SALMO 29: “Exaltabo te, Domine, quoniam suscepisti me…”
CHAINE D’OR SUR LES PSAUMES
ou LES PSAUMES TRADUITS, ANALYSÉS, INTERPRÉTÉS ET MÉDITÉS A L’AIDE D’EXPLICATIONS ET DE CONSIDÉRATIONS SUIVIES, TIRÉES TEXTUELLEMENT DES SAINTS PÈRES, DES ORATEURS ET DES ÉCRIVAINS CATHOLIQUES LES PLUS RENOMMÉS.
[I Salmi tradotti, analizzati, interpretati e meditati con l’aiuto delle spiegazioni e delle considerazioni seguite, tratte testualmente dai santi Padri, dagli oratori e dagli scrittori cattolici più rinomati da …]
Par M. l’Abbé J.-M. PÉRONNE,
CHANOINE TITULAIRE DE L’ÉGLISE DE SOISSONS, Ancien Professeur d’Écriture sainte et d’Éloquence sacrée.
TOME PREMIER.
PARIS
LOUIS VIVES, LIBRAIRE-ÉDITEUR – RUE DELAMMIE, 13
1878
IMPRIM.
Soissons, le 18 août 1878.
f ODON, Evêque de Soissons et Laon.
SALMO XXIX
Psalmus canti, in dedicatione domus David.
[1] Exaltabo te, Domine, quoniam suscepisti me,
nec delectasti inimicos meos super me.
[2] Domine Deus meus, clamavi ad te, et sanasti me.
[3] Domine, eduxisti ab inferno animam meam; salvasti me a descendentibus in lacum.
[4] Psallite Domino, sancti ejus; et confitemini memoriæ sanctitatis ejus.
[5] Quoniam ira in indignatione ejus, et vita in voluntate ejus.
[6] Ad vesperum demorabitur fletus, et ad matutinum laetitia.
[7] Ego autem dixi in abundantia mea: Non movebor in æternum.
[8] Domine, in voluntate tua præstitisti decori meo virtutem.
[9] Avertisti faciem tuam a me, et factus sum conturbatus.
[10] Ad te, Domine, clamabo, et ad Deum meum deprecabor.
[11] Quæ utilitas in sanguine meo, dum descendo in corruptionem?
[12] Numquid confitebitur tibi pulvis, aut annuntiabit veritatem tuam?
[13] Audivit Dominus, et misertus est mei; Dominus factus est adjutor meus.
[14] Convertisti planctum meum in gaudium mihi; conscidisti saccum meum, et circumdedisti me lætitia;
[15] ut cantet tibi gloria mea, et non compungar. Domine Deus meus, in æternum confitebor tibi.
[Vecchio Testamento secondo la VolgataTradotto in lingua italiana da mons. ANTONIO MARTINI Arciv. Di Firenze etc.
Vol. XI
Venezia, Girol. Tasso ed. MDCCCXXXI]
SALMO XXIX
Salmo, cantato a suon di musici istrumenti, nel giorno che Davide, terminata la casa reale, edificata in Sion, la dedicò. Conobbe allora Davide che il suo regno era stabilito, e con l’inno ne dà a Dio ringraziamento.
Salmo del cantico di Davidde nella consacrazione della casa.
1. Io ti glorificherò, o Signore, perché tu mi hai protetto, e non hai rallegrati del mio danno i miei nemici!
2. Signore Dio mio, io alzai a te le mie grida, e tu mi sanasti.
3. Signore, tu traesti fuor dall’inferno l’anima mia; mi salvasti dal consorzio di quelli che scendono nella fossa.
4. Santi del Signore, cantate inni a Lui, e celebrate la memoria di Lui, che è santo.
5. Perché egli nella sua adeguazione flagella, e col suo favore dà vita.
6. La sera saravvi il pianto, e al mattino allegrezza.
7. Ma io, nella mia abbondanza, avea detto: Non sarò soggetto a mutazione giammai.
8. Signore, col tuo favore tu avevi dato stabilità alle prosperevoli cose mie;
9. Rivolgesti da me la tua faccia, ed io fui nella costernazione.
10. A te, o Signore, alzerò io le mie grida e al mio Dio presenterò la mia orazione.
11. Qual vantaggio del sangue mio, quando cadrò nella corruzione?
12. Forse la polvere canterà le tue Iodi, od annunzierà la tua verità?
13. Il Signore mi udì, ed ebbe pietà di il Signore si fece mio aiuto.
14. Cangiasti per me in gaudio i miei tormenti; facesti in pezzi il mio sacco, e mi inondasti di allegrezza;
15. Affinché tua laude sia la mia gloria, io non sia più trafitto: Signore Dio mio, a te canterò in eterno.
Sommario analitico
Dopo il censimento ordinato da Davide, Dio, per punirlo, fece perire in tre giorni di peste 70.000 uomini, per mano dell’Angelo sterminatore, che si vide in seguito sul territorio di Oman, situato sul monte Moria, rimettere la sua spada nel fodero. Davide vi eresse un altare e dedicò quest’area che fu destinata a diventare sostituta del tempio (II Re, XXIV, I Par. XXIV). È a questo fatto storico che fa allusione il titolo. Davide rende grazie a Dio della cessazione di questa grande sventura. In senso figurato è la voce di Gesù Cristo che, riposando in pace nella tomba, visitando poi il limbo ne esce vincitore per riprendere una vita che non aveva lasciato se non perché lo aveva voluto; è la voce pure di ogni anima giusta che si rinnova e si consacra a Dio con la fede, la speranza, la carità e le altre virtù cristiane.
I – Davide rende grazie a Dio:
1°per il fatto di avergli teso la mano in mezzo ai suoi pericoli;
2° per averlo vendicato presso i suoi nemici (1);
3° per averlo come richiamato dalla tomba: a) guarendo il suo corpo da una malattia potenzialmente essere mortale; b) richiamando la sua anima prossima a separarsi dal corpo (3).
II. – Egli invita tutti gli uomini a lodare Dio in mezzo a questa alternanza di tristezza e di gioia, di dolori e di consolazioni, di cui si compone la vita umana e in mezzo alla quale è passato egli stesso: (4).
1) Egli da la ragione di questo invito, che è cioè la sovrana saggezza di Dio in questa distribuzione di tristezze e di gioie che si rincorrono nella vita a brevi intervalli (5, 6); 2) E dichiara di averne fatto egli stesso l’esperienza, facendoci conoscere quali siano stati i suoi pensieri, i suoi sentimenti, e ciò che abbia fatto nella desolazione:
a) nella consolazione, egli immaginava che sarebbe durata sempre, ma ha visto che è stato ingannato ed ha riconosciuto che questo dipendeva interamente dalla volontà di Dio, e che allontanandosi Dio dal suo volto, aveva perso la sua felicità, la sua pace interiore (7-9);
b) nella desolazione, – 1) egli ha fatto ricorso a Dio, sia con la bocca che con il cuore (10); – 2) ha fatto presente che se fosse stato colpito dalla morte, né la sua vita, né la sua morte si sarebbero volte a sua gloria (11); – 3) Dio l’ha esaudito nella sua misericordia (13); – 4) l’effetto della sua guarigione è stato quello di sostituire nel suo cuore la gioia al dolore, di far sparire tutti i segni della tristezza (14); – 5) la fine della sua guarigione è stata la gloria di Dio, la sua perfetta felicità e la sua perseveranza nell’amore di Dio (15).
Spiegazioni e Considerazioni
I. — 1 – 3.
ff. 1. – « Io vi esalterò Signore, perché mi avete risollevato ». Ci sono diverse maniere di esaltare Dio: si può esaltare con la conoscenza e con l’intelligenza, si esalta ancora proclamando la magnificenza delle sue opere, come dice Davide (Ps. CXLIX, 6)parlando dei giusti: « Le lodi di Dio sono sulla loro bocca » (S. Basilio in Ps. CV.). – Ma come è possibile che Colui che abita nelle altitudini dei cieli possa essere esaltato da coloro che sono così in basso sulla terra? Nel pensiero del Re-Profeta, Dio è esaltato da coloro che hanno di Lui degli alti e degni pensieri, e che compiono tutte le loro azioni per la sua gloria. Colui dunque che si propone di camminare nelle vie della beatitudine esalta Dio; ma colui che segue una via contraria, cosa orribile a dirsi, deprime tanto ciò che è in lui, e abbassa Dio stesso. – Da dove viene questa facoltà di esaltare Dio? Il Salmista risponde: « Perché mi avete risollevato », e mi avete reso superiore a coloro che si levano contro di me. Mi avete risollevato in tutto come colui che sostiene al di sopra delle acque un bambino che non sappia ancora nuotare, o come colui che, vedendo un uomo debole sul punto di soccombere sotto gli sforzi dell’avversario, gli presta man forte e gli assicura la vittoria (S. Basilio). – La morte ha avuto tanto potere sul corpo divino del Salvatore da lasciarlo sulla terra steso senza movimento e senza vita; ma non ha potuto corromperlo, non ha avuto la gioia di tenerlo tra i suoi lacci, e nella tomba di Gesù Cristo, come in un baluardo invincibile, si sono infranti tutti i suoi sforzi. (Bossuet, I Serm. Paq.). – Sono questi i sentimenti di un’anima riconciliata con il suo Dio, dopo aver per lungo tempo rantolato sotto la servitù del peccato. – Il demonio, il vero nemico della nostra anima, non essendo capace che di questa gioia malefica che prova un malvagio nell’avere dei complici, ed avendo uno spirito malvagio verso i compagni della sua miseria, cospira con i suoi angeli di perdere tutto con essi, di coinvolgere, potendolo, tutto il mondo nei loro crimini (Bossuet, Serm. sur les Dem.). – Tutto il suo oggetto, la gioia per lui più grande, è incatenarci e gettarci in una prigione attraverso l’inclinazione che abbiamo al male, di chiuderci la dentro con l’abitudine, e di murarne la porta su di noi per non lasciarci più alcuna via d’uscita (S. Agost.). – « Signore, mio Dio », Dio non è il Dio di tutti, ma il Dio di coloro che Gli sono uniti per mezzo della carità. Egli è il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe. Se Egli fosse il Dio di tutti, allo stesso titolo, Egli non presenterebbe come un privilegio particolare a questi Patriarchi l’essere propriamente il loro Dio … « Io ho gridato verso di Voi e Voi mi avete guarito ». Alcun intervallo è trascorso tra la mia preghiera e la vostra grazia; nel momento in cui ho gridato, sono stato guarito! (S. Basilio). – Felice l’anima che conoscendo e sentendo la profondità delle sue piaghe, può accostarsi al Medico sovrano e dirgli: Salvatore Gesù, vero medico caritatevole, che senza essere chiamato da nessuno, avete voluto scendere solo Voi potete darmi una guarigione eterna, avete voluto discendere dal cielo in terra, ed avete intrapreso un sì gran viaggio per venire a visitare i vostri malati, io grido a Voi, e mi metto nelle vostre mani: guaritemi! Tutti gli altri ai quali io potrei rivolgermi, non farebbero altro che coprire il male per un certo tempo; Voi solo, ne tagliate la radice, solo Voi potete darmi una guarigione eterna (Bossuet, S. sur la Concep.). – « Voi avete ritratto la mia anima dall’inferno », è una parola che deve essere nella bocca ed ancor più nel cuore di tutti gli uomini, perché non c’è quasi nessuno i cui peccati non l’abbiano reso degno di esservi precipitato. Ove saremmo, se la morte ci avesse colpito nel tempo della nostra vita in cui avremmo avuto tanti oggetti di pentimento? Quanti hanno offeso Dio meno di noi ed ora sono precipitati nell’abisso, eternamente separati da Dio, eternamente odiati da Lui, eternamente tra le anime dei demoni e sotto la stretta di questi orribili spiriti! – Felici coloro che Dio « toglie dall’iniquità » (Sapien. IV, 14), da questo torrente di corruzione che inonda tutta la terra, che salva dalla schiera di coloro che discendono nella fossa. Questa fossa è l’abisso del secolo … sono coloro che piombano nell’abbondanza della lussuria e della malizia, nei piaceri criminali e nelle cupidigie terrestri, discendendo nella fossa, o piuttosto precipitandovisi a testa bassa. (S. Agost.).
II. — 4 – 15.
ff. 4. – Un’animaveramente cristiana non si contenta di rendere solo delle azioni di grazie a Dio; essa invita tutti i suoi santi, cioè i suoi servitori fedeli che vivono una vita santa, a cantare in suo onore un cantico di riconoscenza. – « La lode di Dio non è bella nella bocca del peccatore (Eccl. XV, 9). Fosse anche convertito, i suoi pensieri, ancora coperti dalle nubi delle sue passate sregolatezze, non sono così puri da lodare Dio. È sufficiente che riconosca la sua miseria ed il bisogno che ha della sua grazia, e gema davanti a lui. « Celebrare con le sue lodi la memoria della sua santità », è l’esercizio continuo degli Angeli e dei Santi in cielo, che non cessano di ripetere: « Santo, santo, santo è il Signore Dio degli eserciti » (Isaia, VI, 3). – Questo deve essere egualmente l’esercizio più dolce dei giusti sulla terra (Dug.).
ff. 5. – « Egli punisce nella sua indignazione ». Il castigo viene da un giusto giudizio di Dio; la vita è un puro effetto della sua volontà. Cosa vuol dire? Che la volontà di Dio è che tutti siano partecipi della sua vita. Quanto ai castighi, essi non arrivano se non per colpa di coloro che li hanno meritati per i loro peccati (S. Basilio). – Dio colpisce i peccatori ed i giusti: i peccatori per ricondurli alla penitenza; i giusti per provarli. Questi colpi non sono, in qualche modo, nella sua volontà; « Egli compie come un’opera estranea » quando è obbligato a punire (Isaia XXVIII, 21). Essi sono l’effetto di una collera paterna, destinata ad ispirare timore; ma la vita è nella sua volontà; Dio ci ha salvato, perché Egli lo ha voluto, e non perché noi fossimo degni di salvezza! In effetti di cosa il peccatore è degno se non del supplizio? La vita è un dono di Dio; e se Egli ha dato la vita ad uomini che erano empi, cosa riserva ai suoi fedeli? (S. Agost.). – Noi piangiamo durante la notte di questa vita; ma al mattino, cioè al primo raggio dell’eternità felice, la gioia sostituisce il dolore. Una gioia eterna, per qualche momento di tristezza, una gioia ineffabile, per pene leggere; gioia pura per lacrime temperate dalla speranza, perché anche quaggiù, dice S. Agostino, per un’anima veramente cristiana, i pentimenti hanno i loro piaceri e le lacrime portano con sé la loro consolazione (in Ps. CXLV). – Tutto il mondo fugge le lacrime e cerca la gioia, e tuttavia la vera gioia non può essere che il frutto delle lacrime.
ff. 6. – Così come quel che fa l’abbondanza di una città, è la moltitudine di cose che si vendono sui suoi mercati, così allo stesso modo noi diciamo: questa regione è nell’abbondanza quando è piena di buone opere (S. Basilio).
ff. 7-9. – I primi giorni che seguono una conversione recente, in cui l’anima è inondata dalle grazie celesti, questi giorni di abbondanza spirituale sono sovente l’occasione di una fiducia temeraria, di una sicurezza presuntuosa che ci persuade che noi non saremo mai più scossi, che ormai ci siamo confermati nel bene, e ci fa dire come il principe degli Apostoli: « Quando anche tutti vi rinnegassero, io non vi rinnegherò mai! » – Non bisogna mai perdere di vista questa importante verità: che questi tempi di abbondanza, di pace, di consolazione, sono un effetto della volontà di Dio, e che solo a Lui appartiene il concederci la forza necessaria per perseverare, stabilizzare una risoluzione e consolidarci nel bene. – L’alternanza di pace e di scompiglio sono così frequenti nella vita cristiana! Perché bisogna che il Signore nasconda il suo volto per insegnare all’uomo che egli non ha altro aiuto se non in Dio solo. – Non c’è nulla di più raro di cuori tranquilli e niente di più comune che di coscienze allarmate, penanti, desolate negli esercizi della vita interiore, perché l’umiltà, la fiducia in Dio, la spoliazione dell’anima e l’abbandono in Dio, sono delle virtù pressoché sconosciute (Berthier). – Noi crediamo di essere stabili sui nostri piedi, e che il nemico non ci possa abbattere: « … Io ho detto a me stesso, nell’abbondanza del mio cuore, io non sarò scosso, io non vacillerò mai ». È proprio allora che il nemico mi sorprende e mi abbatte; è allora che bisogna che si dica con Davide, « … che il piede dell’orgoglio non giunga fino a me » (Ps. XXXV, 12); che non mi appoggi mai su una mia presuntuosa fiducia, la quale mi faccia credere che io abbia il piede fermo e che non scivolerò mai (Bossuet, Elév. VIII j. I° Elév.).
ff. 10-13. – Questo grido che spesso risuona nei salmi, è il desiderio ardente di un’anima che non ha gusto se non per Dio e per le cose del cielo. – Se la mia carne, dice qui Davide in persona di Gesù Cristo, è soggetta alla corruzione come quella degli altri uomini, e se Io non resusciti che alla fine del mondo, quale utilità ci sarebbe nell’avere sparso il mio sangue? Se Io non resuscito nei tempi presenti, non annuncerò a nessuno le vostre meraviglie e le vostre lodi, non procurerò a nessuno l’ineffabile beneficio della salvezza (S. Agost.). – Dio non ricava nessuna utilità né dalla nostra vita, né dalla nostra morte, perché Egli è sufficiente a se stesso e non ha alcun bisogno di noi; ma gli uomini possono trarre grandi vantaggi dalla vita di un giusto, le cui azioni sante sono come uno specchio brillante ove scoprono le difformità della loro anima, e se anche non facessero altro, hanno almeno vergogna di se stessi e della loro vita sregolata. – Riconoscersi incapaci di annunziare le verità di Dio, è un’eccellente disposizione per fare del bene. Persone umili e piccole ai loro occhi, sono molto più capaci di annunziare la verità di Dio che gli orgogliosi pieni di scienza e di eloquenza (Duguet).
ff. 13, 14. – « Essere ascoltati dal Signore, divenire l’oggetto della sua compassione, » quale gran soggetto di consolazione per tutti coloro che – come Davide – riconoscono la loro miseria, gemono nello sconcerto di una santa compunzione, e sono pervasi dal dolore di un vero pentimento! (Dug.). – Gesù Cristo, nella sua Resurrezione, ha lacerate il sacco di cui era rivestito, riprendendo un corpo immortale e glorioso, di modo che la mortalità della sua carne fosse distrutta per sempre. – Dio stesso, nella conversione e riconciliazione del peccatore, cambia in gioia le lacrime della compunzione, lacera il sacco e i cenci che lo sfigurano, per rivestirlo della veste dell’innocenza e coprirlo di onori e di gloria, e fa seguire i cantici di gioia ai gemiti di un cuore distrutto dal dolore.
ff. 15. – Davide non gioisce della sua miglior fortuna perché questa lo metterà nello stato di gustare i piaceri di questo mondo, ma solo perché Dio che ne è l’Autore, sarà glorificato da coloro che ne saranno testimoni. Questo santo Re riconduce tutto a Dio, ed è questo il frutto che si deve cogliere in questi santi cantici. – La fine di questa gioia e di questa gloria, della quale Dio colma le anime umili e penitenti, è il rinviare continuamente a Dio questa stessa gloria, con cantici di azioni di grazie che non saranno più nel cielo interrotti né dal dolore, né dalla compunzione. Ammirabile è la conclusione del Salmo che deve essere la conclusione o piuttosto l’esercizio di tutta la vita, poiché esso sarà quello della nostra eternità (Duguet).