LO SCUDO DELLA FEDE (257)
LA SANTA MADRE CHIESA NELLA SANTA MESSA (26)
SPIEGAZIONE STORICA, CRITICA, MORALE DELLA SANTA MESSA
Mons., BELASIO ANTONIO MARIA
Ed. QUINTA
TORINO, LIBRERIA SALESIANA EDITRICE, 1908
PARTE III
IL RINGRAZIAMENTO
ART. IV
LA S. MESSA COMPIUTA.
« Nel nome del Padre, del Figliuolo, e dello Spirito Santo. »
Così nella santa Messa, in questo vero compendio di tutta la religione, in questo vero spettacolo di misericordia divina, di che fummo con infinita pietà graziati da Dio, in sul presentarci ed assistervi peccatori, cademmo confusi nell’abisso delle nostre miserie dinanzi all’altare del santissimo Iddio. Qui per noi non si poteva far altro, che gridare col pubblicano dell’Evangelo: « Signore abbiate di noi pietà, che siamo peccatori! » E Dio si degnava di volgersi clemente alle nostre grida col risponderci di perdono nei riti di propiziazione, che ci preparavano alla santa azione. (Così dal principio fino al Kyrie.) Tra le braccia del perdono di Dio, alimentati della speranza della vita beata, noi abbiarn voluto allora il nostro al cantico degli Angioli associare, per dare gloria al Salvatore, che in cielo col Divin Padre riconcilia noi colpevoli. (Dal Kyrie fino all’ Evangelo). – Come tale Ei ci istruiva di sua bocca, e coi misteri di sua vita spirava nelle anime nostre la carità, che doveva consumare il Sacrificio aceettevole sull’altare del Dio vivente. (Dal Valgelo fino all’offerta del Sacrificio). Così istruiti, allora ci lasciavamo dalla madre Chiesa condurre per mano sul monte santo; e qui, Dio della misericordia! a che abbiamo mai assistito! Egli stesso, il Figliuolo di Dio, ci cadeva innanzi sacrificato: e placato Dio, ci riapriva il paradiso. (Dall’Offerta fino al Pater noster). Poi a farci poggiare così alto , si fermò tra noi Egli stesso, ci accolse in seno, ci porse l’alimento divino da poter con esso salire e vivere a vita eterna. (Dal Pater noster fino al Postcommunio). Noi nell’unione con Dio godiamo qui un saggio iniziale della beatitudine, che il Redentore ci prepara nel cielo, nostra patria. Oh quanta gloria a Dio per tanta sua bontà! Noi adunque che la gloria di Dio abbiamo veduto, corriamo ora dal monte a raccontare le meraviglie della bontà di Dio: e passando peregrini sulla terra, diamo la mano ai fratelli, per ravviarli al Padre nostro amorosissimo, che abbiamo in Cielo. Quando la buona famiglia di Tobia trattava ancora colla più tenera gratitudine il benedetto compagno e duca del periglioso viaggio del figlio, l’Angelo Raffaele, perchè di tanti beni li aveva ricolmi; e se lo guardavano in mezzo di loro quei pii, come una vera benedizione mandata da Dio: e all’improvviso se lo videro sollevarsi in aria, benedirli, salire al cielo; esclamarono attoniti: « egli era un Angelo! » E non seppero far altro, che gettarsi sul suolo atterriti ad adorare la maestà del Signore così buono con loro. Anche la gran famiglia cristiana nel santo Sacerdote, degli eccelsi doni di Dio dispensatore, riconosce l’Angelo del nuovo Testamento, che dalla croce, ove lo saldò Gesù col Sangue, deriva la maggiore benedizione nel Nome del Padre, che ci creò; e ci vuole salvi col darci a Redentore il proprio Figlio: nel Nome del Figlio, che è la nostra salute: nel Nome dello Spirito Santo, che di grazia ci vivifica nel tempo, e ci alimenterà di beatitudine nella eternità. La famiglia non può far altro che cadere per terra esclamando: amen, amen. » Sia in noi fermata tanta benedizione colla croce di Gesù, di cui si fa appunto il segno, per dare sopra di noi la benedizione col Sangue di Gesù Cristo. (Dal Postcommunio fino all’ultima benedizione).
Col Dominus vobiscum ancor con un saluto ci dà un amplesso il Sacerdote. Oh! il cuore nella foga dell’ affetto ama ripetere le sue più calde espressioni: ed una madre non finisce mai di dire la parola più cara nel cuore del figlio delle sue viscere; ed il Sacerdote nello stringerci in seno ancora una volta dice col palpito del cuore che palpita in Gesù: « su, su la mente, il cuore, il corpo coperto dalle Piaghe di Gesù! su, su tutti in Dio, a contemplare nella fonte della Divinità i misteri che abbiamo meditato. »
Principio del santo Evangelo secondo Giovanni.
Legge l’ultimo evangelo.
Adoriamo! è il santo Apostolo dell’amore, é l’amico dello sposo, è il diletto Giovanni, che riposò nel convito della carità sul petto a Gesù Cristo. Facciamoci appresso, chè, dice s. Agostino, ciò che bevette in seno a Dio, ora lo riversa sull’anime purificate. Ben fortunati anche noi, che riposiamo sul petto a Gesù, e lo teniamo stretto in cuore! Ora con Gesù prima di scendere dal santo monte contempliamo ancor la gloria di Dio. Abbiamo detto: è il bisogno che ci spingeva a cercarlo su questo altare: ora giacché tanto ci è dato, solleviam le anime nostre; varchiamo i mondi del tempo, spingiamo in alto il pensiero a contemplare in quel trono d’inaccessibile luce l’altissimo Iddio! E qui come nell’aurora sulla vetta del monte s’innalza di candidissima nube di argento leggiera leggiera, e vola in seno al ciel d’oriente, e fra le vampe di quella luce dorata par che vagheggi con amore il sole; e il sole di splendore la investe e la compenetra tutta, e la incorona, di raggianti baleni in mezzo al firmamento, ed ella riflette la sua luce color di rosa sopra gli oggetti a cui sovrasta: così a temperare l’ardenza di quello splendore, che sfolgorerebbe il pensiero, per noi Gesù si frammette, ed infrange quei dardi di luce divina, gli spezza e spande in noi come adattati alla forma della mente umana: e noi pel Verbo contempliamo Iddio.
Principio dell’evangelo secondo Giovanni.
« Nel principio era il Verbo ecc. »
Dio virtù onnipotente, sapienza infinita, e lume eterno, conosce se stesso, e genera il Verbo sua Immagine sostanziale. Così Dio Padre genera il Figliuolo Divino, il quale era già ab eterno, quando il tempo ebbe principio. Era questo Figliuolo suo Verbo, e sua Sapienza Divina, che il Signore ebbe seco nel principio del suo operare, già prima che cominciasse ogni cosa (Prov. VIII,22).
Il Verbo era appresso Dio ecc.
Questo eterno Figliuolo, Unigenito del Padre e sua Immagine, è figura della sua Sostanza, il che vuol dire suo Verbo. Non è già come l’immagine e l’espressione del pensiero umano, semplice atto che passa nell’anima che è la stessa che pensa; ma essendo Immagine Sostanziale, è una Persona distinta dal Padre. Era adunque appresso a Dio Padre: ben dice che era; e non già che nel principio è, perchè non si potesse credere che cominciasse ad essere, quando ebbero principio le cose; ma nel principio Egli era già. Nè dice che fu; perché non si potesse mai credere, che di poi abbia cessato di essere; ma si dice era, colla quale voce espresse l’eterna immutabile esistenza del Verbo (Martini, nota a questo versetto in Nuovo Test.); così ab eterno generato dal Padre della stessa Natura e Sostanza del Padre.
« Il Verbo era Dio, questo era nel principio appresso a Dio ecc. »
Dopo espressa l’unità dell’Essenza, e la distinzione della Persona del Verbo, si dà ora un saggio della Trinità. Poiché nell’essersi detto la prima volta che il Verbo era nel principio, ed era appresso Dio, si ha voluto dire, che il Verbo era nel Padre che è Dio; e ripetendosi ora che il Verbo era appresso Dio, si vuol dire che Esso è ancora nello Spirito Santo. Così può intendersi l’unione e la distinzione delle tre Divine Persone.
« Tutte le cose furono fatte per Esso, e senza di Esso niente fu fatto di ciò che è stato fatto ecc. »
Dio Padre vede nel suo Figlio tutte le cose, siccome scorgeva il disegno di tutto l’universo nel suo Eterno Creatore Pensiero. Egli così pel suo Verbo, che è la Sapienza, concepiti gli esseri, disse la sua parola di creazione; ed è questa creatrice parola di Dio tradotta in atto, che dà esistenza a tutte le cose. Adunque pel Verbo tutte le cose furono fatte, e senza di Esso non fu fatto niente di ciò che è stato fatto. Ecco, ecco la ragione di tutte le cose create. Rivolgiamo lo sguardo sopra di noi, interroghiamo noi stessi: come noi siamo fatti? come abbiamo noi cominciato ad esistere? Dove era, per dir così, il disegno, in cui si vedevano tutte le parti minute, così ordinate, perché risultare ne dovesse la nostra persona? Interroghiamo tutte le cose che ci circondano: dicano esse, perché esistono così: come, quando non erano, han potuto cominciare ad essere? Povera ragione umana! Ella dispera di poter concepire, come una cosa, che prima non era, cominciò ad essere. Dall’essere al non essere vi è una distanza, un abisso infinito, che la mente umana non può misurare. Quel tutto, che può la ragione, è il poter esclamare ragionando col filosofo: non eran le cose, non eravamo noi: noi siamo adesso; vi è adunque una Cagione Somma, che produsse tutti questi effetti. Fermiamoci un istante vediamo dappertutto accadere movimenti, e questi non esistevano in prima. Esiste pertanto il moto? Dunque può ancora la ragione come Aristotile esclamare: se esiste il moto, esistere deve il Motore che lo ha prodotto. Ma la fede ci rivela, che il disegno di tutte le cose è la ragione della loro esistenza, cioè il perché esistono esse come sono create, la Cagione Prima è il gran Motore di tutto, è il Verbo, per cui tutto è fatto, perché in Lui sono le idee archetipe di ogni cosa. In Lui dunque come in principio ed in fonte risiedeva la vita, tanto naturale, che Egli comunica agli esseri animati, quanto la spirituale, che Egli dona alle anime vivificandole all’immortalità, giustificandole alla vita eterna. – Qui poi l’Evangelista, manifestato il Principio di tutto, entra ad esporre la più grande delle opere del Verbo eterno di Dio, cioè il discendere che fece dal seno del Padre per dar la vita alle anime degli uomini giacenti nelle tenebre e nelle ombre di morte. Dimostra (così s. Ireneo) come pel Verbo il Padre eseguita la creazione dell’universo, pure pel Verbo dona vita e salute agli uomini da Lui creati.
« La vita era la luce degli uomini ecc. »
Cóme in mezzo alla creazione il Verbo lasciando correre un raggio della sua Luce divina, e comunicando un’immagine del suo Pensiero questo raggio di luce celeste, quest’immagine della Sostanziale Immagine di Dio diede vita al pensiero umano, per cui noi siamo uomini, che portiamo qualche cosa in noi che viene di Cielo, e nel Cielo siain destinati a trovar tutto che qui sentiamo mancarci: così per questa luce, che splende in noi, vediamo nelle creature uno specchio magnifico del Creatore, e gli esseri esistenti ci servono di scala per salire a quell’altezza.
« E la Luce splende tra le tenebre, e le tenebre non l’hanno compresa ecc. ecc.
Ma quando cademmo in basso, quel lume di ragione dato da Dio oscurossi così, e restò così ombrato dalle passioni, Che l’anima era nelle tenebre sepolta, senza quasi un raggio di luce che le facesse scorgere dove sono collocati i suoi sublimi destini. Il Verbo vivificante, che era luce per gli uomini là nella creazione, nel ristorare e ricreare gli uomini è là é per noi vera luce celestiale e divina, che scorge l’uomo a vita eterna. Ma le tenebre non l’hanno riconosciuta: perché gli uomini acciecati aman le tenebre più che la luce; e non vollero prevalersi di questa Luce. Benediciamo a Dio noi, che eravamo tenebre una volta ma ora poi, dice l’Apostolo, siamo luce nel Signore.
« Fu un uomo mandato da Dio, che nomavasi Giovanni: questi venne qual testimonio, affine di rendere testimonianza alla Luce, affinché per mezzo di lui tutti credessero. Egli non era la luce, ma era per rendere testimonianza della Luce ecc. »
Dopo di aver esposta la divina generazione del Verbo, che è la vera Luce dell’universo, comincia a raccontare la storia della sua generazione umana, col dire come venne mandato da Dio il precursore Giovanni. Quest’uomo nel venire a compiere la missione, si presenta mostrando di essere mandato da Dio, coi miracoli della sua nascita, colla sua vita ammirabile, colla santità della sua dottrina. Era egli adunque l’uomo più idoneo a rendere testimonianza. Ei predicava che Gesù, che si presentava qual semplice uomo, era il Cristo di Dio, venuto ad illuminare il mondo. Quando poi tutti accorrevano alla predicazione di Giovanni, e ammiravano i doni di Dio nell’uomo straordinario così, che già credevano fosse il Messia; nel sentirsi a dire subito da lui medesimo: « No, che non sono
io il Messia: ma io non sono altro che una povera voce; e sono venuto nel deserto per dirvi che vi prepariate, » intendevano che non era esso la Luce: ma sì della Luce il foriero ed il precursore, a cui dovevano credere, perché era già dal profeta Isaia predetto.
« Quegli era la Luce vera che illumina ogni uomo, che viene in questo mondo ecc. »
Egli era la vera Luce, eterna, increata, da cui ogni luce procede, per cui resta illuminato ogni uomo che viene in questo mondo. Io venni Luce nel mondo, disse Gesù, affinché chi crede in me non rimanga (Jo. XII,46) in tenebre. Chi mi segue non camminerà nelle tenebre; perché, dice san Paolo (Hebr. 1, 3.- Tim. VI, 16) Egli è lo Splendore della eterna gloria, il Candore della luce eterna, che illumina terra e cielo.
« Era nel mondo, ed il mondo per Lui fu fatto: e il mondo non lo conobbe. »
Questa Luce, vera Sapienza del Padre, era già nel mondo, perché in tutte le create cose riflette un raggio della Sapienza divina, che dà di Dio la più degna cognizione che per gli uomini aver si possa.
« Ma il mondo non la conobbe. »
vero pur troppo, che gli uomini, benché conservati tra le braccia dell’ammirabile provvidenza di Dio, voltarono le spalle al loro Creatore, che è benedetto in eterno; per loro l’aspetto medesimo del firmamento non ebbe più una voce a narrare la gloria del suo Fattore: ed abbandonati al reprobo senso, adorarono invece le creature: e quando comparve il Figliuolo di Dio, non lo vollero conoscere.
« Venne nella propria casa, ed i suoi non Lo ricevettero ecc.
Benché Egli sia comparso in mezzo al popolo suo, sua eredità e depositario dei segreti di Dio nella rivelazione affidati; i suoi non Lo vollero ricevere. Seppure non si vuol intendere qui, che il Verbo divino si preparava nella creazione la casa, dove voleva porre la sua delizia nell’abitare coi figliuoli degli uomini (Prov. VIII,31), volendo anche dei gentili fare sua eredità, porzione sua. Ma gli uomini tutt’ora non vogliono che entri in possesso del suo regno. Come i Giudei non volevano che regnasse Cristo sopra di loro, così non vogliono che regni certi potenti della terra, che Lo escludono dai loro governi, regolandosi con una politica, che non ha per fondamento la legge di Dio ed il rispetto alla sua Chiesa: non vogliono che regni gli educatori alla moda, che non prendono per fine di condurre i loro allievi colla loro coltura a conoscerlo e servirlo con amare Iddio nell’adempimento dei loro doveri: non vogliono che regni in certe famiglie molti individui pei quali servire a Dio non pare ormai che sia più tutto il dovere della vita umana. Nei pensieri di tutti questi Dio non deve entrare più, quasi non abbia più diritto sopra di loro. Per eseguire i loro disegni fanno continua guerra alla verità; affinché non si stabilisca il regno di Dio, ed essi possan vivere indipendenti: e per poco non dicono chiaro; allontanatevi, o Dio, chè siamo noi gli Dei.
« Ma a tutti quelli che lo ricevettero, diede di poter diventare figliuoli di Dio, a quelli che credono nel suo nome ecc. ecc.
Si, in tutte le nazioni, a quelli di buona volontà, che accolgono il verbo di Dio, concede grazia per Lui di diventare figliuoli di Dio in adozione, e come a tali concede loro il diritto all’eredità del regno celeste per virtù della fede, la quale è il fondamento della giustificazione.
« I quali, non per via di sangue, nè per volontà della carne; nè per volontà d’uomo, ma da Dio son nati ecc. »
Significa che la fede non ha origine dalla generazione della carne: ma bensì dalla grazia dello Spirito di .Dio; per mezzo della quale le prave inclinazioni si correggono, la mente si illumina, si purifica il cuore nell’amor santo di Dio. Non vale adunque essere figlio di Abramo secondo il sangue, nè valgono le forze della natura, né il libero arbitrio a renderci figliuoli di Dio. E solo per volontà di Dio, la Chiesa, rigenerata nel Sangue di Gesù Cristo, genera in tutte le nazioni dell’ universo i figli, che andran nella società degli eletti in Cielo a vita eterna, per virtù del Sangue di Gesù Cristo.
« Ed il Verbo si è fatto carne ecc. »
Ecco il miracolo che la fede ci rivela: un Dio incarnato, Un Dio-Uomo, fino a poter dire che si è fatto carne. Così la Carne dell’uomo nella Persona del Redentore è veramente carne di Dio, e nel beato istante, in cui fu concepita questa Carne Verginale, si trovò penetrata, dice s. Paolo, dell’unzione di Dio, non avendo altra sussistenza che quella del Verbo di Dio. La beatissima Vergine concepì, dice s. Ambrogio, ed il Verbo si è fatto carne, a fine che la carne diventasse Dio: Tunc in utero Virgo concepit, et Verbum Caro factum est, ut caro fieret Deus. Quale espressione! Prodigio divino, che la Chiesa credette di dovere far meditare sull’altare ancor rosso del Sangue di Gesù Cristo! Tra quella Carne di Gesù, ed il Verbo niente è diviso: quello che è vero dell’uno, per comunicazioni di attributi è vero dell’altra. Così perché la Carne di Gesù è stata passibile, il Verbo di Dio fatto uomo veramente ha patito: come pure perché il Verbo è eguale a Dio Padre; perciò quella Carne è assisa alla destra del medesimo; perché la natura umana sussiste nel Verbo insieme colla divina. Il Verbo adunqne si è incarnato! Qui il Sacerdote col popolo s’inginocchia in segno di grande umiltà. Poiché, come dice s. Atanasio, se non possiate sapere come il Verbo si sia incarnato, non ci è permesso tuttavia ignorare che siasi incarnato ed abbia preso carne somigliante alla nostra. Qui in luogo d’invilupparci in una ricerca inutile che sorpassa tutte le umane vedute, in luogo di voler penetrare in questi ineffabili arcani della divina Incarnazione, mentre neppure conosciamo noi stessi: quello che abbiamo da fare sopratutto, si è di benedire mille volte la misericordia infinita del nostro Dio, disceso per noi dalla sua gloria e fattosi uomo come noi siamo; e di umiliar l’intelletto a credere il Mistero, fondamento di nostra salute, e di umiliar noi stessi confusi innanzi a Dio. Questo esprimiamo nello inginocchiarci. – Ora qui a noi resta di applicare il mistero del Verbo al mistero del Sacrificio, dicendo a noi stessi; Quel Corpo, che abbiamo sacrificato e ricevuto, è la Carne di Dio! e noi siam destinati ad essere come Maria Santissima il tempio vivo, dove Dio fatto carne vuol abitare.
« Ed abitò tra noi ecc. »
« Ah! Signore, esclamiamo, per salvar l’uomo Voi, che siete la Santità Sostanziale, vi avete eletta « una Vergine, e a Lei concepita nella santità madaste lo Spirito Santo a santificarla nuovamente con grazie più abbondanti.» Eppure, dopo questa nuova santificazione, la Chiesa canta che (Hym. Te Deum) crede di non offender Maria, quando fa le meraviglie, che Voi non abbiate avuto orrore di chiudervi nel seno di tal SS. Vergine. Noi compresi da tali sentimenti entreremo in noi stessi; e giacché siamo destinati a portare nel seno il medesimo Iddio, il prepararci a questo Sacramento sarà la più grande, e la più grave occupazione della nostra vita; il trarne giovamento sarà il più ardente dei nostri desiderii; e l’abusarne il più terribile dei nostri terrori. Verremo alla santa Mensa coi cuori infiammati d’amore, qual leoni spiranti fuoco di carità, dice il Grisostomo; quali aquile, soggiunge s. Agostino, sollevate al di sopra della terra da pensieri affatto celesti. Adoperandoci per ricevere il Dio della ,gloria col medesimo spirito con cui la Benedetta fra tutte le creature lo concepì; l’esempio della SS. Immacolata sarà la nostra regola. Così pel dovere di comunicarci e di aver parte al Sacrificio sentiamo il dovere di santificarci “(Bourdaloue, Serm. dell’Annunziata). « Abbiamo veduto la sua gloria, gloria come dell’Unigenito dal Padre, pieno di grazia e di verità.» Si, l’hanno veduta gli Apostoli la gloria di Lui, e nel Battesimo suo, e ne’ suoi miracoli e sul Tabor, e fin sul Calvario ed al Sepolcro, poi nella Risurrezione e nella Ascensione; l’ha veduta la sua gloria il mondo intero, salvato dalla univérsale corruzione: l’ha ;veduta la sua gloria ne’miracoli dei Santi, eroi del Cristianesimo, nell’abolizione della schiavitù, nella santità del costurne, che il mondo.non conosceva, ne’prodigi dell’Apostolato e della carità: dappertutto si vede, si prova la grazia e la verità, che il Verbo diffonde sulla terra colla pienezza -del suo Spirito.
« Deo gratias! »
Grazie a Dio! Ma chi renderà degne grazie a Lui? Nessun altro, o Gesù, fuori di Voi, che restaste qui fra noi nelle nostre chiese, compagno del nostro peregrinaggio. Ringraziatelo Voi, o Maria SS. Noi getteremo la penna nell’impotenza di ringraziare Dio in modo degno dell’infinita sua bontà! Noi fortunati! Il gran Mistero d’Amore si chiama appunto da tutta la Chiesa Eucaristia, che vuo dire rendimento di grazie; non ci resta altro che immedesimarci qui con Gesù, per render grazie che siano degne di Dio. Quest’opera fu intrapresa per dar segno d’amore
a Gesù Sacramentato; siam pertanto contenti di condurci in fine a contemplare Gesù, che sta con noi nel Sacramento: e per Lui amare ed onorare, a Lui dedichiamo la nostra povera persona, indirizziamo.ed ordiniamo tutte le Opere nostre. Preghiamo con Maria tutti i Beati a ringraziar Dio.
CONCLUSIONE.
Noi finiamo questa 2 edizione dopo il di undici dell’aprile dell’anno 1869, festa della Messa Nuova del quinquagenario sacerdozio di Pio IX. Ci giunge un articolo della Civiltà Cattolica (giornale) scritto coi palpiti di un figlio, che non ne può più della gioia in mezzo al tripudio dei rappresentanti del mondo cattolico in Roma, come in famiglia intorno alla mensa del padre di tutti. Già l’Unità Cattolica (giornale), quando vide l’annunzio di questa festa di casa rapido come corrente elettrica per tutta la superficie della terra scuotere tutti i cuori alla preghiera, presentiva un miracolo. Il miracolo è già avvenuto; l’universo n’è testimonio. Da ogni piccol paese i popoli, nazioni anche nel terror delle rivoluzioni, presidenti di repubbliche, re, imperatori cattolici e non cattolici, tutti a gara di cuore a Roma, a Roma a consolarsi col padre, come figli giubilanti di vederlo per poco ringiovanito. La diplomazia incantata vede per la prima volta sprezzare le esigenze della fredda etichetta, e col fervore dei cuori comandarsi agli ambasciatori di correre subito a portare i saluti della tenerezzane i belli regali dell’amore per la cara festa di famiglia al gran Padre dell’umanità cristiana. I fedeli rapiti al grande spettacolo della più grande unione in preghiera nell’istesso istante preciso, che mai sia avvenuto nella storia dell’umanità, esclamano in estasi: « È qui Dio, è qui Dio; nessun può negarlo! » Noi eravamo in missione, a cui dedicammo la vita: ed abbiamo annunciato predicando a città e borghi la Messa nuova del santo Padre: e i popoli all’improvviso sorsero, come un sol uomo, si affollarono nelle chiese. Qui d’ogni condizione persone si disputano urtandosi; a fare che?… a gettarsi per terra ai preti tanto calunniati, a picchiarsi il petto, a dirsi peccatori in colpa e dimandare in carità di essere purificati; perché sospirano tanto di gettarsi in braccio a Gesù in Comunione, proprio alle otto ore, quando nella sua Messa Nuova il Padre nostro in terra va a trattare col Padre nostro in cielo i nostri interessi nel Costato di Gesù Cristo!
Dio Salvatore! È dunque forse vicina l’ora della vostra grande misericordia!… (esclamiamo colle lagrime della più consolante speranza). I poveri popoli, divorati dai mali crescenti, non ne ponno più della vita; e pare che gridino, come quel meschinello fortunato: « abbiamo ancora un padre… e in casa del padre tutti stan bene! » Solenne istante! Tra un passato che crolla e un avvenire che si paventa e si spera, ma è imminente, la società corre con lena non mai tanto affannata… L’istmo di Suez le è aperto, la via ferrata mondiale del Pacifico è compiuta; i telegrafi, come la rete di nervi le sensazioni, colla rapidità del baleno diffondono i pensieri per tutto il mondo, e portano dagli antipodi gli evviva al Papa. Ebbene? in questo vortice di movimento universale ristanno i popoli incantati un istante!… Or par che dicano: « A chi andiam noi a cercare il ben che sospiriamo: ad quem ibimus? Oh! abbastanza la filosofia incredula colle sue fole ci ha ingannato, la politica ci sugge il sangu e, il liberalismo c’incatena, la rivoluzione ci ruba danari, pane, fede, moralità, fino un resto di dignità umana, e dopo averci acclamati sovrani, ci getta un motto di scherno: ve’ che siete scimmie brutte! Intanto la guerra mondiale ci si minaccia in permanenza: colla coscrizione universale ci portano via tutti, tutti i nostri poveri figli: ahi! ahi! crudeli, ci vogliono nei figli uccidere fino le nostre speranze. In questo negro orizzonte la tremenda bufera guizza qua e là lampi sanguigni! Padre Santo, salvateci voi! Coraggio, o popoli; Pietro è qui, e stringe fra le braccia Gesù, che è solito d’incatenare le tempeste sotto del suo piede! Nella Chiesa vige lo
spirito di profezia: e noi osserviamo che quando questa, la più paurosa delle rivoluzioni, scoppiava in Francia, Pio VI pigliava la Pisside e col Sacramento sul cuore, strascinato andava a morir in esilio: ma moriva invitto colla Pisside sul cuore. – Pio IX raccolse quella Pisside, e con essa scappava salvo dagli assassini, e ritornava invitto a Roma. Ora che questo mostro di rivoluzione divora se stesso e nel fremito della morte minaccia sterminio universale, Pio IX alza nel calice del Sacramento Gesù in Sacrificio e grida piangendo: « Miei figliuoli, pigliate cuore; QUI È LA VITA! »
Si, questa è la vita dell’umanità immortale, che è la Chiesa. Gesù Cmisto in Sacramento! Anche i fenomeni, che questo Verbo nella creazione produce in natura, sono sovente i veli di questo più gran Mistero del suo amore. In vero voi, che scrutate la natura, per scoprire che cosa sia questo misterioso fenomeno, la vita; e credete trovarla nei vegetali: o botanici, diteci voi che cosa sia la vita nei vegetali? E un vortice nell’organismo, che si sviluppa per l’elettricità, assorbe e ributta gli elementi. Vel concediamo: ma vedete questa è immagine della vita di questo gran corpo, la Chiesa, che vive in Gesù! In essa, qual organismo in perfezione! quanto dell’elettrico nella carità! quanta azione di vita, che assorbe i buoni, rigetta i mali e fiorisce sempre in prosperità! Psicologici, voi credete comprendere la vita negli esseri animali, e la dite essere l’attuazione del sentimento nell’organismo elaborato degli animali. Ve lo lasciam dire; ma voi vedete come questo fenomeno dimostri somma la potenza di vita in questa attuazione di sentimento, che scote tutta la cristianità per l’orbe, e si unifica nel suo Capo! Anatomici, voi poi vi compatiamo; se cercate la vita cogli scalpelli in mano, e confessate che è un quid misterioso che vi sfugge sempre! ma vel diremo noi che cosa è la vita, (noi che colla luce mistica dei nostri santi misteri vediam fin dentro nei tenebrosi misteri, in cui le scienze vostre vi inabissano), noi vi diremo: Che la vita è l’azione di Dio, è il soffio della Divinità! È la vita nel Verbo di Dio, che sostiene tutto che per Lui fu fatto; ed il Verbo Divino è qui in Sacramento. È qui dunque nell’Essenza Divina la vita. No, non abbiam paura della morte noi che viviamo unificati col Capo il Papa, in Gesù Cristo. Ecco: ora i popoli sono raccolti in orazione paurosi come gli Apostoli nel Cenacolo insieme con Maria; e il Pontefice dell’Immacolata, mentre la Babele della rivoluzione cade in rovina, sull’altare del santo Cenacolo pubblica la Bolla del Concilio Ecumenico, e proclama la Pentecoste: che rinnova il mondo in Gesù Cristo.
Noi concludiamo quest’Opera dicendo col pianto della consolazione: LA VITA dell’umanità, che ci salva, È GESU’ CRISTO IN SACRIFICIO NEL SACRAMENTO!