LO SCUDO DELLA FEDE (244)

LO SCUDO DELLA FEDE (244)

LA SANTA MADRE CHIESA NELLA SANTA MESSA (13)

SPIEGAZIONE STORICA, CRITICA, MORALE DELLA SANTA MESSA

Mons., BELASIO ANTONIO MARIA

Ed. QUINTA

TORINO, LIBRERIA SALESIANA EDITRICE, 1908

CAPO III

IL SACRIFICIO DIVINO

ART. II

LA CHIESA.

La Chiesa è la congregazione di tutti i fedeli, i quali professano la medesima fede e legge di Gesù Cristo, partecipano dei medesimi Sacramenti, sotto la condotta dei legittimi pastori, e l’ubbidienza del sommo Pontefice Romano. È la società degli uomini con Dio riconciliati per Gesù Cristo. Questa società è destinata a compiere il numero degli eletti in Paradiso, essendo ella il mezzo scelto da Dio per far trionfare la sua gloria e la sua bontà. Avendo Iddio creato l’universo pel trionfo della sua gloria e per isfogo della sua bontà, ne consegue, come dice s. Epifanio con energica espressione, che principio di tutte le cose è la Chiesa cattolica; e fine è il numero degli eletti da lei condotti in Paradiso. Ordinata così da Gesù Cristo, è incaricata da Lui di propagare la verità, le grazie, le virtù. La verità, contenendo il deposito dei sacri dogmi ad essa confidati, e predicandoli continuamente, per sempre, in tutte le parti dell’universo: le grazie traendole da Dio coll’oblazione del Sacrificio, e comunicandole agli uomini coll’amministrare loro i Sacramenti: le virtù col condurre gli uomini a far tutto a gloria di Dio, secondo i precetti della dottrina divina. Per questo divino ministero è detta nella Tradizione « ancella del Signore, » (S. August. in Ps. 88, cont. 2.) incaricata che la è del servizio divino: e s. Agostino la chiama tabernacolo della Divinità: vero trono di Dio in sulla terra la dice s. Pietro Damiano (Op. 6, ad Henric. Ar.): tempio e sacrario della Divinità la saluta s. Ambrogio (Lib. 3 Hexam. cap. 1). Così ella, essendo unita con Dio, e Dio affidandole i tesori, che vuol partecipare agli uomini, tiene in mano tutti i sacri carismi, ossia è padrona e dispensiera di tutte le grazie, e forma sulla terra la vera corona di Dio (S. Hier. in Psal. 20.). Tutti questi doni poi derivano nella Chiesa da Gesù Cristo, che non solamente l’ha lavata, e rigenerata col suo Sangue, ma eziandio si è unito a lei come capo di questa società, di cui i fedeli sono le membra, ed ha promesso di star con essa indivisibile, come il capo non si può dividere più dalle altre membra del corpo (S. August. in Ps. 44, con. 2.). Questo gran Capo in cielo, Gesù, sta nella Chiesa, anche in terra sempre personalmente, e realmente frammischiato ai fedeli nel SS. Sacramento. Oggetto delle compiacenze divine in mezzo agli uomini, tira sopra essi tutto il cuor del Padre. Per il che il Padre divino, guardandolo qui, (se ci è permesso di dir cose divine in modo umano) par che dir debba: « Là è il Figliuol mio Unigenito, là fra le membra che si ha formate in terra Io l’amo e per Lui amo tutte le membra che ha seco incorporate.» La Chiesa poi a Gesù tenendosi abbracciata in sull’altare, può dire a Dio in certo qual modo come sposa Divina: « qui siete Voi, mio Dio: e siete Voi carne della mia carne, ossa delle mie ossa, e nessuno mi potrà mai più separare da Voi. » Così a lui unita trae dal suo Costato la virtù di generare dal suo Sangue figliuoli pel paradiso all’eterno Padre. Ecco adunque la Chiesa, vergine casta di corpo, madre feconda di figli, immagine della città eterna (S. August. De unitate Eccl. cap. 4.), vera meraviglia di Dio in sulla terra. Ora il Sacerdote, sollevato in sulla terra fra le braccia di questa sposa, come tutta la famiglia, di cui ella è madre in terra, e padre è Dio in cielo; egli sa che, come le compiacenze del Padre son riposte nel Figlio suo Gesù, così le compiacenze di Gesù sono riposte nei fedeli, che compongono il suo Corpo, anzi il suo più caro corpo (S. Bernard. Serm. 12, in Cant.), che è la Chiesa; e trovandosi così tra le braccia della Chiesa e quelle di Dio, sente il bisogno di raccomandargli cotesta Sposa di Lui e madre sua, e lo supplica, affinché per quei sacrifici accettevoli, che gli vien ad offrire, si degni purificare, custodire, adunare e reggere per tutto il mondo la Chiesa cattolica insieme col suo servo, Papa nostro, col Vescovo e con tutti i fedeli. Raccomanda il romano Pontefice; poiché la Chiesa, nello stato di quaggiù, è fondata sopra una Pietra, contro la quale non possono prevalere le forze d’inferno: cioè sopra il capo degli Apostoli, che è s. Pietro, e sopra i romani Pontefici, suoi successori, supremi vicari di Gesù Cristo in terra. E sapendo per divina rivelazione, che, per beneplacito del divino Fondatore, questa Chiesa del romano Pontefice fu scelta in modo da non venir meno giammai, essendo così diventata per l’elezione come il fondamento e la parte essenziale della Chiesa universale; perciò raccomandando il Pontefice, raccomanda il capo, che è la parte principale del corpo.

(Nell’istante in cui stampiamo queste pagine (prima edizione an. 1855), ci giunge l’infallibile decreto dogmatico del S. P. Pio IX, che dà il Dogma dell’Immacolata Concezione. Con la pienezza del giubilo pel trionfo di Maria SS. noi acclamiamo pure il trionfo del Sommo Pontefice. – Noi pigliavamo ed esporre le nostre idee, quando ci giunse il fascicolo del periodico della Civiltà Cattolica, anno sesto, n. CXVII  seconda serie, vol. 9, in cui troviamo nell’Articolo l’Assemblea Cattolica e le assemblee eterodosse esposto con molta dottrina e lucidezza il meditato nostro concetto. Rimandando a quello il lettore, esponiamo qui brevemente questi pensieri. Il Pontefice pronuncia il Decreto; e la infallibile parola colla rapidità del baleno diffonde la fede in tutte le parti dell’universo. Le luminarie sembrano sull’istante dal telegrafo elettrico trasportate in un attimo dalla cupola di san Pietro per tutte le città, fino nel più piccolo contado al tugurio del povero, che fa festa dinanzi l’immaginetta di Maria Santissima. Dovunque è gioia e tripudio e festa pur non comandata. Il Pontefice ha parlato, e la sua parola è un lampo che rischiara tutte le menti di un medesimo Vero. Ecco ogni ginocchio è piegato, ogni voce è concorde, ogni sospiro unanime, e nell’unità di quei concenti armonici maestosamente dominante l’oracolo del successore di s. Pietro, che quasi non sai se segua il dettato tradizionale della Chiesa, o imponga alla Chiesa il dettato di s. Pietro. Il Pontefice parla ripetendo il domma, che da diciotto secoli si serba per tutte le vie delle generazioni novelle, e la Chiesa è certa di quel domma, perché l’oracolo del Vaticano lo assicura. – È vero, Egli ha consultato le Chiese dell’universo ; e i Vescovi dell’orbe cattolico portaron seco al Pontefice le credenze delle loro Chiese: ma confessavano che a crederlo di fede, aspettavano la parola del Pontefice che lo dichiarasse. L’ha pronunciata la parola infallibile quel labbro, che ha l’impronta della divinità; ogni intelletto crede, come ogni cuore adora. L’universo proclama quella parola come voce di Dio. Noi crediamo evidente questa conseguenza, come è evidente l’assioma, che dal fatto provato deduce la potenza di chi l’ha prodotto; e il fatto ha dimostrato che il Sommo Pontefice col suo oracolo INFALLIBILE dichiara e salda la fede in tutta la Chiesa cattolica. Questa adunque confessa di credere INFALLIBILE questo oracolo. L’infallibilità poi del Papa fu definita come dogma nel Concilio Vaticano.).

 Poi raccomanda i Vescovi, posti dal Signore a reggere le varie altre porzioni e membra, vere, e pastori delle anime, guardie del campo di Dio e duci del suo popolo santo, cui Costantino il Grande chiamava custodi dell’anima sua. Raccomanda, come s. Paolo esorta scrivendo agli Ebrei, ed al suo Timoteo, anche i re col loro nome particolare, dov’è concesso. Ben era edificante la carità dei primi Cristiani, che perseguitati a morte, celebrando nei sotterranei, pregavano, (come attestano Tertulliano, Origene e Dionisio) per la pace e prosperità, per le vittorie dei re tiranni. Ora con egual fervore la Chiesa raccomanda i re cattolici e i potenti della terra; affinché cerchino la felicità dei popoli, e la salute propria come buoni figliuoli in seno alla madre Chiesa; se pur non vogliano tradire i popoli a loro affidati col perdersi insieme con essi, e gettarsi a rovina fuori delle braccia di questa madre celeste. – Finalmente fin qui (dice il Cardinal Bellarmino) il Sacerdote ebbe pregato per tutti questi in modo particolare: convien pur ora che raccomandi tutti i fedeli nell’unità della Chiesa; e lo fa col pregare « per tutti gli ortodossi cultori della Cattolica Apostolica fede. » Poi finalmente passa a raccomandare le persone, verso cui ha particolari doveri, con quest’altra porzione di preghiera, che diamo qui, detta il Memento.

Art. II.

IL MEMENTO E LA COMMEMORAZIONE PEI VIVI.

Orazione.

« Ricordatevi, o Signore, dei vostri servi, e delle vostre serve (qui giunge le mani e prega per le persone che gli preme di raccomandare particolarmente; poi stendendo di nuovo le mani prosegue), e di tutti i circostanti, dei quali conoscete la fede, e vi è nota la divozione, pei quali noi vi offriamo questo sacrificio di lode per sé, per tutti i suoi, per la redenzione delle anime loro, per la speranza della salute e per la liberazione di tutti i mali, e rendono i loro voti a Voi, eterno, vivo, vero Iddio. »

L’ordine della preghiera.

In questa orazione si raccomandano le persone, per cui si ha particolare dovere di pregare. Questo vuol l’ordine della carità. La carità che è quella che spira la vita nell’ordine morale. non ha limiti, né esclude persona; ma tutti abbraccia per riunirli in seno a Dio. Mirando solo a questo fine, ella v’indirizza tutti i suoi atti. Ma essa è come l’ordine universale, con cui Dio tiene insieme tutte le creature, e mantiene l’armonia dell’universo. Quello non distrugge gli ordini particolari, anzi li compone in unità, gli armonizza e li dirige ad eseguire tutti insieme il provvidenziale disegno: ma in modo che ciascuna creatura, aggirandosi nel suo cerchio d’azione con quel movimento che la provvidenza le ha assegnato, ottenga il fine suo proprio, mentre pure concorre ad ottenere il fine universale. Così anche la carità ama tutti, e tutti vorrebbe con Dio: nutre tuttavia particolari affetti, e desidera più vivamente di operare il bene per quelli che ci appartengono più strettamente. Immagine della bontà di Dio, il quale mentre porta in seno e coltiva tutte le creature dell’universo da Lui sostenuto, usa nondimeno di consolare di speciale misericordia quelle anime che predilige per elezione: anche la carità della Chiesa abbraccia tutti i fedeli, e tutti li fa dal Sacerdote raccomandare; ma lascia poi anche alla sua divozione, che con Dio si rammenti in peculiare orazione di coloro, a cui è più strettamente legato, 1° per condizione del proprio stato ; 2° per attinenze, che nascono da particolari circostanze. Quindi dall’ordine della carità nasce l’ordine della preghiera.

L’ordine della preghiera riguardo alle persone da raccomandarsi.

Secondo quest’ordine dobbiamo in particolar modo pregare per coloro verso ai quali abbiamo doveri, prima per condizione di stato: in secondo luogo per casuali attinenze, che possiamo avere con essi. In primo luogo dunque dobbiamo in particolar modo pregare per quelli verso i quali abbiam doveri per condizione di stato. E per questo titolo numeriamo i tre ordini di persone seguenti, che dobbiamo raccomandare.

1° Coloro che sono affidati alle nostre cure; perché, se Dio ci affidò delle anime, il principal nostro dovere è di pregar per quelle; ché questo è il mezzo di tutti più efficace, per fare il loro bene davvero. Perciò appunto la Chiesa impone ai Vescovi ed ai parroci di offrire il santo Sacrificio della Messa, applicandone il frutto in ogni giorno festivo pel popolo alla loro cura commesso. E ciò è conforme all’esempio datoci da Gesù Cristo, il quale pur faceva questa bella orazione (Giov. XVII, 1): « Padre santo, salva nel Nome tuo quelli che hai dato a me; » poi diceva ancora: « non solo per essi prego; ma pure per quelli che sono per credere in me; acciocché tutti siano una cosa sola, siccome tu, o Padre, sei in me ed Io sono in Te; acciocchè essi siano in noi una cosa sola ».

2° Per condizione di stato si deve pregare altresì per coloro, coi quali sì hanno particolari relazioni spirituali . Il Sacerdote deve quindi pregar per coloro, che lo eleggono a fare l’offerta del Sacrificio, e deve applicare il frutto di cui può esso disporre, per loro: e che per tal fine gli offrono la loro elemosina in suo sostentamento, chiedendo che impieghi l’opera del suo ministero a loro vantaggio spirituale.

3° Poi ancora per condizione di stato si deve pregare per coloro, pei quali si hanno particolari e più strette relazioni naturali; cioè pei parenti, amici, benefattori: poi anche per i nemici. Anche Gesù sulla croce, fatto di sé sacrificio, pensò di provvedere alla Madre sua SS. Raccomandandola con tenerezza infinita al discepolo dell’amore: ed in quell’istante pregò in singolar modo per i suoi nemici, che lo crocifiggevano. Anzi ci avvisa il Signore, che se mai avessimo qualche po’ di ruggine nel cuore contro il prossimo, e ce ne ricordassimo sull’altare, piuttosto che far sacrificio coll’odio in cuore, sarebbe meglio lasciar l’offerta a mezz’azione (Matt. V), e correre a riconciliarsi prima col fratello, per venire poi ad offrire col cuore che abbraccia tutti in santo amore e vuole tutti salvi in seno a Dio. – In secondo luogo abbiamo detto, che oltre il dovere di pregare, che nasce dalla condizione dello stato, vi sono altri doveri, che sono prodotti da casuali relazioni, in che ci troviamo cogli altri.

1° E perciò prima si ha da pregare per coloro, che pregano attualmente con noi; giacché questa preghiera, fatta insieme con noi, forma come un legame spirituale ed intimo, per cui davanti a Dio siamo un cuor solo ed un’anima sola; e come una sola voce da un sol corpo da noi s’eleva al trono della divina Maestà. Mentre l’altrui pietà viene in nostro soccorso, le comuni miserie toccano più vivamente il cuor del Padre di tutti. Ne viene quindi essere molto utile la preghiera fatta in comune.

2° Si ha da pregare per quelli, che si raccomandano alle nostre preghiere, perché noi dobbiamo riconoscere nell’istanza, che ci fanno di pregar per loro, come un invito della Provvidenza ad esercitare verso del prossimo la carità delle preghiere. Questo pur ad esempio del Salvatore, che piange sulla tomba di Lazzaro e lo risuscita; compassiona la vedova di Naim, e le ridona a vita il morto figlio. Così l’uom pio stende, diremo la protezione della pietà ed irraggia la sua ordinata carità tutto d’intorno, più viva verso quelli che gli sono più vicini. – Veduto l’ordine delle persone, che si meritano le nostre preghiere, bisogna osservare l’ordine della preghiera riguardo alle grazie da chiedere.

Ordine della preghiera riguardo alle grazie da chiedersi.

Pregando per questi e per tutti, dobbiamo sempre chiedere tutto che torni a gloria di Dio e che giovi alla salute dell’anime, mettendo l’orazione nostra in mano del Padre nostro con grande semplicità e confidenza, affinché Egli esaudisca la nostra preghiera; ma indirizzi nello stesso tempo la nostra ignoranza e grossezza. Sicché, se domandiamo cose inutili, o dannose, ci esaudisca Egli nella sua bontà col « darci altrettanti veri beni; dandoci in tal modo anche più di quello che per noi si domanda; perché Egli è un Padre, il quale sa dare le cose buone ai suoi figliuoli. – Perciò supplichiamo Dio, che si consigli interamente colla sua bontà, e tutti i veri beni ci conceda, pei meriti di Gesù, facendo che la sua misericordia trionfi della divina giustizia, e dei demeriti nostri. Intanto è una consolazione pei cuori ben fatti sentire la Chiesa imporci un dovere di raccomandar le persone, che ci sono più care! Oh la buona Madre! Ella indovina tutti i bisogni del cuore umano e colla Religione santificando gli affetti, gli rende più saldi, più puri, più soavi. Facciam ora di spiegare il Memento, che ci porse occasione a queste osservazioni.

Esposizione dell’Orazione: Memento.

« Ricordatevi, o Signore, dei vostri servi e delle vostre serve ecc. ecc. » Dio non è come gli uomini, soggetto a dimenticarsi; ma questo modo di pregare accenna una gran confidenza, per cui par che si dica a Dio: « Voi li conoscete, o Signore, i vostri servi e le vostre ancelle, a Voi son note le necessità di tutti; pur lasciate che noi vi raccomandiamo il tale ed il tal altro ancora, e quei loro particolari bisogni; » e qui nomina quelle persone, che sente dovere raccomandare con distinzione: e giungendo le mani abbassa il capo in profondo raccoglimento, per far del cuore le sue confidenze intorno ad esse in seno a Dio, quasi dicendo: « esse hanno titoli peculiari verso alla nostra gratitudine: e noi non possiamo meglio mostrar la nostra riconoscenza, che col raccomandarle a Voi, che comandate di così amarle; date loro tutto ciò che è ‘bene per loro. » Anche s. Cipriano domandava nelle sue lettere, lontano che era dal suo gregge in esilio, che gli fossero scritti i nomi di coloro, che facevano del bene alla sua Chiesa ed ai poverelli: per ricordarli co’ loro nomi nel Memento ad uno ad uno. Anticamente usavasi nominare ad alta voce i benefattori, che si raccomandavano: onde san Gerolamo levò la voce, e garri coloro, che offrivano doni per avere il vanto di essere nominati nel tempo del Sacrificio (In cap. XVIII, Ezechiel). Il diacono. portava scritti

sui dittici o tavolette il nome dei benefattori e di coloro che si dovevano raccomandare, e li suggeriva al Sacerdote raccolto in orazione. Il Sacerdote adesso prega in silenzio, affinché i fedeli ricevano da Dio solo la ricompensa di lor carità. – « Dei quali Voi conoscete la fede, e vi è nota la divozione ecc. ecc. » Prega pei circostanti, ma quasi a condizione che sian presenti con viva fede, e con sentimento di devozione verace, come se dicesse: « Noi Vi supplichiamo, o Signore, di degnar d’uno sguardo benevolo questi, che vi adorano nella lor fede, e a voi anelano in carità; ma per quelli, che in quest’ora tremenda, in questo terribile luogo portano gli oltraggi sugli occhi vostri santissimi; ah! per costoro saremmo per dirvi di rivolgere da loro i vostri sguardi, e di non ascoltare preghiere che accompagnate da tante irriverenze, provocan sopra di essi, più che altro, i vostri castighi. »

Poi dice:

« Pei quali Vi offriamo, o che vi offrano questo Sacrificio di lode, ecc, ecc. »

Perchè, dice Innocenzo III (Lib. 3, De Mys. cap. 5, et Tertull. De exhort. cast.), non solamente sono i Sacerdoti coloro, che offeriscono; ma offeriscono pur tutti i fedeli, nel cui nome offerisce il Sacerdote. Finalmente poiché le parole, che seguono, significano che il Sacrificio della Messa è Sacrificio di lode, di adorazione e di ringraziamento, che espia i peccati, e che ottien tutte le grazie da Dio; ne cogliamo occasione di ricordare qui a maggiore chiarezza ciò che abbiamo già altrove toccato quando lo richiedeva l’esposizione nel corso dell’opera, cioè come la santa Messa sia sacrificio Latreutico, Eucaristico, Propiziatorio, Impetratorio; ed ora diremo del frutto (Bened. XIV, De Sacrif. Missae, lib. 2, cap. 13,).

Il Sacrificio.

È imminente l’istante in cui nella Messa si esegue il Sacrificio del Corpo e del Sangue di Gesù Cristo in memoria del sacrificio in sulla croce. Ma noi ci riserbiamo di esporre queste qualità del Sacrificio nell’istante più solenne e più terribile, in cui abbiamo bisogno di raccogliere i pensieri più santi; quando contempleremo Gesù, che compie il Sacrificio Divino. Là tendono come raggi al centro tutti gli Articoli della povera Opera nostra ora invece parleremo brevemente del frutto.

Art. IV.

Del frutto del Sacrificio.

Il frutto, che viene dal SS. Sacrificio, è di tre sorta. Il primo è il frutto, che ne vien direttamente dalla redenzione operata da Gesù Cristo; e questo si produce sicuramente dalla parte di Gesù Cristo; e si richiede solo che non si ponga impedimento da chi lo deve ricevere. – Il secondo è il frutto, che ne viene dalla divozione della Chiesa. Questa sposa del Signore, sempre in ogni luogo, pel ministero di tutti i Sacerdoti offrendo sacrifici, acquista continuamente meriti di grazie per la santità, con che esercita le sue funzioni. Siccome per questo si serve del ministero delle membra sue, che sono i Sacerdoti ed anche gli altri fedeli; così, a seconda della maggiore o minor innocenza, e santità, e divozione, può crescere o diminuire questo frutto. Qual tesoro adunque è la santa Messa, posta in nostra mano per fare acquisto di vita eterna; e come possiamo noi aggiungere accrescimento in merito della nostra divozione! – Il terzo frutto nasce dallo zelo e dalla divozione del particolar Sacerdote offerente, la cui pietà in quel momento così prezioso può ottener grazie particolari. Deh quanto è vero che un Sacerdote santo è un vero ministro di benedizioni per la Chiesa (Ben. XIV. De Sac. Miss. lib. 2, cap. 3, n. 20)! Sì però, che le sue miserie non diminuiscano il primo frutto, che vien tutto intero da Gesù Cristo.

Autore: Associazione Cristo-Re Rex regum

Siamo un'Associazione culturale in difesa della "vera" Chiesa Cattolica.