SALMO 43: “DEUS, AURIBUS NOSTRIS audivimus …”
CHAINE D’OR SUR LES PSAUMES
ou LES PSAUMES TRADUITS, ANALYSÉS, INTERPRÉTÉS ET MÉDITÉS A L’AIDE D’EXPLICATIONS ET DE CONSIDÉRATIONS SUIVIES, TIRÉES TEXTUELLEMENT DES SAINTS PÈRES, DES ORATEURS ET DES ÉCRIVAINS CATHOLIQUES LES PLUS RENOMMÉS.
[I Salmi tradotti, analizzati, interpretati e meditati con l’aiuto delle spiegazioni e delle considerazioni seguite, tratte testualmente dai santi Padri, dagli oratori e dagli scrittori cattolici più rinomati da …]
Par M. l’Abbé J.-M. PÉRONNE,
CHANOINE TITULAIRE DE L’ÉGLISE DE SOISSONS, Ancien Professeur d’Écriture sainte et d’Éloquence sacrée.
TOME PREMIER.
PARIS LOUIS VIVES, LIBRAIRE-ÉDITEUR 13, RUE DELAMMIE, 1878
IMPRIM.
Soissons, le 18 août 1878.
f ODON, Evêque de Soissons et Laon.
Salmo 43
In finem. Filiis Core ad intellectum.
[1] Deus, auribus nostris audivimus,
patres nostri annuntiaverunt nobis, opus quod operatus es in diebus eorum, et in diebus antiquis.
[2] Manus tua gentes disperdidit, et plantasti eos; afflixisti populos et expulisti eos.
[3] Nec enim in gladio suo possederunt terram, et brachium eorum non salvavit eos; sed dextera tua et brachium tuum, et illuminatio vultus tui, quoniam complacuisti in eis.
[4] Tu es ipse rex meus et Deus meus, qui mandas salutes Jacob.
[5] In te inimicos nostros ventilabimus cornu, et in nomine tuo spernemus insurgentes in nobis.
[6] Non enim in arcu meo sperabo, et gladius meus non salvabit me;
[7] salvasti enim nos de affligentibus nos, et odientes nos confudisti.
[8] In Deo laudabimur tota die; et in nomine tuo confitebimur in sæculum.
[9] Nunc autem repulisti et confudisti nos; et non egredieris, Deus, in virtutibus nostris.
[10] Avertisti nos retrorsum post inimicos nostros; et qui oderunt nos diripiebant sibi.
[11] Dedisti nos tamquam oves escarum; et in gentibus dispersisti nos.
[12] Vendidisti populum tuum sine pretio; et non fuit multitudo in commutazioni-bus eorum.
[13] Posuisti nos opprobrium vicinis nostris, subsannationem et derisum his qui sunt in circuitu nostro.
[14] Posuisti nos in similitudinem gentibus, commotionem capitis in populis.
[15] Tota die verecundia mea contra me est, et confusio faciei meae cooperuit me:
[16] a voce exprobrantis et obloquentis, a facie inimici et persequentis.
[17] Haec omnia venerunt super nos; nec obliti sumus te, et inique non egimus in testamento tuo.
[18] Et non recessit retro cor nostrum; et declinasti semitas nostras a via tua;
[19] quoniam humiliasti nos in loco afflictionis, et cooperuit nos umbra mortis.
[20] Si obliti sumus nomen Dei nostri, et si expandimus manus nostras ad deum alienum,
[21] nonne Deus requiret ista? ipse enim novit abscondita cordis. Quoniam propter te mortificamur tota die; aestimati sumus sicut oves occisionis.
[22] Exsurge; quare obdormis, Domine? exsurge, et ne repellas in finem.
[23] Quare faciem tuam avertis? oblivisceris inopiae nostrae et tribulationis nostræ?
[24] Quoniam humiliata est in pulvere anima nostra; conglutinatus est in terra venter noster.
[25] Exsurge, Domine, adjuva nos, et redime nos propter nomen tuum.
[Vecchio Testamento Secondo la VolgataTradotto in lingua italiana da mons. ANTONIO MARTINI Arciv. Di Firenze etc.
Vol. XI
Venezia, Girol. Tasso ed. MDCCCXXXI]
SALMO XLIII
Predizione delle calamità che, dopo i tempi di Davide, avvennero sul popolo ebreo per mano di Antioco Epifane, al tempo de’ Maccabei; e sul popolo cristiano per opera di Nerone e degli imperatori romani, nei primi tre secoli della Chiesa.
Per la fine; ai figliuoli di Core; salmo d’intelligenza.
1. Noi, o Dio, colle nostre orecchie udimmo, i padri nostri a noi annunziarono, quello che tu facesti ne’ giorni loro, e nei giorni antichi.
2. La mano tua estirpò le nazioni, e desti loro ferma sede; castigasti quei popoli, e li discacciasti;
3. Imperocché, non in virtù della loro spada divenner padroni della terra, né il loro valore diede ad essi salute; ma sì la tua destra e la tua potenza e il benigno tuo volto; perché avesti buon volere per essi.
4. Tu se’ tu stesso il mio Re e il mio Dio, tu che ordini la salute di Giacobbe.
5. Per te avrem forza per gettare a terra i nostri nemici, e nel nome tuo non farem caso di quelli che insorgono contro di noi.
6. Imperocché non nel mio arco porrò io la mia speranza, e la mia spada non sarà quella che mi salverà:
7. Imperocché tu ci salvasti da coloro che ci affliggevano, e svergognasti color che ci odiavano.
8. In Dio ci glorieremo ogni dì, e il nome tuo celebreremo pei secoli.
9. Ma adesso tu ci hai rigettati e svergognati; e non vai innanzi a’ nostri eserciti1.
10. Ci facesti voltar le spalle a’ nostri nemici, e quei che ci odiano ci saccheggiarono.
11. Ci rendesti come pecore da macello, e ci hai dispersi tra le nazioni.
12. Hai venduto il tuo popolo per nessun prezzo, e non a gran pregio lo alienasti.
13. Ci hai renduti oggetto di obbrobrio pe’ nostri nemici, favola e scherno de’ nostri vicini.
14. Hai fatto sì che siamo proverbiati dalle nazioni, e siamo il ludibrio de’ popoli.
15. Ho dinanzi a me tutto il giorno la mia ignominia, e la mia faccia di confusione è coperta,
16. In udendo il parlare di chi mi svitupera, e mi dice improperii, in veggendo il nimico e il persecutore.
17. Tutte queste cose sono cadute sopra di noi e non ci siamo dimenticati di te, e non abbiamo operato iniquamente contro la tua alleanza.
18. E il nostro cuore non si è ribellato, e non hai permesso che declinassero dalla via i nostri passi;
19. Mentre tu ci hai umiliati nel luogo dell’afflizione, e ci ha ricoperti l’ombra di morte.
20. Se noi abbiam dimenticato il nome del nostro Dio, e se abbiamo stese le mani a un Dio straniero,
21. Non farà egli Iddio ricerca di tali cose? Imperocché egli conosce i segreti del cuore. Ma per tua cagione siam tutto dì messi a morte, siamo stimati come pecore da macello.
22. Levati su, perché se’ tu addormentato o Signore? levati su, e non rigettarci per sempre.
23. Per qual ragione ascondi tu la tua faccia, ti scordi della nostra miseria e della nostra tribolazione?
24. Imperocché è umiliata fino alla polvere l’anima nostra, stiamo prostrati col ventre sopra la terra.
25. Levati su, o Signore, soccorrici; e liberaci per amor del tuo nome.
Sommario analitico
Il salmista ricorda al Signore le sue antiche bontà ed i prodigi che Egli ha operato per stabilire Israele nelle terra di Canaan, ed espone le calamità dalle quali il popolo di Dio è stato provato. I martiri dell’antica e della nuova Legge, di cui gli Israeliti perseguitati erano la figura, fanno qui quattro cose.
1° Egli afferma:
I. – Prima di descrivere le terribili prove alle quali Dio aveva permesso che i suoi fedeli servitori venissero esposti, il Profeta ricorda le prove eclatanti della protezione che aveva loro dato nei tempi antichi.
1° Affermano la certezza della cosa ed indicano i tempi in cui queste meraviglie sono state operate (2); 2° Celebrano la grandezza della vittoria, la rovina completa dei loro nemici, al posto dei quali Dio li ha stabiliti (3); 3° Proclamano che Dio solo, e non l’uomo, è l’autore di questa vittoria (3).
II. – Enuncia le virtù eroiche dei martiri, dei quali racconta le persecuzioni e le sofferenze:
1° La fede che, disprezzando tutti i falsi dei, si è rivolta al solo vero Dio, loro Re e loro Salvatore (4); 2° la speranza, che è fidata unicamente del soccorso che attendevano da Dio che, dando loro la salvezza, li colmerà di gioia (5-7); 3° la carità, che fa riporre solo in Dio il loro amore, la loro gloria, e l’oggetto delle loro lodi per l’eternità (8).
III. – Enumera le prove, le sofferenze dei martiri.
1° Nei beni dell’anima, a) la sottrazione dei soccorsi sensibili che Dio ha loro accordato (9); b) il timore del supplizio che li ha forzati a fuggire davanti ai loro nemici (10).
2° Nei beni della fortuna, a) la perdita delle loro ricchezze (11); b) la perdita della patria con l’esilio (11); c) la perdita della libertà (12); d) la perdita della loro reputazione presso i vicini, come tra le nazioni più lontane (13, 14); e) e di conseguenza, l’onta, la confusione, gli oltraggi, le beffe (15, 16), senza che queste prove abbiano giammai loro fatto dimenticare Dio (17).
3° Nei beni del corpo, essi sono induriti dai tormenti così violenti ai quali sono stati esposti: – a) in questa vita, con il pericolo di fuoriuscire dalla via, essendo le loro sofferenze così grandi e la morte presente (18, 19); – b) nell’altra con pericolo della dannazione eterna, perché Dio punisce ogni pensiero interiore criminoso, così come gli atti esteriori (20, 21), doppio danno di cui egli indica la causa, i supplizi che induriscono per Dio, e la morte cruenta alla quale essi sono destinati.
IV. – I martiri implorano il soccorso di Dio:
1° essi chiedono a Dio di venire in loro soccorso: – a) levandosi dal suo trono e uscendo dal suo sonno apparente nei loro riguardi (22); – b) mettendo un termine alle loro calamità; – c) mostrando loro un volto favorevole (23); – d) ricordandosi delle loro afflizioni.
2° Essi danno a Dio una doppia ragione in appoggio della loro preghiera: – a) la loro estrema miseria (24); – b) la gloria di Dio e del suo nome che è interessato al soccorso che essi implorano (25).
Spiegazioni e Considerazioni
I. — 1-3.
ff.1. – Se non era tanto il dire: « noi abbiamo ascoltato », è sufficiente dire pienamente: « Noi abbiamo sentito con le nostre orecchie »? Perché dunque aggiungere: « Noi abbiamo sentito con le nostre orecchie »? È per farvi comprendere che ciò che ci giunge, arriva alla nostra anima, e che le sue facoltà sono ben superiori ai sensi del corpo. Ecco perché nostro Signore diceva: « … chi ha orecchie intenda »; perché c’è chi ha orecchie che non possono comprendere i misteri (S. Ambr. su questo Psalm.). – Prestate qui l’orecchio, voi che non avete cura dei vostri figli, e che lasciate loro cantare dei canti ispirati dal demonio e che non avete se non disprezzo per le sacre recite. Tali non erano i Maccabei: essi trascorrevano la loro vita ad ascoltare la recita dei grandi avvenimenti dei quali Dio era l’autore, ed essi ne ricevevano un doppio vantaggio: coloro che erano stati l’oggetto di questi benefici trovavano nel loro ricordo un motivo per diventare ancor migliori, mentre i loro figli in queste recite acquisivano una conoscenza più profonda di Dio e si sentivano eccitati ad imitare le virtù dei loro padri. I libri santi erano per essi come la bocca degli autori dei loro giorni, e in tutte le loro scuole, in tutte le istituzioni si insegnavano queste recite, che nulla sorpassava in gradevolezza ed utilità. (S. Chrys.). – Apprendere dai nostri padri ciò che essi stessi hanno appreso dai loro, è la perpetua trasmissione della verità. « Ritenete, dice San Paolo a Timoteo, ciò che avete appreso da me; datelo come deposito a degli uomini fedeli, che siano essi stessi capaci di istruirne altri » (I Tim. II, 2). È ciò che forma la sacra catena della Tradizione. – Tutte le opere di Dio sono ammirabili, ma l’opera per eccellenza che il Salmista, alla maniera dei profeti, considerava già compiuta, è il grande mistero dell’Incarnazione del Figlio dell’uomo, opera mirabile di cui il profeta Abacuc diceva: « Signore, ho udito la vostra parola e sono stato preso dal timore; Signore compite nei tempi la vostra opera. Voi la farete conoscere in mezzo ai tempi » (Abac. III, 2). – Questa opera è, come conseguenza necessaria dell’Incarnazione del Figlio di Dio, l’edificazione della sua Chiesa. Dio ha fatto un’opera in mezzo a noi, dice Bossuet, che staccata da ogni altra causa e non considerandosi che essa sola, riempie tutti i tempi e tutti luoghi e porta su tutta la terra, con l’impronta della sua mano, il carattere della sua autorità: è Gesù-Cristo e la sua Chiesa (Or. fun. d’Anne de Gonz.).
ff. 2, 3. – Forse i nostri padri hanno potuto compiere queste cose, perché erano forti, perché erano guerrieri, perché erano invincibili, perché erano addestrati e bellicosi? No, non è questo che i nostri padri ci hanno raccontato, non è questo ciò che dice la Scrittura. È la vostra destra, vale a dire, la vostra potenza, è il vostro braccio, cioè lo stesso vostro Figlio. E cosa vuol dire: « La luce, il riflesso del vostro volto »? Che voi li avete salvato, soccorsi con tali prodigi, che essi hanno compreso la vostra presenza. È quando Dio ci assiste con qualche miracolo, che noi vediamo il suo volto con i nostri occhi? No, senza dubbio, ma con il compiere il miracolo, Dio rivela la sua presenza agli uomini. Cosa dicono in effetti tutti coloro che ammirano con stupore questa serie di fatti? Io ho visto la presenza di Dio, e chiunque esaminava ciò che Dio faceva per essi, era concorde nel dire: Dio è veramente con essi, ed è Dio che li guida. (S. Agost.). – Come è bello vedere la Religione dei nostri padri mantenersi dall’inizio, sopravvivere a tutte le sette e, malgrado le diverse fortune di coloro che ne hanno fatto professione, trasmettersi sempre da padre in figlio senza poter mai essere cancellata dal cuore degli uomini! Non è un braccio di carne che l’ha conservata. Ah! Il popolo fedele è quasi sempre stato debole, oppresso, perseguitato. No, non è con la spada – come dice il Profeta – che i nostri padri presero possesso della terra. Benché schiavi, benché fuggitivi, benché tributari delle nazioni … questo popolo così debole, oppresso in Egitto, errante in un deserto, trasportato in cattività in terre straniere, non ha mai potuto essere sterminato, mentre altri più potenti hanno seguito il destino delle cose umane; ed il suo culto è sempre sussistito con esso, malgrado tutti gli sforzi che ogni secolo ha fatto per distruggerli (Massili., Vérité de la rel.). – Due sono le verità di cui essere egualmente convinti per vincere nel combattimento che dobbiamo sostenere durante tutta la nostra vita: 1° fare tutto ciò che noi possiamo; 2° non riporre la nostra fiducia nelle cose che avremmo fatto, e riconoscere, con umiltà e verità, che Dio ci ha salvato, perché a Lui è piaciuto amarci (Duguet).
II. — 4-8.
ff. 4, 5. – È eccessivamente raro il non riconoscere altro re che Dio, vale a dire, altro protettore, e che si metta in dubbio tutta la propria fiducia, o la maggior parte di essa e delle proprie speranze (Dug.). – Dio ha dato delle corna ad un gran numero di animali, affinché essi possano difendersi dagli attacchi di altri animali feroci, ma l’uomo non è armato da queste difese. Come può dunque respingere e disperdere i propri nemici? Signore Gesù, Voi siete il nostro potente corno, perché la fede ha le sue corna che essa riceve da Gesù-Cristo; cosa che fa dire a Mosè, parlando di Giuseppe, figura di Gesù-Cristo (Deuter. XXXIII, 16, 17): « Che la benedizione di Colui che appare nel roveto venga sulla testa di Giuseppe e sulla testa del primo dei suoi fratelli. La sua bellezza è la bellezza del toro primogenito, le sue corna come le corna di bufalo; con esse abbatterà i popoli e li scaccerà fino alle estremità della terra » (S. Ambr.). –
ff. 6-8. – Se non è né l’arco, né la spada che vi salvano, perché servirvi di queste armi? Perché rivestirvene? Perché io ho ricevuto l’ordine da Dio di farne uso; del resto, io rimetto tutto nelle sue mani. È così che Dio insegnava loro a combattere i nemici visibili, sotto la protezione del soccorso dall’alto. È nello stesso modo che occorre combattere i nemici spirituali ed invisibili. Quando siete in guerra con il demonio, dite anche allora: « … io non metto la mia fiducia nelle mie armi, cioè nella mia virtù, nella mia giustizia, ma nella misericordia di Dio » (S. Chrys.). – Se nella guerra contro i nemici della patria non si può sperare il successo senza il soccorso della Provvidenza, cosa sarà della guerra contro i nemici della salvezza? C’è ancora più proporzione tra le forze di un principe e quelle della potenza che l’attacca, che tra le forze della nostra anima e quelle degli avversari che vogliono perderla. « Noi non dobbiamo combattere – dice l’Apostolo – con la carne ed il sangue, ma con le potenze delle tenebre e gli spiriti malvagi » (Efes. VI, 12). Così le armi che ci ordina di prendere, sono tali come aggiunge in un altro punto: « le armi di Dio stesso, la verità, la giustizia, lo scudo della fede, la spada della salvezza, etc. ». Egli non mette in questa armatura i nostri sforzi, i nostri studi, le nostre risoluzioni, le nostre precazioni. Queste cose ci sono necessarie; ma esse saranno senza effetti se ci manca l’armatura di Dio, e se abbiamo questa armatura, tutto ciò che è in noi diventerà invincibile. Tutti i pezzi di questa armatura, se posso esprimermi così, hanno la loro utilità; tutti sono necessari nella guerra spirituale; ma la più essenziale di tutti è la fede con cui ci sarà possibile estinguere tutti i dardi infiammati dei più irriducibili e malefici dei nostri nemici; la nostra vittoria dipende dalla fede, dal vigore della fede; e cos’è questo vigore? – È la persuasione intima che Dio sia con noi, per noi, in noi. Vigore della fede che dovrebbe essere nei Cristiani, ben superiore a quella di tutti i grandi uomini dell’Antico Testamento, poiché Dio ci ha detto tutto per mezzo del suo Figlio, poiché questo Figlio unico ha vinto il mondo e tutte le potenze delle tenebre (Berthier).
III. 9 — 21.
ff. 7, 8. – Vi sono due tipi di confusione: l’una salutare, per i giusti, quando Dio permette che essi abbiano a provarne qualcuna; l’altra funesta, per i peccatori, e che è d’ordinario l’inizio della confusione eterna nella quale saranno gettati.
ff. 9. – « È in Dio che riporremo la nostra gloria ». Che l’uomo opulento metta la sua gloria nelle sue ricchezze, l’uomo sensuale nei suoi splendidi festini, i voluttuosi nelle opere delle tenebre, l’uomo potente in questa via ove si contano le notti; ma l’anima santa, si glorifica, non in questa vita, ma in Dio, perché essa desidera soprattutto essere gradita a Dio e poter dire: « … il Signore è la mia forza e la mia gloria » (Ps. CXVII, 14) (S. Ambr.).
ff. 10-16. – Questa descrizione viva e patetica dei mali ai quali dovranno essere esposti i Cristiani nelle diverse persecuzioni, conviene ugualmente alle tribolazioni delle anime afflitte dai loro peccati o perseguitati dai loro nemici (Duguet). – « Voi avete venduto il vostro popolo per un niente ». Il contratto sembra rivestire una certa uguaglianza tra colui che compra e colui che vende; pure se voi considerate le disposizioni di spirito del compratore e del venditore, troverete che ordinariamente ognuno vende gli oggetti che hanno meno valore ai propri occhi, per comprare quelli più graditi. Così Dio ha venduto il suo popolo che stimava meno, per comprarne uno che per Lui possedeva maggior valore. Egli ha venduto questo popolo giudeo, non per un sentimento di rigore e di durezza, ma in seguito ai crimini di questo popolo, al quale il Profeta ha fatto questo giusto rimprovero (Isaia, 41): « Voi siete stati venduti a causa del vostro peccato ». È così che il popolo giudeo è stato venduto e che il popolo Cristiano è stato acquistato; l’uno è stato venduto per i suoi crimini, l’altro comprato con il sangue. «… Non è con oggetti corruttibili, come l’oro, l’argento, che siete stati comprati, ma con il sangue prezioso di Gesù-Cristo, sangue dell’Agnello puro e senza macchia. » (I Piet. I, 18, 19). Il popolo giudeo è quindi privo di prezzo, mentre il popolo Cristiano è prezioso nella stima di Dio (S. Ambr.). – Dio prova i suoi con l’avversità, dopo averli ricolmati di beni; questa alternativa di consolazioni e di prove non denota alcuna incostanza di Dio, ma solo le attenzioni della sua Provvidenza, con cui vuole esercitare e perfezionare la virtù dei suoi amici (Berthier). – Gli obbrobri, gli insulti, le beffe, sono spesso per la pietà, una tentazione molto pericolosa e dalla quale occorre difendersi. – Il « … cosa diranno », il rispetto umano, il timore di diventare la favola del mondo, è un’altra tentazione che viene dallo stesso principio, ed alla quale occorre applicare lo stesso rimedio (Dug.). – La grazia cambia l’orgoglio del peccatore in confusione salutare, gli ispira un sincero pentimento dei suoi peccati, e gli copre il volto di onta, di modo tale che egli non osa più comparire davanti agli uomini né davanti a se stesso. Ciò che vuole essere davanti a Dio, vuole esserlo davanti agli uomini: l’ultimo di tutti! – Il rimprovero più sensibile per un vero penitente è il rimprovero della sua coscienza. Se la fiducia nella bontà di Dio da un lato lo sostiene, questa stessa bontà lo deprime, rimproverandogli più vivamente la sua ingratitudine. Il suo peccato è il suo nemico ed il suo persecutore, con il quale non deve mai sperare di avere alcuna pace, finché non sia interamente distrutto.
ff. 17-19. – Felice l’uomo che in mezzo a tutte queste afflizioni, può dare testimonianza di non avere dimenticato il Signore, né violato la sua alleanza, né allontanato i passi dalla vera via, cioè dalla legge di Dio. – Sant’Agostino spiega così questo passaggio, sopprimendo la negazione: « … voi avete allontanato i nostri sentieri dalla vostra via ». In effetti, i nostri sentieri erano ancora quelli delle voluttà del mondo, i nostri sentieri portavano ancora alle prosperità temporali; voi li avete allontanati dalla vostra via che conduce alla vita. « … Voi avete allontanato i nostri sentieri dalla vostra via ». Cosa vuol dire: voi avete allontanato i nostri sentire dalla vostra via? È come se il Signore ci dicesse: voi siete messi in mezzo alle tribolazioni, soffrite numerosi mali, avete perso molte cose che amavate in questo mondo; ma Io non vi ho abbandonato in questa via, di cui vi indico gli stretti limiti. Voi cercate le strade larghe, ed Io cosa vi ho detto? Questo sentiero conduce alla vita eterna; per la strada nella quale invece voi volete camminare, andate verso la morte. « Quanto è larga e spaziosa la via che conduce alla morte, e quanti procedono in essa? Quanto è stretta e scomoda la via che conduce alla vita, e quanto pochi sono coloro che la percorrono! » (Matth. VII, 13). Qual è questo piccolo numero? Quello degli uomini che sopportano le afflizioni, che sopportano le tentazioni, che in mezzo a tutti i dolori, non hanno ripensamenti né cadute; che non ricevono con gioia, se non per una sola ora, la parola di salvezza e si disseccano poi nel tempo dell’afflizione come al levar del sole, impiantati come sono sulle radici della carità. Siate dunque portati – vi dico – sulle radici della carità, affinché il sole, levandosi, non vi bruci ma vi nutra. « Tutti questi mali si son abbattuti su di noi, ma noi non Vi abbiamo dimenticato, non abbiamo violato la vostra alleanza, e questo nostro cuore non si è tirato indietro ». Ma siccome noi non abbiamo fatto tutte queste cose se non in mezzo alle tribolazioni, camminando già nella via stretta, è certo che « voi abbiate allontanato i nostri sentieri dalla vostra via » (S. Agost.).
ff. 20, 21. – Nell’esaminarci con cura, noi scopriamo che abbiamo dimenticato un’infinità di volte il nome del Signore, che abbiamo alzato le mani verso gli dei stranieri – che sono il mondo ed i suoi falsi beni – … che non abbiamo pensato alla scienza infinita di Dio, che tiene conto di tutto, ed al Quale nulla può essere nascosto (Berthier). Dio conosce il segreto dei cuori. Quanto a noi, se vogliamo conoscere il nostro cuore e renderne conto a noi stessi, vediamo le nostre opere: il nostro cuore è buono, la nostra vita è buona; esso è cattivo se la nostra vita è conforme alle massime del mondo (Duguet). – « … È a causa vostra che noi siamo immolati ogni giorno ». Di fronte a sì gravi e numerosi pericoli, è per noi una consolazione sufficiente sapere il motivo per il quale noi soffriamo. Cosa dico? Una consolazione sufficiente? È una consolazione infinitamente superiore; perché, se noi soffriamo, non è per gli uomini, non per qualcosa di temporale, ma soffriamo per il sovrano Maestro dell’universo. In più, a questa ricompensa, si sommano altre varie numerose ricompense. Come la condizione imposta dalla natura agli Apostoli non permetteva loro di soffrire più di una morte, questo stesso limite non è assegnato ai beni che possiamo meritare. Anche se noi siamo ridotti a non morire che una volta, Dio ci ha dato la facoltà di morire ogni giorno con la volontà, se ci piace farlo. Così raccoglieremo tante corone dopo la nostra morte che noi abbiamo vissuto in tutti i giorni; noi ne raccoglieremo infinitamente di più, perché noi possiamo morire ogni giorno, due, tre, e tutte le volte che vogliamo. L’uomo che è sempre pronto a sacrificare la sua vita può contare su di una ricompensa che non lascerà più nulla da desiderare (S. Crhys. Omel. sull’Ep. ai Rom. 4).- Voi fate professione, come Cristiani, di mortificarvi ed umiliarvi, ma lo si fa incessantemente e malgrado tutto, nel mondo? E mentre vi mortificate potete dire a Dio, come Davide, « … è per Voi, Signore, è per Voi solo che siamo mortificati »; è per Voi, Signore, per Voi solo che noi soffriamo, il mondano non si riduce a tenere in senso opposto lo stesso linguaggio, dicendo al mondo: è per te, mondo riprovato, che io sono schiavo; è per te che io mi faccio violenza; è per te che io soffro e gemo, ed è ancora per te che ho ancora la sciagura, oltre tutto questo, di dannarmi (Bourd.). – « … perché Egli conosce i segreti dei cuori » . Che vuol dire: conosce i segreti? Quali sono questi segreti? « A causa vostra, noi siamo ostacolati ogni giorno, ci si guarda come pecore destinate al macello ». Voi potete veder mettere un uomo a morte, ma perché sia messo a morte, voi lo ignorate. Dio solo lo sa, la cosa è nascosta. Ma qualcuno mi dirà: quest’uomo è in prigione per il nome di Cristo, egli confessa il nome di Cristo. Ma gli eretici non confessano il nome di Cristo? Epperò essi non muoiono per Lui. Ed anche – io dico – in seno alla Chiesa Cattolica credete che non ci sia mai stato, o non possa esservi persona che soffra in vista della gloria umana? Se questo non fosse possibile, l’Apostolo non avrebbe detto: « Se anche dessi il mio corpo al rogo, e non avessi la carità, questo non servirebbe a nulla » (I Cor. XIII, 3). Sappiamo molto bene che ci sono uomini capaci di farlo per orgoglio, e non per amore. C’è dunque qualcosa di nascosto: Dio solo lo vede, noi non possiamo vederlo (S. Agost.).
IV. — 22-25.
ff. 22. – A chi ci si indirizza e chi si parla così? Non si creda piuttosto che a colui che dice: « Sorgete, perché dormite? », il profeta risponda: « Io so cosa dico, io so che Colui che custodisce Israele non dorme » (Ps. CXX, 4); ma ciò nonostante i martiri gridano: « Sorgete, Signore, perché dormite? » O Signore Gesù, Voi siete stato messo a morte, avete dormito durante la vostra Passione, ma già siete resuscitato per noi. A che serve la vostra resurrezione? Coloro che ci perseguitano credono che voi siate morto, e non credono che siate resuscitato. Sorgete dunque per essi. Perché dormite, non per noi, ma per essi? Se in effetti essi credessero che Voi siate resuscitato, potrebbero perseguitare coloro che credono in Voi? (S. Agost.). – Considerate che Gesù-Cristo non dorme allo sguardo dei peccatori, perché Egli sembra dormire per coloro per i quali non è resuscitato e che Egli rigetta per sempre … il Profeta aggiunge: « … perché voltate il vostro sguardo? » noi pensiamo che Dio volga da noi la sua faccia, quando cadiamo in una così grande afflizione per cui le tenebre avvolgono il nostro spirito e formano una nube impenetrabile ai raggi dell’eterna verità (S. Ambr.). – Troppo spesso vi siete lamentati, troppo spesso nel pieno dell’orazione, avete domandato a Dio perché dormisse e vi lasciasse senza assistenza. Ma non avrebbe potuto rispondere, come altre volte ai suoi discepoli: « Uomini di poca fede, da dove tanta diffidenza? » (Matt. VIII, 26). Ma volete che non sappia cosa debba fare, di cosa abbiate bisogno? Ciechi, lasciate agire la mia Provvidenza: posso a volte trattarvi come un padre rigido, ma mai un padre indifferente; credete che se la mia mano sa colpirvi, non sappia poi guarirvi? E che qualsiasi colpo il mio braccio vi infligga, non sia la mia saggezza che li regoli ed il mio braccio che li conduca? (De Boulogne: Sur la Prov.).
ff. 23. – Nessuno è povero, né miserabile, quando il Signore lo guarda e si ricorda di lui; perché infine la sofferenza, che è un male in se stesso, è un bene allo sguardo del giusto. Essa è come una semenza, è la messe di grazia che si raccoglie all’ultima ora eternamente. Anche Dio non gira il suo sguardo e non dimentica la povertà e l’afflizione dei suoi, quando dà loro la pazienza per sopportarli (Duguet). – Perché dimenticate la nostra povertà? Egli non dice: perché dimenticate le nostre buone azioni, la nostra inviolabile fedeltà, la nostra anima irriducibile in mezzo alle prove? Tale è il linguaggio di coloro che vogliono giustificarsi. Ma quando coloro che chiedono soccorso, portano in appoggio delle loro preghiere le ragioni di cui si servono i colpevoli, essi hanno, dice il salmista, sufficientemente espiato i loro crimini, per l’estremo a cui sono ridotti (S. Giov. Crys.).
ff. 24-25. – È questo stato di umiliazione, al di sopra del quale non c’è nulla di così potente ed infallibile onde ottenere tutto ciò che si domanda a Dio. In effetti, colui che prega in piedi può umiliarsi piegando le ginocchia; colui che prega in questa posizione può prostrarsi a terra; ma colui che prega così prosternato non può scendere ad un grado più basso di umiliazione. Ora l’uomo può essere umiliato fino a terra, con il cuore ed il corpo, se pensa, comprende e confessa che è solo polvere, come Abramo quando diceva. « Io parlerò al mio Signore, benché sia polvere e cenere » (Gen. XVIII). Egli è umiliato nel corpo, e prega prosternato come Nostro Signore Gesù-Cristo, che nell’orto degli ulivi si mise in ginocchio e cominciò a pregare, e cadde poi col viso a terra (Bellarm.). – Occorre chiedere il soccorso di Dio non riguardo a se stessi, né per i propri interessi, ma unicamente a gloria del Nome di Dio.