LA PREGHIERA DI PETIZIONE (14)
P- B. LAR – RUCHE
LA PREGHIERA DI PETIZIONE (14)
OSSIA IL MEZZO PIU’ INDISPENSABILOE E NELLO STESSO TEMPO INFALLIBILE PER IMPETRARE DADIO OGNI BENE E SOPRATTUTTO L’ETERNA SALVEZZA.
ISTITUTO MISSIONARIO PIA SOCIETA’ S. PAOLO
N. H., Roma, 15 maggio 1942, Sac. Dott. MUZZARELLI
Imprim., Alba 25 maggio 1942. Cn. P. Gianolio, Vic. Gen.
Tipogr. – Figlie di S,. Paolo. – Alba – giugno – 1942.
24 – Il mondo senza preghiera.
Più vado innanzi nella vita, e più vedo che il mondo va male. Che si tratti soltanto di impressione soggettiva? Cioè che, andando in avanti cogli anni, scopra bensì sempre nuovi mali che non m’erano fino allora noti, ma che pur esistevano già prima? — Non credo! Per tante e tante cose ho troppe prove, troppi indizi in contrario. Prendo in considerazione un ambiente solo: quello in cui son nato e cresciuto, quello perciò che m’è più noto e che non è certo il peggiore, quello ancora ch’è il più diffuso: il ceto del popolo delle nostre campagne. Quand’era giovinetto un atto immorale disonorava la persona, che l’aveva commesso, per tutta la vita: oggi invece chi si scompone più per queste opere di Sodoma? — Una volta chi bestemmiava era tenuto per un figlio legittimo di satana: adesso reca stupore un uomo che non bestemmi. — Quand’ero piccino, se il padre udiva una parola poco bella scappata dalla bocca d’un suo bambino, un’occhiata significativa o, tutt’al più, un manrovescio salutare, metteva tutto a posto per sempre: invece attualmente, quando il bambino pronuncia le prime parole – spesso le bestemmie apprese dal babbo o le parole oscene apprese dalla mamma o dalla sorella maggiore — si dice con compiacenza: « Com’è bravo il nostro bimbo! Già sa parlare! » — Non oltre mezzo secolo fa, chi lavorava la festa o ne marinava la Messa, era segnato a dito come un eretico e un pagano: ai nostri giorni invece in molti paesi si contano sulle dita gli uomini che vanno alla Messa domenicale, si lavora e si traffica la festa come se il far ciò sia la cosa più lecita ed onesta; e specialmente il pomeriggio di quei santi giorni (che una volta era dedicato al Vespro, al Catechismo e alla benedizione eucaristica, e — soltanto dopo — alle visite ai congiunti, a qualche passeggiata o a qualche onesto divertimento) è oggi quasi universalmente dissacrato e — sopratutto dalla gioventù — considerato come il tempo più adatto e più propizio per andar a caccia di occasioni peccaminose. — Anche la foggia del vestire, specialmente quella muliebre, quanto è diventata più immorale e davvero provocante, pur nei nostri paesi! Non è forse vero infatti che tante figliuole, per voler seguire la moda del giorno, divengono un continuo allettamento ed un’efficace provocazione al peccato brutto? Oh! anche se esse non mirano direttamente a scandalizzare gli altri, pure di fatto le fanno. Ah, sì! « L’inferno è in festa! Da dieci anni a questa parte i peccati si sono moltiplicati per cento, per cinquecento a causa della moda maledetta! » (P. Matteo Crawley, nel 1929). E si potrebbe continuare. – C’è chi vorrebbe attribuire tanti disordini all’ignoranza; che — anche da predicatori di vaglia — suolsi chiamare « l’ottavo sacramento »! Oh! io non vado a cozzare contro chi osa sostenere un tal giudizio in proposito. Infatti per chiunque, in qualsiasi modo pecchi, si potrà sempre fare la preghiera di Gesù Crocifisso: « Padre, perdona loro perché non sanno ciò che fanno! » (Luc. XX, 34); poiché il peccato è un tale abisso che nessun mortale riuscirà mai a scrutare nelle sue profondità « I peccati chi li comprende? » (Salmo XVIII, 13). Ma da questo allo scusare per ignoranza chi commette tanti disordini ad occhi aperti (tale è l’impressione che fanno quei predicatori), il passo è — a mio modo di vedere — troppo lungo. Il Signore infatti non iscusa neanche i pagani che vanno contro la legge naturale da Lui impressa nei loro cuori; poiché di essi sta scritto che « li ha accecati la loro malizia », e che perciò « essi sono inescusabili » (Sap. II, 21; Rom. I, 20). E fra noi ci sarà chi osi scusare i Cristiani — Cattolici — romani, e perfin quelli che son vicinissimi alla fonte della verità, i quali in gran numero vanno, non solo contro i precetti della Chiesa e contro la legge divino-positiva, ma perfin contro la stessa legge naturale, pur in ciò che è comandato o proibito direttamente? Eh, via! I peccatori medesimi non hanno il coraggio di scusarsi; poiché ben sanno che per essi le leggi di Dio e della Chiesa vengono — almeno ai nostri giorni e nei nostri paesi — continuamente richiamate nelle nostre chiese; senza contare che ci sono oggi pur tanti altri mezzi, coi quali si può facilmente venir a conoscere ciò che si deve credere e fare per rendere contento il Signore e tranquilla la coscienza. Trattarli quindi sempre con grande carità, compatirli, compiangere la loro misera condizione, oh, sì e tanto! Ma scusarli, no, se non in casi veramente rarissimi di buona o dubbia fede. – Ma allora— dirà taluno — come si può spiegare tanta colluvie di colpe, commesse oggi con tanta facilità e indifferenza? Rispondo col presentare un altro quadro della vita attuale messa in relazione con quella d’una volta. Forse dal confronto di questo quadro con quello che ho già tracciato, sortirà ciò che purtroppo temo e che ritengo più rispondente a verità. Non molti anni addietro nelle nostre famiglie si recitavano in comune le preghiere quotidiane, specialmente quelle della sera. Ora non più. C’è, sì, ancora qualche mamma pia e seria che insegna le orazioni ai propri bimbi; ma tante donne oggi hanno ben altro per la testa, che di pregare! — Una volta quando suonava l’«Angelus» a mezzodì, il capofamiglia si scopriva il capo e — sospeso il lavoro — recitava, anche in mezzo ai campi, il saluto angelico alla Madonna; al quale rispondevano con tono franco e devoto tutti i presenti. Oggi invece quel suono non dice più altro, se non che è venuta l’ora d’andar a mangiare! — Un tempo non lontano, la sera durante tutta la stagione invernale, non mancava mai nelle nostre famiglie la comune devota recita del S. Rosario. Conosco anzi un paese in cui il Rosario era considerato come la colonna di sostegno delle famiglie. Esso veniva intonato e sostenuto dal capo-famiglia, e tutti lo accompagnavano piamente. Oggi invece gli uomini hanno abdicato vergognosamente a tale onore; in qualche famiglia c’è ancora la nonna che vuol sostenerlo. Ma che succede? La seguono le donne e le ragazze. Fra mezzo a queste poche voci si ode il basso mormorio del nonno. E poi? E poi i bambini sonnecchiano o si stuzzicano fra di loro. L’uomo maturo, quello che suda, lavora e mantiene la famiglia, è là seduto, colle gambe accavallate, che continua a leggere, senza scomporsi, il giornale, che scorre e sfoglia l’illustrazione più o meno pornografica. E la gioventù maschile, appena s’accorge dei preparativi del Rosario, esce alla chetichella per andar… dove?… Io non lo so precisamente. So però che una volta la notte, specialmente quella senza luna, era la miglior amica dei ladri e dei sozzoni!… — Ed anche qui si potrebbe continuar a dare ancora di belle pennellate. – Dunque da una parte — I quadro — i peccati sono aumentati a dismisura; e dall’altra — II quadro — si prega poco, si prega male, non si prega. Ora io domando: Che la pensi male chi sospetta fortemente che l’aumento dei peccati si debba attribuire — più che ad altro — alla diminuzione dello spirito di preghiera, che — in fondo in fondo — non è altro che lo spirito di unione con Dio? Infatti, se la vera preghiera ottiene infallibilmente la grazia di evitare i peccati, come ho detto e provato tante volte, questi peccati non possono trovarsi se non in chi non prega o non prega bene. – Non è molto (1939) il Card. Schuster di Milano ebbe a dire: « Il popolo non viene più alla dottrina cristiana (e, soggiungo io, neppure ai sacramenti) perchè la sua vita è pagana ». Ma perchè mai è pagana questa vita del nostro popolo, se non perchè essa non è attivata dalla grazia attuale efficace, che le vien impetrata soltanto dalla fervente preghiera? Se il popolo nostro, quantunque quasi pagano, si mettesse a pregare davvero, Gesù, che è « resurrezione e vita » (Giov. XI, 25), lo farebbe risorgere e rivivere. Invece non prega, e per giunta son pochi coloro che pregano per lui; ed egli continua purtroppo a sprofondarsi sempre più « nelle tenebre e nelle ombre della morte» (Luc. I, 79). — Ed ecco — secondo me — provato un’altra volta che quella che manca è specialmente la preghiera. E fra non molto vedremo anche il grande Donoso Cortes a darmi ragione. – Il male ad ogni modo c’è, ed è assai grande. Ed esso serpeggia distesamente anche fra coloro che, recitando il « Pater noster », vorrebbero aver la pretesa di essere dei genuini figli di Dio! Ma quali figli! quali figli hai mai, o mio Dio! Oh! lasciamolo dire a Lui stesso. « Se sono Padre — Egli domanda — dov’è l’onore che mi si dà? Ah! io li ho nutriti ed esaltati come figliuoli, ed essi mi hanno disprezzato! » (Malach. I, 6; Is. I, 2). Oh, davvero! a più di uno di questi figli di Dio, si potrebbero gettare in faccia queste roventi parole del Crisostomo: « Con qual fronte puoi mirar nascere il sole, senza adorare l’amoroso Signore che te lo manda? Come puoi prendere il cibo, senza ringraziare il buon Dio che ti provvede e t’alimenta? Come puoi metterti a letto la sera, senza benedire il Signore per i tanti benefici da Lui ricevuti durante il giorno?)) Ma gli domandassi almeno perdono della tua ingratitudine e delle mancanze Commesse! Ah! « è cosa orrenda passare anche un giorno solo senza preghiera! » (Tertulliano). – « Cristiano senza orazione, animale senza ragione! » (Filippo Neri). « Chi non prega è morto! » (S. Bonaventura). Ah! — gemeva il Ven. Contardo Ferrini « io non saprei concepire una vita senza preghiera: uno svegliarsi il mattino senza incontrare il sorriso di Dio, un reclinare la sera il capo, ma non sul petto di Cristo. Una tal vita dovrebbe somigliare a notte tenebrosa piena di avvilimento e di sconforto, incapace di resistere alle prove, abbandonata al reprobo senso, ignara delle gioie sante dello spirito. Ah, povera vita! Come si possa durarla in tale stato è per me un mistero! » — Così un professore laico! Ma non è forse questa la tua vita? E ti pare che questa vita sia degna di un Cristiano o anche solo di un uomo? Ah, taci? Ne hai ben donde! Ah, poveri uomini! A quanti di loro il buon Dio potrebbe dire queste meste parole: « Vedere questi uomini che gemono, che stentano, che languiscono! Sapere di avere in mano tutto ciò di cui han bisogno, essere più che disposto a conceder loro ogni cosa; e vederlo da essi rifiutare e vederlo perfin disprezzare, ah! è cosa che mi passa il cuore! — Forse in un non lontano avvenire chi mi legge troverà che realmente Gesù disse queste precise parole ad un’anima privilegiata. Ma ancorché ciò non si verificasse, esse purtroppo riproducono la realtà delle cose. – Non è forse vero che tanti uomini ricercano e quindi stimano solo ciò che può lusingare i loro sensi e interessare la loro vita economica e materiale; mentre invece tutto ciò che riguarda la vita dello spirito non ha per essi alcun senso e quindi nessun valore? Ora questo in gran parte dipende dal fatto che non pregano. Infatti « chi non prega è come una gallina od un tacchino che non possono sollevarsi in aria. Se volano un pochino, tosto ricadono, si avvòltolano nella terra e nel fango, se ne insudiciano, e pare non trovino diletto o gusto in altro » (Curato d’Ars). Proprio così! Non si può adoperare similitudine più appropriata di questa per ritrarre al vivo la misera condizione in cui giace la maggior parte degli uomini dei nostri giorni! Ora, domando io, potrebbero mai essere più sventurati di così? « Ah! io » unisco la mia voce a quella del Ven. Contardo Ferrini, e « supplico il Signore che la preghiera non abbia a morire mai sulle mie labbra: che prima abbia ad uscire il mio spirito, che ammutolirsi così miseramente. Sì, perché il giorno che tacesse la preghiera sulle mie labbra, sarebbe finita in me ogni vita morale, sarebbe finita l’aspirazione al bene, sarebbero finiti i conforti migliori dell’anima mia. Se tacesse la mia preghiera, vorrebbe dire che Dio m’ha abbandonato ». Ma si noti bene: ciò che sarebbe per me individuo, sarà pure per la società, se essa non ritornerà ad unirsi a Dio colla preghiera.
25. — La preghiera e gli uomini grandi.
Tanti deridono e scherniscono coloro che pregano, e così seri convinti di compiere una vera prodezza da superuomini. Uno di questi si permise un giorno in presenza del patriotta Mazzini — che pur non portava addosso neppure traccia della muffa di sacristia — di canzonare un sacerdote che piamente recitava il Breviario, sperando che il celebre genovese approvasse ed assecondasse il suo atto inconsulto e volgare. Ma gl’incolse maluccio; poiché il Mazzini gli fe’ tosto passare l’uzzolo, dicendogli: « Lascia che lodi Iddio. Egli fa certamente un mestiere più nobile del nostro ». Eh, già! tanti che strisciano servilmente dinnanzi ad una persona autorevole nella spesso bella speranza di averne un favore od almeno un sorriso, oppur fanno in modo ridicolo e compassionevole i melensi paraninfi attorno ad una donna corrotta e corruttrice (il motivo è meglio tacerlo!), si stimerebbero poi minorati nel loro prestigio e nella loro dignità di uomini, se fossero sorpresi in atto di umile e confidente supplica dinanzi al Padrone di tutte le cose, Re dell’universo e loro Padre celeste; e ciò senza neppur lontanamente sospettare di perdere, con tal contegno, ogni diritto ad essere più ritenuti per uomini veramente seri e degni di stima. Ma tant’è! Il mondo è fatto così. Invece gli uomini veramente grandi avevano un concetto ben diverso della preghiera; ed a noi riuscirà sempre salutare l’ascoltarli. È e sarà sempre classico quanto in modo piano, ma pure in termini teologici, scrive sulla preghiera il grande Bourdaloue: « Nessuna decisione di fede — ei scrive — è stata mai più autenticata né ricevuta dal mondo cristiano con maggior sommissione e rispetto, che quella nella quale la Chiesa dichiara la necessità della preghiera. Senza la grazia del Redentore io — con qualsiasi capitale di virtù naturali io possa avere e per qualsiasi buon uso mi faccia della ragione e della libertà — sono sempre nell’assoluta impossibilità di pervenire al termine della salvezza. Senza l’aiuto della grazia, non solamente non posso giungere a questo felice termine della salute eterna, ma nè tampoco posso dispormivi, né cominciare a sperarla, nè desiderarla e neppure pensarvi. Senza la grazia non salute: dunque non v’è salute senza la preghiera; perchè all’infuori della prima grazia, tutto parte da essa; ed è di fede che la preghiera è il mezzo efficace ed universale con cui Dio vuole che otteniamo tutte le altre grazie. Ecco la regola da Gesù Cristo prescritta, ecco la chiave dei tesori della misericordia celeste, ecco il divino canale che ci porta i grandi beni di Dio. Dio, il quale nulla ci deve per giustizia, nè può nulla doverci se non per motivo di misericordia o tutt’al più di fedeltà, non si è impegnato con noi per questi stessi titoli di fedeltà e di misericordia, se non dipendentemente dalla condizione della preghiera. Perciò non solamente senza essere ingiusto, ma senza cessare neppure di essere fedele e misericordioso, Egli può non concederci queste grazie, quando noi non lo preghiamo.., e certe grazie così grandi, quali son quelle per la eterna salute, ben meritano almeno la fatica di doverle domandare! » – Dopo ciò ben poteva anche il Lacordaire chiamar la preghiera « la regina del mondo, la più grande leva delle grazie ». Ma qui si dirà: « Sì, tanto il Bourdaloue come il Lacordaire, furono oratori celebri. Ma uno era Vescovo e l’altro religioso; e quindi non potevano parlare diversamente ». Ah, così? Ecco allora un laico, anzi un liberale spagnolo: Donoso Cortes, il quale, per lettera, manifesta ad A. De Blanche questi sentimenti sulla preghiera: « Credo che pel mondo siano più vantaggiosi coloro che pregano, che non quelli che combattono, e che se il mondo va di male in peggio, ciò è perché vi sono più battaglie che preghiere. Se potessimo penetrare nei segreti di Dio e della storia, ritengo che rimarremmo sbalorditi al vedere i prodigiosi effetti della preghiera, anche nelle cose umane. Su tale punto ho un convincimento così profondo che ritengo che se ci fosse un’ora sola in un sol giorno in cui la terra non mandasse al cielo alcuna preghiera, quel giorno e quell’ora sarebbero l’ultimo giorno e l’ultima ora dell’universo ». – Oh! che splendido panegirico della preghiera! Il medesimo concetto della preghiera ebbero pure Victor Hugó e il Klopstok. Questi infatti asserì che « chi prega, lavora più e meglio di tutti »; e il primo disse: « chi è assorto in preghiera non sta ozioso. Le braccia incrociate operano, le mani giunte lavorano, gli occhi rivolti al cielo sono la migliore di tutte le azioni ». — E non erano santi, né uno, né l’altro; ma ben possono far coro col Cortes contro tutti coloro che vorrebbero soppressi gli Ordini religiosi contemplativi e le Suore claustrali, per lo specioso motivo che sono inutili parassiti. Ah! parassiti i Religiosi? Essi sono invece i più efficaci parafulmini stornanti le più aspre vendette che Dio dovrebbe prendersi contro le orrende ed innumerevoli iniquità degli uomini. Ai precedenti può aggiungersi quello che, ai suoi tempi, fa il più celebre medico di re e di principi, il Recamier: « Quando un malato mi dà qualche pensiero — era solito a dire — quando io non so più che pesci pigliare, quando trovo che la medicina non giova più e che la terapeutica riesce inefficace, io ricorro a Colui che può guarire ogni male ». — Ricorreva poi spessissimo al Rosario: « La Vergine — diceva – è sì buona che, tolti casi eccezionali, la preghiera è senz’altro esaudita ». – Anche il nostro Manzoni ci fece capire quant’egli credesse alla potenza della preghiera, quando — nei suoi « Promessi Sposi » — scrisse di Lucia, delittuosamente sequestrata nel castello dell’Innominato, queste parole: « In quel momento si rammentò che poteva almeno pregare, e insieme con quel pensiero le spuntò in cuore come un’improvvisa speranza. Prese di nuovo la sua corona e ricominciò il Rosario; e di mano in mano che la preghiera usciva dal suo labbro tremante, il cuore sentiva crescere una fiducia indeterminata… S’alzò e si mise in ginocchio, e tenendo giunte al petto le mani, dalle quali pendeva la corona, alzò il viso e le pupille al cielo, e disse: O Vergine Santissima! Voi a cui mi sono raccomandata tante volte, e che tante volte mi avete consolata! Voi che avete patito tanti dolori, e siete ora tanto gloriosa, e avete fatto tanti miracoli per i poveri tribolati, aiutatemi! fatemi uscire da questo pericolo, fatemi tornar salva con mia madre, o Madre del Signore! » — Si noti che il Manzoni fa coincidere con questa preghiera — che fu pienamente esaudita — il principio ed il seguito di quella tempestosa agitazione interna — operata dalla grazia attuale — che doveva condurre l’Innominato a tal mutazione del suo animo, da trasformare il tiranno in liberatore di Lucia, ed il feroce e crudele bandito in un grande benefattore dei dintorni. – Oltre ogni dire espressive sono pure le parole che Daniele O’ Connel rivolse a coloro che un anno lo sollecitarono ad abbandonare il suo tradizionale ritiro spirituale, per correre in Parlamento a sostenere la causa dell’oppressa Irlanda. « Rassicuratevi milord, — disse al messo — che pregando e confessando i miei peccati, io difendo qui la nostra causa dinanzi a Dio… L’emancipazione dell’Irlanda non perderà nulla… Lasciate che il Parlamento urli le sue minacce. In ginocchio io non sono meno potente che in piedi col braccio teso per combattere. Mi dò a Gesù Cristo per essere più utile al mio paese ». -‘Il Franklin ancora, nel 1787, mentre i 55 Delegati del Nord-America deliberavano con Washington la costituzione della Confederazione Americana, s’alzò, e — fra l’altre cose che disse – ebbe pure queste grandi parole: « Signori, preghiamo! Ho vissuto molto; e più vado innanzi negli anni, più mi persuado che è Dio che governa gli affari degli uomini ». — Abbiamo dunque qui un protestante, il quale oltreché riconoscere che ogni bene ci vien da Dio, dà pure una solenne lezione a tanti Cattolici che si vergognano di lasciarsi sorprendere in atto di preghiera. – E lasceremo da parte il nostro grande Marconi? Com’egli riconobbe lealmente d’avere scoperta la telegrafia senza fili e la radio coll’aiuto di Dio, così non molto addietro, in un’intervista concessa ad un grande giornale inglese, fece questa franca professione di fede: « Io son fiero di dire che son Cristiano e credente. Io credo nella potenza della preghiera. Io vi credo non solo come fedele Cattolico, ma anche come uomo di scienza ». E così anche il Morse, che inventò il telegrafo comune, francamente attribuì la sua utilissima invenzione al Signore. « Quando mi trovavo arenato nel mio studio — disse — mi mettevo in ginocchio, pregavo, e la luce tornava alla mia mente; sicché quest’invenzione la posso dire di Dio ». — Ah! gli uomini grandi, avevano pur grandi parole! Ora, dopo ciò, perché non accoglieremo noi l’invito che in « Carlambrogio da M. » ci fa il grande storico italiano, Cesare Cantù, incitandoci alla preghiera? Eccolo: « Qualunque sia la vostra condizione, pregate. La preghiera è uno scudo contro le tentazioni, un balsamo che cicatrizza le ferite, una mano invisibile che sostiene il barcollante, un braccio soccorrente a chi è caduto. In essa v’è qualcosa di commovente insieme e di maestoso. La preghiera, o amici, salda la fede, rianima la speranza, mantiene la carità; le tre prime virtù del Cristiano ». Ma ancor più pressante è l’invito che ci fa il principe dell’oratoria italiana, cioè il Segneri: « Io – tuona egli — vorrei dar fiato ad una tromba come quella che si farà sentire in tutto il mondo nel dì del giudizio, e gridar forte a tutti: Pregate, pregate, se volete salvarvi! ». Ah, sì! ascoltiamo questo accorato grido: ci salveremo noi. Ripetiamolo poi a tutte le anime che incontreremo sulla nostra via, e coopereremo alla salvezza loro. Si, ascoltiamo e ripetiamo questo grido!