SALMO 107: “PARATUM COR MEUM, DEUS”
CHAINE D’OR SUR LES PSAUMES
ou LES PSAUMES TRADUITS, ANALYSÉS, INTERPRÉTÉS ET MÉDITÉS A L’AIDE D’EXPLICATIONS ET DE CONSIDÉRATIONS SUIVIES, TIRÉES TEXTUELLEMENT DES SAINTS PÈRES, DES ORATEURS ET DES ÉCRIVAINS CATHOLIQUES LES PLUS RENOMMÉS.
[I Salmi tradotti, analizzati, interpretati e meditati con l’aiuto delle spiegazioni e delle considerazioni seguite, tratte testualmente dai santi Padri, dagli oratori e dagli scrittori cattolici più rinomati da …]
Par M. l’Abbé J.-M. PÉRONNE,
CHANOINE TITULAIRE DE L’ÉGLISE DE SOISSONS, Ancien Professeur d’Écriture sainte et d’Éloquence sacrée.
[Canonico titolare della Chiesa di Soissons, Professore emerito di Scrittura santa e sacra Eloquenza]
TOME DEUXIÈME.
PARIS – LOUIS VIVES, LIBRAIRE-ÉDITEUR 13, RUE DELAMMIE, 1878
IMPRIM.
Soissons, le 18 août 1878.
f ODON, Evêque de Soissons et Laon.
Salmo 107
Canticum Psalmi, ipsi David.
[1] Paratum cor meum, Deus, paratum cor meum; cantabo, et psallam in gloria mea.
[2] Exsurge, gloria mea; exsurge, psalterium et cithara; exsurgam diluculo.
[3] Confitebor tibi in populis, Domine, et psallam tibi in nationibus;
[4] quia magna est super caelos misericordia tua, et usque ad nubes veritas tua.
[5] Exaltare super cælos, Deus, et super omnem terram gloria tua;
[6] ut liberentur dilecti tui, salvum fac dextera tua, et exaudi me.
[7] Deus locutus est in sancto suo: exsultabo, et dividam Sichimam; et convallem tabernaculorum dimetiar.
[8] Meus est Galaad, et meus est Manasses; et Ephraim susceptio capitis mei. Juda rex meus,
[9] Moab lebes spei meæ; in Idumaeam extendam calceamentum meum; mihi alienigenæ amici facti sunt.
[10] Quis deducet me in civitatem munitam? quis deducet me usque in Idumæam?
[11] Nonne tu, Deus, qui repulisti nos? et non exibis, Deus, in virtutibus nostris?
[12] Da nobis auxilium de tribulatione, quia vana salus hominis.
[13] In Deo faciemus virtutem; et ipse ad nihilum deducet inimicos nostros.
[Vecchio Testamento Secondo la Volgata Tradotto in lingua italiana da mons. ANTONIO MARTINI Arciv. Di Firenze etc.
Vol. XI
Venezia, Girol. Tasso ed. MDCCCXXXI]
SALMO CVII.
Preghiera a Dio in occasione delia guerra contro i Moabiti, Filistei ed Idumei. Il Salmo é composto delle ultime parti dei due Salmi 56 e 59. Nulla vi è di nuovo. Se ne fece un Salmo, forse per compire il numero dei 150, o per ragione che non si conosce.
Cantico, ovver salmo dello stesso David.
1. Il mio cuore, o Dio, egli è preparato: egli è preparato il cuor mio: canterò e salmeggerò nella mia gloria.
2. Sorgi, mia gloria, sorgi salterio e tu cetra: io sorgerò coll’aurora.
3. A te io darò laude tra’ popoli, o Signore, inni a te canterò tra le genti.
4. Perché più grande dei cieli è la tua misericordia, e la tua verità fino alle nubi.
5. Sii tu esaltato fin sopra de’ cieli, e la tua gloria per tutta quanta la terra, affinché liberati sieno i tuoi eletti.
6. Salvami con la tua destra, ed esaudiscimi: Dio ha parlato nel suo santuario;
7. Che io sarò nell’allegrezza, e sarò padrone di Sichem, e dividerò la valle de’ tabernacoli.
8. Mio è Galaad e mio è Manasse, ed Ephraim fortezza della mia testa.
9. Giuda mio re: Moab vaso di mia speranza. Col mio piede calcherò l’Idumea; gl’istranieri saranno soggetti a me.
10. Chi mi condurrà nella città munita? Chi mi condurrà fino nell’Idumea?
11. Chi se non tu, o Dio, che ci hai rigettati? E non verrai tu, o Dio, co’ nostri eserciti?
12. Dà aiuto a noi nella tribolazione, perché invano si aspetta salute dall’uomo.
13. Con Dio farem cose grandi; ed egli annichilerà coloro che ci affliggono.
Sommario analitico
Questo salmo che, secondo il titolo, sarebbe di Davide, si compone di due parti, di cui una (2-6) si trova alla fine del salmo LVI, e fu composta durante la persecuzione di Saul; l’altra (7-14) termina il salmo LIX, composto anch’esso da Davide in occasione della guerra contro gli Idumei. Per spiegare l’unione di questi frammenti, si congettura che il salmo CVII non sia che il salmo LIX che Davide voleva si cantasse in qualche occasione solenne. Egli allora tagliò i versetti 3-6 che ricordavano dei giorni infausti, e li rimpiazzò con i versetti del salmo 8-12 del salmo LIX, che formavano un inizio magnifico e trionfale. (Le Hir.). Perché, si domanda Bellarmino, questo salmo è stato aggiunto agli altri quando non conteneva nulla di nuovo? Senza dubbio – egli risponde – si sarà voluto completare il numero di centocinquanta salmi, a meno che non esista qualche altra ragione occulta che egli dichiara di ignorare completamente. Noi osiamo dire che la ragione che il redattore dei salmi, abbia voluto completare il numero di centocinquanta salmi, prendendo le due parti dei salmi LVII e LIX, manca assolutamente di verosimiglianza: perché scegliere infatti i salmi LVI e LIX, piuttosto che altri? Nella prima parte, Davide, personificando il Salvatore, eccita la propria anima a risvegliare la propria lira per benedire il Signore (1-4). Nella seconda, egli indica il triplice oggetto delle sue lodi:
1° La perfezione di Dio, la sua misericordia, la sua verità, la sua gloria (5-6);
2° la sua gloria; egli estende le sue conquiste su tutto l’universo per la predicazione del Vangelo (7-11);
3° La speranza che egli ha del soccorso di Dio, nelle vittorie, nelle tribolazioni (12-14).
Spiegazioni e Considerazioni (1)
(1) Vedi i salmi LVI e LIX
I. — 1-3.
ff. 1, 2. – La ripetizione dei due salmi LVI e LIX, riuniti in gran parte di questo salmo CVII, contiene una lezione molto utile ai progressi della nostra perfezione spirituale. Non crediamo che Davide si sia ripetuto per mancanza di nuovi sentimenti verso Dio, e come se il suo cuore, caduto nella aridità, non gli fornisse alcuna nuova affezione nella preghiera, di modo che, per rianimare il suo fervore, fosse stato obbligato a ricorrere a ciò che già aveva espresso in due altri salmi. Questa spiegazione non può convenire alle parole di un Profeta così pieno di Spirito di Dio; diciamo dunque piuttosto che egli ci dà qui l’esempio di ciò che noi dobbiamo fare quando ci troviamo in una specie di languore che sembra smorzare tutti i sentimenti della nostra anima. È il momento di ricordarci le verità che ci hanno toccato in altre occasioni, ciò che è più efficace, ed estraiamo allora dai libri santi o dei libri di pietà ciò che ci colpisce nei tempi di fervore, ripetiamo le nostre antiche preghiere o quelle dei santi che ci hanno preceduto. È l’esempio che ci si dà nella preghiera del giardino degli uliveti, il nostro divin Salvatore, quando si dice: « Egli tornò e pregò per la terza volta, dicendo le stesse parole. » (Matt. XXIV, 43). È così l’esempio che la Chiesa ci dà nella sua liturgia e nei suoi divini offici dove si lasciano presentare all’Altissimo gli stessi atti di adorazione, di riconoscenza, di amore, di compunzione, ripetendo così spesso: « Signore vieni presto in mio aiuto; Signore abbiate pietà di noi; gloria al Padre, al Figlio, e allo Spirito Santo, etc. » (Berthier). – « Il mio cuore è pronto, Signore, il mio cuore è pronto. » Questa ripetizione è l’indice: – 1° di una volontà determinata; – 2° di una forza interiore che nulla teme ed è disposta a superare ogni ostacolo; – 3° di un santo fervore; di un amore ardente che sembra andare oltre i sacrifici che Dio può esigere. È così che il nostro cuore deve essere pronto: – 1° per acquisire e praticare tutti i comandamenti di Dio e tutte le virtù cristiane: « Io sono pronto e senza essere per nulla turbato, ad osservare i vostri comandamenti, » (Ps. CXVIII, 60); « il suo cuore è pronto a sperare nel Signore, » (Ps. CXI, 7); – 2° per attenere l’arrivo del sovrano Giudice: « Siate dunque anche sempre pronti, perché non sapete in quale ora il Figlio dell’uomo verrà » (Matt., XXIV, 44); – 3° per supportare e soffrire attendendo tutte le prove, tutte le tribolazioni che entrano nei disegni di Dio in vista della nostra santificazione. – Tale è la disposizione del cuore in cui deve essere il vero Cristiano, e soprattutto un prete che, chiamato dalla sua vocazione ad essere l’uomo di Dio ed il servitore dei suoi fratelli, deve mostrarsi sempre pronto a fare la volontà, ad eseguire gli ordini del suo Maestro, a qualunque costo. « Il mio cuore è pronto, Signore, il mio cuore è pronto. » Io non so cosa vogliate fare di me, ma, comunque, il mio cuore è pronto! Volete che io sia un olocausto consumato ed annientato davanti a vostro Padre con il martirio del santo amore? Volete che io sia o una vittima per il peccato, con le sante austerità della penitenza, o una vittima pacifica ed eucaristica il cui cuore toccato dai vostri benefici, si esali in azioni di grazie e di distilli in amore ai vostri occhi? « Il mio cuore è pronto! » Volete che immolato alla carità, io distribuisca tutti i miei beni per il nutrimento dei poveri o che « fratello sincero e benefico, » io doni la mia vita per i Cristiani, consumandomi in un pio travaglio nell’istruzione degli ignoranti e nell’assistenza dei malati? « Il mio cuore è pronto, Signore, il mio cuore è pronto! » (Bossuet, Elev. XVIII, s 2, El.) – Cosa volete ancora da me, Signore, per cui c’è bisogno che vi immoli le affezioni più intime del mio cuore? Volete accettare il sacrificio dei miei progetti in avvenire, die miei progetti di studi, di predicazione, di conversione delle anime, in cui si mescola forse a mia insaputa più orgoglio, ambizione, piuttosto che zelo per la verità? Il mio cuore è pronto, Signore, il mio cuore è pronto! » Orbene, volete che dopo aver formato delle generazioni di fedeli, l’atto cruento del martirio assicuri e confermi la fede nell’anima dei discepoli: « il mio cuore è pronto, Signore, il mio cuore è pronto! »; io sono pronto a camminare, ad offrirmi, a dedicarmi, a sacrificarmi, a seguirvi fino alla morte, gioioso anche di soffrire con Voi, poiché con Voi io posso tutto. « Il mio cuore è pronto, il mio cuore è pronto! » – L’Apostolo era nel tormento, nelle catene, in prigione; era coperto di piaghe; soffriva la fame, la sete, il freddo e la nudità; era divorato da ogni genere di dolori e di sofferenze, e diceva: « … Noi ci glorifichiamo nelle tribolazioni. » (II Cor. XI, 27). – Perché parlava così, se non perché il suo cuore era preparato? Egli cantava dunque questo salmo: « Il mio cuore è pronto, Signore, il mio cuore è pronto! » – « Levatevi, mia gloria, risvegliatevi mia lira ed arpa, io mi alzerà all’aurora. » – È sovranamente importante risvegliare la nostra anima dal sopore in cui si trova piombata, esercitare la sua debolezza e il suo languore per rendere i propri doveri a Dio, e non meno importante di levarci a questi effetti a mattino, allorquando il nostro spirito è più calmo e più tranquillo, e non è ancora né invaso, né turbato dalle preoccupazioni e dalle sollecitudini degli interessi terreni. – « Il giusto si applicherà a volgere fin dall’aurora il suo cuore verso il Signore che lo ha creato, e pregherà in presenza dell’Altissimo. » (Eccli., XXXIX, 6). – È allora che bisogna cantare e glorificare Dio sull’arpa. Se avete abbondanza di qualche bene terrestre, rendete grazie a Colui che vi ha dato questo bene; se vi manca qualcosa o vi è tolto a vostro danno, glorificatelo in tutta sicurezza sull’arpa; perché Colui che vi ha dato questi beni non vi è tolto, benché i beni che vi ha dato, vi siano stati tolti. Così dunque, in questa situazione, lo ripeto, glorificatelo in tutta sicurezza sull’arpa; sicuri del vostro Dio, toccate le corde del vostro cuore e dite, come se estraeste suoni dalla parte armonica dell’arpa: « Il Signore me l’aveva dato, il Signore me l’ha tolto; è stato come è piaciuto al Signore; sia benedetto il Nome del Signore. » (Giob. I, 21; S. Agost., sur le Ps XXXII).
ff. 3, 4. – Noi vediamo qui, i felici effetti della conformità della nostra volontà con la volontà di Dio: – 1° il perfetto accordo della nostra anima e della nostra bocca per lodare Dio; – 2° una santa prontezza, un ardore tutto particolare, una pia attività per eseguire le buone ispirazioni che Dio ci dà: « Mi leverò dall’aurora »; – 3° la disposizione in cui siamo di rendere grazie a Dio in ogni luogo ed in faccia a tutti: « io vi loderò in mezzo ai popoli, etc. »; – 4° Il desiderio della gloria di Dio: « Elevatevi Signore, al di sopra dei cieli. » – È un dovere per ogni Cristiano rendere in particolare continue azioni di grazie al Signore per i benefici generali e pubblici che Dio accorda alle nazioni ed ai popoli. Questa mancanza di riconoscenza, sia privata che pubblica, è una delle omissioni più comune tra i Cristiani, ed una di quelle con gli effetti più funesti, sia per gli individui, sia per le società.
II — 5 – 14.
ff. 5, 6. – « La legge è stata data per Mosè, la grazia e la verità ci è stata data per mezzo di Gesù-Cristo. » (Giov. I, 17). La grazia è sicuramente la stessa cosa che la misericordia: così, secondo queste parole dell’evangelista, è Gesù- Cristo che ha dato agli uomini la misericordia, e che ha mostrato loro la verità. Tuttavia i profeti e Davide più di tutti gli altri, hanno sovente parlato della misericordia e della verità di Dio; essi hanno conosciuto questi due attributi; essi ne hanno fatto la base della loro fiducia. Occorre dunque, per conciliarli con il Vangelo, che essi abbiano contato su Gesù-Cristo, che essi lo abbiano visto in spirito, che abbiano penetrato il mistero della sua missione, il cui oggetto era far donare la misericordia e far conoscere la verità. Così tutte le volte che questi profeti esaltano la misericordia e la verità di Dio, essi devono avere avuto di vista Gesù-Cristo, e questa dottrina diffonde una grande luce su una quantità di testi dell’Antico Testamento e dei salmi in particolare. Sarà dunque vero, secondo il senso di questi ultimi due versetti, che « la misericordia di Dio è al di sopra dei cieli, e la sua verità sopra le nubi », cioè nel più alto grado di eccellenza, perché Gesù-Cristo è il capolavoro della sapienza di Dio; senza di Lui, non avremmo avuto parte né alla misericordia, né alla verità di Dio, e attraverso di Lui, questi due grandi attributi non solo ci sono conosciuti, ma pure comunicati per gli effetti che operano su di noi. (Berthier). – Gesù-Cristo è la misericordia e la verità: la misericordia, perché secondo San Giovanni « … Egli è propiziazione per i nostri peccati » la verità, poiché è incapace di ingannarsi e di ingannare alcuno; è anche il nome che dà a se stesso. Ma la misericordia e la verità, è Dio: Gesù-Cristo è dunque Dio, ed è Lui appunto che il profeta invita in questo versetto, a manifestare la sua gloria nel cielo e sulla terra. Questo grande mistero è compiuto: Egli è stato manifestato nella carne, autorizzato dallo Spirito, visto dagli Angeli, predicato ai gentili, creduto nel mondo, ed elevato nella sua gloria. » (I Tim., III, 16) … Parole sublimi dell’Apostolo, esse comprendono tutta l’economia della salvezza, tutte le vie di misericordia e di verità che Dio ha aperto al genere umano nell’incarnazione del Verbo eterno (Idem). – Noi possiamo e dobbiamo desiderare che Dio ci faccia di tempo in tempo conoscere, con qualche tratto splendente della sua potenza, che Egli è Dio, e che, benché elevato sopra i cieli, non trascura ciò che accade sulla terra, e farvi risplendere la sua gloria. Questi tratti sono talvolta necessari, alfine di mettere al coperto coloro che Egli ama affinché siano liberati dalle oppressioni alle quali sono troppo spesso esposti. (Dug.). – « Affinché i vostri diletti siano liberati. » La santa teologia ci insegna che Dio ha compreso dalle origini, in uno stesso decreto, il suo Figlio incarnato e tutti gli eletti, ed ha così ben legato costoro alla persona di Lui, che qui in basso hanno in comune la stessa vita, e lassù la medesima gloria, e che per Dio divengono un solo oggetto dei suoi pensieri e delle sue affezioni, secondo queste parole del Salvatore: « Io in loro e tu in me, perché siano perfetti nell’unità ed il mondo sappia che Tu mi hai mandato e li hai amati come hai amato me.» (Giov. XVII, 23).; (Mgr PIE, Discours, etc, T., VIII, 223.). – « Tutto per gli eletti. » (II Tim., II, 10). È una cosa prodigiosa, vedere l’esecuzione dei disegni di Dio, attuare in men che nulla le imprese più elevate; tutti gli elementi cambiano di natura per servirlo; infine, fa apparire in tutte le sue azioni che Egli è il solo Dio ed il Creatore del cielo e della terra. Ora si tratta qui del compiersi del più grande disegno di Dio, che è la consumazione di tutte le sue opere, cioè della sovrana beatitudine che Egli riserva ai suoi eletti (BOSSUET, Serm. pour la Toussaint.). – « Affinché i vostri diletti siano liberati. » Chi può dubitare che questo disegno non sia straordinario, poiché Dio vi agisce con passione? Egli si è contentato di dire una parola per creare il cielo e la terra. Noi non vediamo colà una veemente emozione. Ma, per ciò che riguarda la gloria dei suoi eletti, voi direste che vi si applichi con tutta le sue forze; quanto meno vi ha applicato il più grande di tutti i miracoli: l’incarnazione di suo Figlio … mai Dio ha voluto nulla con tanta passione; ora, volere per Dio, significa fare. Dunque ciò che farà per i suoi eletti sarà sì grande, che tutto l’universo apparirà un nulla nei confronti di quest’opera. La sua passione è così grande che passa a tutti i suoi amici, e fa rimescolare ai suoi nemici tutti i loro artifici per opporsi all’esecuzione di questo grande disegno. (Idem).- Se le leggi di uno Stato si oppongono alla salvezza eterna dei suoi eletti, Dio distruggerà tutto quello Stato per liberarli dalle sue leggi; Egli prende le anime a questo prezzo, agita il cielo e la terra per generare i suoi eletti, e così nulla gli è caro tanto quanto questi figli della sua eterna delizia, questi membri inseparabili del suo Figlio diletto, e nulla risparmia purché li salvi (BOSSUET, Or. fun. de la duch. d’Orl.). – « Salvatemi con la vostra destra ed esauditemi. » Siccome vi domando ciò che Voi volete darmi, che io non gridi durante il giorno con la voce dei miei peccati, in modo da non essere esaudito (Ps. XXI, 2), né durante la notte perché non mi ascoltereste, ma è la vita eterna che io vi domando, o mio Dio: esauditemi dunque, perché chiedo di essere ammesso alla vostra destra. Ogni fedele, conservando nel suo cuore la parola di Dio, avrebbe un vivo timore del giudizio avvenire, vivrebbe una santa vita, in modo tale che la sua condotta non porti alcuno a bestemmiare il Nome del suo Dio, chiederebbe frequentemente nelle sue preghiere i beni di questo mondo, ed anche senza essere esaudito; ma se egli prega per ottenere la vita eterna, è sempre esaudito. Chi in effetti, quando è malato, non chiede la salute? E tuttavia gli è più utile essere malato. Può accadere che non siate esaudito in questa vostra preghiera; ma allora non sarete esaudito secondo la vostra volontà, per esserlo però per la vostra utilità. Se al contrario voi chiedete a Dio che vi doni la vita eterna, che vi doni il regno dei cieli, che vi ammetta alla destra di suo Figlio, quando verrà a giudicare la terra, siatene certi, un giorno lo otterrete, anche se non lo avrete immediatamente; perché non è ancora giunto il tempo di ottenerlo. Voi siete esaudito e non lo sapete; ciò che chiedete sarà fatto, benché non sappiate come sarà fatto. La pianta sta radicando, non ancora ha prodotto i suoi frutti. « … Che la vostra destra mi salvi ed esauditemi. » (S. Agost.).
ff. 7-9. – « Dio ha parlato con la voce del suo santo. » Perché temete che la parola di Dio non si compia? Se avete un amico saggio e serio, come parlereste di lui? Egli ha detto tale cosa, necessariamente questa cosa si farà; è un uomo serio, non agisce con leggerezza, non si lascia facilmente distogliere dalle sue decisioni; ciò che ha promesso è certo. Ma pur tuttavia questo amico non è che un uomo, e l’uomo vuol talvolta compiere ciò che ha promesso, ma non può farlo. Da parte di Dio non avrete nulla da temere; Egli è veridico, è cosa certa; Egli è onnipotente, cosa ugualmente certa; Egli allora non può ingannarci ed ha il potere di compiere ciò che ha promesso. Perché dunque temere di essere deluso? Ma non siete voi l’artefice della vostra delusione, bisogna che perseveriate fino alla fine; perché da parte sua, Dio vi donerà certamente ciò che ha promesso. « Dio ha parlato con la voce del suo santo. » Qual è il suo santo? « Dio, dice l’Apostolo, era nel Cristo, riconciliando il mondo con Lui. » (II Cor. V, 19). Egli era dunque in questo Santo, di cui il salmista ha detto in un altro passo: « Mio Dio. La vostra voce è nel vostro Santo. » (Ps. LXXII, 14), « Dio ha parlato con la voce del suo Santo. » Il Profeta non dice quali parole Dio abbia pronunciato; ma come Dio ha parlato con la voce del suo Santo, e che niente si può fare che non lo abbia detto Dio, ciò che segue si compirà in conseguenza della parola di Dio … (S. Agost.). Io mi rallegrerò e dividerò Sichem, e non misurerò la valle delle tende. » Non ci arrestiamo a queste vittorie di Davide, che egli predice come se fossero già arrivate, il cui frutto era l’ingrandirsi del regno di Giuda; ma consideriamo in queste vittorie e nelle loro conseguenze i simboli di ciò che doveva compiersi nella Chiesa di Dio, di cui il regno di Giuda era la figura, vale a dire le vittorie che gli eletti avrebbero riportato sui nemici della loro salvezza. – Essi divideranno tra loro queste vaste campagne del cielo, queste ricche vallate, o piuttosto ciascuno le possiederà tutte intere, senza alcuna divisione, senza nulla togliere alla parte degli altri. In questo regno dove, secondo l’espressione di Sant’Agostino, non c’è timore di avere pari, ove non ci sono gelosie tra concorrenti, (S. Agost., de Civit. Dei, lib. V. c. XXIV), tutto apparirà congiuntamente agli eletti, senza alcuna gelosia, e Dio sarà la loro principale, o piuttosto la loro unica forza. Aspettando essi si nutrono, come di una carne deliziosa, con la speranza di questi beni futuri; essi camminano a grandi passi nelle vie del cielo, essi si estendono da virtù in virtù. « Gli stranieri sono loro sottomessi, o piuttosto nessuno è loro estraneo; e purché si voglia amare Dio, si diventa subito loro amici. » (Dug.).
ff. 10, 11. – « Chi mi condurrà fino alla città fortificata? » Per Davide, questa città fortificata, era la capitale dell’Idumea, figura del mondo che dobbiamo combattere e di cui bisogna impadronirsi; è là un compito al di sopra delle nostre forze. Noi non siamo capaci di fare il seppur minimo bene, di prendere la città più debole, ancor meno se fortificata. «Non siete voi, Signore, che ci avete rigettato, e non camminate alla testa delle nostre armate? Chi mi introdurrà nella citta fortificata? » Chi se non Dio? « Chi mi farà penetrare fin nell’Idumea? » vale a dire chi mi farà regnare sugli uomini della terra, perché questi pur rispettandomi, non sono miei e non vogliono progredire appartenendomi? « Chi mi introdurrà nell’Idumea? » vale a dire chi mi farà regnare fin sugli uomini della terra. Non siete Voi, mio Dio, che ci avete respinto? Tuttavia non uscirete alla testa delle nostre armate. Ma perché ci avete respinto? Perché ci avete distrutto? Perché « … Voi siete irritato contro di noi, e non avete pietà di noi », voi ci condurrete dopo averci respinto; e benché non uscirete alla testa delle nostre armate, Voi ci condurrete. Che significa: « Voi non uscirete alla testa delle nostre armate? » Il mondo verrà contro di noi, il mondo sta per calpestarci sotto i piedi; sta per avvenire, con l’effusione del sangue dei martiri, un mucchio di testimonianze, ed i pagani, i carnefici, diranno: dov’è « il loro Dio? » (Ps. LXXVIII, 1). Allora « … Voi non uscirete o mio Dio, alla testa delle nostre armate; » perché non apparirete come loro nemico; non mostrerete la vostra potenza ma agirete dal di dentro. Che vuol dire: « Voi non uscirete? » Voi non apparirete. Sicuramente, quando i martiri erano incatenati e condotti al supplizio, quando erano condotti in prigione, quando venivano mostrati pubblicamente alla popolazione per servire loro da trastullo, quando venivano esposti alle bestie, quando venivano colpiti con il ferro, consumati con il fuoco, li si disprezzava come gente da Voi abbandonata, come gente proba di ogni soccorso! E come Dio agiva in loro? Come li consolava interiormente? Come rendeva loro la speranza della vita eterna? Come non abbandonava i loro cuori in cui l’uomo abitava in silenzio, felice, se era buono; miserabile, se era malvagio? Colui che non usciva alla testa delle loro armate li abbandonava dunque per questo? Non ha, al contrario introdotto la Chiesa fin nell’Idumea e nella città fortificata, in maggior sicurezza che se fosse stato alla testa delle loro armate? In effetti, se la Chiesa avesse voluto far guerra e combattere con la spada, poteva sembrare che combattesse per la vita presente; ma poiché essa ha disprezzato la vita presente, si è fatta un grande cumulo di testimonianze per la vita futura (S. Agost.).
ff. 12,13. – « Dateci il vostro soccorso nell’angoscia, perché il soccorso che viene dall’uomo è vano. » Coloro che non hanno in sé il sale della saggezza, vadano ora, abbiano a desiderare per essi la salvezza temporale … che non è che la vanità del vecchio uomo. « Dateci il vostro soccorso; » datecelo anche se sembrate abbandonarci, e soccorreteci per questa via, « con Dio, noi non trionferemo né con la nostra spada, né con i nostri cavalli, né con le nostre corazze, né con i nostri scudi, né con la forza delle nostre armate, né all’esterno. In quale posto dunque? Dentro di noi, là dove siamo nascosti! Ma come trionferemo all’interno? « Con Dio noi trionferemo. » noi saremo come sviliti e come calpestati, saremo considerati come uomini senza nessun valore; ma Dio ridurrà i nemici a nulla. Ecco cosa è capitato ai nostri nemici: i martiri sono stati calpestati, con la loro pazienza, con il loro coraggio a sopportare i tormenti, con la loro perseveranza fino alla fine, essi hanno trionfato con l’aiuto di Dio (S. Agost.). – Cosa ne è di tutti i Santi nel corso di tutti i secoli. Il mondo li guarda nella tribolazione, negli esercizi di penitenza, nella solitudine, come la feccia della terra, come maledetti senza appoggio e senza risorsa, come degli imbecilli che non hanno talenti per fare fortuna, né di rendersi utili alla società, questi uomini nascosti ed oppressi sono nondimeno eroi agli occhi degli Angeli e di Dio stesso; essi escono da questo mondo, carichi delle spoglie di tutti i nemici della salvezza. La storia del mondo non parlerà di queste imprese, ma i fasti dell’eternità ne conserveranno la memoria. Tutta la grandezza umana perirà e quella dei santi sarà come quella di Dio, immutabile ed immortale. (Berthier).