VITA E VIRTÙ CRISTIANE (13)
GIOVANNI G. OLIER
Mediolani 27-11 – 1935 – Nihil obstat quominus imprimetur. Can. F. LONGONI
IMPRIMATUR: In Curia Arch.Mediolani die 27 – II – 1935 , F. MOZZANICA V. G.
CAPITOLO VIII.
Della mortificazione
V.
Pratica della mortificazione
Esame, — Proponimenti: 1. rinunciare alla nostra vita propria, — imitando Gesù Cristo. — Vita di Dio in noi. — 2, lasciare piena libertà all’azione di Dio. — La mortificazione è la condizione della presenza di Dio in noi.
Dopo aver considerato i motivi che ci obbligano a praticare la mortificazione, ed essercene ben convinti, dobbiamo esaminare, con sentimento di confusione davanti a Dio, quanti anni abbiamo passati in una vita immortificata. Allora noi si viveva in noi stessi e secondo il nostro amor proprio, dolendoci per qualsiasi cosa che ci contrariava, né potendo soffrire cosa che fosse opposta alle nostre inclinazioni e ai nostri desideri naturali. Una tale condotta è in opposizione con esempio di Gesù Cristo nostro modello; Gesù non ha mai seguito le inclinazioni umane né i desideri naturali. Cristo non ha mai cercato di piacere a se stesso; Christus non sibi placuit (Rom. XV, 3). Quante volte ci siamo dati all’impazienza? Quanti desiderii di amor proprio abbiamo assecondati? Insomma, per quanti anni abbiamo vissuto non da Cristiani, ma da pagani, mentre l’unico principio della nostra condotta era la nostra soddisfazione e la nostra carne, né ci curavamo dello Spirito Santo che interiormente ci manifestava il nostro dovere e vi ci portava con efficace amore?
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In seguito a questo esame, dobbiamo risolverci a fare due cose. La prima sarà di studiarci, per mezzo della meditazione, di rinunciare a noi stessi e a questa vita propria che è vita di condanna; di far quanto possiamo per resistere a quei desideri della carne che ad ogni momento nascono in noi, e per sopprimere i movimenti sregolati e disordinati della natura, la quale non è un principio di vita cristiana.
La vita cristiana proviene in noi dallo Spirito vivificante che Dio ci dà nel battesimo, nel quale siamo fatti figliuoli di Dio, animati dalla sua medesima Vita, riempiti di una medesima sostanza, per cui dobbiamo, in tutto, essere mossi e diretti da Lui. – Gesù Cristo sia in ciò il nostro modello: Egli, infatti, si lasciava perfettamente go.vernare dallo Spirito di Dio suo Padre; orbene, noi pure abbiamo il medesimo Spirito. Gesù Cristo non operava mai che secondo la luce del Padre suo: così noi non dobbiamo operare che secondo la fede, la quale è un’ammirabile partecipazione della medesima luce divina (1 Piet. II, 9). Gesù Cristo non operava mai che dietro la mozione dello Spirito divino; così noi dobbiamo nei nostri atti essere sempre mossi dalla carità che Egli infonde in noi perché sia il principio delle opere nostre. Gesù Cristo non operava che nella virtù dello Spirito divino, così non dobbiamo operare che nella forza di quel medesimo Spirito che abbiamo ricevuto nel battesimo e che ci venne comunicato in pienezza nella Confermazione. Questa vita cristiana, che procede dalle Spirito e dallo Spirito è animata, è la vita di cui Dio vive in se stesso e di cui vivono i Santi nel Cielo. Dio si compiace di comunicarci la sua vita nascosta (Vita vestra est abscondita cum Christo in Deo. Colos., II, 3); l’ha rinchiusa in noi in queste mondo, e la manifesterà nel giorno dell’eternità in cui farà vedere chiaramente quale era la perfezione, la santità, la sapienza, la carità e la forza con cui Egli operava in noi. E sarà questo uno degli oggetti della beatitudine dei Santi, nei quali Dio esporrà la bellezza e la ricchezza della sua vita (Col. III, 3). – Al contrario, uno dei più grandi e più sensibili tormenti dei reprobi sarà la maledizione delle opere della carne che essi vorrebbero tutte abolite e distrutte, per non portarne più la pena. Dio, tuttavia, ne darà continua visione a quei disgraziati, che vedranno con ispavento tutti gli effetti che la corruzione della carne avrà operati in essi in questa vita. – Per i miserabili dannati sarà spaventevole la visione degli orribili effetti delle opere della carne; in quel modo che per i beati sarà oltremodo deliziosa la vista delle opere dello Spirito. I Santi, infatti, saranno rapiti di gioia nel vedere la bellezza che sarà il frutto delle loro opere ela santità sureminente con la quale la Maestà di Dio avrà esercitata la sua azione nelle loro anime. – La seconda cosa cui dobbiamo risolverci è una immediata conseguenza della prima; e sarà di lasciare che Dio operi in noi e ci animi del suo Spirito in tutte le nostre opere, poiché Egli vuole essere in noi il principio di qualsiasi atto. O benedizione! O gioia! O inconcepibile felicità! che Dio voglia così vivere nella carne e animarla, perché essa compia opere degne dell’eternità, nelle quali Egli senza fine troverà la sua gloria.
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Questi sono i due esercizi coi quali dobbiamo dar principio in noi alla vita interiore e divina: bisogna metterci con impegno a mortificarci; poi, essendo morti alla carne, procurare di vivere nello Spirito. Senza di ciò non faremo mai nulla; ogni altro esercizio non servirà che a rovinarci. Tutto il resto è come un unguento che inasprisce il nostro male e non lo guarisce, un palliativo e non un rimedio: Tutto è illusione e abuso, se non si lavora sopra questi principi. Bisogna quindi risolverci alla santa mortificazione per la virtù dello Spirito Santo; perché se avremo cura, per la sua divina virtù, di respingere i sentimenti e le suggestioni abominevoli della carne, noi vivremo, come dice S, Paolo, mentre se vivremo secondo l’impulso dei desiderii e delle suggestioni della carne, noi morremo (Rom. VIII, 13). Se saremo fedeli a mortificare la nostra carne nelle sue concupiscenze e nei suoi desideri, Dio si renderà presente in noi; Egli si unirà intimamente con noi; e maggiore sarà la nostra cura di mortificarci e di rinunciare a noi stessi anche nelle minime cose in cui la carne potrebbe ricercare sé medesima, maggiore sarà pure l’amore con cui Dio ci vivificherà e ci animerà. – Per giungere alla contemplazione non v’è via migliore della purificazione di noi medesimi, con la quale eliminiamo da noi tutto ciò che non è Dio, e rendiamo l’anima nostra pulita e pura come uno specchio nel quale quel sole che è Dio si compiace di imprimersi e tenersi presente. In questo consiste la vera vita dei Cristiani, essa è una partecipazione della vita medesima dei beati nella contemplazione della verità di Dio a loro sempre presente dovunque si trovino.
VI.
Considerazioni su l’immortificazione
Ingiuria al Padre. – a Gesù Cristo, – allo Spirito Santo. – Trionfo del demonio. – Disordine nell’uomo. – Confusione per voi; tristezza e rimorso per l’ora della morte. – Avvilimento dell’anima. – Equità della mortificazione.
1° Noi facciamo una speciale ingiuria all’Eterno Padre, quando rifiutiamo di privarci per la sua gloria del godimento d’un miserabile piacere, rimanendo insensibili sia alla considerazione della sua presenza, come all’autorità del uo comando, ed alla minaccia dei suoi castighi, insensibili persino alla promessa. dei torrenti immensi delle sue delizie che saranno il premio della mortificazione.
2° Quale confusione per il Figlio di Dio! Aver sofferto tanto per obbligarci a resistere ai nostri sensi, eppure, né il sentimento di tante grazie e di tanti doni che Egli ci ha meritati, né l’esempio che ci ha dato, né la forza che ci ha acquistata possono nulla sopra di noi! E da parte nostra quale disprezzo della vita, del sangue e della morte di Gesù Cristo!
3° Quale affronto per lo Spirito Santo! Egli risiede in noi per opprimere la carne nelle sue pretese, per stabilire il suo impero sopra l’assoggettamento dei nostri sensi, delle nostre passioni e di noi medesimi; eppure questa divina e augusta Persona, questo Dio vincitore di tutto il mondo, questo augusto Re di tutte le creature, si vede ridotto ad essere schiavo dei nostri sensi, assoggettato ad una passione, vinto dalla carne e troppo spesso rovesciato dal suo trono e scacciato dalla sua dimora!
4°Quale soggetto di superbia per il demonio, mentre esso nella creatura trionfa del Dio vivente, e vede assoggettati sotto i suoi piedi il Cristiano e insieme il suo Dio! Quale vergogna per noi che venga commesso, per mezzo nostro, un sì orribile attentato: un Dio schiavo sotto i piedi del demonio!
5° Quale disordine nell’uomo! Quale sconvolgimento nel suo essere! L’appetito inferiore che dovrebbe essere soggetto allo Spirito, ne è invece il padrone, e la carne è sovrapposta allo spirito; in una parola, il padrone in noi è divenuto lo schiavo. Dio ha tanto fatto per ristabilire per mezzo del suo Figlio l’ordine primitivo della nostra condizione, e noi d’un colpo rovesciamo i suoi meriti, il suo sangue, la sua grazia e tutta l’opera sua, tutti i disegni del Padre, tutte le fatiche del Figlio, tutti gli sforzi e le operazioni dello Spirito Santo.
6° Qual frutto riceviamo da un istante d’immortificazione, se non il rimorso nel cuore, la confusione che ci fa arrossire per la vergogna, ed infine la condanna eterna?
7° Il piacere è Passato, e la pena resta: il piacere è stato di brevissima durata, la soddisfazione è stata leggerissima, ma i disagi dureranno in eterno,
8° Quale tristezza per l’anima all’ora della morte, quando vedrà nel languore senza vita quelle membra con le quali avrebbe potuto acquistare gradi di gloria immortale, e si troverà invece, per colpa della sua immortificazione priva di speranza e priva di merito nelle sue opere!
9° Quale dispetto essa proverà pure in quell’ora contro se stessa, per essersi miseramente perduta in soddisfazioni di cui, sotto la luce di Dio, vedrà l’iniquità e la viltà, soddisfazioni che non avranno più allora nulla di quelle ingannevoli attrattive, di quelle fallaci illusioni che la seducevano e l’immergevano nel peccato!
10° Quale gioia, al contrario, non sentirà allora l’anima che in questa vita sarà stata fedele e costante nella mortificazione! Quale gioia nel vedere le sue membra allora ormai inutili e senza vita, aspettare di vivere della vita gloriosa di un Dio risorto, il quale, con la sua vita di travagli e di pene, ha conquistato per i suoi membri afflitti e crocifissi con Lui, la pienezza della gioia e della beatitudine che dal Padre suo deve ricevere in essi, per aver sofferto ed essersi mortificato in essi!
11° Qual terrore nel vedersi presentata ad un giudice così esatto, giusto e rigoroso! Dio accoglierà l’anima con gradimento tanto maggiore quanto più essa avrà sofferto in questa vita; la castigherà invece con tanto maggior rigore quanto più essa sarà stata indulgente per sé stessa, quanto più per la propria soddisfazione avrà assecondato le voglie della carne e le suggestioni del demonio.
12° O’ anima cristiana, rifletti perché il tuo Dio ti ha creata e perché nella sua Misericordia ti ha rigenerata! Non già perché vivesti nell’impurità e nell’immondezza della carne, ma perché t’innalzassi alla santità di Dio medesimo (1 Tess. IV, 7). La volontà di Dio Padre, nel riformarci secondo la sua propria immagine, è di farci santi come Lui (1 Tess. IV, 5). Dio è santo e vuole che i suoi figliuoli siano santi (1 Piet. I, 6). – Il Figlio suo, dice S, Paolo, è risuscitato a questo fine, affinché camminiamo in una vita nuova, vale a dire nella santità. Per questo pure ci ha dato il suo divino Spirito di santità: e per questo dimora in noi onde fare di noi i suoi templi e santificarci in tutto. Il suo disegno è di fare di tutti i Cristiani. nella sua Chiesa, altrettanti angeli, e come spiriti separati dalla carne per la santità (1 Cor. III, 17).
13° O anima! Che cosa fai tu? Che cosa sei divenuta? Dov’è la santità e la perfezione delle tue vie? Tu che eri così bella come la luna, eletta come il sole, immacolata per la grazia del battesimo! (Cant. VI, 9).
14° Che cosa ne è ora di quello splendore di Dio e dove mai sei ridotta? Sei diventata più nera dei carboni (Thren. IV, 8). Eccoti per causa della tua immortificazione e dell’aderenza alla carne, più nera del carbone, più sporca di uno straccio coperto di fango e di marcia: Quasi pannus menstruatæ (Isa. LXIV, 6).
15° Sorgi dal tuo avvilimento e dalla tua confusione: ritorna a Dio tuo Createre, fiduciosa che ti purificherà! Saresti anche più nera di un Etiope, egli ti renderà più bianca della neve. Invoca il Signore, nella sua bontà e nelle sue misericordie che sono maggiori della sua giustizia!
16° Mercè la confessione dei nostri peccati, preveniamo l’ira della sua giustizia: evitiamo le pene col punire noi medesimi, offrendo soddisfazioni per le nostre colpe e castigando la nostra carne per mezzo di quelle medesime cose nelle quali essa ha peccato. La soddisfazione in Gesù Cristo, la penitenza animata e vivificata dal suo spirito, vale tutto per un’anima che si è investita di Lui, che è pienamente animata dall’intenzione di piacere alla giustizia del Padre senza riserva e di fargli ammenda onorevole, mediante un puro sacrificio di amore, di buona e pura volontà!
17° Da ultimo, cosa può esservi mai di più potente contro l’immortificazione che il pensiero che siamo peccatori, e come tali non dobbiamo più ricevere nessuna gioia dalle creature? Queste non debbono più servire che a crocifiggerci e a castigarci, invece di rallegrarci e consolarci; anzi. Come delinquenti, dobbiamo crocifiggerci noi medesimi incessantemente e in tutto; perché la crocifissione è il supplizio che Dio istituito e consacrato per punire il peccato e farne giustizia – La crocifissione, è una pena universale che colpisce e fa soffrire tutta la carne; è la morte totale dei sensi e di tutto noi medesimi, e non solamente un supplizio che colpisca solamente qualche membro e produca la morte mediante qualche pena particolare.