BEATITUDINI EVANGELICHE
[A. Portaluppi: Commento alle beatitudini; S.A.L.E.S. –ROMA, 1942, imprim. A. Traglia, VIII, Sept. MCMXLII]
CAPO QUINTO
Beati misericordes: quoniam ipsi misericordiam consequentur.
Beati i misericordiosi perché troveranno misericordia
III
VIRTÙ DI CHI CONOSCE IL CUORE UMANO
Il mondo è sempre piuttosto duro nel giudicare e trattare con chi è caduto nel male. Non ci rendiamo conto delle condizioni nelle quali sono cresciuti, della loro famiglia, dell’esempio che ivi ebbero nella loro fanciullezza e poi sempre. Neppure abbiamo notizia di quello che impararono quando tutto s’assorbe e si trasforma in elemento o di vita o di morte.
FAMIGLIA E SOCIETÀ’ SENZA DIO
Quanta miseria infesta certe famiglie, indegne dello stesso nome! Sono più covi e tane, che case di Cristiani. Vi regna piuttosto l’odio che l’amore. L’ira e l’invidia vi si respira, anziché la pace e la gioia della vita. Come può svolgersi un’anima? Né l’intelletto viene illuminato dalle verità della Fede; né il cuore scaldato dai principi della divina carità e dal desiderio della virtù. La virtù per tanti giovanetti è l’abilità di farla franca. Evitare con l’astuzia la sorveglianza della legge, questa è la qualità più pregiata. Sfuggire alle maglie della giustizia umana. Questo concetto della vita, come equilibrio tra il costume esterno e le proprie voglie disordinate, si conserva poi sempre; poiché vedono che molti cittadini onorati » lo tengono effettivamente, se non apertamente come guida e norma della loro riuscita. Povere esistenze prive d’ogni conforto, alle quali non giunge neppure l’ombra d’un gesto gentile, neppur l’eco d’una parola buona. Ignare del massimo patrimonio di vitale energia, che è la pietà religiosa, passano gli anni della giovinezza o annebbiati dallo spasso volgare o avvelenati da delusioni irritanti. Non sentono mai parola di Dio, se non per bestemmiarla;non conoscono i Sacramenti che han forse ricevuto da bambini, se non per un lontano e velato ricordo seducente; la Madonna di cui vedono le immagini dovunque, è per essi non il richiamo gentile e materno ma il termine di ingiurie innominabili per la bestialità battezzata; le virtù della purezza, della modestia, della carità, della mortificazione, sono ignote anche come vocaboli, come realtà esistenti. Miseria della vita di cui la responsabilità resta in gran parte della società effettivamente atea e tesa verso la contaminazione di tutti e di tutto. Siamo pertanto colpevoli in solido. E in solido dobbiamo renderne a Dio strettissimo conto. – Come dunque non essere misericordiosi, quando si conosca l’origine del male e la felicità per molti di cadérne vittime? Debole la natura, corrotta sovente la famiglia, la società colma di seduzioni maligne, i poveri che peccano quale responsabilità avranno al tribunale di Dio?
LA NOSTRA NOBILTÀ’
Vero è che sotto tutto codesto marasma sentiamo nell’uomo una grandezza e un alto destino. L’uomo è come un ricco decaduto; sotto i suoi cenci si avverte il tipo del nobile sangue, la linea distinta del volto, la delicatezza dell’indole. I suoi grandi desideri sono un «curo segno d’origine divina; la voce della coscienza, sempre vigile a suggerire il bene e a condannare il male, è voce che viene da più alto di lui; lo stesso bruciore del rimorso tradisce un fondo dello spirito, che si ribella alla schiavitù della terra. Non è forse vero, che le prime tentazioni turbano assai e che le prime cadute lasciano amara la bocca e il fiele in cuore? La stessa natura decaduta non ha cancellato la purità delle origini e insieme alla miseria presente sente ancora la sua congenita nobiltà. E poi v’è anche modo di leggere questa alta parola nella stessa vergogna delle passioni. Le quali esprimono, in fondo, il bisogno di possedere un oggetto eguale alla capacità del cuore umano. Sono pertanto, la manifestazione d’uno sforzo, che fallisce la sua direzione e batte una strada errata; ma lo scontento dice qualcosa. È sapienza conoscere così il nostro cuore e quello altrui. Da tale conoscenza acquista valore il sentimento di compassione e di misericordia. È questa sostanzialmente odio del male e amore del bene; salire alto verso il Cielo e discendere giù sino all’abisso. – Che cosa cerchiamo in Cielo, se non la luce di Dio, la sua bontà per noi, la volontà di salvezza che muove il suo cuore? Saliamo a Dio per attingervi il coraggio della virtù, le sue ragioni più pure, per sentire forte forte l’imperativo della coscienza — strato umano attraverso cui parla il Signore. È pertanto necessario questo incontro con Lui, per dire a noi medesimi: « Sta su d’animo, sei ancora buono e devi rimetterti in pace con te stesso per rappacificarti con Dio ». L a divina misericordia è benevola verso chi la seconda nella condotta della propria vita. Essa vi vede uno strumento docile delle sue effettuazioni nel mondo umano, un collaboratore intelligente e capace.
PENSIAMO Al PECCATORI
È evidente d’altronde, che con la salita alla sommità della scala verso il Giudice divino, occorre accoppiare la discesa verso l’abisso dove si trovano i caduti, per aiutarli nella fatica dell’uscire e del riprendersi in una vita rifatta in Dio. È questa un’opera di redenzione di alto valore ed apprezzata dal cuore del Signore, come una funzione ausiliatrice alla sua ed anche come lo sforzo di far meglio produrre la sua stessa Passione. Darle uno sviluppo nella effettiva applicazione agli smarriti, alle vittime dell’errore, della passione. La misericordia qui è la forma più evidentemente efficace dell’amore compassionante, che onora il Cristiano verace. « Siccome, diceva in un catechismo il santo Curato d’Ars, nulla affligge il cuore di Gesù quanto il vedere perdute, per un gran numero di persone, le sue sofferenze, gli sono bene accette le preghiere per la conversione dei peccatori. Son queste le suppliche più belle, perché i giusti possano perseverare, le anime del Purgatorio andare in Cielo, ma che sarà dei poveri peccatori, che non pregano mai, se qualcuno non prega per loro? « Alcuni esitano a convertirsi : un Pater e un’Ave basterebbero a deciderli. Quante anime potremo riportare al Signore con le preghiere! « La Santa Comunione e il Santo Sacrificio della Messa sono i due atti più efficaci per ottenere la conversione dei cuori. Vi sono pure le novene, soprattutto quelle che precedono le quattro grandi feste della Santa Vergine; spesso con queste funzioni si ricevono grazie, che non era stato possibile ottenere con altre preghiere, ma bisogna domandarle con il cuore puro. Quante belle anime ci sono, che ottengono tante conversioni con le loro preghiere! ». Infine, che cosa interpreta la nostra necessità spirituale meglio dell’esercizio della misericordia? Siamo in armonia con Dio, con noi medesimi, con il prossimo. Questo ambisce il soccorso in un affare di tale importanza; quello ha deciso che l’uomo debba collaborare alla propria salvazione; e noi intermediari siamo gli interpreti del diverso sentimento di ambedue. Anello di congiunzione fra il Cielo e la terra, entriamo, poveri ma volenterosi, nella funzione stessa del Redentore del mondo. Anche se la nostra persona val poco, la funzione è grande e onorevole. Noi allora ci sentiamo stimolati ed impegnati a servire il Signore con dignità e onore della nostra coscienza. Sentiamo cioè la vocazione all’esercizio della misericordia, per aiutare il Signore.
IV
L A MISERICORDIA ATTIRA MISERICORDIA COME SI AMA IL POVERO
L’animo, che sa commuoversi a pietà per il prossimo, sa compiere il sacrificio di piegarsi verso la sua debolezza e soccorrerla. A questo serve assai un cuore modesto. L’orgoglioso è troppo preoccupato di sé e dei suoi ambiziosi desideri, per avvertire il bisogno altrui. Gli pare, anzi, che il piegarsi verso gli altri sia una compromissione e una debolezza. Così è normale, che alla cura abituale dei poveri e dei deboli si consacrino i cuori umili e pii, i quali, sentendo l’amore di Dio, lo dimostrano praticamente sui prossimi, per onorare lui. – Quando Federico Ozanam sentì ben robusto quest’amore, si avvide del poco che gli dava per la sua gloria, notò che l’amare il prossimo lo avrebbe aiutato a dargli il tributo del suo cuore e, con altri amici del medesimo sentimento, pur essendo studenti alla Sorbona, si dedicò alle opere da cui nacquero le Conferenze di san Vincenzo. Il mondo presente appare ostentatamente orgoglioso delle sue opere sociali. Si pavoneggia delle molte effettuazioni a vantaggio dei poveri. Ma anche si avvede, che le necessità maggiori sfuggono alle sue attenzioni, non sa soccorrerle a dovere. Gli abbisogna l’aiuto della Religione e del suo unico spirito di carità. Questa sa fecondare gli animi con mezzi esclusivi. Insegna ad accostare il povero senza umiliarlo e dà senza condizioni. Il suo appoggio e le sue ragioni sono soltanto in Dio. Nell’intento di Ozanam l’aiuto materiale non deve scompagnarsi da quello spirituale; ma senza ombra di ostentazione. Soleva dire ai compagni, che anche nelle conversazioni coi poveri non si deve introdurre la Religione, se non al momento in cui essa viene naturalmente richiesta, o per consolare un’afflizione, che non ha alcun terreno conforto, o per spiegare alle menti oscurate dall’errore, come sia giusta e soccorrevole la Provvidenza. « Badiamo, che uno zelo impaziente, invece che fare dei Cristiani, non faccia degli ipocriti». Questa delicatezza è ben notata dai poveri. I quali stabiliscono dei confronti fra coloro che si dedicano per ufficio al loro soccorso; e sanno apprezzare la finezza di chi dà senza mirare a soddisfare la propria vanità, il proprio orgoglio, e neppure il senso soltanto umano della compassione, ma che vedono nel povero l’immagine di Dio da consolare e da purificare con l’amore disinteressato. Orbene questo si misura dall’offerta del tempo e della vita.
« Multum facit qui multum dilìgit — molto fa chi molto ama » dice l’Imitazione. E il solo amore del Signore dà il tono del disinteresse totale. La misericordia salva il misericordioso. Anche davanti a Dio. I poveri hanno certo il diritto d’essere aiutati, ma devono pure riconoscere, che non può bastare un proposito umano, un fine politico a spingere il benestante ad affondare le mani nei forzieri per toglierne da distribuire ai bisognosi. Il motivo umano servirà talvolta a stimolare alla donazione; ma il cuore è mosso soltanto dal pensiero di Dio e dal dovere della generosità in faccia al bisogno materiale altrui. Per altro vediamo bene come vivono gli avari.
GRANDE URGENZA DI OFFRIRSI
« Da queste parti c’era un avaro che s’ammalò… racconta san Giovanni Vianney. Al curato che andò a visitarlo disse: « Beviamo e parliamo della guerra signor curato ». — « Avete del vino dunque? » — « Andate in cantina e vedrete ». Era piena di barili di vino. Disse ancora: «Andate nel granaio». Era pieno di grano. « Ah! mio Dio, datemi ancora un anno di vita! » Ebbene no, morì e lasciò tutto quanto. Egli voleva mangiarsi tutte le provviste e non ne ebbe il tempo. Era disperato di dover morire e lasciare ad altri questi beni. Se fosse stato un buon Cristiano avrebbe considerato di nessun valore i suoi beni, poiché tutto proviene dalla terra ». La naturale accortezza suggerisce quello appunto che ci dice la Fede. Perché essere duri e insensibili verso i nostri compagni di viaggio poveri, mentre noi non siamo certi di poter godere neppure una parte dei nostri beni? Certa invece è la necessità di costoro. Clemente IX volle prender come stemma un pellicano, che alimenta i suoi piccini, e come motto: « Aliis non sibi clemens — clemente non verso di sé, ma verso gli altri ». E un altro Papa, sommo giurista, Innocenzo III, soleva dire ch’egli considerava la compassione superiore al diritto. Sopra tutte le autorità umane, Dio stesso si pronuncia per l’amore. Scrisse il Cardinale De Berulle nelle Grandezze di Gesù: « Così Dio incomprensibile si fa conoscere in questa umanità; Dio ineffabile, si fa udire nella voce del suo Figlio incarnato; Dio invisibile, si fa vedere nella carne che egli unì con la natura dell’eternità; e Dio che si fa sentire nella sua dolcezza, nella sua benignità e impone terrore nello splendore della sua grandezza, nella sua umanità… O meraviglia! O grandezza! » Sicché il trionfo è della sensibilità del cuore di Dio. Volete scorgere chiaramente come Dio si umiliò per potere amare la sua creatura umana? « La santa anima di N. S . Gesù Cristo scrisse il gesuita Lallemant non fu creata che per l’amore di noi; il suo sacro corpo non fu formato che per noi; la sua umanità non fu unita alla persona del Verbo, che per gli uomini.. Che cosa facciamo noi per Cristo?
L’ANIMA DELLA CARITÀ’
Noi siam fatti pure per amare. E l’amore non sta senza un soffio d’umiltà. « Non ti far giudice non competente di te medesimo, scrive in un’omelia san Basilio; né volere esaminarti, mettendo in conto alcuna cosa di buono, che ti sembri aver fatto, dimenticandoti a bella posta dei tuoi peccati, ovvero non insuperbire di ciò che hai fatto bene oggi, scusando poi le cose malfatte… Ma se mai il presente ti gonfia, riduciti alla memoria il passato e l’insensata gonfiezza si riumilierà. E quando vedrai peccare il prossimo, non considerare di lui questa cosa sola, ma ricordati insieme quante cose egli ha fatto e fa rettamente, e sovente troverai lui essere migliore di te, facendo la ricerca di tutte le sue azioni e non sentenziando solo rispetto a una parte ». – Se noi, insomma ci poniamo sempre di fronte ai nostri simili, verso i quali siamo tentati di sentire malamente, avremo tante ragioni di compatirli e di giudicarli meno colpevoli di quanto sembri, mentre sovente sono migliori di noi. – Sicché la misericordia è spesso un dovere di giustizia. « Perdona a noi come noi perdoniamo ai nostri debitori ». Ma anche per questo occorre tanto sentimento di umiltà, che ci tenga presente la indegnità nostra e il bisogno di una espiazione fervorosa e continua. In questa condizione morale sono abitualmente le anime più aperte alla grazia. Carlo Psichari, mentre era ai suoi primi esperimenti di vita religiosa nel secolo, espandeva il suo cuore così col Padre Clérissac, suo direttore spirituale: « È una adorabile scoperta ch’io faccio in questo momento, è una dolce e crudele riconoscenza, e non v’è ufficio (religioso) nel quale io non versi le lagrime abbondanti davanti al Maestro, che ho sì a lungo crocifisso e che la Francia stessa crocifigge ogni momento… Io ho potuto accostarmi ogni mattina alla Santa Mensa e l’ho fatto con coraggio, contando sulla misericordia di Nostro Signore, per ottenere il perdono delle mie debolezze, che mi rendono così indegno di ricevere il suo Corpo, e abbandonarmi del tutto a Lui in ogni cosa… Credo bene, che sia quando siamo abbattuti il momento di desiderare con più vivo amore l’Eucaristia; e, quanto a me, è in queste ore che mi volgo con maggior confidenza verso il Maestro al quale ormai io sono rivolto ». – Anime tanto ardenti e umili, così poco fiduciose di sé affatto abbandonate nel Signore, sono destinate ad attirare dal suo Cuore ogni delicatezza. Non danno esse tutto a Dio? Perché il Signore non si darà loro con quella generosità delicata, di cui offre esempio nella esperienza dei santi? La misura usata da Dio non è proporzionata al nostro merito, bensì alla sua ricchezza.