25 LUGLIO: SAN GIACOMO IL MAGGIORE

SAN GIACOMO IL MAGGIORE

(OTTO HOPHAN: GLI APOSTOLI. Ed. Marietti. Torino, 1951)

Giacomo ha molto di comune con Andrea, che nel Collegio apostolico gli era vicino, precedendolo d’un unico posto; se però ci addentriamo nella loro anima, ci appariranno molto diversi l’uno dall’altro. Anche Giacomo era pescatore del lago di Galilea e quindi doveva essere certamente da anni collega di professione con Andrea e suo fratello Simone Pietro; si direbbe anzi, stando ad accenni del Vangelo, che le due famiglie di pescatori possedevano, secondo il costume diffuso nel paese, barche e arnesi in comune ed in comune esercitavano il mestiere; in occasione infatti della pesca miracolosa, quando Simone e Andrea non riuscivano a dominare il miracolo, « fecero segno ai loro compagni nell’altra barca, perché venissero e li aiutassero. E quelli vennero ». Parabola dell’avvenire! Quando un giorno Pietro, divenuto pescatore d’uomini, ritirerà sovraccariche le reti, i compagni d’un tempo divideranno con lui il peso ed il piacere del lavoro. Anche Giacomo aveva un fratello, che con lui fu chiamato all’ufficio apostolico, ed era Giovanni, quel Giovanni, che ha per proprio simbolo l’aquila: chè anche questi è volato più in alto del fratello Giacomo, che dunque, come Andrea, deve starsene nell’ombra o, meglio, nella luce di un fratello più grande. È possibile che tutti e due, Giacomo e Andrea, fossero debitori di qualche privilegio ai loro fratelli più grandi; Giacomo però era molto interessato — e in questo si differenzia sostanzialmente dall’umile Andrea — d’essere grande lui stesso.

GIACOMO L’AMBIZIOSO.

Giacomo e Giovanni erano figli di Zebedeo, nome che letteralmente significa “dono di Dio”; i Vangeli notano espressamente il nome del padre per distinguere questo Giacomo da un altro Apostolo dello stesso nome, da Giacomo cioè figlio di Alfeo. Il figlio di Alfeo, dì cui ci occuperemo più tardi, è chiamato dagli Evangelisti « Minore », minore perchè il Signore lo chiamò a Sè più tardi e certo anche perchè doveva essere più giovane d’età del nostro Giacomo; per il figlio di Zebedeo quindi divenne usuale la designazione: «Il Maggiore ” e in

latino: « Major ». « Major » alla lettera vuol dire «più grande, il Grande »; ora questo appellativo aggiunto — il Signore ne aggiunse anche un altro a questo Apostolo — richiama l’intima natura di Giacomo; Giacomo Maggiore è di fatto « Giacomo il Grande », di alto sentire, di aspirazioni nobili, anche orgoglioso inizialmente, un uomo di carattere, portato all’autorità e al lavoro; come uomo di nerbo, pieno di espressione ed energia lo ha pensato anche il Rubens, e a buon diritto. Giacomo e Giovanni sortirono quest’indole distinta fin dalla nascita. Il loro padre Zebedeo, un vero « dono di Dio », doveva essere un uomo dall’anima grande e generosa, sebbene per professione fosse soltanto pescatore; quanto elevati fossero i suoi pensieri e a quali orizzonti si protendessero i suoi desideri, lo rivela l’ora della vocazione dei suoi figli. Il Signore glieli tolse letteralmente dalla barca e dalle reti, e non uno solo, ma tutti e due, e tutti e due in una sola volta: « essi lasciarono il loro padre Zebedeo nella barca con gli operai e Lo seguirono », ci riferisce chiaramente Marco; gli tolse i due giovani vigorosi quand’egli era ormai invecchiato e da tempo attendeva con impazienza l’ora, nella quale poter rimettere a loro il mestiere, poiché non si sentiva più le forze d’un tempo e anche gli occhi, nel rattoppare le reti, non lo servivano bene e le mani fallivano il colpo sempre più spesso; eppure Zebedeo non disse una parola di protesta contro la dolorosa chiamata di Gesù, non pose la sua mano sui figli, che pure erano suoi; essi erano ancor più del Signore! Dovevano andar con Lui; non si oppone alla loro volontà, non arresta la loro ascesa; con Gesù avrebbero realizzati maggiori progressi che non presso il loro padre ormai vecchio, nella barca, sul lago; e lui saprà accomodarsi anche senza i figli. Un gran padre Zebedeo! Solo pochi padri si comportano come Lui! – Anche la madre Salome era una donna dall’animo nobile. Per lei riuscì anche più difficile cedere i suoi due figli, perché se n’andassero lontani dalla famiglia, sulle vie sperdute dell’apostolato; ma pure lei accettò il sacrificio generosamente; anzi lei stessa si mise a seguire Gesù e con le altre pie donne Lo soccorreva con le proprie sostanze; perseverò accanto a Gesù persino sul Calvario e forse per il suo cuore materno riuscì di soddisfazione dolorosa vedere il proprio figlio Giovanni, l’unico fra i Dodici, fedele anche lui presso la Croce. Genitori simili sono veramente genitori « Zebedeo », veri doni di Dio. – Giacomo non è ricordato in occasione della vocazione dei primi discepoli presso le rive del Giordano; era ivi invece Giovanni, il fratello più giovane; uno dei duc dovette rimanere a casa per aiutare il padre. Chi di noi si sia trovato il più anziano, sa per esperienza quello che in analoghe contingenze tocca di solito al « maggiore » : il più giovane, come si può concludere anche dalla parabola evangelica del figlio prodigo, approfitta dei privilegi della sua età. Quando Giovanni fu di ritorno in famiglia, riferì con occhi raggianti di Gesù, « del Figlio di Dio, del Re d’Israele », ch’egli, con i figli di Giona, aveva incontrato laggiù al Giordano, e la sua relazione dovette procurare un profondo tormento a Giacomo, che in quella circostanza non s’era trovato presente: dev’egli passar tutta la sua vita solamente occupato a prender pesci e a lavar reti? Non si sente anche lui chiamato a uffici più elevati? Se quel Gesù gli passasse dinanzi, se n’andrebbe con Lui sull’istante! Passò forse un anno, e Gesù venne e, insieme a suo fratello Giovanni, chiamò anche Giacomo alla piena comunione di vita con Sè. Fu come un levarsi del sole sul mare: Gesù era già sorto per la coppia di fratelli Simone e Andrea; più avanti toccò con i suoi raggi anche Giacomo e Giovanni:《 Camminando, Egli vide due altri fratelli, Giacomo, figlio di Zebedeo, e suo fratello Giovanni, che con Zebedeo, padre loro, riparavano le loro reti nella barca. Ed Egli li chiamò. Essi lasciarono subito la barca e il padre loro e Lo seguirono… 》. Pochi mesi dopo questa chiamata seguì l’elezione dei dodici Apostoli; in quell’occasione Marco ha la breve ma significativa osservazione: « A Giacomo, figlio di Zebedeo, e a Giovanni, il fratello di Giacomo, Egli diede il soprannome di Boanerges, che significa figli del tuono ». Il Signore veramente aggiunse un soprannome anche a Simone e lo chiamò « Pietro », che vuol dire « roccia »; ma questo nome riguarda un ufficio, quello invece di « Boanerges » indica un carattere; Giacomo e Giovanni erano dotati d’un’indole così forte e ardente, d’una natura così impetuosa e violenta, che il Signore per ritrarli convenientemente creò una parola apposta, ed era a metà lode e a metà biasimo. Quest’indole violenta e presuntuosa dei figli di Zebedeo è documentata da due esempi conservatici dal Vangelo stesso. Il primo lo leggiamo in occasione d’un viaggio verso Gerusalemme attraverso la Samaria. « Gesù mandò innanzi a Sé dei messaggeri, i quali giunsero in un paese dei Samaritani per provvedere un albergo per Lui; ma non Lo si ricevette, perchè Egli si trovava in viaggio verso Gerusalemme »). Questo atteggiamento dei Samaritani verso Gesù, in questo suo passaggio per la loro terra, ci sorprende davvero, perchè ben diversamente s’erano comportati con Lui quando da Gerusalemme era disceso in Galilea e aveva sostato presso di loro per due giorni; allora L’avevano pregato di fermarsi; questa volta invece, poichè ha rivolto « la sua faccia》 alla Capitale, odiosa ai Samaritani, Gli rifiutarono ricetto. Anche gli altri Apostoli erano certamente urtati per questa violazione del sacro dovere dell’ospitalità; « quando però i discepoli Giacomo e Giovanni videro questo, domandarono: “Signore, dobbiamo invocare fuoco dal cielo perché li divori? ». Una richiesta tremenda! I due Apostoli avrebbero voluto fare della città di Samaria quello che la guerra inumana dei nostri anni ha fatto delle città moderne, seminandovi la rovina e il dolore. E saranno questi gli Apostoli della Nuova Alleanza?! Hanno ascoltato invano la predica sul monte: « Amate i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori! »; forse l’inumana pretesa era stata suggerita ai due fratelli dal ricordo del castigo, che il profeta Elia aveva invocato sui messi dell’infedele re Ochozia. Ma Gesù non si fa la strada con fuoco e violenza, e per questo sdegnato « si voltò e li rimproverò ». In qualche antico manoscritto si legge anche la nobile aggiunta: « Non sapete di che spirito siete. Il Figlio dell’uomo non è venuto a perdere le anime, ma a salvarle! ». Boanerges! Come conviene bene questo nome ai due fratelli! È penoso anche il secondo episodio trasmessoci dal Vangelo. Nell’ultima ascesa a Gerusalemme, i due figli di Zebedeo non si peritarono di presentarGli la richiesta seguente: « Fa che nella tua gloria uno di noi sieda alla tua destra e l’altro alla tua sinistra ». Non potremmo misurare quanto d’inconcepibile e anzi di sfacciato ci sia in questa pretesa, senza leggerla nel suo contesto evangelico. Immediatamente prima, predicendo per la terza volta la sua passione, il Signore aveva dichiarato: « Noi adesso ascendiamo a Gerusalemme. Ivi il Figlio dell’uomo sarà consegnato ai gentili, sarà deriso, maltrattato e sputacchiato. Lo si flagellerà e ucciderà. Ma il terzo giorno risorgerà». E precisamente in quel momento, in quell’ora gravissima della vita di Gesù, Giacomo e Giovanni misero innanzi la loro egoistica richiesta. Di tutta la profezia della passione essi non avevano colto che la parola circa la « risurrezione », e anche questa interpretavano secondo le loro idee, quasi fosse cioè l’inizio del glorioso regno messianico finale; era dunque quello il momento opportuno per muoversi. La loro richiesta era diretta evidentemente contro Simone Pietro, a cui il Signore aveva già promesso la preminenza su tutti i colleghi, e questo non li aveva soltanto sorpresi, ma anche amareggiati; quel Simone bisognava respingerlo indietro! Non è la prima volta che nella Sacra Scrittura leggiamo d’un Giacomo, che defrauda un altro della sua precedenza e dei suoi privilegi; lo fece già il patriarca Giacobbe a danno di suo fratello Esaù, che derubò del diritto di primogenitura e della benedizione paterna; in quell’occasione Esaù gridò amaramente: « Con ragione gli si è imposto il nome di Giacobbe; mi ha

ingannato già per la seconda volta》; e questa interpretazione di « urgente la pianta del piede, soppiantatore » viene data anche dell’Apostolo Giacomo in certi « Atti degli Apostoli» antichi dell’Etiopia. Un rimasuglio di pudore trattenne Giacomo e Giovanni dal proporre essi stessi la loro richiesta al Signore; secondo la relazione di Matteo, spinsero innanzi la loro madre. Che cosa non fanno le mamme per amore dei loro figli! Può essere.però che la buona donna Salome avvertisse quanto di vergognoso v’era nella loro richiesta, ma la logica femminile sa alla fine accomodare anche cose spiacevoli: non aveva lei dato al Signore due figli e mezza sostanza — ma quest’ultima cosa non la pensò sino in fondo —, i suoi figli non erano energici, bravi e più idonei degli altri ai primi posti nel regno dei Cieli.- L’ambiziosa aspirazione dei figli di Zebedeo provocò negli altri un profondo sconcerto: « Quando i Dieci sentirono questo, s’indignarono contro i due fratelli »; e non è escluso che l’indole violenta, intollerante e presuntuosa dei due abbia recato spesso delle molestie al Collegio apostolico. Un particolare, trasmessoci da Clemente di Alessandria, riguardante il martirio dell’Apostolo Giacomo, è una prova ancora del temperamento faticosamente domato di questo figlio del tuono: sulla via, che conduceva al luogo del supplizio, s’accostò a lui il suo delatore e lo pregò del perdono; Giacomo stette a riflettere un po’…! Solo dopo lo abbracciò dicendogli: « La pace sia con te », e insieme con colui, ch’era stato prima il suo nemico, ricevette il colpo di spada, che lo fece martire. Neppure Giovanni, come vedremo ancora, è in alcun modo un giovane fantasioso e mansueto, come troppo spesso lo si presenta; Giacomo e Giovanni erano e… restarono Boanerges. Chissà quanti autori d’ascetica ed educatori avrebbero consigliato insistentemente di trattenere con fermezza simili Boanerges nell’ombra, perchè, se le nature ambiziose non sono frenate, prendono il sopravvento l’orgoglio e la presunzione; gli spiriti quindi angusti e timorosi si meraviglieranno assai che il Signore abbia adottata con Giacomo e Giovanni una pedagogia diversa, che fu poi veramente chiaroveggente e magnanima. Percorrendo i Vangeli ci avvediamo che i figli di Zebedeo conseguono dovunque precedenze e privilegi: in tutti i cataloghi degli Apostoli essi fan parte del primo gruppo, Marco anzi pone Giacomo al secondo posto, immediatamente dopo Pietro; in casa di Giairo, quando Gesù gli risuscitò la figlia, « Egli non fece entrare con Sè nessuno all’infuori di Pietro, Giacomo e Giovanni》 ; anche come testi degli splendori del Tabor, Egli prese solo « Pietro, Giacomo e Giovanni》, e forse fu qui che sorsero nel loro animo il presentimento e il desiderio “della gloria” del Signore, nella quale ambivano di sedere ai primi posti; «Pietro, Giacomo e Giovanni Egli prese con Sè » anche quando, sul Monte degli Olivi, non passò il « calice », quel calice, che un giorno anch’essi avrebbero dovuto trangugiare. Oltre a questi privilegi ricordati espressamente nel Vangelo, altri ancora forse ne furono concessi ai tre primi Apostoli, dei quali però non ci fu trasmessa alcuna notizia. Questa condotta di Gesù ci fa intendere ch’Egli vuole come Apostoli degli uomini grandi in abbozzo; solo dei grandi nello spirito sono in grado di capire Lui, il Grande, e sono atti agli alti compiti, ch’Egli vuole loro assegnare; le indoli invece pieghevoli e fiacche, che con le loro aspirazioni non si spingono mai al di là dell loro comoda mediocrità e, soddisfatte di se stesse, gironzolano sempre nelle loro piccole barche né mai invocano il fuoco o guardano alle stelle del cielo, non saranno prime neppure nel regno dei Cieli. Il Signore non schiacciò la natura ardita di Giacomo, non lo lasciò neghittoso, ma profittò delle sue belle doti per fare proprio di lui uno dei primi. Giacomo, come pure suo fratello Giovanni, aveva ancora in sè, senza dubbio, tendenze ben poco nobili; non erano solamente mossi da ardenti desideri, ma anche da ambizione; non erano semplicemente inclini a grandi cose, ma anche orgogliosi; ma chi mai getta via l’oro, perché è misto a una massa di terra? Chi sradica un albero, perchè vi crescono sopra dei vischi? S’impone piuttosto una prudente separazione del nobile dal non nobile. A questa luce ci spiegheremo perché la risposta alla richiesta audace dei figli di Zebedeo, anelanti ai primi posti nel regno dei Cieli, fu tanto mite da sorprendere. Il Signore non tuonò contro i due fratelli e neppure rivolse loro un aspro rimprovero, perché di tanto s’erano allontanati dallo spirito del Vangelo; certo, smontò la loro temeraria pretesa, rinviandoli alla misteriosa predestinazione divina: «Non sapete quello che domandate. Il posto alla mia destra o alla mia sinistra non ho da conferirvelo Io; esso spetta a coloro, ai quali è preparato dal Padre mio》; non spense però le loro aspirazioni alle grandi cose, indicò invece ad esse un’altra meta: « Potete voi bere il calice », e allettando, « che Io berrò presto? »; in questo Giacomo deve dar prova della sua grandezza, nel « bere il calice », nel condividere la sorte e la passione di Gesù. Chi aspira a un primo posto « nella gloria del Signore », dev’esser anzitutto primo nel bere « il calice del Signore ». Seguì una lezione, con la quale il Signore istruì anche gli altri Apostoli sulla vera grandezza. L’indignazione dei Dieci verso i figli di Zebedeo aveva ben rivelato ch’essi pure erano stimolati dalla stessa sete di onori; ma Gesù non rintuzzò neppure le loro aspirazioni per sostituirvi soddisfazioni nel poco e contentezza di se stessi; anch’essi devono tener vivo l’anelito alla grandezza, dirigendolo però per altra via: « Sapete che coloro, i quali passano per i principi dei popoli, dominano su di essi, e i loro grandi esercitano su di essi il potere. Così non dev’essere fra voi; ma chi tra voi vuol divenire grande, sia vostro servo, e chi tra voi vuol essere il primo sia il servo di tutti. Poiché anche il Figlio dell’uomo non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la sua vita come riscatto per tutti ». Il primo compito nel regno di Dio è servire. E così l’orgogliosa richiesta di Giacomo e di suo fratello Giovanni diede al Signore occasione e motivo di stabilire una legge evangelica fondamentale, che per tutti i tempi è un capovolgimento dei valori: anche nel regno di Cristo ci sono dei primi, ma essi devono essere come gli ultimi. – Alla domanda del Signore: « Potete voi bere il calice? », Giacomo, sicuro di sè, rispose: « Lo possiamo! ». Gesù allora guardò profondo negli occhi ai suoi Boan erges…

GIACOMO IL MARTIRE

Nel tempo che seguì non avvenne nulla, che distinguesse Giacomo fra i colleghi d’apostolato. Dopo la risurrezione, andò con loro nuovamente a pescare; sul lago, quel giorno, tutto era come prima, e però tutto era diverso, come avviene a chi dall’estero giunga in patria l’ultima volta, prima di andarsene per sempre Nel dì di Pentecoste stava con gli altri nella sala e anche su di lui guizzò « fuoco dal cielo », ma il vero, il santo, il celeste fuoco, che purifica e illumina. Poi anch’egli partì da Gerusalemme col Vangelo; nelle lezioni della sua festa il Breviario lo esalta dicendo: « Dopo l’Ascensione, Giacomo predicò la divinità del Signore in Giudea e Samaria e condusse moltissimi alla fede cristiana »; questo però lo fecero anche tutti gli altri. Egli gustò pure alcune gocce del « calice del Signore »: nella prima persecuzione, mossa dall’autorità ecclesiastica giudaica, fu arrestato e gettato nelle carceri della nazione e flagellato; ma anche questo avvenne a tutti gli Apostoli e tutti « s’allontanarono dal Sinedrio rallegrandosi altamente, perché erano stati fatti degni di patire contumelia per il nome di Gesù». Rimarrà dunque senza uno speciale significato la parola, che un giorno Giacomo diede al Signore? Dopo la seconda persecuzione, che tenne dietro alla lapidazione di Stefano, infuriò sulla Chiesa apostolica anche la terza, voluta dal re Erode Agrippa I°, che fu pure la più pericolosa di tutte e tre. Sulla stirpe degli Erodi gravava la maledizione; abbiamo in quella famiglia una dimostrazione biblica di quanto possa l’ereditarietà della colpa Il nonno di Erode Agrippa I° era stato Erode I°, detto « il Grande », che aveva regnato dal 40 al 4 a. C.: splendido e forte nel suo governo, per carattere astuto e crudele, aveva tentato di soffocare il Cristianesimo nella culla, letteralmente, ordinando l’uccisione dei bimbi di Betlemme. Il padre di Agrippa, Aristobulo, era stato giustiziato, con un altro dei suoi fratelli, dal vecchio Erode, perché sospetto d’alto tradimento. Lo zio, Erode Antipa, tetrarca della Galilea e della Perea, aveva governato dal 4 prima al 39 dopo Cristo ed era stato il sovrano di Nostro Signore; principe indolente e tutto dedito alle gozzoviglie, adultero incestuoso, aveva ucciso Giovanni Battista e la mattina del Venerdì Santo aveva deriso. Gesù. Erode Agrippa, re dei Giudei dal 41 al 44, germogliò da radice tanto iniqua. Passata la giovinezza dissolutamente a Roma, ove per i debiti contratti compromise la sua posizione, riuscì ad ottenere, col favore dell’imperatore Caligola (37-41), suo amico e del suo livello, la tetrarchia rimasta senza capo per la morte di suo zio Filippo, poi quella di Lisania, in seguito, con una serie di intrighi, anche il territorio dello zio Erode Antipa, costretto ad andarsene in esilio; e finalmente dall’imperatore Claudio ottenne pure il dominio sull’Idumea, la Giudea e la Samaria; divenne così un potente dominatore, che riuniva sotto il suo scettr l’intero territorio una volta appartenuto al nonno suo, ma insieme fu pure un potente avversario della Chiesa; sembrò ch’egli potesse schiacciarla con un cenno della. sua volontà. – Gli Atti degli Apostoli indicano il motivo della persecuzione mossa da lui co brevità e semplicità: « Per piacere ai Giudei »; la maggior parte cioè dei Giudei era contraria al dominio di Agrippa; un rabbi aveva persino proposto di proibirgli il Tempio; il re però giocò di scaltrezza e condiscendenza, e così riuscì a disarmare i suoi nemici e a cattivarsi un po’ alla volta l’affetto del popolo. La persecuzione contro i Cristiani, ch’erano invisi ai Giudei, rientrava in questo programma: a quel modo che un giorno suo zio Erode Antipa, per calcolo politico-diplomatico, aveva rimandato Nostro Signore a Pilato per la condanna, così Erode Agrippa, per venale furberia, gettò in mano ai Giudei gli uomini più ragguardevoli della Chiesa apostolica: «In quel tempo re Erode cominciò una persecuzione contro alcuni membri della Chiesa. Fece giustiziare con la spada Giacomo, il fratello di Giovanni 》. Eravamo alla festa di Pasqua dell’anno 42. Dovette esserci certamente un motivo perché Erode, per una vittima qualificata, gettasse l’occhio su Giacomo; possiamo con ragione pensare che appunto il focoso «”figlio del tuonoo” si fosse reso, col suo zelo impetuoso per Cristo, quanto mai odioso ai Giudei; doveva quindi cadere prima di tutti gli altri. E così fu tolto di mezzo quest’uomo prezioso! Avrebbe forse lavorato per Cristo meno di Paolo? E invece eccolo, l’energico Apostolo, atterrato dalla potenza di un ribaldo, prima ancora che giungesse nei vasti campi della messe. Non sa provveder meglio Iddio agli uomini che si propongono di mandare ad effetto le sue santissime intenzioni? – E qui ci si presenta anche un’altra domanda, più molesta ancora: Erode « fece arrestare anche Pietro, quando s’avvide che questo piaceva ai Giudei. Voleva produrlo al popolo — darlo in pasto! — subito dopo Pasqua »; ma Pietro fu liberato miracolosamente dal carcere per mezzo d’un Angelo: perchè a Giacomo non fu mandato nessun Angelo? non sarebbe stato degno d’un miracolo anche lui? I disegni di Dio sono imperscrutabili! E nondimeno nella morte violenta di Giacomo possiamo scorgere un raggio della divina sapienza. Un giorno Giacomo, con occhio risplendente, aveva assicurato il Signore: « Possiamo bere il calice »; Iddio lo prese in parola; Egli permise questo martirio, che doveva essere per gli Apostoli il segnale della loro dispersione in tutto il mondo. Secondo informazioni molto antiche e sicure, gli Apostoli eran rimasti e avevano faticato circa dodici anni nell’angolo della Palestina, loro patria; la persecuzione di Erode Agrippa ebbe il compito di lanciarli al di là della terra di Giuda; Pietro « si portò in un altro luogo》 non appena fu liberato dal carcere, e la maggior parte degli altri Apostoli seguì il suo esempio. Giacomo però giacque a Gerusalemme, accanto al Tempio, nel proprio sangue; aveva ardentemente desiderato, fin da quando s’era trovato in Samaria, di disporre gli uomini ad accogliere il Signore, ma per la seconda volta questa sorte non gli era toccata; la sua morte servì alla Provvidenza, perchè allora fu posta mano finalmente alla grande opera della evangelizzazione del mondo. Per questo servizi Giacomo è divenuto il « Grande » e il « Primo »; il Vangelo ha la sua applicazione: « Chi fra di voi vuole divenite grande, dev’essere vostro servo; e chi fra di voi vuol essere il primo, dev’essere il vostro schiavo ». Quando gli altri Apostoli si trovarono lontani, nelle fatiche dell’apostolato, «in pene e vigilie, nella fame e nella sete, al freddo e nella nudità, in peregrinazioni, pericoli e affanni », dovettero ripensare con commozione al martirio del loro grande fratello Giacomo; egli aveva fatto per Cristo anche più di loro e dovette essere per loro un monit e un incoraggiamento continuo; un giorno li aveva feriti con la sua indole altezzosa; ma poi dimostrò con i fatti ch’egli era veramente un primo, non il Primo in potere, come Pietro, non il primo per lavoro, come Paolo, ma il Primo nel sangue. non fu il Primo e il più grande di tutti?

GIACOMO IL PELLEGRINO

La morte prematura dell’Apostolo — morì ancor prima del Concilio apostolico — non favorì il sorgere di leggende intorno a lui; gli apocrifi più antichi si limitano a colorire la sua attività a Gerusalemme e nelle terre vicine e la storia del suo martirio. Solo Teodomiro,Vescovo di Iria in Galizia verso l’anno 772, riferisce espressamente che Giacomo soffrì il martirio a Gerusalemme, dopo il suo ritorno dalla Spagna; i resti mortali sarebbero stati portati dai discepoli dell’Apostolo a Joppe e di là, per via di mare, a Iria in Spagna; Iria ebbe poi il nome di « Compostella ». Questo nome è interpretato da parecchi come un’abbreviazione di « Giacomo Postolo » — Giacomo Apostolo; in forma più lunga si dice: « San Jago di Compostella ». L’anno 1082 sopra il sepolcro dell’Apostolo si cominciò a costruire una splendida chiesa. Con Gerusalemme e Roma, Santiago di Compostella fa parte dei tre luoghi più celebri come mete di pellegrinaggio dell’intera cristianità. Così anche dopo la morte Giacomo è fra i tre primi! I pellegrinaggi al suo sepolcro, segnatamente dal secolo decimo al decimoquinto, furono celeberrimi; solo il Papa poteva dispensare dal voto d’un pellegrinaggio a Santiago; chiese e cappelle senza numero, erette in onore di San Giacomo, orlarono le vie, che da tutti i paesi conducevano a Santiago. Vi fu un tempo, in cui Giacomo Maggiore era il più popolare di tutti gli Apostoli. Egli è il patrono della Spagna e il patrono pure dei pellegrini. – Vorremmo concedere al cavalleresco popolo di Spagna l’onore di essere stato evangelizzato da questo Apostolo dall’animo nobile, col quale può sentirsi intimamente congiunto; ma la leggenda d’un’attività di Giacomo nella Spagna non è sostenibile. Essa è anche molto tardiva; la letteratura spagnola dal quinto all’ottavo secolo, ch’è pur così abbondante, tace assolutamente sul viaggio di Giacomo in Spagna; un passo invece della lettera dell’Apostolo Paolo ai Romani fa capire che in quel tempo, verso l’anno 58, la Spagna non era ancora una terra dischiusa al Cristianesimo: « Spero, quando andrò in Spagna, di vedervi nel viaggio e di esservi condotto da voi》 3°. Diversa è la questione del trasporto delle reliquie di Giacomo a Compostella. L’anno 1884 il Papa Leone XIII riconobbe la loro autenticità. Nella Chiesa antica la festa di Giacomo Maggiore — un’altra sentenza ritiene che si tratti di Giacomo Minore — fu celebrata, con quella di Pietro e Giovanni, il 27 dicembre, come festa che faceva corteggio a quella del Natale; il giorno della festa attuale, il 25 luglio, dev’essere il giorno del trasporto delle reliquie. Nell’uso del popolo è considerato come giorno della sorte, come giorno delle prime mele e giorno di fortuna per la messe — « giorno di Giacomo nella raccolta, giorno di Giacomo nella mietitura » —; sui monti è pure il giorno di cambiamento della servitù e giorno festivo per i pastori. – Dal secolo decimosecondo in poi Giacomo è rappresentato quasi sempre come pellegrino, con la conchiglia, la tasca e il bordone del pellegrino. Tutto questo un senso profondo, anche se la leggenda del suo viaggio nella Spagna lontana sia priva d’ogni fondamento storico: Giacomo è il primo Apostolo, che è pellegrinato presso il Signore, in patria, ed è divenuto il primo « nella gloria del Signore », perchè per primo ne ha bevuto « il calice ». Noi pellegriniamo lontani dal Signore, perchè quaggiù non abbiamo una stabile dimora, ma cerchiamo quella avvenire; se, come Giacomo, beviamo i nostri « calici », anche noi un giorno perverremo stanchi, ma felici e maturi nella lontana terra natale. « Sii dunque con noi, o Signore, giacchè te ne supplichiamo, e fa che il viaggio dei tuoi servi trascorra favorevolmente nella tua salvezza, affinché in tutte le vicende di questa via e di questa vita trovino continuamente presso di Te protezione e aiuto ». Ce lo concedi per l’intercession del tuo santo pellegrino e Apostolo Giacomo. Amen.