SALMO 61: “NONNE DEO SUBIECTA anima mea”
CHAINE D’OR SUR LES PSAUMES
ou LES PSAUMES TRADUITS, ANALYSÉS, INTERPRÉTÉS ET MÉDITÉS A L’AIDE D’EXPLICATIONS ET DE CONSIDÉRATIONS SUIVIES, TIRÉES TEXTUELLEMENT DES SAINTS PÈRES, DES ORATEURS ET DES ÉCRIVAINS CATHOLIQUES LES PLUS RENOMMÉS.
[I Salmi tradotti, analizzati, interpretati e meditati con l’aiuto delle spiegazioni e delle considerazioni seguite, tratte testualmente dai santi Padri, dagli oratori e dagli scrittori cattolici più rinomati da …]
Par M. l’Abbé J.-M. PÉRONNE,
CHANOINE TITULAIRE DE L’ÉGLISE DE SOISSONS, Ancien Professeur d’Écriture sainte et d’Éloquence sacrée.
[Canonico titolare della Chiesa di Soissons, Professore emerito di Scrittura santa e sacra Eloquenza]
TOME DEUXIÈME.
PARIS -LOUIS VIVES, LIBRAIRE-ÉDITEUR 13, RUE DELAMMIE, 1878
IMPRIM.
Soissons, le 18 août 1878.
f ODON, Evêque de Soissons et Laon.
Salmo 61
In finem, pro Idithun. Psalmus David.
[1] Nonne Deo subjecta erit anima mea?
ab ipso enim salutare meum.
[2] Nam et ipse Deus meus et salutaris meus; susceptor meus, non movebor amplius.
[3] Quousque irruitis in hominem? interficitis universi vos, tamquam parieti inclinato et maceriae depulsae?
[4] Verumtamen pretium meum cogitaverunt repellere; cucurri in siti; ore suo benedicebant, et corde suo maledicebant.
[5] Verumtamen Deo subjecta esto, anima mea, quoniam ab ipso patientia mea;
[6] quia ipse Deus meus et salvator meus, adjutor meus, non emigrabo.
[7] In Deo salutare meum et gloria mea; Deus auxilii mei, et spes mea in Deo est.
[8] Sperate in eo, omnis congregatio populi; effundite coram illo corda vestra; Deus adjutor noster in æternum.
[9] Verumtamen vani filii hominum, mendaces filii hominum in stateris, ut decipiant ipsi de vanitate in idipsum.
[10] Nolite sperare in iniquitate, et rapinas nolite concupiscere; divitiæ si affluant, nolite cor apponere.
[11] Semel locutus est Deus; duo hæc audivi: quia potestas Dei est,
[12] et tibi, Domine, misericordia: quia tu reddes unicuique juxta opera sua.
[Vecchio Testamento Secondo la Volgata Tradotto in lingua italiana da mons. ANTONIO MARTINI Arciv. Di Firenze etc.
Vol. XI
Venezia, Girol. Tasso ed. MDCCCXXXI]
SALMO LXI
L’argomento del presente è la pazienza nelle tribolazioni, e la confidenza in Dio e non nelle ricchezze terrene.
Per la fine: per Idithum; salmo di David.
1. Non sarà ella soggetta a Dio l’anima mia, mentre da lui dipende la mia salute?
2. Imperocché ed egli è mio Dio e mio Salvatore; egli mia difesa, non sarò più in agitazione.
3. Fino a quando assalite un uomo, e voi tutti cercate di dar morte ad uno, che è quasi muro che casca, e come scommossa macerie?
4. Ma eglino pensarono a levarmi quello che ho di prezioso: corsi sitibondo; e’ benedicevano colla bocca e in cuor loro maledicevano.
5. Ma tu, anima mia, sii soggetta a Dio, imperocché da lui (viene) la mia pazienza.
6. Perché egli è il mio Dio e il mio Salvatore; egli mio aiuto, e io non vacillerò.
7. In Dio la mia salute e la mia gloria; egli il Dio di mia difesa, e la mia speranza è in Dio.
8. Confidate in lui, o popoli quanti voi siete, spandete dinanzi a lui i vostri cuori: Dio nostro aiuto in eterno.
9. Certamente vani sono i figliuoli d’Adamo, bugiardi i figliuoli degli uomini posti sulle bilance; onde tutti insieme ingannano più che la vanità. (1)
10. Non vogliate confidar nell’iniquità, e non vogliate amar le rapine; se le ricchezze vi vengono in copia, non ponete in esse il cuor vostro.
11. Una volta ha parlato Dio, queste due cose io udii: Che la potenza è di Dio;
12. e che in te, o Signore, è misericordia, perché tu renderai a ciascheduno secondo le sue operazioni.
(1) I figli degli uomini sono mendaci nelle bilance, vale a dire che quando li si mette sulla bilancia della giustizia, salgono, perché sono senza peso, come le cose più vane, è il senso dell’ebraico: “in bilance ascendunt”.
Sommario analitico
In questo salmo, che si riporta alla persecuzione di Saul o ai tempi della ribellione di Assalonne, allorché Davide era stato destituito dal suo trono e cacciato dalla sua città capitale, il Re-Profeta:
I. Mette tutta la sua fiducia in Dio:
1° gli sottomette la sua anima: – a) perché è il suo Dio, – b) perché è il suo Salvatore, – c) perché è il suo sostegno ed il suo protettore (1, 2).
2° Rimprovera ai suoi nemici: – a) il loro ardore e la violenza nel cacciarlo; – b) la loro crudeltà, perché cercano di togliergli la vita; – c) la loro follia, pensando di cacciarlo come se Dio lo abbia abbandonato (3); – d) la loro ambizione, perché vogliono prendergli la corona; – e) la loro ostinazione, in quanto lo perseguitano nella sua fuga e lo spingono verso l’estremo pericolo; – f) la loro ipocrisia e la loro malizia, poiché lo benedicono con la bocca e lo maledicono con il cuore (4).
3° Egli loda Dio: a) che gli dà la pazienza di sopportare l’afflizione; b) gli ha dato aiuto e protezione per riportare la vittoria (5, 7).
II. – Esorta coloro che sono riuniti intorno a lui e tutto il suo popolo a condividere questa speranza:
1° effondendo il loro cuore davanti a Lui; 2° aspettando da questo potente Protettore il soccorso di cui hanno bisogno (8); 3° disprezzando il soccorso e l’appoggio degli uomini, che non sono che menzogna ed inganno (9); 4° non confidando nelle ricchezze acquisite spesso con la frode occulta o con rapine scoperte (10); 5° mettendo tutta la loro fiducia in Dio, – a) che può e vuole ricoprili con la sua potenza e la sua misericordia; – b) che, per la sua giustizia, rende a ciascuno secondo le sue opere (11, 12).
Spiegazioni e Considerazioni
I. – 1-7.
ff. 1, 2. – L’inizio di questo Salmo è dedicato a tranquillizzare ogni anima agitata e turbata. Occorre dire a se stessi: Ma come, non sarò io sottoposto al Signore? Non aspetterò la sua visita in pace ed in silenzio? E allora, da chi posso sperare la mia salvezza? La mia difesa? Non è Egli il mio Dio, mio asilo, la roccia indistruttibile sulla quale stabilirmi? Queste considerazioni si estendono a tutte le traversie della vita, senza eccezioni, anche nei rimorsi che causano i nostri peccati; perché dopo averli ricacciati nel fondo del nostro cuore, il peso che ci resta del ricordo di queste miserie, deve essere messo ai piedi di Dio, ed è solo da Lui che bisogna attendere la consolazione interiore. Se il Profeta si è rassegnato completamente nelle mani di Dio, quanto più noi dobbiamo prendere i medesimi sentimenti dal momento che abbiamo Gesù-Cristo come mediatore, avvocato, vittima! « Ah, diceva S. Ambrogio, noi abbiamo tutto in Gesù-Cristo e Gesù-Cristo in tutto. Se vogliamo essere guariti dalle nostre ferite, Egli è il nostro medico; se siamo brucianti per la febbre ardente dei piaceri, Egli è nostro refrigerio; se siamo schiacciati dal peso dei nostri peccati, Egli è nostra giustizia, se abbiamo bisogno di soccorso, Egli è nostra forza; se temiamo la morte, Egli è nostra vita; se fuggiamo le tenebre, Egli è nostra luce; se desideriamo il Cielo, Egli è la nostra via; se siamo affamati, è nostro alimento » (Berthier).
ff. 3, 4. – « Voi vi riunite insieme per ucciderlo », il corpo di un solo uomo offre tanti spazi per i colpi, che tutti gli uomini possono colpirlo a morte! Così noi dobbiamo vedere in quest’uomo la nostra persona, la persona della nostra Chiesa, la persona del corpo del Cristo. Gesù-Cristo non è in effetti che un solo uomo, la testa ed il corpo, il Salvatore del corpo e le membra di questo corpo, due in una stessa carne (Gen. II, 24 e Efes. V, 30), in una stessa voce, in una stessa sofferenza, e più tardi, quando l’iniquità sarà passata, in uno stesso riposo (S. Agost.). – I ministri e gli strumenti del demonio, non si contentano di gettarsi una sola volta sulla loro vittima, essi uniscono e raddoppiano i loro sforzi, finché non abbiano rovesciato colui che attaccano e lo abbiano reso simile ad una muraglia che pende ed ad un tugurio diroccato. Finché una muraglia resta dritta e sul suo asse, conserva la propria solidità; ma dal momento che è inclinata, essa è necessariamente destinata a cadere. È la figura della natura umana fortemente inclinata dal peccato e che si è voluta distruggere dal fondo per ricostruirla su nuove fondamenta e renderla indistruttibile agli attacchi del nemico. – San Gregorio dà un eccellente avviso per incoraggiarci a combattere questa truppa scatenata contro di noi, cioè il demonio, la carne ed il mondo, i cattivi esempi, le rivolte dell’amor proprio, i falsi timori, le gioie sconvenienti, le inclinazioni sregolate; in una parola, tutto ciò che ci allontana dalla via della salvezza. Considerate – egli dice – dove siete stati, dove sarete, e dove siete o non siete. Voi siete stati peccatori, sarete presentati al giudizio di Dio, siete circondati da pericoli, non siete nella vostra vera patria (Berthier). – « Essi hanno iniziato a spogliarmi della nostra gloria ». La nostra gloria è la castità, che ci distingue dagli animali senza ragione e ci rende simili agli Angeli; la nostra gloria è la misericordia che si esercita nei riguardi degli indigenti, e ci riscatta dalla morte; la nostra gloria è la fede che conquista a Gesù-Cristo tutti gli uomini oppressi sotto il giogo dell’errore e dell’idolatria; la nostra gloria è la buona reputazione di cui godiamo presso gli uomini che vedono ed apprezzano il merito delle nostre buone opere; la nostra gloria è la purezza e la semplicità, perché non c’è niente di più prezioso di un uomo semplice (S. Ambr.) – Questo bene prezioso, questo prezzo dell’uomo, è il sangue di Gesù-Cristo. « Voi non siete stati riscattati a caro prezzo, né diventate gli schiavi dell’uomo » (1 Cor. VII, 23). Questo bene che gli accoliti del demonio cercano di rendere inutile, reimmergendo nella servitù del peccato dal quale Gesù-Cristo ci aveva liberato (S. Basil.). – « Pertanto essi hanno costituito il disegno di distruggere la mia gloria ». Essi sono stati vinti nel momento in cui mettevano a morte degli uomini che non resistevano loro; « … il sangue delle loro vittime ha moltiplicato il numero dei fedeli; a loro volta essi hanno ceduto ai Cristiani non potendo distruggerli tutti. Pertanto hanno ordito un disegno per distruggere la mia gloria ». Or dunque che non si possono massacrare i Cristiani, si cerca di togliere loro la gloria come Cristiani. In effetti la gloria dei Cristiani genera oggi il tormento degli empi (S. Agost.). – Benedire con la bocca, maledire con il cuore, lodare in pubblico, distruggere la reputazione in segreto, è una oscura tradizione, molto comune nel mondo. Ma fare la stessa cosa riguardo a Dio « … onorarlo con le labbra ed avere il cuore ben lontano da Lui » (Matt. XV, 8), è una ipocrisia detestabile, e degna di tutti gli anatemi del cielo e della terra.
ff. 5-7. – Qual è la fonte della nostra pazienza in mezzo a tali scandali spaventosi, se non che noi speriamo ciò che non vediamo, e che attendiamo con pazienza? (Rom. VIII, 25). – La sofferenza mi è arrivata, il riposo mi verrà, la tribolazione mi è venuta, verrà anche il momento in cui sarò purificato da ogni peccato. Come brilla l’oro nel crogiuolo dell’orafo? Esso brillerà sul di un monile, su qualche ornamento, ma nell’attesa sopporta la fiamma del crogiuolo, per arrivare alla luce liberata da ogni mescolanza impura. In questo crogiuolo c’è della paglia, c’è del fuoco: l’orafo accende la fiamma; la paglia brucia nel crogiuolo, mentre l’oro si purifica; la paglia vien ridotta in cenere, e l’oro è liberato da ogni impurità. Il crogiuolo è il mondo; la paglia, gli empi; l’oro i giusti; il fuoco, le tribolazioni; l’orafo è Dio. Ciò che vuole, l’orafo la fa; laddove mi pone l’orafo io resto pazientemente; a me il dovere di sopportare, a Lui la scienza nel purificarmi. La paglia brucia per infiammarmi e per purificarmi. La paglia brucia per infiammarmi e per consumarmi, essa viene ridotta in cenere, ma io mi sono liberato da tutte le mie sozzure. Perché? « Perché la mia anima sarà sottomessa a Dio, perché la mia pazienza viene da Lui. » (S. Agost.). – Il Profeta torna ai due versetti precedenti, per mostrare la grandezza delle tentazioni dalle quali egli è assalito e la profondità della sua fiducia in Dio. Malgrado i fremiti dei miei nemici, la mia anima resta sottomessa a Dio in silenzio, perché è da Lui che viene la mia pazienza. Nel versetto 7, egli conclude mostrando che attende tutto da Dio, il fine ed i mezzi. Il fine è la liberazione di tutti i mali o la salvezza, ed il bene del sovrano Bene e della gloria; ed i mezzi che sono espressi testualmente, sono la nostra speranza ed il soccorso di Dio (Bellarm.).
II. 8-13.
ff. 8. – Grande soggetto di fiducia per un Cristiano, è il tenersi legato all’assemblea del popolo di Dio. Si ha diritto di sperare in Lui se non si rompe mai il legame sacro di questa unità necessaria. È nell’assemblea che la carità unisce insieme e si può liberamente espandere il suo cuore alla presenza che Colui che dichiara che là dove due o tre sono riuniti nel suo nome, Egli si trova la in mezzo ad essi. È infine questa assemblea veramente cattolica che sola può glorificarsi di avere Dio eternamene come protettore, perché Egli non abbandonerà mai la sua Chiesa, e nessuna potenza, sulla terra e nell’inferno potrà mai prevalere contro di essa! (Duguet). – L’effusione del cuore davanti a Dio si fa in due maniere; innanzitutto quando lo si svuota da ogni affezione terrestre, per riceverne in seguito le impressioni dell’amore divino; (S. Basil.); in secondo luogo quando si espongono a Dio tutti i propri bisogni, tutte le miserie, affinché Egli rimedi con la sua grazia. Queste due maniere di pregare sono eccellenti, e di conseguenza, molto rare. La prima è la più difficile, perché bisogna spogliare l’anima da ogni passione, ridiscutere i suoi gusti, contrariarla nelle sue propensioni. Il caos non ha resistito al Signore, poiché esso era vuoto; l’anima piena di se stessa, non riceverà l’operazione divina, perché essa è già tutta occupata; bisogna svuotarla affinché la mano di Dio vi operi grandi cose. La parola del Profeta, « effondetevi davanti al Signore », deve essere meditata … essa comprende tutta la scienza dell’orazione, che non è altro che l’effusione del cuore nel seno di Dio (Berthier). – Noi non esporremo i nostri discorsi né i nostri pensieri che procedono dalla porzione spirituale della nostra anima, quella che noi chiamiamo ragione e per la quale siamo diversi dagli animali, se non con le nostre parole e di conseguenza per mezzo della bocca; così, versare il proprio cuore ed espandere il proprio cuore, non è altra cosa che parlare: « … versate davanti a Dio il vostro cuore », dice il Salmista, cioè esprimete e pronunciate le affezioni del vostro cuore con le parole. E la devota madre di Samuele, pronunziava le sue preghiere così fluidamente che appena si vedevano i movimenti delle labbra: « … io espando – ella diceva – la mia anima » (I Re, I, 15), (S. Franc. De Sales, T. de l’am. de Dieu, L. 1, cap. IX).
ff. 9. – Non è possibile tracciare un ritratto più vero e nello stesso tempo più umiliante, della vanità dell’uomo, di quello che ci è stato presentato dal Profeta nel testo di questo versetto. Egli immagina una bilancia sulla quale gli uomini sono messi in contrappeso con la vanità, o piuttosto col niente; perché la parola che si legge nel testo significa “ciò che non ha solidità”, sostanza, ciò che non è niente. Ora, a questa prova, arriveranno, secondo lui, tutti gli uomini, sia i grandi che i piccoli, e saranno sollevati da questo niente; e questo niente li farà risalire sulla bilancia quasi come il piombo fa risalire la piuma. Da questo si conclude che gli uomini sono men che nulla. Il Profeta dice allora che l’uomo è divenuto simile alla vanità, cioè al niente; ma qui egli cambia il quadro, e lo dipinge ancor più come inferiore al niente. Fuggiamo – diceva a questo riguardo S. Ambrogio – fuggiamo da un luogo dove non c’è nulla, ove ciò che si considera come importante e magnifico è vuoto di esistenza, ove ciò che si stima qualcosa è un niente. – Il Profeta reale ha ben ragione di dire che i figli degli uomini sono vacui, che le loro bilance sono ingannevoli e che, per solo difetto di conoscenza, non c’è nella maggior parte dei loro giudizi che illusione e menzogna; perché non c’è forse nulla di più comune al mondo che giudicare sulle apparenze, giudicare nelle azioni le intenzioni, giudicare i rapporti degli altri, o se si giudica da se stessi giudicare con precipitazione, giudicare con sicurezza piena di presunzione, far valere dei semplici sospetti come cose dimostrate e convinzioni, che abusare delle proprie vedute seguendole eccessivamente e portandole troppo lontane, estendendole al di là di quel che ci scoprono? Tutte queste, essendo delle fonti di falsi giudizi che ci formiamo gli uni contro gli altri, ci traviano e distruggono assolutamente la società. (BOURD., Jugem. témér.). – Di quale bilancia vuole parlare qui il Salmista? Tutti gli uomini non si si servono di bilance, o esercitano delle professioni ove è necessario l’uso dei pesi e delle bilance? Cosa vuole dire qui? Che in ognuno di noi il nostro Creatore ha posto il libero arbitrio come una bilancia nella quale possiamo pesare e discernere la natura del bene e del male. « Io ho posto davanti a voi la vita e la morte, il bene ed il male » (Deuter. XXX, 15), due cose diametralmente opposte; esaminatele al vostro tribunale, pesate con grande attenzione ciò che vi è più vantaggioso, scegliere un piacere effimero ed essere condannato per questa scelta ad una morte eterna, o scegliere una vita di tribolazione nell’esercizio della virtù, e pervenire così all’eterna felicità. Gli uomini sono dunque mendaci, ed i giudizi del loro spirito, corrotti, quando essi preferiscono – come fanno – il male al bene, la menzogna alla verità, le cose del tempo alle cose dell’eternità, una voluttà di un giorno ad una gioia che non deve mai aver fine.
ff. 10. – « Se le ricchezze affluiscono ». – « La natura delle ricchezze è lo scorrere ». Ammirate la verità di questa espressione. La natura delle ricchezze è lo scorrere: esse passano al di là di coloro che le possiedono, e necessitano di un cambio di possessori. Come un fiume che, scorrendo da un luogo sopraelevato, si avvicina a coloro che stanno sulla rive, ma se ne allontanano ben presto, così l’instabilità delle ricchezze non permette loro di restare per lungo tempo nelle stesse mani. Questo campo appartiene oggi a costui, e domani a quest’altro, dopodomani ad un altro ancora. Vedete le case della città, quanti nomi hanno portato da quando sono state costruite! Lo stesso vale per l’oro che passa incessantemente da mano in mani, e vi sarà più facile trattenere l’acqua nelle vostre mani che conservare per lungo tempo le ricchezze che possedete! « Se dunque esse affluiscono nelle vostre mani, non attaccatevi i vostri cuori. Usatene come uno strumento, un mezzo, ma badate a non considerarle, ammirarle, amarle come il bene sovrano « (S. Basilio). – « Non sperate nell’iniquità ». Non desiderate le ricchezze che sono la fonte dell’orgoglio, dell’arroganza, gli ausili della voluttà, gli architetti e i fabbricanti di ogni vizio, e privano l’uomo dell’amicizia di Dio, ma desiderate la virtù, che ci libera da ogni male. (S. ISID. ad Mart. presbit.). Davide condanna qui l’eccessivo amore delle ricchezze anche legittime. Sant’Agostino nota ingegnosamente che coloro che tolgono i beni agli altri, sono derubati a loro volta nello stesso tempo dal diavolo, che ruba loro l’anima; egli sottolinea ancora, con San Basilio e Sant’Ambrogio, che la parola « affluiscono », che ricorda il termine « fluente », avverte del passaggio rapido dei beni della terra, rapidità che deve impedirci di dare a loro il nostro cuore, affinché non scorra con esse, ma le faccia dirigere verso il cielo per renderle utili, così come il contadino che, invece di lasciarsi travolgere da una corrente d’acqua, la destreggi per dirigerla sia verso un mulino e farlo girare, sia verso un giardino onde irrigarlo, sia verso un altro utile scopo.
ff. 11. 12. – Dio è potente e nel contempo misericordioso nel suo giudizio. Non sperate dunque nell’iniquità, non attaccate il vostro cuore alle ricchezze, non abbracciate la vanità e non lasciate corrompere il giudizio del vostro spirito. Voi sapete che il nostro Dio è potente, temete la sua forza e la sua potenza e quindi non disperate della sua bontà e della sua misericordia (S. Basilio). – Comprendete la potenza di Dio e la misericordia di Dio. Quasi tutte le scritture sono contenute in queste due cose; è a causa di esse che son venuti i Profeti, a causa di esse che son venuti i Patriarchi, per loro che è venuta la Legge, a causa loro che è venuto Nostro Signore Gesù-Cristo stesso, a per causa loro che la parola di Dio è annunciata e resa pubblica in tutta la Chiesa, a causa, io dico, di queste due cose: a causa della potenza e della misericordia di Dio. Temete la sua potenza, amate la sua misericordia. Non presumete della sua misericordia in modo da disprezzare la sua potenza; non temete la sua potenza in modo da disprezzare la sua misericordia. In Lui è la potenza, in Lui la misericordia. Egli umilia gli uni ed eleva gli altri (Ps. LXXIV, 8): Egli umilia gli uni con la sua potenza, ed eleva gli altri con la sua misericordia. « In effetti, dice l’Apostolo, Dio volendo manifestare la sua ira e far conoscere la sua potenza, ha sopportato con grande pazienza vasi di collera, già pronti per la perdizione » (Rom. IX, 22). – Voi cercate di comprendere la potenza, cercate ora la misericordia: « … per far conoscere la ricchezza della sua gloria verso vasi di misericordia, da lui predisposti alla gloria » (Idem 23). Appartiene a questa potenza il condannare gli ingiusti. E chi Gli dirà: « cosa avete fatto? » – « O uomo, chi sei tu per disputare con Dio? » (Ibid. 20). Temete dunque, e abbiate paura della sua potenza, ma sperate nella sua misericordia (S. Agost.). – Il Signore ha parlato una volta, ha pronunciato una parola, ed io ne sento due, cioè: Egli è onnipotente e pieno di misericordia. Cosa vuol dire questo – si chiede S. Agostino – ? È vero, risponde questo Padre, che Dio non ha mai proferito che una sola parola all’interno di Se stesso, che è il suo Verbo; ma questo Verbo, questa parola uscita da Dio, ci ha fatte ascoltare due voci, quella della misericordia e quella della giustizia. La voce della giustizia ci minaccia, e la voce della misericordia ci rassicura (BOURD., Prédest.). – Dio ha parlato una volta, dice Davide, e cosa ha detto, dice il gran Profeta? « Egli ha parlato una volta ed io – egli dice – ascolto queste due cose: che a Dio appartiene la potenza, e a Lui appartiene la misericordia », per cui vedete manifestamente che Dio si gloria della sua potenza e della sua bontà. È la vera gloria di Dio, perché la misericordia divina, piena di compassione per la bassezza delle creature, sollecitando in loro favore la potenza, nello stesso tempo orna ciò che non ha nessun ornamento da se stesso, e fa ritornare tutto l’onore a Dio, che solo è capace di sollevare ciò che non è niente dalla sua condizione naturale (Bossuet, Vertu de la Croix).