TUTTO IL DENZINGER SENTENZA PER SENTENZA DAGLI APOSTOLI A S.S. PIO XII (18) “da URBANO IV a GIOVANNI XXII”

TUTTO IL DENZINGER SENTENZA PER SENTENZA DAGLI APOSTOLI A S.S. PIO XII (18)

HENRICUS DENZINGER

ET QUID FUNDITUS RETRACTAVIT AUXIT ORNAVIT

ADOLFUS SCHÖNMATZER S. J.

ENCHIRIDION SYMBOLORUM DEFINITIONUM ET DECLARATIONUM

De rebus fidei et morum

HERDER – ROMÆ – MCMLXXVI

Imprim.: Barcelona, José M. Guix, obispo auxiliar

(da  Urbano IV a Giovanni XXII )

URBANO IV: 29 agosto 1261 – 2 ottobre 12

Bolla “Transiturus de hoc mundo“, 11 agosto 1264.

L’Eucaristia come memoriale di Cristo.

846. Ora, all’atto dell’istituzione di questo Sacramento, Egli stesso disse agli Apostoli: “Fate questo in memoria di me” (Lc XXII, 19), affinché questo sublime e venerabile Sacramento fosse per noi un memoriale eminente e significativo dello straordinario amore con cui ci ha amato. Un memoriale mirabile, dico… in cui sicuramente otteniamo aiuto in vita e in morte. Questo è il memoriale… salvifico in cui ricordiamo con gratitudine la nostra Redenzione, in cui siamo preservati dal male e rafforzati nel bene, e avanziamo nella crescita delle virtù e delle grazie, in cui anzi avanziamo grazie alla presenza corporea del Salvatore stesso. Altre realtà che ricordiamo, le abbracciamo nello spirito e nella mente, ma non ne possediamo la presenza reale. Ma in questa commemorazione sacramentale di Cristo, Gesù Cristo è presente a noi, anche se in un’altra forma, ma nella sua stessa sostanza. Prima di ascendere al cielo, disse agli Apostoli e ai loro successori: “Ecco, Io sono con voi fino alla fine dei tempi” (Mt XXVIII, 20), e li confortò con la benefica promessa che sarebbe rimasto e sarebbe stato con loro in una presenza corporea.

L’Eucaristia, cibo per l’anima.

847. Superando ogni pienezza di generosità, andando oltre ogni misura di amore, ha distribuito Se stesso come cibo. O generosità unica e ammirevole, in cui chi dà diventa il dono, e in cui ciò che viene dato è pienamente identico a chi lo dà! Così ha dato se stesso come cibo, affinché l’uomo, che era stato abbattuto dalla morte, fosse risuscitato dal cibo alla vita… Mangiare ferito e mangiare guarito. Ecco, da dove è nata la ferita è venuto anche il rimedio, e da dove è entrata la morte è venuta anche la vita. Di questo mangiare è detto: “Nel giorno in cui ne mangerai, morirai di morte” (Gen II, 17), ma di questo mangiare è detto: “Chi mangia di questo pane vivrà in eterno” (Gv VI, 52) … È stata anche una liberalità ed un atto appropriato che il Verbo eterno di Dio, che è il cibo ed il conforto della creatura ragionevole, essendo diventato carne, abbia dato se stesso come cibo alla carne ed al corpo della creatura ragionevole, cioè all’uomo… Questo pane si assume, ma non si consuma; si mangia, ma non si cambia, perché non si trasforma in alcun modo in colui che lo mangia, ma se è ricevuto degnamente, colui che lo riceve si conforma ad esso.

CLEMENTE IV: 5 febbraio 1265-29 Novembre 1268.

Lettera “Quanto sincerius” all’Arcivescovo Maurin di Narbonne, 28 ottobre 1267.

La presenza reale di Cristo nell’Eucaristia.

849. (Abbiamo sentito che voi…) avete detto che il santissimo Corpo di nostro Signore Gesù Cristo non sia sostanzialmente sull’altare, ma solo come ciò che è significato è sotto il segno, e che avete aggiunto che questa sia un’opinione che si sente spesso a Parigi. Ma questa affermazione si è diffusa… e quando infine Ci è giunta, Ci ha scandalizzato al massimo; e non ci è stato facile credere che voi abbiate detto cose che contengano un’eresia manifesta e deroghino alla verità di quel Sacramento in cui la fede si realizza più utilmente in quanto vince i sensi, tiene prigioniero l’intelletto e sottomette la ragione alle sue leggi… Tenete fermo ciò che la Chiesa ha in comune… che sotto le specie del pane e del vino, dopo che le sacre parole sono state pronunciate dalla bocca del Sacerdote, secondo il rito della Chiesa, il Corpo e il Sangue di nostro Signore Gesù Cristo siano realmente e sostanzialmente presenti, anche se secondo il luogo in cui si trova, è in cielo.

GREGORIO X: 1

Settembre 1271 – 10 gennaio

2° Concilio di Lione (14° ecumenico) 7 maggio – 17 luglio 1274.

2a sessione, 18 maggio 1274: costituzione sulla Somma Trinità e la fede cattolica.

La processione dello Spirito Santo.

850. Professiamo con fedeltà e devozione che lo Spirito Santo procede eternamente dal Padre e dal Figlio, non come due principi, ma come un unico principio, non da due spiriti, ma da un unico e medesimo spirito. Questo è ciò che la santa Chiesa romana, madre e maestra di tutti i fedeli, ha finora professato, predicato e insegnato; questo è ciò che essa fermamente sostiene, predica, professa e insegna; questa è la dottrina immutabile e vera dei Padri e dei Dottori ortodossi, sia latini che greci. Ma poiché alcuni, per ignoranza della verità inconfutabile sopra enunciata, sono caduti in vari errori, Noi stessi, volendo chiudere la strada a tali errori, con l’approvazione del santo Concilio, condanniamo e riproviamo tutti coloro che osino negare che lo Spirito Santo proceda eternamente dal Padre e dal Figlio, o che addirittura, con temeraria audacia, si spingano ad affermare che lo Spirito Santo proceda dal Padre e dal Figlio come da due principi e non da uno.

4a sessione, 6 luglio 1274, lettera dell’imperatore Michele a Papa Gregorio X.

Professione di fede dell’imperatore Michele Paleologo.

851. (Professione di fede). Crediamo che la Santa Trinità, Padre, Figlio e Spirito Santo, sia un unico Dio onnipotente, e che nella Trinità tutta la Divinità sia ugualmente essenziale, ugualmente consustanziale, ugualmente eterna, ugualmente onnipotente, che in essa vi sia un’unica volontà, un’unica potenza, un’unica maestà, che Essa sia la creatrice di tutte le creature, dalla quale, nella quale e per mezzo della quale sono tutte le cose che sono in cielo ed in terra, visibili ed invisibili, corporee e spirituali. Crediamo che ciascuna delle Persone della Trinità sia veramente, pienamente e perfettamente Dio.

852. Crediamo che il Figlio di Dio, il Verbo di Dio, sia nato eternamente dal Padre, consustanziale, ugualmente onnipotente ed uguale in tutto al Padre in divinità: nato nel tempo, dallo Spirito Santo e da Maria sempre Vergine, con un’anima ragionevole. Ha due nascite, una eterna, dal Padre, una temporale, da sua Madre. Vero Dio e vero uomo, propriamente e perfettamente in entrambe le nature; né figlio adottivo né figlio in apparenza, ma unico e solo Figlio di Dio, in due nature, la divina e l’umana, nell’unità di una sola Persona, incapace di soffrire ed immortale per la sua divinità, ma che nella sua umanità ha sofferto una vera e propria Passione corporea, per noi e per la nostra salvezza; è morto, è stato sepolto, è sceso negli inferi, ed il terzo giorno risuscitò dai morti, essendo veramente risorto, quaranta giorni dopo la sua risurrezione, con la sua carne risuscitata e la sua anima. È salito al cielo e siede alla destra di Dio Padre, da dove verrà a giudicare i vivi ed i morti e renderà a ciascuno secondo le sue opere buone o cattive.

853. Crediamo anche che lo Spirito Santo sia pienamente, perfettamente e realmente Dio, procedendo dal Padre e dal Figlio, uguale in tutto e consustanziale, ugualmente onnipotente, ugualmente eterno, in tutto come il Padre ed il Figlio. Crediamo che questa santa Trinità non sia tre dèi, ma un solo Dio onnipotente, eterno, invisibile ed immutabile.

854. Crediamo anche che la Chiesa santa, cattolica e apostolica sia l’unica vera Chiesa, nella quale è dato il santo Battesimo e la vera remissione di tutti i peccati. Crediamo anche nella vera resurrezione di questa carne che è ora nostra e nella vita eterna. Crediamo anche che ci sia un solo autore del Nuovo e dell’Antico Testamento, della Legge, dei Profeti e degli Apostoli, il Dio onnipotente e Signore.

(Aggiunte speciali contro gli errori degli orientali).

855. Questa è la vera fede cattolica che, negli articoli precedenti, è sostenuta e predicata dalla Santa Chiesa Romana. Ma a causa di vari errori che alcuni hanno introdotto per ignoranza ed altri per malizia, essa dice e predica: coloro che, dopo il Battesimo, cadono in peccato, non devono essere ribattezzati, ma ottenere il perdono dei loro peccati con una vera penitenza.

856. (La sorte dei morti) Che se, veramente penitenti, sono morti nella carità, prima di aver soddisfatto, con degni frutti di penitenza, per ciò che avevano commesso o omesso, le loro anime sono purificate dopo la morte da pene purgatoriali e purificatrici, come ha spiegato il nostro fratello Giovanni (Parastron, o.f.m.). Per attenuare queste pene, sono utili le intercessioni dei fedeli viventi, cioè il Sacrificio della Messa, le preghiere, le elemosine e le altre opere di pietà che i fedeli sono soliti fare per gli altri fedeli secondo le istituzioni della Chiesa.

857. Per le anime di coloro che, dopo aver ricevuto il Santo Battesimo, non abbiano assolutamente contratto alcuna macchia di peccato, e per quelle che, dopo aver contratto la macchia del peccato, siano state purificate, sia quando sono ancora nel corpo, sia dopo esserne state spogliate, come si è detto sopra, esse sono immediatamente accolte in cielo.

858. Le anime di coloro che muoiono in stato di peccato mortale o con il solo peccato originale, scendono immediatamente all’inferno, dove ricevono una pena ineguale.

859. La stessa santa Chiesa romana crede e afferma fermamente che tuttavia, nel giorno del Giudizio, tutti gli uomini compariranno con i loro corpi davanti al tribunale di Cristo per rendere conto delle loro azioni (Rm XIV, 10 ss.)

860. La stessa santa Chiesa romana ritiene ed insegna che i Sacramenti della Chiesa siano sette: il Battesimo, di cui si è parlato sopra; un altro è il sacramento della Cresima, che i Vescovi conferiscono con l’imposizione delle mani nell’unzione dei battezzati; un altro è la Penitenza; un altro è l’Eucaristia, un altro il sacramento dell’Ordine sacro, un altro il Matrimonio, un altro l’Estrema unzione, che, secondo la dottrina del beato Giacomo, viene amministrata agli infermi. La stessa Chiesa romana fa il Sacramento dell’Eucaristia con il pane azzimo; ritiene ed insegna che in questo Sacramento il pane sia veramente transustanziato nel Corpo e il vino nel Sangue di nostro Signore Gesù Cristo. Sul matrimonio, sostiene che un uomo non abbia il diritto di avere più mogli contemporaneamente, né una donna più mariti. Quando un matrimonio legittimo viene spezzato dalla morte di uno dei coniugi, dichiara che il secondo e poi il terzo matrimonio siano successivamente leciti, se non ci siano altri impedimenti canonici per qualsiasi motivo.

861. Questa stessa santa Chiesa romana possiede anche il sovrano e completo primato e autorità su tutta la Chiesa cattolica. Essa riconosce sinceramente e umilmente di averlo ricevuto, con la pienezza dei poteri, dal Signore stesso, nella persona del beato Pietro, il capo degli Apostoli, il cui successore è il Romano Pontefice. E come essa deve, prima di ogni altro, difendere la verità della fede, così le questioni che possano sorgere riguardo alla fede devono essere definite dal suo giudizio. Ogni accusato può appellarsi ad essa nelle questioni che rientrano nella giurisdizione dei tribunali ecclesiastici; e in tutte le cause che riguardano la giurisdizione ecclesiastica, si può ricorrere al suo giudizio. Ad essa sono sottoposte tutte le Chiese, i cui prelati le prestano obbedienza e riverenza. La sua pienezza di potere è così consolidata che ammette le altre Chiese a condividere la sua sollecitudine. Questa stessa Chiesa romana ha onorato molte Chiese, soprattutto quelle patriarcali, con vari privilegi, la cui prerogativa è però sempre salvaguardata sia nei Concili generali che in altre occasioni.

INNOCENZO V: 21 gennaio -22 giugno 1276

ADRIANO V: 11 luglio-18 agosto 1276

GIOVANNI XXI: 8 settembre1276-20 maggio 1277

NICOLÒ III: 25 novembre 1277-22 agosto 1280

MARTINO IV: 22 febbraio 1281-28 marzo 1285

ONORIO IV: 2 aprile 1285-3 aprile 1287

NICOLÒ IV: 22 febbraio 1288-4 aprile 1292

CELESTINO V: 5 luglio-13 dicembre 1294

BONIFACIO VIII: 24 dicembre 1294-11 ottobre 1303

Bolla “Sæpe sanctam ecclesiam“, 1 agosto 1296.

Errori della setta secolare del Nuovo Spirito

866. Abbiamo infatti appreso che alcune persone, anche di sesso femminile, che si oppongono alla santa Chiesa cattolica, insegnano che hanno le chiavi per legare e sciogliere, che ascoltano le confessioni ed assolvono i peccati, che tengono assemblee, non solo di giorno ma anche di notte, in cui discutono delle loro assurdità … e che hanno l’ardire di predicare; abusando della tonsura clericale, contrariamente al rito della Chiesa, pretendono di dare lo Spirito Santo con l’imposizione delle mani e che esso debba essere manifestato (completo: “di riverenza”? “di obbedienza”?) solo a Dio e non a chiunque altro, qualunque sia la sua condizione, dignità e stato. Affermano inoltre che le preghiere offerte da persone con il corpo completamente nudo siano più efficaci;… e negano che nella suddetta Chiesa vi sia il potere di legare e sciogliere… Pertanto dichiariamo questa setta… condannata ed eretica”.

Bolla “Antiquorum habet“, 22 febbraio 1300.

Indulgenze.

868. Un racconto attendibile degli antichi riferisce che a coloro che si recavano nella venerabile basilica del principe degli Apostoli in città venivano concesse grandi remissioni ed indulgenze per i peccati. Noi, dunque, che consideriamo legittimi e graditi ciascuno di questi condoni ed indulgenze, li confermiamo e li approviamo in virtù dell’Autorità Apostolica… Confidando nella misericordia di Dio onnipotente e nei meriti e nell’autorità di questi stessi Apostoli, su consiglio dei nostri fratelli ed in virtù della pienezza del potere apostolico, a tutti coloro che… visitano con riverenza queste basiliche, che abbiano veramente fatto penitenza e si siano confessati,… in questo e in ogni centesimo anno successivo, concediamo e accordiamo un perdono non solo ampio, ma il più pieno, di tutti i loro peccati.

Bolla “Unam sanctam“, 18 novembre 1302.

L’unità della Chiesa

870. La fede ci obbliga a credere e a ritenere una sola Chiesa santa, cattolica ed insieme apostolica, e noi la crediamo fermamente e la confessiamo semplicemente, al di fuori della quale non c’è salvezza né remissione dei peccati…; essa rappresenta l’unico Corpo mistico di cui Cristo è il capo, ma Dio è il capo di Cristo. In esso c’è “un solo Signore, una sola fede e un solo Battesimo” (Ef. IV, 5). Infatti, l’unica arca di Noè al tempo del diluvio fu il precursore dell’unica Chiesa; era completata ad un cubito e aveva un solo pilota e capo, cioè Noè, e fuori da essa, come abbiamo letto, fu distrutto tutto ciò che rimaneva sulla terra.

871. La veneriamo anche come l’unica, perché il Signore dice nel Profeta: “Dio, libera la mia anima dalla spada e dalla bocca del leone la mia unica” (Sal. XXI, 22). Egli infatti pregava sia per l’anima, cioè per se stesso, il Capo, sia per il corpo, poiché chiamava il corpo uno, cioè la Chiesa, a causa dell’unità dello sposo, della fede, dei sacramenti e della carità della Chiesa. Essa è la “tunica senza cuciture” del Signore (Gv XIX, 23), che non è stata tagliata, ma tirata a sorte.

872. Ecco perché questa unica e sola Chiesa ha un solo corpo, una sola testa, non due teste come per un mostro, cioè Cristo e il Vicario di Cristo, Pietro, e il successore di Pietro, perché il Signore stesso dice a Pietro: “Pasci le mie pecorelle” (Gv XXI,17). Dice “mie” in generale, e non questa o quella in particolare, quindi si capisce che tutte siano state affidate a lui. Se i greci o altri dicono che non sono stati affidati a Pietro ed ai suoi successori, devono riconoscere che non fanno parte delle pecore di Cristo, perché il Signore stesso dice in Giovanni: “C’è un solo ovile, un solo pastore” (Gv X,16).

Il potere spirituale della Chiesa.

873. Le parole del Vangelo ci insegnano che in essa e nel suo potere ci sono due spade, quella spirituale e quella temporale (Lc XXII, 38 Mt XXVI, 52). Entrambe sono quindi nel potere della Chiesa, la spada spirituale e quella materiale. Tuttavia, l’una deve essere brandita per la Chiesa, l’altra dalla Chiesa. L’una per mano del Sacerdote, l’altra per mano del re e del soldato, ma con il consenso e la volontà del Sacerdote. Ora è giusto che la spada sia sotto la spada, e che l’autorità temporale sia soggetta al potere spirituale… Poiché il potere spirituale prevale in dignità e nobiltà su ogni tipo di potere terreno, dobbiamo riconoscere ancora più chiaramente che le realtà spirituali abbiano la precedenza su quelle temporali… Come attesta la Verità: spetta al potere spirituale stabilire il potere terreno, e giudicarlo se non sia stato buono… Se dunque la potenza terrena devia, sarà giudicata dalla potenza spirituale; e se una potenza spirituale inferiore devia, sarà giudicata da quella superiore; ma se la potenza suprema devia, è solo da Dio e non dagli uomini che possa essere giudicata, come attesta l’Apostolo: “L’uomo spirituale giudica tutte le cose e non è giudicato da nessuno” (1 Cor II,15).

874. Questa autorità, tuttavia, benché data ad un uomo ed esercitata da un uomo, non è un potere umano, ma piuttosto divino. Data a Pietro per bocca di Dio, confermata per lui e per i suoi successori in Cristo stesso, che egli ha confessato, lui, la roccia, quando il Signore ha detto a Pietro stesso: “Tutto quello che leghi”, ecc. (Mt XVI, 19). Chi dunque resiste a questo potere ordinato da Dio, “resiste a ciò che Dio ha ordinato” (Rm XIII, 2), a meno che non immagini, come Manes, due principii, che giudichiamo falsi ed eretici, perché secondo la testimonianza di Mosè non è nei principii, ma “nel principio (che) Dio creò il cielo e la terra” (Gn I,1).

875. Pertanto dichiariamo, diciamo e definiamo che è assolutamente necessario per la salvezza di ogni creatura umana essere soggetti al Romano Pontefice.

BENEDETTO XI: 22 ottobre

1303-7 luglio 13

Costituzione “Inter cunctas sollicitudines” 17 febbraio 1304.

La reiterazione della confessione.

880. Anche se non è non è necessario confessare di nuovo i peccati, tuttavia chiediamo fermamente – poiché, a causa della vergogna che rappresenta una grande parte della penitenza, riteniamo salutare che la confessione degli stessi peccati sia ripetuta – che i frati (predicatori e minori) ammoniscano essi stessi i penitenti e li esortino nella loro predicazione a confessarsi almeno una volta all’anno ai loro Sacerdoti, spiegando che ciò faccia indubbiamente parte del progresso delle anime.

CLEMENTE V: 5 giugno 1305-20 Aprile 1314

Concilio di VIENNE (15° ecumenico) 16 ottobre 1311-6 maggio 1312

3a sessione, 6 maggio 1312.

a) Costituzione “Ad nostrum qui“.

Errori dei Mendicanti e delle Beghine sullo stato di perfezione:

891. (1) Nella vita presente l’uomo potrebbe raggiungere un grado di perfezione così elevato da essere reso incapace di peccare e da non poter progredire ulteriormente nella grazia. Infatti, dicono, se uno potesse sempre progredire, potrebbe diventare più perfetto di Cristo.

892. (2) Un uomo non deve né digiunare né pregare dopo aver raggiunto questo grado di perfezione, perché la sensualità è allora così perfettamente sottomessa alla mente e allo spirito che un uomo può liberamente acconsentire al corpo ciò che gli piace.

893. (3) Coloro che hanno raggiunto il suddetto grado di perfezione e di libertà dello spirito non sono soggetti all’obbedienza umana e non sono obbligati ad obbedire ai precetti della Chiesa, perché, dicono, “dove c’è lo Spirito del Signore, c’è libertà”.

894. (4) Nella vita presente l’uomo può raggiungere la beatitudine finale in tutta la sua perfezione, così come la otterrà nella vita beata.

895. (5) Ogni anima intellettuale è di per sé naturalmente beata e non ha bisogno della luce della gloria che la eleva per vedere Dio e goderlo nella beatitudine.

896. (6) La pratica degli atti di virtù è opera dell’uomo imperfetto e l’anima perfetta licenzia da sé le virtù.

897. (7) Baciare una donna quando la natura non vi è incline è peccato mortale, ma l’atto carnale quando la natura vi è incline non è peccato, soprattutto se chi lo compie sia tentato.

898. (8) Non devono alzarsi durante l’elevazione del corpo di Cristo Gesù, né mostrare riverenza verso di Lui, perché dicono che sarebbe un’imperfezione per loro scendere dalla purezza e l’elevazione della loro contemplazione per riflettere sul ministero o sul Sacramento dell’Eucaristia o sulla Passione dell’umanità di Cristo.

899. (Censura) Condanniamo questa setta con i suoi errori, la riproviamo completamente e proibiamo con il massimo rigore che qualcuno in futuro la sostenga, la approvi o la difenda.

b) Costituzione “Fidei catholica“.

Errori attribuiti a Pietro Olivi.

900. (Le due nature di Cristo.) Aderendo fermamente al fondamento della fede cattolica, al quale nessuno può sostituirne un altro, secondo la testimonianza dell’Apostolo (1Cor III, 11), confessiamo apertamente con la Santa Madre Chiesa che l’unigenito Figlio di Dio, che sussiste eternamente con il Padre in tutto ciò che il Padre esiste come Dio, assunto nel tempo e nel grembo verginale, sia stato unito a Cristo in una sola natura. nell’unità della sua ipostasi e della sua Persona, le parti della nostra natura che sono allo stesso tempo unite a Lui, per mezzo delle quali Egli, che esiste in se stesso come vero Dio, divenne vero uomo, cioè un corpo umano passibile ed un’anima intellettiva o razionale, che informa veramente da sé ed in modo essenziale il corpo stesso.

901. (Il costato trafitto di Cristo). Confessiamo anche che non solo il Verbo di Dio stesso volle essere inchiodato ad una croce nella natura così assunta e morirvi per compiere la salvezza di tutti, ma anche che, dopo aver consegnato il suo spirito, sopportò di essere trafitto al costato da una lancia, in modo che da essa sgorgassero acqua e sangue (Gv XIX, 34). La Chiesa, unica madre immacolata e vergine, sposa di Cristo, è stata formata ad immagine di Eva, che è stata formata dal costato del primo uomo addormentato per diventare la sua sposa (Gen. II, 21ss.), quindi ad immagine del primo ed antico Adamo, che, secondo l’Apostolo, “è l’immagine di Colui che verrà” (Rm. V, 14), cioè in Cristo. Questa, dico, è la verità sostenuta dalla testimonianza di quella grandissima aquila che il profeta Ezechiele (Ez 1,4-28), vide volare al di sopra degli altri animali evangelici, cioè il beato Giovanni, Apostolo ed Evangelista, che, nel descrivere la realtà e l’ordine di questo mistero, dice nel suo Vangelo: “Quando giunsero da Gesù, avendo constatato che era morto, non gli spezzarono le gambe, ma uno dei soldati gli aprì il fianco con la lancia e subito ne uscì sangue e acqua. E colui che ha visto lo ha testimoniato, e la sua testimonianza è vera, e sa di aver detto la verità perché crediate” (Gv XIX, 33-35). Alla luce di questa autorevole testimonianza e della spiegazione che i Padri ed i Dottori hanno dato dell’osservazione apostolica, con l’approvazione del Santo Concilio, dichiariamo che l’Apostolo ed Evangelista Giovanni, già menzionato, abbia rispettato l’ordine esatto dei fatti di cui sopra, nel riferire che uno dei soldati aprì il costato di Cristo con la sua lancia, quando questi era già morto.

902. (L’anima come forma del corpo). Inoltre, con l’approvazione del Santo Concilio, respingiamo come erronea e nemica della fede ogni dottrina o posizione che incautamente affermi o metta in dubbio il fatto che la sostanza dell’anima razionale o intellettiva non sia veramente e di per sé una forma del corpo umano. Affinché la verità dell’autentica fede cattolica sia conosciuta da tutti, e affinché la strada che conduce a tutti gli errori sia sbarrata e nessuno possa entrarvi, definiamo che chiunque osi affermare, mantenere o ostinarsi a sostenere che l’anima razionale o intellettiva non sia di per sé e per essenza una forma del corpo umano sia da considerarsi un eretico.

903. (Effetto del Battesimo). Per questo tutti devono confessare fedelmente che un solo Battesimo rigenera tutti coloro che sono battezzati in Cristo, poiché c’è un solo Dio e una sola fede (Ef IV,5), e che, celebrato nell’acqua nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, crediamo sia un rimedio perfetto per la salvezza sia degli adulti che dei bambini.

904. In effetti, per quanto riguarda l’effetto del Battesimo sui bambini, ci sono teologi che hanno avuto opinioni contrarie, alcuni affermando che con l’efficacia del Battesimo la colpa sia stata rimessa ai bambini, ma che la grazia non sia stata loro conferita; altri, al contrario, che con il Battesimo la colpa sia stata loro rimessa, e che le virtù e la grazia informante siano state infuse in loro nello stato di habitus.(780). Considerando l’efficacia generale della morte di Cristo, che si applica ugualmente a tutti i battezzati, abbiamo deciso che la seconda opinione, che afferma che la grazia informante e le virtù siano conferite ai bambini come agli adulti con il Battesimo, è da mantenere come più probabile e conforme alle affermazioni dei Santi e dei moderni dottori di teologia.

c) Costituzione “Ex gravi ad Nos“.

L’usura

906 … Se qualcuno cade in questo errore al punto da presumere di affermare ostinatamente che non sia peccato praticare l’usura, Noi decidiamo che debba essere punito come eretico.

d) Costituzione “Exivi de paradiso“.

Errore sull’obbligo del voto di povertà (francescano).

908. È sorta una questione tra i frati, non priva di scrupoli, se essi siano tenuti, in virtù del voto di povertà, a fare voto di povertà. della regola che professano, a un uso povero, limitato e parsimonioso dei beni: – Alcuni di loro credono e dicono che, avendo abbandonato completamente con il voto il diritto di proprietà sulle cose, sia loro richiesta la massima restrizione e parsimonia nell’uso delle stesse; – al contrario, altri affermano di non essere vincolati dalla loro professione ad alcun uso non espresso nella regola, sebbene siano tenuti ad un uso moderato secondo la temperanza, che è ancora più adatto a loro che agli altri Cristiani. Desiderosi quindi di dare pace alle coscienze di detti frati e di porre fine alle loro controversie, dichiariamo che i frati minori siano tenuti, in virtù della loro professione, a quell’uso limitato e povero che è contenuto nella loro regola, e secondo il modo di obbligazione contenuto o specificato nella regola per tale uso. Riteniamo presuntuoso e avventato affermare, come alcuni sembrano affermare, che sia eretico ritenere che l’uso povero sia incluso o meno nel voto di povertà evangelica.

GIOVANNI XXII: 7 agosto 1316-4 dicembre 1334

Costituzione “Gloriosam Ecclesiam“, 23 gennaio 1318.

La Chiesa e i Sacramenti, contro i Fraticelli.

910. I predetti figli della temerarietà e dell’empietà sono caduti, come riferiscono attendibili indizi, ad un punto tale di povertà di mente da pensare empiamente contro la più eminente e salutare verità della fede cristiana, che disprezzano i venerabili Sacramenti della Chiesa e, mossi dal desiderio di vederla rapidamente rovinata, cercano con cieco furore di minare il glorioso primato della Chiesa romana tra tutte le nazioni.

911. (1) § 14. Il primo errore, dunque, che scaturisce dal loro oscuro ufficio, inventa due Chiese, una carnale, schiacciata dal benessere, traboccante di ricchezze e macchiata di misfatti, e sulla quale, a loro dire, regnano il Pontefice romano e altri prelati inferiori; l’altro spirituale, puro nella sua frugalità, ornato di virtù, cinto dalla povertà, in cui sono soli con i loro compagni, e su cui essi stessi presiedono per il merito di una vita spirituale, se le loro menzogne possono essere accreditate.

912 (2) § 16. Il secondo errore che infanga la coscienza di questi arroganti afferma a gran voce che i venerabili Sacerdoti e gli altri servitori della Chiesa siano così privi del potere di giurisdizione e di ordine, da non poter emettere sentenze, né celebrare i Sacramenti, né istruire e insegnare al popolo che è loro sottoposto, e pretendono di essere privati di ogni potere ecclesiastico quando vedono che sono estranei al loro tradimento, poiché è solo presso di loro (secondo le loro farneticazioni) che risiede la santità della vita spirituale, e quindi l’autorità; e in questo seguono l’errore dei donatisti.

913. (3) § 18. Il loro terzo errore si combina con quello dei Valdesi, poiché entrambi affermano che non si debba giurare in nessun caso ed insegnano che coloro che sono vincolati dagli obblighi di un giuramento siano macchiati da un peccato mortale e destinati alla punizione.

914. (4) § Paragrafo 20. La quarta bestemmia di questi empi, che scaturisce dalla fonte velenosa dei già citati Valdesi, inventa che i Sacerdoti che siano stati regolarmente e legittimamente ordinati secondo il rito della Chiesa, ma che siano accusati di qualche misfatto, non possano compiere o conferire i Sacramenti della Chiesa.

915. (5) § 22. Il quinto errore acceca a tal punto le menti di questi uomini, che essi affermano che il Vangelo si sia compiuto solo in loro nel tempo presente, e che finora (secondo i loro vaneggiamenti) fosse velato, se non del tutto spento.

916. (6) §24. Ci sono molte altre cose; si dice, che questi uomini presuntuosi inveiscano contro il venerabile Sacramento del Matrimonio, molte altre cose che affermano riguardo al corso dei tempi e alla fine del mondo, molte cose che nelle loro deplorevoli menzogne diffondono tra il popolo riguardo alla venuta dell’Anticristo, che affermano essere imminente. Tutto questo, che consideriamo in parte eretico, in parte malsano, in parte inventato, riteniamo necessario condannarlo con coloro che ne sono gli autori, piuttosto che citarlo o confutarlo per iscritto.

Costituzione “Vas electionis” 24 luglio 1321.

Errori di Giovanni di Polliaco riguardo alla giurisdizione in materia di

giurisdizione confessionale.

921. (1) – Chi si è confessato a confratelli che hanno la facoltà generale di ascoltare le confessioni è tenuto a confessare di nuovo al proprio Sacerdote gli stessi peccati che ha confessato.

922. (2) – Finché vale la prescrizione Omnis utriusque sexus del Concilio generale dell’812, il Romano Pontefice non può far sì che i parrocchiani non siano tenuti a confessare tutti i loro peccati almeno una volta all’anno al proprio Sacerdote, che si dice parroco; neppure Dio potrebbe farlo, poiché, come ha detto, implica una contraddizione.

923. (3) – Il Papa non può dare un potere generale di ascoltare le confessioni, nemmeno a Dio, senza che chi si è confessato da qualcuno con una facoltà generale sia tenuto a confessarsi di nuovo dal proprio Sacerdote che egli dice (come si presuppone) essere il parroco.

924. (Censura): … Abbiamo riconosciuto che i suddetti articoli contengono una dottrina non sana, ma molto pericolosa e contraria alla verità. Questi articoli, lo stesso Maestro Giovanni… li ha ritrattati tutti, senza eccezione. Tutti questi articoli e ciascuno di essi Noi condanniamo e rigettiamo, su consiglio dei nostri fratelli, in virtù della nostra Autorità Apostolica, in quanto falsi, erronei e lontani dalla sana dottrina, e assicuriamo che la dottrina contraria ad essi è vera e cattolica…

Lettera “Nequaquam sine dolore” agli Armeni 21 novembre 1321

Il destino dei morti

925. (La Chiesa romana insegna) … Le anime di coloro che, dopo aver ricevuto il Sacramento del Battesimo, non hanno assolutamente contratto alcuna macchia di peccato, come pure quelle che, dopo aver contratto la macchia del peccato, sono state purificate, sia quando sono ancora nel corpo, sia dopo esserne state spogliate, sono immediatamente accolte in cielo.

926. Le anime, invece, di coloro che muoiono in stato di peccato mortale o con il solo peccato originale, scendono immediatamente all’inferno, dove ricevono pene diverse in luoghi diversi.

Costituzione “Cum inter nonnullos” 12 novembre 1323.

Errori degli spirituali sulla povertà di Cristo.

930. Poiché accade spesso tra alcuni scolastici che si dubiti se sia da considerarsi eretico affermare ostinatamente che il nostro Salvatore e Signore Gesù Cristo e i suoi Apostoli non possedessero nulla, né personalmente né in comune, e che su questo argomento hanno opinioni diverse e persino contraddittorie. Essendo ansiosi di porre fine a questa controversia, dichiariamo, in accordo con il consiglio dei nostri fratelli, con questo editto perpetuo che questa ostinata affermazione, – poiché contraddice espressamente le Sacre Scritture, che affermano in molti punti che essi possedevano certe cose, e implica apertamente che la stessa Sacra Scrittura, che in verità autentica gli articoli della fede ortodossa, contenga il fermento della falsità per quanto appena detto, e quindi, distruggendo completamente la credibilità che le è propria, rende dubbia e incerta la fede cattolica togliendole ciò che l’accredita, deve d’ora in poi essere considerata erronea ed eretica.

931. E ancora (se si vuole essere considerati eretici) affermare in futuro con ostinazione che non si debba riconoscere che il nostro suddetto Salvatore ed i suoi Apostoli avessero il diritto di usare ciò che la Scrittura testimonia che possedevano, e che non avessero il diritto di venderlo o di darlo via, o di usarlo per qualsiasi altro scopo, quando la Scrittura testimonia che lo fecero di ciò che è stato menzionato, o che avrebbero potuto fare, come espressamente implica, poiché tale affermazione, che non è corretta nelle sue premesse, include evidentemente ciò che essi usarono e fecero, e che in ogni caso pensare questo dell’uso e delle azioni del nostro Salvatore, il Figlio di Dio, è empio, contrario alla Sacra Scrittura e nemico della dottrina cattolica, dichiariamo, in accordo con il consiglio dei nostri fratelli, che questa ostinata affermazione è d’ora in poi giustamente da considerarsi erronea ed eretica.

Costituzione “Licet iuxta Doctrinam” al Vescovo di Worcester 23/10/1327

Errori di Marsilio di Padova riguardo alla costituzione della Chiesa

941. (1) – Ciò che leggiamo di Cristo nel Vangelo del beato Matteo (Mt XVII, 27), e cioè che egli pagò un tributo a Cesare quando ordinò che uno statere preso dalla bocca di un pesce fosse dato a coloro che chiedevano un didramma, non lo fece per condiscendenza, per la liberalità della sua pietà, ma costretto dalla necessità.

942. (2) – Il beato Apostolo Pietro non era capo della Chiesa più di qualsiasi altro Apostolo, né aveva più autorità degli altri Apostoli; e Cristo non ha lasciato alcun capo alla Chiesa e non ha fatto di nessuno il suo Vicario.

943. (3) – Spetta all’imperatore correggere e punire il Papa, istituirlo e deporlo.

944. (4) – Tutti i Sacerdoti, siano essi Papa, Arcivescovo o semplice Sacerdote, hanno, per istituzione di Cristo, uguale autorità e giurisdizione; ma ciò che l’uno ha più dell’altro corrisponde a ciò che l’Imperatore abbia concesso in più o in meno, e, avendolo concesso, può revocarlo.

945. (5) – Il Papa o tutta la Chiesa riunita non possono punire un uomo, per quanto scellerato possa essere, con alcuna pena vincolante, a meno che l’Imperatore non abbia dato loro il potere di farlo.

946. (Censura: i suddetti articoli) … Dichiariamo con sentenza che sono contrari alla Sacra Scrittura e nemici della fede cattolica, eretici o analoghi alle eresie ed erronei, e che i suddetti Marsilio e Giovanni siano eretici e addirittura eresiarchi manifesti e noti.

Costituzione “In agro dominico” 27 marzo 1329.

Errori di Eckhart sulla relazione di Dio con il mondo e con l’uomo.

950. Dall’indagine … dell’Arcivescovo di Colonia, e infine ripresa per nostro comando nella Curia Romana, abbiamo appreso, dalle confessioni dello stesso Eckhart, come risulti che egli predicasse, insegnasse e scrivesse ventisei proposizioni, il cui contenuto è il seguente:

951. (1) – Poiché una volta gli fu chiesto perché Dio non avesse prodotto il mondo prima, egli rispose allora, come fa ancora adesso, che Dio non avrebbe potuto produrre il mondo prima, perché una cosa non può agire prima di essere, quindi, non appena Dio fu, creò il mondo.

952. (2) – Inoltre, si può ammettere che il mondo esistesse da tutta l’eternità.

953. (3) – Inoltre, nello stesso momento e nello stesso tempo, dal momento in cui Dio era, generò il Figlio, Dio co-eterno e co-uguale in tutte le cose, e creò anche il mondo.

954. (4) – Inoltre, in ogni opera, anche in quella cattiva, dico cattiva sia per il male del dolore che per il male della colpa, si manifesta e risplende anche la gloria di Dio.

955. (5) – Inoltre, chi insulta un altro loda Dio proprio per il peccato che commette con questi insulti, e loda Dio tanto più quanto più insulta e pecca più gravemente.

956. (6) – Inoltre, chi bestemmia Dio stesso loda Dio.

957. (7) – Inoltre, chi chiede questo o quello chiede il male, perché chiede la negazione del bene e la negazione di Dio, e prega Dio di negare se stesso.

958. (8) – Coloro che non cercano né i beni, né gli onori, né il piacere, né l’utilità, né la devozione interiore, né la santità, né la ricompensa, né il Regno dei Cieli, ma che al contrario hanno rinunciato a tutto questo e a tutto ciò che sia loro proprio, in tali uomini Dio è onorato.

959. (9) – Ultimamente mi sto chiedendo se mi piacerebbe ricevere o desiderare qualcosa da Dio. Voglio pensarci molto seriamente, perché se accettassi qualcosa da Dio, sarei sotto di Lui o inferiore a Lui, come un servo o uno schiavo, mentre Lui stesso, nel dare, sarebbe come un padrone, e non è così che dovremmo essere nella vita eterna.

960. (10) – Siamo totalmente trasformati in Dio e cambiati in Lui; come nel Sacramento il pane è cambiato nel corpo di Cristo, così io sono cambiato in Lui, perché Egli mi fa suo e non solo simile. Per il Dio vivente è vero che non ci sia più alcuna distinzione.

961. (11) – Tutto ciò che Dio Padre ha dato al suo unico Figlio nella natura umana, lo ha dato a me. Qui non escludo nulla: né l’unione né la santità. Me l’ha dato nella sua interezza come l’ha dato a Lui.

962. (12) – Tutto ciò che la Sacra Scrittura dice di Cristo è pienamente vero per ogni uomo buono e divino.

963. (13) – Tutto ciò che è proprio della natura divina è anche nella sua interezza proprio dell’uomo giusto e divino; perciò quest’uomo opera tutto ciò che Dio opera ed egli, insieme a Dio, ha creato il cielo e la terra ed è il generatore del Verbo eterno e Dio non potrebbe fare nulla senza tale uomo.

964. (14) – L’uomo buono deve conformare la sua volontà alla volontà di Dio in modo tale da volere tutto ciò che Dio vuole: e poiché Dio vuole, per così dire, che io abbia peccato, non vorrei non aver commesso peccati, e questa è la vera penitenza.

965. (15) – Se un uomo avesse commesso mille peccati mortali, e fosse disposto bene, non vorrebbe non averli commessi.

966. (16) – Dio non comanda, a rigore, alcun atto esterno.

967. (17) – L’atto esterno non è propriamente buono o divino, e non è propriamente Dio che lo compie o lo produce.

968. (18) – Portiamo il frutto non di atti esterni che non ci rendono buoni, ma di atti interni che il Padre che abita in noi compie e produce.

969. (19) – Dio ama le anime, non le opere esterne.

970. (20) – L’uomo buono è l’unico Figlio di Dio.

971. (21) – L’uomo nobile è l’unico Figlio di Dio, che il Padre ha generato da tutta l’eternità.

972. (22) – Il Padre mi genera come suo figlio e come lo stesso figlio. Tutto ciò che Dio fa è uno; perciò mi genera come suo figlio, senza alcuna distinzione.

973. (23) – Dio è Uno in ogni forma e sotto ogni aspetto, cosicché in Lui non si può trovare alcuna molteplicità, né reale né di ragione. Chi vede la dualità o la distinzione non vede Dio, perché Dio è uno, fuori dal numero e al di sopra del numero, e non fa numero con nulla. Da ciò consegue (e cioè in un passo successivo) che in Dio stesso non ci possa essere e non si possa concepire alcuna distinzione.

974. (24) – Ogni distinzione è estranea a Dio nella natura e nelle persone. La prova di ciò è che la natura è una e Una, e anche ogni persona è una e la stessa “Uno” come la natura.

975. (25) – Quando si dice: “Simone, mi ami tu più di tutti costoro?”, (Gv XXI.,15), il significato di “più di tutti costoro” è buono, ma non perfetto. Perché nel primo e nel secondo, nel più e nel meno, c’è una gradazione e un ordine, ma nell’unità non c’è né gradazione né ordine. Perciò chi ama Dio più del suo prossimo ama bene, ma non ancora perfettamente.

976. (26) – Tutte le creature sono puro nulla; non dico che sono poco o qualcosa, ma che sono puro nulla. Il suddetto Eckhart è stato inoltre rimproverato per aver predicato altri due articoli in questi termini:

977. (1) – C’è qualcosa nell’anima che è increato ed increabile; se tutta l’anima fosse tale, sarebbe increata e increabile; e questo è l’intelletto.

978. (2) – Dio non è né buono, né migliore, né il migliore; quando chiamo Dio buono, parlo male come se chiamassi nero ciò che è bianco.

979. (Censura)… Perché Noi… abbiamo constatato che i primi quindici articoli citati e anche gli ultimi due, sia per i termini usati che per la sequenza delle idee, contengano errori o siano contaminati dall’eresia, ma gli altri undici, il primo dei quali comincia con le parole “Dio non comanda, ecc. [966] li abbiamo trovati del tutto sconvenienti, molto avventati e sospetti di eresia, anche se con molte spiegazioni e integrazioni possono assumere o avere un senso cattolico: affinché articoli di questo tipo, o il loro contenuto, non continuino a corrompere i cuori dei semplici che li hanno ascoltati, … Noi… condanniamo e riproviamo espressamente come eretici i primi quindici articoli e gli ultimi due, e come malsani, avventati e sospetti di eresia gli altri undici articoli sopra menzionati, e allo stesso modo tutti i libri o gli opuscoli che contengano i suddetti articoli o uno qualsiasi di essi…

980. Inoltre… Desideriamo rendere noto, come risulta dal protocollo redatto successivamente, che il suddetto Eckhart, confessando alla fine della sua vita la fede cattolica, ha revocato il significato e persino sconfessato i ventisei articoli suddetti che riconosceva di aver predicato, così come tutte le altre cose scritte o insegnate da lui … che potrebbero indurre le menti dei fedeli ad adottare un significato eretico o erroneo, contrario alla vera fede…, sottoponendo sia la sua persona che tutti i suoi scritti e le sue parole alla decisione della Sede Apostolica, la nostra Sede.

Bolla “Ne super bis” del 3 dicembre 1334.

Ritrattazione di Giovanni XXII – La Beatitudine dei Santi.

990. Perciò ciò che è stato spesso detto sulle anime purificate separate dal corpo (se prima di riprendere i corpi vedono l’essenza divina di quella visione che l’Apostolo chiama faccia a faccia), sia da Noi che da alcuni altri in nostra presenza, con la citazione della Sacra Scrittura e dei detti autentici dei Santi o con altri ragionamenti, che sono stati detti e compresi, e che sono detti e compresi da Noi, dichiariamo come segue il pensiero che è ed era nostro, con la santa Chiesa cattolica, su questo argomento.

991. Professiamo e crediamo, dunque, che le anime purificate separate dai corpi siano riunite in cielo, nel regno dei cieli e in paradiso, con Cristo in compagnia degli Angeli, e che, secondo il diritto comune, vedono Dio e l’essenza divina faccia a faccia e chiaramente, per quanto lo stato e la condizione dell’anima separata lo permettano. Ma se in qualche modo su questo argomento qualcosa di diverso fosse stato detto da Noi, o detto diversamente, lo abbiamo detto nella disposizione della fede cattolica, e affermiamo di averlo detto così trattandolo ed esponendolo, e vogliamo che sia stato detto così. Inoltre, se rispetto a ciò che riguarda la fede cattolica, la Sacra Scrittura o i buoni costumi, abbiamo detto altre cose nella predicazione, nella spiegazione, nella dottrina, nell’insegnamento o in qualsiasi altro modo, le approviamo nella misura in cui concordano con la fede cattolica, la determinazione della Chiesa, la Sacra Scrittura e i buoni costumi. – In caso contrario, vogliamo che sia considerato come non detto e non lo approviamo in alcun modo, anzi, se non è conforme a ciò che abbiamo menzionato – la fede cattolica, la determinazione della Chiesa, la Sacra Scrittura, i buoni costumi o una qualsiasi di queste cose – lo rimproveriamo; e allo stesso modo tutto ciò che abbiamo detto e scritto su qualsiasi argomento, ovunque sia, in qualsiasi luogo sia, e qualunque sia il nostro stato o sia stato fino a quel momento, lo sottoponiamo alla determinazione della Chiesa e dei nostri successori.

TUTTO IL DENZINGER SENTENZA PER SENTENZA DAGLI APOSTOLI A S.S. PIO XII (19): “da BENEDETTO XII a GREGORIO XI”

UN’ENCICLICA AL GIORNO TOGLIE GLI USURPANTI APOSTATI DI TORNO: S.S. LEONE XIII – “CATTOLICÆ ECCLESIÆ”

Il Sommo Pontefice Leone XIII, anche in questa lettera Enciclica, ritorna su di un tema a lui particolarmente caro, quello della condanna della schiavitù umana, esercitata nelle forme allora praticate. Oggi quelle forme sono mutate e si stanno generalizzando in un sistema apparentemente libero e sedicente democratico, in cui un manipolo di padroni plutocrati mondialisti sta riducendo intere nazioni e popoli ad una schiavitù economica, sociale, con armi di ricatto apparentemente filantropiche, sanitarie, climatiche, belliche… ed oggi non abbiamo alcuna autorità che si ribelli, anzi sono tutte unite e complici in quella direzione. Ma noi sappiamo che la verità vincerà anche dopo essere stati provati e perseguiti per un certo tempo, senza che si possa disporre dell’anima se non sollecitandone la perdita e dannazione inducendola al peccato mortale e al consenso volontario. Ma il consenso estorto, il demone sa che non può essere ascritto a grave colpa, perciò cerca il consenso libero sotto forma di bene apparente. Liberiamoci allora da qualunque forma di schiavitù aderendo incondizionatamente all’unica forma di Verità, la sola che ci renda liberi: Viviamo allora in Cristo e nel suo Corpo mistico, la sua arca di salvezza, la vera Chiesa cattolica che ci renderà liberi.

Leone XIII
ÆCatholicæ Ecclesiæ

La Chiesa cattolica, che abbraccia tutti gli uomini con carità di madre, quasi nulla ebbe più a cuore, fin dalle sue origini, come tu sai, Venerabile Fratello, che di vedere abolita e totalmente eliminata la schiavitù, che sotto un giogo crudele teneva moltissimi fra i mortali. Infatti, diligente custode della dottrina del suo Fondatore, che personalmente e con la parola degli Apostoli aveva insegnato agli uomini la fratellanza che li stringe tutti insieme, come coloro che hanno una medesima origine, sono redenti con lo stesso prezzo, e sono chiamati alla medesima eterna beatitudine, la Chiesa prese nelle proprie mani la causa negletta degli schiavi, e fu la garante imperterrita della libertà, sebbene, come richiedevano le circostanze e i tempi, si impegnasse nel suo scopo gradualmente e con moderazione. Cioè, procedeva con prudenza e discrezione, domandando costantemente ciò che desiderava nel nome della religione, della giustizia e della umanità; con ciò fu grandemente benemerita della prosperità e della civiltà delle nazioni. – Nel corso dei secoli non rallentò mai la sollecitudine della Chiesa nel ridonare la libertà agli schiavi; anzi, quanto più fruttuosa era di giorno in giorno la sua azione, tanto più aumentava nel suo zelo. Lo attestano documenti inconfutabili della storia, la quale per tale motivo designò all’ammirazione dei posteri parecchi Nostri antecessori, fra i quali primeggiano San Gregorio Magno, Adriano I, Alessandro III, Innocenzo III, Gregorio IX, Pio II, Leone X, Paolo III, Urbano VIII, Benedetto XIV, Pio VII, Gregorio XVI, i quali posero in opera ogni cura perché l’istituzione della schiavitù, dove esisteva, venisse estirpata, e là dove era stata sterminata non rivivessero più i suoi germi. – Una così gloriosa eredità, lasciataci dai Nostri predecessori, non poteva essere ripudiata da Noi, per cui non abbiamo tralasciato alcuna occasione che Ci si offrisse di biasimare apertamente e di condannare questo flagello della schiavitù; espressamente ne abbiamo trattato nella epistola scritta il 5 maggio 1888 ai Vescovi del Brasile, con la quale Ci siamo congratulati per quanto essi avevano con lodevole esempio operato pubblicamente in quel paese per la libertà degli schiavi, e insieme abbiamo dimostrato quanto la schiavitù si opponga alla religione ed alla dignità dell’uomo. – Invero, quando scrivevamo tali cose, Ci sentivamo fortemente commossi per la condizione di coloro che sono soggetti all’altrui dominio; e molto più raccapriccio provammo al racconto delle tribolazioni da cui sono oppressi tutti gli abitanti di alcune regioni del centro dell’Africa. È cosa dolorosa ed orrenda constatare, come abbiamo saputo da sicure informazioni, che quasi quattrocentomila Africani, senza distinzione di età e di sesso, ogni anno sono violentemente rapiti dai loro miseri villaggi, dai quali, legati con catene e percossi con bastoni durante il lungo viaggio, sono portati ai mercati dove, come bestie, sono messi in mostra e venduti. – Di fronte alle testimonianze di coloro che videro queste cose e alle recenti conferme di esploratori dell’Africa equatoriale, Ci siamo accesi dal vivo desiderio di venire, secondo le Nostre forze, in aiuto di quegli infelici e di recare sollievo alla loro sventura. Perciò, senza indugio, abbiamo incaricato il diletto Nostro figlio Cardinale Carlo Marziale Lavigerie, di cui Ci sono noti l’energia e lo zelo Apostolico, di andare per le principali città dell’Europa a far conoscere l’ignominia di questo turpissimo mercato e ad indurre i Principi e i cittadini a portare soccorso a quelle infelicissime popolazioni. – Noi dobbiamo rendere grazie a Cristo Signore, Redentore amantissimo di tutte le genti, il quale nella sua benignità non permise che le Nostre sollecitudini andassero perdute, ma volle che riuscissero quasi come seme affidato a suolo fecondo, che promette una copiosa raccolta. Infatti i Reggitori dei popoli e i Cattolici di tutto il mondo, e tutti coloro che rispettano i diritti delle genti e della natura, gareggiarono nell’indagare quali mezzi soprattutto siano necessari per sradicare del tutto quel commercio inumano. Un solenne Congresso tenuto testé a Bruxelles, al quale convennero i Legati dei Principi d’Europa, e una recente assemblea di privati, che col medesimo intento e con generosi propositi si radunarono a Parigi, dimostrano chiaramente che la causa dei Negri sarà difesa con quella energia e quella costanza che richiede la mole delle sciagure da cui quei miseri sono oppressi. È per questo che non vogliamo trascurare la nuova occasione che si presenta di rendere le meritate lodi e i ringraziamenti ai Principi d’Europa e agli altri personaggi di buona volontà: al sommo Dio domandiamo fervidamente che voglia dare felice riuscita ai loro disegni ed all’impianto di una così grande impresa. – Ma, oltre alla cura di difendere la libertà, un’altra cura più grave, più da vicino riguarda il Nostro ministero Apostolico, quella cioè che impone di adoperarci perché nelle regioni dell’Africa si propaghi la dottrina del Vangelo, che con la luce della verità divina illumini quelle popolazioni giacenti nelle tenebre e oppresse da cieca superstizione, affinché diventino con noi partecipi dell’eredità del regno di Dio. Questo impegno poi lo curiamo con tanto maggior zelo, in quanto quei popoli, ricevuta la luce evangelica, scuoteranno da sé il giogo della schiavitù umana. Infatti, dove sono in vigore i costumi e le leggi cristiane; dove la religione insegna agli uomini a rispettare la giustizia e a onorare la dignità umana; dove ampiamente si diffuse quello spirito di carità fraterna, che Cristo c’insegnò, quivi non può esistere né schiavitù, né ferocia, né barbarie; ma fioriscono la soavità dei costumi e la libertà cristiana accompagnata dalla civiltà. – Già parecchi uomini Apostolici, quasi avanguardia di Cristo, sono andati in quelle regioni dove, per la salute dei fratelli, diedero non solo il sudore, ma anche la vita. Tuttavia la messe è molta, ma gli operai sono pochi; per cui è necessario che moltissimi altri, animati dallo stesso spirito di Dio, senza timore alcuno né di pericoli, né di disagi, né di fatiche, vadano in quelle regioni dove si esercita quel vergognoso commercio, per recare ai loro abitanti la dottrina di Cristo congiunta alla vera libertà. – Però un’impresa di tanta gravità domanda mezzi pari alla sua ampiezza. Infatti non si può provvedere senza grandi disponibilità all’Istituto dei missionari, ai lunghi viaggi, alla costruzione delle residenze, alla erezione e alla dotazione delle chiese e ad altre simili cose necessarie: dovremo sostenere tali spese per alcuni anni, finché, in quei luoghi dove si saranno fissati, i predicatori del Vangelo possano provvedere autonomamente. Dio volesse che Noi avessimo i mezzi con cui poter sostenere questo peso! Ma ostando ai Nostri voti le gravi angustie nelle quali Ci troviamo, con paterna voce Ci appelliamo a te, Venerabile Fratello, a tutti gli altri Vescovi e a tutti i Cattolici, e raccomandiamo alla vostra e alla loro carità una così santa e salutare opera. Infatti desideriamo che tutti partecipino, anche con una piccola offerta, affinché il peso, diviso fra molti, diventi più leggero e tollerabile da tutti, e perché in tutti si diffonda la grazia di Cristo, trattandosi della propagazione del suo regno, e a tutti arrechi la pace, il perdono dei peccati e qualunque dono più prezioso. – Decidiamo pertanto che ogni anno, nel giorno e dove si celebrano i misteri dell’Epifania, venga raccolto denaro come offerte a favore dell’Opera ora ricordata. Scegliamo questo giorno solenne a preferenza degli altri, perché, come bene intendi, Venerabile Fratello, in quel giorno il Figlio di Dio per la prima volta si palesò alle genti, mentre si fece conoscere ai Magi, i quali perciò da San Leone Magno, Nostro antecessore, sono appunto chiamati le primizie della nostra vocazione e della fede. Speriamo pertanto che Cristo Signore, commosso dalla carità e dalle preci dei figli, i quali ricevettero la luce della verità con la rivelazione della sua divinità, illumini pure quella infelicissima parte del genere umano e la tolga dal fango della superstizione e dalla dolorosa condizione, in cui da tanto tempo giace avvilita e trascurata. – Vogliamo poi che il denaro raccolto in detto giorno nelle chiese e nelle cappelle soggette alla tua giurisdizione, sia trasmesso a Roma alla Sacra Congregazione di Propaganda. Sarà poi compito di essa ripartire questo denaro tra le Missioni che esistono o verranno istituite nelle regioni Africane, soprattutto per estirpare la schiavitù; il riparto sarà fatto in modo che le somme di denaro provenienti dalle nazioni che hanno proprie Missioni cattoliche per redimere gli schiavi, come ricordammo, vengano assegnate a mantenere e a promuovere le stesse. La rimanente elemosina sia poi ripartita con prudente criterio fra le più bisognose dalla stessa Sacra Congregazione, la quale conosce i bisogni delle Missioni. – Non dubitiamo che Dio, ricco in misericordia, accolga benignamente i voti che formuliamo per gli infelici Africani, e che tu, Venerabile Fratello, ti adopererai spontaneamente con la volontà e con il tuo lavoro perché siano abbondantemente soddisfatti questi propositi. Confidiamo inoltre che con questo temporaneo e speciale soccorso, che i fedeli daranno per abolire la piaga del traffico disumano e per sostentare i banditori del Vangelo nei luoghi dove essa esiste, non diminuirà la liberalità con la quale si sogliono promuovere le Missioni cattoliche con l’elemosina raccolta dall’Istituto che, fondato a Lione, fu detto della Propagazione della Fede. Quest’opera salutare, che già raccomandammo ai fedeli, presentandosene l’opportunità elogiamo nuovamente, desiderando che largamente estenda i suoi benefici e fiorisca in lieta prosperità.

Intanto, Venerabile Fratello, a te, al clero e ai fedeli affidati alla tua pastorale vigilanza, affettuosissimamente impartiamo la Benedizione Apostolica.

Dato a Roma, presso San Pietro, il 20 novembre 1890, anno decimoterzo del Nostro Pontificato.

DOMENICA FRA L’ASCENSIONE (2023)

DOMENICA FRA L’ASCENSIONE (2023)

Semidoppio. • Paramenti bianchi.

Noi celebreremo l’Ascensione del Signore rettamente, fedelmente, devotamente, santamente, piamente, se, come dice S. Agostino, ascenderemo con Lui e terremo in alto i nostri cuori. I nostri pensieri siano lassù dove Egli è, e quaggiù avremo il riposo. Ascendiamo ora con Cristo col cuore e, quando il giorno promesso sarà venuto lo seguiremo anche col corpo. Rammentiamoci però che né l’orgoglio, né l’avarizia, né la lussuria salgono con Cristo; nessun nostro vizio ascenderà con il nostro Medico, e perciò se vogliamo andare dietro il Medico delle anime nostre, dobbiamo deporre il fardello dei nostri vizi e dei nostri peccati » (Mattutino). Questa Domenica ci prepara alla Pentecoste. Prima di salire al cielo Gesù, nell’ultima Cena ci ha promesso di non lasciarci orfani, ma di mandarci il Suo Spirito Consolatore (Vang., All.) affinché in ogni cosa glorifichiamo Dio per Gesù Cristo (Ep.). — Come gli Apostoli riuniti nel Cenacolo, anche noi dobbiamo prepararci, con la preghiera e la carità (Ep.) al santo giorno della Pentecoste, nel quale Gesù, che è il nostro avvocato presso il Padre, ci otterrà da Lui lo Spirito Santo.

Incipit

In nómine Patris, et Fílii, et Spíritus Sancti. Amen.

Adjutórium nostrum in nómine Dómini.
R. Qui fecit cælum et terram.
Confíteor Deo omnipoténti, beátæ Maríæ semper Vírgini, beáto Michaéli Archángelo, beáto Joánni Baptístæ, sanctis Apóstolis Petro et Paulo, ómnibus Sanctis, et vobis, fratres: quia peccávi nimis cogitatióne, verbo et ópere: mea culpa, mea culpa, mea máxima culpa. Ideo precor beátam Maríam semper Vírginem, beátum Michaélem Archángelum, beátum Joánnem Baptístam, sanctos Apóstolos Petrum et Paulum, omnes Sanctos, et vos, fratres, oráre pro me ad Dóminum, Deum nostrum.
S. Misereátur nostri omnípotens Deus, et, dimíssis peccátis nostris, perdúcat nos ad vitam ætérnam.
R. Amen.
S. Indulgéntiam, absolutiónem et remissiónem peccatórum nostrórum tríbuat nobis omnípotens et miséricors Dóminus.
R. Amen.

V. Deus, tu convérsus vivificábis nos.
R. Et plebs tua lætábitur in te.
V. Osténde nobis, Dómine, misericórdiam tuam.
R. Et salutáre tuum da nobis.
V. Dómine, exáudi oratiónem meam.
R. Et clamor meus ad te véniat.
V. Dóminus vobíscum.
R. Et cum spíritu tuo.

Introitus

Ps XXVI: 7, 8, 9 Exáudi, Dómine, vocem meam, qua clamávi ad te, allelúja: tibi dixit cor meum, quæsívi vultum tuum, vultum tuum, Dómine, requíram: ne avértas fáciem tuam a me, allelúja, allelúja.

[Ascolta, o Signore, la mia voce, con la quale Ti invoco, allelúia: a te parlò il mio cuore: ho cercato la Tua presenza, o Signore, e la cercherò ancora: non nascondermi il Tuo volto, allelúia, allelúia.]

Ps XXVI: 1 Dóminus illuminátio mea et salus mea: quem timébo?

[Il Signore è mia luce e la mia salvezza: di chi avrò timore?].

V. Glória Patri, et Fílio, et Spirítui Sancto.
R. Sicut erat in princípio, et nunc, et semper, et in sǽcula sæculórum. Amen.

Exáudi, Dómine, vocem meam, qua clamávi ad te, allelúja: tibi dixit cor meum, quæsívi vultum tuum, vultum tuum, Dómine, requíram: ne avértas fáciem tuam a me, allelúja, allelúja.

[Ascolta, o Signore, la mia voce, con la quale Ti invoco, allelúia: a te parlò il mio cuore: ho cercato la Tua presenza, o Signore,e la cercherò ancora: non nascondermi il Tuo volto, allelúia, allelúia.]

Kyrie

S. Kýrie, eléison.
M. Kýrie, eléison.
S. Kýrie, eléison.
M. Christe, eléison.
S. Christe, eléison.
M. Christe, eléison.
S. Kýrie, eléison.
M. Kýrie, eléison.
S. Kýrie, eléison.

Gloria

Glória in excélsis Deo. Et in terra pax homínibus bonæ voluntátis. Laudámus te. Benedícimus te. Adorámus te. Glorificámus te. Grátias ágimus tibi propter magnam glóriam tuam. Dómine Deus, Rex cæléstis, Deus Pater omnípotens. Dómine Fili unigénite, Jesu Christe. Dómine Deus, Agnus Dei, Fílius Patris. Qui tollis peccáta mundi, miserére nobis. Qui tollis peccáta mundi, súscipe deprecatiónem nostram. Qui sedes ad déxteram Patris, miserére nobis. Quóniam tu solus Sanctus. Tu solus Dóminus. Tu solus Altíssimus, Jesu Christe. Cum Sancto Spíritu ✠ in glória Dei Patris. Amen.

Oratio.

Orémus. – Omnípotens sempitérne Deus: fac nos tibi semper et devótam gérere voluntátem; et majestáti tuæ sincéro corde servíre.

[Dio onnipotente ed eterno: fa che la nostra volontà sia sempre devota: e che serviamo la tua Maestà con cuore sincero].

Lectio

Léctio Epístolæ beáti Petri Apóstoli. 1 Pet IV: 7-11

“Caríssimi: Estóte prudéntes et vigiláte in oratiónibus. Ante ómnia autem mútuam in vobismetípsis caritátem contínuam habéntes: quia cáritas óperit multitúdinem peccatórum. Hospitáles ínvicem sine murmuratióne: unusquísque, sicut accépit grátiam, in altérutrum illam administrántes, sicut boni dispensatóres multifórmis grátiæ Dei. Si quis lóquitur, quasi sermónes Dei: si quis minístrat, tamquam ex virtúte, quam adminístrat Deus: ut in ómnibus honorificétur Deus per Jesum Christum, Dóminum nostrum.”

[“Carissimi: Siate prudenti e perseverate nelle preghiere. Innanzi tutto, poi, abbiate fra di voi una mutua e continua carità: poiché la carità copre una moltitudine di peccati. Praticate l’ospitalità gli uni verso gli altri senza mormorare: ognuno metta a servizio altrui il dono che ha ricevuto, come si conviene a buoni dispensatori della multiforme grazia di Dio. Chi parla, lo faccia come fossero parole di Dio: chi esercita un ministero, lo faccia come per virtù comunicata da Dio: affinché in tutto sia onorato Dio per Gesù Cristo nostro Signore.”]

La carità, dice letteralmente la odierna Epistola, copre una moltitudine di peccati: sentenza che ha una notissima parafrasi popolare nella esclamazione posta dal Manzoni in bocca a Lucia di fronte all’Innominato: Dio perdona tante cose per un’opera di misericordia! Sentenza, che, a voler sottilizzare, presenta, ossia presenterebbe una certa difficoltà. Che cosa significa propriamente? Che cosa vuol dire l’Apostolo? La carità di cui parla che cancella o copre (le due metafore, appunto perché metafore, si possono equivalere) che carità è? La carità verso Dio? E allora la sentenza è una tautologia. Sfido: quando un’anima ha la carità, i peccati sono belli e svaniti; come quando uno ha caldo, il freddo se n’è bello e ito. La carità verso il prossimo nei limiti soprattutto pratici, in cui essa è possibile anche senza amor di Dio? Certo bisogna intenderla così, così l’intende il buon senso cristiano. Giacché di fatto ci può essere, c’è un certo amor del prossimo anche là dove e quando ancora non arda completo l’amore verso Dio. C’è della gente che ha cuore e non ha fede. Che ha cuore, ma non osserva ancora tutt’intiera la legge. C’è della gente che ha molto, ha parecchio da farsi perdonare da Dio. – Ebbene l’Apostolo riprende l’insegnamento del Maestro: per essere perdonati (da Dio) bisogna perdonare (agli uomini); perché Dio sia buono con noi, dobbiamo noi essere buoni coi nostri fratelli. I casi son due; e ve li espongo, perché uno dei due può essere benissimo il caso vostro. Il miglior caso è questo: un uomo ha da poco o da molto disertato i sentieri della bontà, della verità forse; ma adesso comincia a rientrare in se stesso, ad accorgersi della cattiva strada, per cui si è messo a sentirne dolorosamente il disagio… Non parliamo ancora di conversione, ma di un lontano principio di essa. Non parliamo di fuoco, ma la scintilla c’è: un oscuro desiderio della casa paterna improvvidamente abbandonata, del Padre che vi attende il prodigo figlio. Che fare? E che cosa consigliare a quest’anima? Non, s’intende, come mèta integrale e finale, ma come primo avviamento operoso e pratico e profondo? Fa del bene al tuo prossimo, tutto il bene che puoi, il maggior bene che tu possa.. Fa’ del bene, fa’ della carità, anche se, per avventura, tu avessi smarrito la fede o l’avessi smozzicata ed informe. Fa’ del bene. Perché, lo ha detto così bene San Vincenzo: è mistero la SS. Trinità, mistero la Incarnazione del Verbo, e davanti al mistero può ribellarsi orgogliosa la tua ragione, ma non è mistero che un tuo fratello soffra la fame e che tu potresti sfamarlo con le briciole del pane che ti sopravanza. E allora: da bravo, coraggio! Comincia di lì. Dà del pane a chi ha fame. Fa quest’opera buona; esercita questa carità. È carità che farà del bene anche a te, bene materiale, ma anche un po’ spirituale a colui che lo riceve; bene spirituale a te che lo dai. Ti farà del bene, ti renderà più buono, meno cattivo, sarebbe più esatto dire: diminuirà, sia pur di poco, ma diminuirà la tua lontananza da Dio benedetto. Anzi, questo lo farà anche se tu non lo pensi e non ne abbia l’intenzione; come la medicina fa del bene anche al malato che la prende senza sapere che è medicina, senza desiderare di guarire. La carità avvicina l’uomo all’uomo e avvicina l’uomo a Dio. Lo rende meno dissimile da Lui, meno difforme da Lui. E Dio ce lo ha detto, ce lo ha detto Gesù Cristo: Vuoi essere perdonato? Perdona. Dio tratta noi nella stessa misura e forma che noi trattiamo i nostri fratelli. Spietati noi coi fratelli? Spietato Dio con noi; tutto giustizia e niente misericordia. Misericordiosi noi coi fratelli nostri? Misericordioso Dio con noi; pieno di misericordia e di perdono. – Non si potevano saldare più nettamente, profondamente le due cause: l’umana e la divina, la filantropia e la carità! E questa saldatura mi permette di dire una parola anche a quelli che fossero o si fingessero buoni Cristiani: siate caritatevoli, fate carità, abbiate misericordia anche voi, perché innanzi tutto non c’è un Cristiano senza torti con Dio; ma se ci fosse, non dovrebbe fare a Dio il torto di essere senza cuore pei figli di Lui, suoi fratelli, di vantarsi o credersi perfetto, senza carità, senza misericordia.

(p. G. Semeria: Epistole della Domenica – Milano – 1939)

Graduale

Allelúja, allelúja.
Ps XLVI: 9
V. Regnávit Dóminus super omnes gentes: Deus sedet super sedem sanctam suam. Allelúja.

[Il Signore regna sopra tutte le nazioni: Iddio siede sul suo trono santo.
Allelúia.]

Joannes XIV: 18
V. Non vos relínquam órphanos: vado, et vénio ad vos, et gaudébit cor vestrum. Allelúja.

[Non vi lascerò orfani: vado, e ritorno a voi, e il vostro cuore si rellegrerà. Allelúia.]

Evangelium

Sequéntia ✠ sancti Evangélii secúndum Joánnem.

Joannes XV: 26-27; XVI: 1-4

“In illo témpore: Dixit Jesus discípulis suis: Cum vénerit Paráclitus, quem ego mittam vobis a Patre, Spíritum veritátis, qui a Patre procédit, ille testimónium perhibébit de me: et vos testimónium perhibébitis, quia ab inítio mecum estis. Hæc locútus sum vobis, ut non scandalizémini. Absque synagógis fácient vos: sed venit hora, ut omnis, qui intérficit vos, arbitrétur obséquium se præstáre Deo. Et hæc fácient vobis, quia non novérunt Patrem neque me. Sed hæc locútus sum vobis: ut, cum vénerit hora eórum, reminiscámini, quia ego dixi vobis”.

[In quel tempo: Disse Gesù ai suoi discepoli: Quando verrà il Consolatore che io vi manderò dal Padre, lo Spirito di verità che procede dal Padre, egli mi renderà testimonianza; e anche voi mi renderete testimonianza, perché siete stati con me fin dal principio. Vi ho detto queste cose perché non abbiate a scandalizzarvi. Vi scacceranno dalle sinagoghe; anzi, verrà l’ora in cui chiunque vi ucciderà crederà di rendere culto a Dio. E faranno ciò, perché non hanno conosciuto né il Padre né me. Ma io vi ho detto queste cose perché, quando giungerà la loro ora, ricordiate che ve l’ho detto.

OMELIA

(G. Colombo: Pensieri sui Vangeli e sulle feste del Signore e dei Santi; VI ediz. – Soc. Ed. Vita e pensiero.- Milano 1956.)

CREDO LA SANTA CHIESA CATTOLICA

Terribili furono i giorni in cui Dio abbandonò la terra alla vendetta delle acque. Tutto l’ordine dell’universo fu sconvolto: si condensarono le nubi accavallandosi le une alle altre con tuoni rombanti, e il mondo fu scosso come da un gran singulto. Gli argini del grande abisso dei mari s’infransero, le cateratte del cielo si sfondarono, e tutto fu travolto dalle fiumane impetuose. Illesa, sopra l’universale rovina l’arca di Noè placidamente galleggiava. La gente che in essa s’era raccolta cantava le lodi del Signore, con tranquillità e beatitudine, mentre intorno ogni carne che aveva vita, dall’uomo all’ultimo animale della terra, affogava. Questa è la più bella immagine della Chiesa di Cristo che, in mezzo al diluviare degli errori e all’infuriare delle persecuzioni, illesa galleggia sopra i secoli, portando all’eterna salute quelli che in essa si sono rifugiati. Ma che cosa è la santa Chiesa Cattolica? È l’insieme di tutti gli uomini che hanno e professano la medesima fede, che ricevono i medesimi Sacramenti, che ubbidiscono all’autorità del Papa, successore di S. Pietro. Chi, per propria colpa, è fuori di questa società, non speri giammai di essere salvo, come fuori dell’arca nessuno si è salvato: perché questa è l’unica vera arca di salvezza e Gesù Cristo si è fatto uomo apposta per istituirla. E appunto perché vera, essa è perseguitata: ma si ricordino i persecutori che, nonostante i loro sforzi satanici, la Chiesa di Cristo galleggerà sempre più in alto, mentre essi saranno sommersi nella rovina. Unica che salva! Perciò perseguitata! Ecco i due pensieri che Gesù Cristo volle dire ai suoi discepoli prima di salire in Paradiso, e che S. Giovanni ci ha conservati nel suo Vangelo. « Io vado, però non temete. Vi manderò lo Spirito Santo, che procede dal Padre. Esso è Spirito. di verità ». Spiritum veritatis. Notate dunque che non alle sette, non ai partiti, ma solo alla Chiesa Cattolica ha dato lo Spirito della verità eterna. Poi Gesù prosegue, velando di mestizia la voce: « Non scandalizzatevi, ma è necessario che lo sappiate fin dal principio; sarete maltrattati, calunniati, odiati, uccisi. Ed ognuno che agirà contro di voi, crederà di farsi un merito, perché non conosce né il Padre, né me!». – 1. UNICA CHE SALVA. Uno dei più grandi poeti della Grecia e del mondo, Sofocle, fu accusato di essere pazzo dagli stessi suoi figliuoli, che prima del tempo avidamente pretendevano alla eredità paterna. Il processo era interessante, ed una immensa folla si accalcò davanti ai giudici: da una parte calmo e mesto stava il vecchio poeta, dall’altra i suoi figli ribelli e snaturati che s’affannavano a dimostrare la pazzia del loro genitore.  Quando tacquero, fu un silenzio altissimo e l’animo di ciascuno era teso nella aspettativa. Allora Sofocle si trasse da sotto la toga l’ultima sua tragedia e la declamò in faccia agli accusatori, ai giudici, al popolo. Com’ebbe finito, tutti applaudirono con folle entusiasmo; e vollero che il glorioso vegliardo fosse coronato d’alloro, mentre i figli indegni corsero a nascondersi nella loro umiliazione. Così, per difendersi contro le accuse e le calunnie dei figli ribelli, la Chiesa non ha che a presentare il suo Vangelo e le sue opere. Leggete il Vangelo, studiate il Vangelo! Troverete che Gesù Cristo ha fondato una Chiesa unica, simile ad un immenso ovile che raccoglie le pecore da tutte le parti, simile all’albero che con la sua chioma ombreggia tutta la terra, simile alla rete gettata in mare a raccogliere pesci d’ogni qualità. Questa Chiesa, unica ed universale, Egli l’ha data in mano a S. Pietro e a tutti i suoi successori. « Pietro, mi ami tu? Ebbene, pasci i miei agnelli. Pasci le mie pecorelle ». Così gli ha detto il Signore sul lago di Tiberiade. Ed una volta ch’erano vicini a Cesarea di Filippo gli disse quest’altre parole: « Tu sei Pietro, e su questa pietra fonderò la mia Chiesa ed avrai in mano la chiave del regno dei cieli ». Chi dunque non è con Pietro, ossia col Papa, è fuori della Chiesa, e fuori della Chiesa non c’è salvezza. Quando vi capiteranno tra le mani giornali o stampe che parlano male del Papa o dei Vescovi o dei preti che ubbidiscono al Papa, quando udrete taluno che in pubblico o in privato oserà dir cose diverse da quelle che ha detto il Papa o i Vescovi e i preti ubbidienti al Papa, ricordatevi che chi s’allontana dal Papa va fuori della Chiesa. La Chiesa è là dove c’è il Papa, e fuor della Chiesa non c’è salvezza. Il Curato d’Ars ricevette un giorno la visita d’un ricco protestante, il quale aveva mantenuto l’incognito. Nel congedarlo, lo regalò d’una medaglietta del Papa « Già, voi non sapete ch’io sono protestante – rispose il visitatore; — Ma io son sicuro di trovarmi un giorno nel cielo accanto a voi ». « Per essere unito in cielo, bisogna esserlo prima sulla terra: l’albero, dove cade, sta ». « La fede, io l’ho, — rispose il protestante. — E Cristo ha detto che chi ha fede avrà la vita eterna ». « Benissimo. Ma non dimenticate che Cristo ha detto anche che ci sarà un gregge solo, sotto un pastore solo. Ha detto anche che se qualcuno non ascolta la Chiesa, sia come un idolatra e un peccatore. Non ci sono due maniere di servir Dio; non ce n’è che una buona, amico mio: quella stabilita da Lui: credere tutto e solo ciò che la santa Chiesa insegna, ubbidire a tutte le sue leggi. Il protestante, chinata la testa, meditò queste parole. Meditiamole anche noi, e ci faranno bene. – 2. PER CIÒ È PERSEGUITATA. Può forse l’orgoglioso appoggiare una dottrina d’umiltà? E l’uomo disonesto può forse approvare una dottrina d’austera castità? E l’irascibile una dottrina di mansuetudine e l’invidioso una dottrina d’amore e l’ingiusto una dottrina di giustizia? Quando il divin Maestro cominciò a predicare contro l’avarizia e la superbia dei Farisei, questi l’insultarono coi termini più volgari, e poiché Gesù non taceva lo fecero fuggire a sassi. Ebbene, i discepoli non sono più del Maestro. E la Chiesa non è da più del suo divin Fondatore. Per i primi tre secoli, gl’imperatori più potenti fecero una guerra sanguinosa ai Cristiani: e quali gettati in mare, e quali dannati ai lavori forzati delle miniere e quali in pasto alle belve, o crucciati con mille tormenti. Eppure, in ogni città i Cristiani si moltiplicavano. Sotto il suolo di Roma, nelle catacombe, la Chiesa viveva come il grano sotto il lenzuolo di neve, all’inverno. E quando il feroce imperatore eresse un monumento con la fastosa iscrizione: « al divo Diocleziano per aver distrutta la cristiana superstizione in tutto il mondo », ecco che si scoprono dei Cristiani perfino nella famiglia imperiale. Finiti i tre secoli delle persecuzioni dei corpi, cominciarono tre secoli di persecuzioni di anime: gli eretici più dotti e più accaniti spargevano gli errori contro la fede, ingannando moltissimi. Per altri secoli la Chiesa fu minacciata dalla ferocia dei barbari, e poi dalla forza brutale dei Maomettani che invadevano quasi tutto il mondo allora conosciuto, diffondendo la sensualità e la crudeltà. Infine, la Chiesa fu lacerata da Lutero che strappò molte nazioni di Europa dalla vera fede, per sospingerle nell’eresia del protestantesimo. Fu travagliata dalla grande rivoluzionefrancese, quando si gridava di non voler più né Dio né altare, si mettevano alla ghigliottina i Vescovi e preti. Ed ai nostri tempi quanta lotta non ha mosso alla Chiesa la massoneria! Quante volte il Papa, ai nostri giorni, ha levato il suo gemito contro il dilagare della disonestà., dell’indifferenza religiosa, della cattiva educazione dei fanciulli! E non sono finite le persecuzioni: dureranno ancora, finché durerà il mondo. La  Chiesa lo sa e non teme, perché essa non può che trionfare. Quando i santi Cosma e Damiano furono messi in croce, poiché anche dal patibolo predicavano la vera Religione e ne convertivano molti, il preside, ripieno di furore, comandò che fossero saettati da quattro cavalieri. Fu ubbidito. Ma le saette tornavano tutte indietro e ferirono i quattro cavalieri e quelli vicino a loro, ma ai Santi non fecero male veruno. Così fu e così sarà sempre di coloro che lanciano la saetta della persecuzione contro la Chiesa. Dov’è ora Nerone, Giuliano l’Apostata? sono morti, loro e la loro rabbia. Dove sono gli eretici? son morti, loro e la loro eresia. La Chiesa vive e trionfa. I Vescovi sono oggi, più che mai, uniti all’augusto loro Capo. I popoli da tutte le parti del mondo stendono verso di essa le loro mani supplichevoli. I re non sono sicuri senza il suo appoggio. Le stesse nazioni che sono separate e sembrano fuggirla, per vie nascoste, cercano e sospirano l’istante di riposarsi nel suo seno. – Sopra un’isola del lago Maggiore, un giovane e ardente diacono cadeva martire dell’unità della Chiesa: Arialdo. I sicari, sul luogo stesso del martirio, nascosero la salma santa, credendo che tutto fosse finito. Ed ecco che, di notte, una luce vivissima irradiava dal tumulo, e tutti i pescatori ch’erano sul lago, vedendola, accorrevano. Oliva, la donna perversa che l’aveva fatto uccidere, indispettita di quanto si narrava, fece trasportare la salma in un’altra isola. Quivi pure si rinnova il prodigio, e con più luce. Allora fu buttata in una cantina del castello di Travaglio. Ma fasci di luce trapassavano ogni schermo, sorgevano da ogni profondità, per svelare alla gente ove fosse il corpo del santo. Fu deciso perciò di gettarlo nel lago con appese grosse pietre che lo trascinassero e lo tenessero sul fondo: ma dieci mesi dopo — abbiamo tutto ciò da memorie contemporanee sulle quali non c’è ragione alcuna di dubitare — il corpo riapparve a fior d’acqua e fu deposto sulla sponda di Valtravaglia, intatto. Oliva ne fremette, tentò di soffocare la notizia del caso meraviglioso, e fece trasportare il corpo nella rocca di Arona, dopo aver ingiunto ai servi che lo sformassero col ferro e col fuoco. Intanto tutto il popolo della città di Milano, che aveva saputo, mosse col gonfalone, e con le armi, e con le insegne, alla conquista del corpo santo. Fu un mattino ampio e luminoso quando la salma del martire Arialdo, riconquistata dalla fede dei Milanesi, scendeva su apposita nave lungo il Ticino. Oh meraviglioso trionfo di fede! Sulle due sponde, da ogni parte accorreva gente con croci e con ceri; sonavano a distesa tutte le campane di tutti i campanili; ogni fanciullo squillava un campanello; ogni punto elevato, ogni albero era occupato da fedeli ansiosi di vederla; i malati guarivano; i peccatori piangevano i loro peccati: ognuno si sentiva trasmutare in novità di vita. Come lo splendore dei suoi Santi, così è la forza e il fulgore della verità che emana dalla Chiesa. Invano si cerca di soffocare la fede, di combattere il Papa: la Chiesa attraverso ad ogni battaglia trionferà sempre fin quando, finito il mondo, tutto il popolo della Città celeste del paradiso muoverà incontro al popolo stanco della Città terrena, e delle tre Chiese, militante, purgante, trionfante, se ne formerà una sola, in una unica gioia, con un unico grido trionfale: « Lode a Cristo: ieri, oggi, sempre: in tutti i secoli. Amen ». – – MI RENDERETE TESTIMONIANZA. È l’ultimo discorso di Gesù ai suoi discepoli. Egli non li inganna, non li pasce di rosee illusioni, ma svela a loro la vita difficile e spinosa che li attende. Il demonio non può star tranquillo ed ha sempre suscitato contro Cristo e contro i veri Cristiani penose persecuzioni. Attraverso a queste lotte, i Cristiani rendono testimonianza a Gesù. Et vos testimonium perhiberitis. Verrà un giorno in cui le parti saranno cambiate: Gesù non sarà più perseguitato, ma trionfatore; e dal suo trono di gloria e tra gli Angeli suoi chiamerà tutte le genti al suo tribunale. Chiamerà anche noi, e ci dirà: « Mi hai reso testimonianza? ». Che cosa gli risponderemo? Forse d’aver avuto vergogna? « Tu hai avuto vergogna di me davanti agli uomini; anch’Io, guarda, ho vergogna di te davanti al Padre mio e a tutti i Santi del Paradiso. Vattene nel fuoco eterno! ». Nessuno di noi, certamente, desidera sentirsi piombare addosso questa terribile condanna. Allora consideriamo quale testimonianza noi, ora, sappiamo dare a Gesù testimonianza di parole, di azioni, di patimenti. – 1. TESTIMONIANZA DI PAROLE. Quando Pietro e Giovanni guarirono lo zoppo della Porta Speciosa, in tutto il popolo s’accese un grande entusiasmo; onde i magistrati del tempio e gli anziani rodendosi dalla rabbia li fecero gettare in prigione. « In nome di chi avete guarito lo zoppo? » domandarono i magistrati per intimorirli. Pietro sapeva bene che se avesse fatto il nome di Gesù l’avrebbero condannato. Eppure non ebbe paura di dare a Cristo la sua testimonianza: « Anziani e capi del popolo! se presso di voi è delitto beneficare gli sventurati sappiate che io l’ho fatto nel Nome di N. S. Gesù Cristo, quello che voi avete ucciso, quello che Dio risuscitò da morte ». I magistrati allora li minacciarono perché tacessero. Pietro e Giovanni fremettero di sdegno e risposero: « Noi non possiamo tacere ». Non enim possumus non loqui (Atti, IV, 20). Quando sì tratta della gloria di Dio e dell’onore di Gesù Cristo, gli Apostoli non potevano tacere. Ma quante volte, ai nostri giorni, si deride in presenza nostra la religione, si parla dei Sacerdoti, si mettono alla berlina le persone devote, e noi tacciamo. Abbiamo vergogna di render testimonianza a Gesù con le nostre parole. « Io non ho coraggio »  si scusano alcuni. Sentite come a costoro S. Gerolamo risponde: « Se si trattasse di difendere il tuo onore, salteresti su come una vipera, ma perché si tratta di difendere l’onore del tuo Dio, ci passi sopra e taci; se pur non partecipi, e non approvi con gesti e con sorrisi  ».  In Dei iniuria benigni sumus; in nostris contumeliis odia exercemus. Siamo nell’officina; c’è vicino a noi chi fa discorsi osceni, chi ingiuria il Papa, la verginità della Madonna, chi nega l’Inferno e il Paradiso… e noi, per vergogna, tacciamo. Si va in treno: un uscio sbatacchia e un signore bestemmia. (Si bestemmia anche per meno). Noi udiamo l’insulto atroce contro Gesù, e non diciamo niente. Dite: se contro di voi si scrivesse una lettera infamante, lascereste che tutti la leggano? e perché allora non rimproverate i vostri fratelli, i vostri parenti, i vostri amici quando li vedete leggere certi libri e certi giornali che sono un’infamia sola contro Gesù Cristo? Perché non li rimproverate quando vanno a certi ritrovi, a certi teatri, ai balli, ove si offende Iddio? Voi non rendete testimonianza a Gesù Cristo con le vostre parole: voi siete cani muti che non sanno latrare. – 2. TESTIMONIANZA DI OPERE. S. Agostino, parlando agli infedeli, dice: « Se volete convincervi che la nostra Religione sia vera, guardate come vivono i Cristiani. Tra noi non v’ha né ingiustizia, né frode: ma tutto è amore, purezza, pietà ». Il Vescovo d’Ippona potrebbe, ancora oggi, ripetere il suo argomento? Potrebbe ripeterlo per noi? Le nostre opere sono dunque una testimonianza a Gesù Cristo? O non è da temersi che avvenga della Chiesa di Cristo quel che avvenne di Gerusalemme, quando i suoi nemici la videro distrutta e desolata e la ingiuriarono atrocemente? Hæccine est urbs perfecti decoris? È questa quella Religione che Dio portò sulla terra? Son questi i Cristiani? Questa gente che vive soltanto per divertirsi, per bere e mangiare, per far danaro, più o meno con giustizia? Hanno il nome di Cristiani, ma le opere sono pagane. Il Signore potrebbe ripetere anche a noi il suo lamento: « Mi chiamate Padre, ma dov’è l’onore che mi rendete? » Si pater ego sum ubi est honor meus? Dov’è l’onore che mi rendi, quando hai vergogna di levarti il cappello davanti ad una Chiesa, ad un’immagine santa? Se ti capita in casa un forestiero, o se ti trovi in compagnia, tu hai vergogna a rispettare la legge del magro; tu hai vergogna a lasciare gli amici quando suona la campana della dottrina cristiana; tu hai vergogna ad iscriverti tra le file dell’Azione Cattolica, come vuole il Papa. Dov’è dunque la tua testimonianza di opere? – 3. TESTIMONIANZA DI PATIMENTI. Sventolando una bandiera — rossa per il sangue d’innumerevoli vittime sacrificate a un dispotismo senza nome — correvano in tumultuosa manifestazione per le vie di Guadalajara le turbe del dittatore della repubblica messicana. Incontrarono nel loro cammino un bimbo innocente di dieci anni: sotto il braccio teneva un fascio di fogli stampati in cui si esortavano i Cattolici a resistere nella persecuzione e a pregare. « Chi te li diede? ». Li ho chiesti io alla Commissione di propaganda cattolica ». « Chi forma questa Commissione? ». « Non lo so ». – « Tu lo sai: dillo » . « Non lo dirò mai ». Fu subito arrestato e condotto in una buia e fetente prigione. La notizia dell’arresto fece accorrere la madre: e davanti alla mamma con terribili minacce gli intimarono di svelare il nome di quelli da cui aveva ricevuti quei fogli. « Non ve lo dirò mai » rispose con fortezza sovrumana il fanciullo. E subito sibilarono nell’aria le fruste. Sull’esile corpo caddero i colpi e il sangue sgorgò. La mamma piangeva, ma tra i singhiozzi esortava il piccolo figlio suo: « Non svelare, figlio! Mia creatura, non svelare! ». I carnefici delusi dalla fortezza di quel bambino, imbestialiti, gli stroncarono le braccia. Così il piccolo martire rendeva testimonianza a Gesù Cristo e alla sua Chiesa perseguitata, con i suoi patimenti. A noi, per ora, Gesù non domanda la testimonianza del sangue, purtroppo però, non siamo capaci di dargli neppure quella dei piccoli patimenti. Quante volte, a sera, non abbiamo saputo vincere il sonno e la stanchezza per recitare le nostre preghiere! Quante volte non abbiamo saputo mortificare la nostra gola, nel bere o nel mangiare; i nostri occhi nel guardare, la nostra lingua nel parlare! Quante volte non abbiamo saputo dimenticare una piccola offesa, ed abbiamo riscaldato in cuore la vendetta attendendo il momento opportuno per scagliarla. I veri Cristiani non agiscono così: essi fanno come gli Apostoli che erano contenti quando potevano patire qualche cosa per amor di Gesù Cristo. – Molti degli Israeliti avevano dimenticato i comandamenti del Signore e tentennavano verso il culto di un idolo chiamato Baal. Elia, allora, fece adunare tutto il popolo sul monte Carmelo e disse: «Fino a quando tentennerete così? Come mai osate congiungere insieme Dio e Baal? Se il Signore è il vostro Dio, perché non gli rendete testimonianza? E se non lo è, perché non lo rinnegate decisamente? ». Si Dominus est Deus, sequimini eum; si autem Baal sequimini illum (III Re XVIII, 21). Tale è la disgiuntiva che dal suo Vangelo, oggi, il Signore propone a noi tutti: « O Dio o Baal; o Cristo o il mondo ». Scegliete. Ma se la vostra scelta è per Gesù Cristo, allora rendetegli testimonianza: testimonianza con le parole, con le azioni, coi patimenti.

IL CREDO

Offertorium

Orémus

Ps XLVI:6. Ascéndit Deus in jubilatióne, et Dóminus in voce tubæ, allelúja.

 Secreta

Sacrifícia nos, Dómine, immaculáta puríficent: et méntibus nostris supérnæ grátiæ dent vigórem. [Queste offerte immacolate, o Signore, ci purífichino, e conferiscano alle nostre ànime il vigore della grazia celeste.].

Præfatio

V. Dóminus vobíscum.
R. Et cum spíritu tuo.
V. Sursum corda.
R. Habémus ad Dóminum.
V. Grátias agámus Dómino, Deo nostro.
R. Dignum et justum est.

de Ascensione Domini

[Vere dignum et justum est, æquum et salutáre, nos tibi semper et ubíque grátias ágere: Dómine sancte, Pater omnípotens, ætérne Deus: per Christum, Dóminum nostrum. Qui post resurrectiónem suam ómnibus discípulis suis maniféstus appáruit et, ipsis cernéntibus, est elevátus in cælum, ut nos divinitátis suæ tribúeret esse partícipes. Et ídeo cum Angelis et Archángelis, cum Thronis et Dominatiónibus cumque omni milítia cœléstis exércitus hymnum glóriæ tuæ cánimus, sine fine dicéntes:
[È veramente degno e giusto, conveniente e salutare, che noi, sempre e in ogni luogo, Ti rendiamo grazie, o Signore Santo, Padre Onnipotente, Eterno Iddio: per Cristo nostro Signore. Il quale dopo la sua resurrezione apparve manifestamente a tutti i suoi discepoli, alla cui vista salí al cielo, per farci partecipi della sua divinità. E perciò con gli Angeli e gli Arcangeli, con i Troni e le Dominazioni, e con tutta la milizia dell’esercito celeste, cantiamo l’inno della tua gloria, dicendo senza fine:]
Sanctus, Sanctus, Sanctus Dóminus, Deus Sábaoth. Pleni sunt cæli et terra glória tua. Hosánna in excélsis. Benedíctus, qui venit in nómine Dómini. Hosánna in excélsis.

Preparatio Communionis

Orémus: Præcéptis salutáribus móniti, et divína institutióne formáti audémus dícere:
Pater noster

qui es in cælis. Sanctificétur nomen tuum. Advéniat regnum tuum. Fiat volúntas tua, sicut in cælo et in terra. Panem nostrum quotidiánum da nobis hódie. Et dimítte nobis débita nostra, sicut et nos dimíttimus debitóribus nostris. Et ne nos indúcas in tentatiónem:
R. Sed líbera nos a malo.
S. Amen.

Agnus Dei

Agnus Dei, qui tollis peccáta mundi: miserére nobis.
Agnus Dei, qui tollis peccáta mundi: miserére nobis.
Agnus Dei, qui tollis peccáta mundi: dona nobis pacem.

Panem cæléstem accípiam, et nomen Dómini invocábo.
V. Dómine, non sum dignus, ut intres sub tectum meum: sed tantum dic verbo, et sanábitur ánima mea.
V. Dómine, non sum dignus, ut intres sub tectum meum: sed tantum dic verbo, et sanábitur ánima mea.
V. Dómine, non sum dignus, ut intres sub tectum meum: sed tantum dic verbo, et sanábitur ánima mea.

COMUNIONE SPIRITUALE

Communio

Joannes. XVII:12-13; 15 Pater, cum essem cum eis, ego servábam eos, quos dedísti mihi, allelúja: nunc autem ad te vénio: non rogo, ut tollas eos de mundo, sed ut serves eos a malo, allelúja, allelúja.

[Padre, quand’ero con loro ho custodito quelli che mi hai affidati, allelúia: ma ora vengo a Te: non Ti chiedo di toglierli dal mondo, ma di preservarli dal male, allelúia, allelúia.]

Postcommunio.

Orémus.

Repléti, Dómine, munéribus sacris: da, quæsumus; ut in gratiárum semper actióne maneámus.

[Nutriti dei tuoi sacri doni, concedici, o Signore, Te ne preghiamo: di ringraziartene sempre.]

PREGHIERE LEONINE (dopo la Messa)

RINGRAZIAMENTO DOPO LA COMUNIONE (1)

ORDINARIO DELLA MESSA

LO SCUDO DELLA FEDE (252)

LO SCUDO DELLA FEDE (252)

LA SANTA MADRE CHIESA NELLA SANTA MESSA (21)

SPIEGAZIONE STORICA, CRITICA, MORALE DELLA SANTA MESSA

Mons., BELASIO ANTONIO MARIA

Ed. QUINTA

TORINO, LIBRERIA SALESIANA EDITRICE, 1908

CAPO III

IL SACRIFICIO DIVINO

SECONDA PARTE DEL CANONE.

CAPO IV

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LA PARTECIPAZIONE

ossia la Comunione Divina.

ART.  II.

L’orazione: Hæc commixtio.

« Questa mescolanza del Corpo e del Sangue di di Gesù Cristo torni per noi, che la riceveremo, a vita eterna. » Il che vuol significare appunto, che Gesù Redentore, per rendere perfetta la redenzione, secondo il disegno dell’amore divino, si ha da frammischiare con noi, ha da compenetrarci colla consacrazione del suo Corpo, si ha da unire indivisibilmente così, che portandoci seco identificati  (Io. Chrys. Hom. 24, in I ad Cor.) in seno al Padre, possa dire con gaudio eterno: « Padre, quelli che mi avete raccomandati, Io non li ho perduti, ma ve li porto col sacrificio mio in seno a Voi; acciocché siamo una sola cosa; Io in essi, e Voi, o Padre, in me, affinché siam consumati in unità » (Ioan. 17). – Il Sacerdote nel recitare quest’orazione tiene fra le mani il calice col SS. Corpo e col Sangue, nelle specie riuniti insieme. Pare anzi che il Sacerdote col Redentore, che adora risorto dinanzi, voglia col cuore esclamare: « eccovi, o fratelli, eccovi il pegno di vita eterna. Come risorge il Capo, risorgeremo anche noi che ne siamo le membra, per vivere eternamente con Lui in Paradiso » (Coloss. c. 3, I Cor. 15. 48.). Così ci è qui dato comprendere ciò che aveva Gesù predetto; che Egli verrebbe sulla croce esaltato (Ioan. 3. 11) per trarci seco a salute. Eccolo di fatto, che glorioso come è in cielo, lo vediamo colla fede abbassarsi a noi sino ai piè della croce sull’altare, per unirci nel Sacramento, affine di compiere la sua promessa. Adunque pigliamo lena a correre alla beata immortalità; e sia pur alto il cielo, e noi troppo in basso; ma diamoci pace, ché ne abbiamo ragione, e anche così lontani in esilio, confidiamo; perché tra il cielo e la terra si frappone Gesù Uomo-Dio: e per Esso a noi si fa vicino il paradiso.

La Vita eterna.

Verrà adunque così compiuto per Gesù Cristo il numero degli eletti, e nella consumazione del tempo, tutta la Chiesa, assunta nell’immortalità, sarà coronata di gloria in paradiso! Dio buono, quanti misteri! Mentre col monte di Sion e con tutto l’universo piangono ancora i fedeli con tanta pietà sulla morte del Redentore, all’improvviso escon dal lutto: e come giubilavano gli Ebrei lieti al banchetto degli azimi intorno all’ agnello sacrificato, succinti alle reni, col bordone in mano, in atto d’uom sopra viaggio, avviati alla terra promessa; così i fedeli col paradiso aperto sul capo fanno festa negli azimi di una pura coscienza intorno all’Agnello divino, e vanno già celebrando colle più allegre speranze il passaggio all’immortalità coi beati del paradiso. Benché così poveri di cuore, ed umili di spirito: tuttavia, dall’altare al cielo breve essendo il tragitto, perché di qui la croce è la via di mezzo che ci conduce all’eterna vita (S. Io. Chrys. Min. 79, in Matth.); confortati leviamo gli occhi della fede a quell’altezza; sulle ali della speranza varchiamo le nubi, le sfere, i secoli, i mondi del tempo; facciamoci presso al soglio della gloria del Dio immortale. Pioveteci di cielo, o Signore, una stilla di quel gaudio, un piccol raggio di quell’eterno splendore che deve sorprendere un’anima nell’entrar in paradiso. Verrà per ciascuno di noi l’ora di nostra Pasqua finale. Allora quando in questo frale, logorato, cadavere ancor respirante, cogli occhi annebbiati, con rumor confuso all’orecchio, con l’immaginazione sconvolta, sentirà l’anima nostra rompersi intorno i vincoli dei sensi, sopra l’abisso dell’eternità…. allora in tetro silenzio, solitudine negra, confusione e tenebrore, dirà seco l’anima buona: « O mio Dio! che sia questa la morte? No, no pel Cristiano, che risorge con Gesù Cristo, non è morte; è il passaggio alla vita del paradiso!… Oh, paradiso!… Oh, paradiso!… Città eterna, dove la verità è la luce, la carità è la vita, l’eternità, il termine della beatitudine! . Là che folgori di intelligenze! che tratti di delizie! che trascendimenti d’interminabil gaudio! Colà, sciolto il legame dei sensi, contempleremo Gesù, Sostanzial Verbo, sole della eterna giustizia con quello sguardo con cui si possiede l’oggetto amato; i nostri omaggi in affetti infuocati passeranno immediati dai cuori nostri, senza più velo in mezzo, nel suo Cuore santissimo, siccome i raggi corrono al centro: Gesù ricevendoli ognora spandendo in noi del suo amore divino, vivremo alimentati di beatitudine. Oh eternità beata !… Fermiamoci un istante a questa elevati col pensiero: di là cerchiamo che cosa è mai la terra, questa aiuola, in che strisciamo così alteri… che questo granello anzi di arena, che noi appelliamo con enfatica vanità i mari ed i continenti dell’universo!… Di là misuriamo i monti e le valli delle frivole disuguaglianze delle miserie di questo mondo d’un’ora! E queste son le cose che turbano la nostra pace!… Oh, misero chi pascola quest’anima in vanità, quando ella è creata per bearsi di Dio in paradiso! Oh paradiso!… Oh paradiso! Ma e che oseremo noi dire, anzi pensare, che degno sia del paradiso? Anche s. Paolo, al terzo cielo elevato, tornato in terra si trovava confuso perché le parole umane non bastavangli ad espimere (1) ciò che occhio non vide, né orecchio ascoltò, né cuor di uomo poteva sentire, quanto prepara nel regno suo Iddio. Non andremo più in là, perché lo splendor di quella gloria ci sfolgora lo smarrito pensiero. Per noi basta contemplare sull’altare aperto il paradiso… E già compartecipi col cuore di quella beatitudine eterna, come udimmo i beati in paradiso glorificare l’Agnello divino Redentore santissimo, l’Uomo-Dio, che beatifica gli eletti nella immortale città; anche noi aggrega quella Chiesa celeste, concittadini di loro diremo sant’Agostino (August. Pe. En. P… in 149, I), anche noi vogliamo innalzare cantico nuovo. Ché sì veramente a noi s’addice un cantico nuovo, poiché sappiamo che dopo il Sacrificio dell’Agnello divino anche in cielo si canta un nuovo cantico (Apoc. 4, 9). Se al vecchio Testamento (Cor. 12, 3.) cantico vecchio si canta; al Testamento nuovo, saldato nel Sangue di Dio, un cantico al tutto nuovo. E quale sarà questo cantico intorno a Gesù, se nonmil cantico dell’eterna pace! Ecco appunto in tanta piena d’affetti divini, in tanta povertà di concetti umani, s’alza dal coro, a far eco al cielo, un canto.

Agnus Dei,

Orazione ed esposizione.

« Agnello di Dio, che togli i peecati del mondo, abbi misericordia di noi. »

« Agnello di Dio, che togli i peccati del mondo, abbi di noi misericordia. »

« Agnello di Dio, che togli i peccati del mondo, dona a noi la pace. »

Questo cantico è intuonato dal Sacerdote cogli occhi e col cuore tutto in Gesù, con una mano attaccata all’altare, coll’altra picchiandosi il petto per umiltà. – Egli ricorda Giovanni Battista, che quando vide Gesù comparire nel deserto, « io non son degno, diceva, di sciogliere a Lui i calzari; » e da lungi adorandolo: « Ecco, esclamava, l’Agnello di Dio: ecco colui che toglie i peccati del mondo » (Ioan. I, 29). Così mentre Gesù si mostra tra il cielo e la terra, e dai beati in cielo e dai fedeli in terra s’adora il Redentore sacrificato, acclamandolo Agnello di Dio, che toglie i peccati del mondo; anche noi picchiandoci il petto gridiamogli: « abbi di noi pietà! » E con S. Cipriano (De duplici martyrio) vogliamo esclamare: « niuno mai poté col sangue degli agnelli farsi innanzi al trono dell’altissimo Dio: Ora Voi, Gesù, presentate Voi stesso in cielo come un agnello in offerta, cadete innanzi al trono di Dio, versate il vostro Sangue, e trovate in cielo la redenzione! » Ah! Signore, fatene parte a noi per la vostra misericordia « miserere nobis. » Acclamiamo ancora con S. Cìpriano: « Ecco l’Agnello del Signore, che toglie i peccati del mondo; non i peccati dell’uno o dell’altro uomo, né i peccati di questo o di quell’altro popolo, ma i peccati del mondo universo. » Ah! dunque per pietà distruggete, o Signore, i nostri peccati: « miserere nobis. » « Agnello di Dio, acclamiamo lo vuole il cuore ancora, dateci la vostra pace! » Pace! pace! pace! E gli Angeli, intervenuti dal cielo a cantare sulla terra, quando comparve nato tra le virginali braccia di Maria Immacolata il Bambino Gesù; ora che il cielo s’abbassa alla terra ancora così, e le cose divine alle umane si mischiano e si confondono: gli Angeli della pace che fremevano per tremendo dolore al veder sul calvario Gesù trafitto sul petto a Maria or che manda vivo sangue dall’altare per la sua Chiesa; volando dalla terra al cielo cantano: « pace, pace, pace. » La Chiesa poi, dopo di avere salutato e festeggiato lo Sposo divino, che l’amò fino a versare per lei il Sangue, affin di pacificarla come agnello in sacrificio; chiesta a Lui misericordia e pace di suo diritto, perché se la guadagna tuttora col Sangue, che egli le ha dato in mano da versare; fa che il sacerdote si prostri colle mani giunte innanzi a Lui, e gli ricordi le sue promesse coll’orazione seguente.

Orazione: Domine Iesu Criste etc. detta per la pace.

« Signor, Gesù Cristo, che avete detto agli Apostoli: lascio a voi la mia pace: la mia pace a voi dò: non riguardate i miei peccati; ma sì la fede della vostra Chiesa: e secondo la vostra volontà degnatevi di pacificarla e di adunarla in unità. Voi che vivete e regnate Dio per tutti i secoli dei secoli. così sia. »

Spiegazione dell’Orazione:

Domine Jesu Christe.

« Signore, Gesù Cristo, voi l’avete già detto agli Apostoli: io lascio a voi la pace mia: dono la pace mia a voi ecc. ecc. » Questa pace adunque vi domandiamo, che è vostra, e l’avete fatta tutta di nostra ragione col guadagnarla per noi, che siamo popolo col vostro Sangue santificato. « Non guardate a’ miei peccati: ma bensì deh guardate alla fede della vostra Chiesa ecc. » Di questa Chiesa, che essendo la vostra sposa, abbracciandovi sull’altare può dirvi: « questo è il mio Corpo. » Ora voi che formate con essa un solo corpo, e si può dire anzi, che essa è il vostro più caro corpo (S. Bern. Serm. 12 in Cant.), togliete dal seno ogni divisione, ogni radice di scisma, che può sturbare l’unità con Voi, suo Capo. – « Degnatevi di pacificarla ed adunarla ecc. ecc., » come una sola famiglia di figliuoli col loro santo Padre, il sommo Pontefice. Fate di tutti un solo ovile che tutti ascoltiamo la voce del Pastore, Vostro Vicario. Così si formi il regno vostro in terra, come è disegno della volontà di Dio, di adunare per essa gli eletti in paradiso. » Il Sacerdote bacia l’altare nelle Messe solenni, e dà con un abbraccio la pace al diacono, che l’aspetta in ginocchio. Poi il Diacono porta la pace ai sacri ministri. Nella Messa poi dei defunti, stando noi col pensiero in quel mare di dolore, che è il purgatorio, dimenticandoci quasi di noi stessi in quell’istante, tutti pieni di compassione e desiderio di affrettare a quelle anime il riposo eterno; in esse non essendo più colpe da piangere, ma solo pene da alleviare; andiam ripetendo con lamentevole tenerezza: « o Agnello di Dio, dona a loro riposo, riposo sempiterno!. »

Il bacio di pace.

La Chiesa nell’istante, diremo così, di cominciare qui sulla terra quell’unione con Dio, che deve essere la nostra vita eterna, vuol che ci stringiamo, come membra in un sol corpo, nell’unione della carità che ci ha da coadunare in Dio. Diamoci adunque il bacio di pace in Esso, stringendo la mano a vicenda, e porgendoci l’un l’altro il braccio, facciamo di aiutarci, per giungere a goderla inalterabile in seno a Dio. S. Pietro scrivendo ai fedeli raccomandava loro di salutarsi a vicenda nel bacio di pace (I, 5. 1); saluto usato dagli Apostoli (Ad Rom. 1; ad Tessal. V, I Cor. 16.); e d’allora nel santo rito il bacio di pace fu segno di carità. Per conoscere quanto fosse santa questa pratica in quella semplicità di costumi, e in quel fervore dei primi Cristiani, è bello riconoscere qual era l’ordine in cui erano disposte le persone nel luogo santo.

(Ecco un monumento dell’ordine mantenuto nel luogo santo. Un concilio del secolo III dice: gli ostiari si fermino all’ingresso degli uomini, e le diaconesse a quello delle donne, per invigilarli come i capitani di nave che tengono conto dei passeggieri. Tal era la regola e la forma, che si conservava nel Tabernacolo del Testimonio e nel tempio di Dio. Se alcuno si troverà seduto in luogo non a lui conveniente, il diacono, come proreta (pilota), lo ripigli e lo conduca al luogo proprio. Perocché la Chiesa è somigliante non solo a nave, ma a greggia, e come i pastori collocano le capre e le pecore secondo la ragione del sesso e dell’età, in modo che ogni simile si raduni col suo simile, così nella Chiesa i giovani siedano separati; se non v’ha luogo, stiano in piedi; gli adulti siedano anch’essi in giusto ordine; padri e madri abbiano vicini i loro fanciulli, in piedi stanti. Le giovani abbiano, possibilmente, luogo separato; se no, dopo le donne mature. Le maritate e le matrone stiano pure distinte: le vergini, le vedove, le vecchie tengano il primo luogo, in piedi o assise. Il diacono presiederà alla distribuzione dei posti, sicché ognuno abbia il suo e non sieda indecentemente. Farà pure attenzione che non si ciarli, né si faccia rumore, o si dormicchi, o rida, o gestisca: dovendo ognuno in chiesa contenersi con saviezza, moderazione, vigilanza, e tender le orecchie alla parola di Dio. Tutti poi ad un tempo si levino da sedere, e usciti che sieno i catecumeni ed i penitenti, colla faccia verso Oriente preghino a Dio, che salì sopra il cielo dei cieli, e vi salì verso Oriente. – Sac. Conc. nov. et amplis. collect. or. io. Mansi T. I. coll. 362). – Così allora essendo separate in vari ordini le persone, era tolta ogni occasione di scandalo, non che di divagamento. Ora la Chiesa sostituì a questa pratica l’uso dell’istrumento della pace. Il Sacerdote bacia l’altare nel mezzo, e anticamente baciava proprio il Corpo SS. (Ben. XIV) affine di attingere la pace alla sorgente, nel Cuor di Gesù Cristo, che porta pace a chi santamente lo riceve. Poi con un amplesso bacia il diacono, o l’istrumento che gli presenta. Il diacono porta con questo segno la pace a quelli che servono all’altare, al clero, ai principi, od anche ai rappresentanti delle città, ai benefattori delle chiese, ed in qualche chiesa ancora a quelli che si vogliono comunicare. Nell’atto della cerimonia si dice « la pace sia con voi; » e si risponde da chi riceve la pace con un bacio e colle parole; « sia pur con lo spirito vostro. » Nell’istrumento, che si presenta a baciare, è scolpita ordinariamente l’immagine del Redentore morto, tra le braccia di Maria SS. Addolorata. Quanta pietà inspira questo devotissimo rito! Il Redentore morto che pacificato il cielo, chiede che vogliamo fare pace anche noi, sopportandoci e perdonandoci; Maria che lo presenta, allargandoci le braccia come a suoi figliuoli! Affrettiamoci, baciamo lagrimando per tenerezza nel petto Gesù, trafitto per noi, baciamolo tra le braccia di nostra Madre, come tutti fratelli, che veniamo a versare in seno a Gesù e Maria il nostro cuore, tanto pieno di compassione e di carità, esclamando: Gesù e Maria, accoglieteci tutti in cuore! Gesù morendo avrebbe voluto fino tutti i carnefici, che lo bistrattavano in agonia, portare in paradiso, e chiedeva con un gemito per loro perdono! Conchiudiamo con l’osservazione di S. Agostino, il quale parla di questo costume come di una tradizione apostolica. « Dopo l’orazione domenicale, così questo padre, noi diciamo: la pace sia con voi! Allora i Cristiani si danno a vicenda un bacio: egli è un segno di pace, che presentano sulle labbra. Il cuore vada con esso: e mentre la •bocca si appressa al vostro fratello, guardatevi bene, che non se ne ritiri il cuore. » Adunque dopo d’aver pregato Gesù che perdoni a noi, come noi perdoniamo ai fratelli; noi ci affrettiamo a darci la pace a vicenda. Con ragione facciamo così, anzi con tutto il nostro vantaggio: perché vogliamo per Esso avere una caparra del perdono di Dio in quel momento in cui tanto ne abbiamo bisogno, dovendo in noi ricevere il Signore nostro.

ART. III.

LA COMUNIONE.

Quanto è mai vero, che il Crocifisso è il gran libro, in cui leggiamo i più profondi misteri, tenerissimi e divini! (Bossuet Ser. Su. Io. Chrys.). L’atteggiamento, che la croce fece prendere al Figliuolo di Dio è sublime! Quale contrasto con quelle braccia al cielo elevate, e la incurvazione del Corpo, e di quel Capo verso di noi inclinato! Gesù Cristo ci si mette sott’occhi in quell’atto, ad esprimerci che ha compiuto il sacrificio, che l’offerta fu accettata, e che Egli è Dio-Uomo in seno al Padre con noi pacificato in paradiso. Ma che pure una qualche cosa pare che gli manchi in paradiso: e quello che gli manca siamo noi, finché restiamo in questa povera terra. Perciò dalla croce s’abbassa a raccoglierci: anzi da quella a noi si getta in braccio. Accorriamo, accorriamo a riceverlo, ad attaccarci a questo Corpo Santo: e questo vuol dire fare la Comunione divina. – Ricordiamo quanto abbiamo già detto, cioè che gli uomini avessero un qualche sentore di essere destinati da Dio a questa stupenda, ineffabile comunicazione. Quando essi si affollano intorno a quegli altari, per mangiare carni divenute sacre per loro coll’essere offerte in sacrificio, dando segno di sentire addentro la fame di un bene più che mondano, cercano di succhiare in esse qualche cosa di divino, e come d’assorbire gl’influssi della Divinità. Eh! bisogna ben che ci persuadiamo con grande nostra consolazione, che la Religione cattolica, quando all’uomo prostrato in umiltà, percuotendosi il petto a’ piè del santo altare, fa coraggio e dice: » Prendi: questo è il Corpo Divino, che ti custodisce a vita eterna; » essa provvede al più gran bisogno del cuore umano, irrequieto sempre finché non giunga a Dio. È un crudele inganno questo travagliare senza fine, per saziare di beni di terra quest’anima nostra! Se venisse pure a possederli tutti, in un quarticello d’ora di possesso rifinirebbe e consumerebbe tutto il mondo, che non è Dio. L’ anima umana è un oceano vuoto di acqua; e quando vi viene il suo elemento, che è Dio, allora si comincia a godere veramente. La nostra grandezza forma l’immenso vuoto dell’anima, e ci dà la fame di Dio: così la nostra grandezza forma in terra la nostra infelicità. Tutto ciò che vi entra di altro, ad altro non giova che a farle sentire il vano più grande: e non mai satolla di tutto che ha divorato, si precipita in seno a Dio! Ma dove Dio così vicino vicino, e tutto per noi e alla nostra portata se non nella Comunione divina? Viva Dio! è la sola Religione cattolica adunque, che può dire: » Co’ miei dogmi e coi miei misteri io sola posso dare agli uomini ciò che desideran per istinto dell’umanità, il sommo Bene, Iddio anche qui in terra. » Sublime spettacolo per i fedeli! Nell’angusta cerimonia, allo splendor di cento doppieri, tra una musica che imparadisa i sensi, appiè di un altare tutto lucente d’oro, col cuor troppo pieno, che non sa più come esprimersi, dover ricevere Dio! L’immaginazione cede: l’anima resta invasa, commossa, appena può respirare, si scioglie da ogni oggetto terreno, si slancia in seno a Dio (Chateaubriand). Tacciamo. Il fedele ha il suo Dio nel petto, e l’anima sua si è ricoverata nel Cuor dell’amabilissimo Redentore, l’uomo fra le sue braccia respira il profumo d’una vita divina: Ci vien pur bene qui il sospiro di un’anima bella in seno al suo diletto Gesù: Amo, e sovra il mio cuor palpitò il cuore del mio diletto: ed era – ah si il proclamo all’universo in faccia – era il Signore. Io lo vidi, il conobbi. E m’ama; io l’amo. È Silvio Pellico: con questo sospiro d’amore faceva l’ultima sua comunione nel fine del 1853, e volava abbandonatosi al suo Signore in paradiso. In tutta la Messa, come abbiam potuto osservare, la Chiesa mira a preparare i fedeli all’unione con Dio: ma in questo istante, in mezzo a questo cumulo di misteri, ella lasciò per molto tempo la libertà ai Sacerdoti di sfogare il cuore, si come suggeriva loro la pietà. Poi si è fatta interprete degli affetti più fervorosi: e li tradusse nelle due seguenti orazioni, che contengono i migliori e più santi atti di preparazione alla santa Comunione.

Le orazioni avanti la SS. Comunione,

ossia gli atti della medesima.

Orazione la: Domine Jesu Christe.

» Signore Gesù Cristo, Figliuol di Dio vivo, che per la volontà del Padre, cooperando lo Spirito Santo, per mezzo della vostra morte avete il mondo vivificato, liberatemi per questo sacrosanto Corpo e Sangue vostro da tutte le iniquità mie, e da tutti i mali universali, e fate che io sempre stia attaccato ai vostri comandamenti, e non permettete che mai mi separi da Voi: il quale col medesimo Dio Padre, e con lo Spirito Santo vivete e regnate Dio nei secoli dei secoli. Così sia. »

Spiegazione dell’orazione la.

» Signor Gesù Cristo, Figliuol di Dio vivo ecc. » Questo è un

ATTO DI FEDE.

Il fedele, nel beato istante di unirsi al sommo Bene, sente un bisogno di espandersi tutto in Lui: e fa questo atto di fede, in cui per godersi meglio della sua beata sorte, se ne vuole rendere più pienamente consapevole. Si ferma, direm quasi, in questo atto a contemplare il suo diletto, e contemplandolo gli va dicendo: » Signore mio Gesù, così meschino come sono, ho da ricevere proprio Voi, Figliuolo di Dio vivo, il quale sapeste morire per amore?… Il mio buon Signore, cosi grand’ Iddio, che ci amò fino a darsi alla morte per guadagnarci la vita eterna, vuol discendere adunque in questo carcere del corpo mio ?… » Qui, come amante infervorato, passa l’anima a sfogarsi in tenerezza, con fargli le sue confidenze con un

ATTO D’AMORE.

» Voi il quale per volontà del Padre, cooperando lo Spirito Santo, avete il mondo vivificato ecc. ecc. » In quest’atto vuol dirgli, che sa di quanto amore lo abbia sempre amato il suo Amor Crocifisso e Dio suo! Anzi prima di riceverlo ancora in questo momento, gli vuol mettere innanzi le sue misericordie, vuole con santa cortesia tenerissima raccontargli come è a parte dei misteri della Divinità; come già sappia bene quanto in Lui l’ami il suo gran Padre divino, che determinò il tempo, il luogo, le circostanze del nascimento, la vita ed il sacrificio di Lui suo Unigenito, e come a questo mistero ha cooperato il suo amore Sostanziale, che è lo Spirito Santo. Così viene a dire col cuore a Dio Padre: « Questo così amabile Salvatore è vostro dono, o Padre celeste: è opera del vostro amore, o Paraclito divino. » Ed in Gesù Cristo adora in tale modo l’augustissima Trinità: a cui ha offerto il sacrificio che il Padre esigeva, che il Figlio eseguiva, e che santificava lo Spirito Santo. Con tutta l’anima in tali meraviglie divine, vedendosi innanzi un Dio che si sacrifica, l’Eterno che ha voluto morire; il mondo per lui vivificato; e Gesù che ha tali prodigi operato, e che sta per portargli in seno i tesori della sua bontà e della vita eterna (Io. V, 21):  se lo guarda e gli si getta dinanzi di tutto cuore a supplicarlo con un

ATTO DI DOMANDA

« Liberatemi per questo vostro ecc. » È questa una preghiera piena di confidenza; m piena eziandio della più sincera umiltà. Qui il sacerdote cogli altri sta per stringersi al seno il Corpo SS. Con questo suo pegno d’amor di Dio dinanzi, come cosa già tutta sua, si sente allargare il cuore ad ogni speranza. Nella bontà e misericordia sua affidato, vuol gettarsi in braccio, meschinello!… al suo gran Salvatore; affamato e sitibondo!… alla fonte della vita; bisognoso al Re del cielo: servo!… al Signore: creatura!… al Creatore; abbandonato, che nessun bene ha da sé, al divino consolatore (De imit Chr. lib. 4). Ed alzando gli occhi sulle sue Piaghe, che sono la nostra salute; a quelle Piaghe si mette di riscontro le piaghe e le debolezze proprie, e gli grida; « Signore che mi avete cavato di bocca all’inferno, e che, morto al peccato, in Voi m’avete convivificato (Ephes. 2, ): deh! liberatemi da tutte le mie iniquità. Voi le conoscete tutte, le povere opere mie; deh) pel vostro Corpo e Sangue santissimo, in cui adoro i sigilli della pagata soddisfazione, ristorate 1’opera delle vostre mani: colle vostre Piaghe guarite le piaghe mie, e tenetemi poi stretto in seno a Voi, sicché io adempia il voler vostro, che è la mia salute. Cresce la confidenza nel pensare che questo Redentore benedetto, già tutto suo, regna col Padre e collo Spirito Santo per tutta l’eternità: e per Esso concepisce speranza vivissima di partecipare a quella vita divina, inviscerandosi con Lui come membra in un sol corpo identificate (Io. Chrys. Hom. 24, ‘in 1 Cor.). Ma si ha proprio da ricevere Iddio? Oh confusione! Non si può a meno dì tremare. Provi l’uomo se stesso, si sente dire, e così mangi di quel Corpo, e beva di quel Calice (1. Cor. 28.). Deh! si sia pure provato: per l’uomo miserabile orrenda cosa deve essere cadere nelle mani del Dio vivente (Heb. 10, 31) non resta altro adunque che far proteste con atto di umiltà.

ATTO DI UMILTÀ.

Orazione 2′: Perceptio.

« La comunione del vostro Corpo e Sangue, o Signor Nostro Gesù Cristo, a me non torni in giudizio e condannazione: ma per la vostra pietà mi giovi a difesa dell’anima e del corpo, ed a ricevere il rimedio. O Signore, Voi che regnate con Dio Padre in unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. » • – « Il vostro Corpo, o Signor nostro Gesù Cristo, che io indegno presumo di ricevere, ecc. » Con questo atto di umiltà s’accusa di presunzione nel dover ricevere il suo Dio. E l’uomo che trema sato il peso delle sue miserie, e par che dica col pubblicano umilmente: « è vero che voi mel permettete, di spingere tanto in alto i miei desideri: ma conscio delle mie colpe, non posso a meno che tremare: e per poco mi manca il cuore di farmi tanto vicino a Voi, o mio Dio! E di fatto qual presunzione sarebbe, se non ci scusasse la vostra sola bontà, anzi il vostro comando? » Perciò deve ben l’ uomo provare se stesso e deporre con umiltà lo stato della sua coscienza, e nel giudizio della misericordia mettere la sua causa in mano al confessore: perché sarebbe troppo terribile disgrazia con una comunione indegna, portando il peccato sino in seno alla Divinità, e cadendo nelle mani del Dio vivente, provocar il suo sdegno con far orribile insulto alla sua santità! Noi abbiamo dette le più tenere cose da inspirar la maggior confidenza per ricevere Gesù; ma pensando che nell’ora stessa, in cui Gesù donava il suo Corpo, ha potuto seder al convito anche il traditor Giuda, nel sentir queste terribili parole: « Signore, il vostro Corpo non mi provenga in ‘giudizio a condannarmi: » mentre Gesù è sull’altare ed il popolo sta per parteciparvi, non possiamo fare a meno di esprimere il nostro orrore per una

COMUNIONE SACRILEGA.

Qui vorremmo scrivere a lagrime di sangue per esprimere l’enormità del delitto di un sacrilegio commesso sopra il Corpo di Gesù Cristo, dopo di aver assistito a tante meraviglie dell’infinita sua bontà. Fra questo spettacolo di misericordia, che consola sino gli Angioli in paradiso, avere ardimento di ricevere Gesù in peccato?! Questo propriamente è un voler mangiare la propria condannazione, e commettere, anzi che un sacrilegio, un orrendo delitto come di dar la morte al Signore (Io. Chrys. Hoin. 27, in 1. Cor.); è un vero tinger le mani nel Sangue di Gesù Cristo (Io. Chrys. opusc.). Perché col farsi reo del Corpo e del Sangue di Gesù, chi s’accosta indegnamente, è vero alla lettera che, in quanto a lui, crocifigge di nuovo il Salvatore; ma in circostanze le mille volte più tristi che non si fece là sul Calvario (Massillon. Com. sacra). E di fatto almeno i Giudei, quando gridavano: « alla croce, al Calvario, alla morte Gesù! » essi non credevano che Gesù fosse Figliuol di Dio, e loro pietosissimo Salvatore: perché per fermo, se l’avesser creduto Signore della gloria, non l’avrebbero mai crocifisso. Ma il Cristiano proterva che s’avvicina all’altare in peccato, ardisce rizzare il capo con audacia da demonio contro del Redentore suo, contro al Figliuol di Dio, in atto di scagliargli l’insulto, e abusando della Parola stessa di Gesù farlo scender dal trono della gloria, per ‘avvilirlo audacemente qui! Almeno i Giudei, quando ruppero addosso a Gesù, lo bistrattarono malvagiamente, lo caricarono di catene, l’urtarono ad una colonna; strappategli le vesti, gli piombarono sul petto, sul dorso, sul capo, su tutta la persona quella tempesta di battiture; poi lo incoronarono di spine con orribili scherni!… ma almeno quei brutali maltrattarono quella Carne, che era ancora soggetta alle umane infermità; mentre l’empio, che lo riceve in sacrilegio, cerca strapparlo, diremo così, dal seno della gloria del Padre, e buttare in mezzo a nuove contumelie quelle Carni santissime rivestite dell’immortalità: così osa far guerra al Figliuol divino fin nel più alto del cielo, nello splendor della gloria, in seno al Padre! Almeno i Giudei, quando stramazzarono per terra Gesù, lo tirarono sopra la croce e gli piantarono, ahi crudeltà! i chiodi nelle mani e nei piedi a colpi di martello, dandogli morte nel più orribil modo, uccidevano Gesù, che ancor non era morto per loro; ma l’orrendo uomo del sacrilegio, quando con atra bocca morde il Corpo di Gesù Cristo, maltratta quel Corpo, che ha combattuto fino alla morte per lui, e versa in peccato quel Sangue, che si è versato sino all’ultima goccia a sua eterna salute! Egli è vero, viva Iddio! (e questo è il solo conforto dei buoni) che Gesù è risorto immortale e non patisce più; ma egli è pur vero, che tale è l’attentato del sacrilego coll’ardire di farsi reo del Sangue divino! Ma v’ha di più ancora: poiché i Giudei, quando ebbero morto Gesù, lo lasciarono in pace. Allora poi vennero su quel monte quei buoni, che verso di Lui compirono i pietosi offici deponendone il Corpo in seno alla santissima Madre, ed involtolo tra purissimi lini, coi balsami i più preziosi, lo misero in un sepolcro nuovo colla maggior divozione e pietà: e l’anima di Gesù, mentre riposava il Corpo nel mondo sepolcro, scese al limbo, e in quel tenebrore portò col trionfo la luce; rovesciò il trono del diavolo, l’incatenò a suoi piedi; trasse in gloria una legione grande di trionfanti (Io. Chrys. Hom. 24, in 1 Cor.), che erano le anime dei Santi Padri, che lo sospiravano, e che Egli introdusse in paradiso. Ma ahi! ora scendendo nel cuor del sacrilego tra le sozzure di un’anima guasta, Gesù si vede d’intorno a schernirlo i demoni, padroni di quel cuore da Lui conquistato col proprio Sangue; da cui è forzato per la sua santità ad uscire come scacciato, e così adunque pare che il demonio, per mezzo del sacrilego, trionfi sopra Gesù. E par che gli dica: andate, morite un’altra volta per questi uomini che vi trattano in questo bel modo. – Dobbiamo dir tutto? Almeno i Giudei venivano giù da quel monte inorriditi dal deicidio, e si percuotevano il petto, e molti si salvarono ancora; ma Giuda, primo comunicante sacrilego, conobbe si l’enorme delitto di aver venduto a morte Gesù, pure non ebbe le lagrime da piangere il suo peccato. In orribile disperazione dà di mano ad un capestro, se lo lega al collo, s’appicca ad un albero, e scoppiando del ventre, sforza le porte d’inferno proprio nell’istante che Gesù apriva a tutti il paradiso. Tanto è vero, che chi mangia il Corpo di Gesù Cristo con sacrilegio, mangia la propria condannazione! Quasi a dirsi che non ha più bisogno che sia condannato: che la condannazione gl’imbeve l’anima, e l’ha con sé. Abbiamo adunque ragione di dire col Sacerdote, con l’anima raccapricciata: « Signore, per la vostra misericordia, mi giovi il Corpo SS. a difesa dell’anima e del corpo, ed a ricevere rimedio. » – Qui tuttavia è meglio sgombrar dalla mente ogni pauroso pensiero, ed accontentare l’amor di Gesù col gettarci in braccio alla sua bontà, e supplicarlo che il suo Corpo ci custodisca l’anima e il corpo; e ci sia di difesa contro le insidie del demonio, che da noi, stretti con Dio, fuggirà: sia difesa contro le lusinghe del mondo, che perderà le attrattive per noi, che possediamo il sommo Bene: ci sia rimedio contro la concupiscenza della carne, che rifiorirà per Gesù all’innocenza, e darà frutto di anime sante. Per allargare il cuore alle più grandi speranze, meditiamo…

TUTTO IL DENZINGER SENTENZA PER SENTENZA (17) “da INNOCENZO III ad ALESSANDRO IV”

TUTTO IL DENZINGER SENTENZA PER SENTENZA DAGLI APOSTOLI A S.S. PIO XII (17)

HENRICUS DENZINGER

ET QUID FUNDITUS RETRACTAVIT AUXIT ORNAVIT

ADOLFUS SCHÖNMATZER S. J.

ENCHIRIDION SYMBOLORUM DEFINITIONUM ET DECLARATIONUM

De rebus fidei et morum

HERDER – ROMÆ – MCMLXXVI

Imprim.: Barcelona, José M. Guix, obispo auxiliar

(da Innocenzo III ad Alessandro IV)

4° Concilio di Laterano (12° Concilio ecumenico)

11-30 novembre 1215

Cap. 1 – La fede cattolica

Definizione contro gli Albigesi ed i Catari

800. Crediamo fermamente e confessiamo con semplicità che esista un solo e vero Dio, eterno ed immenso, onnipotente, immutabile, che non si può afferrare né dire, Padre e Figlio e Spirito Santo, tre Persone, ma una sola essenza, sostanza o natura assolutamente semplice. Il Padre non viene da nessuno, il Figlio viene solo dal Padre e lo Spirito Santo anche da entrambi, sempre senza inizio e senza fine. Il Padre che genera, il Figlio che nasce e lo Spirito Santo che procede, consustanziali e ugualmente uguali, ugualmente onnipotenti, ugualmente eterni. L’unico principio di tutte le cose, creatore di tutte le cose visibili ed invisibili, spirituali e corporee, che, con la sua onnipotenza, ha creato dal nulla, fin dall’inizio dei tempi, sia le cose spirituali che quelle corporee, cioè gli Angeli ed il mondo, e poi la creatura umana fatta sia di spirito che di corpo. Infatti, il diavolo e gli altri demoni sono stati creati da Dio per essere buoni per natura; ma sono loro che si sono resi cattivi. Quanto all’uomo, è per istigazione del diavolo che egli abbia peccato. Questa santa Trinità, indivisa secondo la comune Essenza e distinta secondo le proprietà delle Persone, ha dato al genere umano la dottrina della salvezza attraverso Mosè, i santi Profeti e gli altri suoi servitori, secondo una disposizione perfettamente ordinata dei tempi.

801. Infine, l’unigenito Figlio di Dio, Gesù Cristo, incarnato per opera comune di tutta la Trinità, concepito da Maria sempre Vergine con la cooperazione dello Spirito Santo, fatto vero uomo composto di un’anima ragionevole e di carne umana, una sola Persona in due nature, mostrò più manifestamente la via della vita. Mentre secondo la divinità è immortale ed incapace di soffrire, secondo l’umanità si è reso capace di soffrire e mortale; molto più per la salvezza del genere umano ha sofferto ed è asceso al cielo; ma è disceso nella sua anima ed è risorto nel suo corpo ed è asceso in entrambi allo stesso modo; verrà alla fine dei tempi per giudicare i vivi ed i morti e per rendere a ciascuno secondo le sue azioni, ai reprobi come agli eletti. Tutti risorgeranno con il proprio corpo che ora hanno, per ricevere, secondo ciò che abbiano meritato facendo il bene o il male, alcuni un castigo senza fine con il diavolo, e altri una gloria eterna con Cristo.

802. Esiste un’unica Chiesa universale dei fedeli, al di fuori della quale nessuno si salva, e nella quale Cristo stesso è sia il Sacerdote che il Sacrificio, il cui Corpo e il cui Sangue nel Sacramento dell’altare sono realmente contenuti sotto le specie del pane e del vino, essendo il pane transustanziato nel Corpo ed il vino nel Sangue per opera della potenza divina, affinché, per realizzare il mistero dell’unità, noi stessi possiamo ricevere da Lui ciò che Lui ha ricevuto da noi. E certamente nessuno può compiere questo Sacramento se non il Sacerdote che è stato legittimamente ordinato secondo il potere delle chiavi della Chiesa che Gesù Cristo stesso ha concesso agli Apostoli ed ai loro successori. Il sacramento del Battesimo, che si compie nell’acqua invocando la Trinità indivisa, cioè il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo, legittimamente conferito da chiunque secondo la forma della Chiesa, serve alla salvezza sia dei bambini che degli adulti. E se, dopo aver ricevuto il Battesimo, uno è caduto in peccato, può sempre essere ristabilito nel suo stato con una vera penitenza. Non sono solo le vergini e i continenti, ma anche gli sposati che, graditi a Dio con la retta fede e le buone opere, meritano di ottenere la vita eterna.

Cap. 2. La falsa dottrina di Gioacchino da Fiore.

La Trinità

803. Perciò condanniamo e riproduciamo l’opuscolo o trattato che l’abate Gioacchino pubblicò contro il maestro Pietro Lombardo sul tema dell’unità o dell’essenza della Trinità, chiamandolo eretico e stolto a causa di ciò che disse nelle sue sentenze: “C’è una realtà suprema che è Padre e Figlio e Spirito Santo, e questa non genera, non è generata e non procede”. Perciò afferma di aver eretto in Dio non tanto una trinità quanto una quaternità, cioè tre Persone e, per così dire, una quarta che sarebbe questa essenza comune, mentre manifestamente professa che non ci sia nessuna realtà, né essenza, né sostanza, né natura che sia Padre e Figlio e Spirito Santo, pur ammettendo che Padre e Figlio e Spirito Santo siano una sola essenza, una sola sostanza ed una sola natura. Ma riconosce che tale unità non sia né vera né propria, ma in qualche modo collettiva e analogica, allo stesso modo in cui si dice che molti uomini sono un solo popolo e molti fedeli una sola Chiesa, in conformità a quanto si dice: “La moltitudine dei credenti era un cuor solo e un’anima sola” At. IV, 32 e “Chi aderisce a Dio è un solo spirito” (1Co VI, 17) con Lui; e ancora: “Colui che innaffia e colui che pianta sono una cosa sola” (1Co III, 8); e tutti “siamo un solo corpo in Cristo” (Rm XII, 5; e ancora, nel libro dei Re: “Il tuo popolo e il mio popolo sono una cosa sola” (3Re XXII, 5). Ma per fondare questa affermazione, egli ricorre soprattutto a ciò che Cristo dice dei fedeli nel Vangelo: “Voglio che siano una cosa sola, Padre, come noi siamo una cosa sola, perché siano perfettamente una cosa sola” (Gv XVII, 22ss). Infatti, dice, i fedeli di Cristo non sono uno, cioè un’unica realtà comune a tutti; sono solo uno, cioè una sola Chiesa per l’unità della fede cattolica ed un solo Regno per l’unione nella carità indissolubile. Allo stesso modo, leggiamo nell’Epistola canonica di Giovanni: “Tre sono infatti i testimoni nei cieli, il Padre, il Verbo e lo Spirito Santo, e questi tre sono una cosa sola” (1Gv V, 7); e Giovanni aggiunge subito dopo: “E tre sono i testimoni sulla terra, lo spirito, l’acqua ed il sangue, e questi tre sono una cosa sola” (1Gv V, 8), secondo quanto si trova in alcuni codici.

804. Da parte nostra, con l’approvazione del santo Concilio universale, crediamo e confessiamo con il Maestro Pietro, che esista una sola realtà suprema, che non si possa afferrare né dire, che è veramente Padre e Figlio e Spirito Santo, le tre Persone insieme e ciascuna di esse in particolare. Perciò in Dio c’è solo Trinità e non quaternità, perché ognuna delle tre Persone è questa realtà, cioè la sostanza, l’essenza e la natura divina. Essa sola è il principio di tutte le cose, al di fuori della quale non si può trovare nessun altro principio. E questa realtà non genera, non è generata e non procede, ma è il Padre che genera, il Figlio che è generato e lo Spirito Santo che procede, così che c’è distinzione nelle Persone e unità nella natura.

805. Pertanto, “sebbene il Padre sia altro, il Figlio sia altro e lo Spirito Santo sia altro, tuttavia non è un’altra realtà”, ma ciò che il Padre è, il Figlio è e lo Spirito Santo è assolutamente lo stesso, cosicché, secondo la fede ortodossa e cattolica, crediamo che siano consustanziali. Infatti, il Padre, generando il Figlio da tutta l’eternità, gli ha dato la sua sostanza, e questo stesso Figlio lo testimonia: “Ciò che il Padre mi ha dato è più grande di ogni altra cosa” Gv. X, 29. E non si può dire che gli abbia dato una parte della sua sostanza e ne abbia trattenuta una parte per sé, poiché la sostanza del Padre è indivisibile, essendo assolutamente semplice. Ma non si può dire che il Padre abbia trasferito la sua sostanza nel Figlio generandolo, come se l’avesse data ad un figlio senza trattenerla per sé: altrimenti avrebbe cessato di essere sostanza. È chiaro, dunque, che il Figlio, nascendo, abbia ricevuto la sostanza del Padre senza alcuna diminuzione di essa e che, quindi, il Padre e il Figlio abbiano la stessa sostanza e, quindi ancora, il Padre e il Figlio ed anche lo Spirito Santo, che procede da entrambi, siano la stessa realtà.

806. Perciò, quando la Verità prega il Padre per i suoi fedeli, dicendo: “Voglio che siano una cosa sola in noi, come noi siamo una cosa sola” (Gv. XVII, 22), questa parola “una” è presa per i fedeli nel senso che significa l’unione della carità nella grazia, e per le Persone divine nel senso che sottolinea l’unità dell’identità nella natura, come la Verità dice altrove: “Siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste”. Mt V., 48, come se fosse detto più chiaramente: “Siate perfetti nella perfezione della grazia”, “come è perfetto il Padre vostro celeste” nella perfezione della natura, ciascuno a suo modo. Infatti, per quanto grande sia la somiglianza tra il Creatore e la creatura, c’è ancora una maggiore dissomiglianza tra loro. Se dunque qualcuno osi difendere o approvare su questo punto l’affermazione o la dottrina del suddetto Gioacchino, sia confutato da tutti come eretico.

807. Tuttavia, non vogliamo in alcun modo danneggiare il monastero di Flore, che fu istituito dallo stesso Gioacchino, perché la sua istituzione è regolare e la sua osservanza salutare. E ciò tanto più che questo stesso Gioacchino ci ha fatto consegnare tutti i suoi scritti perché fossero approvati o corretti dal giudizio della Sede Apostolica, dettando una lettera, firmata di suo pugno, in cui confessa fermamente di tenere la fede della Chiesa romana, madre e maestra di tutti i fedeli per disposizione del Signore.

808. Riproviamo e condanniamo anche la stravagante opinione dell’empio Amalrico, la cui mente è stata talmente accecata dal padre della menzogna che la sua dottrina non debba essere considerata tanto eretica, quanto sciocca.

Cap. 3. Sugli eretici (Valdesi).

La necessità della missione canonica.

809. Poiché “alcuni – secondo quanto dice l’Apostolo – avendo l’apparenza della pietà, ma negando la forza”, (2 Tm III,5), si arrogano il diritto di predicare, mentre lo stesso Apostolo dice: “Come potranno predicare se non saranno mandati?”. (Rm X,15), tutti coloro ai quali questo sia stato proibito o che non siano stati mandati, e che osino usurpare, pubblicamente o privatamente, l’ufficio della predicazione senza il permesso dato dalla Sede Apostolica o dal Vescovo cattolico del luogo”, (v. 761), saranno colpiti con la scomunica; se non torneranno prontamente alla resipiscenza, saranno puniti con altra pena adeguata.

Cap. 4. L’insolenza dei Greci nei confronti dei Latini.

Il disprezzo per i riti sacramentali della Chiesa latina.

810. Pur volendo incoraggiare e onorare i Greci che ai nostri giorni stanno tornando all’obbedienza della Sede Apostolica, accettando, per quanto possiamo nel Signore, le loro abitudini e i loro riti, non vogliamo né dobbiamo tollerare ciò che metta in pericolo le anime e deroghi all’onestà ecclesiastica. Infatti, dopo che la Chiesa greca, con alcuni complici e sostenitori, si era ritirata dall’obbedienza alla Sede Apostolica, i Greci cominciarono ad aborrire i Latini a tal punto che, tra le altre pratiche empie che ne segnavano il disprezzo, se i Sacerdoti latini celebravano sui loro altari, essi stessi non offrivano il Santo Sacrificio su quegli altari se prima non li avessero lavati, come se fossero stati contaminati da questo solo fatto. E addirittura, con temeraria audacia, questi stessi Greci osarono ribattezzare coloro che erano stati battezzati dai Latini; e abbiamo appreso che ancora oggi alcuni non temono di farlo. Pertanto, volendo allontanare dalla Chiesa di Dio un così grande scandalo, su consiglio del santo Concilio, ordiniamo assolutamente che essi non osino più agire in questo modo, conformandosi come figli obbedienti alla loro madre, la santa Chiesa romana, affinché ci sia “un solo gregge ed un solo pastore” (Gv. X,16). Se qualcuno agisse in questo modo, verrebbe colpito con la spada della scomunica e deposto da tutti gli uffici ed i benefici ecclesiastici.

Capitolo 5. Il rango dei Patriarchi.

La preminenza della Sede romana.

811. Rinnovando gli antichi privilegi delle Sedi patriarcali, con l’approvazione del santo Concilio universale, prescriviamo quanto segue: dopo la Chiesa romana, che, per disposizione del Signore, detiene il primato del potere ordinario su tutte le altre Chiese come madre e padrona di tutti i Cristiani, la Chiesa di Costantinopoli avrà il primo posto, quella di Alessandria il secondo, quella di Antiochia il terzo, quella di Gerusalemme il quarto.

Cap. 21. L’obbligo di confessarsi, il segreto della confessione, la ricezione della comunione a Pasqua.

L’obbligo della confessione annuale e della comunione pasquale.

812. Ogni fedele di ambo i sessi, raggiunta l’età della ragione, confessi personalmente e fedelmente tutti i suoi peccati almeno una volta all’anno al proprio parroco e si sforzi, per quanto gli sia possibile, di compiere la penitenza impostagli, ricevendo con riverenza il Sacramento dell’Eucaristia almeno a Pasqua, a meno che, su consiglio del proprio parroco e per qualche valido motivo, non ritenga necessario astenersene per un certo tempo; altrimenti gli sarà impedito di entrare in Chiesa mentre è in vita e sarà privato della sepoltura cristiana alla sua morte, in modo che nessuno possa avere una scusa per la sua ignoranza. Se qualcuno desidera, per una giusta causa, confessare i propri peccati ad altro Sacerdote, deve prima chiedere ed ottenere il permesso del suo parroco, perché altrimenti quell’altro Sacerdote non potrebbe assolverlo o vincolarlo.

813. Questo Sacerdote sia uomo di discernimento e prudente, affinché, come un medico esperto, versi vino e olio sulle ferite del ferito, informandosi diligentemente sulle circostanze sia del peccatore che del peccato; capirà così, con prudenza, quale consiglio debba dargli, quale rimedio applicare, usando vari mezzi per guarire il malato.

814. Avrà cura di non tradire mai il peccatore né con parole, né con segni, né in alcun modo; ma se avrà bisogno di un consiglio più illuminato, lo chiederà con prudenza senza rivelare nulla della persona; perché se qualcuno oserà rivelare un peccato che gli è stato scoperto nel tribunale della penitenza, decretiamo non solo che sia deposto dal ministero sacerdotale, ma anche che faccia voto di penitenza in un monastero di stretta osservanza per tutta la vita.

Cap. 22. I malati devono prendersi cura della loro anima prima di prendersi cura del loro corpo.

Mezzi proibiti per ripristinare la salute.

815. Inoltre, poiché l’anima è molto più preziosa del corpo, proibiamo sotto pena di anatema che un medico consigli ad un malato, per il bene del corpo, di fare qualcosa che potrebbe diventare un pericolo per l’anima.

Cap. 41. La necessità della buona fede per la prescrizione.

La necessità della buona fede per la prescrizione.

816. Poiché “tutto ciò che non procede dalla fede è peccato” (Rm. XIV, 23), lo definiamo con sentenza sinodale: senza la buona fede, nessuna prescrizione è valida, sia canonica che civile, poiché, in modo generale, si debba derogare ad ogni costituzione e ad ogni consuetudine che non possa essere osservata senza peccato mortale. Chi prescrive, quindi, non deve mai essere consapevole di avere qualcosa che appartenga ad un altro.

Cap. 51. Proibizione dei matrimoni clandestini.

Inammissibilità dei matrimoni clandestini.

817. Seguendo le orme dei nostri predecessori, proibiamo formalmente i matrimoni clandestini, vietando anche che qualche Sacerdote osi essere presente a tali matrimoni. Pertanto, estendendo una consuetudine propria di alcuni luoghi a tutti gli altri, stabiliamo che quando si debbano contrarre matrimoni, essi siano annunciati pubblicamente nelle chiese dai Sacerdoti, entro un congruo periodo di tempo fissato in anticipo, durante il quale chiunque voglia e possa farlo, possa opporre un legittimo impedimento. Tuttavia, i Sacerdoti stessi indagheranno se ci siano impedimenti al matrimonio.

Cap. 62. Reliquie dei santi.

Uso indegno delle reliquie.

818. La Religione cristiana viene troppo spesso denigrata perché alcuni espongono le reliquie dei Santi per venderle od esporle ovunque. Affinché ciò non accada in futuro, decretiamo che le reliquie antiche non possano più essere esposte fuori dal loro reliquiario o messe in vendita. Per quanto riguarda quelle ritrovate di recente, nessuno le veneri pubblicamente se non siano state precedentemente approvate dall’autorità del Romano Pontefice. In futuro, i responsabili non permettano che coloro che si rechino nelle loro chiese per venerare le reliquie siano ingannati da vane finzioni o falsi documenti, come è stata abitudine in molti luoghi di fare per guadagno.

Abusi relativi alle indulgenze.

819. … Poiché, a causa di indulgenze indiscrete o superflue che certi prelati non temono di concedere, il potere delle chiavi della Chiesa viene disprezzato e la soddisfazione penitenziale viene privata della sua forza, decretiamo che, quando venga dedicata una basilica, l’indulgenza non superi un anno…; poi, nell’anniversario della dedicazione, che la remissione delle penitenze imposte non superi i quaranta giorni. Ordiniamo che anche le lettere di indulgenza, concesse per vari motivi, si conformino a questo numero di giorni, poiché il Romano Pontefice, che detiene la pienezza del potere, è solito seguire questa regola in materia.

Cap. 63. Simonia.

820. … In molti luoghi molte persone – come i venditori di colombe nel Tempio – commettono esazioni ed estorsioni vergognose ed esecrabili per la consacrazione dei Vescovi, la benedizione degli abati e l’ordinazione dei chierici. Si fa pagare a questo o a quell’altro il prezzo e, come se non bastasse, c’è chi si sforza di giustificare questa vergogna e questa depravazione in nome di una consuetudine osservata da tempo. Desiderando quindi abolire un così grande abuso, riproviamo in toto tale usanza, il cui vero nome è corruzione; stabiliamo formalmente che, per la collazione o la ricezione di Ordini, nessuno osi chiedere ed estorcere alcunché con qualsiasi pretesto; in caso contrario, sia colui che riceve, sia colui che dà una somma così assolutamente proibita, saranno condannati insieme a Gehazi (2Re V, 20-27) e a Simone (At VIII,9-24).

ONORIO III: 18 luglio 1216 – 18 marzo 1227

Lettera “Perniciosus valde” all’Arcivescovo Olaf di Uppsala, 13 dicembre 1220.

L’acqua mescolata al vino nel sacrificio della Messa.

822. Come abbiamo sentito dire, nella vostra regione si è sviluppato un abuso molto pernicioso, cioè che nel Sacrificio si usi più acqua che vino: secondo la fondata consuetudine di tutta la Chiesa, infatti, si dovrebbe usare più vino che acqua. Perciò ordiniamo alla vostra fraternità, con lettera apostolica, che d’ora in poi non facciate questo, né permettiate che venga fatto nella vostra provincia.

GREGORIO IX: 19 marzo 1227 – 22 agosto 1241

Lettera “Ab Ægyptiis argentea” ai teologi di Parigi, 7 luglio 1228.

Il mantenimento della terminologia e della tradizione teologica.

824. È certamente compito della mente teologica presiedere, come l’uomo, a qualsiasi facoltà e, come lo spirito lo fa sulla carne, esercitare il suo potere su di essa e indirizzarla sulla via della rettitudine, affinché non si smarrisca… In verità, siamo colpiti interiormente dal dolore del cuore (Gen VI, 6) e saturi dell’amarezza dell’assenzio (Lam. III,15), perché alcuni di voi sono desiderosi di spostare con novità empie “i confini fissati dai Padri” (Pr. XXII, 28); perché la comprensione delle Scritture celesti, che è delimitata dagli sforzi dei santi Padri, dai limiti dell’interpretazione, che è non solo avventato ma empio trasgredire, essi trasformano in dottrina filosofica riguardante le cose naturali, in modo da sfoggiare la loro Scienza e non a beneficio degli uditori, in modo da non apparire come uomini che insegnino Dio o come teologi, ma come uomini che parlino malamente di Dio. Infatti, pur esponendo la dottrina di Dio secondo le tradizioni riconosciute dei Santi e non con armi carnali, ma con armi “la cui potenza è quella di Dio, capace di distruggere ogni potenza altera che si opponga alla conoscenza di Dio, e di far prigioniero ogni pensiero per portarlo all’obbedienza di Cristo” (2 Cor. X, 4ss), sedotti da varie dottrine (Eb XIII, 9), fanno del capo la coda (Dt. XXVIII, 13 – Dt. XXVIII, 44) e costringono la regina a servire la serva, cioè ciò che è celeste a servire le dottrine terrene, attribuendo alla natura ciò che appartiene alla grazia. Infatti, occupandosi delle cose della natura più di quanto sia giusto, tornando… agli elementi deboli e poveri del mondo e servendoli di nuovo (Ga. IV, 9), come deboli in Cristo si nutrono “di latte e non di cibo solido” (Eb. V, 12) e non sembrano aver rafforzato i loro cuori con la grazia (Eb. XIII, 9); perciò, “spogliati dei doni gratuiti e feriti nei loro doni naturali”, non ricordano questa parola dell’Apostolo… “Evitate le novità, le espressioni empie e le opinioni di una falsa scienza; per averla cercata, alcuni si sono allontanati dalla fede” (1Tim VI, 20ss.) … E quando si sforzano più del dovuto di dimostrare la fede con la ragione naturale, non la rendono in qualche modo inutile e vana? Perché “la fede non ha alcun merito se la ragione umana ne fornisce la prova”. Infatti, la natura crede a ciò che ha compreso, ma la fede coglie ciò che è creduto con le sue forze e con la comprensione che le è stata data dalla grazia, che penetra con audacia e temerarietà ciò che l’intelligenza naturale non è in grado di raggiungere.

Lettera “Consultationi tuae” all’Arcivescovo di Bari, 12 novembre 1231.

Il carattere sacramentale ricevuto nell’Ordinazione.

825. Alla vostra consultazione rispondiamo come segue: coloro che hanno ricevuto gli Ordini sacri al di fuori dei tempi stabiliti, hanno indubbiamente ricevuto il carattere; dopo che è stata loro imposta un’adeguata penitenza per questa trasgressione, potete ammettere che essi esercitino il loro ministero negli ordini ricevuti.

Lettera “Presbyter et diaconus” al Vescovo Olaf di Lund, 9 dicembre 1232.

Materia e forma dell’ordinazione.

826. Quando il presbitero e il diacono vengono ordinati, ricevono l’imposizione delle mani per contatto corporeo, secondo il rito stabilito dagli Apostoli (1 Tm IV, 14 – 1 Tm V, 22 – 2 Tm. I,6 –  At. VI, 6); ma se questo è stato omesso, non è necessario ripeterlo in alcun modo, ma al momento stabilito per il conferimento di questi Ordini, ciò che è stato omesso per errore sarà prudentemente sostituito. Tuttavia, le mani devono essere alzate quando la preghiera viene stesa sul capo dell’ordinando.

Decreto frammentario “Si condiciones“, tra il 1227 e il 1234.

La nullità del matrimonio sotto condizione.

827. Se si inseriscono condizioni contrarie alla sostanza del matrimonio, ad esempio se uno dice all’altro “contraggo (matrimonio) con te se eviti di generare prole”, oppure “finché non trovo un altro più degno per onore o fortuna”, oppure “se ti abbandoni all’adulterio dietro compenso”, il contratto matrimoniale, per quanto favorevole, è nullo; tuttavia, altre condizioni aggiunte al matrimonio, se disoneste o impraticabili, sono da ritenersi non aggiunte a causa del favore (diritto) di cui godono.

Lettera “Naviganti vel” al fratello R., tra il 1227 e il 1234.

Usura.

828. Chi presta una certa somma di denaro ad un altro che si reca al mercato, per terra o per mare, e che, accettando un rischio per sé, intende ricevere qualcosa oltre al capitale, deve (non deve?) essere considerato un usuraio. Allo stesso modo, una persona che dà X sostanze per riceverne indietro in un altro momento altrettante misure di grano, vino e olio che, anche se valgono di più in quel momento, è probabile che valgano di più o di meno al momento del pagamento, non deve essere considerato un usuraio per questo motivo. Per questo dubbio è scusato anche colui che vende stoffe, grano, vino, olio ed altri beni per riceverne in un determinato momento più di quanto valgano al momento del contratto, a condizione però che non stesse per venderli in un altro momento del contratto.

Lettera “Cum sicut ex” all’Arcivescovo Sigurd di Trondheim

(Norvegia), 8 luglio

La questione del Battesimo.

829. Poiché, come abbiamo appreso dalla vostra relazione, nel vostro Paese accade talvolta che i bambini vengano battezzati con gli spiriti (alcool) per mancanza di acqua, vi rispondiamo che, poiché secondo l’insegnamento del Vangelo bisogna rinascere dall’acqua e dallo Spirito Santo (Gv III, 5), coloro che sono stati battezzati con gli spiriti devono essere considerati non battezzati, in un modo non conforme al Vangelo.

CELESTINO IV: 25 ottobre -10 novembre 1241.

INNOCENZO IV: 25 giugno 1243 -7 dicembre 1254.

1° Concilio di Lione (13° ecumenico) 28 giugno-17 luglio 1245

Lettera “Sub catholicæ professione” al Vescovo di Tuscolo, legato della Sede Apostolica presso i Greci, 6 marzo 1254.

I riti e le dottrine che devono essere inculcati ai Greci.

830. § 3 (altro § 4). 1. A questo proposito la nostra riflessione ci ha portato a decidere che i Greci di questo regno (Cipro), per quanto riguarda le unzioni che di solito si fanno in relazione al Battesimo, seguano e osservino la consuetudine della Chiesa romana. 2. Ma se il rito o l’usanza che dicono essere la loro, cioè di ungere interamente il corpo di coloro che devono essere battezzati, non può essere soppresso o scartato senza scandalo, sarà tollerato, poiché è irrilevante per l’effetto o l’efficacia del Battesimo che sia fatto o meno.  3. Allo stesso modo non importa se battezzano in acqua fredda o in acqua calda, poiché secondo le loro affermazioni il Battesimo ha la sua virtù e il suo effetto in entrambi i casi.

831. §4 (§ 5). Solo i Vescovi, tuttavia, devono segnare la fronte dei battezzati con il crisma, dal momento che questa unzione debba essere conferita solo dai Vescovi. Infatti, come si legge, solo gli Apostoli, il cui posto è occupato dai Vescovi, conferivano lo Spirito Santo con l’imposizione delle mani, che è la confermazione o crismazione della fronte, (At VIII, 14-25). 5. I singoli Vescovi possono anche fare il crisma nelle loro chiese durante la Cena del Signore e secondo la forma della Chiesa, cioè con balsamo e olio d’oliva. Perché nell’unzione con il crisma viene conferito il dono dello Spirito Santo. E infatti, come si legge, la colomba, che designa lo stesso Spirito Santo, portò un ramo d’ulivo nell’arca. Ma se in questa materia i Greci preferiscono mantenere il loro antico rito, secondo cui il Patriarca con gli Arcivescovi ed i suoi Vescovi suffraganei, fanno il crisma insieme, questa loro usanza deve essere tollerata.

832. 6 Ma nessuno deve essere semplicemente unto dai Sacerdoti o dai confessori in luogo della soddisfazione della penitenza.

833. 7. Ma secondo la parola dell’Apostolo Giacomo, (Giacomo V, 14), l’estrema unzione deve essere conferita ai malati.

834. 8 (§ 6). Inoltre, quando aggiungono acqua, fredda, calda o tiepida, al Sacrificio dell’altare, i Greci devono seguire la loro usanza, se vogliono, purché credano e confessino che, rispettando la forma del Canone, il Sacrificio è fatto allo stesso modo da entrambi i riti. 9 Ma non tengano l’Eucaristia consacrata nella Cena del Signore per tutto l’anno con il pretesto dei malati, cioè per dare loro la Comunione prendendola da lì. Tuttavia, è permesso consacrare il corpo di Cristo per gli ammalati e conservarlo per quindici giorni, ma non di più, cosicché conservandolo più a lungo le specie non si alterino e non diventino meno adatte al consumo, anche se la verità e l’efficacia rimangono pienamente le stesse e non scompaiono mai a causa di un periodo più lungo o del passare del tempo.

835. 18 (§ 14) Per quanto riguarda la fornicazione commessa da un uomo non sposato con una donna non sposata, non c’è dubbio che si tratti di un peccato mortale, poiché l’Apostolo ci assicura che sia i fornicatori che gli adulteri sono esclusi dal regno di Dio (1 Cor. VI, 9ss.)

836. 19 (§ 15). Inoltre, desideriamo e prescriviamo espressamente che d’ora in poi i Vescovi greci conferiscano sette Ordini secondo l’uso della Chiesa romana, poiché leggiamo che finora hanno trascurato od omesso tre degli Ordini minori tra gli ordinandi. Ma coloro che sono già stati ordinati in questo modo da loro, a causa del loro numero troppo elevato, devono essere tollerati negli Ordini così ricevuti.

837. 20 (§ 16). Ma poiché secondo l’Apostolo la donna è liberata dalla sua legge dopo la morte del marito, così da essere completamente libera di sposare nel Signore chi vuole (Rm VII, 2 1Co VII, 39), i Greci non biasimino o condannino in alcun modo le seconde e le terze nozze, o anche altre, ma piuttosto le riconoscano tra persone che possono essere altrimenti unite legittimamente in matrimonio. 21. Tuttavia, i sacerdoti non benedicano in alcun modo coloro che si sposano una seconda volta.

838. (Il destino dei morti) 23 (§ 18). Infine, poiché la Verità afferma nel Vangelo che se qualcuno ha bestemmiato contro lo Spirito Santo non sarà perdonato, né in questo mondo né in quello a venire – il che ci fa capire che alcuni sono liberati dalla loro colpa nel mondo presente, e che l’Apostolo dice che “il fuoco metterà alla prova l’opera di ciascuno secondo quello che è e che “colui la cui opera è consumata subirà una perdita, ma egli stesso sarà salvato, ma come attraverso il fuoco” (1Co XIII, 15) e poiché si dice che gli stessi Greci credano e affermino in tutta verità e senza dubbio che le anime di coloro che muoiono dopo aver ricevuto la penitenza ma senza averla compiuta, o che muoiono senza peccato mortale ma con peccati veniali e minimi, siano purificate dopo la morte e possano essere aiutate dai suffragi della Chiesa, poiché essi affermano che nessun nome certo e definito designi tra i loro dottori il luogo di tale purificazione, e poiché secondo la tradizione e l’autorità dei santi Padri noi lo chiamiamo “purgatorio“, vogliamo che d’ora in poi sia così chiamato anche tra di loro. Infatti questo fuoco temporaneo purifica i peccati, non però quelli mortali o capitali che non sono stati prima perdonati con la penitenza, ma quelli leggeri e minori che pesano ancora dopo la morte, anche se sono stati perdonati in vita.

839. 24. (§ 19). Ma se qualcuno muore senza penitenza in stato di peccato mortale, non c’è dubbio che sarà tormentato per sempre dalle fiamme dell’inferno eterno. 25 (§ 20). Ma le anime dei bambini che muoiono dopo il bagno del Battesimo e quelle degli adulti che muoiono in stato di carità, che non sono trattenute dal peccato né tenute ad alcuna soddisfazione per il loro peccato, passano immediatamente alla patria eterna.

ALESSANDRO IV: 12 dicembre

1254 – 25 maggio 126

Costituzione “Romanus Pontifex de summi, 5 ottobre 1256.

Errori di Guglielmo di Saint-Amour riguardo ai monaci mendicanti

840. (Lo scritto di Guglielmo) è stato da loro letto con attenzione ed esaminato a fondo e con rigore, e ce ne è stato dato un resoconto completo; infatti abbiamo appreso che in esso alcune cose sono palesemente false e condannabili, contro il potere e l’autorità del Romano Pontefice e dei suoi Vescovi,

841. … e contro coloro che, per amore di Dio, chiedono l’elemosina nella più rigorosa povertà, superando così il mondo con i suoi beni con l’indigenza volontaria;

842. … ed altri contro coloro che, animati da un ardente zelo per la salvezza delle anime ed interessati agli studi sacri, fanno molti progressi spirituali nella Chiesa di Dio e portano molti frutti;

843. … alcune cose contro lo stato salutare dei poveri monaci, o mendicanti, che sono i nostri cari figli, i frati predicatori e i frati minori, i quali nella forza dello Spirito abbandonano il mondo con le sue ricchezze ed aspirano con tutte le loro forze solo alla patria celeste; nonché diverse altre cose sconvenienti e perciò degne di essere respinte e condannate all’infamia per sempre;

844. … e perché questo scritto è stato anche fonte di grande scandalo, ha dato origine a molti problemi ed ha causato anche danni alle anime, poiché ha distolto i fedeli dalla devozione a cui erano familiari e dalla loro abituale liberalità in materia di elemosina, nonché dalla conversione e dall’ingresso nella Religione: Su consiglio dei nostri fratelli ed in virtù dell’Autorità Apostolica respingiamo e condanniamo per sempre come iniqua, sacrilega ed esecrabile la scrittura che inizia così: “Ecce videntes clamabunt foris“, e che porta il titolo “Tractatus brevis de periculis novissimorum temporum“, e gli insegnamenti e le dottrine in esso contenuti. Li condanniamo come erronei, falsi ed empi.

TUTTO IL DENZINGER SENTENZA PER SENTENZA DAGLI APOSTOLI A S.S. PIO XII (18) “da URBANO IV a GIOVANNI XXII”

LA VERGINE MARIA (4)

Il Vescovo Tihámer Toth

LA VERGINE MARIA (4)

Nihil Obstat: Dr. Andrés de Lucas, Canonico. Censore.

IMPRIMATUR: José María, Vescovo Ausiliare e Vicario Generale. Madrid, 27 giugno 1951.

CAPITOLO IV

MARIA E LE DONNE

Da un bellissimo lago italiano, il Lago Maggiore, emerge come un piccolo paradiso terrestre, l’Isola Bella. È davvero degna di questo nome. Quando, in primavera, la neve e il ghiaccio coprono ancora le montagne circostanti e la natura è ancora immobile e morta, sull’Isola Bella, gli alberi di limone e di arancio sono già in piena fioritura e i fiori nella loro fragranza. In mezzo all’umanità, coperta dal ghiaccio di un inverno spirituale, la Vergine Madre emerge, immacolata, pura, “come un giglio tra le spine” (Cantico dei Cantici II, 2). È lei la vera “Isola Bella” benedetta del lago agitato dell’umanità, la Terra benedetta da cui proviene la forza vivificante della fede pura e della fede pura e la dolce fragranza di una sana morale. – Cosa significhi il culto mariano per la nostra fede, come le dia forza, vita, unità e bellezza, lo abbiamo visto nel capitolo precedente. In questo e nel prossimo voglio mostrare le forze che scaturiscono dal culto mariano per la nostra vita morale. Cosa significa la Vergine Maria per la nostra vita morale? Cosa significa la Vergine Maria per le donne in generale? – Questa sarà la domanda che ci proporremo e cosa significa per le madri? sarà il tema del prossimo capitolo. – In questo capitolo suddivideremo l’argomento in tre punti: I. Che cosa fosse la donna prima di Maria? II. Che cosa sia la donna grazie a Maria?  III Che cosa sia la donna senza Maria?

I. CHE COS’ERA LA DONNA PRIMA DELLA MARIA VERGINE?

Unicamente potranno apprezzare ciò che significhi il culto per la donna chi ha familiarità con il basso, umiliante concetto di donna in quei tempi anteriori a Gesù Cristo e la situazione vergognosa in cui di conseguenza si trova. Che cos’era la donna prima del Cristianesimo? La schiava dell’uomo! E non sarà fuori luogo ricordare ora la degradazione di quel tempo in cui per la prima volta, l’immagine della Vergine Madre, brillò trionfante sul peccato, davanti agli uomini. Sappiamo come in quei tempi le onde dell’immoralità erano terrificanti, che la figlia di un imperatore era tra le prostitute, e che Erode diede ad una principessa, come ricompensa per una danza provocante e sensuale, la testa di San Giovanni Battista. Prima della Vergine Maria il sesso femminile era malato a sua insaputa. Perché una persona può essere malata, brutta, col viso deturpato da macchie, senza esserne consapevole, a meno che non abbia un’altra persona sana, bella, impeccabile e senza macchie, che possa servire da paragone con cui misurare e valutare i propri difetti. Ebbene, Maria brillava davanti a noi come immagine ideale che attira la nostra attenzione e ci avverte: “Tu sei malato, tu sei deforme, hai delle imperfezioni”, e così ci invita a a copiare tranquillamente la sua immagine incomparabilmente bella, senza difetti. Nella Vergine Maria il Cristiano ha esaltato la donna e l’ha innalzata su di un piedistallo, che né prima né dopo si sarebbe potuto sospettare. E mano a mano che si diffondeva il culto, si diffuse anche una concezione completamente nuova della donna. Chi si faceva Cristiano e onorava Maria, guardava a tutte le donne con un rispetto pieno di emozione. Perché il culto, se da un lato infondeva nelle donne la propria dignità e l’apprezzamento delle qualità veramente preziose del sesso, dall’altro, risvegliava anche negli uomini una nuova forma di rispetto, delicata e pura, quel modo cavalleresco di pensare cristiano che, prima di Cristo, non era ancora conosciuto neppure dai popoli più colti, e che oggi, purtroppo sta ricominciando ad essere quasi completamente disconosciuto dalla generazione attuale, che è così lontana da Cristo. Donne, fanciulle, avete mai pensato quanto dovete a questa Vergine Madre di Dio? Da quando la prima Ave Maria è risuonata sulle labbra dell’Arcangelo, le tempie della donna sono adornate con un corona invisibile? E quando l’Ave Maria fu ascoltata per la prima volta, si infransero le catene della vostra schiavitù? Perché Chi osa oggi umiliare Colei che è una sorella della Madre di Dio? DANTE non esagera quando chiama Maria, nel canto XXIII del Paradiso, “rosa sbocciata sotto i raggi di Cristo”, e quando canta in questo modo:
“…Quivi è la rosa in che ‘l verbo divino carne si fece; quivi son li gigli al cui odor si prese il buon cammino”… Così la circulata melodia si sigillava, e tutti li altri lumi facean sonare il nome di Maria. E come il bambino che tende le braccia verso sua madre dopo essere stato alimentato dal suo latte, mosso dall’affetto che anche esteriormente è ancora infiammato, ciascuno di questi bagliori si estendeva verso l’alto, così si potenziava l’amore che professava per Maria”.

Esaminiamo ora la seconda domanda:

II COSA È LA DONNA GRAZIE A MARIA?

A) Facciamo qualche passo attraverso il campo della letteratura e della storia, esaminiamo le vite delle donne più rispettabili; non ne troveremo neanche solo una la cui figura emani una tale incessante forza, incoraggiamento, gioia di vivere, e di consolazione, come quella della Beatissima Vergine? Se sono le umili fanciulle a guardare a Lei, c’è qui la “serva del Signore”; se sono regine che si rivolgono a Lei come regine che le rivolgono uno sguardo, esse sono alla presenza della “Regina del Cielo”; se sono anime turbate che cercano sollievo, la “Vergine dei Sette Dolori” le consola. Se si tratta di anime che lottano con il peccato e che implorano aiuto, la “Vergine Immacolata” le aiuta.

a) Il danno che Venere causò all’umanità non poteva essere rimediato, se non da Maria. Da quando le immagini della Vergine, hanno adornano il santuario e la parte più intima della casa nelle famiglie che si vantano cristiane, da allora l’umanità sa come rispettare la verginità completa e intatta prima del matrimonio e nel matrimonio il pensiero sublime di Dio: la dignità dei genitori e anche il magnifico dono di Dio: i figli. Ovunque ci sia un’immagine di Maria, c’è un incoraggiamento, una spinta verso i più alti ideali. E non penso ora a quei guerrieri di fama universale che portavano il rosario sull’elsa della spada, né alle nostre spade, né ai nostri anziani, quegli eroici ungheresi che attaccarono il Turco portando il vessillo di Maria. Non è questa la cosa principale. Voglio esaltare cento volte di più di tutti i trionfi ottenuti sui Turchi, quei milioni e milioni di trionfi invisibili, i trionfi spirituali, che, con l’aiuto di Maria, tante persone hanno conseguito sui vecchi nemici dell’uomo, sugli istinti che ci spingono al peccato.

b) Perché la Vergine Maria, tutta pura, può essere onorata degnamente solo dall’anima pura; e per seguire degnamente le sue orme, una vita secondo il piacere di Dio. Un’antica leggenda esprime questo pensiero in modo mirabile. – Sull’altare di un convento si trova una un’immagine piuttosto strana di Maria: entrambe le sue mani sono spezzate. In passato l’immagine era intatta, ma fu mutilata più tardi nel corso della guerra, e la leggenda narra che di fronte alla statua, quando, quando era intatta, molte suppliche sono state esaudite, ma che ora, di fronte alla statua mutilata non fa più miracoli. Non essendoci le mani della Vergine per innalzarle a Dio, pregando per gli uomini. Ma la leggenda continua e dice che se un uomo si inginocchiasse davanti alla statua e pregasse in questo modo: “Vergine Santissima, Madre mia, ecco le mie mani; sono così pulite, così morbide, così incontaminate che oso offrirle a te per sostituirle alle tue…”, i miracoli sarebbero ripresi. – Senti, amico lettore, il profondo simbolismo della leggenda? L’anima affondata nel peccato e le mani macchiate onorano Maria invano. Prima dobbiamo lavare via con lacrime di pentimento tutto lo sporco che le ricopre; e solo allora potremo osare guardare il volto sempre puro, sempre pulito, sempre bello di Maria. Sì, perché tutta la sua figura è l’apoteosi dello spirito che trionfa sulla materia,  e chi può negare che gli uomini abbiano un urgente bisogno di trionfare sugli interessi materiali che soffocano ogni spiritualità? La nostra terminologia e la nostra ideologia sono state plasmate sulla terra, e non sappiamo come esprimerci se non solo in termini economici, e tutti i nostri pensieri, piani, progetti e opere mancano sempre di qualcosa difficile da nominare con parole concrete: manca un’anima che aspiri alle altezze, degli occhi che guardino oltre la materia, di un volo che non si accontenta delle possibilità terrene.

B) E quando si parla dell’influenza del culto di Maria sulla moralità, è abbastanza logico che il nostro pensiero si rivolga spontaneamente alla figura della Vergine Immacolata, che rafforza e difende la purezza spirituale.

a) A Budapest, di fronte all’Ospedale di San Rocco, c’è una bellissima immagine di Maria con questa iscrizione: “Tota pulchra es, Maria“… “Sei tutta bella, o Maria”; e non c’è nessuna macchia originale in te… ” Non c’è colpa originale in te! Questo è ciò che l’Immacolata Concezione significa. Ma questa espressione: “Vergine Immacolata” la intendiamo anche in un altro senso. Noi di solito la applichiamo alla vita completamente pura di Maria, alla sua purezza morale e spirituale. E se in ogni momento è stato necessario l’ideale sublime e nobile della purezza dell’anima, è anche necessario ora, soprattutto ora, quando il mondo in questa materia è completamente sregolato. La Religione di Cristo ha in questo un magnifico motto: “Pura fino all’altare, fedele fino alla morte“; una vita completamente pura e continente fino all’altare nuziale e la fedeltà coniugale finché morte non li separi. Ecco il nostro ideale…; ma, ahimè, è ancora possibile realizzarlo oggi … anche oggi, in mezzo a tanta corruzione morale? – Forse qualcuno mi risponderà: “In passato gli uomini non erano migliori”. In realtà, ci sono sempre stati uomini cattivi e uomini buoni; e io non asserisco – perché non è vero – che la gente non sia buona. Non voglio affermare – perché sarebbe troppo ingenuo – che nei cosiddetti “bei tempi andati” tutti fossero davvero dei santi. Ma sapete qual è la differenza tra il passato e il presente? Un tempo il peccato era chiamato peccato, e per commetterlo gli uomini dovevano nascondersi nell’oscurità. Ma ora? Gli uomini scusano, anzi, cercano di giustificare la caduta morale, ed in alcuni casi fanno persino ostentazione dei loro disordini. Oggi il peccato esce dal suo nascondiglio e, senza vergogna, fa il suo lavoro alla luce del giorno. Sì, c’erano dei peccatori tra gli antichi, ma almeno venivano chiamati con quel nome. Cosa succede oggi, cosa succede intorno a noi? L’impurità sta devastando i giovani e gli adulti… e non ci scandalizziamo nemmeno più! Il veleno si diffonde ovunque… film, pubblicità, teatri, vetrine, libri, vanno distruggendo la vita spirituale, la coerenza morale, la generosità, la patria, il futuro. Chi può aiutarci in questa situazione? Chi può opporsi a questa corrente di degrado morale? Chi può tendere la mano a coloro che sono sul punto di annegare? Chi, se non la Vergine Immacolata, l’immacolata senza macchia, purissima? Guardate un’immagine di Maria, dipinta da Murillo….; contemplate… Stavo quasi per dire questa preghiera a colori. Guardate quanto è bella la Vergine! Gli Angeli volano intorno a Lei e ammirano la sua bellezza. Ma Lei non guarda verso di noi, né verso gli Angeli, ma ma guarda verso l’alto, da dove vengono tutte le luci che la avvolgono. In quel mare inaccessibile di luce abita Dio, purezza eterna; e Maria è la più perfetta realizzazione umana di questa purezza. E mentre contempliamo l’immagine, anche il nostro sguardo si alza da Maria verso l’alto, verso il al “Padre della luce”, alla fonte inesauribile ed eterna della purezza.

b) E solo ora comprendiamo veramente cosa abbia fatto la Vergine Immacolata, vestita di sole e coronata di dodici stelle. Ella ci insegna la via della vera grandezza. Non ciò che proclama il mondo. Perché anche il mondo ha il suo proprio Vangelo e il suo peculiare Credo. Il suo Vangelo recita così: Sii come Dio, onnisciente e onnipotente, e poni il tuo trono sopra il cielo. E il suo Credo è il seguente: Credo, ma solo in me stesso. Ma ecco che risuona il Vangelo ed il Credo dell’Immacolata Concezione: “Vuoi davvero essere grande? È un desiderio naturale, un desiderio antico che si annida in ogni uomo. La domanda è questa: vi accontentate delle apparenze o anelate alla verità? Volete essere grandi per forza di ribellione o per forza di obbedienza? Per mezzo dell’orgoglio o per mezzo della grazia? Vuoi essere solo un uomo o vuoi essere anche un Cristiano? Gli uomini sono coloro nei cui corpi abita l’anima; i Cristiani sono quelli nella cui anima abita Dio. Il corpo in cui non c’è l’anima, non è un uomo vivente ma un cadavere in decomposizione; e un’anima in cui Dio non abiti non è un’anima vivente, cristiana, non è un’anima divina. “Eppure senza dubbio, il Figlio di Dio – dice Sant’Agostino – si è fatto uomo affinché l’uomo sia Dio”. E qui sta il valore più profondo del Cristianesimo, e questo è ciò che ci insegna l’immagine dell’Immacolata Concezione. L’Immacolata Concezione, invitando noi fatti di fango e pantano e di inclinazioni vergognose, a salire verso le altezze divine: “A tutti quelli che l’hanno ricevuto (Cristo), a quelli che credono nel suo Nome, ha dato potere di diventare figli di Dio” (Gv I,12). Ed  anche se il Cristiano dovesse trasformare la terra intera in un paradiso, anche se dovesse porre fine a tutti i mali, alla sofferenza, alla miseria e alla morte, egli non sarebbe comunque altro che un ottone che rimbomba o una campana che risuona, se non potesse realizzare il meraviglioso cambiamento, che è destinato a sollevare l’uomo meschino, mortale, inciampante, e renderlo “partecipe della natura divina“. E per credere a questa ineffabile beatitudine, per essere convinti di questa possibilità, basta alzare gli occhi verso l’Immacolata, che essendo una creatura, limitata, terrena, ha vissuto interamente in Dio e ha vissuto per Dio. Guardate come la sua anima si riempie dell’oceano della vita soprannaturale! Guardate come sia stata resa invincibile la sua anima dalla potenza che l’unione con Dio le comunicava. Come il suo volto risplende delle luci della vicinanza di Dio! Ave, piena di grazia! Ave piena di Dio! La cui corona è costituita dalle stelle, la cui veste è il sole e poni i tuoi piedi sulla luna. Non sentite che il nostro mondo peccaminoso, esausto, morente, possa essere salvato e preservato dal castigo di Dio solo da  coloro che sono veramente figli dell’Immacolata? – Esiste un’immagine mariana del VI secolo dalla Russia: Maria è in piedi in un mare di raggi; e sul suo petto, al posto del cuore, è raffigurato Cristo, come un sole, come un’ostia circondata da raggi di luce. Cosa vuole esprimere? Che il cuore di Maria era occupato da Cristo, Egli vi abitava, e quindi Maria era un ostensorio, un tabernacolo vivente. All’esterno Maria…, dentro Gesù. All’esterno uomini…, dentro Gesù. All’esterno studente, impiegato, operaio, giudice, insegnante, ingegnere, sarta, casalinga…, dentro Gesù. E davvero, chi potrebbe contare i milioni e centinaia di milioni di giovani e anziani, che, anche in mezzo a forti tentazioni, sono stati preservati dal culto di Maria, dalla Vergine purissima?

III COS’È LA DONNA SENZA MARIA?

Dopo quanto detto, nessuno può dubitare su quale sia la nostra risposta alla terza domanda che abbiamo posto all’inizio del capitolo. Non c’è ombra di dubbio. Se il culto mariano venisse abolito, la corruzione morale della società peggiorerebbe e le donne ricadrebbero in una condizione di precarietà.

A) Quanto più spaventosa è la dissolutezza morale della nostra epoca, e quanto più più assomiglia all’immoralità dell’antico paganesimo, più dobbiamo guardare con raddoppiata fiducia alla Vergine Madre, che ci incoraggia a vivere una vita più pulita e più beata. Sapete qual è il più grande difetto del mondo moderno? La mancanza di donne in mezzo a noi, donne del tipo di Maria, donne degne di ricevere il saluto angelico. C’è un’abbondanza di donne audaci, provocanti, licenziose, che non fanno altro che proclamare la vacuità delle loro anime…., quali teorie denigratorie vengono propagate contro le donne, contro la maternità, contro i bambini! … sale da ballo…, concorsi di bellezza…, mode indecenti…, spiagge…, matrimoni di prova…, matrimoni nei fine settimana…, immoralità e marciume spirituale ovunque! Come possiamo rimediare a tutto questo? Diffondendo la devozione alla Vergine Maria.

B) Quando una donna perde la sua purezza e la sua vita spirituale, il suo “io” migliore,  allora si spegne anche il rispetto per le donne,  e, di conseguenza, trionfa l’animalità sfrenata. Così come si tiene la donna, così la vita umana sta in piedi o cade. Quando la donna è ridotta ad un oggetto di piacere, prevalgono gli istinti naturali, la vita dei sensi; ma dove la donna imita la dolcezza e la modestia di Maria, lì fiorisce la vera cultura, la dignità umana. Quando una donna perde la sua delicatezza, la sua modestia, il suo pudore, la sua autostima, l’uomo perde il suo rispetto per lei ed inizia la rovina della società. Il fatto che ci siano ancora delle donne – e  abbondantemente, grazie a Dio! – che cercano di imitare le virtù della Vergine Maria, sostenendo la vita familiare, dando la propria vita per i loro figli, è una benedizione per la società, un segno di vera cultura. Perché la cultura umana ha il suo fiore più bello nel culto di Maria? “Cultura” significa “frenare le forze selvagge”. E se è così, allora possiamo affermare che l’intera gamma delle invenzioni tecniche non abbia lo stesso valore per per la vera cultura umana quanto il culto della “Vergine Immacolata”, della “Vergine Purissima”.

* * *

Quanto più virulento è l’attacco dello spirito del nichilismo morale, del materialismo e del neopaganesimo, più dobbiamo alzare lo sguardo con ardente desiderio alla Vergine Maria piena di grazia. E quanto più la corruzione del mondo ci travolge, più ferventemente dobbiamo rivolgere le nostre suppliche alla Madre nostra. Madre Santissima, prega per noi. Dacci la forza di affrontare con determinazione e coraggio, tanti attacchi, aggressioni e derisioni contro il nostro essere Cristiani. Stendi su di noi il tuo manto protettivo, affinché ci siano tra noi giovani con un aspetto pulito come il tuo. Aiutaci a far sì che le giovani sappiano apprezzare l’alta dignità in cui tu le hai posto. Aiutaci affinché anche noi, tuoi figli fedeli, possiamo essere l’ “Isola Bella”, in mezzo a tanti uragani scatenati di corruzione morale… O Vergine Maria, concepita senza peccato, prega per noi, sii il nostro rifugio e riparo.

LA VERGINE MARIA (5)

FESTA DELL’ASCENSIONE (2023)

ASCENSIONE DEL SIGNORE (2022).

Stazione a S. Pietro,

Doppia di I cl. con ottava privilegiata di III ord. – Paramenti bianchi.

Nella Basilica di S. Pietro, dedicata a uno dei principali testimoni dell’Ascensione del Signore, si celebra oggi (Or.) l’anniversario di questo mistero, che segna il termine della vita terrena di Gesù. Durante i quaranta giorni, che seguirono la sua Risurrezione, il Redentore pose le basi della sua Chiesa, alla quale doveva poco dopo mandare lo Spirito Santo. L’Epistola e il Vangelo di questo giorno riassumono tutti gli insegnamenti del Maestro. Gesù lascia quindi questa terra, e tutta la Messa è la celebrazione della Sua gloriosa elevazione in cielo dove gli fanno scorta le anime liberate, dal Limbo (Ali.) che entrano al suo seguito nel regno celeste, ove partecipano più ampiamente alla sua divinità (Pref.). — L’Ascensione ci predica il dovere di innalzare i nostri cuori a Dio e infatti, l’Orazione ci fa chiedere di abitare in ispirito con Gesù nelle regioni celesti, dove siamo chiamati ad abitare un giorno con il corpo. Durante tutta l’Ottava si recita il Credo: «Credo in un solo Signore Gesù Cristo Figlio unico di Dio… che è asceso al cielo, dove siede alla destra del Padre ». Il Gloria dice pure: « Signore, Figlio unico di Dio Gesù Cristo, tu che siedi alla destra  del Padre, abbi pietà di noi. Nel Prefazio proprio che si recita fino alla Pentecoste, si rendono grazie a Dio pel fatto che « il Cristo risorto, dopo essere apparso a tutti i suoi discepoli, si sia innalzato in cielo sotto i loro sguardi ». Durante tutta l’Ottava si recita ugualmente un Communicantes proprio a questa festa; con esso la Chiesa ci ricorda che « celebra il giorno sacrosanto nel quale Nostro Signore, Figlio unico di Dio, si degnò di introdurre nella gloria e porre alla destra del Padre la nostra fragile carne ». alla quale si era unito nel Mistero dell’Incarnazione. – Ogni giorno la liturgia ci ricorda, all’Offertorio (Suscipe Sancta Trinitas) e al Canone (Unde et memores) che essa, secondo l’ordine del Signore, offre il Santo Sacrificio « in memoria della beatissima passione di Gesù Cristo, della sua risurrezione dalla tomba, e della sua gloriosa Ascensione al cielo ». Infatti l’uomo è salvato solo per l’unione dei misteri della Passione e della Risurrezione con quello dell’Ascensione. « Per la tua morte e per la tua sepoltura, per la tua santa risurrezione, per la tua mirabile Ascensione, liberaci, Signore » (lit. dei Santi). — Offriamo a Dio il sacrifizio divino « in memoria della gloriosa Ascensione del Figliuol Suo » affinché, liberati dai mali presenti, giungiamo con Gesù alla vita eterna (Secr.).

Incipit

In nómine Patris, ☩ et Fílii, et Spíritus Sancti. Amen.

Adjutórium nostrum in nómine Dómini.
R. Qui fecit cælum et terram.
Confíteor Deo omnipoténti, beátæ Maríæ semper Vírgini, beáto Michaéli Archángelo, beáto Joánni Baptístæ, sanctis Apóstolis Petro et Paulo, ómnibus Sanctis, et vobis, fratres: quia peccávi nimis cogitatióne, verbo et ópere: mea culpa, mea culpa, mea máxima culpa. Ideo precor beátam Maríam semper Vírginem, beátum Michaélem Archángelum, beátum Joánnem Baptístam, sanctos Apóstolos Petrum et Paulum, omnes Sanctos, et vos, fratres, oráre pro me ad Dóminum, Deum nostrum.
S. Misereátur nostri omnípotens Deus, et, dimíssis peccátis nostris, perdúcat nos ad vitam ætérnam.
R. Amen.
S. Indulgéntiam, absolutiónem et remissiónem peccatórum nostrórum tríbuat nobis omnípotens et miséricors Dóminus.
R. Amen.

V. Deus, tu convérsus vivificábis nos.
R. Et plebs tua lætábitur in te.
V. Osténde nobis, Dómine, misericórdiam tuam.
R. Et salutáre tuum da nobis.
V. Dómine, exáudi oratiónem meam.
R. Et clamor meus ad te véniat.
V. Dóminus vobíscum.
R. Et cum spíritu tuo.

Introitus

Acta 1:11.
Viri Galilæi, quid admirámini aspiciéntes in cœlum? allelúia: quemádmodum vidístis eum ascendéntem in cœlum, ita véniet, allelúia, allelúia, allelúia.

[Uomini di Galilea, perché ve ne state stupiti a mirare il cielo? allelúia: nello stesso modo che lo avete visto ascendere al cielo, così ritornerà, allelúia, allelúia, allelúia].

Ps XLVI: 2
Omnes gentes, pláudite mánibus: iubiláte Deo in voce exsultatiónis.

[Applaudite, o genti tutte: acclamate Dio con canti e giubilo.]

Viri Galilæi, quid admirámini aspiciéntes in cœlum? allelúia: quemádmodum vidístis eum ascendéntem in cœlum, ita véniet, allelúia, allelúia, allelúia.

[Uomini di Galilea, perché ve ne state stupiti a mirare il cielo? allelúia: nello stesso modo che lo avete visto ascendere al cielo, così ritornerà, allelúia, allelúia, allelúia].

Kyrie

S. Kýrie, eléison.
M. Kýrie, eléison.
S. Kýrie, eléison.
M. Christe, eléison.
S. Christe, eléison.
M. Christe, eléison.
S. Kýrie, eléison.
M. Kýrie, eléison.
S. Kýrie, eléison.

Gloria

Glória in excélsis Deo. Et in terra pax homínibus bonæ voluntátis. Laudámus te. Benedícimus te. Adorámus te. Glorificámus te. Grátias ágimus tibi propter magnam glóriam tuam. Dómine Deus, Rex cæléstis, Deus Pater omnípotens. Dómine Fili unigénite, Jesu Christe. Dómine Deus, Agnus Dei, Fílius Patris. Qui tollis peccáta mundi, miserére nobis. Qui tollis peccáta mundi, súscipe deprecatiónem nostram. Qui sedes ad déxteram Patris, miserére nobis. Quóniam tu solus Sanctus. Tu solus Dóminus. Tu solus Altíssimus, Jesu Christe. Cum Sancto Spíritu ✠ in glória Dei Patris. Amen.

Oratio

Orémus.
Concéde, quǽsumus, omnípotens Deus: ut, qui hodiérna die Unigénitum tuum, Redemptórem nostrum, ad coelos ascendísse crédimus; ipsi quoque mente in coeléstibus habitémus.

[Concedici, Te ne preghiamo, o Dio onnipotente, che noi, che crediamo che oggi è salito al cielo il tuo Unigenito, nostro Redentore, abitiamo anche noi col nostro spirito in cielo].

Lectio

Léctio Actuum Apostólorum.
Act 1:1-11

Primum quidem sermónem feci de ómnibus, o Theóphile, quæ coepit Iesus facere et docére usque in diem, qua, præcípiens Apóstolis per Spíritum Sanctum, quos elégit, assúmptus est: quibus et praebuit seípsum vivum post passiónem suam in multas arguméntis, per dies quadragínta appárens eis et loquens de regno Dei. Et convéscens, præcépit eis, ab Ierosólymis ne discéderent, sed exspectárent promissiónem Patris, quam audístis -inquit – per os meum: quia Ioánnes quidem baptizávit aqua, vos autem baptizabímini Spíritu Sancto non post multos hos dies. Igitur qui convénerant, interrogábant eum, dicéntes: Dómine, si in témpore hoc restítues regnum Israël? Dixit autem eis: Non est vestrum nosse témpora vel moménta, quæ Pater pósuit in sua potestáte: sed accipiétis virtútem superveniéntis Spíritus Sancti in vos, et éritis mihi testes in Ierúsalem et in omni Iudaea et Samaría et usque ad últimum terræ. Et cum hæc dixísset, vidéntibus illis, elevátus est, et nubes suscépit eum ab óculis eórum. Cumque intuerétur in coelum eúntem illum, ecce, duo viri astitérunt iuxta illos in véstibus albis, qui et dixérunt: Viri Galilaei, quid statis aspiciéntes in coelum? Hic Iesus, qui assúmptus est a vobis in coelum, sic véniet, quemádmodum vidístis eum eúntem in coelum.

“Io primieramente ho trattato, o Teofìlo, delle cose che Gesù prese a fare e ad insegnare in fino al dì, ch’Egli fu accolto in alto, dopo aver dato i suoi comandi per lo Spirito Santo agli Apostoli ch’Egli aveva eletti. Ai quali ancora, dopo aver sofferto, si presentò vivente, con molte e sicure prove, essendo da loro veduto per lo spazio di quaranta giorni e ragionando con essi delle cose del regno di Dio. E trovandosi con essi, comandò loro che non si partissero da Gerusalemme, ma aspettassero la promessa del Padre, che, diss’Egli, avete da me udita. Perocché Giovanni battezzò con acqua, ma voi sarete battezzati con lo Spirito Santo fra pochi giorni. Essi adunque, stando con Lui, lo domandarono, dicendo: Signore, sarà egli in questo tempo, che tu restituirai il regno ad Israele? Ma Egli disse loro: Non spetta a voi conoscere i tempi e le stagioni, che il Padre serba in poter suo. Ma voi riceverete la virtù dello Spirito Santo, che verrà sopra di voi e mi sarete testimoni e in Gerusalemme e in tutta la Giudea e nella Samaria e fino alle estremità della terra. E dette queste cose, levossi a vista loro: e una nuvola lo ricevette e lo tolse agli occhi loro. E com’essi tenevano ancora fissi gli occhi in cielo, mentre se ne andava, ecco due uomini si presentarono loro in candide vesti e dissero loro: Uomini Galilei, perché state riguardando verso il cielo? Questo Gesù che è stato accolto in cielo d’appresso voi, verrà nella stessa maniera che l’avete veduto andarsene in cielo -. (Atti Apostolici, 1. I, 11). –

Alleluia

Allelúia, allelúia.

Ps XLVI:6.
Ascéndit Deus in iubilatióne, et Dóminus in voce tubæ. Allelúia.

[Iddio è asceso nel giubilo e il Signore al suono delle trombe. Allelúia.]

Ps LXVII:18-19.
V. Dóminus in Sina in sancto, ascéndens in altum, captívam duxit captivitátem.
Allelúia.  

[Il Signore dal Sinai viene nel santuario, salendo in alto, trascina schiava la schiavitú. Allelúia.]

Evangelium

Sequéntia ✠ sancti Evangélii secúndum Marcum.
Marc XVI:14-20

In illo témpore: Recumbéntibus úndecim discípulis, appáruit illis Iesus: et exprobrávit incredulitátem eórum et durítiam cordis: quia iis, qui víderant eum resurrexísse, non credidérunt. Et dixit eis: Eúntes in mundum univérsum, prædicáte Evangélium omni creatúræ. Qui credíderit et baptizátus fúerit, salvus erit: qui vero non credíderit, condemnábitur. Signa autem eos, qui credíderint, hæc sequéntur: In nómine meo dæmónia eiícient: linguis loquantur novis: serpentes tollent: et si mortíferum quid bíberint, non eis nocébit: super ægros manus impónent, et bene habébunt. Et Dóminus quidem Iesus, postquam locútus est eis, assúmptus est in cœlum, et sedet a dextris Dei. Illi autem profécti, prædicavérunt ubíque, Dómino cooperánte et sermónem confirmánte, sequéntibus signis.

“In quel tempo: Gesú apparve agli undici, mentre erano a mensa, e rinfacciò ad essi la loro incredulità e durezza di cuore, perché non avevano prestato fede a quelli che lo avevano visto resuscitato. E disse loro: Andate per tutto il mondo: predicate il vangelo ad ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato, sarà salvo: chi poi non crederà, sarà condannato. Ed ecco i miracoli che accompagneranno coloro che hanno creduto: nel mio Nome scacceranno i demoni, parleranno lingue nuove, maneggeranno serpenti, e se avran bevuto qualcosa di mortifero non farà loro male: imporranno le mani ai malati e questi guariranno. E il Signore Gesù, dopo aver parlato con essi, fu assunto in cielo e si assise alla destra di Dio. Essi se ne andarono a predicare per ogni dove, mentre il Signore li assisteva e confermava la loro parola con i miracoli che la seguivano.”

Recitato il Vangelo, viene spento il Cero pasquale, ne più si accende, se non il Sabato di Pentecoste per la benedizione del Fonte.

OMELIA

IL GIORNO DELL’ASCENSIONESULLA GRANDEZZA DI GESÙ CRISTO NEL CIELO.

(M. Cochin – Prediche familiari, vol. I, M. Falconi ed. Firenze 1843

Excelsus super omnes gentes Dominus, et super cœlos gloria.

Il Signore è più grande di tutte le nazioni, la sua gloria è più dei cieli. Salmo CXXII, 5 v. 4.

La nostra conversazione è veramente nei cieli, secondo l’espressione dell’Apostolo S. Paolo. Tutti gli altri misteri della vita di Gesù Cristo, ci richiamano necessariamente alla nostra debolezza alla miseria ed alla corruzione della nostra natura. Questo in cui tutto è gloria, in tutt’è grandezza per Gesù Cristo, senza innesto d’umiliazione e d’obbrobrio, non ci offre che delle consolazioni e dei motivi della più viva speranza. Quantunque Gesù Cristo non avesse conservato alcuno dei tristi appannaggi della nostra mortalità, Egli abitava ancora questa valle di lacrime; ma innalzato ora al di sopra dei cieli, Egli vi procura alla sua umanità uno stato di grandezza e di gloria che i suoi patimenti gli avevano meritato. Ah! come gli Apostoli, teniamo in questi giorni gli occhi rivolti al cielo; e quantunque una folta nube lo involi ai nostri sguardi, che gli occhi della nostra fede trapassino questa nube. Non ci stanchiamo di contemplarvi Gesù Cristo assiso alla destra del Padre suo ch’è il nostro, circondato dai suoi Santi, che son i nostri fratelli, godente d’una felicità ch’Egli ci ha conquistata col suo sangue, e riunente in qualche modo, nel soggiorno della sua gloria, tutti i caratteri di grandezza che successivamente ci ha mostrati sulla terra. Gesù Cristo è grande nel cielo. Questa verità, o fratelli fra tutte quelle che ci offre la Religione, è la più facile a stabilirsi; e nel tempo stesso è la più istruttiva e la più consolante. Io ho osato avanzare ch’era cosa facile, lo stabilire la grandezza di Gesù Cristo nel cielo. Non già perché sia concesso all’uomo di formarsene una giusta idea; noi non possiamo neppur parlare degnamente della gloria dei Santi; come parleremo noi di quella del Capo dei predestinati? L’occhio non ha veduto, dice l’Apostolo, l’orecchio non ha inteso, il cuore dell’uomo non ha compreso i beni che Dio prepara a quelli che l’amano. Oseremmo noi, con sì limitate facoltà, descrivere la felicità di Colui che fin dall’eternità forma l’oggetto delle compiacenze del Padre suo? La sua generazione è ineffabile, dice il Profeta. la sua gloria e la sua felicità son indicibili; e se lo Spirito Santo non si fosse degnato, nelle divine Scritture di sollevarci un lembo del velo che occulta la sua maestà e la sua grandezza, noi saremmo ridotti ad adorare e tacere. Ma ch’io apra i nostri sacri libri e veggo glorificati in Gesù Cristo tre caratteri di grandezza. – Egli è grande per il posto ch’Egli occupa nel cielo, per le funzioni che vi esercita, per le grazie ch’Ei vi merita e spande su tutta la Chiesa. Grande per il rango che occupa nel cielo. Senza dubbio è per difetto d’espressione, che la Chiesa si contenta di farci dire, nel simbolo della nostra fede, ch’Egli è assiso alla destra di Dio: Ad dexteram Dei sedet. Ma questa locuzione, per quanto semplice ella sia, qual immagine non presenta ai nostri spriti! Egli è dunque vero ch’Egli è innalzato, come dice il Profeta al di sopra di tutte le nazioni: Excelsus super omnes gentes Dominus poiché niuna creatura può pretendere d’essere collocata a livello dello stesso Dio. Egli è dunque vero, ch’Egli è innalzato al disopra dei cieli, poiché gli spiriti celesti non sono che gli esecutori delle volontà dell’Altissimo, e non è stato detto ad alcuno di essi: Tu sei il mio Figlio prediletto. Come pure non è stato detto ad essi: Assidetevi alla mia destra, finché io riduca i vostri nemici a servirvi di sgabello. Perciò Egli esercita su tutte le creature, l’impero concessogli dal Padre. Perciò, come la Chiesa oggi ce lo fa considerare, Egli deve venire ad esercitare la sua potenza sovra ogni carne,  la sua giustizia contro tutti i peccatori, la sua misericordia verso tutti gli eletti. Perciò Egli comanda da padrone, senza che niente possa resistere alla sua volontà suprema. Perciò pure Egli riceve i nostri omaggi ed i nostri voti; s’occupa delle nostre miserie e dei nostri travagli, addita a ciascuno de’ suoi eletti  il posto che loro destina nel suo regno; e questa verità non è semplicemente speculativa; poiché la gloria del capo è quella dei membri, dice S. Agostino: Ascensio Domini glorificatio nostra. Innalzando, continua questo Padre, l’umanità alpiù alto dei cieli, Egli ci ha mostrato che la via n’era aperta. Egli stesso ci ha dischiusa, dice l’Apostolo, questa via nuova e vivente: viant nova et viventem. Nova, poiché avanti di Lui il cielo era chiuso alle nostre speranze ed ai nostri desiderii; vivente, poiché Egli stesso è questa via sempre sussistente, e poiché insegnerà a meritarla con i suoi esempi. Ma Egli ci avverte che se vi sono molti seggi nel regno del Padre suo, essi sono sempre proporzionati agli sforzi ed alle lotte sostenute. La Chiesa dunque vuole eccitare in noi una santa emulazione, quando ci parla del rango ch’Egli occupa nel cielo. Figlio mio, diceva la Madre dei Maccahei al più giovane de’ suoi tigli, io ti scongiuro a considerare il cielo: Peto, nate, ut aspicias ad cœlum. È questa in certo modo la voce della Chiesa in questa solennità. Questa tenera madre, che ci vede con inquietudine esposti alle tentazioni della vita presente, ci scongiura a considerare Gesù glorificato, e con questo solo pensiero ci fortifica per resistere a tutte le passioni, ci consola in tutte le nostre pene, e ci anima a praticare tutte le virtù; ma assai più eccita la nostra confidenza, allorché c’istruisce della funzione ch’Egli vi esercita. Era uno spettacolo ben penetrante per i Giudei, questa cerimonia che si osservava una volta l’anno: il Gran sacerdote, tenendo fra le mani il sangue delle vittime, e dei profumi ch’esalavano il più soave odore, penetrava al di là del velo, fino nel Santo dei Santi; egli solo aveva diritto d’esercitare questa funzione. I Sacerdoti, i Leviti ed il popolo attendevano il suo ritorno con un religioso timore. Questa cerimonia figurativa era fatta soltanto per fissare l’attenzione del giudeo carnale e grossolano, ma non era che una debole immagine del mistero di cui la Chiesa ci occupa. Gesù entra in cielo, ma Egli è il Pontefice eterno; Ei non ha bisogno, come i pontefici mortali, d’offrire sacrifici per i suoi propri peccati, d’accattare il sangue di vittime straniere, di bruciare il sangue di vittime materiali e terrene; Egli stesso ha squarciato il velo della sua umanità; attraverso di questo velo, dice l’Apostolo S. Paolo, ci si presenta davanti al Padre suo: Per velamen. Sempre, e fino alla consumazione dei secoli, Ei gli ripeterà le parole che disse venendo in questo mondo. Eccomi: Ecce venio. Sempre, e per tutta l’eternità Egli offrirà il sangue che sparse per espiare le nostre colpe; sempre, e fino nei secoli dei secoli, l’odore delle sue virtù, il merito della sua obbedienza e gl’incensi della sua preghiera s’eleveranno fino alla Maestà suprema come un profumo di soave odore. Ah! consoliamoci, dice l’Apostolo, noi abbiamo un Pontefice disposto a compatire alle nostre infermità: Non habemus Pontificem qui non possit compati infirmitatibus nostris. Purché siamo presenti al proprio cuore, Egli lo è al Padre suo, non vi è una sola delle nostre infermità che non lo trovi sensibile, non un solo dei nostri pericoli ch’Ei non prevenga, non uno dei nostri bisogni, ai quali non provveda, non una delle nostre cadute che non interessi la sua carità e la sua misericordia. Noi non meditiamo abbastanza le risorse che ci presenta la Religione per mezzo di questo Pontefice. Se ogni volta che, prostrati appiè dei santi altari, noi partecipiamo al Sacrificio della Messa dicessimo a noi stessi, che quegli che si offre quaggiù è offerto nel cielo, che il sangue prezioso che forma la nostra sicurezza davanti a Dio, peneremmo noi tanto ad elevare i nostri cuori quando il Sacerdote a ciò ne invita: sursum corda? E non saremmo noi per mezzo della vivacità della nostra fede, prostesi davanti l’altare sublime del cielo, allorché adoriamo la vittima, offerta sull’altare visibile sulla terra? È questo frattanto, o fratelli, il solo mezzo di partecipare alle grazie che Gesù Cristo merita, ottiene e sparge sopra tutta la Chiesa  nel mistero della sua Ascensione. Pete mater: Chiedi o madre, diceva Salomone a quella che lo aveva portato nel suo seno. Gesù Cristo, dall’alto dei cieli, tiene il medesimo linguaggio alla Chiesa sua sposa e madre di tutt’i suoi membri. Chiedi, le dice, i bisogni della tua famiglia sono immensi, le ricchezze della mia misericordia però sono maggiori di essi. Chiedi: un pieno potere mi è stato accordato nel cielo, in terra e nell’inferno. Di qualunque natura siano le grazie tu chiedi per essa, i tesori dei miei meriti le sono aperti. – Grazia di conversione. Son io che ispiro lo spirito di timore, che infondo turbamento nel peccatore, in mezzo de’ suoi disordini; lo spirito di compunzione che lo affligge, alla vista delle sue cadute, lo spirito di umiltà che lo commuove, considerando il suo nulla e la sua miseria. Lo spirito di vigilanza e di preghiera che lo fa gemere, supplicare e combattere, lo spirito di giustificazione, che lo converte e lo cangia. – Grazia di perseveranza. Son io che animo il giusto al combattimento, che lo sostengo in mezzo alle tentazioni, che inspiro ad esso una giusta diffidenza della propria debolezza„ che assicuro il suo avanzamento ed i suoi progressi nella virtù e che consumo, per mezzo della mia grazia, l’opera della sua santificazione. – Grazia di pazienza. Dal seno della mia gloria io veggo i miei amici in preda all’amarezza ed alla tristezza; io compatisco ai loro mali, addolcisco le loro disgrazie, sostengo il loro coraggio e corono la loro sommessione e la loro fede. – Grazia di penitenza e di rinunzia. Sono io che inspiro il disprezzo ed il disgusto delle cose della terra, che spargo la dolcezza e l’unzione sulle più penose pratiche, sui più generosi sacrifici, e sulle mortificazioni più ributtanti per la natura. – Grazia di carità e d’amore. Io amo il Padre mio, e ne sono amato, e comunico le impressioni ed i sentimenti di questo reciproco amore, alle anime che mi sono fedeli. Io so, per mezzo di questo amore che desse non hanno altra volontà che quella del loro Dio, altre tendenze che quelle che le ravvicinano al loro Dio, altro desiderio che d’essere eternamente unite al loro Dio. – Nella prossima solennità Gesù Cristo comincia a soddisfare a queste consolanti promesse, sopra i suoi Apostoli, e nel progresso dei secoli sopra a tutta la sua Chiesa. Per mezzo di Gesù Cristo, dice l’Apostolo S. Pietro, Dio ci ha recati i più grandiosi ed i più consolanti vantaggi: Per Christum maxima et pretiosa nobis promissa donavit. Sempre in mezzo di noi, per mezzo del suo spirito, Ei dissipa le nostre tenebre, istruisce la nostra ignoranza, fortifica la nostra debolezza, purifica le nostre affezioni, rende ferventi le nostre preci, sante le nostre opere, docile la nostra volontà, viva la nostra fede, e certe le nostre speranze. –  O Gesù, egli è dunque vero che abbandonando questa valle di lacrime, Voi non avete già voluto lasciarci orfani? Sempre nostro Redentore: Nostra redemptio, voi non cessate di farne le funzioni presso il Padre vostro. Sempre animato dall’ istesso amore per noi, Voi ponete ogni vostra delizia nell’essere con noi, col mezzo del vostro Spirito, egli è ben giusto che noi facciamo nostro dovere l’amarvi, e nostro più ardente desiderio il possedervi: Amor et desiderium. La vostra tenera carità per noi non si raffredderà giammai, essa vi solleciterà, vi presserà e vi costringerà, per così dire, ad attendere alle nostre miserie, ed a porgere sollievo ai nostri mali: Ipsa te cogat pietas et mala nostra superes. Noi siamo peccatori, e da Voi viene la remissione e la grazia. Noi siamo deboli e per mezzo vostro otteniamo il soccorso e la forza. Noi siamo esuli ed insieme con Voi godiamo del riposo della patria: Parcendo et voti compotes, nos tuo vultu saties. Fate o Signore che noi non conosciamo quaggiù altra felicità ed altra gioia che quella di appartenervi: Tu esto nostrum gaudium. Fate o Signore, che noi non serbiamo sulla terra altro desio che quello di possedervi un giorno: Qui es futurus præmium; che noi riponiamo la nostra gloria nell’umiltà, nella penitenza e nella croce per ottenere di riporla eternamente nel possedimento di Voi stesso: sit nostra in te gloria, per cuncta semper sæcula. Amen.

IL CREDO

Offertorium

Orémus
Ps XLVI:6.
Ascéndit Deus in iubilatióne, et Dóminus in voce tubæ, allelúia.

[Iddio è asceso nel giubilo e il Signore al suono delle trombe. Allelúia.]

Secreta

Súscipe, Dómine, múnera, quæ pro Fílii tui gloriósa censióne deférimus: et concéde propítius; ut a præséntibus perículis liberémur, et ad vitam per veniámus ætérnam.

[Accetta, o Signore, i doni che Ti offriamo in onore della gloriosa Ascensione del tuo Figlio: e concedi propizio che, liberi dai pericoli presenti, giungiamo alla vita eterna.]

Præfatio

V. Dóminus vobíscum.
R. Et cum spíritu tuo.
V. Sursum corda.
R. Habémus ad Dóminum.
V. Grátias agámus Dómino, Deo nostro.
R. Dignum et justum est.

de Ascensione Domini

Vere dignum et justum est, æquum et salutáre, nos tibi semper et ubíque grátias ágere: Dómine sancte, Pater omnípotens, ætérne Deus: per Christum, Dóminum nostrum. Qui post resurrectiónem suam ómnibus discípulis suis maniféstus appáruit et, ipsis cernéntibus, est elevátus in cælum, ut nos divinitátis suæ tribúeret esse partícipes. Et ídeo cum Angelis et Archángelis, cum Thronis et Dominatiónibus cumque omni milítia cœléstis exércitus hymnum glóriæ tuæ cánimus, sine fine dicéntes:

[È veramente degno e giusto, conveniente e salutare, che noi, sempre e in ogni luogo, Ti rendiamo grazie, o Signore Santo, Padre Onnipotente, Eterno Iddio: per Cristo nostro Signore. Il quale dopo la sua resurrezione apparve manifestamente a tutti i suoi discepoli, alla cui vista salí al cielo, per farci partécipi della sua divinità. E perciò con gli Angeli e gli Arcangeli, con i Troni e le Dominazioni, e con tutta la milizia dell’esercito celeste, cantiamo l’inno della tua gloria, dicendo senza fine:]

Sanctus, Sanctus, Sanctus Dóminus, Deus Sábaoth. Pleni sunt cæli et terra glória tua. Hosánna in excélsis. Benedíctus, qui venit in nómine Dómini. Hosánna in excélsis.

Preparatio Communionis

Orémus: Præcéptis salutáribus móniti, et divína institutióne formáti audémus dícere:

Pater noster

qui es in cælis. Sanctificétur nomen tuum. Advéniat regnum tuum. Fiat volúntas tua, sicut in cælo et in terra. Panem nostrum quotidiánum da nobis hódie. Et dimítte nobis débita nostra, sicut et nos dimíttimus debitóribus nostris. Et ne nos indúcas in tentatiónem:
R. Sed líbera nos a malo.
S. Amen.

Agnus Dei

Agnus Dei, qui tollis peccáta mundi: miserére nobis.
Agnus Dei, qui tollis peccáta mundi: miserére nobis.
Agnus Dei, qui tollis peccáta mundi: dona nobis pacem.

Panem cæléstem accípiam, et nomen Dómini invocábo.
V. Dómine, non sum dignus, ut intres sub tectum meum: sed tantum dic verbo, et sanábitur ánima mea.
V. Dómine, non sum dignus, ut intres sub tectum meum: sed tantum dic verbo, et sanábitur ánima mea.
V. Dómine, non sum dignus, ut intres sub tectum meum: sed tantum dic verbo, et sanábitur ánima mea.

COMUNIONE SPIRITUALE

Communio

Ps LXVII: 33-34
Psállite Dómino, qui ascéndit super cœlos coelórum ad Oriéntem, allelúia.

[Salmodiate al Signore che ascende al di sopra di tutti i cieli a Oriente, allelúia.]

Postcommunio

Orémus.
Præsta nobis, quǽsumus, omnípotens et miséricors Deus: ut, quæ visibílibus mystériis suménda percépimus, invisíbili consequámur efféctu.

[Concedici, Te ne preghiamo, o Dio onnipotente e misericordioso, che di quanto abbiamo ricevuto mediante i visibili misteri, ne conseguiamo l’invisibile effetto].

PREGHIERE LEONINE (dopo la Messa)

RINGRAZIAMENTO DOPO LA COMUNIONE (2)

TUTTO IL DENZINGER SENTENZA PER SENTENZA (16) “da GREGORIO VIII ad INNOCENZO III”.

TUTTO IL DENZINGER SENTENZA PER SENTENZA DAGLI APOSTOLI A S.S. PIO XII (16)

HENRICUS DENZINGER

ET QUID FUNDITUS RETRACTAVIT AUXIT ORNAVIT

ADOLFUS SCHÖNMATZER S. J.

ENCHIRIDION SYMBOLORUM DEFINITIONUM ET DECLARATIONUM

De rebus fidei et morum

HERDER – ROMÆ – MCMLXXVI

Imprim.: Barcelona, José M. Guix, obispo auxiliar

(da Gregorio VIII ad Innocenzo III)

GREGORIO VIII: 21 ottobre-17 dicembre 1187

CLEMENTE III: 19 dicembre 1187-marzo 1191

CELESTINO III: 30 marzo 1191-8 gennaio 1198

INNOCENZO III: 8 gennaio 1198-16 luglio 1216

Lettera “Cum apud sedem” all’Arcivescovo Umberto di Arles, 15  Luglio 1198

La forma sacramentale del matrimonio.

766. Ci hai chiesto se un muto e un sordo possano sposarsi. A ciò rispondiamo così alla tua fraternità: poiché ciò che è stabilito riguardo al matrimonio da contrarre è dell’ordine del divieto, cosicché chiunque non sia proibito può esservi ammesso, e poiché per il matrimonio è sufficiente il solo consenso di coloro la cui unione è in questione, risulta che se una tale persona desidera contrarre matrimonio, questo può e non deve essergli rifiutato, poiché ciò che non può dichiarare con le parole, può farlo con i segni.

Lettera “Sicut universitatis” al console Acerbus di Firenze, 30 ottobre 1198.

Il duplice potere supremo sulla terra

767. Come Dio, Creatore dell’universo, ha posto nel firmamento del cielo due grandi luminari, il maggiore per presiedere al giorno, il minore per presiedere alla notte, così ha posto nel firmamento della Chiesa universale, che si chiama cielo, due grandi dignità: la maggiore, per presiedere alle anime come nel giorno, e la minore per presiedere ai corpi come nella notte, e queste sono l’Autorità pontificia ed il potere regale. Inoltre, come la luna riceve la luce del sole, ed in verità è più piccola del sole sia per grandezza che per qualità, sia per situazione che per effetto, così anche il potere regale riceve dall’Autorità pontificia lo splendore della sua dignità; più si sforza di guardarla, più si adorna di una grande luce, e più allontana lo sguardo da essa, più perde il suo splendore.

Lettera “Quanto te magis” al Vescovo Ugo di Ferrara, 1 maggio 1199.

1 maggio 1199.

Il vincolo matrimoniale ed il privilegio paolino

768. La vostra fraternità ci ha informato nella sua lettera che uno dei coniugi che passano all’eresia, quello che viene abbandonato, desidera contrarre un secondo matrimonio e procreare dei figli; e avete ritenuto necessario chiederci nella vostra lettera se questo possa essere fatto a ragion veduta. In risposta alla sua domanda, e su consiglio comune dei nostri fratelli, distinguiamo due casi.  – Anche se uno dei nostri predecessori (Celestino III) sembra averla pensata diversamente: quella di due infedeli, uno dei quali si converte alla fede cattolica, e quella di due fedeli, uno dei quali cade nell’eresia o nell’errore degli infedeli. Infatti, se uno dei coniugi infedeli si converte alla fede cattolica mentre l’altro non vuole in alcun modo convivere con lui, almeno non senza bestemmiare il nome di Dio o incitarlo al peccato mortale, colui che viene abbandonato contrarrà un secondo matrimonio se lo desidera; ed è in base a questo caso che comprendiamo ciò che dice l’Apostolo: “Se l’infedele vuole separarsi, si separi; il fratello o la sorella non hanno alcun obbligo in questo caso” (1Cor VII, 15); e così pure il canone che dice: “L’ingiuria al Creatore rompe il vincolo matrimoniale di colui che è abbandonato”.

769. Ma se uno dei coniugi credenti cade nell’eresia o passa nell’errore del paganesimo, non pensiamo che in questo caso colui che è abbandonato possa contrarre un secondo matrimonio finché l’altro vive, anche se ovviamente in questo caso si fa un’offesa maggiore al Creatore. Infatti, anche se c’è indubbiamente un vero matrimonio tra due non credenti, esso non è sigillato; ma tra credenti è indubbiamente vero e sigillato: perché il Sacramento della fede (il Battesimo), una volta conferito, non si perde mai, e sigilla il Sacramento del matrimonio in modo tale da perdurare negli sposi finché il primo rimane.

Lettera “Cum ex iniuncto” agli abitanti di Metz, 12 luglio 1199.

La necessità del Magistero della Chiesa per l’interpretazione delle Scritture delle Scritture.

770. Il nostro venerabile fratello, il Vescovo di Metz, ci ha informato nella sua lettera che sia nella diocesi che nella città di Metz un numero abbastanza grande di laici e di donne, attratti in qualche modo dal desiderio di conoscere le Scritture, hanno fatto tradurre in francese i Vangeli, le epistole di Paolo, il Salterio, i Moralia su Giobbe e diversi altri libri;… (ne è risultato) che nelle riunioni segrete i laici e le donne osano ruttare tra loro e predicarsi l’un l’altro, e disprezzano anche la compagnia di coloro che non si mescolano in queste cose… Alcuni di loro disprezzano anche la semplicità dei loro Sacerdoti e, quando la parola di salvezza viene loro offerta da questi ultimi, mormorano segretamente di averla meglio nei loro scritti e di saperla esprimere con maggiore saggezza. Anche se il desiderio di comprendere le Scritture divine e il desiderio di esortare in accordo con esse non sia da biasimare, ma al contrario sia da lodare, queste persone meritano tuttavia di essere biasimate perché tengono segreti i loro conventi, si arrogano l’ufficio della predicazione, si fanno beffe della semplicità dei Sacerdoti e disdegnano la compagnia di coloro che non si attaccano a tali pratiche. Dio, infatti, […] odia così tanto le opere delle tenebre che ordinò e disse (agli Apostoli): “Quello che vi dico nelle tenebre, ditelo all’aperto; quello che udite nel cavo delle vostre orecchie, proclamatelo dai tetti delle case”, (Mt X,27). Con ciò Egli chiarisce che la predicazione del Vangelo va offerta non in conventicole segrete, come fanno gli eretici, ma pubblicamente nella Chiesa, secondo l’uso cattolico. …

771. Ma i misteri nascosti della fede non devono essere esposti ovunque a tutti, perché non possono essere compresi da tutti, ma solo a coloro che possono afferrarli con mente credente; per questo l’Apostolo dice ai semplici: “Come a piccoli bambini in Cristo, vi ho fatto bere latte, non cibo solido” 1 Cor III, 2 … Infatti, la profondità della Sacra Scrittura è tale che non solo i semplici e i non istruiti, ma anche i sapienti e i dotti non sono in grado di scrutarne appieno il significato. Per questo la Scrittura dice: “Molti di coloro che cercano hanno fallito nella loro ricerca”. (Sal LXIII, 7) La legge divina dell’antichità stabiliva giustamente che una bestia che avesse toccato il monte (Sinai) sarebbe stato lapidato, per cui nessun uomo semplice o non istruito dovrebbe presumere di toccare la sublimità della Sacra Scrittura o di predicarla ad altri. Infatti, è scritto: “Non cercate ciò che è troppo alto per voi”, Sir. III, 22. Per questo l’Apostolo dice: “Non cercate più di quanto dovete cercare, ma cercate la sobrietà”, (Rm XII,3). Infatti, come il corpo ha molte membra, ma non tutte le membra hanno la stessa attività, così la Chiesa ha molti stati, ma non tutti hanno lo stesso ufficio, perché, secondo l’Apostolo, “il Signore ha dato ad alcuni degli Apostoli, ad altri dei profeti, ad altri ancora dei maestri, ecc.”, (Ef. IV, 11). Ora, lo stato di dottore è, in un certo senso, il principale nella Chiesa, e per questo nessuno deve arrogarsi l’ufficio della predicazione in modo indiscriminato.

Costituzione “Licet perfidia Judæorum“, 15 settembre 1199.

Tolleranza verso chi ha una fede diversa.

772. Sebbene l’incredulità dei Giudei debba essere rimproverata in molti modi, tuttavia, poiché attraverso di loro, la nostra fede è confermata nella verità, essi non devono essere oppressi pesantemente dai fedeli… Come non si deve permettere ai Giudei, nelle loro sinagoghe, di presumere qualcosa al di là di ciò che sia permesso dalla Legge, così non si deve pregiudicare ciò che sia permesso loro. Pertanto, anche se preferiscono rimanere nel loro indurimento piuttosto che conoscere le predizioni dei Profeti e i misteri della Legge, e giungere alla conoscenza della fede cristiana, poiché chiedono l’aiuto della nostra difesa, spinti dall’indulgenza della pietà cristiana, Noi seguiamo le orme dei nostri predecessori di felice memoria, Callisto (II), Eugenio (III), Alessandro (III), Clemente (III) e Celestino (III). Accettiamo la loro richiesta e concediamo loro lo scudo della nostra protezione.

773. Infatti, Noi ordiniamo che nessun Cristiano sia costretto con la forza a venire al Battesimo controvoglia o contro la sua volontà; ma se qualcuno di loro viene liberamente a rifugiarsi nella fede cristiana, dopo che la sua volontà sia stata messa alla prova, che diventi Cristiano senza nessuna offesa. Non si creda infatti che nessuno abbia la vera fede del Cristianesimo se si sa che sia arrivato al Battesimo cristiano non spontaneamente, ma contro la sua volontà. Né si permetta a nessun Cristiano di ferire le loro persone senza scrupolo, se non per giudizio del signore del luogo, o di sottrarre loro i beni con la forza, o di alterare i buoni costumi che sono stati finora i loro nella regione che abitano. Inoltre, nessuno li disturbi in alcun modo con bastoni o pietre durante la celebrazione delle loro feste, e nessuno cerchi di esigere da loro servizi non dovuti o di obbligarli a farli, se non quelli che essi stessi erano abituati a rendere in passato. Inoltre, per contrastare la depravazione e l’avidità degli uomini malvagi, decretiamo che nessuno abbia l’ardire di violare un cimitero ebraico, o di disprezzarlo, o di disseppellire corpi già sepolti per trovare denaro… (Chi viola questo decreto viene scomunicato). Tuttavia, vogliamo che godano di questa protezione solo coloro che non si lasciano coinvolgere in macchinazioni per sovvertire la fede cristiana.

Lettera “Apostolicae Sedis primatus” al Patriarca di Costantinopoli, 12 novembre 1199.

La preminenza della Sede romana.

774. Il primato della Sede Apostolica, stabilito non dagli uomini ma da Dio, e ancor più giustamente dal Dio-Uomo, è confermato in verità da numerose testimonianze sia dei Vangeli che degli Apostoli, da cui sono poi scaturite le disposizioni canoniche che affermano unanimemente che la santissima Chiesa consacrata nel beato Pietro, il principe degli Apostoli, abbia la preminenza sulle altre come loro maestra e madre. È lui infatti… che ha meritato di sentirsi dire: “Tu sei Pietro… Ti darò le chiavi del regno dei cieli” (Mt. XVI, 18ss). Infatti, sebbene il primo e principale fondamento della Chiesa sia l’unigenito Figlio di Dio Gesù Cristo, secondo quanto dice l’Apostolo: “Poiché è stato posto un fondamento, all’infuori del quale non se ne possono porre altri, ed è Cristo Gesù” (1Cor III, 11), Pietro è tuttavia il secondo fondamento della Chiesa e viene per secondo, e se non è nemmeno il primo nel tempo, per la sua autorità, ha tuttavia la preminenza tra gli altri di cui l’Apostolo Paolo dice: “Non siete più stranieri e forestieri, ma siete concittadini dei santi e della casa di Dio, edificati sul fondamento degli Apostoli e dei Profeti” (Ef. II, 20). .. Il suo primato, la Verità stessa lo ha espresso anche da Sé quando ha detto: “Sarai chiamato Cefa” Gv I, 42: anche se questo viene tradotto con “Pietro”, egli viene comunque presentato come il “capo”, in modo che, come il capo ha la preminenza tra le altre membra del corpo, poiché in esso vive la pienezza dei sensi, così anche Pietro eccelle tra gli Apostoli per l’eminenza della sua dignità, ed i suoi successori tra tutti coloro che presiedono le chiese, mentre tutti gli altri sono chiamati a condividere la cura, affinché non perdano nulla della pienezza del loro potere. È a lui che il Signore ha affidato la cura di pascere le sue pecore con una parola ripetuta tre volte, in modo che sia considerato estraneo al gregge del Signore chi non vuole averlo anche come pastore nei suoi successori. Non fece distinzione tra queste e le altre pecore, ma disse semplicemente: “Pasci le mie pecore” (Gv XXI, 17), in modo che si capisse che tutte le pecore erano assolutamente affidate a lui. In Gv XXI, 7 è spiegato allegoricamente: poiché il mare denota il mondo (Sal. CIII, 25) … con il fatto che si gettasse in mare, Pietro manifestò il privilegio del singolare potere del Pontefice, con il quale aveva assunto il governo dell’intero universo, mentre gli altri Apostoli erano come contenuti in una nave, poiché a nessuno di loro era stato affidato l’intero universo, ma a ciascuno erano state assegnate province particolari, o meglio chiese particolari. …(Un’analoga prova allegorica si ricava da Mt. XIV, 28-31 dal fatto che Pietro camminasse sulle acque del mare, mostrando di aver ricevuto potere su tutti i popoli).

775. Che abbia pregato per lui, il Signore lo riconosce quando dice al momento della Passione: “Ho pregato per te, Pietro, perché la tua fede non venga meno. E tu, quando ti sarai convertito, rafforza i tuoi fratelli” (Lc. XXII, 32); con questo intendeva chiaramente che i suoi successori non si sarebbero mai allontanati dalla fede cattolica, ma piuttosto che avrebbero richiamato gli altri ad essa ed anche che avrebbero confermato quelli che vacillavano, e gli concesse il potere di confermare gli altri per il fatto che impone agli altri la necessità dell’obbedienza. … Gli disse anche… come avete letto: “Tutto ciò che legherete sulla terra sarà legato in cielo, e tutto ciò che scioglierete sulla terra sarà sciolto in cielo” (Mt XVI, 19). Ma se trovate che questo fu detto contemporaneamente a tutti gli Apostoli, non fu detto agli altri senza di lui: ma riconoscerete che a lui fu dato dal Signore, senza gli altri, il potere di legare e di sciogliere, cosicché ciò che gli altri non possono fare senza di lui, egli stesso, per il privilegio che gli fu trasmesso dal Signore e per la pienezza di potere che gli fu concessa, può farlo senza gli altri. … (Pietro) vide aprirsi il cielo e scendere un vaso, come un grande telo steso dal cielo alla terra, trattenuto ai quattro angoli e contenente tutti i quadrupedi e i serpenti della terra e tutti gli uccelli del cielo (Atti X: 9-12) … E una voce gli disse per la prima volta: “Ciò che Dio ha reso mondo, non chiamarlo impuro”. “Questo indica chiaramente che Pietro fosse messo a capo di tutti i popoli, poiché questo recipiente significa l’universo e tutto ciò che vi è contenuto, l’insieme delle nazioni, sia Giudei che Gentili.

Lettera Ex parte tua, al Vescovo di Modena, 1200.

La forma sacramentale del matrimonio.

776. Desideriamo che per i futuri matrimoni si osservi quanto segue: se, dopo che c’è stato il consenso “de præsenti” tra persone legittime – che in questi casi è sufficiente secondo le determinazioni canoniche; e se questo solo manca, anche nel caso in cui sia stato ottenuto con l’unione carnale, tutto il resto è vano – le persone legittimamente unite contraggono successivamente un contratto de facto con altri, ciò che è stato fatto in precedenza secondo il diritto non può essere reso nullo.

Lettera “Gaudeamus in Domino” al Vescovo di Tiberiade, all’inizio del 1201.

Matrimoni dei gentili ed il privilegio paolino.

777. Se i gentili che sposano donne imparentate con loro in secondo, terzo o altro grado, essendo così imparentati, debbano rimanere insieme dopo la loro conversione, o se debbano essere separati: questa è la questione sulla quale chiedete di essere informati da uno scritto apostolico. A questo proposito diamo alla vostra fraternità la seguente risposta: poiché il Sacramento del matrimonio esiste per i fedeli e per gli infedeli, come dimostra l’Apostolo quando dice: “Se un fratello ha una moglie infedele ed essa accetta di vivere con lui, non la metta da parte” (1Cor VII, 12); e poiché nei suddetti gradi di parentela il matrimonio è stato contratto lecitamente da infedeli che non sono vincolati dalle determinazioni canoniche (cosa importa a noi, secondo lo stesso Apostolo, giudicare coloro che sono all’esterno? (1 Cor V, 12): per questo motivo, e soprattutto per favorire la Religione e la fede cristiana, che gli uomini potrebbero facilmente essere dissuasi dall’abbracciare le donne, se temessero di essere ripudiati, i fedeli che sono legati in matrimonio in questo modo, possono rimanere lecitamente e liberamente uniti, poiché il sacramento del Battesimo non scioglie i matrimoni, ma toglie i peccati.

778. Ma poiché i pagani dividono l’affetto coniugale tra più mogli contemporaneamente, non è senza ragione che ci si chiede se, dopo la conversione, possano tenerle tutte o quali. Ma questo sembra essere contrario ed ostile alla fede cristiana, poiché fin dall’inizio una costola è stata trasformata in una donna, e la divina Scrittura testimonia che “per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie, e i due saranno una sola carne” Ef V, 3 – Gen II,24 Mt XIX,5); non dice “tre o più” ma “due”; né dice “si unirà alle donne” ma “alla donna”. E non è mai stato lecito per nessun uomo avere più di una moglie contemporaneamente, a meno che questo non gli sia stato concesso da una rivelazione divina, a volte considerata come una consuetudine, a volte addirittura come un diritto, in base al quale, come Giacobbe è stato esonerato dall’inganno, gli Israeliti dalla rapina e Sansone dall’omicidio, così anche i patriarchi e gli altri uomini giusti, che, come leggiamo, avevano più di una moglie, sono esonerati dall’adulterio. Ma questa concezione è dimostrata pienamente vera anche dalla testimonianza della Verità, che nel Vangelo attesta: “Se uno lascia la propria moglie, se non per fornicazione, e ne sposa un’altra, è un adultero” (Mt XIX, 9; cfr. Mc X, 11). Se, dunque, quando una donna è stata allontanata, la legge le impedisce di sposare un altro, a maggior ragione lo impedisce se è stata mantenuta; da ciò si evince che per entrambi i sessi – poiché non sono considerati in modo diverso – la pluralità nel matrimonio è da riprovare.

779. Ma se un uomo ha ripudiato la sua legittima moglie secondo il suo rito, poiché la Verità ha rimproverato tale ripudio nel Vangelo, non ne potrà mai avere legittimamente un’altra durante la sua vita, anche se si converte alla fede in Cristo, a meno che lei non rifiuti di convivere con lui dopo la conversione, o se acconsente a farlo, ma non senza bestemmiare il Creatore o incitarlo al peccato mortale. In questo caso, a colui che chiede la restituzione dei suoi diritti, anche se si stabilisce che c’è stata una spoliazione ingiusta, tale restituzione sarà rifiutata. Infatti, secondo l’Apostolo, il fratello o la sorella non hanno alcun obbligo in questo caso (1Co VII, 15). Ma se uno si converte alla fede e lei lo segue, essendosi anch’essa convertita, prima che egli abbia preso una moglie legittima, per i motivi suddetti, deve essere obbligato a riprenderla. È vero che, secondo la verità del Vangelo, chi sposa una donna ripudiata commette adulterio (Mt XIX,9), ma colui che ha ripudiato non può rimproverare la donna ripudiata di fornicazione perché, dopo il ripudio, ha sposato un altro, a meno che non abbia fornicato altrove.

Lettera “Maiores Ecclesiæ causas” all’Arcivescovo Humbert di Arles, fine 1201

L’effetto del Battesimo, in particolare il carattere.

780. … Affermano infatti che il Battesimo viene conferito ai bambini piccoli in modo inutile. … Noi rispondiamo che il Battesimo è succeduto alla circoncisione. … Perciò, come l’anima dell’uomo circonciso non fu tagliata fuori dal suo popolo (Gen. XVII: 14), così chi rinasce dall’acqua e dallo Spirito Santo otterrà l’ingresso nel regno dei cieli (Gv. III: 5). Sebbene con il mistero della circoncisione sia stato perdonato il peccato originale e sia stato eliminato il pericolo della condanna, non si è raggiunto il Regno dei Cieli, che è rimasto chiuso a tutti fino alla morte di Cristo; ma con il Sacramento del Battesimo arrossato dal sangue di Cristo, il peccato è perdonato e si raggiunge anche il Regno dei Cieli, la cui porta il sangue di Cristo ha misericordiosamente aperto ai suoi fedeli. Non si può infatti accettare che tutti i piccoli bambini, di cui tanti muoiono ogni giorno, periscano senza che il Dio della misericordia, che vuole che nessuno perisca, abbia previsto un mezzo di salvezza anche per loro… Quello che dicono gli avversari, cioè che la fede o la carità o le altre virtù non vengono infuse nei bambini piccoli perché non danno il loro consenso, non è ammesso dai più in senso assoluto… Altri affermano che per la virtù del Battesimo la colpa venga loro perdonata, ma che la grazia non venga loro conferita; alcuni, invece, dicono che il peccato venga loro perdonato e che le virtù siano infuse in loro, che le hanno, comunque, (v. 904) ma che non ne abbiano l’uso fino all’età adulta… Noi diciamo: è necessario distinguere che c’è un doppio peccato: quello originale e quello attuale, quello originale che si contrae senza consenso e quello attuale che si commette con il consenso. L’originale, quindi, che è contratto senza consenso, è rimesso senza consenso in virtù del Sacramento; ma l’attuale, che è contratto con consenso, non è affatto rimesso senza consenso… La pena del peccato originale è la privazione della visione di Dio, ma la pena del peccato attuale è il tormento della  gehenna eterna….

781. È contrario alla Religione cristiana che chi la rifiuti permanentemente e si opponga costantemente ad essa sia costretto ad accettare ed osservare il Cristianesimo. Per questo motivo altri distinguono, non senza ragione, tra volontà contraria e volontà contraria, e tra costretto ed obbligato, poiché colui che, portato con la forza, attraverso il terrore e la tortura, riceve il sacramento del Battesimo per evitare questi danni, così come colui che accede al Battesimo in malafede, riceve l’impronta del carattere cristiano, e, in quanto consenziente in modo condizionato, e anche se non consenziente in modo assoluto, deve essere obbligato ad osservare la fede cristiana…. Ma chi non ha mai acconsentito e si è sempre opposto, non riceve né la realtà né il carattere del Sacramento, perché contraddire espressamente è più che non acconsentire affatto; né incorre in alcuna colpa chi, pur contraddicendo e opponendosi costantemente, sia costretto con la violenza a sacrificare agli idoli. Per quanto riguarda coloro che dormono [comatosi – ndt.] e coloro che non hanno l’uso della ragione, se prima di perdere la ragione o di addormentarsi [cadere comatosi – ndt. -] persistono nell’opporsi, poiché è evidente che per loro la decisione di opporsi sia duratura, anche se fossero battezzati in questo stato, non ricevono il carattere del Sacramento; sarebbe altrimenti se fossero stati precedentemente catecumeni e avessero avuto l’intenzione di essere battezzati; per questo motivo la Chiesa è solita battezzarli in caso di necessità. Allora l’atto sacramentale imprime il carattere, poiché non incontra l’ostacolo posto dalla resistenza di una volontà contraria.

Lettera “Cum Marthæ circa” all’Arcivescovo Giovanni di Lione,  29 novembre 1202.

La forma sacramentale dell’Eucaristia.

782. Hai chiesto infatti chi, riguardo alla forma delle parole che Cristo stesso ha espresso quando ha transustanziato il pane e il vino nel suo corpo e nel suo sangue, ha aggiunto questa parola nel canone della Messa che tutta la Chiesa usa, e che nessuno degli evangelisti ha espresso, come leggiamo. … Nel canone della Messa questa parola, cioè ‘mistero della fede’, è effettivamente inserita in queste parole. … Certamente vediamo molte cose, sia parole che fatti del Signore, che sono stati omessi dagli Evangelisti e che, come possiamo leggere, gli Apostoli hanno completato oralmente o espresso con la loro azione. … Ora, in questa parola che ha spinto la vostra fraternità a porre la domanda, cioè “mistero della fede“, alcuni hanno pensato di trovare un sostegno ad un errore, dicendo che nel Sacramento dell’altare non è realmente presente la verità del corpo e del sangue di Cristo, ma solo un’immagine, un’apparenza ed una figura, e questo perché la Scrittura indica talvolta che ciò che si riceve sull’altare sia un Sacramento, un mistero ed un esempio. Ma questi sono presi nei lacci dell’errore perché non comprendono correttamente l’autorità della Scrittura e non ricevono con riverenza i Sacramenti di Dio, poiché ignorano sia la Scrittura sia la potenza di Dio (Mt XXII, 29) …  Tuttavia, diciamo “mistero della fede” perché si crede qualcosa di diverso da ciò che si vede e si vede qualcosa di diverso da ciò che si crede. Infatti, si vedono le specie del pane e del vino e si crede alla verità della carne e del sangue di Cristo, nonché alla virtù dell’unità e della carità.

Gli elementi dell’Eucaristia.

783. In questo Ssacramento, tuttavia, bisogna distinguere con cura tre cose: la forma visibile, la verità del corpo e la virtù spirituale. La forma è quella del pane e del vino, la verità quella della carne e del sangue, la virtù quella dell’unità e della carità. Il primo è “Sacramento e non realtà”, il secondo è “Sacramento e realtà”, il terzo è “realtà e non Sacramento”. Ma il primo è il Sacramento di una doppia realtà; il secondo è il Sacramento dell’uno e la realtà dell’altro; il terzo è la realtà di un doppio Sacramento. Crediamo, quindi, che la forma delle parole come si trova nel canone sia stata ricevuta dagli Apostoli da Cristo, e dai loro successori da loro…

L’acqua si mescola al vino nel sacrificio della Messa.

784. Avete anche chiesto se l’acqua insieme al vino si trasforma in sangue. Su questo argomento le opinioni variano tra gli scolastici. Alcuni infatti pensano che, poiché dal costato di Cristo sono fluiti i due principali sacramenti, quello della redenzione nel sangue e quello della rigenerazione nell’acqua, il vino e l’acqua che si mescolano nel calice si trasformano in questi due per virtù divina… Altri, invece, ritengono che l’acqua sia transustanziata in sangue con il vino, poiché mescolata al vino diventa vino… Inoltre, si può dire che l’acqua non diventa vino, ma rimane circondata dagli accidenti del vino precedente… Ma è empio pensare ciò che alcuni hanno avuto la presunzione di pensare, cioè che l’acqua si trasforma in muco… Tuttavia, tra le opinioni sopra citate, si ritiene più probabile quella che afferma che l’acqua si trasforma in sangue con il vino [v. 798].

Lettera “Cum venisset” all’Arcivescovo Basilio di Tarnovo (Bulgaria), 25 febbraio

Il ministro della Cresima.

785. Per crismazione della fronte si intende l’imposizione delle mani, che è anche chiamata Cresima, perché con essa viene dato lo Spirito Santo per la crescita e la forza. Pertanto, mentre il semplice Sacerdote, o presbitero, può compiere altre unzioni, questa non deve essere conferita se non dal sommo Sacerdote, cioè dal Vescovo, perché solo degli Apostoli, di cui i Vescovi sono vicari, si dice che conferiscano lo Spirito Santo con l’imposizione delle mani, (At. VIII,14-25).

Lettera “Ex parte tua” all’Arcivescovo Andrea di Lund, 12 gennaio 1206.

Lo scioglimento di un matrimonio valido per professione religiosa

786. Non vogliamo deviare bruscamente in questa materia dai passi dei nostri predecessori, i quali, consultati, risposero che prima della consumazione di un matrimonio per unione carnale è lecito che l’altro coniuge – anche senza consultarlo – entri in Religione, in modo che colui che rimane possa poi unirsi legittimamente ad un altro: per questo motivo vi consigliamo di osservare proprio questo.

Lettera “Non ut apponeres” all’Arcivescovo Thorias di Trondheim (Norvegia)

La questione del Battesimo

787. Avete chiesto se sia giusto considerare Cristiani quei bambini che, trovandosi in punto di morte e per mancanza di acqua e in assenza di un Sacerdote, sono stati strofinati con spruzzi di saliva sulla testa e sul petto e tra le spalle a titolo di Battesimo, a causa dell’ingenuità di alcuni. Rispondiamo che, poiché nel Battesimo siano sempre richieste due cose, cioè “la parola e l’elemento”, secondo quanto dice la Verità a proposito della parola: “Andate in tutto il mondo e battezzate tutte le nazioni nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo” (Mc. XVI, 15 Mt. XXVIII,19), e secondo quanto dice la stessa Verità a proposito dell’elemento: “Chi non nasce dall’acqua e dallo Spirito Santo non entrerà nel regno dei cieli” (Gv. III, 5), non si può dubitare che non abbiano un vero Battesimo non solo coloro in cui le due cose siano omesse, ma anche coloro in cui una di esse sia omessa.

Lettera “Debitum officii pontificalis” al vescovo Bertold (Bertrand) di Metz, 2

Il ministro del Battesimo e il Battesimo di desiderio.

788. Nella tua lettera mi hai informato molto saggiamente che un giudeo in punto di morte, e poiché viveva solo tra Giudei, si immerse nell’acqua dicendo: “Mi battezzo nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo”. Ora mi chiedi se questo giudeo, che persevera nella fede cristiana, debba essere battezzato. Per quanto ci riguarda, rispondiamo alla vostra fratellanza in questo modo: poiché ci deve essere una distinzione tra colui che battezza e colui che è battezzato, come risulta dalle parole del Signore agli Apostoli: “Battezzate tutte le nazioni nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo” (Mt. XXVIII,19), il giudeo in questione deve essere battezzato di nuovo da un altro, in modo che sembri che altro sia colui che battezza ed altro colui che sia battezzato… Tuttavia, se fosse morto immediatamente, sarebbe rientrato subito in patria a causa della sua fede nel Sacramento, anche se non fosse stato a causa del Sacramento della fede.

Lettera “De homine qui” ai dirigenti della Fraternità Romana, 22 settembre 1208.

Celebrazione simulata della Messa.

789. Ci avete chiesto, infatti, cosa ci sembri di un presbitero imprudente che, sapendo di essere in stato di peccato mortale e consapevole della sua colpa, esiti a celebrare le solennità della Messa, che per qualche motivo non può omettere… dopo aver compiuto tutte le altre cerimonie, finge di celebrare la Messa e, avendo soppresso le parole con cui si realizza il Corpo di Cristo, consuma solo pane e vino…. Poiché, dunque, i falsi rimedi siano da respingere in quanto più gravi dei veri pericoli: Sebbene colui che si ritenga indegno, perché consapevole della sua colpa, debba astenersi con riverenza da questo Sacramento, e quindi pecchi gravemente se si accosti ad esso senza riverenza, non c’è dubbio che sembra commettere una colpa ancora più grave chi osi simularlo in modo ingannevole. Infatti il primo, che evita la colpa commettendola, cade nelle mani della sola misericordia di Dio, mentre il secondo, che commette la colpa evitandola, è colpevole non solo nei confronti di Dio, di cui non teme di farsi beffe, ma anche nei confronti del popolo che inganna.

Lettera “Eius exemplo” all’Arcivescovo di Tarragona, 18 dicembre 1208.

La professione di fede prescritta ai Valdesi.

790. Sappiano tutti i credenti che io, Durant de Osca… e tutti i nostri fratelli, crediamo con il cuore, riconosciamo con la fede, confessiamo con la bocca e affermiamo con queste semplici parole: Il Padre e il Figlio e lo Spirito Santo sono tre Persone, un solo Dio, e l’intera Trinità è coessenziale, consustanziale, coeterna e onnipotente, e ognuna delle Persone della Trinità è pienamente Dio, come è contenuto nell’ “Io credo in Dio” (Symb.  Apost. 30 – Symb. Costant.150 – Quicumque 75). Crediamo anche con il cuore e confessiamo con la bocca che il Padre ed il Figlio e lo Spirito Santo, un unico Dio di cui parliamo, abbia creato, fatto, governi e ordini tutte le cose corporee e spirituali, visibili ed invisibili. Crediamo che l’Autore del Nuovo e dell’Antico Testamento sia uno solo Dio: che, come è detto, dimorando nella Trinità, ha creato dal nulla tutte le cose; e che da Lui sia stato mandato Giovanni Battista, santo e giusto, riempito di Spirito Santo nel grembo di sua madre.

791. Crediamo con il cuore e confessiamo con la bocca che l’Incarnazione non fu

del Padre né dello Spirito Santo, ma solo del Figlio; così che Colui che era nella divinità il Figlio di Dio Padre, fu nell’umanità il Figlio dell’uomo, vero uomo dalla madre, avendo vera carne dal seno materno e un’anima umana ragionevole; allo stesso tempo delle due nature, cioè Dio e uomo, una sola Persona, un solo Figlio, un solo Cristo, un solo Dio con il Padre e lo Spirito Santo, Autore di tutto e dominatore di tutti, nato dalla Vergine Maria da un parto di vera carne; ha mangiato e bevuto, ha dormito e, stanco dopo il viaggio, si è riposato; ha sofferto una vera Passione della sua carne, è morto di una vera morte del suo corpo ed è risorto da una vera Risurrezione della sua carne e da un vero ritorno dell’anima nel corpo; in questa carne, dopo aver mangiato e bevuto, è salito al cielo, siede alla destra del Padre e verrà in esso per giudicare i vivi e i morti.

792. Crediamo con il cuore e confessiamo con la bocca una sola Chiesa, non quella degli eretici, ma la santa Chiesa romana, cattolica ed apostolica, al di fuori della quale crediamo che nessuno si salvi.

793. Non rifiutiamo neppure in alcun modo i Sacramenti che in essa si celebrano e ai quali lo Spirito Santo collabora con la sua inestimabile ed invisibile virtù, anche se sono amministrati da un Sacerdote peccatore, purché la Chiesa lo riconosca; Né disprezziamo gli atti e le benedizioni ecclesiastiche da lui compiuti, ma li accettiamo con animo benevolo come se provenissero dal più giusto degli uomini, poiché la malizia di un Vescovo o di un Sacerdote non danneggia il Battesimo di un bambino, la consacrazione dell’Eucaristia o altri uffici ecclesiastici celebrati per i loro sudditi.

794. Approviamo quindi il Battesimo dei neonati e, se sono morti dopo il Battesimo, prima di aver commesso peccati, confessiamo e crediamo che siano salvi; e crediamo che nel Battesimo tutti i peccati siano rimessi, sia il peccato originale che è stato contratto, sia quelli che sono stati commessi volontariamente. Riteniamo che la Cresima fatta dal Vescovo, cioè l’imposizione delle mani, sia santa e vada ricevuta con riverenza.

795. Crediamo fermamente e incrollabilmente con cuore sincero, e affermiamo semplicemente con parole piene di fede, che il Sacrificio, cioè il pane e il vino, sia, dopo la Consacrazione, il vero Corpo ed il vero Sangue di nostro Signore Gesù Cristo, e che in esso non si compia nulla di più da parte di un buon Sacerdote e nulla di meno da parte di un cattivo Sacerdote, poiché non si compie per merito di colui che consacra, ma per la parola del Creatore e la virtù dello Spirito Santo. Perciò crediamo e confessiamo fermamente che nessuno, per quanto onesto, religioso, santo e prudente, possa o debba consacrare l’Eucaristia o compiere il Sacrificio dell’altare se non sia Sacerdote e se non sia stato regolarmente ordinato da un Vescovo visibile e tangibile. Per questo ufficio, a nostro avviso, sono necessarie tre cose: una persona definita, cioè un Sacerdote appositamente istituito per questo ufficio dal Vescovo, come abbiamo detto; quelle parole solenni che sono espresse dai santi Padri nel canone; e l’intenzione di fede di colui che le pronuncia. Perciò crediamo e confessiamo fermamente che chiunque, senza l’ordinazione da parte del Vescovo, come abbiamo detto, creda e pretenda di essere in grado di compiere il Sacrificio dell’Eucaristia, sia un eretico; partecipi e abbia una parte nella perdizione di Korah e dei suoi complici (Numeri XVI), e debba essere separato dalla santa Chiesa romana. Crediamo che il perdono sia concesso da Dio ai peccatori che si pentono veramente, ed è con grande gioia che siamo in comunione con loro. Veneriamo l’unzione degli infermi con l’olio. Non neghiamo che i matrimoni carnali debbano essere contratti, secondo l’Apostolo (1 Cor VII), e proibiamo assolutamente la rottura di quelli regolarmente contratti. Crediamo e confessiamo che un uomo possa essere salvato anche con la propria moglie, né condanniamo il secondo matrimonio o altri matrimoni. Non condanniamo in alcun modo il consumo di carne. Non condanniamo il giuramento; anzi, crediamo con cuore sincero che sia lecito giurare secondo verità, giudizio e giustizia. (Aggiunta del 1210: Per quanto riguarda il potere secolare, affermiamo che esso può, senza peccato mortale, esercitare un giudizio che comporti spargimento di sangue, purché, nell’esercitare la vendetta, non proceda con odio ma con giudizio, né con imprudenza ma con moderazione).

796. Riteniamo che la predicazione sia molto necessaria e lodevole, ma crediamo che debba essere fatta in virtù dell’autorità o con il permesso del Sommo Pontefice o dei prelati. Ma in tutti i luoghi dove ci siano eretici manifesti che negano e bestemmiano Dio e la fede della Chiesa romana, crediamo che dobbiamo, secondo la volontà di Dio, confonderli con argomenti ed esortazioni, e opporci a loro con la Parola del Signore, con la fronte alta e fino alla morte, come avversari di Cristo e della Chiesa. Le ordinazioni ecclesiastiche e tutto ciò che venga letto o cantato secondo quanto stabilito, lo approviamo con umiltà e lo veneriamo nella fede.

797. Crediamo che il diavolo non sia diventato cattivo per la sua condizione, ma per il suo libero arbitrio. Crediamo e confessiamo con tutto il cuore la risurrezione di questa carne che è nostra e non di un altro. Crediamo e affermiamo fermamente che ci sarà anche un giudizio attraverso Gesù Cristo e che ognuno di noi sarà giudicato dal Signore, secondo ciò che ha fatto in questa carne, e riceverà il castigo o la ricompensa. Crediamo che l’elemosina, il Sacrificio ed altri benefici possano giovare ai defunti. Coloro che rimangono nel mondo e possiedono beni, professiamo e crediamo che saranno salvati se faranno l’elemosina ed altri benefici da ciò che possiedono e se osserveranno i Comandamenti di Dio. Crediamo che, secondo il precetto del Signore, le decime, le primizie e le offerte debbano essere versate al clero.

Lettera ‘In quadam nostra‘ al Vescovo Ugo di Ferrara, 5 marzo 1209.

Acqua mescolata al vino della Messa.

798. Dici di aver letto in una delle nostre lettere decretali (784). che era empio pensare ciò che alcuni hanno avuto la presunzione di dire, cioè che nel sacramento dell’Eucaristia l’acqua si cambia in muco; perché affermano falsamente che non fu l’acqua ad uscire dal costato di Cristo, ma un umore acquoso. Ma anche se tu affermassi che questo sia stato pensato da uomini importanti e degni di fiducia, la cui opinione hai finora seguito con parole e scritti, le ragioni per cui Noi pensiamo il contrario ti costringeranno comunque a dare ragione alla nostra concezione…. Infatti, se dal costato del Salvatore non fosse uscita acqua ma muco, colui che vide e testimoniò la verità, (Gv XIX, 3ss.), non avrebbe certo detto “acqua” ma “muco”… Resta dunque il fatto che quest’acqua, qualunque fosse, naturale o miracolosa, creata in modo nuovo dalla virtù divina o ricavata dai componenti di qualche parte, fosse senza dubbio vera acqua.

Lettera “Licet apud” al Vescovo Enrico di Strasburgo, 9 gennaio 1212.

I giudizi di Dio

799. Anche se tra i giudici secolari si praticano giudizi popolari, come quello dell’acqua fredda, del ferro rovente o del duello, la Chiesa tuttavia non accetta giudizi di questo tipo, perché nella Legge divina è scritto: “Non tenterai il Signore tuo Dio” (Dt VI, 16 Mt IV, 7) .

TUTTO IL DENZINGER SENTENZA PER SENTENZA (17) “da INNOCENZO III ad ALESSANDRO IV”

LA VERGINE MARIA (3)

Il Vescovo Tihámer Toth

LA VERGINE MARIA (3)

Nihil Obstat: Dr. Andrés de Lucas, Canonico. Censore.

IMPRIMATUR: José María, Vescovo Ausiliare e Vicario Generale. Madrid, 27

27 giugno 1951.

CAPITOLO III

MARIA E LA NOSTRA FEDE

Vicino a Nazareth, l’umile villaggio dove Gesù e la Vergine Maria trascorsero tanti anni, c’è una sorgente; gli abitanti del villaggio la chiamano “Ain Marjam”: La fontana di Maria”; e la tradizione popolare vuole che Maria abbia attinto l’acqua a questa fontana. Ancora oggi è la migliore fontana di tutta la regione; tutti gli abitanti dei dintorni vi si recano per attingere acqua. Portano la brocca di terracotta sulla testa. È così che portano acqua a casa. “Ain Marjam!” “La fontana di Maria!”. È un’espressione molto appropriata per il nostro scopo. Le donne di Nazareth trovano ristoro corporeo nell’acqua che attingono dalla fontana di Maria, e acquistano forza per le loro fatiche quotidiane. Noi Cristiani, che viviamo in tutto il mondo, otteniamo il ristoro spirituale di cui abbiamo bisogno, noi abbiamo bisogno di entusiasmo, magnanimità, purezza, consolazione dalla fonte abbondante del culto mattutino. Le donne di Nazareth portano abilmente sul loro capo il bel vaso argilla, lo trasportano senza farlo cadere e arrivano a casa con il loro prezioso tesoro, l’acqua fresca; anche noi portiamo un vaso di terracotta, il nostro corpo, e in esso portiamo un tesoro prezioso, il nostro spirito immortale; e dobbiamo portarlo lungo i sentieri della vita in modo che non subisca danni, per mantenerlo puro, incolume, intatto e senza scalfitture, fino a quando non raggiungeremo la patria celeste. Come il vero “Ain Marjam”, il culto, sarà l’argomento dei capitoli successivi. Come il culto della Vergine Maria rafforzi la nostra fede, sarà il tema del presente capitolo. Nei capitoli successivi studieremo quest’altro punto: come esso ci aiuti e ci rafforzi nelle lotte della vita morale.

Maria e la nostra fede – è il tema di questo capitolo. Che cosa riceve la nostra fede dal culto mariano? È la domanda che propongo. E rispondo con queste quattro parole: Riceve: I. forza, II. vita, III. unità, IV. bellezza.

I. L’ADORAZIONE RAFFORZA LA NOSTRA FEDE

È caratteristica della Sacra Scrittura di non parlare in modo pomposo. Racconta grandi cose con brevità e semplicità, tanto più inoltre, regolarmente, quando è più concisa e proprio quando proclama le più grandi verità. Della relazione del rapporto della Vergine Maria con la nostra fede e di ciò che possiamo imparare da lei in termini di credenza, la Sacra Scrittura non parla che solo in due semplici frasi, apparentemente insignificanti ma in realtà straordinariamente profonde, che riguardano la Madonna, nel secondo capitolo del Vangelo secondo Luca. L’evangelista descrive come i pastori, al ritorno dalla stalla di Betlemme, raccontino ovunque gli eventi del Natale. “E tutti tutti quelli che vennero a sapere dell’avvenimento si stupirono di ciò che i pastori avevano raccontato loro. Maria, invece, conservava tutte queste cose dentro di sé, meditandole nel suo cuore” (Lc. II, 18-19); e alla fine dello stesso capitolo, dove leggiamo che Gesù, all’età di dodici anni, tornò dal tempio, l’evangelista annota: “E subito andò con loro e venne a Nazaret, e fu loro sottomesso. E sua madre conservava tutte queste cose nel suo cuore” (Lc. II, 51). Così l’evangelista afferma per ben due volte che la Vergine non solo si prese cura corporeo del Bambino Gesù, ma anche che voleva anche educare la sua stessa anima per servire più degnamente il Verbo divino fatto carne. Ha registrato con cura ogni parola, ogni evento, ogni impressione, e li ha conservati con cura. Si mise a ruminare su tutti i meravigliosi eventi: l’annunciazione dell’Angelo, la notte di Natale, le parole della notte, le parole dei pastori e dei magi, la profezia di Simeone e di Anna, il primo vagito di Gesù bambino, tutti i suoi sguardi, tutte le opere della sua mano… Li ha meditati, li ha meditati e li ha conservati con grande cura nel tesoro della sua anima. Ecco, dunque, il primo insegnamento: la cura e il sacrificio con cui Maria mantenne salda la sua fede. Non possiamo infatti pensare che questa fede non abbia richiesto anche a lei – come a tutti noi – sacrificio, fatica e sforzo. Non diciamo che per Maria sia stato facile per lei credere, perché ha vissuto con Gesù. Anche lei aveva giornate nuvolose, come noi! E se di tanto in tanto ci fermiamo con incertezza di fronte ad un evento della nostra vita o di uno o davanti all’uno o all’altro dei dogmi della nostra fede, ricordiamoci che l’evangelista dice la stessa cosa di Maria e Giuseppe … Ma essi non compresero il senso della sua risposta” (Lc. II, 50). È così che anche Maria ha dovuto coltivare la sua fede. I suoi occhi, nonostante la loro purezza, non erano in grado di penetrare tutti i veli che ricoprono i santi misteri della nostra fede. Ma Maria accettò con fervore ciò che sapeva dei misteri del suo Figlio divino, e con la stessa umiltà di cuore accettava anche ciò che non capiva.. Osservando con spirito contemplativo tutte le parole, tutti gli atti e le manifestazioni del suo Figlio divino, ci ha insegnato la via più sicura per conservare e rafforzare la nostra fede.

* * *

Il culto di Maria rafforza la nostra fede, perché solo adorando il suo Figlio divino Maria può essere onorata, ed anche i fedeli devoti di Maria non perdono la fede nel suo Figlio divino. Ci sono persone che non sanno come perdonarci per che dopo il Padre Nostro preghiamo l’Ave Maria con tanta devozione. Ma io chiedo a queste persone: pensate che preghiamo meno, che diciamo meno i nostri Padri Nostri perché aggiungiamo l’Ave Maria? Ci sono persone che si scandalizzano perché vedono nelle nostre chiese tante candele accanto alle immagini mariane nelle nostre chiese. Ma io chiedo loro: lasciamo le immagini di Cristo nell’oscurità? Non posso credere che se Gesù Cristo apparisse oggi in forma corporea in mezzo a noi – Cristo che durante i trent’anni della sua vita nascosta, ha onorato sua Madre, la Beata Vergine, con pietà e obbedienza, come un figlio non ha mai onorato sua madre – ci rimprovererebbe dicendo: “Lasciate subito la preghiera” dell’Ave Maria, e spegnete subito le candele che bruciano davanti alle immagini di mia Madre”. No, Cristo non direbbe questo. Ma piuttosto, indicando Maria, ci direbbe con certezza: “Ecco tua Madre”. E chi è vicino alla Madre non può essere lontano dal Figlio. A chi è nascosto fino a che punto l’uomo moderno abbia bisogno della vigilanza della Madonna per mantenere la fede? Al giorno d’oggi, quando per l’uomo si aggrappa così facilmente a questo mondo perituro, possiamo rallegrarci di poterci rivolgere a Maria, dicendole con la voce di Dante, l’insuperabile poeta del Cristianesimo: “Regina, che puoi fare tutto ciò che vuoi, fa’ mantenere vivo in me il desiderio dell’eternità e concedi che la tua protezione possa vincere l’attrazione del perituro in me”.

II IL CULTO DI MARIA VIVIFICA LA NOSTRA FEDE

Maria ha conservato la sua fede dentro di sé e questa fede plasmava la sua anima. Questa fede viva di Maria è la seconda importante lezione per noi. Il regno di Dio – disse una volta il Signore – è come il lievito, che una donna ha preso e lo mescolato in tre misure di farina, finché tutta la massa non fu lievitata” (Lc. 13: 21). Questo ci insegna che la nostra fede deve essere il lievito che fermenta tutta la nostra vita. Il Vangelo dice che la Vergine Maria non solo ha preso nota degli eventi della vita di Gesù e delle parole del Signore, ma anche “li meditava nel suo cuore” (Lc. II,19), cioè mentre pregava, lavorava o al riposo, o mentre era occupata, pensava continuamente a loro e in base ad essi modellava la sua vita. Così come è stata Maria a dare corpo al Figlio di Dio sceso sulla terra, così è stato nella vita di Maria che gli insegnamenti del suo Figlio divino presero forma con la massima perfezione possibile.

a) Non c’è mai stato e non ci sarà mai un uomo che nella sua gioia e nel suo dolore, nei suoi desideri e progetti, nelle sue virtù e nei suoi sacrifici, abbia rispecchiato così fedelmente lo spirito del Cristianesimo come la Madonna. Gesù stesso ne ha dato testimonianza. In un’occasione, una donna che lo seguiva tra la folla, vedendo le opere meravigliose del Signore e ascoltando le sue parole divine, esclamò con entusiasmo: “Benedetto il grembo che ti ha portato e il seno che ti ha nutrito!” (Lc. XI, 27). E il Signore le rispose: “Beati piuttosto quelli che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica” (Lc. XI, 28). Gesù non contraddice la donna. Al contrario, amplifica il significato delle sue parole. Non dice che non c’è motivo di lodare sua Madre, ma che in realtà ci sia un duplice motivo. Primo, perché con la sua maternità è unita a Lui da legami di sangue. In secondo luogo, e in modo più forte, perché attraverso la sua fede ha una parentela spirituale con Lui, perché ha conservato nel suo cuore le sue parole (Lc. II: 19, 51) meglio di tutti i suoi discepoli. Sul primo punto non possiamo imitare Maria. Ma possiamo imitare il secondo. Sappiamo bene come il modo più sicuro per chi vuole seguire Maria, sia l’essere degno di Lei, essere come Lei e assomigliare a Lei: è la fede ardente e abnegante in Gesù Cristo. Una fede che non è fatta di parole o sentimenti, ma anche e soprattutto di vita e potenza divina che trasforma la nostra stessa vita. Guardiamo a ciò che Maria dice ai servitori al banchetto di nozze di Cana. Ascoltate il Signore e “fate quello che vi dirà” (Gv II, 5). Così, se onoriamo Maria, non ci fermiamo a Lei, ma attraverso di Lei andiamo a Cristo.

b) Un altro argomento, un’altra eloquente testimonianza che tutte le manifestazioni del nostro culto ravvivino davvero la nostra fede e sono in definitiva rivolte all’adorazione di Dio e sono sature dell’omaggio che dobbiamo al Signore, è ogni riga del sublime cantico che, sotto il nome di “Magnificat”, risuona ogni giorno in migliaia e migliaia di chiese, un cantico che l’anima della Vergine Maria, inebriata dall’amore divino, cantò per la prima volta nella casa di sua cugina Elisabetta. Quando Elisabetta vide Maria in visita, esclamò sorpresa: “Benedetta Maria tra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che debbo che la madre del mio Signore venga a me? … beata colei che ha creduto nell’adempimento delle parole del Signore”. (Lc. II, 5). E allora ecco che dall’anima di Maria prorompe il cantico di eterna bellezza, il Magnificat, che allontana da sé tutte le lodi, tutti gli omaggi, e li offre a Dio. “Magnificat anima mea Dominum” – il cantico risuona sulle labbra di Maria: “L’anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore che ha posato lo sguardo sull’umiltà della sua serva…”, qualsiasi cosa sia buona in me, qualsiasi bella virtù, tutto è dono ricevuto dalle mani di Dio, “La cui misericordia si riversa di generazione in generazione su coloro che lo temono. Ha spiegato la potenza del suo braccio; ha distolto gli sguardi dal cuore dei dei superbi. Ha rovesciato i superbi dai loro troni e ha esaltato gli umili. Ha ricolmato di beni gli affamati, e i ricchi li ha rimandati a mani vuote. È possibile lodare di più l’onnipotenza divina che veglia sul mondo in modo più bello? È possibile di più rafforzare la nostra fede in Dio? – In un’occasione, un uomo gravemente malato si accasciò per strada. Fu portato in ospedale e fu chiamato un Sacerdote per confessarlo. Ma il povero uomo aveva perso da tempo la fede della sua giovinezza, e per quanto il Sacerdote insistesse nel parlare con lui, egli rifiutò con fermezza la parola del ministro di Dio. Ma quando quest’ultimo, dopo aver esaurito tutte le sue risorse, iniziò a parlare della madre del malato, il suo cuore indurito si ammorbidì, e si risvegliò la fede sepolta della sua infanzia. Quanti uomini oggi hanno perso completamente la fede! Parliamo loro della Madre Celeste, in modo che attraverso di Lei possano tornare alla fede. Gridiamo di nuovo a Cristo: “Benedetto il grembo che ti ha portato!”. Ed ascoltiamo la risposta che esce dalle sue labbra divine: “Beati piuttosto coloro che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica” (Lc. XI, 28).

III L’ADORAZIONE COMUNICA L’UNITÀ ALLA NOSTRA FEDE

Il culto mariano ha un altro meraviglioso potere, un’altra benedizione: preserva la l’incolumità, la purezza, l’unità della nostra fede in Cristo.

a) C’è chi, ignorando la storia, afferma il contrario. “Il culto mariano non è una pratica che proviene dal Cristianesimo primitivo. Fino al 431, al Concilio di Efeso, Ella non fu dichiarata “Madre di Dio”, e non molto tempo fa, nel 1854, è stato definito il dogma della sua Immacolata Concezione…”. Quale verità c’è in queste affermazioni? La verità è che la Chiesa ha effettivamente definito nel 431 la divina maternità di Maria e nel 1854 la sua Immacolata Concezione …, ma fin dai suoi inizi ha creduto in esse. La Chiesa definisce dogmaticamente una verità solo se tale verità di fede viene attaccata o messa in discussione. Cosa ci dice la fede sull’Immacolata Concezione? Che la Vergine Maria sia sempre stata esente dal peccato originale. Ma Murillo, circa duecento anni prima della definizione dogmatica, aveva già dipinto trenta magnifici quadri dell’Immacolata Concezione. E il Concilio tridentino la proclamò più di trecento anni prima della definizione dogmatica della Chiesa. E Sant’Efrem l’aveva proclamata quasi quindici secoli prima. Cosa è successo dunque nel 1854? La stessa cosa che accadde poco tempo dopo con il famoso gioiello della Corona inglese, il diamante Koh-i-noor.. Questo diamante, ammirevole ed enorme, era già conosciuto in India nei secoli prima di Cristo, ma ha brillato in tutta la sua bellezza solo a partire dal secolo in cui la regina Vittoria lo fece tagliare di nuovo. Perché, se posso permettermi la frase, la definizione dogmatica dell’anno 1854 non ha prodotto il diamante bimillenario della Immacolata Concezione, non ha fatto altro… che tagliarlo di nuovo.

b) Il culto mariano non solo è compatibile con la nostra fede, ma ne preserva e ne rafforza la purezza e l’unità. Basteranno poche parole per spiegarlo. Chi può onorare Maria? Solo chi crede nel suo santo Figlio. Il pilastro fondamentale della nostra fede è la divinità di Gesù Cristo. Questo è il fatto: “Cristo è il Dio che è sceso fino a noi”, qui poggia l’intero sistema di fede e di morale della Religione cristiana. Coloro che onorano Maria, parlano così: Io onoro Maria perché è stato suo Figlio il nostro Signore Gesù Cristo l’unigenito del Padre, che è sceso sulla terra per salvarci e liberarci dalla condanna attraverso la sua Passione, Colui che è morto per noi, è risorto ed è asceso al cielo… in una parola: onorando Maria, confessiamo tutta la nostra fede cristiana. In modo che il culto mariano sia la corona d’oro che racchiude, come un bellissimo diamante, la la divinità di Gesù Cristo. E come il diamante non viene danneggiato da una bella incastonatura, così al contrario, l’incastonatura accresce ancora di più il valore della pietra. Allo stesso modo, l’adorazione mariana non è solo compatibile con il culto di Cristo, ma lo colloca anche in un contesto più caldo e consapevole. Per noi, se il culto mariano non è la questione principale, non è nemmeno una questione accessoria, senza la quale la nostra fede cattolica non può essere sostenuta. Per noi, la cosa principale è la divinità di Cristo, ma da essa segue necessariamente il culto della Madre di Dio. Se adoro Cristo devo anche onorare sua Madre, e se onoro la Madre di Dio, so come adorare con più fervore il suo Figlio divino.

e) D’altra parte, la storia stessa offre una grande abbondanza di dati per mostrare che coloro che negano la divinità di Cristo non provenivano dai ranghi in cui è onorata Maria, ma al contrario, da quei settori che all’inizio si limitavano a sopprimere il culto della Vergine Madre, e poi sentendosi irrimediabilmente trascinati, sono arrivati a negare la divinità di Cristo. La storia bimillenaria della Chiesa dimostra che quando l’albero della fede cresce in un terreno sano, ha sempre avuto un’abbondanza di fiori e di frutti più belli nel culto mariano; quando il culto mariano è stato indebolito o appassito del tutto, si poteva dedurne che la fede stessa fosse decaduta. Ci sono Cristiani che non onorano Maria, perché – così dicono – il culto mariano  li distrae da Cristo e loro vogliono onorare solo Lui. Eppure, cosa vediamo? Il fatto singolare che dove Maria non viene più onorata, l’adorazione di Cristo diminuisce, ed ancor più, i fondamenti di tutta la fede cristiana. Noi onoriamo Maria e adoriamo il suo santo Figlio. E dove Maria non è più onorata per dare – si dice – più vita e più spazio al culto di Cristo, si discutono i seguenti punti: Cristo era vero Dio o solo uomo? Vale la pena vale la pena di impugnare le armi in difesa del Credo nella sua interezza? Dopo queste considerazioni di particolare interesse è il fatto storico che la falsa riforma del XVI secolo non riuscì ad affermarsi proprio in quei Paesi in cui il culto della Vergine Maria aveva un particolare vigore e fioriva in abbondanza.

d) E, se consideriamo il fatto, vedremo nel culto un mezzo efficace per preservare l’unità della fede. Il centro della famiglia è la madre. Finché vive, anche i figli più grandi che hanno già fondato la loro famiglia da tempo, hanno coesione e si sentono all’unisono. Ma quando lei muore, la famiglia si sfalda. Anche la Vergine Maria è diventata una forza coesiva nella prima comunità cristiana, dopo la resurrezione di Cristo. Gli ATTI DEGLI APOSTOLI (1, 14) riportano questo fatto: “Tutti costoro, essendo d’un sol animo, insieme alle donne e a Maria, madre di Gesù”. Ma il culto successivo era anche la benedetta garanzia dell’unità della nostra fede. Sappiamo che Gesù Cristo aveva una veste senza cuciture di un unico tessuto da cima a fondo (Gv XIX,23), il che, secondo l’usanza di quei tempi, probabilmente era stata tessuta dalla Vergine stessa. È così che il culto ha tessuto la tunica della nostra fede in Cristo. per quasi due millenni …, una fede nella quale non c’è cucitura, né macchia, né rammendo, una fede che è conservata ancora oggi così come l’abbiamo ricevuta da Cristo. Dobbiamo quindi riconoscere che il Cristianesimo che non sa o non vuole onorare la Vergine Maria in modo adeguato, è un Cristianesimo mutilato. Perché cos’altro è il Cristianesimo se non Cristo e la sua opera? E se Cristo è il Verbo eterno del Padre celeste, non bisogna dimenticare che Egli è vissuto sulla terra come Figlio di Maria. Così la nostra santa Madre la Chiesa lo sapeva bene perché ha combattuto così duramente in difesa della dignità di Maria; perché ha lottato tanto perché, ad esempio, ha lottato così insistentemente al Concilio di Efeso per difendere la maternità divina?. Lì non si trattava direttamente e propriamente del titolo di Maria, ma della divinità di Cristo. Sappiamo bene che la Vergine Maria fosse la Madre di Dio, ma non ha mai smesso di essere la “serva del Signore”, “sulla cui umiltà Dio ha posato lo sguardo”. Dio pose il suo sguardo sulla sua umiltà, così che da quel momento in poi sarebbe stata chiamata benedetta da tutte le generazioni”.

IV IL CULTO ABBELLISCE LA NOSTRA FEDE

Accenno ancora una volta, anche se brevemente, alla quarta benedizione dell’adorazione: l’adorazione comunica fascino, calore, poesia, morbidezza e ammirevole interiorità alla nostra fede. Vorrei far notare che nel nostro sentire non sono queste le caratteristiche che danno valore alla nostra fede. Accettiamo e seguiamo la nostra fede, non perché sia bella e gentile, ma perché sia giusta e vera. Dall’incrollabile sistema di argomentazioni molto diverse traiamo la conseguenza che la nostra Religione cattolica sia la vera Religione. La Religione cattolica è la vera Religione: la nostra fede è “culto razionale”. (Lettera ai Romani XII,1). Ma nonostante ciò, anche se confessiamo che la prima e principale fondamento delle nostre convinzioni è la verità, non dimentichiamo nemmeno che gli uomini non hanno solo una testa che cerca la verità, ma anche un cuore che ama il bello, e per questo motivo chiamiamo con il giusto titolo, in aiuto ai nostri argomenti razionali, anche l’intimo, l’affettuoso, accattivante, il bello del nostro culto. Chi non ha sentito quel dolce calore che riempie l’anima, quel calore che si irradia verso di noi dalla lampada che arde silenziosa davanti al tabernacolo, la fiamma delle candele dell’altare, gli accordi dell’organo, la voce delle campane che chiamano i fedeli? E il fatto che le nostre chiese siano così accoglienti e così attraenti, che le nostre cerimonie siano così istruttive e commoventi, che anche i non Cattolici spesso si sentono così a casa tra noi, è in gran parte dovuto al culto di Maria. In ogni Chiesa si vede un’immagine della della Vergine con il Bambino Gesù in braccio…. È possibile presentare il Redentore del mondo in un modo più comprensivo e gentile sia ad un bambino che non sa nulla, sia ad un uomo che abbia studiato duramente? Guardate l’immagine della Madre Addolorata che tiene in grembo il cadavere del Figlio sulle ginocchia? È possibile presentare in modo più commovente il dramma della Redenzione? Guardate quella giovane ragazza del villaggio, che mormorando silenziosamente un’Ave Maria, depone il suo mazzo di fiori di campo davanti all’immagine di Maria. innalzata sul ciglio della strada… È possibile trovare qualcosa di più poetico e ammaliante? E se dovessimo ascoltare l’immensa gamma di sfumature dell’Ave Maria, mentre si innalza verso il cielo ad ogni ora, in ogni minuto di ogni ora, se vedessimo la fiducia che assale il cielo, la paura tremante, la supplica che unisce le mani, che sfugge dalle labbra dei marinai nella tempesta o dei bambini che pregano presso il letto del dolore della madre, o dei soldati che si preparano per l’attacco, o dei pii pellegrini e degli uomini che lottano con la tentazione …, allora sentiremmo veramente la bellezza, il fascino ed il fervore che il culto di Maria apporta alla nostra vita religiosa.  – Comprendiamo bene che quando DANTE, nella terza parte della Divina Commedia, “Il Paradiso”, nel canto XXXIII, inizia la sua cantica più bella, si rivolge alla alla Beata Vergine con queste parole, che sono per sempre bellissime: “Vergine Madre, Figlia del tuo Figlio, la più umile, e allo stesso tempo la più alta di tutte le creature, termine fisso dell’eterno volere, tu sei Colei che ha nobilitato la natura umana a tal punto che il suo Creatore non poteva non poteva non diventare la sua stessa opera. Nel tuo seno si è acceso l’amore il cui calore ha fatto germogliare questo fiore nella pace eterna. Tu sei qui per noi il Sole della carità, e in basso, per i mortali una sorgente viva di speranza. Tu sei così grande, o Signora, e sei di così grande valore che chiunque voglia ottenere una grazia e non ricorra a te, vuole che il suo desiderio possa volare senza ali. La tua bontà non solo soccorre coloro che ti implorano, ma spesso spontaneamente anticipano la supplica. In te si uniscono la misericordia, la pietà, la magnificenza e tutto ciò che di buono c’è in tutte le creature. » – Nell’anno 428 d.C., il Vescovo di Costantinopoli era NESTORIO: egli, dopo esimi e santi predecessori, dopo un San Gregorio Nazianzeno ed un San Giovanni Crisostomo, prese nelle sue mani la guida dei fedeli. Ma alla fine si tolse la maschera della sua anima eretica, precedentemente celata, e con grande scandalo dei fedeli riuniti in chiesa, iniziò a predicare cose come queste queste: “D’ora in poi, non diciamo più che Maria sia la Madre di Dio, per non dare l’impressione di voler fare di questa vergine una divinità, e non facciamo come i pagani, che facevano delle loro madri delle dee”. (Nestor. Serm. V. ap. Mercal, p. 30). Queste parole produssero una grande commozione. Il popolo scoppiò in in una protesta clamorosa, lasciò il tempio insieme ai Sacerdoti, e la folla continuò a mormorare di scandalo in un ondeggiare tumultuoso per le strade. Ben presto si diffuse la notizia dell’offesa a Maria, e tutto il mondo ne cristiano fu scosso. Dai Vescovi di Africa, Asia, Europa, si alzò la voce in segno di protesta: il Papa Celestino convocò i Vescovi d’Italia per un Concilio, e in questo concilio Nestorio fu scomunicato. Poi fu convocato un Concilio ecumenico a Efeso, e nella famosa basilica di quella città, che a quel tempo era già consacrata alla Beata Vergine Maria, furono riuniti sotto la presidenza del legato pontificio, i Vescovi di tutte le parti del mondo, per decidere del Vescovo di Costantinopoli, che aveva osato toccare la dignità di Maria. La seduta si protrasse fino a notte inoltrata, e tutto il popolo attendeva il risultato fuori dalla porta della basilica. Quando si seppe che Maria aveva trionfato, tutta la folla scoppiò in un unico grido di giubilo e, accompagnata da torce e fiaccole, in una processione di trionfo, accompagnarono i Vescovi alle loro case. Nestorio è morto da tempo, ma ci sono ancora oggi mani crudeli che vorrebbero strappare dai templi di Maria la gloriosa aureola della sua maternità divina. Per questo motivo dobbiamo ripetere le ardenti lodi di quei secoli lontani, le lodi che il più esaltato oppositore di Nestorio, il principale protagonista del concilio, SAN CIRILLO, Patriarca di Alessandria, pronunciò ad Efeso, a nome dei suoi confratelli Vescovi, al fine di esaltare la Vergine Madre: “Dio Ti salvi. Madre e Vergine, tempio vivente ed immortale della divinità, tesoro e luce del mondo, ornamento delle vergini, sostegno della vera fede, saldo fondamento di tutte le chiese; Tu che hai dato alla luce Dio ed hai portato con cuore puro Colui che nessun luogo può contenere. Tu, per la quale la Santissima Trinità è lodata e adorata, e per la quale è onorata da tutto il mondo la Santa Croce. Tu, attraverso la quale l’uomo decaduto recupera i suoi diritti all’eredità celeste… Chi sarà mai in grado di lodarti degnamente, Tu che sei al di sopra di ogni lode? O fecondità verginale! O meraviglia inconcepibile! Che tutta la nostra saggezza, tutta la nostra gioia, consista nel temere ed onorare lodando eternamente la Vergine Maria – al Dio Uno e Trino, perché Sua è la gloria nei secoli dei secoli.

LA VERGINE MARIA (4)

TUTTO IL DENZINGER SENTENZA PER SENTENZA (15) “da VITTORE II ad URBANO III”

TUTTO IL DENZINGER SENTENZA PER SENTENZA DAGLI APOSTOLI A S.S. PIO XII (15)

HENRICUS DENZINGER

ET QUID FUNDITUS RETRACTAVIT AUXIT ORNAVIT

ADOLFUS SCHÖNMATZER S. J.

ENCHIRIDION SYMBOLORUM DEFINITIONUM ET DECLARATIONUM

De rebus fidei et morum

HERDER – ROMÆ – MCMLXXVI

Imprim.: Barcelona, José M. Guix, obispo auxiliar

(Da Vittore II  a Urbano III)

VITTORE II: 16 aprile 1055-28 luglio 1057

STEFANO IX (X): 3 agosto IO57-29 marzo 1058

NICOLA II: 6 dicembre 1058-27 luglio 1061

Concilio di Roma 1059.

La professione di fede nell’Eucaristia prescritta a Berengario

690. Io Berengario.. riconosco la fede vera ed apostolica, anatemizzo ogni eresia, specialmente quella di cui sono stato finora accusato: essa osa affermare che il pane e il vino che sono posti sull’altare dopo la Consacrazione siano solo un sacramento e non il vero corpo e sangue di nostro Signore Gesù Cristo, e che non possano essere tenuti o spezzati dalle mani dei sacerdoti o schiacciati dai denti dei fedeli in alcun modo sensibile, se non nell’unico sacramento. Ora io sono d’accordo con la santa Chiesa romana e con la Sede Apostolica, e professo con la mia bocca ed il mio cuore che riguardo al Sacramento della mensa del Signore io ritengo quella fede che il signore e venerabile Papa Niccolò e questo santo Concilio, con autorità evangelica e apostolica, mi hanno trasmesso di ritenere e confermare: cioè che il pane e il vino che sono posti sull’altare, dopo la Consacrazione, non siano solo un Sacramento, ma anche il vero Corpo e il vero Sangue di nostro Signore Gesù Cristo, e che siano toccati e spezzati dalle mani dei Sacerdoti e schiacciati dai denti dei fedeli in modo sensibile, non solo nel Sacramento, ma nella verità; lo giudico dalla santa e consustanziale Trinità, e dai santissimi Vangeli di Cristo. Quanto a coloro che si oppongono a questa fede, affermo che con le loro dottrine ed i loro seguaci siano degni di anatema eterno.

Concilio Lateranense, aprile 1060.

Ordinazioni simoniache

691. Il signor Papa Niccolò, che presiedeva il sinodo nella basilica di Costantino, disse: (Paragrafo 1) Decidiamo che non si debba avere pietà dei simoniaci per quanto riguarda il mantenimento del loro rango; al contrario, li condanniamo secondo le sanzioni dei Canoni e dei decreti dei santi Padri e decretiamo, in virtù dell’Autorità Apostolica, che debbano essere deposti.

692. (Paragrafo 2) Riguardo a coloro che sono stati ordinati da simoniaci, non per denaro ma gratuitamente – poiché la questione è stata a lungo dibattuta – sciogliamo ogni nodo di dubbio in quanto non permettiamo a nessuno in futuro di avere dubbi su questo capitolo. … A coloro che finora siano stati consacrati gratuitamente da simoniaci…, permettiamo di rimanere negli Ordini che hanno ricevuto. Tuttavia, in virtù dell’autorità dei santi Apostoli Pietro e Paolo, proibiamo in ogni modo che qualcuno dei nostri successori tracci o stabilisca una regola per sé o per qualcuno dei suoi successori. – Infatti, non è stata l’autorità degli antichi Padri a promulgare ciò ordinandolo o concedendolo, ma è stata la troppo grande angustia dei tempi a costringerci a permetterlo.

693. (Par. 3.) Del resto, se qualcuno si lascia consacrare da uno che non dubiti sia un simoniaco, sia colui che consacra sia colui che è consacrato non devono essere sottoposti ad una sentenza di condanna diseguale, ma entrambi devono essere deposti, fare penitenza e rimanere privi della loro dignità.

694, (Par. 5) Il Vescovo Niccolò a tutti i Vescovi: Abbiamo emanato un decreto riguardante la triplice eresia simoniaca: cioè, riguardo ai simoniaci che ordinano o sono stati ordinati simoniacamente, ai simoniaci che sono stati ordinati simoniacamente da non simoniaci e ai simoniaci che sono stati ordinati non simoniacamente da simoniaci: I simoniaci che sono stati ordinati o che ordinano in modo simoniaco devono essere privati del loro grado secondo i Canoni ecclesiastici. Allo stesso modo, i simoniaci che sono stati ordinati in modo simoniaco da non simoniaci devono essere rimossi dall’ufficio acquisito in modo sbagliato. Per quanto riguarda i simoniaci che sono stati ordinati in modo non simoniaco da simoniaci, concediamo, a causa delle necessità del tempo, che per misericordia possano rimanere nel loro ufficio per imposizione delle mani.

ALESSANDRO II: 1 ottobre 1061-21 aprile 1073.

Lettera “Super causas” al Vescovo Reinaldo di Como, 1063.

Condanna delle ordalie.

695. Ci siamo consultati pubblicamente sul vostro presbitero Guillandus (Gisandus) sospettato dell’omicidio del suo Vescovo, vostro predecessore… Se non ci sono accusatori certi, allora, secondo ciò che impone la giustizia e senza controversie, il presbitero deve ricevere di nuovo tutto ciò che ha perso ingiustamente per questo motivo, sia il sacerdozio che l’insieme dei suoi benefici; ma lasciamo al vostro giudizio, se non ci sono accusatori, che egli presenti di sua iniziativa una giustificazione a due Sacerdoti suoi parenti. – Infine, vogliamo che non usiate e non chiediate in alcun modo la legge popolare che non ha alcuna sanzione canonica, cioè il contatto con l’acqua bollente o ghiacciata, o con un ferro rovente, o con qualsiasi invenzione popolare (perché queste sono pure invenzioni in cui opera l’invidia); inoltre, lo proibiamo fermamente in virtù dell’Autorità Apostolica.

Lettera “Licet ex” al principe Landolfe di Benevento, 1065.

Tolleranza delle convinzioni religiose altrui.

698. Sebbene non dubitiamo che sia per zelo di devozione che vostra eccellenza ordinI di condurre gli ebrei al culto del Cristianesimo, abbiamo tuttavia ritenuto necessario inviarvi la nostra lettera per ammonirvi, poiché sembra che lo facciate per uno zelo disordinato. Infatti il nostro Signore Gesù Cristo, come leggiamo, non costrinse nessuno al suo servizio con la forza, ma, essendo lasciata a ciascuno la libertà di giudicare da sé, tutti coloro che Egli aveva predestinato alla vita eterna non li chiamò fuori dall’errore con un giudizio, ma versando il proprio sangue… Allo stesso modo, il beato Gregorio proibisce in una delle sue lettere che questo stesso popolo sia portato alla fede con la violenza (cfr. 480).

GREGORIO VII: 22 aprile 1073-25 maggio 1085

Concilio di Roma: professione di fede di Berengario di Tours, 11 febbraio 1079.

La presenza eucaristica di Cristo.

700. Io, Berengario credo con il mio cuore e confesso con la mia bocca che il pane ed il vino che sono sull’altare siano, per il mistero della santa preghiera e per le parole del nostro Redentore, cambiati sostanzialmente nella Carne e nel Sangue veri, ripuliti e vivificanti da nostro Signore Gesù Cristo, che dopo la Consacrazione siano il vero Corpo di Cristo, che è nato dalla Vergine, che, offerto per la salvezza del mondo, sia stato appeso alla croce, che sieda alla destra del Padre, e sia il vero sangue di Cristo sgorgato dal suo fianco, non solo in modo figurato ed in virtù del Sacramento, ma nella sua propria natura e verità di sostanza. Come questa breve dichiarazione contiene: come ho letto e come lo intendete voi, così lo credo io, e non insegnerò più contro questa fede. Dio aiuti me e questi santi Vangeli di Dio.

URBANO II: 12 marzo 1088-29 luglio 1099

Lettera “Debent subditi” al Vescovo Pietro di Pistoia e all’abate Rustico di Vallombrosa, 1088.

L’invalidità dell’ordinazione ricevuta da un simoniaco

701. … Come abbiamo appreso dalla sua confessione, Daiberto fu sì ordinato diacono dal simoniaco Guezelo, ma non in modo simoniaco, e per sentenza del beato Papa Innocenzo fu dichiarato, come sappiamo, che, in quanto eretico, Guezelo, che è stato ordinato da eretici, dal momento che non aveva nulla, non poteva dare nulla a colui che gli ha imposto le mani. Confermati dall’autorità di un così grande Papa e rafforzati dalla testimonianza di Papa Damaso, che dice: “È necessario ripetere ciò che è stato fatto male”, poiché le necessità della Chiesa sono pressanti, stabiliamo nuovamente come diacono Daiberto che si è distaccato nel corpo e nell’anima dagli eretici, e che si applica con tutte le sue forze al bene della Chiesa. Riteniamo che ciò non sia da considerarsi una reiterazione, ma solo una piena collazione del diaconato, poiché, come abbiamo detto, chi non ha nulla non può dare nulla.

Lettera “Gaudemus filii” a Lanzo, Rodolfo e altri, 1 febbraio 1091.

702. L’invalidità dell’ordinazione ricevuta da un simoniaco.

Questi, tuttavia, deve essere esaminato in modo assoluto, cioè se (Poppo) sia stato ordinato simoniacamente dalle mani del suddetto Arcivescovo di Treviri. Perché tutto ciò che ha ricevuto da lui in modo straordinario e indegno, lo riteniamo nullo secondo il giudizio dello Spirito Santo ed in virtù dell’Autorità presente in noi: ordiniamo che questi riceva gli Ordini da un Vescovo cattolico. Poiché chi ordina e non ha nulla non ha nulla da dare.

Concilio di Benevento, iniziato il 18 marzo 1091.

Il carattere sacramentale del diaconato

703. Can. 1. Nessuno può più essere eletto Vescovo se non sia stato trovato pio negli Ordini sacri. Ora noi chiamiamo Ordini sacri il diaconato e il presbiterato. Di questi, infatti, leggiamo che la Chiesa primitiva li avesse; solo per essi abbiamo un precetto dell’Apostolo.

PASQUALE II: 14 agosto 1099-21 gennaio 1118

Concilio Lateranense, quaresima del 1102.

Obbedienza alla Chiesa.

704. Anatemizzo tutte le eresie, specialmente quelle che turbano lo stato attuale della Chiesa, che insegnano ed affermano che l’anatema debba essere ignorato e le leggi della Chiesa disattese. E prometto obbedienza al Pontefice della Sede Apostolica, il signor Pasquale ed i suoi successori, prendendo a testimone Cristo e la Chiesa, affermando ciò che la Chiesa santa ed universale afferma e condannando ciò che essa condanna.

Concilio di Guastalla, 22 ottobre 1106

Ordinazioni eretiche e simoniache

705. (4) Già da molti anni l’estensione dell’Impero teutonico è stata separata dall’unità della Sede Apostolica. Ora, in questo scisma, il pericolo è diventato così grande – lo diciamo con grande dolore, che a malapena si trovano alcuni Sacerdoti o chierici cattolici in regioni così estese. Poiché, dunque, molti figli sono gettati in questa devastazione, la necessità della pace cristiana esige che il cuore materno della Chiesa si apra a loro. Sulla base degli esempi e degli scritti dei nostri Padri, che in tempi diversi hanno accolto nei loro ordini Novaziani, Donatisti ed altri eretici, accogliamo nell’ufficio episcopale i Vescovi di questo impero che siano stati ordinati durante lo scisma, a meno che non si dimostrino intrusi, simoniaci o criminali. La stessa cosa stabiliamo per i chierici, qualunque sia il loro ordine, che la loro vita e la loro scienza raccomandano.

Concilio Lateranense, 7 marzo 1110.

Saccheggio dei naufraghi e simonia.

706. Can. 9. Chi saccheggia i beni dei naufraghi, sia escluso dalla soglia della Chiesa come i saccheggiatori ed i fratricidi.

707. Can. 10. (1) Ciò che è stato deciso per i simoniaci, lo confermiamo anche noi, secondo il giudizio dello Spirito Santo, con la nostra Autorità Apostolica. (2) Pertanto, tutto ciò che è stato acquisito, sia negli Ordini sacri che negli affari ecclesiastici, mediante la promessa o il dono di denaro, decidiamo che sia nullo e non potrà mai avere alcun valore. (4) Quanto a coloro che hanno accettato consapevolmente di essere consacrati – o meglio: profanati – dai simoniaci, dichiariamo la loro consacrazione essere totalmente nulla.

708. Can. 15. Prescriviamo inoltre che per il Crisma, il Battesimo e la sepoltura non sia mai richiesto nulla.

GELASIO II: 24.1.1118 – 28.1.1119

CALLISTO II: 2.2.1119 – 13.12.1124

1° Concilio di LATERANO (9° ecumenico)

18-27 marzo-(6 aprile ?)1123

Canoni.

Simonia, celibato, investitura.

710. Can. 1 “Seguendo l’esempio dei santi Padri” e rinnovando il dovere del nostro ufficio, “proibiamo in ogni modo, con l’autorità della Sede Apostolica, che qualcuno sia ordinato o promosso nella Chiesa di Dio per denaro. Se qualcuno abbia ottenuto l’ordinazione o la promozione nella Chiesa in questo modo, sia totalmente privato della dignità ottenuta.

711. Can. 3 (al. 7). Proibiamo assolutamente ai Sacerdoti, ai diaconi e ai suddiaconi di avere concubine o mogli sotto il loro tetto e di convivere con altre donne, ad eccezione di quelle che il Concilio di Nicea (Can. 3) ha permesso di vivere con loro solo per necessità, cioè la madre, la sorella, la zia paterna o materna o altre donne simili, che non possano dare adito ad alcun sospetto giustificato.

712. Can.4 (al. 8). Inoltre, in conformità con l’ordinanza del beato Papa Stefano, stabiliamo che i laici, per quanto religiosi, non abbiano il potere di disporre in alcun modo dei beni ecclesiastici; ma, secondo i Canoni degli Apostoli (can. 38, al. 39), Se dunque qualcuno dei principi o di altri laici si arrogasse il diritto di disporre, regalare o possedere i beni ecclesiastici, sia considerato un sacrilego.

ONORIO II :15.12.1124 – 13.2.1130

INNOCENZO II :14.2.1130 – 24.9.1143

2° concilio LATERANO (10° ecumenico)  iniziato il 4 aprile 1139

Simonia e usura

715. (Can. 2). Se qualcuno ha acquistato una prebenda, un priorato, un decanato, un onore o una promozione ecclesiastica, o una qualsiasi delle cose sacre della Chiesa, come il santo crisma, l’olio santo, o la consacrazione di altari o chiese, a prezzo di denaro, spinto dall’esecrabile passione dell’avarizia, sia privato dell’onore illecito; e sia il compratore che il venditore e l’intermediario siano infamati. E né per il sostentamento, né sotto l’apparenza di una consuetudine, si richieda qualcosa a qualcuno prima o dopo, né il destinatario stesso dia qualcosa, perché questa è simonia; ma goda liberamente e senza alcuna attenuazione della dignità e del beneficio che gli sono stati conferiti.

716. Can. 13. L’insaziabile avidità degli usurai è detestabile e scandalosa agli occhi delle leggi divine e umane, ed è respinta dalla Scrittura nell’Antico e nel Nuovo Testamento. Perciò la condanniamo e la escludiamo da ogni consolazione della Chiesa, ordinando che nessun Arcivescovo, Vescovo o Abate di qualsiasi ordine, o chierico ordinato, osi ammettere gli usurai ai Sacramenti senza estrema prudenza. siano ritenuti infami per tutta la vita e privati della sepoltura ecclesiastica se non giungono alla resipiscenza.

La falsa penitenza e l’esistenza dei Sacramenti.

717. Tra le altre cose, c’è una cosa che turba profondamente la santa Chiesa: la falsa penitenza. Chiediamo quindi ai nostri fratelli nell’Episcopato e ai Sacerdoti di non permettere che le anime dei laici siano ingannate da false penitenze e quindi incatenate all’inferno. Sembra che una falsa penitenza si verifichi quando, disprezzando la maggior parte dei peccati, si fa penitenza per uno solo, o quando si fa penitenza per uno solo senza rinunciare ad un altro. Per questo è scritto: “Chi ha osservato tutta la legge, ma inciampa in un punto, è colpevole di tutto” (Gc. II,10), cioè in tutto ciò che concerne della vita eterna. Infatti, sia che abbia commesso tutti i peccati, sia che persista in uno solo, non entrerà per la porta della vita eterna. C’è falsa penitenza anche quando il penitente non rinunci ad un ufficio curiale o commerciale che non possa in alcun modo esercitare senza peccato, o se l’odio alberga nel suo cuore, o se non dà soddisfazione a chi ha offeso, o se essendo offeso non perdona l’offensore, o se si prendono le armi contro la giustizia.

718. (Can. 23): “Quanto a coloro che, sotto l’apparenza della religione, condannano il Sacramento del Corpo e del Sangue del Signore, il Battesimo dei bambini, il Sacerdozio e gli altri Ordini ecclesiastici, nonché il vincolo del Matrimonio legittimo, noi li espelliamo dalla Chiesa di Dio e li condanniamo come eretici”,  ed ordiniamo che siano sottoposti al controllo dei poteri secolari. Con il vincolo della stessa condanna leghiamo anche coloro che prendono le loro difese. “

Concilio di Sens. Iniziato il 2 giugno 1140 (1141?).

Errori di Pietro Abelardo.

721.1 Il Padre è piena potenza, il Figlio ha una certa potenza, lo Spirito Santo non è potenza.

722. 2 Lo Spirito Santo non è della sostanza del Padre, ma dell’anima del mondo.

723. 3 Cristo non ha assunto la carne per liberarci dal giogo del diavolo.

724. 4. Né il Dio-uomo né questo Cristo sono la terza persona della Trinità.

725. 5. Il libero arbitrio è sufficiente da solo per un certo bene.

726. 6. Dio può fare solo ciò che fa e permettere ciò che permette, o solo in questo modo o in questo momento e non altrimenti.

727. 7. Dio non deve e non può impedire il male.

728. 8. Da Adamo non abbiamo contratto la colpa, ma solo la pena.

729. 9. Non hanno peccato coloro che hanno crocifisso Cristo senza saperlo.

730. 10. Ciò che viene fatto per ignoranza non può essere imputato a colpa.

731. 11. In Cristo non c’era lo Spirito del timore del Signore.

732. 12. Il potere di legare e sciogliere fu dato solo agli Apostoli, non ai loro successori.

733. 13. Con le opere l’uomo non diventa né migliore né peggiore.

734. 14. Al Padre, poiché non è di nessun altro, appartiene in senso proprio e speciale l’onnipotenza, ma non anche la sapienza e la bontà.

735. 15. Anche il timore religioso è escluso dalla vita futura.

736. 16. Il diavolo suscita suggestioni apponendo pietre o erbe.

737. 17. La venuta alla fine dei secoli potrebbe essere attribuita al Padre.

738. 18. L’anima di Cristo non è scesa all’inferno da sola, ma solo con il suo potere.

739. 19. Né l’opera né la volontà, né la concupiscenza né il piacere che la muovono sono peccaminosi, e non dobbiamo desiderare che si estinguano.

Lettera “Apostolicam Sedem” al Vescovo di Cremona, data incerta.

Battesimo di desiderio

741. Il presbitero di cui hai detto che finì i suoi giorni senza l’acqua del Battesimo, affermiamo senza esitazione che, poiché perseverò nella fede della santa Madre Chiesa e nella professione del Nome di Cristo, fu liberato dal peccato originale e ottenne la gioia della patria celeste. Si legga anche l’ottavo libro di Agostino De civitate Dei dove si legge, tra l’altro: “Il Battesimo è amministrato in modo invisibile quando non è il disprezzo per la religione, ma la barriera della necessità che lo esclude”. Aprite anche il libro del beato Ambrogio De obitu Valentiani che afferma la stessa cosa. Avendo risolto le questioni, dunque, attenetevi alle concezioni dei Padri docenti, e fate presentare costantemente nella vostra Chiesa preghiere ed offerte per il presbitero che avete menzionato.

CELESTINO II: 26 settembre. 1143-8 marzo 1144

LUCIO II: 12 marzo 1144-15 febbraio 1145

EUGENIO III: 15 febbraio 1145-8 luglio 1153

Concilio di Reims, iniziato il 21 marzo 1148

La Trinità divina

745. “Riguardo al primo (capitolo) solo il Romano Pontefice definì, affinché nessun concetto in teologia facesse una separazione tra natura e persona, e affinché non si parlasse di Dio come ‘Essenza divina’ solo nel senso di un ablativo, ma anche nel senso di un nominativo. “

ANASTASO IV: 12 luglio 1153-3 dicembre 1154.

ADRIANO IV: 4 dicembre 1154-1 settembre 1159.

ALESSANDRO III: 7 settembre 1159-30 agosto 1181

Concilio di Tours, iniziato il 19 maggio 1163.

Il prestito ad interesse.

747. (Cap. 2) Molti tra il clero, e lo diciamo con dolore, anche tra coloro che per professione ed abitudine hanno lasciato il presente secolo, certamente si sottraggono al consueto prestito ad interesse perché più chiaramente condannato, ma prendono in pegno i beni dei bisognosi a cui hanno prestato denaro, e ricevono i frutti prodotti oltre il capitale prestato. Perciò l’autorità del Consiglio Generale ha decretato che d’ora in poi nessuno che sia stabilito nel clero abbia l’ardire di praticare questo o qualsiasi altro tipo di prestito ad interesse. E se finora qualcuno ha ricevuto in pegno i beni di qualcuno dopo avergli dato del denaro secondo questa clausola o con questa condizione, deve restituire incondizionatamente i suoi beni al debitore se, tolte le spese, ha già ricevuto il suo capitale dai frutti prodotti. E se ha un deficit, dopo averlo riscosso, la proprietà deve essere restituita gratuitamente al suo padrone. Ma se dopo questo decreto ci sarà qualche ecclesiastico che persevererà in questi detestabili guadagni usurari, sia messo in pericolo il suo ufficio ecclesiastico, a meno che non si tratti di un beneficio della Chiesa che pensava di dover riscattare in questo modo dalla mano di un laico.

Lettera “Ex litteris tuis” al sultano residente a Iconio, 1169.

748. Il corpo di Maria incorrotto dopo la sua morte.

(Maria) infatti concepì senza disonore, partorì senza dolore e partì da qui senza corruzione, secondo la parola dell’Angelo, o meglio: di Dio per mezzo dell’Angelo, affinché sia manifesto che Ella è piena e non semipiena di grazia, e perché Dio, il Figlio, adempia fedelmente l’antico comandamento che ha insegnato un tempo, cioè onorare il padre e la madre, e perché la carne verginale di Cristo, assunta dalla carne della Madre vergine, non differisca del tutto da essa.

Lettera “Cum in nostra” all’Arcivescovo Guglielmo di Sens, 28  Maggio 1170.

749. L’errore di Pietro Lombardo sull’umanità di Cristo.

Quando vi siete insediati nel vostro ufficio alla nostra presenza, vi abbiamo ingiunto a voce di riunire a voi i vostri Vescovi suffraganei a Parigi e di lavorare efficacemente per rimuovere la falsa dottrina di Pietro, ex Vescovo di Parigi, in cui si dice che Cristo, in quanto uomo, non sia un qualche cosa. Per questo chiediamo alla vostra fraternità, con rescritto apostolico, che… convochiate a Parigi i vostri suffraganei e che, insieme a loro e ad altri uomini religiosi e prudenti, vi adoperiate per abrogare completamente la suddetta dottrina, e che prescriviate che i professori e gli studenti che si dedicano alla teologia insegnino che Cristo, così come è un Dio perfetto, è anche un uomo perfetto composto da un’anima e da un corpo.

Lettera “Cum Christus” all’arcivescovo Guglielmo di Reims, 18 febbraio 1177.

L’errore sull’umanità di Cristo.

750. Poiché Cristo, Dio perfetto, è un uomo perfetto, è sorprendente vedere con quale temerarietà qualcuno osi dire che Cristo non sia qualcosa in quanto è uomo. Per evitare che un tale inganno si diffonda nella Chiesa o che si introduca un errore, ordiniamo alla vostra fraternità, con rescritto apostolico… che, in virtù della nostra Autorità e sotto pena di anatema, proibiate a chiunque, d’ora in poi, di osare affermare che Cristo non sia alcunché in quanto uomo, poiché, come è vero Dio, è anche vero uomo, sussistendo da un’anima razionale e da una carne umana.

3° Concilio di LATERANO (11° Œcum. 5-19 (22?) marzo

3a sessione, 19 o 22 marzo

Simonia

751 . Cap. 10. I monaci non devono essere accolti in un monastero per denaro… Se qualcuno, dopo essere stato espulso, ha dato del denaro per essere ricevuto, non andrà fino agli ordini sacri; colui che ha ricevuto questo denaro sarà punito con la privazione del suo ufficio.

Lettera “In civitate tua” all’Arcivescovo di Genova, data incerta.

753. Contratto di vendita illecita

Dite che nella vostra città capita spesso che alcune persone si procurino pepe, cannella o altri beni che in quel momento non valgono più di cinque sterline, e che promettano che a una certa data pagheranno sei sterline a coloro dai quali hanno ricevuto questi beni. Ma anche se un tale contratto non può essere chiamato usura a causa di tale forma, i venditori incorrono comunque in un peccato, a meno che non ci sia qualche dubbio sul fatto che la merce varrà di più o di meno al momento del pagamento, e quindi i vostri concittadini avrebbero molta cura della loro salvezza se si astenessero da contratti di questo tipo, perché i pensieri degli uomini non possono essere nascosti a Dio Onnipotente.

Lettera “Ex publico instrumento” Al Vescovo di Brescia, data incerta.

754. Il vincolo del matrimonio

Poiché la suddetta donna è stata effettivamente sposata dal suddetto uomo, ma secondo le sue parole non è stata unita a lui fino ad ora, chiediamo alla vostra fraternità, ordinandolo in uno scritto apostolico, che se il suddetto uomo non abbia conosciuto carnalmente questa donna e questa donna, come ci informate, vuole entrare in un ordine religioso, e dopo aver ricevuto da lei sufficienti garanzie che entro due mesi entrerà in un ordine religioso o tornerà dal marito, voi la assolvete, senza alcuna possibile opposizione o appello, dalla sentenza (di scomunica) da cui è vincolata, in modo che se entrerà in un ordine religioso, ciascuno restituirà all’altro ciò che ha evidentemente ricevuto da lui, e l’uomo stesso, se prenderà l’abito religioso, sarà autorizzato a contrarre un altro matrimonio. Infatti, ciò che il Signore dice nel Vangelo, che non è lecito all’uomo allontanare la propria moglie se non per fornicazione (Mt V, 32 Mt XIX, 9), va inteso, secondo l’interpretazione della santa parola, di coloro il cui matrimonio è stato consumato dall’unione carnale senza la quale il matrimonio non può essere consumato, e quindi se la suddetta moglie non è stata conosciuta dal marito, è lecito che entri in religione.

Lettera (frammenti) “Verum post” all’Arcivescovo di Salerno, data incerta.

Effetti del consenso matrimoniale.

755. Dopo il legittimo consenso “de praesenti” è lecito che uno dei due, anche se l’altro si opponga, scelga il monastero, come del resto i santi sono stati tenuti lontani dal matrimonio da una chiamata, almeno fino a quando non sia esistita tra loro un’unione carnale. E se l’altro che rimane, nonostante la monizione, non vuole mantenere la continenza, gli è permesso di contrarre un secondo matrimonio; poiché non sono diventati una sola carne, l’uno può benissimo passare a Dio e l’altro rimanere nel mondo.

756. Se (tra un uomo e una donna) c’è un consenso lecito “de præsenti“…, in modo che l’uno accolga espressamente l’altro come suo sposo con mutuo consenso e con le parole consuete… che ci sia stato o meno un giuramento, non è permesso alla donna di sposare un altro. E se si è sposata, e anche se ne è seguita un’unione carnale, deve essere separata da quello e costretta dalla severità ecclesiastica a ritornare al primo, e questo anche se altri pensino diversamente e anche alcuni dei nostri predecessori possono aver giudicato diversamente.

Lettera (frammento) al Vescovo Ponzio di Clermont (?), data incerta.

La forma del Battesimo.

757. Se qualcuno immerge un neonato tre volte nell’acqua nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, Amen, e non dice: “Io ti battezzo nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, Amen”, il neonato non è battezzato.

758. Ma quelli in cui c’è qualche dubbio se siano stati battezzati, saranno battezzati anteponendo le parole: “Se sei battezzato, io non ti battezzo; ma se non sei ancora battezzato, io ti battezzo, ecc…”. “

LUCIO III: 1 settembre 1181- 25 novembre 1185

Concilio di Verona, fine ottobre – inizio novembre 1184.

Condanna degli errori delle sette secolari riguardo al potere della gerarchia della gerarchia.

760. Con questa costituzione, in virtù dell’autorità apostolica, condanniamo tutte le eresie, con qualsiasi nome si chiamino: in primo luogo, quindi, decretiamo che i catari e i patarini siano soggetti a un anatema perpetuo, così come coloro che si chiamano falsamente Umiliati o Poveri di Lione, Passagiani, Giuseppini e Arnoldisti con un nome falso.

761. E poiché alcuni, sotto l’apparenza di pietà… si arrogano l’autorità di predicare… leghiamo con lo stesso vincolo di anatema tutti coloro che, pur essendo stati interdetti o non inviati, osino predicare privatamente o pubblicamente senza aver ricevuto l’autorità della Sede, e tutti coloro che non temono di pensare ed insegnare diversamente riguardo al Sacramento del Corpo e del Sangue di nostro Signore Gesù Cristo, o al Battesimo, o alla Confessione dei peccati, o al Matrimonio, o agli altri Sacramenti della Chiesa, da quanto viene predicato e osservato dalla santissima Chiesa romana, nonché, in generale, tutti coloro che questa stessa Chiesa romana o i vari Vescovi nelle loro diocesi con il consiglio dei chierici, o i chierici stessi quando la sede fosse vacante, hanno giudicato eretici, se necessario, con il consiglio dei Vescovi vicini.

Lettera “Dilectæ in Christo” al Vescovo Simone di Meaux, data incerta

Castrazione

762. La priora ed il convento di Colonantia interpellano la Sede Apostolica per sapere se un giovane, a cui sono stati asportati gli organi sessuali, possa essere ordinato al sacerdozio con il permesso dei canonici. Ansiosi di vedere osservata la distinzione canonica in questa materia, con questo scritto apostolico incarichiamo la vostra fraternità di ricercare la verità con grande diligenza, per sapere se sia stato castrato da nemici o da dottori, o se egli stesso si sia messo le mani addosso perché non sapeva come opporsi al vizio della carne. I canoni ammettono i primi (128 – a) se sono altrimenti idonei, ma ordinano che il terzo sia punito come omicida di se stesso.

URBANO III: 25 novembre 1185 – 19/20 ottobre 1187

Lettera “Consuluit nos” ad un Sacerdote di Brescia, data incerta.

Usura.

764. La vostra bontà ci ha chiesto se nel giudizio delle anime dobbiamo considerare come un usuraio che, non potendo altrimenti prestare, presta denaro nella convinzione che, anche senza l’esistenza di alcun contratto, riceverà più del suo capitale; o se qualcuno incorre nella stessa pena se, come si dice comunemente, non acconsente ad un giuramento finché, anche senza richiederlo, non ne tragga qualche beneficio; e se un mercante debba essere condannato alla stessa pena se vende le sue merci ad un prezzo molto più alto quando il tempo per il pagamento è notevolmente più lungo rispetto al caso in cui il prezzo di acquisto gli venga pagato subito. Ma poiché è chiaro dal Vangelo di Luca cosa ci si debba aspettare in questi casi, quando dice: “Prestate senza aspettarvi nulla in cambio” (Lc. VI, 35), si deve giudicare che queste persone agiscano in modo sbagliato a causa della loro intenzione di trarre profitto – poiché ogni usura e ogni eccedenza nella restituzione sono proibite dalla legge – e nel giudizio delle anime devono essere fermamente esortate a restituire ciò che hanno acquisito in questo modo.

TUTTO IL DENZINGER SENTENZA PER SENTENZA (16) “da GREGORIO VIII ad INNOCENZO III”.