Missione dello Spirito Santo
[mons. J.J.Gaume: “Trattato dello Spirito Santo”. Firenze-1887-]
Per quanto lo permettano le oscurità della presente vita, noi conosciamo lo Spirito Santo in sé medesimo. Esso è la terza Persona della SS. Trinità. Egli è Dio come il Padre ed il Figliuolo. Ei procede dall’uno e dall’altro mediante una sola spirazione e come da un solo e medesimo Principio, senza che per ciò vi sia né posterità, né priorità, né ineguaglianza qualsiasi tra Colui che procede e quelli da’ quali egli procede. Esso è il fondatore e il Re della Città del bene. Sotto i suoi ordini diretti sono poste tutte le schiere angeliche, notte e giorno dappertutto, per proteggere nelle quattro parti del mondo, i fratelli del Verbo incarnato contro gli assalti delle legioni infernali. Amore consustanziale del Padre e del Figliuolo, a Lui si attribuisce per appropriazione di linguaggio, l’opera per eccellenza dell’adorabile Trinità. Qual’è quest’opera? La creazione? No! La Redenzione? No!. Qual’è dunque? La santificazione e la glorificazione; il Padre crea, il Figliuolo riscatta, lo Spirito Santo santifica; il Padre fa degli uomini, il Figliuolo dei Cristiani, lo Spirito Santo dei Santi e dei beati. L’opera dello Spirito Santo è dunque più sublime di quella del Padre e del Figliuolo, poiché essa è il compimento e dell’una e dell’altra. [“Haec est enim voluntas Dei sanctifìcatio vestra”. I Thess., IV, 3.]
Che quest’opera suprema appartenga allo Spirito Santo, la prova è chiara. È Esso che forma Maria, la Madre del Redentore e, nel seno verginale di Maria, il Redentore medesimo. Esso che Lo dirige, che Lo ispira, che Gli dà incarico di fare miracoli e che Lo glorifica: “Ille me glorificabit”. Come prolungamento di quest’opera di universale santificazione, è Esso che forma la Chiesa, Madre del cristiano, e nel seno verginale della Chiesa, lo stesso cristiano, fratello del Verbo incarnato. Esso che lo dirige, che lo ispira, che lo innalza a poco a poco alla santificazione, e dalla santificazione alla gloria. [“Verbum caro factum habuit a Spiritu sancto, qui totum hoc unionis hominis cum Deo opus in Christo peregit, eumque ita sanctificavit, ut illi virtutem dederit omnes homines sanctifìcandi“. In Epist. Ad Rom c. I, 4.]. Questa grande opera, magnifica sintesi di tutte le opere del Padre e del Figliuolo, non poteva rimanere isolata nelle inaccessibili regioni dell’eternità. Che anzi, doveva essa diventare palpabile e compiersi nel tempo. Per compierla, lo Spirito Santo ha dunque avuto una missione. Prima di andare più oltre fa d’uopo spiegare questa parola tanto spesso pronunziata e tanto poco intesa. Allorché essa parla delle divine Persone, la Teologia cattolica intende per missione: “La eterna destinazione di una persona della Trinità al compimento di un opera del tempo: destinazione che le è data dalla Persona da cui essa procede” [“Missio est unius personae a persona ex qua procedit destinatio ad aliquem effectum temporalem”. Vid. S. Th., i p., q. 43, art. 2, ad 2. — Vitass., De Triniti q. 8, art. 5.]. Fin da “ab eterno” era deciso che il Verbo si farebbe uomo e verrebbe nel mondo per salvarlo [“Non enim misit Deus Filium suum in mundum, ut sudice mundum, sed ut salvetur mundus per ipsum”. Joan., III, 17.]: ecco la sua missione. Fin da “ab eterno” era deciso che lo Spirito Santo verrebbe nel mondo per santificarlo: ecco la sua missione!
Parimente nelle Persone divine, vi sono tante missioni divine quante sono processioni. Il Padre non ha missione, perché Egli non procede da nessuno. Il Figliuolo riceve la sua missione dal Padre solo, perché non procede che da Lui. [“Qui misit me Pater“. Joan VIII, 16. — “Misit Deus Filium suum“. Gal., IV, 4.]. Lo Spirito Santo riceve la sua missione dal Padre e dal Figliuolo, perché Egli procede dall’uno e dall’altro. [“Cum autem venerit Paracletus, quem ego mittam vobis a Patre”. Joan., XV, 26]. Ascoltiamo sant’Agostino: « Il Figliuolo, dice, è mandato dal Padre, perché è apparso nella carne, e non il Padre. Vediamo altresì che lo Spirito Santo è stato mandato dal Figliuolo: “Quando Io me n’anderò, Io ve lo manderò”; e dal Padre: Il Padre ve Lo manderà in mio nome. Con ciò, vedesi chiaro che il Padre senza il Figliuolo, né il Figliuolo senza il Padre non ha mandato lo Spirito Santo; ma ha ricevuto la sua missione dall’uno e dall’ altro. Del Padre solo non si legge in nessun luogo che sia stato mandato. E la ragione è che Egli non è né generato, né procedente da nessuno. Infatti, non è né la luce, né il calore che manda il fuoco; ma è il fuoco che manda il calore e la luce. » [Contra Serm. Arian., c. IV, n. 4, opp. t. VIII, p. 964].
Ammiriamo per un po’ la profonda giustezza del divino linguaggio. Allorché egli annunziava lo Spirito Santo ai suoi Apostoli, il Verbo incarnato dice: « Egli mi glorificherà, imperocché Egli prenderà del mio e ve l’annunzierà. Tutto ciò che appartiene a mio Padre è mio. Ecco perché ho detto: Egli prenderà del mio e ve l’annunzierà. » [Joan. XVI, 14, 15]. Non dice, prenderà di me, perché sarebbe dire in qualche maniera, ch’Egli sarebbe il solo principio dello Spirito Santo, e che lo Spirito Santo procede dal Figliuolo, come il Figliuolo procede dal Padre, vale a dire da Lui solo. Ma non è cosi. Per questo Egli dice: Egli piglierà del mio, e non “di me”. Imperocché, ancorché Egli prenda da Lui, non prende di Lui tranne ciò che Egli medesimo ha preso dal Padre. Di guisa che la missione dello Spirito Santo viene insieme e dal Figliuolo e dal Padre, dal quale il Figliuolo stesso ha tutto ricevuto. Del resto, non bisogna credere che la missione implichi una inferiorità qualunque in colui che la riceve, relativamente a colui che la dà. La missione non denota molto meno una inferiorità, quanto la stessa processione di cui è la conseguenza: l’Angelo della scuola dice con ragione: « Nelle persone divine, la missione è senza separazione, senza divisione della natura divina che è una, e la medesima nel Padre e nel Figliuolo e nello Spirito Santo; essa non indica dunque che una semplice distinzione d’origine. » [“Talis missio est sine separatione, sed habet solam distinctionem originis“, I p., q. 48, art. 1, ad 4]. Cosi, per adoperare un paragone imperfetto, il raggio è mandato dal centro, e il fiore dalla pianta, senza esserne separato, e conservando la natura dell’uno e dell’altro. Completiamo queste nozioni fondamentali, aggiungendo che vi sono due sorta di missioni per il Figliuolo e per lo Spirito Santo: una visibile e l’altra invisibile. Per il Figliuolo, la missione visibile fu l’Incarnazione: per lo Spirito Santo: la sua comparsa al battesimo di Nostro Signore, sul Thabor, e il giorno della Pentecoste.
Per il Figliuolo, la missione invisibile ha luogo tutte le volte che Egli viene, Sapienza infinita, e Luce soprannaturale a comunicarsi all’anima preparata, nella quale abita come nel suo tempio; per lo Spirito Santo, la missione invisibile si rinnova ogni volta che viene, come Amore infinito, Carità soprannaturale, a comunicarsi all’anima ben disposta, nella quale egli abita come in suo santuario. [S. Aug., apud S. 71., i p., q. 48, art. 6, ad 1]. Lo scopo di questa duplice missione è di assimilare l’anima alla Persona divina che gli è inviata: “Similis ei erimus”. Ora, siccome il Figlio, Luce eterna, e lo Spirito Santo, Amore eterno, sono stati mandati per l’intero mondo, così l’intenzione di Dio è di assimilarsi l’umano genere, e assimilandoselo, mediante la verità e la carità, di deificarlo. O uomo! se tu comprendessi il dono di Dio: “Si scires donum Dei!” Cotale missione, nel concetto divino, non è transitoria ma permanente: essa è infatti fino a che l’uomo non vi pone fine col peccato mortale. Essa non arreca soltanto all’anima i lumi del Figliuolo e i doni dello Spirito Santo: ma il Figliuolo e lo Spirito Santo vengono in Persona ad abitare in lei. [“Si quis diligit me…. ad eum veniemus et mansionem apud eum faciemus”. Joan., XIV, 23]. Completare l’opera del Verbo, facendo nei cuori ciò ch’Egli aveva fatto nelle menti, compiere così la trasformazione dell’uomo in Dio: tale è la magnifica missione dello Spirito Santo. In ragione stessa della sua importanza, essa dovette essere l’ultimo termine del concetto divino; per conseguenza l’anima della storia, il motore e la chiave di tutti gli avvenimenti compiuti dall’origine del mondo in poi. Se dunque l’Incarnazione del Verbo ha dovuto essere conosciuta da tutti i popoli; e per ciò, promessa, figurata; predetta, preparata sino dalla nascita dell’uomo, con più forte ragione ha dovuto essere altrettanto della missione dello Spirito Santo, compimento dell’Incarnazione; i fatti confermano il ragionamento.
Ora, affinché sia bene inteso che le promesse, le figure, le profezie, le preparazioni di cui andremo disegnando il quadro, si riferiscono alla terza persona della SS. Trinità, e non ad un altro spirito, è bene il ricordare l’insegnamento dei Padri, intorno al significato della parola “Spirito” nella Scrittura. Basti a noi udire sant’Agostino : « Si può, dice egli, domandare se, allorquando la Scrittura dice lo “Spirito di Dio”, senza aggiungere niente, bisogni intendere lo Spirito Santo, la terza Persona della Trinità consustanziale al Padre ed al Figliuolo; per esempio: “Là dove è lo Spirito di Dio, ivi è la libertà”, e altrove: “Iddio ce l’ha rivelato mediante il suo Spirito”; e altresì: “ciò che è nascosto in Dio, nessuno lo sa, fuorché lo Spirito di Dio”. In questi passi, come in moltissimi altri dove nulla è aggiunto, si tratta evidentemente dello Spirito Santo. Il contesto lo fa comprendere abbastanza. Difatti, di chi altri parla la Scrittura quando dice: “Lo stesso Spirito rende testimonianza allo spirito nostro, che noi siamo i figliuoli di Dio”; e: “lo Spirito medesimo, aiuta la nostra infermità, è un solo e medesimo Spirito che opera tutte queste cose distribuendole a ciascuno come gli piace”. In tutti questi luoghi, né la parola Dio, né la parola Santo, è aggiunta alla parola Spirito; e nonostante si parli chiaramente dello Spirito Santo. « Io non so se si potrebbe provare con un esempio solo, autentico, che là dove la Scrittura nomina lo Spirito di Dio senza aggiunta, essa non voglia parlare dello Spirito Santo, ma bensì di un altro spirito buono quantunque creato. Tutti i testi citati per stabilire il contrario sono dubbiosi, ed avrebbero bisogno di chiarimento. » [De divers. Quaest. lib. II. n. 6, p. 187, opp. t. VI, S. Th., I p., q. 74, art. III, ad 4].
Come vedemmo, nei consigli eterni era deciso che due Persone dell’Augusta Trinità discenderebbero visibilmente sulla terra: il Figliuolo per salvare il mondo coi suoi meriti infiniti, lo Spirito Santo per santificarlo con la effusione delle sue grazie. Ma quando un monarca, teneramente amato dal suo popolo, deve visitare le diverse parti del suo regno per seminare dei benefizi, tutti gli spiriti sono preoccupati della sua venuta. La fama lo precede; come pure i corrieri: tutte le strade si aprono dinanzi a lui, e niente è dimenticato per preparargli un ricevimento degno delle speranze ch’egli fa nascere, e dell’entusiasmo che ispira. Non vi è cristiano che non lo sappia: ecco ciò che ha fatto Dio per preparare la venuta del Verbo incarnato. Promesso, figurato, predetto, atteso per quaranta secoli, il Desiderato delle genti, domina maestosamente il mondo antico. Esso è l’anima della Legge e dei Profeti, l’oggetto di tutti i voti, la fine di tutti gli avvenimenti, lo scopo dell’innalzamento e della caduta degli imperi: insomma Egli è l’asse divina intorno a cui gira tutto il governo dell’universo. Questa preparazione, sorprendente per grandezza e per maestà, non era dovuta soltanto alla seconda Persona della SS. Trinità, ma altresì alla TERZA! Eguale al Figliuolo per la dignità di sua natura, superiore in un senso per la sublimità della sua missione, e dovendo come il Figliuolo scendere personalmente sulla terra, lo Spirito Santo doveva, come il Messia, essere preceduto da una lunga sequela di promesse, di figure, di profezie, di preparazioni, per essere non meno del Messia, l’oggetto costante dell’ universale aspettativa: “Desideratus cunctis gentibus”. Questa induzione della fede non inganna punto. La storia ci mostrerà la terza Persona della Trinità, occupante lo stesso posto della seconda, e nel concetto di Dio, e nella speranza del genere umano e nella direzione di tutti gli avvenimenti del mondo antico, per il lungo intervallo di quattromila anni.