OBBLIGHI DEI PASTORI E DEI FEDELI NELLE
TRIBOLAZIONI DELLA CHIESA
ESPOSTI DAL P. ALFONSO MUZZARELLI DELLA COMPAGNIA DI GESÙ,
ROMA – STAMPERIA DELLA S. GC. DE PROPAGANDA FIDE AMMINISTRATA DAL SOC. CAV. PIETRO MARIETTI – 1866
RIFLESSIONI SULLE TRIBOLAZIONI DELLA CHIESA
Obblighi dei fedeli (I)
Voi siete Cattolico, siete istruito nei principii della vostra Religione, voi amate la Chiesa; siete anche ardente di zelo per la gloria di lei; e nondimeno vi scandalizzate delle tribolazioni, ch’Ella soffre. Non vorreste, che Dio permettesse a’ suoi nemici di aggravarla di catene e d’ignominie; vi meravigliate, com’essi sopravvivano sulla terra; se poteste strappare i fulmini all’Onnipotente, e stringerli nella vostra destra, voi gli avventereste con tutto l’impeto contro coloro, che vilipendono la Chiesa di Dio. Siete dunque Cattolico? Siete istruito nei principii della vostra religione? E pensate di questa guisa? Fate un torto a voi stesso, perché dimostrate con questa collera di esser mancante di raziocinio, non sapendo dedurre da quei principii, che avete appresi, le conseguenze legittime. Se v’è argomento di Religione, in cui sia necessario il buon uso di un sano e diritto ragionare, questo è certamente. uno dei più interessanti, essendo connesso colle verità fondamentali della Fede, e colla gloria, che Iddio pretende di ricavare per se, e per noi da queste tribolazioni. Non vorreste persecuzioni della Chiesa? Dunque vorreste smentir Gesù Cristo, che le ha predette con tanta sicurezza e costanza. Egli ha pur detto, che il fratello avrebbe tradito a morte il fratello, e il padre il figlio; e che i figli si sarebbero ribellati ai loro genitori, e gli avrebbero messi a morte; e che i suoi discepoli sarebbero divenuti oggetto d’odio per tutti a motivo della confessione del di lui Nome (Matth. X, 21, et seq., Marc. XIII,12. Luc. XXI,11 et sequ.). Egli ha ricordato a’ suoi discepoli, che avessero sempre presente il suo parlare; che il servo non è maggiore del padrone, e che, se Egli era stato perseguitato, doveano esserlo ancor essi (Joan. XV, 17, et sequ.). Egli è giunto a dir loro, che chiunque gli avesse uccisi, avrebbe immaginato di prestar ossequio a Dio medesimo (Joan. XVI, 2). Era necessario, che si verificassero in tutti i tempi queste predizioni, che Gesù Cristo faceva per tutti i tempi a’ suoi discepoli. Se Dio operasse a norma de’ vostri suggerimenti, e non permettesse mai nella Chiesa le persecuzioni, verrebbe a condannar se stesso di menzogna. Non avete voi penetrata questa fatal conseguenza del vostro zelo irragionevole? Ma non ci sta, direte voi, la gloria di Dio, e della sua Chiesa. E di qual gloria parlate voi? Della gloria di questo mondo, o pur di quella dell’altro? Dovreste saper nondimeno, che la gloria dei seguaci di Gesù Cristo in questa vita è il soffrire le persecuzioni per la giustizia; è l’essere maledetti, e caricati d’ogni contumelia in grazia di lui (Matth. V, 10). Dovreste sapere, che alla gloria dell’altra vita accrescono lustro e grandezza le tribolazioni di questa. Il Regno dei cieli è aperto a coloro, che sono ingiustamente perseguitati, e per essi è ivi apparecchiata una copiosa mercede (Ibidem). La gloria di Dio e della sua Chiesa? Ma in che l’hanno riposta i più fedeli seguaci di Gesù Cristo? Noi ci gloriamo nelle tribolazioni; dice 1’Apostolo, sapendo che la tribolazione dà occasione alla pazienza, e la pazienza è la prova della nostra fede (Rom. V, 3). Egli si gloriava persino della tribolazione de’ suoi fratelli. Io medesimo mi glorio per voi nella Chiesa di Dio, scrive a quelli di Tessalonica, mi glorio nella vostra pazienza, e nella vostra fede, e in tutte le persecuzioni e tribolazioni, che sostenete, in dichiarazione del giusto giudizio di Dio, per cui patite, e da cui sarete riputati degni del suo regno; giacché è cosa giusta al suo cospetto di rendere tribolazione a quelli, che vi danno tribolazione, e riposo a voi, che siete tribolati, insieme con noi, allorquando Gesù Cristo Signor Nostro manifesterà in cielo in mezzo agli Angeli, che lo servono, il suo potere, vendicandosi colle fiamme di coloro, che non conobber Dio, e che non ubbidirono al Vangelo del Signor Nostro Gesù Cristo: pagheranno essi la pena con una morte eterna lontani dalla faccia del Signore, e dalla gloria della sua onnipotenza, allorché egli verrà a glorificarsi de’ suoi Santi, e a farsi ammirare in tutti quelli, che credettero in lui (2 Thessal. 1, 4 et sequ.). La Gloria di Dio e della sua Chiesa? Ma qual maggior gloria per Dio e per la Chiesa, quanto il vedere degli uomini perseguitati, che benedicono e pregano per i loro persecutori? Noi siam maledetti e benediciamo, dice l’Apostolo; siamo perseguitati, e lo soffriamo in pace: bestemmiano contro di noi, e preghiamo per essi; siam divenuti quasi la feccia del mondo, e il ludibrio di tutti(1 Cor. IV, 12). E pure io soprabbondo. d’allegrezza in tutte le mie tribolazioni, egli soggiunge (2 Cor. VII, 4). E pure io mi compiaccio nelle mie infermità, nelle contumelie, nelle necessità, nelle persecuzioni e nelle angustie sofferte per Cristo (2 Cor. XII, 10). Qual gloria vi può esser maggior di questa per la Chiesa? Gloria che la distingue da tutte le false religioni, e da quella superba filosofia, che non conosce questa virtù nemmen per nome. E pure questa gloriosa virtù non comparirebbe mai così luminosa nella Chiesa, se non esistessero le persecuzioni. Ma v’è ancora un motivo più interessante per la gloria della Chiesa medesima, onde Dio ha permesso in ogni tempo tante e sì feroci tempeste contro di lei. La persecuzione è un testimonio sensibile della verità della nostra Religione. Imperocchè uno dei caratteri della vera religione è la santità; e una religione santa non può stare senza persecuzioni. Il demonio non può soffrire in pace una Religione, che abbatte il suo dominio, che diminuisce il numero de’ suoi sudditi, che è ordinata a popolare il regno dei cieli da lui perduto. Questo spirito maligno ostinato nel male e nell’odio contra Dio non può soffrire una religion santa, da Dio stabilita, e a Lui onorevole. Ma i malvagi abbandonati alle sfrenate loro passioni devono anch’essi abborrire una Religione, che gli giudica, gli spaventa, gli condanna. E in conseguenza la iniquità degli abissi collegata con quella del mondo vomiterà sempre tutto il veleno-di una ostinata avversione contro la Chiesa, di cui ella può dirsi naturale nemica. Se il mondo vi odia, diceva Gesù Cristo a’ suoi discepoli, sappiate, che Io fui odiato da lui prima di voi. Se voi foste stati del mondo, il mondo avrebbe amato ciò, che era suo. Ma perché voi non siete del mondo, ma dal mondo io vi ho eletti, per questo il mondo vi odia (Joan. XV,17). Noi intendiamo, scriveva S. Cipriano a Lucio sommo Pontefice, noi intendiamo e penetriamo in tutta la luce del nostro cuore i santi e salutari consigli della divina maestà, e le ragioni, per cui è insorta di fresco questa repentina persecuzione, e per cui la secolar podestà ha fatto impeto all’improvviso contro la Chiesa di Cristo, contro il beato Vescovo e Martire Cornelio, e contro voi tutti; cioè per confondere e respinger gli eretici ha voluto Iddio mostrare, qual è la Chiesa, quale quel Vescovo unico per divina ordinazione eletto, quali i Preti per sacerdotale onore congiunti col Vescovo, quale il vero popolo adunato con Cristo, e il gregge del Signore in carità unito, chi erano gli assaliti dal nemico, e quali all’incontro quelli, che il demonio come suoi risparmiava. Imperocchè l’avversario di Cristo non perseguita, e non assalta se non i soldati e gli accampamenti di Cristo. – Gli eretici già abbattuti una volta e fatti gli suoi non gli cura, e trapassa. Quelli cerca di abbattere, che stanno ancora in piedi. Hæreticos prostratos semel, et suos factos contemnit, et præterit. Eos quaerit deticere quos videt stare (Cyprian. ep. 58). In conseguenza la persecuzione distingue i fedeli a Cristo, e i suoi nemici, gli fa discernere a tutti, gli divide e separa anche esterna- mente dal corpo della Chiesa, ond’essa possa gloriarsi di essere l’unica e vera Sposa di Cristo. – Sappian dunque gli eretici, perché poterono essere risparmiati dagl’increduli, perché poterono vivere in pace con essi, perché ritener poterono i loro altari, perché non furon dispersi sulla terra, perché furono eziandio rispettati ed onorati dagli empii. Neque enim persequitur, et impugnat Christi adversarius nisi castra, et milites Christi. Essi non erano soldati di Cristo, non appartenevano a quella Chiesa, che viene abborrita ed assalita dall’inferno. Per questo non hanno la gloria di esser perseguitati dagli infedeli, con cui se non sono affatto congiunti, hanno per altro un nodo di Non remota consanguineità, che gli rende tollerabili al loro cospetto. Alla sola Cattolica Chiesa appartiene il cimento della persecuzione e la palma della vittoria. – Anzi v’è ancora di più. La persecuzione, che rispetta gli eretici e gli distingue, gli separa altresì come abbiam detto visibilmente dalla Chiesa, e con ciò dai maligni umori si purga il di lei corpo. Imperocchè v’ha degli eretici che si divisero esternamente dal corpo di Gesù Cristo, o innalzarono a parte una Chiesa, e conoscer si fecero, che non erano dei nostri, perché con noi non rimasero. Ex nobis prodierunt, sed non erant ex nobis: nam st fuissent ex nobis, mansissent utique nobiscum (1 Ioan. II, 19). Ma v’ha ancora di quelli, i quali benché pei loro errori non più appartengono all’anima della Chiesa, nondimeno esternamente partecipano a’ suoi riti e a’ suoi Sacramenti; lupi, che vivono fra l’armento ricoperti della pelle d’agnello, e divorano impunemente il fedele e innocente gregge di Cristo. Questi appiattati nell’ovile arriverebbero a poco a poco a trasformare gli agnelli medesimi in lupi, a comunicare ad essi la loro falsa dottrina, e a cangiare il regno di Dio nel regno dell’errore e della incredulità. Ma il folgore della persecuzione gli sbalordisce e gli spaventa dosso la pelle: gittan di insidiosa, sbalzano fuor della Chiesa per isfuggir la tempesta, e compariscono quali erano ma non conosciuti, scaltri e maligni nemici della Chiesa medesima. Allora il Fedele si mera- viglia insieme e si consola; e la Chiesa sgravata di questi perniciosi umori acquista uno stato di più vegeta sanità. Hæretici… sic sunt în corpore Christi, sicut humores mali. Quando evomuntur, tunc relevatur corpus; sic et mali quando exeunt tunc relevatur Ecclesia (S. August. Tract. 3 in epist. S. Ioan. num. 4). Né di questi soli si sgrava in tempo di persecuzione la Chiesa, ma eziandio di tanti rapaci, superbi, molli e dissutili, che disonorano la di lei santità. Anche questa separazione appartiene alla di lei gloria e alla di lei conservazione. Imperoechè la Chiesa è santa principalmente per la santità del suo Capo, della sua Fede e della sua Legge, ma poi anche secondariamente, perché in essa fioriscono degli uomini per santità insigni, e perché in essa si conserva la purità de’ costumi. Ma questo estrinseco lustro di santità e di purità verrebbe in essa ad intorbidarsi, e a perire quasi del tutto, se la pace e il riposo prendessero in lei uno stabile domicilio. Ella è questa la condizione delle umane cose stabilita nella fragilità, nella malizia e nella volubilità del cuor dell’uomo, e accertata in ogni tempo dall’esperienza maestra. La pace, il riposo, l’abbondanza e sicurezza ammolliscono l’animo, e lo preparano ad ogni sorte di vizi. Allora il lusso, la morbidezza, l’intemperanza, la sete di acquistare, la scostumatezza del vivere s’introduce, si moltiplica e diventa costume. Allora si macchia al di fuori la purità e la santità della Chiesa, e la trascuranza dell’educazion giovanile, e lo scandalo della pubblica dissolutezza rendono il vizio nelle successive generazioni trionfante, irreparabile e perpetuo. Permette dunque Iddio, che allora massimamente insorga il vento della persecuzione, il qual risveglia la vigilanza dei suoi ministri, atterrisce i peccatori, separa dal grano la paglia, e monda 1’aia della Chiesa di Gesù Cristo. – Chi crederebbe mai, che nel terzo secolo della Chiesa la feroce persecuzione di Decio fosse stato il rimedio apparecchiato da Dio a rinvigorire l’ecclesiastica disciplina infievolita e corrotta dall’ozio di una lunga pace? E pure questo è ciò, che attesta espressamente l’eloquentissimo S. Cipriano (lib. de Lapsis). Ha voluto, egli dice, il Signore, che fosse provata la sua famiglia, e poiché una lunga pace aveva corrotto la disciplina dataci da Dio, la celeste punizione risvegliò la Fede, che giaceva, e per così dire dormiva. Quia traditam nobis divinitus disciplinam pax longa corruperat, iacentem fidem, et pœne ut ita dixerim dormientem censura cœlestis erexit. E quali erano i vizi, che nel seno di quella pace avean gittate tra i Fedeli di que’ primi tempi le velenose radici? Seguite a leggere S. Cipriano in quel luogo, e vi troverete una minuta descrizione della corruttela, che erasi già introdotta fra le lusinghe del riposo in mezzo al gregge dei Fedeli. Tutti attendevano, egli dice, ad accrescere il lor patrimonio, e dimenticati di ciò, che i Fedeli avean fatto sotto gli Apostoli, e che sempre avrebber dovuto praticare affaticavano con insaziabile cupidigia a moltiplicar le sostanze. Non si vedeva divozion religiosa ne’ sacerdoti, non fedeltà sincera nei ministri, non misericordia nelle opere, non disciplina ne’ costumi. Corrotta negli uomini la barba, e miniata la faccia nelle femmine. Insidiavano gli occhi adulteri alle creature di Dio, e si dipingevano con fallaci colori i capelli. Astute frodi si mettevano in opera per ingannare i semplici, e si meditavan le arti più inique per circonvenire i fratelli. Con gli infedeli stringevasi il legame del matrimonio, e si prostituivano a’ gentili le membra di Cristo. Non sol si giurava inconsideratamente, ma si spergiuava, si sprezzavano con alterigia i superiori, si scagliavano a vicenda velenose maledizioni, e si nutrivano odi e discordie pertinaci. Moltissimi Vescovi, ai quali incombeva di esortar gli altri, e di porgere ad essi buon esempio, negligentando il divin ministero erano divenuti procuratori de’ secolari negozi, e lasciata la cattedra, e abbandonato il popolo scorrevano straniere provincie, andando a caccia di lucrosa mercatura, volendo in mezzo alla penuria de’ fratelli abbondare di argento, usurpando con insidiose frodi gli altrui fondi, e moltiplicando usure per aumentare il guadagno. Che cosa non meritavamo noi di soffrire per così fatti peccati? Iddio l’aveva a noi prenunziato e predetto- Ma noi dimentichi delle leggi e dell’osservanza, e sprezzando i divini comandi abbiam costretto Iddio a ricorrere ai più severi rimedii per correggere i nostri delitti e per provare la nostra fede. Sin qui il santo martire Cipriano. Io Vi prego intanto a confrontare questa descrizione colle nostre passate prevaricazioni, e a riflettere, se una persecuzione era necessaria anche per noi a risvegliare la fede sopita in seno di una lunghissima pace. Fingete, che Dio rendesse perpetua nella sua Chiesa la pace, in tal caso moltiplicherebbe in modo la zizania, che non avrebbe più luogo a spuntare e a germogliarvi il grano. V’è dunque un tempo di mietitura, in cui il Celeste Agricoltore ordina a’ suoi ministri di mietere il campo, e di separar dal grano la zizania. Dopo di che innaffiando di nuovo colle sue grazie il campo, e gittandovi nuova semenza, lo apparecchia a produrre una messe più eletta. E perché dormendo i custodi in tempo di pace, torna il nemico e seminarvi nuova zizania, un’altra mietitura è preparata ai Fedeli, e succedendo a vicenda la tempesta a riposo, o s’impedisce, che perisca affatto la santità nella Chiesa. Così la divina provvidenza ha ordinate le tribolazioni alla salute e alla santità degli eletti. La guerra medesima, riflette Teodoreto parlando della persecuzione Persiana (lib. 5, cap. 38); la guerra medesima, come ci mostra l’esperienza, suole apportare maggior vantaggio, che non la pace; perché la pace ci rende molli, infingardi e timidi; ma la guerra scuote e risveglia gli animi, e costringe a disprezzare i beni della presente vita, come beni caduchi. Confermerò il sin qui detto con un passo simile a quello di S. Cipriano, tratto dall’istorico Eusebio, il quale fu testimonio della posteriore atrocissima persecuzione di Diocleziano, e minutamente assegna la ragione per cui Dio la permise, nell’eloquente sua narrazione. Ecco dunque le parole, i sentimenti, e le riflessioni di questo Storico (Euseb. hist. Eccl. lib. 8, cap. 1: « Io certamente, dic’egli, non posso adeguatamente spiegare, quale e quanta gloria, e insieme libertà aveva conseguita presso i Greci non solo, ma eziandio presso i Barbari avanti questa persecuzione la dottrina del vero culto verso il Dio supremo annunziata da principio agli uomini da Gesù Cristo. Può esserne bastante argomento la benignità degl’Imperatori verso i nostri, ai quali commettevan persino il governo delle provincie, liberandoli dal timore di dover prestarsi ai sacrifici, per quella singolar benevolenza, da cui verso la religion nostra eran compresi. Che duopo v’è di parlar di quelli, che godean cariche negl’imperiali palagi, o degl’imperatori medesimi, i quali aveano accordata facoltà ai domestici, e loro mogli, figliuoli e servi di esercitare liberamente e colle pratiche, e coi discorsi la lor religione sotto i propri occhi; e permetteano ad essi di gloriarsi in certo modo, e di far ostentazione della libertà della lor fede; e con singolar amore sopra tutti gli altri ministri gli abbracciavano. Così pure avreste veduto riveriti e amati tutti i Prelati delle Chiese e dalle persone private, e dai reggitori delle provincie. E chi potrà interamente descrivere l’innumerabil moltitudine degli uomini, che si rifugiavano quotidianamente in seno alla Fede di Gesù Cristo; chi il numero delle Chiese aperte in tutte le città; chi il luminoso concorso dei popoli ai sacri edifizi? Donde avvenne, che non bastando l’antiche fabbriche, s’innalzarono dai fondamenti spaziose Chiese in ciascuna città. Né tali stabilimenti, che ogni giorno in meglio crescevano, poterono dal livore distruggersi, né dalla malignità de’ demonii, né dalle insidie degli uomini, sinché la destra dell’Onnipotente Iddio protesse e custodì il suo popolo, ch’erasi reso degno di tal presidio. Ma poiché noi per la troppa libertà eravamo divenuti negligenti e pigri; poiché cominciarono ad invidiarsi l’un l’altro, e a mormorare; poiché tra noi si destarono guerre intestine, e colle parole quasi con armi ed aste l’un l’altro ferivansi; poichè i Prelati contro i Prelati, e i popoli contro i popoli eccitavan discordie e tumulti; in fine, poiché la frode e la finzione erano giunte al sommo della malizia; allora con leggier colpo, come è solito, a poco a poco e moderatamente cominciò la divina vendetta a muoversi contro di noi, essendo ancora intatto lo stato della Chiesa, e adunandosi liberamente per anco i Fedeli; e dié principio la persecuzione contro quelli, che militavano. Ma posciachè privi d’ogni senno, non pensavano neppure a placare l’ira divina: che anzi piuttosto a somiglianza degli empii giudicando, che le umane cose non vengono dalla cura e provvidenza di Dio governate, e aggiungevamo ogni giorno delitti a delitti; mentre i nostri Pastori non curando le regole della Religione con iscambievoli contese fra lor combattevano, non attendendo ad altro, che ad acerescer le ingiurie, le minacce, l’emulazione, gli odii e le scambievoli inimicizie; vendicando con somma contenzione a se stessi la prelatura, come una tirannide; allora finalmente, conforme all’espressione di Geremia, oscurò il Signore nella sua collera la figlia di Sionne, e precipitò dall’alto la gloria d’Israele, e mostrò di non ricordarsi nel giorno dell’ira sua dello sgabello de’ suoi piedi. Sommerse il Signore ogni decoro d’Israele, e distrusse tutti i muri di sua difesa. E come è predetto nei Salmi, rovesciò il testamento del suo servo, profanò in terra la di lui santità, vale a dire colla sovversion delle Chiese distrusse tutti i suoi ripari, e gli dié per baluardo il timore. Lo depredarono tutte le turbe del popolo, che passavan per via; laonde divenne l’obbrobrio de’ suoi vicini. Imperocchè Iddio esaltò la destra de’ suoi nemici, e gli tolse l’aiuto della sua spada, né gli prestò soccorso nella guerra. Lo purificò sino all’ultimo, e fece in pezzi il di lui soglio battendolo a terra. Scemò i giorni della sua vita; e lo coprì d’ignominia. Hæc omnia nostris temporibus completa sunt.» Son queste tutte parole di Eusebio. – Ma non debbo omettere un bel passo di S. Giovanni Grisostomo, laddove spiega il capo terzo di S. Matteo, perché troppo fecondo di utili riflessioni. « L’aia, dic’egli, è la Chiesa; il granaio è il regno celeste, e il campo è questo mondo. Siccome adunque un padre di famiglia mandando i mietitori raccoglie le spighe dal campo, e le trasporta nell’aia per ivi triturarle e vagliarle, e per separare il grano dalla paglia: così il Signore mandando gli Apostoli e gli altri dottori quasi mietitori, recise dal mondo i gentili, e gli ragunò nell’aia della Chiesa. Qui dobbiamo esser battuti, e vagliati. Imperocché siccome il grano racchiuso nella paglia non esce fuori, se non vien battuto: così anche l’uomo dagl’impedimenti mondani e dagli affetti carnali, in cui trovasi quasi in paglia inviluppato, difficilmente si stacca se non viene agitato da qualche tribolazione. E siccome il grano, che è pieno, appena leggermente percosso, sbuca fuori dalla sua pelle: ma se è sottile e macilento, tarda di più: se poi è vuoto, non esce mai fuori, ma resta pesto dentro la stessa sua buccia, e in conseguenza è gittato fuori insiem colle paglie; così tutti gli uomini stanno come in paglia racchiusi nei loro affetti carnali. Ma chi è fedele e di buona volontà, ed ha dentro il midollo della virtù, appena è leggermente tribolato, sbuca fuori de’ suoi carnali diletti, e se ne corre a Dio. Ma se è alquanto infedele, fa d’uopo di grande tribolazione, per farlo sortire della sua carne, e andarsene a Lui. Chi è poi veramente infedele e vuoto per quanto sia pesto, siccome il grano vuoto non sbuca fuori della sua paglia, così né pur egli mai si sviluppa da’ suoi carnali desiderî, e dai mondani impedimenti; né passa in seno a Dio; ma nei suoi mali si pesta e s’indura, per esser poi cacciato fuori dell’aia insieme cogl’infedeli… Ma forse direte; non era meglio, che Dio sin da principio avesse chiamato tutti gli eletti al Cristianesimo, affinché non fosse bisogno di sempre vagliare la Chiesa, ma dessa se ne stesse piuttosto in pace? Rispondete: potreste voi, mentre avete ancora la messe nel campo, separare dalle paglie il grano? No: ma se tentaste una cosa simile, non dividereste il grano dalla paglia; bensì piuttosto perdereste amendue. Così dunque non era possibile il discernere e il chiamare gli eletti di mezzo ai Giudei, o ai Gentili senza la tentazione; perché chi non conosce Cristo, né la sua parola, se commette errore o peccato, non si sa se lo commetta per mal animo, ovvero per ignoranza. Ma chi ha conosciuto Cristo e la sua Legge, e contuttociò cade in errore e in peccato, è troppo chiaro, che non erra né pecca per non saper chi sia Dio, e qual sia la sua volontà, ma perché non ama la legge di Dio. E questo come può scuoprirsi senza la tentazione? Imperocché se nello stadio non si mette in vista la palma, non potete mai incolpare l’atleta, il quale non vuol entrare nella lotta, come uomo debole e fiacco; perché non si sa, se si ritiri dalla lotta per essere debole e fiacco, o pure perché non vede proposta a’ vincitori la palma. Che se vede la palma, e rifiuta di lottare, allora è chiaro, che per la sua pigrizia lo rifiuta. Così anche il gentile, che ignora il futuro giudizio e il premio della risurrezione, non si può conoscere, se lasci di fare il bene, perché non l’ama, o pure perché non ne spera alcuna mercede. Che se poi diverrà Cristiano, e sarà istruito del futuro Giudizio, allora peccando mostrerà chiaramente, che pecca, perché non ama il bene. Ma voi forse ripiglierete così, questo va bene tra gli uomini, ma non con Dio, che conosce i cuori, e prevede il futuro, e così poteva ben Egli sapere senz’altro di che volontà ciascuno sarebbe. Ma rispondo: nel giusto giudizio di Cristo non si cerca solo, ch’Egli conosca la rettitudine del suo giudizio sull’uomo, ma si vuole altresì, che l’uomo stesso conosca di essere rettamente giudicato da Cristo col testimonio de’ suoi pensieri, e colla prova delle sue azioni, siccome sta scritto: Cogitationibus invicem accusantibus, aut etiam defendentibus în die, cum iudicaverit Deus occulta hominum [… dalla testimonianza della loro coscienza e dai loro stessi ragionamenti, che ora li accusano ora li difendono]. (Rom. II, 15). Se dunque l’uomo senza conoscer Cristo, né la sua legge, fosse condannato solamente dalla sapienza di Dio, come potrebbe capire di essere stato giustamente condannato? Imperocchè è ben vero, che Dio conoscitore de’ cuori sa di condannarlo giustamente; ma il peccatore non saprebbe di essere giustamente condannato, e potrebbe dire: Ancor io se avessi avuto cognizione di Cristo, avrei osservata la sua fede e la sua legge. Perciò Cristo tutti chiamò alla cognizione della verità, affinché si veda manifestamente, che i peccatori non per ignoranza, ma per cattiva volontà peccarono; e rinunziando a Cristo si diedero volontariamente al partito del demonio. È dunque necessario, che tutti e buoni e cattivi si faccian Cristiani, e che tutti ricevano il lume della verità, sinché poi sopravvenendo la tentazione pochi si eleggan tra i molti, e s’adempia ciò, che sta scritto; Multi sunt vocati, pauci vero electi (Matth. XX). Ditemi: siete voi degno di reprensione, perché separate il grano dalla paglia, e così separato lo riponete ne’ granai? Questo poi no; né sarebbe ben fatto di riporre insiem col grano le paglie, le quali non sono necessarie per vostro uso. E perché dunque incolperemo Iddio, che dai fedeli separa gl’infedeli, i quali non giovano alla sua gloria? Con questo di più, che quelle paglie hanno dalla natura l’esser paglie, né possono mai esser grano: ma gl’infedeli sono infedeli non per natura, ma per cattiva lor volontà, non volendo in se ritenere il midollo della giustizia. Se dunque quelle paglie, che non possono esser mai grano, pur tuttavia si brucian nel fuoco; quanto più ragionevolmente arderanno nel fuoco gl’infedeli, che potevano divenire grano, se non avessero rifiutata la giustizia? » Sin qui il Grisostomo. Voi potete di qui rilevare, quanto era giusto, che Iddio facesse raccogliere colla rete della predicazione e giusti e malvagi nella sua Chiesa per giustificare la sua sincera volontà di salvar tutti gli uomini; ma quanto insieme era necessario, che lasciasse a ogni tratto libero il corso alla persecuzione per separare i malvagi dai giusti, riparando così all’onore della sua Sposa, e preservando gli eletti dalla corruzione, in cui cadrebbero per gli esempi e per la compagnia dei malvagi. So benissimo quel che opporrete a questa riflessione, cioè che la violenza della persecuzione mette a cimento anche i giusti medesimi, e che nella persecuzione vi sono ancora de’ buoni, che cadono vinti dalla tentazione, e i quali senza questa sorte di tentazione avrebber perseverato nel bene sino alla morte. Ma primieramente ignorar non potete, che la tentazione è fatta appunto dirò così per i giusti, perchè Iddio vuol prender prova della lor fedeltà, e questa prova non è mai così luminosa quanto, allorquando è assalita la fede e perseguitata la virtù. Dio vi tenta, diceva Mosè agli Ebrei, affinchè si manifesti, se l’amate, o no, con tutto il cuore e con tutta l’anima (Deut. XIII, 14). Egli tenta, cioè fa prova dell’amore e della fedeltà de’ giusti, vuole, ch’essi medesimi conoscano alla prova, se temono veramente Iddio, fa ad essi toccar con mano la propria debolezza, e la necessità della sua grazia, gli assiste intanto co’ suoi aiuti, e gli solleva per mezzo della tribolazione a un grado più sublime d’umiltà, di coraggio, di fiducia, d’amore pér lui. Così è, dice S. Paolo: omnes qui pie volunt vivere in Christo Iesu, persecutionem patientur (2 Timot. III, 12). I nostri Padri soffrirono anch’essi ignominie e battiture, carcere e catene; furono lapidati, segati per mezzo e tentati; moriron di spada, e girarono vagabondi, vestiti di rozze pelli, mendici, angustiati ed afflitti, erranti per le solitudini, nei monti, nelle spelonche e nelle caverne della terra. Essi furono tutti tentati per la confession della fede. Et hi omnes testimonio fideî probati (ad Hebr. XI, 39). Le Sacre Carte sono così piene di questa verità, che non può concepirsi, come un Cristiano possa prenderne meraviglia, e dimostrarsene quasi ignaro. Né crediate, che sia sì facile la prevaricazione dei veri giusti nel tempo della persecuzione. Non tutti quelli, che giusti appariscono, tali sono veracemente al cospetto di Dio, che penetra nel fondo dei cuori. L’uomo giusto e temente Iddio è quegli, che adempie tutta la legge, ed ama Iddio con tutto il cuore e con tutta l’anima; e perché molti vi sono, che giusti compariscono fallacemente agli occhi propri e a quelli del mondo, per questo vuole Iddio, che per mezzo della persecuzione si renda a tutti palese la verità. Niuno pensi, dice S. Cipriano, che i buoni possano separarsi dalla Chiesa. Nemo existimet bonos ab Ecclesia posse recedere (S. Cyprian. De Unît. Eccl.). Niuno, attesta S. Agostino, si trasferisce al partito degli eretici, se non il peccatore. Non enim quisquam în eos sectandos incidit, nisi peccator (S. August. in Psalm. 10). – L’eresie, aggiunge Tertulliano, hanno molto vigore contro quelli che non han vigore nella fede. Hæreses apud cos multum valent, qui in fide non valent (Tertullian. de Præscript. cap. 2). Quindi rare volte si verifica, che trascinati dall’impeto della tentazione periscano fuor della Chiesa coloro che nella Chiesa si sarebber salvati. Ex his enim hominibus hæretici fiunt, qui etiam si essent in Ecclesia, nihilo minus errarent (Sanctus August. de vera Relig. cap. 8). E infatti quali furono coloro, che prevaricarono nella persecuzione di Decio? Quelli, di cui S. Cipriano avea descritti i perversi costumi, e che erano soverchiamente solleciti di conservare il loro patrimonio, non già que’ giusti e timorati di Dio, che aveano il cuore distaccato dal disordinato amore dei beni della terra. « Dissimulanda, fratres dilectissimi, veritas non est, nec vulneris nostri materia et causa reticenda. Decepit multos patrimonii sui amor cæcus, nec ad recedendum parati aut expediti esse potuerunt, quos facultates suæ velut compedes ligaverunt. Illa fuerunt remanentibus vincula, illæ catenæ, quibus et virtus retardata est, et fides pressa, et mens vincta, et anima præclusa, ut serpenti terram secundum Dei sententiam devoranti præda et cibus fierent, qui terrestribus inhærerent (S. Cypr. de Lapsis).» Egli è dunque falso, che molti si perdano nella persecuzione di quelli, che senza la persecuzione si sarebber salvati. Imperocchè d’ordinario la persecuzione sorprende la Chiesa nel tempo, in cui corrotti i costumi de’ Fedeli pochi di loro si salverebbero in essa. – Così rifletteva il Grestsero essere accaduto nella Germania innanzi all’invasione delle eresie di Lutero e di Calvino. Inscitiæ ruditate, morum corruptela, et omnium Ordinum tum politicorum, quam ecclesiasticorum depravatione, quæ ante Lutheranam, et Calvinianam hæresim Germaniam insederant, quam pauci salvabantur (in lib. haereticor. iudex Oper. Tom. 17, cap. 10). Anzi quanto non acquistano di guadagno i giusti dalla persecuzione? Imperoechè qual è quell’uomo sì giusto, il quale possa presumere di non essere a Dio debitore per le sue colpe? Quis est homo, ut immaculatus sit, et ut iustus appareat natus de muliere? Ecce inter sanctos eius nemo immutabilis, et coeli non sunt mundi in conspectu eius (Tob. XIII). Ora la persecuzione gli mette in istato di soddisfare alla divina giustizia per le loro colpe, e di purgare più leggermente in questa vita que’ difetti, che avrebbero dovuto più gravemente scontare nell’altra. Non basta. Essa fa loro conoscere delle colpe, che a Dio sommamente dispiacevano, e che gli avrebber finalmente strascinati ad eccessi, e ne procura in essi la detestazione e l’emendazione. Nel tempo di pace e di riposo il torrente, che. strascina con sé le pianticelle sottili insidia ancora alle radici delle piante più robuste, e le divelte finalmente insieme col terreno, in cui sono piantate. L’ozio e la morbidezza dominante, il desiderio dei comodi e dei piaceri della vita, il genio di crescere di grado e di dilatare i possedimenti antichi con nuovi acquisti, insensibilmente si apprende anche alle persone oneste e timorate. Si diminuisce la cognizion del disordine, quando è diventato comune, non si apprende più per quello, ch’è veramente, l’uomo comincia a reputarsi innocente, perché è più riservato degli altri nelle soddisfazioni, che accorda alle sue passioni. Se questo stato di calma fosse durevole, non resterebbe quasi più nessun giusto sulla terra. Ma nella persecuzione l’uomo giusto si trova necessitato a rinunziare a tutti gli agi superflui, e a non pensare ad altri acquisti, mentre è costretto ad abbandonare anche gli antichi. Deve rinunziare un posto, che non può più ritenere salva la legge di Dio e la sua coscienza. Non ambisce più degl’impieghi e degli onori, che non si possono accordare colla sua fede. Una felice necessità distacca il suo cuore dai beni della terra, e a proporzione di questo distacco egli si accosta e si avvicina a Dio. Perciò nel tempo delle persecuzioni si formano quelli uomini eroicamente virtuosi, che servono d’esemplare alle future generazioni, e che hanno fatto in ogni tempo la gloria della cattolica Religione. Se la persecuzione arriva a togliere e ad interdire il culto pubblico, si vedono intiere private famiglie emulare il fervore e la carità de’ primitivi Fedeli. – Che se finalmente alla persecuzione succede la pace, che spettacolo di gioia, e di trionfo non si presenta allora agli occhi di tutta la Chiesa! Con quali colori, e con quali espressioni ci ha lasciato dipinto questo trionfo l’eloquente S. Cipriano! « È arrivato, egli diceva, quel giorno da tutti desiderato, e dopo la tetra orribile caligine di lunga notte comparve dalla divina luce rischiarato il mondo. Rivediamo con gioia i Confessori, che si sono segnalati per il loro buon nome e per la fama della lor fede, e non sappiamo stancarci nel baciarli e nello stringerli con insaziabile soddisfazione fra le nostre braccia. Avete resistito valorosamente al mondo, presentaste uno spettacolo glorioso agli occhi di Dio, foste d’esempio a quelli, che verranno dopo di noi. Quelle mani illustri, e assuefatte continuamente alle sacrosante azioni resistettero ai sacrilegi sacrifizii; e le labbra santificate dal cibo celeste del Sangue e del Corpo del Signore rifiutarono il profano contatto degli avanzi degl’idoli. La vostra fronte immacolata non potè soffrire, che la corona del demonio riposasse sul luogo, dov’era impresso il segno di Dio, e si riservò a cingere la corona del Signore. Oh con qual allegrezza vedendovi ritornare dalla battaglia vi abbraccia nel suo seno la Chiesa! Oh come beata e giuliva spalanca le sue porte, perché a schiere possiate entrarvi coi trofei dei superati nemici Vengono! cogli uomini trionfanti anche le femmine, le quali combattendo col secolo vinsero ancora il proprio sesso. Vengono in doppia schiera di gloria le verginelle e i fanciulli, che sorpassarono gli anni colla loro virtù. E tutta l’altra moltitudine segue la vostra gloria, e accompagna con insegne quasi eguali i vostri passi » (S. Cyprian. de Lapsis).
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