LA SUMMA PER TUTTI (11)
R. P. TOMMASO PÈGUES O. P.
LA SOMMA TEOLOGICA DI S. TOMMASO DI AQUINO IN FORMA DI CATECHISMO PER TUTTI I FEDELI
PARTE SECONDA
SEZIONE SECONDA
Idea particolareggiata del ritorno dell’uomo verso Dio.
Capo XIII.
Delle virtù morali. – La prudenza: natura ed elementi; virtù annesse; specie: prudenza individuale, familiare, regia, militare.
946. Che cosa deve fare l’uomo per rendersi un giorno degno di possedere nel cielo a titolo di ricompensa Dio stesso, quale la fede, la speranza e la carità gli permettono di raggiungere anche sulla terra?
Nello stesso tempo che deve vivere continuamente di queste grandi virtù e dei doni che loro corrispondono, deve anche mettere in opera tutte le virtù morali ed i doni corrispondenti.
947. Quale è la prima di queste virtù morali?
È la virtù della prudenza (XLVII).
948. Che cosa intendete per questa virtù?
Intendo un principio di azione morale che perfeziona la ragione pratica dell’uomo, affinché in ciascuna delle sue azioni disponga ed ordini tutte le cose come si conviene, imponendo a se stesso ed a tutti quelli l’azione dei quali è subordinata alla propria e da essa dipende, ciò che bisogna fare ad ogni istante per il perfetto adempimento di. ciascuna virtù (XLVII, 1-9).
949. Questa virtù ha una grande importanza nella vita morale dell’uomo?
Questa virtù ha una somma importanza nella vita morale dell’uomo; perché senza di essa è impossibile nella vita morale dell’uomo ogni atto virtuoso (XLVII, 13).
950. Questa virtù, quando esiste e compie eccellentemente il proprio atto, basta ad assicurare il lato virtuoso di tutta la vita del uomo?
Sì; quando esiste e compie eccellentemente il proprio atto, questa virtù basta ad assicurare il lato virtuoso di tutta la vita dell’uomo (XLVII, 14).
951. Perché questo privilegio è attribuito alla prudenza?
Perché in essa sono riunite tutte le virtù, non potendone esistere alcuna senza di essa, e non potendo essa stessa esistere senza il concorso di tutte le altre.
952. Questa virtù, per essere perfetta, esige numerose condizioni preliminari per ciò che riguarda il suo atto?
Sì; questa virtù, per essere perfetta, esige ed implica numerose condizioni preliminari per ciò che appartiene al suo atto.
953. Quali sono le condizioni preliminari che la virtù della prudenza esige ed implica per la perfezione del suo atto?
Anzitutto occorrono certi elementi che la costituiscano e senza dei quali non potrebbe esistere; quindi, nello stesso tempo, anche altre virtù che le sono ordinate e preparano il suo atto; infine la divisione di essa medesima secondo la natura dei soggetti da governare e da reggere (XLVHI-LI).
954. Quali sono gli elementi che la costituiscono e senza dei quali non potrebbe esistere?
Sono il ricordo delle cose passate; la intelligenza e la chiara visione dei principi dell’azione sia in generale che in particolare; la docilità ed il rispetto per quello che è stato determinato dai più saggi predecessori; la sagacità nel trovare essa medesima ciò che le sarebbe impossibile domandare ad altri in una circostanza improvvisa; il sano esercizio della ragione, applicando come si conviene i principi dell’azione alle varie condizioni particolari così diverse ed incerte dell’azione stessa: la previdenza e la determinazione voluta nel momento dell’azione per ogni atto particolare, riguardo alla sostanza di tale atto; la circospezione in ordine a tutto ciò che circonda questo atto; la precauzione contro tutto quello che potrebbe porvi ostacolo o comprometterne il frutto (XLIX, 1-8).
955. Quali sono le altre virtù che le sono ordinate e ne preparano l’atto?
Sono la virtù del buon consiglio e le due virtù che assicurano il buon giudizio: l’una nei casi ordinari della vita, tenendo conto delle leggi stabilite; l’altra nei casi straordinari, ed allorché si deve ricorrere ai lumi superiori di solo diritto naturale (LI, 1-4).
956. Come si chiama l’atto proprio che deve regolare la prudenza, quando si compie in seguito ai due atti del buon consiglio e del buon giudizio?
È l’atto stesso del comando che provoca l’azione (XLVII, 8).
957. Dunque la prudenza è propriamente la virtù del comando?
Sì: la prudenza è propriamente la virtù del comando.
958. Ma non sembra al contrario che sia la virtù del consiglio, dal momento che si sogliono chiamare «prudenti» gli uomini che si assicurano prima di agire?
Gli uomini non si chiamano « prudenti » che in ragione del consiglio che infatti precede il comando; ma la virtù propria della prudenza sta nell’atto stesso di comandare con energia e risolutezza nel momento voluto in cui bisogna agire (XLVII, 8 ad 2).
959. Vi sono diverse specie della virtù della prudenza?
Sì: vi sono tante specie della virtù della prudenza, quante sono le specie degli atti di comando che rivestono una speciale difficoltà nell’ordine della virtù.
960. Quante sono le specie di questi atti di comando?
Sono quattro: l’atto di comandare a se stesso; l’atto di comandare nella famiglia; l’atto di comandare nella società; e l’atto di comandare nell’esercito, (L, 1-4).
961. Come si chiamano le diverse specie della virtù della prudenza, corrispondenti a questi diversi atti di comando?
Si chiamano: prudenza individuale; prudenza familiare; prudenza regia, e prudenza militare (L, 1-4).
962. Che cosa intendete per prudenza individuale?
Intendo quella specie di prudenza richiesta in ogni individuo per il governo della sua vita morale, in ordine al proprio bene personale.
963. Che cosa intendete per prudenza familiare?
Intendo quella specie di prudenza necessaria a tutti i membri della famiglia, perché ciascuno nella parte che a lui conviene e sotto la direzione del capo, concorra al bene della famiglia medesima (L, 3).
964. Che cosa intendete per prudenza regia?
Intendo quella specie di prudenza necessaria al capo della società perfetta, che è la città indipendente o la nazione ed il regno, per governare come si conviene questa società (L. 1).
965. Basta per il bene della città e della nazione che questa prudenza si trovi in colui o in coloro che governano?
No: bisogna che anche che anche nei governati si trovi una specie di prudenza, proporzionata a quella del capo o del governo (L;,-2).
966. In che cosa consiste la prudenza dei governati?
Consiste in questo, che ogni membro della società, in ciascuno dei propri atti di ordine sociale, faciliti il conseguimento del bene comune, con la perfetta corrispondenza agli ordini del capo o del governo (L, 2).
967. Anche la prudenza militare è ugualmente ordinata al conseguimento del bene comune nella società?
Sì: e tale prudenza è di estrema importanza per il bene della società, perché essa deve assicurare col retto comando dei capi e la disciplina corrispondente dei subordinati fino all’ultimo soldato, la difesa della patria contro gli attacchi o le ingiustizie dei nemici esterni (L. 4).
Capo XIV.
Del dono del consiglio corrispondente alla prudenza.
968. La virtù della prudenza ha un dono speciale dello Spirito Santo che le corrisponde?
Sì; il dono del consiglio (LII).
969. Che cosa intendete per dono del consiglio?
Intendo quella disposizione soprannaturale o trascendente che perfeziona la ragione pratica dell’uomo, rendendola pronta e docile a ricevere dallo Spirito Santo, nella ricerca o investigazione e nel consiglio che si riferisce all’azione in tutto l’ordine della vita umana, tutto ciò che è necessario alla salute; venendo così in aiuto alla ragione dell’uomo, che sebbene fornita di tutte le virtù acquisite o infuse in ordine al retto consiglio che deve disporre al perfetto giudizio ed al perfetto atto del comando, resta sempre soggetta all’errore ed alle sorprese, nella complessità quasi infinita delle circostanze che possono interessare il suo atto, sia per se stessa che per gli altri, in ordine all’acquisto del cielo (LII, 1, 2).
970. Il dono del consiglio potrà continuare ad esistere dopo questa vita?
Sì: ma in maniera particolarmente trascendentale (LII, 3).
971. Quale sarà questo modo speciale, secondo il quale il dono del consiglio continuerà ad esistere nel cielo?
Consisterà in questo, che tutte le intelligenze saranno meravigliosamente illuminate da Dio sopra tutto ciò che nel dominio dell’azione armonizza per esse col conseguimento del loro fine già ottenuto; sia che si tratti di atti derivanti eternamente dal conseguimento stesso del fine, sia che si tratti dell’aiuto che esse sono destinate a portare fino all’ultimo giorno a coloro che devono ancora lavorare alla conquista od al conseguimento di questo fine (LII, 3).
Capo XV
Dei vizi opposti alla prudenza: l’imprudenza, la precipitazione, l’inconsideratezza, l’incostanza, la negligenza, la falsa prudenza, la prudenza della carne, l’astuzia, l’inganno, la frode, la falsa sollecitudine.
972. Vi sono dei vizi opposti alla virtù della prudenza?
Sì; vi sono dei vizi che le sono opposti per difetto, ed altri che le sono opposti per eccesso.
973. Come si chiama la categoria dei vizi opposti per difetto alla virtù della prudenza?
Si chiamano col nome generico di imprudenza (LIII).
974. Potreste dirmi che cosa è la imprudenza considerata in generale?
Si dice imprudenza in generale ogni atto della ragione pratica compiuto dall’uomo fuori delle regole che assicurano la retta ragione della prudenza (LI, 1).
975. Può esservi peccato mortale nell’atto di imprudenza?
Sì: e ciò avviene quando la ragione dell’uomo ordina la propria azione contrariamente alle regole divine; come colui che disprezzando e ripudiando i divini ammonimenti, agisce con precipitazione (LIII, 1).
976. E quando non vi sarebbe che peccato veniale?
Quando l’uomo agisce fuori delle regole divine, ma senza che vi sia da parte sua
disprezzo, e senza compromettere ciò che è di necessità di salute (LII, 1).
977. Il peccato di imprudenza si trova unito ad ogni altro peccato?
Sì; il peccato di imprudenza si trova unito ad ogni altro peccato, perché non vi sarebbe alcun peccato se non vi fosse qualche atto di imprudenza: tuttavia questo peccato può esistere anche da sé solo distinto dagli altri peccati (LII, 2).
978. Quando è che il peccato di imprudenza esiste da sé solo distinto dagli altri peccati?
Tutte le volte che senza fare alcun cosa di male, o anche facendo qualche cosa di bene in se stesso, si agisce con precipitazione o senza riflessione, in maniera incostante o con negligenza (LIII, 2).
979. Che cosa intendete per precipitazione? La precipitazione è quel peccato contro la prudenza che consiste nel tralasciare di investigare prima di agire, quando e come bisognerebbe (LIII, 137).
980. E la inconsideratezza che cosa è?
È un peccato contro la rettitudine del giudizio, e consiste nel disprezzare o nel trascurare ciò che assicura il retto giudizio in ciò che riguarda l’azione (LIII, 4).
981. Perché la incostanza è un vizio opposto alla prudenza?
Perché è un difetto nell’atto stesso del comando che è l’atto proprio. della prudenza: infatti, incostante è colui che per mancanza di fermezza nel comando, non ottiene nell’ azione ciò che era stato stabilito dopo la investigazione ed il consiglio (LII I, 5).
982. Soltanto questo difetto può interessare l’atto principale della prudenza?
Ve ne è anche un altro che gli è opposto da parte della sollecitudine che esso implica, ed è la negligenza (LIV).
983. Che cosa è dunque la negligenza?
La negligenza è una mancanza di prontezza o di rapidità nel mettere immediatamente in opera, per via di precetto o di comando, le risoluzioni del giudizio preparato dalla investigazione e dal consiglio, in ordine all’azione che deve conseguire il fine della virtù (LIV, 1).
984. È un grave peccato la negligenza?
Sì; può dirsi che questo peccato sia gravissimo, nel senso che paralizza tutto nel dominio dell’azione virtuosa; perché o impedisce che questa azione si compia, o fa sì che si compia fiaccamente ed in maniera così stentata da perdere la maggior parte del proprio merito e del proprio valore (LIV, 3).
985. Come si chiama questa negligenza quando si estende all’atto esterno per ritardarlo o rallentarlo ed indebolirlo?
Si chiama accidia e torpore (LIV, 2 ad 1).
986. Questi altri due vizi si distinguono dalla negligenza propriamente detta e considerata in se stessa?
Sì; perché il peccato della negligenza in senso stretto consiste propriamente nella assenza o mancanza di prontezza e di vigore nell’atto del comando, in quanto questo difetto proviene da una rilassatezza interna della volontà (LIV, 2).
987. È importante vigilare sul vizio della negligenza e non lasciarsene invadere?
Si: ciò è di somma importanza perché il peccato di negligenza si trova alla origine stessa dell’azione, e riguarda l’atto principale della ragione pratica, dalla quale tutto dipende nell’esercizio di ogni atto di virtù; donde consegue che si estende a tutto nel dominio di questa vita, e può tutto infettare del suo veleno.
988. Questo vizio può essere qualche volta mortale?
Sì; ed è sempre tale quando è causa del non risolversi a volere e ad agire nelle cose necessarie di precetto alla salute; ma anche quando non lo è, se non ci si impegna a sorvegliarlo per combatterlo senza tregua, costituisce di per se stesso una malattia di languore, che conduce fatalmente al deperimento ed alla morte (LIV, 3).
989. Come si chiamano i vizi opposti alla prudenza per eccesso?
Si chiamano falsa prudenza e falsa sollecitudine (LV).
990. Che cosa intendete per falsa prudenza?
Intendo quel complesso di vizi che snaturano il vero carattere della prudenza, favorendo un cattivo fine o eccedendo da parte dei mezzi (LV, 1-5).
991. Qual è il vizio che snatura il vero carattere della prudenza favorendo un fine cattivo?
E la prudenza della carne (LV, 1).
992. In che cosa consiste la prudenza della carne?
Consiste nel disporre le cose della vita umana in ordine agli interessi materiali considerati come fine (LV, 1).
993. La prudenza della carne è peccato mortale?
Sì: quando considera gli interessi materiali come ultimo fine; se li considera come fine particolare non ordinato attualmente al vero ultimo fine che rimane sempre il fine abituale, non è che peccato veniale (LV, 2).
994. Ed i vizi che eccedono da parte dei mezzi quali sono?
Questi vizi sono l’astuzia ed i suoi annessi: l’inganno e la frode (LV, 3-5).
995. Che cosa intendete per astuzia?
Intendo quella falsa prudenza consistente nell’usare mezzi falsi ed ingannevoli, si tratti pure di un fine buono o cattivo per cui vengono usati (LV, 3).
996. E l’inganno che cosa è?
L’inganno è un vizio che consiste nel mandare ad effetto, con la parola o con gli atti, i disegni interiormente stabiliti dall’astuzia (LV, 4).
997. Potreste dirmi la differenza che passa tra l’inganno e la frode?
Tra l’inganno e la frode passa questa differenza, che pure essendo ambedue diretti alla esecuzione dell’astuzia, l’inganno è diretto a tale esecuzione sia per via di parole che di fatti indistintamente; la frode invece non è diretta alla stessa esecuzione che per via di atti, ossia di fatti (LV, 5).
998. L’astuzia, l’inganno e la frode sono la stessa cosa che la menzogna?
No; perché la menzogna si propone il falso come fine; invece, l’astuzia, inganno e la frode se lo propongono come mezzo. Se ingannano, lo fanno per conseguire un certo fine che si propongono:
999. Che cosa si deduce da questa differenza?
Si deduce che la menzogna è un peccato speciale nell’ordine delle virtù morali, che si trova in opposizione soltanto con la virtù della verità; invece l’astuzia, l’inganno e la frode possono trovarsi in diverse specie di vizi e di peccati senza costituirne distintamente alcuno nell’ordine delle virtù morali, ma solamente nell’ordine della prudenza, la cui caratteristica è di entrare in tutte le altre virtù.
1000. Che cosa intendete per peccato di falsa sollecitudine?
Intendo quella sollecitudine per la quale si pone ogni cura nella ricerca delle cose temporali, ossia una cura superflua ed un timore esagerato di mancare di queste cose (LV, 6)
1001. Esiste una sollecitudine delle cose temporali che può anche essere buona?
Si, la sollecitudine che in tali cose una cura moderata, ordinandola al fine della carità ed affidandosi alla Divina Provvidenza (LV, 6).
1002. Che cosa si deve pensare della sollecitudine che riguarda l’avvenire?
Questa sollecitudine è sempre cattiva quando si estende a ciò che dovrà essere proprio di altro tempo (LV, 7)
1003. Dunque quando sarà buona la sollecitudine che riguarda l’avvenire?
Quando si contenta di provvedere alle cose avvenire, in quanto che esse dipendono da quelle che debbono occuparci nel momento in cui siamo; lasciando al tempo che verrà poi ciò che ci dovrà occupare allora (LV, 7).
Capo XVI.
Dei precetti relativi alla prudenza.
1004. La virtù della prudenza ha qualche precetto che le corrisponde fra i precetti del Decalogo?
No; la virtù della prudenza non ha precetti che le corrispondano fra i precetti del Decalogo; perché i precetti del Decalogo, formulando ciò che appartiene alla ragione naturale, dovevano riferirsi ai fini della vita umana che sono la caratteristica delle altre virtù, e non a ciò che è ordinato al fine, intorno a cui si esercita propriamente la virtù della prudenza. Ma alla prudenza si riferiscono tutti i precetti del Decalogo, inquantoché essa deve dirigere tutti gli atti delle virtù (LVI, 1).
1005. I precetti aventi direttamente rapporto con la virtù della prudenza, sono dunque precetti complementari venuti più tardi?
Sì: e si trovano sia negli altri testi dei libri ispirati anche nell’Antico Testamento, sia più perfettamente nel Nuovo (LVI, 1).
1006. Non vi sono anche nell’Antico Testamento dei precetti particolarmente urgenti per condannare vizi opposti alla virtù della prudenza?
Sì; sono i precetti relativi all’astuzia, all’inganno ed alla frode (LVI, 2).
1007. Perché questi vizi sono stati particolarmente proibiti?
Perché essi hanno soprattutto la loro applicazione esterna nelle cose di giustizia, che è la virtù direttamente intesa da tutti i precetti del Decalogo (LVI, 2).