GNOSI TEOLOGIA DI sATANA (70): DEMOCRAZIA CRISTIANA = DEMONIOCRAZIA ANTICRISTIANA ? (2)

LA DEMOCRAZIA CRISTIANA = DEMONIOCRAZIA ANTICRISTIANA? (3)

J. DELASSUS

L’ENCICLICA PASCENDI DOMINICI GREGIS e la DEMOCRAZIA

Alla Vergine Immacolata

GAUDE, MARIA VIRGO, CUNCTAS HÆRESES SOLA INTEREMISTI IN UNIVERSO MUNDO.

NIHIL OBSTAT: Insulis, die 26 decembris 1907.
H.QUILLIET, S. Th. Dr. Librorum Censor.
IMPRIMATUR: Cameraci, die 27 decembris 1907.
t FRANCISCUS, Arch.-Coadj. Cameracen

Société St. Augustin. “Desclée, De Brouwer et Cie

LILLE, 41, rue du Metz, 41, LILLE

L’Enciclica Pascendi, lungi dal liberare la democrazia cristiana dall’imputatione di modernismo, mostra l’intima connessione che esista tra questa “eresia dell’eresie” ed il movimento democratico. – Nella parte in cui espone l’idea che i modernisti si fanno della Chiesa e della sua Costituzione, Pio X dice: “Eccoci alla Chiesa, in cui le loro fantasie ci offrono una più ampia materia. La Chiesa è nata da un duplice bisogno: del bisogno avvertito da tutti i fedeli, soprattutto se hanno avuto qualche esperienza originale, di comunicare la loro fede; poi, quando la fede è diventata comunune, o, come si dice, collettiva, dalla necessità di organizzarsi in società, per conservare, accrescere, propagare il tesoro comune. Che cos’è dunque la Chiesa? Il frutto della coscienza collettiva, in altre parole è l’insieme delle coscienze individuali: coscienze che, in virtù della permanenza vitale, derivano da un primo credente – per i Cattolici, da Gesù Cristo -. Ma ogni società ha bisogno di un’autorità dirigente che guidi i suoi membri verso un fine comune, che, allo stesso tempo, attraverso un’azione prudentemente conservatrice, salvaguardi i suoi elementi essenziali, cioè, in una società religiosa, il dogma ed il culto. Da qui, nella Chiesa Cattolica, il triplice potere: disciplinare, dottrinale e liturgico.” Dall’origine di questa autorità deriva la sua natura e, quindi, i suoi diritti ed i suoi doveri. Nei tempi passati era un errore comune che l’autorità venisse alla Chiesa dall’esterno, cioè immediatamente da Dio; a quei tempi poteva essa essere giustamente considerata come autocratica. Ma oggi, a questo punto, si può virare. Così come la Chiesa è un’emanazione vitale della coscienza collettiva, così anche a sua volta, l’autorità è un prodotto vitale della Chiesa. La coscienza religiosa è quindi il principio da cui procede l’autorità proprio come la Chiesa; e se è così, dipende da essa. Dimenticarla o misconoseerla la trasforma in tirannia. Viviamo in un’epoca in cui il sentimento di libertà è in piena fioritura: nell’ordine civile la coscienza pubblica ha creato il regime popolare. Eppure, non ci sono due coscienze nell’uomo né due vite. Se l’autorità ecclesiastica non vuole provocare e fomentare un conflitto nel più intimo delle coscienze, deve rispettare le forme democratiche. D’altronde, se non lo facesse, andrebbe in rovina. Perché sarebbe folle immaginare che il sentimento di libertà al punto in cui è arrivato possa tornare indietro. Costretto e forzato, sarebbe un’esplosione terribile; spazzerebbe via tutto, Chiesa e religione. – Tali sono, in questa materia le idee dei modernisti, la cui grande preoccupazione è trovare un modo per riconciliar l’autorità della Chiesa e la libertà dei credenti.” Più avanti, il Santo Padre ritorna su questa folle pretesa dei modernisti di democratizzare la Chiesa: “Quello che chiedono, dice, è che la Chiesa voglia seguire il loro esempio, senza farsi troppi problemi, seguire le loro direttive ed arrivare finalmente ad armonizzarsi con le forme civili.” Poiché (secondo i modernisti), il Magistero della Chiesa ha la sua prima origine nelle coscienze individuali, e adempie ad un servizio pubblico, è ovvio che essa debba subordinarsi ad esse. Allo stesso modo, deve piegarsi alle forme popolari.” Che il governo ecclesiastico sia riformato, che il suo spirito, che le sue procedure esterne siano messe in armonia con le coscienza che si rivolge alla democrazia. Che una parte dunque sia dato, nel governo della Chiesa, al clero inferiore ed anche ai laici; che l’autorità sia dicentrata.” – Tutti gli uomini che seguono attivamente il movimento delle idee hanno fatto, leggendo l’Enciclica, l’osservazione che tutti gli errori che vi vengono evidenziati siano il più delle volte esposti proprio nei termini che i modernisti hanno usato per propagarli. I voti così formulati dai modernisti-democratici – se mai potessero realizzarsi – sarebbero qui, il completo rovesciamento, fino alle sue stesse fondamenta, della Chiesa come l’ha costituita Nostro Signore Gesù Cristo. Egli ne ha fatto una piramide che scende dal cielo e dalla cima sparge i suoi benefici sui popoli fino alle basi. La democrazia aspira a capovolgere l’edificio e a mettere l’autorità nelle mani della folla. Nei testi sopra citati, il Santo Padre dice come siamo arrivati a questo punto. – I modernisti ragionano come segue: La religione non nasce da una rivelazione esterna proveniente da Dio. Ha il suo principio e la sua fonte nella coscienza di ogni individuo. In altre parole si tratta dell’ “immanenze vitali” Le coscienze individuali hanno comunicato tra loro; da qui l’edistenza di une conscienza collett, ed in quanto conscienza collettiva, essa crea una società, la società religiosa. E come deve essere governata tale società? Da un’autorità che emani da una sorta di suffragio universale, e dipendente dalle coscienze individuali che l’hanno creata. L’autorità religiosa che arriva a dimenticare questa origine e questa origine e questa dipendenza si trasforma in tirannia. Questo è purtroppo ciò che sta accadendo ai giorni nostri. E quindi, se l’autorità ecclesiastica non vuole fomentare questo conflitto, essa deve ricorrere a forme di democrazia”, “essa deve armonizzarsi con le forme civili”, “essa deve piegarsi alle forme popolari”. Bisogna che il suo spirito ed i suoi processi esteriori siano messi in armonia con la coscienza che si muove verso la democrazia”. Bisogna che “una parte sia fatta nrl governo ai chierici inferiori come pure ai laici”. Bisogna che l’ “autorità sia decentralizzata”. Che “se vi si rifiuta è la rovina per essa”; perché sarebbe follia immaginare che il sentimento della libertà al punto inn cui è giunto, possa retrocedere”. – Così parlano i modernisti. Ma i democratici non concludono diversamente, anche se arrivano a questa conclusione per una via diversa. Il loro punto di partenza è l’opposto. Imbevuti dei falsi dogmi di Jean-Jacques Rousseau, essi credono che lo Stato sociale non sia l’opera di Dio, ma dell’uomo, il risultato di un contratto che gli uomini, stanchi di vivere come selvaggi, un bel giorno, conclusero tra loro. Se la società nasce da un contratto tra tutti, se tutti si sono accordati per creare un’autorità per governarli, questa autorità deriva da tutti. Da qui la sovranità del popolo che dà e prende potere, estendendo o restringendo i suoi limiti. In altre parole, di là il suffragio universale, di là il regime democratico, che i nostri democratici, cristiani o i non-cristiani, in accordo con il “falso dogma” che serve loro da principio, dichiarano essere il regime per eccellenza, il solo fondato sulla ragione, il solo legittimo. – Ma se il governo democratico è il governo per eccellenza, deve essere quello della Chiesa oltre che dello Stato. I democratici che vogliono essere Cristiani non ne traggono questa conseguenza apertamente. Non potrebbero farlo senza farsi dichiarare eretici. Ma questa è l’essenza del loro pensiero. Si tirano indietro quando lo si dice. È sufficiente per rispondere, ricordare le loro parole, mettere i loro scritti sotto gli occhi. Non possiamo ovviamente qui farne una dimostrazione completa. Sarà senz’altro sufficiente ricordare le parole di uno dei loro capi, pronunciate in una circostanza molto solenne, e dall’alto di una tribuna più clamoroso di tutte. – Il 15 gennaio 1907, l’Abate Lemire salì sulla tribuna della Camera dei Deputati per far sentire le sue parole: ” Non credo che qualcuno abbia il diritto di fare di noi, cattolici, i servi di un regime centralizzatore, di un regime alla Luigi XIV. La costituzione della Chiesa non è modellata su nessuna delle forme effimere di governo umano. ESSA NON È UNA MONARCHIA. In senso stretto, è. una gerarchia. È molto diverso (!?). La Chiesa è governata da una serie di autorità locali indipendenti lr une dalle altre, e controllate (solo questo?) da un’autorità centrale e superiore.” Queste parole sono così contrarie a ciò che M. Abate Lemire ha imparato dal suo parroco quando si preparava alla prima Comunione, che ci si chiede come tali idee abbiano potuto entrare nella sua testa in età avanzata e occuparlo così completamente da non venirgli più in mente nulla che non corrispondesse ad esse. – La spiegazione di questo fenomeno è facile da dare. Quando i sentimenti democratici si sono impadroniti di un cuore, quando il falso dogma di Jean-Jacques Rousseau ha invaso una mente, questo cuore, questo spirito desiderano vedere, nella società alla quale appartiene l’applicazione delle loro idee, la realizzazione di ciò che i loro sentimenti presentano loro come il migliore, il governo più perfetto, il più desiderabile. È così che i discepoli della scuola democratica cristiana arrivano, senza che lo sospettino, ad uno stato d’animo che rende loro percepibile la situazione della Chiesa e dei suoi fedeli per la costituzione che Nostro Signore Gesù Cristo le ha dato. Per la maggioranza, si tratta solo di una disposizione latente che li rende meno soggetti all’Autorità. Nei “maestri” è un’idea molto chiara, che si manifesta quando se ne presenta l’occasione, come è successo all’Abbate Lemire durante la discussione sulla sulla separazione tra Chiesa e Stato, che la legge, attraverso le sue associazioni culturali, aveva il preciso scopo di DEMOCRATIZZARE la Chiesa. – N. S. il Papa non si è accontentato, nella sua Enciclica, di dire come e perché i modernisti volessero democratizzare la Chiesa, ha anche fatto allusione alle profezie che questi signori formulano e per le quali essi prevedono che se la Chiesa non si conformerà agli inviti che essi le rivolgono di trasformare al più presto la sua costituzione, non potrà più contare che su pochi giorni di vita. “Se l’autorità ecclesiastica non vuole, nel più intimo delle coscienze, provocare e fomentare un conflitto, allora deve piegarsi alle forme democratiche. D’altronde, non farlo significherebbe la rovina, perché sarebbe una follia immaginare che il sentimento della libertà al punto in cui è arrivato, possa fare marcia indietro.” Queste minacce, i democratici cristiani le modulano all’unisono con i modernisti. Inoltre, sono l’antifona intonata tre quarti di secolo fa dal loro padre e maestro Lamennais. Padre e maestro della democrazia chretienne egli lo è sicuramente0. Lo riconoscono come tale e gli offrono il culto della pietà filiale che gli spetta. È stato lui a dire per primo quello che loro non smettono mai di ripetere, cioè di che la Rivoluzione Francese sia uscita è dal Vangelo e che la Chiesa non debba fare altro che da adattarvisi, se vuole proseguire la propria carriera. È lui che, dopo aver esagerato l’ullramontanismo, ha inculcato la sovranità nel popolo, anche da un punto di vista religioso. È stato il primo a formulare le minacce che abbiamo appena sentito contro contro la Chiesa, se non si fosse decisa a prendere l’abito democratico. Egli scriveva a M. de Coux nel 1833, quando, di ritorno da Roma, stava pubblicando le “Parole di un credente”: “La mia intenzione è quella di essere sottomesso nella Chiesa e libero fuori dalla Chiesa” (M. Marc Sangnier, ugualmente di ritorno da Roma, ha tenuto un simile lalingauggio nel Sillon e nel “Risveglio democratico”). Per quanto riguarda quest’ultima, è impossibile non ammettere che subirà importanti riforme, una trasformazione necessaria. L’umanità non ha certamente portato a termine il suo compito, né il Cristianesimo, e il Cristianesimo e l’umanità sono una cosa sola. Il genere umano non può più vivere al di fuori della ragione, della scienza e del diritto sviluppati nel corso dei secoli. … Ho una fede immensa, infinita nella verità e nella giustizia… Poiché credo in una rigenerazione più o meno prossima, mi sento pronto a soffrire qualsiasi cosa, a sacrificare tutto, prr contribuire ad essa…. Ecco la spiegazione del mio libro”. – Sono profondamente convinto che i grandi cambiamenti che si preparano nel mondo, lungi dall’essere operati dalla Chiesa, saranno operati nonostante essa, perché devono realizzare al suo interno la riforma che salverà il Cristianesimo, una riforma che la gerarchia non solo non solo non vuole, ma alla quale resisterà fino allo stremo delle forze. Sempre è certo, per quanto riguarda le questioni pratiche, che chiunque voglia agire, agire in un modo che la ragione e la coscienza ammettono, deve separarsi dal clero. Il minimo contatto con esso intorpidirebbe come un siluro, anche se ti uccide all’improvviso. È nel nostro tempo che dobbiamo ormai cercare le condizioni per ciò che resta da fare. La prima di tutte è l’indipendenza”. Fogazzaro, Riffaux, Naudet, Sangnier ecc. sono in realtà solo delle eco, eco molto fedeli. L’intero libro è stato riassunto così da p. Longhaye: “Io ho mostrato alla Chiesa la sua missione nuova, che è quella di seguire, pur sembrando di guidarla, l’irresistibile della democrazia. Se si rifiuta di farlo, è perduta; ed io segno la sua fine con il genere umano di cui sono l’organo infallibile.” – Quando M. Lemire giunse alla camera dei deputati, un abate suo amico pubblicò una biografia che l’abate-deputato distribuì e fece distribuire dagli organizzatori. distribuì e fece distribuire dagli organizzatori dei suoi congressi e delle sue conferenze. Nella prefazione vi si dice: “Da un secolo la Chiesa di Francia si è tenuta fuori dsi profondi movimenti del pensiero contemporaneo (pensiero modernista). Le voci stesse di Lamennais, Lacordaire e Montalembert dono riusciti appena a farsi sentire, e il più grande di questi riformatori e stato miseramente bruciato per avere voluto troppo presto il movimento che un giorno dovrà salvare il Cristianesimo nel nostro Paese”. Non è forse questo il linguaggio di Lamennais che Pio X rimprovera ai modernisti di usare ancora oggi? – Lamennaisera dunque profeta quando ha scritto a Montalembert alludendo al loro giornale, l’Avvenire: “Noi abbiamo sparso le demenze che un giorno fruttificheranno. Spetta solo al tempo svilupparle e farle maturare.” – Le piante cresciute dai semi di Lamennais sono state coltivate con cura dai modernisti, con qualsiasi nome si siano fatti chiamare: Cattolici liberali, progressisti, democratici cristiani. – Gregorio XVI nella sua Enciclica Mirari vos, Pio IX nell’Enciclica Quanta cura, Leone XII1 nell’Enciclica Testem benevolentiae e Graves de cornmuni, si sono sforzati di sradicarle dal suolo della Chiesa. Dalle radici, che non sono state estirpate sono spuntate altre piante, con un nuovo nome, una fisionomia diversa, ma pur sempre della stessa essenza, e spingono i loro germogli sempre più lontano. L’Enciclica di Pio X abbraccia l’intero campo dell’errore e ne coglie la piantagione. dell’uomo nemico tutta intera, nei suoi germi e nei suoi frutti. Bisogna ch’essa perisca.

GNOSI TEOLOGIA DI sATANA (71): DEMOCRAZIA CRISTIANA = DEMONIOCRAZIA ANTICRISTIANA? (3)

TUTTO IL DENZINGER SENTENZA PER SENTENZA DAGLI APOSTOLI A S.S. PIO XII (31): “Da INNOCENZO XIII a PIO VI -I -“

TUTTO IL DENZINGER SENTENZA PER SENTENZA DAGLI APOSTOLI A S.S. PIO XII (31)

HENRICUS DENZINGER

ET QUID FUNDITUS RETRACTAVIT AUXIT ORNAVIT

ADOLFUS SCHÖNMATZER S. J.

ENCHIRIDION SYMBOLORUM DEFINITIONUM ET DECLARATIONUM

De rebus fidei et morum

HERDER – ROMÆ – MCMLXXVI

Imprim.: Barcelona, José M. Guix, obispo auxiliar.

(da INNOCENZO XIII a PIO VI – I. –)

INNOCENZO XIII: 8 maggio 1721-7 marzo 1724.

BENEDETTO XIII: 29 maggio 1724-21 marzo 1724 febbraio 1730.

CLEMENTE XII: 12 luglio 1730-6 febbraio 1740.

Bolla “Apostolicae providentiae officio“, 2 ottobre 1733.

Libertà di insegnamento sull’efficacia della grazia.

2509. Par. 1… Poiché, tuttavia, conosciamo esattamente l’intenzione dei nostri predecessori (Clemente XI e Benedetto XIII), non vogliamo che, a causa delle lodi che Noi o loro abbiamo dato alla scuola tomistica, e che Noi confermiamo e rinnoviamo con i nostri ripetuti giudizi, le altre scuole cattoliche che, per spiegare l’efficacia della grazia divina, ne sostengano una concezione diversa, ed i cui meriti sono ugualmente eminenti nei confronti di questa Santa Sede, siano in qualche modo impedite di continuare a sostenere su questo argomento le concezioni che hanno finora sostenuto, insegnate e difese pubblicamente e liberamente ovunque, anche in pieno giorno in questa venerabile Città.

2510. Par. 2. Pertanto … Proibiamo, sotto pena di incorrere nelle stesse sanzioni, che qualcuno osi infliggere censure o censure teologiche, per iscritto, nell’insegnamento, nelle dispute o in qualsiasi altra occasione, a quelle scuole che hanno una posizione diversa, o attaccarle con rimproveri o invettive, fino a quando questa Santa Sede non riterrà necessario definire o pronunciarsi sull’argomento di queste controversie.

Lettera apostolica “In eminenti apostolatus specula“, 28 aprile 1738.

Franco-Massoni.

2511. Par. 1 … Abbiamo appreso che certe società, associazioni, riunioni, assemblee, unioni o conventicole comunemente chiamate “liberi muratori” o “franco-massoni” o designate con altro nome secondo la diversità delle lingue, avanzano dappertutto e si rafforzano di giorno in giorno. Uomini di qualsiasi religione o setta, che si accontentano di un’apparenza di onestà naturale, si uniscono a loro con un patto stretto e impenetrabile, secondo leggi e statuti da loro stabiliti; e allo stesso tempo sono tenuti, sia con un rigoroso giuramento giurato sulla Sacra Bibbia, sia con l’accumulo di severe sanzioni, a nascondere con un silenzio inviolabile ciò che fanno in segreto. Ma poiché è nella natura del crimine rivelarsi e produrre un clamore che lo tradisce, le suddette società o conventicole hanno suscitato nell’animo dei fedeli un sospetto così grande che per coloro che sono prudenti e onesti, unirsi a queste unioni è assolutamente la stessa cosa che contrarre la macchia della nefandezza e dell’infamia, perché se non agissero male, non avrebbero un tale odio per la luce. Questa voce si è ormai diffusa a tal punto che in molte regioni le suddette società sono state proscritte dalle potenze secolari come una minaccia per la sicurezza del regno, e che da tempo sono state soppresse con lungimiranza.

2512. Par. 2. Pertanto, considerando in cuor nostro il gravissimo danno che il più delle volte viene arrecato da tali società o conventicole, non solo alla tranquillità della società civile, ma anche alla salvezza spirituale delle anime, e che per questo motivo non si accordano in alcun modo né con le leggi civili né con quelle canoniche, e poiché ci viene insegnato dalla Parola divina … che bisogna fare attenzione affinché uomini di questo tipo non entrino nelle case come ladri, … affinché infatti non distorcano i cuori dei semplici per ostacolare l’amplissima via che in tal modo si potrebbe aprire, permettendo di commettere impunemente delle iniquità, e per altri giusti e ragionevoli motivi a Noi noti, su consiglio di alcuni … Cardinali e anche d’ufficio, decidiamo con la pienezza del Potere Apostolico che queste stesse società o conventicole che portano il nome di “liberi muratori” o “franco-massoni”, o qualsiasi altro nome, … sono da condannare e proibire…

2513. Par. 4 (Gli Ordinari locali e gli inquisitori sono pregati) di punire (i trasgressori) con pene appropriate in quanto fortemente sospettati di eresia.

BENEDETTO XIV: 17 agosto 1740-3 maggio 1758.

Dichiarazione “Matrimonia quae in locis“, 4 novembre 1741.

Matrimoni clandestini.

2515. La questione della validità o meno dei matrimoni celebrati abitualmente nelle regioni soggette all’autorità degli Stati federati del Belgio, sia tra eretici da una parte che dall’altra, o tra un uomo eretico da una parte ed una donna cattolica dall’altra, o viceversa, non osservando la forma prescritta dal Santo Concilio di Trento (decreto Tametsi, cf. 1813-1816) è stato dibattuto a lungo e più volte, e le convinzioni ed i giudizi degli uomini sono stati totalmente diversi su questo argomento. Per molti anni ciò ha provocato una messe sovrabbondante di timori e di pericoli. ..

2516. (1). Nostro Signore Santissimo… ha recentemente richiesto la stesura di questa dichiarazione e istruzione, che tutti i Vescovi del Belgio, i parroci ed i missionari di queste regioni, così come i vicari apostolici, dovranno d’ora in poi utilizzare in queste materie come regola e norma sicura.

2517. (2) Vale a dire, in primo luogo, per quanto riguarda i matrimoni celebrati dagli eretici tra di loro nelle regioni soggette all’autorità degli Stati Federati del Belgio, senza osservare la forma prescritta dal Concilio di Trento: anche se Sua Santità non ignora che, d’altra parte, in alcuni casi particolari e dopo un attento esame delle circostanze presentate in ciascun caso, la Sacra Congregazione del Concilio si sia pronunciata a favore della loro invalidità, e sapendo altrettanto bene che finora nulla di generale e universale riguardo a questi matrimoni sia stato stabilito dalla Sede Apostolica, e che, d’altra parte, per la preoccupazione dei fedeli che vivono in queste regioni e per prevenire molti danni molto gravi, sia assolutamente importante dichiarare ciò che si debba pensare in generale su questi matrimoni: Ha dichiarato e stabilito che i matrimoni finora celebrati tra eretici nelle suddette province federate del Belgio e quelli che saranno d’ora in poi celebrati, anche se non sia stata osservata la forma prescritta dal Concilio di Trento, sono da considerarsi validi, purché non vi siano altri impedimenti canonici, e ciò in modo tale che se i due sposi dovessero tornare nel seno della Chiesa, essi siano assolutamente legati dallo stesso vincolo coniugale di prima, anche se il loro reciproco consenso non venga rinnovato davanti ad un parroco cattolico; ma se uno solo dei coniugi – uomo o donna – si converte, nessuno dei due può contrarre un altro matrimonio finché l’altro sia ancora in vita.

2518. Ma per quanto riguarda i matrimoni, conclusi anche in queste province federate del Belgio nella forma prescritta dal Concilio di Trento, tra Cattolici ed eretici, sia che un uomo cattolico sposi una donna eretica, sia che una donna cattolica sposi un uomo eretico, Sua Santità prova innanzitutto un grande dolore per il fatto che ci siano alcuni tra i Cattolici che, vergognosamente sedotti da uno sciocco amore, non siano pieni di orrore nei loro cuori per questi detestabili matrimoni che la Santa Madre Chiesa ha sempre condannato e proibito, e che non pensino di doversene astenere completamente; . . perciò esorta vivamente e gravemente (i pastori) delle anime, e li avverte di dissuadere per quanto possibile i Cattolici di entrambi i sessi dal contrarre tali matrimoni a rischio della loro anima, e di sforzarsi di ostacolare tali matrimoni in ogni modo appropriato, e di prevenirli efficacemente. Ma se un matrimonio di questo tipo, senza l’osservanza della forma di Trento, sia già stato contratto in queste parti, o se (Dio non voglia) dovesse essere contratto in futuro, Sua Santità dichiara che tale matrimonio, finché non vi sia alcun impedimento canonico, debba essere considerato valido, e che nessuno dei due sposi, finché l’altro sia ancora in vita, possa in alcun modo contrarre un nuovo matrimonio, anche con il pretesto di un matrimonio di convenienza. Ma il coniuge cattolico, sia l’uomo che la donna, deve avere a cuore soprattutto di fare penitenza per la gravissima colpa commessa, di chiedere perdono a Dio e di cercare con tutte le sue forze di riportare nel seno della Chiesa Cattolica l’altro coniuge che si sta allontanando dalla vera fede e di conquistare la sua anima – che sarà anche di grande vantaggio per il perdono del torto commesso – sapendo, inoltre, come si è detto, che sarà legato per sempre dal vincolo di questo matrimonio.

2519. (4) (Questo vale) … anche per i matrimoni contratti al di fuori delle frontiere dei territori in cui l’autorità degli stessi Stati Federati è esercitata da coloro che appartengano agli eserciti o alle truppe militari, e che siano abitualmente inviati al di là di tali frontiere dagli stessi Stati Federati per difendere e proteggere le opere di frontiera, chiamate di Barriera; e ciò nel senso che i matrimoni ivi contratti sotto la forma di Trento – sia tra eretici da una parte e dall’altra, sia tra Cattolici ed eretici – restino validi finché uno degli sposi appartiene a queste truppe o eserciti. …

2520. (5) Infine, per quanto riguarda i matrimoni contratti sia nei territori dei principi cattolici, da persone che abbiano il loro domicilio nelle Province Federate, o nelle Province Federate da persone che abbiano il loro domicilio nei territori dei principi cattolici, Sua Santità ha ritenuto di non dover decidere o dichiarare nulla di nuovo; desidera, infatti, che se sorgesse una divergenza di opinioni su questo argomento, si decida secondo i principi canonici del diritto comune e le decisioni emesse in casi analoghi dalla Sacra Congregazione del Concilio, ed ha dichiarato, deciso e prescritto che in futuro ciò sia osservato da tutti.

Il Sacramento della Confermazione.

2522. Par. 3 (N. 1). I Vescovi devono confermare incondizionatamente i neonati e gli altri battezzati nelle loro diocesi e che sono stati segnati sulla fronte con il crisma da Sacerdoti greci; infatti, né dai nostri predecessori né da Noi è stato dato o viene dato il permesso ai Sacerdoti greci in Italia e nelle isole circostanti di conferire il Sacramento della Confermazione ai neonati battezzati. E, anzi, a partire dall’anno 1595 il nostro predecessore di felice memoria Clemente VIII proibì espressamente ai Sacerdoti greci di segnare i battezzati con il crisma (cf. 1990).

2523. (N. 4) Sebbene coloro che siano stati cresimati da un semplice Sacerdote non siano costretti a ricevere il Sacramento della confermazione da un Vescovo se tale costrizione causerebbe scandalo, poiché il Sacramento della confermazione non è di tale necessità che non ci si possa salvare senza di esso, tuttavia essi devono essere avvertiti dagli Ordinari locali che sono in stato di peccato grave se, potendo ricevere la confermazione, la rifiutano o la trascurano.

Estrema Unzione.

2524. 5 (N. 2) L’Estrema Unzione … sarà impartita agli ammalati. (N. 3) Non importa che questa Estrema Unzione sia eseguita da uno o più Sacerdoti, quando esiste tale consuetudine, purché si creda e si affermi che, se sono stati usati la. materia e la forma richieste, questo Sacramento è eseguito validamente e lecitamente da un solo Sacerdote. (N. 4). Lo stesso Sacerdote deve applicare ogni volta la materia e pronunciare la forma; quindi colui che conferisce l’unzione deve essere lo stesso che pronuncia la forma corrispondente, e non deve essere che uno conferisca l’unzione e l’altro pronunci la forma.

Costituzione “Nuper ad Nos“, 16 marzo 1743.

La professione di fede prescritta per gli Orientali.

2525. Io, N., credo con fede ferma e professo tutti e ciascuno degli articoli contenuti nel simbolo di fede usato da Santa Romana Chiesa, e cioè: Credo in un solo Dio… (Simbolo di Costantinopoli, cf. 150 o 1862).

2526. Inoltre venero e riconosco i Concili universali seguenti, cioè il primo di Nicea 125-129, e professo ciò che è stato definito lì contro Ario di infausta memoria, cioè che il Signore Gesù Cristo sia il Figlio di Dio, nato dal Padre unigenito, cioè nato dalla sostanza del Padre, non creato, consustanziale al Padre, e che queste empie asserzioni siano state giustamente condannate in quello stesso Concilio, cioè: “c’era un tempo in cui non era”, o “è stato fatto da ciò che non era, o da un’altra sostanza o essenza”, o “il Figlio di Dio è suscettibile di cambiamento o alterazione”.

2527. Il primo di Costantinopoli (cf. 150-151), il secondo nell’ordine, e professo ciò che sia stato definito lì contro Macedonio di infausta memoria, cioè che lo Spirito Santo non è schiavo ma Signore, non è creatura ma Dio, e che ha un’unica divinità con il Padre e il Figlio.

2528. Il primo di Efeso (cf. 250-268), terzo nell’ordine, e professo ciò che è stato definito lì contro Nestorio di lugubre memoria, cioè che la divinità e l’umanità, nell’unione inesprimibile e incomprensibile dell’unica Persona del Figlio di Dio, hanno formato per noi l’unico Gesù Cristo, e che per questo la beatissima Vergine è veramente Madre di Dio.

2529. Quello di Calcedonia (cf. 300-305), il quarto in ordine di tempo, e professo ciò che sia stato definito lì contro Eutiche e Dioscoro, entrambi di infausta memoria, cioè che un solo e medesimo Figlio di Dio, il nostro Signore Gesù Cristo, sia perfetto nella divinità e perfetto nell’umanità, vero Dio e vero uomo, di anima e corpo ragionevoli, consustanziale al Padre nella divinità, consustanziale a noi nell’umanità, in tutto simile a noi tranne che nel peccato, generato dal Padre prima dei secoli nella divinità, e negli ultimi giorni generato per noi e per la nostra salvezza dalla Vergine Maria, Madre di Dio, nell’umanità; un solo e medesimo Cristo, Figlio, Signore, unigenito, che deve essere riconosciuto in due nature, senza confusione, senza mutamento, senza divisione, senza separazione, non essendo le differenze in alcun modo eliminate a causa dell’unione, essendo piuttosto le proprietà dell’una e dell’altra natura salvaguardate e contribuendo ad un’unica Persona e ad un’unica ipostasi, non essendo divise o scisse in due persone, ma un solo e medesimo Figlio, unigenito, Dio Verbo, il Signore Gesù Cristo; allo stesso modo, che la divinità dello stesso Gesù Cristo nostro Signore, secondo la quale è consustanziale al Padre e allo Spirito Santo, è impassibile e immortale, ma che lo stesso è stato crocifisso ed è morto solo secondo la carne, come è stato definito in questo stesso Concilio e nella lettera del santo Pontefice Romano Leone (v. 290-295), per bocca del quale ha parlato Pietro, come hanno gridato i padri di questo stesso Concilio; con questa definizione viene condannata l’empia eresia di coloro che nel Trishagion trasmesso dagli Angeli e cantato nel suddetto Concilio di Calcedonia: “Dio santo, santo forte, santo immortale, abbi pietà di noi” (cfr. Esd VI,3 ) aggiungevano: “tu che sei stato crocifisso per noi”, e affermavano così che la natura divina sia passibile e mortale.

2530. Il secondo di Costantinopoli (cf. 421-438), il quinto in ordine di tempo, in cui si rinnova la definizione del già citato Concilio di Calcedonia.

2531. Il terzo di Costantinopoli (cf. 550-559), il sesto in ordine di tempo, in cui professo ciò che sia stato definito lì contro i monoteliti, cioè che nell’unico e medesimo Gesù Cristo, nostro Signore, ci siano due volontà naturali e due attività naturali, senza divisione, senza cambiamento, senza separazione, senza confusione, e che la sua volontà umana non sia opposta ma soggetta alla sua volontà divina ed onnipotente.

2532. Il secondo di Nicea (cf. 600-609), il settimo nell’ordine, e professo ciò che sia stato definito lì contro gli iconoclasti, cioè che si debbano avere immagini di Cristo e della Vergine, Madre di Dio, così come degli altri Santi, e che si debba essere attaccati ad esse ed accordare loro l’onore e la venerazione dovuti.

2533. Il quarto di Costantinopoli (cf. 650-664), l’ottavo in ordine, e professo che Fozio sia stato giustamente condannato e sant’Ignazio restaurato come Patriarca.

2534. Inoltre venero e riconosco tutti gli altri Concili universali legittimamente celebrati sotto l’autorità dei Romani Pontefici e da essi confermati, in particolare il Concilio di Firenze del 1300-1353, e professo ciò che sia stato ivi definito….

(Quanto segue è tratto direttamente, o in forma di estratti, dal decreto di unione per i Greci e dal decreto per gli Armeni del Concilio di Firenze).

2535. Allo stesso modo venero e riconosco il Concilio di Trento (cf. 1500-1835), e professo ciò che sia stato definito e dichiarato in esso, in particolare che nella Messa è presentato a Dio il vero, puro e propiziatorio Sacrificio per i vivi e per i morti, e che nel santissimo Sacramento dell’Eucaristia, secondo la fede che è sempre esistita nella Chiesa di Dio, siano contenuti in modo vero, reale e sostanziale, il corpo ed il sangue, insieme all’anima ed alla divinità di nostro Signore Gesù Cristo, e quindi il Cristo intero; e che in essa avvenga il cambiamento dell’intera sostanza del pane in Corpo e dell’intera sostanza del vino in Sangue, che la Chiesa Cattolica chiama giustamente transustanziazione, e che in ciascuna delle due specie, e dopo la loro separazione in ciascuna delle diverse parti di ciascuna delle specie, Cristo è contenuto nella sua interezza.

2536. Allo stesso modo, che i sette Sacramenti della Nuova Legge siano stati istituiti da Cristo nostro Signore per la salvezza del genere umano, anche se non tutti siano necessari per ciascuno, cioè Battesimo, Cresima, Eucaristia, Penitenza, Estrema Unzione, Ordini sacri e Matrimonio; e che essi conferiscano la grazia e che tra di essi il Battesimo, la Cresima e gli Ordini sacri non possano essere ripetuti (senza sacrilegio). Allo stesso modo, che il Battesimo sia necessario per la salvezza e che quindi, se c’è pericolo di morte, debba essere conferito senza indugio, e che chiunque lo conferisca e in qualsiasi momento, è valido se sia stato conferito con la materia, la forma e l’intenzione richieste. Allo stesso modo, il vincolo del Sacramento del Matrimonio è indissolubile, e anche se può esserci separazione del corpo e della comunità di vita tra gli sposi per motivi di adulterio, eresia o altro, ciò non significa che sia loro permesso contrarre un altro matrimonio.

2537. Allo stesso modo, le tradizioni apostoliche ed ecclesiastiche devono essere riconosciute e venerate. E che Cristo ha dato alla Chiesa il potere delle indulgenze e che il loro uso è molto salutare per il popolo cristiano.

2538. Allo stesso modo riconosco e professo ciò che è stato definito dal suddetto Concilio di Trento in materia di peccato originale, di giustificazione, di elenco e di interpretazione dei libri sacri dell’Antico e del Nuovo Testamento.

2539. (A richiesta di Leone XIII si aggiunge qui, con decreto della Sacra Congregazione per la Propagazione della Fede del 16 luglio 1878:) Allo stesso modo, venero e riconosco il Concilio Ecumenico Vaticano, e accolgo e professo con la massima fermezza tutti e ciascuno degli articoli che sono stati trasmessi, definiti e dichiarati da esso, specialmente per quanto riguarda il primato del Romano Pontefice ed il suo Magistero infallibile).

2540. Allo stesso modo, riconosco e professo tutti gli altri articoli ricevuti e professati dalla santa Chiesa romana, e allo stesso tempo tutto ciò che si opponga ad essi, gli scismi e le eresie che sono stati condannati, respinti e anatematizzati da questa stessa Chiesa, anch’io li condanno, li respingo e li anatematizzo. Inoltre, prometto e giuro vera obbedienza al Romano Pontefice, successore del Beato Pietro, Principe degli Apostoli e Vicario di Gesù Cristo.

Breve “Suprema omnium Ecclesiarum“, 7 luglio 1745

Il nome del complice non deve essere richiesto.

2543. (1) Poco tempo fa … è giunta alle nostre orecchie la notizia che alcuni confessori di questa regione, che si sono lasciati trasportare da una falsa idea di cosa sia lo zelo, ma che vagano lontano dallo zelo illuminato dalla conoscenza (cfr. Rm 10,2 ), hanno iniziato a istituire e introdurre una pratica distorta e perniciosa nell’ascoltare le confessioni dei fedeli di Cristo e nell’amministrare il salutarissimo sacramento della penitenza: e cioè che quando si trovano occasionalmente in presenza di penitenti che hanno avuto un compagno o un complice nel loro crimine, sono soliti chiedere a questi penitenti il nome di questo compagno o complice, e che non è con la persuasione che non solo cercano di persuaderli a rivelarglielo, ma che, cosa ancora più abominevole, li spingono e li costringono minacciandoli di rifiutare l’assoluzione sacramentale se non lo rivelano; molto di più, pretendono addirittura che venga dato loro non solo il nome del complice, ma anche il luogo in cui vive; … Questa intollerabile imprudenza, non esitano ad abbellirla con lo specioso pretesto di dover correggere il complice e procurargli altri beni, e a giustificarla anche con un certo numero di pareri contraddittori di medici, mentre in realtà, sostenendo questi pareri falsi ed erronei, o applicandole male quando sono vere e valide, essi mettono in pericolo la propria anima e quella dei penitenti, e inoltre si rendono colpevoli di un grave danno davanti a Dio, Giudice eterno, di cui avrebbero dovuto prevedere la facile conseguenza.

2544 … (3) (Censura) Per non dare l’impressione di sottrarci al nostro ministero apostolico di fronte ad un così grande pericolo per le anime, e per non permettere che il nostro pensiero sull’argomento vi risulti oscuro o ambiguo, desideriamo che sappiate che la suddetta pratica è assolutamente da riprovare, e che con il presente documento, in forma di Breve, essa è da Noi riprovata e condannata come scandalosa e perniciosa, come lesiva del buon nome del prossimo e del Sacramento stesso, come tendente alla violazione del santissimo sigillo del Sacramento e come allontanante i fedeli dall’uso così utile e necessario del sacramento della penitenza.

Enciclica “Vix pervenit” ai Vescovi d’Italia, 1 novembre 1745.

L’usura.

2546. (Par. 3) 1 (Il concetto di usura) Il peccato detto di usura, il cui luogo proprio è il contratto di prestito, consiste nel fatto che qualcuno vuole che in virtù del prestito stesso – che per sua natura richiede che venga restituito solo quanto sia stato ricevuto – venga restituito più di quanto sia stato ricevuto, e che quindi si affermi che in virtù del prestito stesso sia dovuto un guadagno che va oltre il capitale (prestato). Per questo motivo, qualsiasi guadagno che superi il capitale (prestato) è illegale e usurario.

2547. (2) Per essere scagionati da questa contaminazione, non sarà possibile appellarsi né al fatto che questo guadagno non sia eccessivo e sconsiderato ma modesto, che non sia grande ma piccolo, né al fatto che la persona a cui si chiede questo guadagno per il solo motivo del prestito non sia povera ma ricca, e che non lascerà la somma prestata inoperosa ma la utilizzerà nel modo più utile per accrescere la sua fortuna, acquistare nuove proprietà o intraprendere un commercio fruttuoso. Chiunque, una volta stabilita questa uguaglianza, non teme di esigere la restituzione del prestito, agisce contro la legge del prestito, che consiste necessariamente nell’uguaglianza tra ciò che viene dato e ciò che viene restituito. Per questo, se ha ricevuto (qualcosa), sarà tenuto a restituire in virtù dell’obbligo di quella giustizia che si chiama commutativa e che ha il compito di assicurare in modo intangibile l’uguaglianza di tutti nei contratti umani, e di ristabilirla rigorosamente quando non sia stata rispettata.

2548. 3 Ciò non significa negare che al contratto di mutuo possano essere occasionalmente allegate altre garanzie, come si dice, che non siano inerenti e intrinseche a ciò che è comunemente la natura del mutuo stesso, ma che danno luogo ad una ragione perfettamente giusta e legittima per richiedere regolarmente più del capitale dovuto sulla base del mutuo. Allo stesso modo, non si nega che una persona possa spesso investire e utilizzare regolarmente il proprio denaro attraverso altri contratti, distinti per natura dal contratto di prestito, sia per ottenere un reddito annuale sia per intraprendere un commercio o un’attività lecita e riceverne guadagni onorevoli.

2549. 4. È certo che, se in vari contratti di questa forza non sia assicurata l’uguaglianza di ciascuna delle parti, tutto ciò che si riceve oltre il giusto si configura, se non come usura (poiché ogni prestito, sia esso coperto o dissimulato, ne è privo), almeno come un’altra vera e propria ingiustizia, che implica anche l’obbligo di restituzione; Tuttavia, se tutto viene fatto in modo regolare e viene pesato sulla bilancia della giustizia, non c’è dubbio che i vari modi di procedere leciti in questi contratti siano sufficienti a garantire ed animare le relazioni commerciali tra gli uomini e gli stessi affari fruttuosi, in vista del profitto di tutti. I Cristiani si guardino dal pensare in cuor loro che l’usura o altre ingiustizie indebite di questo tipo permettano di far prosperare un commercio ricco di profitti, poiché al contrario apprendiamo dalla stessa Parola divina che “la giustizia esalta un popolo, ma il peccato lo rende infelice” (Pr XIV, 34) .

2550. (5) Tuttavia, bisogna considerare attentamente che sarebbe falso ed avventato pensare che si possano sempre trovare e avere a portata di mano o altri titoli legittimi contemporaneamente al prestito, o, indipendentemente dal prestito, altri contratti giusti, in modo che per mezzo di questi titoli e di questi contratti, ogni volta che si presti denaro, guadagno o qualsiasi altra cosa di questo tipo a qualcuno, sia sempre permesso anche di ricevere un moderato sovrapprezzo che vada oltre la totalità e l’integrità del capitale (prestato). Se qualcuno la pensa in questo modo, è indubbiamente in conflitto non solo con gli insegnamenti divini ed il giudizio della Chiesa Cattolica sull’usura, ma anche con il buon senso e la ragione naturale. Infatti, almeno questo non può sfuggire a nessuno: che in molte circostanze un uomo è obbligato ad aiutare un altro con un semplice e nudo prestito, come insegna lo stesso Cristo, il Signore: “Se qualcuno vuole chiederti un prestito, non sottrarti” (Mt V,42) e che, allo stesso modo, in molte circostanze non ci può essere altro contratto vero e giusto oltre al singolo prestito. – Se qualcuno, dunque, desidera una regola per la sua coscienza, deve prima esaminare se esista davvero un altro titolo contemporaneamente al prestito, o se esiste davvero un altro contratto giusto rispetto al contratto di prestito, in virtù del quale potrà cercare il guadagno essendo libero e senza macchia.

Istruzione “Postremo mense”, 28 febbraio 1747.

Battesimo dei bambini contro la volontà dei genitori.

2552. 4. Per quanto riguarda la prima parte del primo capitolo, ossia se i bambini ebrei possano essere battezzati contro la volontà dei genitori, chiariamo che ciò è già stato definito da San Tommaso in tre passi, ossia nella Quodl. II, a. 7; II-II 10,12 dove esamina nuovamente la questione posta nella Quodlibeta: “I figli degli ebrei e degli infedeli devono essere battezzati a dispetto dei loro genitori?” e dove risponde così: “Ciò che possiede la massima autorità è la prassi della Chiesa, alla quale ci si deve attenere gelosamente in ogni cosa, ecc. Ora la prassi della Chiesa non ha mai ammesso che i figli degli ebrei siano battezzati a dispetto dei loro genitori…”; e in III 68,10 così si esprime: “Rispondo: i figli degli infedeli… Sarebbe dunque contrario alla giustizia naturale battezzare questi bambini contro la volontà dei loro genitori, così come sarebbe contrario alla giustizia naturale battezzare un uomo che ha l’uso della ragione. Inoltre, sarebbe pericoloso…”.

2553. 5. Nel Commento alle Sentenze IV, dist. 4, q. 9, n. 2, e nelle questioni riferite al n. 2, Scoto ritiene che un principe possa ordinare lodevolmente di battezzare anche i figli piccoli di ebrei e infedeli, nonostante i loro genitori, purché si faccia attenzione che questi stessi figli non vengano uccisi dai loro genitori. La sentenza di Tommaso ha prevalso, tuttavia, nei tribunali… ed è più diffusa tra i teologi e i giuristi….

2554. 7. Stabilito questo, cioè che non è lecito battezzare i figli degli ebrei contro la volontà dei loro genitori, dobbiamo ora – secondo l’ordine stabilito all’inizio – passare subito alla seconda questione, cioè se ci possa mai essere un’occasione in cui ciò sia permesso e opportuno.

2555. 8 … Se allo stesso modo un cristiano dovesse trovare un bambino ebreo vicino alla morte, penso che farà certamente una cosa lodevole e gradita a Dio procurando a quel bambino la salvezza eterna attraverso l’acqua purificatrice. …

2556. 9. Allo stesso modo, se dovesse accadere che un bambino ebreo venga scacciato e abbandonato dai genitori, secondo il sentimento di tutti, confermato da diverse sentenze, dovrebbe essere battezzato, anche se i genitori protestano e lo richiedono. …

2557. 14. Dopo aver esposto questi casi ovvi in cui questa nostra regola proibisce il battesimo dei figli di ebrei contro la volontà dei genitori, aggiungiamo alcune ulteriori spiegazioni su questa regola, la prima delle quali è: se i genitori sono assenti, ma i bambini sono stati affidati alla tutela di un ebreo, non possono in alcun modo essere battezzati legittimamente senza il consenso del tutore, poiché tutta la potestà dei genitori è passata ai tutori. 15. La seconda è: se un padre si converte al cristianesimo e ordina che il nipote sia battezzato, il bambino deve essere battezzato anche contro la volontà della madre ebrea, poiché il bambino deve essere considerato come sotto la potestà non della madre ma del padre… 16. La terza è: anche se una madre non ha figli propri, ma arriva alla fede in Cristo e presenta il bambino per il battesimo, anche se il padre ebreo protesta, deve comunque essere purificato dall’acqua del battesimo. 17. La quarta è: se dunque si ritiene certo che la volontà dei genitori è necessaria per il Battesimo dei bambini, sotto il termine “genitori” si colloca anche il nonno paterno: … ne consegue necessariamente che se il nonno paterno abbraccia la fede cattolica e conduce il suo figlioletto alla fonte del santo Battesimo, anche se, essendo il padre già morto, e la madre ebrea si opponga, il bambino debba essere battezzato senza alcun dubbio. …

2558. 18. Non è un’invenzione che un giorno un padre ebreo dica di voler abbracciare la Religione Cattolica e chieda di essere battezzato lui stesso ed i suoi nipoti, ma poi si penta della sua decisione e si rifiuti di far battezzare il figlio. Questo è successo a Mantova. … Il caso fu sottoposto alla Congregazione del Sant’Uffizio e… il 24 settembre 1699 il Sommo Pontefice decise che “i due bambini, uno di tre e l’altro di cinque anni, devessero essere battezzati. Gli altri, un figlio di otto anni e una figlia di dodici, siano collocati nella casa dei catecumeni, se esiste a Mantova, altrimenti presso una persona pia ed onesta per conoscere la loro volontà e istruirli”. …

Battesimo di bambini portati con cattive intenzioni.

2559. 19. Ci sono anche alcuni miscredenti che hanno l’abitudine di presentare i loro figli ai Cristiani affinché siano purificati dalle acque salutari, ma non perché entrino al servizio di Cristo, né perché il peccato originale sia rimosso dalle loro anime; ma lo fanno spinti da un’indegna superstizione, poiché pensano che il beneficio del Battesimo li liberi dagli spiriti maligni, dal cattivo odore o dalle malattie.

2560. 21. Dopo che l’esame di questa questione fu affidato a teologi e giuristi, furono proposti e discussi diversi casi. Alcuni infedeli, che si erano convinti che con la grazia del Battesimo i loro figli sarebbero stati liberati dalle malattie e dalle vessazioni del demonio, furono spinti ad una tale follia da minacciare di morte i Sacerdoti che, conoscendo la loro perversa intenzione, si rifiutavano con la massima fermezza di battezzare i loro figli. (Alcuni) pensano che, per evitare la morte, il Battesimo possa essere conferito a tutti, purché si usi solo la materia e non la forma. Ma a questa opinione si oppose la Congregazione del Sant’Uffizio, riunitasi alla presenza del Sommo Pontefice il 5 settembre 1625.

2561. “La Sacra Congregazione dell’Inquisizione Generale che si è tenuta alla presenza del Sommo Pontefice, dopo aver letto lo scritto del Vescovo di Antivari in cui chiedeva di risolvere il seguente dubbio: Quando i Sacerdoti sono costretti dai turchi a battezzare i loro figli, non perché diventino Cristiani, ma per la salvezza del loro corpo, affinché siano liberati dal cattivo odore, dall’epilessia, dai pericoli dei malefici e dei lupi, possono in tal caso battezzarli almeno fittiziamente, usando la materia del Battesimo senza la forma richiesta? Risposta: negativa, perché il Battesimo è la porta dei Sacramenti e la manifestazione della fede, e non può in alcun modo essere finto.”

Il Battesimo di bambini piccoli presentati da qualcuno che non ha autorità.

2562. Si tratta di coloro che non vengono presentati al Battesimo né dai genitori né da altri che hanno un diritto su di loro, ma da qualcuno che non ha alcuna autorità. Si tratta invece di coloro i cui casi non rientrano nella disposizione che consente di conferire il Battesimo anche se manca il consenso degli ascendenti: in questo caso non devono essere battezzati, ma consegnati a chi ha legittimamente la potestà su di loro e ne ha la custodia. – Se hanno già ricevuto il Sacramento, devono essere trattenuti o sottratti ai genitori ebrei e affidati ai fedeli di Cristo perché siano da loro educati in modo pio e santo; perché questo è l’effetto di un Battesimo illecito, che tuttavia è vero e valido.

Lettera “Dum præterito” al Grande Inquisitore di Spagna, 31 luglio 1748.

Libertà di insegnamento in materia di aiuti della grazia.

2564. Lei sa che sulle famose questioni della predestinazione, della grazia e di come conciliare la libertà umana con l’onnipotenza di Dio ci siano molte scuole e molte opinioni. I tomisti sono diffamati come distruttori della libertà umana e come seguaci non solo di Giansenio ma anche di Calvino; ma poiché danno un’eccellente risposta alle obiezioni e poiché la loro concezione non sia mai stata riprovata dalla Sede Apostolica, i tomisti vi restano attaccati impunemente e, allo stato attuale delle cose, nessun superiore ecclesiastico si permette di allontanarli dalla loro concezione. Gli agostiniani sono diffamati come seguaci di Baio e Giansenio. Essi rispondono che sono i sostenitori della libertà umana e respingono le obiezioni con tutte le loro forze; e poiché finora la loro concezione non è stata condannata dalla Sede Apostolica, non c’è nessuno che non veda che nessuno possa pretendere che essi si allontanino dalla loro concezione. – I discepoli di Molina e Suarez sono messi alla gogna dai loro avversari come se fossero semipelagiani; i Pontefici Romani non hanno ancora pronunciato alcuna sentenza riguardo a questo sistema molinista, ed è per questo che continuano a sostenerlo e possono continuare a sostenerlo.

2565. In una parola, i Vescovi e gli inquisitori non devono considerare le note con cui i dottori che disputano tra loro si qualificano a vicenda, ma considerare se queste note con cui si qualificano a vicenda siano state disapprovate dalla Sede Apostolica. La Sede Apostolica è favorevole alla libertà delle scuole e finora non ha disapprovato nessuno dei modi in cui è stato proposto di conciliare la libertà umana con l’Onnipotenza divina. Quando se ne presenta l’occasione, Vescovi e inquisitori devono comportarsi allo stesso modo, anche se come privati sono più favorevoli ad una visione che ad un’altra. Noi stessi, anche se come dottore privato propendiamo per una certa opinione in materia teologica, non per questo riproduciamo l’opinione contraria come Sovrano Pontefice, né permettiamo che sia riprovata da altri.

Breve “Singulari nobis” al Cardinale Henry, duca di York, 9 febbraio 1749.

Incorporazione alla Chiesa mediante il Battesimo.

2566. Par. 12 … Quando un eretico battezza qualcuno usando la forma e la materia legittima, … quest’ultimo è segnato con il carattere del Sacramento.

2567. Paragrafo 13. Allora anche questo è stabilito: chi ha ricevuto il Battesimo da un eretico in modo regolare diventa membro della Chiesa Cattolica in virtù di esso; infatti l’errore privato di colui che battezza non può privarlo di questa felicità, purché conferisca il Sacramento nella fede della vera Chiesa e si conformi alla disciplina per quanto riguarda ciò che fa parte della validità del Battesimo. Ciò è notevolmente confermato da Suarez nella sua Fidei catholicæ defensio contra errores sectæ Anglicanæ, libro I, cap. 24, dove dimostra che il battezzato diventa membro della Chiesa, e aggiunge anche che se un eretico – come spesso accade – purifichi un bambino incapace di compiere un atto di fede con l’acqua lustrale, non c’è alcun impedimento a che il bambino riceva l’habitus della fede attraverso il Battesimo.

2568. Par. 14. Infine, riteniamo certo che coloro che siano stati battezzati da eretici, quando hanno raggiunto l’età in cui possono distinguere da soli tra il bene e il male, e aderiscono agli errori di colui che li ha battezzati, sono certamente respinti dall’unità della Chiesa e privati dei beni di cui godono coloro che hanno la loro dimora nella Chiesa, ma non sono tuttavia liberati dalla sua autorità e dalle sue leggi, come afferma saggiamente Gonzales in “Sicut“, n. 12, a proposito degli eretici.

2569. Par. 15. Infatti, per quanto riguarda i disertori e i traditori, vediamo che le leggi civili escludono totalmente i sudditi fedeli dai privilegi. Allo stesso modo, le leggi ecclesiastiche non concedono privilegi clericali ai chierici che non rispettino i comandamenti dei sacri Canoni. Ma nessuno ritiene che i traditori o i chierici che violano i Canoni non siano soggetti all’autorità dei loro principi o prelati.

2570. Par. 16. Se non ci sbagliamo, questi esempi hanno a che fare con una questione come questa: anche gli eretici sono soggetti alla Chiesa e vincolati dalle leggi ecclesiastiche.

Costituzione “Detestabilem“, 10 novembre 1752.

Errori sul duello.

2571. 1. Un soldato che, per il fatto di non offrire o accettare un duello, fosse considerato timoroso, timoroso, privo di coraggio e inadatto ai doveri che sono propri dei soldati, e che per questo motivo fosse privato dell’ufficio che serve al suo mantenimento e a quello della sua famiglia, o fosse privato per sempre della speranza di una promozione che altrimenti gli spetterebbe o che meriterebbe, non incorrerà in alcuna colpa né in alcuna pena se offre o accetta un duello.

2572. 2. Possono essere scusati anche coloro che accettano un duello per proteggere il proprio onore o per evitare il disprezzo umano, o che lo provocano quando sanno con certezza che non ci sarà un combattimento perché sarà impedito da altri.

2573. 3. Il capo o l’ufficiale dell’esercito che accetta un duello per il grave timore di perdere la propria reputazione o il proprio ufficio non è passibile delle sanzioni ecclesiastiche imposte dalla Chiesa contro i duellanti.

2574. 4. È lecito, nello stato naturale dell’uomo, accettare un duello o provocarlo per conservare, insieme all’onore, la propria fortuna, quando la loro perdita non ppssa essere evitata con altri mezzi.

2575. 5. La legalità che vale per lo stato naturale può valere anche per lo stato di una città male ordinata quando, per negligenza o cattiva volontà delle autorità, la giustizia vi è apertamente negata.

(Censura: condannato e proibito come) falso, scandaloso e pernicioso.

CLEMENTE XIII: 6 luglio 1758-2 febbraio 1769.

Risposta del Sant’Uffizio al Vescovo di Cochin (India), 1° agosto 1759.

Privilegio paolino.

2580. Spiegazione: Spesso accade che uno dei due non credenti si converta alla fede, ma l’altro, in quel momento, non voglia convertirsi, ma intenda comunque convivere con il fedele senza disprezzare il Creatore e senza indurlo al peccato mortale, e anzi prometta di abbracciare egli stesso la fede in un secondo momento, che ritiene necessario rimandare per motivi particolari. Per questo il credente non lascia il non credente, ma continuano a vivere insieme come coniugi, e questo per un certo tempo e anche per diversi anni, ma in seguito il non credente, avendo cambiato idea, non solo non vuole più la conversione, ma cerca di attirare il credente al culto degli idoli, oppure si separa e non accetta più di vivere con lui, e addirittura contrae un’altra unione.

2581. Domande: 1. In questo caso, il fedele che è stato abbandonato può anche separarsi e contrarre un’altra unione, e vale allora il privilegio promulgato dall’Apostolo: “Se l’infedele si separa, si separi” (1Co VII: 15)?

2582. 2. Si applica solo quando un miscredente si separa per odio verso la fede, o anche quando si separa per discordia o per altre cause che non hanno nulla a che fare con la fede?

2583. 3. Il fedele può contrarre un’altra unione anche quando il non credente si sia separato da lui per qualsiasi motivo e non sia possibile sapere se sia ancora in vita o meno?

2584. 4. Un fedele che, in virtù di una dispensa, abbia contratto un matrimonio valido con un non credente, può contrarre un’altra unione se il non credente si separa, o non vuole convivere, o lo incita al peccato mortale?

2585. 5. In generale, e per quanto tempo, un credente può convivere con un non credente dopo la conversione senza essere privato della possibilità di contrarre un’altra unione?

(Risposte🙂

Per 1. nel caso in questione, sì.

Per 2. Dato che il coniuge convertito è favorevole alla fede, può usarla per qualsiasi motivo purché sia giusto, cioè se non ha dato all’altro coniuge un motivo giusto e fondato per la separazione, ma nel senso che il vincolo matrimoniale con il non credente sarà considerato sciolto solo se il coniuge convertito (l’altro, dopo essere stato interpellato, abbia rifiutato di convertirsi) contrae un’altra unione con una persona fedele.

Per 3. deve precedere un’interpellanza con la quale si chiede al coniuge non credente se voglia convertirsi: interpellanza di cui la Sede Apostolica fa a meno per giuste cause.

Per 4. Se un fedele, dopo la dispensa, abbia contratto matrimonio con un non credente, si considera che l’abbia contratto ad una condizione esplicita: a condizione, cioè, che il non credente sia disposto a coabitare con il non credente.

Pertanto, se il non credente non rispetta questa condizione, bisogna ricorrere a mezzi legali per fargliela rispettare; altrimenti, i due devono essere separati per quanto riguarda il letto e la convivenza, ma non per quanto riguarda il vincolo; quindi, in questo caso, finché il coniuge non credente rimanga in vita, il credente non può contrarre un’altra unione.

Per 5. Al momento della conversione, una persona che si è convertita alla fede non si considera sciolta dal vincolo matrimoniale che ha contratto con un non credente ancora in vita; acquista solo così il diritto di contrarre un’altra unione, ma con un fedele credente, e questo se, dopo l’interpellanza, il coniuge non credente rifiuta di convertirsi. Per il resto, il vincolo matrimoniale si scioglie solo quando il coniuge convertito entra effettivamente in un’altra unione. Tuttavia, se prima di ricevere il Battesimo il coniuge convertito avesse avuto più mogli, e la prima rifiutasse di abbracciare la fede, può allora legittimamente mantenerne una non appena questa diventi credente; ma in questo caso i contraenti devono rinnovare il loro reciproco consenso davanti al parroco e ai testimoni.

CLEMENTE XIV: 19 maggio 1769-22 settembre 1774

Istruzione per il Sacerdote che conferisce il Sacramento della Cresima per mandato della Sede Apostolica, 4 maggio 1774.

Il semplice Sacerdote come ministro della confermazione.

2588. Sebbene secondo la definizione del Santo Concilio di Trento (VII Sessione, Cresima, Can. 3: – cf. 1630) solo il Vescovo sia il ministro ordinario di questo Sacramento, tuttavia la Sede Apostolica è solita talvolta, per giusti motivi, concedere ad un semplice Sacerdote la facoltà di conferirlo come ministro straordinario.

Il Sacerdote, quindi, a cui sia stata concessa questa facoltà, avrà cura soprattutto di disporre del crisma consacrato da un Vescovo cattolico in comunione con questa stessa Sede, e deve sapere che non gli è mai permesso di amministrare la Cresima senza di esso, né di riceverla da vescovi eretici o scismatici (cf. 215)

PIO VI: 15 febbraio 1775-29 agosto 1799.

Lettera “Exsequando nunc” ai Vescovi del Belgio, 13 luglio 1782.

Assistenza dei parroci ai matrimoni misti.

2590. Se dopo una monizione… intesa a dissuadere la parte cattolica da questo matrimonio misto, questa persiste tuttavia nel desiderio di contrarlo, e se si prevede che il matrimonio seguirà inevitabilmente, il parroco cattolico può concedere la sua presenza fisica, ma è tenuto ad osservare le seguenti precauzioni:

In primo luogo, che non assista a tale matrimonio in un luogo sacro, che non sia vestito con alcun abito che faccia pensare ad un rito sacro, che non pronunci preghiere ecclesiastiche sui contraenti e che non li benedica in alcun modo.

In secondo luogo, richiede alla parte eretica una dichiarazione scritta in cui, sotto giuramento ed alla presenza di due testimoni che devono anch’essi firmare, si impegna a permettere al partner il libero esercizio della Religione Cattolica e a educare in questa stessa Religione tutti i figli che nasceranno, senza differenza di sesso.

In terzo luogo, la parte cattolica farà anche una dichiarazione scritta, firmata da lui stesso e da due testimoni, in cui promette che non solo non apostaterà mai dalla sua Religione Cattolica, ma che educherà in essa tutti i figli che nasceranno, e che tenderà in modo efficace alla conversione dell’altra parte, alla Religione Cattolica.

Breve “Super soliditate Petræ“, 28 novembre 1786.

Errori del febronianesimo sul potere supremo del Papa.

2592. Questi (Eybel) non temeva di chiamare “fanatica” la truppa di cui prevedeva che avrebbe lanciato queste grida alla vista del Pontefice: Ecco l’uomo che ha ricevuto da Dio le chiavi del regno dei cieli, con il potere di legare e sciogliere, al quale nessun altro Vescovo possa essere paragonato, dal quale i Vescovi stessi ricevono la loro autorità, come egli stesso ha ricevuto da Dio il suo supremo potere; egli è il vicario di Gesù Cristo, il capo visibile della Chiesa, il giudice supremo dei fedeli.

2593. È dunque fanatica – una cosa orribile dire la parola stessa di Cristo che ha promesso a Pietro le chiavi del Regno dei Cieli, con il potere di legare e sciogliere (Mt XVI, 19…??). O dovremmo chiamare fanatici tanti decreti solenni, così spesso rinnovati dai Pontefici e dai Concili romani, con i quali sono stati condannati coloro che hanno negato che nel beato Pietro, principe degli Apostoli, il Pontefice Romano, suo successore, sia stato stabilito da Dio il capo visibile della Chiesa e Vicario di Gesù Cristo, che gli è stato dato il pieno potere di governare la Chiesa, e che tutti coloro che portano il nome di Cristiani gli devono vera obbedienza; e che tale sia la virtù del primato che detiene per diritto divino, che egli è al di sopra di tutti gli altri Vescovi non solo per il grado di onore, ma anche per l’estensione del suo potere supremo? Dobbiamo deplorare ancora di più la temerarietà affrettata e cieca di colui che … si è applicato a far rivivere (i seguenti errori)… e li ha insinuati con molte deviazioni”:

2594. Ogni Vescovo è chiamato da Dio al governo della Chiesa tanto quanto il Papa, e non ha ricevuto un potere minore: Cristo ha dato da sé a tutti gli Apostoli lo stesso potere; qualunque cosa alcuni credano possa essere ottenuta solo dal Pontefice e come da lui concessa, questa stessa cosa, sia che dipenda dalla consacrazione o dalla giurisdizione ecclesiastica, può essere ottenuta ugualmente da ogni Vescovo.

2595. Cristo ha voluto che la Chiesa fosse amministrata come una repubblica; è vero che il suo governo ha bisogno di un presidente per il bene dell’unità, ma un presidente che non debba permettersi di interferire negli affari degli altri che governano allo stesso tempo. La virtù del Primato consiste nella sola prerogativa di supplire alle negligenze altrui, e di poter con le sue esortazioni e il suo esempio conservare l’unità; i Pontefici non possono fare nulla in una diocesi straniera, se non in un caso straordinario.

2596. Il Pontefice è il capo che trae la sua forza e la sua fermezza dalla Chiesa.

2597. La prescrizione che, tra le immagini che devono essere scartate in modo generale ed indiscriminato, perché danno occasione di errore agli ignoranti, condanna le immagini della Trinità incomprensibile, (è), per il suo carattere generale, avventata e contraria agli usi ed alle consuetudini pie.

Lettera “Deessemus nobis” al Sescovo di Mottola, 16 settembre 1788.

La competenza della Chiesa in materia di Matrimonio.

2598. Non ignoriamo che alcuni, che attribuiscono ai principi secolari un’autorità maggiore di quella che spetti loro e che interpretano in modo capzioso i termini di questo Canone (Concilio di Trento, XXIV sessione, Matrimonio, Can. 12, – cf. 1812 ), si sono presi la briga di dire che la Chiesa sia competente in materia di matrimonio. 12, 1812 ); si sono permessi di sostenere che, poiché i Padri di Trento non hanno usato la formula “davanti ai soli giudici ecclesiastici” o “tutte le cause matrimoniali”, avrebbero lasciato ai giudici laici la facoltà di conoscere almeno le cause matrimoniali che siano puramente di fatto.

Ma sappiamo che questo ragionamento altrettanto falso e questo modo fuorviante di cavillare sono privi di qualsiasi fondamento. Infatti, i termini del Canone sono così generali che includono e comprendono tutte le cause. E lo spirito, o la ragione della legge è così evidente, che non c’è spazio per eccezioni o limitazioni. Infatti, se l’unica ragione per cui queste cause siano sotto il giudizio esclusivo della Chiesa è che il contratto di matrimonio sia veramente e propriamente uno dei sette Sacramenti della legge evangelica, poiché questa ragione sacramentale è comune a tutte le cause matrimoniali, anche queste cause devono essere sotto la giurisdizione esclusiva dei giudici ecclesiastici.

TUTTO IL DENZINGER SENTENZA PER SENTENZA DAGLI APOSTOLI A S.S. PIO XII (32): “PIO VI (2)”

UN’ENCICLICA AL GIORNO TOGLIE GLI USURPANTI APOSTATI DI TORNO: S.S. LEONE XIII – “REPUTANTIBUS SÆPE”

Questa lettera Enciclica di S.S. Leone XIII è indirizzata ai Vescovi della Boemia affinché si adoperaino presso i loro fedeli a risolvere i problemi linguistici della loro Nazione così da farne un unico ovile guidato dal Pastore eterno Gesù Cristo che li ha riscattati dal peccato e dalla morte eterna. Oggi succede lo stesso, ma in senso opposto, in guisa che tutto cospira a portare le povere anime ingannate nel pozzo infernale, sospinte non solo dai classici nemici – il mondo, il demonio, le passioni, gli idoli pagani – ma soprattutto da lupi travestiti da pii e devoti servi di Dio, come i falsi profeti del Novus ordo modernista dell’antichiesa-sinagoga dell’uomo, ed i falsi tradizionalisti di fraternità farlocche, chiesette e cappelline eretiche, scismatiche o apostate dalla vera fede. Il pusillus grex deve allora affidarsi, per sfuggire alle trappole mortali che gli vengono tese da ogni parte, alla pura dottrina morale e spirituale della vera ed unica Chiesa di Cristo, ed alla protezione dell’Immacolata Vergine Maria Madre nostra e di Dio, a Colei che ha il compito, fin dal principio, di schiacciare la testa del serpente maledetto.

Leone XIII
Reputantibus saepe

Lettera Enciclica

Dissensi in Boemia per la lingua nazionale
20 agosto 1901

Riflettendo spesso nel Nostro intimo sulla condizione delle vostre Chiese, queste ci appaiono, e ora quasi dovunque, tutte piene di timore, tutte piene di affanni. Questo però fra di voi accade in modo ancora più grave, perché, pur essendo la realtà cattolica sempre esposta all’invidia e all’astuzia dei nemici esterni, a trascinarla nel pericolo ci sono anche della cause interne. Mentre infatti per l’azione aperta e nascosta degli eretici accade che l’errore invade gli animi dei fedeli, si accrescono ogni giorno fra gli stessi Cattolici i germi della discordia: non c’è assolutamente nulla più di questo in grado di annullare le forze e di infrangere la fermezza. – Il più forte motivo di divisione, particolarmente in Boemia, è da ricercarsi nella lingua che gli abitanti usano, ciascuno a seconda della sua origine. È infatti insito nella natura il volere amare e difendere la lingua ricevuta dagli avi. Abbiamo quindi deciso di astenerci dal dirimere le controversie a questo riguardo. In verità, la difesa della lingua paterna, se rimane dentro determinati confini, non è biasimevole: tuttavia, quello che vale per gli altri diritti privati, bisogna ritenere che valga anche a questo riguardo, perché dal loro perseguimento non ne deve avere danno la comune utilità dello stato. È quindi compito di coloro che amministrano lo stato fare sì che, sana e salva l’equità, siano salvaguardati i diritti dei singoli, in modo tale tuttavia che sia ben saldo e vigoroso il bene comune della società. Per quanto ci riguarda, il dovere ci ammonisce a guardarci con cura che da simili controversie non ne abbia danno la Religione, che è il bene principale delle anime, origine di tutti gli altri beni. Pertanto, venerabili fratelli, desideriamo ardentemente ed esortiamo che i fedeli, affidati a ciascuno di voi, anche se sono diversi di origine e di lingua, mantengano tuttavia quell’unione degli animi di gran lunga nobilissima che è generata dalla comunione della fede e dei medesimi Sacramenti. Quanti infatti sono stati battezzati in Cristo, hanno un solo Signore ed una sola fede: e quindi sono un solo corpo ed un solo spirito, in quanto sono stati chiamati in una sola speranza della loro vocazione. Non è quindi affatto conveniente che coloro che sono congiunti da tanti santissimi vincoli, che ricercano nei Cieli la stessa cittadinanza, siano divisi da motivi terreni, provocandosi e invidiandosi, come dice l’Apostolo, gli uni con gli altri. Deve quindi essere inculcata con grande assiduità ai fedeli, ed esaltata con ogni zelo, la consanguineità degli animi che viene da Cristo. “Maggiore è infatti la fraternità in Cristo di quella del sangue: la fraternità del sangue infatti, comporta soltanto la somiglianza del corpo; la fraternità di Cristo invece, rivela l’unanimità del cuore e dell’anima, come sta scritto: la moltitudine dei credenti aveva un cuor solo e un’anima sola”. – In questo campo, coloro che appartengono al clero consacrato debbono precedere gli altri con l’esempio. Oltre al fatto poi che non si addice affatto al loro ministero immischiarsi in dissensi di tal genere: se si trovano a vivere in luoghi che sono abitati da persone di diversa origine e di diversa lingua, facilmente, se non si astengono da ogni specie di contesa, si esporranno all’odio e all’offesa dell’una o dell’altra delle parti; e non c’è nulla di più nefasto per l’esercizio del sacro ministero. I fedeli debbono in verità riconoscere nei fatti che i ministri della Chiesa non si occupano di altro che degli interessi eterni delle anime, e che quindi non ricercano il proprio vantaggio, ma unicamente il vantaggio di Cristo. Poiché se per tutti universalmente la caratteristica per la quale i discepoli vengono riconosciuti è questa, che abbiano amore gli uni per gli altri; questo lo si deve affermare molto di più per le persone dello stato clericale fra di loro. Per questo motivo, non solo perché hanno attinto più largamente alla carità di Cristo debbono essere a buon diritto valutati, ma anche perché ciascuno di loro, rivolgendosi ai fedeli, deve poter dire le stesse parole dell’apostolo: “Siate miei imitatori, come io lo sono di Cristo” (Fil 3,17). – Concediamo però facilmente che questo nei fatti è assai arduo, se gli elementi delle discordie non vengono eliminati al momento giusto, e cioè quando coloro che crescono con la speranza dell’ordinazione clericale vengono formati nei sacri Seminari. Per questo, venerabili fratelli, curate attentamente che gli allievi dei Seminari imparino tempestivamente, nell’amore della fraternità, ad amarsi gli uni gli altri con cuore semplice, essendo stati rigenerati non da un seme corruttibile, ma immortale, per mezzo della parola di Dio vivo (cf, 1 Pt 1,22-23). – Frenate con forza le passioni erompenti degli animi e non lasciate in alcun modo che prendano vigore; così che, coloro che sono destinati al clero, se non possono avere un’unica lingua, per la differenza di origine, abbiano di certo almeno un cuor solo e un’anima sola. – Da questa concordia delle volontà che si manifesta nell’ordine clericale, seguirà, fra gli altri, quel vantaggio a cui già abbiamo accennato, e cioè che i ministri delle cose sacre potranno ammonire con più efficacia i fedeli, affinché nel difendere e nel rivendicare i diritti propri di ciascuna gente, non oltrepassino la misura, e, trascinati da troppo zelo, non trascurino la giustizia e l’utilità generale dello stato. Questo appunto, per le circostanze delle vostre regioni, riteniamo che sia ora il compito principale dei Sacerdoti, esortare cioè in modo opportuno e non opportuno i fedeli ad amarsi gli uni gli altri; e ammonire assiduamente che non è degno del nome Cristiano colui che non adempie con l’animo e nei fatti il comandamento nuovo dato da Cristo, che ci amiamo a vicenda come Lui ci ha amati. Non lo adempie infatti colui che pensa che l’amore spetti soltanto a coloro che gli sono congiunti dalla lingua o dalla stirpe. “Infatti, dice Cristo, se amate quelli che vi amano, non fanno così anche i pubblicani? E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, non fanno così anche i pagani?” (Mt V,46-47). La meraviglia dell’amore cristiano sta proprio in questo, di rivolgersi indistintamente a tutti: “Poiché, come ammonisce l’Apostolo, non c’è distinzione fra giudeo e greco, dato che Lui stesso è il Signore di tutti, ricco verso tutti quelli che l’invocano” (Rm X,12). – “Dio poi che è amore, conceda benigno a tutti di avere i medesimi sentimenti, di essere unanimi, con lo stesso modo di sentire, senza far nulla per spirito di rivalità, ma ciascuno con tutta umiltà consideri gli altri superiori a se stesso; senza cercare il proprio interesse, ma anche quello degli altri” (Fil II,2-4). Di tutte queste cose sia auspice, e insieme testimone della Nostra benevolenza, l’apostolica benedizione, che a voi, venerabili fratelli, e ai fedeli affidati a ciascuno di voi, elargiamo con grande amore nel Signore.

Roma, presso San Pietro, 20 agosto 1901, anno XXIV del Nostro pontificato.

DOMENICA III DOPO PENTECOSTE (2023)

DOMENICA III DOPO PENTECOSTE (2023)

DOMENICA NELL’OTTAVA DELLA FESTA DEL SACRO CUORE e III DOPO LA PENTECOSTE. (2022)

Semidoppio. – Paramenti bianchi.

La liturgia di questo giorno esalta la misericordia di Dio verso gli uomini: come Gesù « che era venuto a chiamare non i giusti, ma i peccatori », cosi lo Spirito Santo continua l’azione di Cristo nei cuori e stabilisce il regno di Dio nelle anime dei peccatori. Questo ricorda la Chiesa nel Breviario e nel Messale. — Le lezioni del Breviario sono consacrate quest’oggi alla storia di Saul. Dopo la morte di Eli gli Israeliti si erano sottomessi a Samuele come ad un nuovo Mosè; ma quando Samuele divenne vecchio il popolo gli chiese un re. Nella tribù di Beniamino viveva un uomo chiamato Cis, che aveva un figlio di nome Saul. Nessun figlio di Israele lo eguagliava nella bellezza, ed egli sorpassava tutti con la testa. Le asine del padre si erano disperse ed egli andò a cercarle e arrivò al paese di Rama ove dimorava Samuele. Ed egli disse: « L’uomo di Dio mi dirà, ove io le potrò ritrovare ». Come fu alla presenza di Samuele, Dio disse a questi: « Ecco l’uomo che Io ho scelto perché regni sul mio popolò ». Samuele disse a Saul: « Le asine che tu hai perdute da tre giorni sono state ritrovate ». Il giorno dopo Samuele prese il suo corno con l’olio e lo versò sulla testa di Saul, l’abbracciò e gli disse: « Il Signore ti ha unto come capo della sua eredità, e tu libererai il popolo dalle mani dei nemici che gli sono d’attorno ». « Saul non fu unto che con un piccolo vaso d’olio, – dice S. Gregorio – perché in ultimo sarebbe stato disapprovato. Questo vaso conteneva poco olio e Saul ha ricevuto poco, perché  la grazia spirituale l’avrebbe rigettata » (Matt.). « In tutto – aggiunge altrove – Saul rappresenta i superbi e gli ostinati » (P. L. 79, c. 434). S. Gregorio dice che Saul mandato « a cercare le asine perdute è una figura di Gesù mandato da suo Padre per cercare le anime che si erano perdute » (P. L. 73, c. 249). « I nemici sono tutt’intorno in circuitu », continua egli; lo stesso dice il beato Pietro: « Il nostro avversario, il diavolo, gira (circuit) attorno a voi ». E come Saul fu unto re per liberare il popolo dai nemici che l’assalivano, così Cristo, l’Unto per eccellenza, viene a liberarci dai demoni che cercano di perderci. – Nella Messa di oggi il Vangelo ci mostra la pecorella smarrita e il Buon Pastore che la ricerca, la mette sulle spalle e la riporta all’ovile. Questa è una delle più antiche rappresentazioni di Nostro Signore nell’iconografia cristiana, tanto che si trova già nelle catacombe. L’Epistola ci mostra i danni ai quali sono esposti gli uomini raffigurati dalla pecorella smarrita. « Vegliate, perché il demonio come un leone ruggente cerca una preda da divorare. Resistete a lui forti nella vostra fede. Riponete in Dio tutte le vostre preoccupazioni, poiché Egli si prende cura di voi (Ep.), Egli vi metterà al sicuro dagli assalti dei vostri nemici (Grad.), poiché è il difensore di quelli che sperano in Lui (Oraz.) e non abbandona chi lo ricerca (Off.). Pensando alla sorte di Saul, che dapprima umile, s’inorgoglisce poi della sua dignità reale, disobbedisce a Dio e non vuole riconoscere i suoi torti, « umiliamoci avanti a Dio » (Ep.) e diciamogli: « O mio Dio, guarda la mia miseria e abbi pietà di me: io ho confidenza in te, fa che non sia confuso (Int.); e poiché senza di te niente è saldo, niente è santo, fa che noi usiamo dei beni temporali in modo da non perdere i beni eterni (Oraz.); concedi quindi a noi, in mezzo alle tentazioni « una stabilità incrollabile » (Ep.).

Incipit

In nómine Patris, et Fílii, et Spíritus Sancti. Amen.

Adjutórium nostrum in nómine Dómini.
R. Qui fecit cælum et terram.
Confíteor Deo omnipoténti, beátæ Maríæ semper Vírgini, beáto Michaéli Archángelo, beáto Joánni Baptístæ, sanctis Apóstolis Petro et Paulo, ómnibus Sanctis, et vobis, fratres: quia peccávi nimis cogitatióne, verbo et ópere: mea culpa, mea culpa, mea máxima culpa. Ideo precor beátam Maríam semper Vírginem, beátum Michaélem Archángelum, beátum Joánnem Baptístam, sanctos Apóstolos Petrum et Paulum, omnes Sanctos, et vos, fratres, oráre pro me ad Dóminum, Deum nostrum.
S. Misereátur nostri omnípotens Deus, et, dimíssis peccátis nostris, perdúcat nos ad vitam ætérnam.
R. Amen.
S. Indulgéntiam, absolutiónem et remissiónem peccatórum nostrórum tríbuat nobis omnípotens et miséricors Dóminus.
R. Amen.

V. Deus, tu convérsus vivificábis nos.
R. Et plebs tua lætábitur in te.
V. Osténde nobis, Dómine, misericórdiam tuam.
R. Et salutáre tuum da nobis.
V. Dómine, exáudi oratiónem meam.
R. Et clamor meus ad te véniat.
V. Dóminus vobíscum.
R. Et cum spíritu tuo.

Introitus

Ps XXIV: 16; 18 Réspice in me et miserére mei, Dómine: quóniam únicus et pauper sum ego: vide humilitátem meam et labórem meum: et dimítte ómnia peccáta mea, Deus meus.

[Guarda a me, e abbi pietà di me, o Signore: perché solo e povero io sono: guarda alla mia umiliazione e al mio travaglio, e rimetti tutti i miei peccati, o Dio mio.]

Ps XXIV: 1-2 Ad te, Dómine, levávi ánimam meam: Deus meus, in te confído, non erubéscam.

[A te, o Signore, elevo l’ànima mia: Dio mio, confido in te, ch’io non resti confuso.]

Gloria Patri, …

Réspice in me et miserére mei, Dómine: quóniam únicus et pauper sum ego: vide humilitátem meam et labórem meum: et dimítte ómnia peccáta mea, Deus meus.

[Guarda a me, e abbi pietà di me, o Signore: perché solo e povero io sono: guarda alla mia umiliazione e al mio travaglio, e rimetti tutti i miei peccati, o Dio mio.]

Kyrie

S. Kýrie, eléison.
M. Kýrie, eléison.
S. Kýrie, eléison.
M. Christe, eléison.
S. Christe, eléison.
M. Christe, eléison.
S. Kýrie, eléison.
M. Kýrie, eléison.
S. Kýrie, eléison.

Gloria

Glória in excélsis Deo. Et in terra pax homínibus bonæ voluntátis. Laudámus te. Benedícimus te. Adorámus te. Glorificámus te. Grátias ágimus tibi propter magnam glóriam tuam. Dómine Deus, Rex cæléstis, Deus Pater omnípotens. Dómine Fili unigénite, Jesu Christe. Dómine Deus, Agnus Dei, Fílius Patris. Qui tollis peccáta mundi, miserére nobis. Qui tollis peccáta mundi, súscipe deprecatiónem nostram. Qui sedes ad déxteram Patris, miserére nobis. Quóniam tu solus Sanctus. Tu solus Dóminus. Tu solus Altíssimus, Jesu Christe. Cum Sancto Spíritu ✠ in glória Dei Patris. Amen.

Oratio

Orémus.

Protéctor in te sperántium, Deus, sine quo nihil est válidum, nihil sanctum: multíplica super nos misericórdiam tuam; ut, te rectóre, te duce, sic transeámus per bona temporália, ut non amittámus ætérna.

[Protettore di quanti sperano in te, o Dio, senza cui nulla è stabile, nulla è santo: moltiplica su di noi la tua misericordia, affinché, sotto il tuo governo e la tua guida, passiamo tra i beni temporali cosí da non perdere gli eterni.]

Lectio

Léctio Epístolæ beáti Petri Apóstoli. 1 Pet V: 6-11

“Caríssimi: Humiliámini sub poténti manu Dei, ut vos exáltet in témpore visitatiónis: omnem sollicitúdinem vestram projiciéntes in eum, quóniam ipsi cura est de vobis. Sóbrii estote et vigiláte: quia adversárius vester diábolus tamquam leo rúgiens circuit, quærens, quem dévoret: cui resístite fortes in fide: sciéntes eándem passiónem ei, quæ in mundo est, vestræ fraternitáti fíeri. Deus autem omnis grátiæ, qui vocávit nos in ætérnam suam glóriam in Christo Jesu, módicum passos ipse perfíciet, confirmábit solidabítque. Ipsi glória et impérium in sæcula sæculórum. Amen”.

(“Carissimi: Umiliatevi sotto la potente mano di Dio, affinché vi esalti nel tempo della visita. Gettate ogni vostra sollecitudine su di lui, poiché egli ha cura di voi. Siate temperanti e vegliate; perché il demonio, vostro avversario, gira attorno, come leone che rugge, cercando chi divorare. Resistetegli, stando forti nella fede; considerando come le stesse vostre tribolazioni sono comuni ai vostri fratelli sparsi pel mondo. E il Dio di ogni grazia che ci ha chiamati all’eterna sua gloria, in Cristo Gesù, dopo che avete sofferto un poco, compirà l’opera Egli stesso, rendendoci forti e stabili. A lui la gloria e l’impero nei secoli dei secoli”).

LE PERSECUZIONI.

Non più l’Apostolo della carità Giovanni, oggi parla l’Apostolo dell’autorità, il Duce, San Pietro. Odor di battaglia intorno al capo e ai gregari, quell’odor di battaglia che è così frequente nella storia della Chiesa… « Tu, che da tanti secoli soffri, combatti e preghi…» Il Duce rincuora la sua truppa, la rincuora a modo suo, ma la rincuora in modo e forma che sarà utile sempre. Sotto la raffica resistono meglio talvolta gli alberi che invece di irrigidirsi superbi, piegano e flettono. Sotto la raffica del vento, sotto la tempesta della persecuzione, il Cristiano deve umiliarsi con un gesto che non è umiliazione, è prudenza, è dignità, perché deve umiliarsi non agli uomini, ma a Dio: « sub potenti manu Dei » dice il testo, di quel Dio che se non vuole, permette le tribolazioni della sua Chiesa, dei suoi figliuoli più cari; potente anche quando agli occhi superficiali Egli sembra debole; di quel Dio che vigila anche quando pare agli increduli, ai cattivi che Egli dorma. – Lo pensavano forse che Dio dormisse alcuni di quei neofiti, di quei poveri Cristiani della prima ora che entrati appena nella barca di San Pietro in cerca di tranquillità, di sicurezza, la vedevano così terribilmente sbattuta dalle onde. Dorme Dio, dicevano, ci ha abbandonati. Ai quali l’Apostolo della autorità, il Duce ricorda che Egli è sollecito, da buon Padre amoroso, dei suoi figli, «ipsì est cura de vobis». Veglia non visto. Il che però, se deve sgombrar la viltà dell’animo dei fedeli perseguitati, non vi deve accendere il fuoco fatuo della presunzione. – Visti, vigilati, aiutati da Dio, appunto perciò, i fedeli devono combattere con tutte le loro forze, come se Dio li avesse lasciati soli a se stessi. Sobrii e attenti; ecco il programma che il Duce traccia ai suoi militi nella aspra guerra spirituale in cui sono impegnati. Sobrii perché la carne non frenata con la sobrietà, vince essa lo spirito e vigili, per non essere sorpresi, per non cader vittime di una imboscata qualsiasi. Il gran nemico, da buon condottiero, qual è anche lui, colla sua genialità malefica, questo tenta e vorrebbe: sorprendere coloro che vuol abbattere. Veglino e tengano desta con maggior diligenza la fede. « Fortes in fide ». La fede è per essi, pei Cristiani, l’«ubi consistam» della loro vittoriosa resistenza. Credenti, sono forti; scettici, dubbiosi sono vinti. Che importa se alla loro fede si fa guerra? Guerra nella loro piccola comunità? Guerra al loro piccolo gruppo? No, la guerra non è così ristretta: è mondiale, dappertutto dove la fede cristiana si afferma, la lotta pagana si impegna, vincolo nuovo di tutta la grande fraternità, confraternità. – Il Duce lo rammenta con una specie di santo orgoglio, perché la Chiesa non cerca la lotta, ma neanche la teme, non la teme neanche quando essa prende estensioni inaudite: il mondo intero. Tutto questo fa pensare ad una persecuzione imperiale da parte di Roma pagana. Il Duce è forte, coraggioso, audace, senza ombra di spavalderia, perché sa di poter contare sull’appoggio indefettibile di un altro Duce. Egli, Pietro, è un Vicario, un sostituto, un facente funzione di… il Capo reale, invisibile è Gesù Cristo. Ed Egli ha il suo stile. Lascia soffiar la tempesta sui suoi per un po’ di tempo: « modicum ». Le tribolazioni della vita sono tutte brevi: le persecuzioni dei malvagi passano, anche quelle che paiono ai pazienti più lunghe, anche quelle che i carnefici, i persecutori, credono eterne: passano, sono temporanee, La Chiesa ha per sé l’eternità. La “vera” Chiesa non muore… E quando il vento impetuoso che pareva eterno è passato, inesorabilmente passato, si trova che invece di scalfire il gran monumento che è la Chiesa, l’ha spolverato, invece che fracassare i cieli, li ha purificati. Lezione magnifica, buona sempre, opportuna per chi temesse le persecuzioni, opportuno per chi desiderasse scatenarle…

[P. G. Semeria: Le epistole delle Domeniche, Op. naz. Per il mezzogiorno d’Italia, Milano, 1939.

(Nihil obstat sac. P. De Ambroggi – Imprim. P. Castiglioni vic. Gen. Curia Arch, Mediolani, 1-3-1938)]

Graduale

Ps LIV: 23; 17; 19 Jacta cogitátum tuum in Dómino: et ipse te enútriet.

[Affida ogni tua preoccupazione al Signore: ed Egli ti nutrirà.]

V. Dum clamárem ad Dóminum, exaudívit vocem meam ab his, qui appropínquant mihi. Allelúja, allelúja.

[Mentre invocavo il Signore, ha esaudito la mia preghiera, liberandomi da coloro che mi circondavano. Allelúia, allelúia]

Ps VII: 12 Deus judex justus, fortis et pátiens, numquid iráscitur per síngulos dies? Allelúja.

[Iddio, giudice giusto, forte e paziente, si adira forse tutti i giorni? Allelúia.]

Evangelium

Sequéntia sancti Evangélii secúndum Lucam.

S. Luc. XV: 1-10

“In illo témpore: Erant appropinquántes ad Jesum publicáni et peccatóres, ut audírent illum. Et murmurábant pharisæi et scribæ, dicéntes: Quia hic peccatóres recipit et mandúcat cum illis. Et ait ad illos parábolam istam, dicens: Quis ex vobis homo, qui habet centum oves: et si perdíderit unam ex illis, nonne dimíttit nonagínta novem in desérto, et vadit ad illam, quæ períerat, donec invéniat eam? Et cum invénerit eam, impónit in húmeros suos gaudens: et véniens domum, cónvocat amícos et vicínos, dicens illis: Congratulámini mihi, quia invéni ovem meam, quæ períerat. Dico vobis, quod ita gáudium erit in cœlo super uno peccatóre pœniténtiam agénte, quam super nonagínta novem justis, qui non índigent pœniténtia. Aut quæ múlier habens drachmas decem, si perdíderit drachmam unam, nonne accéndit lucérnam, et evérrit domum, et quærit diligénter, donec invéniat? Et cum invénerit, cónvocat amícas et vicínas, dicens: Congratulámini mihi, quia invéni drachmam, quam perdíderam! Ita dico vobis: gáudium erit coram Angelis Dei super uno peccatóre pœniténtiam agénte”.

(“In quel tempo andavano accostandosi a Gesù de’ pubblicani e de’ peccatori per udirlo. E i Farisei e gli Scribi ne mormoravano, dicendo: Costui si addomestica coi peccatori, e mangia con essi. Ed Egli propose loro questa parabola, e disse: Chi è tra voi che avendo cento pecore, e avendone perduta una, non lasci nel deserto le altre novantanove, e non vada a cercar di quella che si è smarrita, sino a tanto che la ritrovi, e trovatala se la pone sulle spalle allegramente; e tornato a casa, chiama gli amici e i vicini, dicendo loro: Rallegratevi meco, perché ho trovato la mia pecorella, che si era smarrita. Vi dico, che nello stesso modo si farà più festa per un peccatore che fa penitenza, che per novantanove giusti che non hanno bisogno di penitenza. Ovvero qual è quella donna, la quale avendo dieci dramme, perdutane una, non accenda la lucerna, e non iscopi la casa, e non cerchi diligentemente, fino che l’abbia trovata. E trovatala, chiama le amiche e le vicine, dicendo: Rallegratevi meco, perché ho ritrovata la dramma perduta. Così vi dico, faranno festa gli Angeli di Dio, per un peccatore che faccia penitenza”).

Omelia

(G. Colombo: Pensieri sui Vangeli e sulle feste del Signore e dei Santi; VI ediz. – Soc. Ed. Vita e pensiero.- Milano 1956).

L’ANIMA

Davanti alle due parabole, che or ora ho letto nel Messale, mi torna su dal cuore la parola che S. Paolo gridò nell’Aeropago di Atene: « Noi siamo progenie divina; se così non fosse, perché Dio si sarebbe preso tanta cura di noi? Quando un uomo si allontana dal suo Creatore e lo oltraggia, Egli non pensa che a ricondurlo a sé: si comporta come un pastore che possiede cento pecore delle quali una si sia smarrita. Nel deserto ove di solito venivano condotte d’inverno le greggi, appena si levavano i primi fiati tiepidi della primavera, tutte le colline si coprivano di una leggera peluria verde. Ed una pecora, più avida delle altre, attratta da una miglior pastura, si era sottratta agli occhi del guardiano. Che farà allora il padrone del gregge? Confida le novantanove pecore alle cure di altri pastori necessari per un numero così grande, e va alla ricerca della scomparsa: la trova, se la stringe al collo, la riporta indietro gridando: « Amici: festa festa! ho ritrovato quella che era perduta ». Quando un uomo sfugge dalle mani amorevoli del suo Creatore per intrufolarsi nella polvere e nelle immondezze, Egli non pensa che a risollevarlo fino al suo Cuore: si comporta come una madre di famiglia che possiede dieci dramme delle quali una si sia smarrita. La buona massaia stava, forse, contandole sulle mani, quando si accorse che una mancava. Come fare a ritrovarla in quella sua camera mal rischiarata in mezzo ai molti oggetti disseminati sul pavimento? Accende la lucerna, scopa, fruga, scruta: vede un luccicore: è lei. Se la stringe tra le dita e corre fuori gridando: « Amiche: festa, festa! ho ritrovato quella che era perduta ». « Oh, se sapeste! — disse Gesù a tutta la gente che aveva ascoltato le due parabole; — 0h, se sapeste quanta gioia v’è nel cielo per ogni peccatore che si converte!… » Queste parole del Signore, o Cristiani, esigono tutta la vostra attenzione. Forse che Dio, forse che gli Angeli, forse che i Santi farebbero tanto caso per una sola anima d’uomo, se essa non avesse un prezzo infinito? Se essa non contenesse qualche cosa di divino, forse il Padre dell’universo n’andrebbe in cerca con tanta brama? Eppure al valore dell’anima chi ci pensa? – 1. VALORE DELL’ANIMA. S. Giovanni l’Evangelista, sollevato un giorno in estasi vide in cielo un segno misterioso e grande: una Signora vestita di sole, coronata di stelle, con sotto i piedi la luna. Molti hanno cercato d’interpretare il senso di questa visione: chi nella Signora riconobbe la Vergine Maria, e chi la Chiesa. Però non si può dar torto a S. Bernardino da Siena, che affermò che quella Donna significa l’anima umana. Infatti: l’anima in grazia è splendida più che se fosse vestita coi raggi del sole; è coronata di stelle, perché gli Angeli, mistiche stelle del paradiso, la circondano ammirati; ha la luna sotto i piedi perché tutte le cose create in suo confronto sono da calpestarsi. Ma pur lasciando la visione dell’Evangelista, ragioniamo per un momento sulla preziosità dell’anima. La preziosità di qualunque oggetto deriva dalla sua intrinseca fattura, dalla sua utilità, dalla sua rarità. 1) Orbene, preziosissima è l’anima per la sua intrinseca fattura. Essa venne creata da Dio. Un quadro di Raffaello, una statua di Michelangelo sono valutati con prezzi favolosi, perché sono usciti dalle mani di artisti famosi: e l’anima nostra non esce forse dalle mani dell’Artista Supremo? Notate ancora che essa venne creata da Dio, a sua somiglianza: porta quindi in sé qualche cosa della bellezza, della grandiosità, della sapienza di Dio. Come Dio è uno nell’essenza e trino nelle Persone, così l’anima è una nell’essenza ma ha tre facoltà: memoria, intelletto e volontà. Come Dio è invisibile, così essa è invisibile. Come Dio è eterno, così essa, una volta creata, più non muore. Come Dio è libero, così essa pure è libera. 2) L’anima è pure preziosissima per riguardo alla sua utilità: l’anima nostra ragionevole è ciò che ci distingue dalle bestie; ciò che ci fa capaci d’amare Dio, di servirlo liberamente, ed un giorno nel cielo, confortati dalla grazia, di goderlo per tutta l’eternità. Cicerone, quantunque pagano, intuiva il valore dell’anima quando diceva che essa era tutto l’uomo. Homo constat ex anima. Purtroppo, molti Cristiani vivono come se essa non contasse per niente. 3) La preziosità di un oggetto si deduce ancora dalla sua rarità: ebbene, di anima ce n’è una sola, E quella perduta, tutto è perduto; e quella salvata, tutto è salvato. Ma se questo ragionamento ancor non vi persuade, lasciatevi almeno convincere dal conto in cui il Figlio di Dio e il principe del male hanno tenuto le anime. Che non fa il demonio, che non tenta, che non promette pur di conquistarne una? « Hæc omnia tibi dabo — dice egli a Gesù mostrandogli dalla vetta d’un monte i regni della terra, — si cadens adoraveris me!» (Mt., IV, 9). satana è pronto a cedere un mondo intero per avere un’anima, e noi gliela abbandoniamo per così poco! Propter pugillum hordet, et fragmen panis (Ezech., XIII, 19). Per il capriccio di un’ora, per un interesse vile, per una golosità bestiale. « Che stoltezza, esclama San Bernardo, stimar così poco quell’anima che perfino il demonio ha in sì gran prezzo! ». – Che non fa Gesù, che non tenta, che non promette per salvare le anime nostre? Egli ha lasciato gli Angeli in cielo ed è corso per tutte le strade della terra in cerca dell’uomo, pecorella perduta! Egli, come la massaia, ha messo a soqquadro il mondo per sollevarci fuori dalla nostra miseria! Egli si è fatto calunniare, tradire, battere a sangue, sputare in volto, e crocifiggere per la nostra anima. « Badate — ci avvisò S. Pietro — che foste redenti non con oro o con argento disprezzabile, ma con tutto il sangue prezioso dell’Agnello ». – 2. CURA DELL’ANIMA. Racconta un poeta latino che un giovane preso dalla follia di scialacquare patrimoni interi, stemperò nell’aceto una perla preziosissima e la bevve in un sorso (Horat., Sat. II, 3, 240). Un fremito d’indignazione ci scuote solo al ricordo di tanta storditezza. Ma che diranno gli Angeli quando vedono gli uomini perdere la propria anima per una boccata di piacere acetoso? Bisogna aver cura della propria anima, come la saggia e onorevole madre ha cura del suo figlio unico: ella lo istruisce, lo fortifica, lo nutre; così noi dobbiamo istruire, fortificare, nutrire la nostra anima in ogni giorno della vita. 1) Dobbiamo istruirla. Nelle scienze profane? Senza dubbio possiamo raccogliere anche da esse qualche sprazzo di luce; ma la vera luce dell’anima è la scienza sacra, è il catechismo, è la dottrina di Gesù. « Io sono la luce del mondo che illumina ogni anima ». Da qui deriva in noi l’obbligo di frequentare la cChiesa e le prediche, di non lasciar mancare alle anime dei nostri figli l’istruzione religiosa. Ricordatevi che lo Spirito Santo ha lanciato una terribile maledizione contro quelli che rifiutano la sua scienza: « Quia tu repulisti scientiam, repellam te » (Osea, IV, 6). – 2) Dobbiamo fortificarla. I giovani per crescere vigorosi si esercitano alla corsa, al salto, alla lotta; l’anima pure deve essere esercitata a correre sulla via del bene, a saltare le occasioni pericolose, a lottare contro i nemici spirituali. È questo un lavoro non scevro di sforzi: ma nessuno può salvarsi senza fatica, anzi il progresso della nostra anima è proporzionato alla violenza che avremo fatto contro noi stessi. Tantum proficies, quantum tibi ipsi vim intuleris. – 3) Dobbiamo nutrirla. L’anima è cosa tutta celeste, e non ha cibo se non di cielo: la preghiera e la Comunione. Che cosa è di un corpo che non si nutre? Muore: così è dell’anima che non prega e non si comunica frequentemente. Or voi capite perché S. Paolo scrive ai Cristiani di Tessalonica: « Pregate senza interruzione ». Molti domandano con insistenza: « Riuscirò a salvare la mia anima? ». A costoro rispondo con un grazioso fatterello che il P. Segneri amava, sorridendo, raccontare dal pulpito. C’era sulla piazza d’Atene un famoso indovino che a tutti dava pronostici e predicava il futuro e svelava il passato. Or ecco, un giorno, gli si accostò per gabbarlo un uomo che teneva una passera chiusa nel pugno. « Sai dirmi, — gli chiese — se è viva od è morta? ». Ma l’astuto pensava tra sé così: se egli dirà morta, io lascerò ch’essa voli e lo smentirò; se egli la dirà viva, io la stringerò col pollice e la farò morire. Ma l’indovino fu più furbo del furbo tentatore, e così rispose: « Signore, la vostra passera è tal quale la volete voi: se viva, viva; se morta, morta ». Tutti gli astanti applaudirono. Cristiani, quella sagace risposta io potrei girarla a voi. La vostra anima sarà tal quale la volete voi, se salva, salva; se dannata, dannata. Anima vestra in manibus vestris. (Ps. CXVIII, 109). Sono assai certo che tutti voi la volete salva; ma allora abbiatene gelosamente cura: istruitela, fortificatela, nutritela. — LA CASTITÀ. Se la bianca agnella, se la dramma splendente sono simbolo dell’anima, io penso che senza sforzo possano anche significare la virtù più bella che adorna l’anima, la virtù che la imbianca e la fa risplendere: la castità. Senza di questa virtù che valgono all’uomo, che valgono alla donna tutti gli altri meriti, fossero anche nove come le dramme o novantanove come le pecore? Ascoltate, dunque, una parola che vi faccia apprezzare questa gemma spirituale troppo conculcata nel mondo. Così vi sentirete sospinti a custodirla con ogni fatica se la possedete; così, se una orribile disgrazia ve l’ha fatta smarrire, ancora sì come il pastore e come la donna della parabola non vi darete pace se non dopo averla ricuperata. – 1. CHE COS’È LA CASTITÀ. Un giovane era tormentato dal desiderio cocente di possedere una perla di valore. E forse già aveva inquisito nei più ricchi mercati, forse già aveva fatto scandagliare nel profondo delle acque, forse aveva frugato nelle viscere della terra: invano. Ma un giorno, dopo lunga brama, ne trovò una: così bella, così rara, così fulgente che fu estasiato. Sussultante per la letizia che gli traspariva dalle pupille, va, vende tutto quello che aveva e la compra. Abiit et vendidit omnia quæ habuit et emit ea (Mt., XIII, 46). Questa perla che supera ogni prezzo, per cui i santi fecero gettito di ogni mondana cosa e persino della vita, è dentro al nostro cuore. È la castità. « Io sento nel mio corpo una legge che si oppone alla legge della mia mente. La carne desidera contro lo spirito e lo spirito contro la carne » (Rom., VII, 23). Quello che ha provato S. Paolo, è pure il combattimento che noi tutti, giorno per giorno, esperimentiamo. Or bene, sottomettere il senso alla ragione, rendere il corpo servo dell’anima: ecco la perla della castità. Questa virtù ha due gradi: il primo eroico, non obbliga tutti, ma solo quelli a cui il Signore concede l’immensa grazia di consacrarsi a Lui unicamente in verginità perfetta. Il secondo, comune, obbliga alla castità assoluta tutti coloro che non sono legati dal vincolo matrimoniale, e alla castità coniugale quelli invece che sono sposati. Comunque, in qualsiasi grado, la castità è sempre la perla più preziosa del mondo. La castità è bellezza! Pensate com’è bella la primavera quando passa per le nostre contrade. Il cielo si fa profondo e azzurro, l’aria tiepida e profumata; tornano le rondini da le terre lontane, tornano le allodole a cantare nell’alto; i campi, pizzicati dal raggio del sole nuovo, tremano di gioia e si coprono di erbette tenere; i giardini erompono in fiori rossi, bianchi pallidi e screziati; gli uomini sorridono e si sentono più giovani e più buoni. Come una primavera magnifica è bella l’anima casta. La Santa Scrittura non ha parole sufficienti a lodarla: è bella, dice, come la neve; bella come il giglio; bella come il sole; bella come il cielo stellato. La castità è amabilità. Gesù ne era affascinato. Ha voluto per madre la Regina dei vergini; per custode un uomo vergine; per discepolo prediletto Giovanni il vergine; per amici i piccoli fanciulli ridenti di purezza. E piuttosto che nascere in Betlemme, la città dell’impudico Erode, ha preferito venire al mondo nella stalla tra le bestie; ed in giro alla sua cuna gli Angeli chiamarono i casti pastori. Non soltanto Dio, ma anche noi sentiamo il fascino della purezza: davanti ad una persona casta ci sentiamo attratti come da un mistico profumo che s’espanda dal suo cuore. La castità è forza. Non i deboli, non le anime infrollite posseggono questa virtù ma sono i forti, quelli che non piegano come le canne ad ogni soffio di passione, ma resistono indomiti, come le querce. Ma non sono solo forti contro il demonio, ma anche con Dio sono forti i casti, perché alle loro suppliche Iddio non nega mai nulla. O anime caste! usate della vostra potenza presso Dio, sollevate le vostre ferme preghiere al cielo e fate scendere sulla terra la rugiada dei favori divini. La castità è nobiltà. Il vergine profeta nell’Apocalisse vide l’aristocrazia del Cristianesimo. Essa non era composta di ricchi, di scienziati, di conti, di re, ma solo di casti. Questi cantavano un cantico che nessun altro sapeva, e stavano vicino all’Agnello più che gli Angeli; sì, poiché se la purezza dell’Angelo è più felice, questa dell’uomo è più gloriosa e lodevole. La castità è amore. Essa ingentilisce il cuore, lo rende buono, riconoscente, compassionevole, affettuoso. Gli impuri sono egoisti e crudeli che ogni diritto calpestano pur di godere: invano i genitori aspettano l’amore dei figli, se questi non crescono puri; invano gli sposi si promettono vicendevole affetto, se non è rispettata la castità coniugale. – 2. COME SI CONSERVA. Nel 1581 passava in Italia la serenissima Donna Maria d’Austria figlia di Carlo V Imperatore. Tutti i principi erano invitati ad accoglierla, e, tra questi, anche il giovane figliuolo di Don Ferrante, marchese di Castiglione, Luigi Gonzaga. Che magnifica festa in quella giornata d’autunno, e che animazione gioiosa ad ogni balcone, ad ogni finestra! Tutti volevano vederla. Ed ecco finalmente compare: tutti agitano i fazzoletti di seta e fissano lo sguardo. Il piccolo Luigi che si trovava al balcone d’un palazzo signorile, in quel momento alzò la sua mano a far festa, ma chiuse gli occhi: la figlia del grande imperatore passava ed egli non la vide. Alcuni penseranno che questi sono scrupoli ed esagerazioni: anche S. Luigi sapeva bene che non v’era nessun peccato a vedere la principessa, ma sapeva anche che la gemma preziosa della castità noi la portiamo in vasi fragili, e talvolta basta un solo sguardo per smarrirla sciaguratamente. Ad ogni svolta di via, ad ogni ora del giorno e della notte, il nemico delle anime nostre ci può capitare addosso e colpirci. Quali armi abbiamo dunque per difenderci? Cristiani, questo genere di demoni non lo si scaccia se non con la mortificazione e l’orazione. a) Mortificazione del corpo: attenti agli occhi, perché come dice la Scrittura « dalle finestre entra nell’anima la morte »; attenti alla lingua perché dice l’Apostolo che ci sono certi peccati che tra i Cristiani non si debbono neppure nominare, sicut decet sanctis. b) Mortificazione del cuore: attenti alle amicizie con persone di sesso diverso. Queste amicizie si presentano dapprima in un aspetto di genialità innocente » fors’anche virtuosa: ma poco appresso si trasmutano in morbida sensibilità, e poi in peccaminosa sensibilità. Anche il serpente ha la lingua vezzosa e le squame lucide; pure, sotto sì belle apparenze, nasconde la morte. Anche il baleno splende luminoso agli occhi nell’atto stesso che uccide la persona. c) Alla mortificazione unite la preghiera e canterete vittoria sul nemico tremendo. Pregate Maria: S. Giovanni, l’Apostolo vergine, fece di Maria la sua madre adottiva, la sua fida compagna. Accepiît in sua. Fate anche voi così: Ella stia sempre al vostro fianco e col suo manto vi difenda da ogni peccato. Pregate Gesù: il Salvatore che è morto per la salute delle anime non sarà sordo ai nostri gridi di soccorso. Fate ancor questo: unitevi frequentemente alla sua carne eucaristica, all’Ostia santa, al Cielo divino: troverete un pane di castità e un vino di candore. – Cadeva la notte. Nella sua celletta piena d’ombra, Santa Caterina da Siena ripensava alla festa che finiva. Rivide gli stendardi vagamente agitati dai giovani, rivide la folla addensata nel Campo sotto il sole di Luglio, e i palchi gremiti di dame sfarzose. In quel momento entrò il demonio a tentarla: « Anche tu, Caterina, potrai essere tra loro. Perché ti sei tagliata i capelli biondi, perché porti cilicio sul corpo delicato, perché vuoi farti monaca? Vedi quest’abito? Non è forse più bello del rude saio claustrale? ». Nell’incerto lume della sera, la santa credé vedere davanti un giovane svelto che le presentava una ricca veste, fatta coi petali molli delle rose. Mentre Caterina rimaneva dubbiosa, le apparve la santa Vergine Maria. Come già il tentatore anch’ella aveva sul braccio una veste splendida, ricamata d’oro e di perle, raggiante di pietre preziose. « Devi sapere, o figliuola, — disse la Madre di Gesù con la sua voce dolce che fa piangere di consolazione quanti la odono, – devi sapere che le vesti cavate fuori e intessute dentro il costato del mio Figlio, per te ucciso, superano in valore qualunque preziosità di vesti lavorate da altre mani che dalle mie ». Allora Caterina, tutta ardente di desiderio e tremante di umiltà, chinò la testa e la Vergine la rivestì della tunica celeste. Cristiani, ad ogni anima che viene nel mondo si fa davanti il demonio con la sua veste intessuta con le rose dei piaceri carnali e vergognosi, e la Vergine Maria, con la sua veste di purità cavata dal Crocifisso e intessuta dalle sue mani. Guardatevi bene dall’accettare quella del demonio! Le rose cadrebbero e vi sentireste in breve sepolti nelle spire ardenti dell’inferno. Scegliete quella della Madonna, perché essa sola è di uno splendore immortale: con essa soltanto potrete entrare in paradiso. È la veste nuziale.

IL CREDO

 Offertorium

Orémus: Ps IX: 11-12 IX: 13 Sperent in te omnes, qui novérunt nomen tuum, Dómine: quóniam non derelínquis quæréntes te: psállite Dómino, qui hábitat in Sion: quóniam non est oblítus oratiónem páuperum.

[Sperino in te tutti coloro che hanno conosciuto il tuo nome, o Signore: poiché non abbandoni chi ti cerca: cantate lodi al Signore, che àbita in Sion: poiché non ha trascurata la preghiera dei poveri.]

 Secreta

Réspice, Dómine, múnera supplicántis Ecclésiæ: et salúti credéntium perpétua sanctificatióne suménda concéde.

[Guarda, o Signore, ai doni della Chiesa che ti supplica, e con la tua grazia incessante, fa che siano ricevuti per la salvezza dei fedeli.]

Præfatio
V. Dóminus vobíscum.
R. Et cum spíritu tuo.
V. Sursum corda.
R. Habémus ad Dóminum.
V. Grátias agámus Dómino, Deo nostro.
R. Dignum et justum est.
de Spiritu Sancto
Vere dignum et justum est, æquum et salutáre, nos tibi semper et ubíque grátias ágere: Dómine sancte, Pater omnípotens, ætérne Deus: per Christum, Dóminum nostrum. Qui, ascéndens super omnes cælos sedénsque ad déxteram tuam, promíssum Spíritum Sanctum hodierna die in fílios adoptiónis effúdit. Qua própter profúsis gáudiis totus in orbe terrárum mundus exsúltat. Sed et supérnæ Virtútes atque angélicæ Potestátes hymnum glóriæ tuæ cóncinunt, sine fine dicéntes:

[È veramente degno e giusto, conveniente e salutare, che noi, sempre e in ogni luogo, Ti rendiamo grazie, o Signore Santo, Padre Onnipotente, Eterno Iddio: per Cristo nostro Signore. Che, salito sopra tutti i cieli e assiso alla tua destra hodierna die effonde sui figli di adozione lo Spirito Santo promesso. Per la qual cosa, aperto il varco della gioia, tutto il mondo esulta. Cosí come le superne Virtú e le angeliche Potestà cantano l’inno della tua gloria, dicendo senza fine:]

Sanctus, Sanctus, Sanctus Dóminus, Deus Sábaoth. Pleni sunt cæli et terra glória tua. Hosánna in excélsis. Benedíctus, qui venit in nómine Dómini. Hosánna in excélsis.

Preparatio Communionis
Orémus: Præcéptis salutáribus móniti, et divína institutióne formáti audémus dícere:

Pater noster

qui es in cælis. Sanctificétur nomen tuum. Advéniat regnum tuum. Fiat volúntas tua, sicut in cælo et in terra. Panem nostrum quotidiánum da nobis hódie. Et dimítte nobis débita nostra, sicut et nos dimíttimus debitóribus nostris. Et ne nos indúcas in tentatiónem:
R. Sed líbera nos a malo.
S. Amen.

Agnus Dei

Agnus Dei, qui tollis peccáta mundi: miserére nobis.
Agnus Dei, qui tollis peccáta mundi: miserére nobis.
Agnus Dei, qui tollis peccáta mundi: dona nobis pacem.

COMUNIONE SPIRITUALE

Communio

Panem cæléstem accípiam, et nomen Dómini invocábo.
V. Dómine, non sum dignus, ut intres sub tectum meum: sed tantum dic verbo, et sanábitur ánima mea.
V. Dómine, non sum dignus, ut intres sub tectum meum: sed tantum dic verbo, et sanábitur ánima mea.
V. Dómine, non sum dignus, ut intres sub tectum meum: sed tantum dic verbo, et sanábitur ánima mea.

Luc XV: 10. Dico vobis: gáudium est Angelis Dei super uno peccatóre poeniténtiam agénte.

[Vi dico: che grande gaudio vi è tra gli Angeli per un peccatore che fa penitenza.]

 Postcommunio

Orémus.

Sancta tua nos, Dómine, sumpta vivíficent: et misericórdiæ sempitérnæ praeparent expiátos. [I tuoi santi misteri che abbiamo ricevuto, o Signore, ci vivifichino, e, purgandoci dai nostri falli, ci preparino all’eterna misericordia.]

PREGHIERE LEONINE (dopo la Messa)

RINGRAZIAMENTO DOPO LA COMUNIONE (2)

ORDINARIO DELLA MESSA

LO SCUDO DELLA FEDE (256)

LO SCUDO DELLA FEDE (256)

LA SANTA MADRE CHIESA NELLA SANTA MESSA (25)

SPIEGAZIONE STORICA, CRITICA, MORALE DELLA SANTA MESSA

Mons., BELASIO ANTONIO MARIA

Ed. QUINTA

TORINO, LIBRERIA SALESIANA EDITRICE, 1908

PARTE III

IL RINGRAZIAMENTO

Il Mistero è compiuto; e il dogma di Dio vuole le nostre virtù. Udendo il sacerdote, che dice: « Ite, Missa est » su alziamo il pensiero nostro a Gesù, che pare, ci dica, come allora che saliva al cielo: « ecco ch’Io vado al Padre e porto al suo cospetto le Piaghe mie per voi. Oh! ma non vi abbandono, rimango qui con voi fino alla consumazione dei secoli. Confidate; Io vinco il mondo, vi accompagnerò in tutte le battaglie, come vi precedo in trionfo. Siete piccolo gregge; ma non temete, la mia Chiesa vincerà sempre. » Gesù poi mantiene per bene la sua parola. Diffatto disse: « Andate, sono con voi. » Erano pochi quei meschinelli e nel cenacolo appiattatisi; ma Gesù era con loro nel Sacramento, e pregava con loro Maria. Eccoli, riempiti di Spirito Santo ruppero i cancelli del cenacolo, colla parola del miracolo predicarono alto ai Giudei di adorare Gesù da loro crocifisso: e l’adorarono a mille a mille. — Andate — Buon Dio! si scatenava contro essi l’inferno, e gli onnipotenti imperatori al suo servizio, colla spada che vinse il mondo, tagliavano codardi! la gola a femminette e a bimbi; ma Gesù era con loro nei sotterranei delle catacombe:e quando già si innalzava un monumento al vile Diocleziano per aver spento (vantavano) la cristiana superstizione, calava giù dal trono del mondo in quegli antri il più grande degli imperatori, Costantino, in ginocchio, a farsi mettere sulla corona imperiale la croce di Gesù trionfante. — Andate — Fiaccata la spada dei vincitori contro gli inermi, gli assalgono al cuore gli assassini delle anime, che sono gli eretici: ma Gesù è colla sua Chiesa; e da Ario che vantava di averla fatta ariana, fino al razionalismo, che or ora la dava già spenta, essa passando sempre sulle ossa dei dispersi nemici sempre vincitrice, va sicura alla maggior vittoria sulla rivoluzione, che si va sgominando. — Andate — Ahi! se le serra ai fianchi il cesarismo sterminato esercito di legulei , servidorame nella fortuna dei re bastardi, che le si dicono figli; e incatenatala a furia di leggi, si danno a credere d’averla sepolta; ma Gesù è con essa che risorge e col suo Gregorio VII getta a terra in camicia Enrico IV, e getta a piedi umiliato il Barbarossa col suo Alessandro III; e col suo Pio IX, mentre popoli e re adorano avviliti la forza, mette in salvo col Sillabo la dignità della coscienza umana dalla schiavitù degli Statolatri. — Andate — Ancora, ancora da tutte le parti gli adoratori del dio Numero orgogliosi fino alla pazzia sì hanno dato il convegno per fabbricare una nuova Babele, la società senza Dio. Aspettate: non s’intendono più! già si scannano gli uni cogli altri, fanno la rivoluzione universale! Ma Gesù è col mondo cattolico giubilante con Pio IX, che rinnovellandosi il di undici aprile nel 1869, prepara con Gesù la Pentecoste nel Concilio già proclamato. Ah! quando vediamo il Sacerdote, detto l’Ite, Missa est, inchinarsi al Ciborio, serriamoci coi cuori palpitanti sul Cuore del nostro Compagno Divino in questo peregrinaggio della vita col nostro invitto Capitano nelle nostre battaglie, Gesù, che tratta in cielo col Padre i nostri interessi; e qui nel Sacramento con noi vive, con noi porta la croce, con noi compie il Sacrifizio della carità, che è la somma di tutte le virtù: poiché il Sacrificio di Dio vuole da noi la virtù.

Sacrificio di Dio vuole la nostra virtù: e la Religione passione, e la Religione virtù.

Ben qui ci è dato comprendere la causa del più grande fenomeno, che piglia sempre un maggiore sviluppo negli annali dell’umanità, vogliamo dire il progresso incessante verso al bene della Religione Cattolica: sicché la storia della Religione Cattolica è la storia del più grande amore e della più generosa virtù. Per ben comprenderla giova considerare la Religione come passione, e la religione come virtù (Lacordaire: Conferenze). In quanto l’uomo prova il bisogno del soprannaturale, e si sente attirato al Creatore, al sommo Bene che sospira, la Religione è passione nobile, sublime, che lo distingue recisamente agli occhi di tutti da tutti gli altri esseri animati, e che già fece ad Aristotile definir l’uomo un animale religioso: ma è pur sempre passione. In quanto poi l’uomo si sforza, si purifica, castiga i sensi, perché non l’abbiano colle loro vibrazioni da disturbarlo nel salire a Dio (il che è il crocifiggersi in Gesù Cristo), e quasi diremmo, col cuore si eleva a Dio, e colla mano getta il mondo sotto de’ piedi, e vuol tutta la sua volontà smarrire in quella di Dio; in questo, Religione è virtù, che si deriva da una sola fonte, il Costato di Gesù Cristo. La Religione poi, come passione, è ingenita nell’umanità e si trova in fondo a tutti i cuori. È essa che costringe le nazioni a consecrar riti e Sacerdoti, e le spinge alle imprese generose: e quando slanciano quei tempii tanto alto sui loro casolari, fuori quasi dall’orizzonte della terra fin sulle frontiere della regione celeste, mostrano che sospirano a Dio, Dio ricchezza dell’umanità. Dio vogliono in mezzo di loro, combattente nelle loro guerre, partecipe dei loro trionfl, rifugio nei loro disastri. Che se un Dio Spirito Santissimo spaventa la grossezza delle loro menti, e gli sconcerta nei godimenti codardi; piuttosto che star senza Dio, transigono tra il bisogno di Dio e le brame della carnalità; si foggiano a genio un Dio alla loro portata, e mettono nei penetrali dei ternpli idoli di fango, manutengoli infami de’ loro delitti. È questa l’idolatria, meraviglioso trovato per ingannare la fame che hanno gli uomini di Dio, e troppo ben caro a quei corrotti, che tanto inferociti dovevan poi essere, quando loro veniva a guastarlo la Religione di un Dio-Uomo Crocifisso. Ma ecco pure il movente della eterna rabbia degli increduli snervati nei vizi. Ed invero, perchè tanto furore contro la nostra santa Religione e i suoi caritatevoli istituti? E che vi è mai di odioso tanto da non si poter più tollerare, in gruppi di persone, sovente ben care, che pregano insieme, si amano e vivono vita da Angeli in terra? Vogliamo dire nei monasteri sieno pur di alcune dozzine di femminette. Vi è l’idea di Dio, che li tormenta; e disperando ormai di poterla distruggere e farla finita colla bancarotta di Dio (come agognava lo schifoso Voltaire), gl’increduli dei nostri di’ sono pronti a far buon viso a qualunque fantasma di Religione, venisser pure Turchi a rizzar moschee, e Mormoni colle cento mogli; ma vogliono chiudere le chiese, e via le sacre vergini, e guerra a morte alla santa Religione benedetta. Quando poi si dispera di sostituire al Dio di Pio IX un altro dio, allora via qualunque dio di sorta: allora si stringono in orride società di liberi pensatori, solidari giurando in orgie di rifiutare ogni pensiero di Dio pur nella morte! Ma cacciata via ogni ombra dell’idea di Dio, s’alza smascherata la carnalità. Allora l’atea rivoluzione profonde gl’incensi alla Maillard, alla lupa della prostituzione parigina, sull’altare di Notre Dame. – No, il paganesimo non cadde mai in putridume tanto orrido di adorare la carne corrotta: adorava la bellezza, ma almeno l’adorava sotto la forma di una dea di marmo bianco! Noi, noi mettiamo le mani sul volto; se già prima dell’infernal tragedia che si va preparando, uno schifoso che vorrebbe abolito il Catechismo, proclama del bel paese d’Italia, in Parlamento, generose le prostitute! Deh in quale abisso ormai trabocchiamo! Ma, viva Dio! La Religione è passione ingenita: e dopo il pandemonio degli empi a distruggerla, se si scaccia via dalle scuole Dio, il fanciullo lo trova caro in seno alla madre, e lo sente amoroso in petto al prete-padre-maestro, a cui lo mena il buon senso di quella, ed anche del papà disingannato, ambedue bisognosi di Dio. Se i suoi nemici gli dicono: « vattene; » Dio sta loro dinanzi a dispetto della loro disperazione: mentre i poveri popoli traditi ritornano a cercarlo sull’altare cattolico e trovano tanto amabile il crocifisso buon Dio! Noi siamo missionari; e quando gl’invitiamo a corrergli in seno, l’Italia in rivoluzione vede i popoli affollarsi alle Comunioni generali; e noi esclarniam consolati: « Sì, la Religione è passione; ma questa passione trova un pascolo di paradiso solamente in Gesù Cristo. » Emmanuele! grideremo forte, sì veramente Dio è con noi; e la fonte di tutti i beni è sempre Dio! Ora, se il fiorellino apre la sua boccuccia verso del cielo, beve quel po’ di bene che Dio mise per esso nel sole, e brilla di quella luce dei colori dell’iride: se una nube color d’argento sorge incontro al sole d’oriente, e il sole la compenetra dei suoi raggi, anche la nube sembra un sole che risplende: se noi, nell’avvicinarci ad uomo d’eletta virtù, ne sentiam la benefica influenza a diventare migliori: ah! quando un’anima buona s’apre del cuore a Gesù, e Gesù lo compenetra in Sacramento, in questo amplesso della Divinità umanizzata, la Comunione; sì, anche il cadavere della nostra carne, ribelle alla virtù, si sente rivestire della gloria del Tabor, elevarsi alla potenza di sublimi virtù, e, vorremmo dire, divine. Allora la Religione passione diventa virtù nell’uomo incorporato in Gesù Cristo. Ah! maledetti i culti, che lasciano l’uomo giù nelle sue miserie: maledette le eresie, che lo lasciano nella viltà dell’umano orgoglio! Sì, certamente la più cara prova, che Dio è con noi nella Chiesa Cattolica in Sacramento, sono le virtù delle sue membra incorporate con Gesù Cristo. Sono mille ottocento ottanta anni, che questi buoni suoi figliuoli si gettano sul petto a Gesù, e ad una ad una gli ripassano le Piaghe, e inventano sempre nuovi proponimenti di virtù per consolarle ad una ad una, immensamente vari come son varie le miserie dell’umanità, e trovano sempre nuovi espedienti a domar la fierezza delle sciagure. Metton la bocca a quel Costato e s’inebriano all’entusiasmo del Sacrificio. Eccoli: sono uomini dell’eloquente parola? Corrono giù dall’altare ad accendere il fuoco della carità in questo mondo di gelo, o si slanciano in mezzo ai cannibali a sfidare le indescrivibili morti. Sono verginelle tenere, come i bottoncini fin allora tra le brattee delle madri piante che gli han generati? Metton il lor timido cuore nel Cuore di Gesù e diventano potenti eroine, fiere a martoriare la debole carne, affinché non impedisca di salire a Dio, o montano sulla testa alle tempeste per volare pel mondo universo come angioli, a raccogliere i bambini e i miserabili in seno al Salvatore. Il mondo che non intende il mistero, disperato di non poterli a pezza imitare: « sono pazzi, dice, questi frenetici. » Ed ha una tal quale ragione: L’amore è una vera pazzia: ma pazzia sublime, che ha inspirato nel Sommo Bene il sacrifizio della Divinità. Questa pazzia diventò epidemica, e si appiglia a chi si getta in cuore a Gesù, che lo assimila al suo amore. Conformità ammirabile tra i Santi e Gesù! (Lacord. Conferenze.) – Se si guarda da lontano Gesù crocifisso, e si ode il tuono della severa sua dottrina che rimbomba d’eternità, la debolezza umana, ributtare si sente e vorrebbe fuggire; ma, se li si avvicina nella pratica dei Sacramenti, in quel suo Cuore squarciato, l’uomo si smarrisce felicemente in quell’immenso amore. Se tu vedi i Santi crocifiggere se stessi e seppellirsi in Gesù Cristo, tu rifuggi inorridito da loro: e quando poi vedi santa Elisabetta, delicatissima Regina, baciare le piaghe ad un cancrenoso e berne la scolatura dell’acqua, con cui l’andava di sua mano tergendo, tu sei tentato a gridare: « Ah che fa mai questa pazza! » Ma quando la vedi correr giù dall’altar come un Angelo in mezzo a tutte le miserie e odi tutti i sofferenti gridare: « è la nostra cara, è la nostra cara! » ancor dopo secoli e secoli, tu devi dire piangendo: questa innamorata fuori di sè ha veduto il suo Gesù bere la feccia del calice delle umane miserie nel Sacrificio della Divinità; e anche essa sacrifica ogni senso umano per consolare nelle sue membra l’adorato Salvator suo Dio. Ite, missa est: adunque andiamo, andiamo a consumare nella carità il sacrificio di noi stessi per amore di Dio, perché la Religione Cattolica, come è sommo amore, così è la più generosa virtù. Nel Sacrificio divino finisce il santissimo dogma, e vuole la nostra virtù!

Il Placeat.

Il sacerdote si rivolge ancora all’altare per pregare secretamente a nome suo (Ben. XIV). Giacché ebbe la sorte di sollevarsi, per la sua missione divina, da questo santo altare sino al trono dell’altissimo Iddio; prima di scendere da quest’altezza si getta a piè del trono dell’augustissima Trinità, e porge per sè questa sua supplica nell’orazione che segue.

Orazione: Placeat.

« Vi piaccia, o santa Trinità, l’ossequio della mia servitù, concedete, che il Sacrificio, che ho offerto dinanzi agli occhi della divina Maestà, benché indegno, vi sia accettevole: e a me, e a tutti per cui l’ho offerto, ottenga propiziazione per Cristo Signor nostro. »

Esposizione dell’Orazione: Placeat.

Come si vede, in quest’orazione egli chiede tre grazie: la prima che Dio si degni di ricevere questo Sacrificio in ossequio di servitù. Vuole con ciò supplicarlo di perdonargli, se ardì tanto di esercitare così santissimo ministero divino. Per questo confessa con umiltà di essere stato niente di più che un istrumento in man dell’agente, che è Gesù Cristo, a cui si è dato in mano come cosa tutta sua, da farne ogni suo volere. Però prima di sorgere da piè del trono di Dio, innanzi a cui sta prostrato, rinnova la sua protesta, che solo egli è venuto su quell’altare sublime, perché lo spinse innanzi il comando divino. Deh! almeno accetti sempre quest’obbedienza in ossequio di servitù. La seconda grazia, che gli preme di chiedere è, che gli perdoni le miserie, che lo accompagnarono all’altare: poiché presentò così grande offerta, la grandezza dell’offerta abbia da far passar inosservata la povertà della mano dell’uomo, che l’ha teva presentata, indegno di tanta Maestà divina. divina. – Finalmente in terzo luogo supplica che gli sia concesso perdono, misericordia e grazia per sè, ed anche per tutti pel gran Sacrificio di propiziazione, che ha in sè tutti i meriti di Gesù Cristo.

Ultima Benedizione.

Dal gran Padre di tutti i beni, e dalle benedizioni di sua misericordia noi dobbiamo aspettare le grazie, di che abbisognano le anime nostre. Nella santa Messa è un continuo invocarle, mettendo, nel benedire, sempre tra noi e il cielo la croce di Gesù Cristo e la ragione de’ suoi meriti; ma in quest’ultima benedizione si vuol pregar Dio di coronare le sue grazie colla più grande sua misericordia infinita. – Il santo martire Giustino fino dal secolo II, nella sua apologia esposta agli imperatori romani, parla di questa benEdizione; sicché si ha ragione di dire, che non fu mai licenziato dall’altare, il popolo senza essere benedetto. Ciò giova ripetere, per dare sulla voce a certi ammodernatori , che vorrebbero raffazzonare la Chiesa alla moda, quasi si dovesse dare faccenda per correre dietro alla volubilità dell’umana leggerezza. Giova ripeterlo, che la Chiesa, come ha un sol Battesimo, una sola fede, un solo Iddio, e lo stesso Spirito che la vivifica; così ha sempre gli stessi doveri verso il Signore, e gli stessi bisogni nei figliuoli, che vuol raccogliere a beatitudine col suo Dio: anche i suoi riti conserva quasi sempre benché possa mutarli. Questa madre adunque, che colle mani piene del Sangue di propiziazione è dispensiera di grazie celesti, non poteva terminare questo cumulo di misteri, quest’azione divina, questo compendio di tutte le misericordie, altrimenti che con un’ultima benedizione santissima. Anche il patriarca Isacco , ristorato che s’ebbe, avendo ai piedi il figliuolo Giacobbe vestito delle vesti del figliuol primogenito con tanta cura dalla madre profumate, l’accolse in seno, e nel sentire il profumo letificante, confortava delle più larghe benedizioni il figliuolo a Dio diletto: cosi il celebrante esilarato dai profumi di santità del popolo identificato in Gesù Cristo, sente un bisogno di colmarlo di benedizioni. Il Sacerdote per benedire ritto sull’altare, come dall’alto trono di Dio, col popolo prostrato ai piedi, scuote l’anima potentemente , perché mette innanzi al pensiero Gesù tra il fulgore della gloria nell’atto di benedire gli eletti nell’universale giudizio. Tutto avrà fine: il tempo è breve e marcia a gran passi: ancora un poco, e il tempo delle misericordie è finito: verrà il dì dell’universale giudizio. Ecco, ecco s’apre il cielo: che splendore di vivissima luce! che mar di fuoco! A mille a mille discendon gli Angioli, e a mille si lascian travedere, e tra quei raggi di luce che piove sulla schiera degli eletti, il giudice inappellabile, l’inflessibile scrutatore delle coscienze, l’inesorabile esattor della legge viene portato in sulle nubi, terribile tanto a guardarsi allora, quanto è ora con noi infinito in bontà! Siede tra le milizie degli Angeli delle battaglie: dinanzi al suo volto un torrente di fuoco, e sotto i suoi passi tra il rombar di tuoni una tempesta di folgori e di saette e di carboni ardenti: passa pei cieli, e i cieli si fiaccano, come si piega la vela di un naviglio in mezzo alla burrasca. Rizza il tremendo tribunale in mezzo alle fiamme ed al fumo dello spento universo la tremenda Maestà; ecco sta per fare giudizio di tutti. Quando tra l’intonar delle angeliche trombe, terribile come mille oceani in tempesta, che chiamano gli eletti alla destra ed i reprobi alla sinistra, tra l’ulular dei disperati si ode un maestoso concerto: sono i principi del regno celeste, che portano cantando « Vexilla regis prodeunt, fulget crucis mysterium » in adorazione la Croce… Quella Croce è un fulmine per i dannati alla sinistra… ! Ah! non parliamo dei dannati: noi siamo tutti crocesegnati a quest’ora col Sangue, che il divino Gesù dalla croce versava sull’altare per le nostre persone! Quindi il Sacerdote segna dall’alto sopra la testa di tutti, quella gran croce. Pensiamo noi a Gesù: Egli nel tremendo di’ del giudizio avrà al fianco quella Croce, e sotto di essa tutti raccolti e tremanti anche noi, in mezzo all’universale terrore! Noi nondimeno da piè della croce guarderemo nelle sue Piaghe, cercando nel suo Costato il nostro asilo, che trovammo in terra con unirci a Lui nel santissimo Sacramento! Ancora un pensiero in questo istante così pieno di alti misteri. L’anima nostra tutta con Gesù benedetto pensa a Lui, quando l’amabilissimo Redentore in mezzo alla turba, che aspettava la parola di vita, salito sul monte, aperta la bocca, diceva: « Beati i poveri di spirito: beati i mansueti: beati i piangenti: beati gli affamati e sitibondi della giustizia : beati i misericordiosi: beati i puri di cuore: beati i pacifici: beati i perseguitati; » e a questi afflitti d’ogni maniera promettendo il regno dei cieli: « rallegratevi, qui conchiudeva, che la ricompensa vostra è copiosa in cielo. » Diceva poi altresì: « chi Mi segue non va nelle tenebre, ma avrà lume di vita. » Prendeva poi la croce e andava al Calvario a morire sopra di essa: e risorto raccomandava di fare quello che aveva egli comandato, ed il suo comandamento è la carità, che ci acquista meriti pel Paradiso. Ah! qui noi, nel segnarci di croce, corriamo ad abbracciare quelle croci, che Dio ci dà nella vita, per sacrificarci in amore di Dio nell’operare il bene. Diciamo intanto con tutto il fervore: « o, Gesù, dateci con questa solenne benedizione una caparra di quella benedizione con cui direte: o benedetti del Padre mio, al Paradiso, ch’Egli vi ha preparato. Su via! sorgiarn tutti in piedi, pronti ad obbedire a Gesù ora, per accorrere al suo invito allora. Sorgiano in piedi poichè croce segnati dalla Destra di Gesù, con Lui voleremo al Paradiso. Amen.

TUTTO IL DENZINGER SENTENZA PER SENTENZA DAGLI APOSTOLI A S.S. PIO XII (29): “Da INNOCENZO XI ad ALESSANDRO VIII”

TUTTO IL DENZINGER SENTENZA PER SENTENZA DAGLI APOSTOLI A S.S. PIO XII (29)

HENRICUS DENZINGER

ET QUID FUNDITUS RETRACTAVIT AUXIT ORNAVIT

ADOLFUS SCHÖNMATZER S. J.

ENCHIRIDION SYMBOLORUM DEFINITIONUM ET DECLARATIONUM

De rebus fidei et morum

HERDER – ROMÆ – MCMLXXVI

Imprim.: Barcelona, José M. Guix, obispo auxiliar

(da INNOCENZO XI ad ALESSANDRO VIII)

Decreto del Santo Officio del 33 novembre 1670.

Errori relativi al dono dell’onnipotenza.

2170. (1) Dio ci fa il dono della sua onnipotenza perché ne facciamo uso, così come qualcuno regala ad un altro una casa o un libro.

2171. 2 – Dio ci sottopone alla sua onnipotenza. (Censura: proposizioni vietate in quanto nuove e azzardate).

Probabilismo e probabiliorismo

2175. …Dopo la relazione fatta dal P. Laurea su quanto contenuto nella lettera inviata dal P. Tirso Gonzalez, al Santissimo Signore, gli Eminentissimi Signori dissero che la stessa dovesse essere scritta dal Segretario di Stato al Nunzio Apostolico in Spagna, affinché significasse al suddetto P. Tirso che Sua Santità avesse preso in considerazione l’onnipotenza di Dio. Che Sua Santità aveva gentilmente accettato la sua richiesta e che, dopo che la sua lettera era stata letta non senza lodi, avesse ordinato che egli predicasse, insegnasse e difendesse con la penna l’opinione più probabile e che combattesse coraggiosamente la posizione di coloro che affermano che, quando un’opinione meno probabile e un’altra più probabile, conosciuta e giudicata come tale, si incontrano, è lecito seguire quella meno probabile; e che gli faccia sapere che tutto ciò che fa e scrive a favore dell’opinione più probabile piacerà a Sua Santità.

2176. Al Padre Generale della Compagnia di Gesù sarà data l’ingiunzione, per ordine di Sua Santità, non solo di permettere ai Padri di questa Compagnia di scrivere a favore dell’opinione più probabile e di combattere la posizione di coloro che affermino che quando un’opinione meno probabile e una più probabile si incontrano, conosciute e giudicate come tali, sia permesso seguire quella meno probabile; ma che scriva anche a tutte le università della Società che il sentimento di Sua Santità è che ognuno, come ritiene opportuno, scriva liberamente a favore dell’opinione più probabile e contro la suddetta opinione contraria; e che ordini loro di sottomettersi interamente al mandato di Sua Santità.

2177. (Aggiunta nell’autografo del Sant’Uffizio: ) 8 luglio 1680. Dopo che il suddetto ordine di Sua Santità è stato comunicato al Padre Generale della Compagnia di Gesù dall’assessore, egli ha risposto che avrebbe obbedito.

Tanto più che non gli era mai stato proibito, né da lui stesso né dai suoi predecessori, di scrivere a favore dell’opinione più probabile e di insegnarla.

Contemplazione e mediazione. – Errori del quietismo.

2181. 1. – A nessuno, dunque, che si dedichi alla preghiera meditativa o contemplativa, si deve permettere di disprezzare la preghiera vocale, istituita da Cristo Signore, osservata dagli Apostoli e da sempre utilizzata, in continua successione, in tutti i servizi divini, né di sminuirla come inutile e vana rispetto alla preghiera meditativa o contemplativa. Al contrario, poiché il Profeta insegna che il Signore debba essere lodato con inni e cantici, tutti devono lodarlo e raccomandarla pure con la preghiera mentale e contemplativa.

2182. 2. – Ma poiché nella casa del Padre ci sono molte dimore (Gv XIV,2) coloro che si dedicano alla meditazione e coloro che li dirigono non devono assolutamente disprezzare coloro che si occupano di contemplazione, né chiamarli pigri o, quel che è peggio, bollarli di eresia. Al contrario, facciano uso e godano santamente e piamente dei doni che Dio ha concesso a ciascuno di loro attraverso la meditazione, tanto più che la grazia della contemplazione è spesso ricevuta dai più grandi, spesso dai più piccoli, molto spesso da coloro che sono lontani, e talvolta anche da persone sposate.

2183. 3. Allo stesso modo, coloro che sono favorevoli alla contemplazione non disprezzino coloro che sono favorevoli alla meditazione, poiché di norma è per gradi di meditazione che si raggiunge la vetta della contemplazione; ma tutti nella carità glorifichino Dio, nostro Signore Gesù Cristo, sapendo che il tralcio dell’opera buona mantiene il suo verde solo se rimane nella radice della carità.

2184. 4. – Sebbene nessuno debba essere allontanato dalla grazia della contemplazione, per la quale Dio dà il suo aiuto, è tuttavia necessario che i direttori d’anime si preoccupino di non ammettere indiscriminatamente ogni età, grado, sesso o condizione alla pratica di questa dottrina e di questo esercizio, e che con un’assidua osservazione prendano prima la misura dello spirito, di ciò che sia in grado di sopportare e di fare, in modo da condurre alcuni alla meditazione, altri alla contemplazione, secondo lo spirito di ciascuno.

2185. 5. – Ma affinché la dottrina sull’orazione contemplativa, con la quale le anime dei fedeli sono elevate alla più alta unione con Dio, rimanga pura da ogni errore, onesta ed intatta, è necessario in primo luogo che i contemplativi si guardino dall’affermare o sostenere che la sola presenza di Dio sia ovunque l’oggetto della contemplazione o dell’orazione che essi chiamano “quiete”. Perché tutti gli oggetti della meditazione possono essere, anche se in modo diverso, oggetto di contemplazione; allo stesso modo non devono essere così audaci da affermare che coloro che pratichino la meditazione non abbiano il potere della contemplazione. Ed ugualmente non abbiano l’audacia di affermare che coloro che si esercitino nella meditazione, non possano mai raggiungere un certo grado di perfezione se non passano alla preghiera di contemplazione.

2186. 6. – E poiché siamo salvati e liberati dall’Incarnazione e dalla Passione di nostro Signore Gesù Cristo, i contemplativi si guardino dal dimenticare volontariamente e deliberatamente i misteri della vita, dell’azione, della Passione e della Redenzione di questo stesso Signore che è nostro, o dall’affermare che la loro considerazione è inutile e contraria allo stato di contemplazione; al contrario, sull’esempio di tutti i Santi, si applichino assiduamente a considerarli secondo le circostanze di tempo e di luogo.

2187. 7. – Così come non tolgano dai loro occhi, come inutili alla contemplazione, le immagini e le rappresentazioni, sia esterne che interne, di Cristo Signore, della beatissima Vergine Maria, la Madre, e degli altri Santi che regnano in cielo e che pregano per noi che ci troviamo in questa valle di lacrime. A volte, però, solo nell’atto della contemplazione e quando il nostro spirito, attraverso il quale scorrono i doni celesti, sia attirato verso la contemplazione delle realtà divine, sarà permesso, affinché l’anima non sia distratta, allontanarsi da queste figure.

2188. 8. – E poiché l’esercizio della contemplazione perfetta consiste principalmente nel fatto che nell’atto della contemplazione l’anima non faccia nient’altro, e tanto più, dimenticando poi tutte le creature, si elevi a Dio e alle realtà divine nella considerazione delle sublimi virtù della fede, speranza e carità, con le quali Dio è venerato al di sopra di tutto, i meditanti non devono avere l’audacia o la presunzione di trattare i contemplativi del popolo come oziosi e pigri.

2189. 9. D’altra parte, sia i contemplativi che i meditanti devono ricordare che non siano affatto esenti dai precetti di Dio e della Chiesa; al contrario, tutti, come i servi verso i loro padroni e le mogli verso i loro mariti, sono strettamente tenuti ad osservare i Comandamenti che devono essere osservati da ciascuno secondo il suo stato, poiché la virtù della preghiera porta all’umiltà ed all’obbedienza e non all’orgoglio ed alla presunzione.

2190. 10. Allo stesso modo, nel caso dei chierici, sia secolari che religiosi, e delle monache, si deve insegnare e ritenere che non debbano presumere che, con il pretesto della meditazione o della contemplazione, siano esenti o liberati dagli obblighi ecclesiastici e dai voti, dalle istituzioni e dalle regole della loro religione; infatti, anche se hanno raggiunto un certo grado di perfezione nella preghiera, non sono in alcun modo considerati esenti dall’osservarli.

2191. 11 Tutti, sia contemplativi che meditativi, devono sapere che non sono in alcun modo esonerati dagli obblighi esterni di religione e di pietà che sono abitualmente praticati dai fedeli nella Chiesa cattolica, e che sono l’uso dei sacramenti e dei sacramentali, le visite alle chiese, i riti, i riti, i riti, i riti e i riti. Al contrario, sarà un grande scandalo per i fedeli se alcune delle suddette pratiche saranno trascurate da loro con il pretesto della contemplazione o della meditazione.

2192. 12 È assolutamente empio, e indegno della purezza cristiana, affermare che non si debba resistere alle tentazioni e che i contemplativi non debbano vedersi imputati i peccati commessi durante la contemplazione, con la falsa idea che non siano i contemplativi stessi, ma il diavolo a commetterli attraverso le loro membra. Allo stesso modo è empio affermare che i contemplativi non debbano aprirsi su tali peccati nel Sacramento della penitenza e sottoporli alle chiavi della Chiesa. Infine, è empio affermare che la preghiera mentale, sia essa meditativa o contemplativa, sia necessaria per la salvezza pura e semplice.

Errore sul segreto della Confessione

2195. (Proposizione🙂 “È lecito fare uso della conoscenza acquisita nella confessione, purché ciò avvenga senza rivelazione diretta o indiretta e senza danno per il penitente, a meno che dal suo mancato uso non derivi un danno molto più grave, rispetto al quale il primo è giustamente ritenuto poco”; Dopo questo si aggiunge una spiegazione, o una limitazione, riguardo a ciò che si deve intendere per uso della conoscenza acquisita in confessione con danno per il penitente, e ad esclusione di qualsiasi rivelazione, e nel caso in cui il non uso comporti un danno molto maggiore per questo penitente. …(Censura: ) La suddetta proposizione, nella misura in cui ammette l’uso della suddetta conoscenza con danno per il penitente, deve essere assolutamente proibita, compresa la suddetta spiegazione o limitazione.

Errori quietisti di Miguel de Molinos

2201. (1) Le potenze dell’anima devono essere annientate, e questa è la via interiore.

2202. [2] – Voler agire attivamente significa offendere Dio, che vuole essere l’unico agente; per questo dobbiamo abbandonarci totalmente e senza riserve a Lui, per poi rimanere come un corpo inanimato.

2203. (3). Il voto di fare qualcosa è un ostacolo alla perfezione.

2204. (4). L’attività naturale è nemica della grazia e ostacola le operazioni di Dio e la vera perfezione, perché Dio vuole agire in noi senza di noi.

2205. (5). – Non facendo nulla, l’anima si annienta e ritorna al suo principio e alla sua origine, che è l’essenza di Dio in cui rimane trasformata e divinizzata, e allora Dio rimane in se stesso; perché allora non ci sono più due cose unite, ma una sola, e in questo modo Dio vive e regna in noi, e l’anima si annienta nell’Essere operativo.

2206. (6). – La via interiore è quella in cui non conosciamo né la luce, né l’amore, né la rassegnazione; e non è nemmeno necessario conoscere Dio; ed è in questo modo che camminiamo giustamente.

2207. (7) – L’anima non deve pensare alla ricompensa o alla punizione, al Paradiso o all’inferno, alla morte o all’eternità.

2208. (8) – L’anima non deve desiderare di sapere se cammina come Dio vuole, né se rimanga o meno conforme a quella volontà; e non è necessario che desideri conoscere il proprio stato, o il proprio nulla, ma deve rimanere come un corpo senza vita.

2209. (9) – L’anima non deve ricordarsi né di se stessa, né di Dio, né di nulla, e nel modo interiore ogni riflessione è dannosa, anche quella sulle proprie azioni umane e sui propri difetti.

2210. (10). – Se i propri difetti scandalizzano gli altri, non c’è bisogno di riflettere su di essi finché non c i sia il desiderio di scandalizzare, e non poter riflettere sui propri difetti è una grazia di Dio.

2211. (11). – Non c’è bisogno di pensare ai dubbi che sorgono se si sia sulla strada giusta o meno.

2212. (12). – Chi ha dato il suo libero arbitrio a Dio non deve più preoccuparsi di nulla, né dell’inferno né del Paradiso; non deve avere alcun desiderio della propria perfezione, né delle virtù, né della propria santificazione, né della propria salvezza, dalla quale deve espungere la speranza.

2213. (13) – Una volta consegnato a Dio il nostro libero arbitrio, dobbiamo anche abbandonare a Dio il pensiero e la cura di tutto ciò che ci riguarda, e lasciare che faccia la sua volontà divina in noi, senza di noi.

2214. (14). – Chi si è abbandonato alla volontà di Dio non deve chiedere nulla a Dio, perché chiedere è mendicare è un’imperfezione, perché è un atto di volontà e di scelta, e significa volere che la volontà divina si conformi alla nostra volontà e non la nostra alla volontà divina. E le parole del Vangelo: “Chiedete e vi sarà dato” (Gv 16,24) non sono state pronunciate da Cristo per le anime interiori che non vogliono avere una volontà; al contrario, queste anime sono in grado di non chiedere nulla a Dio.

2215. (15). Così come non devono chiedere nulla a Dio, non devono nemmeno ringraziarlo per nulla, perché entrambi sono atti della loro volontà.

2216. (16). Non è giusto chiedere indulgenze per la pena dovuta ai propri peccati; infatti è meglio soddisfare la giustizia divina che cercare la misericordia divina, perché la prima procede dal puro amore di Dio, mentre la seconda dall’amore egoistico per noi stessi, che non è quello che piace a Dio e non è meritorio, poiché è voler fuggire dalla croce.

2217. (17). Poiché il libero arbitrio è stato consegnato a Dio, e anche la cura e l’esame della nostra anima sono stati abbandonati a Lui, non c’è più motivo di preoccuparsi delle tentazioni, e non dobbiamo opporre ad esse altro che una resistenza negativa, senza sforzarci di più, e se la natura si muove, dobbiamo lasciarla muovere, poiché è la natura.

2218. (18). Chi nella preghiera usa immagini, figure, idee e concetti propri, non adora Dio in spirito e verità (Gv IV,23).

2219. (19). Chi ama Dio nel modo che la ragione esige o che l’intelligenza comprende, non ama il vero Dio.

2220. (20). – Dire che nella preghiera sia necessario essere aiutati da ragionamenti e pensieri, quando Dio non parla all’anima, è da ignoranti; Dio non parla mai, la sua parola è azione, e agisce sempre nell’anima quando questa non lo impedisce con i suoi ragionamenti, pensieri e operazioni.

2221. (21). Nell’orazione, dobbiamo rimanere nella fede oscura e universale, nel riposo e nell’oblio di ogni pensiero particolare e distinto dagli attributi di Dio e della Trinità, e dobbiamo così rimanere alla presenza di Dio per adorarlo, amarlo e servirlo, ma senza produrre atti, perché Dio non trova il suo piacere in questo.

2222. (22). Questa conoscenza per fede non è un atto prodotto dalla creatura, ma è una conoscenza data da Dio alla creatura, che la creatura non sa di avere e che poi non sa di aver avuto, e lo stesso vale per l’amore.

2223. (23).. I mistici distinguono con San Bernardo nella Scala claustralium quattro gradi: lettura, meditazione, oraison e contemplazione infusa. Chi rimane sempre nel primo non passa mai al secondo; chi rimane sempre nel secondo non arriva mai al terzo, che è la nostra contemplazione acquisita, nella quale dobbiamo persistere per tutta la vita, finché Dio non attira l’anima (anche se non lo desidera) alla contemplazione infusa; e quando questa cessa, l’anima deve tornare al terzo grado e rimanervi, senza tornare più al secondo o al primo.

2224. (24). Qualunque pensiero sorga nell’orazione, anche impuro, anche contro Dio, la fede e i sacramenti, se non viene volontariamente accolto e volontariamente respinto, ma sopportato con indifferenza e rassegnazione, non impedisce l’orazione di fede; al contrario, la rende più perfetta, perché l’anima è allora più rassegnata alla volontà divina.

2225. (25). Anche se viene il sonno e ci addormentiamo, saranno comunque presenti l’orazione e la contemplazione; perché l’orazione e la rassegnazione, la rassegnazione e l’orazione sono la stessa cosa; e finché dura la rassegnazione, dura anche l’orazione.

2226. (26). Le tre vie: purgativa, illuminativa e unitiva, sono la più grande assurdità che sia stata detta nella mistica, perché c’è una sola via, quella interiore.

2227. (27). Chi desidera e abbraccia la devozione sensibile, non desidera e cerca Dio, ma se stesso; e chi cammina nella via interiore agisce male quando la desidera e si sforza di averla, sia nei luoghi santi che nelle feste solenni.

2228. (28). Il disgusto per le cose spirituali è buono, poiché con esso si purifica l’amore propriamente detto.

2229. (29). È un buon segno quando l’anima interiore è disgustata dai discorsi su Dio e sulle virtù, e rimane fredda e non sente alcun fervore in essa.

2230. (30). Ogni cosa sensibile che sperimentiamo nella vita spirituale è abominevole, impura e sporca.

2231. (31). Nessuno di coloro che meditano pratica le vere virtù interiori, che non devono essere conosciute dai sensi. Le virtù devono essere perse.

2232. (32). Né prima né dopo la Comunione è richiesta altra preparazione o ringraziamento (per queste anime interiori) che rimanere nell’abituale rassegnazione passiva; perché questa sostituisce in modo più perfetto tutti gli atti di virtù che si possano fare e si facciano in modo ordinario. E se durante la Comunione sorgono movimenti di umiliazione, di supplica o di ringraziamento, essi devono essere soppressi quando non si riconosca che provengano da una particolare ispirazione di Dio; altrimenti sono movimenti della natura non ancora morta.

2233. (33). Per l’anima che percorre questo cammino interiore è sbagliato fare uno sforzo particolare nelle feste solenni per suscitare un sentimento di devozione, perché per l’anima interiore tutti i giorni sono uguali e sono tutti giorni di festa. E lo stesso si deve dire dei luoghi sacri, perché per queste anime tutti i luoghi sono uguali.

2234. (34). Ringraziare Dio con la parola e con la lingua non è adatto alle anime interiori, che devono rimanere in silenzio, senza porre alcun ostacolo al fatto che Dio operi in loro; e quanto più si abbandonano a Dio, tanto più sperimentano la loro impotenza nel recitare l’orazione domenicale o il Padre nostro.

2235. (35). Alle anime della via interiore non conviene compiere atti, anche virtuosi, di propria scelta e di propria attività, altrimenti non sarebbero morte, né compiere atti di amore verso la Beata Vergine, i Santi e l’umanità di Cristo, perché essendo questi oggetti sensibili, anche l’amore che li riguarda è sensibile.

2236. (36). Nessuna creatura, né la Beata Vergine né i santi, deve avere un posto nel nostro cuore, perché solo Dio vuole occuparlo e possederlo.

2237. (37). Nel caso di tentazioni anche violente, l’anima non deve compiere atti espliciti di virtù che si oppongano ad esse, ma rimanere nell’amore e nella rassegnazione di cui si parla.

2238. (38). La croce volontaria delle mortificazioni è un peso gravoso e infruttuoso, e perciò deve essere sgravata.

2239. (39). Le azioni e le penitenze più sante compiute dai Santi non bastano a togliere dall’anima anche un solo attaccamento.

2240. (40). La Beata Vergine non fece mai alcun lavoro esterno, eppure fu più santa di tutti i Santi. Ecco perché possiamo raggiungere la santità senza alcun lavoro esterno.

2241. (41). Dio permette e vuole, per umiliarci e condurci alla vera trasformazione, che certe anime perfette, anche se non possedute, siano violate dal demonio che fa loro commettere atti carnali, anche nello stato di veglia e senza alcun turbamento della coscienza, muovendo fisicamente le mani e le altre membra contro la loro volontà. E lo stesso si deve dire per altre azioni di per sé colpevoli, che in questo caso non sono peccati, perché non c’è consenso.

2242. (42). Ci possono essere casi in cui tale violenza che porta ad atti carnali si verifica contemporaneamente in due persone, cioè un uomo e una donna, e il risultato è un atto carnale per entrambi.

2243. (43). Dio, nelle epoche passate, faceva i santi con il ministero dei tiranni; ora, invece, li fa santi con l’aiuto dei demoni che, provocando in loro la violenza di cui si parla, li inducono a disprezzare e ad annientare ancora di più se stessi e ad abbandonarsi a Dio.

2244. (44). Giobbe bestemmiava, ma non peccava con le labbra, perché ciò avveniva per la violenza del demonio.

2245. 45. San Paolo soffrì nel suo corpo la violenza del diavolo; per questo scrisse: “Non faccio il bene che voglio fare, ma il male che non voglio fare lo faccio” (Rm VII, 19).

2246. (46). Questa violenza è il modo migliore per annientare l’anima e condurla alla trasformazione e alla vera unione, e non c’è altro modo per arrivarci. E questo è il modo più facile e sicuro.

2247. (47). Quando si verificano questi atti violenti, si deve permettere a satana di fare il suo lavoro senza alcuna resistenza o sforzo; al contrario, l’uomo deve rimanere in uno stato di nulla, e anche se ne derivano inquinamenti e atti osceni prodotti dalle mani e peggio, non c’è da preoccuparsi, ma si devono bandire scrupoli e paure, perché l’anima è più illuminata, rafforzata e pura, e si acquisisce la santa libertà. E soprattutto non c’è bisogno di confessare queste cose, e si agisce in modo molto sano non confessandole, perché è con questo mezzo che si trionfa sul diavolo e si acquisisce un tesoro di pace.

2248. (48). Satana, l’autore di questi abusi, suggerisce poi che si tratti di colpe gravi, affinché l’anima si inquieti e non avanzi nel cammino interiore; perciò, per indebolire le proprie forze, è meglio non confessarle, perché non sono peccati, neppure veniali.

2249. (49). Giobbe, per la violenza del diavolo, si contaminò con le proprie mani, nel momento in cui si rivolgeva a Dio, se interpretiamo così il passo del cap. 16 Gb 16,18.

2250. (50). Davide, Geremia e molti dei santi Profeti subirono tali violenze per queste azioni esterne impure.

2251. (51). Nelle Sacre Scritture ci sono molti esempi di violenza che portano ad atti esterni di peccato; così per Sansone che con la violenza si uccise con i Filistei (Gg XVI,29 s.) che sposò una donna straniera (Gg XIV,1-20), e che praticò la fornicazione con la prostituta Dalila (Gg XVI,4-22), che altrimenti era proibita e sarebbe stata peccaminosa; Giuditta mentì a Oloferne (Gdt XI,5-19), Eliseo maledisse i bambini (2R II,24) e bruciò due capi con le truppe del re Achab (2R 1,10-12). Non è certo, però, se la violenza sia stata fatta direttamente da Dio o attraverso il ministero dei demoni, come accade per altre anime.

2252. (52). Quando una violenza di questo tipo, anche impura, avviene senza che lo spirito ne sia oscurato, l’anima può allora unirsi a Dio e di fatto è sempre più unita a Lui.

2253. (53). Per sapere in pratica se un’azione in altre persone sia stata una violenza, la regola che ho in questa materia non è semplicemente la protesta di queste anime di non aver mai acconsentito a questa violenza o di non poter giurare di averla acconsentita, e di vedere che si tratti di anime che stanno avanzando lungo il cammino interiore; ma io vorrei prendere la mia regola da una certa luce attuale, superiore alla conoscenza umana e teologica, che mi fa sapere con certezza, con una certezza interiore, che una tale azione sia provocata dalla violenza, e sono certo che questa luce venga da Dio, perché mi viene insieme alla certezza che viene da Dio, e che non lascia in me nemmeno l’ombra di un dubbio contrario: dal modo in cui talvolta accade che Dio, quando rivela qualcosa, allo stesso tempo dà all’anima la certezza che è Lui stesso a rivelare, e che l’anima non può più avere alcun dubbio del contrario.

2254. (54). Gli spirituali della via ordinaria si troveranno nell’ora della morte derisi e confusi con tutte le passioni che dovranno essere purificate nell’altro mondo.

2255. (55). Per questa via interiore si riesce, anche se con grande difficoltà, a purificare ed estinguere tutte le passioni, fino al punto di non sentire più nulla, nulla, e di non avertire più alcuna inquietudine come un corpo morto e l’anima non è più turbata.

2256. (56). Le due leggi e le due concupiscenze, l’una dell’anima, l’altra dell’amor proprio, durano finché dura l’amor proprio: perciò quando esso è purificato e morto, come si fa nella via interiore, allora non ci sono più queste due vie e queste due concupiscenze, e non si sperimenta più alcuna caduta, né si sente nulla, neppure un peccato veniale.

2257. (57). Con la contemplazione acquisita si giunge a uno stato in cui non si commette più alcun peccato, né mortale né veniale.

2258. (58). Questo stato si raggiunge non riflettendo più sulle proprie azioni, perché le colpe nascono dalla riflessione.

2259. (59). La via interiore è indipendente dalla Confessione, dai confessori e dai casi di coscienza, dalla teologia e dalla filosofia.

2260. (60). Nel caso di anime avanzate che comincino a morire alla riflessione e siano giunte al punto di morte, Dio rende talvolta impossibile la Confessione e vi supplisce Lui stesso con una grazia che conserva ed è uguale a quella che riceverebbero nel Sacramento; per questo non è bene che tali anime si accostino al Dacramento della penitenza in un caso simile, perché è impossibile per loro.

2261. (61). Quando l’anima è giunta alla morte mistica, non può più volere altro che ciò che Dio vuole, perché non ha più volontà e Dio gliel’ha tolta.

2262. (62). Per la via interiore si raggiunge uno stato continuo e immobile in una pace che non può più essere disturbata.

2263. (63). Per la via interiore si giunge anche alla morte dei sensi; ed è addirittura segno che si è nello stato di annientamento, cioè di morte mistica, quando i sensi esterni non ci rappresentino più le cose sensibili; queste sono allora come se non lo fossero, perché non riescono più a far sì che la comprensione si applichi ad esse.

2264. (64). Il teologo ha una minore disposizione allo stato contemplativo rispetto all’ignorante, in primo luogo perché non ha una fede altrettanto pura; in secondo luogo perché non è altrettanto umile; in terzo luogo perché non si preoccupa altrettanto della propria salvezza; in quarto luogo perché la sua testa è piena di immaginazioni, rappresentazioni, opinioni e speculazioni, e la vera conoscenza non è più nella sua testa e la luce non può entrare in lui.

2265. (65). I superiori devono essere obbediti nelle cose esterne, e il voto di obbedienza dei religiosi si estende solo all’esterno. Nell’interno, invece, la situazione è diversa, dove entrano solo Dio e il direttore.

2266. (66). È degna di essere ridicolizzata questa nuova dottrina secondo la quale l’anima, in ciò che riguarda l’interno, dovrebbe essere governata dal Vescovo, e che se il Vescovo non sia sei ora a dormire devi togliere la messa e io lo tolgo e l’altro ha due o tre quattro senza la presa di coscienza sto bene grazie Ma come questa per la scuola per bambino e della scuola e due sessioni di bambini pure cinque giorni festivi a scuola hai visto i bambini vedono questa lingua italiana la stella di sucato dove crede ma che c’è silenzio sità e noi ehm arriva a casa direttamente se invece funziona la sicurezza nazionale Cioè quanti anni in grado di farlo, l’anima dovrebbe andare da lui con il suo direttore. Questa è una dottrina nuova, dico, perché né la Sacra Scrittura, né i Concili, né i canoni, né le bolle, né i Santi, né gli autori l’hanno mai insegnata, né hanno potuto insegnarla; perché la Chiesa non giudica delle cose nascoste, e l’anima ha il diritto e la facoltà di scegliere chi vuole.

2267. (67). Dire che sia necessario manifestare ciò che è interiore al tribunale esterno, e che sia un peccato non farlo, è un evidente inganno, perché la Chiesa non giudica le cose nascoste, e si danneggia la propria anima con questi inganni e ipocrisie.

2268. (68). Non c’è facoltà o giurisdizione al mondo che possa ordinare di comunicare le lettere del direttore che riguardino l’interno dell’anima, e per questo dobbiamo avvertire che si tratti di un oltraggio satanico.

(Censura): queste proposizioni le abbiamo condannate come eretiche secondo il caso 3, 13-15, 41-53, sospette; vicine all’eresia 21,23,(57),60; in odore di eresia: 2, 4-10, 12, 16-19, (31), (35), 55 s, (58) ed erronee 4-6, (8-10), 13-19, 21 s, (24), (32), (35), 41-53, (58), scandalose 6s, (9-11), 14-20, (24), 30-52, (54), (58-60), 63 s, (66), blasfeme 10, 14 s, 41- 53, 60, offensive per le orecchie pie 6, 30, (58), imprudenti 11, 14 s, 17-20, 23 s, 26 s, 30-35, (38s), 41-68, irritanti la disciplina cristiana 10, 16, 21 s, (24), (31), (35), (38s), 41-52, (59), (65s) e contraria (68), e sediziosa (65). Inoltre… abbiamo condannato tutti i libri e tutte le opere stampate, in qualsiasi luogo ed in qualsiasi lingua, nonché tutti i manoscritti dello stesso Miguel de Molinos.

ALESSANDRO VIII: 6 ottobre 1689 – 1 febbraio 1691

Articoli gallicani sui diritti del Papa

2281 (1). Il beato Pietro ed i suoi successori, Vicari di Gesù Cristo, e la Chiesa stessa hanno ricevuto da Dio il potere sulle cose spirituali che riguardano la salvezza eterna, e non sulle cose civili e temporali, avendo il Signore detto: “Il mio regno non è di questo mondo” (Gv XVIII, 36) e ancora “Date dunque a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio” (Lc XX,25); per questo restano ferme le parole dell’Apostolo: “Ogni anima sia sottomessa alle potenze superiori, perché non c’è potere che non venga da Dio; e quelli che esistono sono stati ordinati da Dio; perciò chi si oppone al potere si oppone a Dio” (Rm XIII, 1 ss.) I re e i sovrani non sono soggetti ad alcun potere ecclesiastico per ordine di Dio nelle cose temporali; non possono essere deposti direttamente o indirettamente dall’Autorità delle chiavi della Chiesa; i loro sudditi non possono essere dispensati dalla sottomissione e dall’obbedienza e sollevati dal giuramento di fedeltà. E questa dottrina, necessaria per la tranquillità pubblica e non meno necessaria per la Chiesa che per lo Stato, deve essere seguita inviolabilmente in quanto conforme alla Parola di Dio, alla tradizione dei Padri e agli esempi dei Santi.

2282. (2). La pienezza del potere che la Sede Apostolica e i successori di Pietro, Vicari di Cristo, hanno sulle questioni spirituali è tale che allo stesso tempo i decreti del Santo Concilio Ecumenico di Costanza, nella quarta e quinta sessione, sull’autorità dei Concili generali, approvati dalla Sede Apostolica, confermati dalla prassi degli stessi Romani Pontefici e della Chiesa nel suo insieme, e sempre religiosamente osservati dalla Chiesa gallicana, sono in vigore e rimangono immutabili. Ma non sono approvati dalla Chiesa gallicana coloro che mettono in dubbio la forza di questi decreti, come se la loro autorità fosse dubbia e fossero meno approvati, o che limitino le affermazioni del Concilio al solo tempo dello scisma.

2283. (3). Per questo motivo, l’esercizio della potestà apostolica deve essere regolato secondo i canoni stabiliti dallo Spirito di Dio e conservati dalla riverenza di tutto il mondo; le regole, la morale e le costituzioni ricevute dal regno e dalla Chiesa gallicana sono anch’esse valide, e i limiti stabiliti dai Padri rimangono immutati; ed è perfino della grandezza della Sede Apostolica che le leggi e le consuetudini che sono state confermate dal consenso di una Sede e di Chiese così importanti possiedano la stabilità che appartiene loro.

2284. (4). Anche in materia di fede il Papa ha la parte principale, e i suoi decreti sono validi per tutte e per ciascuna delle Chiese; il suo giudizio, tuttavia, non è irreformabile, a meno che non intervenga il consenso della Chiesa.

2285. (Sentenza della Bolla🙂 Tutte le cose che sono state decise e fatte dalla suddetta Assemblea del clero gallicano tenutasi nel 1682, sia per quanto riguardi l’estensione del diritto regale, sia per quanto riguardi la dichiarazione sulla potestà ecclesiastica e le quattro proposizioni in essa contenute, con le quali è stato deciso che il Papa sia il principale responsabile del potere ecclesiastico; tutti e ciascuno degli ordini, dei decreti, delle conferme, delle dichiarazioni, delle lettere, degli editti, dei decreti fatti o pubblicati da qualsiasi persona, sia ecclesiastica che laica, a qualunque titolo, e qualunque sia la sua autorità o il suo potere, e che richiederebbero anche una menzione particolare … Dichiariamo tutte queste cose nulle, invalide e inutili, completamente e totalmente prive di forza e di effetto fin dal loro inizio, e che lo sono tuttora e lo saranno in perpetuo; e che nessuno è tenuto ad osservarle, o a qualcuna di esse, anche se portano il sigillo di un giuramento.

Decreto del Sant’Uffizio, 24 agosto 1690.

Errori sul bene morale e sul peccato filosofico.

2290. (1) La bontà oggettiva consiste nella conformità dell’oggetto alla natura razionale; la bontà formale, invece, consiste nella conformità dell’atto alla regola della morale. Per questo è sufficiente che l’atto morale tenda al fine ultimo in modo interpretativo, e l’uomo non è obbligato ad amare questo fine né all’inizio né durante la sua vita morale.

2291. (2). Il peccato filosofico o morale è un atto umano non conforme alla natura umana e alla retta ragione; il peccato teologico, invece, è una libera trasgressione della Legge divina. Per quanto grave possa essere, questo peccato filosofico è, in chi non conosce Dio o non pensa attualmente a Dio, un peccato grave, ma non è un’offesa a Dio né un peccato mortale che fa perdere l’amicizia di Dio, e non merita la pena eterna.

2292. (Censura:) Propos. 1 : eretico. – 2 : scandaloso, avventato, offensivo per le orecchie pie, erroneo.

Decreto del Sant’Uffizio del 7 dicembre 1690.

Errori dei giansenisti.

2301. (1). Nello stato di natura decaduta, perché ci sia peccato mortale (formale) e demerito, è sufficiente quella libertà per cui il peccato è stato volontario e libero nella sua causa: il peccato di Adamo.

2302. (2). Anche se ci fosse un’ignoranza invincibile della legge naturale, nello stato di natura decaduta essa non scusa il peccato.

Non c’è peccato formale (materiale) per chi agisce in virtù di essa.

2303. (3). Non è lecito seguire un’opinione (probabile), o la più probabile tra quelle probabili.

2304. (4). Cristo si è offerto in sacrificio a Dio per noi, non per i soli eletti, ma per tutti i fedeli e solo per loro.

2305. (5). Gentili, ebrei, eretici e simili non ricevono alcun influsso da Gesù Cristo; e da ciò possiamo giustamente concludere che la volontà in loro è nuda e disarmata, senza alcuna grazia sufficiente.

2306. (6) La grazia sufficiente non è tanto utile quanto perniciosa nel nostro stato attuale, cosicché possiamo giustamente pregare: “Dalla grazia sufficiente, Signore, liberaci”.

2307. (7). Ogni azione umana deliberata è amore di Dio o amore del mondo; se è amore di Dio, è carità del Padre; se è amore del mondo, è concupiscenza della carne, cioè male.

2308. (8). Il non credente pecca necessariamente in tutte le sue opere.

2309. (9). Pecca veramente chi odia il peccato solo per la sua turpitudine e sconvenienza rispetto alla natura, senza considerare in alcun modo l’offesa a Dio.

2310. (10). L’intenzione di chi odia il male e persegue il bene solo per ottenere la gloria celeste non è né giusta né gradita a Dio.

2311. (11). Tutto ciò che non proviene da una fede cristiana soprannaturale che agisce per amore è peccato.

2312. (12). Quando nei grandi peccatori manca l’amore, manca anche la fede; e anche se sembra che credano, non è una fede divina ma umana.

2313. (13). Chi ama Dio, anche in vista della ricompensa eterna, se la carità gli viene meno, il vizio non gli viene meno, per quanto spesso agisca in vista della beatitudine.

2314. (14). La paura dell’inferno non è soprannaturale.

2315. (15). Il logorio concepito dal timore dell’inferno e delle pene, senza l’amore di Dio per se stesso, non è un movimento buono e soprannaturale.

2316. (16). L’ordinanza che antepone la soddisfazione all’assoluzione non è stata introdotta dalla disciplina o dall’istituzione della Chiesa, ma proviene dalla Legge e dalla prescrizione di Cristo stesso, come se fosse dettata dalla natura della cosa.

2317. (17). Con questa pratica di assolvere subito, l’ordinanza della penitenza è stata invertita.

2318. (18). L’usanza moderna relativa all’amministrazione della penitenza, sebbene sostenuta dall’autorità di molti uomini e confermata da un lungo periodo di tempo, non è tuttavia ritenuta dalla Chiesa un uso ma un abuso.

2319. (19). L’uomo deve fare penitenza per tutta la vita per il peccato originale.

2320. (20). Le confessioni fatte ai religiosi sono per lo più sacrileghe o invalide.

2321. (21). Un parrocchiano può sospettare che i religiosi mendicanti, che vivono di elemosine ordinarie, per ottenere o guadagnare un bene temporale, impongano una pena troppo leggera o mal proporzionata.

2322. (22). Chi pretende di avere diritto alla comunione prima di aver fatto una penitenza proporzionata ai propri peccati è da considerarsi empio.

2323. (23). Allo stesso modo, devono essere esclusi dalla Santa Comunione coloro che non hanno ancora un amore di Dio molto puro e non mescolato.

2324. (24). L’offerta che la Vergine Maria fece nel Tempio, nel giorno della purificazione, di due colombe, una per l’olocausto e l’altra per i peccati, attesta sufficientemente che aveva bisogno di purificazione e che il figlio che la presentò era macchiato dalle macchie della madre, secondo le parole della Legge.

2325. (25). Non è lecito per un cristiano collocare in un tempio cristiano un’immagine di Dio Padre (seduto).

2326 (26). Le lodi rivolte a Maria in quanto Maria, sono vane.

2327. (27). Un tempo era valido il Battesimo conferito in questa forma: “Nel nome del Padre, ecc.”, omettendo “Io ti battezzo”.

2328. (28). Un Battesimo è valido quando sia stato conferito da un ministro che osservi tutto il rito e la forma esterna, ma che interiormente, nel suo cuore e al di fuori di sé, decide: non intendo fare ciò che fa la Chiesa.

2329. (29). L’affermazione che il Papa abbia autorità sul Concilio ecumenico e infallibilità in materia di fede è inutile ed è stata più volte confutata.

2330. (30). Quando qualcuno ha trovato una dottrina chiaramente stabilita in Agostino, essa deve assolutamente essere sostenuta e insegnata, senza tener conto di alcuna bolla papale.

(Censura: condannate e proibite in quanto) a seconda dei casi, avventata, scandalosa, sconveniente, vicina all’eresia, in odore di eresia, erronea, scismatica ed eretica.

2331. (31). La bolla In eminenti di Urbano VIII fu ottenuta con l’inganno.

TUTTO IL DENZINGER SENTENZA PER SENTENZA DAGLI APOSTOLI A S.S. PIO XII (30): “da INNOCENZO XII a CLEMENTE XI”

FESTA DEL SACRATISSIMO CUORE DI GESU’ (2023)

FESTA DEL SACRATISSIMO CUORE DI GESÙ (2023)

VENERDÌ DOPO L’OTTAVA DEL CORPUS DOMINI.

(Messale Romano di S. Bertola e G. Destefani, comm. di D. G. LEFEBVRE O. S. B; L. I. C. E. – R. Berruti & C. Torino 1950)

Doppio di Ia cl. con Ottava privilegiata di 3° ordine. – Param. bianchi.

Il Protestantesimo nel secolo XVI e il Giansenismo nel XVIII avevano tentato di sfigurare uno dei dogmi essenziali al Cristianesimo: l’amore di Dio verso tutti gli uomini. Lo Spirito Santo, che è spirito d’amore, e che dirige la Chiesa per opporsi all’eresia invadente, affinché la Sposa di Cristo, lungi dal veder diminuire il suo amore verso Gesù, lo sentisse crescere maggiormente, ispirò la festa del Sacro Cuore. L’Officio di questo giorno mostra « il progresso trionfale del culto del Sacro Cuore nel corso dei secoli. Fin dai Primi tempi i Padri, i Dottori, I Santi hanno celebrato l’amore del Redentore nostro e hanno detto che la piaga, fatta nel costato di Gesù Cristo, era la sorgente nascosta di tutte le grazie. Nel medio-Evo le anime contemplative presero l’abitudine di penetrare per questa piaga fino al Cuore di Gesù, trafitto per amore verso gli uomini » (2° Notturno). — S. Bonaventura parla in questo senso: « Per questo è stato aperto il tuo costato, affinché possiamo entrarvi. Per questo è stato ferito il tuo Cuore affinché possiamo abitare in esso al riparo delle agitazioni del mondo (3° Nott.). Le due Vergini benedettine Santa Geltrude e Santa Metilde nel XIII secolo ebbero una visione assai chiara della grandezza della devozione al Sacro Cuore:. S. Giovanni Evangelista apparendo alla prima le annunziò che « il linguaggio dei felici battiti del Cuore di Gesù, che egli aveva inteso, allorché riposò sul suo petto, e riservato per gli ultimi tempi allorché il mondo invecchiato raffreddato nell’amore divino si sarebbe riscaldato alla rivelazione di questi misteri (L’araldo dell’amore divino. – Libro IV c 4). Questo Cuore, dicono le due Sante, è un altare sul quale Gesù Cristo si offre al Padre, vittima perfetta pienamente gradita. È un turibolo d’oro dal quale s’innalzano verso il Padre tante volute di fumo d’incenso quanti gli uomini per i quali Cristo ha sofferto. In questo Cuore le lodi e i ringraziamenti che rendiamo a Dio e tutte le buone opere che facciamo, sono nobilitate e diventano gradite al Padre. — Per rendere questo culto pubblico e ufficiale, la Provvidenza suscitò dapprima S. Giovanni Eudes, che compose fin dal 1670, un Ufficio ed una Messa del Sacro Cuore, per la Congregazione detta degli Eudisti. Poi scelse una delle figlie spirituali di S. Francesco di Sales, Santa Margherita Maria Alacoque, alla quale Gesù mostrò il suo Cuore, a Paray-le-Monial il 16 giugno 1675, il giorno del Corpus Domini, e le disse di far stabilire una festa del Sacro Cuore il Venerdì, che segue l’Ottava del Corpus Domini. Infine Dio si servì per propagare questa devozione, del Beato Claudio de la Colombière religioso della Compagnia di Gesù, che mise tutto il suo zelo a propagare la devozioni al Sacro Cuore». (D. GUERANGER, La festa del Sacro Cuore di Gesù). – Nel 1765, Clemente XIII approvò la festa e l’ufficio del Sacro Cuore, e nel 1856 Pio IX l’estese a tutta la Chiesa. Nel 1929 Pio XI approvò una nuova Messa e un nuovo Officio del Sacro Cuore, e vi aggiunse una Ottava privilegiata. Venendo dopo tutte le feste di Cristo, la solennità del Sacro Cuore le completa riunendole tutte in un unico oggetto, che materialmente, è il Cuore di carne di un Uomo-Dio e formalmente, è l’immensa carità, di cui questo Cuore è simbolo. Questa festa non si riferisce ad un mistero particolare della vita del Salvatore, ma li abbraccia tutti. È la festa dell’amor di Dio verso gli uomini, amore che fece scendere Gesù sulla terra con la sua Incarnazione per tutti (Off.) che per tutti è salito sulla Croce per la nostra Redenzione (Vang. 2a Ant. dei Vespri) e che per tutti discende ogni giorno sui nostri altari colla Transustanziazione, per applicarci i frutti della sua morte sul Golgota (Com.). — Questi tre misteri ci manifestano più specialmente la carità divina di Gesù nel corso dei secoli (Intr.). È « il suo amore che lo costrinse a rivestire un corpo mortale » (Inno del Mattutino). È il suo amore che volle che questo cuore fosse trafitto sulla croce (Invitatorio, Vang.) affinché ne scorresse un torrente di misericordia e di grazie (Pref.) che noi andiamo ad attingere con gioia (Versetto dei Vespri); un’acqua, che nel Battesimo ci purifica dei nostri. peccati (Ufficio dell’Ottava) e il sangue, che, nell’Eucaristia, nutrisce le nostre anime (Com.). E, come la Eucaristia è il prolungamento dell’Incarnazione e il memoriale del Calvario, Gesù domandò che questa festa fosse collocata immediatamente dopo l’Ottava del SS. Sacramento. — Le manifestazioni dell’amore di Cristo mettono maggiormente in evidenza l’ingratitudine degli uomini, che corrispondono a questo amore con una freddezza ed una indifferenza sempre più grande, perciò questa solennità presenta essenzialmente un carattere di riparazione, che esige la detestazione e l’espiazione di tutti i peccati, causa attuale dell’agonia che Gesù sopportò or sono duemila anni. — Se Egli previde allora i nostri peccati, conobbe anche anticipatamente la nostra partecipazione alle sue sofferenze e questo lo consolò nelle sue pene (Off.). Egli vide soprattutto le sante Messe e le sante Comunioni, nelle quali noi ci facciamo tutti i giorni vittime con la grande Vittima, offrendo a Dio, nelle medesime disposizioni del Sacro Cuore in tutti gli atti della sua vita, al Calvario e ora nel Cielo, tutte le nostre pene e tutte le nostre sofferenze, accettate con generosità. Questa partecipazione alla vita eucaristica di Gesù è il grande mezzo di riparare con Lui, ed entrare pienamente nello spirito della festa del Sacro Cuore, come lo spiega molto bene Pio XI nella sua Enciclica « Miserentissimus » (2° Nott. dell’Ott.) e nell’Atto di riparazione al Sacro Cuore di Gesù, che si deve leggere in questo giorno davanti al Ss. Sacramento esposto.

Incipit

In nómine Patris, ✠ et Fílii, et Spíritus Sancti. Amen.

Adjutórium nostrum in nómine Dómini.
R. Qui fecit cælum et terram.
Confíteor Deo omnipoténti, beátæ Maríæ semper Vírgini, beáto Michaéli Archángelo, beáto Joánni Baptístæ, sanctis Apóstolis Petro et Paulo, ómnibus Sanctis, et vobis, fratres: quia peccávi nimis cogitatióne, verbo et ópere: mea culpa, mea culpa, mea máxima culpa. Ideo precor beátam Maríam semper Vírginem, beátum Michaélem Archángelum, beátum Joánnem Baptístam, sanctos Apóstolos Petrum et Paulum, omnes Sanctos, et vos, fratres, oráre pro me ad Dóminum, Deum nostrum.
S. Misereátur nostri omnípotens Deus, et, dimíssis peccátis nostris, perdúcat nos ad vitam ætérnam.
R. Amen.
S. Indulgéntiam, absolutiónem et remissiónem peccatórum nostrórum tríbuat nobis omnípotens et miséricors Dóminus.
R. Amen.

V. Deus, tu convérsus vivificábis nos.
R. Et plebs tua lætábitur in te.
V. Osténde nobis, Dómine, misericórdiam tuam.
R. Et salutáre tuum da nobis.
V. Dómine, exáudi oratiónem meam.
R. Et clamor meus ad te véniat.
V. Dóminus vobíscum.
R. Et cum spíritu tuo.

Introitus

Ps XXXII: 11; 19
Cogitatiónes Cordis ejus in generatióne et generatiónem: ut éruat a morte ánimas eórum et alat eos in fame.

[I disegni del Cuore del Signore durano in eterno: per strappare le anime dalla morte e sostentarle nella carestia.]


Ps XXXII: 1
Exsultáte, justi, in Dómino: rectos decet collaudátio.

[Esultate nel Signore, o giusti, la lode conviene ai retti.]

Cogitatiónes Cordis ejus in generatióne et generatiónem: ut éruat a morte ánimas eórum et alat eos in fame.

[I disegni del Cuore del Signore durano in eterno: per strappare le ànime dalla morte e sostentarle nella carestia.]

Kyrie

S. Kýrie, eléison.
M. Kýrie, eléison.
S. Kýrie, eléison.
M. Christe, eléison.
S. Christe, eléison.
M. Christe, eléison.
S. Kýrie, eléison.
M. Kýrie, eléison.
S. Kýrie, eléison.

Gloria

Glória in excélsis Deo. Et in terra pax homínibus bonæ voluntátis. Laudámus te. Benedícimus te. Adorámus te. Glorificámus te. Grátias ágimus tibi propter magnam glóriam tuam. Dómine Deus, Rex cæléstis, Deus Pater omnípotens. Dómine Fili unigénite, Jesu Christe. Dómine Deus, Agnus Dei, Fílius Patris. Qui tollis peccáta mundi, miserére nobis. Qui tollis peccáta mundi, súscipe deprecatiónem nostram. Qui sedes ad déxteram Patris, miserére nobis. Quóniam tu solus Sanctus. Tu solus Dóminus. Tu solus Altíssimus, Jesu Christe. Cum Sancto Spíritu ✠ in glória Dei Patris. Amen.

Oratio

Orémus.
Deus, qui nobis in Corde Fílii tui, nostris vulneráto peccátis, infinítos dilectiónis thesáuros misericórditer largíri dignáris: concéde, quǽsumus; ut, illi devótum pietátis nostræ præstántes obséquium, dignæ quoque satisfactiónis exhibeámus offícium.  

[O Dio, che nella tua misericordia Ti sei degnato di elargire tesori infiniti di amore nel Cuore del Figlio Tuo, ferito per i nostri peccati: concedi, Te ne preghiamo, che, rendendogli il devoto omaggio della nostra pietà, possiamo compiere in modo degno anche il dovere della riparazione.]

Lectio

Léctio Epístolæ beáti Pauli Apóstoli ad Ephésios. Eph III: 8-19

Fratres: Mihi, ómnium sanctórum mínimo, data est grátia hæc, in géntibus evangelizáre investigábiles divítias Christi, et illumináre omnes, quæ sit dispensátio sacraménti abscónditi a sǽculis in Deo, qui ómnia creávit: ut innotéscat principátibus et potestátibus in cœléstibus per Ecclésiam multifórmis sapiéntia Dei, secúndum præfinitiónem sæculórum, quam fecit in Christo Jesu, Dómino nostro, in quo habémus fidúciam et accéssum in confidéntia per fidem ejus. Hujus rei grátia flecto génua mea ad Patrem Dómini nostri Jesu Christi, ex quo omnis patérnitas in cœlis ei in terra nominátur, ut det vobis, secúndum divítias glóriæ suæ, virtúte corroborári per Spíritum ejus in interiórem hóminem, Christum habitáre per fidem in córdibus vestris: in caritáte radicáti et fundáti, ut póssitis comprehéndere cum ómnibus sanctis, quæ sit latitúdo, et longitúdo, et sublímitas, et profúndum: scire étiam supereminéntem sciéntiæ caritátem Christi, ut impleámini in omnem plenitúdinem Dei.

[Fratelli: A me, minimissimo di tutti i santi è stata data questa grazia di annunciare tra le genti le incomprensibili ricchezze del Cristo, e svelare a tutti quale sia l’economia del mistero nascosto da secoli in Dio, che ha creato tutte cose: onde i principati e le potestà celesti, di fronte allo spettacolo della Chiesa, conoscano oggi la multiforme sapienza di Dio, secondo la determinazione eterna che Egli ne fece nel Cristo Gesù, Signore nostro: nel quale, mediante la fede, abbiamo l’ardire di accedere fiduciosamente a Dio. A questo fine piego le mie ginocchia dinanzi al Padre del Signore nostro Gesù Cristo, da cui tutta la famiglia e in cielo e in terra prende nome, affinché conceda a voi, secondo l’abbondanza della sua gloria, che siate corroborati in virtù secondo l’uomo interiore per mezzo del suo Spirito. Il Cristo abiti nei vostri cuori mediante la fede, affinché, ben radicati e fondati nella carità, possiate con tutti i santi comprendere quale sia la larghezza, la lunghezza e l’altezza e la profondità di quella carità del Cristo che sorpassa ogni concetto, affinché siate ripieni di tutta la grazia di cui Dio è pienezza inesauribile.]

Graduale

Ps XXIV:8-9
Dulcis et rectus Dóminus: propter hoc legem dabit delinquéntibus in via.
V. Díriget mansúetos in judício, docébit mites vias suas.

[Il Signore è buono e retto, per questo addita agli erranti la via.
V. Guida i mansueti nella giustizia e insegna ai miti le sue vie.]
Mt XI: 29

ALLELUJA

Allelúja, allelúja. Tóllite jugum meum super vos, et díscite a me, quia mitis sum et húmilis Corde, et inveniétis réquiem animábus vestris. Allelúja.

[Allelúia, allelúia. Prendete sopra di voi il mio giogo ed imparate da me, che sono mite ed umile di Cuore, e troverete riposo alle vostre anime. Allelúia

Evangelium

Sequéntia +︎ sancti Evangélii secúndum Joánnem.
Joannes XIX: 31-37
In illo témpore: Judǽi – quóniam Parascéve erat, – ut non remanérent in cruce córpora sábbato – erat enim magnus dies ille sábbati, – rogavérunt Pilátum, ut frangeréntur eórum crura, et tolleréntur. Venérunt ergo mílites: et primi quidem fregérunt crura et alteríus, qui crucifíxus est cum eo. Ad Jesum autem cum veníssent, ut vidérunt eum jam mórtuum, non fregérunt ejus crura, sed unus mílitum láncea latus ejus apéruit, et contínuo exívit sanguis et aqua. Et qui vidit, testimónium perhíbuit: et verum est testimónium ejus. Et ille scit quia vera dicit, ut et vos credátis. Facta sunt enim hæc ut Scriptúra implerétur: Os non comminuétis ex eo. Et íterum alia Scriptúra dicit: Vidébunt in quem transfixérunt.

[In quel tempo: I Giudei, siccome era la Parasceve, affinché i corpi non rimanessero sulla croce durante il sabato – era un gran giorno quel sabato – pregarono Pilato che fossero rotte loro le gambe e fossero deposti. Andarono dunque i soldati e ruppero le gambe ad entrambi i crocifissi al fianco di Gesù. Giunti a Gesù, e visto che era morto, non gli ruppero le gambe: ma uno dei soldati gli aprì il fianco con una lancia, e subito ne uscì sangue e acqua. E chi vide lo attesta: testimonianza verace di chi sa di dire il vero: affinché voi pure crediate. Tali cose sono avvenute affinché si adempisse la Scrittura: Non romperete alcuna delle sue ossa. E si avverasse l’altra Scrittura che dice: Volgeranno gli sguardi a colui che hanno trafitto.]

OMELIA

(G. Colombo: Pensieri sui Vangeli e sulle feste del Signore e dei Santi; VI ediz. – Soc. Ed. Vita e pensiero.- Milano 1956.

FATE IL CUORE NOSTRO SIMILE AL VOSTRO

Viveva or sono molti anni, forse settecento, una santa di nome Ludgarda. Di lei non si potrà mai dimenticare una gentile e meravigliosa storia. Per le sue aspre penitenze e il molto amore, Dio le aveva fatto grazia di guarire i malati: a volte bastava che le sue mani bianche d’innocenza toccassero le piaghe perché rimarginassero; ed a volte bastava che l’ombra della sua persona sottile sfiorasse un infermo perché balzasse sanato da un male che né medici né medicine avevano potuto alleviare. Sicché da ogni parte si accorreva a lei, e tanta ressa si faceva alla porta del suo monastero, che non le restò più un’ora né  del giorno né della notte, per pregare in pace. Allora la Santa disse al Signore così: « A che scopo, Signore, questa grazia se m’impedisce di trattenermi intimamente con voi? Toglietemela: in modo però da cambiarmela in meglio ». Le rispose il Signore: « Che cosa vuoi in cambio? ». Ella supplicò: « Vorrei, per mia maggior devozione, diventar tanto intelligente da capire i salmi latini che leggo nel mio salterio ». E fu esaudita. Ora, davanti all’altare, santa Ludgarda leggeva e rileggeva con insaziabile dolcezza il salterio; le si illuminavano d’ogni più riposto senso le parole oscure, i versetti astrusi. Tutto capiva, anche quello che i dottori patentati allo Studio di Parigi o di Colonia non avrebbero mai potuto capire. Ma non durò molto in questa consolazione: s’accorse che il profitto non era così grande come se l’era immaginato, e restava un angolo di vuoto nella sua anima. Per ciò disse ancora al Signore: « A me, che sono ignorante e semplice, cosa giova conoscere i segreti della Scrittura? ». « Che cosa vuoi dunque? ». « Voglio il vostro Cuore, per possedere l’amore che v’è dentro ». « Questo, — rispose Gesù, — non è possibile, se prima non mi dài il tuo Cuore ». Offrendoglielo, tutta tremante, la santa esclamò: « E così sia, Signore! ». Cristiani, ciò che più vale non è essere scienziati e neanche compir miracoli; ma per tutti è necessario amar il Signore ed offrirgli il proprio cuore. Chi non possiede l’amore di Dio, non conosce Dio, il quale è Amore. Chi non conosce quest’amore non è Cristiano vero, perché i Cristiani sono quelli che conobbero e credettero nell’amore. Ma nessuno meglio di S. Paolo può commentarci l’episodio di S. Ludgarda. « Se distribuissi ai poveri tutte le mie sostanze fino all’ultimo quattrino, se anche mi buttassi nel fuoco per salvare qualcuno e bruciassi al suo posto, ma non avessi l’amore di Dio, non guadagnerei nulla; sapessi parlare le lingue degli uomini e quelle degli Angeli, ma non avessi l’amore di Dio, non sarei diverso da una campana squillante o da un tamburo battente. Fossi profeta che legge il futuro, fossi scienziato che scopre i misteri dell’universo, trasportassi perfino le montagne, se non ho l’amore di Dio, sono un bel niente ». Qualcuno potrà pensare: — Come posso amare Dio, se Egli abita una luce inaccessibile, e mai nessuno l’ha potuto vedere? — È vero; ma Egli si è abbassato fino a noi nel suo Figlio fatto uomo. E Gesù dischiuse una strada corta e facile per condurci tutti all’amore. Quando la lancia del soldato, passando tra costa e costa, squarciò il divinissimo Cuore, il cammino fu aperto. Per esso mettiamoci: entriamo, tremando, adorando, nel Cuore di Gesù. Osserviamo i suoi palpiti, i suoi sentimenti, per accodarvi quelli del nostro povero e fangoso cuore. Due sono i palpiti essenziali del sacro Cuore di Gesù: uno di religione verso il Padre, uno d’amore Verso gli uomini. Sono questi due palpiti che devono battere il ritmo anche al nostro polso. – 1. PALPITO DI RELIGIONE VERSO IL PADRE. Le creature, non essendo che un nulla coperto di polvere e di peccato e d’ignoranza, non sono capaci di adorare Iddio come conviene alla sua eccelsa maestà. Ora, Nostro Signore s’è fatto uomo appunto perché ci fosse un cuor di carne come il nostro, ma capace di rendere a Dio un omaggio degno. I falsi omaggi. Non occorre ricordare quante idee sbagliate di Dio la gente s’era fatte. Alcuni se l’erano immaginato come un grande Assente che dopo aver creato il mondo s’era ritirato in alto in alto, abbandonando tutto, disinteressandosi di tutto, dimentico di tutto. Così quaggiù ogni uomo poteva vivere per sé, a suo piacimento, senza un ricordo per l’Assente: bastava non offenderlo. Altri se l’erano immaginato come un Tiranno inesorabile che aveva emanato i suoi difficili comandamenti (i rabbini ne contavano 613) e poi s’era messo in vedetta, pronto con tuoni, con folgori, con diluvi, con incendi, con pestilenze e guerre a sterminare i trasgressori. Così gli uomini davanti a Lui non avevano palpito se non di paura, come quello dello schiavo davanti al suo proprietario, o del cane davanti al bastone. Altri infine avevano penetrato Dio come un Padrone giusto e obbligato a stipendiare con ricompense materiali le loro prestazioni. Così i loro omaggi erano tutti in forma: di meschini contratti: « Ti dò questo, se mi dai quello ». Uno di costoro è il fariseo della parabola, che con ostentazione snocciolava le sue opere di pietà: — Io digiuno tre volte alla settimana, pago puntualmente la decima…; e aspettava che Dio lo ricompensasse al più presto con adeguate controprestazioni. L’omaggio del Cuore di Gesù. Ma venne finalmente un cuore capace di adorare Dio: fu l’unico vero turibolo che dalla terra levasse al Cielo l’incenso dell’adorazione perfetta. — Esso è cuore di vero uomo. Per ciò si pone davanti a Dio come creatura davanti all’Onnipotente del Cielo e della terra, dei visibili e degli invisibili. Chi può descrivere i suoi palpiti di umiliazione, di sommissione, di sacrificio? « Ecco: son venuto spontaneamente a sostituirmi ai sacrifici che ti spiacquero; mi sono offerto e consacrato per immolarmi a gloria tua, in luogo delle vittime, per il peccato ». E si consuma in questa religiosa riconoscenza del Dio onnipotente. Per sé non ha più nome, per sé non ha più desideri né interessi: « solo il regno di Dio venga »; per sé non ha tenuto neppure la propria volontà, ma l’ha inserita energicamente in quella di Dio: « Non la mia volontà si compia, bensì la tua. Mio cibo è fare la volontà di Colui che mi ha mandato ». — Ma il Cuore di Gesù è anche di vero Figlio di Dio. Perciò non solo i suoi palpiti di adorazione acquistano un valore infinito, ma diventano anche tenerissimi d’amore filiale. L’Onnipotente è suo Padre vero. Non è il gelido Assente, ma lo vede in ogni momento, dappertutto lo sente, lo ama. Se discendendo nella valle scorge ai margini un bianco giglio, il cuore gli sobbalza e gli fa dire: « Osservate: non fila né tesse, eppure di che bianco velluto è coperto! È mio Padre che lo veste ». Se uno stormo di passeri attraversa il cielo, con un segreto impeto di gioia li guarda ed esclama: « Osservate: non seminano, non mietono. È mio Padre che li nutre: nessun passero muore senza ch’Egli lo sappia ». Se il cielo della mattina, tutto rosso, preannunzia la pioggia, oppure un’alba freschissima promette una giornata serena, il suo cuore trema di riconoscenza e gli fa dire: « È mio Padre che manda il sole e la pioggia ». Se gli avviene, accarezzando la testa d’un bambino, di solcare con le dita i folti riccioli, subito trasale e pensa che suo Padre « ha contato fino all’ultimo i capelli che ogni uomo porta sul capo ». Come l’ago calamitato è costantemente volto a settentrione, così tutto il suo Sacro Cuore è orientato verso il Padre onnipotente. Padre e non tiranno; Padre e non padrone. Perciò, qualsiasi cosa capiti, Egli non si conturba mai. « Colui che m’ha mandato è con me, e non mi lascia solo, ed io faccio sempre ciò che piace a Lui ». E se capita la sofferenza, dal momento che è il Padre che gliela manda, è buona la sofferenza e beati sono quelli che piangono, beati quelli che sono perseguitati, beati i poveri! E se capita la morte, Egli « ubbidiente fino alla morte, anzi fino alla morte di croce », esclama: « Affinché il mondo conosca che Io amo il Padre, e che faccio come mi comanda, su, andiamo via di qui, andiamo a morire! ». I nostri omaggi. Poiché il Cuore di Gesù è la regola d’ogni cuore umano, se vogliamo piacere a Dio Padre, dobbiamo accordare i nostri palpiti a quelli del Sacratissimo Cuore. Imparando dal suo Cuore umile e mite, troveremo la pace delle anime nostre. Dunque anche i nostri devono essere palpiti di creatura davanti al Creatore onnipotente. Bisogna praticamente persuaderci che non siamo noi i padroni di noi stessi, che non siamo al mondo per i nostri perversi piaceri, ma unicamente per dare gloria a Dio, per conoscerlo e servirlo. Inoltre i nostri palpiti devono essere di figlio davanti a un vero Padre. Per ciò: 1) Dobbiamo ricordarci di Lui con affettuosa preghiera, ogni mattino ed ogni sera. Che pena, quando s’incontrano Cristiani che non pregano mai come se non avessero mai avuto un Padre nei cieli! 2) Dobbiamo sentire riconoscenza d’ogni utile o bella posa ch’Egli ci dona: della vita, della salute, della famiglia; del sole col quale ci illumina, del fuoco col quale ci riscalda; dell’acqua che beviamo, della terra che coltiviamo… 3) Dobbiamo infine credere al suo amore immenso quando Egli ce lo nasconde dentro alle afflizioni. Il bambino piange e soffre se la mamma lo costringe a sorbire la medicina amara, pure la beve con fiducia perché sente che non può essere veleno e che dopo gli verrà un gran bene. Bisogna crederlo, Cristiani: ogni tribolazione che Dio manda è una medicina amara ma efficace. Dio è Padre, e non fa soffrire nessuno per niente. Soltanto quando ci sforzeremo di sentire in noi quello che Gesù sente in sé, potremo mettere nel suo Cuore, fornace ardente, il nostro cuore piccolo come un granello d’incenso perché bruci davanti a Dio in odore di soavità. Allora i nostri omaggi diverranno una sol cosa con gli omaggi dell’Unigenito di Dio, e Dio Padre sarà amato e glorificato come desidera. – 2. PALPITI D’AMORE VERSO GLI UOMINI. Con tre parole si possono ricapitolare tutti i palpiti d’amore che Gesù ha per gli uomini: Incarnazione, Crocifissione, Eucaristia. Incarnazione. Immaginate un empio che il re sia stato costretto a condannare a morte. Mentre è trascinato per la via verso il supplizio, dall’alta finestra del palazzo reale il figlio unico del re guarda. E tanto amor di compassione lo prende al cuore, egli discende nella strada per mettersi al posto del condannato e morire in sua vece. Ma prima però, perché la cosa fosse possibile, nasconde lo splendore delle sue vesti gemmate sotto il rosso mantello d’un qualsiasi manuale. È gran miracolo se a questo mondo si trova uno cui basti il cuore di morire per un innocente, eppure a Lui è bastato il cuore di morir per un empio, e quell’empio eravamo noi, e quel cuore pazientissimo in amare è il Cuore di Gesù, di Colui che nascose la sua sfolgorante divisa nella carne per farsi uomo come noi, e morire in vece di noi. E non solo incarnandosi ci ha liberati dalla dannazione, ma ci ha resi figli del re, cioè di Dio, come che ci introduce nel palazzo del re, cioè il Paradiso, come in casa nostra. Crocifissione. Per la redenzione, non era necessario che Egli morisse: sarebbe bastato un solo sospiro di bocca, una lacrima, una goccia di sangue era quello che bastava alla nostra salvezza, non c’era bisogno della suprema prova dell’amore: la morte. Dopo una notte d’agonia e d’ingiurie, dopo una crudele flagellazione, per tre ore resiste inchiodato sulla croce. S. Brigida ebbe una rivelazione impressionante. Gesù le confidò nell’estasi che non è morto per il dolore, ma per l’amore. In quegli estremi istanti, fu sorpreso da un impeto d’amore per gli uomini, così veemente che il suo cuore si spezzò, ed emise lo spirito. Eucaristia. Perché il suo Cuore di carne rimanesse veramente vicino a noi per sempre, Gesù ha istituito la santa Eucaristia. Così ad ogni momento può rivolgere dall’altare quel dolcissimo invito: « Voi che soffrite e siete faticati, venite da me che vi ristorerò ». Né il timore della nostra indegnità ci tenga distanti dal suo Cuore Eucaristico, dal quale ancora sgorga la consolante parola: « Non son venuto per i giusti ma per i peccatori; sono gli ammalati che hanno bisogno del medico ». Se un padre è angosciato, s’accosti a questo divin Cuore palpitante di compassione dietro i veli dell’ostia, e si udrà ripetere come al capo della sinagoga: « Non temere: soltanto credi nel mio amore ». Se una mamma piange per un suo grande dolore, il Cuor di Gesù non sa resistere e tremante di pietà le s’avvicina, come un giorno alla donna di Naim, e le mormora: « Non piangere così! ». Quando alla Somenica la folla riempie le chiese, e ciascuno gli confida i secreti crucci della settimana, ancora il brivido della compassione assale il suo Cuore. Ancora ha tenerissimi palpiti per i bambini. Io credo che se un bimbo innocente s’avvicina al suo altare, Egli, non visto, ancora se lo stringe in grembo, e, non udito, ancora esclama: « Se non vi farete piccoli così da lasciarvi abbracciare sul mio Cuore, non entrerete nel regno dei cieli ». Quante volte mirando la bianca fede dei nostri fanciulli, il cuore ridondante di gioia gli erompe in un caldo inno di lode « Ti rendo lode, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti ed agli intelligenti e le hai manifestate ai piccoli ». — Pensino bene i genitori quanto amaro dispiacere fanno al Sacro Cuore, qualora trascurassero di avvicinare a Lui i propri figliuoli! Né le sue delicate preferenze per i malati, il Cuore di Gesù le ha smesse nell’Eucaristia. È quel medesimo Cuore che non era capace di mettersi a mangiare, se prima non avesse guarito l’ammalato ch’era entrato nella stanza. Ancora, Egli le più tenere e più squisite parole le rivolge ai sofferenti: « Figlio mio! Figlia mia!» Si pensi alla crudeltà di coloro che ritardano agli infermi il conforto del Cuore divino! Si pensi all’enorme sacrilegio di chi lasciasse morire un Cristiano senza la Comunione! – Quanto infinitamente lontano è il nostro misero cuore da quello di Gesù! Quanto poco amore del nostro prossimo, quanto poco amore di Dio,  lo fa palpitare! E invece quanto troppo amore di noi stessi… Ss. Ignazio ottenne grazia di cambiare il suo cuore d’uomo terreno ed ottenerne uno nuovo, celeste, ardentissimo, in tutto simile a quello di Gesù! È ben questo che al Cuore di Gesù dobbiamo chiedere nella sua festa. Che ci cambi il vecchio cuore egoistico, sensuale, pietroso, e ci dia un cuore nuovo, che ami Iddio Padre come Egli l’ama, che ami il prossimo come Egli l’ama. Per ciò lo supplichiamo come già lo supplicarono, pieni di fede, i nostri antichi padri: « Dischiuditi, piaga purpurea, lasciami dentro passare! Dischiuditi, rosa del Cuore, che esali profumo incantevole! Che il mio cuore s’accordi al tuo Cuore ».

IL CREDO

Offertorium

Orémus
Ps LXVIII: 21

Impropérium exspectávi Cor meum et misériam: et sustínui, qui simul mecum contristarétur, et non fuit: consolántem me quæsívi, et non invéni.

[Obbrobrii e miserie si aspettava il mio Cuore; ed attesi chi si rattristasse con me: e non vi fu; cercai che mi consolasse e non lo trovai.]

Secreta

Réspice, quǽsumus, Dómine, ad ineffábilem Cordis dilécti Fílii tui caritátem: ut quod offérimus sit tibi munus accéptum et nostrórum expiátio delictórum.

[Guarda, Te ne preghiamo, o Signore, all’ineffabile carità del Cuore del Tuo Figlio diletto: affinché l’offerta che Ti facciamo sia gradita a Te e giovi ad espiazione dei nostri peccati].

Præfatio
de sacratissimo Cordis Jesu

V. Dóminus vobíscum.
R. Et cum spíritu tuo.
V. Sursum corda.
R. Habémus ad Dóminum.
V. Grátias agámus Dómino, Deo nostro.
R. Dignum et justum est.

Vere dignum et justum est, æquum et salutáre, nos tibi semper et ubíque grátias ágere: Dómine sancte, Pater omnípotens, ætérne Deus: Qui Unigénitum tuum, in Cruce pendéntem, láncea mílitis transfígi voluísti: ut apértum Cor, divínæ largitátis sacrárium, torréntes nobis fúnderet miseratiónis et grátiæ: et, quod amóre nostri flagráre numquam déstitit, piis esset réquies et poeniténtibus pater et salútis refúgium. Et ídeo cum Angelis et Archángelis, cum Thronis et Dominatiónibus cumque omni milítia coeléstis exércitus hymnum glóriæ tuæ cánimus, sine fine dicéntes:

 [È veramente degno e giusto, conveniente e salutare, che noi, sempre e in ogni luogo, Ti rendiamo grazie, o Signore Santo, Padre Onnipotente, Eterno Iddio: Che hai voluto che il tuo Unigenito, pendente dalla croce, fosse trafitto dalla lancia del soldato, così che quel cuore aperto, sacrario della divina clemenza, effondesse su di noi torrenti di misericordia e di grazia; e che esso, che mai ha cessato di ardere d’amore per noi, fosse pace per le anime pie e aperto rifugio di salvezza per le ànime penitenti. E perciò con gli Angeli e gli Arcangeli, con i Troni e le Dominazioni, e con tutta la milizia dell’esercito celeste, cantiamo l’inno della tua gloria, dicendo senza fine:

Sanctus….

Preparatio Communionis
Orémus: Præcéptis salutáribus móniti, et divína institutióne formáti audémus dícere:

Pater noster

qui es in cælis. Sanctificétur nomen tuum. Advéniat regnum tuum. Fiat volúntas tua, sicut in cælo et in terra. Panem nostrum quotidiánum da nobis hódie. Et dimítte nobis débita nostra, sicut et nos dimíttimus debitóribus nostris. Et ne nos indúcas in tentatiónem:
R. Sed líbera nos a malo.
S. Amen.

Agnus Dei

Agnus Dei, qui tollis peccáta mundi: miserére nobis.
Agnus Dei, qui tollis peccáta mundi: miserére nobis.
Agnus Dei, qui tollis peccáta mundi: dona nobis pacem.

Panem cæléstem accípiam, et nomen Dómini invocábo.
V. Dómine, non sum dignus, ut intres sub tectum meum: sed tantum dic verbo, et sanábitur ánima mea.
V. Dómine, non sum dignus, ut intres sub tectum meum: sed tantum dic verbo, et sanábitur ánima mea.
V. Dómine, non sum dignus, ut intres sub tectum meum: sed tantum dic verbo, et sanábitur ánima mea.

COMUNIONE SPIRITUALE

Communio

Joannes XIX: 34

Unus mílitum láncea latus ejus apéruit, et contínuo exívit sanguis et aqua.

[Uno dei soldati gli aprì il fianco con una lancia, e subito ne uscì sangue e acqua.]

Postcommunio

Orémus.
Prǽbeant nobis, Dómine Jesu, divínum tua sancta fervórem: quo dulcíssimi Cordis tui suavitáte percépta;
discámus terréna despícere, et amáre cœléstia:

[O Signore Gesù, questi santi misteri ci conferiscano il divino fervore, mediante il quale, gustate le soavità del tuo dolcissimo Cuore, impariamo a sprezzare le cose terrene e ad amare le cose celesti]

ACTUS REPARATIONIS ET CONSECRATIONIS

Iesu dulcissime, cuius effusa in homines caritas, tanta oblivione, negligentia, contemptione, ingratissime rependitur, en nos, ante altaria [an: conspectum tuum] tua provoluti, tam nefariam hominum socordiam iniuriasque, quibus undique amantissimum Cor tuum afficitur, peculiari honore resarcire contendimus. Attamen, memores tantæ nos quoque indignitatis non expertes aliquando fuisse, indeque vehementissimo dolore commoti, tuam in primis misericordiam nobis imploramus, paratis, voluntaria expiatione compensare flagitia non modo quæ ipsi patravimus, sed etiam illorum, qui, longe a salutis via aberrantes, vel te pastorem ducemque sectari detrectant, in sua infìdelitate obstinati, vel, baptismatis promissa conculcantes, suavissimum tuæ legis iugum excusserunt. Quæ deploranda crimina, cum universa expiare contendimus, tum nobis singula resarcienda proponimus: vitæ cultusque immodestiam atque turpitudines, tot corruptelæ pedicas innocentium animis instructas, dies festos violatos, exsecranda in te tuosque Sanctos iactata maledicta àtque in tuum Vicarium ordinemque sacerdotalem convicia irrogata, ipsum denique amoris divini Sacramentum vel neglectum vel horrendis sacrilegiis profanatum, publica postremo nationum delicta, quæ Ecclesiæ a te institutæ iuribus magisterioque reluctantur. Quæ utinam crimina sanguine ipsi nostro eluere possemus! Interea ad violatum divinum honorem resarciendum, quam Tu olim Patri in Cruce satisfactionem obtulisti quamque cotidie in altaribus renovare pergis, hanc eamdem nos tibi præstamus, cum Virginis Matris, omnium Sanctorum, piorum quoque fìdelium expiationibus coniunctam, ex animo spondentes, cum præterita nostra aliorumque peccata ac tanti amoris incuriam firma fide, candidis vitæ moribus, perfecta legis evangelicæ, caritatis potissimum, observantia, quantum in nobis erit, gratia tua favente, nos esse compensaturos, tum iniurias tibi inferendas prò viribus prohibituros, et quam plurimos potuerimus ad tui sequelam convocaturos. Excipias, quæsumus, benignissime Iesu, beata Virgine Maria Reparatrice intercedente, voluntarium huius expiationis obsequium nosque in officio tuique servitio fidissimos ad mortem usque velis, magno ilio perseverantiæ munere, continere, ut ad illam tandem patriam perveniamus omnes, ubi Tu cum Patre et Spiritu Sancto vivis et regnas in sæcula sæculorum.

Amen.

[ATTO DI RIPARAZIONE AL SACRATISSIMO CUORE DI GESÙ

Gesù dolcissimo, il cui immenso amore per gli uomini viene con tanta ingratitudine ripagato di oblìo, di trascuratezza, di disprezzo, ecco che noi prostrati dinanzi ai tuoi altari intendiamo riparare con particolari attestazioni di onore una così indegna freddezza e le ingiurie con le quali da ogni parte viene ferito dagli uomini l’amantissimo tuo Cuore.

Ricordando però che noi pure altre volte ci macchiammo di tanta indegnità e provandone vivissimo dolore, imploriamo anzitutto per noi la tua misericordia, pronti a riparare con volontaria espiazione, non solo i peccati commessi da noi, ma anche quelli di coloro che errando lontano dalla via della salute, o ricusano di seguire Te come pastore e guida ostinandosi nella loro infedeltà, o calpestando le promesse del Battesimo hanno scosso il soavissimo giogo della tua legge.

E mentre intendiamo espiare tutto il cumulo di sì deplorevoli delitti, ci proponiamo di ripararli ciascuno in particolare: l’immodestia e le brutture della vita e dell’abbigliamento, le tante insidie tese dalla corruttela alle anime innocenti, la profanazione dei giorni festivi, le ingiurie esecrande scagliate contro Te e i tuoi Santi, gli insulti lanciati contro il tuo Vicario e l’ordine sacerdotale, le negligenze e gli orribili sacrilegi ond’è profanato lo stesso Sacramento dell’amore divino, e infine le colpe pubbliche delle nazioni che osteggiano i diritti e il Magistero della Chiesa da Te fondata.

Oh! potessimo noi lavare col nostro sangue questi affronti! Intanto, come riparazione dell’onore divino conculcato, noi Ti presentiamo — accompagnandola con le espiazioni della Vergine Tua Madre, di tutti i Santi e delle anime pie — quella soddisfazione che Tu stesso un giorno offristi sulla croce al Padre e che ogni giorno rinnovi sugli altari: promettendo con tutto il cuore di voler riparare, per quanto sarà in noi e con l’aiuto della tua grazia, i peccati commessi da noi e dagli altri e l’indifferenza verso sì grande amore con la fermezza della fede, l’innocenza della vita, l’osservanza perfetta della legge evangelica specialmente della carità, e d’impedire inoltre con tutte le nostre forze le ingiurie contro di Te, e di attrarre quanti più potremo al tuo sèguito. Accogli, Te ne preghiamo, o benignissimo Gesù, per intercessione della Beata Vergine Maria Riparatrice, questo volontario ossequio di riparazione, e conservaci fedelissimi nella tua ubbidienza e nel tuo servizio fino alla morte col gran dono della perseveranza, mercé il quale possiamo tutti un giorno pervenire a quella patria, dove Tu col Padre e con lo Spirito Santo vivi e regni, Dio, per tutti i secoli dei secoli. Così sia.] .

Indulgentia quinque annorum.

Indulgentia plenaria, additis sacramentali confessione, sacra Communione et alicuius ecclesiæ aut publici oratorii visitatione, si quotidie per integrum mensem reparationis actus devote recitatus fuerit.

Fidelibus vero, qui die festo sacratissimi Cordis Iesu in qualibet ecclesia aut oratorio etiam (prò legitime utentibus) semipublico, adstiterint eidem reparationis actui cum Litaniis sacratissimi Cordis, coram Ssmo Sacramento sollemniter exposito, conceditur:

Indulgentia septem annorum;

Indulgentia plenaria, dummodo peccata sua sacramentali pænitentia expiaverint et eucharisticam Mensam participaverint (S. Pæn. Ap., 1 iun. 1928 et 18 mart. 1932).

[Indulg. 5 anni; 7 anni nel giorno della festa – Plenaria se recitata per un mese con Confessione, Comunione, Preghiera per le intenzioni del Sommo Pontefice, visita di una chiesa od oratorio pubblico. – Nel giorno della festa del Sacratissimo Cuore di Gesù, 7 anni, e se confessati e comunicati, recitata con le litanie de Sacratissimo Cuore, davanti al SS. Sacramento solennemente esposto: Indulgenza plenaria].

LITANIA SACRATISSIMI CORDIS IESU

Tit. XI, cap. II

Indulg. septem annorum; plenaria suetis condicionibus, dummodo cotidie per integrum mensem litania, cum versiculo et oratione pia mente repetita fuerint.

Pius Pp. XI, 10 martii 1933

KYRIE, eléison.

Christe, eléison.

Kyrie, eléison.

Christe, audi nos.

Christe, exàudi nos.

Pater de cælis, Deus, miserére nobis.

Fili, Redémptor mundi, Deus, miserére.

Spiritus Sancte, Deus, miserére.

Sancta Trinitas, unus Deus, miserére nobis.

Cor Iesu, Filii Patris ætèrni, miserére.

Cor Iesu, in sinu Virginis Matris a Spiritu Sancto formàtum, miserére.

Cor Iesu, Verbo Dei substantiàliter unitum, miserére.

Cor Iesu, maiestàtis infinitæ, miserére nobis.

Cor Iesu, templum Dei sanctum, miserére.

Cor Iesu, tabernàculum Altissimi, miserére.

Cor Iesu, domus Dei et porta cæli, miserére.

Cor Iesu, fornax ardens caritàtis, miserére.

Cor Iesu, iustitiæ et amóris receptàculum, miserére.

Cor Iesu, bonitàte et amóre plenum, miserére.

Cor Iesu, virtùtum omnium abyssus, miserére.

Cor Iesu, omni laude dignissimum, miserére.

Cor Iesu, rex et centrum omnium córdium, miserére.

Cor Iesu, in quo sunt omnes thesàuri sapiéntiæ et sciéntias, miserére.

Cor Iesu, in quo habitat omnis plenitùdo divinitàtis, omiserére.

Cor Iesu, in quo Pater sibi bene complàcuit,miserére.

Cor Iesu, de cuius plenitudine omnes nos accépimus, miserére.

Cor Iesu, desidérium cóllium æternórum, miserére.

Cor Iesu, pàtiens et multæ misericórdiaæ, miserére.

Cor Iesu, dives in omnes qui invocant te, miserére.

Cor Iesu, fons vitae et sanctitàtis, miserére nobis.

Cor Iesu, propitiàtio prò peccàtis nostris, miserére.

Cor Iesu, saturàtum oppróbriis, miserére.

Cor Iesu, attritum propter scelera nostra, miserére.

Cor Iesu, usque ad mortem obédiens factum, miserére.

Cor Iesu, làncea perforàtum, miserére.

Cor Iesu, fons totius consolatiónis, miserére.

Cor Iesu, vita et resurréctio nostra, miserére.

Cor Iesu, pax et reconciliàtio nostra, miserére.

Cor Iesu, victima peccatórum, miserére.

Cor Iesu, salus in te speràntium, miserére.

Cor Iesu, spes in te moriéntium, miserére.

Cor Iesu, deliciæ Sanctórum omnium, miserére.

Agnus Dei, qui tollis peccata mundi,parce nobis, Dòmine.

Agnus Dei, qui tollis peccata mundi, exàudi nos, Dòmine,

Agnus Dei, qui tollis peccata mundi, miserére nobis.

V. Iesu, mitis et hùmilis Corde.

R. Fac cor nostrum secùndum Cor tuum.

Orèmus.

Ominipotens sempitèrne Deus, réspice in Cor dilectissimi Filii tui, et in laudes et satisfactiónes, quas in nòmine peccatórum tibi persólvit, iisque misericórdiam tuam peténtibus tu véniam concede placàtus, in nòmine eiùsdem Filii tui Iesu Christi:

Qui tecum vivit et regnat in sæcula sæculórum.

R. Amen.

[Litanie del S. Cuore di Gesù

(Signore, abbi pietà di noi

Cristo, abbi pietà di noi.

Signore, abbi pietà di no:

Cristo, ascoltaci

Cristo, esaudiscici.

Dio, Padre celeste, abbi pietà di noi (ogni volta)

Dio, Figlio Redentore del mondo, abbi …

Dio, Spirito Santo, ….

Santa Trinità, unico Dio …

Cuore di Gesù, Figlio dell’Eterno Padre, abbi pietà di noi (ogni volta)

Cuore di Gesù, formato dallo Spirito Santo nel seno della Vergine Madre …

Cuore di Gesù, sostanzialmente unito al Verbo di Dio …

Cuore di Gesù, di maestà infinita …

Cuore di Gesù, tempio santo di Dio …

Cuore di Gesù, tabernacolo dell’Altissimo, …

Cuore di Gesù, casa di Dio e porta del Cielo, …

Cuore di Gesù, fornace ardente di carità, …

Cuore di Gesù, ricettacolo di giustizia e di amore, …

Cuore di Gesù, pieno di bontà e di amore, …

Cuore di Gesù, abisso di ogni virtù, …

Cuore di Gesù, degnissimo di ogni lode, …

Cuore di Gesù, Re e centro di tutti i cuori, …

Cuore di Gesù, in cui sono tutti i tesori di sapienza e di scienza, …

Cuore di Gesù, in cui abita la pienezza della divinità, …

Cuore di Gesù, in cui il Padre ha posto le sue compiacenze, …

Cuore di Gesù, dalla cui abbondanza noi tutti ricevemmo, …

Cuore di Gesù, desiderio dei colli eterni, …

Cuore di Gesù, paziente e misericordiosissimo, …

Cuore di Gesù, ricco con tutti coloro che ti invocano, …

Cuore di Gesù, fonte di vita e di santità, …

Cuore di Gesù, propiziazione pei peccati nostri. …

Cuore di Gesù, satollato di obbrobrii, …

Cuore di Gesù, spezzato per le nostre scelleratezze, …

Cuore di Gesù, fatto obbediente sino alla morte, …

Cuore di Gesù, trapassato dalla lancia, …

Cuore di Gesù, fonte d’ogni consolazione,

Cuore di Gesù, vita e risurrezione nostra, …

Cuore di Gesù, pace e riconciliazione nostra. …

Cuore di Gesù, vittima dei peccati, …

Cuore di Gesù, salute di chi in Te spera, …

Cuore di Gesù, speranza di chi in Te muore, …

Cuore di Gesù, delizia di tutti i Santi, …

Agnello di Dio che togli peccati del mondo, perdonaci o Signore.

Agnello di Dio che togli peccati del mondo, esaudiscici, o Signore

Agnello di Dio che togli i peccati del mondo, abbi pietà di noi.

V. Gesù, mansueto e umile di cuore,

R. Rendi il nostro cuore simile al tuo.

Preghiamo

O Dio onnipotente ed eterno, guarda al Cuore del tuo dilettissimo Figlio, alle lodi ed alle soddisfazioni che Esso ti ha innalzato, e perdona clemente a tutti coloro che ti chiedono misericordia nel nome dello stesso tuo Figlio Gesù Cristo, che vive e regna con te, Dio, in unità con lo Spirito Santo per tutti i secoli dei secoli.

R. Così sia.]

PREGHIERE LEONINE (dopo la Messa).

RINGRAZIAMENTO DOPO LA COMUNIONE (1)

ORDINARIO DELLA MESSA.

NOVENA A SAN GIOVANNI BATTISTA (Inizio 15 Giugno)

NOVENA A SAN GIOVANNI BATTISTA

NOVENA A S. GIOVANNI BATTISTA (inizia il 15 giugno, festa 24 giugno)

nato 6 mesi prima di G. C. mart. nel 30 da Erode Agrippa .

I. O glorioso S. Giovanni, che col vivere sempre  la vita più illibata, corrispondeste così bene al vostro nome che significa Grazia, ottenete a noi pure di vivere sì santamente da corrispondere con esattezza al nome glorioso che portiamo di Cristiani. Gloria.

II. Glorioso S. Giovanni, che ancor bambino vi ritiraste nel deserto a condurre la vita la più austera e la più santa, otteneteci, vi preghiamo, la grazia  di viver sempre, se non col corpo, almeno col cuore, staccati da questo mondo, e in continuo esercizio di mortificazione e di penitenza. Gloria.

III. O glorioso S. Giovanni, che al primo udire la voce del Cielo abbandonaste la solitudine, e vi recaste sulla sponda del Giordano a battezzare e a  predicare, otteneteci, vi preghiamo, la grazia di esser sempre docili alla voce di Dio, e pronti a far a tutto quello che a Lui piacerà di comandarci. Gloria.

IV. O glorioso S. Giovanni, che foste il primo  a riconoscere e proclamar Gesù Cristo pel vero Agnello di Dio che toglie i peccati del mondo,  otteneteci, vi preghiamo, che il principal nostro studio sia quello di glorificar Gesù Cristo nostro Redentore, e di seguire fedelmente tutto ciò che Egli si è degnato d’insegnarci. Gloria.

V. O glorioso S. Giovanni, che vi umiliaste cotanto dinanzi al Verbo Incarnato, da protestarvi indegno di sciogliere i lacci delle sue scarpe, otteneteci, vi  preghiamo, la grazia di conoscere sempre il nostro niente, affinché, lungi dal desiderare l’esaltamento in faccia agli uomini, ci gloriamo piuttosto di essere innanzi a loro umiliati e sprezzati. Gloria.

VI. O glorioso S. Giovanni, che con instancabile zelo insegnaste la via della salute a tutti quelli che ricorrevano a voi, otteneteci, vi preghiamo, la grazia di erudire continuamente i nostri prossimi nella dottrina della verità, precedendoli coll’esempio nella pratica costante delle cristiane virtù. Gloria.

VII. O glorioso S. Giovanni, che con un coraggio non più veduto rimproveraste dei loro delitti, non solo gli scribi o farisei, ma ancora gli stessi monarchi i più temuti del mondo, otteneteci, vi preghiamo, di non ommettere mai per umani riguardi l’adempimento dei nostri doveri, e di non temere nel mondo altro male fuorché il peccato, che ci  disgiunge da Dio, unico vero Bene. Gloria.

VIII. O glorioso S. Giovanni che, rinchiuso nella prigione, non lasciaste di predicar Gesù Cristo e di convertir anime a lui, impetrateci, vi preghiamo, di non desistere mai dall’esatto adempimento delle nostre obbligazioni, per qualunque avversità o persecuzione ci possa avvenire sopra la terra. Gloria.

IX. O glorioso S. Giovanni, che aveste la gloria  d’essere il primo martire della nuova Alleanza sottoponendo colla maggior allegrezza il vostro capo  al taglio micidiale, otteneteci, vi preghiamo, d’essere sempre come voi disposti a sacrificare anche la vita per la difesa della verità e per la gloria di Gesù  Cristo, affinché, sprezzando questa vita fragile ed  infelice, ci assicuriamo dopo la morte la vita eterna e beata in compagnia di voi, o Precursore beatissimo del Messia, non che di tutti gli Angeli e di tutti i Santi nella gloria del Paradiso. Gloria.

GNOSI TEOLOGIA DI sATANA (69): DEMOCRAZIA CRISTIANA = DEMONIOCRAZIA ANTICRISTIANA ? (1)

GNOSI, TEOLOGIA DI sATANA (69)

LA DEMOCRAZIA CRISTIANA = DEMONIOCRAZIA ACRISTIANA (1)

J. DELASSUS

L’ENCICLICA PASCENDI DOMINICI GREGIS e la DEMOCRAZIA

Alla Vergine Immacolata

GAUDE, MARIA VIRGO, CUNCTAS HÆRESES SOLA INTEREMISTI IN UNIVERSO MUNDO.

NIHIL OBSTAT:
Insulis, die 26 decembris 1907.
H.QUILLIET, S. Th. Dr. Librorum Censor.
IMPRIMATUR:
Cameraci, die 27 decembris 1907.
t FRANCISCUS,
Arch.-Coadj. Cameracen

Société St. Augustin. “Desclée, De Brouwer et Cie

LILLE, 41, rue du Metz, 41, LILLE

Il Cardinale Oreglia di S. Stefano si compiace nel ringraziare mons. Delassus per il suo ultimo scritto della lettera del 19 c. m. (…) Profitto di questa occasione per esprimergli direttamente la mia riconoscenza per le opere che ho il piacere di aver ricevuto direttamente da lui in precedenza. La prego di gradire le felicitazioni più vive e sincere, per il coraggio, la forza e la scienza con le quali egli combatte gli errori moderni ed i loro sostenitori. …

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Avendomi diversi confratelli espresso il desiderio di vedere riuniti in un’unica pubblicazione gli articoli pubblicati  nella rivista “La Settimana religiosa” sotto il titolo “l’Enciclica Pascendi Dominici gregis e la Democrazia cristiana”, ho creduto essere mio dovere esaudire le loro richieste.

L’ENCICLICA PASCENDI DOMINICI GREGIS E LA DEMOCRAZIA

Fin dall’inizio del nostro Pontificato, abbiamo ritenuto nostro dovere avvertire pubblicamente i Cattolici dei profondi errori nascosti nelle dottrine del socialismo.

L’espressione Democrazia Cristiana colpisce molte persone oneste che vi trovano un significato equivoco e pericoloso.

Ciò che Dio ama è il buono spirito di coloro che, sacrificando le proprie idee personali, ascoltino gli ordini del Capo della Chiesa come ordini di Dio stesso.

LEONE XIII, Enciclica Graves et communi.

Il nostro cuore si stringe nel vedere tanti giovani, che erano la speranza della Chiesa e ai quali si promettevano così buoni servizi, completamente fuorviati.

Pio X, Enciclica Pascendi dominici gregis.

Un fatto indiscutibile domina la situazione attuale: la concentrazione anticattolica ed anticristiana che viene tentata in tutti i Paesi “civilizzati”. Noi abbiamo segnalato questo fatto, ne abbiamo dato le prove della sua esistenza del suo ubiquitarismo e della sua potenza dapprima bel libro  “L’Americanismo e la congiura anticristiana”; poi in modo più completo in quest’altro libro “Il problema dell’ora presente”. L’anima di questa cospirazione è la Massoneria e, al di sopra della Massoneria e chi la governa, il potere talmudico che da diciannove secoli lavora per preparare la strada al messia temporale che essa attende: l’Anticristo. Questo potere ha attaccato prima il potere civile; è riuscito a porre la sovranità nel popolo, cioè ad annientare l’autorità. Ora sta attaccando la famiglia, che sta dissolvendo rendendo ogni giorno più facile il divorzio. Già la proprietà è sotto attacco, non solo quella religiosa, ma anche quella civile. Essendo così spezzati tutti i legami che tenevano in ordine gli uomini, la rivoluzione riuscirà a fare della razza umana una polvere di individui docili a tutti i soffi con cui le piacerà agitarla. Di fronte a ciò, la sola Chiesa cattolica rimane in piedi, ancora viva, immortale. Da un secolo la Chiesa non ha mai smesso di esortare i suoi figli, i Cattolici di ogni paese, di ogni razza, di ogni lingua, a unirsi più strettamente, con un cuore più generoso, intorno a Cristo Salvatore. – Finora la Sua voce non è stata ascoltata come si dovrebbe. Ma l’assalto sta diventando così generale e così urgente che deve essere ascoltato se non si vuole che la società crolli. Questa concentrazione deve avvenire da un capo all’altro del mondo, poiché l’empia cospirazione ha come tema l’universo [l’attuale mondialismo – ndr. -]. Ma, per essere universale, deve prima essere organizzata in ogni nazione. Spetta alla Francia dare l’esempio, dare il via al movimento, perché è in Francia che il movimento massonico ha compiuto il suo sforzo più potente. Nulla è più urgente, fra tutte le questioni politiche, sociali, morali, religiose, che agitano il nostro Paese oggi, che quella dell’organizzazione del partito di Dio come la più urgente; da essa dipende la soluzione di tutte le altre. – Anche il Santissimo Padre, il Papa, ci esorta in ogni occasione.: “È con tutta l’anima che dovete difendere la vostra fede. Ma non fatevi ingannare: il lavoro e lo sforzo sarebbero inutili se cercaste di respingere gli assalti che vi verranno portati, senza essere fortemente uniti. Abdicate, quindi, a tutti i semi della discordia, della disarmonia, se ce n’è qualcuno tra voi. E fate ciò che sia necessario affinché, nel pensiero come nell’azione, la vostra unione sia salda come dovrebbe essere tra uomini che lottano per la stessa causa, soprattutto quando questa causa è una causa per il cui trionfo ognuno deve sacrificare volentieri qualcosa delle proprie opinioni.” – Molto prima che queste parole fossero pronunciate, esse erano il cuore di tutti i veri francesi, di tutti i veri Cattolici. Tutti sentivano la necessità di unirsi, tutti vedevano che solo da questa unione potesse venire la salvezza. L’unica cosa che si poteva fare era cercare di di mettere insieme tutte le buone volontà come si è fatto per vent’anni! Niente è riuscito. Saremo più felici ora? Il pericolo, il pericolo supremo, si è manifestato; tutti possono vedere che la cospirazione anticristiana minaccia di travolgere tutti, e non tra un secolo, ma domani. Tutti quindi, proprio in virtù di questa veduta, devono essere pronti ad impegnare le mani, come meglio possibile, per una concentrazione cattolica. Questa concentrazione, per essere efficace, per presentare oggi al nemico un bastione inespugnabile, e domani per permetterci di riprendergli tutto il terreno che ha conquistato, richiede due condizioni, una interna, l’altra esterna: la conformità del pensiero e dell’organizzazione. Per il momento parleremo solo della prima. – Il principio della nostra debolezza di fronte al nemico, la causa di tutti i nostri fallimenti, non è tanto la potenza e la malizia dell’avversario, quanto le nostre divisioni interne. Esse sono tali che, se un colpo di Stato dovesse rovesciare il governo massonico, i Cattolici di Francia sarebbero divisi anche il giorno dopo così come lo sono oggi. È che il principio di queste divisioni non è, checché se ne dica, nella divergenza delle opinioni politiche. Ne è prova il fatto che nella maggior parte  dei francesi, i nostri dissensi tra i Cattolici sono di natura religiosa e per motivazioni religiose, molto più che circa l’ordine politico propriamente detto! Ecco cinque o sei Cattolici riuniti in un salotto. Appartengono tutti allo stesso partito, quello realista, per esempio. Stanno discutendo questioni religiose e sociali tra di loro all’ordine del giorno. Se si scambiano le loro maniere di vedere, non tarderanno a dividersi su quasi tutte le questioni. Questi uomini, che appartengono ad un unico partito politico, non hanno una medesima concezione  della Chiesa Cattolica e dei suoi diritti, della libertà e dell’autorità dei rapporti tra capitale e lavoro, ecc. Pertanto, non considerano allo stesso modo la visione religiosa e sociale. Alcuni di loro saranno considerati come persone regressive, le cui esagerazioni compromettono lo sviluppo della Chiesa e del Paese al momento attuale. E chi giudica così il suo vicino si allontana da quel vicino come un uomo che abbandona inconsapevolmente la difesa delle verità necessarie e la cui intera azione è quindi disastrosa ed insufficiente, per non dire altro. Ne consegue una profonda disunione dei cuori, una sfiducia reciproca ed infine il rifiuto di marciare insieme nella battaglia contro il nemico comune. Infatti, colui che è nemico per l’uno, non lo è per l’altro. Ciò che è sbagliato per alcuni è una verità per gli altri. Il modo di combattere che è considerato necessario da un gruppo di Cattolici è considerato assolutamente inappropriato da un altro gruppo. In queste condizioni, nulla è più certo di ciò che Pio X ci ha avvertito nell’Enciclica Vehementer Nos: tutti i nostri sforzi contro il nemico comune resteranno inefficaci finché non avremo stabilito la conformità di pensiero tra di noi. – Già nei tempi lontani dell’Impero, Louis Veuillot diceva: “Ciò che può risanarci è una dottrina. La Francia è un malato che deve essere riportato alla sua aria nativa. L’aria nativa di Francia è il Cattolicesimo. L’abilità felice o infelice dei politici può darle dei governi; il Cattolicesimo solo le darà un temperamento. Non però un Cattolicesimo contraffatto, come quello dei catechisti liberali, dei democratici e dei modernisti, ma il Cattolicesimo come si è irradiato per diciannove secoli dalla Cattedra di S. Pietro, così come è stato mantenuto tra di noi dalle Encicliche Mirari vos di Gregorio XVI, Quanta cura di Pio IX, de quella sull’Americanismo e quella sulla Democrazia cristiana di Leone XIII, e infine l’Enciclica Pascendi di Pio X. M. Le Play, M. de Saint-Bonnet e altri hanno parlato allo stesso modo ma non sono stati ascoltati. Pio X sarà più felice? Avremo finalmente la saggezza tutti di marciare sotto lo stendardo del modernismo sventolato nell’Enciclica Pascendi? Questa è la questione del giorno e da cui dipende la salvezza della società contemporanea. – In un articolo intitolato: L’esercizio dell’autorità, uno dei principali organi della Democrazia cristiana, il Bulletin de la Semaine, ha rilevato esso stesso la divergenza di opinioni che abbiamo appena sottolineato esistente tra i Cattolici tra di loro.  Su tutti i terreni, filosofico, dottrinale, politico e sociale – ha detto – si manifestano due tendenze. Una di queste tendenze ha ricevuto il nome di modernismo, ora condannato dall’Enciclica Pascendi dominici gregis; l’altra è chiamata conservatrice o reazionaria dai modernisti, ma nessun nome particolare gli si addice, dal momento che si limita alla dottrina cattolica su tutti i punti in cui essa è attaccata dal modernismo. Da questa divergenza di opinioni, il “Bulletin de  la Semaine” traeva la conclusione che un partito cattolico non era fattibile in Francia.  Ma lasciamo la parola partito, discussa e discutibile, e rimpiazziamola  con « unione degli spiriti nella verità ». È davvero impossibile tornarvi? Noi non crediamo. Non si tratta più, oggi, di abbandonare la propria maniera di vedere per prendere quella di persone che si consideravano avversari, ma di accogliere la parola del Papa come se fosse l’oracolo di Dio. – Si è appena essa fatta sentire con una forza ed una chiarezza che non sono da sottovalutare. Lasciamo che  lo spirito di fede si faccia luce nei nostri cuori; il cuore  persuaso aprirà le porte dell’intelligenza, e l’intelligenza convinta sarà in grado di dare alla volontà l’energia necessaria per per rompere le catene che ci siamo lasciati imporre. È tempo, è più che tempo, di lasciare la politica della conciliazione nell’ordine delle idee, così come quella del male minore nell’ordine dell’azione. Entrambe ci hanno portato, e devono necessariamente portarci, all’errore, ad un male sempre più grande. Sappiamo infine collocarci sul terreno dei principi e di mostrarci di essere intransigenti. In una lettera ai Cattolici tedeschi nel 1876, quando si stavano preparando a tenere il loro grande Congresso di Monaco, per far fronte al Kulturkampf, Pio IX indicò loro la condizione indispensabile per il successo: “Che tutti coloro – disse, -che si fregiano del titolo di Cattolici, ci diano apertamente il sostegno delle loro convinzioni e si dimostrino fortemente attaccati ai principii, alla dottrina e ai sentimenti di questa sede di San Pietro. Questa esortazione ci è stata rivolta da Pio X più di dieci volte. Nella sua ultima Enciclica, egli ci ha segnalato i punti da cui partono le divisioni. Di conseguenza, tutti noi dobbiamo darci un incontro là. – Tra questi punti, ce n’è solo uno di cui vogliamo occuparci qui. L’agnosticismo, l’immanenza, il simbolismo, il criticismo, l’evoluzione dogmatica, tutti questi punti non hanno, a loro modo, nella loro forma, che solo un piccolo numero di menti. A questi non abbiamo nulla da dire; l’Enciclica li affronta in modo sufficientemente chiara da sola. Ma c’è una questione che può essere considerata come secondaria, relativamente a quelle. È questa tuttavia questa che spinge nel modernismo un gran numero di persone, spesso senza che se ne rendano conto. Stiamo parlando della democrazia ed anche della democrazia che si definisce cristiana. – Nessuno può negare che l’idea democratica, nelle sue varie ramificazioni sia stata una delle grandi cause della divisione delle menti e degli spiriti e dei problemi di cui soffriamo. Gli storici della democrazia cristiana – non stiamo parlando degli uomini in azione – sostengono che l’Enciclica non li riguardi in alcun modo; avevano detto la stessa cosa pure dopo le Encicliche di Leone XIII sull’Americanismo e la democrazia cristiana. – Dopo la pubblicazione dell’Enciclica di Pio X, M. l’abate Dabry si è affrettato a dire: « È stato un abuso di linguaggio chiamare le persone “democratiche cristiane”, dei modernisti e quindi di gettare un malsano sospetto sulla loro ortodossia. Speriamo che l’Enciclica ci liberi da questo equivoco. Non abbiamo nulla da cambiare nel nostro modo di fare le cose, non abbiamo nulla da ritrattare, non abbiamo altre strade da percorrere. Quando ci siamo proclamati democratici “risolutamente”, sapevamo cosa stavamo dicendo e non credevamo di diminuire il potere delle nostre credenze religiose. Abbiamo avuto mille occasioni per dimostrare che il nostro punto di vista fosse il punto di vista tradizionale e che la condotta della Chiesa Cattolica, nel corso della storia, abbia indicato la nostra strada. Non vogliamo più essere etichettati con l’epiteto di modernisti, non lo siamo mai stati e neppure sappiamo esattamente da ieri ciò a cui corrisponda. » È necessario aver seguito M. l’Abate Dabry dopo quindici anni per anni per dare il giusto peso e per valutare l’audacia di queste affermazioni. M. l’Abate Naudet ha detto a sua volta: « Poiché ora sappiamo cosa sia il modernismo, siamo fieri di constatare e felici di dichiarare che ciò in cui crediamo, professiamo e insegniamo, non abbia alcun legame con quelle dottrine ». Già nel 1899, la rivista che porta il nome preciso di “Democrazia Cristiana”, diceva: « Si vuole mescolare la nostra rivista a tutti i problemi del nostro tempo, al fine di comprometterla un giorno o l’altro. Da diversi anni, menti nobili e a volte avventurose cercano di rinnovare la filosofia ed i metodi filosofici, teologici ed apologetici per meglio adattarli, secondo loro, alle esigenze delle scoperte e delle teorie moderne. Fanno parte troppo grande delle novità sospette e troppo piccola alle tradizioni immutabili? In buona fede, come ci si può aspettare che i democratici cristiani lo dicano? E non è forse ridicolo vederci responsabili delle audacie degli esegeti, delle audacie degli apologeti e dei teologi. Anche in questo caso, protestiamo contro queste procedure di tendenze che si cerca di drammatizzare. » Queste proteste non dovrebbero impedire alla direzione della Democrazia Cristiana di fare, a favore dei modernisti, quello che Sua Santità Pio X ha descritto come segue: « Appare un’opera che traspira novità da tutti i pori, e la accolgono con applausi e grida di ammirazione. » Quando la Quinzaine ha spinto l’audacia oltre ogni limite, si sono levate le più giustificate proteste contro di essa, la direzione della Democrazia Cristiana scriveva in questa rivista: « La Quinzaine rimane dunque uno dei nostri grandi giornali cattolici, degno della stima di tutti. I suoi articoli sono di vero valore; pensa e fa pensare, anche se a volte deve rettificare l’una o l’altra delle sue posizioni, rettifica più di un pregiudizio intorno a noi e presso di noi; essa lavora e fa lavorare lealmente per l’unione di scienza e fede. Noi siamo tra coloro che ritengono che i cattolici abbiano un debito di gratitudine nei confronti del suo direttore, Fonsegrive, e siamo felici di approfittare di questa opportunità di dirlo, a nome dei redattori della rivista “Democrazia Cristiana” ». – Quando “La Quinzaine” dovette scomparire,, la direzione di “Democrazia Cristiana” si è scusata con i suoi lettori per averli indirizzati così male nella falsa direzione? Tutt’altro, ne ha accentuato la sua ammirazione. « La scomparsa di questo grande organo – diceva – ci fornisce una nuova, ma dolorosa occasione per comunicare a M. Fonsegrive la nostra ammirazione per il lavoro prodigioso che ha realizzato a “La Quinzaine” per undici anni. Egli ha diritto, nel complesso, al riconoscimento dei Cattolici che egli ha così spesso illuminato, difeso e incoraggiato. » L’Abate Garnier non si è espresso diversamente nel suo giornale Il “Popolo Francese”: « La pubblicazione che è scomparsa, ha conquistato la stima e la simpatia di tutte le menti liberali per la sua alta levatura intellettuale e per l’indipendente dignità della sua attitudine… » Attitudine verso chi e che cosa? E l’Abate Naudet, in “Giustizia sociale”: « Noi rimaniamo e speriamo di durare ancora a lungo per far sentire le nostre parole libere e necessarie, per dimostrare a tutti, con la nostra stessa esistenza, che i Cattolici non sono schiavi, come alcuni immaginano e come certe apparenze, a detta di alcuni, vorrebbero far credere. » Medesimo padronato era stato concesso a “Demain” che doveva anch’esso scomparire: « “Demain” – diceva la “Democrazia Cristiana” – è una nuova rivista nettamente progressista in tutti i sensi e su tutte le basi, informa alla perfezione sul movimento delle idee e dell’azione che comporta in tutto il mondo e, a questo proposito, è MOLTO PREZIOSA. Nessuno ignora che le dottrine degli “Annali della Filosofia Cristiana” siano state prese di mira dall’Enciclica, non meno di quelle di La Quinzaine. Quando la direzione fu presa da M. l’Abate Laberthonnière, i cui diversi libri erano stati messi all’Indice, la “Démocrutie chrétienne” mancò di fargli questo reclamo: « Noi abbiamo scorso il suo articolo-programma nella sua interezza; ci è sembrato interessante e suggestivo. … Parliamo della rivista ai nostri amici e porgiamo al suo nuovo ed eminente direttore i nostri migliori auguri di successo.» – Non solo i capi del movimento democratico cristiano hanno caldamente raccomandato ai loro lettori i principali organi del modernismo, ma ne hanno composti essi stessi e dal più alto livello. – L’Abate Dabry, quando già il libro di M. Loisy, L’Evangile et l’Eglise, era stato condannato dai Cardinali Richard e Perraud, Arcivescovi di Parigi e Autun, e da NN. SS. gli Arcivescovi di Cambrai, Angers, Bayeux, Belley, di Nancy e di Perpignan, lo proclama nel suo giornale, la Vie catholique, « il più grande esegeta del Cattolicesimo ». M. l’Abate Nadet scriveva nella “Juistice sociale”: « Nè M. Loisy, né i suoi studi evangelici, il “Vangelo e la Chiesa”, assomigliano a nulla delle caricature che ne vengono fatte. In lui saluto uno studioso, ed un sacerdote. » Si potrebbero ricordare altre parole per mostrare quanto sia veritiera questa osservazione dell’Enciclica: « Compare un’opera che traspira novità da tutti i suoi pori, e la accolgono con applausi e grida di ammirazione. » E non si creda che questa ammirazione non sia contagiosa, anche nelle menti che potrebbero evitarla. Le prove di questo contagio abbondano, anche nei seminari; e per questo Pio X, sia nei suoi discorsi sia nelle sue Encicliche, non cessa di raccomandare e comandare di non ordinare coloro che questo contagio ha già raggiunto. – M. Naudet non si è accontentato di esprimere la sua ammirazione per il Sig. M. Loisy e le sue opere. In una serie di articoli pubblicati nel 1904 con il titolo: “La Bible, la, Science et la Foi”, una riproduzione delle sue conferenze al “Collège libre des Sciences sociales”, egli mise le dottrine del diritto alla portata di tutti le dottrine Loisyennesi e ne diede, come conclusioni acquisite, le supposizioni della critica più avanzata. Si spinse a tal punto che molti dei suoi lettori, pur conoscendo bene le sue audacie, si allarmarono. Su quanti altri punti il modernismo è stato abbracciato, acclamato dai leaders della democrazia cristiana! Le prove si possono trarre a piene mani dai loro giornali e dalle loro riviste. Nel suo numero del 3 agosto 1907, La “Vie catholique” diceva in modo generale: “Non si ripeterà mai abbastanza che i Cattolici abbiano un grande lavoro educativo da fare a se stessi ed agli altri, tutto un lavoro di adattamento della loro mentalità ai desideri moderni e di coordinare i loro principii con questi desideri. Ciò qui non impediva di dire nel suo numero del 21 settembre, dopo la pubblicazione dell’Enciclica: « La Vita cattolica si è sempre dimostrata estranea alla polemiche relative alla filosofia, alla storia e alla esegesi. Al massimo abbiamo dato, di tanto in tanto, qualche insegnamento a titolo informativo. Vogliamo sperare che l’apparente severità del Santo Padre non scoraggi nessuno dal lavorare. » – Si può dire che, su tutti i punti evidenziati da S. S. Pio X, abbiamo visto i democristiani rivendicare la stessa riforma dei modernisti: riformare la filosofia, soprattutto nei Seminari: si relega la filosofia scolastica, nella storia della filosofia, tra i sistemi di studio, che si insegni ai giovani la filosofia moderna, l’unica adatta ai nostri tempi. – Riforma della teologia: che la cosiddetta teologia razionale, dovrebbe avere come base la filosofia moderna; la teoria positiva la storia del dogma come suo fondamento. – Per quanto riguarda la storia, che non sia più scritta o insegnata se non con i loro metodi e principii moderni. –

– Che i dogmi e la nozione della loro evoluzione siano armonizzati con la scienza e la storia.

– Che, nei Catechismi, siano inseriti solo quei dogmi che siano stati riformati ed alla portata del volgo. – In ciò che riguarda il culto, che siano diminuite il numero delle devozioni esterne o almeno di fermarne l’aumento. È vero che alcuni, attraverso un bellissimo simbolismo, si dimostrano abbastanza aperti su questa questione di grande importanza. – Che il governo ecclesiastico sia riformato in tutti i suoi rami, specialmente in quello disciplinare e dogmatico. Che il suo spirito, che le sue procedure siano in armonia con la coscienza,  che si rivolgano alla democrazia, e che una parte venga fatta, quindi, nel governo, sia affidato a chierici inferiori ed anche ai laici., che l’autorità sia decentrata. – Riforme delle Congregazioni Generali, in particolare quelle del Sant’Uffizio e dell’Indice. – Che il potere ecclesiastico modifichi la sua condotta in campo sociale e politico, e che assuma un ruolo più attivo nelle organizzazioni politiche e sociali, si adegui comunque ad esse, per penetrarne lo spirito. – In morale, fanno proprio il principio dell’americanismo per cui le virtù attive devono essere anteposte a quelle passive nella stima che se ne fa, come nella pratica. – Al clero viene chiesto di ritornare all’antica umiltà e povertà e, per quanto riguarda i suoi ideali e la sua azione, di regolarli  sui loro principi. – Ci sono alcuni che, facendo eco ai loro maestrii protestanti, desiderano la soppressione del celibato ecclesiastico. – Resta dunque da capire su che cosa, ed in applicazione dei loro loro principi, non chiedono riforrne! Non c’è una di queste riforme che non sia stata proposta negli organi della “Democrazia cristiana“. Quanti articoli sono stati pubblicati per chiedere la riforma dell’insegnamento nei seminari? la riorganizzazione dei catechismi e lo “snellimento” delle devozioni, la democratizzazione del governo ecclesiastico, la riforma delle Congregazioni romane, specialmente quelle del Sant’Uffizio e dell’Indice che temono particolarmente, la sottomissione della Chiesa alle leggi arbitrarie ed ingiuste dello stato, l’americanizzazione del clero, ecc. ecc. La conformità di pensiero, di linguaggio e di volontà su tutti questi punti, tra democratici e modernisti, è così ben documentata, che recentemente M. Bazire, in un articolo divulgativo su l’Univers delle sue precedenti relazioni, ha scritto su questo giornale: « È stata la disgrazia dei Cattolici con buone intenzioni di lasciarsene imporre da una scuola di intellettuali siffatti, e di associare le loro rivendicazioni alle più rischiose affermazioni dottrinali. Cosa aveva in comune la teoria dell’immmenza e la riforma del contratto di lavoro, il giusto salario e l’autenticità di un tale libro mosaico » – E ancora: « Le grandi parole della scienza, della democrazia, del progresso, di cui i principali giirnali fanno uno strano abuso senza comprenderne il senso, il significato né la portata di queste parole di cui i Cattolici confusionari si servono di accompagnamento alla conciliazione della Chiesa con il secolo ed in questo vasto insieme, la riforma sociale cristiana appariva solo come una parte di questo movimento di idee che abbiamo chiamato riformismo cattolico. » Per condividere queste idee e questi valori che, ovviamente, dovevano ripugnare al clero avente lo spirito del proprio stato, i dirigenti del partito si sono imperturbabilmente posti come portavoce della Santa Sede. – Nel 1894, la “Democrazia cristiana” pubblicò, in un primo tempo e poi in forma di pamphlet, una serie di articoli che rispondevano alla domanda: “Da che parte stanno gli incoraggiamenti del Papa?” È il titolo del lavoro svolto per riconciliare la fiducia del clero con lo stato maggiore della Democrazia cristiana. « Non abbiamo avuto che un solo obiettivo – ha detto in conclusione – dimostrare che il Papa ha simpatie e preferenze per i capi, per le dottrine e per le opere di quella scuola che oggi possiamo chiamare la SCUOLA PONTIFICIA ». Chi non sarebbe stato persuaso da una tale assicurazione, tra coloro che non potevano esaminare la cosa da se stessi?

GNOSI TEOLOGIA DI sATANA (70): DEMOCRAZIA CRISTIANA = DEMONIOCRAZIA ANTICRISTIANA ? (2)

TUTTO IL DENZINGER SENTENZA PER SENTENZA (28): “da ALESSANDRO VII ad INNOCENZO XI”

TUTTO IL DENZINGER SENTENZA PER SENTENZA DAGLI APOSTOLI A S.S. PIO XII (28)

HENRICUS DENZINGER

ET QUID FUNDITUS RETRACTAVIT AUXIT ORNAVIT

ADOLFUS SCHÖNMATZER S. J.

ENCHIRIDION SYMBOLORUM DEFINITIONUM ET DECLARATIONUM

De rebus fidei et morum

HERDER – ROMÆ – MCMLXXVI

Imprim.: Barcelona, José M. Guix, obispo auxiliar

(da ALESSANDRO VII ad INNOCENZO XI)

ALESSANDRO VII: 7 aprile 1655-22 maggio 1667

Costituzione “Ad sanctam beati Petri sedem“, 16 ottobre 1656.

Il giudizio della Chiesa sul significato delle parole di Cornelius Jansen.

2010. Par. 5… Poiché… con grande scandalo dei fedeli di Cristo, alcuni figli dell’iniquità non temono di affermare che le cinque proposizioni suddette o non si trovino nel suddetto libro del medesimo Cornelius Jansen, ma siano state riunite in modo fittizio e arbitrario, o siano state condannate non secondo il significato inteso da quest’ultimo…

2011. Par. 6. Noi, che abbiamo avuto sufficiente e accurata conoscenza di tutto ciò che sia avvenuto in questa materia, poiché siamo stati presenti (come Cardinale e come Commissario)… a tutte le assemblee in cui questa materia è stata discussa in virtù dell’Autorità Apostolica, e con una diligenza che non si potrebbe desiderare di più, volendo eliminare ogni dubbio in futuro su quanto sopra: Confermiamo, approviamo e rinnoviamo nel loro ordine la costituzione, la dichiarazione e la definizione del nostro predecessore Innocenzo inserite sopra,

2012. … e dichiariamo e definiamo che queste cinque proposizioni siano state tratte dal libro del suddetto Cornelius Jansen, Vescovo di Ypres, che porta il titolo di Augustinus, e che siano state condannate secondo il senso inteso dallo stesso Cornelius Jansen, e le condanniamo di nuovo come tali, cioè imprimendo su ognuna di esse lo stesso marchio che è stato impresso su ognuna di esse nella dichiarazione e nella definizione di cui sopra.

Risposta del Sant’Uffizio, 11 febbraio 1661

Nessuna leggerezza nelle questioni sessuali

2013. Domanda: Un confessore che sollecita (un peccato contro la castità) deve questo essere confessato, data la leggerezza della questione?

Risposta: Dato che nelle questioni sessuali non c’è materia leggera, e che se essa esistesse non esisterebbe in questo caso, si è ritenuto che esso debba essere confessato, e che l’opinione contraria non sia probabile.

L’Immacolata Concezione di Maria

2015. Par. 1. – Antica è la pietà dei fedeli di Cristo verso la beata Vergine Maria sua Madre, i quali credono che la sua anima, nel primo istante della sua creazione e infusione nel corpo, sia stata, per una speciale grazia e favore di Dio, in considerazione dei meriti di Gesù Cristo suo Figlio, il Redentore del genere umano, pienamente preservata intatta dalla macchia del peccato originale, e che, in questo spirito, onorano e celebrano solennemente la festa della sua Concezione; e il loro numero è aumentato dopo la pubblicazione. …delle costituzioni di Papa Sisto IV di benedetta memoria del 1400, 1425, rinnovate dal Concilio di Trento. (Cf. 1516). Questa pietà è cresciuta e si è diffusa di nuovo… così che anche la maggior parte delle Accademie più famose si sono avvicinate a questa credenza, e quasi tutti i Cattolici l’hanno già abbracciata.

2016. Par. 2 – E poiché, in occasione dell’affermazione contraria nella predicazione, nell’insegnamento, nelle conclusioni e negli atti pubblici – cioè che questa stessa beatissima Vergine Maria è stata concepita senza il peccato originale – sono sorti scandali, liti e dissensi tra il popolo cristiano, come grande offesa a Dio, Papa Paolo V di venerabile memoria, anche nostro predecessore, ha proibito che l’opinione di questi autori contrari alla suddetta credenza fosse insegnata o predicata pubblicamente. Papa Gregorio XV di pia memoria, anch’egli nostro predecessore, estese questa proibizione ai colloqui privati, ordinando inoltre a favore di questa credenza che nella celebrazione del santissimo Sacrificio della Messa e dell’Ufficio divino, sia in pubblico che in privato, non si usasse altro termine che “Concezione”.

2017. Par. 4 – Considerando che la Santa Chiesa Romana celebra solennemente la festa della Concezione di Maria, senza macchia e sempre Vergine, e che da tempo ha istituito uno speciale Ufficio proprio per questa festa,… desiderando incoraggiare questa pia e lodevole devozione, così come la festa e il culto, rinnoviamo (i decreti) pubblicati a favore della convinzione che l’anima della Beata Vergine Maria, al momento della sua creazione ed infusione nel corpo, fosse adornata con la grazia dello Spirito Santo e preservata dal peccato originale…

Costituzione “Regiminis apostolici“, 15 febbraio 1665 (1664 secondo il computo della Formula di sottomissione proposta ai Giansenisti.

2020. “Io, N., mi sottometto alla Costituzione Apostolica del Sommo Pontefice Innocenzo X del 31 marzo 1653 e alla Costituzione del Sommo Pontefice Alessandro VII del 16 ottobre 1656, e respingo e condanno con cuore sincero le cinque proposizioni tratte dal libro di Cornelius Jansen che porta il nome di Augustinus, e nel senso inteso dallo stesso autore, come la Sede Apostolica le ha condannate con le dette Costituzioni, e perciò giuro: Così mi aiuti Dio e questi santi Vangeli. “

45 proposizioni condannate nei decreti del Sant’Uffizio del 24/9/1665 e del 18/3/1666.

Errori di una dottrina morale lassista

a) Proposizioni 1-28 del decreto del 24 settembre 1665

2021. (1) In nessun momento della sua vita un uomo è obbligato a compiere un atto di fede, speranza e carità in virtù dei precetti divini relativi a queste virtù.

2022. (2) Un cavaliere sfidato a duello può accettarlo per non essere accusato di codardia dagli altri.

2023. (3) La proposizione che la Bolla Coenae proibisca l’assoluzione per l’eresia e altri crimini solo quando sono pubblici, e che ciò non deroghi alla Facoltà di Trento quando si parla di crimini occulti, è stata tollerata durante il concistoro della Sacra Congregazione degli Eminenti Cardinali tenutosi il 18 luglio 1629.

2024. (4) I prelati regolari possono, per motivi di coscienza, assolvere tutti i secolari dall’eresia occulta e dalla scomunica che ne deriva.

2025. (5) Anche se per voi è evidente che Pietro è eretico, non siete obbligati a denunciarlo se non potete provarlo.

2026. (6). – Un confessore che, durante la Confessione sacramentale, dia al penitente un biglietto da leggere in seguito in cui lo esorta alla lussuria, non si suppone che l’abbia sollecitata in Confessione, e di conseguenza non siete obbligati a confrssarlo.

2027. (7)- Un modo per evitare l’obbligo di denunciare una sollecitazione è che colui che è stato sollecitato si confessi con colui che lo abbia sollecitato; quest’ultimo può assolverlo senza obbligarlo a denunciare.

2028. (8) Il Sacerdote può legittimamente accettare compensi per la stessa Messa, applicando anche a colui che ne fa richiesta il frutto specialissimo che spetta al celebrante stesso, a norma del decreto di Urbano VIII.

2029. (9) Dopo il decreto di Urbano VIII, un sacerdote a cui siano state date Messe da celebrare può soddisfarle dando ad un altro Sacerdote un compenso minore, tenendo per sé il resto del compenso.

2030. (10). Non è contrario alla giustizia accettare compensi per più Messe e offrire un unico Sacrificio. Né è contrario alla probità, anche se ho promesso, anche con giuramento, alla persona che ha dato il compenso, che non lo offrirò per nessun altro.

2031. (11). – Se nella Confessione sono stati omessi o dimenticati dei peccati, nell’urgenza di una situazione di pericolo di vita o per qualsiasi altro motivo, non siamo tenuti a dichiararli nella Confessione successiva.

2032. (12). I religiosi mendicanti possono assolvere i casi riservati ai Vescovi senza averne ricevuto la facoltà dai Vescovi.

2033. (13). Chi confessa un religioso presentato al Vescovo, ma da lui ingiustamente respinto, ha adempiuto al precetto della confessione annuale.

2034. (14). – Chi fa una Confessione volontariamente nulla, soddisfa il precetto della Chiesa (cf. 2155).

2035. (15). – Il penitente può, di sua autorità, sostituire qualcun altro nella penitenza.

2036. (16). Chi ha un beneficio curiale può scegliere come confessore un semplice Sacerdote non approvato dall’Ordinario.

2037. (17) È lecito ad un religioso o ad un chierico uccidere un calunniatore che minaccia di imputare gravi delitti a lui o alla sua famiglia religiosa, quando non ha altri mezzi di difesa, così come sembra che non ce ne siano se il calunniatore si mostri pronto a imputarli pubblicamente, e davanti agli uomini più eminenti, a questo religioso o alla sua famiglia religiosa, a meno che non venga ucciso.

2038. (18). È lecito uccidere il falso accusatore, i falsi testimoni e persino il giudice che è certamente minacciato da una sentenza ingiusta, quando un innocente non ha altri mezzi per evitare il danno.

2039. (19). Il marito non commette peccato quando uccide di sua autorità la moglie colta in adulterio.

2040. (20).- La restituzione imposta da Pio V ai titolari di benefici che non recitano l’Ufficio non è dovuta in coscienza prima della sentenza dichiarativa del giudice, trattandosi di una pena.

2041. (21). Chi detiene una cappella di cui ha ricevuto la collazione o qualsiasi altro beneficio ecclesiastico, se si dedica allo studio delle lettere soddisfa il suo obbligo quando fa recitare l’Ufficio ad un altro.

2042. (22). Non è contrario alla giustizia non conferire gratuitamente i benefici ecclesiastici, poiché il benefattore che li conferisce in cambio di denaro non richiede questo denaro per il conferimento del beneficio, ma, per così dire, per un vantaggio temporale che non era obbligato a fornire.

2043. (23). Chi rompe il digiuno della Chiesa a cui è tenuto, non pecca mortalmente, a meno che non lo faccia per disprezzo o disobbedienza, ad esempio perché non vuole sottostare al precetto.

2044. (24). La mollezza, la sodomia e la bestialità sono peccati dello stesso genere inferiore; pertanto è sufficiente dire in confessione che ci si sia procurati la contaminazione.

2045. (25). Chiunque abbia avuto rapporti carnali con una donna libera soddisfa il precetto di confessare, dicendo: Ho commesso un grave peccato contro la castità con una donna libera, senza menzionare esplicitamente questo rapporto.

2046. (26). – Quando le parti in causa hanno opinioni ugualmente probabili, il giudice può accettare denaro per pronunciare la sentenza a favore di una piuttosto che dell’altra.

2047. (27) – Nel caso di un libro di un autore recente e moderno, l’opinione di quest’ultimo è da considerarsi probabile, purché non sia stato accertato che sia stata respinta dalla Sede Apostolica come improbabile.

2048. (28) – Il popolo non pecca anche se, senza alcun motivo, non accoglie una legge promulgata dal principe.

2049. (29). Chi, in un giorno di digiuno, mangia spesso un po’, anche se alla fine ha mangiato una quantità considerevole, non rompe il digiuno.

2050. (30).- Tutti coloro che hanno un ufficio e lavorano corporalmente nella società sono esonerati dall’obbligo del digiuno e non devono indagare se il loro lavoro sia compatibile con il digiuno.

2051. (31). – Coloro che viaggiano a cavallo sono assolutamente esonerati dal precetto del digiuno, in qualsiasi modo intraprendano il viaggio, anche se questo viaggio non sia necessario e anche se lo completino in un solo giorno.

2052. (32).- Non è chiaro se l’usanza di non mangiare uova e latticini durante la Quaresima sia obbligatoria.

2053. (33).- La restituzione dei frutti per aver omesso la preghiera delle ore può essere compensata dall’elemosina che il beneficiario avrebbe fatto con i frutti del suo profitto.

2054. (34). – Chi recita l’Ufficio della Pasqua la Domenica delle Palme adempie al precetto.

2055. (35) I due precetti possono essere adempiuti con un unico ufficio, per lo stesso giorno e per il successivo.

2056. (36). I regolari possono, per amore della loro coscienza, avvalersi dei privilegi che sono stati loro espressamente concessi dalla Chiesa revocate dal Concilio di Trento.

2057. (37). – Le indulgenze concesse ai regolari e revocate da Paolo V vengono oggi riconfermate.

2058. (38). – L’ingiunzione fatta dal Concilio di Trento al Sacerdote che, per motivi di necessità, presenti il Sacrificio in stato di peccato mortale di confessarsi “al più presto” (cf. 1647) è un consiglio, non un precetto.

2059. (39). Con questa particella “appena possibile” si intende che il Sacerdote si confesserà alla sua ora abituale.

2060. (40). – È opinione probabile che un bacio dato per il piacere carnale e sensibile che il bacio procura, senza il rischio di un successivo consenso e inquinamento, sia un peccato solo veniale.

2061. (41). – Non si deve obbligare un concubino a licenziarla se è stata molto utile per il godimento del concubino – noto nel linguaggio popolare come regalo – poiché senza di lei sarebbe troppo doloroso per lui vivere, altre feste darebbero alla concubina grande disgusto e sarebbe difficile trovare un’altra serva.

2062. (42). È lecito che un creditore chieda qualcosa in aggiunta alla somma prestata se si impegna a non reclamare la somma per un certo periodo di tempo.

2063. (43)- Un legato annuale lasciato per l’anima di un defunto non dura più di dieci anni.

2064. (44).- Per quanto riguarda il foro della coscienza, quando l’accusato si è corretto e la sua contumacia è cessata, le censure cessano.

2065. (45). I libri proibiti “finché non siano stati espunti” possono essere conservati finché, con la dovuta diligenza, non siano stati corretti.

(Censura🙂 quanto meno scandalosi.

Decreto del Sant’Uffizio, 5 maggio 1667.

Libertà di insegnamento sul tema dell’attrizione.

2070. Avendo appreso, non senza grande tristezza, che alcuni teologi della scuola disputavano tra loro con troppa asprezza e con scandalo dei fedeli sul punto di sapere se l’attrizione concepita dal timore dell’inferno, che esclude la volontà di predicare ed è accompagnata dalla speranza del perdono, richieda ancora qualche altro atto di amore di Dio per ottenere la grazia nel Sacramento della penitenza, alcuni sostenendo questa opinione, altri negandola, alcuni censurando l’opinione contraria di altri, Sua Santità ordina… che se in futuro comporranno o pubblicheranno libri o scritti, se insegneranno o predicheranno o istruiranno in qualsiasi modo penitenti, studenti o altri, non si impegnino a notare con alcuna censura teologica, né a decriminare con alcun termine ingiurioso o offensivo, né l’una né l’altra delle due opinioni opposte: Né quella che nega la necessità di un atto d’amore verso Dio quando esista la suddetta attrizione concepita per paura dell’inferno, opinione oggi più diffusa nelle scuole, né quella che afferma la necessità di questo atto d’amore, prima che la Santa Sede abbia definito qualcosa al riguardo.

CLEMENTE XI: 20 giugno 1667-9 Dicembre 1669

Clemente X: 29 aprile 1670-22 luglio 1676.

INNOCENZO XI: 21 settembre 1676-12 agosto 1689.

Decreto della Sacra Congregazione del Concilio “Cum ad aures“,

12 febbraio 1679.

Comunione frequente e quotidiana.

2090. Sebbene l’usanza della Comunione frequente e quotidiana sia sempre stata approvata nella Chiesa dai santi Padri, tuttavia essi non hanno mai indicato giorni fissi nel mese o nella settimana per ricevere la Comunione più frequentemente o per astenersene, né il Concilio di Trento ne ha prescritto alcuno; ma quest’ultimo, come se considerasse la debolezza umana, pur non prescrivendo nulla, ha indicato ciò che desiderava quando ha detto: “Il santo Concilio vorrebbe certamente che i fedeli che partecipano ad ogni Messa . . ricevano la Comunione attraverso la ricezione sacramentale dell’Eucaristia” (cf. 1747). E giustamente, perché ci sono molti modi in cui le coscienze possano essere ritirate e molti modi in cui la mente possa essere distratta dagli affari; ma ci sono molti modi in cui le grazie e i doni di Dio siano elargiti ai piccoli; e poiché non possiamo esaminarli con occhi umani, non si può dire nulla con certezza sulla dignità e l’integrità di ogni persona, e quindi sul mangiare frequentemente o quotidianamente il pane della vita.

2091. Perciò, per quanto riguarda coloro che esercitano un’attività commerciale, il loro frequente accesso al ricevimento del sacro cibo deve essere lasciato al giudizio dei confessori che esplorano i segreti del cuore e che, secondo la purezza delle coscienze, il profitto della frequenza ed il progresso verso la pietà, si debbano prescrivere ai laici che esercitano un’attività commerciale e ai coniugati ciò che prevedono sia vantaggioso per la loro salvezza.

2092. Per quanto riguarda i coniugi, poiché il beato Apostolo non vuole che “si rifiutino l’un l’altro se non di comune accordo e per un certo tempo, per dedicarsi alla preghiera” (1Cor VII, 5), sarà tanto più ansioso di ammonirli a praticare la continenza per rispetto alla santissima Eucaristia e ad accostarsi alla Comunione al banchetto celeste con uno spirito più puro.

2093. In questa materia, dunque, la diligenza dei pastori non si preoccuperà tanto che alcuni siano dissuasi da una sola formula di precetto dal ricevere la santa Comunione frequentemente o quotidianamente, o che siano fissati in modo generale i giorni per riceverla, ma riterrà piuttosto che spetterà a se stessa, o ai parroci od ai pastori, decidere ciò che debba essere permesso a ciascuno, e impedirà assolutamente che qualcuno sia respinto dal santo banchetto, sia che sia membro o meno della congregazione, frequentemente o quotidianamente.

2094. Oltre alla diligenza dei parroci e dei confessori, sarà utile anche l’aiuto dei predicatori e concordare con loro che, quando i fedeli si accostano frequentemente al santissimo Sacramento (cosa che dovrebbero fare), facciano subito una predica sulla grandissima preparazione necessaria per riceverlo e che, in generale, mostrino a coloro che sono spinti da un pio zelo a ricevere frequentemente o quotidianamente il cibo salutare – siano essi laici impegnati negli affari o sposati o qualsiasi altra persona – che devono riconoscere la loro debolezza, affinché attraverso la dignità del Sacramento ed il timore del giudizio divino imparino a riverire il cibo spirituale che contiene Cristo; e se a volte dovessero sentirsi meno preparati, di astenersi da esso e di avcingersi ad una preparazione migliore. …

2095. Inoltre, i Vescovi e i parroci o confessori respingeranno coloro che affermano che la Comunione quotidiana sis di diritto divino…

65 proposizioni, condannate nel decreto del Sant’Uffizio del 2/3/1679.

Errori di una dottrina morale più lassista.

2101. (1) Nell’amministrazione dei Sacramenti non è proibito seguire l’opinione probabile sulla validità del Sacramento, lasciando quella più certa, a meno che ciò non sia proibito dal diritto o dalla convenzione, o ci sia pericolo di grave danno. È per questo che solo nel conferimento del Battesimo o dell’Ordinazione sacerdotale o episcopale non si debba ricorrere all’opinione probabile.

2102. (2). Ritengo probabile che un giudice possa giudicare secondo un’opinione ancora meno probabile.

2103. (3). – In generale, finché agiamo facendo affidamento su una probabilità, sia essa intrinseca o estrinseca, per quanto piccola, purché rimanga nei limiti della probabilità, agiamo sempre con molta prudenza.

2104. (4). – Il non credente che non crede è scusato per l’infedeltà, se si lascia guidare dall’opinione meno probabile.

2105. (5). Non osiamo dire se pecca mortalmente chi compie un atto di amore verso Dio una sola volta nella sua vita.

2106. (6). – È probabile che il precetto della carità verso Dio non imponga di per sé un obbligo rigoroso ogni cinque anni.

2107. (7). È vincolante solo quando siamo tenuti ad essere giustificati e non abbiamo altro modo per esserlo.

2108. (8).Mangiare e bere a sazietà e per il solo piacere non è peccato, purché non interferisca con la salute, perché l’appetito naturale può godere dei suoi atti in modo lecito.

2109. (9). L’atto di matrimonio compiuto solo per piacere è esente da qualsiasi colpa veniale.

2110. (10). – Non siamo tenuti ad amare il prossimo con un atto interiore o formale.

2111. (11). Possiamo adempiere al precetto di amare il prossimo solo con atti esteriori.

2112. (12). Sarebbe difficile trovare in coloro che vivono nel mondo e nei re qualcosa di superfluo per il loro stato. Perciò una persona non è tenuta a fare l’elemosina se è tenuta a dare solo ciò che sia superfluo.

2113. (13).- Se lo si fa con la necessaria moderazione, si può, senza peccare mortalmente, addolorarsi per la vita di qualcuno e rallegrarsi per la sua morte, desiderandolo con un desiderio inefficace, non perché la persona sia antipatica, ma per qualche vantaggio temporale.

2114. (14).- È lecito desiderare assolutamente la morte del padre, non per il male del padre, ma per il bene di chi la desidera, perché porterà una ricca eredità.

2115. (15). – È lecito che un figlio si rallegri di un parricidio commesso da lui in stato di ubriachezza, per la grande ricchezza che gli deriverà dall’eredità.

2116. (16). La fede non deve rientrare in nessun precetto particolare.

2117. (17). – Un singolo atto di fede nella propria vita è sufficiente.

2118. (18). – Se qualcuno è interrogato da un’autorità pubblica, consiglio che è glorioso per Dio e per la fede confessare apertamente la fede; non condanno come peccaminoso il silenzio.

2119. (19). La volontà non può rendere l’assenso della fede più solido del peso delle ragioni che lo spingono.

2120. (20). Qualcuno può quindi prudentemente rifiutare l’assenso che ha avuto soprannaturalmente.

2121. (21).- L’assenso di fede, soprannaturale e utile alla salvezza, esiste con la sola conoscenza probabile della rivelazione, e persino con il timore che Dio non abbia parlato.

2122. (22). Solo la fede in un unico Dio sembra essere necessaria come mezzo, ma non la fede esplicita nel Rimuneratore.

2123. (23). La fede in senso lato, che deriva dalla testimonianza delle creature o da un motivo simile, è sufficiente per la giustificazione.

2124. (24). Chiamare Dio a testimoniare una piccola menzogna non è un’irriverenza tale che Dio sia disposto o in grado di dannare un uomo a causa di essa.

2125. (25). – Quando c’è un motivo, è lecito giurare senza la disposizione interiore a giurare, sia che si tratti di una questione grave o leggera.

2126. (26). Se una persona, da sola o in presenza di altri, sia che venga interrogata o spontaneamente, sia che lo faccia per gioco o per qualche altro motivo, giura di non aver fatto una cosa che in realtà ha fatto, sottintendendo interiormente qualche altra cosa che non ha fatto, o qualche altro modo diverso da quello in cui l’ha fatta, o qualche aggiunta che è vera, non sta mentendo e non sta spergiurando.

2127. (27). Ci possono essere giusti motivi per ricorrere a queste anfibologie quando sia necessario o utile per difendere la propria vita, il proprio onore o i propri beni, o per qualche altro atto di virtù, cosicché l’occultamento della verità sia considerato utile e desiderabile.

2128. (28). Colui che, grazie ad una raccomandazione o ad un dono, sia stato promosso ad una magistratura o ad un ufficio pubblico, può prestare, senza restrizioni mentali, il giuramento che, per mandato del re, è normalmente richiesto a tali persone, senza tener conto dell’intenzione di chi lo richieda, perché non è tenuto a confessare un crimine occulto.

2129. (29). Un grave timore è un giusto motivo per simulare l’amministrazione dei Sacramenti.

2130. (30) – A un uomo d’onore è consentito uccidere un aggressore che cerchi di calunniarlo, se non si possa evitare altrimenti questa ignominia; la stessa cosa si deve dire se qualcuno dia uno schiaffo o colpisca con un bastone e fugga dopo aver dato lo schiaffo o colpito con il bastone.

2131. (31).- Posso, in senso giuridico, uccidere un ladro per tenere una sola moneta d’oro.

2132. (32). – Non solo è lecito difendersi con una difesa che uccide ciò che effettivamente si possiede, ma anche ciò che si ha il diritto e la speranza di possedere.

2133. (33). Un erede o un legatario può difendersi da chi gli impedisca ingiustamente di entrare in possesso dell’eredità o del legato, così come un avente diritto alla cattedra o alla prebenda può difendersi da chi gli impedisca ingiustamente di entrarne in possesso.

2134. (34) – È lecito procurare un aborto prima che il feto sia animato, per salvare dalla morte o dal disonore una ragazza rimasta incinta.

2135. (35). – Sembra probabile che ogni feto (finché sia nel grembo materno) sia privo di anima razionale e che cominci ad averne una solo quando nasce; per questo si deve dire che in nessun aborto si commetta omicidio.

2136. (36). È lecito rubare, non solo in caso di estrema necessità, ma anche in caso di grave necessità.

2137. (37). I domestici possono rubare segretamente ai loro padroni per compensare un lavoro che considerano più importante del salario che ricevono.

2138. (38) – Nessuno è obbligato, sotto pena di peccato mortale, a restituire ciò che sia stato preso con un furto, per quanto grande sia la somma totale.

2139. (39). – Una persona che esorti o inciti un’altra a causare un grave danno ad una terza non è tenuta a restituire il danno causato.

2140. (40). – Un contratto Mohatra è lecito anche se stipulato nei confronti della stessa persona e con una precedente clausola di rivendita con l’intento di trarne profitto.

2141. (41). – Poiché una somma pagata ha più valore di una somma da pagare, e poiché non c’è nessuno che non preferisca una somma presente a una somma futura, il prestatore può esigere dal debitore qualcosa in aggiunta al capitale prestato, ed essere esonerato dall’usura per questo motivo.

2142. (42). Non c’è usura quando si chiede qualcosa in aggiunta al capitale prestato a titolo di benevolenza e gratitudine, ma solo se lo si chiede a titolo di giustizia.

2143. (43).- Perché non dovrebbe essere un peccato veniale solo distruggere con una falsa accusa la grande autorità di un calunniatore che ti danneggia?

2144. (44). – È probabile che non pecchi mortalmente colui che lanci una falsa accusa contro qualcuno per difendere il proprio diritto ed il proprio onore. E se questo non è probabile, difficilmente ci sarà un’opinione probabile in teologia.

2145. (45). – Dare un bene temporale per un bene spirituale non è simonia quando il bene temporale non sia dato come prezzo ma solo come motivo per affidare o realizzare il bene spirituale, o anche quando il bene temporale sia solo un compenso gratuito per il bene spirituale e viceversa.

2146. (46)… Questo rimane vero anche se il bene temporale sia il motivo principale per dare il bene spirituale, così che il bene temporale sarebbe valutato più del bene spirituale.

2147. (47). Quando il Concilio di Trento dice che essi partecipano al peccato altrui e peccano mortalmente, che promuovono a cariche ecclesiastiche senza considerare queste persone come più degne e più utili alla Chiesa, il Concilio o, in primo luogo, sembra aver voluto significare solo con questo termine “più degni” la dignità di coloro che debbano essere scelti, usando il comparativo invece del positivo; o, in secondo luogo, usa l’espressione meno appropriata “più degni” per escludere coloro che siano indegni, ma non quelli che siano degni; o, in terzo luogo, parla solo del caso in cui sia coinvolto un concorso.

2148. (48).- Sembra così chiaro che la fornicazione non include di per sé alcuna malizia e che è un male solo perché è proibita, che il contrario sembra contraddire del tutto la ragione.

2149. (49). La mollezza non è proibita dalla legge naturale. Per questo, se Dio non l’avesse proibita, sarebbe spesso buona, e a volte sarebbe addirittura obbligatoria sotto pena di peccato mortale.

2150. (50).- L’unione con una donna sposata, con il consenso del marito, non è adulterio; per questo è sufficiente dire in confessione che si è fornicato.

2151. (51).- Un servo che consapevolmente aiuti il padrone a entrare dalla finestra per violentare una ragazza, facendolo salire sulle sue spalle, e che spesso lo assiste portando la scala, aprendo la porta o aiutandolo in altri modi simili, non pecca mortalmente se lo fa per paura di un danno significativo, ad esempio per non essere maltrattato dal padrone o per non essere guardato in cagnesca, o per non essere cacciato di casa.

2152. (52). – Il precetto di osservare i giorni di festa non è obbligatorio sotto pena di peccato mortale, a parte lo scandalo, se non ci sia disprezzo.

2153. (53). Chi ascolta due o anche quattro parti della Messa insieme, da celebranti diversi, soddisfa il precetto della Chiesa di ascoltare la Messa.

2154. (54). Chi non può recitare il Mattutino e le Lodi, ma può recitare le altre ore, non ha alcun obbligo; perché la parte maggiore attira a sé la parte minore.

2155. (55). – Il precetto della Comunione annuale è adempiuto dal mangiare sacrilego del Signore (cf. 2034).

2156. (56). La Confessione e la Comunione frequenti, anche da parte di chi vive da pagano, sono segni di predestinazione.

2157. (57). – È probabile che un’attribuzione naturale sia sufficiente se è onesta.

2158. (58). – Non siamo obbligati a dire al confessore, se ci interroga, l’abitudine di qualche peccato.

2159. (59). – È lecito assolvere sacramentalmente chi si sia confessato solo a metà quando c’è un grande afflusso di penitenti, come può accadere, ad esempio, nel giorno di una grande festa o di una indulgenza.

2160. (60)… Al penitente che abbia l’abitudine di peccare contro la legge naturale o ecclesiastica, anche se non c’è speranza di emendarsi, non si deve rifiutare o rimandare l’assoluzione se dichiari con la bocca di sentire dolore e di impegnarsi a riparare.

2161. (61). – L’assoluzione può essere talvolta concessa a una persona che si trova nel mezzo di un’imminente occasione di peccato che non può e non vuole evitare, e persino che cerca direttamente o deliberatamente, o in cui si getta.

2162. (62). Un’occasione imminente di peccato non va evitata quando c’è un motivo utile o onesto per non evitarla.

2163. (63). È lecito cercare direttamente la prossima occasione di peccato per il nostro bene spirituale o temporale, o per quello del nostro prossimo.

2164. (64). Un uomo è in grado di ricevere l’assoluzione qualunque sia la sua ignoranza dei misteri della fede, e anche se per negligenza, anche colposa, ignori il mistero della Santissima Trinità e dell’Incarnazione di nostro Signore Gesù Cristo.

2165. (65) – È sufficiente aver creduto una volta in questi misteri.

(Censura: ) Tutte le proposizioni sono condannate e proibite, così come si presentano, almeno come scandalose e perniciose nella pratica.

(Conclusione del decreto🙂 Infine, affinché i dottori o gli scolastici e tutti gli altri si astengano d’ora in poi da ogni disputa dannosa, e affinché siano assicurate la pace e la carità, il medesimo Santissimo Pontefice ordina, in nome della santa obbedienza, che nei libri da stampare e nei manoscritti, così come nelle tesi, nelle dispute e nei sermoni, si astengano da qualsiasi censura o nota, così come qualsiasi invettiva contro le proposizioni che finora continuano ad essere oggetto di discussione tra i Cattolici, fino a quando la Santa Sede, dopo aver esaminato la questione, non avrà emesso un giudizio su queste proposizioni.

TUTTO IL DENZINGER SENTENZA PER SENTENZA DAGLI APOSTOLI A S.S. PIO XII (29): “Da INNOCENZO XI ad ALESSANDRO VIII”