Invito alla confessione.

Invito alla confessione.

confessione

[Manuale di Filotea, del  sac. G. Riva, Milano 1888 – imprim. -]

Un povero carcerato il quale col laccio al collo aspettasse d’ora in ora di andare al supplizio, non aspirerebbe a fortuna maggiore che di campare la vita. E se gli venisse recata la nuova che il principe gli perdona, e di più lo adotta e lo fa erede del suo regno appena lo crederebbe, e credendolo correrebbe rischio che l’allegrezza gli togliesse la vita che non gli tolse il carnefice. Ora se si possono paragonare le cose piccole alle grandi e le temporali alle eterne, questa è la mutazione che in un peccatore si opera con la santa Confessione. Dallo stato di reo, di schiavo, di condannato ad essere in eterno ludibrio di satanasso, egli è sublimato alla dignità di figliuolo adottivo di Dio. Miglior sorte è questa che non fu quella di Giuseppe cavato dal fondo di una torre è posto la nell’Egitto a sedere sul trono. Qui è che si può dire: “meraviglia! il re mandò a liberarlo nella prigione e non contento di ciò, lo costituì padrone per la sua casa e sovrintendente a tutto i suoi poderi. Voi forse non sarete finora mai giunto a capire quanto male sia vivere in peccato mortale; e per questo io non mancherò in farlo vedere delle susseguenti meditazioni. Frattanto vi basti sapere che il peccato mortale è sommo male, la somma disgrazia e la somma disavventura che possa accadere all’anima nostra. È più miserabile un uomo con un solo peccato mortale sulla coscienza che non sarebbe se egli avesse addosso per suo tormento tutti i demoni che bruciano nell’inferno e ne fosse per tutta la vita invasato. Poco male sarebbe rispetto a questo l’essere cambiato in un mostro. Voi vi stupite tanto quando sentite un Nabunodonosor, re di Babilonia, trasfigurato in un bue, un Tridate re dell’Armenia tramutato in un porco. Eppure questo è un nulla rispetto a ciò che è nell’anima di un peccatore. Egli è proprio come un demonio, onda di uno di questi disse il Signor: “uno di voi è un demonio perché, come dice San Tommaso, il demonio non è altro che una creatura intelligente in stato di peccato mortale. Se si potesse mai offrire ad questa elezione, o di precipitare senza colpa all’inferno, o di salire al cielo con la colpa, non sarà ammesso il modo non avrebbe affrettarsi a dire animosamente: piuttosto all’inferno con l’innocenza, che nel cielo con l’iniquità! Ma che dissi con S. Anselmo? l’Ecclesiastico quando parlò della colpa non disse forse chiaro: “meglio di lei è l’inferno? Né è meraviglia, perché il male della pena si oppone alla volontà della creatura, il male della colpa alla volontà del Creatore; ora guardate voi se vi può essere paragone. D’altra parte chi può misurare l’altezza della grazia per mezzo della quale noi siamo costituiti figliuoli adottivi di Dio? È la grazia divina un bene tanto grande che più vale un minimo grado di essa, che non vale tutta la nobiltà, tutta la sapienza, tutta la bellezza, tutto il potere, tutta la Santità, tutte le ricchezze, e quanto mai hanno posseduto di bene tutti gli uomini, anzi quanto è dovuto alla natura stessa degli Angeli. – E così se per acquistar un grado di questa grazia fosse necessario subissare la terra, sprofondar cieli e tutto in un momento distruggere la natura tutta, questa rovina sarebbe bene impiegata per tanto acquisto. Più, la giustificazione, che è quella per la quale si infonde la grazia nell’anima nostra, supera tutto quello che è nell’ordine della natura si fa dall’onnipotenza divina, e più fra Dio quando converte un solo peccatore che non fece quando diede il moto alle stelle, quando creò l’universo e quando ne creasse uno di nuovo ad ogni secolo. “Non est digna ponderatio continentis animae (dice il Signore nella Sapienza), non v’è prezzo che eguagli un’anima giusta. Che vi pare dunque della felicità di chi da tanta miseria passa ad un tale stato? Pigliate questo termine PECCATO, ponderatelo attentamente e poi mettetelo a paragone della GRAZIA, e consideratene la differenza. Inteso questo, voi subito capirete quanto bene a noi venga dalla Confessione sacramentale per mezzo della quale si effettua questa grande mistificazione e stupirete, anzi stordirete in vedere che tuttavia pur si trovino i peccatori i quali si confessino tanto di rado, contenti di riposare la loro somma miseria come animali che molto più volentieri stanno a giacere nelle proprie lordure di quello che mai farebbero in letti d’oro. Oh quanta ragione ebbe Dio in gridare contro costoro con Sofonia: “anderò a cercare gli uomini fitti nelle loro immondezze!” Che se poi questa giustificazione è già effettuata, non è perciò che la santa Confessione rimanga senza il suo frutto imperocché quella grazia della quale un minimo grado, come avete già sentito, vale tanto, sempre viene ad avvalorarsi, ad aumentarsi, a moltiplicarsi. “Chi è giusto si giustifichi di più” come si fa nell’Apocalisse. Per animarvi dunque a confessarvi frequentemente e superare quel poco di vergogna che si prova nell’esporre candidamente le proprie debolezze, considerate che cosa opera in noi la Confessione ben fatta.

Effetti della confessione ben fatta.

1) Ci libera dalla colpa, dalla schiavitù del demonio, dalla pena eterna.

2) Ci restituisce l’amicizia di Dio, la pace dell’anima, e meriti moltiplicati.

3) Ci fortifica per estirpare ogni abito cattivo, per superare ogni tentazione, per praticare ogni virtù.

Cose necessarie a ben confessarsi

I. – ORAZIONE per impetrare: 1° – I lumi onde conoscere, 2° la contrizione onde detestar .- 3° l’umiltà onde confessare sinceramente i propri peccati. – 4° Una volontà risoluta di farne la debita penitenza, e di non commettere peccato veruno in avvenire.

II. – ESAME diligente, universale, imparziale.

III. – DOLORE interno, sovrannaturale, sommo, universale, animato dalla speranza del perdono.

IV. – PROPONIMENTO fermo, universale, efficace.

V. – CONFESSIONE intera, umile, sincera.

VI. – SODDISFAZIONE pronta, intera, devota.

Orazioni prima dell’esame

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A Gesù Cristo

Gesù dolcissimo che mettete la vostra gloria nel far sovrabbondare la grazia là dove ha abbondato l’iniquità, gettate uno sguardo di compassione sopra quest’anima peccatrice che, umiliata ai vostri piedi, da voi implora soccorso. Pastore amantissimo delle anime nostre, che sollecito hanno andate in cerca delle pecorelle smarrite, non rigettate per pietà quest’anima infelice che, stanca dei suoi deviamenti desidera ritornare al vostro seno per non abbandonarvi mai più. La mia naturale cecità, raddoppiata dalle passioni che ho finora assecondate m’impedisce adesso di comprendere il numero e la grandezza delle commesse iniquità. Voi adunque che illuminate ogni uomo che viene al mondo, illuminate adesso la mia mente con un raggio della vostra luce, affinché riconosca tutte le mie colpe in quell’aspetto in cui me le farete conoscere nel giorno del Giudizio; non permettete che il mio amor proprio mi seduca nascondendomi sotto falsi pretesti i miei difetti. Io resterò confuso, lo preveggo, nel riconoscere l’orrendo abuso delle vostre grazie e le infinite violazioni della vostra legge; ma la mia confusione sarà salutare perché alla vista di tanti eccessi più facilmente sarà mosso il mio cuore ha detestar con l’amarezza della contrizione. Tuttavia come posso io permettermi di detestare i miei peccati se da me solo non posso nemmeno né richiamarli né riconoscerli? Voi dunque siete il solo da cui procede il volere e l’operare, compite adesso la grande opera della mia conversione, da cui per pura vostra misericordia mi avete ispirato il desiderio; io mi getto ai vostri piedi come un reo davanti al suo giudice, come un suddito ribelle davanti al suo Re. Voi comunicate all’anima mia parte di quella contrizione che per me avesse nell’orto, allorché piangeste le mie colpe con lacrime di sangue in tutto il corpo. Deh! Con quella voce onnipotente che chiamò a vita i defunti comandate adesso all’anima mia di uscire dal sepolcro dei miei peccati e tosto si romperanno quei lacci che la tengono schiava dei suoi nemici, e rinnovata e santificata comincerà a vivere una vita tutta nuova per non morire mai più. Voi prestatemi dunque un’assistenza speciale affinché questo Sacramento a cui solo per accostarmi sia da me ricevuto con tutte quelle disposizioni che sono indispensabili a partecipare agli infiniti vantaggi pei quali voi l’avete istituito.

A Maria

Vergine Santissima, Madre di misericordia, arbitra di ogni grazia, che godete di essere chiamata il soccorso dei cristiani ed il rifugio dei poveri peccatori, impetratemi adesso dal vostro Figlio divino lume alla mente e contrizione al cuore acciocché mediante il suo aiuto io possa riconciliarmi in questo Sacramento con la sua offesa bontà e cominciar poi una vita tutta conforme alla sua legge, modellata sui vostri esempi, che furono sempre frutti preziosi di grazia e di virtù, di onore e di onestà.

All’angelo custode

Angelo Santo, amorosissimo custode dell’anima mia, voi che, specchiandovi di continuo nel beatifico volto del vostro Dio, vedete con chiarezza tutte le azioni degli uomini, ma specialmente di me che la divina pietà si è compiaciuto di affidare alla paterna vostra premura, leggete adesso in questo specchio divino ed infallibile tutta la serie dei miei disordini per suggerirmeli fedelmente alla memoria. E siccome foste vostro malgrado il testimone delle mie cadute, così aiutatemi adesso a rialzarmi e ad ottenere per mezzo di questo Sacramento la grazia di non più ricadere.

Ai santi protettori.

E voi tutti, o santi del cielo, e specialmente miei avvocati e protettori che con tanta rettitudine camminaste nelle vie del Signore e con asprissima penitenza cancellaste i minimi vostri falli, aiutatemi adesso con la vostra potente intercessione a risorgere dallo stato di colpa in cui miseramente mi trovo, affinché santificata l’anima mia in questo Sacramento di riconciliazione e di pace, diventi poi imitatrice fedele della vostra virtù sulla terra per partecipare al premio eterno che, in unione con voi, mi ha la divina misericordia già preparato nel cielo.

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ESAME DI COSCIENZA

[Per ogni sorta di persone, massime in occasione di confessione generale o straordinaria].

Dei precetti del decalogo

I° adorare un Dio solo

Se volontariamente avete dubitato delle cose di fede o le avete impugnate o poste in burla o trascurato di impararle; se letti libri proibiti senza licenza; se avete peccato sulla fiducia del perdono o disperato della divina misericordia o presunto di salvarvi senza pentirvi; se avete criticato la divina Provvidenza o vi siete di essa rammaricati per travagli della vita; si avete dato fede a sogni, a sortilegi, o avete osservato qualche superstizione con invocazione, o tacita od espressa del demonio o adoperate cose sacre a questo effetto; se trascurato il bene per rispetto umano; se avete mancato di adorare Dio in tutti giorni e attribuirGli ogni vostro bene, spirituale e temporale; si avete profanate le chiese, la cose sante, oltraggiato le persone consacrate a Dio; si avete abusato delle parole della Sacra Scrittura o delle cerimonie della Chiesa in cose ridicole o in ischerzi profani; se avete tralasciato di fare gli atti di fede, ecc., nei templi nelle circostanze in cui ne correva l’obbligazione.

2°: Non usare il nome di Dio invano.

Se avete giurato in nome di Dio o dei Santi colla bugie o senza bisogno<, giurato di fare qualche male cosa indifferente o santa con l’intenzione di mancare alla parola; si avete bestemmiato Dio o la Vergine o i Santi, se avete nominato il Nome del Signore con irriverenza; se avete detto delle imprecazioni contro voi stessi o contro il prossimo desiderandone la morte, dannazione o altro male; se avete indotto a giurare il falso o dato occasione di bestemmiare; se non avete osservato i voti o siete è stato negligente dell’adempirli.

3°: Santificare le feste.

Se avete tralasciato di ascoltare la Santa Messa nel giorno di festa o se l’avete ascoltata discorrendo, o volontariamente distratto; se avete lavorato o fatto lavorare per tempo notabile senza necessità e licenza; se vi siete portato con irriverenza in chiesa ridendo facendo altre cose illecite; se avete consumato il tempo in giuochi o in viziose intemperanti ricreazioni; se avete profanato i giorni di festa col far dei contratti o trascurato di santificarli con esercizi di Pietà; se avete lasciato di far osservare questo precetto ai vostri subalterni o impedito ad altre persone in modo che non potessero osservarlo.

4° Onora il padre e la madre.

Se avete portato odio ai vostri genitori, ai parenti e superiori, con il rattristarvi del loro bene o compiacervi del loro male; si avete giudicato di loro temerariamente e mancato di rispetto con parole ingiuriose, con minacce con gesti o fatti; se avete ad essi disubbidito, se avete disprezzato nel loro correzione, rubato robe di casa o se non li avete soccorsi nel loro bisogni; se essendo voi padri o madri di famiglie avete odiato qualcuno dei vostri figli o scagliato contro di loro delle imprecazioni, se avete trascurato di istruire o di far istruire quelli che erano sotto la vostra direzione, se li avete amati con ingiusta parzialità, corretti con troppo violenza o per rabbia; o non dato loro il necessario mantenimento, se avete trascurato di applicarvi a qualche vile esercizio o di far loro frequentare i SS. Sacramenti, o si avete dato loro mal esempio con parole o con patenti omissioni dei vostri doveri; se, essendo padrone, avete mancato in qualcuna delle cose suddette verso i vostri servi o lavoranti.

5°: Non fare omicidio.

Se avete battuto o ferito alcuno, se avete eccitato risse o protetto gente perversa; si vi siede esposto a qualche pericolo di morte senza necessità, per soddisfare le passioni di vendetta, di incontinenza, di intemperanza; se avete portato odio, invidia o mostrato disprezzo al prossimo, procurandogli, desiderandogli del male o compiacendovi di esso o rattristandovi del bene avvenutogli; se avete ricusato di perdonare e di riconciliarvi con chi vi ha fatto qualche torto; se avete litigato con animosità lasciandovi trasportare dalla collera con segni esterni mandando anche imprecazioni e maledizione con desiderio che si avverassero o anche senza questo desiderio; si avete procurato o fomentato dissezioni; se avete indotto qualcuno al peccato con cattivi esempi, malvagi consigli o in altro modo qualunque; se avete mancato di riprendere con carità il vostro prossimo quando ve ne correva la obbligazione, o se l’avete adulato nelle sue passioni, o burlato nelle sue opere buone.

6° Non fornicare.

Se vi siete volontariamente trattenuto con pensieri disonesti, con compiacenza amorosa o con desiderio di compierne l’opera; se avete amoreggiato o discorso di cose impudiche; letti o dati a leggere libri osceni, tenute pitture o immagini scandalose e qui riflettete che si può peccare disonestamente con tutti il sensi del corpo, con sguardi, con baci, parole dette od ascoltate, scritti, cenni, ambasciate ecc. Se avete indossato vestiti immodesti, se frequentate le chiese con fini disonesti. Si deve spiegare la qualità della persona che fa e di quella cosa con cui si fa o si desidera di fare tali brutture; se siete persona coniugata pensate se avete fatto qualche cosa contro i doveri del vostro stato.

7° Non rubare.

Se avete danneggiato il prossimo nella roba con frode o violenza, rubando, vendendo o comprando imprestando, litigando per ripicca o vendetta, o non congnizione manifesta del torto, o cooperando all’altrui danno, ecc.; se avete praticate usura o altre ingiustizie, si avete desiderato l’altrui danno e l’altrui roba con pregiudizio del prossimo; se avete negato, ritardato o diminuito ingiustamente il salario agli operai; se potendo non avete restituito o pagato giusto il dovere i creditori, i legati, le decime, ecc.; se avete mandato a male la roba altrui affidata alla vostra cura; se avete trascurato di fare l’elemosina secondo il vostro stato e il bisogno dei poveri; se avete ingannato nel giuoco o fatti giochi proibiti; se siete stato avaro, rammaricandovi delle spese necessarie a voi e alla vostra famiglia, o trascurandole totalmente; se avete differito senza giusto motivo il pagamento dei debiti o trascurato i mezzi opportuni per abilitarvi a compiere questo dovere.

8° Non fare testimonio falso.

Si avete giurato il falso in giudizio o indotto altri allo spergiura, o prodotto scritture false; si avete dette bugie, e se da esse derivò danno al prossimo; si avete calunniato, mormorato, specialmente di persone distinte, o giudicato temerariamente, se avete sospettato male senza motivo o ingiuriato o deriso il prossimo; si avete ascoltato volentieri chi mormorava, oppure potendo o dovendo non l’avete impedito; se avete violato il segreto, si avete composto, venduto o dato a leggere libri proibiti, fogli infamatorii; se avete mancato di riparare il danno fatto all’onore, alla vita, alla roba del prossimo con le calunnie e con le mormorazioni.

9° Non desiderare la donna d’altri

10º Non desiderare la roba di altri degli altri.

I peccati contro questi due precetti si sono già annotati nel sesto e settimo precetto ove si parla non solo delle parole e delle opere, ma ancora dei pensieri che si oppongono alla castità e alla modestia compresi nel “non fornicare”, oppure alla giustizia e alla carità comprese nel “non rubare”.

Avvertenza

Inoltre esaminatevi se avete mangiato senza licenza cibi proibiti o trascurando i digiuni comandati o ecceduto nel mangiare e nel bere, se avete trascurato il precetto pasquale, se si avete taciuto qualche peccato mortale delle confessioni passate o cercato confessori da voi giudicati troppo indulgenti o fatte confessioni sacrileghe per mancanza di esame, di dolore o di proposito, oppure tacendo qualche peccato mortale: se ricevuti indegnamente la SS. Comunione o altri Sacramenti; se avete trascurato le penitenze imposte delle confessioni o se avete tralasciato di mettere in pratica gli avvisi del confessore. In più deve ciascuno esaminarsi sopra gli obblighi del proprio stato. – Ricordatevi finalmente che dei peccati mortali si deve cercare per quanto è possibile, anche il numero alfin di evitare l’inconveniente di coloro che credono di aver fatto tutto, quanto hanno detto: “alle volte certe”, “in certe occasioni”, “quando sono in compagnia”, “quando sono in collera”, ecc. ed altre simili formule, le quali non bastano per dare al confessore una giusta idea dello Stato del penitente.

Altro esame di coscienza

[per chi si confessa frequentemente]

Verso Dio

Se non avete adempito con prontezza e devozione la imposta; penitenza se non vi siete dato premura di emendarvi dei soliti mancamenti; o di mettere in pratica i suggerimenti del confessore; se per umano rispetto o per accidia o per altri vani motivi avete omesso o fatto senza spirito di devozione le solite pratiche di pietà, ecc. Come vi siete riportato nella chiesa, se avete per mera curiosità girato intorno gli occhi o ciarlato senza bisogno, o dato agli altri a volte occasione di divagarsi, di ridere, di scherzare; se nelle vostre occupazioni non avete mai procurato di innalzare la mente a Dio, oppure lo faceste più pel vostra soddisfazione che per sua gloria; se ascoltato con poco raccoglimento o senza intenzione di approfittare o forse anche trascurato senza legittimo motivo, la divina parola nelle prediche, nella dottrina, ecc.; se nominato con poco rispetto Iddio, Maria Vergine e i Santi. Se trascurate le ispirazione che vi insinuavano la fuga del male e la pratica della virtù necessarie al vostro stato; se perduto il tempo in ozio o in occupazioni affatto inutili, se mancato di rassegnazione o di confidenza nelle disgrazie, nelle malattie, nelle tentazioni, ecc.

Verso il prossimo.

Con pensieri – Se avete giudicato temerariamente del prossimo; se fomentati i sentimenti di avversione, di disprezzo o di invidia; se invece di perdonare prontamente avete nella vostra mente ruminate le offese ricevute pensando al modo di risentirvi, o vi siete compiaciuto delle vendette già fatte<, se avete desiderato disordinatamente o con altrui pregiudizio la roba non vostra. – Con parole – Di poco rispetto ai maggiori, di poca carità con gli uguali o coi minori, se vi siete ostinati nell’opinione in cose anche di poca importanza, se sparlaste del prossimo, manifestando i suoi difetti nascosti, se ascoltaste con piacere le altrui maldicenze; se avete violato il segreto promesso; s’è detto bugie anche per semplice passatempo o con qualche danno degli altri, se preferiste parole un po’ libere o poco edificanti. – Con opere – Se avete fatto tra qualche vendetta qualche scherzo spiacevole al vostro prossimo, se avete preso o ritenuto ingiustamente la roba altrui; se avete fatta con dispetto o con negligenza le opere comandate. – Con omissione – Se per puro capriccio o per altro storto motivo avete ricusato di prestare al prossimo il servizio a voi richieste; se siete stato negligente nell’istruire, correggere, edificare i vostri dipendenti come figli, servi, lavoranti, scolari ecc.; Se non avete con la dovuta prontezza, precisione e ilarità obbedito ai vostri superiori, se avete ritardato senza giusto motivo la mercede agli operai o il salario ai domestici; si avete trascurato il pagamento dei debiti.

Verso se stesso:

Superbia. – se vi siete internamente compiaciuto oppure con altri vantati dei talenti della fortuna o delle opere vostre cose corporali come spie di suo si avete desiderato o cercate o ascoltate compara compiacenza le vostre lodi.

Avarizia. – se pensate molto l’interesse desiderando con anzianità uno stato poco mediante spesso sui mezzi meditando spesso sui mezzi di accrescere la vostra sostanza se provaste dispiacere nel far quello che l’elemosina e le spese necessarie se mi inquieta aste per ogni perdita anche minima di ciò che ci aperti ciò che vi appartiene.

Lussuria. – Se avete avvertitamente fermati i pensieri o gli sguardi sopra oggetti pericolosi; si avete usata soverchia familiarità anche con persone di sesso uguale; se avete fomentato attacchi troppo sensibili ad altre creature; se non avete usato la debita modestia nello spogliarvi e nel vestirvi; se avete tenuto in propria stanza, pitture, carte, statue, libri poco decenti.

Ira. – Se vi siete facilmente spazientito o se avete esternato la vostra impazienza con un volto oscuro, con parlar risoluto, con tratto dispettoso; se avete secondato il malumore.

Gola. – Se avvertitamente avete mangiato o bevuto più del bisogno o se da ciò provenne qualche disordine o scandalo; se siete stato poco mortificato nel vostro gusto assecondando sempre i suoi desideri oppure lagnandovi dei cibi non troppo bene preparati.

Invidia. – Si avete riguardato di mal occhio o disprezzare le persone che vi avanzarono in merito o in dignità; se avete avuto volontariamente rammarico dall’altrui fortuna o gusto dell’altrui male.

Sull’esame dei peccati veniali.

Non trascurate all’esame dei peccati veniali perché vi assicura l’ecclesiastico che chi sarà infedele poco diverrà presto infedele nel motto come gli incendi terribili hanno d’ordinario origina da una scintilla così i più gravi disordini hanno sempre il loro principio nelle genialità trascurato chiuso arrivò al segno di vendere e di tradire il proprio maestro perché non studio di reprimere nei suoi principi la passione dell’interesse. Ma non c’è nemmeno di coloro che si mettono in un mare di angustie per trovare il numero preciso e tutte le circostanze del minimo a loro con. Questo non è assolutamente necessario né sempre possibile non è necessario perché lo della confessione riguarda che i peccati mortali non è sempre possibile perché le tenebre attuali del nostro intelletto non ci permettono di vedere con la bramata chiarezza il fondo della nostra coscienza. Cercate adunque senza inquietudine i peccati veniali dei quali sentite vero rimorso poi contentatevi di esclamare col cuore che con la lingua signore perdonatemi nella vostra misericordia tutti i peccati che io non conosco e datemi grazie di accusare un umile sincerità tutti quelli che a voi è piaciuto di farmi conoscere. Non impiegate adunque un tempo eccessivo per questo esame mentre San Francesco di Sales us vi assicuro che perché si confessa ogni otto giorni basta un semplice quarto d’ora. Mettete piuttosto ogni vostro studio dell’eccitare un vero dolore tanto indispensabile anche per i soli peccati veniali che senza di esso quando non sia sacrilega è perlomeno non ad assicurare la validità ed il frutto delle vostre confessioni non abbiate sulla coscienza e peccati veniali portate il vostro dolore su qualche peccato mortale della vostra vita passata ancorché perdonato.

Doveri del penitente dopo l’esame di coscienza.

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Prima della confessione.

Come un buon coltivatore di campi non basta scoprire quei malefici insetti che con il velenoso lor dente tolgono la bellezza e la vita alle sue piantagioni, ma gli occorre eziandio di adoperare ogni arte per sterminarli, perché non si rinnovi nelle sue piantagioni successive il guasto avvenuto già nelle prime, così al cristiano che vuole efficacemente rimediare per mezzo della confessione ai guasti avvenuti nella mistica vigna della sua anima, non basta scoprir con l’esame quei peccati che gliela rovinarono da cima a fondo ma deve inoltre darsi premura di sterminarli dal primo all’ultimo col mezzo tanto facile e sicuro, altrettanto indispensabile, di un sincero dolore e ciò deve applicarsi un tanto più di premura, in quanto che nel detto dolore consiste sostanzialmente la bontà della confessione, né vale il desiderio di averlo quando non lo si abbia realmente, né può supplirsi al di lui mancamento con alcun altro mezzo. Finché non odiate il malfatto, non si può far pace con Dio, non si può ottenere il perdono. Questo dolore ottiensi col domandarlo umilmente e replicatamente al Signor per i meriti del suo sangue, e col ponderare la gravezza del peccato, riguardo a Dio e a voi stesso. Procurate poi con ogni studio che questo dolore sia perfetto, cioè procurate di muovervi a pentimento, non solo per timore dell’inferno, per la speranza del Paradiso, per la bruttezza del peccato, ma ancor e principalmente perché il peccato è un’offesa di Dio e di ingiuria alla sua suprema maestà, e contraria a quella bontà infinita che merita l’amore di tutti i cuori. Un’altra condizione deve avere il vostro dolore, senza questa esso non varrebbe: deve essere “efficace”, cioè congiunto con un proposito fermo di non commettere più peccato in nessun tempo in nessuna occasione né per fuggire qualunque male, né per acquistare qualunque bene. Non basta dunque dire: “io vorrei emendarmi”, bisogna dire “io voglio”; poiché di quelli che vorrebbero è pieno l’inferno, e solo di quelli che vogliono si riempie il Paradiso; solamente di questo proposito ha paura il demonio e come egli contro di questo rivolge tutte le sue macchine in disturbarlo, così voi impiegate tutte le vostre diligenze per concepirlo, chiedendone aiuto al Signore, con la cui grazia si può ogni cosa. Soprattutto conviene avvertire che questo proposito sia efficace in quanto a lasciar l’occasione prossima di peccare, che è quel pericolo di cadere nel quale quando voi vi ponete, cadete frequentemente. Se andate in una casa o per passatempo o per i vostri affari, se date da lavorare ad una persona, e molto più se la tenete in casa vostra, quando ella vi sia occasione di peccare, o lasciate di confessarvi. o disponetevi di vero cuore a levare quella comodità che presenta alla vostra concupiscenza l’abitazione, la familiarità, l’amore o qualsiasi altra circostanza già sperimentata fatale. Né dite: basta che io prometto di non peccare più, del resto che m’importa che io lascio questa amicizia? Non dite così, che questo è fare una legge a modo proprio e non osservare la legge fatta da Dio, il Quale per mezzo della Scrittura e per bocca di tutti i Dottori ci dichiara troppo espressamente l’obbligazione di fuggire questo pericolo prossimo di cadere. Piuttosto dite: io non mi curo del Paradiso, non m’importa dell’anima, rinunzio all’amicizia di Dio anziché rinunziare all’affetto portato ad una miserabile creatura che ora è un letamaio coperto, e di qui a poco sarà un ammasso di vermi e putredine, e direte il vero, ma vi accorgerete tra poco del cambio stoltissimo che avete fatto.

Nell’atto della confessione.

L’abito poi del quale deve comparire un peccatore a questo tribunale è l’umiltà e la confusione. Questa umiltà farà che manifestiate sinceramente i vostri falli senza scusarli, senza darne ad altri la colpa, senza fuggire da quei confessori che vi riprendono e vi danno a conoscere il vostro male. Ha pur poca voglia di guarire quell’infermo che va cercando un medico ignorante per essere curato nella sua malattia. Che concetto volete dunque che io faccia di voi se a bello studio vi eleggete un confessore senza lingua, uno di coloro che sono da Gesù ripresi quasi cani muti, perché non rivelando al peccatore la sua iniquità, gli impediscono di ridursi ad una sincera penitenza? Bisogna dire che non vi dispiace il peccato e dell’anima nulla v’importa.

Dopo la confessione.

Tre cose finalmente vi restano a fare dopo la confessione, l’una verso Dio, l’altra verso il prossimo e l’ultima verso voi stesso. – Verso Dio. Poi dovete umilmente ringraziarLo perché si è compiaciuto di rimettervi nella sua amicizia e cancellare quella sentenza di eterna morte e di severissima temporal punizione che aveva scritto il vostro peccato secondo che adesso fu mortale o veniale. Indi tornate a giurarGli di nuovo fedeltà come a vostro supremo Signore implorando il suo aiuto per avvalorare la vostra debolezza contro ogni assalto di tentazione. – Verso il prossimo. Vedete se siete tenuto a qualche restituzione o di fama o di roba, ed eseguitela prontamente, giacché lo stesso differirla, senza sufficiente cagione, anche in coloro che hanno vera volontà di compirlo, è nuova colpa. – Verso voi stesso. Applicatevi seriamente a soddisfare la penitenza con devozione se è tale che si possa soddisfar prontamente. Indi pensate di quali mezzi si potreste prevalere per non tornare al peccato. Questi mezzi che ben usati ottengono la sicurezza, la perseveranza nel bene incominciato, sono tre, cioè 1) l’orazione, 2) la fuga delle occasioni e 3) la frequenza ai Sacramenti. Proponete dunque di nuovo di voler almeno mattina e sera raccomandarvi al Signore e alla sua SS. Madre, perché vi tenga costante nelle vostre risoluzioni di non peccare mai più, né gravemente, né leggermente, proponete di non voler star più solo con quella persona, di voler rompere affatto quell’amicizia, proponete di voler tornare presto alla Confessione, cioè prima che la tentazione vi riconduca a qualche nuova colpa prendendo con questo Sacramento e con l’Eucaristia ogni dì nuova lena contro il demonio. Soprattutto fate, vi prego, per quanto avete cara l’anima vostra, fate il proposito di non servirvi mai della medesima Confessione per facilitare il peccato, come fanno molti, che se una volta cadono: già m’ho da confessare, dicono, posso peccar quanto voglio. Si può trovare discorso più ingiurioso al Signore, più dannoso alla nostra salute? “Più ingiurioso al Signore”, perché per moltiplicare i peccati vi servire di quel sangue medesimo che vi tiene apparecchiato alla Confessione per distruggerli; “più dannoso a voi”, perché non siete mai sicuro di confessarvi bene e quand’anche vi confessaste come si deve, ad ogni modo, anche dopo la Confessione rimangono ordinarie nell’anima molti cattivi effetti del peccato già distrutto in quella maniera che dopo che è partita la febbre restano in un convalescenza molte reliquie della passata malattia, se non rimanesse altro, rimane l’abito cattivo, cioè il maggiore impedimento che abbia un’anima a salvarsi. Intendetela dunque bene, voi che dite: farò questo peccato e poi mi confesserò. Quanto più commettere peccati, tanto più è difficile che vi salviate, ancorché vi confessate bene. La mente più si annebbia, la volontà sempre più s’indura, gli aiuti divini sempre più si demeritano, le forze del demonio sempre più si accrescono, le forze proprie sempre più mancano e quello sforzo che era sovrabbondante per poche colpe, riesce scarso in allora che sono cresciute a dismisura protestando il Signore per Amos: dopo le tre scelleraggini avrò misericordia di Damasco, e dopo le quattro io non lo richiamerò.

Avvertenza sull’atto di pentimento

Siccome il dolore alla parte più essenziale del Sacramento della Penitenza così ho creduto opportuno dargli qualche estensione non perché le molte parole facciano il dolore, ma perché le parole recitate con pause e con devozione passano facilmente al cuore, e quindi non servono solo ad esprimere, ma anche ad eccitare il pentimento. Chi però scarseggiasse di tempo potrà usare piacere qualunque atto più breve, ricordandosi che Davide fu giustificato con un solo “peccavi”, e la Maddalena e Pietro ottennero il perdono senza nemmeno parlare. Tanto è vero che tutto dipende dal cuore, di cui le parole non sono sempre come esser dovrebbero, la espressione la più sincera.

Atto di pentimento

Dal profondo abisso delle mie iniquità io alzo a Voi, Signore, la mia debole voce. Deh! non siate inesorabile alle mie preghiere. Se nel rigore della vostra giustizia pesate le mie colpe, io non ardisco più sperare perdono, perché esse han sorpassato il numero dei miei capelli, e contengono un eccesso di ingratitudine e di malizia che non ha esempio. Ma voi avete promesso di non disprezzare giammai il cuore contrito ed umiliato che Vi domanda pietà. Esaudite dunque le suppliche di un peccatore che unicamente confida nella vostra misericordia. Io ho peccato contro il cielo è contro di Voi. Creatura ingrata e ribelle ho disprezzata in Voi il mio Creatore, il mio Redentore, il mio Santificatore, il mio Dio. Come il prodigo del Vangelo, ho abbandonato in Voi il più sincero degli amici, il più tenero tra i padri, il più liberale tra i benefattori, per farmi schiavo miserabile dei vostri più odiati nemici, i quali altro non cercano se non la mia perdizione. Lungi da Voi amato mio bene, ho dissipato quei tesori di grazia che sono il Prezzo della vostra Passione e della vostra morte, e che voi mi accordaste unicamente per operare la mia salvezza. A somiglianza di Giuda, io Vi ho tradito nell’atto stesso in cui ad un altro non pensavate che a ricolmarmi dei vostri favori ed a stampare sulla mia fronte il bacio dolcissimo della vostra amicizia. Anzi ho abusato dei vostri doni per offenderVi, per oltraggiarVi; ho calpestato quel sangue che fu versato sulla Croce per mia salute: ho profanato quel tempio in cui Vi degnaste di fermare le vostre compiacenze; e quel che è peggio, Vi ho offeso, Vi ho oltraggiato sotto gli occhi santissimi della vostra adorabile Maestà. Sì si alla vostra presenza, o Signore, io non mi sono vergognato di commettere quelle indegnità che arrossirei di commettere innanzi all’uomo più vile di questa terra. Voi mi promettesse il paradiso se Vi rimaneva fedele, mi minacciaste l’inferno si aveva l’ardire di offenderVi; ed io insensato ho rinunciato alle promesse della vostra eredità, ho disprezzato le minacce della vostra collera, per assecondare i pessimi desideri del corrotto mio cuore. Me infelice! che non per altro Vi ho conosciuto se non per offenderVi con più malizia ed oltraggiarVi con più sconoscenza! Ah! La terra doveva aprire il suo seno per ingoiarmi vivo nell’abisso, il cielo doveva scagliare i suoi fulmini per distruggermi ed annientarmi! Ma la vostra bontà che sorpassa tutta la malvagità degli uomini, ha sospeso il braccio della giustizia che stava per calare sopra il mio capo. Sia infinitamente benedetta la vostra misericordia che mi ha risparmiato l’inferno in cui dovevo essere precipitato a spasimare per tutta l’eternità. Deh! Giacché tanto forse liberale verso di me, nonostante tutti i miei demeriti, coronate adesso la vostra pazienza con l’accordarmi un generoso perdono di tutti i commessi delitti. Anzi Voi che, infinito nella vostra potenza, sapete trarre la luce dal mezzo delle tenebre, fate adesso che la vista della moltitudine e dell’enormità dei miei trascorsi, risvegli nel cuore più viva e sincera la contrizione, affinché dolendosi tanto, quanto lo meritano i miei peccati, e tanto amandoVi quanto Vi ho offeso, possa sentirmi da Voi ripetere le consolanti parole dirette già alla penitente Maddalena: “ti sono rimessi molti peccati, perché molto hai amato”. Signore, Vi dirò adunque col pubblicano, “siate propizio a me, il più miserabile tra i peccatori”; e con Davide vero modello dei penitenti, “abbiate pietà di me secondo la grandezza della vostra misericordia”; lavate col vostro sangue tutte le macchie dell’anima mia, affinché, santificata dalla vostra Grazia diventi più candida della neve. Conosco adesso il gran male che ho fatto con i miei peccati, e li detesto e li abomino sopra ogni male, non tanto perché per essi ho perduto il Paradiso e meritato l’inferno, quanto perché con essi ho offeso Voi, sommo bene, che siete un Dio di infinita grandezza e degno dell’amore di tutte le creature. Vorrei poter ora morire per risarcirvi di tanti affronti. Ma giacché Voi gradite più assai il sacrificio del cuore, che quello della vita, ascoltate, Vi prego, i gemiti del mio cuore contrito ed umiliato; rimettetemi di nuovo nella vostra amicizia, ché risolutamente Vi prometto di non abbandonarVi mai più. Non sono degno di essere trattato da figlio vostro, ben lo comprendo; ma non ricusate almeno di ricevermi come l’ultimo dei vostri servi. Sono stanco, Signore di vivere lontano da Voi; ridonatemi il bacio del vostro amore perché Vi eleggo per mia porzione in tutto il tempo avvenire, disposto a soffrire anche la morte piuttosto che offenderVi un’altra volta.

Atto di proponimento

Mio Signore e mio Dio, sin da questo momento io propongo e risolvo, con l’aiuto della vostra santa grazia, con la quale posso ogni cosa, e senza di cui non mi è possibile cosa alcuna, propongo e risolvo di non peccare mai più, ed evitare con egual diligenza le occasione del peccato, di resistere coraggiosamente a tutte le tentazioni dei miei nemici, e finalmente di morire piuttosto mille volte che offendere nuovamente la vostra adorabile Maestà. Unico bene dell’anima mia, se gli uomini Vi conoscessero maggiormente ogni dì, non Vi offenderebbero. Fate dunque, o Signore, che io Vi conosca maggiormente ogni dì, e che io pensi sempre a Voi, affinché Vi ami costantemente fino alla morte. Fate che la ricordanza di Voi sia la delizia della mia memoria, che la cognizione di Voi sia la fiaccola della mia mente, e l’amor vostro sia la vita del mio cuore, affinché possa con verità esclamare con il Profeta: “ho detto e cominciato!”, “ego dixi et coepi”. Oggi, sì oggi mio Dio, ho cominciato davvero ad amarVi, a dichiarare guerra alle mie passioni e a tutto ciò che si oppone alla vostra legge santissima. Ma ohimè! Voi ben conoscete la mia fiacchezza, la mia incostanza e la malizia del mio cuore volubile con una foglia ad ogni leggero soffio di vento. Con tutto ciò i cuori degli uomini sono poi nelle vostre mani e Voi potete ammollire i più duri e piegare i più ostinati. Datemi adunque quello che Voi comandate: poi comandatemi quello che Voi volete. La vostra Grazia, o mio Dio, mi prevenga, mi accompagni mi segua in tutti i miei pensieri, in tutte le mie parole, in tutte le mie azioni, al fine di preservarmi da tutto ciò che può danneggiare la mia coscienza, allontanando da me tutto quello che può da Voi separarmi. Purità del mio Dio purificatemi! Santità del mio Dio, salvatemi. Date per misericordia il perdono a colui che potete condannar per giustizia, poiché sono risoluto di far penitenza, e di dare agli Angeli ed a Voi tanto diletto con la mia conversione, quanto a Voi e ad essi ho cagionato di dispiacere coi miei passati traviamenti.

Preghiera da aggiungersi

Oh mio Dio che avete sì misericordiosamente perdonato al pubblicano le sue frodi, alla Maddalena i suoi scandali, al ladro i suoi misfatti e avete con tanta bontà ricevuto il figlio prodigo, abbiate ancora di me pietà, e in questo Sacramento lavate l’anima mia col sangue di Gesù Cristo da ogni macchia di peccato; e rimettetemi e conservatemi poi sempre nella vostra amicizia, sì ché insieme con essi abbia ad esaltare per sempre le vostre misericordie in Paradiso, come spero dalla vostra bontà infinita e per i meriti del mio Redentore. Con questi sentimenti di confidenza nella vostra misericordia io vado ai piedi del confessore. Siate, o Signore nel mio cuore e nella mia lingua acciò detesti ed accusi sinceramente tutti i miei peccati e siate nella mente e nel cuore del Sacerdote, vostro ministro, affinché diriga l’anima mia secondo la vostra volontà.

Formula per le colpe veniali

Grande Iddio, che per la bontà e maestà vostra infinita, e per l’amore immenso che a noi portate per i grandi benefici che ci compartite tutto giorno, e ci andate ancor preparando a vera ed eterna felicità nel Cielo, meritate da noi ogni corrispondenza ed amore, qual confusione non è per me il riconoscere di averVi in cambio per tante maniere offeso e disgustato? Ah! mio Signore, me ne pento e mi dolgo con tutto il cuore, e vorrei dolermene ancor maggiormente, prima per il gran torto che ho fatto a Voi nel mancarVi di fedeltà ed amore, e poi per il gran danno arrecato all’anima mia, facendo sì poco conto del tempo, della grazia, dell’amor vostro, e dei meriti che potevo impiegare a maggior corona nel cielo, per meritarmi in quella vece le pene atrocissime del Purgatorio, lungi da Voi e dalla vostra gloria, amato mio bene. O la freddezza o la poca fede che è mai stata la mia nell’abbandonarmi con tanta facilità ad una colpa che offende un Dio di tanta grandezza e bontà, e reca l’anima mia mali sì grandi! Or la conosco e detesto; ed in avvenire sono risoluto con la vostra Grazia di schivare ogni cosa che sia di vostra offesa e di volervi amare con tutto il mio cuore, con tutta l’anima mia e con tutte le mie forze, per continuare poi ad amarvi più perfettamente insieme con i Santi in Paradiso, come per Gesù Cristo prego e spero di ottenere dalla vostra misericordia.

 

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–18 giugno 1968

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     Cari lettori, rieccoci a dipanare una “matassa” complicata, ma della quale si iniziano ad scorgere le terminazioni del filo, lasciando intravedere una trama interessante e che suscita curiosità anche per gli “indifferenti”, soprattutto per coloro che amano i thriller spionistici, nei quali appunto gli inganni si intrecciano vorticosamente. Ci siamo lasciati sulla vicenda della “pretesa costituzione apostolica di Ippolito”, che stava per scoppiare come una bolla di sapone vuota e fragile mostrandosi chiaramente come una “bufala” inventata da uno strano benedettino, un certo Dom Bernard Botte, su commissione di un personaggio ormai noto ai nostri lettori: il frammassone Annibale Bugnini, il famigerato BUAN 136575, intimo amico e fratello di loggia, anche se di più basso livello, dell’illuminato G.B. Montini. Ma il “nostro” trio cerca di ricorrere ai ripari con altre invenzioni, ancora peggiori come si vedrà, per giustificare una formula assurda nonché eretica e blasfema, gettando così ancora fumo negli occhi dei poveri Cattolici, ignari del “piattino” che si stava loro preparando. La nuova “trovata” è questa: la nuova formula si ispira ai riti antichi orientali, il siriaco, l’egiziano e l’etiopico, ed addirittura abissino! [si vede che avevano acquistato un nuovo atlante geografico].   Osservando la giustapposizione dei riti succitati, ne esce una grande similitudine, anche se confusa, tra il rito di Montini e “l’ordinanza ecclesiastica” nella sua recensione etiopica ed i riti abissini, e la preghiera consacratoria, la cui formula essenziale era inizialmente considerata essere parte della pretesa’Tradizione apostolica d’Ippolito’, è similare ai riti abissini! Ma questo “archeologismo storico-geografico” è manifestamente essere una eresia monofisita e quindi antitrinitaria! Infatti i riti abissini devono essere letti nel contesto del “monofisismo: Nunc autem effunde desuper virtutem Spiritus principalis, quem dedisti dilecto Filio tuo Jesu Christo [… allora dunque effondi dall’alto la virtù dello Spirito principale, che hai dato al Figlio tuo diletto Gesù Cristo]. Ciò vale ugualmente per la forma dell’Ordinanza ecclesiastica di recensione etiopica: … Et nunc effunde eam quae a te est virtutem principalis spiritus, quem dedisti dilecto puero tuo Iesu Christo … [… ed ora effondi quella che da te è la virtù dello Spirito principale …]. Perché questa formula afro-orientale, è sostanzialmente eretica, anzi blasfema, applicata ad una Consacrazione vescovile. L’enigma che si pone nella formula, riguarda lo “spiritus principalis”, che designerebbe lo Spririto-Santo, il quale viene trasmesso al Figlio, e questo significherebbe quindi, nel contesto etiope-abissino, che Gesu-Cristo diviene Figlio di Dio per mezzo di questa “operazione” che è per essi dunque una unzione divinizzante o meglio una “adozione” seguita da una “unione deificante”, quindi una “sola” natura sussistente, ciò che corrisponde appunto al “monofisismo”, eresia condannata dal Concilio di Calcedonia nel 451, che “riconosceva” al Cristo la sola natura divina, negando che la natura umana di Cristo fosse sostanzialmente la nostra, fatto che quindi impedirebbe la nostra Redenzione attraverso di Lui. [Si tratta della solita teologia gnostico-satanica, quella della “G” massonica, che fa capolino, come un serpente biforcuto, a firmare l’impresa] Esso ancora oggi è praticato dalle chiese orientali copte di Egitto ed Etiopia e dalle maronite della Siria occidentale.  – Queste concezioni alle quali si è accennato, debordano inoltre dal quadro della Cristologia per estendersi alla Teologia trinitaria, poiché secondo questa formula così malamente manipolata, lo Sprito-Santo non sarebbe consustanziale al Figlio. L’affermazione è pertanto “anti-trinitaria” ed “anti-filioque”. In parole povere c’è una aberrante similitudine tra il rito dell’antipapa Montini ed i riti appartenenti agli eretici monofisiti! – Questi riti di consacrazione, ai quali si richiama il Montini, appartengono nei fatti a “chiese” eretiche che adottano principi già condannati abbondantemente dal Magistero cattolico, principi antitrinitari e cristologicamente a-cattolici.

Senza volerci addentrare ulteriormente in questioni molto “specialistiche”, alle quali rimandiamo i più interessati, possiamo concludere che alla fine il rito del trio Botte-Bugnini-Montini, non è né copto, né maronita occidentale, essendo essi confusamente sovrapposti tra loro ma non coincidenti, e quel che più è evidente, è che la preghiera consacratoria (la forma del Sacramento) non riprende nemmeno quella della pretesa “tradizione apostolica” del fantomatico Ippolito; dissimili sono pure il rito nestoriano ed armeno. Un vero pastrocchio al quale però tutti, ancora oggi, ricorrono per rivestirsi sacrilegamente di una carica usurpata ai legittimi pretendenti! (A proposito del trio, ben si confa’ la profezia del re-Profeta: “1 – Ecce parturiit injustitiam; 2- concepit dolorem, et 3 – peperit iniquitatem” … che subito dopo aggiunge: “Lacum aperuit, et effodit eum; et incidit in foveam quam fecit” (Ps. VII, 15-16) e più in là completa: Dominus autem irridebit eum, quoniam prospicit quod veniet dies ejus” – Ps. XXXVI, 13!)

Questi fatti succintamente riferiti, contraddicono quindi la parola del pinocchio-Montini (c.d. Paolo VI, l’antipapa usurpante, rappresentante di satana in carne ed ossa, contrapposto al vero Papa in esilio, Gregorio XVII), secondo la quale: “ … si è ben giudicato di ricorrere, tra le fonti antiche alla preghiera consacratoria che si trova nella tradizione apostolica di Ippolito di Roma, documento dell’inizio del III secolo, e che, per una gran parte è ancora osservata nella liturgia dell’ordinazione presso i Copti e i Siriani occidentali”. No, non è Pinocchio a Bengodi, ma Paolo VI in “Pontificalis Romani”. In realtà sappiamo oggi benissimo, e chiunque può costatarlo, che i riti copto e siriaco occidentale non utilizzino affatto la “prefabbricata” preghiera consacratoria della pretesa “Tradizione apostolica di Ippolito”. Lo stesso Dom Botte, in opere successive, aggiungeva fandonie a menzogne per giustificare il suo strampalato operato chiaramente in malafede. Ad esempio in un’opera del 1957 opponeva la “tradizione apostolica di Ippolito” alla tradizione siriaca autentica. [“La formula di ordinazione – la grazia divina nei riti orientali”; in “l’Oriente siriano”, abst., vol. II, fasc. 3, 3° trim. 1957, Parigi, pag. 285-296]. Si tratta alla fine, di un inaudito abuso, quello perpetrato il 18 giugno 1968 dall’anti-Papa sedicente Paolo VI, [solo un falso papa poteva avallare tali bestialità]: egli ha avuto il “temerario ardimento” di rimpiazzare un rito latino antico invariabile nella sua forma essenziale da oltre 17 secoli, con una creazione artificiale ricavata da una ricostruzione di Dom Botte apparsa negli anni 1950, e poi nel 1990 contestata dagli specialisti (quelli veri!). Il Montini si è giustificato con un sedicente ritorno alle origini, un falso archeologismo, riproducendo il metodo degli anglicani utilizzato in passato e nei confronti del quale Leone XIII scriveva bollandoli severamente: «essi hanno grandemente sfigurato l’insieme della liturgia conformemente alle dottrine erronee dei novatori, con il pretesto di ricondurla alla sua forma primitiva ». (Apostolicae curae, 1896). Si è preteso giustificarsi con delle menzogne [avendo per padre il diavolo, non poteva essere altrimenti! ]; concludendo: 1) la forma citata “non” riproduce affatto la forma della pretesa ’Tradizione apostolica’ attribuita ad Ippolito.2) la forma citata non è stata “mai” in uso nei riti copto e siriano occidentale. 3) Si è commesso un attentato contro lo Spirito-Santo, avendo avuto, come detto, l’audacia inaudita di rimpiazzare con una creazione puramente umana e mal congegnata, un rito invariabile nella sua forma essenziale e quasi bi-millenaria, di cui lo Spirito-Santo è stato garante della costanza, coronata poi dalla decisione infallibile di Pio XII (Sacramentum ordinis) meno di 21 anni prima dell’atto ignobile del marran Montini, (e quindi irreformabile da parte di un vero Papa- [un vero Papa non avrebbe mai apportato, né poteva, una modifica al Magistero definito da un suo predecessore!). Ecco quindi le origini smascherate di un rito aberrante: une creazione puramente umana! Alla prossima e, se la materia non fosse così delicata e decisiva per la salvezza dell’anima … buon divertimento!

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Allen Brent: Hippolytus & the Roman Church in the Third Century, Communities in tension before the Emergence of a Monarch-Bishop, Allen Brent, E.J.Brill, 1995

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Stewart-Sykes, Hippolytus: On the Apostolic Tradition:

An English Version with Introduction and Commentary,

(New York: St. Vladimir’s Press 2001.)

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J.A. Cerrato, Hippolytus Between East and West: The Commentaries

and the Provenance of the Corpus, (Oxford: U.P. 2002).

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Bradshaw, M.E. Johnson, and L.E. Phillips, The

Apostolic Tradition; A Commentary, (Minneapolis

MN: Fortress Press 2002).

 

Alcuni volumi di specialisti che contestano con fatti evidenti la “pretesa” costituzione apostolica di Ippolito”! Ma anche questi sono superati dalle nuove menzogne … siriache ed abissine!

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A TE, O BEATO GIUSEPPE

 

 

san-giuseppe-beatoPer il mese di ottobre, mese dedicato in particolare alla recita del Santo Rosario, S.S. Leone XIII raccomandò, per i bisogni impellenti della Chiesa, di recitare alla fine del Rosario stesso, la preghiera a San Giuseppe che egli medesimo inserì a conclusione della Enciclica sottostante nella quale tra l’altro, si pone come modello del proletariato il santo Patriarca, padre putativo di Gesù Cristo, sposo della Vergine Maria, Madre di Dio, e protettore della Santa Chiesa Cattolica. Oggi i mali della Chiesa sono molto più gravi di quelli del tempo dell’enciclica [1889], e la preghiera a San Giuseppe è sempre più trascurata. I “veri” cattolici devono conservare invece tale consuetudine, anzi imporsela come obbligo nel sovvenire alle necessità della Chiesa oggi eclissata, secondo la profezia mariana de La Salette “ … la Chiesa sarà eclissata …”, e a protezione della Gerarchia vera in “esilio” con il Santo Padre Gregorio XVIII impedito nelle sue legittime funzioni apostoliche. Rileggiamo con attenzione la lettera enciclica di Papa Leone XIII e poniamo in atto quanto raccomandato a sostegno del Santo Padre e della Chiesa Cattolica attuale, chiedendo infine a Dio la rapida soluzione della eclisse e dell’apostasia in atto.

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LEONE XIII

Quamquam pluries

Lettera Enciclica

Roma, 15 agosto 1889

Quantunque abbiamo già ordinato più volte che si facessero in tutto il mondo particolari preghiere e si raccomandassero a Dio nel modo più ampio gl’interessi della cattolicità, tuttavia nessuno si stupirà se riteniamo opportuno anche oggi ribadire nuovamente questo stesso dovere. Nei tempi funesti, soprattutto quando il potere delle tenebre sembra possa osare tutto a danno della cattolicità, la Chiesa è sempre stata solita supplicare Dio, suo autore e garante, con maggiore fervore e perseveranza, invocando pure l’intercessione dei Santi e particolarmente dell’augusta Vergine, madre di Dio, nel patrocinio dei quali vede il massimo della propria sicurezza. Presto o tardi il frutto delle preghiere e della speranza nella bontà divina si evidenzia. – Ora vi è ben noto, Venerabili Fratelli, che il tempo presente non è meno calamitoso di quelli più tristi già subiti dalla cristianità. Vediamo infatti perire in moltissimi la fede, che è il principio di tutte le virtù cristiane; vediamo raffreddarsi la carità, e la gioventù degradarsi nei costumi e nelle idee; dovunque si osteggia con violenza e con perfidia la Chiesa di Gesù Cristo; si combatte atrocemente il Pontificato; e con tracotanza ogni giorno più sfrontata si tenta di scalzare le stesse fondamenta della religione. Dove si sia precipitati e che cosa ancora si vada agitando negli animi è più noto di quanto sia necessario spiegarlo con le parole. – In questa difficile e miserabile situazione, poiché i mali sono più forti dei rimedi umani, non resta che chiedere la guarigione alla potenza divina. Pertanto ritenemmo opportuno spronare la pietà del popolo cristiano perché implori con nuovo fervore e nuova costanza l’aiuto di Dio onnipotente. Quindi, avvicinandosi il mese di ottobre, che in passato abbiamo già decretato sacro alla Vergine Maria del Rosario, vi esortiamo calorosamente a che quest’anno tutto il mese suddetto venga celebrato con la maggior devozione, pietà e partecipazione possibili. Sappiamo bene che nella materna bontà della Vergine è pronto il rifugio, e siamo certi che le Nostre speranze non sono invano riposte in Lei. Se tante volte Ella ci fu propizia nei fortunosi tempi del cristianesimo, perché temere che non voglia ripetere gli esempi del suo potere e della sua grazia, ove sia umilmente costantemente invocata con preghiere comuni? Anzi, tanto più speriamo che in mirabile modo ci assista, quanto più a lungo volle essere pregata. – Se non che un’altra cosa Ci siamo pure proposta, e per essa voi, Venerabili Fratelli, Ci presterete, come al solito, la vostra diligente cooperazione: per meglio rendere Iddio favorevole alle nostre preci e perché Egli, supplicato da più intercessori, porga più rapido e largo soccorso alla sua Chiesa, riteniamo che sia sommamente conveniente che il popolo cristiano si abitui a pregare con singolare devozione e animo fiducioso, insieme alla Vergine Madre di Dio, il suo castissimo sposo San Giuseppe: il che abbiamo particolari motivi di credere che debba tornare accetto e caro alla stessa Vergine. Quanto a questo argomento che per la prima volta trattiamo pubblicamente, ben sappiamo che la pietà popolare, poco favorevole, venne successivamente aumentando da quando i romani Pontefici, fin dai primi secoli, si impegnarono gradualmente a diffondere maggiormente e per ogni dove il culto di Giuseppe: abbiamo visto che esso è venuto aumentando ovunque in questi ultimi tempi, soprattutto da quando Pio IX, Nostro antecessore di felice memoria, su richiesta di moltissimi Vescovi, ebbe dichiarato il santissimo Patriarca patrono della Chiesa cattolica. Nondimeno, poiché è di tanto rilievo che il suo culto metta profonde radici nelle istituzioni e nelle abitudini cattoliche, vogliamo che il popolo cristiano anzitutto riceva nuovo impulso dalla Nostra voce e dalla Nostra autorità. – Le ragioni per cui il beato Giuseppe deve essere patrono speciale della Chiesa, e la Chiesa ripromettersi moltissimo dalla tutela e dal patrocinio di lui, nascono principalmente dal fatto che egli fu sposo di Maria e padre putativo di Gesù Cristo. Da qui derivarono tutta la sua grandezza, la grazia, la santità e la gloria. Certamente la dignità di Madre di Dio è tanto in alto che nulla vi può essere di più sublime. Ma poiché tra Giuseppe e la beatissima Vergine esistette un nodo coniugale, non c’è dubbio che a quell’altissima dignità, per cui la Madre di Dio sovrasta di gran lunga tutte le creature, egli si avvicinò quanto nessun altro mai. Infatti il matrimonio costituisce la società, il vincolo superiore ad ogni altro: per sua natura prevede la comunione dei beni dell’uno con l’altro. Pertanto se Dio ha dato alla Vergine in sposo Giuseppe, glielo ha dato pure a compagno della vita, testimone della verginità, tutore dell’onestà, ma anche perché partecipasse, mercé il patto coniugale, all’eccelsa grandezza di Lei. – Così pure egli emerge tra tutti in augustissima dignità, perché per divina disposizione fu custode e, nell’opinione degli uomini, padre del Figlio di Dio. Donde consegue che il Verbo di Dio modestamente si assoggettasse a Giuseppe, gli obbedisse e gli prestasse quell’onore e quella riverenza che i figli debbono al padre loro. – Ora, da questa doppia dignità scaturivano naturalmente quei doveri che la natura prescrive ai padri di famiglia; per cui Giuseppe fu ad un tempo legittimo e naturale custode, capo e difensore della divina famiglia. E questi compiti e uffici egli infatti esercitò finché ebbe vita. S’impegnò a tutelare con sommo amore e quotidiana vigilanza la sua consorte e la divina prole; procacciò loro di continuo con le sue fatiche il necessario alla vita; allontanò da loro i pericoli minacciati dall’odio di un re, portandoli al sicuro altrove; nei disagi dei viaggi e nelle difficoltà dell’esilio fu compagno inseparabile, aiuto e conforto alla Vergine e a Gesù. – Ora la casa divina, che Giuseppe con quasi patria potestà governava, era la culla della nascente Chiesa. – La Vergine santissima, in quanto Madre di Gesù Cristo, è anche Madre di tutti i cristiani, da Lei generati, in mezzo alle atrocissime pene del Redentore sul Calvario; così pure Gesù Cristo è come il primogenito dei cristiani, che Gli sono fratelli per adozione e redenzione. – Ne consegue che il beatissimo Patriarca si consideri protettore, in modo speciale, della moltitudine dei cristiani di cui è formata la Chiesa, cioè di questa innumerevole famiglia sparsa in tutto il mondo sulla quale Egli, come sposo di Maria e padre di Gesù Cristo, ha un’autorità pressoché paterna. È dunque cosa giusta e sommamente degna del beato Giuseppe che, come Egli un tempo soleva tutelare santamente in ogni evento la famiglia di Nazaret, così ora col suo celeste patrocinio protegga e difenda la Chiesa di Cristo. – Queste cose, Venerabili Fratelli, come sapete, trovano riscontro in ciò che pensarono parecchi Padri della Chiesa, d’accordo con la sacra liturgia, e cioè che l’antico Giuseppe, figlio del patriarca Giacobbe, anticipasse la persona e il ministero del nostro, e col suo splendore simboleggiasse la grandezza del futuro custode della divina famiglia. Per la verità, oltre all’avere entrambi lo stesso nome, non privo di significato, corrono tra loro ben altre chiarissime rassomiglianze a voi ben note: prima di tutte quella che l’antico Giuseppe si guadagnò in modo singolare la benevolenza e la grazia del suo signore, e che, avendo da lui avuto il governo della casa, tutte le prosperità e le benedizioni piovevano, per riguardo a Giuseppe, sul suo padrone. Ma v’è di più: egli, per volontà del monarca, governò con poteri sovrani tutto il regno, e nel tempo di pubblica calamità, per mancati raccolti e per la carestia, sovvenne con così stupenda provvidenza agli Egizi e ai popoli confinanti, che il re decretò si chiamasse salvatore del mondo. – Così in quell’antico Patriarca è possibile ravvisare la figura del nostro. Come quegli fu benefico e salutare per la casa del suo padrone e poi per tutto il regno, così questi, destinato alla custodia della cristianità, si deve reputare difensore e tutore della Chiesa, la quale è veramente la casa del Signore e il regno di Dio in terra.

Tutti i cristiani, di qualsivoglia condizione e stato, hanno ben motivo di affidarsi e abbandonarsi all’amorosa tutela di San Giuseppe. In Giuseppe i padri di famiglia hanno il più sublime modello di paterna vigilanza e provvidenza; i coniugi un perfetto esemplare d’amore, di concordia e di fede coniugale; i vergini un esempio e una guida dell’integrità verginale. I nobili, posta dinanzi a sé l’immagine di Giuseppe, imparino a serbare anche nell’avversa fortuna la loro dignità; i ricchi comprendano quali siano i beni che è opportuno desiderare con ardente bramosia e dei quali fare tesoro. – I proletari poi, gli operai e quanti sono meno fortunati, debbono, per un titolo o per diritto loro proprio, ricorrere a San Giuseppe, e da Lui apprendere ciò che devono imitare. Infatti Egli, sebbene di stirpe regia, unito in matrimonio con la più santa ed eccelsa tra le donne, e padre putativo del Figlio di Dio, nondimeno passa la sua vita nel lavoro, e con l’opera e l’arte sua procura il necessario al sostentamento dei suoi. – Se si riflette in modo avveduto, la condizione abietta non è di chi è più in basso: qualsiasi lavoro dell’operaio non solo non è disonorevole, ma associato alla virtù può molto, e nobilitarsi. Giuseppe, contento del poco e del suo, sopportò con animo forte ed elevato le strettezze inseparabili da quel fragilissimo vivere, dando esempio al suo figliuolo, il quale, pur essendo signore di tutte le cose, vestì le sembianze di servo, e volontariamente abbracciò una somma povertà e l’indigenza. – Di fronte a queste considerazioni, i poveri e quanti si guadagnano la vita col lavoro delle mani debbono sollevare l’animo, e rettamente pensare. A coloro ai quali, se è vero che la giustizia consente di potere affrancarsi dalla indigenza e levarsi a migliore condizione, tuttavia né la ragione né la giustizia permettono di sconvolgere l’ordine stabilito dalla provvidenza di Dio. Anzi, il trascendere alla violenza e compiere aggressioni in genere e tumulti è un folle sistema che spesso aggrava i mali stessi che si vorrebbero alleggerire. Quindi i proletari, se hanno buon senso, non confidino nelle promesse di gente sediziosa, ma negli esempi e nel patrocinio del beato Giuseppe, e nella materna carità della Chiesa la quale si prende ogni giorno grande cura del loro stato. – Pertanto, Venerabili Fratelli, ripromettendoci moltissimo dalla vostra autorità e dal vostro zelo episcopale, né dubitando che le pie e buone persone intraprendano molte altre cose, e anche maggiori di quelle comandate da Noi, decretiamo che in tutto il mese di ottobre si aggiunga nella recita del Rosario, da Noi già prescritto altre volte, l’orazione a San Giuseppe, il cui testo riceverete insieme con quell’Enciclica, e così si faccia ogni anno in perpetuo.

A coloro, poi, che devotamente reciteranno la suddetta orazione, concediamo ogni volta l’indulgenza di sette anni e altrettante quarantene. È anche proficuo e sommamente apprezzabile il consacrare, come già avviene in vari luoghi, con giornalieri esercizi di pietà il mese di marzo in onore del Santo Patriarca. Dove poi ciò non si possa fare agevolmente, sarebbe almeno desiderabile che prima della sua festa, nel tempio principale di ciascun luogo, si celebrasse un triduo di preghiere. – Raccomandiamo inoltre a tutti i fedeli dei paesi nei quali il 19 marzo, giorno sacro a San Giuseppe, non è compreso nel novero delle feste di precetto, che non trascurino tuttavia per quanto è possibile, di santificarlo almeno privatamente, ad onore del celeste Patrono, quasi fosse giorno festivo.

Frattanto, auspice dei celesti doni e pegno della Nostra benevolenza verso di voi, Venerabili Fratelli, impartiamo di tutto cuore nel Signore l’Apostolica Benedizione a voi, al Clero e al vostro popolo.

Dato a Roma, presso San Pietro, il 15 agosto 1889, anno duodecimo del Nostro Pontificato.

 

Orazione a San Giuseppe

A te, o beato Giuseppe, stretti dalla tribolazione ricorriamo, e fiduciosi invochiamo il tuo patrocinio dopo quello della tua Santissima Sposa. – Deh! per quel sacro vincolo di carità che ti strinse all’Immacolata Vergine Madre di Dio, e per l’amore paterno che portasti al fanciullo Gesù, guarda, te ne preghiamo, con occhio benigno la cara eredità che Gesù Cristo acquistò col suo sangue, e col tuo potere ed aiuto sovvieni ai nostri bisogni. – Proteggi, o provvido Custode della divina Famiglia, l’eletta prole di Gesù Cristo; allontana da noi, o Padre amantissimo, la peste di errori e di vizi che ammorba il mondo; assistici propizio dal cielo in questa lotta contro il potere delle tenebre, o nostro fortissimo protettore; e come un tempo salvasti dalla morte la minacciata vita del pargoletto Gesù, così ora difendi la santa Chiesa di Dio dalle ostili insidie e da ogni avversità: e stendi ognora sopra ciascuno di noi il tuo patrocinio, affinché sul tuo esempio, e mercé il tuo soccorso, possiamo vivere virtuosamente, piamente morire, e conseguire l’eterna beatitudine in cielo. Così sia”.

2 OTTOBRE FESTA DEGLI ANGELI

2 OTTOBRE FESTA DEGLI ANGELI CUSTODI

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DIVOZIONE AGLI ANGELI

Istruzione sopra l’Angelo Custode.

[da: Manuale di Filotea, del sac. Giuseppe Riva, Milano 1888 – XXX ed. – imprim. -]

Dopo Dio e Maria, non v’ha né in cielo, né in terra chi più si interessi per la nostra salute; e chi per conseguenza noi dobbiamo riverir maggiormente, dell’Angelo Custode? Datoci come per guida, per nostro compagno, per nostra difesa, fino dal principio della nostra esistenza, non ci abbandona mai finché non abbia ritornata l’anima nostra alle mani del Creatore. Chi può dire la sollecitudine con cui provvede alla nostra sicurezza così temporale come eterna? Dappertutto egli è con noi, di giorno e di notte, nella città o nella campagna, nella solitudine e fra i tumulti, nelle occupazioni e nel riposo: quindi ci consola nelle afflizioni, ci difende nei pericoli, ci illumina nei dubbi, ci soccorre in tutti i bisogni. risovveniamoci per un momento di quanto fece per Tobia l’Arcangelo Raffaele. Gli si esibì per compagno nel viaggio che doveva intraprendere alla capitale della Media, lo liberò dalla morte quando alla sponda del Tigri venne minacciato da un mostro; andò egli stesso da Gabelo per riscuoterne il credito; gli procurò una sposa che fece la sua felicità; gli insegnò la maniera di trionfare di quel demonio che le aveva già uccisi sette mariti: lo riconsegnò sano e salvo alla casa paterna:restituì al vecchio suo padre la vista da tanto tempo perduta, e gli rivelò tutti i disegni di misericordia dall’Altissimo, inseguiti in favore di sua famiglia. – Ora tutto questo non ò che un’immagine di ciò che fa per ciascuno in particolare l’Angelo Custode. Esso ci precede, dice la Scrittura, in tutte le strade, e allontana da noi quello che ci potrebbe essere occasione di inciampo e di caduta. Vero amico, non ci abbandona anche quando noi sprezziamo i suoi consigli e offendiamo la maestà di sua presenza, commettendo qualche peccato: anzi è allora che alza più forte la voce e colle minacce e coi rimorsi non cessa mai di stimolarci a sorgere dalle miserie in cui siamo caduti. Intanto perora presso il Signore la nostra causa, e implora la sospensione di quei flagelli che la giustizia divina potrebbe scaricare sopra di noi. – Basta che noi lo preghiamo di qualche cosa perché egli all’istante ci esaudisca. Anzi, basta professargli devozione sincera per essere da lui sovvenuti, non solamente a norma delle nostre speranze, ma anche al di là di tutti i nostri desideri! Così l’Apostolo San Pietro si vide dall’Angelo Custode rotte le catene, spalancate le porte, e condotto a mano fino al di fuori della prigione di Erode. Noi sappiamo che avviatosi S. Onofrio per il deserto ove dimorò per 60 anni, fu dal suo Angelo accompagnato fino a quella grotta che il Signore gli aveva destinato per domicilio, ed ivi dal medesimo spesse volte comunicato. Santa Susanna, che poi fu martire, venne dall’Angelo difesa contro gli iniqui attentati del lussurioso Diocleziano. – Santa Quinteria era dal suo Angelo avvisata di ciò che doveva fare. – Santa Brigida scozzese, non solo vide tante volte il suo Angelo Custode, ma lo udì cantare in sua presenza inni soavissimi di paradiso. San Raimondo di Pegnafort era quotidianamente svegliato dal suo Angelo al primo segno del mattutino, e Santa Francesca Romana ne godeva continua la compagnia e la conversazione, né le spariva dagli occhi se non quando essa era ricaduta in qualche fallo; il che faceva per avvertirla di ritornare subito col pentimento al primitivo suo stato. Mentre sant’Isidoro si tratteneva in chiesa ad udir Messa, il suo Angelo Custode lavorava per lui alla campagna affinché non avessero i mal devoti padroni a lagnarsi di sua tardanza. Santa Balbina e santa Costanza furono dai propri Angioli assistite nelle loro malattie. San Stanislao Kostka, entrato senza saperlo, in una chiesa di eretici, fu da un Angelo comunicato in presenza di s. Barbara. San Fermo e San Rustico erano dagli Angioli provveduti di cibo nelle loro prigioni, dove per la fede trovavansi condannati a morire di fame. Tante insomma e tali sono le grazie che fanno gli Angioli ai loro clienti, che è cosa impossibile il numerarle dinstintamente. – Quello però che deve farci arrossire si è, che sia così scarsa la nostra corrispondenza, così fredda la nostra devozione verso di loro. Suvvia pertanto, emendiamo il passato con un avvenire migliore. Ringraziamo di cuore la divina bontà che sia giunta a tal segno di degnazione da assegnarci un principe della sua Corte per nostro speciale custode: ma ricordiamoci che esso ci è dato affinché noi lo teniamo come testimonio, lo ascoltiamo come maestro, lo amiamo come amico, lo ringraziamo come benefattore, e lo riveriamo come Angelo. Si avvivi una volta la nostra confidenza nella sua protezione. A lui ricorriamo in qualunque necessità, e saremo certamente esauditi. Salutiamolo senza mai dimenticarcene, specialmente alla mattina, perché ci assista in tutte le occorrenze della successiva giornata; alla sera perché ci difenda contro le insidie notturne. Invochiamolo nell’uscire di casa perciò perché rimuova dai nostri occhi ogni sorta di vanità; al ritornarvi perché ci aiuti in tutte le domestiche faccende; nell’andare in chiesa perché tenga raccolte tutte le potenze dell’anima, non che i sensi del corpo, alla presenza di Dio; al principio delle nostre azioni perche riescano non solamente ben fatte, ma anche meritorie; nelle nostre preghiere perché le offra come un incenso di grato odore al cospetto dell’Altissimo. Guardiamoci però sopra tutto dal mancargli della debita riverenza col commettere sotto i suoi ocelli ciò che arrossiremmo di fare al cospetto dei nostri simili. A caratteri indelebili egli tiene nel suo libro registrate le nostre azioni, ed egli diverrà senza dubbio il nostro più terribile accusatore presso il divin tribunale, se, lungi dal secondare, avremo disprezzate le sue ispirazioni e i suoi consigli, o se, malgrado i suoi rimproveri e le sue minacce, noi avremo voluto camminare dietro le notre passioni. – È stata una pratica di molti Santi l’implorare il soccorso degli angeli Custodi delle persone con cui essi dovevano trattare, e che potevano molto aiutarli per aver un felice successo negli affari che dovevano maneggiare con quelle. Così un Vescovo può utilissimamente implorare il soccorso dell’Angelo della sua diocesi, un Curato quello della sua parrocchia, un Confessore quello del suo penitente, un predicatore quello del suo uditorio, un amico quello del suo amico. L’aver così intelligenza con essi per il bene delle anime è un cooperare con essi alla salute delle persone che sono confidate alla loro cura ed un occuparsi nelle opere di Dio in ispirito di unità ci ministri invisibili che vi impiega egli stesso. Non vi rincresca, Filotea, di consacrare all’invocazione particolare del loro patrocinio qualche momento di ogni settimana, specialmente del Martedì che è il giorno comunemente assegnato a tale scopo. Vi prego di incominciare, e il frutto abbondante che ne ritrarrete vi impegnerà senza dubbio a proseguire. Ogni giorno poi non lasciate mai di salutare il vostro Angelo alla mattina, alla sera, e frequentemente nella giornata colla brevissima e devotissima orazione della Chiesa ”L’Angele Dei”, etc. a cui vanno annesse le seguenti Indulgenze.

INDULGENZE PER “L’ANGELE DEI”

Pio VI: 2 Ott. 1795 accorda ogni volta che si recita con cuore almeno contrito e devotamente 100 giorni d’Indulg. — Indulg. Plenaria nella festa dei SS. Angeli Custodi (2 ott.) a chi alla mattina e sera tutto l’anno, purché in tal giorno confessato e comunicato visiti qualche Chiesa, o pubblico Oratorio pregando pel S. Pont. — Lo stesso Pontefice, 11 giugno 1796, accorda Indulg. Plen. in “articulo mortisa chi in vita l’avrà frequentemente recitata. Finalmente Pio VII, 15 maggio 1821, non solo conferma le sudd. Ind. ma ancora concede Ind. Plen. una volta al mese a chi l’avrà recitata per tutto il mese in un giorno ad arbitrio, purché conf. e comun. Visiti una pubblica Chiesa e preghi secondo la mente di S. S.

ALL’ANGELO CUSTODE (2 Ottobre).

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I. – O fidelissimo Esecutore dei consigli di Dio, santissimo Angelo mio Tutelare, che fino dai primi momenti della mia vita vegliate sempre sollecito alla custodia dell’anima mia e del mio corpo, io vi saluto e vi ringrazio, unitamente a tutto il coro degli Angeli dalla divina bontà destinati a custodi degli uomini: e istantemente vi prego di raddoppiare la vostra premura per preservarmi da ogni caduta nel presente pellegrinaggio, affinché l’anima mia si conservi sempre così monda, così pura quale voi stesso procuraste che divenisse per mezzo del santo battesimo. Angele Dei.

II. – Affezionatissimo mio Compagno,unico vero amico, SS. Angelo mio Custode, che in tutti i luoghi o in tutti i tempi mi onorate della vostra adorabile presenza, io vi saluto e vi ringrazio, unitamente a tutto il coro degli Arcangeli da Dio eletti ad annunziare cose grandi e misteriose, e istantemente vi prego di illuminare la mia mente colla cognizione della divina volontà, e di muovere il mio cuore alla sua sempre esatta esecuzione, affinché, operando sempre conformemente alla fede che professo, mi assicuri nell’altra vita il premio promesso ai veri credenti. Angele Dei.

III. – Sapientissimo mio Maestro, SS. Angelo mio Custode, che non cessate mai di insegnare la vera scienza dei Santi, io vi saluto e vi ringrazio, unitamente a tutto il coro dei Principati destinati a presiedere agli spiriti minori per la pronta esecuzione degli ordini divini, e istantemente vi prego di sopraintendere ai miei pensieri, alle mie parole, alle mie opere perché, conformandomi in tutto ai vostri salutevoli insegnamenti, non venga mai a perdere di vista il santo timor di Dio, che è il principio unico ed infallibile della vera sapienza. Angele Dei.

IV.- Amorosissimo mio Correttore, SS. Angelo mio Custode, che con graziosi rimproveri e con continue ammonizioni mi invitate a sorgere dalla colpa ogni qual volta per mia disgrazia vi sono caduto, io vi saluto e vi ringrazio, unitamente al coro delle Potestà destinate a raffrenare gli sforzi del demonio contro di noi, e istantemente vi prego a svegliare l’anima mia dal letargo della tiepidezza in cui vivo tuttora e di concederle tanta forza che valga a resistere ed a trionfare di tutti quanti i nemici. Angele Dei.

V.- Potentissimo mio Difensore, SS. Angelo mio Custode, che, scoprendomi assiduamente le insidie del demonio nelle pompe del mondo e delle lusinghe della carne, me ne facilitate la vittoria ed il trionfo, io vi saluto e vi ringrazio, unitamente a tutto il coro delle Virtù dal sommo Iddio destinate ad operare miracoli e a spingere gli uomini sulla strada della santità, ed istantemente vi prego a soccorrermi in tutti i pericoli, di difendermi in tutti gli assalti, affinché possa camminare sicuro nella via di tutte le virtù, specialmente dell’umiltà, della purità, fdellobbedienza e della carità, che sono le più care a voi, e le più indispensabili alla salute. Angele Dei.

VI. – Infallibile mio Consigliere, SS. Angelo Custode, che colle più vive illustrazioni mi fate sempre conoscere la volontà del mio Dio e i mezzi più opportuni pet adempirla, io vi salato e vi ringrazio unitamente a tutto il coro delle Dominazioni eletto da Dio a comunicarci i suoi decreti, ed a somministrarci la forza di dominar le nostre passioni, e istantemente vi prego di sgombrare dalla mia mente tutte le importune dubbiezze e le perniciose perplessità affinché, libero da ogni timore, secondi sempre i vostri consigli, che sono consigli di pace, di giustizia e di santità. Angele Dei.

VII. – Zelantissimo mio Avvocato, SS. Angelo mio Custode, che con incessanti preghiere perorate nel cielo la causa della mia eterna salute, e allontanate dal mio capo i meritati flagelli, io vi saluto e vi ringrazio unitamente a tutto il coro dei Troni eletti a sostenere il soglio dell’Altissimo e a stabilire gli uomini nel bene incominciato, e istantemente vi prego di coronare la vostra carità coll’ottenermi il dono inestimabile della finale perseveranza, affinché nella morte io passi felicemente dalle miserie di questo esilio ai gaudi eterni della patria celeste. Angele Dei.

VIII. – Binignissimo Consolatore dell’anima mia, Santo Angelo mio Custode, che con soavissime inspiri razioni mi confortate in tutti i travagli della vita presente ed in tutti i timori della futura, io vi saluto e vi ringrazio, unitamente a tutto il coro dei Cherubini che pieni della scienza di Dio, sono eletti ad illuminare la nostra ignoranza, e istantemente vi prego di assistermi specialmente e di consolarmi sì nelle presenti avversità come nelle estreme agonie, affinché allettato dalle vostre dolcezze, io chiuda il cuore a tutte le lusinghe fallaci di questa terra per riposare nelle speranze della futura felicità. Angele Dei.

IX, – Principe nobilissimo della Corte Celeste, infaticabile Coadiutore della mia eterna salute, santo Angelo mio Custode, che contrassegnate tutti i momenti con innumerevoli benefici, io vi saluto e vi ringrazio, unitamente a tutto il coro dei Serafini che, accesi più di tutti della divina carità, sono eletti ad infiammare i nostri cuori, ed istantemente vi prego di accendere nell’anima mia una scintilla di quell’amore di che voi ardete continuamente, affinché, in me distrutto tutto quello che sa di mondo e di carne, mi elevi senza ostacolo alla contemplazione delle cose celesti, e dopo aver sempre fedelmente corrisposto alla vostra amorevole premura su questa terra, venga finalmente con voi nel regno della gloria, a lodarvi, a ringraziarvi ed amarvi per tutti i secoli. Cosi sia. Angele Dei.

V. Ora pro nobis, beate Dei Angele.

R. Ut digni efficiamur etc.

OREMUS.

Deus, qui ineffabili providentia santos Angelos tuos ad nostram custodiam mittere dignaris, largire supplicibus tuis, et eorum sempre protectione defendi , et aeterna societate gaudere. Per Dominum nostrum, etc

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Orazione all’Angelo Custode

Spirito beato, che Dio assegnò per custode del mio corpo e dell’anima mia, per direttore di mia condotta, cooperatore di mia salute, mia scorta e mio sostegno nella strada della virtù, quanti anni sono che mi guidate nel mezzo di tutti i pericoli senza mai ritirarvi per le mie infedeltà, né abbandonarmi pei miei peccati! Eppure io non ho avuto per voi che della ingratitudine, pensando sol raramente alla carità che avete per me, e nulla facendo per riconoscerla! Io potrei ben dire come il giovine Tobia diceva all’Angelo Raffaele, che quand’anche dessi tutto me stesso a voi per divenire vostro schiavo, non potrei riconoscere degnamente i benefici da voi ricevuti, perché tutti i servigi che Tobia ricevette da quella santa guida, non sono che la figura e l’ombra dei buoni offici che mi avete prestati fino adesso, e che mi presterete fino al momento di entrare, come spero, nella casa del mio vero Padre. Se non che la ricompensa che desiderate da me, come l’Arcangelo Raffaele, si è che io benedica il Dio del cielo e che Gli renda gloria innanzi agli uomini perché ha fatto risplendere sopra di me la sua misericordia, e che io Lo benedica e Lo glorifichi, non con semplici parole, ma col camminare la strada dei suoi comandamenti, col consacrare tutto a Lui il mio cuore e le potenze dell’anima mia. Aiutatemi, Angelo di Dio a riconoscere in questa maniera tutto il bene che ho ricevuto da Lui per mezzo del vostro ministero; degnatevi di continuare verso di me le vostre caritatevoli cure. Correggete col vostro lume, che è un raggio di lume eterno, tutti i falsi lumi della mia ragione e tutte le illusioni dello spirito delle tenebre, se accade che esse mi facciano prendere per veri i falsi beni. Rimettete con salutari rimproveri sulla retta strada il mio cuore quando venisse a traviare. Difendetemi nelle tentazioni, e guardatemi da tutte le insidie de’ miei nemici visibili ed invisibili, e da tutte le ingannevoli dolcezze del peccato. Degnatevi anche di offrir me stesso a Dio, e colle vostre preghiere inchinate a mio favore la sua bontà. insegnatemi ad offrirGli delle preghiere che meritino di alzarsi sino al suo trono, e che voi possiate presentarGli con confidenza. Impetratemi quel rispetto e quella devozione che vi tiene così umiliato alla sua presenza e sì penetrato della sua santità; e l’esempio della vostra prontezza e della vostra fedeltà nell’eseguire tutti quanti i suoi voleri mi renda fedele a praticare tutto ciò che riguarda la sua legge ed i suoi disegni sopra di me con un amore ed una obbedienza che mi possa procurare la felicità di contemplarLo un giorno nel cielo, e di essere saziato con voi del pane invisibile della verità, nella pienezza della carità.

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AGLI ANGELI

Angeli beati che circondate il trono dell’Altissimo, San Michele, principe della milizia celeste; S. Gabriele, illustre ambasciatore della consolantissima nuova dell’Incarnazione; san Raffaele, fedel condottiere del giovine Tobia; e Voi tutti, o incomparabili Cori degli Angelici Spiriti, ardenti Serafini, luminosi Cherubini, immutabili Troni, potenti Dominazioni, ammirabili Virtù, formidabili Potestà; supremi Principati, sublimi Arcangeli, caritatevoli Angeli, io vi saluto e vi onoro, e penetrato da un’altissima stima per tutte le rare vostre prerogative, e pei vostri nobilissimi ministeri, io riconosco la mia insufficienza ad onorarvi come Voi meritate. Voi avete premure incredibili per la nostra salute, e v’impiegate a procurarla con illustrazioni divine e con impressioni d’amore che non possono mai essere abbastanza ammirate. Qual cuore sarà dunque così duro che non vi ami? Qual volontà così ostinata che non s’arrenda alle vostre ispirazioni? Quale ingratitudine così vile che non riconosca le vostre ineffabili tenerezze? Io mi abbandono dunque a Voi, o Santi protettori dell’anima mia, poiché voi avete il potere e lo zelo per aiutarmi, e non avendo io l’ardire di presentami al cospetto del Dio vivente, m’indirizzo a voi, o Grandi dell’Empiro, per avere accesso al medesimo col favore vostro. Presentatemi a questa augustissima Onnipotenza, ed ottenetemi qualche partecipazione delle vostre purissime inclinazioni. Sia io tanto distaccato dal mondo, quanto ne siete Voi umilmente separati; tanto disimpegnato dai sensi, quanto Voi siete spirituali, immortali e incorruttibili, tanto indifferente dei beni temporali, quanto Voi siete in una infinita abbondanza di beni celesti; tanto morto a tutte le passioni, quanto Voi siete inalterabili nella contemplazioni della divina bellezza tanto dipendente dalla volontà del mio Creatore, quanto Voi siete infaticabili nell’eseguirne prontamente i comandi; finalmente tanto incapace di alcuna ingiustizia,, o trasgressione della sua legge, quanto Voi siete invariabilmente fissi nel bene, confermati in grazia, e consumati nell’amore il più perfetto.

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ALL’ANGELO CUSTODE.

Ma quanto a voi, santo Angelo mio Custode, che posso io rendervi per tanti favori innumerabili che ho ricevo tuttodì dalla vostra instancabile carità? Non devo io confondermi della mia disattenzione a ringraziarvi e riverirvi? Con un fervore tutto nuovo io ripongo l’anima mia nelle vostre mani. Annunciate ad essa le verità del cielo, affinché le segua, fatele comprendere i suoi errori, affinché li detesti; mostratele i suoi pericoli, affinché li schivi; avvertitela de’ suoi obblighi, affinché li adempia. Ottenete lo spirito dell’orazione, dell’umiltà e della mortificazione; affinché su di queste indispensabili virtù, come sopra di altrettante colonne, fondi mai sempre l’edifizio della sua beata eternità; e finalmente soccorretela sino all’estremità dei suoi giorni, affinché Voi stesso possiate con compiacenza presentarla al trono di quel Dio che senza interruzione adorate; e così le sia assicurata la bella sorte di godere per tutti i secoli la vostra dolcissima compagnia insieme a quella di tutti i Santi che regnano con Cristo su in cielo.

Omelia della Domenica XX dopo Pentecoste

Omelia della Domenica XX dopo Pentecoste

[Del canonico G. B. Musso – Seconda edizione napoletana, Vol. III -1851-]

(Vangelo sec. S. Giovanni IV, 46-53)

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Mal esempio dei Genitori.

Quant’è mai grande la forza del buon esempio! Un padre, come ci narra l’odierna evangelica storia, col suo credere a Gesù Cristo, trae coll’ardore del suo esempio alla fede di Gesù Cristo medesimo tutta la sua famiglia. Era questo un piccolo Re, il cui figlio giaceva gravemente infermo a Cafarnao. Vedendo inutili tutti gli umani rimedi, ebbe ricorso al Consolator degli afflitti, partì da Cafarnao, e Lo raggiunse in Cana sui confini della Galilea, e prostèso a Lui dinanzi “Signore, disse, tengo un figliuolo in pericolosa infermità, compiacetevi venirlo a risanare, e a consolare il più addolorato di tutti i padri”.- “Se non vedete miracoli, Gesù rispose, voi non credete”. – “Ah Signore, soggiunse il padre, venite per pietà che ogni momento d’indugio può esser fatale al figlio moribondo”. – “Andate, disse allora il Salvatore, che il figlio vostro è vivo e sano e salvo”. Credette alle sue parole il genitor consolato, e nel tornarsene a casa ecco alla metà del cammino i suoi servitori spediti ad apportargli la lieta notizia, che il figlio aveva ricuperata in un istante la sanità. Interrogati dell’ora, in cui la febbre l’aveva lasciato, e in udir che ieri all’ora settima cessata la febbre era uscito di pericolo, comprese essere precisamente quell’ora stessa, in cui il divin Redentore detto gli aveva che il suo figliuolo era vivo e risanato. In vista di questo prodigio abbracciò la fede di Gesù Cristo, e trasse col suo esempio alla stessa fede tutti di sua famiglia, numerosa di alti e bassi ufficiali, d’ordini diversi di servitori, essendo egli un piccolo Re da Erode Tetrarca costituito Principe e Governatore di tutta la Galilea. “Credidit ipse, et domus eius tota”. – Tant’è la forza del buon esempio. Ma ancor più grande è la forza dell’esempio cattivo. “Un poco d’assenzio, dice S. Gregorio Nisseno, basta a rendere amara una notabile quantità di mele, ma una notabile quantità di mele non può far dolce l’assenzio”. E più facile distruggere che edificare. Quanta rovina adunque recherà ai propri figli l’esempio malvagio de’ genitori! Per impedirlo io prendo a dimostrarvi le perdite inconsolabili, che fanno i genitori col mal esempio. Pérdono l’autorità sopra de’ figli, perdono i figli, e perdono sé stessi. Tre perdite che abbracciano il temporale e l’eterno interesse, tre punti che meritano la vostra più seria applicazione.

I. L’autorità è in tutto il suo vigore, quando ne hanno il dovuto concetto i subalterni; ma ohimè quando decade, se nei soggetti autorevoli trovano gli inferiori di che adontarsi, e scoprono che riprendere! Veniamo al pratico. Entro col mio pensiero in una casa di questo mondo, e v’entro nell’ora in cui marito e moglie sono tra loro in aspra contesa. Vomita il primo le più infami e contumeliose parole, aguzza l’altra la lingua come un serpente; crescono le ingiurie, crescono gli insulti a vicenda. La tempesta non finisce in tuoni. Alle imprecazioni, alle bestemmie succedono colpi, percosse, duri e villani maltrattamenti. Oh Dio! e tutto ciò in presenza dei figli che piangono, che alzano stridi e clamori. Che casa è questa, ove abita il demonio della più arrabbiata discordia? Che scuola è questa in cui da’ figliuoli s’apprende l’immodesto parlare, lo scostumata procedere, l’ira, la contumelia, lo spirito d’odio e di vendetta? E qual concetto può avere la povera famiglia d’un padre bestiale, d’una madre viperina? Perduta la stima si perde necessariamente l’autorità tanto necessaria per la buona educazione. Lo scandalo che date, o incauti genitori, vi chiude la bocca: non potete più correggere la vostra prole di quei misfatti, de’ quali voi siete più rei. – Allorché Caino stese a terra impiagato e morto Abele suo innocente fratello, Iddio acremente rimproverandolo, “il sangue del tuo germano, gli disse, dalla terra, su cui è sparso, alza voci e clamori che giungono al cielo”. – “Sanguis fratris tui clamat ad me de terra” (Ge. IV, 19). Così abbiamo dal sacro testo; ma il sacro testo non dice che Adamo aprisse bocca a correggere il crudel fratricida. E perché? Risponde Teodoreto, che Adamo, come uomo intelligente, ben prevedeva le amare risposte del figlio uccisore, se l’avesse rimproverato; e perciò il suo delitto, il mal esempio, l’obbligò a rigoroso silenzio. “Come! detto gli avrebbe probabilmente Caino, voi mi riprendete per l’uccisione d’un uomo, mentre voi avete uccisa tutta l’umana generazione! Mi rimproverate per la morte di mio fratello, voi che avete dati a morte più dannevole tutti i vostri figli che sono e che saranno sino alla fine del mondo? Io poi ho peccato per un movimento d’insidia, per un trasporto di collera, e voi solo per il gusto meschino di un vilissimo pomo”. Tutti questi acerbi rimbrotti si aspettava Adamo, perciò si tacque, vedendosi spogliato d’autorità per correggere. – Così avviene tutto dì. Quel padre è un figliuol giocatore che nel giuoco perde il tempo, lo studio, il danaro, il buon nome. Vede la necessità di correggerlo, ma come può, s’egli giorno e notte ha le carte e i dadi alla mano? Con qual animo, dice S. Gregorio Magno, pretenderà medicar l’altrui piaga colui che porta in faccia la stessa medesima piaga? “Qua praesumptione mederi properat, qui in facie vulnus portat?” (Pur. 2 Past. C. 9). Quella madre sa ed osserva che la propria figlia è libera, nemica del ritiro, che tratta, che parla, che ride, che si trattiene con tutti; ma come impedire questi pericolosi disordini se essa tiene un’eguale condotta? Quell’altro padre vorrebbe i suoi figli dediti alla pietà, frequenti alla Chiesa, alla parola di Dio, ai santi Sacramenti; ma come avvisarli o punirli per la loro indevozione, se egli mai non si lascia vedere in Chiesa o in casa a piegar le ginocchia in qualche pubblica o privata preghiera? Ma diamo, che dai genitori si correggono i viziosi figliuoli, che autorità e forza potrà avere la riprensione, se quel che si pronunzia colla parola si distrugge coll’opera?

II. Se non che il perdere col mal esempio l’autorità di correggere è il meno: quello che monta incomparabilmente di più, è la lacrimevole perdizione degli scandalizzati figliuoli. La prima scuola, solete voi dire, è quella dì casa. Gli esempi domestici fanno più d’impressione che gli stranieri. La tenera età è più disposta a copiare l’immagine del vizio che della virtù. La gioventù non ha bisogno di sprone per gettarsi alla strada della dissolutezza, e la corrotta natura pendente al male trova ne’ mali costumi de’ genitori come una specie di guarentigia a impunemente seguirli. Di Abia, figlio di Roboamo, dice la divina Scrittura che camminò in tutti i peccati di suo padre, “ambulavit in omnibus peccatis patris sui” (III Re, XIII, 3). Notate la frase: le scelleratezze del proprio padre furono per lui come tante pedate impresse sulla polvere o sull’arena, sulle quali camminò come l’empio suo genitore, “ambulavit in omnibus peccatis patris sui”. – Se poi al mal esempio tacito s’aggiungesse l’espresso, poveri figli! Così non fosse, come odono sovente di bocca del padre o della madre certe massime affatto opposte a quelle del santo Vangelo. “Non ti far pecora, o figlio, ma come cane mostra e adopera i denti contro chi t’offende”, “ché tanti riguardi! E’ un codardo che non sa vendicarsi e farsi portar rispetto”. – “Bisogna farsi ricchi per essere rispettati e temuti. Chi ha danaro ha tutto, e può far di tutto”. – “La coscienza è per chi la teme, e chi la teme sarà sempre povero”. Oh Dio! oh Dio! che diabolica scuola. Non vi credo capaci, uditori miei cari, di questo linguaggio pestifero, scandaloso, anticristiano, contentatevi invece ch’io vi metta sott’occhi un altro scandalo indiretto, a cui non si bada gran fatto. – Per meglio spiegarmi premetto quel che di Gerosolima diceva piangendo il Profeta Geremia. Paragona egli quell’infelice città ad uno struzzo nel deserto, “Filia populi mei crudelis quasi struthio in deserto” (Theren. IV, 3). Osserva Plinio, e con esso altri indagatori della natura (checché ne dica qualche viaggiatore) che lo struzzo ne’ deserti dell’Africa e dell’America lascia cader le sue uova in sull’arena, e le abbandona. La provvidenza si cura delle medesime, e di giorno col calore del sole, e di notte col calor mantenuto nella sottoposta arena fa che le uova si schiudano e fuori saltellino i piccoli struzzoli che sull’arena stessa trovano l’opportuno alimento. La divina provvidenza non vuol fare altrettanto a riguardo dei figli vostri: a voi, alla vostra cura li ha commessi, or che sarà se voi li abbandonate? E appunto da questo abbandono nascono quegli scandali indiretti non conosciuti, e perciò più pericolosi e dannevoli. Torme di fanciulli si vedono a trastullar tutto il dì in mezzo alle piazze e alle contrade, abbandonati a se stessi, come tanti struzzoli, e vanno intanto imparando sconce parole e maliose azioni, e il padre trascurato e la madre indifferente non badano che a levarsi il fastidio d’averli intorno. Fatti più adulti si lasciano in maggior libertà, vanno, vengono di giorno, di notte, praticano compagni malvagi, contraggono amicizie sospette: l’ozio che insegna ogni malizia, il giuoco che dissipa lo spirito, il libero conversare che corrompe il costume, formano la giornaliera occupazione. Tanti disordini, gli scandali che danno, gli scandali che ricevono, vanno tutti a carico dei genitori, che per una insensata trascuratezza hanno ad essi lasciata la briglia sul collo. Che dirò delle figlie anch’esse abbandonate come struzzoli nel deserto? Col pretesto di divozione si lasciano andare liberamente à certe novene, che cominciano avanti l’aurora, a certe feste di Chiese rurali, a campagne, a passeggi, a festini …. Adagio, è vero, ma sono accompagnate da quel nostro parente uomo onesto, da quel nostro parente uomo dabbene. Peggio, io vi rispondo, e vel ripeto, peggio! Se quel tal uomo avesse nome, fama ed apparènza di libertino, non gli affidereste la vostra figlia, e non fidandovi, voi e la figlia vostra non correreste alcun rischio. Per lo contrario, col fidarvi non siete sicuri, potete esser traditi. Si fidò Giacobbe, e concesse a Dina sua figlia un’innocente curiosità, e Dina fu rapita, fu disonorata, ed egli ferito dal più acèrbo dolore. Il mal esempio dato, il mal esempio non impedito rovina i figliuoli, ed è finalmente causa lacrimevole dell’eterna perdita de’ genitori.

III. Il Faraone, per politica di stato fece gettare nell’acque del Nilo tutti appena nati i maschi degli Ebrei. Erode per gelosia di regno, fece trucidare in Betlemme e ne’ suoi contorni tutti i bambini dai tre anni in giù per assicurarsi nella strage di tutti la morte di uno solo, il nato Re d’Israele. Or questi uccisi bambini furon veduti da S. Giovanni nel divino suo Apocalisse, sotto l’altare di Dio, e uditi alzar al cielo voci e clamori, gridando vendetta: “Usquequo Domine, … non vindicas sanguinem nostrum?” (cap. VI, 10). Fino a quando, o Signore, tarderete a vendicare il sangue innocente?- Ora io dico così: tanto i primi fanciulli sommersi nel Nilo, quanti i secondi trucidati da Erode son salvi: i primi come circoncisi e figli d’Abramo: i secondi non solo sono salvi, ma santi e martiri dalla Chiesa venerati sugli altari; e pure domandano a Dio vendetta. Or che sarà se i figliuoli scandalizzati dai genitori piomberanno all’inferno? Se invece di essere affogati in un fiume, saranno immersi in uno stagno di fuoco inestinguibile? Se invece di aver sofferto il taglio momentaneo della spada di Erode, si troveranno per sempre sotto la spada inesorabile della divina Giustizia? Vendetta, grideranno allora a più alta voce, vendetta contro i nostri padri, contro le nostre madri, che dopo averci data la vita temporale ci hanno tolta con gli esempi malvagi la vita spirituale ed eterna: vendetta contro coloro che non ci hanno dato la vita … se non per darci una doppia morte. – Padri e madri, volete dire che la giustizia di Dio sarà sorda a queste lamentevoli voci? E se le ascolta, come fuor di dubbio le ascolterà, che sarà di voi, che sarà dell’anime vostre? Voi siete perduti. Se foste causa della perdita dell’anima d’uno a voi straniero, dovreste temere la perdita della vostra; quanto più dovrà crescere il vostro timore e se per vostra disavventura foste cagione della perdita de’ figli vostri? Miei dilettissimi, se la coscienza vi rimprovera il mal esempio dato, e le omissioni apportatrici di scandalo alla vostra prole, altro rimedio non trovo per liberarvi da tanto pericolo, che pentimento sincero riguardo al passato, e riparo nell’avvenire ai dati scandali col buon esempio.

PREGHIERE ALLO SPIRITO SANTO

CORONA SPIRITUS SANCTI

286

In nomine Patris, et Filii, et Spiritus Sancti.

Amen.

            Actus contritìonis:

Doleo, mi Deus, me contra te peccasse, quia tam bonus es;

gratia tua adiuvante non amplius peccabo.

Hymnus Veni, Creator Spiritus, etc. cum versiculis et

Oremus

I – MYSTERIUM PRIMUM

De Spiritu Sancto ex Maria Virgine Iesus conceptus est

Meditatio. – Spiritus Sanctus superveniet in te, et virtus Altissimi obumbrabit tibi. Ideoque et quod nascetur ex te Sanctum, vocabitur Filius Dei (Luc, I, 35).

Affectus. – Precare vehementer divini Spiritus auxilium et Mariæ intercessionem ad imitandas virtutes Iesu Christi, qui est exemplar virtutum, ut conformis fias imagini Filii Dei.

Semel Pater et Ave et septies Gloria Patri.

II – MYSTERIUM SECUNDUM

Spiritus Domini requievit super Iesum

Meditatio. – Baptizatus autem Iesus, confestim ascendit de aqua, et ecce aperti sunt ei cœli: et vidit Spiritum Dei descendentem sicut columbam, et venientem super se (Matth., III, 16).

Affectus. – In summo pretio habe inæstimabilem gratiam sanctificantem per Spiritum Sanctum in Baptismo cordi tuo infusam. Tene promissa, ad quæ servanda tunc te obstrinxisti. Continua exercitatione auge fidem, spem, caritatem. Semper vive ut decet filios Dei et veræ Dei Ecclesiæ membra, ut post hanc vitam accipias cœli hereditatem.

Semel Pater et Ave et septies Gloria Patri.

III – MYSTERIUM TERTIUM

A Spiritu ductus est Iesus in desertum

Meditatio. – Iesus autem plenus Spiritu Sancto regressus est a lordane: et agebatur a Spiritu in desertum diebus quadraginta, et tentabatur a diabolo (Luc., IV, 1, 2).

Affectus. – Semper esto gratus prò septiformi munere Spiritus Sancti in Confirmatione tibi dato, prò Spiritu sapientiæ et intellectus, consilii et fortitudinis, scientiæ et pietatis, timoris Domini. Fideliter obsequere divino Duci ut in omnibus periculis huius vitae et tentationibus viriliter agas, sicut decet perfectum christianum et fortem Iesu Christi athletam.

Semel Pater et Ave et septies Gloria Patri.

IV – MYSTERIUM QUARTUM.

Spiritus Sanctus in Ecclesia

Meditatio. – Factus est repente de cælo sonus tamquam advenientis spiritus vehementis, ubi erant sedentes; et repleti sunt omnes Spiritu Sancto loquentes magnalia Dei (Act., II, 2, 4, 11).

Affectus. – Gratias age Deo quod te fecit Ecclesiæ suæ filium, quam divinus Spiritus, Pentecostes die in mundum missus, semper vivificate et regit. Audi et sequere Summum Pontificem, qui per Spiritum Sanctum infallibiliter docet, atque Ecclesiam quæ est columna et firmamentum veritatis. Dogmata eius tuere, eius partes tene, eius iura defende.

Semel Pater et Ave et septies Gloria Patri.

V – MYSTERIUM QUINTUM

Spiritus Sanctus in anima iusti

Meditatio. – An nescitis quoniam membra vestra templum sunt Spiritus Sancti qui in vobis est? (I Cor., VI, 19).

Spiritum nolite exstinguere (I Thess., V, 19).

Et nolite contristare Spiritum Sanctum Dei, in quo signati estis in diem redemptionis (Eph., IV, 30).

Affectus. – Semper recordare de Spiritu Sancto qui est in te, et puritati animæ et corporis omnem da operam. Fideliter obedi divinis eius inspirationibus, ut facias fructus Spiritus: caritatem, gaudium, pacem, patientiam, benignitatem, bonitatem, longanimitatem, mansuetudinem, fidem, modestiam, continentiam, castitatem.

Semel Pater et Ave et septies Gloria Patri.

In fine dicatur Symbolum Apostolorum Credo in Deum, etc. …

Indulgentia septem annorum.

Indulgentia plenaria suetis conditionibus, corona quotidie per integrum mensem devote repetita (Breve Ap., 24 mart. 1902; S. Pæn. Ap., 18 mart. 1932).

PREGHIERE ALLO SPIRITO SANTO

pentecoste3

Veni Creator Spiritus,

Mentes tuorum visita,

Imple superna gratia,

Quæ tu creasti pectora.

Qui diceris Paraclitus,

Altissimi donum Dei,

Fons vivus, ignis, caritas,

Et spiritalis unctio.

Tu septiformis munere,

Digitus paternæ dexteræ,

Tu rite promissum Patris,

Sermone ditans guttura.

Accende lumen sensibus:

Infunde amorem cordibus:

Infirma nostri corporis

Virtute firmans perpeti.

Hostem repellas longius,

Pacemque dones protinus:

Ductore sic te prævio

Vitemus omne noxium.

Per te sciamus da Patrem,

Noscamus atque Filium,

Teque utriusque Spiritum

Credamus omni tempore.

Deo Patri sit gloria,

Et Filio, qui a mortuis

Surrexit, ac Paraclito,

In sæculorum sæcula.

Amen.

V. Emitte Spiritum tuum et creabuntur;
R. Et renovabis faciem terrae.

Oremus.

Deus, qui corda fidelium Sancti Spiritus illustratione
docuisti: da nobis in eodem Spiritu recta sapere;  et de eius semper consolatione
gaudere. Per Christum Dominum nostrum. Amen (ex Brev. Róm.).
Indulgentìa quinque annorum.
Indulgentia plenaria suetis conditionibus, dummodo
hymni recitatio, cum versiculo et oratione quotidie peracta,
in integrum mensem producta fuerit (Breve Ap.,
26 man 1706; S. Rituum Congr., 20 iun. 1889; S. Paen.
Ap., 9 febr. 1934).

pentecoste2

Sequentia

Veni, Sancte Spíritus,

et emítte cælitus

lucis tuæ rádium.

Veni, pater páuperum;

veni, dator múnerum;

veni, lumen córdium.

Consolátor óptime,

dulcis hospes ánimæ,

dulce refrigérium.

In labóre réquies,

in æstu tempéries,

in fletu solácium.

O lux beatíssima,

reple cordis íntima

tuórum fidélium.

Sine tuo númine

nihil est in hómine,

nihil est innóxium.

Lava quod est sórdidum,

riga quod est áridum,

sana quod est sáucium.

Flecte quod est rígidum,

fove quod est frígidum,

rege quod est dévium.

Da tuis fidélibus,

in te confidéntibus,

sacrum septenárium.

Da virtútis méritum,

da salútis éxitum,

da perénne gáudium.

Amen. Allelúja.

Indulgentia quinque annorum. Indulgentia plenaria s. c. dummodo quotidie per integrum mensem sequentis devote recitata fuerit (Brev Ap. , 26 Maii 1976; Sacr. Pænit. Ap., 15 apr. 1933)

V. Emitte Spiritum tuum, et creabuntur,

R. Et renovabis faciem terræ.

Oremus

Deus, qui caritatis dona per gratiam Sancti Spiritus tuorum cordibus fidelium infudisti, da famulis tuis, pro quibus tuam deprecamur clementiam, salutis mentis et corporis; ut te tota virtute diligent, et quæ tibi placita sunt, tota dilectione perficiant. Per Christum Dominum nostrum. Amen.

pentecoste4

Preghiera allo Spirito Santo

Deus in adjutorium etc. Gloria Patri etc.

Divino Paraclito Spirito, che avete create tutte le cose, deh venite a visitare con la vostra grazia l’anima mia creata per Voi; purgatela da ogni macchia, riempitela de’ vostri Doni, e infiammatela del santo Amore: Ve ne supplico per i meriti di Gesù. I meriti di Gesù suppliscano alle mie mancanze. Così sia.

l- O Divino Spirito di bontà, riempite il mio cuore del santo Timor di Dio, ma di quel filiale timore, che ci allontana per amore dall’offendere il nostro buon Padre, che merita di essere infinitamente amato, e glorificato.

Gloria Patri, etc.

2Spirito Santo consolatore, Padre dei Poveri, e refrigerio dei cuori, accordatemi per amor di Gesù quella vera, e perfetta Pietà, che è fondata sulla stabile Pietra angolare delle dottrine, e degli esempi del mio divino Maestro, e Salvatore.

Gloria Patri etc.

3- O Voi, Divino Spirito, comunicatemi il Dono della Scienza, che m’insegni ad amare Dio sommo Bene sopra ogni cosa, e con tutte le forze dell’anima mia.

Gloria Patri, etc.

4- O Spirito Santo, con la vostra virtù onnipotente spezzate le catene che tengono il povero mio cuore immerso nelle misere vanità del mondo; e datemi per amor di Gesù il Dono di Fortezza, onde rompa una volta tutti i lacci degli affetti terreni, e l’anima mia libera s’innalzi a Dio suo Creatore.

Gloria Patri, etc.

5- Sapientissimo Spirito, luce delle nostre menti, direttore del nostro cammino, datemi il celeste Consiglio, onde la mia vita sia tutta santa, e ordinata alla vostra gloria.

Gloria Patri, etc.

6- O Spirito santificatore delle anime, accordatemi il dono dell’Intelletto, onde obbedisca con perfezione alla sacra Legge, e ai consigli del mio Redentore.

Gloria Patri, etc.

7- O Sapienza del Padre, che disponete tutte le cose con fortezza e soavità, venite a insegnarmi la via del Paradiso. O Dio d’infinita carità, arricchite il mio cuore della Sapienza divina, onde ami solo il Bene eterno, e disprezzi i piaceri, le ricchezze, e le vanità fugaci, e bugiarde del mondo. Cosi sia.

Antiph. Charitas Dei diffusa est in cordibus nostris per inhabitantem Spiritum ejus in nobis.

V.- Emitte Spiritum tuum, et creabuntur.

R.- Et renovabis faciem terræ.

Oremus:

Adsit nobis, quæsumus, Domine, Virtus Spiritus Sancti, quæ et corda nostra clementer expurget, et ab omnibus tueatur adversis. Per Christum Dominum nostrum. Amen.

Fidelibus, qui septies doxologiam Gloria Patri … devote recitaverint ad septem dona a Spiritu Sancto impetrans, conceditur: Indulgentia trium annorum (S. C. de Prop. Fide, 12 mart. 1857; S. Pæn. Ap.,  10 iul. 1941).

Altra preghiera

O soffio divino dello Spirito Santo, fateVi sentire nell’anima mia; risvegliatela dall’assopimento in cui si trova; dissipate la languidezza in cui è immersa; portate via la polvere che si attacca, per così dire, a tutto quello che io fo; operate in me tutti i cambiamenti che Voi sapete esservi necessari. O divino Paraclito, datemi una di quelle lingue di lume, di carità, di perfezione che apparvero sopra gli Apostoli, affinché io possa con esse benedire il vostro Nome, confessare i miei peccati, insegnare con amore, riprendere con dolcezza, tacere quando conviene, ed edificare in ogni cosa. E voi, o santi Apostoli, che nel giorno solennissimo di Pentecoste riceveste nella sua pienezza lo Spirito di unità e santità, ottenete anche a noi un dono così segnalato, affinché credendo tutte le verità che avete insegnate, praticando tutte le opere che Voi avete raccomandate, vivendo e morendo nella Chiesa che Voi avete fondata, io giunga con Voi alla ricompensa beata ed eterna che ci avete insegnato a domandare e pregare. Così sia. [Manuale di Filotea, Milano 1888 – Impr.]

Preghiera

O Santo Spirito, Padre dei poveri e Consolatore degli afflitti, venite e scendete sopra di noi. Rischiarateci con la vostra sapienza, santificateci con il vostro amore; animateci con la vostra grazia; sosteneteci con la vostra fortezza, penetrateci con la vostra unzione; adottateci per figli con la vostra carità; pacificateci con la vostra presenza; salvateci con la vostra infinita misericordia; e sollevateci dalla terra al cielo, affinché Vi lodiamo, Vi benediciamo e Vi amiamo per tutta l’eternità. Amen. [Idem].

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Preghiera per domandare i Doni

Deus in adjutórium meum intènde.

Dòmine ad adjuvàndum me festina. (Glòria Patri,…) .

Santissimo Spirito Paràclito, io Vi adoro come vero Dio insieme col Padre e col Figlio divino. Vi benedico con le benedizioni degli Angeli e dei Serafini. Vi offro tutto il mio cuore, e vi ringrazio vivamente dei tanti benefici che avete fatto e Sempre fate al mondo. E poiché Voi siete il datore di tutti i beni soprannaturali, e Voi riempiste di immense grazie l’anima della Madre di Dio Maria, Vi prego di venire in me con la vostra grazia e con il vostro amore.

1. O Spirito Santo, concedetemi il dono del santo Timor di Dio, affinché io non tema che il peccato, ami Dio sopra ogni cosa e diffidando di me e fidando in Voi, spenga nel mio cuore ogni ambizione mondana, ogni senso di superbia: salvi l’anima mia. Gloria Patri con una delle giaculatorie riportate sotto.

2. O Spirito Santo, concedetemi il dono della Pietà, affinché io onori Dio con tutto l’affetto del mio cuore, reprima ogni sentimento di invidia; il cuor mio diventi dolce e mansueto come quello di Gesù. Gloria Patri, ecc.

3. O Spirito Santo, concedetemi il dono della Scienza, affinché io conosca sempre più il mio Dio per amarLo, i miei peccati per detestarli, farne la penitenza e ottenerne il perdono. Gloria Patri, ecc.

4. O Spirito Santo, concedetemi il dono della Fortezza, affinché io non tema alcun nemico dell’anima mia, combatta e vinca ogni difficoltà nel divino servizio e diventi sempre più fedele e fervoroso nell’adempimento dei miei doveri. Gloria Patri, etc.

5. O Spirito Santo, concedetemi il dono del Consiglio, affinché la mia mente da esso illuminata, veda il nulla dei beni di questo mondo, scopra ogni inganno del demonio, scacci ogni soverchio affetto alle cose terrene, ed usando misericordia al prossimo, ottenga io pure la misericordia di Dio. Gloria Patri, ecc.

6. O Spirito Santo, concedetemi il dono dell’Intelletto, affinché io impari sempre più ad amare ed apprezzare le verità della fede, e moderando in me ogni affetto mondano, conservi sempre puro il mio cuore e meriti un giorno di contemplare faccia a faccia il mio Creatore e Padre. Gloria Patri, ecc.

7. O Spirito Santo, concedetemi il dono della Sapienza, affinché l’anima mia, gustando le dolcezze della pietà, fugga gli allettamenti del senso, domi ogni passione, e conservando la pace in me stesso, col mio Creatore e Padre e col mio prossimo, meriti di essere chiamato figlio di Dio, e mi trovi sempre pronto a patire ogni persecuzione per conservare un così prezioso tesoro.

Gloria Patri, ecc.

Veni, Sancte Spiritus

 Veni, Sancte Spiritus, reple tuórum corda fidélium, et tui amóris in eis ignem accènde.

V. Emitte spiritum tuum, et creabùntur.

R. Et renovàbis fàciem terræ.

Oremus

Deus, qui corda fidélium Sancti Spiritus illustratióne docuisti, da nobis in eódem Spiritu recta sapere et de éjus semper consolatióne gaudére. Per Christum Dominum nostrum.

Indulgentìa quinque annorum. Indulgentia plenaria suetis conditionibus, dummodo quotidiana precum recitatio in integrum mensem producta fuerit (S. C. Indul., 8 maii 1907; S. Pæn.
Ap., 22 dec. 1932).

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Supplica allo Spirito Santo

Santissimo Spirito Paràclito, padre dei poveri, consolator degli afflitti, lume de’ cuori, santificatore delle anime, eccomi prostrato alla vostra presenza; Vi adoro con profondissimo ossequio. Vi benedico per mille volte ed insieme con i Serafini che stanno davanti al vostro trono, ripeto anch’io Sanctus, Sanctus, Sanctus. Credo fermamente che Voi siete eterno, consustanziale al Padre ed al Figlio divino. Spero nella vostra bontà che abbiate a salvare e a santificare quest’anima mia. Vi amo, o divino amore, con tutti gli affetti miei sopra tutte le cose di questo mondo, perché Voi siete infinita bontà, unicamente degna di tutti gli amori. E perché io, ingrato e cieco alle vostre ispirazioni tante volte Vi ho offeso con i miei peccati, Ve ne chiedo con le lacrime agli occhi mille volte perdono, dispiacendomi, più di ogni altro male, per aver disgustato Voi, sommo Bene. Vi offro tutto il mio freddissimo cuore, e Vi prego di ferirlo con un raggio della vostra luce e con una scintilla del vostro fuoco, affinché si dilegui il durissimo ghiaccio delle mie iniquità. Voi, che riempiste d’immense grazie l’anima di Maria santissima, ed infiammaste di santo zelo i cuori degli Apostoli, deh infervorate nel vostro amore anche il mio petto. Voi siete Spirito divino, sostenetemi contro tutti gli spiriti maligni. Siete fuoco: accendetemi del vostro amore. Siete luce: rischiaratemi la mente alla cognizione delle cose eterne. Siete colomba, datemi l’innocenza dei costumi. Siete aura soave, dissipate in me i venti delle mie passioni. Siete lingua: insegnatemi il modo di sempre benedirvi. Siete nuvola: proteggetemi con l’ombra del vostro patrocinio. E se finalmente siete il datore di tutti i doni celesti, deh animatemi, Vi prego, con la vostra grazia, santificatemi con la vostra carità, illuminatemi con la vostra sapienza, adottatemi per figlio con la vostra bontà, e salvatemi con l’infinita vostra misericordia; affinché sempre Vi benedica, Vi lodi e Vi ami, prima in terra nel tempo e poi in cielo per tutta l’eternità. Amen.

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LITANIE DELLO SPIRITO SANTO

Signore, abbiate pietà di noi

Cristo, abbiate pietà di noi

Signore, abbiate pietà di noi.

Cristo ascoltateci,

Cristo, esauditeci.

Padre celeste, che siete Dio, abbiate pietà di noi.

Figlio, Redentore del mondo, che siete Dio, abbiate pietà di noi.

Spirito Santo, che siete Dio, abbiate pietà di noi.

Santa Trinità, che siete un solo Dio, abbiate pietà di noi.

Spirito Santo, che procedete dal Padre e dal Figlio, abbiate pietà di noi [ogni volta].

Spirito Santo, che all’inizio del mondo spiravate sulle acque rendendole feconde …

Spirito Santo, per la cui ispirazione parlarono gli uomini di Dio, …

Spirito Santo, che rendeste testimonianza di Gesù Cristo, …

Spirito Santo, che siete disceso su Maria, …

Spirito Santo, che riempite tutta la terra, …

Spirito Santo, che abitate in noi, …

Spirito di verità, la cui unzione ci insegna tutte le cose, …

Spirito di sapienza e di intelletto, …

Spirito di consiglio e di fortezza, …

Spirito di scienza e di pietà, …

Spirito di santo timor di Dio, …

Spirito di grazia e di misericordia, …

Spirito di forza e di sobrietà, …

Spirito di umiltà e di castità, …

Spirito di dolcezza e di bontà, …

Spirito di pazienza e di modestia, …

Spirito di pace e di preghiera, …

Spirito di compunzione, …

Spirito di adozione dei figli di Dio, …

Spirito di ogni sorta di grazie, …

Spirito Santo che penetrate anche i segreti di Dio, …

Spirito Santo che pregate per noi con gemiti ineffabili, …

Spirito Santo disceso su Gesù sotto forma di colomba, …

Spirito Santo disceso sugli Apostoli sotto forma di lingue di fuoco, …

Spirito Santo di cui gli Apostoli furono ripieni, …

Spirito Santo per cui riceviamo una nuova vita, …

Spirito Santo che riempite i nostri cuori di carità, …

Spirito Santo che distribuite i vostri doni a chi Vi piace, …

Siateci propizio, perdonateci o Signore,

Siateci propizio, esauditeci o Signore,

Da ogni male – liberateci o Signore [ogni volta].

Da ogni peccato, …

Dalle tentazioni e dagli inganni del demonio, …

Dalla presunzione e dalla disperazione, …

Dalla resistenza alla verità conosciuta, …

Dall’ostinazione e dall’impenitenza, …

Da ogni sozzura di corpo e di anima, …

Dallo spirito di impurità, …

Da ogni cattivo spirito, …

Per la vostra eterna processione dal Padre e dal Figlio, …

Per la concezione di Gesù Cristo operatasi per opera vostra, …

Per la vostra divina discesa su Gesù Cristo nel Giordano, …

Per la vostra discesa sugli Apostoli nel cenacolo, …

Nel gran giorno del giudizio, …

Noi poveri peccatori, Ascoltateci, Ve ne preghiamo [ogni volta],

Affinché vivendo per lo spirito, per lo spirito pure operiamo, …

Affinché ricordandoci che siamo tempio dello Spirito Santo, giammai Lo profaniamo, …

Affinché, vivendo secondo lo spirito, non assecondiamo i desideri della carne, …

Affinché non abbiamo a contristare Voi che siete lo Spirito di Dio, …

Affinché possiamo conservare l’unità di spirito nel vincolo della pace, …

Affinché non abbiamo a credere troppo facilmente ad ogni spirito, …

Affinché sappiamo provare se gli spiriti vengono da Dio, …

Affinché ci rinnoviate nello spirito di rettitudine, …

Affinché ci fortifichiate col vostro sovrano Spirito, …

Agnello di Dio che togliete i peccati dal mondo, perdonateci o Signore.

Agnello di Dio che togliete i peccati dal mondo, esauditeci o Signore.

Agnello di Dio che togliete i peccati dal mondo, abbiate pietà di noi.

V. – Manda il tuo Spirito, e crea in noi una nuova creatura.

R. – E rinnoverai la faccia della terra.

Preghiamo

O Dio, che ammaestrasti i cuori dei fedeli con la luce dello Spirito Santo, concedici di gustare nel medesimo Spirito, ciò che è bene, e di godere sempre delle sue consolazioni. Per Cristo nostro Signore. Così sia.

Giaculatorie:

Spiritus Sancte Deus, miserere nobis. (500 g. o.v.)

Spiritus Sancti gratia illumina sensus, et corda nostra. Amen. (500 g. o.v.)

Ottobre è il mese che la Chiesa dedica al Santo Rosario e ai Santi Angeli

 

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Beata Vergine Maria del Santo Rosario

Nostra Signora disse a Lucia: “Gli ultimi mezzi che Dio darà al mondo per la sua salvezza sono il Santo Rosario e il mio Cuore Immacolato”. La parola “ultimo” significa ed indica che non ce ne saranno più altri.

[Parole di Padre Fuentes nella sua intervista con Suor Lucia di Fatima il 26 dicembre 1957]

È sufficiente sapere che questa devozione è stata approvata dalla Santa Chiesa, e i sovrani Pontefici hanno ad essa applicato diverse indulgenze. A colui che recita la terza parte del Rosario, è concessa l’indulgenza di settantamila anni, e a colui che lo recita per intero, ottantamila, e ancora più a colui che lo recita nella cappella del Rosario. Benedetto XIII, al Rosario (per colui che recita almeno la terza parte del Rosario) che è stato benedetto dai Padri Domenicani, applica tutte le indulgenze che sono fissate per i rosari di s. Brigida, vale a dire, cento giorni per ogni “Ave Maria” e “Padre nostro” … Il Rosario deve essere recitato con devozione; e qui si richiama alla mente ciò che ha detto la Santa Vergine a Santa Eulalia, e cioè che Ella era più soddisfatta da cinque decine dette con pause e devozione, piuttosto che da quindici recitate in fretta e con minor devozione. (Le glorie di Maria, di S. Alfonso de ‘ Liguori)

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Angelo di Dio, che sei il mio custode,

il cui amore ti impegna

in questo giorno/notte: sii sempre al mio fianco,

illumina e custodisci, reggi e governa me.

Amen.

” Si acquisita indulgenza plenaria nell’ora della morte [in articulo mortis], da parte dei fedeli che sono soliti fare questa invocazione frequentemente durante la loro vita, a condizione di essere confessati e comunicati, o, almeno che facciano un atto di contrizione, invocando il Santissimo nome di Gesù, pronunziandolo con la bocca o, se impossibilitati, almeno mentalmente e accettare la morte con rassegnazione dalla mano di Dio come giusta punizione per i loro peccati (breve apostolico , 2 ottobre 1795; S. C. ind., 11 giugno 1796 e 15 maggio 1821).” [Fonte: la Raccolta, 1957].

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Qui di seguito elencati sono le feste che cadono in questo mese:

1 ottobre: PRIMO SABATO / Commemorazione di San Remigio Vescovo e Confessore.

2 ottobre: XX Domenica dopo Pentecoste, doppio.

3 ottobre: S. Teresa di Gesù Bambino Madonna, doppio.

4 ottobre: San Francesco d’Assisi Confessore, doppio maggiore.

5 ottobre: Commemorazione di San Placido e compagni martiri.

6 ottobre: San Bruno Confessore, doppio.

7 ottobre: PRIMO VENERDI / Santissimo Rosario della Beata Vergine Maria, doppio della Classe II, Commemorazione di San Marco Papa e Confessore, e SS. Sergio, Bacco, Marcello and Apuleio Martiri.

8 ottobre: Santa Brigida Vedova, doppio.

9 ottobre: XXI Domenica dopo Pentecoste, doppio.

10 ottobre: San Francesco Borgia Confessore, semplice.

11 ottobre: la Maternità della Vergine Maria, doppio della Classe II.

13 ottobre: S. Edoardo Re, Confessore, semplice.

14 ottobre: San Callisto I Papa e Martire, Doppio.

15 ottobre: S. Teresa Vergine, doppio.

16 ottobre: XXII Domenica dopo Pentecoste, doppio.

17 ottobre: S. Margherita Maria Alacoque Vergine, doppio.

18 ottobre: San Luca Evangelista, doppio della Classe II.

19 ottobre: San Pietro d’Alcantara Confessore, doppio.

20 ottobre: San Giovanni Canzio Confessore, doppio.

21 ottobre: Commemorazione di S. Ilarione Abate;

Commemorazione di Sant’Orsola e compagne vergini e martiri.

23 ottobre: XXIII Domenica dopo Pentecoste, doppio.

24 ottobre: San Raffaele Arcangelo, doppio maggiore.

25 ottobre: Commemorazione dei Ss. Crisante e Daria Martiri.

26 ottobre: Commemorazione di S. Evaristo Papa e Martire.

28 ottobre: Ss. Simone e Giuda Apostoli, doppio della Classe II.

30 ottobre: Nostro Signore Gesù CRISTO RE, doppio del I Classe;  Commemorazione della IV Domenica dopo Epifania.

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18 GIUGNO 1968 -3-

18 giugno 1968

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   Cerchiamo di esaminare più da vicino la questione riguardante la formula di consacrazione dei vescovi. Intanto ci cominciamo a chiedere chi ne siano stati gli autori. Guarda caso, ci troviamo a che fare con personaggi già noti, fortemente compromessi con istituzioni massoniche e ferocemente anticristiane, al centro delle apparenti stravaganze già note della cosiddetta “nuova messa”, un rito di ispirazione vagamente anglicano-protestante, osannante il massonico e gnostico “dio signore dell’universo”, e fuorviando totalmente dal contesto teologico tridentino, pertanto carico di anatemi imperituri, in particolare per chi ne ha o ne dovrebbe avere consapevolezza. Non paghi dello “scoop” sacrilego anticattolico ed antiliturgico, di per se stesso già gravissimo, e mirando a radere al suolo totalmente la Gerarchia cattolica, e quindi la Chiesa stessa, avviano questa nuova “pratica” che confondendo tradizioni apostoliche inesistenti, costruite in biblioteca per attribuirsi un’aureola di sapienza (un “baro” da falsi sapienti), e mescolando riti orientali, siriaci ed africani, di difficile controllo documentale, ed oltretutto già rigettati nel passato perché eretici e blasfemi, creano questo nuovo rito gettando fumo negli occhi con ignobili menzogne e contraffazioni. E allora, chi sono gli autori del Pontificale Romano ? Eccoli: 1) Giovanni Battista Montini, detto Paolo VI, figura arcinota, il cui ruolo, decisivo nella contro-Chiesa, è riconosciuto ormai da tutti come determinante. Non ci dilungheremo affatto su tale figuro, e così rinviamo i lettori al trittico di Don Luigi Villa che lo ha “degnamente” e compiutamente descritto con dovizia di particolari ed abbondante documentazione.

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L’altro degno losco figuro, già noto ai lettori attenti del blog, è il mons. (?) 2) Annibale Bugnini, il tristemente noto BUAN 1365/75 (nome in codice di appartenenza alla “loggia”) il “grande prestigiatore”che ebbe la “sfortuna”, poverino!, … di dimenticare ad una conferenza in Vaticano, su una sedia, una borsa che malauguratamente fu rinvenuta da un giornalista che ne rivelò il contenuto (oh, questi giornalisti non si fanno mai i fatti propri!): erano documenti segreti della loggia di appartenenza massonica dell’incauto. Così “sgamato”, fu inviato come nunzio apostolico in Iran, per chiudere ingloriosamente la sua turpe carriera.

Bugnini

Ma l’incarico più “tecnico” fu assunto da un oscuro benedettino, 3) dom. Bernard Botte, OSB, di cui nessuno aveva mai saputo nulla, e che qualche anno prima del nuovo pontificale, pubblicava un libro in cui illustrava una strana e fino ad allora oscura, presunta “tradizione di Ippolito”, un Ippolito che non si capisce chi fosse stato, o forse “Ippoliti”, visto che se ne contano due o tre (!?!), la stessa “tradizione” già implicata fraudolentemente nella stesura della “messa di BUAN”( l’attuale rito rosa+croce spacciato per Messa cattolica dalla setta modernista, attualmente usurpante il Soglio di Pietro).

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Il “Pontificalis Romani” (nuovo Sacramento dell’Ordine) è stato promulgato dal “beato” marrano Giovanni Battista Montini, l’anti-papa, sedicente Paolo VI, il 18 giugno 1968. – Montini nomina Annibale Bugnini, che fu quindi l’artefice dei due documenti liturgici essenziali del suo “ruspante” falso pontificato demolitore: 1) il Pontificalis Romani, promulgato il 18 giugno 1968 e 2): in Cena Domini, promulgato il 03 Aprile 1969. Il 07 gennaio 1972, Montini ha poi egli stesso premiato Bugnini,ordinandolo”  all’Episcopato (ovviamente in modo invalido e sacrilego!!), e nominandolo poi, il 15 gennaio 1976, Arcivescovo titolare di Dioclentiana. Ma davanti allo scandalo della sua nota e divulgata appartenenza massonica fin dal 23 aprile del 1963 sotto il nome in codice di ’Buan 1365/75’, lo “esilia” come pro-Nunzio apostolico a Teheran … oramai il burattino logoro e “sgamato” si poteva mettere da parte, con un bel calcio nel fondo schiena!

Dom Bernard Botte, benedettino dell’abbazia del Mont-César (Belgio) fu, sotto l’autorità di Bugnini, il principale artigiano del testo, inventando la rocambolesca ricostruzione di un fantomatico rito, da una pretesa tradizione apostolica di Ippolito (ma non sa nemmeno lui di quale Ippolito si tratti!), nota evidentemente a lui solo.., e di cui non si era mai sentito parlare in precedenza nella Chiesa se non come frammento storico da decifrare … una favola partorita dalla fervida fantasia di questo strano benedettino, e subito fatta propria da chi intendeva distruggere la Gerarchia, il Sacerdozio ed i Sacramenti cattolici.

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Montini con l’efod, simbolo del gran sacerdote della sinagoga che condannò a morte Gesù-Cristo, simbolo dell’anticristo deicida! … più chiaro di così? … il prossimo “santo” della sinagoga di satana!

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Tomba Alghisi a Verolavecchia (BS), -famiglia materna-

disegnata dal “nostro” gran maestro e pontefice degli “illuminati”, con una complessa simbologia massonico-cabalistica, inneggiante alla “triplice trinità massonica” [decodificata dall’ing. F. Adessa in Chiesa Viva]. (Il Montini aveva giurato alla madre, sedicente ebrea, in realtà Kazara, odio e vendetta verso i cristiani, realizzando la profezia di Davide: Alienati sunt peccatores a vulva; erraverunt ab utero, locuti sunt falsa.  Furor illis secundum similitudinem serpentis, sicut aspidis surdae et obturantis aures suas, -Ps. LVII, 4-5)

Quali sono le origini del Pontificalis Romani, da dove proviene questa formula di Paolo VI ? Le Ragioni addotte da Paolo VI nel Pontificalis Romani per promulgare questa riforma ufficialmente sono: – « … Si è giudicato bene di ricorrere, tra le fonti antiche, alla preghiera consacratoria che si trova nella “Tradizione apostolica di Ippolito di Roma”, documento dell’inizio del terzo secolo, e che, in una grande parte, è ancora osservata nella liturgia dell’ordinazione presso i Copti ed i Siriaci occidentali. In tal modo, si rende testimonianza, nell’atto stesso dell’ordinazione, dell’accordo tra la tradizione orientale ed occidentale sul carico apostolico dei Vescovi » Paolo VI (Pontificalis Romani,1968). L’inganno è palese, poiché è provato (come vedremo più avanti) che : – La pretesa (*) Tradizione apostolica attribuita ad Ippolito di Roma, o ad altri autori, è un tentativo di ricostituzione fatto da Dom Botte dopo il 1946, ed « in modo costruttivo », secondo l’espressione di R.P. Hanssens, nel 1959. – La Tradizione apostolica d’Ippolito suscita dal 1992 un dibattito tra specialisti che la qualificano come di «pretesa Tradizione apostolica», quindi quantomeno dubbia, se non fantomatica! Questa controversia divenne oggetto di un seminario nel 2004 nel quale si conclude che: –1) La preghiera di consacrazione di Paolo VI si ispira, ma non s’identifica, con la pretesa Tradizione apostolica attribuita ad Ippolito; essa rappresenta una creazione “artificiale” di Dom Botte nel 1968. 2) La preghiera consacratoria di Paolo VI, la cui forma essenziale è ispirata alla pretesa (*) Tradizione Apostolica d’Ippolito, presenta delle similitudini con i riti Abissini, riti di eretici “monofisiti”, i quali non costituiscono dei riti validi, ma piuttosto dei riti risultanti da dibattiti teologici nati alla fine del XVII secolo. 3) I riti copto e siriaco non utilizzano affatto la formula detta d’Ippolito, (dello stesso avviso è perfino Dom Botte!). inoltre i riti utilizzati dal siriaco al copto, ai quali ci si è falsamente ispirati, venivano utilizzati per insediare un Patriarca già consacrato Vescovo, e quindi non conferivano in alcun caso il Sacramento dell’ordine!  – 4) La formula di Paolo VI non manifesta alcun «accordo tre le tradizioni orientale ed occidentale», ma viene recuperata piuttosto da una pretesa (*) ‘Tradizione apostolica d’Ippolito’, testo che secondo alcuni proviene invece da ambiti egiziano-alessandrini, nei quali i riti traducono, secondo Burton Scott Easton, le influenze della sinagoga (The Apostolic Tradition of Hippolytus, Burton Easton, 1934, pag. 67 ed. del 1962, Archon Books).

(*) [Noi abbiamo preferito scrivere, in accordo con il comitato internazionale “rore sanctifica”: La ‘pretesa’ Tradizione apostolica a proposito di questo documento denominato “la Tradizione apostolica attribuita ad Ippolito” (o a diversi autori “Ippoliti”), conformandoci così alla denominazione dei lavori Scientifici ed universitari che si è imposta da un paio di decenni nel mondo degli specialisti che trattano di questo soggetto.]

In sostanza, la “contestazione d’Ippolito”, conosciuta dagli specialisti già dal 1946, ossia ben 22 anni prima del Pontificalis Romani, continua nel 1990 ed oltre, anche da parte dei Bollandisti (Gesuiti seguaci di Bolland, particolarmente eruditi nelle documentazioni ecclesiastico-liturgiche). Sarebbe troppo lungo e noioso riportare tutti i documenti, veri o presunti, ed i dibattiti successivi sul tema, ma a quanti, incuriositi, volessero delle indicazioni precise, consigliamo di consultare il sito del comitato “Rore Sanctifica” o i diversi Tomi di “Démontration et bibliographie” editi da ESR. In conclusione, la preghiera consacratoria di Paolo VI s’ispira, ma non riproduce affatto neppure quella della pretesa (*) “Tradizione Apostolica d’Ippolito’ che è stata quindi solo un po’ di “fumo negli occhi”, un “bluff” per prendere tempo in attesa di tempi migliori e … di nuove invenzioni, e costituisce pertanto una creazione artificiale di Dom Botte nel 1968 L’inganno verrà meglio compreso successivamente, quando qualche “topo di biblioteca”, un inopportuno ed inatteso “figlio di topa….” va a scovare le formule ed i riti orientali nelle lingue originali, fraudolentemente addotti essere un modello di ispirazione onde fondere le consuetudini liturgiche occidentali ed orientali, sicuri che nessuno mai andasse a verificarle, fidandosi della perizia dei falsi e ben oleati “sapienti” incaricati. Per il momento ci fermiamo qui, ma le sorprese continuano: “Esse ci fanno capire la volontà sottile con la quale si sia perpetrato l’inganno tra l’indifferenza, l’insipienza e, non voglia Iddio, la connivenza di tanti presunti “conoscitori di cose divine”, mollemente adagiati nei loro dorati e comodi giacigli, magari in compagnia di qualche “amichetto”.. Tremate, il giudizio arriverà anche per voi … come un ladro, quanto meno lo aspettate … e lì sarà pianto e stridor di denti!

http://18 giugno 1968 – 4 –

29 Settembre SAN MICHELE ARCANGELO

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Hymnus

{ex Commune aut Festo}

Te, splendor et virtus Patris,

Te vita, Jesu, cordium,

Ab ore qui pendent tuo,

Laudamus inter angelos.

Tibi mille densa millium

Ducum corona militat:

Sed explicat victor crucem

Michael salutis signifer.

Draconis hic dirum caput

In ima pellit tartara,

Ducemque cum rebellibus

Caelesti ab arce fulminat.

Contra ducem superbiae

Sequamur hunc nos principem,

Ut detur ex Agni throno

Nobis corona gloriae.

Deo Patri sit gloria,

Qui nos redemit Filius

Et Sanctus unxit Spiritus

Per Angelos custodiat. Amen.

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Ad Sanctum Michaëlem Archangelum. Precatio.

[S.S. Leone XIII]

PRINCEPS gloriosissime caelestis militiae, sancte Michael Archangele, defende nos in proelio et colluctatione, quae nobis adversus principes et potestates, adversus mundi rectores tenebrarum harum, contra spiritualia nequitiae, in caelestibus. Veni in auxilium hominum, quos Deus creavit inexterminabiles, et ad imaginem similitudinis suae fecit, et a tyrannide diaboli emit pretio magno. Proeliare hodie cum beatorum Angelorum exercitu proelia Domini, sicut pugnasti contra ducem superbiae luciferum, et angelos eius apostaticos: et non valuerunt, neque locus inventus est eorum amplius in coelo. Sed proiectus est draco ille magnus, serpens antiquus, qui vocatur diabolus et satanas, qui seducit universum orbem; et proiectus est in terram, et angeli eius cum illo missi sunt. En antiquus inimicus et homicida vehementer erectus est. Transfiguratus in angelum lucis, cum tota malignorum spirituum caterva late circuit et invadit terram, ut in ea deleat nomen Dei et Christi eius, animasque ad aeternae gloriae coronam destinatas furetur, mactet ac perdat in sempiternum interitum. Virus nequitiae suae, tamquam flumen immundissimum, draco maleficus transfundit in homines depravatos mente et corruptos corde; spiritum mendacii, impietatis et blasphemiae; halitumque mortiferum luxuriae, vitiorum omnium et iniquitatum. Ecclesiam, Agni immaculati sponsam, faverrimi hostes repleverunt amaritudinibus, inebriarunt absinthio; ad omnia desiderabilia eius impias miserunt manus. Ubi sedes beatissimi Petri et Cathedra veritatis ad lucem gentium constituta est, ibi thronum posuerunt abominationis et impietatis suae; ut percusso Pastore, et gregem disperdere valeant. Adesto itaque, Dux invictissime, populo Dei contra irrumpentes spirituales nequitias, et fac victoriam. Te custodem et patronum sancta veneratur Ecclesia; te gloriatur defensore adversus terrestrium et infernorum nefarias potestates; tibi tradidit Dominus animas redemptorum in superna felicitate locandas. Deprecare Deum pacis, ut conterat satanam sub pedibus nostris, ne ultra valeat captivos tenere homines, et Ecclesiae nocere. Offer nostras preces in conspectu Altissimi, ut cito anticipent nos misericordiae Domini, et apprehendas draconem, serpentem antiquum, qui est diabolus et satanas, ac ligatum mittas in abyssum, ut non seducat amplius gentes. Hinc tuo confisi praesidio ac tutela, sacra sanctae Matris Ecclesiae auctoritate, ad infestationes diabolicae fraudis repellendas in nomine Jesu Christi Dei et Domini nostri fidentes et sicuri aggredimur. 

Ecce Crucem Domini, fugite partes adversae.

Vicit Leo de tribu Juda, radix David.

Fiat misericordia tua, Domine, super nos.

Quemadmodum speravimus in te.

Domine, exaudi orazionem meam.

Et clamor meus ad te veniat.

 Oremus.

Deus, et Pater Domini nostri Jesu Christi, invocamus nomen sanctum tuum, et clementiam tuam supplices exposcimus ut, per intercessionem Immaculatae semper Virginis Dei Genitricis Mariae, beati Michaëlis Archangeli, beati Joseph ejusdem beatae Virginis Sponsi, beatorum Apostolorum Petri et Pauli et omnium Sanctorum, adversus satanam, omnesque alios immondos spiritus, qui ad nocendum humano generi animasque perdendas pervagatur in mundo, nobis auxilium praestare digneris. Per eundem Christum Dominum nostrum. Amen.

Hymnus

Christe, sanctorum decus angelorum,

Gentis humanae Sator et Redemptor,

Caelitum nobis tribuas beatas

Scandere sedes.

Angelus pacis Michael in aedes

Caelitus nostras veniat serenae

Auctor  ut pacis lacrimosa in orcum

Bella releget.

Angelus fortis Gabriel, ut hostes

Pellat antiquos, et amica caelo,

Quae triumphator statuit per orbem,

Templa revisat.

Angelus nostrae medicus salutis,

Adsit e caelo Raphael, ut omnes

Sanet aegrotos, dubiosque vitae

Dirigat actus.

Virgo dux pacis, Genitrixque lucis,

Et sacer nobis chorus angelorum

Semper assistat, simul et micantis

Regia caeli.

Praestet hoc nobis Deitas beata

Patris ac Nati pariterque sancti

Spiritus, cujus resonat per omnem

Gloria mundum.

Amen.

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A San Michele Arcangelo

Gloriosissimo S. Michele Arcangelo, Ministro della Suprema Divina Sede, Principe della Celeste Milizia, mandato in aiuto del Popolo di Dio, impetratemi il perdono di miei peccati, regolate le mie azioni secondo la volontà del Signore, e con la moltitudine degli Angeli soccorretemi nell’ora e nel punto della mia morte; liberate l’anima mia dal nemico infernale e guidatela con allegrezza all’eterno riposo. Così sia. [Via del Parasiso, Siena, 1823]

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ALL’ARCANGELO S. MICHELE (29 Sett.).

I. – O Gloriosissimo Arcangelo S. Michele, che pieno di fede, di umiltà, di riconoscenza, di amore, lungi dall’aderire alle suggestioni del ribelle Lucifero, o di intimidirvi alla vista degli innumerabili suoi seguaci, sorgeste anzi per primo contro di lui ed animando ed animando alla difesa della causa di Dio tutto il restante della Corte celeste, ne riportaste la più completa vittoria, ottenetemi, vi prego, la grazia di scoprire tutte le insidie, e resistere a tutti gli assalti di questi angeli delle tenebre, affinchè, trionfando a vostra imitazione dei loro sforzi, meriti di,risplendere un giorno sopra quei seggi di gloria da cui furono essi precipitati per non risalirvi mai più. Gloria.

II. – Gloriosissimo Arcangelo S. Michele, che destinato alla custodia di tutto il popolo Ebreo, lo consolaste nelle afflizioni, lo illuminaste nei dubbi, lo provvedeste di tutti i bisogni, fino a dividere i mari, a piovere manna dalle nubi, a stillar acqua dai sassi, illuminate, vi prego, consolate, difendete, e sovvenite in tutti i bisogni l’anima mia, affinché, trionfando di tutti gli ostacoli che ad ogni passo s’incontrano nel pericoloso deserto di questo mondo, possa arrivare con sicurezza a quel regno di pace e di delizie, di cui la terra promessa ai discendenti di Abramo non era che una smorta figura. Gloria.

III. – Gloriosissimo Arcangelo S. Michele, che, costituito capo e difensore della cattolica Chiesa, la rendeste sempre trionfatrice della cecità dei gentili colla predicazione degli Apostoli, della crudeltà dei tiranni colla fortezza dei Martiri, della malizia degli eretici colla sapienza dei dottori, e del mal costume del secolo colla purità delle Vergini, la santità dei Pontefici e la penitenza dei confessori, difendetela continuamente dagli assalti dei suoi nemici, liberatela dagli scandali de’ suoi figliuoli, affinché, mostrandosi sempre in aspetto pacifico e glorioso, ci teniamo sempre più fermi nella credenza nella credenza dei suoi dogmi, e perseveriamo sino alla morte nell’osserrarvanza dei suoi precetti. Gloria.

IV.- Gloriosissimo Arcangelo S. Michele, che state alla destra dei nostri altari per portare al trono dell’Eccelso le nostre preghiere ed i nostri sacrifici, assistetemi, vi prego, in tutti gli esercizi di cristiana pietà, affinchè compiendoli con costanza, con raccoglimento e con fede, meritino di essere di vostra mano presentati all’Altissimo, e da Lui ricevuti come l’incenso in odore di grata soavità. Gloria.

V.- Gloriosissimo Arcangelo S. Michele, che dopo Gesù Cristo e Maria, siete il più potente mediatore fra Dio e gli uomini, al cui piede s’inchinano confessando le proprie colpe le dignità le più sublimi di questa terra, riguardate, vi prego, con occhio di misericordia la miserabile anima mia dominata da tante passioni, macchiata da tante iniquità, ed ottenetemi la grazia di superare le prime, e detestar le seconde, affinché, risorto una volta, non ricada mai più in uno stato sì indegno e luttuoso. Glor.

VI.- Gloriosissimo Arcangelo S. Michele che come terror dei demoni, siete dalla divina bontà destinato a difenderci dai loro assalti nell’estrema battaglia consolatemi, vi prego, in quel terribile punto colla dolce vostra presenza, aiutatemi col vostro insuperabile potere a trionfare di tutti quanti i miei nemici, affinché, salvato per mezzo vostro dal peccato e dall’Inferno, possa esaltare per tutti i secoli la vostra potenza e la vostra misericordia. Gloria.

VII.- Gloriosissimo Arcangelo S. Michele, che con premura più che paterna discendete pietosamente nel tormentoso regno del Purgatorio per liberarvi le anime elette, e seco voi trasportarle nella eterna felicità, fate, vi prego, che, mediante una vita sempre santa e fervorosa, io meriti di andare esente da quelle pene sì atroci. Che se, per le colpe non conosciute, o non abbastanza piante e scontate, siccome già lo preveggo, mi vi andassi condannato per qualche tempo, perorate in allora presso il Signore la mia causa, movete tutti i miei prossimi a suffragarmi, affinché il più presto possibile voli al cielo a risplendere di quella luce santissima che fu promessa ad Abramo ed a tutti i suoi discendenti. Gloria.

VIII. – Gloriosissimo Arcangelo S. Michele, destinato a squillare la tromba annunziatrice del gran Giudizio, ed a precedere con la croce il Figliuolo dell’uomo nella gran valle, fate che il Signore mi prevenga con un giudizio di bontà e di misericordia in questa vita, castigandomi a norma delle mie colpe, affinchè il mio corpo risorga insieme coi giusti ad una irnmortalità beata e gloriosa, e si consoli il mio spirito mio spirito alla vista di quel Gesù che formerà il gaudio e la consolazione di tutti quanti gli eletti. Gloria.

IX.- Gloriosissimo Arcangelo S. Michele, che costituito governatore di tutta l’umana natura, siete in modo speciale il Custode della cattolica Chiesa, e del visibil suo Capo, riunite al seno di questa eletta Sposa di Gesù Cristo, tutte le pecore erranti, gli infedeli, i turchi, gli ebrei, gli scismatici, i peccatori, affinché, adunati tutti in un sol ovile, possano cantare unitamente per tutti i secoli le sovrane misericordie: sostenete nella via della santità, e difendete da tutti i nemici l’Infallibile interprete dei suoi voleri, il suo vicario sopra la terra, il Romano (Vero) Pontefice/affinché obbedendo sempre alla voce di questo pastore universale, non mai si allontanino dai pascoli della salute, ma crescano anzi ogni giorno nella giustizia, così i sudditi come i magistrati, così i popoli come i Re, e compongano su questa terra quella società concorde, pacifica ed indissolubile, che è l’immagine, il preludio e la caparra di quella perfetta ed eterna che comporranno con Gesù Cristo tutti i beati nel cielo. Gloria.

Oremus.

Da nobis, omnipotens Deus, beati Michaeli Arcangeli honore ad summa proficere; ut cujus in terra gloriam praedicamus, ejus quoque precibus adjuvemur in coelis. Per Dominum etc.

GlACULATORIA A S. MICHELE.

O glorioso, O forte – arcangiol s. Michele,

Siatemi in vita e in morte – proteggitor fedele.

18 GIUGNO 1968 -2-

18 giugno 1968

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Stiamo esaminando una delle questioni più inquietanti che sconvolgono i fedeli attenti della “tradizione” cattolica, che devono prendere atto ancor più, come se non bastassero le quotidiane eresie moderniste della “contro-chiesa” della setta del “vat’inganno”, attraverso i suoi “mediatici” ben oleati rappresentanti, che essi si trovino oramai al cospetto di una contro-religione totalmente “A-cattolica”, nella quale è stato reso “invalido” il Rito della Consacrazione vescovile, con la conseguente invalidità di TUTTE le Ordinazioni sacerdotali e di tutti i “Sacramenti”, in modo particolarmente “criminale” la cresima, sacramenti falsi, amministrati quindi illecitamente, invalidamente e sacrilegamente da laici, consapevoli o meno, “finti” preti e vescovi da operetta! Persino occupanti recenti ed attuali del “Soglio di Pietro”, non hanno mai ricevuto una ordinazione vescovile valida! “Si è trattato di un’operazione chirurgica mirata, di un cesello orafo “a sfregio”, della rimozione dell’ingranaggio fondamentale di tutto l’impianto gerarchico-ecclesiastico, strutturato come un perfetto “orologio svizzero”, e di cui l’orologiaio “perfido” conosceva esattamente il meccanismo, tutto incentrato sulla Consacrazione vescovile: rimuovendo la ruotina “cardine”, si è avviata una caduta con effetto “domino” che sta portando inesorabilmente alla distruzione totale della Gerarchia ecclesiastica, con la creazione conseguente di una falsa gerarchia composta da semplici laici, cosa della quale purtroppo non ci si è resi ancora conto in pieno ( … sperando che non ce se ne renda conto solo una volta sprofondati nell’inferno, quando cioè oramai è troppo tardi!) … per non parlare poi della gioventù attuale, privata del Sacramento della Cresima, che li avrebbe resi “soldati” di Cristo, e che così non potranno mai sviluppare i doni dello Spirito Santo ricevuti al Battesimo, ed ottenerne i “frutti”. Dei frutti “marci” e putridi seminati tra i giovani, siamo tutti oramai tristemente testimoni. Ma veniamo ai fatti!

La volta scorsa abbiamo ricordato sommariamente i capisaldi teologici dei Sacramenti Cattolici, e brevemente li ricorderemo a noi stessi ed ai “distratti”, soffermandoci in particolare sul significato dell’“ex adjunctis”, elemento essenziale di un Sacramento. Che cos’è allora la “Significatio ex adjunctis” di un Sacramento (significato delle parole aggiunte)? Cominciamo col fissare alcuni punti essenziali:

  • Il valore o l’efficacia dei Sacramenti viene da Cristo, non dalla Chiesa; e il Cristo ha voluto che essi si comportino nella maniera degli agenti naturali, “ex opere operato” (attuati mediante un’operazione).
  • Un ministro indegno o anche eretico, amministra validamente i Sacramenti (anche illecitamente, e quindi in modo sacrilego!) se utilizza scrupolosamente la materia e la forma proprie a ciascuno con l’intenzione di fare ciò che fa la Chiesa.
  • L’utilizzazione della materia e della forma del sacramento, con l’integralità della “significatio ex adjunctis” garantisce che il ministro manifesti l’intenzione della Chiesa.
  • La “Significatio ex adjunctis” deve esprimere il “significato del sacramento”; se le modifiche introducono una contraddizione, il Sacramento non ha efficacia perché “manca manifestamente l’intenzione”.
  • Se la significatio ex adjunctis è tronca, il Sacramento può essere dubbio perché l’intenzione può praticamente mancare.

– In questi casi è legittimo ricercare le intenzioni di coloro che hanno modificato il rito per valutare la sua validità (cf. notazione di Leone XIII in Apostolicæ Curæ, un’enciclica dalla quale attingeremo abbondantemente in seguito, e che costituisce la “chiave” Magisteriale per risolvere l’apparente arcano).

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L’antichità del rito tradizionale.

  • Il Padre Jean Morin (1591-1659), sapiente oratore, pubblicava nel 1655 un’opera rimarchevole sul soggetto degli “ordines” latini ed Orientali. Si tratta del: “Commentarius de sacris Ecclesiæ ordinationibus secundum antiquos et recentiores Latinos, Graecos, Syros et Babylonios in tres partes distinctus”, la cui seconda edizione apparve ad Amsterdam nel 1695.
  • Più tardi, un benedettino di Saint-Maur, Dom Martene (1654-1739), pubblicava nel 1700, una sapiente edizione, notevole per rigore, raccogliendo i “Pontificali” di ordinazione della Chiesa Cattolica antecedenti all’anno ‘300 fino alla sua epoca. – Si tratta del ”De antiquis Ecclesiae ritibus libri quatuor”. Dom Martene fu discepolo di Dom Martin, e fu diretto per molto tempo da Dom Mabillon. Su queste autorevoli basi, e su una tradizione millenaria, S.S. Papa Pacelli, Pio XII, definì con Magistero solenne, “infallibile” ed “irreformabile” la formula definitiva (formula, si badi bene, che aveva consacrato un elenco lunghissimo di “fior” di Papi, Cardinali e Vescovi, Santi per vita, fede e dottrina, avallati da fatti straordinari e miracoli (veri ovviamente!).

La decisione infallibile di Pio XII:

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  • I lavori scientifici di recensione e di giustapposizione dei riti (Padre Morin, Dom Martène, etc.) hanno permesso di identificare la “forma invariabile, essenziale, nel rito latino, da più di 17 secoli”. • A partire da tali lavori, Pio XII ha designato “infallibilmente” le parole del “prefazio” che costituiscono la “forma” essenziale del Sacramento (in: Costituzione Apostolica “Sacramentum Ordinis”, punto 5, del 30 nov. 1947). Eccole:

   “Comple in Sacerdote tuo ministerii tui summam, et ornamentis totius glorificationis instructum cœlestis unguenti rore sanctifica”. («Compi nel tuo sacerdozio la pienezza del tuo ministero, e, rivestitolo con le insegne della più alta dignità, santificalo con la rugiada del celeste unguento») .

Pio XII cioè non ha creato un rito, Egli ha semplicemente designato la forma essenziale del Sacramento in un Rito di tradizione quasi bi-millenaria. Al termine della Costituzione Apostolica citata, chiude con le terribili parole, che dovrebbero far tremare l’inferno (ma non hanno fatto tremare il “santo” della sinagoga di satana: il marrano e capo degli “Illuminati di Baviera”, noto omosessuale e spia del K.G.B., G.B. Montini, il sedicente Paolo VI, l’anti-Papa insediato al posto del Cardinale Siri, validamente eletto con il nome di Gregorio XVII, sotto minaccia atomica … ma questa è un’altra storia … la racconteremo in altra sede!): “Nulli igitur homini liceat hanc Constitutionem a Nobis latam infringere vel eidem temerario ausu contraire” (… a nessun uomo è lecito infrangere questa Costituzione o modificarla con temerario ardimento)…  quindi in realtà Pio XII non ha creato nulla: egli ha semplicemente constatato e quindi definito infallibilmente ed irreformabilmente la “forma essenziale” nel Prefazio del Rito di Consacrazione nel Pontificale (il volume che contiene tutte le cerimonie presiedute dai Vescovi ed Autorità Superiori).

A questo punto, incomprensibilmente, apparentemente senza motivazioni apostoliche, teologiche, liturgiche, il RIBALTONE!!!:

l’illecita “Eliminazione radicale della forma essenziale del rito latino”.

21 anni dopo la promulgazione infallibile di Pio XII della “forma” essenziale, rimasta invariata per oltre 17 secoli, G.B. Montini (il sedicente antipapa Paolo VI) la sopprime totalmente.

Pio XII, nel 1947, in ”Sacramentum ordinis” ha designato le parole del prefazio che costituiscono la “forma” essenziale, le riportiamo ancora:Comple in Sacerdote tuo ministerii tui summam, et ornamentis totius glorificationis instructum cœlestis unguenti rore santifica”. Paolo VI, con un ribaltone senza precedenti, naturalmente illecito, sacrilego ed invalido, ha designato nel 1968 nel Pontificalis romani un’altra forma essenziale che non conserva NULLA della forma essenziale fissata “infallibilmente” da Pio XII. Ecco la nuova “assurda” formula: “Et nunc effúnde super hunc Eléctum eam virtútem, quæ a te est, Spíritum principálem, quem dedísti dilécto Fílio tuo Iesu Christo, quem ipse donávit sanctis Apóstolis, qui constituérunt Ecclésiam per síngula loca ut sanctuárium tuum, in glóriam et laudem indeficiéntem nóminis tui”. « Questo è un fatto di portata senza pari!! Non resta una sola parola, una sola sillaba della “forma” che S.S. il Papa Pio XII aveva (nel 1947) definito infallibilmente come essenziale e assolutamente richiesta per la validità del sacro episcopato!

In breve … « la “forma” essenziale e necessaria alla validità è stata TOTALMENTE soppressa dal nuovo ordinale del “beato” marrano Paolo VI!» (Abbé V.M. Zins, 2005) Questo il fatto nudo e crudo, vedremo prossimamente gli infami autori di tale sfregio sacrilego e le blasfeme e ridicole ragioni addotte a sostegno del ribaltone, che è tra l’altro veicolo sottile di eresie perniciose e gravissime, contro la SS. Trinità, contro l’Incarnazione del Cristo, e contro lo Spirito Santo, configurando un assurdo gnostico-manicheo, peraltro già intrufolato nell’anglicanesimo e nel giansenismo, un movimento novatore, pre-modernista del 1700, condannato giustamente come eretico, e contro il quale il nostro S. Alfonso Maria è stato un martello tenace ed implacabile nella sua denuncia e demolizione. Chi pensa che con questo rito, o partecipando a pseudo-funzioni (o meglio “finzioni”?!?) tenute da laici, falsi consacrati da questo rito, faccia parte della Chiesa Cattolica, è un illuso, poiché pensando di marciare sotto il vessillo di Cristo, in realtà segue lo stendardo di satana. Aprite gli occhi, fratelli, il vostro pensiero costante, l’unico che conti per davvero, sia sempre e solo la conquista della salvezza dell’anima, che si ottiene con laboriosità ininterrotta, mediante la vigilanza, la prudenza, la preghiera incessante e la conoscenza della Tradizione Apostolica, delle Sacre Scritture, rigorosamente e correttamente interpretate, e del Magistero autentico della Chiesa, Maestra di vita. Non c’è posto per la falsa misericordia che chiude i due occhi sul vizio impuro, l’adulterio amnistiato, la sacrilega peccaminosità, sull’apostasia ecumenista, eludendo il pentimento e la penitenza, e prospettando infine … l’inferno gratis per tutti!!! … venite avanti c’è posto…

http://18 giugno 1968 – 3 –