TUTTO IL DENZINGER SENTENZA PER SENTENZA DAGLI APOSTOLI A S.S. PIO XII (7)
HENRICUS DENZINGER
ET QUID FUNDITUS RETRACTAVIT AUXIT ORNAVIT
ADOLFUS SCHÖNMATZER S. J.
ENCHIRIDION SYMBOLORUM DEFINITIONUM ET DECLARATIONUM
De rebus fidei et morum
HERDER – ROMÆ – MCMLXXVI
Imprim.: Barcelona, José M. Guix, obispo auxiliar
(Da Simplicio a Giovanni I)
SIMPLICIO: 3 marzo 468-10 marzo 483
Concilio di Arles, 473: lettera di sottomissione del Sacerdote Lucido.
Grazia e predestinazione
330 – La vostra correzione è la salvezza di tutti e la vostra decisione un rimedio. Perciò considero un rimedio sovrano scagionarmi accusando i miei errori passati e tornare all’innocenza con una salutare confessione. Pertanto, secondo i recenti statuti del venerabile Concilio, condanno con voi quell’opinione che dice che l’opera di obbedienza umana non debba essere unita alla grazia divina;
331 – Chi dice che dopo la caduta del primo uomo il libero arbitrio della sua volontà fu totalmente distrutto;
332 – Chi dice che Cristo nostro Signore e Salvatore non abbia sofferto la morte per la salvezza di tutti;
333 – Chi dice che la prescienza di Dio spinga violentemente l’uomo alla morte o che coloro che si perdono si perdano per volontà di Dio;
334 – Chi dice che, dopo aver ricevuto giustamente il Battesimo, chiunque abbia peccato muore in Adamo;
335 – Chi dice che alcuni siano destinati alla morte, altri siano predestinati alla vita;
336 – Chi dice che da Adamo fino a Cristo, nessuno dei Gentili sia stato salvato dalla prima grazia di Dio, cioè dalla legge di natura, in vista della venuta di Cristo, perché in tutti loro il libero arbitrio sia stato perso nel primo padre;
337 – Chi dice che i Patriarchi ed i Profeti o il più grande dei Santi, anche prima del tempo della Redenzione, vivevano nelle dimore del Paradiso;
338 – Chi dice che non c’è né fuoco né inferno…
339 – Tutto questo lo condanno come empio e assolutamente sacrilego. Sostengo la grazia di Dio in quanto tengo insieme lo sforzo dell’uomo e l’azione della grazia, e dichiaro che la libertà della volontà umana non è distrutta, ma attenuata e indebolita, affinché chi si salva sia in pericolo e chi perisce sia salvato.
340. – Allo stesso modo Cristo, nostro Dio e Salvatore, nell’abbondanza della sua bontà, ha pagato il riscatto della morte per tutti, e vuole anche che nessuno perisca, Egli che è il Salvatore di tutti gli uomini, specialmente dei credenti, ricco di tutti quelli che lo invocano Rm X, 12. E poiché in questioni così importanti la coscienza debba essere soddisfatta, ricordo di aver detto prima che Cristo è venuto solo per coloro che sapeva in anticipo che avrebbero creduto (si fa riferimento a Mt XX, 28 Mt XXVI, 28 Eb IX, 27). Ma ora, per l’autorità delle sante testimonianze che si trovano in abbondanza nel campo delle Sacre Scritture e che sono rivelate dalla dottrina degli antichi, confesso volentieri che Cristo è venuto anche per coloro che si sono persi, perché si sono persi contro la sua volontà. E non è opportuno che le ricchezze della bontà infinita e dei benefici divini siano limitate solo a coloro che sono manifestamente salvati. Infatti, se diciamo che Cristo ha portato rimedio solo a coloro che si sono salvati, daremo l’impressione di assolvere coloro che non si sono salvati, che, come sappiamo, devono essere puniti per aver disprezzato la Redenzione.
341 – Affermo anche che, nel corso dei tempi e nell’ordine dei secoli, alcuni siano stati salvati dalla Legge della grazia, altri dalla Legge di Mosè, altri ancora dalla Legge naturale che Dio ha iscritto nei cuori di tutti (cfr. Rm II, 15) nella speranza della venuta di Cristo, ma che fin dall’inizio del mondo nessuno è stato liberato dalla schiavitù originaria se non per intercessione del sacro sangue.
342 – Confesso anche che le fiamme e i fuochi eterni dell’inferno siano preparati per i peccati mortali; infatti, alle colpe umane che permangono fino alla fine, segue giustamente il giudizio divino in cui incorrono coloro che non hanno creduto a questo con tutto il cuore. Io, presbitero Lucido, ho sottoscritto di mio pugno questa lettera, e ciò che è assicurato in essa lo affermo, e ciò che è condannato lo condanno.
Lettera “Quantum presbyterorum” al vescovo Acace di Costantinopoli – Costantinopoli, 10 gennaio 476
L’autorità dei Vescovi romani e dei Concili ecumenici
343 – (Par. 3, Cap. 2). Poiché esiste la dottrina dei nostri predecessori di santa memoria, contro la quale non è lecito contestare, e poiché chiunque pensi rettamente non abbia bisogno di ulteriori spiegazioni, ma tutto sia chiaro e perfetto per istruire chi è stato sedotto dagli eretici o per insegnare a chi deve essere piantato nella vigna del Signore, implorate la fede del principe misericordioso e fate in modo che respinga la proposta di tenere un sinodo. ..(6(3)) Chiedo quindi, caro fratello, che si resista in tutti i modi ai tentativi di canaglie di tenere un sinodo, che non è mai stato convocato se non quando è sorto qualcosa di nuovo nelle menti distorte o quando è apparso qualcosa di dubbio nella spiegazione dei dogmi: In modo che per coloro che si occupano di loro per il bene comune, se c’è qualche oscurità, l’autorità della deliberazione dei sacerdoti possa venire a fare luce, come l’empietà di Ario prima, poi quella di Nestorio, e infine quella di Dioscoro ed Eutiche, li ha costretti a fare. E si deve inculcare che è esecrabile – da cui la misericordia di Cristo nostro Dio e Salvatore ci preserverebbe – riabilitare i condannati contro i giudizi dei sacerdoti del Signore di tutto il mondo e dei due principi regnanti…
FELICE II: 13 marzo 483-1 marzo 492
Lettera “Quoniam pietas” all’imperatore Zenone, 1° agosto 484.
La libertà della Chiesa
345 – Poiché anche presso le nazioni barbare, che ignorano il nome di Dio, la libertà di ogni legazione è sempre considerata sacrosanta dal diritto delle nazioni, anche per l’attuazione di imprese puramente umane, tutti sanno che a maggior ragione essa avrebbe dovuto essere pienamente salvaguardata da un imperatore romano e cristiano, soprattutto in materia religiosa. … Ma penso che la vostra pietà, pronta a sottomettersi alle proprie leggi piuttosto che a contrastarle, dovrebbe allo stesso modo obbedire ai decreti celesti, senza dimenticare che la sua supremazia sulle cose umane non possa estendersi alle cose divine, che deve ricevere, senza alcun dubbio, dalle mani dei dispensatori stabiliti da Dio. Penso che sia certamente utile per voi lasciare che la Chiesa Cattolica viva secondo le sue leggi durante il vostro principato, e non permettere a nessuno di ostacolare la sua libertà, che vi ha dato il potere reale. È certo, infatti, che la prosperità dei vostri affari vi impone, quando si tratta degli interessi di Dio, di sforzarvi, come Lui ha voluto, di sottomettere la vostra volontà ai Sacerdoti di Cristo e di non farla prevalere su di essi: d’altra parte, dovete imparare i sacri misteri da coloro che ne sono responsabili, e non insegnarli; dovete cedere all’organizzazione della Chiesa, e non prescrivere ad essa regole di diritto umano, né vogliate regnare sulle sue decisioni, alle quali Dio ha voluto, con il giogo della devozione religiosa, sottoporre la vostra clemenza. Si teme infatti che, violando le disposizioni del cielo, si arrivi a disprezzare colui che ne è l’Autore.
GELASIO I: 1 marzo 492-21 novembre 496-347
Lettera “Famuli vestræ pietatis” all’imperatore Anastasio I 494.
Il duplice potere supremo sulla terra
(2) Due sono i principi da cui questo mondo è principalmente governato: l’autorità sacra dei Pontefici e il potere regale; e dei due il peso dei Sacerdoti è tanto più pesante in quanto devono rendere conto alla giustizia divina di coloro che sono i re stessi. Tu lo sai, figlio misericordioso: sebbene la tua dignità ti ponga al di sopra del genere umano, nondimeno chini il capo a coloro che sono preposti alle cose divine, e ti aspetti da loro i mezzi per salvarti; e per ricevere i misteri celesti e dispensarli come dovrebbero essere dispensati, devi, lo sai, secondo la regola della Religione, sottometterti piuttosto che dirigere. Pertanto, in tutto questo dipendete dal loro giudizio e non dovete volerli ridurre alla vostra volontà. Se, infatti, per quanto riguarda le regole dell’ordine pubblico, i capi religiosi ammettono che l’impero vi è stato dato per disposizione dall’alto, e obbediscono essi stessi alle vostre leggi, non volendo, almeno negli affari di questo mondo, apparire contrari a… una decisione esclusa, con quali sentimenti non dovreste, vi prego, obbedire a coloro che sono incaricati della dispensazione dei venerabili misteri? Pertanto, come non è lieve la minaccia per i Pontefici che non si sono espressi per il culto di Dio, come avrebbero dovuto, così non è lieve il pericolo – che non esiste – corso da coloro che, quando dovrebbero obbedire, disprezzano. E se è normale che i cuori dei fedeli si sottomettano a tutti i Sacerdoti in generale che adempiono correttamente ai loro doveri divini, quanto più dovrebbe esserci unanimità intorno alla persona incaricata di questa Sede, alla quale la suprema divinità ha voluto dare la preminenza su tutti i Sacerdoti, e che la pietà universale della Chiesa ha nel frattempo costantemente celebrato? (3) È qui che la vostra pietà si rende conto chiaramente che nessuno, con nessun pretesto umano, potrà mai elevarsi al di sopra della posizione privilegiata di colui che la voce di Cristo ha posto al di sopra di tutti, che la venerabile Chiesa ha sempre riconosciuto e tiene devotamente al primo posto. Le decisioni del giudizio divino possono essere impedite da presunzioni umane, ma non possono essere superate da alcun potere di nessuno.
348 – Concilio di Roma: Atti dell’Assoluzione di Miseno, 13 maggio 495
Il potere della Chiesa di perdonare i peccati.
Poiché è volontà di Dio onnipotente e misericordioso che a nessuna anima che lo desideri sia negato il sollievo dalla misericordia della Chiesa, non c’è dubbio che è per effetto di una disposizione di Dio stesso e di un pentimento ispirato da Dio che l’accoglienza (di Miseno) avviene nel momento in cui una necessità improrogabile ne impone la concessione, tanto più che nostro Signore ha comandato al beato Pietro prima che agli altri: “Tutto ciò che legherete sulla terra sarà legato in cielo, e tutto ciò che scioglierete sulla terra sarà sciolto in cielo”; Poiché è stato anche stabilito che nulla sia escluso da queste parole, tutti indistintamente possono essere vincolati dal ministero della dispensazione apostolica, e tutti di conseguenza possono anche essere assolti da esso, soprattutto se con ciò si vuole dare a tutti un esempio di vera misericordia apostolica, in modo che tutti coloro che sono stati condannati, se si rassegnano e si allontanano dall’errore … non dubitano che con l’assoluzione saranno liberati dalla loro condanna… Pertanto, per quanto è in potere dell’uomo e con il permesso del Signore, desideriamo offrire rimedi a coloro che li desiderano, lasciando al giudizio divino tutto ciò che non è in nostro potere. E non potranno rimproverarci di aver perdonato l’offesa di una trasgressione ai vivi – cosa che la Chiesa può fare grazie alla generosità di Dio – mentre chiedono che concediamo il perdono anche ai morti – cosa che chiaramente non è in nostro potere. Infatti, poiché è detto: “Ciò che legherai sulla terra”, coloro che è accertato che non sono più sulla terra, Egli li ha riservati al proprio giudizio e non a quello degli uomini; e la Chiesa non ha l’audacia di rivendicare per sé ciò che vede che non sia stato concesso agli stessi beati Apostoli; perché altro è il caso di coloro che sono ancora in vita, altro quello dei morti.
349 – Trattato “Ne forte” sul vincolo dell’anatema, 495.
La remissione dei peccati
(5) Il Signore ha detto che chi pecca contro lo Spirito Santo non sarà perdonato né qui sulla terra né nell’età futura, Mt XII: 32 . Ma per quanti, che hanno peccato contro lo Spirito Santo come vari eretici… e che sono tornati alla fede cattolica, vediamo che hanno ricevuto il perdono quaggiù per la loro bestemmia e che anche per il futuro hanno concepito la speranza di ottenere misericordia? Per tutto questo, il giudizio del Signore non è privo di verità e non sarà in alcun modo considerato annullato, perché per coloro che continuano ad essere tali, si mantiene senza poter essere annullato, mentre non può essere applicato a coloro che sono diventati altri, poiché non è stato pronunciato su di loro. Così anche le parole del beato apostolo Giovanni hanno la loro logica: C’è un peccato che porta alla morte: non dico che si debba pregare per questo; e c’è un peccato che non porta alla morte: dico che si deve pregare per quello. C’è un peccato che porta alla morte per chi rimane in quel peccato; c’è un peccato che non porta alla morte per chi lo abbandona. Non c’è infatti peccato per il quale la Chiesa non preghi di essere perdonata, o dal quale non possa assolvere coloro che se ne allontanano, o che non possa perdonare a coloro che fanno penitenza per il potere datole da Dio – colei alla quale è stato detto: (cfr. Gv XX, 23); “Tutto ciò che scioglierete sulla terra sarà sciolto anche in cielo” Mt XVIII, 18. In questo sono inclusi tutti i peccati, non importa quanto grandi o di quale natura, ma resta vera la sentenza in cui si dice che chi continua a perseverare in essi non sarà mai sciolto, ma lo saranno quelli che saranno sciolti in seguito.
Decretum Gelasianum, ovvero Lettera decretale sui libri da ricevere e da non ricevere, (data incerta).
La preminenza della Sede romana
350 – Dopo (tutte queste) Scritture profetiche, evangeliche e apostoliche (che abbiamo citato sopra) e sulle quali la Chiesa cattolica, per grazia di Dio, è fondata, abbiamo ritenuto necessario sottolineare anche questo, Che se la Chiesa cattolica, diffusa in tutto l’universo, è l’unica camera nuziale di Cristo, tuttavia la santa Chiesa romana non è anteposta alle altre Chiese dagli editti dei sinodi, ma ha ricevuto il primato dalla parola evangelica del Signore e Salvatore che dice: Vi darò le chiavi del regno dei cieli e tutto ciò che legherete sulla terra sarà legato in cielo e tutto ciò che scioglierete sulla terra sarà sciolto in cielo. A questo si aggiunse anche la compagnia del beatissimo Apostolo Paolo, il vaso di elezione: non in un altro momento, come dicono stoltamente gli eretici, ma nello stesso tempo, nello stesso giorno, con una morte gloriosa insieme a Pietro, fu incoronato in battaglia, nella città di Roma, sotto l’imperatore Nerone: E allo stesso modo consacrarono a Cristo la suddetta Chiesa romana, e con la loro presenza e il loro venerabile trionfo la anteposero a tutte le altre città del mondo intero.
351 – La prima sede dell’apostolo Pietro è dunque la Chiesa romana, che non ha macchia né ruga o altro, Ef V, 27. La seconda sede, invece, fu consacrata ad Alessandria nel nome del beato Pietro dal discepolo ed evangelista Marco… La terza sede del beato apostolo Pietro è tenuta in onore ad Antiochia, poiché egli visse lì prima di venire a Roma e lì apparve per la prima volta il nome “Cristiani” per la nuova razza (cfr. At 11,26).
L’autorità dei Concili ecumenici
352 – E sebbene nessuno possa porre un fondamento diverso da quello che è stato posto, che è Gesù Cristo (cfr. 1 Cor III, 11), la santa Chiesa, cioè la Chiesa romana, non proibisce che per la sua edificazione, oltre alle Scritture dell’Antico e del Nuovo Testamento, che riceviamo secondo la regola, si ricevano anche questi altri scritti, cioè il santo sinodo di Nicea. (il santo sinodo di Costantinopoli… in cui l’eretico Macedonio ricevette la meritata condanna); il santo sinodo di Efeso…; il santo sinodo di Calcedonia… (Ma anche altri sinodi, se ve ne sono, che sono stati tenuti dai santi padri fino al presente, e che noi abbiamo stabilito siano osservati e ricevuti in aggiunta all’autorità di questi quattro).
Libri che devono essere ricevuti.
353 – Così come le opere del beato martire Cipriano, Arcivescovo di Cartagine. Anche le opere… (Vengono citati allo stesso modo Gregorio di Nazianzo, Basilio il Grande, Atanasio di Alessandria, Giovanni Crisostomo, Teofilo di Alessandria, Cirillo di Alessandria, Ilario di Poitiers, Ambrogio, Agostino, Girolamo, Prospero di Aquitania). Allo stesso modo la lettera del beato Papa Leone a Flaviano, Vescovo di Costantinopoli; chiunque, riguardo al suo testo, ne contesti anche un solo punto e non la riceva con riverenza in tutte le sue parti, sia anatema. Allo stesso modo decidiamo che devono essere lette le opere e i trattati di tutti i Padri ortodossi… che non si sono allontanati in alcun modo dalla comunione della Chiesa romana. Allo stesso modo vanno accolte con venerazione le lettere decretali che i beati Papi hanno scritto in vari tempi dalla città di Roma per consigliare i vari Padri. Anche le azioni dei Santi martiri… Ma secondo un’antica consuetudine e una particolare prudenza, non vengono letti nella santa Chiesa romana, perché i nomi di coloro che li hanno scritti sono del tutto sconosciuti e sono considerati dai non credenti e dagli ignoranti come superflui o meno appropriati di quanto non fosse la realtà dei fatti… Per questo motivo…, affinché non ci sia nemmeno la minima occasione di scherno, non vengono letti nella santa Chiesa Romana. Tuttavia, con la suddetta Chiesa, veneriamo con piena devozione tutti i martiri e le loro gloriose battaglie, che sono meglio conosciute da Dio che dagli uomini. Allo stesso modo riceviamo con piena venerazione le vite di Paolo, Antonio, Ilarione e di tutti gli eremiti, ma solo quelle composte dal beatissimo Girolamo. (Il resto dell’enumerazione contiene il seguente avvertimento): se questo arriva nelle mani dei Cattolici, sia preceduto da questa frase del beato Apostolo Paolo: “Esaminate ogni cosa, ritenete ciò che è buono”. Allo stesso modo, Ruffin, un uomo religioso, pubblicò molti libri di un’opera ecclesiastica e interpretò anche alcune Scritture. Ma poiché il venerabile Girolamo lo ha biasimato in alcune cose, riguardo al libero arbitrio, noi pensiamo ciò che sappiamo che pensava il suddetto beato Girolamo, e questo vale non solo per Ruffin, ma anche per tutti coloro che questo uomo più volte citato biasima nel suo zelo per Dio e nella pietà della fede. – Allo stesso modo riceviamo come degne di lettura alcune opere di Origene che il beatissimo Girolamo non respinge. Ma tutto il resto, a nostro avviso, deve essere respinto insieme al suo autore.
Libri che non devono essere ricevuti
354 – Il resto, che è stato composto o proclamato da eretici o scismatici, la Chiesa cattolica e apostolica non lo riceve in alcun modo. (Segue un lungo elenco di Apocrifi, sia in senso stretto, cioè scritti pseudocanonici, sia in senso lato, scritti carichi di eresia). Tutto questo e ciò che vi è di simile, che gli eresiarchi insegnarono o scrissero… i cui nomi non sono stati affatto conservati, dichiariamo non solo respinto ma anche eliminato da tutta la Chiesa romana, Cattolica e Apostolica, e condannato per sempre, insieme ai loro autori e lettori, con il vincolo indissolubile dell’anatema.
355 – Trattato. “Necessarium quoque” contro Eutiche e Nestorio. (data incerta).
Le due nature in Cristo
(Cap. 4) È vero che il Signore Gesù Cristo è una cosa sola, l’uomo interamente Dio e allo stesso tempo Dio interamente uomo, e tutto ciò che appartiene all’uomo, l’uomo-Dio lo fa suo, e tutto ciò che appartiene a Dio, l’uomo-Dio lo possiede; tuttavia, affinché questo sacramento rimanga e non sia annullato da nessun lato, Egli rimane come tutto l’uomo ciò che è Dio, così che come tutto Dio rimane ciò che è l’uomo…
ANASTASO II: 24 novembre 496-17
356 – Lettera “Exordium pontificatus mei” all’imperatore Anastasio I, fine del 496.
La validità dei sacramenti conferiti dagli scismatici.
(Cap. 7) Secondo la consuetudine della Chiesa cattolica, la vostra santissima serenità vorrà gentilmente riconoscere che nessuno di coloro che Acace battezzò o ordinò Sacerdoti o leviti secondo i canoni subisce alcun danno a causa del nome di Acace, così che forse la grazia del sacramento impartita da un uomo iniquo sembrerebbe meno sicura. Infatti, anche se il Battesimo… è stato conferito da un adultero o da un ladro, esso giunge come un dono intatto a chi lo riceve, perché la voce che ha parlato attraverso la colomba esclude ogni macchia di contaminazione umana quando dice: “È lui che battezza…”. “Lc. III,16. Infatti, se i raggi di questo sole visibile, anche passando attraverso i luoghi più ripugnanti, non sono macchiati da alcuna contaminazione da contatto, molto più la potenza di questo sole che ha fatto il sole visibile sarà limitata dall’indegnità del ministro…
(Cap. 9, altri 8) Perciò anche lui… amministrando male buone cose, ha solo danneggiato se stesso. Perché il sacramento inviolabile che è stato dato da lui ha conservato per gli altri la perfezione della sua virtù.
Lettera “In prolixitate epistolæ” al Vescovo Laurentius di Lignido (Illiria),
Professione di fede
357 – Confessiamo dunque che il Signore nostro Gesù Cristo, Figlio unigenito di Dio, è nato dal Padre secondo la divinità senza inizio prima di tutti i secoli, ma che in questi ultimi tempi è stato fatto carne dalla santa Vergine Maria ed è diventato un uomo completo per mezzo di un’anima razionale e dell’accoglienza di un corpo, consustanziale al Padre secondo la divinità e consustanziale a noi secondo l’umanità. Perché delle due nature complete è stata fatta l’unità in modo ineffabile. Per questo confessiamo l’unico Cristo come Figlio di Dio e Figlio dell’uomo, l’Unigenito del Padre e il primogenito dai morti; sappiamo infatti che Egli è il Creatore di tutte le cose, e che dopo il consenso della santa Vergine, quando disse all’angelo: “Ecco la serva del Signore, avvenga per me secondo la tua parola” (Lc 1,38), si è degnato di costruire per sé in modo ineffabile un tempio e di unirlo a sé; e che questo corpo non lo ha fatto venire dal cielo dalla sua sostanza, ma dalla pasta della nostra sostanza, cioè dalla Vergine. Prendendola e unendola a sé, Dio, il Verbo, non si è trasformato in carne, né è apparso come un essere immaginario, ma ha conservato la sua essenza immutabilmente e senza cambiamenti, e ha unito a sé le primizie della nostra natura. In principio, Dio Verbo, nella sua grande bontà, si è degnato di unire a sé queste primizie della nostra natura, Lui che non si è mostrato mescolato, ma uno e identico in entrambe le nature, come è scritto: “Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere” Gv II, 19. Perché Cristo è distrutto secondo la sostanza che ha preso, e risuscita il suo stesso tempio distrutto, e questo secondo la sostanza divina secondo la quale è anche il Creatore di tutte le cose.
358 – Ma mai, dopo la resurrezione della nostra natura, che è unita a Lui, Egli si è separato dal suo tempio, né può separarsene a causa della sua ineffabile bontà; al contrario, il Signore Gesù Cristo stesso è al tempo stesso passibile ed impassibile, passibile secondo l’umanità, impassibile secondo la divinità. Dio, il Verbo, ha dunque ricostruito il suo tempio e in Lui ha realizzato la resurrezione e il rinnovamento della nostra natura. E questo il Signore Cristo lo mostrò ai suoi discepoli, dopo essere risorto dai morti, dicendo: “Toccatemi e vedrete, perché uno spirito non ha carne e ossa come me” Lc XXIV,39 . Non ha detto “come voi dite che io sia”, ma “ho”, affinché si possa considerare chi possiede e chi è posseduto, e vedere che non si tratta di un miscuglio o di un cambiamento o di una trasformazione, ma di un’unità che è stata fatta. Per questo motivo mostrò anche i segni dei chiodi e la ferita inferta dalla lancia, e mangiò con i discepoli per mostrare in tutto e per tutto come in Lui la nostra natura sia risorta e rinnovata; E poiché secondo la sostanza della beata Divinità Egli è immutabile, inalterabile, impassibile, immortale, non ha bisogno di nulla, ha compiuto tutte le sofferenze e ha permesso che fossero inflitte al suo tempio, che ha innalzato con la sua stessa forza; e con la stessa perfezione del suo tempio ha operato il rinnovamento della nostra natura.
359 – Ma coloro che affermano che Cristo è un uomo apparente, o che Dio è passibile, o che è stato trasformato in carne, o che non aveva un corpo unito a sé, o che lo ha fatto scendere dal cielo, o che è stato una visione, o che, chiamando Dio Verbo mortale, dicono che aveva bisogno di essere risuscitato dal Padre o che abbia assunto un corpo senza anima o un uomo senza spirito, o che le due sostanze di Cristo siano state mescolate per formare una sola sostanza, e che non confessano che nostro Signore Gesù Cristo è due nature senza confusione ma una sola persona, e quindi un solo Cristo e allo stesso modo un solo Figlio, questi la Chiesa cattolica e apostolica anatemizza.
Lettera “Bonum atque iucundum” ai Vescovi della Gallia, 23 agosto 498
L’origine dell’anima e il peccato originale
360 – (Cap. 1, § 2) (Alcuni eretici affermano che) come gli trasmettono i corpi da un’escrezione materiale, così i genitori danno al genere umano il soffio dell’anima… (§ 4). Come possono dunque pensare, contro l’affermazione divina che le anime degli uomini siano state fatte ad immagine di Dio, con una comprensione troppo carnale, che l’anima sia comunicata dall’unione degli esseri umani, quando l’azione di Colui che ha fatto questo fin dall’inizio non cessa ancora, come Egli stesso ha detto: “Il Padre mio opera ancora e Io opero” (cfr. Gv V, 17) … (§ 5) Perché devono capire anche ciò che è scritto: “Colui che vive in eterno ha creato tutte le cose insieme” (Eccli. XVIII:1). Se poi, prima che la Scrittura abbia disposto, secondo le specie particolari, l’ordine e la ragione in ciascuna delle creature, Egli agisce “potenzialmente”, il che non può essere negato, e “come causa in un’opera che si compie nel corso del tempo”, farebbero bene ad accettare una sana dottrina: colui che infonde le anime, Colui che “chiama ciò che non è perché sia” (cfr. Rm IV, 17).
361 – (Cap. 4, § 13) Se forse pensano di parlare piamente e bene credendo di poter dire che le anime siano trasmesse dai genitori in quanto sono profondamente immerse nel peccato, devono, nel fare una saggia separazione, distinguere questo, cioè che i genitori non possono trasmettere altro che il frutto della loro malvagia temerarietà, cioè la colpa e la pena del peccato, che si vede chiaramente nella prole che deriva da questa trasmissione: gli uomini nascono cattivi e deformi. Solo in questo, come si vede chiaramente, non c’entra Dio che, volendo evitare di vederli cadere in una fatale disgrazia, gliel’ha vietata con il terrore della morte e gliel’ha preannunciata. Pertanto, quando parliamo di trasmissione, vediamo chiaramente ciò che viene trasmesso dai genitori e ciò che, dall’inizio alla fine, Dio ha fatto e continua a fare.
SIMMACO: 22 novembre 498-19 – Luglio 514
362 – Lettera “Ad augustæ memoriæ” all’imperatore Anastasio I,tra 506 e 512.
Il doppio potere supremo sulla terra
(8) Confrontiamo, dunque, la dignità dell’imperatore con quella del Pontefice: esse differiscono proprio nella misura in cui il primo si occupa delle cose umane, il secondo di quelle di Dio. Tu, imperatore, sei battezzato dal Pontefice, ricevi la Comunione dalla sua mano, implori le sue preghiere, speri nella sua benedizione e gli chiedi la tua penitenza. In breve, voi avete l’amministrazione delle cose umane e lui vi rende partecipi dei doni di Dio. In modo che la sua dignità sia almeno pari, per non dire superiore. Che il mondo sia testimone di questa procedura, sotto lo sguardo di Dio e dei suoi Angeli; sì, facciamone uno spettacolo al mondo intero, affinché i Sacerdoti trovino in essa un esempio di vita irreprensibile e gli imperatori quello di una pia moderazione. Infatti, è soprattutto ai nostri due uffici che appartiene l’amministrazione del genere umano, e non ci deve essere nulla in essi che possa offendere la divinità, soprattutto perché entrambi gli uffici sembrano essere perpetui, e quindi ci deve essere una sollecitudine per il genere umano da entrambe le parti. Ti prego, o imperatore, di ricordarti che sei un uomo, affinché tu possa usare questo potere che ti è stato concesso da Dio; perché, anche se questo è avvenuto secondo il giudizio degli uomini, deve tuttavia essere esaminato secondo il giudizio di Dio. Forse direte che è scritto che dobbiamo essere soggetti ad ogni autorità (vedere Tito III:1). Ma per noi riconosciamo, mettendole al loro posto, le autorità umane, purché non mettano la loro volontà contro Dio. Inoltre, se tutto il potere viene da Dio, ciò è ancora più vero per colui al quale è stata affidata la responsabilità degli affari divini. Rispettate Dio in noi e noi rispettiamo Dio in voi.
ORMISDA: 20 luglio 514-6 agosto 523
“Libellus fidei” di Papa Hormisdas, inviato a Costantinopoli – 11 agosto 515
Professione di fede contro gli errori cristologici.
363 – (1) La prima condizione di salvezza è quella di attenersi alla regola della retta fede e di non allontanarsi in alcun modo dai decreti dei Padri. E poiché non si può prescindere dalla parola di nostro Signore Gesù Cristo, che dice: “Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa” (Mt XVI, 18), quanto detto è provato dai fatti; infatti la Religione cattolica è sempre stata mantenuta senza macchia dalla Sede Apostolica.
364 – (2) Non volendo quindi separarci in alcun modo da questa speranza e da questa fede, e seguendo in tutto ciò che i Padri hanno decretato, anatematizziamo tutti gli eretici, e in particolare l’eretico Nestorio, che un tempo era vescovo della città di Costantinopoli, condannato nel concilio di Efeso da Celestino, Papa della città di Roma, e da san Cirillo, Vescovo della città di Alessandria; Con questi ultimi anatematizziamo anche Eutiche e Dioscoro di Alessandria, che sono stati condannati nel santo sinodo di Calcedonia, che noi seguiamo e abbracciamo (che, secondo il santo concilio di Nicea, ha proclamato la fede apostolica) (3) A questi aggiungiamo (aborriamo anche) il parricida Timoteo, detto Ælure, e il suo discepolo e seguace in tutto Pietro Alessandrino; E allo stesso modo condanniamo (anche) e anatematizziamo Acacio, già vescovo di Costantinopoli, condannato dalla Sede Apostolica, loro complice e sostenitore, e coloro che sono rimasti in comunione con loro; poiché (Acacio), essendosi unito alla loro comunione, meritava la stessa sentenza di condanna. Allo stesso modo condanniamo Pietro di Antiochia con tutti coloro che lo seguirono e i seguaci di quelli sopra citati.
365. – (4) (Ma) pertanto riceviamo e approviamo tutte le lettere del beato Papa Leone, che ha scritto riguardo alla Religione cristiana. Come abbiamo detto sopra, seguendo in tutto la Sede Apostolica e predicando tutto ciò che essa ha decretato, spero (dunque) di meritare di entrare nella comunione con voi che la Sede Apostolica predica, nella quale comunione risiede, completa vera (e perfetta) la solidità della Religione cristiana; promettiamo (prometto) anche che (in futuro) i nomi di coloro che sono separati dalla comunione della Chiesa cattolica, cioè che non sono in accordo con la Sede Apostolica, non saranno letti durante i santi misteri. (Ma se tentassi di deviare in qualche modo dalla mia professione di fede, confesso che, secondo il mio giudizio, sarei complice di coloro che ho condannato) (5) Questa professione di fede l’ho sottoscritta di mio pugno e l’ho trasmessa (inviata) a te, Ormisda, il santo e venerabile Papa della città di Roma…
366 – Lettera “Sicut ratione” al Vescovo africano Possessore, 13 agosto 520
Autorità sulla dottrina della grazia
(Cap. 5) Ciò che la Chiesa romana, cioè cattolica, segue e osserva riguardo al libero arbitrio e alla grazia di Dio, si può senza dubbio trovare abbondantemente in vari libri del beato Agostino, specialmente (in quelli indirizzati) a Ilario e a Prospero; ma ci sono anche negli archivi ecclesiastici capitoli relativi alla questione, che invieremo se mancano e se li ritenete necessari, anche se chi considera attentamente le parole dell’Apostolo sa chiaramente cosa deve seguire.
“Inter ea quæ” all’imperatore Giustino. 26 marzo 521.
La Trinità divina
367 – (Cap. 7) Infatti, se la Trinità è Dio, cioè Padre, Figlio e Spirito Santo, e tuttavia Dio è uno, in particolare, poiché il Legislatore dice: “Ascolta Israele, il Signore tuo Dio è un solo Dio” Dt VI, 4, chi ha un’altra concezione che divide necessariamente la Divinità in più o in particolari imputa la passione all’essenza della stessa Trinità; e. … questo significa o, alla maniera dell’empio paganesimo, introdurre diversi dei, o trasferire una sofferenza sensibile a quella natura che è esente da ogni sofferenza. (Cap. 8) Una è la santa Trinità; non si moltiplica per numero, non cresce per aumento, non può essere compresa dall’intelletto e ciò che Dio è non può essere disgiunto per separazione. Chi, dunque, potrebbe tentare di fare un’empia divisione di quel mistero della sostanza eterna e impenetrabile che nessuna natura, nemmeno di creature invisibili, può esplorare, e ridurre l’arcano del mistero divino ad un calcolo simile a quello umano? Adoriamo il Padre e il Figlio e lo Spirito Santo, la sostanza distintamente indistinta, incomprensibile e indicibile della Trinità; e anche se la ragione ammette un certo numero di Persone, l’unità non lo ammette per l’essenza; e come conserviamo le proprietà della natura divina, così vogliamo conservare anche ciò che è proprio di ciascuna delle Persone, affinché l’unicità della divinità non sia negata alle Persone, né l’unità della natura divina non sia negata alle Persone, né ciò che è proprio dei nomi è trasferito all’essenza. (Cap. (9) Grande e incomprensibile è il mistero della Trinità: Dio Padre, Dio Figlio, Dio Spirito Santo, una Trinità indivisa; eppure sappiamo che è proprio del Padre generare il Figlio, che è proprio del Figlio di Dio nascere dal Padre uguale al Padre, e sappiamo anche qual è il proprio dello Spirito Santo.
L’incarnazione del Verbo divino
368. – (Cap. 10) Ora, è proprio del Figlio di Dio che… negli ultimi tempi il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi (cfr. Gv 1,14), essendo le due nature unite senza alcuna confusione nel grembo della Vergine Maria, Madre di Dio, cosicché egli, che prima del tempo era Figlio di Dio, divenne Figlio dell’uomo e nacque nel tempo alla maniera degli uomini, aprendo, nascendo, il grembo della madre e, in virtù della divinità, non ferendo la verginità della madre. (Cap. 11) È pienamente degno della nascita di Dio, il mistero che Colui che lo fece concepire senza seme, preservò la nascita da ogni alterazione, conservando ciò che era dal Padre e mostrando ciò che ricevette dalla madre. …
369. (Cap. 12) Perché lo stesso è Dio e uomo, non, come dicono quelli che non credono, con l’introduzione di una quarta persona, ma lo stesso Figlio di Dio è Dio e uomo, lo stesso è potenza e debolezza, umiltà e maestà, che redime ed è stato venduto, legato alla croce e che concede il regno dei cieli, tale nella nostra debolezza da poter essere messo a morte, tale nella sua potenza da non poter essere distrutto dalla morte. (È stato sepolto perché ha voluto nascere come uomo e, poiché era come il Padre, è risorto: ferito e salvatore di chi soffre, uno tra i morti e datore di vita ai morenti, scendendo agli inferi e non lasciando il seno del Padre. Perciò anche quell’anima che ha lasciato a causa della condizione comune, l’ha presto ripresa in virtù della sua singolare forza e del suo mirabile potere.
GIOVANNI I: 13 agosto 523-18 maggio 526.
TUTTO IL DENZINGER SENTENZA PER SENTENZA (8) “da Felice III (IV) a …. Vigilio I”