LA VERGINE MARIA (7)

Il Vescovo Tihámer Toth

LA VERGINE MARIA (7)

Nihil Obstat: Dr. Andrés de Lucas, Canonico. Censore.

IMPRIMATUR: José María, Vescovo Ausiliare e Vicario Generale. Madrid, 27 giugno 1951.

CAPITOLO VII.

LE IMMAGINI DELLA VERGINE MARIA

Non so se vi sia mai capitato di tenere tra le mani un libro o un album in cui ci sono solodi Maria, le riproduzioni di opere dei migliori artisti del mondo. Non è possibile descriverlo, è necessario sperimentarlo; il fascino e la squisitezza… , la grande consolazione che prova la nostra anima quando contempla una di queste collezioni. Centinaia e centinaia di dipinti. Ma tutti hanno lo stesso tema: l’uno, l’Immacolata, la benedetta Vergine Maria. Ho davanti a me il dipinto di Tiziano: “Maria Assunta in cielo”. Il quadro di Bellini: “La Vergine Madre guarda sognando un paesaggio lontano”. Il dipinto di Memling: “Maria, sorridendo, offre una mela al Bambino Gesù”. Il dipinto di Granach: “La Beata Vergine guarda fuori da un frutteto”. Il dipinto di Rubens: “Il Divino Bambino abbraccia con singolare fascino sua Madre”. Il dipinto di Leonardo de Vinci: “La Vergine Madre con i suoi lineamenti delicati”. Il dipinto di Guido Reni: “L’estasi degli occhi che guardano il cielo”. Il dipinto di Sandro Botticelli: “La Vergine, velata, ascolta le parole dell’Angelo”. E il dipinto di Dolci e quello di Dürer e quello di Giotto e quello di Beato Angelico e quello di El Greco, e quello di Filippo Lippi, quello di Correggio e quello di Mantegna! E i trenta dipinti di Murillo, dipinti dell’Immacolata Concezione”! E i cinquantadue dipinti di Raffaello, dipinti della “Madonna”! – Dovrei elencare tutti i nomi che spiccano nella storia dell’arte, perché non c’è stato quasi mai un pittore, nella storia dell’arte, che non abbia avuto l’ambizione di rendere omaggio con i suoi pennelli alla Madre di Dio. Gli artisti hanno già dipinto il suo quadro! In epoche diverse! Con criteri diversi! Con abiti diversi! In costumi diversi! Con tecniche diverse! Ma sempre con lo stesso tema: l’ideale che si innalza con aria di trionfo sulla terra e sulla materia. È bene trattare di queste immagini. Naturalmente, non dobbiamo ricordarle tutte, non le finiremo mai tutte, ovviamente. Ma dobbiamo metterne in evidenza alcune, almeno quelle che irradiano una forza, un respiro, un insegnamento particolare per le nostre lotte terrene. Vorrei soffermarmi davanti a tre immagini e meditare sui loro insegnamenti:

.I. Maria, la Madre di Dio;

II. Maria, la Vergine Immacolata e

III. Maria, la Regina del Cielo.

I. MARIA, MADRE DI DIO

Prima di alzare lo sguardo per contemplare le immagini della Vergine Madre, vorrei Madre, vorrei rassicurare con qualche parola certi scrupolosi; a coloro che, che, vedendo il gran numero di immagini mariane, cominciano a dubitare che questo fervente culto non sia una deviazione dal culto del Cristianesimo primitivo, ed un allontanamento dalla vita religiosa puramente e originariamente cristiana, e se, a causa del grande culto marino noi dimentichiamo Cristo, il suo Figlio divino. – Tali obiezioni sono spesso sollevate soprattutto da parte dei non cattolici. Naturalmente, queste obiezioni possono disturbare solo chi non conosce la vita religiosa ed i sentimenti dei primi Cristiani. Chi li conosce, vede subito che le accuse mosse contro di noi di aver introdotto il culto della Vergine Maria tardivo, poiché non era conosciuto nei primi secoli cristiani. Non c’è una parola di verità in tutto questo. Chiunque voglia sapere come i primi Cristiani pensassero della Beata Vergine, legga il Vangelo di San Luca. Questo Evangelista, amico e compagno dell’Apostolo San Paolo, ha avuto la possibilità di vedere e conoscere come le prime comunità cristiane pensassero alla Beata Vergine Maria Madre di Gesù. Ed è lui che fornisce il maggior numero di dettagli su Maria; descrive la del saluto angelico, il “benedetta fra le donne”, il saluto di Santa Elisabetta, il “Magnificat”, gli eventi del Natale e la storia di Gesù nel tempio all’età di dodici anni. Colui che ha descritto questi eventi e coloro che li leggevano, cioè i primi Cristiani, dovevano provare un sentimento profondo e tenero di rispetto per Maria. No, non c’è dubbio. Chi non si accontenti di questo, scenda nelle catacombe più antiche, nei corridoi sotterranei di Roma, dove i Cristiani si rifugiavano in tempo di persecuzioni e celebravano i loro atti di culto e seppellivano i loro amati defunti. Guardate, ad esempio, la famosa immagine di Maria nelle catacombe di Priscilla, dove la Vergine Maria viene vista tra le stelle, con il divino Bambino tra le sue braccia, e davanti a Lei il profeta Isaia che tiene in mano il rotolo contenente le sue profezie.  L’immagine risale alla prima metà del secondo secolo; quindi, al momento in cui quella generazione ha potuto ascoltare la predicazione degli Apostoli. Nelle stesse catacombe si trova un’altra immagine mariana della seconda metà del terzo secolo, che raffigura la Vergine Maria vestita con una tunica aristocratica. Dobbiamo forse cercare argomenti più decisivi per dimostrare che il culto della Vergine Maria occupi un posto di rilievo nella liturgia del primo Cristianesimo? E se a quei primi Cristiani non è venuto in mente che l’adorazione di Maria potesse distrarre le anime e raffreddare la devozione che è dovuta a Cristo, o che potesse diminuire il carattere cristocentrico della loro liturgia, è lecito per noi nutrire tali scrupoli? No. Stiamo serenamente di fronte alle immagini della Vergine Maria, perché sentiamo che la forza, l’incoraggiamento, gli insegnamenti e le consolazioni che ne derivano, ci conducono al suo divino Figlio…. – La prima immagine che vorrei presentare ai miei lettori è l’immagine di Maria Madre di Dio. È la tipica immagine della “Madonna”, forse la più frequente quando si parla di immagini della Vergine. In questi dipinti Maria appare come una Madre, sorridente, con in braccio il suo Figlio Divino. In un dipinto lo tiene in braccio; in altri, lo tiene sulle ginocchia; nel terzo, lo presenta a noi, e i suoi occhi gentili e materni ci guardano incoraggianti: “Uomini! Ecco, il Dio misericordioso non è lontano da voi: è sceso in mezzo a voi, ha posto i suoi tesori nelle mie mani materne ed è pronto a distribuirli in qualsiasi momento…”.

Cosa ci dice, dunque, e cosa ci offre l’immagine della Madre di Dio?

a) Ci parla di parole di incoraggiamento che ci spingono verso Dio;

b) ci infonde le energie provenienti da Dio.

a) Fino al momento in cui Maria ha dato il suo Figlio divino al mondo, l’umanità decaduta e carica di peccati, vagava senza speranza sul cammino dell’esilio. Ma quando apparve la Madre di Dio, al posto del ceppo marcio di Adamo, cominciò a spuntare il germoglio dei nuovi figli di Dio. Questo è ciò che leggiamo negli occhi del Bambino sorridente che Maria tiene tra le braccia. È come se questo dipinto sia stato ispirato anche da SAN PAOLO quando scrisse a Tito: “Dio, nostro salvatore, ha mostrato la sua bontà e il suo amore per l’umanità” (Lettera a Tito III,4). Leggiamo, inoltre, sul volto della Vergine Madre il grande monito: “Uomini, voi sapete che la volontà di Gesù Cristo in ogni cosa si è conformata alla volontà del Padre celeste, tanto da poter dire: “Il mio cibo è fare la volontà di Colui che mi ha mandato” (Gv IV, 34). Ma sapete anche che i miei piani e le mie azioni fossero sempre in accordo con la volontà del mio Figlio Divino. Perciò, ascoltate il grande monito: “Chi vuole seguirmi, deve seguire Cristo, perché chi segue Cristo verrà al Padre celeste”.

b) Ma la Madre di Dio non solo ci incoraggia, ma ci aiuta anche. Non esagera il più eminente savio del Cristianesimo, S. TOMMASO D’AQUINO, quando afferma che la Beata Vergine, pur essendo una creatura, limitata, quindi, come noi, tuttavia, grazie alla sua divina maternità, si trova ad un’altezza che confina con l’infinito. “La Beata Vergine” – scrive testualmente (Sum. Theol. 1a q. 25 art. 6 ad. 4) – in quanto Madre di Dio, ha una dignità infinita, al di sopra della quale non ci può essere niente di meglio, che Dio.”. Certo, sappiamo bene che Dio è Colui che ci ascolta e che è Dio che ci aiuta. Ma sappiamo che Egli ci ascolta e ci aiuta per amore della Beata Vergine Maria, alla quale noi Cattolici diamo giustamente il bellissimo e caratteristico nome di “Onnipotenza supplicante”. Maria è onnipotente, perché può fare tutto; ma è onnipotente solo quando è supplicante; non è Lei che fa tutto, ma il suo Figlio divino, che Ella supplica. Re Salomone non poté resistere alla supplica di sua madre. Come poteva Gesù resistere alla migliore delle Madri? – Conosciamo tutti il bellissimo libro di SANT’AGOSTINO: le sue Confessioni. In questo libro egli scrive, dopo la morte della madre Monica: “Sai, mio Dio, che madre ho perso in lei. Mai una madre ha versato tante lacrime per il suo unico figlio davanti alla sua tomba, come ha fatto ella per la caduta della mia anima. E io, come potrei essere così ingrato da dimenticare una tale madre? No, madre mia, non dimenticherò mai il tuo amore, la tua sollecitudine per me, i tuoi dolori e le tue ansie, il dolore acuto del tuo cuore”. Con tanta gratitudine Sant’Agostino ricorda sua madre Agostino ricorda sua madre Monica! Eppure chi è Monica, rispetto alla Vergine Maria, e chi è Agostino rispetto a Gesù? Per questo motivo imploriamo l’intercessione della Madre di Dio con tanta fiducia filiale; poiché sappiamo che Gesù Cristo, alle nozze di Cana ha compiuto il suo primo miracolo, e commosso dalla supplica di sua Madre, non rifiuta mai le suppliche che Ella gli rivolge. Per questo motivo, queste belle invocazioni: “Conforto degli afflitti…”, “Rifugio dei peccatori…”, “Salute degli infermi…”: prega per noi.

II. MARIA, VERGINE IMMACOLATA.

Un’altra bella immagine di Maria, in cui si dilettano singolarmente grandi artisti, è l’immagine dell’Immacolata.

A) Prima di studiare il dipinto, ritengo necessario chiarire in poche e brevi parole il dogma dell’“Immacolata Concezione di Maria”, che molti intendono nel senso sbagliato. Spesso si sente dire che l’Immacolata Concezione di Maria non sia accettata, cosa che è davvero incredibile. “Io sono un buon Cristiano – dicono alcuni – ma ci sono cose che non possono essere credute. Come è possibile credere all’affermazione che Maria sia nata senza padre, o senza Madre, come è possibile insegnare una cosa del genere? E queste persone scontente spalancano gli occhi per la sorpresa quando sentono che la Religione cattolica non ha mai insegnato una tale assurdità. Perché l’Immacolata Concezione della Vergine Maria non significa che Ella non fosse come gli altri uomini,  che non avesse né padre né madre…; precisamente celebriamo la festa di Sant’Anna, madre di Maria, il 26 luglio, e il 16 agosto, la festa di suo padre, San Gioacchino. L’Immacolata Concezione si riferisce solo all’anima di Maria e afferma che il Signore l’ha esentata dalla legge della colpa originale e non ha permesso, che la sua anima fosse, per amore del suo Divin Figlio Gesù Cristo, oscurata per un solo istante da questa nube di peccato.. L’Immacolata Concezione significa che l’anima di Maria non è stata nemmeno sfiorata dalla macchia originale! Finalmente una creatura che il Padre celeste può guardare con piena soddisfazione, con amore ardente e senza alcun turbamento!

B) Esaminiamo ora l’immagine di questa Vergine concepita senza peccato. In questo tipo di immagine Maria è sull’alto di una dignità inaccessibile. Sotto i suoi piedi c’è il serpente con la testa schiacciata e c’è la terra, con tutta la sua meschinità, tutta la sua polvere e la sua miseria; le mani sono incrociate, gli occhi guardano il cielo, alle serene altezze delle stelle. È come se questa Vergine Immacolata ci dicesse: “Figli miei! quante cose scrivete nei vostri libri! Quali cose insegnate nei vostri teatri e nei vostri cinema! Che quadri appendete nelle vostre mostre! Ma davvero non conoscete la vostra dignità? Dappertutto veleno di serpente, ovunque polvere, sporcizia e fango! La giovane generazione mangia il sudiciume che viene gettate ai porci… Dove arriverete, dove arriverete?…”. Questo è ciò che dice l’immagine dell’Immacolata. Leggiamo le magnifiche parole di San Giovanni: “E apparve un grande prodigio nel cielo, una donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e sul suo capo una corona di dodici stelle.” (Apoc. XII,1). Questo prodigio, questo grande segno nel nostro cielo è la Beata Vergine, la donna nuova. La vecchia donna, Eva, strisciava sulle orme del serpente e ne condivise il destino: si impantanò nel fango…, mangiò e inghiottì la terra. Questa nuova donna veste la propria anima e quella di tutti coloro che ricorrono a Lei. Fino ad oggi abbiamo visto ovunque la bontà al suolo; con le ali di pipistrello, il peccato volava in mezzo a noi e i corpi erano spezzati, le teste chinate, i volti perdevano le fronti rose e le tempie e i templi si sgretolarono. Ma, infine, la Bontà trionfava: Maria. Il mare infinito dice: “Nuota verso il mare!” La vetta innevata dice: “Sali in alto!”. La Vergine Immacolata dice: “Alzati verso di me!”. Se una creatura di carne e sangue, Maria ha potuto raggiungerlo, anch’io. “La mia mente si rivolge completamente a Te; la mia vita è nelle Tue mani. Modellala Tu, plasmala secondo rettitudine, fanne un capolavoro, bello e vero, affinché possa sempre guardare in alto e lodare felicemente il Creatore. – Guardo a lungo e profondamente l’immagine di questa Madre senza macchia, e ne sento gli accenti del “Magnificat” risuonare sulle sue labbra. “L’anima mia Magnifica il Signore“. I grandi artisti mettono tutto il calore della loro anima nelle loro opere, ed è la loro stessa anima che parla nel dipinto, che sorride nella statua, che piange nella musica. Tutta la bellezza, la profondità, l’intensità che Dio Creatore ha posto nella Beata Vergine, ora risuonano in un solo inno dalle labbra della Immacolata! Guardate come la sua anima palpita di gioia, perché vive piena di Dio! Ed è noto che un’anima sappia come esaltarsi, elevarsi, gioire nella stessa misura in cui è piena dei pensieri, dei progetti e della volontà di Dio. E non solo l’anima di Maria, ma anche la nostra, ogni anima umana. Avete gioia nella misura in cui vi avvicinate a Dio…., è quello che ci insegna Maria quando intona il “Magnificat“, è ciò che l’immagine dell’Immacolata Concezione proclama e ci insegna.

III. MARIA, REGINA DEL CIELO.

Infine, ci fermiamo davanti ad un nuovo dipinto, che mostra la Vergine Maria nella gloria del cielo, presso il trono di Dio. È l’immagine di Maria, Regina del cielo. Avete mai meditato, amati lettori, qual forza irradia e quale consolazione irradia l’immagine della Vergine trionfante e vittoriosa?

A) Quanto è arida, fredda, tempestosa e senza scopo la vita di tanti uomini oggi! Perché vivo? Che scopo può avere che io continui ad affossare i giorni, uno dopo l’altro, nel silenzio di una completa ignoranza? -Tanti si lamentano. Quanto è proficuo per loro, in questi momenti, ricordare Maria! Una vita trascorsa in un villaggio sconosciuto in un paese lontano; una vita che, a quanto pare, consisteva anche in una serie di giorni grigi, ma che, in realtà, aveva un tale valore agli occhi dell’Onnipotente, che le affidò la missione più importante del mondo, la più grande ed onorevole che possa essere affidata ad una creatura; una vita che sembrava silenziosa e insignificante, eppure si è conclusa nella felicità eterna del Regno di Dio. È possibile che anche la mia vita sia così, una vita silenziosa, insignificante, di cui i biografi non si ricorderanno, né tanto meno vi dedicheranno grossi volumi. “Memoria eterna”? Parola umana orgogliosa, come se potessimo perpetuare la memoria di qualcosa! Sì, signore, il ricordo della mia vita, trascorsa nell’amore e nel servizio di Dio, silenziosa e umile come è stata, sarà ricordata per l’eternità; sarà raccolta da Gesù Cristo, dalle cui labbra usciranno queste parole, nell’ultimo giorno: “Venite, benedetti del Padre mio! e prendete possesso del Regno, che è stato preparato per voi fin dal principio” (Mt XXV, 34). La vita silenziosa e nascosta della Vergine Maria, che tuttavia è arrivata ad avere un significato che orienta e plasma la storia e la sua incoronazione a Regina del Cielo, ci insegna che lo sguardo del Padre celeste si posa e diffonde benedizioni anche sulle piccole case sconosciute, se nell’anima dei loro abitanti la fiamma dell’amore divino arde nelle loro anime.

B) Dio fin dall’inizio aveva i suoi disegni non solo per la Vergine Maria, ma anche nei confronti di ogni uomo, anche nei miei confronti; ma dipende da noi sapere o non saper conoscere o non conoscere questi disegni divini, e noi dobbiamo essere pronti a collaborare per realizzarli. È stato così anche per Maria. Per prima cosa, l’Angelo si presenta a Lei e le comunica i piani di Dio: “Maria, non temere, perché hai trovato grazia agli occhi di Dio. Concepirai nel tuo grembo e partorirai un figlio e lo chiamerai Gesù.” (Lc. 1,30-31).. Ora tutto dipende da Maria. Che cosa dirà: “sì” o “no”? Offrirà la sua collaborazione ai piani di Dio, oppure se ne asterrà? La risposta di Maria è affermativa: “Ecco, io sono la serva del Signore, avvenga per me secondo la tua parola” (Lc. 1,38). Sapete cosa contengono queste semplici parole? L’offerta completa di Maria alla volontà divina, che le era stata rivelata. “Signore, da oggi in poi non vivrò più la mia vita, ma mi dedicherò completamente al al compimento della tua, Signore, compi la tua santissima volontà in me”. Che lezione, che direzione, che impulso per la nostra vita! Conoscere la volontà di Dio e donarsi alla sua volontà e abbandonarsi incondizionatamente ai suoi santi progetti! Che bella devozione delle anime veramente cristiane che pregano l'”Angelus” nella loro preghiera mattutina, e applicano a se stessi queste umili parole di Maria: “”Ecco la serva del Signore, sia fatto di me secondo la tua parola”, e a loro volta dicono: “Ecco, Signore, il tuo figlio fedele. Sia fatta in me, Signore, la tua santissima volontà”. È una bella pratica chiedersi spesso durante la giornata questa domanda: “Quello che dico, quello che leggo, quello che faccio, quello che faccio o non faccio, è secondo la volontà di Dio? Se questa è la volontà di Dio, non devo io essere mite, dolce, gentile, disciplinata? Sì, questa è la volontà di Dio. Che io riconduca al Signore quel conoscente già sull’orlo del precipizio… Sì, questa è la volontà di Dio. Che in mezzo alle tentazioni io non vacilli, che la malattia non mi spezzi, che io non mi lamenti delle lacrime che devo versare… Sì, questa è volontà di Dio. Se vado a vedere quel film emozionante, provocante; se sfoglio una rivista così frivola…  Signore, anche questa è la tua volontà? Se entro in quel luogo sospettoso… Signore, è anche questa la tua volontà? Se non è così…, allora non lo farò. Sia fatta in me la tua santissima volontà, o Signore! Queste sono le magnifiche lezioni della Regina del cielo seduta sul suo trono di gloria.

* * *

Chiudo questo capitolo, in cui mi ero proposto di studiare le immagini di Maria; ma so benissimo che alcuni dei miei lettori vorrebbero richiamare la mia attenzione su un punto. Non puoi ancora finirlo – mi dicono in silenzio – non hai ancora affrontato un’immagine di Maria, la più umana, quella che forse è più vicina a noi, quella che ci consola di più: non hai ancora affrontato la Madre Addolorata”. In realtà, non ho parlato di Lei. Ma non l’ho fatto per il semplice motivo che desidero trattare di Lei in modo più dettagliato nel prossimo capitolo che dedicherò interamente alla Madre Addolorata. Abbiamo molte statue di epoca  pre-cristiana; ma nessuna di esse è così commovente come il noto gruppo di LAOCOONTE. È un capolavoro, di incomparabile valore. Rappresenta un padre con i suoi due figli; un serpente gigantesco si avvolge intorno alle tre figure e le uccide tutte e tre con il suo abbraccio mortale, i loro volti sfigurati riflettono dolore e disperazione. Osservate il dolore e la schiavitù dell’umanità, che prima della Redenzione gemeva impotente sotto il peso del peccato originale. Ma nelle nostre chiese c’è un’altra statua: la statua di una Donna bellissima, dallo sguardo dolce. Intorno al suo capo c’è una corona di dodici stelle, sotto i suoi piedi – non avvolto a Lei in un abbraccio mortale, ma schiacciato – giace il serpente. Ho la grande gioia, la gioiosa libertà degli uomini redenti. Prima di vivere sulla terra questa Donna benedetta, l’uomo era prigioniero. Ma da Maria abbiamo ricevuto il dono più grande, il Redentore del mondo. E per questo motivo i pennelli degli artisti più rinomati le rendono omaggio. E per questo milioni e milioni di fedeli pregano con fervore la Santa Vergine. Madre nostra, Madre di Dio, mostraci il frutto del tuo grembo affinché possiamo essere sempre figli fedeli di Gesù Cristo. Madre nostra, piena di grazia, prega per noi, affinché possiamo custodire e conservare la grazia di Dio. Madre nostra, che hai schiacciato la testa del serpente infernale, prega per noi, affinché possiamo essere puri di cuore. E insegnaci a vincere il serpente. Madre nostra, Regina del cielo, aiutaci a passare questa vita in modo tale che, alla fine di questa vita, anche noi possiamo raggiungere il regno eterno del tuo Figlio divino.

LA VERGINE MARIA (8)

TUTTO IL DENZINGER SENTENZA PER SENTENZA DAGLI APOSTOLI A PIO XII (21): “da EUGENIO IV a CALLISTO III”

TUTTO IL DENZINGER SENTENZA PER SENTENZA DAGLI APOSTOLI A S.S. PIO XII (21)

HENRICUS DENZINGER

ET QUID FUNDITUS RETRACTAVIT AUXIT ORNAVIT

ADOLFUS SCHÖNMATZER S. J.

ENCHIRIDION SYMBOLORUM DEFINITIONUM ET DECLARATIONUM

De rebus fidei et morum

HERDER – ROMÆ – MCMLXXVI

Imprim.: Barcelona, José M. Guix, obispo auxiliar

(da Eugenio IV a Callisto III)

EUGENIO IV: 3 marzo 1431-23 febbraio 1447.

CONCILIO DI FIRENZE (17° ecumenico) 26 febbraio 1439-agosto (?) 1445

Bolla sull’unione con i Greci, “Laetentur cæli“, 6 luglio 1439.

Decreto per i Greci.

1300. (La processione dello Spirito Santo. ) Pertanto, in nome della Santa Trinità, del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, con l’approvazione di questo santo Concilio universale di Firenze, definiamo questa verità di fede affinché sia creduta e accolta da tutti i Cristiani, e affinché tutti la professino: Che lo Spirito Santo è eternamente del Padre e del Figlio, e che deriva la sua Essenza e il suo Essere sussistente dal Padre e dal Figlio allo stesso tempo, e che procede eternamente da entrambi come da un unico principio e da un unico spirito (cfr. 2° Concilio di Lione 850).

1301. Dichiarando che ciò che dicono i santi dottori e Padri, cioè che lo Spirito Santo procede dal Padre attraverso il Figlio, tende a questa concezione, cioè che anche il Figlio è, secondo i Greci, la causa, secondo i Latini il principio della sussistenza dello Spirito Santo, oltre che del Padre. E poiché tutto ciò che è del Padre, il Padre stesso lo ha dato al suo Figlio unigenito generandolo, tranne il fatto di essere Padre, questa stessa cosa che lo Spirito Santo procede dal Figlio, il Figlio stesso la detiene eternamente dal Padre dal quale è stato anche eternamente generato.

1302. Definiamo inoltre la spiegazione contenuta in queste parole “… e del Figlio” come aggiunta al simbolo in modo lecito e ragionevole per far luce sulla verità, e per una necessità allora impellente.

1303. Allo stesso modo, nel pane di frumento, sia azzimo che fermentato, si forma veramente il Corpo di Cristo, e i Sacerdoti devono formare il Corpo stesso del Signore nell’uno o nell’altro pane, cioè secondo l’uso della sua Chiesa, sia occidentale che orientale.

1304. (La sorte dei defunti). Allo stesso modo, se coloro che sono veramente pentiti muoiono nell’amore di Dio, prima di aver riparato con frutti degni del loro pentimento le colpe commesse con azioni od omissioni, le loro anime sono purificate dopo la loro morte dalle pene purgatoriali, e affinché siano sollevati da pene di questo tipo, sono utili i suffragi dei fedeli viventi, vale a dire offerte di Messe, preghiere ed elemosine, e altre opere di pietà che sono ordinariamente compiute dai fedeli per altri fedeli, secondo le prescrizioni della Chiesa.

1305. Le anime di coloro che, dopo aver ricevuto il Battesimo, non si sono macchiati di alcun peccato e quelle che, dopo essersi macchiate di peccato, sia nel corpo sia dopo essere state spogliate del corpo, siano state purificate come è stato detto sopra, sono immediatamente accolte in cielo e contemplano chiaramente il Dio uno e trino, così come è; ma alcune più perfettamente di altre, secondo la diversità dei loro meriti.

1306. Quanto alle anime di coloro che scompaiono in stato di peccato mortale o solo originale, esse scendono immediatamente all’inferno, per esservi punite, però, con pene diseguali 856-858.

1307. (Il rango delle Sedi patriarcali; il Primato romano). Allo stesso modo definiamo che la Santa Sede Apostolica e il Romano Pontefice detengano il primato su tutto l’universo e che il Romano Pontefice è il successore del beato Pietro, Principe degli Apostoli, e il vero Vicario di Cristo, capo di tutta la Chiesa, padre e maestro di tutti i Cristiani, e che a lui è stato trasmesso da nostro Signore Gesù Cristo, nel beato Pietro, il pieno potere di pascere, dirigere e governare la Chiesa universale, come è contenuto negli atti dei Concili ecumenici e nei sacri Canoni.

1308. Rinnoviamo inoltre l’ordine attestato dai canoni per gli altri venerabili Patriarchi, in modo che il patriarca di Costantinopoli sia il secondo dopo il santissimo Pontefice Romano, il Patriarca di Alessandria il terzo, il Patriarca di Antiochia il quarto e il Patriarca di Gerusalemme il quinto, restando naturalmente intatti tutti i loro privilegi e diritti.

Decreto “Moyses vir Dei” contro il Concilio di Basilea, 4 settembre 1439.

La dipendenza del Concilio generale dal Papa.

1309. (I membri del Concilio di Basilea)… hanno pubblicato tre proposizioni che chiamano verità di fede, dichiarando eretici noi e tutti i principi, i prelati e gli altri fedeli devoti alla Sede Apostolica, e che sono parola per parola le seguenti: La verità sul potere del Concilio generale che rappresenta la Chiesa universale, dichiarato superiore a quello del Papa e di qualsiasi altro dai Concili generali di Costanza e attualmente di Basilea, è una verità di fede cattolica. È una verità di fede cattolica che il Papa non possa in alcun modo, di sua autorità, sciogliere un Concilio generale che rappresenti la Chiesa universale legittimamente riunito su una qualsiasi delle questioni esposte nella precedente verità, né può rinviarlo ad altra data, né trasferirlo in altro luogo, senza il consenso di quel Concilio. Chiunque si opponga ostinatamente alle suddette verità è da considerarsi eretico. (Condanna:)… le stesse proposizioni sopra ricopiate secondo la perversa interpretazione di questi basilesi, che mostrano essere contraria alla sana intenzione della Sacra Scrittura, dei Santi Padri e dello stesso Concilio di Costanza, senza dimenticare la suddetta cosiddetta sentenza di dichiarazione o privazione con tutto ciò che ne è seguito e ne potrà seguire in futuro, in quanto empia e scandalosa, nonché tendente ad una manifesta scissione nella Chiesa di Dio e alla confusione dell’intero ordine ecclesiastico e del principato cristiano.

Bolla sull’unione con gli Armeni, “Exsultate Deo”, 22 novembre 1439.

Decreto per gli Armeni.

(Si citano prima: 1 – la professione di Costantinopoli, con l’inserimento del “Filioque” 150 2 – la definizione del Concilio di Calcedonia sulle due nature in Cristo 301-303 3 – la definizione del Concilio sui due testamenti di Cristo 557 4 – il decreto sull’autorità del Concilio di Calcedonia e di Leone Magno)

1310. Nel quinto luogo abbiamo riassunto la verità dei Sacramenti della Chiesa, per una più facile istruzione degli Armeni presenti e futuri, nella seguente brevissima formula: i Sacramenti della nuova Legge sono sette, cioè il Battesimo, la Cresima, l’Eucaristia, la Penitenza, l’Estrema unzione, l’Ordine e il Matrimonio, che differiscono molto dai sacramenti dell’antica Legge. Questi non erano la causa della grazia, ma solo la figura della grazia che doveva essere data dalla Passione di Cristo. I nostri, invece, contengono la grazia e la conferiscono a chi li riceve come si deve.

1311. I primi cinque sono stati ordinati per la perfezione spirituale di ogni uomo in se stesso, gli ultimi due per la guida e la moltiplicazione di tutta la Chiesa. Infatti, con il Battesimo rinasciamo spiritualmente; con la Confermazione cresciamo nella grazia e siamo rafforzati dalla fede. Rinati e rafforzati, siamo nutriti dal cibo della divina Eucaristia. E se, a causa del peccato, cadiamo in una malattia dell’anima, siamo guariti spiritualmente con la penitenza. Spiritualmente e corporalmente, come si addice all’anima, con l’Estrema Unzione. Ma con l’Ordine la Chiesa è governata e moltiplicata spiritualmente, con il Matrimonio è accresciuta corporalmente.

1312. Tutti questi Sacramenti sono realizzati da tre componenti: le cose che sono come la materia, le parole che sono come la forma e la persona del ministro che conferisce il Sacramento con l’intenzione di fare ciò che fa la Chiesa. Se manca uno di questi elementi, il Sacramento non si compie.

1313. Tra questi sacramenti ce ne sono tre, il Battesimo, la Cresima e l’Ordine, che imprimono nell’anima un carattere, cioè un certo segno spirituale che lo distingue da tutti gli altri, in modo indelebile. Per questo non si ripetono nella stessa persona. Gli altri quattro non imprimono un carattere e possono essere ripetuti.

1314. Il primo posto di tutti i Sacramenti è occupato dal Santo Battesimo, che è la porta d’ingresso alla vita spirituale; con esso diventiamo membri di Cristo e del corpo della Chiesa. E poiché attraverso il primo uomo la morte è entrata in tutti (Rm 5,12), se non rinasciamo dall’acqua e dallo spirito non possiamo, come dice la Verità, entrare nel Regno dei cieli (Gv 3,5). La materia di questo Sacramento è l’acqua vera e naturale, e non importa se è fredda o calda. La sua forma è: “Io vi battezzo nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo”. – Tuttavia non neghiamo che con le parole: “Sia battezzato il tale e talaltro servo di Cristo nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo”, oppure: “Per le mie mani sia battezzato il tale e talaltro nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo”, si compia un vero battesimo. Poiché la causa principale da cui il Battesimo trae la sua virtù è la Santissima Trinità, la causa strumentale il ministro che dà il Sacramento esterno; se l’atto che viene compiuto da questo ministro è espresso con l’invocazione della Santissima Trinità, il Sacramento è compiuto.

1315. Il ministro di questo Sacramento è il Sacerdote, che in virtù del suo ufficio è responsabile del Battesimo; ma in caso di necessità non solo un Sacerdote o un diacono, ma anche un laico o una donna, tanto più un pagano e un eretico, possono battezzare, purché rispettino la forma della Chiesa e intendano fare ciò che la Chiesa fa.

1316. L’effetto di questo Sacramento è la remissione di ogni colpa originale e presente, e di ogni pena dovuta per tale colpa; di conseguenza non si deve fare alcuna riparazione ai battezzati per i loro peccati passati, ma se muoiono prima di aver commesso qualsiasi colpa, ottengono subito il regno dei cieli e la visione di Dio.

1317. Il secondo Sacramento è la Cresima, la cui materia è il crisma fatto di olio, che significa la luce di coscienza, e balsamo, che significa odore di buona reputazione, benedetto dal Vescovo. La forma è “Ti segno con il segno della croce e ti confermo con il crisma della salvezza nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo”. “

1318. Il suo ministro ordinario è il Vescovo. E mentre il semplice Sacerdote può impartire tutte le unzioni, solo il Vescovo deve conferire questa, perché solo degli Apostoli, di cui i Vescovi ricoprono il ruolo, leggiamo che hanno conferito lo Spirito Santo con l’imposizione della mano, come dimostra la lettura degli Atti degli Apostoli. Infatti, poiché gli Apostoli, si dice, che erano a Gerusalemme, udirono che la Samaria aveva ricevuto la parola di Dio, mandarono da loro Pietro e Giovanni, i quali, arrivati, pregarono perché ricevessero lo Spirito Santo; poiché non era ancora entrato in nessuno di loro, ma erano stati battezzati solo nel Nome del Signore Gesù, imposero loro le mani e ricevettero lo Spirito Santo” (Atti 8:14-17). Invece di questa imposizione delle mani, nella Chiesa si dà la cresima. Tuttavia, a volte si legge che per dispensa della Sede Apostolica, per un motivo ragionevole e abbastanza urgente, un semplice Sacerdote con il crisma fatto dal Vescovo, amministrava il Sacramento della confermazione.

1319. L’effetto di questo Sacramento è che, poiché in esso viene dato lo Spirito Santo per la forza, come fu dato agli Apostoli nel giorno di Pentecoste, il cristiano certamente confessa con coraggio il Nome di Cristo. Perciò colui che deve essere cresimato viene unto sulla fronte, dove si trova la sede del pudore, affinché non si vergogni di confessare il Nome di Cristo e soprattutto la sua croce, che è “scandalo per i Giudei, ma stoltezza per i Gentili” (1 Cor 1, 23) secondo l’Apostolo, e per questo la sua fronte viene segnata con il segno della croce.

1320. Il terzo Sacramento è l’Eucaristia, la cui sostanza è il pane di grano e il vino di vite, a cui va mescolata un po’ d’acqua prima della consacrazione. L’acqua viene mescolata ad esso per il motivo che, secondo le testimonianze dei santi Padri e Dottori della Chiesa recentemente presentate nella discussione, si ritiene che il Signore stesso abbia istituito questo Sacramento per mezzo del vino mescolato all’acqua. Inoltre, perché è adatto alla rappresentazione della Passione del Signore. Il Beato Papa Alessandro, quinto del Beato Pietro, dice infatti: “Nelle offerte dei Sacramenti che nelle solennità delle Messe si offrono al Signore, si offrano in sacrificio solo pane e vino mescolati con acqua. Infatti nel calice del Signore non si deve offrire solo vino o solo acqua, ma una mistura di entrambi, perché entrambi, cioè il sangue e l’acqua, sgorgarono dal costato di Cristo”, dice (Gv XIX,34). E anche perché è appropriato per significare l’effetto di questo Sacramento, che è l’unione del popolo cristiano con Cristo. L’acqua infatti significa il popolo secondo questo passo dell’Apocalisse: molte acque, molti popoli, (Ap XVII, 15). – E papa Giulio, il secondo dopo il beato Silvestro, dice: “Il calice del Signore, secondo la prescrizione dei canoni, deve essere offerto mescolato con vino e acqua, perché vediamo che con l’acqua si intende il popolo e con il vino il sangue del Signore; perciò quando nel calice si mescolano vino e acqua, il popolo è unito a Cristo e la folla dei fedeli è attaccata e unita a Colui nel quale credono”. Pertanto, poiché la santa Chiesa romana, istruita dai beatissimi Apostoli Pietro e Paolo, così come tutte le altre Chiese dei Latini e dei Greci, in cui le luci di conoscenza, hanno rispettato questa usanza fin dall’inizio della Chiesa nascente e lo fanno oggi, sembra del tutto improprio che qualsiasi altra regione non sia d’accordo con questa osservanza universale e ragionevole. Decretiamo quindi che anche gli Armeni si conformino a tutto il mondo cristiano e che i loro Sacerdoti, al momento dell’offerta del calice, mescolino al vino un po’ d’acqua, come è stato detto.

1321. – La forma di questo Sacramento è costituita dalle parole del Salvatore per le quali Egli compì questo Sacramento. Infatti il Sacerdote compie questo Sacramento parlando in persona di Cristo. Infatti, in virtù di queste parole, la sostanza del pane si trasforma nel corpo di Cristo e quella del vino nel suo sangue, così che Cristo è contenuto interamente sotto l’aspetto del pane e interamente sotto l’aspetto del vino. Anche sotto qualsiasi parte dell’ostia consacrata e del vino consacrato, una volta effettuata la separazione, Cristo è intero.

1322. L’effetto di questo Sacramento, che opera nell’anima di chi lo riceve degnamente, è l’unione dell’uomo con Cristo. E poiché per grazia l’uomo è incorporato a Cristo e unito alle sue membra, ne consegue che per mezzo di questo Sacramento la grazia è accresciuta in coloro che lo ricevono degnamente, e tutto l’effetto che il cibo e la bevanda materiali producono nei confronti della vita corporea, sostenendola, accrescendola, riparandola e dilettandola, questo Sacramento opera nei confronti della vita spirituale, poiché per mezzo di esso, come dice Papa Urbano (IV;) (cf. 846), riproduciamo nella nostra mente il ricordo pieno di grazia del nostro Salvatore, ci allontaniamo dal male, ci rafforziamo nel bene e progrediamo verso virtù e grazie maggiori.

1323. Il quarto Sacramento è la Penitenza, la cui materia è costituita dagli atti penitenziali, che si dividono in tre tipi: il primo è la contrizione del cuore, a cui è legato il dolore del peccato commesso con il proposito di non peccare più. La seconda è la confessione della bocca, per la quale è importante che il peccatore confessi per intero al suo Sacerdote tutti i peccati che ricorda. La terza è la riparazione dei peccati secondo il giudizio del Sacerdote; si fa soprattutto con la preghiera, il digiuno e l’elemosina. La forma di questo Sacramento è costituita dalle parole di assoluzione pronunciate dal Sacerdote quando dice: “Ti assolvo”. Il ministro di questo Sacramento è il Sacerdote che ha l’autorità di assolvere ordinariamente o per delega di un superiore. L’effetto di questo Sacramento è l’assoluzione dei peccati.

1324. Il quinto Sacramento è l’Estrema Unzione, la cui sostanza è l’olio d’oliva benedetto dal Vescovo. Questo Sacramento deve essere dato solo ad un malato di cui si teme la morte; deve essere unto in questi punti: sugli occhi per la vista, sulle orecchie per l’udito, sulle narici per l’olfatto, sulla bocca per il gusto e la parola, sulle mani per il tatto, sui piedi per la deambulazione e sui lombi per il piacere che vi ha vigore. La forma di questo Sacramento è la seguente: “Per questa unzione e per la sua misericordia, il Signore ti perdoni tutte le colpe che hai commesso con la vista” e così per tutti gli altri organi.

1325. Il ministro di questo Sacramento è il Sacerdote. Quanto al suo effetto, è la guarigione dello spirito e, nella misura in cui è utile all’anima, anche del corpo. Di questo Sacramento il beato Apostolo Giacomo dice: “Se qualcuno di voi è malato, mandi a chiamare i Sacerdoti della Chiesa perché preghino su di lui, ungendolo con olio nel Nome del Signore; la preghiera della fede salverà il malato e il Signore lo risusciterà e, se ha dei peccati, gli saranno perdonati” (Giacomo V:14).

1326. Il sesto è il Sacramento dell’Ordine, la cui materia è quella con cui l’Ordine viene conferito. Per esempio, il sacerdozio viene trasmesso con l’atto di tenere il calice con il vino e la patena con il pane. Il diaconato con la consegna del libro dei Vangeli e il suddiaconato con la consegna del calice vuoto con la patena vuota posta sopra. E allo stesso modo degli altri con l’assegnazione degli oggetti relativi ai loro ministeri. La forma del Sacerdozio è: “Ricevi il potere di offrire il Sacrificio nella Chiesa per i vivi e per i morti, nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo”. “E così le forme degli altri Ordini, come sono ampiamente contenute nel Pontificale Romano. Il ministro ordinario di questo Sacramento è il Vescovo. Il suo effetto è l’aumento della grazia, affinché si possa essere un ministro qualificato di Cristo.

1327. Il settimo è il Sacramento del Matrimonio, che è il segno dell’unione di Cristo e della Chiesa, secondo l’Apostolo che dice: “Questo è un grande sacramento, ve lo dico io, in Cristo e nella Chiesa” (Ef V,32). La causa efficiente del Matrimonio è regolarmente il mutuo consenso espresso oralmente con le parole. Al Matrimonio è assegnato un triplice bene. Il primo è quello di avere figli e di educarli al culto di Dio. Il secondo è la fedeltà che ogni coniuge deve mantenere nei confronti dell’altro. Il terzo è l’indivisibilità del matrimonio, perché significa l’unione indivisibile di Cristo e della Chiesa. E sebbene sia lecito separarsi dal letto a causa della fornicazione, non è permesso contrarre un altro matrimonio, poiché il vincolo del Matrimonio legittimamente contratto è perpetuo.

(Seguono: 6 – la professione di fede detta di Atanasio; 7 – il decreto di unione con i Greci; 8 – un decreto che prescrive che alcune feste siano celebrate in comune con la Chiesa romana; poi tutto finisce così)

1328. Dopo aver spiegato questi punti, i suddetti oratori degli Armeni, a nome proprio e del loro Patriarca e di tutti gli Armeni, accettano, riconoscono e abbracciano con piena devozione e obbedienza questo salutarissimo decreto sinodale con tutti i suoi capitoli, le dichiarazioni, le definizioni, gli insegnamenti, le prescrizioni e gli statuti, e tutta la dottrina registrata in questo decreto, così come tutto ciò che è sostenuto e insegnato dalla Santa Sede Apostolica e dalla Chiesa Romana. Riconoscono inoltre con rispetto i Dottori ed i Santi Padri approvati dalla Chiesa romana. E tutte le persone e le cose che la Chiesa romana rimprovera e condanna, le ritengono anch’esse rimproverate e condannate.

Bolla sull’unione con i Copti e gli Etiopi, “Cantate Domino“, 4 febbraio 1442 (1441 secondo il computo di Firenze).

Decreto per i giacobiti.

1330. La santissima Chiesa romana, fondata dalla voce del nostro Signore e Salvatore, crede, professa e predica fermamente un solo vero Dio, onnipotente, immutabile ed eterno; il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo; uno in essenza, tre in Persone, il Padre non generato, il Figlio generato dal Padre, lo Spirito Santo che procede dal Padre e dal Figlio; il Padre non è il Figlio o lo Spirito Santo, lo Spirito Santo non è il Padre o il Figlio, ma il Padre è solo il Padre, il Figlio è solo il Figlio, lo Spirito Santo è solo lo Spirito Santo. Solo il Padre ha generato il Figlio dalla sua sostanza. Solo il Figlio è nato dal Padre. Solo lo Spirito Santo procede dal Padre e dal Figlio. Queste tre Persone sono un solo Dio, non tre dèi, perché delle tre una è la sostanza, una l’Essenza, una la natura, una la divinità, una l’infinità, una l’eternità, e tutte le cose sono una, dove non c’è opposizione di relazione.

1331. “In virtù di questa unità, il Padre è tutto nel Figlio, tutto nello Spirito Santo, il Figlio è tutto nel Padre, tutto nello Spirito Santo, lo Spirito Santo è tutto nel Padre, tutto nel Figlio. Nessuno di loro precede l’altro nell’eternità o lo supera in grandezza o lo supera in potenza. Perché eternamente e senza inizio il Figlio è nato dal Padre, ed eternamente e senza inizio lo Spirito Santo procede dal Padre e dal Figlio”. Tutto ciò che il Padre è o ha, non lo ha da un altro, ma da se stesso, ed è Principio senza principio. Tutto ciò che il Figlio è o ha, lo ha dal Padre ed è principio da principio. Tutto ciò che lo Spirito Santo è o ha, lo ha dal Padre e dal Figlio. Ma il Padre e il Figlio non sono due principi dello Spirito Santo, bensì un unico Principio, così come il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo non sono tre principi della creatura, bensì un unico Principio.

1332. Perciò tutti coloro che pensano cose opposte o contrarie, la Chiesa condanna, rimprovera, anatemizza e denuncia come estranei al corpo di Cristo che è la Chiesa. Di conseguenza condanna Sabellius che confonde le Sersone e toglie completamente la vera distinzione tra di esse, condanna gli ariani, gli eunomiani, i macedoniani che dicono che il Padre è l’unico vero Dio e pongono il Figlio e lo Spirito Santo tra le creature. Condanna anche tutti gli altri che stabiliscono gradi o disuguaglianze nella Trinità.

1333. Crede, professa e predica fermamente che il vero Dio, Padre, Figlio e Spirito Santo, è il Creatore di tutte le cose visibili e invisibili, il quale, quando volle, creò con la bontà tutte le creature, sia spirituali che corporee, buone sì, perché fatte dal sovrano Bene, ma mutevoli, perché fatte dal nulla, e afferma che il male non è di natura, perché tutta la natura, in quanto natura, è buona.

1334. Essa professa che un solo e medesimo Dio è l’autore dell’Antico e del Nuovo Testamento, cioè della Legge e dei Profeti e dei Vangeli, poiché fu per ispirazione dello stesso Spirito Santo che parlarono i Santi di entrambi i Testamenti, i cui libri la Chiesa riconosce e venera con i seguenti titoli.

1335. Cinque di Mosè, cioè: Genesi, Esodo, Levitico, Numeri, Deuteronomio; Giosuè, Giudici, Rut, quattro libri dei Re, due dei Paralipomeni, Esdra, Neemia, Tobito, Giuditta, Ester, Giobbe, Salmi di Davide, Parabole, Ecclesiaste, Cantici di Salomone, Sapienza, Ecclesiastico, Isaia, Geremia, Baruc, Ezechiele, Daniele, i dodici Profeti minori, cioè Osea, Gioele, Amedeo, Amedeo, Geremia e Daniele: Osea, Gioele, Amos, Abdia, Giona, Michea, Nahum, Abacuc, Sofonia, Aggeo, Zaccaria, Malachia, i due libri dei Maccabei, i quattro Vangeli di Matteo, Marco, Luca, Giovanni; le quattordici Epistole di Paolo, ai Romani, le due ai Corinzi, ai Galati, agli Efesini, ai Filippesi, le due ai Tessalonicesi, ai Colossesi, le due a Timoteo e Tito, a Filemone, agli Ebrei; due di Pietro; tre di Giovanni; una di Giacomo; una di Giuda; gli Atti degli Apostoli e l’Apocalisse di Giovanni.

1336. Perciò anatemizza la follia dei manichei, che hanno stabilito due principi primi, uno delle cose visibili e l’altro delle cose invisibili, e hanno detto che c’è un Dio del Nuovo Testamento e un altro dell’Antico.

1337. Essa crede, professa e predica fermamente che una sola Persona della Trinità, vero Dio, Figlio di Dio nato dal Padre, consustanziale e coeterno con il Padre, nella pienezza dei tempi disposti dall’imperscrutabile profondità del disegno divino, assunse per la salvezza del genere umano nel grembo immacolato della Vergine Maria la vera e intera natura di uomo e la unì a Sé nell’unità di una Persona con un’unità così profonda che tutto ciò che in Lui è di Dio non è separato dall’uomo, e tutto ciò che è dell’uomo non è diviso dalla divinità, ma è una cosa sola e indivisibile, ciascuna delle due nature sussistendo nelle sue proprietà, Dio e uomo, Figlio di Dio e Figlio dell’uomo uguale al Padre secondo la divinità, inferiore al Padre secondo la sua umanità” (Professione di fede dello Pseudo-Atanasio: Simbolo. ” Quicumque”, dice Atanasio. immortale ed eterno per la natura della Divinità, passibile e temporale per la condizione dell’umanità assunta.

1338. Crede, professa e predica fermamente che il Figlio di Dio nell’umanità assunta è veramente nato dalla Vergine, ha veramente sofferto, è veramente morto e sepolto, è veramente risorto, è asceso al cielo, siede alla destra del Padre e verrà alla fine dei secoli per giudicare i vivi e i morti.

1339. Anatemizza, esecra e condanna tutte le eresie che sostengano tesi contrarie. In primo luogo condanna Ebio, Cerinto, Marcione, Paolo di Samosata, Fotino e tutti coloro che similmente bestemmiano, i quali, non riuscendo a comprendere l’unione personale dell’umanità con il Verbo Gesù Cristo, nostro Signore, hanno negato che Egli fosse vero Dio, riconoscendolo solo come un uomo che, per una maggiore partecipazione alla grazia divina che aveva ricevuto per merito della sua vita più santa, si era definito un uomo divino.

1340. Anatemizza anche Mani e i suoi seguaci, i quali, immaginando che il Figlio di Dio avesse assunto non un vero corpo ma uno apparente, sopprimevano del tutto la verità in Cristo.

1341. E anche Valentino, il quale sostiene che il Figlio di Dio non ha preso nulla dalla Vergine Madre, ma ha assunto un corpo celeste ed è passato attraverso il grembo della Vergine come l’acqua passa attraverso un acquedotto.

1342. Anche Ario, il quale, sostenendo che il corpo assunto dalla Vergine era privo di anima, avrebbe voluto che al posto dell’anima ci fosse stata la divinità.

1343. Ancora Apollinare, il quale, comprendendo che se si negava un’anima che informa il corpo, non c’era nemmeno una vera umanità in Cristo, poneva solo un’anima sensibile, ma diceva che la divinità del Verbo prendeva il posto di un’anima razionale.

1344. Anatemizza anche Teodoro di Mopsuestis e Nestorio, i quali sostengono che l’umanità sia stata unita al Figlio di Dio per grazia, e che per questo ci sono due persone in Cristo, così come professano che ci sono due nature, poiché non riuscivano a capire che c’era un’unione ipostatica dell’umanità con il Verbo, e per questo negavano che essa ricevesse la sostanza del Verbo. Infatti, secondo questa bestemmia, non fu il Verbo a farsi carne, ma il Verbo per grazia abitò nella carne, cioè non fu il Figlio di Dio a farsi uomo, ma fu il Figlio di Dio ad abitare nell’uomo.

1345. Anatemizza, esecra e condanna anche l’archimandrita Eutyches, il quale, comprendendo che secondo la bestemmia di Nestorio, la verità dell’Incarnazione sia esclusa, e che di conseguenza sia necessario che l’umanità sia stata unita al Verbo di Dio in modo tale che vi sia una sola e medesima Persona di divinità e umanità, e inoltre non potendo concepire l’unità della Persona se rimanesse la pluralità delle nature, come ha postulato che in Cristo c’è una sola persona della Divinità e dell’umanità, così ha postulato che in Cristo c’è una sola Persona della Divinità e dell’umanità. – Così come ha affermato che in Cristo c’è una sola Persona della Divinità e dell’umanità, ha anche sostenuto che c’è una sola natura, ammettendo con estrema blasfemia ed empietà sia che l’umanità sia stata mutata in Divinità, sia che la Divinità sia stata mutata in umanità.

1346. La Chiesa anatematizza, esecra e condanna anche Macario di Antiochia e tutti coloro che professano tesi simili, i quali, pur sostenendo con verità la dualità delle nature e l’unità della Persona, hanno tuttavia errato smodatamente riguardo alle operazioni di Cristo, dicendo che in Cristo le due nature non avevano che una sola operazione e una sola volontà. La sacra Chiesa romana anatemizza tutti questi uomini con le loro eresie, affermando che in Cristo ci sono due volontà e due operazioni.

1347. Essa crede, professa e insegna fermamente che nessuno concepito da un uomo e da una donna sia mai stato liberato dal dominio del diavolo, se non per fede nel Signore nostro Gesù Cristo, mediatore tra Dio e gli uomini, (1 Tm II,5), il quale, concepito, nato e morto senza peccato, solo con la sua morte ha abbattuto il nemico del genere umano, ha distrutto i nostri peccati e ci ha riaperto l’ingresso al regno celeste, che il primo uomo ha perso con il proprio peccato insieme a tutta la sua discendenza, e la cui futura venuta è stata annunciata da tutti i sacrifici, i sacramenti e le cerimonie dell’Antico Testamento.

1348. Crede, professa e insegna fermamente che le prescrizioni legali dell’Antico Testamento, che si dividono in cerimonie, sacrifici sacri e sacramenti, in quanto istituite per significare qualcosa di futuro, sebbene a quel tempo fossero adatte al culto divino, una volta che nostro Signore Gesù Cristo, che era significato da esse, era venuto a mancare, e i Sacramenti del Nuovo Testamento erano iniziati. Chi ancora dopo la Passione ripone la sua speranza nelle prescrizioni legali e si sottomette ad esse credendole necessarie per la salvezza, come se la fede in Cristo non potesse salvare senza di esse, ha peccato mortalmente. Non nega, tuttavia, che dalla Passione di Cristo fino alla promulgazione del Vangelo, esse possano essere state osservate almeno nella misura in cui erano ritenute necessarie per la salvezza. Ma dopo la promulgazione del Vangelo, la Chiesa afferma che non possano essere rispettati senza l’annullamento della salvezza eterna. Perciò denuncia come estranei alla fede di Cristo tutti coloro che da allora hanno osservato la circoncisione, il sabato e altre prescrizioni legali, e afferma che non possano avere alcuna parte nella salvezza eterna, a meno che un giorno non tornino indietro da questi errori. Pertanto, a tutti coloro che si fregiano del nome di Cristiani, prescrive assolutamente che in qualsiasi momento, sia prima che dopo il Battesimo, si debba rinunciare alla circoncisione, sia che si riponga in essa la propria speranza, sia che non la si possa osservare senza che ciò annulli la salvezza eterna.

1349. Riguardo ai neonati, a causa del pericolo di morte che spesso si può incontrare, poiché non è possibile aiutarli con altro rimedio che il Sacramento del Battesimo, con il quale vengono strappati al dominio del diavolo e adottati come figli di Dio, avverte che il Battesimo non debba essere differito di quaranta o ottanta giorni o di qualsiasi altro periodo, come fanno alcuni, ma che sia conferito il più presto possibile, ma in modo tale che, se c’è un pericolo immediato di morte, siano battezzati senza alcun indugio, anche da un laico o da una donna, nella forma della Chiesa, se manca un Sacerdote, come è più ampiamente contenuto nel decreto degli Armeni (cf. 1315).

1350. Crede, professa e predica fermamente che ogni creatura di Dio è buona” “e che nulla è da rifiutare, se accolto con rendimento di grazie” (1Tim IV, 4)perché secondo la parola del Signore: “Non è ciò che entra nella bocca che contamina l’uomo” (Mt XV,11), e afferma che la differenza fatta dalla Legge di Mosè tra cibi puliti e cibi impuri appartiene a ciò che è cerimoniale, che con la comparsa del Vangelo si è affievolito e ha cessato di essere efficace. Dice anche che la proibizione fatta dagli Apostoli “delle carni sacrificate agli idoli, del sangue, delle carni soffocate” (At XV, 29), era appropriata per il tempo in cui Giudei e Gentili, che vivevano con cerimonie e costumi diversi, erano nati in un’unica Chiesa, così che anche i Gentili osservavano alcune cose in comune con i Giudei, e che si offrisse l’opportunità di riunirsi nello stesso culto di Dio e nella stessa fede, e che si eliminasse un argomento di dissenso, dato che i Giudei, a causa della loro antica tradizione, consideravano abominevoli il sangue e la carne soffocata, e si poteva pensare che mangiando carne immolata i Gentili sarebbero tornati all’idolatria. Ma quando la Religione cristiana si diffuse a tal punto che non si vide più un solo giudeo carnale, ma tutti coloro che passavano per la Chiesa partecipavano agli stessi riti e cerimonie del Vangelo, credendo che “per i puri tutte le cose sono pure” (Tito I: 15), la causa di questa proibizione apostolica cessò. Proclama quindi che non si debba condannare nessun tipo di cibo accettato dalla società umana e che non si debba fare alcuna distinzione tra gli animali da parte di nessuno, maschi o femmine, e di qualunque tipo di morte essi muoiano, anche se per la salute del corpo, per l’addestramento alla virtù, per la disciplina regolare ed ecclesiastica molti di essi che non sono proibiti debbano essere scartati; infatti, secondo l’Apostolo “tutti sono permessi, ma non tutti sono vantaggiosi” (1Cor VI,12 -1Cor X,23)

1351. Essa crede, professa e predica fermamente che “nessuno di coloro che sono al di fuori della Chiesa cattolica, non solo i pagani, ma anche i Giudei o gli eretici e gli scismatici, possa diventare partecipe della vita eterna, ma andrà “nel fuoco eterno che è preparato dal diavolo e dai suoi angeli” (Mt XXV, 41) se prima della fine della loro vita non si saranno uniti ad essa. Professa inoltre che l’unità del corpo della Chiesa ha una tale forza che i Sacramenti della Chiesa sono utili alla salvezza solo per coloro che rimangono in essa, per i quali solo i digiuni, le elemosine e tutti gli altri doveri di pietà e gli esercizi della milizia cristiana producono ricompense eterne, e che “nessuno possa essere salvato, per quanto grande sia la sua elemosina, anche se versa il suo sangue per il nome di Cristo, se non è rimasto nel seno e nell’unità della Chiesa cattolica”. “

1352. Ma poiché nel decreto degli Armeni sopra riportato non è stata spiegata la formula che è sempre stata consueta nella consacrazione del Corpo e del Sangue del Signore da parte della sacrosanta Chiesa romana, stabilita dalla dottrina e dall’autorità degli Apostoli Pietro e Paolo, riteniamo necessario introdurla nel presente. Nella consacrazione del Corpo del Signore essa usa questa formula: “Questo è il mio corpo”; in quella del Sangue: “Perché questo è il calice del mio sangue, nuova ed eterna alleanza, mistero di fede, che per voi e per molti sarà versato per la remissione dei peccati”. Per quanto riguarda il pane di frumento in cui si compie il Sacramento, è assolutamente irrilevante che sia stato cotto in quel giorno o in precedenza; poiché, purché la sostanza del pane rimanga, non c’è dubbio che, dopo che le parole citate nella consacrazione del corpo siano state pronunciate dal Sacerdote con l’intenzione di compierla, esso sarà subito transustanziato nel vero Corpo di Cristo.

1353. Poiché, si afferma, alcuni respingono come condannati i quarti matrimoni, per evitare che si pensi che ci sia peccato dove non c’è [peccato], poiché secondo l’Apostolo quando il marito è morto la moglie è liberata dalla sua legge ed è autorizzata a sposare chi vuole nel Signore (Rm VII,2 1 – Cor VII,39) e non distingue se l’uomo morto è il primo, il secondo o il terzo marito, noi dichiariamo che non solo il secondo e il terzo, ma anche il quarto e più, possono essere contratti legittimamente, se non vi siano impedimenti canonici. Tuttavia, diciamo che sono più lodevoli coloro che si astengono dal matrimonio e rimangono casti, perché riteniamo che se la verginità è preferibile alla vedovanza, una vedovanza casta è giustamente lodata come preferibile al matrimonio.

NICOLÒ V: 6 marzo 1447 – 24/25 marzo 1455

CALLISTO III: 8 Aprile 1455 – 6 agosto 1458.

Costituzione “Regimini universalis” al Vescovo di Magdeburgo, Naumburg e Halbertstadt.

Usura e contratto di censo.

1355. Una supplica recentemente indirizzata a Noi diceva che da molto tempo, e a memoria d’uomo nessuno ricorda il contrario, in varie parti della Germania, per il bene comune degli uomini tra gli abitanti di queste terre e coloro che vi soggiornano, fosse stata stabilita e mantenuta fino ad oggi la seguente usanza: gli abitanti e i residenti, almeno quelli la cui condizione o i cui vantaggi lo suggerivano, erano soliti vendere i proventi o gli affitti annuali in marchi, fiorini e grossi – monete correnti in questi Paesi – dei loro beni, case, campi, terre, possedimenti o eredità, e, per ogni franco, fiorino o grosso ricevere in contanti dagli acquirenti di tali entrate o rendite un adeguato prezzo fisso, variabile di volta in volta, secondo gli accordi presi al riguardo tra i venditori e gli acquirenti stessi, ipotecando di fatto con il pagamento di tali entrate o rendite le proprietà, le terre, i campi, i tenimenti, i possedimenti e gli immobili espressamente menzionati in tali contratti. A favore di tali venditori è stato aggiunto quanto segue: Se questi ultimi restituiscono agli acquirenti, in tutto o in parte, la somma da loro ricevuta, sono del tutto liberi, in proporzione a tale restituzione, dall’obbligo di pagare le entrate o le rendite relative alla somma restituita, ma che gli stessi acquirenti, anche se tali beni, case, terre, campi, possedimenti e immobili. fossero interamente distrutti o devastati con il passare del tempo, non potrebbero recuperare la somma pagata di per sé, nemmeno ricorrendo ai tribunali.

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1356. Alcuni, tuttavia, sono titubanti e preoccupati, chiedendosi se contratti di questo tipo debbano essere considerati leciti. Pertanto, alcuni che li considerano usurari, colgono l’occasione per rifiutare il pagamento delle rendite e dei vitalizi dovuti. …

1357. Noi dunque…, per eliminare ogni equivoco ed incertezza in materia, in virtù della nostra autorità apostolica, dichiariamo che i suddetti contratti siano leciti e conformi alla legge, e che questi venditori, cessata ogni opposizione, siano effettivamente tenuti al pagamento di queste rendite e redditi secondo il tenore dei contratti in questione.

TUTTO IL DENZINGER SENTENZA PER SENTENZA DAGLI APOSTOLI A S.S. PIO XII (22): “da PIO II a LEONE X”

UN’ENCICLICA AL GIORNO TOGLIE GLI USURPANTI APOSTATI DI TORNO: S.S. LEONE XIII – “AD EXTREMAS ORIENTIS ORAS”

Sua Santità in questa lettera illustra ancora una volta la necessità di formare nelle Indie orientali, dei Sacerdoti locali che diffondano e mantengano vivo il culto e la dottrina cristiana. Questa opera di evangelizzazione sarebbe necessaria nella nostra vecchia Europa ed in tutto il mondo Occidentale oggi apostata dalla fede cattolica tradizionale ed immerso in un paganesimo pratico di stampo luciferino guidato verso lo stagno di fuoco eterno da un falso e corrotto clero formatosi, nelle alte cariche, nelle logge massoniche, o nel modernismo più spinto che promuove i vizi e le aberrazioni più infami. In attesa che torni il Signore con degni ed autentici suoi servi a salvezza dei popoli tutti, chiediamo che Dio mandi operai nella messe abbondante si, ma devastata da errori morali e dottrinali tanto da richiedere un vero reset teologico e sociale che riporti l’umanità nei retti sentieri del regno di Dio. Che la Vergine Maria interceda per tutti i suoi figli del Corpo mistico di Cristo oggi ridotto a quel pusillus grex annunziato per i nostri tempi dal Vangelo di S. Luca.

Leone XIII
Ad extremas Orientis oras

Lettera Enciclica

Istituzione di collegi per chierici nelle Indie orientali

24 giugno 1893

Alle più lontane regioni d’Oriente, esplorate con successo dai valorosi portoghesi, alle quali tanti cercano di giungere ogni giorno per esercitarvi i loro ricchi commerci, Noi pure, mossi da una speranza assai più alta, fin dall’inizio del Nostro pontificato abbiamo rivolto la mente e il pensiero. – Si presentano al Nostro animo e suscitano in Noi un sentimento di amore quegli immensi spazi delle “Indie”, nei quali, da tanti secoli ormai, si esercita la fatica degli annunciatori dell’Evangelo, e fra i primi viene in mente il beato apostolo Tommaso, che a buon diritto è considerato l’autore della prima proclamazione dell’Evangelo agli indiani; e così pure Francesco Saverio che, per lungo tempo, si dedicò con ardore alla medesima opera gloriosa, riuscendo, grazie alla sua incredibile costanza e carità, a convertire centinaia di migliaia di indiani dai miti e dalle superstizioni impure del bramanesimo alla fede della retta Religione. Successivamente, seguendo le tracce di quel grande Santo, molti appartenenti ad entrambi gli ordini del clero, inviati con l’autorità della Sede Apostolica, hanno tentato con dedizione e tentano tuttora di difendere e promuovere le sacre verità e le istituzioni cristiane che Tommaso portò laggiù e che Saverio rinnovò. Tuttavia, in una così vasta distesa di terre quanto grande moltitudine di mortali è ancora lontana dal vero, immersa nelle tenebre di una deplorevole superstizione! Quanto terreno vi è, soprattutto verso settentrione, che potrebbe accogliere il seme dell’Evangelo, ma che non è stato ancora in nessun modo predisposto.
Considerando queste cose nel Nostro animo, riponiamo sì la più grande fiducia nella benignità e nella misericordia di Dio nostro Salvatore che è il solo a conoscere quando i tempi siano opportuni e maturi per diffondere la sua luce e che vuole sospingere le menti degli uomini sul retto cammino della salvezza col segreto soffio del celeste Spirito: ma pure, per quanto sta in Noi, vogliamo e dobbiamo dare il nostro contributo affinchè sì gran parte del mondo avverta qualche frutto delle Nostre veglie.
Con questo proposito, facendo attenzione se mai in qualche modo fosse possibile ordinare in maniera più adeguata e accrescere lo stato della Religione cristiana nelle Indie orientali, abbiamo preso con felice successo alcuni provvedimenti destinati a giovare in futuro alla sicurezza del Cattolicesimo. Innanzi tutto per quanto concerne il protettorato portoghese sulle Indie orientali, abbiamo sancito un patto solenne, con scambio di reciproche assicurazioni, col re fedelissimo di Portogallo e Algarve, e in seguito a ciò, tolte di mezzo le cause delle contese, sono cessati quei noti dissidi certamente non lievi che per tanto tempo avevano diviso gli animi dei Cristiani. Inoltre abbiamo giudicato cosa ormai matura e salutare che dalle singole comunità di Cristiani, che in precedenza avevano obbedito ai vicari o prefetti apostolici, si formassero delle vere e proprie diocesi, che avessero i loro propri Vescovi e fossero amministrate secondo il diritto ordinario. Perciò, con la lettera apostolica Humanae salutis, del 1° settembre 1886, è stata istituita in quelle regioni una nuova gerarchia, che risulta di otto province ecclesiastiche: quella di Goa, onorata del titolo patriarcale, quella di Agra, di Bombay, di Verapoli, di Calcutta, di Madras, di Pondichery, di Colombo. Infine tutto ciò che possiamo comprendere che sarà laggiù profittevole alla salvezza e gioverà a incrementare la pietà religiosa e la fede, ci sforziamo costantemente di compierlo per mezzo della Nostra Congregazione per la propagazione della fede cristiana. – Ma tuttavia resta una cosa, dalla quale dipende grandemente la salvezza delle Indie; e ad essa vogliamo che voi, venerabili fratelli, e quanti amano l’umanità e la Religione cristiana, facciate maggiormente attenzione. È evidente che l’integrità della fede cattolica in India è insicura, e incerta ne sarà la diffusione, finché mancherà un clero scelto fra gli “indigeni” bene preparati alle funzioni sacerdotali, che possano non solo essere di aiuto ai Sacerdoti stranieri, ma amministrare rettamente da se stessi la Religione cristiana nei loro paesi. Si tramanda che proprio questo pensiero assillasse Francesco Saverio che, a quanto si dice, era solito affermare che la Religione cristiana non potrà mai avere salde fondamenta in India, senza l’opera assidua di pii e valorosi Sacerdoti colà nati. E facilmente appare chiaro quanto acuta sia stata in ciò la sua vista. Infatti l’opera degli evangelizzatori europei è impedita da molti ostacoli, soprattutto dall’ignoranza della lingua locale, di cui è difficilissimo acquisire la conoscenza; e parimenti dalla stranezza delle istituzioni e dei costumi, ai quali non ci si abitua neppure in un lungo periodo di tempo: tanto che di necessità i chierici europei si aggirano colà come in terra straniera. E perciò, dal momento che a fatica la moltitudine si affida a gente straniera, è chiaro che assai più fruttuosa sarà l’opera di Sacerdoti indigeni.
A costoro infatti sono ben noti le propensioni, l’indole, i costumi del loro popolo: sanno qual è il momento di parlare e di tacere: infine, indiani quali sono, si aggirano senza alcuna diffidenza fra gli indiani: cosa questa di cui è appena il caso di dire qual sia il valore, soprattutto nelle situazioni critiche. – In secondo luogo bisogna avvertire che i missionari giunti da fuori sono troppo pochi per essere sufficienti a prendersi cura delle comunità cristiane ora esistenti. Questo emerge chiaramente dai registri delle missioni; ed è confermato dal fatto che le missioni indiane non cessano mai di invocare e richiedere insistentemente sempre nuovi annunciatori dell’Evangelo dalla Sacra Congregazione per la propagazione della fede cristiana. E se i Sacerdoti stranieri non sono in grado di prendersi cura delle anime neppure per il presente, come potrebbero farlo in futuro, una volta che fosse aumentato il numero dei Cristiani? E infatti non vi è speranza che cresca in proporzione il numero di quelli che l’Europa invia. Se dunque si desidera provvedere alla salvezza degli indiani e fondare la Religione cristiana con la speranza che duri a lungo in quelle immense regioni, è necessario scegliere fra gli indigeni coloro che siano in grado di assolvere compiti e doveri sacerdotali, dopo aver ricevuto una diligente preparazione. -In terzo luogo, non si deve trascurare un’eventualità, che certo è assai poco verosimile, ma che pure nessuno potrebbe negare che sia nell’ordine delle cose possibili; che cioè possano capitare, in Europa e in Asia, tempi tali che i Sacerdoti stranieri siano costretti da una violenta necessità ad abbandonare le Indie. E se ciò avvenisse, qualora mancasse un clero indigeno, come potrebbe salvarsi la Religione, non trovandosi alcun ministro dei sacri riti sacramentali né alcun maestro della dottrina? Su ciò è fin troppo eloquente la storia della Cina, del Giappone e dell’Etiopia. Infatti più di una volta in Giappone e in Cina, mentre odii e stragi minacciavano la Religione cristiana, la violenza dei nemici, dopo aver ucciso o cacciato in esilio i Sacerdoti stranieri, risparmiò quelli nativi; e questi, conoscendo a fondo la lingua e i costumi della patria e appoggiati dalle loro parentele e amicizie, poterono non solo rimanere senza danno in patria, ma anche curare il servizio sacro e assolvere liberamente in tutte le province quei compiti che attengono alla guida delle anime. Invece in Etiopia, dove ormai si contavano circa duecentomila Cristiani, non essendovi un clero indigeno, una volta che furono uccisi o cacciati i missionari europei, una improvvisa tempesta di persecuzione distrusse il frutto di una lunga fatica. – Infine bisogna guardare con attenzione all’antichità, e bisogna conservare con scrupolo gli ordinamenti che vediamo essere riusciti salutari. Ed invero, nell’assolvimento dell’ufficio apostolico, già gli Apostoli ebbero il costume e la regola in primo luogo di istruire le moltitudini con gli insegnamenti Cristiani, e poi di iniziare al servizio sacro alcuni scelti fra i fedeli e innalzarli anche all’episcopato. E i Pontefici Romani, seguendo successivamente il loro esempio, hanno sempre avuto l’usanza di raccomandare ai loro inviati apostolici di sforzarsi in ogni modo di scegliere il clero fra gli indigeni là dove si fosse formata una comunità cristiana sufficientemente ampia. Una volta dunque che si sia provveduto alla sicurezza e alla diffusione della Religione cristiana in India, bisogna preparare al sacerdozio gli indiani, i quali possano adeguatamente compiere i sacri riti sacramentali e porsi a capo dei loro fedeli, quali che siano i tempi che verranno. – Per questo motivo i prefetti delle missioni indiane, per Consiglio ed esortazione della Sede Apostolica, fondarono collegi per chierici, ovunque ne ebbero la possibilità. Anzi, nei sinodi di Colombo, Bangalore, Allahabad, tenuti all’inizio del 1887, si è decretato che ogni singola diocesi abbia il suo proprio seminario per l’istruzione degli indigeni; e qualora qualcuno fra i Vescovi suffraganei non possa avere il suo per mancanza di mezzi, offra il vitto a sue spese ai chierici della diocesi nel seminario metropolitano. Codesti salutari decreti i Vescovi si sforzano di tradurli in atto in proporzione delle loro forze: ma si pongono di traverso ad ostacolare la loro straordinaria volontà le ristrettezze economiche e la penuria di Sacerdoti idonei che presiedano agli studi e guidino con sapienza l’insegnamento. Perciò vi è appena qualche seminario, o neppure quello, in cui l’istruzione degli alunni si possa ritenere completa e perfetta: e ciò in questa epoca in cui non pochi governi civili e protestanti non risparmiano nessuna spesa e nessuna fatica al fine di fornire a tutta la gioventù un’educazione accurata e raffinata.
Si vede dunque assai chiaramente quanto sia opportuno e quanto sia conveniente al pubblico bene, fondare nelle Indie orientali dei collegi, in cui i giovani abitanti che crescono per la speranza della Chiesa ricevano una completa formazione culturale e siano formati a quelle virtù senza le quali non si potrebbero né santamente né utilmente esercitare i sacri ministeri. Una volta rimossa la causa delle discordie con gli accordi stipulati, e ordinata l’amministrazione delle diocesi per mezzo della gerarchia ecclesiastica, se Ci sarà lecito provvedere acconciamente alla formazione dei chierici come ci siamo proposti, Ci sembrerà di avere portato a compimento l’opera intrapresa.
Una volta fondati infatti, come abbiamo detto, i seminari per i chierici, vi sarebbe la sicura speranza che di lì verrebbero in gran copia dei Sacerdoti idonei, i quali spanderebbero ampiamente il lume della loro dottrina e della loro pietà, e nel diffondere la verità dell’Evangelo eserciterebbero con competenza il ruolo fondamentale richiesto dal loro zelo. – Ad un’opera così nobile e per di più destinata ad apportare salvezza ad un’infinita moltitudine di uomini, è giusto che gli europei rechino un qualche contributo; soprattutto perché da soli non possiamo far fronte a così grandi spese. È dovere dei Cristiani tenere in conto di fratelli tutti gli uomini, ovunque essi vivano, e non ritenere nessuno fuori dal raggio del loro amore; e tanto più in quelle cose che riguardano la salvezza eterna del prossimo. Perciò vi preghiamo ardentemente, venerabili fratelli, di volere aiutare con i fatti, per quanto sta in voi, il Nostro proposito e i Nostri tentativi. Fate in modo che divenga a tutti nota la situazione della comunità cattolica in quelle così lontane regioni; fate sì che tutti capiscano che occorre fare, qualche tentativo a favore delle Indie; e questa sia la convinzione soprattutto di coloro che ritengono che il miglior frutto del denaro sia la possibilità di servire alla beneficenza. – Sappiamo per certo di non aver implorato invano il generoso zelo dei vostri popoli. Se la liberalità andrà al di là delle spese necessarie per i suddetti collegi, tutto quello che avanzerà del denaro raccolto faremo in modo che venga impiegato in altre iniziative utili e pie. Come auspicio dei doni celesti e testimonianza della Nostra paterna benevolenza, impartiamo con il più grande amore l’apostolica benedizione a voi, venerabili fratelli, al vostro clero e al vostro popolo,

Roma, presso S. Pietro, 24 giugno 1893, anno sedicesimo del nostro pontificato.

DOMENICA DI PENTECOSTE (2023)

DOMENICA DI PENTECOSTE (2023)

(Messale Romano di S. Bertola e G. Destefani, comm. di D. G. LEFEBVRE O. S. B; L. I. C. E. – R. Berruti & C. Torino 1950)

Stazione a S. Pietro in Vincoli.

Doppio di I Cl. con Ottava privilegiata di I ord. –  Paramenti rossi

Il dono della sapienza è un’illuminazione dello Spirito Santo, grazie alla quale la nostra intelligenza contempla le verità della fede in una luce magnifica e ne prova una grande gioia ». (P. MESCHLER.)

Gesù aveva posto le fondamenta della Chiesa durante la sua vita apostolica e le aveva comunicato i suoi poteri dopo la sua Resurrezione. Lo Spirito Santo doveva compiere la formazione degli Apostoli e rivestirli della forza che viene dall’Alto (Vangelo). Al regno visibile di Cristo succede il regno visibile dello Spirito Santo, che si manifesta scendendo sui discepoli di Gesù. La festa della Pentecoste è la festa della promulgazione della Chiesa; perciò, si sceglie la Basilica dedicata a S. Pietro, capo della Chiesa, per la Stazione di questo giorno. Gesù, ci dice il Vangelo, aveva annunciato ai suoi la venuta del divin Paracleto e l’Epistola ci narra la realizzazione di questa promessa. All’ora Terza il Cenacolo è Investito dallo Spirito dì Dio: un vento impetuoso che soffia improvvisamente intorno alla casa e l’apparizione di lingue di fuoco all’interno, ne sono i segni meravigliosi. — Illuminati dallo Spirito Santo (Orazione) e riempiti dall’effusione dei sette doni,(Sequenza), gli Apostoli sono rinnovati e a loro volta rinnoveranno il mondo intero (Introito, 1 Antifona). E la Messa cantata all’ora terza, è il momento in cui noi pure « riceviamo lo Spirito Santo, che Gesù salito al cielo, effonde in questi giorni sui figli di adozione » (Prefatio), poiché ognuno dei misteri liturgici opera dei frutti di grazia nelle anime nostre nel giorno anniversario in cui la Chiesa lo celebra. Durante l’Avvento, dicevamo al Verbo: « Vieni, Signore, ad espiare i delitti del tuo popolo »; ora diciamo con la Chiesa allo Spirito Santo: Vieni, Santo Spirito, riempi i cuori dei tuoi fedeli e accendi in noi il fuoco dell’amor tuo » (Alleluia). È la più bella e la più necessaria delle orazioni giaculatorie, poiché lo Spirito Santo, il « dolce ospite dell’anima », è il principio di tutta la nostra vita soprannaturale.

Incipit

In nómine Patris, et Fílii, et Spíritus Sancti. Amen.

Adjutórium nostrum in nómine Dómini.
R. Qui fecit cælum et terram.
Confíteor Deo omnipoténti, beátæ Maríæ semper Vírgini, beáto Michaéli Archángelo, beáto Joánni Baptístæ, sanctis Apóstolis Petro et Paulo, ómnibus Sanctis, et vobis, fratres: quia peccávi nimis cogitatióne, verbo et ópere: mea culpa, mea culpa, mea máxima culpa. Ideo precor beátam Maríam semper Vírginem, beátum Michaélem Archángelum, beátum Joánnem Baptístam, sanctos Apóstolos Petrum et Paulum, omnes Sanctos, et vos, fratres, oráre pro me ad Dóminum, Deum nostrum.
S. Misereátur nostri omnípotens Deus, et, dimíssis peccátis nostris, perdúcat nos ad vitam ætérnam.
R. Amen.
S. Indulgéntiam, absolutiónem et remissiónem peccatórum nostrórum tríbuat nobis omnípotens et miséricors Dóminus.
R. Amen.

V. Deus, tu convérsus vivificábis nos.
R. Et plebs tua lætábitur in te.
V. Osténde nobis, Dómine, misericórdiam tuam.
R. Et salutáre tuum da nobis.
V. Dómine, exáudi oratiónem meam.
R. Et clamor meus ad te véniat.
V. Dóminus vobíscum.
R. Et cum spíritu tuo.

Introitus

Sap I: 7. Spíritus Dómini replévit orbem terrárum, allelúja: et hoc quod cóntinet ómnia, sciéntiam habet vocis, allelúja, allelúja, allelúja.

[Lo Spirito del Signore riempie l’universo, allelúia: e abbraccia tutto, e ha conoscenza di ogni voce, allelúia, allelúia, allelúia].

Ps LXVII: 2 Exsúrgat Deus, et dissipéntur inimíci ejus: et fúgiant, qui odérunt eum, a fácie ejus.

[Sorga il Signore, e siano dispersi i suoi nemici: e coloro che lo òdiano fuggano dal suo cospetto].

Spíritus Dómini replévit orbem terrárum, allelúja: et hoc quod cóntinet ómnia, sciéntiam habet vocis, allelúja, allelúja, allelúja.

[Lo Spirito del Signore riempie l’universo, allelúia: e abbraccia tutto, e ha conoscenza di ogni voce, allelúia, allelúia, allelúia].

Kyrie

S. Kýrie, eléison.
M. Kýrie, eléison.
S. Kýrie, eléison.
M. Christe, eléison.
S. Christe, eléison.
M. Christe, eléison.
S. Kýrie, eléison.
M. Kýrie, eléison.
S. Kýrie, eléison.

Gloria

Glória in excélsis Deo. Et in terra pax homínibus bonæ voluntátis. Laudámus te. Benedícimus te. Adorámus te. Glorificámus te. Grátias ágimus tibi propter magnam glóriam tuam. Dómine Deus, Rex cæléstis, Deus Pater omnípotens. Dómine Fili unigénite, Jesu Christe. Dómine Deus, Agnus Dei, Fílius Patris. Qui tollis peccáta mundi, miserére nobis. Qui tollis peccáta mundi, súscipe deprecatiónem nostram. Qui sedes ad déxteram Patris, miserére nobis. Quóniam tu solus Sanctus. Tu solus Dóminus. Tu solus Altíssimus, Jesu Christe. Cum Sancto Spíritu ✠ in glória Dei Patris. Amen.

Oratio

Orémus.

Deus, qui hodiérna die corda fidélium Sancti Spíritus illustratióne docuísti: da nobis in eódem Spíritu recta sápere; et de ejus semper consolatióne gaudére.

[O Dio, che in questo giorno hai ammaestrato i tuoi fedeli con la luce dello Spirito Santo, concedici di sentire correttamente nello stesso Spirito, e di godere sempre della sua consolazione.]

Lectio

Léctio  Actuum Apostolórum. Act. II: 1-11

“Cum compleréntur dies Pentecóstes, erant omnes discípuli pariter in eódem loco: et factus est repéente de coelo sonus, tamquam adveniéntis spíritus veheméntis: et replévit totam domum, ubi erant sedentes. Et apparuérunt illis dispertítæ linguæ tamquam ignis, sedítque supra síngulos eórum: et repléti sunt omnes Spíritu Sancto, et coepérunt loqui váriis linguis, prout Spíritus Sanctus dabat éloqui illis. Erant autem in Jerúsalem habitántes Judaei, viri religiósi ex omni natióne, quæ sub coelo est. Facta autem hac voce, convénit multitúdo, et mente confúsa est, quóniam audiébat unusquísque lingua sua illos loquéntes. Stupébant autem omnes et mirabántur, dicéntes: Nonne ecce omnes isti, qui loquúntur, Galilæi sunt? Et quómodo nos audívimus unusquísque linguam nostram, in qua nati sumus? Parthi et Medi et Ælamítæ et qui hábitant Mesopotámiam, Judaeam et Cappadóciam, Pontum et Asiam, Phrýgiam et Pamphýliam, Ægýptum et partes Líbyæ, quæ est circa Cyrénen, et ádvenæ Románi, Judaei quoque et Prosélyti, Cretes et Arabes: audívimus eos loquéntes nostris linguis magnália Dei.” 

[“Giunto il giorno della Pentecoste, i discepoli si trovavano tutti insieme nel medesimo luogo. E all’improvviso venne dal cielo un rumore come di vento impetuoso, e riempì tutta la casa, dove quelli sedevano. E apparvero ad essi delle lingue come di fuoco, separate, e se ne posò una su ciascuno di loro. E tutti furono ripieni di Spirito Santo, e cominciarono a parlare varie lingue, secondo che lo Spirito Santo dava loro di esprimersi. Ora abitavano in Gerusalemme Giudei, uomini pii, venute da tutte le nazioni che sono sotto il cielo. Quando si udì il rumore la moltitudine si raccolse e rimase attonita perché ciascuno li udiva parlare nella sua propria lingua. E tutti stupivano e si meravigliavano, e dicevano: «Ecco, non son tutti Galilei, questi che parlano? E come mai, li abbiamo uditi, ciascuno di noi, parlare la nostra lingua nativa? Parti, Medi ed Elamiti, e abitanti della Mesopotamia, della Giudea e della Cappadocia, del Ponto e dell’Asia, della Frigia e della Panfilia, dell’Egitto e delle regioni della Libia in vicinanza di Cirene, e avventizi romani, Giudei e Proseliti, Cretesi e Arabi li abbiamo uditi parlare nelle nostre lingue delle grandezze di Dio”. (Atti II, 1-11).]

LINGUE E FUOCO.

Il miracolo delle lingue, il gran miracolo del giorno della Pentecoste, è stato mirabilmente descritto di sul testo sacro del nostro Manzoni.

« Come la luce rapida / piove di cosa in cosa / E i color varii suscita / Ovunque si riposa; / Tal risonò molteplice — La voce dello Spirto; / l’Arabo, il Parto, il Siro, / In suo sermon udì ». Ma quel miracolo ne significava un altro che cominciava da quel giorno a diventar realtà mercè la diffusione, allora inaugurata ufficialmente, del Santo Vangelo, del verbo di Cristo. La divisione delle lingue — la chiamo così per aderire al racconto biblico nella sua integrità e nel suo spirito — fu un castigo non proprio per la materialità delle lingue molteplici che si cominciarono a parlare, ma perché gli uomini, da Babele in poi, non si intesero più, non si capirono, non si amarono, si contrastarono in odî e in guerre fratricide. Si divisero. Era il castigo dell’orgoglio quella divisione delle anime di cui era espressione chiara la varietà delle lingue. Il linguaggio, divinamente dato agli uomini perché intendessero, serviva a confonderli, a separarli. I figli, abbandonando la casa paterna, di fratelli che ivi erano, diventarono stranieri prima gli uni agli altri, per diventare nemici poi. Tutto questo si capovolge a Gerusalemme, nella Pentecoste dello spirito, che continua e suggella e propaga la redenzione di N. S. Gesù Cristo. I figli ritrovano il Padre, imparano di nuovo a parlare con Lui, sentirlo ed esserne sentiti « Loquentes variis linguis », sì, ma « loquentes magnalia Dei ». Non più gli dei falsi e bugiardi, ma Dio unico, vivo e vero. Non più solo un simbolo ferreo di questa unità divina nell’unico Tempio, come al giorno della legge e dei profeti, ma un unico santuario delle anime, un solo Dio, il Dio predicato, il Dio comunicato da N. S. Gesù Cristo alla umanità, un solo Dio nei cuori. E ciascuno canta nella sua lingua materialmente, o in lingua diversa: « loquentes variis linguis, » ma tutti capiscono. « Audivimus eos loquentes ». « L’Arabo, il Parto, il Siro in suo sermon l’udì. » Mirabile fusione di popoli che comincia attraverso la fusione delle anime, fusione meravigliosa di anime che comincia attraverso la riconciliazione umile e fervente con Dio… E continuerà così di secolo in secolo nella Chiesa e mercè di essa, piena com’è dello Spirito Santo. Un numero crescente di popoli i più diversi, per colpa della vecchia Babele, formeranno via via una sola famiglia, un solo popolo: « populus eius, » il popolo di Dio. Parleranno il linguaggio intimo della stessa fede: « una fides ». Il verbo, la parola più vera, più umana, non è quella che suona materialmente sulle labbra; è quella che squilla, che splende nell’intelletto, di cui l’esterna è un’eco, come spiega profondamente San Tommaso. Uniamoci sempre più, in questa lingua interiore con l’accettazione umile della verità rivelata, della verità cristiana, quella verità di cui lo Spirito Santo è maestro intimo a ciascuno di noi, se ciascun di noi accetta il Magistero solenne e autorevole della Chiesa. Parliamo la lingua divina della stessa fede, « una fides » e i nostri cuori batteranno all’unisono della stessa carità. Ci capiremo senza parlare, magari: quelli che si amano davvero si capiscono così. E lavoriamo perché la cerchia dei popoli che in Gesù Cristo e nella Sua Chiesa ritrovano il segreto di una verità, diventi sempre più larga.

(P. G. Semeria: Le epistole delle Domeniche, Op. naz. Per il mezzogiorno d’Italia, Milano, 1939.

Nihil obstat sac. P. De Ambroggi – Imprim. P. Castiglioni vic. Gen. Curia Arch, Mediolani, 1-3-1938)

ALLELUJA

Allelúja, allelúja

Ps CIII: 30 Emítte Spíritum tuum, et creabúntur, et renovábis fáciem terræ. Allelúja.

[Manda il tuo Spírito e saran creati, e sarà rinnovata la faccia della terra. Allelúia.

[Hic genuflectitur:]

Veni, Sancte Spíritus, reple tuórum corda fidélium: et tui amóris in eis ignem accénde.

[Vieni Spirito Santo, riempi i cuori dei tuoi fedeli: ed accendi in essi il fuoco del tuo amore]

Sequentia

Veni, Sancte Spíritus,

et emítte cælitus lucis tuæ rádium.

Veni, pater páuperum; veni, dator múnerum; veni, lumen córdium.

Consolátor óptime, dulcis hospes ánimæ, dulce refrigérium.

In labóre réquies, in æstu tempéries, in fletu solácium.

O lux beatíssima, reple cordis íntima tuórum fidélium.

Sine tuo númine nihil est in hómine, nihil est innóxium.

Lava quod est sórdidum, riga quod est áridum, sana quod est sáucium.

 Flecte quod est rígidum, fove quod est frígidum, rege quod est dévium.

Da tuis fidélibus, in te confidéntibus, sacrum septenárium.

Da virtútis méritum, da salútis éxitum, da perénne gáudium. Amen. Allelúja.

[Vieni, o Santo Spirito,
E manda dal cielo,
Un raggio della tua luce.

Vieni, o Padre dei poveri,
Vieni, datore di ogni grazia,
Vieni, o luce dei cuori.

O consolatore ottimo,
O dolce ospite dell’ànima
O dolce refrigerio.

Tu, riposo nella fatica,
Refrigerio nell’ardore,
Consolazione nel pianto.

O luce beatissima,
Riempi l’intimo dei cuori,
Dei tuoi fedeli.

Senza la tua potenza,
Nulla è nell’uomo,
Nulla vi è di innocuo.

Lava ciò che è sòrdito,
Irriga ciò che è àrido,
Sana ciò che è ferito.

Piega ciò che è rigido,
Riscalda ciò che è freddo,
Riconduci ciò che devia.

Dà ai tuoi fedeli,
Che in te confidano,
Il sacro settenario.

Dà i meriti della virtú,
Dà la salutare fine,
Dà il gaudio eterno.
Amen. Allelúia. ]

Evangelium

Sequéntia sancti Evangélii secúndum Joánnem.

Joannes XIV: 23-31

“In illo témpore: Dixit Jesus discípulis suis: Si quis díligit me, sermónem meum servábit, et Pater meus díliget eum, et ad eum veniémus et mansiónem apud eum faciémus: qui non díligit me, sermónes meos non servat. Et sermónem quem audístis, non est meus: sed ejus, qui misit me, Patris. Hæc locútus sum vobis, apud vos manens. Paráclitus autem Spíritus Sanctus, quem mittet Pater in nómine meo, ille vos docébit ómnia et súggeret vobis ómnia, quæcúmque díxero vobis. Pacem relínquo vobis, pacem meam do vobis: non quómodo mundus dat, ego do vobis. Non turbátur cor vestrum neque formídet. Audístis, quia ego dixi vobis: Vado et vénio ad vos. Si diligeretis me, gaudere tis utique, quia vado ad Patrem: quia Pater major me est. Et nunc dixi vobis, priúsquam fiat: ut, cum factum fúerit, credátis. Jam non multa loquar vobíscum. Venit enim princeps mundi hujus, et in me non habet quidquam. Sed ut cognóscat mundus, quia díligo Patrem, et sicut mandátum dedit mihi Pater, sic fácio.”

“In quel tempo disse Gesù ai suoi discepoli: Chiunque mi ama, osserverà la mia parola, e il Padre mio lo amerà, e noi verremo da lui, e faremo dimora presso di lui. Chi non mi ama, non osserva le mie parole. E la parola, che udiste, non è mia: ma del Padre, che mi ha mandato; queste cose ho detto a voi, conversando tra voi. Il Paracleto poi, lo Spirito Santo, che il Padre manderà nel nome mio, Egli insegnerà a voi ogni cosa, e vi ricorderà tutto quello che ho detto a voi. La pace lascio a voi; la pace mia do a voi; ve la do Io non in quel modo, che la dà il mondo. Non si turbi il cuor vostro, né s’impaurisca. Avete udito, come io vi ho detto: Vado, e vengo a voi. Se mi amaste, vi rallegrereste certamente perché ho detto, vado al Padre: conciossiaché il Padre è maggiore di me. Ve l’ho detto adesso prima che succeda: affinché quando sia avvenuto crediate. Non parlerò ancor molto con voi: imperciocché viene il principe di questo mondo, e non ha da far nulla con me. Ma affinché il mondo conosca, che Io amo il patire, e come il Padre prescrissemi, così fo” (Jo. XIV, 23- 31) .

OMELIA

(G. Colombo: Pensieri sui Vangeli e sulle feste del Signore e dei Santi; VI ediz. – Soc. Ed. Vita e pensiero.- Milano 1956.

CREDO LO SPIRITO SANTO

S. Paolo ad Efeso incontrò un piccolo gruppo di fedeli: forse erano dodici (Act.,  XIX). Chiese a loro: « Credete voi nello Spirito Santo e l’avete ricevuto? ». Quelli, meravigliati, si guardarono in faccia e poi risposero: « Lo Spirito Santo? se non sappiamo nemmeno che vi sia uno Spirito Santo!… » S. Paolo ebbe un tremito di compassione, e soggiunse: « Ma come allora avete potuto essere battezzati? ». La medesima compassione ed il medesimo rimprovero, l’Apostolo potrebbe muovere ancora a non pochi Cristiani che, se non ignorano lo Spirito Santo, vivono però come se l’ignorassero. Per loro, dunque, fu vano il miracolo della Pentecoste? Erano trascorsi cinquanta giorni dalla Resurrezione e tutti i discepoli erano raccolti nel cenacolo. E venne dal cielo, improvvisamente, un suono, come si fosse levata un’impetuosa ala di vento: tutta la casa tremò. Apparvero allora delle lingue come di fuoco, che si posarono sopra ciascuno dei convenuti. « Et repleti sunt omnes Spiritu Sancto…» (Atti, II, 4). Chi è lo Spirito Santo di cui gli Apostoli ricevettero la primizia? Fin dalle ginocchia materne abbiamo imparato ad adorarlo come la terza Persona della SS. Trinità. Ma se oggi, in cui la Chiesa commemora il mistero della sua discesa, volessimo conoscerlo meglio, osserviamo i segni coi quali si manifestò. Scese come vento: il vento che libera il cielo da ogni nube significa come lo Spirito Santo libera l’anima nostra da ogni errore e dubbio. Egli è Spirito di verità. Scese come un gagliardo tremito che scosse e riempì tutto il cenacolo, per significare come sa scuotere le anime, renderle capaci di parlare, d’agire, di morire da eroi. Egli è Spirito di fortezza. Scese come un fuoco: il fuoco che riscalda e dilata è simbolo dell’amore che lo Spirito Santo avrebbe acceso nel cuore dei fedeli. Egli è Spirito d’amore. – 1. SPIRITO DI VERITÀ. Il cattivo esempio del padre e soprattutto i divertimenti e la passione impura trascinarono nell’errore del Manicheismo una delle più belle intelligenze: Agostino di Tagaste. E nell’errore sentiva bisogno di un maestro potente che lo strappasse dai grossi vapori in cui soffocava, verso una regione di serenità. Studiò Platone, ascoltò S. Ambrogio. E benché, di giorno in giorno, s’avvicinasse alla verità, non poteva mai raggiungerla. Un giorno, con l’animo spasimante per l’interno martirio, si pose sotto una ficaia e sospirava a Dio con lacrime: «Signore, fino a quando dovrò brancolar nel dubbio così? ». Poi s’addormentò. Ma in quel momento s’udì un grido: « Prendi e leggi ». Agostino balza a quella voce, pallido e tremante, sospinto da un forza interiore, prende un libro, l’apre a caso e legge: « Rimoviamo da noi le opere delle tenebre e  rivestiamoci con le armi della luce ». E fu un raggio che cadde dall’alto, i suoi occhi videro, la sua anima vide: pianse e credette. Di chi era quel grido misterioso? Chi poté, in un attimo, persuaderlo, deciderlo, convincerlo? Non un uomo: perché gli uomini insegnano lentamente attraverso numerose parole. Non un uomo: perché ci sono delle verità che ripugnano alla carne e al sangue, delle verità che infrangono la superbia della nostra ragione, di cui nessuno ci può persuadere se non Colui che conosce tutte le vie del cuore: lo Spirito Santo. Lo Spirito Santo ammaestrò S. Agostino come già aveva ammaestrato ed illuminato gli Apostoli. Gli Apostoli erano rozzi e duri a comprendere: … stulti et tardi corde ad credendum erano materiali e non giudicavano che coi sensi: … nisi videro, non credam. Cristo stesso s’indignava talvolta con loro: tanto tempore vobiscum sum, et nondum cognovistis me? Ma disceso lo Spirito Santo, da stolti divennero sapienti, da increduli divennero la base e la colonna della fede. Quante volte anche noi, forse, abbiamo sentito risuonare un grido come Agostino, o abbiamo internamente visto una luce nuova come gli Apostoli. Quante volte anche noi, forse, leggendo un buon libro, ascoltando una predica anche in mezzo alle occupazioni quotidiane, ci siam visti illuminare interiormente e liberare da ogni dubbio. Era lo Spirito Santo che c’insegnava la verità. – 2. SPIRITO DI FORTEZZA. A Siracusa, davanti al tribunale di Pascasio, venne trascinata la vergine Lucia. La timida giovinetta non tremava, ma diceva al giudice: « Tu osservi i decreti del tuo Cesare ed io osservo la legge del mio Dio e giorno e notte ». Pascasio diabolicamente ordinò di condurla in luogo infame e poi di farla passare di tortura in tortura. Ma come i soldati la presero per condurla via, non riuscirono a smuoverla d’un passo, e le caddero intorno. Si ricorse alla forza dei buoi, ma la vergine di Cristo rimase ferma come rocca. Tutti gridavano alla strega e le gettavano addosso amuleti e scongiuri. Pascasio le disse: « Qual è l’arte magica che ti dona tanta forza? » E santa Lucia le rispose: «È lo Spirito Santo: io lo sento in me che dice: mille cadranno alla mia sinistra e diecimila alla tua destra, ma non ti toccheranno ». La vergine, glorificata ormai, pregava Dio a gradire la sua vita. Un soldato le tagliò il capo, ed ella si trovò in Paradiso. Anche l’anima nostra, in questo mondo, ha molti nemici che la vorrebbero trascinare in luogo infame e poi di peccato in peccato: è il demonio, sono le passioni, il mondo con le sue lusinghe, lo stimolo dei sensi, i cattivi compagni. Chi potrà sostenerci nella dura guerra della vita, se ci sentiamo così deboli e proclivi al male? Colui che fortificò la fanciulla di Siracusa: lo Spirito Santo che è Spirito di fortezza. Non erano anche gli Apostoli delle persone deboli? Tutti eran fuggiti nell’ora delle tenebre, e Pietro tre volte spergiurò prima che il gallo cantasse. Ma disceso lo Spirito Santo, rimproverarono intrepidamente ai Giudei il deicidio. « Voi avete rifiutato il Santo, il Giusto. Voi avete domandato grazia per un ladro omicida ed avete fatto morir l’Autore della vita ». I Giudei, spaventati, gridavano: «Tacete! Tacete! ». E quelli:« Non possiamo tacere ». Non possumus non loqui. « Possiamo soffrire, possiamo morire, ma non possiamo tradir l’Evangelo. È  dalle parole passarono ai fatti, dai fatti al supremo testimonio del sangue. Quale vergogna per noi, che pur avendo ricevuto lo Spirito Santo, siamo ancora così vili! Per noi, che siam Cristiani dimentichi del Cristianesimo, per noi che oggi forse, lo Spirito Santo sconfessa. Non vi sono più persecuzioni cruente; ma un’altra persecuzione s’è levata nella Chiesa; quella del mondo e della sua tirannia. È legge del mondo che, con qualsiasi mezzo, bisogna guadagnarsi un posto. È legge del mondo che perdonare è viltà. È legge del mondo che il piacere impuro è un bisogno di natura. E noi, forse, ne siamo schiavi? – 3. SPIRITO D’AMORE Mentre S. Paolo si trovava a Cesarea, ospite della casa di Filippo, arrivò un certo Agabo, profeta. Costui prese la cintura di Paolo e si legò le mani e i piedi. Gli astanti guardavano, stupiti. Ma egli, profetando, disse: « In questo modo verrà legato dai Giudei in Gerusalemme quell’uomo a cui appartiene la cintura ». (Atti, XXI, 11). Filippo, le sue quattro figlie, i discepoli di Cesarea scoppiarono in pianto a quel triste presagio e s’inginocchiarono davanti a Paolo scongiurandolo a non tornar più a Gerusalemme. Ma Paolo rispose: « Non piangete così, che le vostre lacrime fanno male al mio cuore. Per conto mio sono pronto, non solo ad essere legato, ma anche a morire in Gerusalemme per il Nome di Gesù ». Quanto amore! La morte non lo spaventava, ma non poteva veder piangere quei Cristiani: meglio spargere tutto il proprio sangue ma non una lacrima di loro. Ed è ancora Paolo che raccomanda ai fedeli: « Se alcuno vi maledirà, e voi beneditelo! Se alcuno vi farà del male, e voi fategli del bene! Benedite e amate ». E altrove dice: « Piangete coi piangenti, e allietatevi coi lieti. Io mi son fatto malato con i malati: mi sono fatto tutto a tutti ». Quando i primi Cristiani vedevano qualche povero nella Chiesa, ciascuno faceva colpa a se stesso di quella miseria e mettevano tutti i loro beni in comune perché tutti godessero egualmente. Gli uomini che così parlano e agiscono sono i medesimi che prima della discesa dello Spirito Santo litigavano per salvare il primo posto, e invocavano fuoco dal cielo sopra le città che li accoglievano male. E lo Spirito Santo, che è Spirito d’amore, quale trasformazione ha operato nel nostro cuore? Quante invidie, quanti rancori, quante vendette trovano ancora posto tra noi! E com’è avara la nostra mano nel largire e nell’aiutare! L’amor del prossimo è un segno dell’amor di Dio: solo quando saremo capaci di amare il prossimo come noi stessi, solo allora ameremo Dio più di noi stessi. – Ignazio d’Antiochia, trascinato in catene fino a Roma, scrive ai Romani queste parole: « Credetemi: è nel pieno vigore della vita che esprimo il desiderio di morire. In me ogni concupiscenza è crocifissa: solo v’è un’acqua viva e parlante, con un mormorio lungo e misterioso: « vieni al Padre! ». Quest’acqua viva, che ha voce, è la grazia dello Spirito Santo disceso in tutti noi. «Vieni al Padre!» ci dice quando il dubbio offusca la nostra fede. « Vieni al Padre! » ci sussurra quando le tentazioni vorrebbero travolgerci. « Vieni al Padre!» ci mormora quando l’odio, l’avarizia, l’invidia vorrebbero disseccarci il cuore. Ascoltiamo questa voce: non attiriamoci il tremendo rimprovero: dura cervice et incircumcisis cordibus, vos semper Spiritui Sancto resistitis. — LA NOSTRA PENTECOSTE. Festa di Pentecoste: memoria del passato. — Dieci giorni dopo l’Ascensione, una domenica mattina, gli Apostoli e la divina Madre stavano ancora raccolti insieme in un medesimo luogo pregando e rivolgendo in cuor loro l’ultima promessa di Gesù: « Riceverete la forza dello Spirito Santo, quando verrà su di voi » (Atti, 1,8). Ed ecco a ciel sereno un fragore di tuono improvviso, e poi un impeto di vento e tutta la casa faceva tremare, e poi un gran bagliore di fuoco: su ciascuno dei presenti s’era posata una fiamma. Tutti furono ripieni di Spirito Santo, e cominciarono a parlare in varie lingue, secondo che lo Spirito dava a loro d’esprimersi. Quello delle lingue non fu il solo dono, né il più importante: gli Apostoli divennero sapienti nella predicazione, disinteressati fino all’oblio di sé, coraggiosi fino a sfidare la morte. Gerusalemme, città cosmopolita, era in quei giorni piena di stranieri. Questi stupirono ascoltando nel proprio linguaggio predicare le magnificenze di Dio, e dicevano tra di loro: « Che cos’è questo che succede? ». Però c’erano anche di quei che prendevano in giro gli Apostoli accusandoli d’essere brilli di vino dolce. Festa di Pentecoste: realtà del presente. — La festa di Pentecoste è il ricordo di quella meravigliosa e ardente discesa dello Spirito Santo. Ma si badi bene: non è appena una memoria del passato che celebriamo, ma soprattutto una realtà del presente, una realtà di tutti i giorni. Lo Spirito Santo è ancora con la Chiesa. – Il 7 settembre 1510, S. Caterina da Genova dal letto della sua agonia guardando per la finestra vide un fiume di fuoco cadere dal cielo ed infiammare il mondo.  Temendo di illudersi o di sognare, chiese che le spalancassero la finestra: onde e onde di fuoco, senza rumore, ancora precipitarono dall’alto ad allagare la terra. (V. ZABUGHIN, Storia dei Rinascimento cristiano in Italia, Milano, Treves, 1° pag. 109). Quello che la Santa poté vedere con gli occhi, noi lo sappiamo per fede. Ancora come nella domenica di Pentecoste, lo Spirito si comunica alla Chiesa: è un fiume ardente di carità che dal cielo perennemente su lei si riversa a vivificarla. Quello Spirito divino che diede allora forza e lume a S. Pietro per rimproverare la perfida durezza dei Giudei, oggi dà forza e lume al Pontefice contro l’empietà del comunismo e l’irreligiosità di alcune concezioni politiche. Come allora sospingeva gli Apostoli per ogni strada alla conquista del mondo, così ora sospinge i missionari in ogni continente e per ogni oceano. È il medesimo Spirito che consacra i Vescovi e non lascia mancare i Sacerdoti, che illumina i Dottori della fede, che conforta quelli che soffrono per la giustizia, che popola i conventi dei cuori verginali, che riempie il mondo di opere di carità, che santifica tutto il popolo fedele per mezzo dei santi Sacramenti. E come un giorno ci furono quelli che derisero gli Apostoli dicendoli ubriachi, c’è ancora chi deride e calunnia e odia il Papa, i Sacerdoti, i Cristiani. Perché il mondo sarà sempre contrastato da due spiriti opposti; lo Spirito Santo e lo spirito maligno. Festa di Pentecoste: realtà nostra personale. — Anche ciascuno di noi ha avuto la sua Pentecoste, ed è la santa Cresima. Allora su ciascuno di noi lo Spirito Santo è disceso. Ci ha fatto perfetti Cristiani, soldati di Gesù Cristo, e ce ne ha impresso il carattere. È opportunissimo quest’oggi meditare la nostra Pentecoste: la nobiltà che acquistammo, gli impegni che assumemmo nella Cresima. Essa è Sacramento di perfezione, di milizia, di consacrazione. – 1. SACRAMENTO DI PERFEZIONE. Il Battesimo ci ha fatto Cristiani; ma è la Cresima che ci ha fatto perfetti Cristiani. Spieghiamo con un paragone. Un seme cade in autunno nel solco: esso germina, è vivo, ha le radichette e le foglioline, ha tutto; eppure sta lì, quasi immoto a fior di terra per mesi e mesi. Poi d’improvviso si sveglia, si scuote, si allunga, si ingrossa, getta rami e foglie, fiori e frutti. Una forza nuova l’ha penetrato e l’ha fatto pianta perfetta. È stata la primavera colla sua luce vivificante, col suo caldo vento. Ebbene lo stesso procedimento avviene nell’ordine soprannaturale. Il Battesimo ci dà la nuova e celeste vita della fede, della speranza, della carità. Occorre però l’arrivo d’una luminosa e calda primavera che sviluppi in noi tale vita divina. Ed ecco, nella Cresima, la venuta dello Spirito Santo con l’abbondanza dei suoi sette doni. Tre di essi sono come una luce vivificante che aiuta la nostra intelligenza a penetrare, a gustare le verità della fede: il dono dell’intelletto, della sapienza, della scienza. Tre altri sono come un soffio caldo che aiuta la nostra volontà a praticare con letizia e prontezza il volere del Signore: il dono della fortezza, della pietà, del timor di Dio. Per i momenti d’incertezza, di oscurità, di dubbio resta il dono del consiglio, che aiuta la nostra prudenza a decidersi senza inganno né rammarico verso il maggior bene dell’anima nostra. Cristiani, su noi tutti la nostra primavera, la nostra Pentecoste, la Cresima già è discesa. Riflettete ora: siamo cresciuti e diventati Cristiani robusti e perfetti? È triste osservare, in un campo rigoglioso di grano, macchie giallastre ove gli steli sono rimasti sottili come aghi e non daranno spiga. Invano è venuta per loro la primavera. È più triste però entrare in un istituto di rachitici: corpi gracili come di bambini, portano in cima un volto rugoso e dolente di vecchi; mani e piedi enormi che si staccano da un esile fusto. Invano è venuta per loro giovinezza: non sono cresciuti, o si sono sviluppati solo in qualche membro. Più triste ancora è lo spettacolo visto dagli Angeli e da Dio nel campo della Chiesa; una moltitudine di Cristiani, rimasti rachitici e deformi nella vita più preziosa, quella divina: uomini adulti e Cristiani imperfetti. Ma la nostra adolescenza spirituale è volontaria: noi possiamo far rivivere lo Spirito Santo in noi, svilupparci con l’energia dei suoi doni. Vieni, o Santo Spirito! irriga ciò che è arido, risana ciò che è malato ». – 2. SACRAMENTO DI MILIZIA. Quando lo Spirito Santo discese su gli Apostoli, li ha fatti eroici combattenti per la diffusione del Vangelo. Quando lo Spirito Santo discende sui Cristiani li destina a una milizia spirituale. Diciamo infatti che la Cresima ci fa soldati. — Ma chi è il comandante? Gesù Cristo. — Qual è la bandiera? È la Croce: Il Vescovo ce la traccia sulla fronte perché portiamo coraggiosamente in cospetto di tutti: « Ti segno col segno della Croce, ti confermo col Crisma della salvezza ». — Per chi dobbiamo combattere? per difendere i supremi interessi della Chiesa, di Dio, e dell’anima nostra. Per difendere la nostra vita eterna, la nostra fede, la mostra innocenza. — Dov’è il nemico? È innumerevole e terribile. Ci sono nemici interni e sono i più pericolosi: sono le nostre passioni, specialmente l’avarizia e la sensualità. Ci sono nemici esterni: invisibili, come i demoni, e visibili come il mondo e i suoi scandali, le sue lusinghe e le sue derisioni, le sue amicizie e le sue ostilità. – Ci sono delle ore tragiche nella storia e nella vita in cui bisogna in questa milizia spirituale, arrischiar tutto per tutto. Pensate agli Apostoli che si fecero uccidere: a Pietro crocifisso, a Paolo decapitato, a Giacomo passato a fil di spada. Pensate alle folle dei Martiri che sacrificarono la vita. Pensate ai milioni e milioni di cuori, ignoti a noi ma noti a Dio, che vissero con eroici sacrifici per amore della loro fede minacciata. Questa che passa sul mondo è ancora un’ora tragica. In quante nazioni la vita cristiana può costare la disoccupazione, la miseria, la persecuzione, la prigionia, la morte. Preghiamo lo Spirito Santo per questi nostri fratelli messi al bivio tra l’eroismo o la diserzione. Che la forza non manchi a loro, anche di morire piuttosto che cedere al male. Riflettete ora: tra noi, che pur non siamo posti alla prova eroica, non ci sono già forse dei vili, dei disertori, dei disfattisti? Vili sono quei Cristiani cresimati che han vergogna di mostrare in pubblico la loro fede, di difenderla dalle bestemmie e dalle calunnie degli ignobili. Disertori sono quei Cristiani cresimati che quando la legge di Dio che governa i cuori e le famiglie costa sacrifici e rinunce, buttano le armi e si nascondono nei comodi rifugi del piacere o dell’interesse. Disfattisti sono quei Cristiani cresimati che col loro contegno, con le loro opere e parole sono impedimento di bene o causa di peccato. Essi disfanno e non edificano il Regno di Dio. Ritorna, o Santo Spirito! rendi il coraggio ai nostri cuori imbelli. – 3. SACRAMENTO DI CONSACRAZIONE. Quando si consacra una Chiesa si fanno dodici croci sulle pareti, segno del possesso di Dio. Ebbene, quando lo Spirito Santo discese in noi ha messo nella nostra anima l’impronta incancellabile del suo possesso. Il Catechismo la chiama « carattere ». Non si deve però pensare al carattere impresso dai Sacramenti come un sigillo materiale, sia pure in forma di croce. L’anima è spirituale e non può ricevere segnature sensibili. Dovete piuttosto immaginarlo come una fisionomia. Come il padre vede una fisionomia nel figlio, nel volto, nella voce, e più ancora nella maniera di pensare e di dire e di fare, così lo Spirito Santo nel Battesimo imprime nel Cristiano una somiglianza con Gesù Cristo. Nella Cresima poi non imprime un segno nuovo e diverso, ma rende più decisa e vigorosa la fisionomia data già nel Battesimo. La quale diverrà ancora più perfetta in chi riceve il Sacramento dell’Ordine, diventando Sacerdote. Questa configurazione indelebile a Gesù Cristo ci consacra all’amore e alla gloria di Dio. Noi potremmo fare un confronto fra le nostre chiese e l’anima di un cresimato, fatta tempio vivo dello Spirito Santo. V’è in noi un pulpito dal quale discende la verità: è la nostra ragione che ci insegna a fare il bene e fuggire il male. Guai a chi si ribella. V’è in noi un tribunale: ed è la nostra coscienza che ci loda del bene e ci rimorde del male compiuto. V’è un altare; ed è il nostro cuore, sul quale si offre il sacrificio della nostra volontà sottomettendola alla legge del Signore. V’è una lampada accesa, che diffonde luce e calore: ed è la nostra fede, che dobbiamo nutrire coi santi Sacramenti e colla istruzione nella dottrina cristiana. Né vi mancano i cantici e gli inni sacri e i suoni dell’organo, e i profumi dell’incenso che sono i nostri devoti affetti e le nostre quotidiane preghiere. Lungi da questo tempio le sacrileghe profanazioni: sia tutto santo il nostro essere. – Nel giorno di Pentecoste, udendo l’infiammato discorso di S. Pietro, il popolo si compunse di cuore e disse: « Che cosa dobbiamo fare? ». Rispose a loro S. Pietro: « Salvatevi da questa generazione perversa. » E quelli cominciarono a venire assidui alle istruzioni degli Apostoli; alla frazione del pane cioè l’Eucaristia; alla preghiera (Atti, II, 37-42). Cristiani, dopo aver ascoltato le meraviglie della vostra Pentecoste, voi pure forse mi domandate: « E adesso che dobbiamo fare? ». Non altra risposta ho da darvi se non quella di S. Pietro: « Salvatevi da questa generazione perversa, voi che siete figli di Dio, militi di Gesù Cristo, templi vivi del Spirito Santo ». Ma non vi salverete, se non facendo tre cose: frequenza all’istruzione cristiana, frequenza alla santa Comunione; preghiera quotidiana.

IL CREDO

Offertorium

Orémus Ps LXVII: 29-30

Confírma hoc, Deus, quod operátus es in nobis: a templo tuo, quod est in Jerúsalem, tibi ófferent reges múnera, allelúja.

[Conferma, o Dio, quanto hai operato in noi: i re Ti offriranno doni per il tuo tempio che è in Gerusalemme, allelúia].

Secreta

Múnera, quæsumus, Dómine, obláta sanctífica: et corda nostra Sancti Spíritus illustratióne emúnda.

[Santifica, Te ne preghiamo, o Signore, i doni che Ti vengono offerti, e monda i nostri cuori con la luce dello Spirito Santo].

Præfatio

V. Dóminus vobíscum.
R. Et cum spíritu tuo.
V. Sursum corda.
R. Habémus ad Dóminum.
V. Grátias agámus Dómino, Deo nostro.
R. Dignum et justum est.

de Spiritu Sancto

Vere dignum et justum est, æquum et salutáre, nos tibi semper et ubíque grátias ágere: Dómine sancte, Pater omnípotens, ætérne Deus: per Christum, Dóminum nostrum. Qui, ascéndens super omnes cælos sedénsque ad déxteram tuam, promíssum Spíritum Sanctum hodierna die in fílios adoptiónis effúdit. Quaprópter profúsis gáudiis totus in orbe terrárum mundus exsúltat. Sed et supérnæ Virtútes atque angélicæ Potestátes hymnum glóriæ tuæ cóncinunt, sine fine dicéntes:

[È veramente degno e giusto, conveniente e salutare, che noi, sempre e in ogni luogo, Ti rendiamo grazie, o Signore Santo, Padre Onnipotente, Eterno Iddio: per Cristo nostro Signore. Che, salito sopra tutti cieli e assiso alla tua destra hodierna die effonde sui figli di adozione lo Spirito Santo promesso. Per la qual cosa, aperto il varco della gioia, tutto il mondo esulta. Cosí come le superne Virtú e le angeliche Potestà cantano l’inno della tua gloria, dicendo senza fine:]

Sanctus, Sanctus, Sanctus Dóminus, Deus Sábaoth. Pleni sunt cæli et terra glória tua. Hosánna in excélsis. Benedíctus, qui venit in nómine Dómini. Hosánna in excélsis.

Preparatio Communionis

Orémus: Præcéptis salutáribus móniti, et divína institutióne formáti audémus dícere:

Pater noster

qui es in cælis. Sanctificétur nomen tuum. Advéniat regnum tuum. Fiat volúntas tua, sicut in cælo et in terra. Panem nostrum quotidiánum da nobis hódie. Et dimítte nobis débita nostra, sicut et nos dimíttimus debitóribus nostris. Et ne nos indúcas in tentatiónem:
R. Sed líbera nos a malo.
S. Amen.

Agnus Dei

Agnus Dei, qui tollis peccáta mundi: miserére nobis.
Agnus Dei, qui tollis peccáta mundi: miserére nobis.
Agnus Dei, qui tollis peccáta mundi: dona nobis pacem.

Panem cæléstem accípiam, et nomen Dómini invocábo.
V. Dómine, non sum dignus, ut intres sub tectum meum: sed tantum dic verbo, et sanábitur ánima mea.
V. Dómine, non sum dignus, ut intres sub tectum meum: sed tantum dic verbo, et sanábitur ánima mea.
V. Dómine, non sum dignus, ut intres sub tectum meum: sed tantum dic verbo, et sanábitur ánima mea.

COMUNIONE SPIRITUALE

Communio

Acts II: 2; 4

Factus est repénte de coelo sonus, tamquam adveniéntis spíritus veheméntis, ubi erant sedéntes, allelúja: et repléti sunt omnes Spíritu Sancto, loquéntes magnália Dei, allelúja, allelúja.

[Improvvisamente, nel luogo ove si trovavano, venne dal cielo un suono come di un vento impetuoso, allelúia: e furono ripieni di Spirito Santo, e decantavano le meraviglie del Signore, alleluja, alleluja.]

Postcommunio

Orémus.

Sancti Spíritus, Dómine, corda nostra mundet infúsio: et sui roris íntima aspersióne fecúndet.

[Fa, o Signore, che l’infusione dello Spirito Santo purifichi i nostri cuori, e li fecondi con l’intima aspersione della sua grazia].

PREGHIERE LEONINE (dopo la Messa)

RINGRAZIAMENTO DOPO LA COMUNIONE (2)

ORDINARIO DELLA MESSA

LO SCUDO DELLA FEDE (253)

LO SCUDO DELLA FEDE (253)

LA SANTA MADRE CHIESA NELLA SANTA MESSA (22)

SPIEGAZIONE STORICA, CRITICA, MORALE DELLA SANTA MESSA

Mons., BELASIO ANTONIO MARIA

Ed. QUINTA

TORINO, LIBRERIA SALESIANA EDITRICE, 1908

CAPO III

IL SACRIFICIO DIVINO

SECONDA PARTE DEL CANONE.

CAPO IV

LA PARTECIPAZIONE ossia la Comunione Divina.

Divini Misteri contemplati nel mistero dell’amore.

Si veramente! nell’ultima cena Gesù non soffre più ritegno nel suo amore, e si lascia andare del cuore da non poter più in là! Non come a servi, ma come ad amici confida i più reconditi suoi misteri. Ora anche noi, come l’Apostolo dell’amore, siamo giunti a metterci presso presso a Gesù nel Convito, e qui a riposargli sul petto anche noi! Anche noi ad assistere appiè di Maria alle agonie divine!… E noi rapiti in santo entusiasmo, come l’innamorato Giovanni, vorremmo tremanti alzar la mente a contemplare i misteri divini, che Dio lascia scorgere per Gesù Cristo. – Povera ragione umana! Essa disdegna i misteri della Religione, rifiuta i dogmi, e non vuol altro che scienza; e pretendendo di comprender tutto da sé, comprende il tutto di niente ( Lo confessano i due grandi genii, Platone e Pascal). Così si trova gettata dalla scienza nel buio, nei più tenebrosi misteri, che la fan disperare. La Religione invece, mentre propone da credere, è la sola che spiega i più profondi misteri, così da contentare, anzi consolare la più esigente ragione, fosse pur di s. Agostino e s. Tommaso, i più grandi filosofi del mondo. Vorremmo qui dar prova, come la ragione barcolli alla cieca. Difatti i primi problemi, che la ragione vorrebbe sciogliere colla filosofia, sono certamente questi. Chi è l’Autore del tutto? e come esiston le cose? Ora domandate alla filosofia, che sono mille e mille anni che studia e specula, di scioglierci questo primo problema e di sapere dir qualche cosa di Dio; e se l’immagina, e lo veste a capriccio, e ne ritaglia l’idea e l’impicciolisce, per adattarla alle testoline pretendenti dei dotti suoi; poi astrae da tutto per formarsene la più sublime idea; domandate: chi è l’Autore del tutto, Iddio? Sentite: eh son le cime dei dotti suoi, che vi rispondono! Dio è un Ente, quello che è, che non può non essere, eterno, immenso, indeterminato, l’Ente in somma che si sviluppa nell’esistente, e crea per necessità le cose con cui esiste confusamente, quasi immensa macchina in movimento (e chi ha fatta così ben ordinata macchina?.., e chi la mette in moto? E questo è il Dio creatore definito dai filosofi, qual lo conosce la ragione da sé! Oh! un essere immenso, muto, cieco, sempre in moto nel vortice della eternità, che senza conoscersi e senza amarsi nella solitudine della eterna sua esistenza troverebbe la disperazione! Anzi che Dio, questo è un mostruoso fantasma che spaventa l’immaginazione! Atterriti da questo mostro d’idea ripariamo noi in seno a Gesù, che dal suo Cuore ardente ci piove sull’anime una mite luce celeste che ci fa scorgere Iddio: e non nello sfondato misterioso di un nebuloso ideale, ma nell’amabile realtà di Dio che è Padre: che dall’eternità conosce se stesso, e nel tesoro della onnipotente sua natura divina genera il suo Verbo, il suo Pensiero Sostanziale, il suo Figlio, eguale a se stesso, Dio uno con sé, come il pensiero nostro è uno coll’anima nostra (ce lo ha detto che siamo sua immagine): e il Figlio intende il Padre; gli parla divinamente nello eterno seno: e dal Padre e dal Figlio procede l’Amor sostanziale, lo Spirito Santo, come anche in noi, che siamo la smorta immagine sua, sentiamo tra l’anima nostra e i nostri pensieri svolgerà una potenza, l’amore… Ah! coperti colla croce di Gesù e di sotto le sue piaghe eleviamo colla mente il cuore; e in questa luce inaccessibile ci par di scorgere Dio col sorriso di Padre, ed il Salvator nostro a Lui in seno, e l’Eterno Amore che ha da alimentare l’anima nostra di eterna beatitudine in paradiso. O Platone, tu pur parlavi confusamente dell’Essenza divina, e intravedevi da Lei distinta la divina Sapienza, e in Dio quasi il vero Verbo: O Platone, se tu sentissi adesso i novellini del catechismo, ammessi alla prima Comunione, parlare colle più ardite, ma le più esatte espressioni così sublime verità e farti intendere ciò che tu presentivi in confusione; tu esclameresti consolato: « Colui, che io sospirava con Socrate mio, che venisse a tutto insegnarci, è venuto, è venuto sì veramente! » In quanto al secondo problema, quello della creazione, mentre filosofi ci mettono dinanzi irragionevoli e troppo ridicoli, anzi spaventosi sistemi, noi godiamo di contemplare come Dio, Volontà onnipotente, Virtù benevolissima, Lume eterno, Beatitudine somma, Padre della bontà, il sommo Bene vuol per isfogo di sua bontà dar del suo bene; per diffonderne fuori di sé e comunicarne, crea gli esseri a parteciparlo, li vivifica a sentirlo, crea le anime a conoscerlo, le santifica a meritarlo, e vuole alimentarle di sua beatitudine eterna. Sono queste le espressioni di s. Bernardo, che senza accorgersene diventa il più gran filosofo nell’amore di Dio. Ed oh! se è buono il Signor nostro Iddio! e se sa impicciolirsi per adattare il dono del ben suo alla capacità degli esseri i più minuti! Creandolo par che dica al granellino di sabbia: « ti do l’esistenza, di cui sono Io la fonte; » al fiorellino: « ti do una piccola immagine della bellezza mia, e della soavità dei miei profumi; » all’animaletto: « ti do un segno della mia vita. » Ma all’uomo volendo tutto comunicare se stesso, Egli crea un’anima vasta più che l’Oceano, in cui tutto che entra, che non è Dio, gli fa sentire maggiore il vuoto e la mancanza del proprio elemento. Consigliasi seco per farlo proprio ad immagine sua; e nel formarlo uomo gli lascia scorrere un raggio della sua intelligenza, che è il lume della ragione, e l’uom con esso scorge il ben di Dio in ogni cosa, che gli sveglia in cuor il desiderio di possederlo. Così Dio in ogni cosa gli fa veder del bene sommo ch’Egli è: nelle arti belle gli rivela della sua bellezza, nella musica gli lascia gustare della sua armonia, nella scienza del calcolo dell’ordine suo, nell’astronomia della sua potenza, nella virtù della sua bontà, nel genio della sua sublimità. Sì, sì dappertutto è Dio che ama, suscita ed agita ed inquieta l’uomo, con tanti assaggi l’invoglia del sommo Bene, tanto, che non ha pace più il cuor umano, finché non giunga a possederlo in Paradiso. Oh! mentre la Religione con tutta la potenza delle prove della verità ci fa conoscere così buono il Dio nostro, noi lo possiamo contemplare ancora nel Mistero dell’Amor Creatore e Salvatore! Come alla polvere unisce il moto della vegetazione, e crea le piante; come alla polvere organizzata alla vegetazione unisce la sensibilità, e crea gli animali: come alla polvere più perfettamente organizzata all’animalità unisce l’anima che lo intende e lo ama, e crea l’uomo: così crea l’uomo unito nella sua Divinità, e ne riesce il Capo d’opera dell’Amor Creatore, l’Uomo-Dio Salvatore!… Ah, ah! la ragione consolata qui cade in ginocchio davanti all’altare: il cuor batte forte sul Cuor di Gesù, e sente il palpito del Cuore dell’Uomo-Dio, che gli comunica un’aura di vita divina… Qui un cuor che ama divinamente con Gesù, s’inabissa smarrito in questo oceano d’amore, e nella luce che spande il Cuor ardente di Gesù sente proprio quasi di comprendere come Gesù poteva, anzi doveva morire, e poi restar qui nel Sacramento per questa sua onnipotenza d’amore, con queste sue creature, che senza di Lui si vanno a perdere.

La Comunione

Qui parleremo il linguaggio del cuore, che trova sempre dei cuori che sentono più in là che non può dire l’umana parola, e sanno perdonare, se ragioniamo miseramente così. Gesù è Dio fatto uomo per amore; e l’amore è così generosa potenza, che fa gustare quasi una felicità nel morire per chi si ama. In vero il soldato sa gettarsi ardente nel vortice della battaglia e sa morir generoso per la patria amata: e la madre per salvare il bambino delle viscere sue si getterebbe in gola alla morte! Deh! se un soldato ed una donna hanno tanta bontà da poter e dover morire per amore; non lo poteva, non lo doveva l’Uomo-Dio con quella onnipotenza di amore divino? Se lo stentiamo a capire, è perché non conosciamo l’amore. Sì, sì, se Gesù non fosse morto, gli avremmo potuto dire: Ecchè? Una misera creaturella sarà capace ad amare più dell’Uomo Dio?… Ma quando invece lo contempliamo al morir sulla croce, e lasciarsi squarciare il cuore per l’ultima goccia del più vitale suo Sangue, qui noi abbiamo compreso, Egli è l’Uomo-Dio, che ha amato divinamente; Vidimus gloriam eius… plenum gratiæ: l’abbiam veduto; Egli visse e morì da Uomo-Dio. Si (diceva anche un uomo di mondo, ma era un più gran genio dei tempi moderni, Napoleone I), sì, io conosco gli uomini; ma Gesù, credetelo, non è uomo; visse e morì da Dio! – Ancora vorremmo dire che ci par nel Cuor di Gesù comprendere, come Ei doveva darsi tutto nel Sacramento (ci si perdoni la povertà delle espressioni). Questo Gesù nostro è lo stesso Eterno Verbo, Creator dell’universo. Questo Figliuol di Dio, quando creava il tutto, pigliava un po’ di polvere, che in principio aveva creata (ché tutti i mondi pel firmamento altro non sono che un po’ di polvere in mano sua) , e gettando quel po’ di polvere nel firmamento, le disse colla creatrice Parola: « Sii tu il sole, e sii l’immagine della mia bontà; e getta luce, splendore e forza in tutte le creature che ti ho messo d’ intorno. » Ed il sole è creato: ed ecco da mille e mille anni il sole è li, che versa con una rapidità che spaventa il pensiero, forza, calore, luce nel mondo d’intorno, ed ha raggi per tutti gli esseri i più minuti! Ora un po’ di polvere, in cui spira il Figliuol di Dio la sua parola, diventa il sole che irraggia la sua potenza, ed è tutto, con tutti i suoi raggi, negli occhi di tutti!… Oh! Oh!… E Gesù con questo suo Cuore, in cui versa la pienezza della sua Divinità, non dovrà irraggiarsi (oh, che parole povere son mai le nostre!) ed esser qui, là, dovunque vuole, tutto col suo Corpo divinizzato? Oh via! se mai qualche carnale giudeo avesse ardimento di domandare, come lo domandarono i Giudei d’allora a Gesù, come Ei potesse dare il suo Corpo e il suo Sangue a nostro alimento? Noi risponderemo che ben lo potranno capire, quando colle loro testoline saran giunti a comprendere che cosa sia il corpo. Il corpo? oh si giungerà mai a capire che cosa sia il corpo, che pur ci tocca i sensi! Poi bisogna sappiano coi loro studi misurare il tesoro della bontà di Dio; e poi spiegare, come Dio creò l’amore; questa potenza che inspira l’entusiasmo del sacrificio negli esseri che più si assomigliano al Creatore. Così poi solo allora, quando sapranno tutto spiegare, saranno capaci a comprendere, come il Figliuol di Dio abbia potuto trovare un sottile ingegno e divinamente appropriarselo da poter con esso all’amor suo soddisfare pienamente. – Egli venne in terra a farsi uomo, per farci diventare Figliuoli di Dio, fattosi nostro fratello. – Dio e gli uomini, ecco i due termini che il Figliuol di Dio voleva avvicinare fra loro: ma trovava gli uomini troppo lontani e separati da Dio da un abisso di distanza infinita; questo abisso scompariva in Lui, in cui i due termini, Dio e l’uomo, si sono unificati, così che l’Uomo è Dio, Dio è l’uomo in una sola Persona, Gesù. Così avendo Dio presa la carne nostra, ed immolatala nel balsamo vivificante della Divinità, gli restava trovar modo da comunicare questa carne divinizzata agli uomini, per farli partecipi della divinità, e santificare tutto l’uomo; e tutto l’uomo è l’anima e il corpo. Questo non poteva far meglio, che col compenetrare della sua Sostanza Divina la nostra umana natura, ed immedesimarsi con noi come fa il cibo nostro. Gesù voleva farci amare dal Padre suo celeste; ma l’amore è sempre tra persone che hanno somiglianza, anzi una qualche eguaglianza, o di condizione e di età, o almeno di pensieri e di affetti: ma tra noi e Dio non vi è questa cotale eguaglianza; e Gesù trova il modo di entrare in noi, e di farci partecipi della sua Divinità umanizzata (participes divinæ naturæ): ci fa uomini che abbiam del divino (Ego dixi: dii estis). Oh! se siamo preziosi, amabili, quando è Gesù con noi, agli occhi di Dio! Mettete dell’oro col piombo, fondeteli al fuoco insieme: il piombo diventa prezioso anch’esso. Così per l’amore Gesù ci voleva unire con sé, perché l’amore vuole l’unione. Per ben comprendere come l’amore vuole l’unione, considerate una madre che si delizia col bambino, suo sangue. La madre è a vederla in quei cari vezzi, in quelle innocenti delizie, come guarda con tutta l’anima negli occhi il bimbo, amor suo: se lo stringe sul cuore, lo bacia: poi torna a riguardarlo, e lo ribacia più infervorata, quasi volesse la buona genitrice per la bocca versare l’anima in seno al bambino, e col cuore nel cuore compenetrarsi, e dargli tutto il suo bene; ma trova il suo corpo che si attraversa e l’impedisce; Ella quel corpicciuolo delle viscere sue si vorrebbe come assorbire in baciarlo: e con un cotal amoroso furore quasi come mangiarselo a forza di baci, per inviscerarsi, come sua cara porzione, quella cara vita. Ebbene! quello che non può la buona donna, e vorrebbe far per amore materno, lo può fare per amore divino Gesù. Contempliamolo in mezzo ai figliuoli del suo Sangue rigenerati! Egli sminuzza sotto le specie del pane il suo Corpo. Egli discioglie sotto le specie del vino il suo Sangue, e si dilegua, direm così, per penetrarci nelle viscere, e portarci dentro, divenuto nostro cibo, la sua carne, sposata alla Divinità. Apri adunque, par che dica Gesù, apri, o diletto, ché io sto per entrare: allarga il cuore, dammi te stesso, come io a te mi dono. Così entra nella nostra persona, compenetrandoci come cibo spirituale: la sua mischia alle nostre carni; il suo col sangue nostro: scende ad abbracciar l’anima nel più interno centro della vita umana. Qui l’umana persona si tocca, si bacia, s’unisce colla Divina: Dio è nell’uomo, e l’uomo è in Dio: sicché può dir qui ogni fedele: « Vivo io; non son io che vivo, ma vive in me il Figliuol di Dio. » Deh! anche noi nel trasporto dell’amore più vivo cadiamogli fra le braccia col Sacerdote, che s’inginocchia nell’atto di prendere il Corpo santissimo, e dice quest’orazione.

Orazione.

« Prenderò il Pane celeste, ed invocherò il nome di Dio. »

Esposizione.

L’anima da tanto amore di Dio beatificata, nell’atto di ricevere da Dio il dono di tutto Lui stesso, accoglie e ringrazia. È uno slancio del cuore, che troppo pieno di gratitudine vuol assicurare l’Amante divino, che mentre Egli troppo si degna, ella non potrà vivere per altro, che per ringraziarlo di tanta divina bontà, ed esclama: « Prenderò, sì prenderò il Pane celeste: ma invocheremo sempre il Nome di Dio per glorificarlo. » Cioè la creatura umana, forzata dal comando di Dio, attirata dai suoi bisogni al Signore, nello slanciarsi a Dio esclama: Oh! che sommo bene è il mio Dio ! Non potendo far altro, invocherò il Nome del mio Dio, per protestar che, se ardisco far tanto, è per la sola bontà di Dio! e tutta la vita mia sarà amarlo sempre! Poveri noi non sappiamo dir altro!

Orazione: Domine, non sum dignus.

« O Signore, io non son degno che Voi entriate nella casa mia; ma dite una parola solamente, e sarà salva l’anima mia, » – « O Signore, io non son degno che Voi entriate nella casa mia, ma dite una sola parola, e sarà salva l’anima mia! « O Signore, io non son degno che Voi entriate nella casa mia, ma dite una sola parola, e sarà salva l’anima mia!

Spiegazione.

« Domine, non sum dignus: Signore, non son degno. »

Per poco non si comprende, come un uomo possa avere cuore di tenere in mano il Corpo di Gesù Cristo. Oh Dio! oh Dio! La mente è confusa nel trovarsi tra le mani il suo Dio! Lascia cadere le sue braccia sull’altare, guarda fisso a Gestì! Si batte il petto, e mette il gemito: «Signore, non son degno, ma pur salvatemi per la vostra pietà. » ‘Signore, non son degno! Eppure già gli entra il suo Dio!… Ah! si mette di nuovo ad esclamare; « Signore, non son degno io! » e gli vuol dire: « ben io ho bisogno di miracoli della vostra carità: per questo ho supplicato con tante istanze; ma nel veder così pronto entrare in me Voi stesso in Persona, o Signore, io debbo dirvi, che non m’aspettava tanto: né di tanto avrei osato a supplicarvi. » Che venire in me Voi! Gli va ripetendo col buon Centurione. Questi, pregato Gesù di salvargli il servo con un miracolo da lungi, senza che si degnasse di scendere a lui, vedendolo avviarsi alla sua casa, andava dicendo: » Signore, non son degno, che Voi entriate nella mia casa, ma dite una parola, che basterà da qui ad operare al servo mio la guarigione (1). » Anche ciascuno di noi col Sacerdote ripeta: « o Signore, io son troppo meschino, e Voi troppo grande; la mia miseria mi confonde, e la vostra santità mi spaventa; restate per pietà! basta che diciate una sola parola, e varrà ben a salvarmi! « Signore, io non son degno.» – « Ma volete proprio venire? Sì sì, anch’io ho bisogno della vostra Divinità. Ma deh! Per pietà, o Signore, non ricusate di farmi degno con una vostra parola! » Vengo a ricevervi, perché se vado lontano da Voi vado a perdermi! (Prende colla destra il SS. Corpo, si segna con esso sospeso sopra la patena, tenuta innanzi colla sinistra, e dice:)

L’Orazione: Corpus Domini, etc.

NOVENA ALLA SS. TRINITÀ

TRIDUO O NOVENA ALLA SS. TRINITÀ

Alle tre divine Persone.

(Inizio 26 maggio 2023)

Vi adoro e glorifico con tutto il cuore, Trinità sacrosanta, divinità invisibile del Padre, del Figliuolo  e dello Spirito Santo, unico vero Dio in tre Persone distinte, ma eguali fra loro e nella gloria e nella maestà. In Voi solo, da Voi e per Voi, esistono tutte  le cose, o Sostanza essenziale, Verità infallibile e vera Vita, primo nostro Principio, ed ultimo nostro Fine. Dacché mi faceste a vostra immagine e somiglianza, fate che ai vostri santissimi desideri siano sempre conformi tutti i pensieri della mia mente  tutte le parole della mia lingua, tutti gli affetti del  mio cuore, e tutte quante le mie operazioni; affinché, dopo avervi quaggiù veduto in ispecchio ed in enigma per mezzo della fede, giunga finalmente, a contemplarvi faccia a faccia, possedendovi perfettamente per tutti i secoli nel Paradiso. Tre Gloria.

Al Padre.

Dio Padre, fonte d’ogni essere, da cui emana ogni  paternità sulla terra e nel cielo. Voi che, prima della creazione del mondo, ci predestinaste nel vostro divin Figliuolo, e dando a noi lo stesso Unigenito per  nostra redenzione e salvezza, ci adottaste in Lui per vostri figli, fate che noi sempre vi adoriamo in ispirito di verità, ed osservando fedelmente la vostra legge meritiamo di partecipare cogli Angeli alla eterna eredità del Paradiso. Tre Gloria.

Al Figliuolo.

Dio Figliuolo, generato dal Padre prima dei secoli, lume da lume, Dio vero da Dio vero, eguale e consustanziale al Padre, Splendore della sua gloria, Figura della sua sostanza, eterno Verbo per cui furono create tutte le cose, in cui dimora ogni pienezza di grazia, in cui risiede ogni potere in cielo, in terra e negli abissi, e che verrete nella vostra gloria a giudicare alla fine dei secoli i vivi  ed i morti, dacché vi degnaste di indossare la fragile nostra natura, di farvi obbediente fino alla morte e alla morte di croce, di versare per noi fino  all’ultima stilla il vostro Sangue divino, fate che  noi vi siamo sempre riconoscenti a così segnalati favori, e camminando con Voi la strada delle umiliazioni e dei patimenti, giungiamo ancor a partecipare alla gloria del vostro regno. Tre Gloria.

Allo Spirito Santo.

Dio, Spirito Santo, procedente dal Padre e dal  Figliuolo, Amore immutabile e sostanziale dell’uno  e dell’altro, sorgente d’ogni bontà, dispensatore di  ogni grazia, fortezza e conforto, santificatore e perfezionatore delle anime, Spirito Paraclito, Datore dei sette doni e della perseveranza finale, Unzione spirituale, Carità inestinguibile, per la di cui opera  venne compito il glorioso mistero dell’incarnazione del Verbo, diffuso l’Evangelio in tutto il mondo,  e conservato sempre intatto il sacro deposito della fede, animate noi tutti d’un coraggio simile a quello  degli Apostoli per sostenere, malgrado tutte le dicerie e le persecuzioni del mondo, il glorioso carattere di Cristiani, vivere e morire sempre fedeli alla madre comune dei credenti, la Cattolica Chiesa,  fuori della quale non v’ha speranza di salute e di vita. Tre Gloria.

ORAZIONE.

Omnipotens sempiterne Deus, qui dedisti famulis tuis in confessione veræ fidei, æternæ Trinitatis gloriam agnoscere, et in potentia majestatis adorare Unitatem, quæsumus, ut ejusdem fidei firmitate ab omnibus semper muniamur adversis. Per Dominum nostrum, etc.

NOVENA PIÙ BREVE.

1. Gloria al Padre che mi ha creato a sua immagine. Gloria al Figliuolo che mi ha redento colla sua morte. Gloria allo Spirito Santo che mi ha santificato colla sua grazia. Gloria.

II. Gloria al Padre che mi sostiene col suo potere. Gloria al Figliuolo che mi sostiene colla sua  sapienza. Gloria allo Spirito Santo che mi riscalda col suo amore. Gloria.

III. Gloria al Padre che conserva il mio essere. Gloria al Figliuolo che illumina il mio intelletto. Gloria allo Spirito Santo che santifica la mia volontà. Gloria.

IV . Gloria al Padre per mezzo del mio intelletto che mediterà sempre le sue perfezioni. Gloria al Figliuolo per mezzo della mia memoria che ricorderà sempre i suoi benefici. Gloria allo Spirito Santo per mezzo della mia volontà che sarà sempre obbediente alle sue ispirazioni. Gloria.

V. Dagli Angeli e dagli uomini, dal cielo e dalla  terra, nel tempo e nell’eternità, sia lodata, adorata, benedetta e glorificata la santissima, l’augustissima, la beatissima Trinità. Così sia. Gloria.

ORAZIONE PER TRIDUO O PER NOVENA.

Io vi credo, vi amo, vi benedico, vi adoro, o unica,  o indivisibile, o santissima Trinità, Padre, Figliuolo  e Spirito Santo, un solo Dio in tre Persone. Credo  ciò che non comprendo; adoro ciò che non vedo.  Credo, adoro ed amo il Padre che mi ha creato, il  Figliuolo che mi ha redento, lo Spirito Santo che mi ha santificato. Il Padre che mi sostiene colla sua onnipotenza: il Figliuolo che mi governa colla sua sapienza: lo Spirito Santo che mi vivifica col suo amore.

Onoro la possanza del Padre col sottomettermi senza eccezione al suo supremo dominio.

Onoro la Sapienza  del Figliuolo, abbandonandomi interamente alla sua direzione.

Onoro la bontà dello Spirito Santo, lasciandomi rapire dagli allettamenti del suo amore.

O Trinità adorabile! non sareste il mio Dio se non foste superiore alla mia ragione; ed il mio cuore non potrebbe amarvi ed adorarvi come mio Dio, se potesse  comprendervi la mia mente, perché non sareste infinito se non foste incomprensibile; e non sareste Dio se non foste infinito. Quanto meno vi comprendo  tanto più devo credervi ed adorarvi. Quanto più superate le mie cognizioni, tanto più meritate la mia riverenza. Ora siete l’oggetto delle mie adorazioni, ma un giorno sarete l’oggetto della mia beatitudine ed il mio unico amore. Ora siete il soggetto del mio  merito, ma un giorno sarete la mia ricompensa e la mia felicità. Ora a me vi nascondete per accrescere i miei meriti: allora a me vi scoprirete per dare ai miei meriti la corona. Ora non posso meglio onorarvi che col mio silenzio, né voglio interrompere il mio silenzio se non per unirmi ai Serafini, onde cantar continuamente con loro: Santo, Santo, Santo è  il Dio degli eserciti. Sia gloria al Padre che genera il suo Figliuolo colla virtù infinita del suo intelletto.  Sia gloria al Figliuolo ch’è generato e consostanziale  al suo Padre. Sia gloria allo Spirito Santo che procede dal Padre e dal Figliuolo come termine beato  del loro amore. Sia gloria alle tre Persone della SS. Trinità che fanno a se stesse la loro somma felicità, si amano quanto meritano d’essere amate, e procurano a se stesse una gloria infinita. Quando sarà quel giorno, o adorabile Trinità, in cui saremo felici della stessa felicità vostra, per cui avremo la stessa occupazione, quale si è quella di possedervi, di amarvi e glorificarvi per tutta l’eternità! Tre Pater, Ave, Gl.

(G. Riva; Manuale di Filotea. XXX Ed. – Milano 1888)

TUTTO IL DENZINGER SENTENZA PER SENTENZA DAGLI APOSTOLI A S.S. PIO XII (20): “da URBANO IV a MARTINO V”

TUTTO IL DENZINGER SENTENZA PER SENTENZA DAGLI APOSTOLI A S.S. PIO XII (20)

HENRICUS DENZINGER

ET QUID FUNDITUS RETRACTAVIT AUXIT ORNAVIT

ADOLFUS SCHÖNMATZER S. J.

ENCHIRIDION SYMBOLORUM DEFINITIONUM ET DECLARATIONUM

De rebus fidei et morum

HERDER – ROMÆ – MCMLXXVI

Imprim.: Barcelona, José M. Guix, obispo auxiliar

(da  Urbano VI a Martino V)

URBANO VI: 8 aprile 1378-15 ottobre 1389.

BONIFACIO IX: 2 novembre 1389-1 ottobre 1404

Bolle papali riguardanti il privilegio del monastero St. Osyth, nell’Essex, di conferire gli Ordini maggiori, a. 1400 e 1403

Potere di ordinare concesso ai Sacerdoti.

Bolla “sacræ religionis” del 1° febbraio 1400.

1145. L’onestà della santa pietà con cui i diletti figli, l’Abate e la congregazione del monastero degli Apostoli Pietro e Paolo e la santa vergine e martire Osyth dell’ordine di Sant’Agostino nell’Essex, nella diocesi di Londra, rendono all’Altissimo il loro devoto e zelante culto, merita che… per quanto possiamo presso Dio, ascoltiamo con favore le loro istanze. Pertanto, accogliendo le suppliche dell’Abate e della congregazione in questa materia, concediamo, in virtù dell’Autorità Apostolica, allo stesso Abate, ai suoi successori in eterno, durante il tempo in cui saranno in carica, che possano liberamente e lecitamente conferire, nei tempi previsti dal diritto, a ciascuno dei Canonici di questo monastero che hanno costituito, e che i detti Canonici che sono stati promossi dai detti Abati, possano liberamente e lecitamente esercitare le loro funzioni negli Ordini così ricevuti, senza che nessuna costituzione apostolica o nessun editto contrario che la contraddica – confermato da qualsiasi autenticazione – possa in alcun modo impedirlo. Come dono grazioso ancora più ricco, concediamo all’Abate e alla congregazione, e in virtù della stessa Autorità deliberiamo che se in futuro dovessero verificarsi grazie, permessi, privilegi o altre concessioni o lettere apostoliche in merito alla collazione o alla ricezione di tali Ordini o a qualsiasi altro argomento o questione che siano stati concessi dalla Sede Apostolica o in virtù della suddetta autorità, in modo non permanente o a tempo determinato, al suddetto Abate e alla congregazione o ad altri nel Paese d’Inghilterra o altrove, sia revocata, limitata o diminuita dalla stessa Sede, sia in generale che in particolare, purché la presente concessione non sia in alcun modo revocata, limitata o diminuita. Al contrario, a meno che non sia pienamente, esplicitamente e letteralmente dichiarato, questa lettera manterrà tutta la forza della sua validità, senza essere impedita da qualsiasi costituzione concessa… e da qualsiasi editto contrario.

Apostolicae Sedis, 6 febbraio 1403.

1146. L’avveduta lungimiranza della Sede Apostolica talvolta revoca e annulla ciò che è stato da essa concesso o ordinato, nella misura in cui… riconosce che ciò sia di grande utilità, specialmente per le cattedrali e per i prelati che le presiedono. Infatti, abbiamo ritenuto necessario, poco tempo fa, dare seguito alla pressante richiesta dei diletti figli, l’Abate e la congregazione del monastero di Sant’Osyth dell’ordine di Sant’Agostino nella diocesi di Londra, e permettere allo stesso Abate e ai suoi successori, in virtù dell’Autorità Apostolica e come grazia speciale, con un’altra nostra lettera del 1145, come è esplicitamente dichiarato in quella lettera:

1 – in primo luogo, che l’Abate stesso e i suoi successori abati, durante la loro carica, usino liberamente la mitra, l’anello e tutte le altre insegne pontificie, e che nel suddetto monastero e nei priorati da esso dipendenti, come pure nelle chiese parrocchiali o in altre chiese sotto la loro autorità, anche se non vi sono soggette di diritto, impartiscano occasionalmente una benedizione solenne dopo la celebrazione della Messa, dei Vespri o del Mattutino, purché a tale benedizione non sia presente un Vescovo o un legato della Sede Apostolica;

2. e in secondo luogo, che l’Abate e i suddetti successori possano liberamente e lecitamente conferire, nei tempi prescritti dal diritto, a ciascuno dei Canonici che hanno emesso o emetteranno la professione, tutti gli Ordini minori, nonché gli Ordini del suddiaconato, del diaconato e del presbiterato, senza che le costituzioni del nostro predecessore di felice memoria, Papa Alessandro IV, che iniziano con “Abbates“, e qualsiasi altra costituzione apostolica, lo impediscano in alcun modo. Tuttavia, poiché, come risulta dal contenuto della petizione che ci è pervenuta poco tempo fa dal nostro venerabile fratello Roberto, Vescovo di Londra, il suddetto monastero, sul quale lo stesso Vescovo ha il diritto di patronato, è stato fondato da alcuni predecessori di quel Vescovo… … e che tali lettere o concessioni hanno l’effetto di danneggiare gravemente il Vescovo stesso, la sua giurisdizione ordinaria e la Chiesa di Londra, siamo stati umilmente pregati da questo Vescovo di degnarci, nella nostra bontà apostolica, di fare in modo che non ci sia alcun danno per lui e per questa Chiesa in quanto sopra. Volendo provvedere a questo… e cedendo a queste richieste, in virtù della nostra Autorità Apostolica e di una conoscenza più certa, con la presente revocavamo, interrompevamo e annullavamo questa lettera e queste concessioni, e volevamo che fossero senza validità e senza portata.

INNOCENZO VII: 17 ottobre

1404-6 novembre 1406

GREGORIO XII: 30 novembre 1406-4 luglio 1415

CONCILIO DI COSTANZA (16° ecumenico)

5 dicembre 1414-22 aprile 1418

Sessione VIII, maggio 1415: decreto confermato da papa Martino V,  22 febbraio 1418

Errori di John Wyclif

1151. 1 La sostanza del pane materiale e la sostanza del vino materiale sussistono nel sacramento dell’altare.

1152. 2 Gli accidenti del pane non sussistono senza un soggetto nello stesso sacramento.

1153. 3. Cristo non è identicamente e realmente nello stesso sacramento nella sua persona corporea.

1154. 4. Se un vescovo o un sacerdote è in stato di peccato mortale, non ordina, non compie il sacramento dell’altare, non consacra e non battezza.

1155. 5. Non si trova nel Vangelo che Cristo abbia ordinato la celebrazione della Messa.

1156. 6. Dio deve obbedire al diavolo.

1157. 7. Se uno ha una contrizione adeguata, ogni confessione esterna è superflua e non necessaria per lui.

1158. 8. Se il Papa è reprobo (prescitus) e malvagio, e quindi membro del diavolo, non ha alcun potere sui fedeli conferitogli d a nessun altro se non, forse, da Cesare.

1159. 9. Da Urbano VI, nessuno deve essere accettato come papa, ma deve vivere alla maniera dei Greci, secondo le proprie leggi.

1160. 10. È contrario alle Sacre Scritture che gli uomini di Chiesa possiedano proprietà.

1161. 11. Nessun prelato deve scomunicare qualcuno, a meno che non sappia in anticipo che è stato scomunicato da Dio; chi così scomunica diventa per questo motivo eretico o scomunicato.

1162. 12. Un prelato che scomunica un chierico che si è appellato al re o al consiglio del regno, è in questo modo un traditore del re e del regno.

1163. 13. Coloro che cessano di predicare o ascoltare la Parola di Dio a causa della scomunica da parte degli uomini, sono scomunicati e saranno considerati traditori di Cristo nel giorno del giudizio.

1164. 14. È lecito a un diacono o a un Sacerdote predicare la Parola di Dio senza il permesso della Sede Apostolica o di un Vescovo cattolico.

1165. 15. Nessuno è signore civile, nessuno è prelato, nessuno è Vescovo, quando sia in stato di peccato mortale (cf. 1230).

1166. 16. I signori temporali possono, a loro piacimento, togliere i loro beni temporali alla Chiesa ai possessori che delinquono per abito abitualmente e non solo se in atto.

1167. 17. Il popolo può correggere i signori in errore secondo il proprio giudizio.

1168. 18. Le decime sono semplici elemosine e i parrocchiani possono rifiutarle a piacimento a causa dei peccati dei loro prelati.

1169. 19. A parità di condizioni, le preghiere speciali rivolte ad una singola persona da prelati o religiosi non sono più utili di quelle generali di altri.

1170. 20. Chi fa l’elemosina ai fratelli è scomunicato.

1171. 21. Se qualcuno entra in un qualsiasi stato religioso, sia con i possessori che con i mendicanti, diventa tanto più incapace ed inadatto a osservare i comandamenti di Dio.

1172. 22. I santi che hanno fondato ordini religiosi hanno peccato nel fondarli.

1173. 23. I religiosi che vivono in ordini religiosi non fanno parte della religione cristiana.

1174. 24. I frati devono procurarsi il cibo con il loro lavoro, non con l’elemosina. [censura in altro testo] … La prima parte è scandalosa e presuntuosa, in quanto se ne parla in modo generico e senza distinzioni; la seconda è errata, in quanto si afferma che la mendicità non sia permesso ai frati.

1175. 25. Tutti questi sono simoniaci ché si obbligano a pregare per gli altri che li aiutano materialmente.

1176. 26. La preghiera di un prescito (reprobo) non ha valore per nessuno.

1177. 27. Tutto avviene per assoluta necessità.

1178. 28. È a causa della brama di guadagni temporali e di onori che la Cresima dei giovani, l’Ordinazione dei chierici e la Consacrazione dei luoghi siano riservati al Papa e ai Vescovi.

1179. 29. Le università, gli studi, i collegi e il conferimento di lauree e specialità in essi, sono frutto di un vano paganesimo e sono utili alla Chiesa quanto il diavolo.

1180. 30. La scomunica da parte del Papa o di qualsiasi prelato non è da temere, perché è sentenza dell’Anticristo.

1181. 31. Coloro che hanno fondato i chiostri peccano e coloro che vi entrano sono uomini malvagi.

1182. 32. Arricchire un chierico è contrario al comandamento di Cristo.

1183. 33. Papa Silvestro e l’imperatore Costantino sbagliarono nel dotare la Chiesa.

1184. 34. Tutti i membri degli Ordini mendicanti sono eretici e chi fa loro l’elemosina è scomunicato.

1185. 35. Chi entra in una Religione o in un Ordine non è in grado di osservare i precetti divini (cf. 1171) e, di conseguenza, di raggiungere il regno dei cieli, a meno che non apostatizzi da essi. Sono anche incapaci di osservare i precetti divini e, di conseguenza, di raggiungere il Regno dei Cieli, a meno che non apostatino da essi, perché possiedono proprietà, e così anche coloro che sono d’accordo con loro, cioè tutti i signori secolari e altri laici.

1187. 37. La Chiesa romana è la sinagoga di satana (Ap II, 9) e il Papa non è il Vicario immediato e prossimo di Cristo e degli Apostoli.

1188. 3. Le lettere decretali sono apocrife e allontanano dalla fede in Cristo, e i chierici che le studiano sono stupidi.

1189. 39. L’imperatore e i signori secolari sono stati sedotti dal diavolo per dotare la Chiesa di beni temporali.

1190. 40. L’elezione del Papa da parte dei Cardinali è stata introdotta dal diavolo.

1191. 41. Non è necessario per la salvezza credere che la Chiesa romana sia superiore a tutte le altre. (Censura🙂 È un errore se per Chiesa romana si intende la Chiesa universale o il Concilio generale, o in quanto negherebbe il primato del Sommo Pontefice sulle altre Chiese particolari.

1192. 42. È stolto credere alle indulgenze del Papa e dei Vescovi.

1193. 43. I giuramenti fatti per far rispettare contratti umani e rapporti civili sono illeciti.

1194. 44. Agostino, Benedetto e Bernardo sono dannati a meno che non si siano pentiti di possedere proprietà, di fondare Ordini religiosi e di entrarvi; e così, dal Papa fino al più piccolo religioso, tutti sono eretici.

1195. 45. Tutti gli ordini religiosi senza distinzione sono stati introdotti dal diavolo.

Sessione XIII, 15 giugno 1415: decreto “Cum in nonnullisconfermato da Papa Martino V, 1° settembre 1425.

Decreto sulla comunione sotto le sole specie del pane.

1198. Ci sono alcuni che presumono di affermare avventatamente, in alcune parti del mondo, che il popolo cristiano debba ricevere il santo Sacramento dell’Eucaristia sotto le due specie del pane e del vino, e che tutti i laici debbano ricevere la Comunione non solo sotto la specie del pane, ma anche sotto quella del vino, anche dopo aver mangiato o senza aver digiunato; e si ostinano a sostenere che la comunione vada fatta contro la lodevole e ragionevolmente giustificata consuetudine della Chiesa, e che si sforzano di respingere in modo condannabile come sacrilego, a cominciare dal capo. Per questo motivo il presente Concilio Generale di Costanza dichiara, decide e definisce che, sebbene Cristo abbia istituito questo venerabile Sacramento dopo la Cena del Signore e lo abbia amministrato ai suoi Apostoli sotto le due specie del pane e del vino, tuttavia, nonostante ciò, la lodevole autorità dei santi Canoni e la consuetudine approvata della Chiesa hanno ritenuto e sostengono che tale Sacramento non debba essere celebrato dopo il pasto e che non debba essere ricevuto dai fedeli che non sono a digiuno, se non in caso di malattia e di altre necessità, concesse o ammesse dalla legge e dalla Chiesa.

1199. E poiché questa consuetudine era stata ragionevolmente stabilita per evitare certi pericoli e scandali, tanto più poteva essere stabilita e osservata una consuetudine simile, cioè che, sebbene nella Chiesa primitiva questo Sacramento fosse ricevuto dai fedeli sotto entrambe le specie, ma in seguito sarebbe stato ricevuto dai celebranti sotto entrambe le specie, e dai laici solo sotto la specie del pane, poiché si deve credere fermamente e non si può dubitare che tutto il Corpo ed il Sangue di Cristo siano realmente contenuti sia sotto la specie del pane che sotto quella del vino. Pertanto, poiché questa usanza è stata ragionevolmente stabilita dalla Chiesa e dai santi Padri, ed è stata osservata per molto tempo, deve essere considerata come una legge che non è lecito contestare o cambiare a piacimento senza il permesso della Chiesa.

1200. Per questo motivo, dire che sia sacrilego ed illecito osservare questa usanza o legge, è da considerarsi erroneo, e coloro che si ostinano ad affermare il contrario di quanto sopra siano da considerarsi eretici.

SESSIONE XV, 6 luglio 1415, decreto confermato da Martino V il 22 febbraio 1418.

Errori di Giovanni Hus

1201. 1. La santa Chiesa universale, composta da tutti i predestinati, è unica. Più avanti continua: C’è una sola santa Chiesa universale come c’è un solo insieme di tutti i predestinati.

1202. 2. Paolo non è mai stato un membro del diavolo, anche se ha commesso alcuni atti simili a quelli della Chiesa dei malvagi.

1203. 3. I “presciti” non sono parti della Chiesa, poiché nessuna parte di essa viene tagliata come fine, dato che la carità della predestinazione, che la unifica, non scompare (1Co XIII, 8) .

1204. 4. le due nature, la divinità e l’umanità, sono un solo Cristo.

1205. 5. il “prescito”, pur essendo in grazia secondo la giustizia attuale, non fa mai parte della santa Chiesa, e il predestinato rimane sempre membro della Chiesa, anche se talvolta si allontana dalla grazia avventizia, ma non dalla grazia della predestinazione.

1206. 6 Se la Chiesa è intesa come l’assemblea dei predestinati, che sia o meno in grazia secondo la giustizia attuale, è in questo modo un articolo di fede.

1207. 7. Pietro non era e non è il capo della santa Chiesa cattolica.

1208. 8. I Sacerdoti che vivono nel peccato offuscano in qualsiasi modo il potere del sacerdozio e, come figli infedeli, hanno una concezione infedele dei sette sacramenti delle chiavi, degli uffici, delle censure, della morale, delle cerimonie e delle cose sante della Chiesa, della venerazione delle reliquie, delle indulgenze e degli ordini.

1209. 9. La dignità papale si è sviluppata da Cesare, e la preminenza e l’istituzione del Papa sono nate dal potere di Cesare.

1210. 10. Nessuno può ragionevolmente affermare di sé, o di un altro, senza una rivelazione, di essere il capo di una particolare Chiesa santa; e il Romano Pontefice non è il capo della Chiesa romana.

1211. 11. Non si deve credere che un particolare Pontefice Romano sia il capo di una particolare santa chiesa, a meno che Dio non lo abbia predestinato.

1212. 12. Nessuno si pone al posto di Cristo o di Pietro, se non li imita con la sua condotta: nessun altro modo di seguirli è più pertinente, e riceve da Dio il potere di agire come procuratore; per questa offerta di un Vicario si richiede la conformità dei costumi e l’autorità di colui che istituisce.

1213. 13. Il Papa non è il vero e manifesto successore del Principe degli Apostoli, Pietro, se vive in modo contrario a quello di Pietro; se è avido di beni, allora è un vicario di Giuda Iscariota. Per la stessa ovvia ragione, i Cardinali non sono i veri e manifesti successori del collegio degli altri Apostoli di Cristo, se non vivono come gli Apostoli nell’osservanza dei comandamenti e dei consigli di nostro Signore Gesù Cristo.

1214. 14. I dottori che sostengono che colui che debba essere corretto dalla censura ecclesiastica e debba essere consegnato al giudizio secolare se non vuole correggersi, seguono sicuramente quei capi sacerdoti, scribi e farisei che consegnarono al giudizio secolare il Cristo che non voleva obbedire loro in tutto, dicendo: Non ci è lecito mettere a morte nessuno (Gv XVIII,31), per cui sono più colpevoli omicidi di Pilato.

1215. 15. L’obbedienza ecclesiastica è un’obbedienza approvata dai Sacerdoti della Chiesa, al di fuori dell’autorità esplicita della Scrittura.

1216. 16. La divisione immediata tra gli atti umani consiste nel fatto che siano virtuosi o viziosi: se un uomo è vizioso, agisce viziosamente in tutti i suoi atti; se è virtuoso, agisce virtuosamente in tutti i suoi atti. Infatti, come il vizio, che si chiama crimine o peccato mortale, infetta tutti gli atti dell’uomo vizioso, così la virtù vivifica tutti gli atti dell’uomo virtuoso.

1217. 17. Il Sacerdote di Cristo che vive secondo la sua legge, ha una conoscenza delle Scritture e desidera edificare il popolo, deve predicare, nonostante una finta scomunica. Inoltre, se il Papa o un qualsiasi superiore ordina aD un Sacerdote in questa situazione di non predicare, il subordinato non deve obbedire.

1218. 18. Chi accede al Sacerdozio riceve per mandato l’ufficio della predicazione; e deve esercitare questo mandato, nonostante una presunta scomunica.

1219. 19. Con le sanzioni ecclesiastiche della scomunica, della sospensione e dell’interdetto, il clero sottomette per la propria esaltazione il popolo secolare, moltiplica l’avarizia, protegge la malvagità e prepara la strada per

l’Anticristo. Il segno evidente di ciò è che le sanzioni, che nei loro processi sono chiamate fulminazioni e che il clero usa il più delle volte contro coloro che denunciano l’iniquità dell’Anticristo, di cui il clero si è appropriato per la maggior parte, provengono dall’Anticristo.

1220. 20. Se il Papa è malvagio, e soprattutto se è reprobo, è, come Giuda l’Iscariota, un demonio, un ladro e un figlio della perdizione, e non è il capo della santa Chiesa militante, poiché non ne è neppure membro.

1221. 21. La grazia della predestinazione è il vincolo con cui il corpo della Chiesa e ciascuno dei suoi membri sono indissolubilmente legati al capo stesso.

1222. 22. Un Papa o un prelato malvagio e reprobo è un pastore solo in modo equivoco; in realtà è un ladro ed un brigante.

1223. 23. Il Papa non deve essere chiamato santissimo nemmeno per il suo ufficio, perché allora il re dovrebbe essere chiamato santissimo per il suo ufficio, e i torturatori e i messaggeri sarebbero chiamati santissimi; molto più, il diavolo stesso dovrebbe essere chiamato santissimo, dato che detiene il suo ufficio da Dio.

1224. 24. Se il Papa vive in modo contrario a Cristo, anche se è stato istituito in virtù di un’elezione corretta e legittima secondo le comuni regole umane, tuttavia è stato promosso in modo diverso da Cristo, poiché è salito a questo ufficio solo con un’elezione fatta in primo luogo da Dio. Giuda Iscariota, infatti, è stato giustamente e legittimamente eletto all’apostolato da Cristo Gesù, eppure “è entrato nell’ovile per un’altra via”.

1225. 25. La condanna dei quarantacinque articoli di Giovanni Wyclif da parte dei dottori è irragionevole, iniqua e malvagia, e il motivo addotto da loro è inventato, cioè che nessuno di questi articoli sia cattolico, ma che ognuno sia eretico, erroneo o scandaloso.

1226. 26. Poiché gli elettori o la maggioranza di essi si sono accordati oralmente su una persona, secondo i riti degli uomini, questa persona non è per questo legittimamente eletta, oppure non è per questo il vero e manifesto successore o vicario dell’Apostolo Pietro o di qualsiasi altro Apostolo in un ufficio ecclesiastico. Di conseguenza, sia che gli elettori abbiano eletto bene o male, dobbiamo fidarci delle opere dell’eletto. Infatti, poiché qualcuno agisce più meritoriamente per il progresso della Chiesa, possiede un potere maggiore da parte di Dio.

1227. 27. Non c’è la minima indicazione apparente della necessità di un unico capo per governare la Chiesa nelle questioni spirituali, (capo) che dovrebbe sempre essere in relazione con la Chiesa militante.

1228. 28. Senza questi mostruosi capi, Cristo governerebbe meglio la sua Chiesa attraverso i suoi veri discepoli sparsi sulla terra.

1229. 29. Gli Apostoli e i fedeli sacerdoti di Cristo dirigevano con fermezza la Chiesa nelle cose necessarie alla salvezza prima che fosse introdotto l’ufficio del papa; e lo faranno fino al giorno del giudizio, nel caso di un possibile fallimento del papa.

1230. 30. Nessuno è signore civile, nessuno è prelato, nessuno è vescovo, se è in stato di peccato mortale (cf. 1165).

SESSIONE XV, 6 luglio 1415: decreto “Quilibet tyrannus“.

Proposta errata sul tirannicidio.

1235. La proposizione: Ogni tiranno può e deve essere legittimamente e meritoriamente ucciso da uno qualsiasi dei suoi vassalli o sudditi, anche per mezzo di insidie, lusinghe o adulazioni, nonostante qualsiasi giuramento o alleanza contratta con lui, e senza attendere la sentenza o l’ordine di un giudice, … è erroneo in materia di fede e di morale, e il Concilio lo riprova come eretico, scandaloso, sedizioso e foriero di frodi, inganni, menzogne, tradimenti e spergiuri. Inoltre, dichiara, decide e definisce che coloro che si ostinano a sostenere questa perniciosissima dottrina sono eretici.

MARTINO V: 11 novembre 1417-20 febbraio

Bolla “Inter cunctas” 22 febbraio 1418

Questionario per i Wicleftiti e gli Ussiti

1247. 5. Allo stesso modo se crede, ritiene e afferma che ogni concilio generale, e anche quello di Costanza, rappresenta la Chiesa universale.

1248. 6. Allo stesso modo, se crede che il santo Concilio di Costanza, che rappresenta la Chiesa universale, ha approvato e approva a favore della fede e per la salvezza delle anime, questo deve essere approvato e ritenuto da tutti i fedeli di Cristo; e che ciò che ha condannato e condanna come contrario alla fede e ai buoni costumi, questo deve essere ritenuto, creduto e affermato come tale da ogni cattolico.

1249. 7. Allo stesso modo, se crede che le condanne di Giovanni Wyclif d’Inghilterra, Giovanni Hus di Boemia e Girolamo di Praga, pronunciate dal santo Concilio generale di Costanza riguardo alle loro persone, ai loro scritti e alle loro dottrine, sono state giustamente e giustamente pronunciate, e che devono essere ritenute e fermamente affermate come tali da ogni cattolico.

1250. 8. Allo stesso modo se crede, ritiene e afferma che Giovanni Wyclif d’Inghilterra, Giovanni Hus di Boemia e Girolamo di Praga erano eretici e devono essere designati e riconosciuti come tali, e che i loro libri e le loro dottrine erano e sono falsi, e che fu a causa loro e della loro ostinazione che furono condannati come eretici dal santo concilio di Costanza.

1251. 11. Allo stesso modo si chiederà a un uomo colto se crede che la sentenza del santo Concilio di Costanza sui quarantacinque articoli di Giovanni Wyclif e sui trenta di Giovanni Hus sopra riprodotti sia vera e cattolica, cioè che i quarantacinque articoli di Giovanni Wyclif e i trenta di Giovanni Hus non siano cattolici, ma che alcuni di essi siano manifestamente eretici, altri erronei, altri temerari e sediziosi, e altri ancora offendano le orecchie pie.

1252. 12. Allo stesso modo se crede e afferma che non è lecito in nessun caso prestare giuramento.

1253. 13. Allo stesso modo, se crede che sia lecito giurare per dire la verità su mandato del giudice o per qualsiasi altro motivo opportuno, anche per disonorarsi.

1254. 14. Allo stesso modo se ritiene che lo spergiuro consapevolmente commesso, per qualsiasi motivo o occasione, per preservare la propria vita o quella di un altro, anche a favore della fede, sia un peccato mortale.

1255. 15. Allo stesso modo se crede che commette peccato mortale chi deliberatamente non rispetta il rito della Chiesa, le cerimonie dell’esorcismo, il catechismo e la consacrazione dell’acqua del battesimo.

1256. 16. Allo stesso modo se crede che dopo la Consacrazione fatta dal Sacerdote non c’è più nel Sacramento dell’altare, sotto il velo del pane e del vino, pane e vino materiali, ma in tutto lo stesso Cristo che ha sofferto sulla croce e siede alla destra del Padre.

1257. 17. Allo stesso modo se crede e afferma che dopo la Consacrazione fatta dal Sacerdote, sotto la sola specie del pane e indipendentemente dalla specie del vino, è presente la vera carne di Cristo, il suo sangue, la sua anima, la sua divinità, tutto Cristo; e che è lo stesso corpo in assoluto sotto ciascuna di queste specie prese separatamente.

1258. 18. Allo stesso modo se crede che la consuetudine osservata dalla Chiesa universale e approvata dal santo Concilio di Costanza di comunicare i laici solo sotto le specie del pane, sia da rispettare nel senso che non è lecito ripudiarla o modificarla a piacimento senza il permesso della Chiesa. E che coloro che affermano il contrario di quanto sopra siano allontanati e puniti come eretici o in odore di eresia.

1259. 19. Allo stesso modo se crede che un Cristiano che disprezza la ricezione dei Sacramenti della Cresima, dell’Estrema Unzione o la solennizzazione del matrimonio, commettA un peccato mortale.

1260. 20. Allo stesso modo se crede che un Cristiano sia tenuto, per essere necessariamente salvato, oltre alla contrizione del cuore, quando può trovare un Sacerdote qualificato, a confessarsi solo con il Sacerdote e non con un laico o dei laici, per quanto buoni e pii possano essere.

1261. 21. Allo stesso modo, se crede che il Sacerdote, nel caso in cui abbia giurisdizione, possa assolvere dai suoi peccati un peccatore che li confessi e abbia contrizione, e che possa imporgli una penitenza.

1262. 22. Allo stesso modo se crede che un cattivo Sacerdote che, con la materia e la forma prescritte, intende fare ciò che fa la Chiesa, consacri veramente l’Eucaristia, assolva veramente, battezzi veramente, conferisca veramente gli altri Sacramenti.

1263. 23. Allo stesso modo, se crede che il beato Pietro sia stato il vicario di Cristo, con il potere di legare e sciogliere sulla terra.

1264. 24. Allo stesso modo se crede che il papa canonicamente eletto, che è quello del momento, dopo la proclamazione del suo nome proprio è il successore del beato Pietro, avendo suprema autorità nella Chiesa di Dio.

1265. 25. Allo stesso modo, se crede che il potere di giurisdizione del Papa, di un Arcivescovo o di un Vescovo, di legare e sciogliere, sia maggiore di quello di un semplice Sacerdote, anche se incaricato di cura d’anime.

1266. 26. Allo stesso modo, se crede che il Papa possa, per giusti e pii motivi, concedere indulgenze per la remissione dei peccati a tutti i Cristiani veramente contriti che si sono confessati, specialmente a coloro che visitano i luoghi santi e tendono una mano.

1267. 27. Se ritiene che coloro che, approfittando di tale concessione, visitano le chiese e vi prestano aiuto, possano ricevere indulgenze.

1268. 28. Allo stesso modo, se ritiene che i Vescovi possano concedere ai loro sudditi, entro i limiti dei sacri canoni, indulgenze di questo tipo.

1269. 29. Allo stesso modo se crede e afferma che è lecito che le reliquie e le immagini dei Santi siano venerate dai fedeli.

1270. 30. Allo stesso modo, se crede che gli Ordini riconosciuti dalla Chiesa siano stati legittimamente e ragionevolmente introdotti dai santi Padri.

1271. 31. Allo stesso modo se crede che il Papa o un altro prelato, dopo aver nominato il Papa del momento, o i loro Vicari, possano scomunicare per disobbedienza il loro suddito ecclesiastico o secolare, e che quest’ultimo debba essere considerato come scomunicato.

1272. 32. Allo stesso modo se ritiene che se la disobbedienza o la ribellione dello scomunicato aumenta, i prelati o i loro vicari hanno il potere di aggravare e aggravare ulteriormente, di emettere l’interdetto e di chiamare il braccio secolare, e che i sudditi devono obbedire a queste censure.

1273. 33. Allo stesso modo, se crede che il Papa e gli altri prelati e i loro vicari per le questioni spirituali abbiano il potere di scomunicare i Sacerdoti e i laici disobbedienti e ribelli, e di sospenderli dall’ufficio, dal beneficio, dall’ingresso in Chiesa e dall’amministrazione dei Sacramenti.

1274. 34. Allo stesso modo, se crede che sia lecito, senza peccato, che le persone ecclesiastiche abbiano beni mondani e temporali.

1275. 35. Allo stesso modo se ritiene che non sia permesso ai laici di portarli via di propria iniziativa; che al contrario, se sottraggono questi beni ecclesiastici, li rimuovono e li occupano in questo modo, devono essere puniti come sacrileghi, anche se le persone ecclesiastiche che possiedono questi beni conducono una vita cattiva.

1276. 36. Allo stesso modo se ritiene che tale privazione o occupazione, indipendentemente dal Sacerdote, anche se di cattiva vita, a cui è stata inflitta o imposta in modo sconsiderato e violento, comporti un sacrilegio.

1277. 37. Allo stesso modo, se ritiene che sia lecito per i laici e le donne di entrambi i sessi predicare liberamente la parola di Dio.

1278. 38. Allo stesso modo se crede che sia permesso a ogni Sacerdote di predicare la parola di Dio liberamente, ovunque, in qualsiasi momento e a chiunque voglia, anche senza aver ricevuto l’incarico.

1279. 39. Allo stesso modo se crede che tutti i peccati mortali, e specialmente quelli manifesti, debbano essere pubblicamente corretti ed estirpati.

Bolla “Gerentes ad vos” all’Abate del monastero cistercense di Altzelle in Sassonia, 16 novembre 1427.

Concessione del potere di ordinare ai Sacerdoti.

1290. Sentendo per te e per il tuo monastero un senso di amore paterno, ci prendiamo volentieri cura dei tuoi benefici e accogliamo benevolmente le tue richieste, soprattutto quelle che rispondono alle tue petizioni. Pertanto, volendo conferire a te e al monastero stesso una prerogativa di grazia e di onore, concediamo a te, figlio Abate, in virtù dell’Autorità Apostolica e con le presenti, il permesso e anche la facoltà – ogni volta che sarà opportuno d’ora in poi e per cinque anni – di riconciliare tutte le chiese che in tutto o in parte ricadono sotto il diritto di collazione, di disposizione, di presentazione e di ogni altro diritto vostro e della vostra assemblea, così come i membri di detto monastero che si trovano nella diocesi di Meissen e i loro cimiteri che sono stati sporcati dal sangue o dal seme, nonché di conferire tutti gli Ordini sacri a tutti i monaci di detto monastero e a tutte le persone che sono soggette a voi come Abate, senza che a tal fine sia necessario il permesso del Vescovo locale e nonostante qualsiasi costituzione o editto apostolico che sia contrario.

TUTTO IL DENZINGER SENTENZA PER SENTENZA DAGLI APOSTOLI A PIO XII (21): “da EUGENIO IV a CALLISTO III”

LA VERGINE MARIA (6)

Il Vescovo Tihámer Toth

LA VERGINE MARIA (6)

Nihil Obstat: Dr. Andrés de Lucas, Canonico. Censore.

IMPRIMATUR: José María, Vescovo Ausiliare e Vicario Generale. Madrid, 27 giugno 1951.

CAPITOLO VI

“TUTTE LE GENERAZIONI MI CHIAMERANNO BEATA

(Luca 1,48)

La storia del culto presenta una caratteristica peculiare ed estremamente interessante, che merita di essere studiata in un capitolo a parte. Ed è che la Vergine Maria, in visita alla cugina Elisabetta, le preannunciò il culto vastissima e generale, che avrebbe ricevuto nel corso dei secoli dei secoli, e le sue parole profetiche ed il loro incessante e perfetto adempimento, ci obbligano ad una profonda meditazione. Immaginiamo che una ragazza di periferia di circa sedici anni, sia giunta nella capitale in una delle strade più centrali della città e cominciasse a dire in tutta serietà: “Vedrete che finché esisterà il mondo, gli uomini, dal Polo Nord fino al Polo Sud, parleranno sempre di me, una povera villica, con ammirazione…” Che sorrisi di pietà susciterebbe in noi, non è vero? Ebbene, questo è più o meno quello che è successo alla Vergine Maria. Il paese dei Giudei non aveva alcuna importanza nel mondo conosciuto a quel tempo; e Nazareth, dove quella fanciulla aveva la sua casa, era un piccolo villaggio insignificante e non aveva alcuna importanza (Gv 1,46), nella terra dei Giudei. Dopo il saluto dell’Angelo, quella fanciulla sconosciuta, Maria, parte dal suo villaggio per andare a trovare sua cugina Elisabetta; e la gioia prorompe dalle sue labbra … che, a causa della sua incredibile ingenuità, non poteva che essere fonte di ironia, se la testimonianza di due millenni non lo confermasse. – Elisabetta saluta la Vergine Maria con gioia, e Maria risponde al saluto di Elisabetta con questo bellissimo inno: “L’anima mia glorifica il Signore, e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore, perché ha visto l’umiltà della sua ancella; d’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata, perché Egli ha fatto grandi cose in me, Colui che è potente, il cui nome è santo” (Lc. 1,46-49). Con quale incredulità avremmo ricevuto queste parole se per caso avessimo assistito alla scena! Tutte le generazioni ti chiameranno beata? I milioni e milioni di uomini che vivranno sulla terra? Ma chi sei tu, forse la moglie di un potente imperatore, la figlia del quasi onnipotente Cesare Augusto? Ma no! Tu sei la figlia sconosciuta di un popolo insignificante … Tu sogni! Tu sogni! Queste sono allucinazioni! Ma la storia confuta le nostre parole di disprezzo… È di questo che voglio parlare in questo capitolo. Diamo uno sguardo alla storia per vedere come, parola per parola, quello che Maria ha detto: “Tutte le generazioni mi chiameranno be0ata si sono realizzate”. Guardiamo alla storia del culto: I. nell’età antica; II., in epoca medievale; e III, nei tempi moderni.

I. IL CULTO DI MARIA NEL PRIMO CRISTIANESIMO

A) Il culto appare al nostro sguardo oggi come un’immensa cattedrale che abbraccia il mondo intero; tutte le generazioni hanno costruito, ed ampliano questa magnifica cattedrale; ma le fondamenta sono state gettate dagli Evangelisti Matteo e Luca, che in poche parole dicono di Maria la cosa più grande che si possa dire di una creatura. – I primi fondamenti del culto si trovano nelle prime pagine dei Vangeli, dove l’Evangelista si riferisce alla genealogia terrena di Gesù e termina il racconto con queste parole: “Giacobbe generò Giuseppe, sposo di Maria, dalla quale nacque Gesù, chiamato Cristo” (Mt I,16). Se in tutta la Sacra Scrittura non si parlasse più di Maria, queste brevi parole sarebbero più che sufficienti a spiegare l’intensa adorazione di Maria. Dov’è l’eloquenza umana capace di esaurire questo singolo pensiero: Maria è la Madre di Dio! Non dovremmo forse onorare la Madre il cui Figlio è Dio? – Tutto il culto che le tributarono con amina gioiosa i secoli cristiani scaturisce da questo solo fatto: Ella è la Madre di Cristo, del Figlio di Dio incarnato. Il Vangelo di San Luca riporta anche le bellissime parole con cui l’Angelo del Signore salutò la Vergine Maria per la prima volta, e che sono ripetute da milioni e milioni di persone ogni giorno: “Ave, piena di grazia, il Signore è con te; benedetta tu tra le donne” (Lc. 1, 28). – E leggiamo, sempre in San Luca, la rapida eco di questo saluto, quando Elisabetta accolse Maria con queste parole: “Tu sei benedetta fra le donne, e benedetto è il frutto del tuo grembo” (Lc. 1,42). –  Leggiamo la storia dei pastori di Betlemme. Andarono in fretta a Betlemme e trovarono… trovarono… Chi hanno trovato? Hanno trovato un bambino solo? No. Ma: “Trovarono Maria e Giuseppe, e il Bambino adagiato nella mangiatoia” (Lc. 2,16). Accanto al Bambino divino c’è sempre anche la sua Vergine Madre. E leggiamo della sua presentazione al tempio, la visita che Gesù a sua volta fece al tempio all’età di dodici anni e del suo ritorno; alla fine del memorabile evento, ci sono queste righe: “Ed era loro sottomesso” (Lc. 2, 51). Cristo era obbediente Figlio di Maria. E pendente dalla croce, il Signore affida la sua Madre all’Apostolo San Giovanni con queste parole: “Ecco tua Madre”. E gli Apostoli testimoniano che dopo l’Ascensione di Cristo, il loro centro di coesione fosse la Beata Vergine. – Dio inviò un Arcangelo per salutare la Vergine Maria, e questa Vergine è la Madre di Dio, e a questa Madre il suo Figlio divino obbedì con umile amore…: questa è la radice ultima del culto mariano; questa è la prima tappa nel compimento della profezia: “Sarò chiamata beata per tutte le generazioni”.

B) Il profondo amore con il quale la pietà dei primi Cristiani circondava la Vergine Maria è dimostrato da diverse testimonianze. E se non si vuole dare credito ai passi sopra citati della Sacra Scrittura, le stesse parole parlerebbero a favore di Maria; immagini, statue, chiese, leggende, santuari, feste, cantici ed inni testimonierebbero la pietà con cui la Chiesa cattolica esaltò Maria. – La prima testimonianza è data dalle le immagini più antiche. Il culto cristiano, all’inizio, veniva celebrato – a causa delle sanguinose persecuzioni  – nelle catacombe. Ed è un fatto interessante che nelle catacombe più antiche, ad esempio nelle catacombe di Priscilla, per esempio, ci sono già immagini della Beata Vergine, che tiene tra le braccia il Bambino Gesù. Tali immagini risalgono alla prima metà del II secolo. La Vergine Maria era venerata in un’epoca in cui – per così dire – il Sangue di Cristo era ancora caldo, quando i primi martiri offrirono la loro vita per la fede di Gesù. È possibile che i primi Cristiani si fossero già allontanati dalla vera fede in Gesù? Se il culto mariano fosse stato compatibile con la volontà di Cristo, non lo avrebbero protestato coloro che hanno potuto ancora aver appreso la loro fede dagli Apostoli stessi e dal loro immediati successori? E non hanno protestato, anzi, ci hanno lasciato in eredità bellissimi libri in difesa di Maria, che risalgono al secondo secolo e sono dovuti alla penna di San Giustino, di Sant’Ireneo e Tertulliano. –  L’antichità del culto è dimostrata anche dall’accumularsi di leggende che si sono intrecciate intorno alla figura della Beata fin dai primi tempi più remoti, leggende che ci sono state tramandate nei cosiddetti scritti apocrifi. Un altro passo nello sviluppo del culto fu l’istituzione delle feste di Maria, che portò all’attenzione dei fedeli gli eventi occasionali della vita della Vergine. Un ulteriore passo avanti furono le chiese erette in suo onore. È vero che solo nel IV secolo si trovano templi di questo tipo scoperti sul terreno, ma molto prima di allora i cristiani onoravano con amore e omaggisvano le immagini di Maria sottoterra, nelle catacombe. – Il tempio più antico di cui siamo a conoscenza è stato costruito da Papa Silvestro I, all’inizio dell’era del IV secolo, la chiesa di “Maria Antiqua”. Nel V secolo, Papa Sisto III fece costruire la chiesa di “Santa Maria Maggiore”, che ancora oggi è una delle più belle chiese mariane del mondo. Da allora sono state costruite chiese in onore della Vergine, da imperatori, re, Vescovi e illustri laici, così che alla fine dell’età antica, vennero eretti templi, sempre più belli, a testimonianza della verità, espressa nell’inno dell’umile Vergine di Nazareth: “Tutte le generazioni mi chiameranno beata”. – Per vedere la cura filiale e la sollecita preoccupazione con cui i Cristiani primitivi vegliavano sulla dignità e sul culto di Maria, è sufficiente ricordare il Concilio di Efeso, tenutosi nell’anno 431, in cui si dovette difendere la divina Maternità di Maria contro le eresie. Il popolo cristiano, riunito in una grande moltitudine, attendeva ansiosamente le notizie dal Concilio per vedere cosa i Vescovi avrebbero deciso. E quando a sera sentirono il risultato, quando seppero che il Concilio aveva trionfato sulla divina maternità di Maria, la sospettosa ansia si trasformò in una manifestazione spontanea di giubilo, e il popolo accompagnò i Padri conciliari con le fiaccolate, tra un entusiasmo gioioso. È possibile che Colei che è stata onorata con tanto amore filiale dal Cristianesimo del V secolo sia dai Cristiani del XX dimenticata?

II IL CULTO DI MARIA NEL MEDIOEVO

La santa eredità ricevuta dai primi secoli cristiani fu piamente raccolta ed ampliata nel Medioevo. Accanto alle antiche feste mariane, ne vennero istituite di nuove. Fu introdotta l’usanza di consacrare ogni sabato a Maria. E furono composti inni in onore della Vergine. La preghiera dell’Ave Maria si diffuse in maniera particolare; fino al XV secolo solo la prima parte, cioè le parole dell’Arcangelo e il saluto di Santa Elisabetta. La seconda parte, così come la diciamo oggi, fu aggiunta dopo. La recita del del Santo Rosario si diffuse, e dal XIV secolo passò di campanile in campanile, da villaggio in villaggio, la voce di proclamazione con la quale le campane chiamano all’Angelus, la voce solenne e soave dell’Ave, che risuona nel silenzio, nella tranquillità del villaggio. Quali sublimi emozioni quando l’uomo, stanco delle fatiche del giorno, da una valle nascosta, da una cappella lontana, improvvisamente sente la campana dell’Angelus! – Le belle immagini dei pittori, i versi più belli dei poeti servono come espressione a questa poesia dell’estasi. È divertente leggere le meravigliose strofe di Lord Byron (inglese), di Lamartine (francese), di Gebel (tedesco), che cantano la “campana dell’Angelus”. È interessante che le campane vengano suonate a mezzogiorno anche in molte chiese non cattoliche… Gli stessi suonatori non sanno perché. Dovremmo dedicare un capitolo speciale al lavoro degli Ordini dei Cavalieri, delle Congregazioni Mariane e degli Ordini Religiosi, che in nobile competizione hanno venerato la Vergine, come ad esempio i Cistercensi, i  Premonstratensi, i Domenicani, i Francescani. Ricordiamo anche le centinaia e le migliaia di santuari, chiese e cattedrali costruite durante il Medioevo in onore della Beata Vergine Maria, gli inni incisi nella pietra, splendori regali del romanico e del gotico, che in tutti i Paesi e davanti a tutti i popoli proclamano l’adempimento delle parole profetiche: “Tutte le generazioni mi chiameranno beata”. Chi può enumerare le più belle chiese che il Medioevo, con le sua opera perseverante e ammirevole di decenni, ha costruito in onore della Beata Vergine? Chi sarà in grado di compilare l’elenco di volumi che cantano la gloria di Maria? … le migliaia di immagini e di quadri famosi della Madre di Dio? … le innumerevoli poesie che gli uomini hanno offerto in omaggio a Lei, a partire dai canti XXXII e XXXIV del Paradiso di Dante? Oggi nessuno sa come dipingere immagini di Maria come quelle del Beato Angelico o di Raffaello. Nessuno sa cantare per Lei melodie come quelle che scaturiscono dalle armi medievali. Forse l’umanità non erigerà mai più cattedrali come quelle che eresse in onore di Maria. Non avrà più la tenerezza – e, per così dire, l’infantilismo – il balbettio infantile con cui la Chiesa ha coccolato la Beata Vergine nella sua liturgia: la chiamava “cedro del Libano”, “palma di Sion”, “cipresso di Sion”, “palma di Kadesh”, “rosa di Gerico”, “olivo”, “balsamo”, “casa d’oro”, “torre d’avorio”, “rosa mistica”. È lecito per noi moderni Cristiani, dimenticare l’alto grado a cui i nostri padri nell’antichità e nel Medioevo sono giunti nell’onorare la Beata Vergine?

IL CULTO DI MARIA NELL’ERA MODERNA

 Come si presenta l’epoca attuale? È un’epoca che all’inizio ha visto il culto in pericolo, perché i terribili sconvolgimenti religiosi del XVI secolo si sono rivolti con particolare veemenza contro questo culto, quando innumerevoli immagini e statue, artisticamente inestimabili, caddero vittime dell’odio più ostinato. Questo è il momento in cui forse all’uomo sarebbe venuto in mente di pensare con profondo dubbio: “Mi chiameranno beata tutte le generazioni”…; sì, è stato vero finora, ma sarà vero in futuro?

A) Allora, se adesso, nella prima metà del ventesimo secolo, guardiamo retrospettivamente agli stessi tempi dell’era moderna, noi, vediamo con emozione come i nostri dubbi siano infondati. Non appena si è verificata la dolorosa scissione di un grande e bellissimo ramo dell’albero della Chiesa, quando, qualche anno dopo, nel 1563, fu fondata la prima Congregazione Mariana, e si diffusero con incredibile rapidità, le congregazioni che non solo propagarono il culto, ma riuscirono anche, proprio grazie a questo, a realizzare un radicale rinnovamento religioso. – In questo periodo assistiamo anche ad un incomparabile movimento di pellegrinaggi ai vari santuari. Molte persone, che all’epoca erano scettiche, sono oggi scandalizzate da questi pellegrinaggi, eppure solo coloro che non conoscono l’anima umana, il desiderio mistico, l’innato desiderio che, non solo nel Cristianesimo, ma anche nelle altre religioni, non comprende ciò che ha portato ad un grande incremento dei pellegrinaggi. Dopotutto, se non siamo scandalizzati da una “miss” americana che dica nella abitazione di Goethe, a Wéimar: “Ah, qui ha vissuto il grande Goethe!”, e che migliaia e migliaia di uomini stiano in silenzio di fronte ad una casa contrassegnata da una piccola lapide di marmo, perché “Qui è nato Beethoven!” oppure “In questa casa visse Napoleone!”, non possono né essere sorpresi, né possono prendere a male il fatto che il cuore cristiano si sia sempre sentito intensamente attratto da Betlemme, Nazareth, Gerusalemme, la tomba di San Pietro…, i luoghi in cui Cristo ha vissuto e si è mosso, o dove vissero gli eroi della fede cristiana. – E poiché non tutti possono andare così lontano, molti devono accontentarsi di un’immagine sacra, soprattutto un’immagine mariana, visitarla in pellegrinaggio e stendere i loro cuori davanti ad essa. Questa è l’origine dei famosi santuari di Loreto, Lourdes, Censtochova, Guadalupe, ecc. che sono costantemente visitati da migliaia di persone, che accorrono per cantare le lodi di Maria. Cosa significhino questi santuari in termini di approfondimento della vita religiosa, sarebbe difficile dirlo. Questo deve essere vissuto. Chi è insoddisfatto del culto tira in ballo di preferenza gli abusi reali o piuttosto gli abusi immaginari che vengono commessi. Non c’è dubbio che nella vivida colorazione del culto, si notino le caratteristiche peculiari di alcuni Paesi, razze o classi sociali, e se il figlio dei paesi del nord partecipa con un sangue freddo alla liturgia diversamente da quelli meridionali dal sangue caldo, o se uno studioso sepolto tra i libri si trova improvvisamente in mezzo alle manifestazioni infuocate dei pellegrini che arrivano a un santuario … è possibile che lo spirito di critica possa richiedere i ma o i se …e senza dubbio non ce n’é motivo o ragione. Perché se Dio ha creato un’immensa varietà di nazioni e di popoli, allora è lecito ed ovvio che si introducano mille diverse varietà di colori nel culto che nasce da un solo ed unico dogma, dogma immutabile, unico e vero. E anche laddove sopravvengano abusi – o, per essere più precisi, falsi pretesti per il divertimento – per quanto possiamo sforzarci di sopprimerli, non dobbiamo dimenticare che gli uomini possano abusare di tutto ciò che è grande e nobile. Ma proprio come non sopprimiamo le feste nazionali, perché ci sono persone che, nel loro entusiasmo patriottico, si ubriacherebbero, in modo analogo a quanto avviene per le feste nazionali, non possiamo rinunciare neanche alle benedizioni del culto perché alcune persone si comportano in modo sbagliato…

B) Non avete sperimentato, amici lettori, quanto sia severa e fredda la casa dove non si parli della madre? Ebbene, la Chiesa cattolica non vuole essere una casa senza madre. Nelle pagine della sua storia, che ha quasi due volte mille anni, sentiamo il calore, la cura e la sollecitudine filiale con cui la Chiesa ha difeso, proclamato e diffuso il culto di Maria. Su un altare della Chiesa dell’Università di Budapest, c’è un’immagine molto nota di Maria. È solo una copia. L’originale si trova a Censtochova in Polonia. La nostra chiesa un tempo serviva come tempio dei Paolini; e il tempio e il convento di Censtochova è oggi il centro dell’Ordine. Il 15 agosto, ogni anno i polacchi arrivano a Censtochova per onorare la Madonna, in circa 300.000 pellegrini. Quando entrano nel magnifico tempio, dopo un viaggio di otto o dieci giorni a piedi, si può vedere sui loro volti e nei loro occhi pieni di lacrime, una gioia immensa che nient’altro su questa terra può comunicare loro. È necessario anche vedere, in una notte qualsiasi dalla terrazza di fronte alla basilica di Lourdes, la folla di persone provenienti da ogni Paese che passano con le candele accese in mano, cantando l’Ave Maria, e poi alzano la candela, innalzando da migliaia di gole, con un’aria trionfante, con un sentimento di orgoglio, il “Credo in unum Deum”! Chiunque abbia vissuto queste scene, sa cosa significhi l’adorazione per ravvivare la nostra fede. E chi può contare le ferventi preghiere che sono state pronunciate in tutti gli angoli del mondo davanti ad un’immagine solitaria, sperduta nei campi, di Maria? Chi può misurare quel mare di amarezza che è stato lenito da un’immagine della Vergine Maria? Chi può stilare una lista di tutte le anime che, dopo una lunga vita di peccato, hanno incontrato di nuovo Cristo in qualche santuario? A nord e a sud, ad est e ad ovest, sui monti e nelle valli! Nei campi e nelle foreste, si elevano immagini, cappelle e chiese dedicate alla Vergine Madre. Entrate in un qualsiasi museo famoso del mondo e contemplate le centinaia di immagini mariane famose in tutto il mondo; ascoltate la serie di capolavori della letteratura che cantano di Maria; osservate le bellissime melodie dei cantici, una più bella dell’altra, composte da Haydn, Liszt, Mozart, Beethoven, Wagner, Gounod, Verdi, e poi meditate chi poteva essere quella fanciulla sconosciuta che, circa duemila anni fa, poteva dire con tanta verità che supera ogni immaginazione: “Benedetta mi chiameranno tutte le generazione”. Non credo che, meditando seriamente su un fatto così inaudito, ci sia un uomo che possa negare alla Vergine Maria il rispetto filiale. – Una madre stava agonizzando, e al suo capezzale, con il cuore oppresso, c’erano i suoi figli. C’era il più piccolo, un bambino di cinque anni che non poteva ancora capire cosa significasse morire. Non capiva come sua madre, che aveva sentito cantare così spesso e così meravigliosamente, fosse allora pallida e flaccida, e giacesse a letto. E il bambino, nella sua ingenuità infantile, chiese alla madre: “Mammina, è vero che non canterai mai più?” E a queste parole la donna morente raccolse tutte le sue forze residue e, con un ultimo sforzo, cominciò a cantare: “Venite, lodiamo Maria…”. Questo è ciò che era in grado di cantare. Poi crollò morta. Pallida, senza forze, giace anche lei, la nostra epoca sul suo letto di dolore. Invece di condurre una vita tranquilla, degna dell’uomo, viviamo in mezzo alle privazioni, alla paura costante e ai cambiamenti sociali. Nel rumore infernale dell’attuale vita e morte, l’uomo moderno può ancora sentire la voce della campana che suona l’Ave Maria? Si costruiscono fabbriche di aerei e di automobili, banche e negozi, tribunali e prigioni… ma dove costruiamo spiriti forti che onorano Maria?  E tuttavia, se le anime che lodano Maria non sono unite alle file di quelle generazioni che chiamano la Beata Vergine Maria, non saremo in grado di sperimentare il potere vivificante dell’adorazione. Mettiamoci, dunque, in spirito con la Vergine Maria, che canta con gioia il Magnificat, e lasciamo che il cantico delle nostre labbra sia il canto di lode: “Rosa dell’Eden, luce del cielo, o Maria, ti benedico! – Un magnifico, antichissimo saluto della Chiesa cattolica è la nota preghiera che inizia con queste parole: “Salve, Regina e Madre di misericordia; vita, dolcezza e la speranza nostra, Salve, Regina”. Chi ha ascoltato  anche una sola volta la magnifica melodia con cui viene cantata dai religiosi nei monasteri dopo la preghiera della sera, prima di andare a riposare, avrà sentito in questo cantico tutta fiducia filiale, tutto il rispetto e la devozione che la Chiesa di Cristo ha per la Madre di Gesù. Ave, o Regina, o Vergine gioiosa, che da tutta l’eternità sei stata scelta da Dio e sei stata ritenuta degna di essere la Madre del suo Figlio unigenito. Ave, Regina, Vergine dolorosa, che hai condiviso con la fedeltà del martire tutte le sofferenze del tuo Figlio divino. Ave, Ave, Regina, Vergine gloriosa che, grazie alla bellezza della tua anima impregnata di Dio, sei stata fatta “serva del Signore”, “Regina del cielo”. … Rivolgi a noi questi tuoi occhi misericordiosi. E dopo questo esilio, mostraci Gesù, il frutto benedetto del tuo grembo… O clemente, o pia, o dolcissima Vergine Maria.

LA VERGINE MARIA (7)

TUTTO IL DENZINGER SENTENZA PER SENTENZA DAGLI APOSTOLI A S.S. PIO XII (19): “da BENEDETTO XII a GREGORIO XI”

TUTTO IL DENZINGER SENTENZA PER SENTENZA DAGLI APOSTOLI A S.S. PIO XII (19)

HENRICUS DENZINGER

ET QUID FUNDITUS RETRACTAVIT AUXIT ORNAVIT

ADOLFUS SCHÖNMATZER S. J.

ENCHIRIDION SYMBOLORUM DEFINITIONUM ET DECLARATIONUM

De rebus fidei et morum

HERDER – ROMÆ – MCMLXXVI

Imprim.: Barcelona, José M. Guix, obispo auxiliar

(da  Benedetto XII a Gregorio XI)

BENEDETTO XII: 20 dicembre 1334 – 25 aprile 1342

Costituzione “Benedictus Deus” 29 gennaio 1336

Il destino dell’uomo dopo la morte.

1000. (la visione beatifica di Dio). Con questa costituzione, che rimarrà in vigore per sempre, ed in virtù dell’Autorità Apostolica definiamo: Che, secondo la disposizione generale di Dio, le anime di tutti i Santi che hanno lasciato questo mondo prima della Passione di nostro Signore Gesù Cristo, così come quelle dei santi Apostoli, dei Martiri, dei Confessori, delle Vergini e degli altri fedeli che sono morti dopo aver ricevuto il santo Battesimo di Cristo, nei quali non c’era nulla da purificare quando sono morti, e nei quali non ci sarà nulla da purificare quando moriranno in futuro, o se c’è stato o ci sarà qualcosa da purificare, quando, dopo la loro morte, saranno stati purificati, – e che le anime dei bambini rigenerati da questo stesso Battesimo di Cristo o ancora da battezzare, una volta che lo saranno stati, se muoiono prima di aver usato il loro libero arbitrio, subito dopo la loro morte e la purificazione di cui abbiamo parlato per coloro che ne hanno bisogno, prima che riprendano i loro corpi e prima del giudizio, e questo dall’Ascensione del nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo in cielo sono stati, sono e saranno in cielo, nel Regno dei cieli e nel Paradiso celeste con Cristo, uniti alla compagnia dei santi Angeli, e che dalla Passione e morte del Signore Gesù Cristo hanno visto e vedono l’Essenza divina con una visione intuitiva e persino faccia a faccia senza la mediazione di alcuna creatura che sarebbe oggetto di visione; al contrario, l’Essenza divina si manifesta loro immediatamente nuda, chiaramente e apertamente, e che attraverso questa visione godono di questa stessa Essenza divina; e che, inoltre, a causa di questa visione e di questo godimento, le anime di coloro che sono già morti sono veramente benedette e possiedono la vita ed il riposo eterno, e che allo stesso modo le anime di coloro che moriranno in seguito vedranno questa stessa Essenza divina e la godranno prima del Giudizio generale.

1001. … e che questa visione dell’Essenza divina e il suo godimento cancellano in loro gli atti di fede e di speranza, in quanto la fede e la speranza sono virtù propriamente teologali; e che, dopo che questa visione e questo godimento intuitivo “faccia a faccia” sono o saranno iniziati, questa stessa visione e questo stesso godimento esistono continuamente, senza interruzione o diminuzione di quella visione e di quella intuizione, e rimangono senza fine fino all’ultimo Giudizio, e dopo di esso per sempre.

1002. (Inferno. – Giudizio generale.) Inoltre definiamo che, secondo la disposizione generale di Dio, le anime di coloro che muoiono in peccato mortale scendono subito dopo la morte nell’inferno, dove sono tormentate con pene eterne, e che tuttavia nel giorno del giudizio tutti gli uomini compariranno con i loro corpi “davanti al seggio del giudizio di Cristo” per rendere conto delle loro azioni personali, “affinché ciascuno riceva la retribuzione di ciò che ha fatto mentre era nel suo corpo, sia nel bene che nel male”.

ScrittoCum dudum” agli Armeni – Agosto 1341

Errori rimproverati agli Armeni

1006. 4. Allo stesso modo gli Armeni affermano e sostengono che il peccato personale dei primi genitori fosse così grave che tutti i loro figli generati dal loro seme, fino alla passione di Cristo, furono dannati a causa del peccato personale di quelli appena menzionati, e che dopo la loro morte furono gettati all’inferno, non perché essi stessi avessero contratto il peccato originale da Adamo – poiché dicono che i bambini non hanno assolutamente alcun peccato originale, né prima né dopo la Passione di Cristo – ma la dannazione di cui si parla li raggiunse prima della Passione di Cristo a causa della gravità del peccato personale commesso da Adamo ed Eva nel trasgredire il precetto divino dato loro; ma dopo la Passione di Cristo, in cui il peccato dei primi genitori è stato distrutto, i figli nati dai figli di Adamo non sono dannati e non devono essere gettati nell’inferno a causa del peccato menzionato, poiché Cristo ha distrutto interamente nella sua Passione il peccato dei primi genitori.

1007. 5. Allo stesso modo un maestro degli armeni di nome Mechitriz, che viene tradotto Paraclito, introdusse e insegnò di nuovo che l’anima umana del bambino si propaga dall’anima del padre, come il corpo dal corpo, e anche un Angelo dall’altro; poiché l’anima umana dotata di ragione e l’Angelo dotato di natura intellettuale sono in un certo senso luci spirituali, e propagano da sé altre luci spirituali.

1008. 6. Allo stesso modo, gli Armeni dicono che i bambini nati da genitori Cristiani dopo la Passione di Cristo, se muoiono prima di essere battezzati, vanno nel paradiso terrestre in cui si trovava Adamo prima del peccato; quanto alle anime dei bambini nati da genitori non Cristiani dopo la Passione di Cristo e che muoiono senza Battesimo, esse vanno nei luoghi in cui si trovano le anime dei loro genitori.

1009. Allo stesso modo gli Armeni affermano che le anime dei bambini battezzati e le anime degli uomini più perfetti entreranno, dopo il Giudizio generale, nel Regno dei Cieli, dove saranno libere da tutti i mali di questa vita che servono come punizione… Tuttavia non vedranno l’Essenza di Dio, perché nessuna creatura può vederla; ma vedranno lo splendore di Dio che emana dalla sua Essenza, come la luce emana dal sole e tuttavia non è il sole.

1010. 17. Allo stesso modo, gli Armeni ritengono comunemente che non ci sia un Purgatorio per le anime nell’aldilà, poiché, dicono, se il Cristiano riconosce i suoi peccati, tutti i peccati e le pene del peccato gli sono perdonati. Non pregano neppure per i defunti, affinché nell’altro mondo siano loro perdonati i peccati, ma pregano in modo generico per tutti i defunti, come ad esempio per la Beata Maria, gli Apostoli…

1011. 18. Anche gli Armeni credono e ritengono che Cristo sia disceso dal cielo e si sia incarnato per la salvezza degli uomini, non perché i figli nati da Adamo ed Eva abbiano contratto da loro, dopo il loro peccato, il peccato originale dal quale sono salvati dall’incarnazione e dalla morte di Cristo; infatti dicono che non c’è questo peccato nei figli di Adamo; ma dicono che Cristo si sia incarnato ed abbia sofferto per la salvezza degli uomini perché con la sua Passione i figli di Adamo che hanno preceduto la suddetta Passione siano stati liberati dall’inferno in cui si trovavano, non per il peccato originale che sarebbe stato in loro, ma per la gravità del peccato personale dei primi genitori. Credono anche che Cristo si sia incarnato e abbia sofferto per la salvezza dei bambini nati dopo la sua Passione, perché con la sua Passione ha distrutto totalmente l’inferno. …

1012. 19…. Affermano a tal punto che… la concupiscenza della carne sia un peccato e un male, che anche i genitori Cristiani, quando si uniscono in matrimonio, commettono un peccato…, poiché dicono che l’atto matrimoniale e persino il matrimonio siano un peccato.

1013. 40…. Altri, invece, affermano che i Vescovi e i Sacerdoti armeni non fanno nulla per la remissione dei peccati, né in modo principale né in modo ministeriale, ma che solo Dio rimette i peccati. I Vescovi ed i Sacerdoti intervengono per l’attuazione di questa remissione dei peccati solo perché hanno ricevuto da Dio il potere di pronunciare queste parole, e quindi dicono, quando danno l’assoluzione, “Che Dio rimetta i tuoi peccati”, oppure “Io rimetto i tuoi peccati sulla terra, e che Dio te li rimetta in cielo”.

1014. 42. Allo stesso modo gli Armeni affermano e ritengono che solo la Passione di Cristo, senza alcun altro dono di Dio che renda anche gratificante a Dio, sia sufficiente per la remissione dei peccati, e non dicono che per operare la remissione dei peccati sia necessaria la grazia che renda gratificante a Dio o che giustifichi, né dicono che nei Sacramenti della nuova Legge sia data la grazia che rende gratificante a Dio.

1015. 49. Allo stesso modo dicono che se uno… prende una terza (moglie), o una quarta e così via, non possa essere assolto dalla loro Chiesa, poiché dicono che tale matrimonio sia fornicazione.

1016. 58. Allo stesso modo gli Armei affermano e ritengono che, affinché un Battesimo sia vero, siano necessarie tre cose: l’acqua, il crisma… e l’eucaristia, cosicché se uno battezza un altro e dice: “Ti battezzo nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, Amen”, e poi non viene unto con il crisma, non sia battezzato… E allo stesso modo, se non gli venisse data l’Eucaristia, non sarebbe battezzato.

1017. 66. Allo stesso modo tutti gli Armeni dicono e ritengono comunemente che con le parole che si trovano nel loro canone della Messa, quando viene detto dal Sacerdote: “Prese il pane e rese grazie, lo spezzò e lo diede ai suoi discepoli scelti seduti a tavola: Prendete e mangiate tutti, questo è il mio Corpo…; allo stesso modo prese il calice… dicendo Prendete e bevetene tutti, questo è il mio Sangue… per la remissione dei peccati“, il Corpo e il Sangue di Cristo non siano realizzati, né intendano realizzarli, e dicono queste parole solo a titolo di recita, cioè recitando ciò che il Signore ha fatto quando ha istituito il Sacramento. E dopo queste parole il Sacerdote dice molte preghiere che si trovano nel loro canone, e dopo queste preghiere arriva al punto in cui nel loro canone si dice questo: “Ti adoriamo, ti supplichiamo e ti chiediamo, buonissimo Dio, di mandare su di noi e su questo dono che viene presentato, lo Spirito che è consustanziale con te, con il quale del pane che è stato benedetto farai veramente il Corpo del nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo – e queste parole il Sacerdote le dice tre volte, e poi il Sacerdote dice sul calice e sul vino che è stato benedetto: “Farete veramente il Sangue del nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo“, e credono che sia con queste parole (chiamate “epiclesi”) che si fanno il Corpo e il Sangue di Cristo. …

1018. 67. Allo stesso modo gli Armeni non dicono che dopo le suddette parole di consacrazione abbia avuto luogo la transustanziazione del pane e del vino nel vero Corpo e Sangue di Cristo, che nacque da Maria Vergine, patì e risuscitò, ma ritengono che questo Sacramento sia una rappresentazione, o similitudine o figura del vero Corpo e Sangue del Signore… perciò non chiamano il sacramento dell’altare Corpo e Sangue di Cristo, ma ostia, sacrificio o comunione.

1019. 68. Allo stesso modo gli Armeni dicono e ritengono che se un Sacerdote o un Vescovo ordinato si dedichi alla fornicazione, anche in segreto, perde il potere di celebrare tutti i Sacramenti e di amministrarli.

1020. 70. Gli Armeni non dicono né ritengono che il Sacramento dell’Eucaristia, ricevuto degnamente, produca la remissione dei peccati in colui che lo riceve, o la remissione delle pene dovute per il peccato, o che con esso sia data la grazia di Dio o il suo aumento, ma dicono solo che… il Corpo di Cristo entra nel suo corpo ed è cambiato in esso, così come altri cibi sono cambiati in colui che è stato nutrito.

CLEMENTE VI: 7 maggio 1342 – 6 dicembre 1352

Bolla di Giubileo “Unigenitus Dei Filius” 27 gennaio 1343.

Il tesoro dei meriti di Cristo deve essere distribuito dalla Chiesa.

1025. L’unico Figlio di Dio… “che è diventato per noi sapienza, giustizia, santificazione e redenzione” (1 Cor 1, 30), “non con sangue di capri o di vitelli, ma con il proprio sangue, è entrato una volta per tutte nel santuario e ci ha acquistato una redenzione eterna” (Eb IX,12). Egli infatti non ci ha riscattati con qualcosa di corruttibile, oro o argento, ma con il proprio sangue prezioso, il sangue dell’Agnello puro e immacolato, (1 Pt I,18ss.); E questo sangue, sappiamo, lo ha versato, immolato innocente sull’altare della croce, non in una piccola goccia, che sarebbe stata sufficiente a causa della sua unione con il Verbo per la redenzione di tutto il genere umano, ma in abbondanza, come un fiume, in modo che “dalla pianta dei piedi fino alla corona del capo nulla rimase intatto” (Is I,6). Perciò Egli acquistò un tesoro così grande per la Chiesa militante, affinché la misericordia di tale effusione non fosse inutile, vana o superflua; come un buon Padre volle raccogliere tesori per i suoi figli, affinché con ciò “gli uomini avessero un tesoro inesauribile, dove coloro che vi attingono potessero partecipare all’amicizia di Dio” (Sap VII,14).

1026. Volle che questo tesoro fosse dispensato ai fedeli per la loro salvezza dal beato Pietro, portatore delle chiavi del cielo, e dai suoi successori, suoi Vicari sulla terra, e che, per giusti e ragionevoli motivi, al fine di rimettere a volte parzialmente e a volte completamente la pena temporale dovuta al peccato, fosse applicato misericordiosamente, sia in generale che in particolare (come avrebbero ritenuto utile davanti a Dio) a coloro che, veramente penitenti, si fossero confessati.

1027. All’abbondanza di questo tesoro contribuiscono, come sappiamo, i meriti della beata Madre di Dio e di tutti gli eletti, dal primo giusto all’ultimo, e non c’è da temere che si esaurisca o si riduca, sia per gli infiniti meriti di Cristo (come è stato detto), sia perché quanto più gli uomini sono portati alla giustizia quando questo tesoro viene applicato, tanto maggiore è l’abbondanza dei meriti.

Ritrattazione di Nicolas d’Autrecourt, 25 novembre 1347.

Errori filosofici di Nicolas d’Autrecourt.

1028. 1… Non si può avere certezza, per così dire, delle realtà per mezzo delle apparenze naturali, ma la si può avere rapidamente ed in modo modesto se gli uomini rivolgono il loro intelletto verso le realtà e non verso l’intelletto di Aristotele e dei commentatori.

1029. 2… Non si può, in virtù delle suddette prove, dedurre o concludere con evidenza da una cosa un’altra cosa, o dal non essere dell’una il non essere dell’altra.

1030. 3… Le proposizioni “Dio è” e “Dio non è” significano la stessa cosa, anche se in modo diverso.

1031. 9… La certezza dell’evidenza non ha gradi.

1032. 10… Non abbiamo la certezza dell’evidenza su una sostanza materiale che non sia la nostra anima.

1033. 11… Tranne la certezza della fede, non c’è altra certezza che la certezza del primo principio o di ciò che possa essere ridotto al primo principio.

1034. 14… Non sappiamo in alcun modo che qualcosa di diverso da Dio possa essere causa di un effetto – che qualsiasi causa, che non sia Dio, sia causa effettiva – che esista o possa esistere una causa efficiente naturale.

1035. 15… Non sappiamo con certezza che un effetto sia o possa essere prodotto in modo naturale.

1036. 17… Non sappiamo con certezza che un soggetto sia coinvolto in una qualsiasi produzione.

1037. 21… Se una realtà è dimostrata, nessuno sa con certezza che non superi tutte le altre in eccellenza.

1038. 22… Se una realtà è dimostrata, nessuno sa con evidenza che non è Dio, se per Dio intendiamo l’essere più eccellente.

1039. 25… Nessuno sa in modo evidente che questo non si possa ragionevolmente ammettere: “Se si produce una qualsiasi realtà, si produce Dio”.

1040. 26… Non si può dimostrare con evidenza che una qualsiasi realtà non sia eterna.

1041. 30… Queste deduzioni non sono ovvie: “C’è un atto di intellezione, quindi c’è l’intelligenza. C’è una volontà, quindi c’è una volontà”.

1042. 31… Non si può dimostrare con prove che tutto ciò che appare non è vero.

1043. 32… Dio e la creatura non sono qualcosa.

1044. 39… L’universo è pienamente perfetto in sé e in tutte le sue parti, e non ci può essere imperfezione né nel tutto né nelle parti, e quindi sia il tutto sia le parti devono essere eterni, e non passare dal non-essere all’essere, né viceversa, perché l’imperfezione nell’universo o nelle sue parti segue necessariamente.

1045. 40… Ogni cosa nell’universo è meglio se stessa che non se stessa.

1046. 42… La ricompensa dei buoni e la punizione dei cattivi è data dal fatto che, quando i corpi fatti di atomi si separano, rimane un certo spirito chiamato intelletto e un altro chiamato senso; e come nel bene questi spiriti erano in disposizione migliore, così si troveranno un numero infinito di volte, in accordo con il fatto che questi atomi si incontreranno un numero infinito di volte; e in questo il buono sarà ricompensato; ma il cattivo sarà punito perché un numero infinito di volte, quando l’incontro dei suoi atomi si ripeterà, avrà sempre la disposizione cattiva. Oppure, dice (Nicolas d’Autrecourt), si può ammettere in un altro modo che questi due spiriti del bene, quando il loro deposito è detto distrutto, diventino presenti in un altro deposito composto da atomi più perfetti. E allora, poiché tale deposito ha più flessibilità e perfezione, ciò che è intelligibile arriva a loro più di prima.

1047. 43… Il fatto di essere corruttibile include un antagonismo, una contraddizione.

1048. 53… Questo è il primo principio, e nessun altro: “Se qualcosa è, è qualcosa”. “

1049. 58… Dio può comandare a una creatura razionale di odiarlo e, se obbedisce, ha più merito che se lo amasse a causa di un precetto, perché lo farebbe con maggiore sforzo e più contro la propria inclinazione.

Lettera “Super quibusdam“, a Mekhitar (Consolatore), cattolico degli Armeni, 29 settembre 1351.

La preminenza della Sede romana.

1050. Nel primo capitolo della vostra risposta… chiediamo:

1. Se credete, voi e la Chiesa degli Armeni che vi obbedisce, che coloro che hanno ricevuto nel Battesimo la stessa fede cattolica e che in seguito si sono allontanati o si allontaneranno dalla comunione di fede con questa stessa Chiesa romana, che è la sola e unica cattolica, siano scismatici ed eretici se rimangono ostinatamente separati dalla fede di questa Chiesa romana.

1051. 2. Chiediamo se credete, voi e gli Armeni che vi obbediscono, che nessun uomo nella condizione di pellegrino possa essere salvato alla fine se non da questa Chiesa e dall’obbedienza ai Pontefici Romani.

1052. Nel secondo capitolo… chiediamo: 1. Se avete creduto, credete o siete disposti a credere, voi e la Chiesa degli Armeni che vi obbedisce, che il beato Pietro abbia ricevuto dal Signore Gesù Cristo il più completo potere di giurisdizione su tutti i fedeli cristiani; e che ogni potere di giurisdizione che Giuda Taddeo e altri Apostoli avevano in modo speciale e particolare in certi paesi o province e in varie parti dell’universo, fosse pienamente soggetto all’autorità e al potere che il beato Pietro ha ricevuto dal Signore Gesù Cristo stesso in tutte le parti dell’universo su tutti coloro che credono in Cristo; e che nessun Apostolo o nessun altro oltre a Pietro abbia ricevuto il potere plenario su tutti i Cristiani.

1053. (2) Se credete e avete creduto, o siete disposti a credere, voi e gli Armeni che vi sono soggetti, che tutti i Pontefici Romani che, succedendo al beato Pietro, sono entrati o entreranno nel loro ufficio secondo i canoni, siano succeduti e succederanno al beato Pontefice Romano Pietro nella stessa pienezza e potere di giurisdizione che Pietro stesso ha ricevuto dal Signore Gesù Cristo su tutto il corpo della Chiesa militante.

1054. 3. Se avete creduto e credete, voi e gli Armeni che vi sono soggetti, che coloro che sono stati i Romani Pontefici, e Noi che siamo il Romano Pontefice, e coloro che lo saranno successivamente, come legittimi e plenarissimi Vicari di Cristo con il loro potere, hanno ricevuto direttamente da Cristo, riguardo all’intero e universale corpo della Chiesa militante, tutta la giurisdizione connessa al potere che Cristo, come capo avente la stessa forma, deteneva nella vita umana.

1055. 4. Se avete creduto e credete che tutti coloro che sono stati Romani Pontefici, Noi che siamo e tutti coloro che saranno, hanno potuto e possono, in virtù della pienezza di potere e di Autorità di cui sopra, giudicare immediatamente, da Noi stessi e da loro stessi, riguardo a tutti in quanto sono soggetti alla Nostra e alla loro giurisdizione, e istituire e delegare come giudici ecclesiastici tutti coloro che Noi vorremo, per giudicare.

1056. 5. Se avete creduto e credete che l’autorità e il potere supremo e preminente di giudicare di coloro che furono pontefici romani, di Noi che siamo e di coloro che saranno, era, è e sarà tale che essi e Noi non hanno, non possono e non saranno giudicati da nessuno; ma che essi e Noi siamo stati, siamo e saremo lasciati al solo giudizio di Dio, e che non è stato possibile, non è possibile e non sarà possibile appellarsi alle nostre sentenze e ai nostri giudizi a nessun altro giudice.

1057. 6. Se avete creduto e credete tuttora che la pienezza del potere del Romano Pontefice si estenda a tal punto che egli possa trasferire i Patriarchi, i Catholicon, gli Arcivescovi, i Vescovi, gli Abati e qualsiasi altro prelato da qualunque dignità siano stati istituiti ad altre dignità comprendenti una giurisdizione maggiore o minore, o se le loro colpe lo richiedono, degradarli e deporli, scomunicarli o consegnarli a Satana (1Co V,5).

1058. 7. Se avete creduto e credete tuttora che l’autorità del Romano Pontefice non possa e non debba essere soggetta ad alcun potere imperiale, regio o altro potere secolare per quanto riguarda l’istituzione giudiziaria, la rimostranza o la rimozione.

1059. 8. Se avete creduto e credete che solo il Romano Pontefice possa stabilire i sacri canoni universali, concedete le indulgenze plenarie a coloro che visitano le tombe degli Apostoli Pietro e Paolo o che vanno in pellegrinaggio in Terra Santa, o a tutti i fedeli che, veramente e pienamente pentiti, si saranno confessati.

1060. 9. Se avete creduto e credete che coloro che si sono opposti alla fede della Chiesa romana e alla fine sono morti senza pentirsi, siano stati dannati e siano scesi ai tormenti eterni dell’inferno.

1061. 10. Se avete creduto e credete ancora adesso che, per quanto riguarda l’amministrazione dei sacramenti della Chiesa, purché sia sempre tralasciato ciò che fa parte dell’integrità e della necessità dei sacramenti, il Romano Pontefice possa tollerare vari riti delle Chiese di Cristo e anche concedere che siano mantenuti.

1062. 11. Se avete creduto e credete che gli Armeni che in varie parti del mondo obbediscano al Pontefice della Chiesa romana e che osservino con zelo e devozione le forme e i riti della Chiesa romana nell’amministrazione dei Sacramenti, nel digiuno e in altre cerimonie, stanno facendo bene, e che così facendo meritino la vita eterna.

1063. 12. Se avete creduto e credete che nessuno può essere trasferito dalla dignità episcopale a quella arcivescovile, patriarcale o di catholicon in virtù della propria autorità o dell’autorità di un principe secolare, sia esso re o imperatore o qualsiasi altro che si basi su qualsiasi potere e dignità terrena.

1064. 13. Se avete creduto e credete tuttora che quando sorgono dubbi sulla fede cattolica, solo il Romano Pontefice possa porvi fine con una decisione autentica alla quale si deve aderire irrevocabilmente, e che ciò che egli stabilisca essere vero e cattolico in virtù dell’autorità delle chiavi trasmessegli da Cristo, sia vero e cattolico, e che ciò che egli stabilisca essere falso ed eretico è da considerarsi tale.

1065. 14. Se avete creduto e credete che il Nuovo e l’Antico Testamento, in tutti i libri che ci sono stati tramandati dall’autorità della Chiesa romana, contengano in tutto la verità inequivocabile…

Purgatorio

1066. Vi chiediamo se avete creduto e credete che esista un purgatorio in cui scendano le anime di coloro che muoiono in stato di grazia e che non hanno ancora soddisfatto i loro peccati con una penitenza completa.

1067. Allo stesso modo, se avete creduto e credete che esse siano tormentate dal fuoco solo per un periodo di tempo, e che non appena sono purificate, anche prima del giorno del giudizio, raggiungano la vera ed eterna beatitudine che consiste nel vedere Dio faccia a faccia e nella dilezione.

Soggetto e ministro della cresima.

1068. Lei ha dato risposte che ci inducono a interrogarla sui seguenti punti: 1. Riguardo alla consacrazione del crisma, se ritiene che il crisma non possa essere consacrato secondo le regole e come dovrebbe da un Sacerdote che non sia Vescovo.

1069. 2. Se si ritiene che il sacramento della Confermazione non possa essere amministrato ordinariamente ex officio da qualcuno che non sia un Vescovo.

1070. 3. se credete che solo il Romano Pontefice, che ha la pienezza del potere, possa concedere il permesso a Sacerdoti che non sono Vescovi di amministrare il sacramento della Confermazione.

1071. 4. Se credete che coloro che hanno ricevuto la crismazione per mano di sacerdoti che non sono Vescovi, e che non hanno ricevuto un mandato o un permesso dal Romano Pontefice per farlo, dovrebbero ricevere nuovamente la crismazione per mano di un Vescovo o di Vescovi.

Dottrine che si oppongono a particolari errori degli Armeni.

1072. Dopo tutto quanto precede siamo portati a meravigliarci molto che in una lettera che inizia con “Honorabilibus in Christo Patribus”, lei passi sotto silenzio quattordici dei primi cinquantatré capitoli: 1. Lo Spirito Santo procede dal Padre e dal Figlio.

1073. 3. I piccoli figli contraggono il peccato originale dai primi genitori.

1074. 6. Le anime completamente purificate, separate dai loro corpi, vedono Dio in modo manifesto.

1075. 9. Le anime di coloro che muoiono in peccato mortale scendono all’inferno.

1076. 12. Il battesimo distrugge il peccato mortale e il peccato attuale.

1077. 13. Cristo, scendendo all’inferno, non ha distrutto l’inferno.

1078. 15. Gli angeli sono stati creati buoni da Dio.

1079. 30. Lo spargimento del sangue degli animali non produce alcuna remissione dei peccati.

1080. 32. Chi mangia pesce e olio nei giorni di digiuno non deve essere giudicato.

1081. 39. Coloro che sono stati battezzati nella Chiesa cattolica, se diventano infedeli e poi si convertono, non devono essere battezzati di nuovo.

1082. 40. I neonati possono essere battezzati prima dell’ottavo giorno e il battesimo non può essere fatto con un liquido diverso dall’acqua vera.

1083. 42. Dopo le parole di consacrazione il corpo di Cristo è numericamente uguale al corpo nato dalla Vergine e sacrificato sulla croce.

1084. 45. Nessuno, nemmeno un santo, può realizzare il Corpo di Cristo se non è sacerdote.

1085. 46. È necessario per la salvezza confessare al proprio sacerdote, o con il suo permesso, tutti i peccati mortali, in forma piena e distinta.

INNOCENZO VI: 18 dicembre 1352 – 12 settembre 1362

URBANO V : 28 settembre 1362 – 19 dicembre 1370

Revoca imposta a Denys Foullechat dalla costituzione Ex supernae clementiae” del 23 dicembre 1368.

Errori relativi allo stato di perfezione e di povertà

1087. (Art. 4, conclusione 3) Che questa benedettissima e dolcissima Legge, cioè la Legge dell’Amore, … toglie ogni proprietà e ogni diritto di disporre … – La ritraggo come falsa, erronea ed eretica, perché Cristo e gli Apostoli hanno osservato questa legge nel modo più perfetto, e molti altri, in vari stati, … l’hanno osservata … che possedevano proprietà e avevano il diritto di disporne. …

1088. (Corollario 1) Che questa legge sposa i due pronomi possessivi, cioè “mio” e “tuo”.

(Corollario 2) Che la carità perfetta non rende tutte le cose meno comuni dell’estrema necessità. Ora dico che questi due corollari, così come derivano dalla conclusione precedente, sono falsi.

1089. (Corollario 4) Che Cristo ha dato questa Legge ai discepoli soprattutto perché la adempissero attualmente e non solo abitualmente … – Questo corollario – se questa Legge dell’amore viene intesa nel senso che toglie ogni proprietà ed ogni diritto di disporre, come dice la conclusione – se viene inteso in questo modo, lo considero falso, erroneo, eretico e contrario a ciò che la Chiesa ha stabilito.

1090. (Conclusione 4) Che la rinuncia effettiva alla volontà del cuore e al potere temporale, al diritto di disporre o all’autorità, manifesta e realizza lo stato più perfetto… Questa conclusione, intesa in senso generale, la considero falsa, erronea ed eretica…

1091. (Corollario 1) Il fatto che Cristo non abbia rinunciato a tale possesso e al diritto sui beni temporali non è sostenuto dalla nuova Legge, ma piuttosto il contrario… Mt VIII,20

(Corollario 2) Che Cristo insegnò questa Legge come regola di perfezione e la confermò con l’esempio. Questi due corollari li ritratto come falsi, erronei ed eretici, e come contrari a quanto stabilito dalla decretale del Signore Papa Giovanni (XXII) che inizia con: “Quia quorumdam“.

1092. (Corollario 4) Che la rinuncia ai beni temporali che si riferisce alla preparazione dello spirito non rappresenta e non raggiunge alcuna perfezione o una perfezione molto imperfetta e fragile… Ritratto questo articolo come falso e scandaloso.

1093. Rispondendo a un celibe [che diceva] … che Cristo non ha rinunciato a queste cose, ho negato questo e ho affermato che Cristo non ha tenuto nulla per sé. Queste due affermazioni le ritraggo come false ed eretiche, perché Cristo aveva risorse per gli ammalati e conservava ciò che gli veniva dato dai fedeli…

1094. (Ultimo corollario) Che Cristo non si preoccupava dei beni temporali più di quanto i ricchi si preoccupino dei poveri… – Ora dico che Cristo si preoccupava dei beni temporali perché non rinunciava a tutto…

Proposte aggiunte per la seconda ritrattazione (12 aprile 1369).

1095. Che Cristo, alla sua morte, ha rinunciato a tutto. – Questa proposizione la ritengo falsa, erronea ed eretica.

1096. Che quando il corpo (di Cristo) fu nel sepolcro, l’amore gli tolse ogni possesso e ogni diritto di disporne. – Questa proposizione la ritraggo come falsa, erronea ed eretica.

1097. Che il seggio universale del Signore sia stato vuoto fino ad oggi… – La ritratto come falsa ed erronea.

GREGORIO XI: 30 dicembre 1370 – 26/27 marzo

Lettera dei Cardinali dell’Inquisizione agli Arcivescovi di Tarragona e Saragozza,

Errori di Pietro di Bonageta e di Giovanni di Latona in merito aLl’eucaristia.

1101. (1). Quando un’ostia consacrata cade o viene gettata in una fogna, in un pantano o in un luogo ignobile, anche se le specie rimangono, il Corpo di Cristo cessa di essere sotto di esse, e la sostanza del pane ritorna.

1102. (2) Se un’ostia consacrata viene mangiata da un topo o divorata da una bestia, anche se le specie rimangono, il Corpo di Cristo cessa di essere sotto di essa e la sostanza del pane ritorna.

Quando un’ostia consacrata viene mangiata da un giusto o da un peccatore, quando le specie vengono schiacciate dai denti, Cristo viene rapito in cielo e non viene portato nel ventre dell’uomo.

Bolla “Salvator humani generis” all’Arcivescovo di Riga e ai suoi suoi suffraganei, 8

Principi di diritto errati contenuti nello “Specula saxonus“.

1110. Con questo scritto apostolico chiediamo a tutti i fedeli cristiani di non utilizzare d’ora in poi questi scritti o leggi riprovevoli… (Art. 1) Qualunque cosa un uomo abbia fatto al di fuori del tribunale, e per quanto nota, può liberarsi con il suo giuramento (di innocenza), e contro di esso nessuna testimonianza ha valore.

1111. (6) Se una persona è stata uccisa in una rapina o in un furto, e un parente della persona uccisa si presenta per duellare per lui, egli respingerà ogni testimonianza di duello, e il morto non potrà essere confuso senza duello.

1112. (7) Se due persone fanno contemporaneamente dichiarazioni contrarie in tribunale, può prevalere la dichiarazione di colui che ha più sostenitori.

1113. (8) Chiunque sia stato sfidato a duello, come stabilito in questo libro, non può rifiutare il duello, a meno che lo sfidante non sia meno ricco di lui.

1114. (9) Chi ha perso il suo diritto per furto o rapina, se viene accusato una seconda volta di furto o rapina non può liberarsi con un giuramento (di innocenza), ma può scegliere tra il ferro rovente, l’acqua bollente o il duello. Tuttavia, l’ultima parte di questo articolo è errata, in quanto consente la scelta tra il ferro rovente, ecc.

1115. (12) Un erede non risponde del furto o della rapina perpetrati da colui che eredita: questo è sbagliato almeno nel foro della coscienza.

1116. (Censura: gli scritti sono condannati come) falsi, temerari, iniqui e ingiusti, e in alcune cose come eretici, scismatici, contrari ai buoni costumi e pericolosi per le anime.

Errori di John Wyclif, condannati nella lettera “Super Periculosis” ai Vescovi di Canterbury e Londra, 22 maggio 1377.

Errori di John Wyclif sulla disposizione dei beni temporali.

1121. 1. l’intero genere umano, con l’eccezione di Cristo, non ha il potere di stabilire a priori che Pietro e tutta la sua discendenza abbiano il dominio politico sul mondo per sempre.

1122. 2. Dio non può dare la sovranità temporale a un solo uomo per sé e per i suoi eredi per sempre.

1123. 3. le carte dell’umanità inventate per l’eredità civile perpetua sono impossibili.

1124. 4. Chi è in grazia seriamente e fedelmente, non solo ha il diritto, ma ha davvero tutti i doni di Dio.

1125. 5. È solo come amministratore che un uomo può dare ad un figlio una sovranità, sia temporalmente, sia naturalmente che per imitazione alla scuola di Cristo.

1126. Se c’è Dio, i signori temporali possono giustamente togliere le ricchezze alla Chiesa se essa commette infrazioni.

1127. 7. Non sta a me discutere se la Chiesa sia o meno in tale stato, ma spetta ai signori temporali esaminarla e, in caso affermativo, agire con coraggio e togliere i beni temporali pena la dannazione eterna.

1128. 8. Sappiamo che non è possibile per il Vicario di Cristo conferire o togliere una capacità a qualcuno solo in virtù delle sue bolle, o in virtù di esse con la sua volontà e il suo assenso e quello del suo collegio.

1129. 9. Non è possibile che un uomo venga scomunicato se non sia stato scomunicato prima di tutto da lui stesso.

1130. 10. Nessuno è scomunicato, sospeso o tormentato da altre censure per metterlo in uno stato peggiore, a meno che non sia una questione di Dio.

1131. 11. Una maledizione o una scomunica non vincola in modo assoluto, ma solo quando è rivolta contro un oppositore della legge di Cristo.

1132. 12. Cristo non ha insegnato ai suoi discepoli, con l’esempio, il potere di scomunicare i subordinati, soprattutto non per aver messo in discussione i beni temporali, ma al contrario.

1133. 13. I discepoli di Cristo non hanno il potere di esigere i beni temporali con la coercizione delle censure.

1134. 14. Non è possibile, per il potere assoluto di Dio, che se il Papa o qualsiasi altra persona afferma di vincolare o liberare in qualche modo, in tal modo vincoli o liberi.

1135. 15. Dobbiamo credere che egli leghi o sciolga solo se si conforma alla legge di Cristo.

1136. 16. Questo è da credere in modo cattolico: qualsiasi Sacerdote regolarmente ordinato ha il potere di conferire qualsiasi sacramento in modo sufficiente, e di conseguenza di assolvere qualsiasi uomo contrito da qualsiasi peccato.

1137. 17. È lecito ai re togliere i beni temporali agli ecclesiastici, se questi ne abusano abitualmente.

1138. 18. Se i signori temporali, i santi Papi o il Capo della Chiesa, che è Cristo, hanno dotato la Chiesa di beni di ricchezza e di grazia, e se hanno scomunicato coloro che le sottraggono beni temporali, non è meno lecito, in virtù di una condizione implicita, spogliarla dei beni temporali se c’è stata un’offesa proporzionata.

1139. Un uomo di Chiesa, e persino il Romano Pontefice, può essere legittimamente rimproverato e persino messo in stato d’accusa da subordinati e laici.

TUTTO IL DENZINGER SENTENZA PER SENTENZA DAGLI APOSTOLI A S.S. PIO XII (20): “da URBANO IV a MARTINO V”

LA VERGINE MARIA (5)

Il Vescovo Tihámer Toth

LA VERGINE MARIA (5)

Nihil Obstat: Dr. Andrés de Lucas, Canonico. Censore.

IMPRIMATUR: José María, Vescovo Ausiliare e Vicario Generale. Madrid, 27 giugno 1951.

CAPITOLO V

MARIA E LE MADRI

Un giorno dell’anno 491 a.C. si diffuse a Roma una notizia spaventosa, che fece raggelare il sangue per l’orrore. La notizia era che Coriolano, il più fiero patrizio di Roma, condannato al bando dal popolo, era passato al nemico, il più acerrimo nemico dei Romani, i Volsci, e guidandoli, devastava e bruciava tutto, e stava già arrivando alle porte della città, ebbro di vendetta. La notizia era vera… Era Coriolano di fronte al nemico e alle porte della città di Roma. La città, nel più grande panico, inviò una commissione composta dai patrizi più illustri, per placare l’ex compagno, ferito a morte. Invano: non fu loro permesso nemmeno di entrare nell’accampamento. Allora fu nominata un’altra commissione, presieduta dal sacerdozio romano: anch’essa inutile. Alla fine, fu l’anziana madre di Coriolano a recarsi dal figlio per placarlo. E ciò che nè l’eloquenza dei patrizi, né la supplica dei sacerdoti potettero, Veturia fece. Veturia, le cui toccanti suppliche impressionarono suo figlio al punto da fargli cambiare idea e allontanare il nemico dalle mura di Roma… L’odio cieco del figlio pagano fu domato dalla flebile voce di una donna, perché quella voce era… la voce di sua madre. – Sappiamo per esperienza che la voce delle madri ha un irresistibile potere benedetto. Per questo motivo nessuno dovrebbe stupirsi se noi  Cattolici guardiamo con santo orgoglio e con santa fierezza ed ardente tenerezza a Maria, Madre di Dio e Madre nostra, da quel momento in cui il suo Figlio divino, morendo sulla croce, ce l’ha donata, e allo stesso tempo l’ha incaricata di trattarci come suoi figli. È Lei che ci conforta e ci dà speranza in mezzo alle nostre lotte. In questo capitolo la guarderemo  da un altro punto di vista: Guarderemo la Vergine Maria come Madre. In due punti possiamo raggruppare le riflessioni del capitolo: I. A cosa serve la dignità materna di Maria? II. Che cosa dà principalmente alle madri?

I. CHE BENE FA LA MATERNITÀ DIVINA DI MARIA?

A) Se meditiamo con attenzione sul ruolo che le madri svolgono nella storia dell’umanità, non possiamo più essere sorpresi per l’altissimo posto che la Vergine Madre occupa nella nostra fede cattolica, al contrario, lo considereremo naturale, giusto, bello e necessario.

a) Che triste condizione quella di una famiglia che ha perso la madre! Il padre può provvedere al sostentamento dei figli; ma è la madre che, con cuore amorevole ed un senso di pietà, dirige l’educazione dei figli. I bambini hanno bisogno della madre più di quanto abbiano bisogno del padre. Questo bisogno elementare si sente non solo nella vita familiare, ma anche nella vita religiosa della comunità ed il Signore ha voluto rispondere proprio a questo sentimento dandoci Maria come nostra Madre, la Madre celeste di tutti i fedeli, come legame che ci unisce a Lui, e ci unisce con un vincolo d’amore alla Beata Vergine, affinché, come in tutte le famiglie, ci fosse anche nella sua, nella sua grande e misteriosa famiglia, nella sua Chiesa, il cuore materno e l’amore materno che ci avrebbero uniti. – La missione della Vergine Maria non si è limitata a dare corpo al Verbo. La sua sua missione eterna e provvidenziale, la sua missione di Madre, continua come Madre, continua, secondo la volontà di Cristo, espressa nel testamento che ci ha dato dalla croce…; continua ad essere Madre finché ci saranno Cristiani sulla terra. E come le madri educano, difendono ed insegnano ai figli, anche Lei, anche la Beata Vergine ci educa, ci difende e ci insegna. Quando Ella accarezza il Bambino Gesù, accarezza anche noi; quando difende Lui, difende anche noi. Questo non è solo un pio sentimento, ma è un’eredità santa. È un’eredità che ci viene da Cristo sulla croce, quando guardando San Giovanni disse a Maria: “Ecco tuo figlio”. E rivolgendosi a San Giovanni e a tutti noi nella sua persona, disse: “Figlio, ecco tua madre”. Avevamo bisogno di una persona che fosse come noi, composta di carne e sangue, come noi…; ma che, allo stesso tempo, ci fosse superiore, più elevata, più pura, più santa; avevamo bisogno della Beata Vergine. Avevamo bisogno di una creatura, il cui spirito non fosse come il nostro, un pendio roccioso bruciato dal sole, ma un pendio roccioso fiorito; non un buio nascondiglio, ma una luminosa luce di stelle; non una palude piena di pantano, ma una fonte cristallina, non una vita zigzagante, piena di inciampi, ma una strada dritta verso Dio; una persona il cui dolce sorriso ci incoraggiasse e dicesse: Uomini, fratelli miei, guardate fino a quali grandi altezze il Signore innalza gli umili che si donano completamente a Lui! Di questa Madre purissima, senza macchia, leggiamo che si recò con il suo figlioletto al tempio di Gerusalemme e si sottopose alle cerimonie della Purificazione. Che umiltà! Che obbedienza ai precetti del Signore! Che obbedienza ai precetti di Dio! Che esempio per noi, e come ci incoraggia!

b) È noto che la famiglia si mantiene salda fino a quando vive la madre, che è il suo centro. Forse i figli sono sposati da molto tempo, forse hanno già una loro famiglia, ma finché la madre vive, la famiglia mantiene la sua forza coesiva. E se la madre muore, i figli cominciano a vedersi raramente, non si incontrano quasi mai, ognuno va per conto suo,  per la sua strada, perché manca il centro dell’unione, la madre è morta. Questo accade non solo nelle piccole famiglie umane, ma anche nella grande famiglia della Chiesa. Non vediamo come le le denominazioni religiose separate che, pur pretendendo di seguire Cristo,  non seguono più il culto di Maria? Quale gratitudine devo a Dio per aver avuto la grazia di nascere nella Religione in cui Dio è nostro Padre, Cristo nostro fratello e la Vergine Maria la nostra Madre celeste, che unisce già in questo mondo i membri della famiglia di Dio!

B) Quale grande attrazione esercita per i non Cattolici il culto della Vergine Maria. Basta visitare una chiesa affollata di fedeli nel mese di maggio. Quanti sono coloro che vengono a casa nostra per onorare la Vergine Madre! E questo è comprensibile, perché è una cosa molto umana. In una famiglia tutti si riuniscono per onorare la madre. D’altra parte, guardate cosa mi ha scritto un uomo indurito dalla vita:

“La vita mi ha provato molto. Mi ha privato di mio padre e di mia madre, dei miei fratelli e delle mie sorelle. Tutti sono ora nella patria eterna. Dall’età di quattordici anni sono orfano e mi manca l’amore della mia madre terrena. Eppure, non sono un orfano…; almeno, non mi sono mai sentito tale, perché già nella mia prima infanzia ho amato la Vergine Madre con una tenera affezione, e posso sinceramente affermare che sono sempre stato incoraggiato dal suo amore materno; ho sentito le sue carezze che mi hanno sostenuto nei momenti di tristezza. La Vergine Maria mi ha sempre accompagnato. È sempre stata accanto a me. Non ho mai avuto motivo di lamentarmi, perché non mi è mai mancato il suo amore materno. Mi sono sempre sentita al sicuro tra le sue braccia. In tutti i miei problemi, in tutte le mie sofferenze e dolori, Lei è sempre sempre stata al mio fianco e non mi ha mai lasciato solo”. – Ebbene: se è il cuore materno che dà calore alla casa, allora anche la Chiesa ha bisogno del calore del cuore materno. È per questo che il culto della nostra Madre celeste ha una tal forza di attrazione. “Volete onorare Cristo da solo e non volete occuparvi di Maria?” Non ci riuscirete. Dovrete chiudere gli occhi per non vedere Maria, e anche in questo caso non ci riuscirete. Volete adorare il Bambino divino, il dolce Gesù? Alzate gli occhi verso di Lui: cosa vedete? La Vergine Madre, che lo tiene tra le sue braccia. Vuoi seguire il Bambino Gesù che fugge in Egitto? Alza gli occhi verso di Lui, cosa si vede? La Vergine Madre si prende cura di Lui. Volete conversare con Gesù Cristo inchiodato alla croce? Guardate bene: chi vedete ai piedi della croce? La Madre di Gesù. Volete baciare le piaghe del Cristo morto da cui sgorga il Sangue redentore? Guardate il suo cadavere, dove lo trovate? Nel grembo di Maria. Che fortuna per noi che Dio non abbia posto le sue grazie nella volta celeste, come le stelle…; non potremmo farle scendere da lì; che fortuna per noi che Egli non le abbia poste come perle preziose in fondo al mare …, da lì non potevamo farle risalire. Le ha poste nelle mani aperte di Maria, la sua dolce Madre, dove sgorga abbondantemente la fonte delle divine misericordie e ricade sui suoi fedeli”. (FULHABER.).

II COSA CONFERISCE ALLE MADRI LA DIGNITÀ MATERNA DI MARIA?

Se ogni credente sente la sua carità al tocco del cuore materno di Maria, non c’è dubbio che le madri ne siano le maggiori beneficiarie.  Questa, dunque, è la seconda domanda del capitolo: cosa dà la Madre di Dio alle madri degli uomini? La nostra risposta è una frase semplice ma profonda. Essa decide davvero l’intero destino dell’umanità: il culto della Madre di Dio difende e avvalora il rispetto dovuto alla dignità della madre. Possiamo conoscere tutto ciò che il culto significhi per le madri solo se: A) Da un lato, conosciamo la missione che, secondo il disegno di Dio, le madri devono svolgere nella storia dell’umanità; e B) Se siamo anche consapevoli del concetto unico di rispetto della dignità delle madri.

A) La donna come madre! La volontà ammirevole e santa di Dio Creatore che pose accanto al primo uomo la prima donna e, benedicendo il loro matrimonio, disse loro: “Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra e soggiogatela”. (Gen 1,28). Questo è ciò che Dio ha detto alla prima coppia: e, come conseguenza del comando divino, la missione più bella e la dignità più elevata della donna è: o consacrarsi interamente al servizio di Dio nel santuario della vita consacrata, oppure essere madre nel santuario della famiglia. La donna raggiunge la pienezza, lo zenit della sua vita terrena, nella maternità. Diventando madre, una donna dimostra che il mondo non può passare senza di lei. Possiamo fare a meno di tutto ciò che è in lei… tranne questa funzione materna. Il mondo potrebbe sostenersi anche se le donne non sapessero cucinare, lavare, cucire, gestire la casa con tanta perfezione, anche se le donne non sapessero conversare con tale grazia, ballare con tale distinzione e sorridere con tanta finezza; ma non se non sapessero essere madri. La donna, madre, può rivelare i suoi valori più preziosi; ed è per questo che possiamo misurare con giusto titolo il valore di una donna per i suoi figli e per la buona educazione dei suoi figli.

B) E se questo è vero, se è vero che gli uomini non possono essere santi quando il loro cuore è malato, e se il cuore dell’umanità è la famiglia, e il cuore della famiglia è la madre …, allora dobbiamo essere scioccati nel vedere come nell’umanità di oggi, soprattutto tra le giovani generazioni, ci sia un concetto frivolo e umiliante della missione più bella che Dio ha dato alla creatura: la dignità materna.  Essa fa raggelare il sangue al cuore vedere con quanta sfacciataggine si parli di questo punto in diversi ambiti della società.

a) Il male è ormai talmente diffuso che gli uomini più responsabili, allarmati cercano un rimedio. Qualche anno fa, quasi tutti i paesi celebravano nel mese di maggio la “Festa della mamma”, finalizzata a innalzare la dignità delle madri in famiglia, di fronte ai figli e nella vita pubblica. Hanno celebrato questa dignità con festeggiamenti. L’intenzione è buona… ma il risultato è incerto. Noi Cattolici non abbiamo bisogno di una festa della mamma speciale. Il nostro culto della Vergine Madre è già un continuo omaggio alla dignità materna. Se  Maria non fosse stata una madre, se non avesse avuto Gesù come figlio, oggi nessuno saprebbe nulla di Lei; tutta la dignità di Maria deriva dalla sua maternità. Ma dalla dignità di Maria come Madre di Dio, deriva la dignità eccelsa di tutte le madri. Non abbiamo bisogno di un giorno speciale, di un giorno segnato annualmente, una “Festa della mamma”, perché non c’è un solo mese dell’anno in cui si celebri l’uno o l’altro giorno di festa che non proclami la dignità delle madri: in gennaio, la Festa della Sacra Famiglia; a febbraio, la Purificazione; a marzo, l’Annunciazione; in aprile, la festa dei Sette Dolori; in maggio e ottobre, tutto il mese, a luglio, la festa del Carmelo; in agosto, l’Assunzione; in settembre, la Natività di Maria; in novembre, la Presentazione; a dicembre, l’Immacolata Concezione. Di cosa abbiamo bisogno ancora, di un “giorno delle madri”? Non solo in questa materia, ma anche in molte altre questioni, vediamo con orgoglio che tutto ciò che l’anima umana desidera nel profondo del suo essere, tutto trova nella Chiesa cattolica… L’uomo anela a Dio…; lì abbiamo il Santissimo Sacramento. Vuole scacciare dalla sua anima il peso dei suoi peccati …; qui abbiamo la confessione. Vuole aiutare le anime dei suoi defunti … ; ecco la fede nella Comunione dei santi. Si sforza di onorare la dignità materna. .. ;  c’è il culto a Maria.

b) È possibile immaginare in modo più sublime la dignità materna, che guardando questa immagine: il Bambino Gesù in braccio a Maria? Che inno di lode alla dignità materna di tutte le immagini di Maria! Oggi riusciamo a malapena a comprendere il concetto che il mondo aveva di questa dignità prima di Gesù Cristo. … Cioè…, oggi oggi, in questo mondo nuovamente pagano, vediamo ancora una volta gli estremi a cui sia giunto in questa materia, il sentire generale se si prescinde da Cristo. Forse non è lontano il momento in cui ci saranno lettere come quella scritta nell’anno della nascita di Cristo da un operaio egiziano, da Alessandria d’Egitto alla moglie che aspettava un figlio. “Se è un maschio, acconsento a lasciarlo vivere; se è una femmina, deve essere abbandonata”. Così, semplicemente così: “Dobbiamo abbandonarla!” Che terribile abisso di paganesimo! Attraverso Maria l’umanità ha imparato che un bambino è una “benedizione di Dio”. E chi oggi onora la Vergine Maria non vede nel bambino una maledizione, non vede in lui un intruso che porti disagio e che venga accolto controvoglia. È così che in tempi di terribile epidemia di aborto indotto, quando la soppressione dei bambini non nati sta portando al suicidio delle nazioni, il culto di Maria assume un significato immenso. – Non c’è nulla di cui abbiamo più bisogno, che di madri che adempiano fedelmente ai gravi doveri della vita coniugale. Potrei quasi dire: questo sarà il futuro tipo di santità delle donne, perché questo è ciò di cui abbiamo più bisogno. Le donne sante della Chiesa primitiva provenivano dalle file dei martiri, perché in quel momento ciò di cui si aveva più bisogno era soprattutto la confessione aperta della recente fede cristiana. In seguito, le donne sante provenivano principalmente dalla schiera delle vergini, perché ciò di cui si aveva bisogno allora erano esempi di consacrazione esclusiva a Cristo di fronte alla vita sfrenata del mondo. Ma ora, di cosa abbiamo più che mai bisogno, di che cosa abbiamo più bisogno oggi? Oggi che fortissimo è sotto attacco il Cristianesimo? La vita coniugale, la vita familiare, secondo lo spirito di Cristo.  Così, la madre che adempie in modo perfetto ai doveri della vita coniugale… è il nuovo tipo di Santo di questa umanità in via di estinzione. – Abbiamo parlato di Maria e delle madri. In quest’epoca in cui le donne sottovalutano la dignità materna, è possibile offrire un’opera più attuale per adornare le pareti delle case cristiane, di quella della Vergine Maria con il Bambino in braccio? Può sopravvivere un popolo le cui case, come freddi cimiteri, sono immerse nel silenzio, per mancanza di bambini? Dove si onora la Vergine Madre, lì si onora anche il meraviglioso mistero che queste parole contengono: “madre e figlio”. Perché da quando a Betlemme quella benedetta Madre ha dato alla luce il nostro Redentore, la dignità materna si eleva davanti a noi alle vette della santità; e da quando le labbra di Cristo hanno pronunciato mille e mille volte la dolce parola “Madre” a Maria, da allora il nome di “madre” è stato santo. Diciamo dunque apertamente, chiaramente e con tenacia: il mondo di oggi chiede madri.  Non abbiamo bisogno di donne che fanno leggi, che parlino in pubblico, che si riuniscano in conferenze …., quando a casa le stanze sono vuote per mancanza di figli. Non abbiamo bisogno di donne che sono sempre per strada, a lavorare,  divertirsi…, trascurando la cura dei propri figli. Abbiamo bisogno di madri che, senza lamentarsi, sappiano badare all’educazione dei loro figli. Le madri, che sono le prime catechiste dei loro figli, che insegnino loro a pregare. Abbiamo bisogno di madri che sappiano essere la benedizione di Dio nelle loro case. Madre nostra, Madre di Gesù, chiedi al tuo Figlio divino di darci madri come queste.

LA VERGINE MARIA (6)