La bolla che inchioda il Vaticano II, manda tutti all’inferno!

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La bolla che inchioda il Vaticano II, manda tutti all’inferno!

     Come è stato possibile che nel corso del c.d. concilio Vaticano II) si sia acconsentito, senza alcuna remora, ad eretiche ed assurde proposizioni ottenendone l’obbedienza dei Vescovi in tutto il mondo? Come poter comprendere che i prelati della Chiesa Cattolica abbiano potuto accettare dalla “setta modernista del v-2” atti ed insegnamenti completamente contrari a tutto ciò che Cristo ha affidato alla sua Chiesa? È successo questo indubbiamente perché i sacerdoti odierni hanno perso la conoscenza, lo zelo e la vigilanza apostolica. Sono stati praticamente smarriti l’Amore per la Tradizione Apostolica, l’amore per la parola di Dio, e il risultato? Oggi abbiamo sacerdoti che non hanno più l’amore dovuto agli insegnamenti della Chiesa cattolica, né lo zelo per sostenerne la Verità verso la quale mancano di rispetto nell’osservanza delle sue sentenze, che anzi vengono, in un’abissale e raccapricciante ignoranza, disconosciute e calpestate. Dopo aver perso la conoscenza Apostolica della parola di Dio, la gerarchia [o presunta tale] si è unita con i nemici della Chiesa Apostolica nella soppressione del suo Primato e della sua Sovranità. Privi di conoscenze apostoliche, teologiche, scritturali e patristiche, essi non accettano la religione Cattolica Apostolica Romana come l’unica e divina Religione che Dio ha rivelato all’umanità. Non credono più che la Religione Cattolica abbia dei diritti che gli altri non hanno perché aderenti a false e mistificanti spiritualità demoniache. Il clero cioè non crede più che l’uomo sia legato in coscienza ad accettare ed a credere che questa sia l’unica religione divina e che non ce ne sia nessun’altra, se non false religioni guidate dal “signore dell’universo”, il demonio, come recita il salmo XCV. Ma c’è un conto molto salato da pagare nell’aldilà da coloro che negano alla Chiesa Cattolica Apostolica Romana, il suo primato e la sovranità: a coloro che osano contestare o attaccare la parola di Dio o l’interpretazione divinamente istituita e docente di questa parola, è inflitta una terribile punizione. Per rendercene conto basta dare un’occhiata alla bolla “Execrabilis” di S.S. Pio II. È inutile chiedere ai nostri abulici parroci modernisti che ignorano totalmente e colpevolmente il magistero della Chiesa e che, sollecitati, non si danno nemmeno la briga di consultare documenti oramai alla portata di tutti. La loro protervia anzi supera pure la loro ignoranza, ed interrogati risponderanno solo con offese, calunnie, e ridicole e non comprovate asserzioni. Ciò che ci spinge non è certo lo spirito di polemica, bensì il desiderio di trarli fuori, essi ed i loro (in)fedeli dalla fornace eterna nella quale, senza rendersene probabilmente conto, sono abbondantemente immersi, anche se non credono oramai neppure più all’inferno e ai castighi dai quali il divino Maestro ci ha messo in guardia. In tal modo poi, come se non bastasse, commettono uno delle più gravi colpe contro lo Spirito Santo: “impugnare la verità conosciuta”, per arrivare poi all’ostinazione nel peccato e all’impenitenza finale. Ora tutto questo è di fede nella Chiesa Cattolica, e quel che è veramente agghiacciante, è che coloro che si professano cattolici, ormai non hanno più nemmeno un’idea approssimativa di cosa comporti questa fede divinamente rivelata dall’Uomo-Dio, e che si basa su un Magistero eterno che non può essere modificato da chicchessia. E a questo proposito vogliamo riportare qualche breve sentenza che potrebbe dare qualche dritta nel deviare la vertiginosa corsa verso l’inferno. Ecco quindi alla ribalta il concetto della inappellabilità ed irreformabilità di una opinione o sentenza definitiva del Santo Padre, benché avvenuta secoli o millenni orsono. Il Concetto è questo: il Santo Padre, assistito dallo Spirito Santo e voce di Gesù Cristo in terra, possedendo (de fide) l’infallibilità in materia di fede e di morale, una volta che si sia espresso, emette una sentenza definitiva, che nessun altro può modificare, poiché non esiste un’autorità superiore. Un successivo Papa non ha bisogno di modificare una sentenza precedente che, essendo infallibile, può essere solo confermata o estesa. Questo banale concetto da “scuola dell’infanzia”, purtroppo non è compreso, o non vuole essere compreso, da chi invece appoggia, soprattutto tra chierici ed ecclesiastici, modifiche in nome di un “aggiornamento” che, oltre che inopportuno, contrasta con dogmatica, morale, teologia e legge divina. Ed invocare un Concilio, o conciliabolo che dir si voglia, per ribaltare quanto per millenni si è creduto, si vedrà che è una grave eresia punita con la scomunica “ipso facto” e “latae sententiae”, la cui remissione cioè richiede l’intervento di un Papa … “vero”… naturalmente. In questa sede accenniamo a tre documenti fondamentali, e di facile reperibilità documentale. Una prima sentenza ufficiale (circa 860 d. C.) fu quella di S. Niccolò Magno [Papa negli anni 858-867], che si trovò a gestire, tra le altre vicende in cui fu coinvolto, la difesa dell’Autorità Papale contro gli imperatori ed i sinodi vescovili locali che rivendicavano una loro superiorità. S. Niccolò I (canonizzato da Urbano VIII): in Ep. Ad Michaelem Imperatorem; “Decretali” o Constitutum Constantini, egli tenne già a precisare che il giudizio del Papa, che detiene la più alta autorità (sia religiosa, nei confronti di sinodi o assemblee vescovili, sia rispetto a quella civile degli imperatori e regnanti). “È evidente che il giudizio della Sede Apostolica, che detiene la più alta autorità non può essere rimesso in questione da alcuno né sottoposto ad esame da parte di chicchessia” [… Ep. Nicolai I ad Michaelem Imperatorem,] Nel Sinodo di Quedlinburg (1085) si riaffermò la superiore autorità papale! Passiamo poi al 1459 con Silvio Enea Piccolomini, Papa Pio II, che emanò la celeberrima bolla “Execrabilis” ….: “Ai nostri tempi si sta verificando un esecrabile abuso, sconosciuto in età precedenti, e precisamente che gente, imbevuta dello spirito di ribellione, presuma di appellarsi contro il Pontefice di Roma, – il Vicario di Gesù Cristo, cui fu detto nella persona del santo Pietro: «Nutri il  mio gregge» e «Qualunque cosa tu legherai in terra, sarà legata anche in Cielo»: – non certo per  desiderio di più alta giustizia, ma al solo scopo di sfuggire le conseguenze dei loro peccati, ad un  futuro Concilio, (…) si dà esca alla ribellione contro la più alta Sede, si concede la libertà ai delinquenti e la disciplina ecclesiastica e l’ordine gerarchico vengono confusi (…) condanniamo i ricorsi in appello di tal genere, col consiglio e il consenso dei nostri venerabili fratelli Cardinali e di tutti i prelati e giureconsulti della legge Divina ed umana, appartenenti alla Curia, e sulla base della nostra sicura conoscenza li denunziamo come falsi e detestabili, li infirmiamo nell’eventualità che qualcuno di tali appelli, esistente al momento, sia scoperto e dichiariamo e decretiamo che essi – come vani e pestilenziali – siano privi di alcun significato. Quindi noi diffidiamo chiunque dal ricorrere con tali appelli, sotto qualunque pretesto, contro le nostre ordinanze, sentenze e provvedimenti, o contro quelle dei nostri successori, o di aderire a tali appelli, fatti da altri, od infine di fame uso in qualsiasi modo. Se alcuno di qualsiasi stato, rango, condizione od ordine esso sia, anche se insignito della dignità Imperiale, regia o Papale contravverrà a ciò dopo lo scadere di due mesi dalla pubblicazione di questa Bolla nella Cancelleria Papale, egli incorrerà «ipso facto » nella sentenza di anatema, da cui potrà essere assolto, solo dal Pontefice di Roma ed in punto di morte ( …) . – Le Università o corporazioni verranno colpite da interdetto ecclesiastico, e nondimeno, corporazioni ed Università, come le suddette e tutte le altre persone, incorreranno in quelle penalità e censure, in cui incorrono gli offensori che abbiano commesso «crimen laesae maiestatis», ed i promotori di depravazioni eretiche. Inoltre scrivani e testimoni, che abbiano sottoscritto atti di tal genere ed in generale tutti coloro che abbiano coscientemente dato consigli, aiuto od appoggio a tali appellanti, saranno puniti con le medesime pene. Perciò non è permesso ad alcuno di contravvenire o di opporsi con impudenti perversioni a questo documento della nostra volontà, con cui noi abbiamo condannato, riprovato, infirmato, annullato, decretato, dichiarato ed ordinato quanto sopra. Se tuttavia alcuno oserà, sappia che incorrerà nello sdegno dell’Onnipotente Iddio e dei santi Apostoli Pietro e Paolo”. Data a Mantova nell’anno 1459 dell’Incarnazione di nostro Signore, nel quindicesimo giorno prima delle calende di febbraio, nel primo anno del nostro Pontificato (18 gennaio 1459). [per il testo completo si veda nel blog: “la mina vagante nel tempo – execrabilis …”] – Questa è una sentenza dagli effetti devastanti, perché denunzia qualsiasi rimessa in discussione di sentenze o disposizioni emanate dall’Autorità del Papa, foss’anche da parte di un Concilio o di una successiva Autorità apostolica [o ritenuta tale]! E commina la Scomunica maggiore “ipso facto”, che può essere rimessa solo dal Sovrano Pontefice, o in punto di morte, da un vero sacerdote, ordinato validamente da un vescovo a sua volta valido [cosa quasi impossibile al giorno d’oggi!]. Strano che in Vaticano nel 1960 non lo sapessero… o facevano finta di non saperlo. Ma non è finita qui, perché il XX Concilio Ecumenico Vaticano, condotto da Pio IX (e conclusosi repentinamente nel 1870 per lo scoppio della guerra franco-prussiana che provocò la partenza da Roma della guarnigione francese a difesa del Papa, consentendo così l’invasione della città da parte degli avidi, vigliacchi ed incapaci “buzzurri” piemontesi, dei carbonari rivoluzionari e delle loro guide, (cioè i soliti marrani della quinta colonna), conferma con altrettanta incisività la disposizione del Piccolomini (Pio II). Nella stupenda e “cattolica” Costituzione dogmatica “Pastor Aeternus” (18 luglio 1870) gioiello per gli occhi e per l’anima del Cristiano, al capitolo III leggiamo ribadito sia – 1) il giudizio di S. Niccolò I: “È evidente che il giudizio della Sede Apostolica, che detiene la più alta autorità, non può essere rimesso in questione da alcuno né sottoposto ad esame da parte di chicchessia [Ep. Nicolai I ad Michaelem Imperatorem]; sia – 2) quello di: .2) “Execrabilis”: “Si discosta quindi dal retto sentiero della verità chi afferma che è possibile fare ricorso al Concilio Ecumenico, come se fosse investito di un potere superiore, contro le sentenze dei Romani Pontefici”. Tornando alla Bolla “mitraglia”, o “ghigliottina”, visto l’attitudine rivoluzionaria dei marran-massoni che indussero con minacce pesanti, anche di tipo atomico, la assemblea del conciliabolo c.d. Vaticano II, essa abbraccia, radicalmente la dogmatica, la dottrina, l’insegnamento ed il culto cattolico, tutte tematiche appannaggio del Magistero Papale. – Così è coinvolto ogni giudizio della Chiesa che riguardi la fede e la morale. Condannate sono tutte le soppressioni, innovazioni, modifiche e false dottrine introdotte dal Concilio Vaticano II, tra cui il tentativo di cambiare il pensiero e l’atteggiamento dei cattolici sulla fede e sulla morale. Questa legge è una difesa contro chi tenta di modificare le decisioni della Chiesa contro l’ebraismo rabbinico, (radice di ogni male per la Cristianità), il naturalismo, la Massoneria, il comunismo, l’umanesimo, il supernaturalismo, favole ed immondezze varie. Per ora chiudiamo qui, sperando che qualche “chierico-trombone”, bravo ad aprir bocca solo per sparlare, offendere, ridicolizzare, calunniare, vincendo la propria infingardia accidiosa, apra finalmente qualche libro, ed infine gli occhi, per vedere, capire e cominciare a condurre il suo oramai “sparuto” gregge sui “pascoli erbosi”. … Riassumendo, chiunque accetta, difenda, propagandi e divulghi in qualsiasi modo, i documenti aberranti del Vaticano II incorre “ipso facto” in una scomunica “maggiore” che pone fuori dalla Chiesa Cattolica spianandosi il cammino verso il fuoco eterno … ma siamo fiduciosi ad oltranza … preghiamo … la speranza è l’ultima a morire!

– Le IMMAGINI della Santissima TRINITA’ – Novena

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– Le IMMAGINI della Santissima TRINITA’ – Novena

Le divine Persone non si possono dipingere se non in quelle figure che assunsero quando si resero visibili agli uomini. Quindi il Padre non può essere rappresentato che in un vecchio venerando, giusta il profeta Daniele che Lo chiama “l’Antico dei giorni”. Lo Spirito Santo può effigiarsi o in una fiamma come apparve agli Apostoli, o meglio in una colomba come fu decretato nel II Concilio Niceno dacché sotto questo simbolo apparve sul capo di Gesù Cristo quando fu battezzato al Giordano. Non occorre parlare del Figlio perché, essendosi Egli incarnato nella pienezza dei tempi, non si può dipingere altrimenti che in forma d’uomo o penante o glorioso, come meglio si crede. La Chiesa ha sempre disapprovato quelle immagini in cui la SS. Trinità sia rappresentata con figure diverse dalle indicate. Urbano VII col decreto 11 Agosto 1628, ordinò che fossero bruciate quelle immagini in cui la SS. Trinità è rappresentata in un uomo avente tre facce distinte con quattro occhi: e “Benedetto XIV dichiarò “anticanonica” la SS. Trinità raffigurata in tre distinti uomini aventi tutta una eguale, anzi identica fisonomia, dacché lo Spirito Santo non si è mai fatto vedere in forma d’uomo, e i tre Angioli apparsi ad Abramo, se erano sotto qualche rapporto un simbolo della Trinità, erano tre distinti Angeli, non già le tre Divine Persone”.

Considerazioni morali.

 Si possono nella circostanza di sì grande mistero, considerare tre Trinità: — Una in Dio e due nell’uomo. — In Dio è increata, e sono le tre divine Persone e un solo Dio. Delle due Trinità nell’uomo una è creata da Dio e sono le tre Potenze, Memoria, Intelletto e Volontà; tre potenze e un’anima sola. L’altra è prodotta dal peccato; e sono le tre concupiscenze di cui parla S. Giovanni, cioè la concupiscenza degli Onori, delle Ricchezze, dei Piaceri, ossia: Superbia, Avarizia, Sensualità, tre concupiscenze dell’uomo, che non formano tre uomini, ma che si trovano in un solo stesso uomo. Si deve quindi considerare che: 1) la prima Trinità, che è quella in Dio, deve adorarsi con ferma fede, non discutersi con temeraria curiosità. 2) La seconda Trinità, che è quella nell’uomo, deve santificarsi con sollecita attenzione, non trascurarsi con dannosa oziosità. 3) La terza Trinità, che è quella che nell’uomo è prodotta dal peccato, si deve combattere con guerra incessante, non secondarsi con colpevole condiscendenza.

[N.B. La scimmia di Dio, ha opposto a questa triplice TRINITA’, una blasfema triplice “trinità satanica”, che costituisce il segreto più occultato, obbrobrioso ed abominevole, che unisce le diverse obbedienze massoniche in un unico culto a lucifero, ed i cui simboli sono oggi esplicitamente riprodotti in templi satanici – cioè le false chiese del “novus ordo”, come ad es. quella di S. Giovanni Rotondo – e sulle insegne liturgiche degli usurpanti “vicari dell’anticristo”.

Trinità massonica o redenzione gnostico-satanica di Lucifero

(da: G. Meurin, franc-maçonerie synagogue de satan, Paris, 1893]

– Prima trinità massonica o pietra grezza: terra acqua, fuoco.

– Seconda trinità o uomo-dio: corpo, anima, spirito.

– Terza trinità: l’imperatore del mondo, il patriarca del mondo, lucifero.]

 

TRIDUO O NOVENA ALLA SS. TRINITÀ.

Alle tre divine Persone.

Vi adoro e Vi glorifico con tutto il cuore, Trinità sacrosanta, divinità invisibile del Padre, del Figliuolo e dello Spirito Santo, unico vero Dio in tre Persone distinte ma eguali fra loro, e nella gloria e nella maestà. In Voi solo, da Voi e per Voi, esistono tutte le cose, o Sostanza essenziale, Verità infallibile e vera Vita, primo nostro Principio, ed ultimo nostro Fine. Dacché mi faceste a vostra immagine o somiglianza, fate che ai vostri santissimi desideri siano sempre conformi tutti i pensieri della mia mente, tutte le parole della mia lingua, tutti gli affetti del mio cuore, e tutte quante le mie operazioni; affinché, dopo avervi quaggiù veduto in ispecchio ed in enigma, per mezzo della fede, giunga finalmente a contemplarvi faccia a faccia, possedendovi perfettamente per tutti i secoli nel paradiso. 3 Gloria.

Al Padre

Dio Padre, fonte d’ogni essere, da voi emana ogni paternità sulla terra e nel cielo. Voi che, prima della fondazione del mondo, ci predestinaste nel vostro di vin Figliuolo, e dando a noi lo stesso Unigenito per nostra redenzione e salvezza, ci adottaste in Lui per vostri figli, fate che noi sempre Vi adoriamo in spirito di verità, ed osservando fedelmente la vostra legge meritiamo di partecipare cogli Angeli alla eterna eredità del Paradiso. 3 Gloria.

Al Figliuolo.

Dio Figliuolo, generato dal Padre prima dei secoli: lume da lume, Dio vero da Dio vero, eguale e consustanziale al Padre, Splendore della sua gloria, Figura della sua sostanza, eterno Verbo per cui furono create tutte le cose, in cui dimora ogni pienezza di grazia, in cui risiede ogni potere in cielo, in terra e negli abissi, e che verrete nella vostra gloria a giudicare alla fine dei secoli i vivi ed i morti, dacché Vi degnaste di indossare la fragile nostra natura, di farVi obbediente fino alla morte e alla morte di croce, di versare per noi fino all’ultima stilla il vostro Sangue divino, fate che noi Vi siamo sempre riconoscenti a così segnalati favori, e camminando con Voi la strada delle umiliazioni e dei patimenti, giungiamo ancora a partecipare alla gloria del vostro regno. 3 Gloria.

Allo Spirito Santo.

Dio, Spirito Santo, procedente dal Padre e dal Figliuolo. Amore immutabile e sostanziale dell’uno e dell’altro, sorgente d’ogni bontà, dispensatore d’ogni grazia, fortezza e conforto, Santificatore e perfezionatore delle anime, Spirito Paraclito, Datore dei sette doni e della perseveranza finale, Unzione spirituale, Carità inestinguibile, per la di cui opera venne compito il glorioso mistero dell’Incarnazione del Verbo, diffuso il Vangelo in tutto il mondo, e conservato sempre intatto il sacro deposito della Fede, animate noi tutti d’un coraggio simile a quello degli Apostoli per sostenere, malgrado tutte le dicerie e le persecuzioni del mondo, il glorioso carattere di Cristiani, di vivere e morire sempre fedeli alla madre comune dei credenti, la Cattolica Chiesa, fuori della quale non v’ha speranza di salute e di vita. 3 Gloria.

ORAZIONE.

Omnipotens sempiterne Deus, qui dedisti famulis tuis in confessione verae fidei, aeternae Trinitatis gloriam agnoscere, et potentia majestatis adorare Unitatem, quaesumus, ut ejusdem fidei firmitate ab omnibus semper muniamur adversis. Per Dom., etc.

[da: “Manuale di Filotea” di G. Riva, Milano, 1888]

SAN VITO: un Santo ausiliatore – preghiera.

SAN VITO: Un Santo ausiliatore.

[P. Guéranger, “l’anno liturgico” vol. I -1956]

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Oggi, accompagnato da Modesto e Crescenzia, san Vito viene a farci comprendere il valore del battesimo, e la fedeltà dovuta al Padre che è nei cieli. Grande è la sua gloria in cielo e in terra; i demoni, che tremavano davanti a lui, continuano a temerlo; il suo nome rimane impresso nella memoria del popolo cristiano come quello di uno fra i più potenti ausiliari, al seguito di sant’Erasmo. San Vito possiede il potere di liberare coloro che ricorrono a lui quando sono colpiti dal male crudele che porta il suo nome. Egli neutralizza i morsi dei cani arrabbiati e quelli dei serpenti, e si mostra pietoso verso gli stessi animali. Lo si prega ancora contro la letargia, o il sonno troppo prolungato; il gallo che lo accompagna in varie raffigurazioni ricorda tale uso, come pure quello di invocare il nostro santo per ottenere di essere destati ad una data ora. La sua protezione si estende infine ai danzatori e ai commedianti. – Il culto di san Vito risale alla più remota antichità, ma gli Atti della sua vita hanno subito tali interpolazioni che è molto difficile sceverare il vero dalla leggenda. Essi riferiscono che, ancora bambino, avrebbe sofferto per la fede, in compagnia di Modesto, suo precettore, e di Crescenzia, sua nutrice. A Roma, fu dedicata a san Vito una Chiesa dal papa Gelasio e a Parigi il monastero di San Dionigi si faceva vanto nell’VIII secolo di possedere alcune delle sue reliquie. Queste ultime furono cedute al monastero di Corvey, nella Sassonia, e da allora il culto di san Vito divenne molto popolare in Germania.

Preghiera per la guarigione.

“Illustre martire, che hai preferito il Padre del cielo a quello della terra, chi può mai descrivere la tenerezza di cui ti circonda Colui che tu hai con tanto coraggio riconosciuto davanti agli uomini? Egli vuole che fin da quaggiù risplendano nei tuoi riguardi i segni della sua munificienza; poiché ti affida una larga parte nell’esercizio della sua potenza misericordiosa. In cambio della santa libertà che regnò nella tua anima e sottomise in una completa obbedienza il tuo corpo a quest’anima, tu possiedi sulla natura decaduta un meraviglioso potere; gli infelici le cui membra disordinatamente agitate da una crudele malattia non conoscono più la guida di una volontà sovrana, gli uomini stessi che un sonno troppo prolungato non lascia più liberi delle proprie azioni, ritrovano ai tuoi piedi la perfetta armonia del corpo e dell’anima, poiché la docilità del primo permette alla seconda di attendere ai doveri che le incombono verso Dio e verso la società. Illustre Santo, sii sempre più prodigo nell’esercizio del tuo prezioso dono, per il bene dell’umanità sofferente e per la maggior gloria di Dio che ti ha incoronato. Noi te lo chiediamo per tutti insieme alla Chiesa, e per tuo mezzo chiediamo a Dio « di allontanare da noi ogni sentimento di orgoglio, di farci professare l’umiltà che piace a Dio, affinché, disprezzando ciò che è male, pratichiamo amorosamente e liberamente tutto ciò che è bene » (Colletta della Messa).

I SALMI PENITENZIALI

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I SALMI PENITENZIALI

I sette salmi penitenziali costituiscono una pratica spirituale di estrema importanza nella Chiesa cattolica di sempre. Ad essi anche la Liturgia e l’Ufficio divino attingono a piene mani. Questi salmi sono indicati, come preghiera del Cristo sofferente, in tutte le circostanze difficili della nostra vita, e costituiscono un balsamo lenitivo in malattie, angustie, persecuzioni, dissapori, ingiustizie. Hanno pure una grandissima valenza nel lenire le pene del purgatorio ed abbreviare il soggiorno delle anime ivi penitenti. S. Pio V con la Bolla “Quod a nobis” del 9 luglio 1568 accordò l’indulgenza di 50 giorni a chiunque li reciti per obbligo, e con la Bolla “Superni Onnipotentis Dei”, del 5 aprile 1571, l’indulgenza di 50 giorni a chi li reciti per devozione. Riprendiamone la pratica costante applicandola ai nostri bisogni ed in suffragio dei nostri defunti: i benefici, non solo spirituali, non si faranno attendere!

[è superfluo sottolineare che vanno recitati esclusivamente in latino, la lingua della Chiesa!]

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Salmo 6:

[1] In finem, in carminibus. Psalmus David. Pro octava.

[2] DOMINE, NE IN FURORE tuo arguas me, neque in ira tua corripias me.    [3] MISERERE mei, Domine, quoniam infirmus sum; sana me, Domine, quoniam conturbata sunt ossa mea.  [4] Et anima mea turbata est valde; sed tu, Domine, usquequo?  [5] Convertere, Domine, et eripe animam meam; salvum me fac propter misericordiam tuam.  [6] Quoniam non est in morte qui memor sit tui; in inferno autem quis confitebitur tibi?  [7] Laboravi in gemitu meo; lavabo per singulas noctes lectum meum; lacrimis meis stratum meum rigabo.  [8] Turbatus est a furore oculus meus; inveteravi inter omnes inimicos meos.  [9] Discedite a me omnes qui operamini iniquitatem, quoniam exaudivit Dominus vocem fletus mei. [10] Exaudivit Dominus deprecationem meam; Dominus orationem meam suscepit.  [11] Erubescant, et conturbentur vehementer omnes inimici mei; convertantur, et erubescant valde velociter.  

Salmo 31 : 

[1] Ipsi David intellectus. BEATI QUORUM REMISSAE sunt iniquitates, et quorum tecta sunt peccata.  [2] Beatus vir cui non imputavit Dominus peccatum, nec est in spiritu ejus dolus. [3] Quoniam tacui, inveteraverunt ossa mea, dum clamarem tota die. [4] Quoniam die ac nocte gravata est super me manus tua; conversus sum in aerumna mea, dum configitur spina.  [5] Delictum meum cognitum tibi feci, et injustitiam meam non abscondi. Dixi: Confitebor adversum me injustitiam meam Domino; et tu remisisti impietatem peccati mei.  [6] Pro hac orabit ad te omnis sanctus in tempore opportuno. Verumtamen in diluvio aquarum multarum, ad eum non approximabunt.  [7] Tu es refugium meum a tribulatione quae circumdedit me; exsultatio mea, erue me a circumdantibus me.  [8] Intellectum tibi dabo, et instruam te in via hac qua gradieris; firmabo super te oculos meos.  [9] Nolite fieri sicut equus et mulus, quibus non est intellectus. In camo et freno maxillas eorum constringe, qui non approximant ad te.  [10] Multa flagella peccatoris; sperantem autem in Domino misericordia circumdabit.

Salmo 37 :

[1] Psalmus David, in rememorationem de sabbato.  [2] DOMINE, NE IN FURORE TUO ARGUAS ME, neque in ira tua corripias me;  [3] QUONIAM sagittae tuae infixae sunt mihi, et confirmasti super me manum tuam. [4] Non est sanitas in carne mea, a facie irae tuae; non est pax ossibus meis, a facie peccatorum meorum:  [5] quoniam iniquitates meae supergressae sunt caput meum, et sicut onus grave gravatae sunt super me.  [6] Putruerunt et corruptae sunt cicatrices meae, a facie insipientiae meae.  [7] Miser factus sum et curvatus sum usque in finem; tota die contristatus ingrediebar.  [8] Quoniam lumbi mei impleti sunt illusionibus, et non est sanitas in carne mea. [9] Afflictus sum, et humiliatus sum nimis; rugiebam a gemitu cordis mei.  [10] Domine, ante te omne desiderium meum, et gemitus meus a te non est absconditus.  [11] Cor meum conturbatum est, dereliquit me virtus mea, et lumen oculorum meorum, et ipsum non est mecum.  [12] Amici mei et proximi mei adversum me appropinquaverunt, et steterunt; et qui juxta me erant, de longe steterunt, et vim faciebant qui quaerebant animam meam. [13] Et qui inquirebant mala mihi, locuti sunt vanitates, et dolos tota die meditabantur.  [14] Ego autem, tamquam surdus, non audiebam; et sicut mutus non aperiens os suum.  [15] Et factus sum sicut homo non audiens, et non habens in ore suo redargutiones.  [16] Quoniam in te, Domine, speravi; tu exaudies me, Domine Deus meus.  [17] Quia dixi: Nequando supergaudeant mihi inimici mei; et dum commoventur pedes mei, super me magna locuti sunt.  [18] Quoniam ego in flagella paratus sum, et dolor meus in conspectu meo semper. [19] Quoniam iniquitatem meam annuntiabo, et cogitabo pro peccato meo.  [20] Inimici autem mei vivunt, et confirmati sunt super me: et multiplicati sunt qui oderunt me inique.  [21] Qui retribuunt mala pro bonis detrahebant mihi, quoniam sequebar bonitatem.  [22] Ne derelinquas me, Domine Deus meus; ne discesseris a me.  [23] Intende in adjutorium meum, Domine, Deus salutis meae.

Salmo 50 :

[1] In finem. Psalmus David, [2] cum venit ad eum Nathan propheta, quando intravit ad Bethsabee.  [3] MISERERE MEI, Deus, secundum magnam misericordiam tuam; et secundum multitudinem miserationum tuarum, dele iniquitatem meam.  [4] Amplius lava me ab iniquitate mea, et a peccato meo munda me.  [5] Quoniam iniquitatem meam ego cognosco, et peccatum meum contra me est semper.  [6] Tibi soli peccavi, et malum coram te feci; ut justificeris in sermonibus tuis, et vincas cum judicaris.  [7] Ecce enim in iniquitatibus conceptus sum, et in peccatis concepit me mater mea.  [8] Ecce enim veritatem dilexisti; incerta et occulta sapientiae tuae manifestasti mihi.  [9] Asperges me hyssopo, et mundabor; lavabis me, et super nivem dealbabor.  [10] Auditui meo dabis gaudium et laetitiam, et exsultabunt ossa humiliata.  [11] Averte faciem tuam a peccatis meis, et omnes iniquitates meas dele.  [12] Cor mundum crea in me, Deus, et spiritum rectum innova in visceribus meis. [13] Ne projicias me a facie tua, et spiritum sanctum tuum ne auferas a me.  [14] Redde mihi laetitiam salutaris tui, et spiritu principali confirma me.  [15] Docebo iniquos vias tuas, et impii ad te convertentur.  [16] Libera me de sanguinibus, Deus, Deus salutis meae, et exsultabit lingua mea justitiam tuam.  [17] Domine, labia mea aperies, et os meum annuntiabit laudem tuam.  [18] Quoniam si voluisses sacrificium, dedissem utique; holocaustis non delectaberis.  [19] Sacrificium Deo spiritus contribulatus; cor contritum et humiliatum, Deus, non despicies.  [20] Benigne fac, Domine, in bona voluntate tua Sion, ut aedificentur muri Jerusalem.  [21] Tunc acceptabis sacrificium justitiae, oblationes et holocausta; tunc imponent super altare tuum vitulos.

 Salmo 101 :

 1] Oratio pauperis, cum anxius fuerit, et in conspectu Domini effuderit precem suam. [2] DOMINE, EXAUDI orationem meam, et CLAMOR meus ad te veniat.  [3] Non avertas faciem tuam a me; in quacumque die tribulor, inclina ad me aurem tuam; in quacumque die invocavero te, velociter exaudi me. [4] Quia defecerunt sicut fumus dies mei, et ossa mea sicut cremium aruerunt.  [5] Percussus sum ut foenum, et aruit cor meum, quia oblitus sum comedere panem meum.  [6] A voce gemitus mei adhaesit os meum carni meae.  [7] Similis factus sum pellicano solitudinis; factus sum sicut nycticorax in domicilio.  [8] Vigilavi, et factus sum sicut passer solitarius in tecto.  [9] Tota die exprobrabant mihi inimici mei, et qui laudabant me adversum me jurabant:  [10] quia cinerem tamquam panem manducabam, et potum meum cum fletu miscebam;  [11] a facie irae et indignationis tuae, quia elevans allisisti me.  [12] Dies mei sicut umbra declinaverunt, et ego sicut foenum arui.  [13] Tu autem, Domine, in aeternum permanes, et memoriale tuum in generationem et generationem.  [14] Tu exsurgens misereberis Sion, quia tempus miserendi ejus, quia venit tempus;  [15] quoniam placuerunt servis tuis lapides ejus, et terrae ejus miserebuntur.  [16] Et timebunt gentes nomen tuum, Domine, et omnes reges terrae gloriam tuam;  [17] quia aedificavit Dominus Sion, et videbitur in gloria sua.  [18] Respexit in orationem humilium et non sprevit precem eorum.  [19] Scribantur haec in generatione altera, et populus qui creabitur laudabit Dominum.  [20] Quia prospexit de excelso sancto suo, Dominus de caelo in terram aspexit;  [21] ut audiret gemitus compeditorum, ut solveret filios interemptorum;  [22] ut annuntient in Sion nomen Domini, et laudem ejus in Jerusalem,  [23] in conveniendo populos in unum, et reges ut serviant Domino.[24] Respondit ei in via virtutis suae: Paucitatem dierum meorum nuntia mihi: [25] ne revoces me in dimidio dierum meorum, in generationem et generationem anni tui.  [26] Initio tu, Domine, terram fundasti, et opera manuum tuarum sunt caeli.  [27] Ipsi peribunt, tu autem permanes; et omnes sicut vestimentum veterascent. Et sicut opertorium mutabis eos, et mutabuntur;  [28] tu autem idem ipse es, et anni tui non deficient.  [29] Filii servorum tuorum habitabunt; et semen eorum in saeculum dirigetur.

Salmo 129 : 

[1] Canticum graduum. DE PROFUNDIS clamavi ad te, Domine;  [2] Domine, exaudi vocem meam. Fiant aures tuae intendentes in vocem deprecationnis meae.  [3] Si iniquitates observaveris, Domine, Domine, quis sustinebit?  [4] Quia apud te propitiatio est; et propter legem tuam sustinui te, Domine. Sustinuit anima mea in verbo ejus;  [5] speravit anima mea in Domino.  [6] A custodia matutina usque ad noctem, speret Israel in Domino;  [7] quia apud Dominum misericordia, et copiosa apud eum redemptio.  [8] Et ipse redimet Israel ex omnibus iniquitatibus ejus.

Salmo 142 :

[1] Psalmus David, quando persequebatur eum Absalom, filius ejus. DOMINE, EXAUDI orationem meam; AURIBUS percipe obsecrationem meam in veritate tua; exaudi me in tua justitia.  [2] Et non intres in judicium cum servo tuo, quia non justificabitur in conspectu tuo omnis vivens. [3] Quia persecutus est inimicus animam meam, humiliavit in terra vitam meam; collocavit me in obscuris, sicut mortuos saeculi.  [4] Et anxiatus est super me spiritus meus; in me turbatum est cor meum.  [5] Memor fui dierum antiquorum: meditatus sum in omnibus operibus tuis, in factis manuum tuarum meditabar.  [6] Expandi manus meas ad te; anima mea sicut terra sine aqua tibi.  [7] Velociter exaudi me, Domine; defecit spiritus meus. Non avertas faciem tuam a me, et similis ero descendentibus in lacum.  [8] Auditam fac mihi mane misericordiam tuam, quia in te speravi. Notam fac mihi viam in qua ambulem, quia ad te levavi animam meam.  [9] Eripe me de inimicis meis, Domine; ad te confugi.  [10] Doce me facere voluntatem tuam, quia Deus meus es tu. Spiritus tuus bonus deducet me in terram rectam.  [11] Propter nomen tuum, Domine, vivificabis me; in aequitate tua, educes de tribulatione animam meam;  [12] et in misericordia tua disperdes inimicos meos, et perdes omnes qui tribulant animam meam, quoniam ego servus tuus sum.

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Si tratta di un gruppo di Salmi che esprimono la fiducia nella misericordia infinita di Dio verso il peccatore e verso il perseguitato. Formarono una collezione liturgica sin dai primi secoli della Chiesa; già in uso al tempo di S. Agostino, è ricordata da Cassiodoro; fu commentata, pare, da S. Gregorio Magno. La serie dei Salmi Penitenziali era recitata nel venerdì di Quaresima dopo le lodi, il giorno delle Ceneri per il rinvio dei penitenti e il Giovedì Santo per la loro riconciliazione. Fa parte delle preghiere per l’Estrema Unzione, per la Consacrazione delle chiese, la benedizione dei cimiteri, la benedizione dell’abate. È data come penitenza ai chierici promossi alla tonsura e agli Ordini minori.

Considerata in sé, la serie dei Salmi Penitenziali non è un gruppo omogeneo. Comprende infatti, Salmi strettamente penitenziali, (6, 37, 50, 129), di lamentazione (101, 142) e un salmo sapienziale (31). Però spiega la funzione che essi ricevettero nella liturgia cristiana. [Giorgio Castellino; Enciclopedia Cattolica, Vol. IX, Col. 1133 – C. d. Vat., 1952.]

ISTRUZIONI SULLE CAMPANE

Istruzioni sulle campane

[da: “La Filotea del sacerdote G. Riva” – Milano 1888]

campane

Presso gli Ebrei, fatti liberi nell’esercizio del proprio culto si annunciavano le sacre funzioni per mezzo delle trombe levitiche. E nel Cristianesimo, uscito trionfante dalle persecuzioni si introdussero le campane per chiamare i fedeli alla chiesa. – Le CAMPANE COSÌ denominate, o perché la Campania, provincia del regno di Napoli, fu la prima ad usarle, o perché il metallo di detto luogo fu trovato il più acconcio alla fusione di questi vasi metallici, la cui sonorità suole estendersi ai luoghi i più lontani, rappresentano la predicazione degli Apostoli che diffusa in tutti gli angoli della terra chiamò tutti i popoli alla vera fede. – Come tutto quello che è destinato al culto divino elevato ad un ordine soprannaturale per mezzo di apposite benedizioni, così, fino dai primi tempi si ordinò, come si legge nel Pontificale, che “ogni Campana prima che si ponga sul campanile, venga benedetta secondo l’ordine per ciò stabilito”. – Questa benedizione non può darsi se non dal Vescovo, e solo in certi casi particolari da qualche suo delegato costituito in ecclesiastica dignità. Essa impropriamente dal volgo si chiama Battesimo, forse perché nel benedire le campane, occorrono alcune cerimonie proprie del Battesimo degli adulti, com’è il recitare Salmi, il lavar la Campana coll’acqua benedetta, l’ungerla coll’Olio Santo degli Infermi e col sacro Crisma, l’imporle il nome di un Santo, senza dire della pratica di alcuni paesi di ammettervi anche i Padrini, il che non è prescritto, ma tollerato.

Le campane si benedicono, o si consacrano per 4 ragioni:

. Lo Spirito Santo nella Pentecoste consacrò colla unzione della grazia le lingue degli Apostoli prima che andassero a predicare; – 2.° Acciò esse, per mezzo della benedizione, siano come trombe della Chiesa Militante;   – 3.° Per spaventare e discacciare il nemico infernale, e rompere i di lui sforzi nelle tentazioni con cui assale le nostre anime, e nelle tempeste con cui travaglia ì nostri corpi e le nostre campagne; – Per animare a battaglia contro di esso i fedeli, indicando loro le ore dell’orazione e degli altri esercizi della cristiana pietà. – Nel consacrar le Campane si dà loro il nome di qualche Santo: 1) per discernere le une dalle altre, e distinguere i segni ai quali sono specialmente destinate; 2) acciò i fedeli siano più animati al servizio di Dio, parendo loro di esservi invitati dalla voce di qualche santo; 3) acciò le orazioni di quel santo eccitino i cuori de’ fedeli ad imitarne gli esempi.

La strana sindrome di nonno Basilio: 23

nonno

Attendite, popule meus, legem meam; inclinate aurem vestram in verba oris mei. Aperiam in parabolis os meum; loquar propositiones ab initio; quanta audivimus et cognovimus ea, et patres nostri narraverunt nobis…”  [Popolo mio, porgi l’orecchio al mio insegnamento, ascolta le parole della mia bocca. Aprirò la mia bocca in parabole, rievocherò gli arcani dei tempi antichi. Ciò che abbiamo udito e conosciuto e i nostri padri ci hanno raccontato, non lo terremo nascosto ai loro figli; diremo alla generazione futura le lodi del Signore, la sua potenza e le meraviglie che egli ha compiuto. Ha stabilito una testimonianza in Giacobbe, ha posto una legge in Israele: ha comandato ai nostri padri di farle conoscere ai loro figli, perché le sappia la generazione futura, i figli che nasceranno. Anch’essi sorgeranno a raccontarlo ai loro figli perché ripongano in Dio la loro fiducia e non dimentichino le opere di Dio, ma osservino i suoi comandi.”]. Caro direttore, mi perdoni se non l’ho salutata subito, ma ero così immerso nella lettura, che ho cominciato a scrivere quasi meccanicamente quello che a memoria stavo ripetendo. Mi perdoni ancora e mi saluti cordialmente i suoi lettori, ammesso che ci sia ancora qualcuno disposto a leggere le mie scribacchiate. Avrà sicuramente riconosciuto i versetti iniziali del salmo LXXVII, salmo di Asaf, un Maskil, cioè uno scritto magistrale, basilare, istruttivo delle realtà spirituali, profondissimo, pur nella narrazione storico-evocativa, che andavo leggendo e meditando con i miei cari nipoti, i già a lei noti Mimmo e Caterina, ai quali avevo appena mostrato il contenuto della lettera dello zio Pierre di cui le parlavo la volta scorsa. Questo era uno dei salmi preferiti dal mai abbastanza compianto zio Tommaso, santo prete, figura gigantesca della mia infanzia e della prima giovinezza, ed ancora presente nella mia memoria con la sua saggezza divinamente ispirata dei sacerdoti di un tempo – a lui si addiceva perfettamente il “Tu es sacerdos in aeternum” … del salmo CIX, 4 ! -, figura della cui incidenza sui miei valori morali e spirituali mi rendo conto solo ora, nella mia malandata vecchiaia, ma anche così mi è di dolce conforto …! Valori che il salmo in oggetto auspicava venissero tramandati ai posteri, in particolare dal corpo sacerdotale. All’uopo, ricordo che il “mio” Papa, il “Genio” Pacelli (noi monelli dell’epoca lo chiamavamo “E’ un Genio”, parafrasando il suo nome Eugenio), il Petrus romanus” Pio XII, aveva cercato di arginare il movimento neomodernista, tornato con virulenza pestifera all’assalto del Cattolicesimo, sostenuto dalle filosofie e pseudo-teologie (sarebbe forse il caso di dire “anti-teologie”) delle conventicole esoterico-iniziatiche” infiltrate nelle menti bacate di superbi e lussuriosi chierici di “alto bordo”, e dai marrani della “quinta colonna” [sempre nel linguaggio colorito dello zio Pierre, e se no … di chi altri?] con scritti e Magistero illuminante il cui apice fu l’Enciclica “Humani generis”(caro direttore mi perdoni ma, anche se questo esula dai suoi compiti, dovrebbe trovare prima o poi il modo di pubblicarla, non fosse altro che per far capire ai giovani sacerdoti che il Cattolicesimo è ben altra cosa rispetto alle barzellette che sono state loro insegnate facendo studiare non la teologia del “Dottore angelico”, bensì lo gnosticismo così malamente celato della “Nouvelle Théologie”, impastata di naturalismo, immanentismo, dualismo, docetismo, primato della coscienza ed altre amene … bestialità, grembiulinate ed immondezze varie, favole giudaiche, come dice l’Apostolo, … formando così “ciechi che guidano altri ciechi, ipovedenti, miopi, assonnati, abulici, distratti, infingardi …”!). Spiego all’attenta Caterina e a Mimmo, che fa finta di essere disinteressato, ma in realtà con finti occhi sonnacchiosi ascolta attentamente, che sull’intestazione della suddetta Enciclica appare la dicitura:ENCICLICA “HUMANI GENERIS” DI S. S. PIO XII “CIRCA ALCUNE FALSE OPINIONI CHE MINACCIANO DI SOVVERTIRE I FONDAMENTI DELLA DOTTRINA CATTOLICA”. Queste false opinioni erano state già condannate da Leone XIII, che tra l’altro in “Satis cognitum” scrive: «Ripugna alla ragione che anche in una sola cosa non si creda a Dio che parla (…). Non è lecito, perciò, ripudiare neppure “uno solo” (“iota unum” avrebbe detto Gesù – n.d.Bas.-) degli ammaestramenti degli Apostoli, come non si può rigettare nulla della dottrina di Gesù Cristo». Le neo-eresie riproposte e anatemizzate da Pio X (in “Pascendi” e decreto “Lamentabili”), e fin dal Syllabo di Pio IX, sono proprie quelle che il Concilio Vaticano II ed il postconcilio (la segatura marcia prodotta dal “punteruolo rosso” del Vaticano II, che sta svuotando la palma robusta della Galilea, tanto per usare un’espressione biblica), hanno rimesso attualmente in auge … mi conferma prontamente Caterina, traghettate da personaggi già ampiamente messi all’indice in epoca preconciliare, cioè cattolica, e riesumati con tanto di onori dalle “maestranze vaticane” evidentemente conniventi. Caterina mi ricorda alcuni nomi, alcuni già a me tristemente noti, come i (finti)domenicani Marie-Dominique Chenu ed Yves Congar, i (finti)gesuiti Henri de Lubac, Hans Urs von Balthasar, Theilard de Chardin, ed altri nuovi (tra cui un certo Karl Rahner, ed un giovane teologo bavarese dall’aria da volpone falsamente innocente) certamente teologicamente più dinamitardi dei precedenti, vere “ruspe” dell’edificio Cattolico romano. Tra una considerazione e l’altra continuo la lettura del Salmo (la preghiera innanzitutto, amabile direttore …!), siamo ai versetti 36-37: “Et dilexerunt eum in ore suo, et lingua sua mentiti sunt ei; cor autem eorum non erat rectum cum eo, nec fideles habiti sunt in testamento ejus. Ipse autem est misericors, et propitius fiet peccatis eorum et non disperdet eos. Et abundavit ut averteret iram suam, et non accendit omnem iram suam”. [lo lusingavano con la bocca e gli mentivano con la lingua; il loro cuore non era sincero con lui e non erano fedeli alla sua alleanza. Ed egli, pietoso, perdonava la colpa, li perdonava invece di distruggerli. Molte volte placò la sua ira e trattenne il suo furore…] ma guarda un po’, questo Asaf sembra partecipare alla nostra conversazione … non avrà mica pure lui letto, magari profeticamente, gli atti dell’anti-concilio che Caterina possiede e ogni tanto legge inorridita.… bah … sarà un effetto della mia memoria malata … che le devo dire, direttore!?? Egregio direttore, voglio solo ricordarle alcuni brevi passi di questa “infallibile ed irreformabile Enciclica”, giusto per farle comprendere come questo “vero” Santo Padre (… che si sono guardati bene dal canonizzare i profeti della sinagoga di satana infiltrati e organizzanti il “conciliabolo” ed il post conciliabolo!!… e che canonizzano però “subito” personaggi notoriamente “guasti” – per fortuna invalidamente, dice sempre la vispa Caterina … ma come mai e perché?) avesse ben compreso gli eventi in atto anche se poi gli avvenimenti lo hanno travolto, fino addirittura alla morte provocata con tempismo da orologiaio dall’acqua “tofana” (come diceva col dito ritto davanti al naso lo zio Pierre, … chissà cosa volesse dire?!): “Chiunque osservi il mondo odierno, che è fuori dell’ovile di Cristo, facilmente potrà vedere le principali vie per le quali i dotti si sono incamminati. Alcuni, senza prudenza né discernimento, ammettono e fanno valere per origine di tutte le cose il sistema evoluzionistico, pur non essendo esso indiscutibilmente provato nel campo stesso delle scienze naturali, e con temerarietà sostengono l’ipotesi monistica e panteistica dell’universo soggetto a continua evoluzione. Di quest’ipotesi volentieri si servono i fautori del comunismo per farsi difensori e propagandisti del loro materialismo dialettico e togliere dalle menti ogni nozione di Dio. Le false affermazioni di siffatto evoluzionismo, per cui viene ripudiato quanto vi è di assoluto, fermo ed immutabile, hanno preparato la strada alle aberrazioni di una nuova filosofia che, facendo concorrenza all’idealismo, all’immanentismo e al pragmatismo, ha preso il nome di “esistenzialismo” perché, ripudiate le essenze immutabili delle cose, si preoccupa solo della “esistenza” dei singoli individui (….). Si nota poi un altro pericolo, e tanto più grave, perché si copre maggiormente con l’apparenza della virtù. Molti, deplorando la discordia e la confusione che regna nelle menti umane, mossi da uno zelo imprudente e spinti da uno slancio e da un grande desiderio di rompere i confini con cui sono fra loro divisi i buoni e gli onesti, abbracciano perciò una specie di “irenismo” che, omesse le questioni che dividono gli uomini, non cerca solamente di ricacciare, con unità di forze, l’irrompente ateismo, ma anche di conciliare le opposte posizioni nel campo stesso dogmatico …”. Gliela scriverei tutta, direttore, ma comprendo che non posso, e allora lo faccia lei da solo, tanto la trova su internet … mi diceva l’altro giorno Caterina. Così va avanti il neomodernismo, mi dicono Caterina e Mimmo, cioè la umanizzazione del Sacro, continuo io, la banalizzazione delle cose divine, in particolare il Santo Sacrificio ed i Sacramenti, e massimamente la profanazione dell’Eucarestia, la cancellazione sostanziale dei dogmi cattolici che, se apparentemente vengono conservati, sono svuotati del loro valore profondo intrinseco. E così eliminati, dunque, il Redentore e l’ortodossia, esaltate intelligenza e destrezza al posto delle virtù, non restano che vizi, corruzione, ingiustizie ed un desolante materialismo all’Umanità, privata anche del conforto spirituale dei pastori che nulla hanno ormai da dare, al di fuori dei dannosi e demagogici vaneggiamenti sull’accoglienza e sulla condivisione, indiscriminate, temi da sempre oggetto dell’oratoria politica. Una fede cattolica meno rigorosa, con i canoni aggiornati, velata da un finto pauperismo volutamente sacrilego, è certamente gradita al mondo, ma è causa di perdizione per troppe anime, per le quali, non bisogna dimenticarlo, il Salvatore ha versato il Sangue, non i preti, i vescovi, i cardinali e i papi moderati [a me sembrano in verità delle parodie ridicole, secondo quanto dice Caterina, che hanno persino mistificato il messaggio di Fatima, perché non in sintonia con le loro negoziazioni irenistiche. Le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti! Lo diceva Gesù: “… è dai frutti che riconoscerete l’albero.” Se i frutti non sono buoni, o l’albero non è buono in partenza, o è stato attaccato dal “punteruolo rosso” … “e dài nonno, con questa storia del punteruolo …” sbotta Mimmo! Va bene … sono diventato noioso, speriamo che il Signore provveda quanto prima mandandoci un rappresentate di Cristo che ripristini la retta dottrina … ma riprendiamo il salmo (vv.45-46) “Mandò tafàni a divorarli e rane a molestarli. (Direttore, ma allora il punteruolo c’era già allora!!! ). Diede ai bruchi il loro raccolto, alle locuste la loro fatica” … (vv. 69-72) e: “Costruì il suo tempio alto come il cielo e come la terra stabile per sempre. Egli scelse Davide suo servo e lo trasse dagli ovili delle pecore. Lo chiamò dal seguito delle pecore madri per pascere Giacobbe suo popolo, la sua eredità Israele. Fu per loro pastore dal cuore integro e li guidò con mano sapiente”. Ma questo Asaf ci sta proprio ascoltando, direttore … ne sono certo, non è la mia mente, mi lasci meditare e vedrà che alla prossima mi saprò spiegare meglio! Adesso sono un po’ confuso, direttore, mi perdoni, troppe emozioni! La saluto cordialmente. A presto!

Preghiera a S. Antonio di Padova

Preghiera a S. Antonio di Padova

s-antonioicona

Si quaeris miracula

mors, error, calamitas,

daemon, lepra fugiunt,

Aegri surgunt sani:

Caedunt mare, vincula;

membra, resque perditas

petunt et accipiunt

iuvenes et cani.

Pereunt pericula,

cessat et necessitas;

Narrant hi qui sentiunt,

dicant Paduani!

Caedunt etc…

Gloria Patri, et Filio et Spiritui Sancto.

Caedunt etc.

V. Ora pro nobis, baeati Antoni.

R. Ut digni efficiamur promissionibus Christi.

Oremus

 Ecclesiam tuam, Deus, beati Antonii Confessoris, tui atque Doctoris solemnitas votiva laetificet spiritualibus semper muniatur auxiliis, et gaudiis perfrui mereatur aeternis. Per Dominum nostrum. 

[Ind. 300 gg. 1 v.g. plen. S.c.p.t.m.]

[Se cerchi miracoli,

la morte, l’errore, la calamità,

il demonio, la lebbra fuggono,

gli infermi si alzano sani.

Obbedisce il mare, si

spezzano le catene, i giovani

e i vecchi chiedono

e riacquistano le membra

e le cose perdute.

Spariscono i pericoli,

cessa il bisogno:

lo raccontino quanti

lo provano, lo testimonino

i padovani.

V.: Prega per noi o beato Antonio –

R.: affinché siamo resi degni delle promesse di Cristo.        

  Preghiamo: La festa del beato Antonio, tuo Confessore e Dottore, allieti, o Dio, la tua Chiesa, affinché sia sempre soccorsa dagli aiuti spirituali e meriti di gustare le gioie eterne. Per N.S.G.C. tuo Figliuolo.]

Gli oggetti perduti.

   Si racconta che nella città di Montpellier dove insegnava la teologia ai Frati, essendo sparito il suo Commento ai Salmi, il ladro fu costretto da satana stesso a riportare l’oggetto la cui perdita causava al Santo i più vivi rimpianti. Parecchi vedono in questo fatto l’origine della devozione che riconosce Antonio come il patrono delle cose perdute: devozione basata fin dall’origine sui miracoli più splendenti e che continue grazie hanno confermata fino ai nostri giorni.

 

Antif. di S. Bonaventura alla LINGUA di S. Antonio.

lingua s.Antonio

O lingua benedicta, quae Dominum semper benedixisti et alius benedicere fecisti, nunc manifeste apparet quanti meriti apud Deum exstitisti.

  1. Ora pro nobis beate Antoni. – R. Ut digni eff. Etc.

Oremus

Visita quaesumus Domine abitationem istam, eique sanctum Antonium confessorem tuum interesse facias, ut nulla valeat inimici fraude turbari, per Christum Dom. etc. [Filotea del sac. G. Riva, Milano 1888].

Omelia della IV Domenica dopo Pentecoste

Omelia della Domenica IV dopo Pentecoste

[Del canonico G. B. Musso – Seconda edizione napoletana, Vol. II -1851-]

pesca 2

Uomini come pesci-

Fa menzione l’odierno Evangelo d’una pesca miracolosa notturna tentata da’ discepoli del Salvatore con esito infelicissimo; poiché passarono tutta la notte in fatiche continue, e non venne loro fatto di prendere un solo pesce: “tota nocte laborantes nihil coepimus”; ma poi, gettata nuovamente la rete, raccolsero una tal copiosa moltitudine di pesci, che la rete minacciava di rompersi, e la navicella di affondarsi. Da questa evangelica narrazione di pescatori e di pesca io prendo motivo di assomigliare gli uomini ai pesci. Non vi sorprenda l’assunto, è S. Ambrogio che me ne porge l’idea. “Pisces enim sunt, dice egli, qui hanc enavigant vitam” (Lib. 4 in Luc.). E a questa similitudine fece allusione il divin Redentore allorché disse a Pietro e ad Andrea; venite, seguitemi, e di pescatori di muti animali farò che siate pescatori di uomini: “Venite post me, et faciam vos fieri piscatores hominum”. Ora siccome i pesci si lasciano ingannare dal pescatore per un poco d’esca lusinghiera, così una gran moltitudine d’uomini incauti si lasciano ingannare dal pescatore per quel poco di dolce, con cui li alletta a peccare. Deploriamo, fedeli amatissimi, la stoltezza di quei peccatori, che per un misero gusto di soddisfazione brutale cadono nella rete del peccato e del demonio, e perdono miseramente la vita dell’anima e l’eterna vita. La proposta allegoria degli uomini simili ai pesci riuscirà per avventura più sensibile, più opportuna al disinganno, e allo spirituale vantaggio di tutti. Favoritemi della solita vostra graziosa attenzione. – Fingiamo ipotesi (anche le ipotesi impossibili giovano a meglio schiarire la verità), fingiamo che i pesci avessero intendimento e discorso, e tra di loro andassero dicendo così: mirate quanto è grande la bontà e l’amore, che gli uomini hanno per noi. Abbandonano le loro case, vengono sulla sponda del mare, o ascendono su qualche naviglio, passano le notti in vigilie, e i giorni sotto la sferza del sole, esposti ai venti, alle piogge e al rigore delle stagioni. E tutto ciò perché? Per recarci qualche scelto alimento, per gettarci i più squisiti bocconi. Un tal discorso farebbe pietà insieme, e moverebbe il riso. Stolti, insensati, voi potreste rispondere, gustate pure ed inghiottite quei cibi, che gli uomini vi apportano, e mi saprete poi dire quanto è grande per voi la loro bontà. Quel che non dicono, né possono dire i pesci muti e irragionevoli, lo dicono tanti uomini del bel mondo, dediti al piacere e al libertinismo, descritti nel libro della Sapienza: “Venite fruantur bonis” [Cap. II, 6], si dicono essi a vicenda: non vedete quanti beni ci presentano le creature, il mondo, il senso, la gioventù? Venite adunque, godiamo di questi piaceri, faranno questi la nostra felicità: “venite ergo, et fruamur bonis . . . quoniam haec est pars nostra” (V, 8). Ah gente senza consiglio, più insensati, più deplorabili che i pesci non sono! Sotto l’esca allettante de’mondani piaceri si nasconde un amo adunco, micidiale, che vi strapperà le viscere, che vi toglierà la pace, la vita di grazia, e, se non vomitate con vera penitenza il dolce boccone trangugiato, anche la vita eterna. È lo Spirito Santo, che precisamente descrive nell’Ecclesiaste la vostra insensatezza e la vostra disgrazia. Avviene agli uomini, dice egli, come ai pesci, di venir presi ed uccisi da un amo nascosto: “Sicut pisces capiuntur hamo , sic capiuntur hómines” (Eccl. IX, 11). – Vediamolo in pratica. Quel giovane frequenta ridotti: il demonio, pescatore scaltrito, lo alletta al giuoco coll’esca del guadagno, colla speranza di accrescere il suo coll’altrui danaro, e di rifarsi delle sue perdite. Questa è l’esca lusinghevole, sotto di cui un amo crudele gli fa poi sentire le più vive punture, per le perdite di somme considerabili, per le discordie domestiche, minacce del padre adirato, lacrime dell’afflitta madre, rimproveri de’ congiunti, amarezze, rancori, disperazioni. Oh povero pesce ingannato, quanto ti costa quell’esca traditrice! “Sint pisces capiuntur hamo, sic capiuntur homines”. Quell’altro è spinto a intavolare una lite. Il demonio per invilupparlo in una rete inestricabile muove la passion dell’interesse colla speranza della vittoria, muove quella dell’amor proprio, e gli fa credere forti, evidenti, insuperabili le sue ragioni, e di niun peso quelle della parte avversa; muove l’irascibile, e gli fa dire: quando anche dovessi restar mendico, non voglio che il mio emolo se ne rida. Tutte queste passioni compongono un’esca molto saporosa ed attraente: vediamo se chi l’ingozza l’indovina. S’incomincia la lite, incominciano gli affanni, si prosegue, si va avanti, e allo stesso passo corron le spese; ma le lusinghe sono che presto sarà finita. Passano intanto i mesi, passano gli anni, ma non cessa il conturbamento dell’anima, ed il dolor della borsa: nascono incidenti che affliggono, sospetti che affannano: succedono bugie, che velate consolano, e scoperte amareggiano giorni tristi, notti inquiete: lunghe anticamere, accoglimenti poco graziosi: sommissioni che costano, raccomandazioni che non giovano, parole simulate, promesse non adempite, odi, inimicizie, decadenza di stato, rovina di famiglia. Ecco le fitte pungenti e crudeli dell’amo nascosto, a cui delusi da un falso bene vi siete appigliato. Così è: “sicut pisces capiuntur hamo, sic capiuntur homines”. – Voi, o donna, coltivate quell’amicizia: badate bene, colui che vi viene attorno vuole tradirvi. Le lodi, le adulazioni, i donativi, le promesse sono le solite vie dell’inganno e del tradimento, e sono esche lusinghevoli per tirarvi a’ suoi malvagi disegni. Non mi credete? aspettate forse che vi obblighi a credermi la vostra luttuosa esperienza? Oh Dio! Già questa vostra amistà è divulgata, le visite troppo frequenti fan parlare i vicini, ne mormorano i lontani, tutto il paese ne bolle. Siete figlia? Contro di voi si allarmano i genitori, i fratelli, i congiunti, i veri amici. Siete maritata? Sorgono contro di voi le gelosie, i sospetti, le minacce, le percosse dell’offeso consorte. Chiunque voi siete, se non recidete il filo della rea corrispondenza, il vostro onore è perduto, non potete più mostrar faccia, e coll’onore perduta avete la grazia di Dio e dell’anima. Questo vuol dire lasciarsi ingannare come i pesci dall’esca: “Sicut pisces capiuntur hamo, sic capiuntur homines” – Non sempre, dirà qui un uomo di mondo, non sempre avvengono le da voi descritte disavventure. Quante volte i pesci senza lor danno portan via dall’amo la pasta, e troncano il filo o fuggono dalla rete, e liberi guizzanti lasciano deluso il pescatore? – Ho inteso. E da casi rari, fortuiti, volete dedurre una general conseguenza, che dunque l’esporvi al pericolo sia da uom ragionevole e da buon cristiano? Eh miei cari, pericolo di peccare, che si vuole, si cerca, si ama, è peccato, in morale non si distinguono, e in pratica il pericolo che non si teme si cangia in ruina: “Qui amat periculum, in illo peribit (Eccl. III, 27). – Sansone, prodigio di fortezza, allettato dalle carezze di Dalida, e caduto nelle sue reti, rompe la prima, la seconda, la terza volta le grosse funi, i forti legami, con cui dalla traditrice è stato avvinto; sprezza il pericolo, si fida della sua forza, e finalmente dato in man de’ nemici perde la libertà, perde gli occhi, e perde la vita. Ecco il tragico fine di questo grosso fortissimo pesce; ecco l’esito funesto dei dolci allettamenti, e del non curare i pericoli. Diciamolo ancor una volta: “Sicut pisces capiuntur hamo, sic capiuntur nomine”. – Un altro pesce stoltissimo fu Esaù. Voi stupite in sentire dalle divine Scritture ch’egli rinunziò alla sua primogenitura, e con essa al diritto di pingue eredità, per una vile minestra di lenticchie. E poi non vi fa specie, quando voi, per un sozzo piacere, per un vile interesse, per una momentanea soddisfazione rinunziate a Dio e all’eredità del regno eterno. Non basta; la rinunzia di un sommo bene, voi lo sapete, porta seco necessariamente l’incontro di un sommo male. Or ditemi di grazia se l’uomo non è più stolto di un pesce, qualora per un boccone di sensuale diletto si condanna ad un sempiterno supplizio? Nel corso delle umane cose, dice il S. Giobbe, dove si troverà persona così insensata, che voglia gustar di un cibo, conoscendo che le darà la morte? “Potest aliquis gustare, quod gustatum offert mortem?” (Iob. VI, 6). Sia pur dolce, dolcissima una bevanda, sia pur ardente la sete, se di certo si sa che in fondo a quel bicchiere brillante sta una goccia di veleno, niuno è così pazzo, e nemico di se stesso da accostarvi le labbra. Giusto riguardo per non perdere la vita. E solo, solo per l’anima saremo ciechi, forsennati, indifferenti, insensibili? O cristiani, dov’è la nostra fede, dov’è l’uso di nostra ragione, dov’è il naturale amore di noi stessi? – Non poteva darsi pace il povero Gionata, quando si vide condannato a morte per aver gustato una goccia di miele: “Gustans, gustavi paullulum mellis, et ecce morior” (I Re XIV, 43). Da un più grande e doloroso rammarico saranno compresi ed agitati tutti coloro, che per una stilla d’animalesco piacere hanno segnata la sentenza della loro morte spirituale ed eterna. – Eh via, miei cari, fuggiamo una volta, fuggiamo per carità gli allettativi del demonio, del mondo e della carne, a’ quali abbiamo solennemente rinunziato nel santo Battesimo. – Il Signore per nostra istruzione ci manda ad imparare la sollecitudine dalla formica, la semplicità della colomba, la prudenza del serpente, ed io, per vostro bene, contentatevi che vi proponga l’esempio di alcuni pesci, che sembrano dotati di ragione, di senno e di consiglio. Vedono questi sovente andar ondeggiando tra’ flutti esche saporite, delicati bocconi; vedono accorrere a questi tanti altri pesciolini, ed essi? Oh! Essi, sebbene allettati dalla vista, sebbene spinti dalla fame, guai che si accostino, voltano la coda, li lasciano intatti, e deludono lo scaltro pescatore. Volete vedere un di questi pesci saggi, prudenti, giudiziosi? (Già vi dissi dal bel principio con S. Ambrogio : “pisces sunt, qui hanc enavigant vitam”) . Vedetelo dunque in casa di Putifarre, egli è Giuseppe figliuolo di Giacobbe. Questo casto virtuosissimo giovane venne più volte tentato dall’impudica padrona; ma egli occhi a terra, piedi in fuga, e costanti rifiuti; e quando la sfacciata ardì tenerlo per la veste, gliel’abbandonò fra le mani, e si salvò con fuggire. Atto sì generoso, vittoria così segnalata meritò che Iddio l’esaltasse al grado di viceré dell’Egitto, e la gloria del suo nome immortale ne’ secoli, qual santo patriarca in terra, e beato comprensore nel cielo. Esempio così luminoso non ha bisogno di commento. Felice chi navigando fra i pericoli di questo mare tempestoso, che è il mondo, saprà fedelmente seguirlo. Più felice chi si avvicinerà al divino Redentore per esser preso dalle sue dolci attrattive. Egli, come abbiamo dall’odierno Vangelo, ascese sulla barca di Simon Pietro, per essere più facilmente inteso dalle turbe che stavano sul lido, e, come osserva S. Gregorio Nazianzeno, per far preda del cuor dell’uomo, per trarre dal profondo delle lor colpe i peccatori, come dal fondo del mare si traggono i pesci. “Ut a profundis extrahat. piscem hominem, natantem in amaris huius vitae pericoli” (D. T. in Cat. aurea). – Conchiudiamo: Gesù Cristo rassomiglia la sua Chiesa ad una gran rete, che nel suo seno accoglie una moltitudine immensa di pesci di ogni genere, di ogni forma, di ogni colore: “Simile est regnum coelorum sagenae missae in mare, et ex omni genere piscium congreganti” (Matth. XIII, 17). Tratta sul lido la rete si fà da’ pescatori la scelta, i pesci buoni si ripongono in vasi opportuni, i cattivi si gettano a marcir sull’arena. Così avverrà alla fine del mondo nella gran valle; discenderanno gli angeli dal cielo a separare i buoni da’ malvagi, i giusti da’ riprovati. Quei che dagl’incentivi del senso, dalle lusinghe del mondo si sono lasciati sedurre saranno gettati all’eterna perdizione, quei che da saggi e prudenti han saputo disprezzare i vietati piaceri, fuggire i pericoli e mantenersi a Dio fedeli, saranno collocati negli eterni tabernacoli, ove Iddio ci conduca.

Terza Creazione dello Spirito Santo: la Chiesa.

Con la “terza creazione” dello Spirito Santo, siamo agli ultimi capitoli prima del “botto finale”, rappresentato dalla quarta creazione: il Cristiano! In attesa quindi della delucidazione delle azioni dello Spirito Santo sull’uomo “cristiano” da santificare, attraverso i “doni” che generano i “frutti”, le opere di misericordia, le virtù e le beatitudini, godiamoci con calma, ruminandoli e facendoli nostri, questi capitoli interessantissimi, che tra l’altro ci danno un’idea precisa della fondazione della “vera” Chiesa di Cristo da parte dello Spirito Santo, e del sostegno che, in collaborazione alla altre Persone della Santissima TRINITA’, Esso costantemente mostra, anche in questi tempi di generale apostasia, usurpazione dell’Autorità e di “eclissi”. Non finiremo mai di ringraziare il buon DIO per aver ispirato con largo anticipo a mons. Gaume quest’opera fondamentale per la rinascita ed un rinnovato splendore della Chiesa Cattolica, l’unica Chiesa per la Quale si giunge alla salvezza eterna.

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Terza Creazione dello Spirito Santo: la Chiesa.

[dal Trattato dello Spirito Santo, vol. II capp. XV, XVI, XVII]

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L’Incarnazione è l’asse del mondo. La storia universale non è altro che lo svolgimento di questo mistero: compiuto che sia una volta nell’ultimo degli eletti, i tempi finiranno. Per realizzare l’Uomo-Dio, lo Spirito Santo creò Maria. Per generalizzare l’Uomo-Dio, crea la Chiesa. In quella guisa che il cristiano è il prolungamento di Gesù Cristo, cosi la Chiesa è il prolungamento di Maria. Ciò che Maria è di fronte a Gesù, similmente la Chiesa lo è al cristiano. I tratti divini che distinguono Maria, distinguono la Chiesa. Maria è la prima creazione dello Spirito Santo nella legge di grazia, la Chiesa é la terza. Maria è ripiena di tutti i doni delio Spirito Santo: cosi la Chiesa è ripiena di tutti i doni dello Spirito Santo. Maria è Vergine; la Chiesa è vergine: Maria è madre e sempre vergine; la Chiesa è madre e sempre vergine. Lo Spirito Santo, sopravvenuto in Maria, riposa sempre in Lei; Ei La protegge, La ispira, La dirige. Disceso sulla Chiesa, lo Spirito Santo abita sempre in essa per proteggerla, ispirarla, dirigerla. Maria è il focolare della carità; la Chiesa lo è del pari. Queste analogie e altre ancora rivelano la misteriosa unità che presiede alla deificazione dell’uomo: ecco alcuni particolari sopra ciascuna. – Maria è la prima creazione dello Spirito Santo; la Chiesa, la terza. « La terza persona dell’augusta Trinità, dice san Basilio, non lascia 1′ Uomo-Dio risuscitato tra i morti. L’uomo aveva perduto la grazia che aveva ricevuta il di della sua creazione dal soffio di Dio. Il Verbo incarnato gliela vuol rendere. Per ciò Egli soffia sulla faccia de’ suoi discepoli. E che dice loro: Ricevete lo Spirito Santo, i peccati saranno rimessi a chi voi li rimetterete, e ritenuti a chi li riterrete. Che vuol Egli dir ciò, se non che la Chiesa, la sua gerarchia ed il suo governo sono evidentemente e senza contrastoL’opera dello Spirito Santo ? È Esso medesimo, dice san Paolo, che ha dato alla Chiesa da prima gli Apostoli: quindi i profeti: in terzo luogo i dottori: poi il dono delle lingue e dei miracoli, secondo che Egli ha giudicato conveniente. » Apriamo il Libro sacro e seguitiamo, passo passo, il racconto di questa meravigliosa creazione. Ei ci mostrerà che lo Spirito Santo ha formato la Chiesa, come ha formato Maria. « Cum complerentur dies Penlecostes: Come i giorni della Pentecoste erano per finire. [Acti II, 1.] ». – La risurrezione e l’ascensione del Salvatore erano state talmente rispettate, che la discesa dello Spirito Santo doveva in virtù dei numeri sacri, aver luogo nelle feste della Pentecoste mosaica. Siccome in questi giorni lo Spirito Santo aveva per mezzo del ministero degli Angeli dato a Mosè la legge di timore, la quale costituiva definitivamente gli Ebrei allo stato di nazione e di nazione separata, cosi parimente Egli scelse quei giorni solenni per dare, in persona, la legge d’ amore che sostituiva la Chiesa alla Sinagoga, e costituiva definitivamente allo stato di nazione universale la grande famiglia cattolica. Ecco perché la discesa dello Spirito Santo non ebbe luogo lo stesso giorno della Pentecoste mosaica, ma il giorno dopo, primo giorno della grande ottava. Sappiamo infatti, che i Giudei celebravano la Pentecoste il sabato, e gli Apostoli la celebrarono la domenica. Scegliere per la rigenerazione del mondo lo stesso giorno della sua creazione e il giorno, in cui per la sua risurrezione gloriosa, il Redentore aveva trionfato di satana, è appunto qui una di quelle belle armonie che si riscontrano ad ogni tratto nell’ opera divina. « Erant omnes pariter in eodem loco: erano essi tutti insieme in uno stesso luogo ». – Maria sino dalla sua più tenera infanzia, stando racchiusa nel tempio, si era preparata con cura alla visita dello Spirito Santo. Così la Chiesa appena nata dal sangue del Calvario, erasi ritirata nel cenacolo, a fine di prepararsi pel raccoglimento alla venuta dello Spirito Santo, e invocare i suoi favori. Centoventi persone componevano quel giovane consorzio: quest’era presso i Giudei il numero richiesto per formare una comunità ecclesiastica; imperocché centoventi persone composero la grande Sinagoga sotto Esdra, allorché ei ristabilì lo stato ed il culto della nazione. Non formando tutti che un sol cuore, un’anima sola, ed una preghiera ardente per domandare lo Spirito Santo, erano essi nello stesso luogo: “in eodem loco”. Questo luogo era il cenacolo. A qual fine scelse lo Spirito Santo il cenacolo per primo teatro delle sue rivelazioni meravigliose? Perché era il luogo il più santo della terra. E fu in questo stesso cenacolo che il Signore istituì la divina Eucaristia, e che dopo la sua risurrezione egli apparve all’apostolo Tommaso. Colà pure in memoria dei più grandi prodigi fu edificata la santissima Sion, la più venerabile delle Chiese. Luogo sacro, testimone delle più stupende meraviglie come il Sinai, il Giordano e il Tabor; luogo benedetto che rammentava agli Apostoli l’ineffabile bontà del maestro, i suoi discorsi divini, e la loro prima comunione per la stessa mano di Gesù. Oh come dovevano ritornarvi con tenerezza e rimanervi con amore! Questo cenacolo era nella casa di Maria, madre di Giovanni, soprannominato Marco, e cugino di san Barnaba. Secondo due Padri insigni della Chiesa orientale, sant’Esichio patriarca di Gerusalemme, e san Proclo patriarca di Costantinopoli, lo Spirito Santo discese in quello stesso momento, in cui san Pietro celebrava in mezzo ai discepoli l’augusto sacrificio della Messa. Subito che ebbe visto il corpo di Gesù e sentito il profumo ineffabile di quella carne immacolata, l’aquila divina si precipita dal cielo. Mirabile contrasto! Lo Spirito di Dio erasi separato dall’uomo, perché la carne l’aveva trascinato nelle sue vergognose cupidigie e il demonio erasi impadronito dell’umanità. Ma ecco che la carne purissima di Gesù si presenta dinanzi a Dio. Tosto lo Spirito discende, attratto da tutte le sue pure bellezze, affascinato da tutte le sue amabilità, e con essa dimora per sempre: e questa carne divina, moltiplicata all’infinito, estende a tutti i luoghi ed a tutti i secoli l’unione dello Spirito Santo con l’umanità. « Et factus est repente de coelo sonus: e venne di repente dal cielo un suono. » Ciascuna di queste divine parole racchiude un tesoro di verità: Venne di repente senza che gli Apostoli se l’aspettassero e senza alcuna precipitazione da parte loro. Così apprendiamo che lo Spirito Santo diffondeva l’abbondanza dei suoi doni interni ed esterni mediante la sua pura liberalità. Vediamo ancora la prontezza e la forza della sua grazia che in un batter d’occhio cambia gli uomini terreni in uomini celesti: Pietro in eroe, Maddalena in santa. O che meraviglioso artefice é lo Spirito Santo! Alla sua scuola nessuna dilazione per imparare, poiché Egli tocca l’anima e l’ammaestra; 1’averla toccata è come se l’avesse istruita. Dal cielo, per mostrare che là é la dimora dello Spirito Santo, che è Dio, e che viene ad innalzare al cielo gli Apostoli e per essi l’intero mondo. O leva potente! « Oggi, grida il gran Crisostomo, la terra per noi diviene il cielo, non per la discesa delle stelle sulla terra, ma per l’Ascensione degli Apostoli in cielo. L’abbondante effusione dello Spirito Santo fa dell’universo un cielo unico, non cangiando la natura degli esseri, ma divinizzando le volontà. Egli trova dei pagani e ne fa tanti cristiani; degli adoratori del demonio, degli adoratori del Verbo Dio; di ladri, tanti disinteressati; di persecutori, tanti apostoli; delle donne pubbliche Ei le agguaglia alle vergini. Ei pone in fuga la iniquità, e le sostituisce la bontà; la legge d’odio universale si converte in legge d’amore universale, la schiavitù in libertà. « Per operare queste meraviglie, tutti i mezzi sono per Lui buoni. Ei prende i timidi apostoli, e che ne fa Egli? ne fa dei vignaiuoli, dei pescatori, e delle torri e delle colonne e dei medici e dei generali e dei dottori, e dei porti, e dei governatori, e dei pastori, e degli atleti e dei trionfanti combattitori. Come colonne essi sono il sostegno e le fondamenta della Chiesa. Come porti, essi mettono in salvo il mondo contro le tempeste delle persecuzioni, dell’eresie, degli scandali. Essi ne hanno trionfato per sé e per noi, e ne trionfano ancora e sempre ne trionferanno. Come governatori hanno rimesso sulla buona via l’umanità. Come pastori hanno cacciato i lupi, e custodite le pecore. Come agricoltori hanno svelto le spine e seminato il grano della pietà. Come medici hanno guarito le nostre ferite. « Insomma non prender tu le mie parole per un vano linguaggio, poiché io metto sotto i tuoi occhi Paolo che fa tutte queste cose. Vuoi tu vedere un agricoltore? ascolta: Io ho piantato; Apollo ha annaffiato e Dio ha dato l’accrescimento. Un costruttore? Come un architetto ho poste le fondamenta. Un soldato? Io combatto non dando colpì in aria. Un corsiero? Da Gerusalemme ed i contorni sino in Illiria e al di là, nelle Spagne e sino alle estremità della terra io ho tutto riempito del Vangelo di Gesù Cristo, Un atleta? Per noi la lotta non è contro la carne ed il sangue, ma contro le potenze dell’aria. Un generale? Pigliate le armi di Dio e indossate la corazza della fede, l’elmo della salute e la spada dello Spirito Santo. Un guerriero? Io ho combattuto una buona battaglia ed ho conservato la mia consegna. Un trionfatore? Una corona di giustizia riposerà sul mio capo. Ciò che Paolo fa da sé solo, ogni apostolo lo fa, perché lo Spirito Santo essendo indivisibile è tutto intero in ciascuno. ». « Tanquam advenientis Spiritus vehementis: questo suono era come quello di un vento gagliardo che sopraggiunge. » Questo vento non era lo Spirito Santo ma il suo emblema. Perché quest’emblema e non un altro? Per mostrare la forza irresistibile dello Spirito Santo. Fra tutti gli elementi il vento è il più forte. In pochi minuti sconvolge l’Oceano sin nelle sue profondità, e alza sino alle nubi la pesante massa delle sue acque; ovvero sradica come per divertimento, secolari foreste. Come vento impetuoso ei renderà gli apostoli ardenti ai combattimenti e invincibili nella conquista del mondo. La loro parola animata dal soffio dello Spirito Santo farà cadere gli idoli, crollare gli imperi, confondere tutti i potentati, cacciare le nubi senz’acqua dell’errore e della filosofia; purificare l’aria corrotta da venti secoli di tenebre nauseabonde; condurre dai quattro punti del cielo le nubi cariche di acque fecondatrici, attirare nelle anime la vena divina e spingerle a piene vele come navi ben equipaggiate verso le sponde dell’eterna Gerusalemme. – «Et replevit totam domum: e riempì tutta la casa » . Tanto al morale che al fisico il vento o il soffio è il segnale della vita. Come principio di vita, lo Spirito Santo figurato da questo vento, riempie tutta la casa dove si trovavano gli apostoli; ma egli non riempie che quella: cosi per avere lo Spirito Santo, bisogna essere nella casa degli apostoli, vale a dire nella Chiesa. « Lo Spirito Santo, dice meravigliosamente sant’Agostino, non è che nel corpo di Gesù Cristo. Il corpo di Gesù Cristo è la santa Chiesa cattolica. Fuori di questo corpo divino, lo Spirito Santo non vivifica alcuno. » [Epist. III Class., epist. 1 8 5 , t. II, 995]. – E altrove: « Che divengano il corpo di Gesù Cristo, se vogliono vivere dello Spirito di Gesù Cristo. Solo il corpo di Gesù Cristo vive dello spirito di Gesù Cristo. Il mio corpo, certo, vive del mio spirito. Vuoi tu vivere dello spirito di Gesù Cristo ? sii nel corpo di Gesù Cristo. Che forse il mio corpo vive del tuo spirito? Il mio corpo vive del mio, e il tuo del tuo. » Ei riempì la casa tutta quanta, a fine di mostrare che la Chiesa, figurata da questa casa, riempirebbe un di il mondo intero dello Spirito Santo, e per conseguenza di luce e di carità. Essa l’ha fatto. Cercate in quale epoca l’umanità, tratta dalla barbarie pagana, ha incominciato a camminare sulla via della vera civiltà, voi troverete che fu il giorno delle Pentecoste. Dappertutto dove non è esso, il mondo resta nella sua antica degradazione. Dappertutto dove Egli cede, ritornano le antiche tenebre, ed il genere umano si arresta nella melma, o cammina negli scogli. « Datemi, dice san Crisostomo, una nave leggera, un pilota, dei marinari e delle gomene, degli attrezzi da nave, tutto l’apparecchio necessario alla navigazione, ma non però un soffio di vento; non è egli vero che tutto diventa inutile? Cosi è dell’umanità. Malgrado la filosofia, malgrado l’ intelligenza, la. più ampia provvista di discorsi, se lo Spirito Santo non gli dà l’impulso, tutto è vano. » [Homil. de Spirit. sancto, t. HE, sub. fin. ediz. vet.]. « Ubi erant sedentes: dove stavano seduti ». Non è senza ragione che la Scrittura nota l’attitudine della Chiesa, al momento della discesa dello Spirito Santo. Il riposo del corpo è il simbolo della tranquillità e della sovranità dell’anima: doppia disposizione necessaria per ricevere lo Spirito Santo. – La tranquillità: non è nel rumore esterno del mondo, né nel tumulto interno delle passioni che lo Spirito Santo si comunica alle anime. La sovranità: bisogna essere re della sua anima per ricevere lo Spirito Santo. Egli stesso dice, che non abita in chi é schiavo del peccato. La sovranità: aggiungiamo che Egli stava per darla alla Chiesa: sovranità imperitura, contro la quale non prevarranno giammai le porte dell’inferno. « Et apparuerunt illis dispertitae linguae: ed apparvero ad essi delle lingue ripartite ». Queste lingue dicevano agli occhi, che lo Spirito Santo si posò su tutti quelli che si trovavano nel cenacolo: la Santa Vergine, gli Apostoli e i discepoli, ai quali andava a comunicare la conoscenza delle lingue delle differenti nazioni, chiamate a benefìcio del Vangelo. Perché delle lingue? Il mondo era stato perduto per la lingua; ed è mediante la lingua che doveva essere salvato. Perché lingue visibili? Il più gran teologo dell’Oriente ne dà la ragione: « Il Figliuolo, dice san Gregorio Nazianzeno, aveva conversato con noi in un corpo sensibile e palpabile; era dunque conveniente che lo Spirito Santo apparisse agli uomini sotto una forma corporea. Cosi come il Verbo si è incarnato per insegnarci colla sua propria bocca la via della verità e della salute; parimente lo Spirito Santo si è, per cosi dire, incarnato in tante lingue di fuoco a fine di istruire gli Apostoli ed i fedeli. » Il dono delle lingue suppone la cognizione delle parole e del loro significato; l’accento o il modo di parlare; la vista chiara di tutte le verità necessarie al resultato della predicazione apostolica, accompagnata da una consumata prudenza per dire ciò che bisognava e nient’altro che ciò che bisognava, in mezzo a tante difficoltà e pericoli, e in faccia ad una si grande varietà d’individui e di congiunture: tutto ciò fu dato agli Apostoli. – Ora, i doni di Dio sono senza ripentimento, e lo Spirito Santo è sempre rimasto nella Chiesa, tale quale discese su di lei nel cenacolo. Il dono meraviglioso delle lingue si è dunque conservato nella Chiesa cattolica e in essa sola, non soltanto per eccezione, come in sant’Antonio da Padova, san Vincenzo Ferreri, san Francesco Saverio; ma abitualmente e perpetuamente per ciascun cattolico. – Ascoltiamo sant’Agostino : « Come mai, fratelli miei, oggi, quegli che è battezzato, non parla tutte le lingue; bisogna forse credere che non abbia ricevuto lo Spirito Santo? A Dio non piaccia che una tal perfidia tenti il cuor nostro. Ogni uomo riceve al Battesimo lo Spirito Santo, e s’egli non parla le lingue di tutte le nazioni, è perché la Chiesa medesima le parla. Ora la Chiesa è il corpo di Gesù Cristo. Io son membro di questo Corpo che parla tutte le lingue, io dunque le parlo tutte. Tutti i membri di questo Corpo uniti dagli stretti vincoli della carità, parlano come parlerebbe un solo uomo. La Chiesa è la loro bocca e lo Spirito Santo la loro anima. ».- « Tanquam ignis: queste lingue erano simili al fuoco. ». Il vento ed il fuoco erano simboli eloquenti dello Spirito Santo. Ripetuta parecchie volte la missione dell’augusta Persona, si è manifestata con segni analoghi ad ogni circostanza. « Al battesimo di Nostro Signore, dice l’angelo della scuola, lo Spirito Santo apparisce sotto la forma di una colomba, uccello fecondissimo, per mostrare che il Verbo incarnato è la sorgente della vita spirituale. Quindi quella parola del Padre: Qui è il mio figlio diletto; per suo mezzo tutti diverranno miei figli.

« Nella Trasfigurazione Ei prende la forma di una nube splendidissima per annunziare l’esuberanza della dottrina che farà cadere sul mondo: quindi quella parola: ascoltatelo. Agli Apostoli egli viene sotto l’emblema del vento e del fuoco, perché comunica ad essi la potestà del ministero nell’amministrazione dei sacramenti. Quindi quelle parole: Quelli ai quali rimetterete i peccati, gli saranno rimessi. E nella predicazione della dottrina, predicazione invincibile e vittoriosa di tutti gli ostacoli; da ciò quella parola: Essi cominciarono a parlare diverse lingue. » [I p., q. 43, art. 7, ad 6]. – Le lingue del cenacolo non erano un vero fuoco, ma un fuoco apparente di cui avevano il colore, lo splendore e la mobilità. Lo Spirito Santo elesse il fuoco come simbolo per due ragioni. La prima perché essendo l’amore in sostanza, egli stesso è un fuoco consumante: ignis consumens. – Il fuoco riscalda, illumina, purifica, e si leva in alto. Ora lo Spirito Santo fa tutto questo nelle anime. La seconda, perché la legge antica fu data sul Sinai mediante il fuoco in mezzo al fuoco. » [In dextera ejus ignea lex. Deuter. XXXIII, 2]. – Bisognava che la realtà rispondesse alla figura, e che la legge nuova fosse data mediante il fuoco ed in mezzo al fuoco; ma senza lampi né tuoni: atteso che essa è una legge non di timore ma d’amore. – «”Seditque super singulos eorum”: e questo fuoco in forma di lingua si posò sopra ciascuno di loro. » Il sacro testo non dice: Le lingue si posarono, ma il fuoco si posò. Ciò rivela singolarmente il profondo mistero di una lingua unica e universale, benché divisa in parecchie parti, secondo la diversità delle nazioni che dovevano parlarla, e alle quali doveva essa essere parlata. Rivela altresì l’unità dello Spirito Santo, di cui questa lingua era la lingua. Qual altro mistero in quella parola, si riposò? Una fiamma sul capo d’un uomo era agli occhi della più remota antichità, il contrassegno di una vocazione divina. – Era la prima volta che questo fenomeno si produceva presso i discepoli del Nazzareno. Attestando la divinità del Maestro, proclamava la grande missione affidata agli Apostoli; e per mezzo del fuoco, simbolo dello Spirito Santo, Dio aveva autorizzato i profeti. Sotto l’emblema del fuoco i cherubini che accompagnano il carro di Dio, appariscono ad Ezechiele : “e in un carro di fuoco Elia è trasportato in cielo. [Ez. I, 13]. I profeti ed i cherubini dell’ antica legge non erano che la figura degli Apostoli. Come profeti, essi hanno annunziato gli oracoli divini, non ad un popolo solo ma a tutti i popoli. Come cherubini hanno condotto il carro di Dio nell’intero mondo. « Cherubini della terra, dice san Gregorio di Nazianze, lo Spirito Santo li sceglie pel suo trono e riposa su di loro, come sopra i cherubini del cielo. » [Orat. XLIV]. Ei riposa su di essi per consacrarli dottori del mondo e per mostrare che sono uomini affatto celesti, dotati per conseguenza di una sapienza e di una eloquenza divina. Riposa su di essi, aggiunge san Crisostomo, per annunziare a tutto 1’universo che Ei dimora con loro e co’ loro successori sino alla consumazione dei secoli. [Apud Com. a Lap. in act., n, 3]. Dimora permanente, la quale, assicurando alla Chiesa l’infallibilità di tutti i giorni e di tutte le ore, confonde anticipatamente tutte le eresie, e condanna allo scetticismo ogni ragione ribelle all’insegnamento cattolico.

Che avvi di più dolce per i fanciulli che il contemplare la culla della loro madre! continuiamo dunque il racconto minuto della nascita della Chiesa. Restiamo nel cenacolo, nostra casa materna, ed ascoltiamo il sacro testo. Esso aggiunge: «Et replett sunt omnes Spiritus Sancto: e furono tutti ripieni di Spirito Santo. » Tale è la consumazione del mistero creatore. Come il Verbo incarnandosi in Maria mediante 1’operazione dello Spirito Santo, aveva formato sua madre; cosi lo Spirito Santo s’incarna in qualche modo oggi nella Chiesa per formare la madre dei cristiani. Studiamo alcuni tratti di questo sorprendente parallelismo. Sant’Agostino chiama lo Spirito Santo, il Vicario ed il successore del Verbo. Ora aggiungono gli interpreti, come il Verbo è disceso, così lo Spirito Santo ha voluto discendere per compiere la sua opera. Per conseguenza la discesa dello Spirito Santo sugli Apostoli, rassomiglia alla discesa del Verbo nel mondo, vale a dire l’incarnazione. Quanto alla sostanza. In quella guisa che la sostanza del Verbo discese nella carne, così lo Spirito Santo discende sostanzialmente sugli apostoli. Quanto al modo. Il modo dell’incarnazione fu riunione ipostatica; così la Persona, o l’ ipostasi dello Spirito Santo, si unisce agli Apostoli in un modo quasi consimile. Il Verbo fu nella carne, come il fuoco nel carbone; ed i Padri lo paragonano ad un carbone incandescente: parimente lo Spirito Santo tu come un fuoco risedente negli Apostoli. – Quanto alla causa. La discesa dello Spirito Santo, come pure l’Incarnazione del Verbo, ebbe per causa l’amore immenso che lo portava, come Dio, a ricolmare l’uomo del più immenso benefìcio, comunicandosi a Lui nel modo il più perfetto; cioè dire sostanzialmente e personalmente. – Quanto alle proprietà. In Nostro Signore, le proprietà della natura umana si attribuiscono a Dio e al Verbo; di modo che in virtù della comunicazione degli idiomi, si può dire che Dio è nato, e parimente che 1′ uomo è Dio, onnipotente, eterno. Di più, tra lo Spirito Santo e gli Apostoli esiste una sorta di comunicazione degli idiomi, per la quale gli Apostoli sono chiamati santi, divini, spirituali, a cagione dello Spirito Santo e divino ch’essi ricevono. Similmente lo Spirito Santo medesimo è chiamato apostolico, profetico, dottore, predicatore multilingue, perché ha reso tali gli apostoli, le labbra dei quali sono divenute suoi organi. – Quanto ai frutti, La seconda Persona dell’adorabile Trinità incarnandosi, ci ha purificati de’ nostri peccati, ricolmi d’ogni sorta di grazie, perfezionati, beatificati e condotti alla gloria eterna. Discendendo sul mondo la terza Persona, ha fatto tutto questo. Purificazione, illuminazione, perfezione, beatificazione; tutto noi le dobbiamo. [Coni, a Lap., in hunc locum]. – Qui si affaccia una difficoltà. Il sacro testo viene a dirci che nel giorno della Pentecoste gli apostoli furono riempiti dello Spirito Santo: repleti sunt omnes Spiritu Sancto. Nostro Signore promette loro di continuo quest’immenso favore. « Se io non me ne vado, lo Spirito Santo non potrà venire in voi. Io vi manderò un altro Paracleto. Allorché sarà venuto, Egli vi insegnerà ogni verità. Fra poco voi sarete battezzati nello Spirito Santo. Lo Spirito Santo non era stato ancora dato perché Gesù non era ancora glorificato. » [Joan., VII, 39; XIV, 16, 26, etc. etc]. Ma che! sino al giorno della Pentecoste gli Apostoli erano stati privi delio Spirito Santo? Se lo avevano ricevuto, come può Nostro Signore prometterlo loro? Che si riceve ciò che già possediamo? Ascoltiamo i Padri e i Dottori. « Il Signore, risponde sant’ Agostino, dice agli Apostoli: Se voi mi amate, osservate i miei comandamenti, ed Io pregherò mio Padre che vi dia un altro consolatore. Evidentemente questo consolatore è lo Spirito Santo, senza del quale non si può, né amare Dio né osservare i suoi comandamenti. Ma se non l’avevano ancora, come potevan’ essi amare e adempiere ai precetti? E se già l’avevano, come è Egli promesso loro? – Frattanto è loro comandato di amare e osservare i comandamenti, a fine di ricevere lo Spirito Santo. -« I discepoli avevano dunque lo Spirito Santo che il Signore prometteva loro; poiché amavano il loro Maestro, ed osservavano i suoi precetti. Ma non l’avevano ancora “come” il Signore Glielo prometteva. L’avevano dunque e non l’avevano; attesoché non l’avevano nel modo che Lo dovevano avere. Essi l’avevano interiormente; e dovevano riceverLo esteriormente e con segni rumorosi. Quest’era un nuovo favore dello Spirito Santo il manifestare a sé medesimi ciò che possedevano. – « Di questo favore immenso l’Apostolo parla, allorché dice: Noi non abbiamo ricevuto lo spirito di questo mondo, ma lo Spirito di Dio, affinché conoscessimo i doni che Dio ci ha fatti. [I Cor., XI, 12.]. Che lo Spirito Santo sia dato con più o meno di abbondanza, la prova sta nella differenza della carità, con la quale gli uomini amano Dio, e osservano la sua legge. D’altronde, se non fosse più abbondantemente nell’uno che nell’altro, Eliseo non avrebbe detto ad Elia: che lo Spirito che è in voi sia doppio in me. Il Signore dunque ha potuto promettere agli Apostoli ciò che già avevano. » [In Joan Tract. 74, n. 1 e 2]. – San Gregorio Nazianzeno parla come sant’ Agostino. « Lo Spirito Santo, dice, è stato dato tre volte agli Apostoli in differenti epoche, e secondo la capacità della loro intelligenza: avanti la passione, dopo la risurrezione e dopo l’ascensione. Avanti la passione, allorquando essi ricevettero la potestà di cacciare i demoni, ciò che manifestamente non poteva farsi che mediante la potenza dello Spirito Santo. Dopo la risurrezione quando il Signore soffiò su di essi dicendo: Ricevete lo Spirito Santo. Dopo l’ascensione, allorché furono tutti riempiti dello Spirito Santo : repleti sunt omnes Spiritu Sancto. La prima volta in un modo più nascosto e meno efficace; la seconda più espressivo: e la terza più completo, in questo senso, che non è solamente in atto come innanzi, ma per essenza, se così posso esprimermi, che lo Spirito Santo fu loro presente e conversò con essi. » [Orat. in Pentecoste]. – La verità teologica è, pigliando ad imprestito il linguaggio di un dotto commentatore, che gli Apostoli innanzi la Pentecoste avevano ricevuto lo Spirito Santo sostanzialmente e personalmente, substantialiter et personaliter. [Corn. a Lap. in Act apost., n, 4]. – Tale è l’insegnamento dei Padri, e tra gli altri di san Cirillo. Circa le parole di Nostro Signore, Ricevete lo Spirito Santo, ei si esprime in questi termini: «Per insufflazione del Salvatore gli Apostoli divennero partecipanti, non solamente della grazia dello Spirito Santo, ma dello Spirito Santo medesimo. Se la grazia che è data per mezzo dello Spirito Santo, era separata dalla sostanza dello Spirito Santo, perché non dire apertamente: Ricevete la grazia pel ministero dello Spirito Santo ?» [Dialog., VII, p.638, vedi Petan, De dogmat. theolog., De Trnit, lib. VII, c. V et VI]. – Una volta che Egli è nell’anima vi diffonde la sua grazia, la sua carità, i suoi doni; come il sole una volta che è sull’ orizzonte sparge nel mondo la sua luce, i suoi raggi e il suo calore.[ Corn. Alapide]. – Ma perché queste donazioni successive? È con lo scopo di insegnarci che nell’ordine della grazia come nell’ ordine della natura, Dio fa tutto con misura, numero e peso, proporzionando i mezzi al fine, e dando a ciascuna creatura quel che ha di bisogno secondo i doveri che le sono imposti. – Altro mistero: perché la prima di queste donazioni manifeste ha avuto luogo per insufflazioni, mentre l’altra si compiè sotto la forma di lingua di fuoco? Il Salvatore risuscitato, andava ad affidare agli Apostoli la potenza meravigliosa di risuscitare le anime morte alla vita della grazia; e disse loro: « Come mandò me il Padre, anch’io mando voi, » e dopo questo soffiò sopra di essi e disse: «Ricevete lo Spirito Santo; saranno rimessi i peccati a chi li rimetterete, e saranno ritenuti a chi li riterrete. » [Joan., XX, 21-28]. – Richiamando in un modo sensibile la primitiva insufflazione che fece di Adamo un essere vivente, questa insufflazione nascondeva un gran mistero. Con questo linguaggio d’azione il divino Riparatore diceva : « Io gli ho comunicato lo Spirito Santo, principio della vita naturale e soprannaturale, come fece Iddio, soffiando sopra Adamo; oggi soffiando su di voi, Io vi dò lo Spirito Santo, principio di vita soprannaturale e divina, perduta per il peccato, affinché alla vostra volta voi la comunichiate al genere umano. Dunque, come Io sono il creatore dell’uomo, cosi sono il suo Rigeneratore e suo Redentore. » S, Cyrill. lib. XII, c: LIV , et & Athan,y Ad. Antioch. q. 64]. – « Et coeperunt loqui variis linguis: e cominciarono a parlare varie lingue. » Ecco gli Apostoli santi e santificatori; che cosa manca ad essi, e che può loro dare la terza e solenne effusione dello Spirito Santo? «Gli Apostoli, dice san Leone, che innanzi la Pentecoste possedevano già lo Spirito Santo, Lo ricevettero allora in tutta la sua pienezza e per fini differenti. » [Serm. III, de Pentecoste]. – Il primo era un grande accrescimento di carità. « Due amori, insegnano sant’Agostino e san Gregorio, costituiscono la perfezione: l’amore di Dio e l’ amore del prossimo.Mediante l’ insufflazione divina gli Apostoli erano riempiti dell’amore del prossimo, e rivestiti della sublime potestà di dargli il maggiore dei beni, la vita della grazia.Ma la carità, sebbene sia la medesima nel suo principio, ha due obietti: Dio e il prossimo. Ecco perché dopo l’insufflazione che comunica l’amore del prossimo vengono le lingue di fuoco che comunicano l’amore di Dio.«Quest’amore per dignità é il primo. Tuttavia lo Spirito Santo comincia col secondo. “Se, difatti, dice san Giovanni, Voi non amate prima di tutto il vostro fratello che vedete, come amerete voi Dio che non vedete?” – Cosi per formarci all’ amore del prossimo, il Signore mentre era visibile sulla terra, modello vivente della carità del prossimo, ha dato lo Spirito Santo, soffiando sul volto degli Apostoli; poi Egli dal cielo, come dimora della carità divina, ha mandato lo Spirito Santo. Ricevete dunque lo Spirito Santo sulla terra, ed amate il vostro fratello; riceveteLo dal cielo, e amate Dio. [“Spiritum sanctum accipe in terra, et diligis fratrem; accipe de coelo, et diligis Deum”. [S. August. serm. 265, n. 7 et 8; Tract. in Joan. 74, n. 1 et 2; S. Greg. Homil. xxx in Evang. S . Bern ., serm. I, n. 14, in festa Pentecoste]- La seconda era la predicazione del Vangelo per tutta la terra. Quindi il dono delle lingue che gli apostoli parlarono tutte, secondo l’occasione, con la stessa facilità. Poi quest’altro dono d’essere intesi da uomini di diverse lingue, ad onta che non parlassero essi medesimi che una lingua sola. Avanti la Pentecoste gli Apostoli avevano ricevuto la missione di evangelizzare tutto il mondo; ma non parlando tutte le lingue non avevano essi lo strumento della loro missione. – La terza era la piena conoscenza della verità. Avanti la Pentecoste, il loro spirito era troppo debole per portare il peso immenso dei misteri del Verbo incarnato, Dio di Dio e Dio medesimo. « Io molte cose ho da dirvi, diceva loro il Salvatore, ma non ne siete capaci adesso: ma venuto che sia quello Spirito di verità, v’insegnerà tutte le verità. » [Joann. XVI, 16]. Cosi, avanti la Pentecoste, veduto camminare sopra le onde del mare il Signore, si turbarono e dicevano: « Questo è un fantasma. » Dopo la Pentecoste scrivono: «Nel principio era il Verbo, e il Verbo era appresso Dio, e il Verbo era Dio. Egli è avanti a tutte le cose, e le cose tutte per lui sussistono. » Cosi altre verità. – La quarta era la forza di rendere alla verità la testimonianza del sangue. Avanti la Pentecoste, era stato detto loro di confessare il Figliuolo di Dio dinanzi ai tribunali, e dinanzi alle sinagoghe: ma nessuno aveva avuto il coraggio di farlo. Il più bravo aveva rinnegato il suo Maestro alla voce di una ancella. Sino alla venuta dello Spirito Santo neppure un discepolo, né un Apostolo fu adorno della corona del’ martirio. Viene la Pentecoste, e tutti a gara entrano nella lizza sanguinosa, e mietono le palme della vittoria : « Uscivano essi dinanzi ai giudici pieni di allegrezza per essere stati trovati degni di patire degli affronti pel nome di Gesù. » [Joann. V41]. – La quinta era la sovrana potestà di comandare ai demoni, agli uomini ed a tutta la natura, per mezzo dei miracoli. Come ambasciatori di Dio presso tutte le nazioni civilizzate o barbare, bisognava agli Apostoli delle lettere di credenza, autentiche e leggibili a tutti: queste consistevano nel dono dei miracoli, né potevano essere altre. Questa conferma è talmente evidente, che il mondo convertito senza miracoli, sarebbe il più grande dei miracoli. – « Prout Spiritus sanctus dàbat eloqui illis: secondo che lo Spirito Santo gli faceva parlare. » Perché tutti questi doni meravigliosi: dono delle lingue, dono di profezia, dono dei miracoli, dono di forza sovrumana e d’intelligenza, sconosciuta dai profeti d’Israele e dai savi del gentilesimo ? Perché tutti questi doni, accompagnati da un immenso accrescimento di carità, non discendono sulla Chiesa che nella Pentecoste e non avanti l’ascensione del Salvatore? Perché sono altresì comunicati non solitariamente, ma col più grande strepito? I Padri trovano parecchie ragioni degne dell’infinita sapienza: « I ricchi tesori di grazia, dice san Crisostomo, che hanno fatto degli Apostoli gli uomini i più straordinari, che il mondo abbia veduti e che vedrà, non sono stati loro comunicati durante la vita mortale del Salvatore, a fine di farglieli desiderare più vivamente e di preparargli cosi al ricevimento di questi immensi favori. Ecco perché lo Spirito Santo non viene che dopo la partenza del Maestro. Se fosse venuto mentre Gesù era con essi, non sarebbero stati in una viva aspettazione. Bisognava che essi fossero per qualche tempo tristi ed orfani, per apprezzare meglio i benefizi del Consolatore. « Non è dunque venuto né innanzi l’ascensione, né subito dopo, ma soltanto dopo dieci giorni d’intervallo.- Occorreva inoltre che la natura umana apparisse nel cielo perfettamente riconciliata, e l’atto di riconciliazione fosse segnato da Dio Padre in presenza di tutta la corte celeste, avanti che lo Spirito Santo discendesse sul mondo. » [In Act. apost., homil. I, n. 5]. Questi doni meravigliosi sono comunicati alla Chiesa con un tal fragore che ricorda il Sinai, a fine di verificare autenticamente le promesse del Salvatore e stabilire in un sol tratto, agli occhi degli Ebrei e dei gentili accorsi a Gerusalemme da tutte le parti del mondo, la divinità del Nostro Signore e la divinità dello Spirito Santo. In quella guisa che Dio Padre aveva spiegata la sua divinità mandando il Figliuolo; cosi il Figliuolo, Dio fatto carne, doveva per ultima prova della sua divinità, e come glorificazione suprema della sua persona, mandare 1o Spirito Santo, dimostrando in tal guisa che questa Persona divina procedeva dal Figliuolo come dal Padre. – La discesa dello Spirito Santo doveva essere uno dei frutti della passione e. della resurrezione del Salvatore; e l’ascensione, termine finale dei misteri della vita di Gesù sulla terra, il segnale della effusione abbondante e visibile dello Spirito Santo. [Domini ascensio dandi Spiritus fuit ratio. S. Leo, serm. in Pentecost.]. Avvenne ai giudei con gli Apostoli, ciò che era avvenuto al patriarca Giacobbe con i suoi figli. « I figliuoli di Giacobbe, dice la Scrittura, gli diedero le nuove e dissero: Giuseppe tuo figlio vive; ed è padrone di tutta la terra d’Egitto. Udito ciò, Giacobbe, quasi da profondo sonno svegliandosi, non prestava fede ad essi. Ma quelli tutta raccontarono la serie delle cose. E quando egli ebbe veduti i carri e tutte le cose che quegli aveva mandate, si ravvivò il suo spirito e disse:A me basta che sia ancora in vita Giuseppe mio figlio: anderò e lo vedrò prima di morire. » [Gen., LIX, 26 e seg.]. – Cosi gli Apostoli, come figliuoli della Sinagoga, annunziavano alla loro Madre, che Gesù Cristo era risuscitato. Ma a questa nuova i Giudei, uscendo come da un profondo sonno, restavano increduli. Finalmente allorché il dì solenne della Pentecoste ebbero essi veduto i carri ed i magnifici presenti, vale a dire i doni miracolosi stati mandati agli apostoli dal divino Giuseppe, in testimonianza della sua risurrezione e della sua onnipotenza nel cielo, furono colpiti di stupore, rapiti di ammirazione e si dissero l’un l’altro: «Forse che tutti questi uomini che parlano non sono Galilei? Come accade che ciascuno di noi gli intende nella sua lingua propria? Ed essi credettero. » [Vedi Diez, Summa praedicant t. Et, p. 464]. – Simile insegnamento per i gentili. Tutti questi miracoli, frutti della passione di Cristo e pegni delle sue promesse, erano per essi la prova palpabile della sua divinità e del suo trionfo nel cielo. Lo spettacolo che avevano veduto cosi di sovente nelle cose umane, lo vedevano nell’ordine divino. Allorché i re e gli imperatori prendono possesso del loro regno, e che ritornano vittoriosi dei loro nemici, hanno costume di spargere oro e argento nel popolo, in segno di gioia e di congratulazione. Cosi il Figliuolo di Dio pigliando possesso del cielo, suo regno, e vincitore del demonio, diffonde sulla chiesa un’immensa effusione di grazie meravigliose. San Pietro ha cura di dire: «Gesù che è stato resuscitato ed esaltato alla destra di Dio, ricevuta dal Padre la promessa dello Spirito Santo, lo ha diffuso come voi vedete e udite. » [Act, II, 82, 88]. – Ora, questa generazione di Giudei e di Gentili, testimone oculare dei miracoli della Pentecoste, si è perpetuata e si è estesa sul globo. Dei due popoli fusi in uno, essa forma la Chiesa cattolica, fiore dell’umanità, stirpe indistruttibile, la cui ostinazione nel credere ai prodigi della sua culla, spunta dopo diciotto secoli la scure di tutti i carnefici e sventa gli inganni di tutti i sofisti. – Per mezzo dei doni incomparabili della Pentecoste la divinità dello Spirito Santo non è provata con meno evidenza della divinità del Salvatore. È Dio, quegli che dà un Dio per un altro se stesso. Ora, il Figliuolo Dio, innanzi di lasciare gli Apostoli, aveva detto loro: « Io pregherò il Padre e vi darà un altro avvocato affinché resti con voi eternamente, lo Spirito di verità; Ei mi renderà testimonianza, e voi stessi testimonierete di me. » [Joan., XIV, 17, ecc.]. – Intorno a che sant’Agostino cosi si esprime: « Un altro, non inferiore a me, ma simile a me in gloria, in natura, in sostanza, sebbene altro in persona. Ei così parlava, affinché la fede degli Apostoli, preparata da questa infallibile promessa, riconoscesse per vero Dio Colui che era stato promesso loro in luogo di un Dio. Vedete con quale precisione questa promessa esprima il mistero della Trinità! Essa nomina il Padre che deve essere pregato; il Figliuolo che deve pregare; lo Spirito Santo che deve essere mandato. [2Homil. VIII in Miss. Spir. Sanct.]. « O bontà ineffabile del Redentore! Egli porta l’uomo in cielo, e invia Dio sulla terra. Nel Creatore qual cura della sua creatura! Per la seconda volta un nuovo medico è inviato dal cielo. Per la seconda volta la sovrana Maestà degna venire in persona a visitare i suoi infermi. – Per la seconda volta il cielo si unisce alla terra, deputando in lui il vicario del Redentore. Ciò che il Verbo ha cominciato, viene con la sua speciale virtù a consumarlo: ciò che Egli ha redento, lo santifica; ciò che ha acquistato lo custodisce: così si rivela mediante l’unità di grazia e di ufficio, l’unità di Dio, la Trinità, e la perfetta eguaglianza delle persone.3 » [Id., Serm. 185, de Tempore]. – È Dio quegli che dopo il giorno della Pentecoste fa tutte le opere di Dio, e le fa con più splendore del Figliuolo di Dio medesimo. Chi completa gli insegnamenti del Salvatore? Chi procura agli Apostoli una consolazione eguale alla privazione di un Dio? Chi comunica loro il dono delle lingue e dei miracoli? Chi insegna loro la verità di cui hanno inondato il mondo? Chi dà loro la forza invincibile di rendere testimonianza al loro Maestro, dinanzi ai giudici e dinanzi ai filosofi, a Gerusalemme, ad Atene, a Roma? Chi conserva nella Chiesa tutti questi doni sconosciuti da ogni altra società? Non è forse lo Spirito Santo alla Chiesa, ciò che l’anima è al corpo? [S. Aug.j Lib, de Gratia Nov. Test, et Corn. a Lap,, in Joan. XIV, 17].Che questo fiume di doni miracolosi, la cui sorgente deriva dal cenacolo, continui a scorrere sul mondo, basta aprir gli occhi per vederlo. Di dove attingono il loro incominciamento tutte quelle generazioni di martiri, i quali per la fede cattolica, hanno affrontato, e che affrontano ancora gli eculei, i roghi, i carboni, la spada, la canga, le torture le più squisite; tutti quei cori di vergini che per salvare la loro verginità hanno combattuto, e che ancora combattono sino a morire; e le seduzioni, e le minacce, e i supplizi; tutti quelli sciami di solitari, di anacoreti, di religiosi e di religiose che hanno vissuto e che vivono ancora unicamente per Iddio, separati dal mondo, come uomini celesti, o come angeli terreni; tutti quelli ordini di pontefici, di prelati e di sacerdoti, che ripieni di santità hanno governato e governano saggiamente le chiese e le anime affidate alla loro sollecitudine, e le formano ad una santità perfetta; tutte quelle legioni di dottori, di predicatori, di confessori, i quali con la loro parola e scrittura, hanno diffuso e diffondono ancora sul mondo intero tesori di dottrina e di pietà; tutte queste miriadi di fedeli, uomini e donne che hanno vissuto e che vivono ancora nel mondo con sobrietà, giustizia, pietà, attendendo con ansietà la venuta della gloria del gran Dio e del nostro Salvatore Gesù Cristo? In una parola, chi ha formato e chi conserva la grande nazione cattolica, i cui splendori e virtù la fanno brillare in mezzo alle nazioni come il sole tra gli astri del firmamento? Non è forse lo Spirito Santo ? E non è forse ciò un magnifico e perpetuo testimonio che questo divino Spirito rende a Se medesimo e alla divinità di Colui che l’ha mandato ?[Corn. a Lap., in Joan VIII, 39]. In cosiffatto modo, prodigi due volte misteriosi per il tempo in cui si compiono, e per la somiglianza con altri prodigi, accompagnavano la nascita della Chiesa. Mille cinquecento anni prima, alla creazione della Sinagoga sul Sinai, la montagna fu scossa sino dalle sue fondamenta. Mentre che dalla vetta uscivano torrenti di fiamme e di fumo, scese Mosè, col volto infiammato, per proclamare alla presenza del popolo d’Israele i comandamenti del decalogo. Oggi in mezzo agli stessi segni, è fondata la Chiesa della nuova alleanza. Pietro, nuovo Mosè, annunzia ai Giudei meravigliati la fine dell’antica legge, il compimento di tutte le profezie e la risurrezione dei corpi, operata nella persona di Cristo, primizie dei risorti. – Era circa le ore nove: la folla usciva dal tempio dove era stata ad assistere al sacrificio del mattino, allorquando udì il rumore della tempesta, vide la casa tremare, e alcuni uomini uscire tutti ispirati per parlare al popolo. Ciascuno invece di ritornare alla sua dimora, corse sulla piazza del cenacolo. Mirabile contrasto l’oggi tutti i popoli che sono sotto il cielo e che in antico si erano separati a Babele, si ritrovano insieme nei loro rappresentanti, e non formano che un solo e medesimo consorzio. – Eranvi infatti in quel momento a Gerusalemme alcuni uomini appartenenti ai tre rami dell’ umanità ed alle tre lingue madri, parlate sulla terra. Tra i figli di Sem, vi erano Elamiti, Mesopotamii, Lidii, Arabi ed Ebrei. I discendenti di Cham erano rappresentati da Egizii, da Cirenei, da abitanti della Colchide, da Cananei e Fenicii. I figli di Iaphet, da Romani, Greci, Parti, Medi, Cretesi, Pamfilii, Cappadocii e da Frigii. [ Act., II , 9, ecc.]. – « Tutti questi popoli, sebbene parlanti lingue differenti, intendevano i discorsi degli Apostoli. In questo giorno si faceva il contrario di ciò che era succeduto a Babele. Là, lo spirito di Dio era disceso per confondere il linguaggio degli uomini e forzarli cosi a separarsi: qui, Egli discende pure, e le lingue che allora si erano divise, si ritrovano in uno stesso linguaggio comprensibile per tutti. Chiamati d’ora in poi a non fare che una sola famiglia, tutti i popoli si riconoscono oggi dinanzi ai rappresentanti di Dio, come i figli di uno stesso. Padre. La parola che è loro annunziata, è la parola cattolica. Per questo tutte le tribù della terra si ritrovano oggi formanti una sola società spirituale e visibile insieme, mediante il legame di questa religione, che ricongiungeva all’origine, popoli e lingue. Perciò i Padri della Chiesa non temono di chiamare i fatti che oggi si compiono, il contrapposto di Babele » [Sepp., Storia di Nostro Signore Gesù Cristo, t. II, 258, ecc.]. – A nome di tutti ascoltiamo sant’Agostino : « A Babele satana, lo spirito d’ orgoglio, il padre del dualismo, ruppe in pezzi l’unico e primitivo linguaggio del genere umano. Al Cenacolo invece lo Spirito Santo ristabilisce l’unità di linguaggio. La ragione per la quale gli Apostoli parlano le lingue di tutte le nazioni, è che il linguaggio é il legame sociale del genere umano. Questa unità di linguaggio esprimeva l’unità sociale di tutti i figli di Dio, sparsi fra tutte le tribù della terra. E come nei primi giorni della Chiesa, quegli che parlava tutte le lingue era conosciuto per avere ricevuto lo Spirito Santo; cosi oggi si riconosce per avere ricevuto lo Spirito Santo colui che parla con la bocca e col cuore la lingua della Chiesa, diffusa fra tutte le nazioni. » Spiritus superbiae dispersit linguas; Spiritus sanctus congregavi linguas, etc. In Ps. liv ; et lib. De blasphem. in Spirit sanct. — Il dono universale delle lingue ha sussistito parecchi secoli. Sant’Ireneo afferma avere udito dei cristiani che parlavano tutte le lingue; “audisse se multos universis linguis loquentes”. Contr. Haer. lib. V, c. VI]. Perciò a questo miracolo senza analogia nella storia, la moltitudine rimase stupefatta. Essa perdeva il cervello sino al punto che alcuni esclamarono: Questi uomini sono ubriachi di vino dolce: “Mosto pleni sunt”: Ebbri di vin dolce nel mese di maggio! questa è la miglior prova, che voi non sapete quel che vi diciate. Pur tuttavia, avete ragione; questi uomini sono ubriachi, ubriachi di vin dolce; essi sono pazzi; ma ubriachi e pazzi diversamente da quel che ne pensate. « Il vino dolce che essi hanno bevuto, dice eloquentemente san Cirillo di Gerusalemme, è la grazia del Nuovo Testamento. Esso viene dalla vigna dello Spirito Santo, il quale area di già parecchie volte inebriato i profeti dell’antica alleanza, e che rifiorisce in questo giorno per inebriare gli Apostoli. Siccome la vigna naturale rimanendo sempre la stessa, dà ogni anno nuovi frutti; così la vigna spirituale, lo Spirito Santo, sempre lo stesso, opera oggi negli apostoli, quel che operava sui profeti. » Vera dicunt Judaei, sed irridendo. Nóvum enim vere erat illud vinum, novi Testamenti gratia, etc. Catech., XVII]. – Questa ubriachezza gli rende pazzi, poiché essa si manifesta con tutti i segni della comune follia. L’ubriachezza fa perdere la ragione, per questo gli Apostoli l’avevano perduta. In essi non più calcoli umani, non più giudizi umani; ma sentimenti, linguaggio, impresa, tutto è sovrumano, soprannaturale, divino e per conseguenza incomprensibile, e insensato per la semplice ragione. L’uomo ebbro non conosce più né parenti, né amici: ei gli assale e gli batte a torto e a traverso; cosi sono gli ubriachi della Pentecoste. Essi non conoscono più né parenti, né amici, né grandi sacerdoti, né magistrati, né popoli, né re. Alle difese, alle minacce, ai castighi, essi non sanno opporre che una parola: Val meglio obbedire a Dio che agli uomini; non temiamo nulla perché noi adempiamo il ministero che ci è stato affidato. L’uomo ubriaco va ora a diritta ora a sinistra, nelle strade, sulle piazze, e attacca discorso con tutti quelli che incontra. Cosi fanno gli Apostoli; essi vanno a Oriente e Occidente, da Gerusalemme a Samaria, da Samaria a Gerusalemme, a Cesarea, ad Antiochia, dappertutto: la loro vita non è che una serie di marce e contromarce. Con la stessa intrepidezza si gettano sul giudaismo e sul paganesimo, sui Greci e sui barbari, sui proconsoli di Roma e sui filosofi di Atene, sui principi e sui Cesari padroni del mondo, né abbandonano la preda fintanto che non l’hanno inebriata come sé medesimi, o lasciata la propria vita nel combattimento. L’uomo ubriaco è di una gaiezza folle; ride e canta. Chi più ubriaco degli apostoli? Sono battuti pubblicamente con verghe, ed essi se ne vanno ridendo e cantando la loro felicità per tutta la città di Gerusalemme.”Ibant gaudentes a conspectu concilii quoniam digni habiti sunt prò nomine Jesu contumeliam pati”. Act, V, 41]. L’uomo ubriaco è audace, aggressivo, ciecamente intrepido, non riconoscendosi più, come se fosse pazzo. – Tutto ciò si manifesta del pari negli Apostoli. Ebbri del loro vin dolce, non conoscono più pericoli, non respirano altro che combattimenti, e provocano tutto ciò che incontrano. Ieri, la vista del più piccolo pericolo gli faceva cadere; oggi, coraggiosi come leoni, non domandano che guerra, guerra contro il genere umano tutto quanto, guerra contro Satana, sostenuto da tutte le potenze dell’Oriente e dell’occidente. Senza impallidire si gettano intrepidamente in mezzo ai pericoli, presentano le loro mani ai ferri, il loro capo alla spada, il loro corpo alle zanne dei leoni, scendono nelle prigioni, salgono sui roghi: niente li può guarire della loro follia. – Udite uno di questi ubriachi che si ridono del mondo intero con tutti i suoi terrori: « Avete un bel fare: chi ci dividerà dalla carità di Cristo? Forse la tribolazione, forse l’angustia, la fame, la nudità, forse il rischio, la persecuzione, forse la spada? Io son sicuro che, né la morte, né la vita, né gli angioli, né i principati, né le virtù, né ciò che ci sovrasta, né quel che ha da essere, né la fortezza, né l’altezza, né la profondità, né alcun’altra cosa creata potrà dividerci dalla carità di Dio, la quale è in Cristo Gesù signor nostro. » [Rom. VIII, 35, 38, 39]. – Ma quel che fu più strano, l’ubriachezza degli Apostoli fu epidemica. Nella moltitudine che si era burlata di costoro, tre mila persone diventarono sull’istante ubriachi e pazzi; ebbri di santa ebbrezza, pazzi della sublime pazzia del cenacolo. Come i primi granelli della nuova raccolta che ai di della Pentecoste si offriva a Dio nel suo tempio, così furono le primizie di quel popolo immenso di pazzi, la cui stirpe incurabile si è perpetuata a traverso i secoli, su tutti i punti del globo, e che a malgrado di tutti i rimedi dell’umana sapienza, si perpetuerà sino alla fine del mondo. Questo popolo di pazzi é la grande nazione cattolica. Come fare ad enumerare tutti i suoi tratti di follia? Non vedete voi, da duemila anni a questa parte, questi innumerevoli sciami di giovani, tanto maschi che femmine, idolo del focolare domestico, gioia del mondo, fiore dell’umanità, rinunziante a tutti i piaceri del presente come a tutte le speranze dell’avvenire; e senza esservi forzati, ma liberamente e con allegrezza, abbandonano i loro parenti e la loro patria, per farsi schiavi del giogo dell’obbedienza, vivere poveri, sconosciuti, disprezzati, notte e giorno occupati in ciò che ripugna di più alla natura? Come a Paolo, si grida loro che sono pazzi: Insanis, Paule; e come Paolo ne convengono: nos stulti propter Christum; e come Lui, lungi dal cercare di divenir dotti, non aspirano altro che a completare la loro pazzia. Più pazzi sono i martiri. Dinanzi a quegli esseri strani, uomini, fanciulli, vecchi d’ogni stato e condizione, visti in tutti i luoghi illuminati dal sole, e oggi ancora visibili sulle contrade insanguinate della Cocincina e del Tonchino, si presentano con tutti i loro orrori, l’indigenza, la fame, la nudità, l’esilio, la prigione, 1′ apparato dei supplizi, infine la morte in mezzo alle torture. Una parola detta all’orecchio del giudice, un grano d’incenso gettato sopra un carbone, un passo sopra una croce di legno basta per salvarli. Malgrado le preghiere dei loro amici e le lacrime dei loro prossimi, quella parola non la diranno mai; quel grano d’incenso, mai lo bruceranno, quel passo mai lo faranno. Come a Paolo si grida loro che sono pazzi, Insanis Paule; e come Paolo ne converranno: nos stulti propter Christum; e come lui, invece di cercare di diventar saggi, cantano la follia che li conduce al patibolo: Libenter impendam et super impemdar ipse. E che dire di più ancora? La folla tumultuante, innumerevole, quel grosso dell’ umanità che appellasi mondo, vive appassionato per le ricchezze, per gli onori e per i godimenti. Al di là del presente il suo occhio nulla vede, il suo spirito nulla comprende, il suo cuore niente desidera. Secondo il parer suo, illusi, pazzi, visionari quelli che si danno per vedere, per cercare, per sperare altra cosa. Ora in mezzo a questo mondo esiste per tutta la terra un popolo numeroso che disprezza il presente e che aspira all’eternità; un popolo che preferisce la povertà alla ricchezza,- la mortificazione ai piaceri, l’oblio alla gloria, le tante veglie alle notti colpevoli; un popolo pel quale gli aspri combattimenti della virtù sono tante delizie, il perdono delle ingiurie un dovere amato, lo stesso nemico un fratello degno di compassione, oggetto preferito di preghiere e di benefizi. Come a Paolo si grida che sono pazzi: insanisi, Paule; e come Paolo ne convengono: Nos stiliti propter Chrìstum. E come lui, anziché cercare di divenir sapienti, si fanno gloria della loro follìa: Omnia detrimentum feci et arbitror ut stercora, ut Christum lucrifaciam. Quel che vi ha di più incomprensibile è la stessa natura della loro ubriachezza e della loro follia. Essi son pazzi di quella sublime follia, alla quale il mondo deve la sua ragione e tutta la sua ragione; pazzi di quell’ebbrezza del cenacolo che ha reso al buon senso i pazzi di Babele. Tale è stata, tale è ancora e tale sarà sino alla fine la Chiesa cattolica, istituzione per ciò solo, straordinariamente miracolosa, e di cui il reale profeta cantava la nascita mille anni innanzi alla Pentecoste cristiana: Signore voi manderete il vostro spirito, e tutto sarà creato : e voi rinnoverete la faccia della terra …. Mediante la follia del cenacolo aggiunge l’Apostolo: Per stultiiìam praeclicatìonis placuit salvos facere cedentes. 1 Cor., I, 21].

La storia particolareggiata della Pentecoste mostra che la fondazione della Chiesa è come la creazione di Maria, il capo d’opera dello Spirito Santo. Tra queste due meraviglie vi sono altre analogie che adesso indicheremo. Maria è ripiena di tutti i doni dello Spirito Santo, come un diadema d’immortalità, i quali brillano sul suo capo verginale [non bisogna eccettuarne il dono delle lingue. Maestra e consolatrice non solamente degli apostoli, ma di tutti i fedeli che accorrevano da tutte le parti per vederla e consultarla, era necessario che essa conoscesse le loro lingue per animarli, istruirli e infondere nel cuor loro il suo cuore materno. Altrettanto bisogna dire di santa Maddalena, presente al cenacolo con Maria e più tardi, apostolo della Provenza]: cosi la Chiesa. Lo Spirito Santo inseparabile dai suoi doni, gli diffonde non con misura, ma secondo la capacità dei vasi che incontra. Creazione immediata dello Spirito Santo, Maria, capacità completa; la Chiesa, parimente. In Maria dunque pienezza dei doni dello Spirito Santo, pienezza dei doni interiori, pienezza del dono di sapienza e di Intelletto, pienezza del dono di consiglio e di forza; pienezza del dono di scienza e di misericordia; pienezza del dono di timor di Dio; pienezza dei doni esteriori; pienezza del dono dei miracoli, e del dono di profezia; pienezza del dono di guarigione e del dono delle lingue. – Siccome ne attesta la storia, tutti i doni ch’Egli comunica all’augusta Madre del Verbo, lo Spirito Santo li comunica alla madre del cristiano. Oggi, in faccia al cenacolo, il cielo e la terra possono dire alla Chiesa ciò che l’Arcangelo diceva a .Maria: « Salve piena di grazia, il Signore è teco; tu sei benedetta tra tutte le genti e gli esseri beati ai quali tu darai nascimento saranno appellati figli di Dio. Non dubitare; vedi come la virtù dell’Altissimo ti circonda della sua ombra, e con quale magnificenza lo Spirito Santo scende sopra di te. «Il Verbo incarnato, vincitore del Re della Città del male, compie le sue promesse. Egli si è innalzato nei cieli, conducendo in trionfo i demoni incatenati, e gli schiavi loro, resi gloriosamente alla libertà. A guisa degli antichi trionfatori Ei distribuisce oggi le sue elargizioni. Dalle sue mani divine scorrono su di voi non talenti d’oro né mine d’argento, ma gli stessi doni dello Spirito Santo, e fra tutti, quelli delle lingue. Grazie a questo nuovo dono, 1’Ebreo divenuto vostro figlio e parlante il suo idioma materno, farà risuonare alle orecchie di tutti i popoli le glorie del Verbo e adorare dai Romani Colui che un dei loro Proconsoli, Pilato, fece morire sulla croce. » [S. Maxim., Serm. in Pentecoste versus fin.]. – Maria è vergine, la Chiesa è vergine. Fra tutte le prerogative di Maria brilla di uno splendore particolare la sua inviolabile verginità. La Chiesa è onorata della stessa prerogativa: essa è vergine e vergine immacolata. Depositaria incorruttibile del Verbo divino, essa è vergine nella sua fede e vergine nel suo amore. Ciò che era ieri, è oggi, e lo sarà sempre: essa non può non esserlo. Che forse il Verbo e lo Spirito Santo non hanno promesso solennemente d’essere tutti i giorni con lei sino alla fine del mondo? [Matth., XXVIII, 20; Joan. XIV, 16]. Una simile promessa può ella mancare? Se nella durata dei secoli fosse possibile di trovare non dico un’ora, ma un secondo, in cui la sposa dello Spirito Santo avesse insegnato l’ombra di un errore, il regno della verità sulla terra sarebbe finito. – I Protestanti accusando la Chiesa romana d’ infedeltà, non s’accorgono ch’essi pongono in principio lo scetticismo universale. Se la Chiesa si é ingannata, o, come dicono, si è corrotta, che cosa diventano le assicurazioni d’infallibilità date da Gesù Cristo? Che diventa tutto quanto il Cristianesimo ? Cosa diventa la verità qualunque sia il suo nome? La Chiesa é adunque, come Maria, vergine, sempre vergine e anche per questo, unicamente per questo, per un privilegio rifiutato a tutte le sette, essa è l’oggetto eterno dell’odio del demonio. Vergine come Maria, la Chiesa è madre come lei. « Il vostro capo, dice sant’Agostino, è figlio di Maria, e voi, siete figli della Chiesa; imperocché essa pure è madre e vergine. Essa è madre per le viscere della sua carità; vergine per la integrità della sua fede. Essa partorisce dei popoli interi, ma tutti appartengono a Quegli di cui è il corpo e la sposa: nuova rassomiglianza con Maria, poiché malgrado la molteplicità, essa é madre della unità.1 »1 [ “Caput vestrum peperit Maria, vos Ecclesia. Nam ipsa quoque et mater et virgo est. Mater visceribus charitatis, virgo integritate fìdei et pietatis. Populos parit, sed unius membra sunt, cujus ipsa est corpus et conjux ; etiam in hoc gerens ilìius virginis, quia et in multis mater est unitatis.” Serm. 142, n. 2]. Per la nascita del Verbo lo Spirito Santo discende in Maria: il seno dell’augusta Vergine è il santuario del mistero. Per opera misteriosa dello Spirito Santo il Verbo è concepito: gli stessi sono gli elementi nella formazione dei figli della Chiesa. Ciò che fu il seno di Maria per Gesù, per noi lo è la fontana battesimale. Dall’acqua fecondata mediante lo Spirito Santo nasce il cristiano; egli non può nascere altrimenti.22 [Joan III, 5]. – Nel libro dei cantici il divino Spirito, parlando alla sua sposa le dice: « Il tuo ventre è simile a un monticello di frumento contornato di gigli. » [“Venter tuus sicut acervus tritici vallatus liliis”. Cant., VII, 2]. Fecondità e verginità: tali sono le due prerogative significate dall’espressione profetica. Il seno verginale di Maria fu un monticello di frumento. Là come in un granaio di abbondanza fu formato e rinchiuso il frumento divino, frumento dorato e odorifero, frumento inalterabile e inestinguibile, il quale di generazioni in generazioni si muta in raccolte di eletti, destinati agli eterni granai del padre di famiglia.Il seno della Chiesa cattolica pure è un monte di frumento la cui fecondità è inesauribile e il grano indistruttibile.Contare le stelle del firmamento non sarebbe più difficile che il contare gli uomini ed i popoli generati dalla Chiesa alla vita della verità. Né le armi dei persecutori, né i loro roghi, né le loro belve feroci, né la zizzania degli eretici, né gli scandali dei peccatori hanno potuto mai distruggere il frumento cattolico. Su tutta la faccia della terra e sino alla fine dei tempi si riprodurrà sempre lo stesso. Siccome pianta cosmopolita, né la varietà dei climi, né la differenza di cultura lo faranno degenerare: ciò che è scritto è scritto.Questa inesauribile fecondità della Chiesa non è il contrassegno meno luminoso della sua origine celeste e della sua perpetua verginità. Se per caso la Chiesa avesse contratto con la menzogna un’adultera alleanza, da molto tempo avrebbe essa cessato di produrre. Solo lo Spirito Santo è fecondo. Ogni società, come ogni anima che esso abbandona, diventa sterile ; sterile perché ha cessato d’essere vergine. Vedete il protestantismo con la sua operosità febbrile, con le sue importazioni di bibbie stampate in tutte le lingue, con i milioni spesi a diffondere i suoi opuscoli o a stipendiare i suoi agenti; qual popolo ha egli generato a Gesù Cristo? Ma perché parlare del protestantismo? La sua essenza essendo una negazione, non potrebbe niente produrre; se è fecondo, lo è solamente nelle rovine. Rovine intellettuali, rovine morali, rovine sociali; queste tre parole riassumono la sua storia e quella di tutte le eresie passate e future.Volgiamo i nostri sguardi verso la Chiesa orientale, triste sorella della Chiesa latina, e com’essa dotata in antico di una gloriosa fecondità; dopo lo scisma che ha ella prodotto? Nulla. Ha piantato la croce in qualche regione lontana? ha ella civilizzato una sola popolazione dell’Asia o dell’America? ha ella favorito il movimento delle scienze, o compiute qualcuna di quelle opere che lasciano dietro di sé un lungo solco di gloria? No. Ma ha ella almeno potuto difendersi contro la sua propria corruzione ? Neppure. Come vittima della simonia, dello scandalo e dell’intrusione che la divorano come i vermi un cadavere, essa è caduta in una prodigiosa ignoranza ed in una mortale atonia. Essa non ha né un dottore celebre, né un concilio degno di qualche rilievo. « Se facciamo un parallelo tra il clero greco è quello latino, diceva Montesquieu, se paragoniamo la condotta dei Papi con quella dei patriarchi di Costantinopoli, vedremo della gente tanto dotta, quanto gli altri erano poco sensati. ».La differenza delle due chiese, rifulge nella continua espansione di forze e di vita della Chiesa romana, e nelle sue conquiste su tutti i punti del globo; mentre la chiesa greca rimane immobile, rinchiusa nei confini della servitù, e spogliata del principio di fecondità comunicato alla vera sposa, il giorno della Pentecoste.Lo Spirito Santo, siccome è inseparabile da Maria, cosi è inseparabile dalla Chiesa. Formata nel cenacolo, la madre del cristiano apparisce vivente il dì della Pentecoste.Essa vive, poiché possiede il principio del suo movimento, cioè lo Spirito Santo, il Quale si manifesta con atti riservati a lui solo. [“Dicimus animal vivere, cum incipit ex se motum habere”. S. Th. I p., q. 18, art. I corp.]. « Nel dì della Pentecoste, dice sant’Agostino, lo Spirito Santo discese come una rugiada santificante sugli Apostoli, sui templi viventi. – Non è un visitatore passeggiero ma un consolatore perpetuo, un eterno abitatore. Ciò che il Verbo incarnato aveva detto di Se medesimo ai suoi apostoli: Io sono con voi tutti i giorni sino alla fine del mondo, Ei lo dice dello Spirito Santo: Il Paracielo che mio Padre vi darà, dimorerà sempre con voi. Egli fu dunque presente ai fedeli, non per favore della sua visita e delle sue operazioni, ma per la presenza stessa della sua maestà. Questi vasi ricevettero, non solamente l’odore del balsamo, ma il balsamo medesimo, affinché il suo profumo riempisse la terra intera, e rendesse i discepoli degli Apostoli capaci della vita di Dio altresì, e partecipanti della sua natura. » [Serm, 185, De temp.]. – Ora lo Spirito Santo resta con Maria per proteggerLa, per ispirarLa, per dirigerLa; in altri termini, per conservarLa sino alla fine, piena di grazia e tipo unico di bellezza morale. Ei la protegge: senza la protezione speciale dello Spirito Santo, come avrebbe potuto Maria povera e delicata, come pure il suo giovine figlio, sottrarsi al furore d’Erode? La Chiesa è ancora nella culla, e la stirpe immortale d’Erode ha giurata la sua morte. – Tre armi micidiali sono tra le mani de’ suoi nemici: la persecuzione, l’eresia, lo scandalo. Queste armi troveranno sempre braccia per maneggiarle, ma sempre si spunteranno contro la forza, la sapienza, la costanza sovrumana, triplice corazza, della quale lo Spirito Santo ha rivestito la Chiesa. Il divin Verbo nel lasciarla le aveva detto: restate nella solitudine, non v’impegnate in nessun combattimento, non affrontate alcun pericolo, innanzi d’essere rivestita della forza celeste. Allora soltanto voi sarete in stato di servirmi di testimone a Gerusalemme, in Samaria e sin nell’estremità della terra. [Act. I, 8]. – Questa forza invincibile è data. Vengano i giudici ed i manigoldi di Gesù di Nazaret, vengano i giudei ed i gentili, vengano gli imperatori romani colla loro potenza, venga come un sol uomo tutta la vecchia società, furibonda di odio e folle di libidine; essi troveranno a chi parlare. La giovine società, animata dallo Spirito Santo, si riderà delle loro minacce, affronterà i loro supplizi, e circondandosi di miracoli, getterà loro nella fronte quella parola senza replica: “val meglio ubbidire a Dio che agli uomini”. Porgete l’orecchio, e udirete dopo diciotto secoli risuonare su tutti i punti del globo questa parola eternamente vincitrice delle porte dell’inferno. – Lo Spirito Santo ispira Maria ed ispira la Chiesa. A cagione della sublimità del suo canto profetico Maria è chiamata la Regina dei profeti. Se nei profeti l’ispirazione fu un ruscello, in Maria fu un fiume, e un vasto mare. – Cosi è lo stesso della Chiesa. Lo Spirito di sapienza che in bocca dei fanciulli o degli uomini del popolo fa stupire i pretori romani per l’opportunità e la sublime semplicità delle risposte, si esprime nelle assemblee della Chiesa, per organo dei Pontefici con una lucidità che confonde Terrore, e con una autorità fino allora sconosciuta. – Sin dall’origine, gravi questioni riuniscono in un concilio gli antichi pescatori di Galilea. Come teologi di prim’ordine e per conseguenza come filosofi eminenti, discutono i punti più difficili con ragionamento così alto, che fa ecclissare le sedute tanto vantate del Senato e dell’Areopago. – Terminate le discussioni, il concilio invia ai fedeli dell’Oriente e dell’Occidente la sua decisione formulata, come assemblea umana non osò mai formulare la sua: È parso cosa buona allo Spirito Santo ed a noi: “Visual est Spirititi Sancto et nobis’.” Ecco l’intelligenza umana posta allo stesso livello dell’intelligenza divina! Ecco l’uomo che divide con Dio l’infallibilità dottrinale e la potenza giudiziaria! Se qui non è il sublime, dove lo troverete voi? Questa deificazione dell’uomo, per opera dello Spirito Santo, non ha mai cessato nella Chiesa. In termini differenti, ma con la stessa assicurazione, tutti i concili generali, da diciotto secoli in poi, ripetono la gloriosa formula; « Il santissimo universale ed ecumenico concilio (di Trento), legittimamente radunato dallo Spirito Santo, insegna, statuisce, ordina, proibisce. » I concili hanno doppiamente ragione: da una parte, lo Spirito di verità è sempre con essi [Joan. XVI, 16]: dall’altra, la storia prova che di tutte le società la Chiesa è la sola, che non abbia niente da ritrattare. Lo Spirito Santo non ispira solamente le parole di Maria, ma dirige i suoi passi. Da Nazzaret Ei la conduce a Betleem, da Betleem in Egitto, d’Egitto nella Giudea, di Giudea nella Galilea, a Gerusalemme, al Calvario al Cenacolo. – Egli opera nello stesso modo sulla Chiesa. Sempre sensibile nel succedere dell’età, questa azione é palpabile nei primi secoli. Il ministro della potente regina d’Etiopia, venuto ad adorare a Gerusalemme, se ne ritorna nel suo paese; qual nobile conquista! Lo Spirito Santo parla al diacono Filippo che si accosta al ministro, sale sul carro, lo istruisce e lo battezza. In un attimo, lo stesso diacono trovasi trasportato dallo stesso spirito nella città di Azot, e la sua vittoriosa parola risuona in tutte le città intermedie sino a Cesarea. – Occorre chiamare i gentili alla fede? è lo Spirito Santo in Persona che sceglie Pietro per questa missione, e gli indica, volta per volta, il modo di compierla. È giunto il momento di portare lungi la face divina; chi saranno gli operai? Chi li piglierà per la mano, e li condurrà senza abbandonarli neppure un istante, come il precettore conduce il suo discepolo, e l’anima il corpo? Non sarà né il Padre, né il Figliuolo, ma lo Spirito Santo. – « Separatemi, dice egli, Paolo e Barnaba per 1′ opera alla quale Io gli ho destinati. » [Act., XIII, 2]. – Seguiamo per un istante i conquistatori evangelici, e vedremo che tutti i loro movimenti sono regolati dallo Spirito Santo medesimo: « Avendo attraversato, dice lo storico sacro, la Frigia e la Galazia, essi furono impediti dallo Spirito Santo di annunziare la parola di Dio nell’Asia. » [ Act, XVI, 6]. – Venuti nella Misia tentano di entrare nella Bitinia, ma lo Spirito Santo vi si oppone. La Macedonia è loro aperta, e lo Spirito Santo gli conduce nella città di Filippi, dove san Paolo deve riportare un splendido trionfo sul demonio, ispiratore di una giovine pitonessa. Atene, Corinto, Efeso gli vedranno di quando in quando, seminare i miracoli e moltiplicare le conquiste. – Con tutto ciò questi possenti uomini obbediscono in tutte le cose allo Spirito di forza e di sapienza. È Esso che avverte Paolo di lasciare Efeso, di attraversare rapidamente la Macedonia e l’Acaja e di recarsi a Gerusalemme. – Né i lacci de’ suoi nemici, né le lacrime dei suoi cari discepoli possono ritardare il suo cammino. « Io sono, dice egli medesimo, incatenato dallo Spirito Santo che mi conduce a Gerusalemme. Io ignoro ciò che mi starà per accadere; solamente in tutte le città dove io passo, egli mi fa annunziare che catene e tribolazioni mi attendono a Gerusalemme; ma io non temo nulla di tutto questo ; né stimo la mia vita più di me, purché io consumi la mia carriera e il ministero della parola che ho ricevuto dal Signore Gesù. »[Ibid., 22 e seg.]. – Nobili disposizioni che l’imminenza del pericolo non farà cambiare. «arrivammo ben presto, dice san Luca, a Cesarea, dove noi dimorammo alcuni giorni. Allora venne dalla Giudea un profeta di nome Agabbo, il quale pigliando la cintura di Paolo si legò i piedi e le mani e disse: Ecco ciò che dice lo Spirito Santo: l’uomo a cui appartiene questa cintola, sarà legato a questo modo dai Giudei in Gerusalemme e lo daranno in potere dei Gentili. Udita la qual cosa, e noi e quelli che erano di quel luogo, lo pregammo che non andasse a Gerusalemme. – Allora rispose Paolo e disse: che fate voi, piangete affliggendo il mio cuore? Conciossiaché io sono pronto non solo a essere legato, ma anche a morire in Gerusalemme per il nome del Signore Gesù. » [ Act., XXI, 11 e seg.]. – Il seguito della storia dimostra che Paolo non si smentisce un istante; essa dimostra altresì la ragione recondita di tutti i passi del grande apostolo e di tutte le persecuzioni alle quali è in balia. Se egli è obbligato a fuggire da Efeso, se gli è proibito di fermarsi in Bitinia, se gli è ordinato di attraversare l’Asia correndo, e di venire a farsi prendere a Gerusalemme, è perché lo Spirito Santo ha deciso di inviarlo a Roma. Caduto nelle mani dei Giudei, sarà da essi dato nelle mani dei Romani. Egli ricuserà il giudizio del governatore Festo, si appellerà a Cesare, e questo appello lo condurrà nella capitale di satana, le cui mura saranno scosse dalla sua potente parola. – Questa direzione dello Spirito Santo che trovasi anche nella vita degli altri Apostoli, non ha mai abbandonato la Chiesa. Dalla creazione in poi, la sapienza infinita conduce il sole come per mano, e gli addita ogni dì i luoghi in cui deve egli portare la luce. Così, dalla rigenerazione evangelica in poi, lo Spirito Santo dirige la Chiesa, il sole del mondo morale, e le indica con precisione i popoli e le anime ch’ella deve visitare o abbandonare. – A questa azione direttrice fa d’uopo attribuire il passaggio della fede da una nazione all’altra; la conversione dei popoli del Nord nel momento dello scisma orientale; la scoperta dell’America quarant’anni dopo il risorgimento del paganesimo in Europa; lo slancio meraviglioso della propagazione della fede, della quale siamo noi testimoni, nel momento in cui l’Apostasia generale delle società moderne domanda per riparare le perdite della Chiesa immensi compensi. – Diamo termine al parallelismo tra Maria e la Chiesa con un nuovo tratto, e che non è il meno commovente. – Simile a Maria per la sua feconda verginità, la Chiesa le rassomiglia altresì per l’amore materno. Madre del Verbo incarnato, Maria nutre il suo Figliuolo dei suo latte verginale, ubere de coelo pleno. Essa Lo circonda delle più teneri cure, Gli prodiga le più affettuose carezze, Lo salva da tutti i pericoli, prende parte a tutti i suoi dolori, né Lo abbandona neppure alla morte. La Chiesa Madre del cristiano, lo nutrisce del latte verginale della sua dottrina. Non un errore e neppur l’ombra di esso lascia penetrare in quella intelligenza, fatta per la verità, niente altro che per la verità. Essa è gelosa: incessante è la sollecitudine con cui questa madre veglia sul nutrimento de’ suoi figli. Per allontanare dalle loro labbra qualunque cibo corrotto, trova il coraggio della leonessa che difende i suoi leoncelli. Sopra gli Erodi avvelenatori o assassini, cadono le sue minacce ed i suoi anatemi. Felici i cristiani se avessero sempre inteso il cuore della loro madre! – Via via che suo figlio cresce e che i combattimenti della vita divengono più pericolosi, le precauzioni della Chiesa si moltiplicano. Se a malgrado dei suoi sforzi viene egli a cadere, ella lo rialza, lo incoraggia, medica le sue ferite, gli rende la sua salute, e fino all’ultimo momento raddoppia le sue cure materne, a fine di farlo morire riconciliato col suo maggior fratello, suo giudice e suo rimuneratore. Non basterebbero volumi per ridire ciò che dalla culla sino alla tomba, e al di là, fa la madre dei cristiani per il corpo e per l’anima de’ suoi figli: imitazione permanente delle sollecitudini di Maria per il suo diletto figliuolo. – Non solo Maria ha amato il suo Figliuolo, ma essa ha amato tutti quelli che egli ama. Ora ama Egli tutti gli uomini: il suo amore non conosce né incostanza, né freddezza, né limiti di tempo, di luoghi o di persone. “Ego dominus et non mutor”. Cosi pure è l’amore di Maria. Per attestarlo ha fatto ciò che nessuna madre ha fatto mai: Essa ha dato il suo proprio Figliuolo. Maria mostrando in tutti i secoli Gesù inchiodato sulla croce, può dire: Cosi ho amato il mondo sino a dargli il mio unico figlio. Siccome è stato necessario il mio consenso per l’incarnazione del Verbo, cosi ci è voluto questo per l’immolazione di questa cara vittima. – La Chiesa, come madre del cristiano, è in diritto di tenere lo stesso linguaggio. Su tutti i punti del globo divenuto per lei un immenso Calvario, essa mostra le croci, i roghi, i patiboli, le caldaie d’olio bollente, le canghe, i supplizi d’ogni sorta, le belve degli anfiteatri, tutti insomma i mille generi di torture e di morti, inventati da satana, e dopo diciotto secoli rimasti in permanenza nelle diverse parti della terra: poi i suoi figli i più diletti, crocifissi, bruciati, appesi, ridotti in polvere, squartati, torturati sino da quello stesso tempo in poi, e sulla medesima estensione. A questo spettacolo, pigliando in imprestito il linguaggio di Maria, essa dice agli Angeli ed agli uomini: a questo modo io ho amato il mondo; e per salvarlo, ho dato e do ancora i miei più amati figli, Yl’ossa delle mie ossa, il sangue del mio sangue. – Quest’ultimo tratto aggiunto a tanti altri somiglianti, ci mostra negli annali dell’umanità due madri, due soltanto, Maria e la Chiesa, che sacrificano i loro figli per la salute del mondo. O Maria! o Chiesa! miracoli inauditi di carità! anatema a colui che non vi ama!

Per rinfrescare la memoria del cattolico

Per rinfrescare la memoria del cattolico antimodernista che vuole conservare intatta ed integra la fede dei Padri

Riportiamo i principali simboli di fede cattolica antimodernista, simboli che possono essere usati come memoriale ma anche come preghiere di lode a DIO e di fedeltà alla Chiesa Cattolica fondata da N.S. GESU CRISTO.

Sant_Atanasio

(Canticum Quicumque * Symbolum Athanasium) Quicúmque vult salvus esse, * ante ómnia opus est, ut téneat cathólicam fidem: Quam nisi quisque íntegram inviolatámque serváverit, * absque dúbio in ætérnum períbit. Fides autem cathólica hæc est: * ut unum Deum in Trinitáte, et Trinitátem in unitáte venerémur. Neque confundéntes persónas, * neque substántiam separántes. Alia est enim persóna Patris, ália Fílii, * ália Spíritus Sancti: Sed Patris, et Fílii, et Spíritus Sancti una est divínitas, * æquális glória, coætérna maiéstas. Qualis Pater, talis Fílius, * talis Spíritus Sanctus. Increátus Pater, increátus Fílius, * increátus Spíritus Sanctus. Imménsus Pater, imménsus Fílius, * imménsus Spíritus Sanctus. Ætérnus Pater, ætérnus Fílius, * ætérnus Spíritus Sanctus. Et tamen non tres ætérni, * sed unus ætérnus. Sicut non tres increáti, nec tres imménsi, * sed unus increátus, et unus imménsus. Simíliter omnípotens Pater, omnípotens Fílius, * omnípotens Spíritus Sanctus. Et tamen non tres omnipoténtes, * sed unus omnípotens. Ita Deus Pater, Deus Fílius, * Deus Spíritus Sanctus. Ut tamen non tres Dii, * sed unus est Deus. Ita Dóminus Pater, Dóminus Fílius, * Dóminus Spíritus Sanctus. Et tamen non tres Dómini, * sed unus est Dóminus. Quia, sicut singillátim unamquámque persónam Deum ac Dóminum confitéri christiána veritáte compéllimur: * ita tres Deos aut Dóminos dícere cathólica religióne prohibémur. Pater a nullo est factus: * nec creátus, nec génitus. Fílius a Patre solo est: * non factus, nec creátus, sed génitus. Spíritus Sanctus a Patre et Fílio: * non factus, nec creátus, nec génitus, sed procédens. Unus ergo Pater, non tres Patres: unus Fílius, non tres Fílii: * unus Spíritus Sanctus, non tres Spíritus Sancti. Et in hac Trinitáte nihil prius aut postérius, nihil maius aut minus: * sed totæ tres persónæ coætérnæ sibi sunt et coæquáles. Ita ut per ómnia, sicut iam supra dictum est, * et únitas in Trinitáte, et Trínitas in unitáte veneránda sit. Qui vult ergo salvus esse, * ita de Trinitáte séntiat. Sed necessárium est ad ætérnam salútem, * ut Incarnatiónem quoque Dómini nostri Iesu Christi fidéliter credat. Est ergo fides recta ut credámus et confiteámur, * quia Dóminus noster Iesus Christus, Dei Fílius, Deus et homo est. Deus est ex substántia Patris ante sǽcula génitus: * et homo est ex substántia matris in sǽculo natus. Perféctus Deus, perféctus homo: * ex ánima rationáli et humána carne subsístens. Æquális Patri secúndum divinitátem: * minor Patre secúndum humanitátem. Qui licet Deus sit et homo, * non duo tamen, sed unus est Christus. Unus autem non conversióne divinitátis in carnem, * sed assumptióne humanitátis in Deum. Unus omníno, non confusióne substántiæ, * sed unitáte persónæ. Nam sicut ánima rationális et caro unus est homo: * ita Deus et homo unus est Christus. Qui passus est pro salúte nostra: descéndit ad ínferos: * tértia die resurréxit a mórtuis. Ascéndit ad cælos, sedet ad déxteram Dei Patris omnipoténtis: * inde ventúrus est iudicáre vivos et mórtuos. Ad cuius advéntum omnes hómines resúrgere habent cum corpóribus suis; * et redditúri sunt de factis própriis ratiónem. Et qui bona egérunt, ibunt in vitam ætérnam: * qui vero mala, in ignem ætérnum. Hæc est fides cathólica, * quam nisi quisque fidéliter firmitérque credíderit, salvus esse non póterit. V. Glória Patri, et Fílio, * et Spirítui Sancto. R. Sicut erat in princípio, et nunc, et semper, * et in sǽcula sæculórum. Amen.

[Chiunque vuol esser salvo, * prima di tutto bisogna che abbracci la fede cattolica. Fede, che se ognuno non conserverà integra e inviolata, * senza dubbio sarà dannato in eterno. La fede cattolica consiste in questo: * che si veneri, cioè, un Dio solo nella Trinità [di Persone] e un Dio trino nell’unità [di natura]. Senza però confonderne le persone, * né separarne la sostanza. Giacché altra è la persona del Padre, altra quella del Figlio, * altra quella dello Spirito Santo; Ma del Padre, e del Figlio, e dello Spirito Santo unica è la divinità, * eguale , la gloria, coeterna la maestà. Quale è il Padre, tale il Figlio, * e tale lo Spirito Santo. Increato è il Padre, increato il Figlio, * increato lo Spirito Santo. Immenso è il Padre, immenso il Figlio, * immenso lo Spirito Santo. Eterno è il Padre, eterno il Figlio, * eterno lo Spirito Santo. Pur tuttavia non vi sono tre [esseri] eterni, * ma uno solo è l’eterno. E parimenti non ci sono tre esseri increati, né tre immensi, * ma uno solo l’increato, uno solo l’immenso. Similmente è onnipotente il Padre, onnipotente il Figlio, * onnipotente lo Spirito Santo. E tuttavia non ci sono tre [esseri] onnipotenti, * ma uno solo è l’onnipotente. Così il Padre è Dio, il Figlio è Dio, * lo Spirito Santo è Dio. E tuttavia non vi sono tre Dèi, * ma un Dio solo. Così il Padre è Signore, il Figlio è Signore, * lo Spirito Santo è Signore. Però non vi sono tre Signori, * ma un Signore solo. Infatti, come la fede cristiana ci obbliga a professare quale Dio e Signore separatamente ciascuna Persona; * così la religione cattolica ci proibisce dì dire che ci sono tre Dèi o tre Signori. Il Padre non è stato fatto da alcuno, * né creato e neppure generato. Il Figlio è dal solo Padre; * non è stato fatto, né creato, ma generato. Dal Padre e dal Figlio è lo Spirito Santo, * che non è stato fatto, né creato, né generato, ma che procede. Dunque c’è un solo Padre, non tre Padri; un solo Figlio, non tre Figli; * un solo Spirito Santo, non tre Spiriti Santi. In questa Triade niente vi è di prima o di dopo, niente di più a meno grande; * ma tutte e tre le Persone sono fra loro coeterne e coeguali. Talché, come si è detto sopra, * si deve adorare sotto ogni riguardo nella Trinità l’unità, e nella unità la Trinità. Pertanto chi si vuol salvare, * così deve pensare della Trinità. Ma per la salute eterna è necessario * che creda di cuore anche l’Incarnazione di nostro Signor Gesù Cristo. Or la vera fede consiste nel credere e professare * che il Signor nostro Gesù Cristo, Figlio di Dio, è Dio e uomo. È Dio, generato, sin dall’eternità, dalla sostanza del Padre, * ed è uomo, nato nel tempo, dalla sostanza d’una madre. Dio perfetto e uomo perfetto * che sussiste in un’anima razionale e in un corpo umano. È eguale al Padre secondo la divinità, * è minore del Padre secondo l’umanità. Il Figlio quantunque sia Dio e uomo, tuttavia non sono due, ma è un Cristo solo. Ed è uno non perché la divinità si è convertita nell’umanità, * ma perché Iddio s’è assunta l’umanità. Uno assolutamente, non per il confondersi di sostanza; * ma per l’unità di persona. Ché come l’uomo, anima razionale e corpo, è uno: * così il Cristo è insieme Dio e uomo. Il quale patì per la nostra salvezza, discese agli inferi, * e il terzo giorno risuscitò da morte. Salì al cielo, siede ora alla destra di Dio Padre onnipotente, * donde verrà a giudicare i vivi ed i morti. Alla cui venuta tutti gli uomini devono risorgere con i loro corpi, * e dovranno rendere conto del loro proprio operato. E chi avrà fatto opere buone avrà la vita eterna; * chi invece opere cattive subirà il fuoco eterno. Questa è la fede cattolica, * fede che se ciascuno non avrà fedelmente e fermamente creduto non si potrà salvare. V. Gloria al Padre, e al Figlio, * e allo Spirito Santo. R. Come era nel principio è ora e sempre * nei secoli dei secoli. Amen.]

PROFESSIO FIDEI

Professione di Fede stabilita da Papa Pio IV
sulla base del Concilio di Trento

1545-1563

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Ego N.… firma fide credo et profiteor omnia et singula, quae continentur in symbolo fidei, quo sancta Romana Ecclesia utitur, videlicet: – Credo in unum Deum, Patrem omnipotentem, factorem coeli et terræ, visibilium omnium et invisibilium. Et in unum Dominum Jesum Christum, Filium Dei unigenitum. Et ex Patre natum ante omnia sæcula. Deum de Deo, lumen de lumine, Deum verum de Deo vero. Genitum, non factum, consubstantialem Patri: per quem omnia facta sunt. Qui propter nos homines, et propter nostram salutem fdescendit de coelis. Et incarnatus est de Spiritu Sancto ex Maria Virgine: et homo factus est. Crucifixus etiam pro nobis; sub Pontio Pilato passus, et sepultus est. Et resurrexit tertia die, secundum Scripturas. Et ascendit in coelum: sedet ad desteram Patris. Et iterum venturus est cum gloria judicare vivos et mortuos: cujus regni non erit finis. Et in Spiritum Sanctum, Dominum et vivificantem: qui ex Patre Filioque procedit. Qui cum Patre, et Filio simul adoratur et conglorificatur: qui locutus est per Prophetas. Et unam, sanctam, catholicam et apostolicam Ecclesiam. Confiteor unum baptisma in remissionem peccatorum. Et exspecto resurrectionem mortuorum. Et vitam venturi sæculi. Amen. – Apostolicas et ecclesiasticas traditiones reliquasque eiusdem Ecclesiae observationes et constitutiones firmissime admitto et amplector. Item sacram Scripturam iuxta eum sensum, quem tenuit et tenet sancta mater Ecclesia, cuius est iudicare de vero sensu et interpretatione sacrarum Scripturarum admitto, nec eam umquam, nisi iuxta unanimem consensum patrum accipiam et interpretabor. – Profiteor quoque septem esse vere et proprie sacramenta Novae Legis a Iesu Christo Domino nostro instituta atque ad salutem humani generis, licet non omnia singulis necessaria, scilicet Baptimam, Confirmationem, Eucharistiam, Poenitentiam, extremam Unctionem, Ordinem et Matrimonium, illaque gratiam conferre, et ex his Baptismum, Confirmationem et Ordinem sine sacrilegio reiterari non posse. Receptos quoque et adprobatos Ecclesiae catholicae ritus in supradictorum omnium sacramentorum sollemni administratione recipio et admitto. – Omnia et singola, quae de peccato originali et de iustificatione in sacrosancta Tridentina synodo definita et declarata fuerunt, amplector et recipio. – Profiteor pariter in missa offerri Deo verum, proprium et propitiatorium sacrificium pro vivis et defunctis, atque in sanctissimo Eucharistiae sacramento esse vere, realiter et substantialiter corpus et sanguinem una cum anima et divinitate Domini nostri Iesu Christi, fierique conversionem totius substantiae panis in corpus, et totius substantiae vini in sanguinem, quam conversionem catholica Ecclesia transsubstantiationem ap pellat. Fateor etiam sub altera tantum specie totum atque integrum Christum verumque sacramentum sumi. – Constanter teneo purgatorium esse, animasque ibi detentas fidelium suffragiis iuvari; similiter et sanctos una cum Christo regnantes venerandos atque invocandos esse, eosque orationes Deo pro nobis offerre, atque eorum reliquias esse venerandas. Firmiter assero, imagines Christi ac Deiparae semper virginis, nec non aliorum sanctorum, habendas et retinendas esse, atque eis debitum honorem ac venerationem impertiendam; indulgentiarum etiam potestatem a Christo in Ecclesia relictam fuisse, illarumque usum Christiano populo maxime salutarem esse affirmo. – Sanctam catholicam et apostolicam Romanam Ecclesiam omnium Ecclesiatum matrem et magistram agnosco; Romanoque pontifici, beati Petri apostolorum principis successori ac Iesu Christi vicario veram oboedientiam spondeo ac iuro. – Cetera item omnia a sacris canonibus et oecumenicis conciliis, ac praecipue a sacrosaneta Tridentina synodo [et ab oecumenico concilio Vaticano, tradita, definita ac declarata, praesertim de Romani pontificis primatu et infallibili magisterio], indubitanter recipio atque profiteor; simulque contraria omnia, atque haereses quascumque ab Ecclesia damnatas et reiectas et anathematizatas ego pariter damno, reicio et anathematiz

[Io N.… con fede sicura credo e professo tutto e singolarmente quanto è contenuto nel simbolo di fede di cui fa uso la santa romana Chiesa, cioè: Credo in un solo Dio, Padre onnipotente, Creatore del cielo e della terra, di tutte le cose visibili ed invisibili; ed in un solo Signore Gesù Cristo, Figlio unigenito di Dio, e nato dal Padre prima di tutti i secoli, Dio da Dio, luce da luce, Dio vero da Dio vero, generato, non fatto, consustanziale al Padre; per mezzo di lui furono create tutte le cose; egli per noi uomini e per la nostra salvezza discese dai cieli, e s’incarnò per opera dello Spirito Santo da Maria Vergine, e si fece uomo; fu anche crocifisso per noi sotto Ponzio Pilato, patì e fu sepolto; e risuscitò il terzo giorno secondo le Scritture, e salì al cielo, siede alla destra del Padre, e tornerà di nuovo con gloria a giudicare i vivi e i morti, e il suo regno non avrà mai fine; (credo) nello Spirito Santo, Signore e vivificante, che procede dal Padre e dal Figlio; il quale è adorato e glorificato insieme col Padre e col Figlio; il quale parlò per mezzo dei profeti; e (credo) nella Chiesa una, santa cattolica e apostolica. Professo esservi un solo Battesimo per la remissione dei peccati, ed aspetto la resurrezione dei morti e la vita del mondo che verrà. Amen. – Fermissimamente ammetto ed accetto le tradizioni ecclesiastiche e le altre osservanze e costituzioni della stessa Chiesa. – Ammetto pure la sacra Scrittura secondo l’interpretazione che ne ha dato e ne dà la santa madre Chiesa, alla quale compete giudicare del senso genuino e dell’interpretazione delle sacre Scritture, né mai l’intenderò e l’interpreterò se non secondo l’unanime consenso dei padri. – Confesso anche che sono sette i veri e propri sacramenti della Nuova Legge istituiti da Gesù Cristo nostro Signore e necessari, sebbene non tutti a tutti, per la salvezza del genere umano, cioè: Battesimo, Confermazione, Eucaristia, Penitenza, estrema Unzione, Ordine e Matrimonio; e che infondono la grazia, e che di essi il Battesimo, la Confermazione e l’Ordine non si possono reiterare senza sacrilegio. Accetto e riconosco inoltre i riti ammessi ed approvati della Chiesa cattolica per la solenne amministrazione di tutti i sacramenti sopra elencati. – Accolgo e accetto in ogni parte tutto quanto è stato definito e dichiarato nel sacrosanto concilio di Trento riguardo il peccato originale e la giustificazione. – Ritengo senza esitazione che esiste il purgatorio e che le anime ivi rinchiuse sono aiutate dai suffragi dei fedeli; similmente poi che si devono venerare e invocare i santi che regnano con Cristo, che essi offrono a Dio le loro preghiere per noi e che le loro reliquie devono essere venerate. Dichiaro fermamente che si possono ritrarre e ritenere le immagini di Cristo e della sempre vergine Madre di Dio, come pure degli altri santi, e che ad esse si deve tributare l’onore dovuto e la venerazione; affermo inoltre che da Cristo è stato conferito alla Chiesa il potere delle indulgenze e che il loro uso è della massima utilità al popolo cristiano. – Riconosco la santa, cattolica ed apostolica Chiesa Romana come madre e maestra di tutte le Chiese, e prometto e giuro obbedienza al romano Pontefice, successore di san Pietro principe degli apostoli e vicario di Gesù Cristo. – Accetto e professo ancora senza dubbi tutte le altre cose insegnate, definite e dichiarate dai sacri canoni e in particolare dal sacrosanto concilio di Trento [e dal concilio ecumenico Vaticano] [specialmente quanto al primato e al magistero infallibile del romano Pontefice]: nel contempo anch’io condanno, rigetto e anatematizzo tutte le dottrine contrarie e qualunque eresia condannata, rigettata ed anatematizzata dalla Chiesa. – Io N.… prometto, mi impegno e giuro, con l’aiuto di Dio, di mantenere e conservare tenacissimamente integra ed immacolata fino all’ultimo respiro di vita questa stessa vera fede cattolica, fuori della quale nessuno può essere salvo, che ora spontaneamente professo e ammetto con convinzione, e di procurare, per quanto sta in me, che sia ritenuta, insegnata e predicata ai miei soggetti e a coloro di cui mi sarà affidata la cura nel mio ministero: così faccio voto, così prometto e giuro; così mi aiutino Dio e questi santi Vangeli di Dio.].

 

IL GIURAMENTO ANTIMODERNISTA

voluto da San Pio X,

[Acta Apostolicæ Sedis, 1910, pp. 669-672]

SanPioX

[N.B.:il giuramento fu soppresso, per motivi ovvi, dall’antipapa iper-modernista Paolo VI nel 1966, dopo il Conciliabolo demolitivo della Chiesa, il c.d. Vaticano II]

Contro l’attuale folle e ben congegnata apostasia, il cattolico che vuole restare tale per accedere alla vita eterna e salvare la propria anima, deve ripetere frequentemente, con attenzione, oltre ai simboli di fede riportati, quanto è racchiuso nel giuramento antimodernista impegnandosi scrupolosamente ad osservarne i contenuti, onde conservare intatta la fede per la salvezza dell’anima. 

Io N. N. fermamente accetto e credo in tutte e in ciascuna delle verità definite, affermate e dichiarate dal magistero infallibile della Chiesa, soprattutto quei principi dottrinali che contraddicono direttamente gli errori del tempo presente. Primo: credo che Dio, principio e fine di tutte le cose, può essere conosciuto con certezza e può anche essere dimostrato con i lumi della ragione naturale nelle opere da lui compiute (cf Rm 1,20), cioè nelle creature visibili, come causa dai suoi effetti. Secondo: ammetto e riconosco le prove esteriori della rivelazione, cioè gli interventi divini, e soprattutto i miracoli e le profezie, come segni certissimi dell’origine soprannaturale della religione cristiana, e li ritengo perfettamente adatti a tutti gli uomini di tutti i tempi,compreso quello in cui viviamo. Terzo: con la stessa fede incrollabile credo che la Chiesa, custode e maestra del verbo rivelato, è stata istituita immediatamente e direttamente da Cristo stesso vero e storico mentre viveva fra noi, e che è stata edificata su Pietro, capo della gerarchia ecclesiastica, e sui suoi successori attraverso i secoli. Quarto: accolgo sinceramente la dottrina della fede trasmessa a noi dagli apostoli tramite i padri ortodossi, sempre con lo stesso senso e uguale contenuto, e respingo del tutto la, fantasiosa eresia dell’evoluzione dei dogmi da un significato all’altro, diverso da quello che prima la Chiesa professava; condanno similmente ogni errore che pretende sostituire il deposito divino, affidato da Cristo alla Chiesa perché lo custodisse fedelmente, con una ipotesi filosofica o una creazione della coscienza che si è andata lentamente formando mediante sforzi umani e continua a perfezionarsi con un progresso indefinito. -Quinto: sono assolutamente convinto e sinceramente dichiaro che la fede non è un cieco sentimento religioso che emerge dall’oscurità del subcosciente per impulso del cuore e inclinazione della volontà moralmente educata, ma un vero assenso dell’intelletto a una verità ricevuta dal di fuori con la predicazione, per il quale, fiduciosi nella sua autorità supremamente verace, noi crediamo tutto quello che il Dio personale, Creatore e Signore nostro, ha detto, attestato e rivelato. – Mi sottometto anche con il dovuto rispetto e di tutto cuore aderisco a tutte le condanne, dichiarazioni e prescrizioni dell’enciclica Pascendi e del decreto Lamentabili, particolarmente circa la cosiddetta storia dei dogmi. – Riprovo altresì l’errore di chi sostiene che la fede proposta dalla Chiesa può essere contraria alla storia, e che i dogmi cattolici, nel senso che oggi viene loro attribuito, sono inconciliabili con le reali origini della religione cristiana. – Disapprovo pure e respingo l’opinione di chi pensa che l’uomo cristiano più istruito si riveste della doppia personalità del credente e dello storico, come se allo storico fosse lecito difendere tesi che contraddicono alla fede del credente o fissare delle premesse dalle quali si conclude che i dogmi sono falsi o dubbi, purché non siano positivamente negati. Condanno parimenti quel sistema di giudicare e di interpretare la sacra Scrittura che, disdegnando la tradizione della Chiesa, l’analogia della fede e le norme della Sede apostolica, ricorre al metodo dei razionalisti e con non minore disinvoltura che audacia applica la critica testuale come regola unica e suprema. Rifiuto inoltre la sentenza di chi ritiene che l’insegnamento di discipline storico-teologiche o chi ne tratta per iscritto deve inizialmente prescindere da ogni idea preconcetta sia sull’origine soprannaturale della tradizione cattolica sia dell’aiuto promesso da Dio per la perenne salvaguardia delle singole verità rivelate, e poi interpretare i testi patristici solo su basi scientifiche, estromettendo ogni autorità religiosa e con la stessa autonomia critica ammessa per l’esame di qualsiasi altro documento profano. Mi dichiaro infine del tutto estraneo ad ogni errore dei modernisti, secondo cui nella sacra tradizione non c’è niente di divino o peggio ancora lo ammettono ma in senso panteistico, riducendolo ad un evento puro e semplice analogo a quelli ricorrenti nella storia, per cui gli uomini con il proprio impegno, l’abilità e l’ingegno prolungano nelle età posteriori la scuola inaugurata da Cristo e dagli apostoli. Mantengo pertanto e fino all’ultimo respiro manterrò la fede dei padri nel carisma certo della verità, che è stato, è e sempre sarà nella successione dell’episcopato agli apostoli3, non perché si assuma quel che sembra migliore e più consono alla cultura propria e particolare di ogni epoca, ma perché la verità assoluta e immutabile predicata in principio dagli apostoli non sia mai creduta in modo diverso né in altro modo intesa. -Mi impegno ad osservare tutto questo fedelmente, integralmente e sinceramente e di custodirlo inviolabilmente senza mai discostarmene né nell’insegnamento né in nessun genere di discorsi o di scritti. Così prometto, così giuro, così mi aiutino Dio e questi santi Vangeli di Dio.

cfr. Acta Apostolicæ Sedis, 1910, pp. 669-672 – 3 IRENEO, Adversus haereses, 4, 26, 2: PG 7, 1053 – 4 TERTULLIANO, De praescriptione haereticorum, 28: PL 2, 40.