La ruspa nella Chiesa?
“Il rito invalido della consacrazione dei vescovi”
18 giugno 1968: la “ruspa” Montini abbatte la trave portante della Chiesa?
18 giugno del 1968? Che cosa è successo in questa data, vi chiederete? Alla maggior parte delle persone, e soprattutto a coloro che, militando nella “anti-chiesa” conciliare, infiltrata palesemente dalla sinagoga di satana, si reputano ancora cattolici, nonostante l’evidenza dei fatti dimostri che essi siano modernisti ultraprotestanti massonizzati fino al midollo, e non abbiano più alcuna idea di che cosa significhi essere cattolici, non conoscendo più il Catechismo, la Tradizione dei Padri, e soprattutto il Magistero della Chiesa, credendo che il tutto si risolva nella frequentazione di un rito paganeggiante, protestantizzato, massonizzato in 33 “scene” con al centro l’agape rosa+croce ed il deicidio offerto al “signore dell’universo”, che ancora essi osano definire “Messa”, della quale non hanno nemmeno la più pallida idea, o avvezzi a sacramenti francamente invalidi ed illeciti “somministrati” da falsi sacerdoti invalidamente ordinati da falsi vescovi molti dei quali di discendenza massonica, o da “cani sciolti”, senza giurisdizione e missione canonica: a queste persone, dicevo, questa data non dice alcunché! Molti di noi hanno ormai compreso che il cosiddetto “novus ordo missae”, è un nuovo vero “mostro conciliare”, dal tenore gnostico-luciferino, schiaffo cruento a tutta la dogmatica cattolica ed ai dettami evangelici, oltre che alla tradizione bi-millenaria della Santa Chiesa Cattolica. Qualcuno ha obiettato: “ … ma non è stato concesso con il “summorum pontificum” del 2007 di celebrare in “forma straordinaria” la Messa antica?” A parte che questa è stata una ennesima “presa per i fondelli” (ci si passi l’espressione rustica), il considerare cioè la “vera” Messa solo un rito straordinario, da celebrare “una tantum” per accontentare gli inguaribili antiquati e trogloditi tradizionalisti, alla domanda si può rispondere tranquillamente con quanto affermava Don Carl Pulvermacher nel 1977: “Quando saranno scomparsi i sacerdoti validamente consacrati, essi [i modernisti-massonizzati della sinagoga di satana –n.d.r.-] permetteranno la celebrazione della Messa in latino”. Questa espressione, apparentemente candida ed ingenua, nascondeva una verità sconvolgente che purtroppo si è realizzata sotto una sapiente regia, non solo umana, come vedremo, ma anche e soprattutto luciferina. È quanto cercheremo di illustrare in questo scritto.
L’argomento che tratteremo, addentrandoci nei meandri di Encicliche, Codici, trattati antichi e recenti, occidentali ed orientali, riguarda la “consacrazione dei vescovi”, la cui formula è stata modificata ed applicata, appunto per la prima volta, in quel fatidico 18 giugno 1968, formula che costituisce un passaggio fondamentale ed obbligato nella costruzione della Gerarchia cattolica, nonché la base di tutti i Sacramenti. Scardinando con machiavellica lucidità questa “Consacrazione”, con il renderla cioè invalida nella “materia” e nella “forma”, tutto l’edificio Cattolico, umanamente, crolla inesorabilmente nel giro di pochi decenni, esattamente come è accaduto negli ultimi anni, lasciando veramente la Chiesa Cattolica, come annunziato dalla SS. Vergine alle apparizioni de La Salette, oscurata da una eclissi mostruosa: “… la Chiesa sarà eclissata!” … da un “orribile mostro conciliare”!
Iniziamo quindi con ordine, poiché l’argomento è della somma importanza in riferimento alla salvezza della nostra anima, che nella maggior parte dei casi è, nel mondo della nuova “chiesa dell’uomo”, affidata a semplici laici vestiti, come da sacrilego carnevale, da vescovi, cardinali o preti (che in verità hanno già “coerentemente” dismesso l’abito sacerdotale, abbigliandosi alla moda e con indumenti griffati, come ognuno può constatare).
Partiamo allora dalle basi teoriche iniziando da considerazioni teologiche apparentemente barbose, ma indispensabili per una corretta comprensione dell’argomento. Dalla teologia dei Sacramenti apprendiamo che: “L’ordinazione vescovile è fondamentale essendo la “sorgente” di tutti i Sacramenti, sia direttamente, [pensiamo alla Cresima e all’Ordine sacerdotale], sia Indirettamente: [i Sacerdoti ordinati, con missione canonica, amministrano a loro volta: Eucarestia, Battesimo, Confessione, Matrimonio, Unzione degli infermi].”
Affinché un Sacramento abbia validità, sono necessarie tre cose: “la materia, la forma e l’intenzione” (v. Tab. 1). Ad esempio, per il Battesimo occorre l’acqua (materia), poi è indispensabile la forma (cioè le parole: “io ti battezzo nel Nome … etc.”, ed infine l’intenzione conforme a quella della Chiesa Cattolica. Se nel bagnare la testa al bambino, l’officiante dice: “ io ti lavo la testa nel nome …”, pur in una cerimonia in chiesa con tutti gli elementi circostanti abituali validi, il Sacramento non ha alcuna efficacia, e rappresenta al massimo il tentativo di uno shampoo per il mancato battezzato. Allo stesso modo se il celebrante dicesse: “io ti battezzo nel nome di Renzi, Berlusconi e Bersani, il Sacramento non sarebbe valido, poiché non conforme alle intenzioni della Chiesa che sono quelle di battezzare nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. A tutti è chiaro allo stesso modo che nel Sacramento dell’Eucaristia la “materia” è il pane azzimo e, se per caso si usasse un’ostia di cioccolato bianco, ci sarebbe invalidità del Sacramento anche nel proferire la “vera” formula della Transustanziazione. Nel caso del Sacramento dell’Ordine, la materia è rappresentata dal “contatto” fisico tra l’impositore ed il ricevente l’ordine, come spiega mirabilmente San Tommaso nella “Summa” e quindi dall’imposizione delle mani. La sostanza di una “forma” sacramentale costituisce una cosa che è indipendentemente dagli accessori o cose accidentali che la circondano. Pertanto la “sostanza” di una forma sacramentale è il suo significato. “Il significato deve corrispondere alla grazia prodotta dal Sacramento”. Nel Concilio di Trento si definisce (Denzinger 931): «Il concilio dichiara, inoltre, che nella somministrazione dei Sacramenti c’è sempre nella Chiesa il potere di decidere o modificare, lasciando salva la sostanza di questi sacramenti, così come Essa giudichi meglio convenire all’utilità di coloro che li ricevono, e nel rispetto dei Sacramenti stessi, secondo la diversità delle cose, dei tempi e dei luoghi.»
Veniamo a chiarire già da subito che cos’è la significatio “ex adjunctis” di un Sacramento, [significato adiuvante] elemento, questo, che costituisce il punto centrale della questione e di cui discuteremo pure ampiamente in seguito. Per il momento ci basti sapere: • Il valore o l’efficacia dei Sacramenti viene da Cristo, non dalla Chiesa; e il Cristo ha voluto che essi si comportino nella maniera degli agenti naturali, “ex opere operato”.
- Un ministro indegno o anche eretico (ma non con scomunica “maggiore”, anche se “ipso facto”!) amministra validamente i Sacramenti se utilizza “scrupolosamente” la materia e la forma proprie a ciascun Sacramento, con l’intenzione di fare ciò che fa la Chiesa.
- L’utilizzazione della materia e della forma del Sacramento, con l’integralità della “significatio ex adjunctis” garantisce che il ministro manifesti l’intenzione della Chiesa.
- La “significatio ex adjunctis” deve esprimere il significato del Sacramento; se le modifiche introducono una “contraddizione”, il Sacramento non ha efficacia perché manca manifestamente l’intenzione.
- Se la “significatio ex adjunctis” è tronca, il Sacramento può essere dubbio perché l’intenzione può praticamente mancare.
– In questi casi è legittimo ricercare le intenzioni di coloro che hanno modificato il rito per valutare la sua validità (cf. notazione di Leone XIII in “Apostolicae Curae”).
E in quel fatidico, nefando giorno, il “18 giugno 1968” si è perpetrata l’“Eliminazione radicale” del rito romano antico, consacrato “infallibilmente” da Pio XII nel 1947! Fortunatamente, con l’aiuto della Provvidenza, si è costituito un “piccolo resto” di consacrati “isolati”, in costante pericolo di vita, vescovi, Cardinali e sacerdoti usciti dalla “scuola” e dalle “mani” del Cardinale Siri (eletto validamente Papa almeno 3 volte all’unanimità, incarico accettato col nome di Gregorio XVII), che potranno così perpetuare, ad onta degli adoratori di lucifero, i marrano-massoni, attuali usurpatori, la Chiesa Cattolica, unica Chiesa fondata da Cristo, fuori dalla Quale non c’è salvezza eterna (extra Ecclesia nulla salus!), ed adempiere a tutte le promesse di “indefettibilità” (di assistenza continua) che il Signore Gesù ci ha fatto nel Santo Vangelo! Come questo sia potuto succedere, chi siano stati gli infami autori di questo sfregio luciferino alla Santa Chiesa Cattolica, e quindi a N.S. Gesù Cristo stesso, a Dio Padre Creatore, ed allo Spirito Santo (con una specifica eresia “anti-filioque” nella formula), con quali assurdi e, per certi aspetti, ridicoli pretesti abbiano compiuto questo sacrilego aberrante misfatto, lo vedremo a breve.
Oggi i fedeli si trovano oramai al cospetto di una “contro-religione” totalmente “A-cattolica”, nella quale è stato reso invalido il Rito della Consacrazione vescovile, con la conseguente invalidità di TUTTE le Ordinazioni sacerdotali e di tutti i “Sacramenti”, amministrati quindi illecitamente, invalidamente e sacrilegamente da laici, consapevoli o meno, “finti” preti e “carnevaleschi” vescovi! Persino gli occupanti, usurpatori recenti del “Soglio di Pietro”, non hanno mai ricevuto una ordinazione vescovile valida! “Si è trattato invero di un’operazione chirurgica mirata, di un cesello orafo “a sfregio”, della rimozione dell’ingranaggio fondamentale di tutto l’impianto gerarchico-ecclesiastico, strutturato come un perfetto “orologio svizzero”, immagine terrena della Gerarchia celeste, e di cui l’orologiaio “perfido” conosceva esattamente il meccanismo, tutto incentrato sulla Consacrazione vescovile: rimuovendo la ruotina “cardine”, si è avviata una caduta con effetto “domino” che sta portando inesorabilmente alla distruzione totale della Gerarchia ecclesiastica (almeno di quella apparente!), con la creazione conseguente di una “falsa” gerarchia composta da semplici laici, cosa della quale purtroppo non ci si è resi ancora conto in pieno (sperando che non ce se ne renda conto solo una volta sprofondati nell’inferno, quando cioè oramai è troppo tardi!). Ma veniamo ai fatti!
Abbiamo già ricordato sommariamente i capisaldi teologici dei Sacramenti Cattolici, ora torneremo in particolare sul significato dell’ “ex adjunctis”, già in precedenza accennato, elemento essenziale di un Sacramento. Che cos’è allora la “Significatio ex adjunctis” di un Sacramento (Significato delle parole aggiunte)? A costo di essere ripetitivi, cerchiamo di fissare bene in mente:
- Il valore o l’efficacia dei Sacramenti viene da Cristo, non dalla Chiesa; e il Cristo ha voluto che essi si comportino nella maniera degli agenti naturali, “ex opere operato” (attuati mediante un’operazione).
- Un ministro indegno, o peccatore notorio, (… ma non lo scomunicato, anche “ipso facto”!) amministra validamente i Sacramenti se utilizza scrupolosamente la materia e la forma proprie a ciascuno con l’intenzione di fare ciò che fa la Chiesa (come già ricordato).
- L’utilizzazione della materia e della forma del sacramento, con l’integralità della “significatio ex adjunctis” garantisce che il ministro manifesti l’intenzione della Chiesa.
- La “Significatio ex adjunctis” deve esprimere il “significato del Sacramento”; se le modifiche introducono una contraddizione, il Sacramento non ha efficacia perché “manca manifestamente l’intenzione”.
- Se la significatio ex adjunctis è tronca, il Sacramento può essere dubbio perché l’intenzione può praticamente mancare.
L’antichità del rito tradizionale.
- Il Padre Jean Morin (1591-1659), sapiente oratore, pubblicava nel 1655 un’opera rimarchevole sul soggetto degli “ordines” latini ed Orientali. Si tratta del: “Commentarius de sacris Ecclesiae ordinationibus secundum antiquos et recentiores Latinos, Graecos, Syros et Babylonios in tres partes distinctus”, la cui seconda edizione apparve ad Amsterdam nel 1695.
- Più tardi, un benedettino di Saint-Maur, Dom Martene (1654-1739), pubblicava nel 1700, una sapiente edizione, notevole per rigore, raccogliendo i “Pontificali” di ordinazione della Chiesa Cattolica antecedenti all’anno ‘300 fino alla sua epoca. – Si tratta del ”De antiquis Ecclesiae ritibus libri quatuor”. Dom Martene fu discepolo di Dom Martin, e fu diretto per molto tempo da Dom Mabillon. Su queste autorevoli basi, e su una tradizione millenaria, S.S. Papa Pacelli, Pio XII, definì con Magistero solenne, “infallibile” ed “irreformabile” la formula definitiva (formula, si badi bene, che aveva consacrato un elenco lunghissimo di “fior” di Papi, Cardinali e Vescovi, Santi per vita, fede e dottrina, avallati da fatti straordinari e miracoli!).
La decisione infallibile di Pio XII:
I lavori scientifici di recensione e di giustapposizione dei riti (Padre Morin, Dom Martène, etc.) hanno permesso di identificare la “forma invariabile, essenziale, nel rito latino, da più di 17 secoli”. • A partire da tali lavori, Pio XII ha designato “infallibilmente” le parole del “prefazio” che costituiscono la “forma” essenziale del Sacramento (in: Costituzione Apostolica “Sacramentum Ordinis”, punto 5, del 30 nov. 1947). Eccole:
“Comple in Sacerdote tuo ministerii tui summam, et ornamentis totius glorificationis instructum coelestis unguenti rore sanctifica”. («Compi nel tuo sacerdozio la pienezza del tuo ministero, e, rivestitolo con le insegne della più alta dignità, santificalo con la rugiada del celeste unguento»)
S. Pio XII cioè non ha creato un rito, Egli ha semplicemente designato la forma essenziale del Sacramento in un Rito di tradizione quasi bi-millenaria. Al termine della Costituzione Apostolica citata, chiude con le terribili parole, che dovrebbero far tremare l’inferno (ma non hanno fatto tremare il “santo” della sinagoga di satana: il marrano e capo degli “Illuminati di Baviera”, noto omosessuale e spia del K.G.B., G. B. Montini, il sedicente Paolo VI, anti-Papa insediato al posto del Cardinale Siri, -validamente eletto con il nome di Gregorio XVII, esiliato sotto minaccia atomica … ma questa è un’altra storia … la racconteremo in altra sede!-: “Nulli igitur homini liceat hanc Constitutionem a Nobis latam infringere vel eidem temerario ausu contraire” (… a nessun uomo è lecito infrangere questa Costituzione o modificarla con temerario ardimento). Or dunque, Pio XII non ha creato nulla: egli ha semplicemente constatato e quindi definito la “forma essenziale” nel Prefazio del Rito di Consacrazione nel Pontificale (il volume che contiene tutte le cerimonie presiedute dai Vescovi ed Autorità Superiori).
A questo punto, incomprensibilmente, apparentemente senza motivazioni apostoliche, teologiche, liturgiche,
il RIBALTONE!!!:
Eliminazione radicale della forma essenziale del rito latino.
21 anni dopo la promulgazione infallibile di Pio XII della “forma” essenziale, rimasta invariata per oltre 17 secoli, G.B. Montini (il sedicente antipapa Paolo VI) la sopprime totalmente.
S.S. Pio XII, nel 1947, in ”Sacramentum ordinis” ha designato le parole del prefazio che costituiscono la “forma” essenziale, le riportiamo ancora:“Comple in Sacerdote tuo ministerii tui summam, et ornamentis totius glorificationis instructum coelestis unguenti rore santifica”. Il marrano Montini, usurpante la Cattedra di S. Pietro, con un ribaltone sacrilego senza precedenti, ha designato nel 1968 nel Pontificalis romani un’altra forma essenziale che non conserva NULLA della forma essenziale fissata “infallibilmente” da Pio XII. Ecco la nuova “assurda” formula: “Et nunc effúnde super hunc Eléctum eam virtútem, quæ a te est, Spíritum principálem, quem dedísti dilécto Fílio tuo Iesu Christo, quem ipse donávit sanctis Apóstolis, qui constituérunt Ecclésiam per síngula loca ut sanctuárium tuum, in glóriam et laudem indeficiéntem nóminis tui”. Questo è un fatto di portata e gravità senza pari!! Non resta una sola parola, una sola sillaba della “forma” che S.S. il Papa Pio XII aveva giustamente (1947) definito infallibilmente essenziale e assolutamente richiesta per la validità del sacro Episcopato !
In breve: … « la “forma” essenziale e necessaria alla validità è stata TOTALEMENTE soppressa dal nuovo ordinale di Paolo VI!» (Abbé V.M. Zins, 2005). Questo il fatto nudo e crudo, vedremo poi gli infami autori di tale sfregio sacrilego e le blasfeme e le ridicole ragioni addotte a sostegno del ribaltone, che è tra l’altro veicolo sottile di eresie perniciose e gravissime, contro la SS. Trinità, contro l’Incarnazione del Cristo, e contro lo Spirito Santo, configurando un assurdo gnostico-manicheo, peraltro già intrufolato nell’anglicanesimo e nel giansenismo, un movimento novatore, pre-modernista del 1700, condannato giustamente come eretico, e contro il quale il nostro S. Alfonso Maria de’ Liguori è stato un martello tenace ed implacabile nella sua denuncia e demolizione. Chi pensa che con questo rito, o partecipando a pseudo-funzioni (??) tenute da laici, falsamente consacrati da questo rito, faccia parte della Chiesa Cattolica, è un illuso: pensando di marciare sotto il vessillo di Cristo, in realtà segue lo stendardo di satana. “Apriamo gli occhi: il nostro pensiero costante, l’unico che conti per davvero, sia sempre la conquista della salvezza dell’anima, che si ottiene con laboriosità ininterrotta, mediante la vigilanza, la prudenza, la preghiera incessante e la conoscenza delle Sacre Scritture, rigorosamente e correttamente interpretate, e del Magistero autentico della Chiesa, Corpo mistico di Cristo, Sposa immacolata di Cristo, Maestra e via di Verità e Vita. Non c’è posto per la falsa misericordia che chiude i due occhi sulla peccaminosità, sul pentimento, prospettando infine l’inferno “buono” per tutti!!!”
Gli autori dell’infamia
Cerchiamo allora di esaminare più da vicino la questione riguardante la formula di consacrazione dei vescovi. Intanto ci cominciamo a chiedere chi ne siano gli autori. Guarda caso, ci troviamo a che fare con personaggi già noti, fortemente compromessi con istituzioni massoniche e ferocemente anticristiane, al centro delle “apparenti” stravaganze già arcinote nella cosiddetta “nuova messa”, un rito di ispirazione vagamente anglicano-protestante, vera liturgia rosa+croce in 33 ”atti”, osannante il massonico e gnostico “signore dell’universo” al quale viene pure offerto il deicidio di Gesù Cristo, e fuorviante totalmente dal contesto teologico tridentino, pertanto carico di anatemi imperituri, in particolare per chi ne ha o ne dovrebbe avere consapevolezza. Non paghi dello “scoop” anticattolico ed antiliturgico, di per se stesso già gravissimo, e mirando a radere al suolo totalmente la Gerarchia cattolica, e quindi la Chiesa stessa, avviano questa nuova “pratica” che, confondendo tradizioni apostoliche inesistenti, costruite in biblioteca per attribuirsi un’aureola di sapienza (un “baro” da falsi sapienti), e mescolando riti orientali, siriaci ed africani, di difficile controllo documentale, ed oltretutto già rigettati nel passato perché eretici e blasfemi, creano questo nuovo rito gettando fumo negli occhi con ignobili menzogne e contraffazioni. E allora, chi sono gli autori del Pontificale Romano? Eccoli: Giovanni Battista Montini, detto Paolo VI, figura arcinota, il cui ruolo, decisivo nella “contro-Chiesa”, è riconosciuto ormai da tutti come determinante. Non ci dilungheremo affatto su tale losco figuro, anche perché la cosa, a noi di stomaco delicato, ci farebbe nauseare e vomitare, e così rinviamo i lettori al trittico di Don Luigi Villa che lo ha “degnamente” e compiutamente descritto con dovizia di particolari ed abbondante documentazione. L’altro degno ancor più losco figuro, già noto ai lettori attenti, è il mons. Annibale Bugnini, il tristemente noto BUAN 1365/75 (nome in codice di appartenenza alla “loggia”) che ebbe la “sfortuna” di dimenticare ad una conferenza in Vaticano, su una sedia, una borsa che malauguratamente fu rinvenuta da un giornalista che ne rivelò il contenuto (oh, questi giornalisti non si fanno mai i fatti propri!): erano documenti segreti della loggia di appartenenza massonica dell’incauto. Così “sgamato”, fu inviato come nunzio apostolico in Iran, per chiudere ingloriosamente la sua turpe carriera. Ma l’incarico più “tecnico” fu assunto da un oscuro benedettino, dom. Bernard Botte, OSB, di cui nessuno aveva mai saputo nulla, (a Buan probabilmente lo avrà segnalato l’amico e compagno di loggia: Salma, Salvatore Marsili, abate OSB dell’abazia di Finalpia, anch’egli finito nella lista Pecorelli!), e che qualche anno prima del nuovo pontificale, pubblicava un libro in cui illustrava una strana e fino ad allora oscura, presunta “tradizione di Ippolito”, un Ippolito che non si capisce chi fosse stato, o forse “Ippoliti”, visto che se ne contano due o tre (!?!), la stessa “tradizione” già implicata fraudolentemente nella stesura della “messa di BUAN” (l’attuale rito spacciato per Messa cattolica dalla setta marrano-modernista, attualmente usurpante il Soglio di Pietro)!
Il “Pontificalis Romani” (con il nuovo Sacramento dell’Ordine) è stato promulgato da Giovanni Battista Montini, la “ruspa”, l’anti-papa, sedicente Paolo VI, il 18 giugno 1968. – Montini nomina Annibale Bugnini, che è stato quindi l’artefice (il braccio della ruspa in azione!) dei due documenti liturgici essenziali del suo “pontificato”, demolitore ruspante: 1) il Pontificalis Romani, promulgato il 18 giugno 1968 e 2): in Cena Domini, promulgato il 03 Aprile 1969 (Novus Ordo Missae). Il 07 gennaio 1972, Montini ha egli stesso “ordinato” Bugnini all’Episcopato (ovviamente in modo invalido!!), nominandolo poi, il 15 gennaio 1976, Arcivescovo titolare di Dioclentiana. Ma davanti allo scandalo della sua nota e divulgata appartenenza massonica fin dal 23 aprile del 1963, sotto il nome in codice di ’Buan 1365/75, lo “esilia” come pro-Nunzio apostolico a Teheran … oramai il burattino logoro e “scoperto” si poteva mettere da parte, con un bel calcio nel fondo schiena!
Dom Bernard Botte, benedettino dell’abbazia del Mont-César (Belgio) fu, sotto l’autorità di Bugnini, il principale artigiano del testo, inventando la rocambolesca ricostruzione di un fantomatico rito, da una pretesa tradizione apostolica di Ippolito (ma non sa nemmeno lui di quale Ippolito si tratti!), nota evidentemente a lui solo …, e di cui non si era mai sentito parlare in precedenza nella Chiesa … una favola partorita dalla fervida fantasia di questo strambo benedettino, [forse compagno dell’abate di Finalpia, Salvatore Marsili, affiliato con la sigla Salma 1278/49 e compagno di Buan nella P2], subito fatta propria da chi intendeva distruggere la Gerarchia, il Sacerdozio ed i Sacramenti cattolici.
Quali sono le origini del Pontificalis Romani, e da dove proviene questa formula di Paolo VI? Le Ragioni addotte da Montini, il falso “papa” Paolo VI nel Pontificalis Romani per promulgare questa riforma, ufficialmente sono:
– « … Si è giudicato bene di ricorrere, tra le fonti antiche, alla preghiera consacratoria che si trova nella “Tradizione apostolica di Ippolito di Roma”, documento dell’inizio del terzo secolo, e che, in una grande parte, è ancora osservata nella liturgia dell’ordinazione presso i Copti ed i Siriaci occidentali. In tal modo, si rende testimonianza, nell’atto stesso dell’ordinazione, dell’accordo tra la tradizione orientale ed occidentale sul carico apostolico dei Vescovi » Paolo VI (Pontificalis Romani,1968). L’inganno è palese, poiché è provato (come vedremo più avanti) che :
– La pretesa (*) Tradizione apostolica attribuita ad Ippolito di Roma, o ad altri autori, è un tentativo di ricostituzione fatto da Dom Botte dopo il 1946, ed « in modo costruttivo », secondo l’espressione di R.P. Hanssens, nel 1959.
– La Tradizione apostolica d’Ippolito suscita dal 1992 un dibattito tra specialisti che la qualificano come di «pretesa Tradizione apostolica», quindi quantomeno dubbia, se non fantomatica! Questa controversia divenne oggetto di un seminario nel 2004 nel quale si concluse che: –1) La preghiera di consacrazione di Paolo VI si ispira, ma non s’identifica, con la pretesa Tradizione apostolica attribuita ad Ippolito; essa rappresenta una creazione “artificiale” di Dom Botte nel 1968.
.2) La preghiera consacratoria di Paolo VI, la cui forma essenziale è ispirata alla pretesa (*) Tradizione Apostolica d’Ippolito, presenta delle similitudini con i riti Abissini, riti di eretici “monofisiti”, i quali non costituiscono dei riti validi, ma piuttosto dei riti risultanti da dibattiti teologici nati alla fine del XVII secolo.
.3) I riti copto e siriaco non utilizzano affatto la formula detta d’Ippolito, (dello stesso avviso è perfino Dom Botte!). inoltre i riti utilizzati dal siriaco al copto, ai quali ci si è falsamente ispirati, venivano utilizzati per insediare un Patriarca già consacrato Vescovo, e quindi non conferivano in alcun caso il Sacramento dell’ordine!
.4) La formula del c.d. Paolo VI non manifesta alcun «accordo tre le tradizioni orientale ed occidentale», ma viene recuperata piuttosto da una pretesa (*) ’Tradizione apostolica d’Ippolito’, testo che secondo alcuni proviene invece da ambiti egiziano-alessandrini, nei quali i riti traducono, secondo Burton Scott Easton, le influenze della sinagoga (The Apostolic Tradition of Hippolytus, Burton Easton, 1934, pag. 67 ed. del 1962, Archon Books).
(*) [Noi abbiamo préferito scrivere, in accordo con il comitato internazionale “Rore sanctifica”: La “pretesa” tradizione apostolica a proposito di questo documento denominato: “la Tradizione apostolica attribuita ad Ippolito” (o a diversi autori “Ippoliti”), conformandoci così alla denominazione dei lavori Scientifici ed universitari che si è imposta da un paio di decenni nel mondo degli specialisti che trattano di questo soggetto.]
In sostanza, la “contestazione d’Ippolito”, conosciuta dagli specialisti già dal 1946, ossia ben 22 anni prima del Pontificalis Romani, continua nel 1990 ed oltre, anche da parte dei Bollandisti (Gesuiti seguaci di Bolland, particolarmente eruditi nelle documentazioni ecclesiastico-liturgiche). Sarebbe troppo lungo e noioso riportare tutti i documenti, veri o presunti, ed i dibattiti successivi sul tema! In conclusione, la preghiera consacratoria di Paolo VI s’ispira, ma non riproduce neppure quella della pretesa (*) “Tradizione Apostolica d’Ippolito’ che è stata quindi solo un po’ di “fumo negli occhi”, un “bluff” per prendere tempo in attesa di tempi migliori e … di nuove invenzioni, e costituisce pertanto una creazione artificiale di Dom Botte nel 1968. L’inganno verrà meglio compreso successivamente, quando qualche “topo di biblioteca”, inopportuno ed inatteso intrigante, va a scovare le formule ed i riti orientali nelle lingue originali, fraudolentemente addotti essere un modello di ispirazione onde fondere le consuetudini liturgiche occidentali ed orientali, sicuri che nessuno mai andasse a verificarle, fidandosi della perizia dei falsi “sapienti” incaricati; questo però ci fa capire ulteriormente la volontà sottile con la quale si sia perpetrato l’inganno tra l’indifferenza, l’insipienza e, non voglia Iddio, la connivenza di tanti presunti “conoscitori di cose divine”, mollemente adagiati nei loro dorati e molleggiati giacigli, come i “cani muti” già catalogati dal profeta Isaia! Ma … “Qui habitat in caelis irridebit eos, et Dominus subsannabit eos.”(Ps. II, 4)! Tremate, il giudizio arriverà anche per voi … come un ladro, quanto meno ve lo aspettate … e lì sarà pianto e stridor di denti!
Osservando la giustapposizione dei riti succitati, ne esce una grande similitudine, anche se confusa, tra il rito di Paolo VI e “l’ordinanza ecclesiastica” nella sua recensione etiopica ed i riti abissini; la preghiera consacratoria quindi, la cui formula essenziale era inizialmente considerata essere parte della pretesa’Tradizione apostolica d’Ippolito’, è similare ai riti abissini! Ma questo “archeologismo storico-geografico” è manifestamente essere una eresia monofisita e quindi antitrinitaria! Infatti i riti abissini devono essere letti nel contesto del “monofisismo”: Nunc autem effunde desuper virtutem Spiritus principalis, quem dedisti dilecto Filio tuo Jesu Christo [… allora dunque effondi dall’alto la virtù dello Spirito principale, che hai dato al Figlio tuo diletto Gesù Cristo]. Ciò vale ugualmente per la forma dell’Ordinanza ecclesiastica di recensione etiopica: … Et nunc effunde eam quae a te est virtutem principalis spiritus, quem dedisti dilecto puero tuo Iesu Christo … [… ed ora effondi quella che da te è la virtù dello Spirito principale …]. Ma perché questa formula afro-orientale, è sostanzialmente eretica, anzi blasfema, applicata ad una Consacrazione vescovile? L’enigma che si pone nella formula, riguarda lo “spiritus principalis”, che designerebbe lo Spririto-Santo (anche se lo “spirito del principe” – come pure correttamente si potrebbe tradurre – ci sembra ben altra cosa, oltretutto con un vago “odore di zolfo”!), il quale viene trasmesso al Figlio, e questo significherebbe quindi, nel contesto etiope-abissino, che Gesu-Cristo diviene Figlio di Dio per mezzo di questa “operazione” che è per essi dunque una unzione divinizzante o meglio una “adozione” seguita da una “unione deificante”, quindi una “sola” natura sussistente, ciò che corrisponde appunto al “monofisismo”. [il “Monofisismo”, eresia condannata dal Concilio di Calcedonia nel 451, “riconosceva” al Cristo la sola natura divina, negando che la natura umana di Cristo fosse sostanzialmente la nostra, fatto che quindi impedirebbe la nostra Redenzione attraverso di Lui e negherebbe il “fiat” della Vergine Maria”. Esso ancora oggi è praticato dalle chiese orientali copte di Egitto ed Etiopia e dalle maronite della Siria occidentale].
Queste concezioni alle quali si è accennato, debordano inoltre dal quadro della Cristologia per estendersi alla Teologia Trinitaria, poiché, per questa formula così malamente manipolata, lo Spirito-Santo non sarebbe consustanziale al Figlio. L’affermazione è pertanto “antitrinitaria”, ed “anti-filioque”. In parole povere c’è un’aberrante similitudine tra il rito del sedicente Paolo VI ed i riti appartenenti agli eretici monofisiti!.
Questi riti di consacrazione, ai quali si richiama il Montini, appartengono nei fatti a “chiese” eretiche che adottano principi già condannati abbondantemente dal Magistero Cattolico, principi antitrinitari e cristologicamente a-cattolici.
Senza volerci addentrare ulteriormente in questioni molto “specialistiche”, possiamo concludere che alla fine il rito di Botte-Bugnini-Montini, non è né copto, né maronita occidentale, essendo essi confusamente sovrapposti tra loro ma non coincidenti, e quel che più è evidente è che la preghiera consacratoria (la forma del Sacramento), non riprende nemmeno quella della pretesa “tradizione apostolica” del fantomatico Ippolito; dissimili sono pure il rito nestoriano ed armeno!
Questi fatti contraddicono la parola del Montini secondo la quale: “… si è ben giudicato di ricorrere, tra le fonti antiche alla preghiera consacratoria che si trova nella tradizione apostolica di Ippolito di Roma, documento dell’inizio del III secolo, e che, per una gran parte è ancora osservata nella liturgia dell’ordinazione presso i Copti ed i Siriani occidentali”.
No, non è Pinocchio a Bengodi, ma Paolo VI, il falso “papa”, in “Pontificalis Romani” [forse sarebbe meglio ribattezzarlo “ponte-fecalis”!]. In realtà sappiamo oggi benissimo, e chiunque può constatarlo, come i riti copto e siriaco occidentale non utilizzino affatto la “prefabbricata” preghiera consacratoria della pretesa “Tradizione apostolica di Ippolito”. Lo stesso dom Botte, in opere successive, aggiungeva fandonie a menzogne per giustificare il suo operato chiaramente in malafede. Ad esempio in un’opera del 1957, opponeva la “tradizione apostolica di Ippolito”, alla tradizione siriaca autentica [“La formula di ordinazione – la grazia divina nei riti orientali”; in l’Oriente siriano, abst., vol. II, fasc. 3, 3° trim. 1957, Parigi, pag. 285-296]. Si tratta alla fine, di un inaudito abuso, quello perpetrato il 18 giugno 1968 dall’antipapa sedicente Paolo VI; egli ha avuto il “temerario ardimento” di rimpiazzare un rito latino antico, invariabile nella sua forma essenziale da oltre 17 secoli, con una creazione artificiale ricavata da una ricostruzione di dom Botte apparsa negli anni 1950, e poi nel 1990 contestata dagli specialisti (quelli veri!). Il Montini si è giustificato con un sedicente ritorno alle origini, un falso archeologismo, riproducendo il metodo utilizzato da eresiarchi in passato, nei confronti del quale S.S. Leone XIII scriveva, bollandoli severamente: «essi hanno grandemente sfigurato l’insieme della liturgia conformemente alle dottrine erronee dei novatori, con il pretesto di ricondurla alla sua forma primitiva ». (Lettera enciclica: Apostolicae curae, 1896).
Si è preteso giustificarsi con delle menzogne: a) la forma citata non riproduce affatto la forma della pretesa tradizione apostolica attribuita ad Ippolito; b) la forma citata non è mai stata in uso nei riti copto e siriano occidentale. Si è commesso un attentato contro lo Spirito-Santo, avendo avuto, come detto, l’audacia inaudita di rimpiazzare, con una creazione puramente umana, un rito invariabile nella sua forma essenziale e quasi bi-millenaria, di cui lo Spirito-Santo è stato garante della costanza, coronata poi dalla decisione infallibile di Pio XII (Sacramentium ordinis) meno di 21 anni prima dell’atto ignobile del fasullo Paolo VI e quindi irreformabile da parte di un “vero” Papa [un vero Papa non avrebbe mai apportato, né poteva, una modifica al Magistero definito da un suo predecessore!]. Ecco quindi le origine smascherate di un rito aberrante: una creazione puramente umana!
Ricordiamo al proposito, anche per respirare un po’ di aria pura, San Tommaso d’Aquino che pone la questione: “Dio è il solo a realizzare l’effetto interno al sacramento?” Risposta: «Ci sono due modi di realizzare un effetto: in qualità di agente principale o in qualità di strumento. Secondo la prima maniera, è Dio solo che realizza l’effetto del Sacramento. Ecco perché Dio solo penetra nelle anime ove risiede l’effetto del Sacramento, e un essere non può agire direttamente la dove Egli non c’è. Anche perché appartiene solo a Dio il produrre la “grazia”, che è l’effetto interiore del sacramento (S. Th. I-II, Q.112, a. 1). Inoltre, il carattere, effetto interiore di certi Sacramenti, è una virtù strumentale derivante dall’agente principale che è qui Dio. Ma, nella seconda maniera, cioè agendo in qualità di ministro, l’uomo può realizzare l’effetto interiore del Sacramento; perché il ministro e lo strumento hanno la stessa definizione: l’azione dell’uno conduce ad un effetto interiore sotto la mozione dell’Agente principale che è Dio. » [Summa theologiae -III, Q.64, 1-]. In poche parole, l’uomo non è che il ministro, lo strumento dell’azione di Dio in un Sacramento. E qui sorge la domanda: “Chi è che ci assicura in modo assolutamente certo che Dio agisce al meglio in un rito creato nel 1968”? Seguiamo ancora San Tommaso, che si chiede: “L’istituzione dei sacramenti ha solo Dio per autore? « È a titolo di strumento, lo si è visto, che i Sacramenti realizzano degli effetti spirituali. Ora lo strumento trae la sua virtù dall’Agente principale. Vi sono due agenti, nel caso di un Sacramento: Colui che lo istituisce, e colui che usa del Sacramento già instituito applicandolo quanto a produrre il suo effetto. Ma la virtù del Sacramento non può venire da colui che non fa che usarne, perché non si tratta così se non al modo di un ministro. Rimane dunque che la virtù del Sacramento gli viene da Colui che l’ha instituito. La virtù del Sacramento non venendo che da Dio, ne risulta che Dio solo ha istituito i sacramenti». [Summa theologiae -III, Q.64, 1-] Dio solo ha istituito i Sacramenti, e allora: Chi ci assicura in modo assolutamente certo che un rito creato nel 1968 trasmetta la “virtù” di un Sacramento che ha solo Dio come autore? Chiediamo venia ed un po’ di pazienza, per la lunga citazione di San Tommaso, che però è fondamentale nella logica da seguire nel valutare teologicamente e dottrinalmente il problema. Egli continua: : “L’istituzione dei sacramenti ha Dio solo per autore? « Obiezione n°1: Non sembra, perché è la Santa Scrittura che ci fa conoscere le istituzioni divine. Ma ci sono alcuni elementi dei riti sacramentali che non si ritrovano menzionati nella Santa Scrittura, come la santa Cresima, con la quale si dà la confermazione, e l’olio con cui si ungono i sacerdoti, e certe altre parole e gesti che sono in uso nei Sacramenti. Risposta all’obiezione n° 1: Gli elementi del rito sacramentale che sono d’istituzione umana non sono necessari al Sacramento, ma contribuiscono alla solennità di cui lo si circonda per eccitare devozione e rispetto in quelli che lo ricevono. Quanto agli elementi necessari ai sacramenti, essi sono stati istituiti dal Cristo stesso, che è nello stesso tempo Dio ed uomo; e se essi non ci sono tutti rivelati nelle Scritture, la Chiesa comunque li ha ricevuti dall’insegnamento ordinario degli Apostoli; è così che San Paolo scrive (1 Co XI, 34) : «Per gli altri punti, io li regolerò alla mia venuta». [Summa theologiae -III, Q. 64, 1-]. Se gli elementi del rito “necessari” al Sacramento sono stati istituiti dal Cristo stesso, chi è che ci assicura in modo assoluto che gli elementi del rito creato (… nientemeno che da dom B. Botte, l’amico di Buan 1365/75, !?!) nel 1968 contengano effettivamente gli elementi necessari al Sacramento istituito dallo stesso N.S. Gesù Cristo? Ricordiamo, al proposito, pure il giudizio di San Pio X :« … allorché si sappia bene che la Chiesa non ha il diritto di innovare nulla che tocchi la sostanza del sacramento » [San Pio X, 26 dicembre 1910, “Ex quo nono”]. Quindi veniamo alle “1+3” condizioni di validità del Sacramento di consacrazione: 1) Perché una consacrazione episcopale sia valida, si richiede innanzitutto che il consacratore abbia egli stesso il potere d’ordine, cioè che egli sia validamente (ed ontologicamente) Vescovo (che non sia ad esempio un massone di 30° grado scomunicato “ipso facto”!). Successivamente, sono necessarie 3 condizioni all’esistenza del Sacramento della consacrazione episcopale (vale a dire alla sua validità) : • la materia e la forma: « I sacramenti della nuova legge devono significare la grazia che essi producono e produrre la grazia che essi significano. Questo significato deve ritrovarsi … in tutto il rito essenziale, e cioè nella materia e nella forma; ma esso appartiene particolarmente alla “forma”, perché la materia è una forma indeterminata per se stessa, ed è la “forma che la determina” ». [Leone XIII, Apostolicae Curae, 1896]. • l’intenzione del consacratore: «la forma e l’intenzione sono egualmente necessarie all’esistenza del sacramento», «Il pensiero o l’intenzione, dal momento che è una cosa interiore, non cade sotto il giudizio della Chiesa; ma Essa deve giudicarne la manifestazione esteriore » [Leone XIII, in Apostolicae Curae, 1896]. E il Santo Padre S.S. Pio XII sottolinea efficacemente la questione alla “Conclusione dei lavori del 1° congresso internazionale della liturgia pastorale d’Assisi”, il 22 settembre 1956: «Ricordiamo a questo proposito ciò che Noi diciamo nella Nostra Constituzione Apostolica “Episcopalis Consecrationis” del 30 novembre 1944 (Acta Ap. Sedis, a. 37, 1945, p. 131-132). Noi vi determiniamo che nella consacrazione episcopale i due Vescovi che accompagnano il Consacratore, devono avere l’intenzione di consacrare l’Eletto, e che essi devono per conseguenza compiere i gesti esteriori e pronunciare le parole, per mezzo delle quali il potere e la grazia da trasmettere siano significate e trasmesse. Non è dunque sufficiente che essi uniscano la loro volontà a quella del Consacratore principale e dichiarino che essi fanno proprie le sue parole e le sue azioni. Essi stessi devono compiere quelle azioni e pronunziare le parole essenziali.»! Ma quali siano state le modifiche o soppressioni “sospette” (per usare un eufemismo) del rito montiniano? Ecco cosa è stato soppresso: -.1) Il giuramento del futuro vescovo che promette a Dio «di promuovere i diritti, gli onori, i privilegi dell’autorità della santa Chiesa romana… d’osservare con tutte le sue forze, e di farle osservare agli altri, le leggi dei santi Padri, i decreti, le ordinanze, le consegne ed i mandati apostolici … di combattere e di perseguire secondo il suo potere gli eretici [una delle principali funzioni del vescovo!!!], gli scismatici ed i ribelli verso il nostro San Pietro, il Papa, ed i suoi successori». -2) L’esame attento del candidato sulla sua fede, comprendente la domanda di confermare ciascuno degli articoli del credo. -3) L’istruzione del vescovo: «Un vescovo deve giudicare, interpretare, consacrare, ordinare, offrire il sacrificio, battezzare e confermare». In nessuna parte, quindi, il nuovo rito menziona che la funzione del vescovo sia quella di ordinare, di confermare e di giudicare (di slegare e legare). -4) La preghiera che precisa le funzioni del vescovo, dopo la preghiera consacratoria. Nel Pontificalis Romani, si definisce quindi una forma essenziale insufficiente. Per Pio XII, la forma deve significare in modo univoco l’intenzione del rito di fare un Vescovo per ordinare dei preti: «allo stesso modo, la sola forma sono le parole che determinano l’applicazione di questa materia, parole che significano in un modo univoco gli effetti sacramentali, cioè il potere di ordine e la grazia dello Spirito Santo, parole che la Chiesa accetta ed impiega come tali» [Pio XII, Sacramentum Ordinis, 1947].
La forma designata come “essenziale” da Paolo VI non indica il potere d’ordine né la grazia dello Spirito-Santo come grazia del Sacramento: « La forma consiste nelle parole di questa preghiera consacratoria; tra di esse, ecco quelle che appartengono alla natura “essenziale”, sicché sono quelle esatte perché l’azione sia valida: «Et nunc effunde super hunc electum eam virtutem, quæ a te est, Spiritum principalem, quem dedisti dilecto Filio Tuo Jesu Christo, quem ipse donavit sanctis apostolis, qui constituerunt Ecclesiam per singula loca, ut sanctuarium tuum, in gloriam et laudem indeficientem nominis tui» [ed ora effondi su questo eletto quella virtù che viene da Te, lo Spirito “principale” (e chi è!?! -n.d.r.-), che desti al Figlio tuo diletto, e che Egli donò ai suoi Apostoli, perché si costituisse la Chiesa come tuo santuario a gloria e lode del tuo Nome …] (Paolo VI, Pontificalis Romani, 1968.] I termini supposti per definire il vescovo figurano in un’altra parte del prefazio: «ut distribuát múnera secúndum præcéptum tuum » [Paolo VI, Pontificalis Romani, 1968). Alla maniera degli anglicani, i difensori del rito montiniano devono allora invocare l’“unità morale” del rito. Nel Pontificalis Romani, la forma essenziale è senza dubbio, insufficiente. Il sacramento (ex opere operato) non può operare ciò che esso non significa!!! « La sola forma sono le parole che determinano l’applicazione di questa materia, parole che significano in modo univoco gli effetti sacramentali, cioè il potere d’ordine e la grazia dello Spirito-Santo, parole che la Chiesa accetta ed impiega come tale». [Pio XII, Sacramentum ordinis, 1947]. Le parole del prefazio del Pontificalis romani “non” significano il potere d’ordine: “Ut distribuant munera secundum praeceptum tuum”. (Che essi distribuiscano dei “doni” (di chi!?!) secondo il tuo comandamento). Il termine adottato “distribuant munera” è equivoco, esso esprime dei doni, dei carichi, delle funzioni (vedere il diz. Gaffiot per “munus”), si tratta di un termine profano che non esprime affatto il potere d’ordine. Dom Botte traduce il greco κλήρους (Klerous) con ’carichi’ (La Tradition apostolique, Ed. Sources chrétiennes, maggio 1968). Ora un “carico” ecclesiastico non è un ordine. Un anglicano può accettare l’espressione di distribuzione di carichi, un luterano ugualmente. Questa ambiguïtà è voluta … siamo ben lontani dalle parole essenziali del rito latino (comple sacerdote tuo); queste parole esprimono in modo univoco il potere d’ordine (Episcopum oportet … ordinare – il Vescovo deve ordinare!).
Il sacramento (ex opere operato) non può operare ciò che esso non significa e quindi la forma è da considerarsi “difettosa”. A differenza di tutti i riti precedentemente adottati, è patente la “contro-intenzione” del rito, quella di “non” significare il potere di ordinazione dei preti, e quindi la volontà di non ordinare! Noi abbiamo messo in evidenza una contro-intenzione a livello della forma del rito, contro-intenzione che appare in un contesto ecumenico che fornisce la “chiave” per la comprensione della messa in atto di questo rito. Non a caso Jean Guitton, scriveva: «Questa Chiesa ha cessato di chiamarsi cattolica per chiamarsi ecumenica», ed il massone Bugnini (sempre lui, quello della messa del baphomet, il Buan 1365/75!) dichiarava sull’Osservatore Romano del 19 marzo del 1965: “Noi dobbiamo spogliare le nostre preghiere Cattoliche e la liturgia Cattolica da tutto ciò che potrebbe rappresentare l’ombra di una pietra d’inciampo per i nostri “fratelli” separati (quelli che la Chiesa una volta chiamava “eretici” e “scismatici”,, vale a dire i Protestanti.-n.d.r.-)”. Un caso simile, a proposito delle false ordinazioni anglicane, fu inesorabilmente ed infallibilmente stroncato da un Papa “vero”, S.S. Leone XIII nella sua famosa (oggi occultata con ogni mezzo dai marrani e dagli apostati modernisti conciliari!) lettera Enciclica del 1896, la già citata “Apostolicae curae” nella quale si dimostravano 4 punti: –1) La forma del Sacramento è stata rimpiazzata da una forma ambigua che non significa precisamente la grazia che produce il Sacramento. (come quella di Montini!) –2) Il rito anglicano è stato composto e pubblicato in circostanze di odio del Cattolicesimo (come quello del marrano Montini! –n.d.r.-) e in uno spirito settario ed eterodosso (appunto quello ecumenico e neoterico); – 3) Le espressioni del rito anglicano non possono avere un senso Cattolico (così come quello del rito modernista novordista –n.d.r.-). – .4) L’intenzione del rito anglicano è contrario a ciò che fa la Chiesa (la vera Chiesa Cattolica). Una conclusione infallibile, irreformabile e senza appello!!!
E allora siamo qui a parlare di una cosa gravissima, della quale pochi sono a conoscenza, e coloro che sanno, si guardano bene dal farne parola, e cioè della INVALIDITA’ formale e materiale della consacrazione vescovile del “Pontificalis Romani”, che sta producendo nei fatti l’estinzione dell’Ordine sacerdotale cattolico e di conseguenza di tutti i Sacramenti: quella che oggi appare essere la Chiesa Cattolica, è costituita in realtà da un esercito di laici, di “zombi” spirituali, da “finti” e presunti sacerdoti e vescovi che stanno lentamente ma inesorabilmente soppiantando i pochi veri “residui” Vescovi e sacerdoti, oramai solo ultraottantenni, e cioè i Vescovi ordinati con il “rito Cattolico”, o sacerdoti ordinati da “veri” Vescovi a loro volta ordinati prima del fatidico 18 giugno 1968.
Discorreremo adesso addirittura delle ERESIE contenute nella formula del rito del “Pontificalis Romani”!! Effettivamente costateremo nella “forma” essenziale:.1) un’eresia monofisita, 2) un’eresia anti-filioque, 3) un’eresia anti-Trinitaria, tali da configurare una forma essenziale “kabbalista e gnostica” (la Gnosi in generale, e quella talmudica-cabbalista in particolare, è propriamente la “teologia” di lucifero), e creare quindi un “eletto manicheo”. Una forma quindi, che non solo rende invalida ogni presunta consacrazione, ma ne inverte i valori spirituali, consacrando cioè un “servo di lucifero”, quasi un rituale da 30° grado massonico. C’è chi ha attaccato la Chiesa dal tetto, chi dalle mura esterne, che dal portone e dalle finestre, ma Montini, “ruspa” di lucifero, L’ha praticamente rasa al suolo, scardinandone i pilastri portanti: la Santa Messa e la Consacrazione vescovile con la sequela di tutti i Sacramenti!
Ma torniamo alla nostra formula di ispirazione copto-etiopica, come dimostrato in precedenza: «Et nunc effunde super hunc electum eam virtutem, quæ a te est, Spiritum principalem, quem dedisti dilecto Filio Tuo Jesu Christo» [Pontificalis Romani, 1968 (forma essenziale)]. Qui si afferma l’eresia monofisita, l’eresia dei monofisiti etiopici [che negano la natura divina di Cristo]. Queste due righe citate infatti si ritrovano tal quali nel loro rito abissino di consacrazione episcopale. Questa eresia consiste nel considerare che il Cristo abbia bisogno di ricevere dal Padre lo Spirito-Santo per divenire ‘Figlio di Dio’, e per poter comunicare a sua volta, lo Spirito-Santo ai suoi Apostoli. Il Figlio riceve lo Spirito ad un dato momento (al battesimo secondo gli Etiopi) cosa quindi che nega la natura del “Fiat” della Santissima Vergine Maria, “fiat” che permette nello stesso momento la sua verginale Concezione, realizzando così il Mistero centrale della Fede Cattolica: l’Incarnazione di Nostro Signore Gesù-Cristo, vero uomo e vero Dio per mezzo dello Spirito-Santo. Negazione totale della verità cattolica dell’Incarnazione del Verbo! Ma nella “forma essenziale” c’è spazio per l’eresia anti-Filioque [l’eresia di Fozio e dei sedicenti “Ortodossi”, scismatici ed eretici orientali, che negano il procedere dello Spirito-Santo anche dal Figlio]. In questa forma infatti si afferma l’eresia anti-Filioque etiopica, secondo la quale “Non è più il Figlio che spira, con il Padre, lo Spirito-Santo (cf. il filioque del Simbolo di Nicea), ma è il Figlio che riceve dal Padre lo Spirito-Santo. Si tratta di una inversione (secondo un tipico costume satanico), delle relazioni nella Santa Trinità tra il Figlio e lo Spirito-Santo. Incredibile! Pensare che al Credo della Messa la Chiesa ci fa cantare a proposito dello Spirito-Santo «qui ex Patre Filioque procedit»!. Questa formula esprime la fede della Chiesa nello Spirito Santo come terza Persona della Santa Trinità. Lo Spirito-Santo procede dal Padre e dal Figlio come da un solo Principio e possiede, con il Padre ed il Figlio, gli stessi attributi di onnipotenza, di eternità, di santità; Esso è uguale al Padre ed al Figlio a causa della divinità che è Loro propria. L’utilizzazione del termine Puer Jesus Christus nella “forma”, in Ippolito, «modello» del rito della consacrazione dei vescovi riformato dal Montini, è rimpiazzato da: “dilectus Filius” = tuo Figlio diletto, Gesù Cristo. Malgrado tutto, questa correzione indica ancora e sempre una inferiorità del Figlio poiché il Cristo è designato anche, come nei Greci scismatici, come canale transitorio dello Spirito-Santo. Manca dunque allo Spirito-Santo la relazione essenziale in seno alla Santa Trinità come Persona emanante dal Padre e dal Figlio dall’eternità. Un errore fondamentale dunque che rende la forma dell’ordinazione intrinsecamente inoperante e dunque invalida!. Ed anche se la rettitudine della fede del vescovo consacrante fosse certa, questa non potrebbe “sopperire” né correggerebbe la forma e l’intenzione che è normalmente veicolata dal rito. Ma non è ancora finita: la “forma” inventata da B. Botte per Bugnini, su richiesta di Montini, proclama anche una eresia anti-Trinitaria! Ed infatti il «Signore» che è: Dio, il Padre; il Figlio Gesù-Cristo, consustanziale al Padre; e «lo Spirito che fa i capi (!?!) e che Tu hai dato al tuo Figlio diletto, Gesù-Cristo» non costituiscono affatto una designazione teologicamente corretta delle tre Persone divine nell’unità della sostanza e distinte per le loro Relazioni proprie! Qui il discorso è sottile, ma è palese il voler rinnegare la formulazione di San Tommaso quando dice: Pater et Filius et Spiritus Sanctus dicuntur “unum” et non unus. (Quodl. 6,1+2) [si dicono un “unico” e non uno]. Di conseguenza la nuova formula di consacrazione episcopale è egualmente invalida a causa di questa eresia antitrinitaria. Ma c’è ancora dell’altro: questa “forma” sembra a ragione, provenire addirittura da un sistema gnostico e kabbalista! Riportiamo ancora la formula: «Et nunc effunde super hunc electum eam virtutem, quæ a te est, Spiritum principalem, quem dedisti dilecto Filio Tuo Jesu Christo » Con la modifica di “Spiritus principalis” in “Spiritum principalem”: cioè un genitivo che diviene un accusativo, l’essere dello Spirito è assimilato ad una qualità (forza), lo Spirito diviene cioè una sorta d’“energia”, e non più una “Persona”. Questo concetto eretico deriva da un sistema “gnostico” (il discorso sui concetti della “gnosi spuria” e kabbalista, richiederebbe un’opera monumentale). La messa in equivalenza mediante un accusativo, proprio della “fabbricazione” di Dom Botte (che non si ritrova né presso gli etiopi, né nella sinossi della ’Tradizione apostolica’ e neppure nelle Costituzioni apostoliche), tra la “forza” (virtus) che viene dal Padre e lo Spiritus principalis, fa nuovamente assimilare la Persona dello Spirito-Santo ad una semplice “qualità” proveniente da Dio, ma senza essere Dio. Questo è nuovamente un negare lo Spirito-Santo come Persona divina e quindi la sua consustanzialità divina. Ma addirittura in certe traduzioni “diocesane” lo Spirito vi appare con una minuscola, ma egualmente il ’Figlio’ vi appare con una minuscola: “Signore, spandi su Colui che tu hai scelto la tua forza, lo spirito sovrano che tu hai dato a tuo figlio”. Facendo il legame di questi elementi con la concezione kabbalista di Elia Benamozegh, si arriva alla riduzione dello Spirito e del Figlio a due “eoni” inviati da Dio, ma che non sono Dio, bensì degli “éoni” [coppia di entità che Dio manderebbe ogni tanto per “illuminare” gli uomini], come nel sistema dell’eretico gnostico Valentino, o delle forze semplici, “virtù” o energie spirituali. Questo riduce la Santa Trinità ad un concetto puramente simbolico, espressione di un sistema gnostico sotto le apparenze monoteiste. Questo lascia trasparire la profonda conoscenza che il “marrano” Montini [la cui famiglia materna era giudaica, o più probabilmente kazara] avesse della kabbala e della gnosi spuria che egli ha travasato nel Cattolicesimo facendola apparire “cristiana” ai poveri “ignari” fiduciosi della sua (finta) infallibilità! A chi volesse saperne di più, si consiglia : “Dell’Origine dei Dogmi Cristiani”, di Elia Bénamozegh. Cap. III. Caratteri dello Spirito-Sainto, pag. 271, e, sempre dello stesso rabbino, gli: Atti del convegno di Livorno (settembre 2000) Alessandro Guetta (ed.) Edizioni Thalassa de Paz, Milano, coop srl. – Dicembre 2001 Via Maddalena, 1 – 20122 Milano. Quindi la SS. Trinità è intesa seconda la “gnosi spuria”: «Non è più la Trinità di Persone nell’unità della sostanza, ma è l’Infinito, l’Assoluto, l’Eternità, l’Immensità incomprensibile, inintelligibile, vuota e senza alcuna forma, l’“ensof” in cui le tre Persone non sono più che delle emanazioni temporali (…). Secondo il paganesimo, l’Essere primordiale, che è nello stesso tempo il Non-essere, si differenzia e si rivela solamente dopo un certo tempo, facendo emanare dal suo vuoto interiore le tre divinità che i pagani hanno adorato. Così si elimina la S.S. Trinità in vista della religione noachide. E qui il discorso si allargherebbe a dismisura esulando dalle intenzioni di questo scritto. Ricordiamo solo che la negazione dell’eternità della Trinità divina è la negazione della creazione “ex nihilo”, è la negazione della differenza essenziale tra Dio e l’universo; è l’abbassamento del Creatore al livello della sua creatura o la deificazione della creatura, in particolare dell’uomo.» In verità questa è stata sempre la costante del “falso” pontificato di Montini: sostituire l’uomo a Dio. Oltre queste chiare eresie e l’intento noachide, la “forma” montiniana, nasconde un’ulteriore intenzione “occulta”, quella di designare un «Eletto» manicheo, aggiungendo l’espressione : “super hunc Electum”. Electus ha due sensi (cristiani) secondo il Gaffiot (termine electus) • scelto da Dio per la salvezza,: VULG. Luc. 18,7 • scelto per ricevere il battesimo : AMBR. Hel. 10, 34. Poi il Gaffiot aggiunge un ultimo senso: • membro d’élite della setta dei manichei, [eretici gnostici, seguaci di Mani]: MINUC. 11,6. Ora, essendo gnostica la natura del sistema dal quale deriva questa formula, questo è il vero senso, e cioè: l’intenzione del rito d’ordinazione episcopale di Paolo VI è un rito che conferisce dei poteri ad un eletto manicheo! .
Il grande autore cattolico francese Dom Guéranger (quando in Francia c’erano ancora i sacerdoti cattolici! … bei tempi …) nelle “Instituzioni Liturgiche”, presenta in 12 punti fondamentali la «Marcia dei pretesi riformatori del cristianesimo » : – Egli dimostra che l’eresiarca antiliturgista odia la Tradizione, rimpiazza le formule liturgiche con i testi della Scrittura Santa per interpretarli a suo modo, introduce delle formule «perfide», rivendica i diritti dell’antichità di cui si fa beffe cambiandone il rito, sopprime tutto ciò che esprime i misteri della fede cattolica, rivendica l’uso della lingua volgare, sopprime le genuflessioni ed altri atti di pietà della liturgia cattolica, odia la Potenza papale, organizza la distruzione dell’episcopato, rigetta l’autorità di Roma per gettarsi nelle braccia del principe temporale. Alla luce delle considerazioni di dom Guéranger, della cui retta dottrina c’è da essere assolutamente certi, siamo quindi alla presenza di eresie antiliturgiste, e del maggiore eresiarca antiliturgista mai comparso sulla faccia della terra: G. B. Montini, sedicente Paolo VI, “giustamente” in procinto di canonizzazione, “santo” della attuale “sinagoga di satana” che oggi domina la Sede di Pietro ed i Sacri palazzi dell’urbe e dell’orbe, così come da visione profetica del Santo Padre Leone XIII (un “vero” Papa)!
Ma torniamo al nostro argomento, facendo un po’ di riepilogo. Ripetiamolo, anche ad essere petulanti: il rito Romano, soppresso il 18 giugno del 1968, è un rito antico, invariabile nella sua forma essenziale da più di 17 secoli, ed infatti tutti i Vescovi cattolici di rito latino (tra i quali Santi straordinari, tipo S. Francesco di Sales, S. Alfonso Maria de’ Liguori, tanto per citarne qualcuno), sono stati consacrati con questo rito. Che cosa, quindi ha questo nuovo Rito che non va? Si può rispondere così: “ Il rito di Pontificalis Romani è stato creato nel 1968 e non è MAI stato utilizzato nella Chiesa. Nessun Vescovo cattolico è mai stato consacrato in questo rito. Questo rito non possiede gli «elementi necessari» secondo la teologia sacramentale. (dell’angelico Dottore) Esso è INTRINSECAMENTE invalido. Questo non è un rito cattolico!!! A tal proposito accenniamo ancora all’“eletto manicheo”, che sarebbe l’unico titolo che il rito, o meglio questa “pantomima”, spacciata per consacrazione vescovile, conferirebbe! Gli “eletti” manichei, o “perfetti”, costituivano, nell’ambito del Manicheismo, una “religione” di carattere gnostico, che annoverava influssi disparati derivanti da tradizioni giudaiche, iraniane, ed afro-orientali, in un “minestrone” ecumenico comprendente elementi di buddismo, cristianesimo, zoroastrismo, tradizioni iraniche, giudaismo talmudico e paganesimo variegato, il tutto ben cementato dalla cosmogonia e teogonia gnostica, in un sistema codificato secondo presunte “rivelazioni” spirituali di un “paracleto”, il presunto “spirito gemello” di Mani (da cui Manicheismo), nobile personaggio vissuto nel III secolo d. C. in Persia: “eletti” quindi, erano un gruppo ristretto di religiosi osservanti rigorose norme morali e comportamentali, che libererebbero le “fiammelle” divine imprigionate nei corpi materiali creati da un “demiurgo” malefico, il Dio dei Cristiani: agli eletti si contrapponevano gli “auditores” che erano i collaboratori degli eletti, verso i quali avevano doveri servili (elemosine), che non li avrebbero però liberati dalla materia continuando così ad essere obbligati a trasmigrare in corpi diversi (metempsicosi gnostica!). L’obiettivo inconfessato della sceneggiata della “falsa” consacrazione cattolica vescovile, non è altro quindi che la blasfema “istituzione” di eletti manichei (vescovi della anti-chiesa gnostica) nell’ambito della dottrina gnostica, “gnosticismo” del quale è infarcito il talmudismo “spurio” giudaico, al quale si “abbeverava”, per tradizione familiare, l’apostata Montini e si abbeverano i marrani della “quinta” colonna infiltrati nella Chiesa, nonché tutti gli aderenti alle conventicole massoniche! I fatti e gli argomenti fin qui riportati hanno dimostrato quanto segue, per il rito di consacrazione episcopale promulgato da Giovan Battista Montini, il 18 giugno 1968 a Roma, nel Pontificalis Romani:
.1) Questo rito non è antico, ma è stato creato nel maggio 1968 da diversi materiali. .2) Questo rito rivendica una origine oggi contestata dagli specialisti (veri) della questione.
.3) Questo rito non riproduce affatto quello della pretesa (*) “Tradizione apostolica” attribuita ad Ippolito.
.4) Questo rito non è, e non lo è mai stato, praticato in Oriente, presso i copti ed i siriani occidentali.
.5) Questo rito si rivela, dall’inchiesta, non essere null’altro che una “costruzione” puramente umana di Dom Botte.
.6) Questo rito possiede una “forma” essenziale insufficiente.
.7) Questo rito non esprime l’intenzione di conferire il potere di ordinare dei sacerdoti cattolici.
.8) Questo rito subisce le condanne che Leone XIII indirizzò (in “Apostolicae curae”) infallibilmente ai riti anglicani simili in tutto al rito montiniano.
.9) Questo rito nega la Santa Trinità.
.10) Questo rito nega l’unione ipostatica delle due nature nella Persona di N.S. Gesù Cristo
.11) Questo rito nega la “spirazione” dello Spirito dal Figlio, nega cioè il “Filioque” .12) Questo rito veicola una concezione kabbalista e gnostica dello Spirito-Santo. .13) Questo rito rilancia, nel 1968, l’attacco contro lo Spirito-Santo sviluppato mezzo secolo prima dal rabbino di Livorno, Elia Benamozegh (1828-1900).
.14) Questo rito serve a creare, in modo sacrilego e blasfemo, gli “eletti” Manichei, e quindi vescovi gnostici!
Ne risulta da ciò che precede, così come dai testi infallibili di Leone XIII, di Pio XII e del Magistero tutto, che è assolutamente IMPOSSIBILE considerare un rito tale come INTRINSECAMENTE VALIDO e capace di consacrare dei veri Vescovi cattolici, veri successori degli Apostoli di Nostro Signore Gesù-Cristo.