I SERMONI DEL CURATO D’ARS: SULLA MORTE DEL GIUSTO
(Discorsi di s. G. B. M. VIANNEY Curato d’Ars – vol. IV, 4° ed. Torino, Roma; Ed. Marietti, 1933)
Sulla morte del giusto.
Pretiosa in conspectu Domini, mors sanctorum ejus.
(Ps. cxv, 15).
La morte, Fratelli miei, è un giusto motivo di turbamento e di paura per il peccatore impenitente, che si vede costretto ad abbandonare i suoi piaceri. Accasciato dal dolore, assediato dal pensiero del giudizio che sta per subire, divorato innanzi tempo dal timore degli orrori dell’inferno dove ben presto sarà precipitato; egli si vede abbandonato dalle creature e da Dio stesso. Ma, per una legge al tutto contraria, la morte riempie di gioia e di consolazione l’uomo giusto che ha vissuto secondo l’Evangelo, che ha camminato sulle tracce di Gesù Cristo stesso, e soddisfatto con una vera penitenza alla giustizia divina. I giusti riguardano la morte come la fine dei loro mali, dei dispiaceri, delle tentazioni e di tutte le altre miserie; essi la considerano come il principio della loro felicità; essa procura loro l’accesso alla vita, al riposo ed alla beatitudine eterna. Ma, F. M., non v’è uomo, anche il più scandaloso, che non desideri, e non si auguri questa preziosa morte. L’inesplicabile si è che noi tutti desideriamo una buona morte, e che quasi nessuno adopera i mezzi per rendersi felice. È un accecamento difficile a spiegarsi; ora siccome desidero ardentemente che facciate una buona morte, voglio indurvi a vivere in modo da poter sperare questa felicità, mostrandovi:
1° i vantaggi di una buona morte; e
2° i mezzi per renderla buona.
I. — Se dovessimo morire due volte, una volta potremmo rischiarla; ma non si muore che una volta sola (Statutum est hominibus semel mori. Hebr. IX, 27), e dalla nostra morte dipende la nostra eternità. Dove l’albero cade, ivi resta. Se una persona, in punto di morte, si trova con qualche cattiva abitudine, la sua povera anima cadrà nell’inferno; se, invece, si trova in buono stato di coscienza, prenderà la via del cielo. O strada fortunata che ci conduce al godimento dei beni perfetti! Dovessimo anche passare per le fiamme del purgatorio, siamo sicuri d’arrivarvi. Tuttavia, questo di penderà dalla vita che avremo condotta: è certo che la nostra morte sarà conforme alla nostra vita; se abbiamo vissuto da buoni Cristiani e secondo la legge di Dio, morremo anche da buoni Cristiani per vivere eternamente con Dio. Al contrario, se viviamo secondo le nostre passioni, nei piaceri e nel libertinaggio, morremo infallibilmente nel peccato. Non dimentichiamo mai questa verità che ha convertito tanti peccatori: dove l’albero cadrà, ivi resterà per sempre (Eccli. XI, 3) . Ma, F. M., la morte per se stessa, non è così spaventosa come si vuol credere, poiché non sta che a noi il renderla felice, bella e gradita. S. Girolamo era vicino a morire: avendoglielo i suoi amici annunciato, sembrò raccogliere tutte le sue forze per esclamare: “O buona e felice notizia! o morte, vieni presto! ah! da quanto tempo ti desidero! vieni a liberarmi da tutte le miserie di questo mondo! Vieni, tu mi unirai al mio Salvatore! „ E volgendosi agli astanti: “Amici, per non temere la morte e trovarla dolce, bisogna camminare per la via che Gesù Cristo ci ha tracciata, e mortificarsi continuamente. „ Infatti è in punto di morte che un buon Cristiano comincia ad essere ricompensato del bene che ha potuto fare durante la vita; in quel momento il cielo sembra aprirsi per fargli gustare la dolcezza de’ suoi beni. Ecco, su questo punto, un bell’esempio. – S. Francesco di Sales, visitando la sua diocesi, fu pregato di recarsi da un buon contadino ammalato, che prima di morire desiderava, ardentemente di ricevere la sua benedizione. Con tutta fretta il santo Vescovo andò a lui, e trovò nell’ammalato un’intelligenza ancora lucidissima. Infatti l’ammalato testimoniava al suo Vescovo la gioia che provava nel vederlo, e domandò di confessarsi. Quand’ebbe finito, vedendosi solo col santo Prelato, gli fece questa domanda: “Monsignore. morirò io presto? „ Il santo, credendo che la paura facesse fare all’ammalato questa domanda, gli rispose per assicurarlo, che aveva visto guarire ammalati assai più gravi di lui, e che del resto, doveva confidare in Dio, al quale solo appartiene la nostra vita come la nostra morte. — “ Ma, chiese di nuovo, Monsignore, credete che io dovrò morire? „ — “Figlio mio, a questo un medico risponderebbe meglio di me: tutt’al più, vi dirò che la vostr’anima è in stato molto buono, e forse in altro tempo, non potreste avere così belle disposizioni. Il meglio che possiate fare si è di abbandonarvi interamente alla provvidenza ed alla misericordia di Dio, perché disponga di voi a suo beneplacito. „ — “Monsignore, non è il timore della morte che mi fa domandare se morrò di questa malattia; ma piuttosto il timore di vivere più a lungo. „ Il santo sorpreso da un linguaggio così straordinario e, sapendo che solo una grande virtù od un’eccessiva tristezza può far nascere il desiderio della morte, domandò al malato da che cosa provenisse questo suo disgusto per la vita. “Ah! Monsignore, esclamò l’ammalato, questo mondo è cosa tanto da poco! io non so come si possa amare questa vita. Se il buon Dio non ci comandasse di restarvi sinché Egli vi ci lascia, da molto tempo io non vi sarei più. „ — “È forse il dolore, la povertà, che vi ha così disgustato della vita? „ — “No, Monsignore, ho passato una vita serenissima fino all’età di settant’anni, in cui mi vedete e, grazie a Dio, non so che cosa sia la povertà. „ — “Forse avete avuto dei disgusti da parte di vostra moglie o dei figli? „ — “Nemmeno questo; essi non mi hanno mai recato il minimo dispiacere ed hanno sempre cercato di rendermi felice; la sola cosa che mi rincrescerebbe, lasciando questo mondo, sarebbe di doverli abbandonare. „ — “Perché dunque desiderate così ardentemente la morte? „ — Perché ho sentito dire nelle prediche tante meraviglie dell’altra vita, e delle gioie del paradiso, che questo mondo è per me, come un’oscura prigione. „ Ed allora parlando coll’effusione del cuore, quel contadino disse cose così belle e così sublimi sul cielo, che il santo Vescovo si ritirò rapito d’ammirazione, ed approfittò egli stesso di questo esempio per animarsi a disprezzare le cose create ed a sospirare la felicità del cielo. Non avevo dunque ragione di dirvi che la morte è dolce e consolante per un buon Cristiano, poiché lo libera da tutte le miserie della vita e gli dà il possesso dei beni eterni? O miserabile vita, come si può attaccarsi così fortemente a te?… Giobbe in poche parole ci dice che cos’è la vita: “L’uomo vive poco tempo, e la sua vita è ripiena di miserie. Come il fiore, non fa che apparire, e già appassisce. È come l’ombra che passa e scompare (Giob. XIV, 1, 2). „ Non v’è infatti animale sulla terra che, come l’uomo sia ripieno di miserie. Dalla testa ai piedi non v’è parte che non sia soggetta ad ogni sorta di malattie. Senza contare i timori, gli orrori dei mali che, più spesso, non ci toccheranno mai. E, la morte, F. M., ci libera da tutte queste miserie. S. Paolo, scrivendo agli Ebrei dice loro: “Noi siamo qui come poveri esiliati che non hanno dimora fissa; ma ne cerchiamo una, che è nell’altro mondo (Hebr. XIII, 14) . „ Quale gioia, F. M., per una persona esiliata dalla patria, e tenuta per molti anni in schiavitù, quando le si annuncia che il suo esilio è finito, che tornerà nella patria, vedrà i parenti e gli amici! Ora, un’anima che ama Dio, aspetta la stessa felicità e languisce, quaggiù, di desiderio d’andare a vedere il cielo in mezzo ai santi, che sono i suoi veri parenti ed amici. Essa sospira quindi ardentemente il momento della sua liberazione. La morte. F. M., è per l’uomo giusto ciò che il sonno è per il lavoratore che si rallegra all’avvicinarsi della notte, in cui troverà il riposo delle fatiche della giornata. La morte libera il giusto dalla prigionia del corpo: per questo diceva S. Paolo: “Ah! me infelice! chi mi libererà da questo corpo di morte? „ (Rom. VII, 24.) — “Togliete, mio Dio, diceva il santo re Davide, togliete la mia anima dalla prigione di questo corpo, poiché i giusti m’aspettano, fino a che m’abbiate data la mia ricompensa. (Ps. CXLI, 8); Ahi chi mi darà le ali come di colomba (Ps. XLIV, 7) ? „ E la Sposa dei cantici: ” Se avete visto il mio diletto, ditegli ch’io languisco d’amore (Cant. V, 8)! „ Ahimè! la nostra povera anima è nel nostro corpo come un diamante nel fango. O morte felice che ci liberi da tante miserie! … S. Gregorio racconta che un povero uomo chiamato Preneste, da lungo tempo paralitico in tutte le membra, vicino a morire, pregò quelli che l’assistevano di cantare. Gli si domandò perché, e che cosa poteva rallegrarlo nello stato in cui si trovava. “Ah! disse, è perché ben presto la mia anima lascerà il corpo! Fra breve sarò liberato da questa prigione! „ Quand’ebbero cantato un momento, sentirono una soave musica d’Angeli. “Ah! disse il moribondo, non sentite gli Angeli che cantano? lasciateli, lasciateli cantare! „ e morì. Subito si sparse attorno a lui un profumo tanto soave, che la camera ne fu imbalsamata. In questo esempio vediamo adempirsi alla lettera ciò che Dio disse per bocca del profeta Isaia: “Levati, Gerusalemme, diletta mia, svegliati, poiché hai bevuto di mia mano, sino alla feccia, il calice della mia collera …, tutti i mali si sono riversati su di te… Ascolta, Gerusalemme, povera città, in avvenire non berrai più il calice della mia indignazione …; rivestiti della tua forza, Sionne; rivestiti degli indumenti della tua gloria Esci dalla polvere e spezza il giogo che grava il tuo collo… „ (Isa. LI, 17, 22; LII, 1, 2). Chi potrebbe comprendere, F. M., la grandezza delle gioie di S. Liduina? Dopo ventisette anni di malattia, rosa da un cancro e dai vermi, vedendosi al termine dei suoi mali esclamò: “ O gioia! tutti i miei mali sono finiti! … Felice notizia! morte preziosa, affrettati! Da sì lungo tempo ti desidero!„ (RIBADENEIERA, 14 Aprile). – Quale soddisfazione per S. Clemente martire, quando dopo trentadue anni di prigionia e di tormenti gli si venne ad annunciare la sua condanna a morte! “O beata notizia! esclama; addio prigione, torture e carnefici! ecco dunque finalmente il termine della mia vita e dei miei dolori. O morte, quanto sei preziosa, oh! non tardare!…; o morte desiderata, vieni a colmare la mia felicità riunendomi al mio Dio!… „ (RIBADENEIRA, 23 Gennaio, S. Clemente Vescovo d’Ancira e martire). – Quanto dunque è felice un Cristiano, se ha il coraggio di camminare sulle tracce del divin Maestro!… Ma in che consiste la vita di Gesù Cristo? Ecco, F. M. Essa consiste in tre cose, cioè: preghiera, azioni, dolori. Sapete che nella sua vita pubblica il Salvatore si è spesso ritirato in disparte per pregare, e che era sempre in moto per la salute delle anime. Ora, bisognerebbe, F. M., che il pensiero di Dio ci fosse naturale come il respiro. Durante la sua vita di preghiera e d’azione, Gesù Cristo ha molto sofferto: ora la povertà, ora la persecuzione, ora le umiliazioni ed ogni sorta di cattivi trattamenti. “La mia vita, ci dice per bocca del suo profeta, ha finito nel dolore ed i miei anni nei gemiti, la mia forza s’è affievolita nella povertà. „ (Ps. XXX, 18). La vita d’un Cristiano può essere differente da quella d’un uomo confitto alla croce con Gesù Cristo? Il giusto è un crocifisso. Vediamo che i santi hanno trovato tanti piaceri nel dolore, che non potevano saziarsene: Vedete il gran Papa Innocenzo I: era coperto d’ulceri da capo a piedi, eppure non era ancora contento, ed aspirava sempre a nuove sofferenze. E ne domandava ogni giorno a Dio colle sue preghiere: “Mio Dio, diceva, aumentate i miei dolori, mandatemi malattie ancor più crudeli, purché però mi diate nuove grazie!„ — “Perché, gli si diceva, domandate a Dio un aumento di sofferenze? Siete tutto coperto di piaghe.„ — “Voi non sapete quant’è grande il merito delle sofferenze. Ah! se poteste comprendere quanto vale il dolore come l’amereste!„ S. Ignazio martire, temendo che i leoni e le tigri venissero, come qualche volta accadeva, a lambirgli i piedi, disse queste belle parole: “Quand’è che potrò baciarvi bestie feroci, che siete preparate pel mio supplizio? Ah! quando vi accarezzerò? Se non mi volete divorare, io vi ecciterò, affinché vi avventiate su di me con maggior furore; vi ecciterò perché vi affrettiate a divorarmi. „ Egli scriveva ai suoi discepoli: “Vi scrivo per annunciarvi quanto sono felice! morirò per Gesù Cristo, mio Dio! Tutto quello che vi domando è di non far nulla per istrapparmi alla morte, so quello che mi è vantaggioso. Io sono il frumento di Dio; e bisogna ch’io sia macinato tra i denti dei leoni per diventare pane degno di Gesù Cristo.„ (Ribadeneira. 1 Febbr.). Sentite ancora S. Andrea, che alla vista della croce su cui lascerà la vita, esclama: “O croce beata, per te sarò riunito al mio Maestro! ah! croce benedetta, ricevimi tra le tue braccia; poiché, dalle tue braccia passerò in quelle di Dio. „ La folla vedendo il buon vegliardo appeso alla croce, voleva uccidere il proconsole e distaccare il santo. “No, figli miei, gridò loro S. Andrea dall’alto della croce, lasciate, lasciate ch’io termini una vita così miserabile, poiché andrò al mio Dio. (ibid. 30 Nov.) „ S. Lorenzo è steso sulla graticola di ferro, mentre le fiamme, che un’altra volta avevano risparmiato i tre fanciulli nella fornace di Babilonia, crudelmente lo abbruciano. Egli è già arrostito da una parte, ed in compenso domanda di essere voltato dall’altra, affinché in cielo tutte le parti del suo corpo siano egualmente gloriose. Senza dubbio, M. F., questo esempio è un miracolo della grazia, che è onnipotente in chi ama Dio. Ma vedete S. Paola. Questa dama romana era torturata da violenti dolori di stomaco e preferì morire piuttosto che bere un po’ di vino che le si voleva far prendere. (Ibid. 26 Gennaio). S. Gregorio ci racconta d’un povero, ma celebre mendicante che, da molti anni paralitico, non potendosi muovere dalla paglia su cui era coricato, soffriva incredibili dolori, eppure, non cessò un momento di benedire Dio. E morì cantandone le lodi. Ah! dice S. Agostino, com’è consolante il morire colla coscienza quieta! La quiete dell’anima e la tranquillità del cuore sono i doni più preziosi che possiamo ottenere; ci dice lo Spirito Santo: non v’è piacere paragonabile alla gioia del cuore. (Eccli. XXX, 16). Il giusto, dice lo stesso dottore, non teme la morte, perché essa lo riunisce col suo Dio e lo mette in possesso di ogni specie di delizie. Vedete la gioia che mostrano i santi andando alla morte.. Vedete, ci dice S. Giovanni Crisostomo, l’intrepidezza e la gioia con cui S. Paolo va a Gerusalemme, sebbene sappia i cattivi trattamenti che l’attendono: “So che per me vi sono soltanto tribolazioni e catene; so le persecuzioni ed i mali che vi soffrirò; non importa; io non temo nulla, perché son persuaso di far l’interesse di un buon padrone, che non m’abbandonerà. Gesù Cristo stesso me lo garantisce. „ E vedendo i suoi discepoli piangere, l’apostolo aggiungeva: “Che fate, piangendo, ed affliggendo il mio cuore? poiché son pronto non solo ad esser legato, ma a morire a Gerusalemme per il nome del Signore Gesù. „ (Act. XX,) Noi non siamo sicuri, è vero, d’essere come S. Paolo, gli amici di Dio; però quantunque peccatori, se abbiamo confessato i nostri peccati con sincero dolore, e se abbiamo cercato di soddisfarli quanto ci è stato possibile, colla preghiera e colla penitenza; ma soprattutto, se ad un grande dolore dei nostri peccati va unito un ardente amore per Iddio, possiamo confidare: i nostri peccati sono stati sepolti nel Sangue prezioso di Gesù Cristo, come l’esercito di Faraone nel Mar Rosso. F. M., v’erano tre croci sul Calvario, quella di Gesù Cristo, che è la croce dell’innocenza: ma noi non possiamo aspirare a questa, perché abbiamo peccato. Poi, quella del buon ladrone, la croce della penitenza: questa dev’essere la nostra. Imitiamo il buon ladrone che approfittò degli ultimi istanti di sua vita per pentirsi, e dalla croce salì al cielo. Gesù Cristo glielo disse: “Oggi sarai meco in paradiso. „ (Luc. XXIII, 43) La terza croce è quella del cattivo ladrone, e dobbiamo lasciarla a quei peccatori che vogliono morire nel loro peccato… Ma noi, F. M., possiamo certamente, se lo vogliamo, essere nel numero di quelli che fanno una buona morte. Alla morte tutto ci abbandona: ricchezze, parenti, amici: ma ciò che è un supplizio pel peccatore, diventa pel giusto una grande gioia. Ditemi qual dispiacere potrebbe provare un buon Cristiano in punto di morte? Potrebbe addolorarsi per questi beni che ha disprezzati durante la sua vita? Il corpo? egli lo considera come un crudele nemico, che più d’una volta l’ha messo in pericolo di perdere l’anima. Forse i piaceri del mondo? No, senza dubbio, poiché ha passata la vita nei gemiti, nella penitenza e nelle lagrime. No, F. M., egli non rimpiange nulla di tutto questo. La morte non fa che separarlo da ciò che ha sempre odiato e disprezzato; cioè, dal peccato, dal mondo, dai piaceri. Andandosene egli porta con sé tutto quanto ha amato: le sue virtù e le sue buone opere; egli abbandona ogni sorta di miserie per andare ad impossessarsi di ineffabili ricchezze; abbandona il combattimento per andare a godere la pace; abbandona un nemico crudele, il demonio, per andare a riposare nel seno del migliore dei padri. Sì, le sue buone opere lo conducono in trionfo davanti a Dio, il quale gli appare non come un giudice, ma come un tenero amico che, dopo aver compatito le sue sofferenze, non desidera che di ricompensarlo. Il profeta Isaia ci insegna che le nostre buone opere andranno a sollecitare per noi la bontà di Dio, ci apriranno le porte del paradiso, e determineranno la nostra dimora in cielo. È perfettamente vero che le nostre buone opere ci accompagneranno. Ecco un bell’esempio del pio re Ezechia. Lo Spirito Santo ci mostra questo re adorno dei meriti del giusto. Egli si dà con tutto il suo cuore alla pratica delle buone opere, la sua intenzione è pura, il motivo di tutte le sue azioni è unicamente quello di piacere a Dio. Egli osserva fedelmente, e con grande rispetto tutte le cerimonie della legge. Ma che avvenne? Eccolo. Ogni cosa gli riuscì durante la vita. Ma in punto di morte tutta la sua magnificenza e tutte le sue ricchezze, che erano grandissime, lo abbandonarono; i sudditi più fedeli furono costretti ad abbandonarlo; mentre le sue buone opere non lo lasciarono. Per queste, prega il buon Dio di fargli grazia: “Ve ne scongiuro, Signore, ricordatevi che ho sempre camminato davanti a voi con cuor puro e retto; ho sempre cercato ciò che ho creduto vi fosse più gradito.„ (Isa. XXXVIII, 3). Tale è, F. M., la fine felice d’una persona che ha lavorato durante tutta la sua vita a fare tutto ciò che potesse piacere a Dio solo. “Beati, dice S. Giovanni, quelli che muoiono nel Signore, poiché le loro opere li seguono! „ (Apoc. XIV, 13) Sì, F. M., porteremo con noi quanto abbiamo di più prezioso; i beni che passano li lasceremo sulla terra, e quelli che dureranno eternamente ci seguiranno. Il solitario sarà accompagnato dal suo silenzio, da suo ritiro e da tutte le sue orazioni; il religioso dalle penitenze, dai digiuni, dalle astinenze; il sacerdote da tutti i suoi lavori apostolici: egli vi vedrà tutte le anime che aveva salvate e che saranno la sua ricompensa e la sua gloria; il Cristiano fedele ritroverà tutte le buone confessioni e comunioni fatte, tutte le virtù praticate durante la sua vita. Che morte felice F. M., quella del giusto! Ascoltate il profeta Isaia: “Dite al giusto ch’egli è felice, poiché raccoglierà il frutto delle sue buone opere „ (Isa. III, 10). Converrete dunque che la morte del giusto è preziosa davanti agli uomini; la sola presenza del sacerdote, che visita quel moribondo! Lo confermerà nella fede e nella speranza; se gli si parla di Dio e delle sue grazie, subito il suo amore s’infiammerà come fornace ardente; quando gli si parla degli ultimi Sacramenti, cosa che agghiaccia un peccatore di orrore e di timore, è inondato da un torrente di delizie; poiché il suo Dio verrà nel suo cuore per condurlo con sé in paradiso. San Gregorio ci racconta che sua zia S. Tarsilla, vicina a morire, esclamò fuori di sé per la gioia: ” Ah! ecco il mio Dio! ecco il mio sposo! „ e spirò in uno slancio d’amore. Vedete ancora S. Nicola da Tolentino (Ribadeneira 10 settem.). Negli ultimi otto giorni della sua malattia, quando aveva ricevuto il corpo del Salvatore, si sentivano gli Angeli cantare nella sua camera; e quando i canti cessarono egli morì: gli Angeli lo condussero al cielo in loro compagnia. Felice morte quella del giusto!… S. Teresa apparsa splendente di gloria ad una religiosa del suo ordine, l’assicurò che nostro Signore era presente alla sua morte, ed aveva condotto la sua anima in cielo. Felice l’anima che può essere assistita in morte da Gesù Cristo in persona!… Quanto è dolce e consolante il morire nell’amicizia di Dio!… Non è questa forse una prima ricompensa del bene che si è potuto fare durante la vita?
II. — So, F. M., che tutti desideriamo di fare una buona morte; ma non basta desiderarlo, bisogna anche lavorare per meritarci questa fortuna, questa grande fortuna. Volete sapere ciò che può procurarci questa fortuna? Eccolo in poche parole. Fra i mezzi che dobbiamo adoperare per ben morire, ne scelgo tre che colla grazia di Dio, ci condurranno infallibilmente ad una buona morte. Bisogna prepararvisi: 1° con una santa vita; 2° con una vera penitenza, se abbiamo peccato; e 3° con una perfetta conformità della nostra morte con quella di Gesù Cristo. – Ordinariamente, si muore come si è vissuto: è una delle grandi verità che la Scrittura ed i santi Padri ci affermano in vari luoghi. Se vivete da buoni Cristiani, siete sicuri di morire da buoni Cristiani; ma se vivete male, state sicuri di fare una cattiva morte. Dice il profeta Isaia: “Guai all’empio che non pensa che a fare il male, poiché sarà trattato come merita: alla morte riceverà il compenso del suo lavoro (Isa. III, 11) „ È però vero che qualche volta si può, per una specie di miracolo, cominciare male e finir bene; ma questo avviene così raramente che, secondo S. Girolamo, la morte è ordinariamente l’eco della vita; credete che allora ritornerete al buon Dio? no, voi perirete nel male. Ma se, pentiti, cominciate a vivere cristianamente, sarete nel numero di quei penitenti che commuovono il cuore di Dio e guadagnano la sua amicizia. Sebbene meno ricchi di meriti, pure arrivano al cielo, e Dio si serve precisamente di essi per manifestare la sua misericordia. Lo Spirito Santo ci dice: “Se avete un amico, fategli del bene prima di morire. „ « (Eccli. XIV, 13). Eh! F. M., possiamo avere amico migliore della nostra anima? facciamo ora per essa tutto ciò che possiamo; giacché quando vorremo farle del bene, non lo potremo più!… La vita è breve. Se differite di convertirvi sino all’ora della vostra morte, siete ciechi, poiché non sapete né dove né quando morrete, né se avrete qualche soccorso spirituale. Chi sa se questa notte stessa, non dovrete comparire coperto di peccati, davanti al tribunale di Gesù Cristo?… No, F. M., non dovete fare cosi: dovete purificarvi, e tenervi sempre pronti a comparire davanti al vostro giudice. Ecco un esempio che vi mostrerà come chi ritarda di giorno in giorno la sua conversione, muore come è vissuto. S. Pier Damiani ci racconta che un religioso aveva passata la maggior parte della sua vita in questioni e contese co’ suoi fratelli. Quando fu in punto di morte, i suoi fratelli lo scongiuravano di confessare i suoi peccati, di domandarne perdono a Dio e di farne penitenza, con un buon proposito di non più ricadervi, se fosse guarito. Non poterono cavargli una sola parola. Ma poco dopo, quand’ebbe ripresa la parola, parlò loro, e di che? ahimè! di ciò che era stato l’oggetto delle sue conversazioni durante tutta la sua vita: di processi e d’altri affari. I fratelli lo scongiuravano di pensare alla sua anima; tutto fu inutile: si assopì, e morì senza il minimo segno di pentimento. Sì, F. M., quale è la vita tale è la morte. Non sperate in un miracolo che Dio fa solo raramente: vivete nel peccato e nel peccato morrete. – Un gran numero d’esempi ci prova che dopo una cattiva vita, non dobbiamo aspettare una buona morte. Leggiamo nella S. Scrittura (Jud. IX) che Abimelech, principe fiero ed orgoglioso, s’impadronì del regno che doveva dividere coi fratelli, e li fece morire per regnare da solo. Mentre assediava una fortezza, essendosi gli assediati rifugiati in una torre, egli si avvicinò per appiccarvi il fuoco. Una donna che dall’alto del bastione lo vide, gli scagliò una pietra e gli spaccò la testa. Il disgraziato sentendosi ferito, chiamò il suo scudiero e gli disse: “Leva la tua spada e trafiggimi… Fammi morire subito, per risparmiarmi la vergogna d’essere stato ucciso da una donna. „ Che strana condotta, F. M.! E forse il primo principe che è stato ferito così? Perché volle che il suo scudiero lo avesse ad uccidere? ahimè! perché durante la sua vita era stato un ambizioso!.. Saulle aveva dato battaglia agli Amaleciti: la sorte pendeva incerta: egli si sentiva perduto perché già ferito, e vedeva l’esercito nemico che stava per gettarsi su di lui. Appoggiato il petto alla sua spada, e vedendo venire un soldato gli disse: “Vieni, amico, chi sei? „ — ” Sono un Amalecita. „ — “Ebbene fammi un favore: gettati su di me ed uccidimi; sono accasciato dal dolore e non saprei morire; finiscimi. „ (II Reg. XXXI). E perché, F. M., questo miserabile volle morire per mano d’un Amalecita? Era forse il solo principe che avesse perduto una battaglia? Non stupitevi di questo, ci rispondono i santi Padri, è un principe che, durante la sua vita, s’è dato ai vizi, s’è lasciato dominare dall’invidia, dall’avarizia e da ogni altra passione. Perché muore in un modo così disonorante? Perché ha vissuto male. Tutti sanno che Assalonne era sempre stato disobbediente e ribelle al suo buon padre. L’ora della sua morte, che Dio aveva già fissata da tutta l’eternità, essendo ormai giunta, passando sotto una pianta vi restò sospeso per i capelli. Gioabbo, vedendolo, gli tirò tre frecce (II Reg. XVIII). Da che proviene, F. M., la fine disgraziata di questo principe? da questo che tutta la sua vita era stata quella di un cattivo figliuolo. Morì così perché aveva vissuto male. – Vedete dunque chiaramente, F. M., che se vogliamo fare una buona morte, dobbiamo condurre una vita cristiana e far penitenza dei nostri peccati; dobbiamo eccitare in noi, colla grazia di Dio, una profonda umiltà in u n cuore pieno di rimorso d’aver offeso un padrone così buono. Ma un terzo mezzo per prepararci a ben morire, è quello di regolare la nostra morte su quella di Gesù Cristo. Quando si porta il buon Dio ad un ammalato, si porta anche la croce: questo non si fa solo per cacciare il demonio, ma molto più perché questo Salvatore crocifisso serva di modello al moribondo, e perché, gettando lo sguardo sull’immagine d’un Dio crocifisso per la sua salute, egli si prepari alla morte come vi si è preparato Gesù Cristo. La prima cosa che fece Gesù Cristo prima di morire fu di separarsi dagli Apostoli: un ammalato deve fare lo stesso, allontanarsi dal mondo, distaccarsi per quanto può dalle persone che gli sono più care, per non occuparsi che di Dio solo e della sua salute. Gesù Cristo, sapendo vicina la sua morte si prostrò colla faccia a terra nel giardino degli Olivi, pregando con insistenza. (Matth. XXVI, 39). Ecco quanto deve fare un ammalato all’avvicinarsi della morte; deve pregare con fervore e, nella sua agonia, unirsi all’agonia di Gesù Cristo. L’ammalato che vuol rendere il suo male meritorio deve accettare la morte con gioia, o almeno con una grande sottomissione alla volontà del Padre celeste, pensando che bisogna assolutamente morire per andare a veder Dio, e che in ciò consiste tutta la nostra felicità. S. Agostino ci dice che chi non vuol morire, ha il carattere di riprovato. Oh! F. M., quanto è felice in quell’ultimo momento un Cristiano che ha santamente vissuto! Egli abbandona ogni sorta di miserie per entrare in possesso di ogni sorta di beni!… Felice separazione! Essa ci unisce al nostro sommo bene, che è Dio stesso!… È quello che io vi auguro.