 6). Che poi non fosse qualcosa di manifesto, lo chiarisce dicendo: « O stolti Galati, chi mai vi ha ammaliati, proprio voi agli occhi dei quali fu rappresentato al vivo Gesù Cristo crocifisso? » (Gal. III, 1). Per colpa di questi la Chiesa soffrirà fino alla fine ciò che ha sofferto fin dall’inizio. È necessario, infatti, che il Figlio dell’uomo debba « sempre salire a Gerusalemme e … che il Figlio dell’uomo doveva molto soffrire, ed essere riprovato dagli anziani, dai principi dei sacerdoti e dagli scribi, poi venire ucciso e, dopo tre giorni, risuscitare. » (Mc. VIII, 31). Quelli che Egli chiama principi sono i governanti di questo mondo o i sacerdoti che non vogliono vivere rettamente nella loro Chiesa. Su di loro è scritto: « un popolo sarà più forte dell’altro e il maggiore servirà il più piccolo ». (Gen. XXV, 23), cioè l’ignorante servirà il prudente, perché quando il santo sopporta i torti del Principe, si dice che serva il minore. Attesta che questo Agnello viene sempre ucciso e che si manifesta per mezzo della sua passione. Ha – dice – sette corna e sette occhi. Nelle corna c’è la forza e la potenza di Cristo. Con il numero Sette si descrive la durata del mondo, che Egli governa con mano potente, e del quale è Signore Gesù Cristo. Come sta scritto: « Gesù pieno dello Spirito Santo » (Lc. IV, 1). Distribuisce alla sua Chiesa, per mezzo dei carismi e delle grazie i doni di questo Spirito, ed infatti non c’è su tutta la terra chi possa avere lo Spirito di Dio tranne la Chiesa. – Venne e prese il libro dalla mano destra di Colui che siede sul trono. Dobbiamo considerare con attenzione ed esporre chi sia Colui che si dice abbia preso il libro. È veramente l’Agnello, cioè l’Uomo assunto, che per la nostra salvezza si è degnato di consegnarsi volontariamente alla morte: questi è Colui che prende il libro, cioè la potenza delle opere di Dio, dalla destra di Colui che siede sul trono; Egli riceve tutte le cose da Dio Padre, come dice Egli stesso: « Tutto quello che il Padre possiede è mio » (Gv. XVI, 15). Ha preso questo libro quando, risuscitando dai morti, ha mostrato e fatto conoscere al mondo il mistero della Trinità, nascosto dall’eternità, e ha dato potere alla Chiesa, dicendo: « Come il Padre ha mandato me, così Io mando voi » (Gv. XX, 21). Ed Egli realizza in loro ciò che dona, dicendo: « Ecco, io sono con voi sempre, fino alla fine dei tempi » (Mt. XXVIII, 20). – E quando lo prese, i quattro animali e i ventiquattro vegliardi caddero davanti all’Agnello: cioè davanti a Gesù Cristo, che con lo stesso Agnello è seduto alla destra di Dio. Il trono e gli animali ed i vegliardi, tutti costoro sono l’Agnello. Si prostrano davanti all’Agnello, che è Cristo incarnato, morto e risorto. Seguendo le sue vestigia, si dice che si prostrino umiliati nella penitenza. Ognuno aveva un’arpa, cioè il cuore che canta le lodi … e le coppe d’oro: queste coppe sono i vasi che si trovano in una casa lussuosa; le coppe sono le anime dei Santi … piene di profumi, che sono le preghiere dei santi; e cantavano un nuovo canto. La predicazione congiunta dell’Antico e del Nuovo Testamento ci fa conoscere il popolo cristiano che canta un canto nuovo, che proclama cioè pubblicamente la propria fede. La novità è che il Figlio di Dio si è fatto uomo. La novità è che è salito con il suo corpo in cielo. La novità è che concede a tutti il perdono dei peccati. La novità è che Egli conferma gli uomini con lo Spirito Santo. Nuovo è ricevere il sacerdozio del sacro culto ed attendere il Regno delle promesse infinite. L’arpa, una corda tesa su di un legno, è figura della carne di Cristo unita all’albero della passione, o anche il cuore dei santi fedeli che cantano le lodi. Le coppe d’oro sono figura della professione di fede e del lignaggio del nuovo sacerdozio. Con il canto di una moltitudine di Angeli si annuncia la salvezza per gli uomini, con la voce di una moltitudine di Angeli, o meglio di tutti, è l’acclamazione e la testimonianza di tutta la creazione che esprime gratitudine a nostro Signore per la liberazione degli uomini dalla condanna della morte. Queste coppe d’oro sono le stesse coppe di una casa lussuosa, che cantano un nuovo canto, dicendo: Tu sei degno, Signore, di aprire il libro e di aprirne i sigilli, perché sei stato ucciso e con il tuo sangue ci hai comprato per Dio: uomini di ogni tribù, popolo, lingua e nazione. E tu ci hai fatto un regno di sacerdoti per il nostro Dio, e noi regneremo sulla terra. Indica qui che gli animali ed i vegliardi sono la Chiesa con il dire … ci hai redenti con il tuo sangue; si indica in quale cielo siano questi animali e questi vegliardi, quando è detto … hai fatto di noi un regno di sacerdoti e che regneremo sulla terra; indica inoltre che la Chiesa prende il libro in Cristo quando i redenti di ogni popolo e tribù e razza e lingua non dicono … sei degno e ricevesti, ma che sei degno di ricevere: Perché quella [la Chiesa] che ha ricevuto da Cristo tutto il potere in cielo e in terra alla sua risurrezione lo conserva fino alla fine, risuscitando dai morti attraverso il Battesimo e rimanendo sempre unita a Cristo. E il Signore ha portato alla perfezione in essa ciò che aveva iniziato; ed è incoronato in essa che incorona. Nulla è infatti stato fatto o possiede, senza il suo Corpo. – E ho visto e sentito la voce di una moltitudine di Angeli intorno al trono, ed intorno ai quattro animali ed intorno ai vegliardi. Ci mostra che cosa sia il trono, gli animali e gli anziani in mezzo ai quali ha sentito una voce. Questi Angeli sono i Santi: se sono figli amati di Dio, perché non dovrebbero essere chiamati anch’essi Angeli? Il loro numero era miriadi di miriadi e migliaia di migliaia. Miriadi in greco significa migliaia di migliaia, cioè innumerevoli, ed hanno detto a gran voce: Degno è l’agnello ucciso di ricevere potere, ricchezza, saggezza, forza, onore. gloria e lode: e ogni sorta di creatura in cielo, e in terra, e sotto terra, e nel mare, e tutto ciò che vi si trova. Dicevano a caso del Signore: l’Agnello ucciso è degno di ricevere ricchezza e sapienza, poiché è il tesoro di tutti e la sapienza di Dio? Piuttosto, Egli afferma questa potestà nel suo Corpo, nella Chiesa. Ma siccome la Chiesa è il suo corpo, Egli si riferisce ad essa così come alla testa, dicendo: … ed ogni creatura in cielo ed in terra. Anche se non è difficile per la Chiesa riceverla, essa l’ha ricevuta con Colui che è risorto dai morti. Se non è difficile avere nei membri ciò che ha una testa, non può essere considerato ingiusto ciò che dice la Chiesa, che è degna di ogni creatura: infatti, anche se ognuno dei membri con pia umiltà si considera indegno in questo mondo, pure diciamo che tutto il corpo è partecipe della sua testa, come è scritto: « Egli che non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha dato per tutti noi, come non ci donerà ogni cosa insieme con Lui? » (Rm. VIII, 32) Ed ecco – dice – che tutti rispondono: a Colui che siede sul trono, cioè al Padre e al Figlio e all’Agnello che è la Chiesa: lode, onore, gloria e sapienza nei secoli dei secoli. E i quattro animali dicevano: Amen. E gli anziani si prostravano ed adoravano. La Chiesa così dice Amen. Gli stessi animali sono gli anziani che, dopo aver dato la loro testimonianza dicendo Amen, adorano la Chiesa descritta, e proclamano la sua missione e le sue opere dall’inizio alla fine. L’apertura dei sigilli, come detto…
TERMINA IL LIBRO TERZO