AGGIUNTA AL COMBATTIMENTO SPIRITUALE.
[P. Lorenzo SCUPOLI, presso G. A. Pezzana, Venezia – 1767)
Che cosa sia la perfezione Cristiana
CAPO PRIMO.
Perché, anima devota, non ti affatichi negli esercizi spirituali in vano, com’è accaduto a molti, e non corri senza saper dove; hai prima da intendere, che cosa sia la perfezione Cristiana. – La perfezione Cristiana altro non è che una compiuta osservanza dei precetti di Dio, e della sua legge affine di piacergli, senza che si declini alla destra, o alla sinistra o si rivolga addietro: Et hoc est omnis homo. – Di modo che lo scopo di tutta la vita del Cristiano, che vuole diventare perfetto, ha da esser uno studio di far abito, che dimenticandosi vieppiù ogni giorno e disavvezzandosi di fare la propria volontà, ogni cosa faccia, come mosso da sola volontà di Dio, a fine di piacergli, ed onorarlo.
Come bisogna combattere per conseguire la perfezione Cristiana.
CAP. II.
Con poche parole si è detto il molto, che si pretende: ma chiuderlo ora nelle mani, e metterlo in esecuzione. Hoc opus, hic labor est. Perché essendo in noi per il peccato dei primi Padri, e nostri mali abiti, una legge contraria a quella di Dio, bisogna combattere contra di noi stessi, ed anco contro il Mondo, ed il demonio, eccitatori, e motori delle nostre guerre.
Di tre cose, che ha bisogno il novello Soldato di Cristo.
CAP. III.
Protestandoci dunque la guerra, Soldato novello di Cristo, di tre cose hai di bisogno. D’animo grande, e risoluto di combattere, d’armi e di saperle maneggiare. La risoluzione di combattere la piglierai dalla considerazione frequente che: Militia est vita hominis super terram. E che quella guerra ha per legge che chi non combatte come si deve, del certo vi muore per sempre. La grandezza dell’animo l’acquisterai, prima con diffidarti di te stessa e poi confidare grandemente in Dio, e tener per cosa certa che Egli sta dentro di te, perché ti cavi dal pericolo. Hai dunque da stimare per sicuro che, assaltata dai nemici, ogni volta che sconfidata delle proprie forze e sapere, con confidenza ricorrerai alla potenza, sapienza, e bontà di Dio, ne riporterai combattendo la vittoria. L’armi sono: Resistenza, e Violenza.
Della resistenza e violenza, e nell’arte di maneggiarla.
CAP. IV.
La resistenza, e violenza, benché siano armi gravi e penose, tuttavia sono necessarie e riportatrici delle vittorie. Si maneggiano quelle armi nel seguente modo. Quando dalla tua corrotta volontà e mali abiti, perché tu non voglia e faccia le cose volute da Dio, sei combattuta; hai da resistere dicendo: Sì, sì, che le voglio fare. Con la stessa resistenza ti opporrai quando sei chiamata e tirata alle voglie dei mali abiti e della corrotta volontà, dicendo: No, no. La volontà di Dio voglio io fare con l’aiuto suo sempre. Deh Iddio mio, soccorrimi presto, perché questa voglia, che per tua grazia ho adesso di fare sempre la tua volontà, non sia soffocata poi nelle occasioni della mia antica e corrotta volontà. E sentendo gran pena nel resistere, e debolezza di volontà, hai da farti ogni sorte di violenza, ricordandoti qui, che il Regno dei Cieli patisce violenza, e che violenti a se stessi ed alle proprie passioni lo rapiscono. – Che se la pena , e la violenza sarà così grave, che ti senti angustiare il cuore, va col pensiero nell’orto a Cristo, ed accompagnando le angosce tue con le sue, pregalo che in virtù delle sue ti dia la vittoria di te stesso, acciò di cuore possa dire al Celeste Padre: Non sicut ego volo, sed sicut tu, fiat voluntas tua. Onde poi piegherai più, e più volte la tua volontà a quella di Dio, volendo come egli voleva che volessi. Studiandoti di fare qualunque atto con tanta pienezza di volontà e purità, come se in quell’uno solamente consistesse tutta la perfezione, ogni piacimento, ed onore di Dio. Ed a questo modo poi farai il secondo ed il terzo, ed il quarto e gli altri. – Di più ricordandoti alle volte di aver trasgredito alcun precetto, dogliti della trasgressione, e piglia maggior vigore d’animo di ubbidire a Dio in quel precetto che ti trovi nelle mani, ed in qualunque altro nelle occasioni. Ed avverti qui, perché non tralasci mai occasione alcuna, per piccola che sia, di ubbidire a Dio, che se gli sarai ubbidiente nelle piccole cose, Iddio ti darà nuova grazia di ubbidire poi con facilità nelle maggiori. Avvezzati ancora, che venendoti a mente alcuno dei precetti divini, tu prima adori Dio, e poi lo preghi che nelle occasioni ti soccorra, perché gli ubbidisci.
Che bisogna vegliare di continuo sopra la nostra volontà, per vedere con quale delle passioni se la fa.
CAP. V.
Sta in te raccolta, quanto più si può, perché conosca, quale delle tue passioni se la faccia più spesso la tua volontà, che da quella suole più che da altre esser ingannata, e fatta serva. Onde non essendo solita la volontà dell’Uomo stare senza la compagnia di alcuna delle nostre passioni, è di bisogno, che ella o ami, o odi, o desideri, o fugga, o stia allegra, o si rattristi, o speri, o si disperi, o sia audace, o iraconda. E ritrovandola appassionata non secondo vuole Dio, ma secondo il suo proprio amore, affaticati, perché dall’amor di se stessa la pieghi all’amor di Dio, ed all’osservanza dei precetti di Dio, e della sua legge. Il che tu devi fare non solamente nelle passioni di momento, che ai peccati muovono, ma in quelle che nei veniali fanno cadere: perché quelle, benché si muovano leggermente, e vadano pian piano, tuttavia ci tengono infermi e senza virtù, quando sono volontarie, ed in pericolo grande di cadere nei peccati mortali.
Come levando la prima passione, Che è l’amore delle creature e di noi stessi, e dandola a Dio,tutto il resto rimane ben regolato ed ordinato.
CAP. VI.
Perché tu compendiosamente, e con ordine liberi la tua volontà dalle passioni disordinate, è di bisogno, che tutta ti dii a vincere ed ordinare la prima passione che è l’amore, perché questa tutte le altre la seguitano con le stesse pedate, nascendo da essa, ed in essa avendo la loro radice e vita. come chiaramente discorrendo si vede; perchè quel tanto si desidera, che s’ama, ed in questo si diletta, l’uomo. Quel tanto s’odia, o fugge, e ci attrista, che impedisce, ed offende la cosa amata, né altro si spera che la cosa amata. E di questa stessa disperiamo quando le difficoltà di conseguirla ci paiono insuperabili ed invincibili. Né alcuno teme, o è audace o si sdegna; se non con quello, che impedisce o per offendere la cosa amata. – Il modo di vincere, ed ordinarela prima passione, si è il considerare nella cosa, che ella ama e sta attaccata, le qualità sue, e che si pretende in quell’attacco ed amore. E ritrovando qualità di bellezza e di bontà, e pretendenza di diletto, e di utile, potrai dire a te stessa più e più volte: E che maggior bellezza e bontà di quella di Dio, che è l’unico fonte di bene, e perfezione? E quale pretendenza d’utile e di diletto si può immaginare maggiore, che amare Dio, poiché amandolo, si trasforma l’uomo in Lui, in lui solo dilettandosi, e lui godendo? Di più il cuore dell’uomo è di Dio, perché lo stesso Iddio l’ha creato, e poi redento, ed ogni giorno con nuovi benefizi lo domanda dicendo: Fili, probe mihi cor tuum. Sicché toccando a Dio il cuor umano tutto, per tante ragioni che più a basso si diranno, ed essendo piccolo molto a soddisfare agli obblighi, che s’hanno con Dio, deve ognuno esserne gelosissimo, perché non ami altro che il solo Dio e con quella moderanza e modo che piace a Dio. La stessa gelosia si deve avere anche (essendo queste due il fondamento della fabbrica della perfezione), della passione dell’odio, perché non odi altro che il peccato, e quanto induce al peccato.
Che bisogna soccorrere la volontàUmana.
CAP. VII.
E perché la volontà nostra appassionata è molto fiacca a resistere e superare le sue passioni per ordinarle a Dio, ed alla sua ubbidienza (come ben mostra l’esperienza che, benché ella voglia, e proponga di mortificarsi, tuttavia nelle occasioni poi soffocata dalle sue passioni e svanito ogni suo proponimento e voglia, se le da in preda) perciò bisogna non solo nelle occasioni soccorrerla, ed ajutarla, a buon’ora ancora, acciocché pigliando forza contro se stesa, si stessa, si vinca, e liberi dalla servitù delle sue passioni, dandosi tutta a Dio ed al suo piacimento.
Come vincendo il Mondo, vienela volontà dell’uomo ad esser soccorsa grandemente.
CAP. VIII.
Movendoci, e pigliando forza le nostre passioni dal mondo, e dalle cose sue, mentre egli ci mostra le sue grandezze, ricchezze, e diletti; benne segue che, dato a terra il Mondo con le sue cose, viene la volontà dell’uomo a respirare, ed a volgersi altrove, non potendo ella stare senza amare, e senza dilettarsi. – Il modo di dare a terra il mondo, è considerare profondamente che cosa sono nel vero le sue cose e le sue promesse. Nel che, per non errare, accecati noi forse da qualche nostra passione, e conchiusone quel, che ne dice il sapientissimo Salomone, che di tutto aveva fatta esperienza: Vanitas, dice egli, Vanitarum, et omnia vanitas et afflictio spiritus. Questa verità si prova ogni giorno che, desiderando il cuor dell’uomo di saziarsi, con tutto che alle volte abbia quanto desidera, pur non resta mai sazio, ma con maggior fame, e quello non per altro se non perché pascendosi egli delle cose del Mondo, viene a pascersi d’ombra, di vanità, e di bugia, cose che non danno nutrimento alcuno. Le promesse del Mondo sono tutte false e piene d’ inganni. Promette una cosa per un’altra. Promette felicità e dà inquietudine. Promette e non dà il più delle volte. Dà, e presto toglie. E non togliendo presto più poi affligge gli appassionati che hanno i loro desideri posti nel fango. Ai quali si può dire: Filli hominum, usquequo gravi corde, ne quid deligitis vanitatem et quaeritis mendacium? – Ma concedasi ad un certo modo a costoro che gli apparenti beni di questo mondo siano veri beni, che diranno della prestezza, con che ne passa la vita dell’uomo? Ove sono la felicità e grandezze e la superbia dei principi, dei regi e degli imperatori? Sono pure passate. Il modo dunque,perché ti vincail Mondo, di tal maniera che egli puzzi a te, e tu a lui, o vogliamo dire, che a te sia crocifisso, e tu a lui, si è, che prima, che gli si attacchi la volontà, te gli faccia innanzi con una profonda considerazione delle sue vanità, e bugie, e poi con la volontà, che così non essendo né la volontà, né l’intelletto appassionati, con facilità lo disprezzerai, e ad ogni creatura, che ti farà innanzi, potrai dire: Sei tu creatura? leva, leva l’attacco tuo, perché io vo cercando nelle creature il Creatore, e lo spirituale, non il corporale. Quello, che vi dà l’operare e le virtù, e non voi voglio, e desidero amare.
Del secondo soccorso della volontà.
CAP. IX.
Il secondo soccorso della volontà umana, consiste in cacciar fuori il principe delle tenebre, come autore d’ogni disordinato accadimento delle nostre passioni. Si caccia fuori questo nemico e si vince ogni volta, che noi nelle concupiscenze nostre e desideri disordinati vinciamo e superiamo. Sicché volendo che il demonio fugga da te, resiste alle tue passioni, che questa è la resistenza che S. Giacomo vuole che se gli faccia. E qui è da avvertire che il demonio così alle volte ci assalta, accendendo le concupiscenze della carne e le passioni, che pare, che l’uomo sia costretto a cedergli. Ma non è da sbigottirti. Resisti pure e tieni per certo che Dio è teco perché non ti sia fatta soverchieria. Resisti, dice, che al certo, preservando vincerai. Ho detto: perseverando, perché non basta resistere una, due o tre volte, ma ogni volta che egli tenterà. Perché è costume del demonio, di tentare domani quel che oggi non ha potuto, e in altra settimana, quel che in questa non ha ottenuto, e così va continuando con gran pazienza di tempo in tempo, or con furia, or con destrezza, in fino a tanto che gli vien fatto di vincerci. Onde bisogna essere costante sempre con l’armi in mano, né fidarsi mai per molto che si abbiano avuto delle vittorie, giacché la vita dell’uomo è una continua guerra, la vittoria della quale non consiste in oggi, e domani, ma nel fine. Che se tu in questo senti pena, sappi, che più pena sente assai il| demonio, quando se gli resiste. Onde se gli può dire a tua consolazione: A penare, va demonio infernale; ma perché tu peni iniquamente, ed io per non offendevi il mio Signore, la pena tua sarà eterna, e la mia, per grazia di Dio, si muterà in pace eterna.
Delle tentazioni della superbiaSpirituale.
CAP. X
Nel precedente Capitolo ti ho parlato delle tentazioni che il demonio ci suole dare con le grandezze del Mondo, ricchezze e diletti, ma ora ti parlo delle tentazioni della superbia spirituale, compiacenza, e vanagloria, tanto più pericolosa e da temersi, quanto che è meno conosciuta e più nemica di Dio. O quanti generosi soldati gran servi di Dio, dopo le vittorie di molti e molti anni, ha dato questa superbia, e fatti servi di Lucifero. Lo scampodi questo tremendo colpo ed occulto laccio, è il tremare sempre, ed operare opere buone con timore, e tremore, che queste non siano, per qualche occulto verme d’amor proprio e di superbia guaste ed odiose a Dio. E perciò umiliandosi in quelle, devesi cercare sempre di farle migliori, come se niente per addietro si avesse operato di bene. E quando ci paresse (il che non deve mai stimarti) di aver fatta ogni cosa, dottiamo di tutto cuore dire: Servi inutiles sumus. E sopra tutto ricorrere spesso a Cristo che, liberandoci d’ogni superbia, ci insegni ed aiuti ad essere umili di cuore. Ed anche ricorrere spesso all’umilissima Madre di Dio, pregandola ci impetri la vera umiltà, la quale è il fondamento delle virtù, e le accresce e le accompagna acciò non si perdano, ma s’aumentino e s’assicurano. Di questa materia d’umiltà avendone parlato a lungo nel Combattimento Spirituale, non dico altro qui.
Del terzo soccorso della volontà umana.
CAP. XI
Il terzo soccorso, con che spessissime volte s’ha da soccorrere la volontà nostra, è l’orazione: avvezzandoti, che in quello che tu sei assalita, ricorra subito a Dio, dicendo: Deus, in adiutorium meum intende: Domine ad adiuvandum me festina. – Il tuo combattimento dunque farà con l’orazione, con la resistenza nella presenza di Dio, sempre vestita di diffidenza di te stessa e confidenza in Lui. Che se combatterai con questo modo ed apparato, tieni per sicura la vittoria. Che cosa non supera, e non vince l’orazione? Che cosa è che non ributti la resistenza accompagnata con la diffidenza di se stessa e confidenza in Dio? – E da qual pugna può essere vinto, chi sta in presenza di Dio con animo di piacergli?
In qual modo abbia da abituarsi l’uomo per tenere ogni volta che vorrà, presente Dio.
CAP. XII
Perché tu abbi l’uso di tenere presente Dio ogni volta che vorrai, studiati di ripigliar spesso un pensiero che innanzi a te sta nascostamente Iddio, che ti mira e considera qualunque tuo pensiero ed opera. Oppure che tutte le creature le quali vedi, siano quasi tanti cancelli per i quali il nascosto Iddio ti guarda ed alle volte dica: Petite et accipietis: omnis enim qui petit, accipit, et pulsanti aperietur. Potrai anche farti presente Dio, mirando le creature nelle quali, lasciando il corporale, va col pensiero a Dio che loro ministra l’essere, il moto e la virtù di operare. – Quando dunque vorrai orare combattendo o facendo alcuna cosa, rappresentati a Dio in uno dei suddetti modi,prega poi, e domandagli aiuto, e soccorso. E sappi qui, anima devota, che se tu ti farai familiare alla presenza di Dio, ne riporterai vittorie, e tesori infiniti . E tra gli altri tu ti guarderai da moti, da pensieri, da parole, e da opere, che non convengono alla preferenza di Dio, ed alla vita del Figliuolo suo. E la stessa presenza di Dio ti infonderà virtù, perché tu possa stare in sua presenza. Che se dalla presenza, e vicinanza degli agenti naturali, che sono di virtù limitata e finita, se ne riporta delle loro qualità, e virtù, che s’ha da dire della presenza di Dio, che è d’infinita virtù, e comunicabile indicibilmente? – Oltre il Suddetto modo d’orare, Deus, in adjutorium meum intende : Domine ad ajuvandum me festina, che è per ogni bisogno, potrai ancora orare in altri modi più particolari. Come desiderando tu di conoscere e fare la volontà di Dio, l’orazione tua farà una delle seguenti: Benedictus es Domine, doce me facere justificationes tuas. Deduc me Domine, in semìtam mandatorum tuorum. Utinam dirigantur via mea ad custodìendas justificationes tuas. – E per dimandare a Dio quanto se gli può domandare, e gli piace che se gli domandi, userai l’Orazione Dominicale, la quale si deve dire con tutto l’affetto del cuore e con ogni attenzione.
Di alcuni avvisi intorno all’orazione.
CAP. XIII
Prima hai d’avvertire, che l’orazione (non parlo delle meditazioni, delle quali si dirà appresso) devono esser brevi nel modo suddetto, ma spesse, piene di desiderio, e d’attuale fede, che Iddio ti abbia a soccorrere, se non a modo tuo, e quando tu vorresti, con assai miglior soccorso, e più opportuno tempo. – Secondo, che vadano sempre accompagnate, quando attualmente, quando in virtù, con una delle seguenti clausolette. – Per tua bontà. Secondo le tue promesse. Ad onore tuo. In nome del tuo diletto Figlio. In virtù della tua Passione. In nome di Maria Vergine, Figlia, e Sposa, e Madre tua. – Terzo, che alle volte segli aggiungano dell’Orazioni giaculatorie, come: Concedimi Signore l’amor tuo in nome del tuo diletto Figlio. E quando sarà Signor mio che io l’abbia? quando? Il che anco si può fare dopo ciascuna domanda dell’Orazione Dominicale: oppure dopo tutte, come, Pater noster, qui es in cœlis, Sanctificetur nomen tuum. Ma quando sarà, nostro Celeste Padre che il nome tuo sia conosciuto per tutto ilMondo, onorato, e glorificato? quando Iddio mio? Quando? E così dopo le altre domande. – Quarto, che domandandosi delle virtù, e grazie, sarà bene considerare ilpiù delle volte il valore della virtù, ed il bisogno che se ne ha: La grandezza di Dio e della sua bontà: I meriti di chi domanda, che a questo modo si domanderà con più affetto, e desiderio, con più riverenza, e confidenza, e con più umiltà; e similmente s’ha da considerare il fine della domanda, acciò sia per piacere a Dio, e ad onore suo.
Di un altro modo di orare
CAP. XIV
Si suole anco orare perfettamente, stando in presenza di Dio col pensiero senza altro dire, giuculandogli di tempo in tempo sospiri, volgendogli un occhio, ed un cuore desideroso piacergli, ed un breve ed infuocato desiderio che ti conceda la grazia domandata nelle orazioni precedenti.
Del quarto soccorso della volontà Umana
CAP. XV
Il quarto soccorso della volontà nostra è l’amore divino, il quale soccorre e fortifica in tal modo la volontà che non è cosa che non possa, né passione e tentazione che non vinca. Il modo di conseguirlo è l’orazione, domandandolo spesso a Dio, e la meditazione, meditando quei punti che sono atti, con la grazia di Dio, ad accenderlo nella terra dei cuori umani.Questi sono: Chi è Iddio. Quanta, e quale la potenza, Sapienza, Bontà, e Bellezza di Dio. Che ha fatto Iddio per l’uomo, e che sarebbe di più per fargli, se fosse di bisogno. Con che animo l’abbia fatto. Che cosa faccia ogni giorno all’uomo, e che cosa è per fargli nell’altra vita, se qui vivendo, ubbidisce ai suoi precetti, per fargli piacere e con purità di mente.
Della meditazione dell’Esseredi Dio.
CAP. XVI
Che cosa sia Iddio, Egli stesso, che compitamente si conosce, l’ha detto rispondendo e così dicendo: Ego sum, qui sum! E tale, e tanto questo predicato di Dio, che non si può dare a creatura alcuna; non a Principi, non a’ Regi, o Imperatori, non ad Angioli, non a tutto il Mondo insieme, perché ogni cosa ha l’essere dipendente da Dio, e come da sé è un bel niente. E da qui appare, quanto vano è l’uomo, che ama le creature e gli sta attaccato, non amando in esse il Creatore e le creature secondo vuole esso Signore. È vano, dico perché ama le vanità. È vano, perché pensa saziarsidi quelle cose, che da sé non sono. È vano, perché s’affatica di avere di quelle cose, che col dare tolgono ed uccidono. Se dunque hai ad amare, come che bisogna amare, amisi Iddio, che empie e sazia il cuore.
Della meditazione della Potenzadi Dio.
CAP. XVII
Già si sa, che non questa o quella sola potenza del Mondo, ma tutte unite insieme volendo edificare non Regni, non Città, ma un solo Palagio, pure hanno bisogno di varie materie e maestranze, e di molto spazio di tempo, se poi con tutto ciò l’edificio riesce appunto a voglia loro. Ma Iddio con la sua potenza, di niente in un subito creò tutto l’universo, e poteva crearne per la stessa facilità infiniti altri, e distruggerli, e ridurli a niente. Questo solo punto, quanto più profondamente si medita, e mediterà, tanto più se ne caveranno nuovi stuporied incentivi di amare un Signore sì possente.
Della Meditazione della Sapienzadi Dio.
CAP. XVIII
Quanto poi sia alta, ed inscrutabile la Sapienza di Dio, non è chi lo possa comprendere. Pure perché ne abbi qualche cognizione, vogli l’occhio dell’ornamento del Cielo, alla vaghezza della terra e ditutto l’universo, che non ritroverai altro che Sapienza incomprensibile dell’Architetto divino. Volgi la mente al vivere degli uomini, ed agli accidenti vari, che occorrono, che non è cosa tanto disordinata, che nel cospetto di Dio non sia Sapienza inscrutabile. Medita i misteri della redenzione, che li troverai tutti pieni d’altissima Sapienza: O altitudo, divitiarum Sapientia, et scientia Dei! Quam incomprehensibilia sunt judicia ejus!
Della Meditazione della Bontàdi Dio.
CAP. XIX
La bontà di Dio è, siccome tutte le altre sue infinite perfezioni, in se stessa incomprensibile, ma per che di fuori e tanta, che non è cosa al mondo in che non si ritrovi. La creazione è dalla Bontà di Dio, la Conservazione e Governo è della Bontà di Dio, la Redenzione ci mostra, che ineffabile ed infinita è la Bontà di Dio, dandoci qui per nostro riscatto il proprio Figlio, e parimente per cibo quotidiano nel Sacramento dell’Altare.
Meditazione della Bellezzadi Dio.
CAP. XX
Della Bellezza diDio questo deve bastare a tutti, ch’ella è tale e tanta, che contemplando se stesso Iddio ab Aeterno, senza che altrove mai si rivalga, resta nella capacità sua infinita, incomprensibilmente sazio e beato. O uomo, conosci ormai la dignità alla qual sei chiamato dalla Bontà di Dio, e non esser più di sì guasto cuore, che spregiata questa, dia il tuo amore alla vanità, alle bugie, ed all’ombre. – Ti chiama Iddio all’amore della sua Potenza, Sapienza, Bontà, al diletto della sua bellezza ed all’entrar nel suo gaudio; e tu ti fai sorda? Pensa, pensa ai fatti tuoi, che non ti sopraggiunga tempo, ove il pentimento non giova.