IL CATECHISMO DI F. SPIRAGO (XIX)
CATECHISMO POPOLARE O CATTOLICO SCRITTO SECONDO LE REGOLE DELLA PEDAGOGIA PER LE ESIGENZE DELL’ETÀ MODERNA
DI
FRANCESCO SPIRAGO
Professore presso il Seminario Imperiale e Reale di Praga.
Trad. fatta sulla quinta edizione tedesca da Don. Pio FRANCH Sacerdote trentino.
Trento, Tip. Del Comitato diocesano.
N. H. Trento, 24 ott. 1909, B. Bazzoli, cens. Eccl.
Imprimatur Trento 22 ott. 1909, Fr. Oberauzer Vic. G.le.
SECONDA PARTE DEL CATECHISMO:
MORALE (10).
2. I DOVERI VERSO I SUPERIORI.
1. PER IL GOVERNO DELLA SOCIETÀ UMANA, DIO HA ISTITUITO DUE POTERI, QUELLO SPIRITUALE ED IL POTERE TEMPORALE. AL POTERE SPIRITUALE HA SOTTOPOSTO LE ANIME, AL POTERE SECOLARE HA AFFIDATO IL MANTENIMENTO DELLA PACE E DELL’ORDINE MATERIALE.
In tutta la creazione vediamo la subordinazione di alcuni esseri ad altri: il regno minerale alimenta il regno vegetale, quest’ultimo il regno animale, e tutto è a disposizione dell’uomo. C’è una subordinazione anche tra gli animali: le api hanno una regina, e certi uccelli, certe bestie selvatiche, alcune specie di pesci hanno dei capi che li comandano militarmente; nel nostro stesso corpo ci sono membri soggetti uni agli altri. E lo stesso fenomeno si riscontra nel mondo degli spiriti, dove ci sono diversi ordini di Angeli. Dio ha voluto anche che nella società umana ci fossero inferiori e superiori, subordinati e superiori, e questa subordinazione è diventata addirittura necessaria; infatti, senza autorità, la società sarebbe come un esercito senza capi, (S. G. Cris.). Ciò che la struttura è per l’edificio, l’autorità è per lo Stato. Senza l’ossatura le mura crollano, così come la società senza un governo che mantenga l’unione dei suoi membri (Id.). Proprio come gli uomini dopo il peccato originale si volgevano l’un contro l’altro come bestie selvagge, fino al punto in cui un fratello uccideva il fratello, Dio fu costretto a dare dei capi a questi selvaggi per frenare le loro passioni. (S. Remi). Dobbiamo essere grati alla Provvidenza di aver istituito delle autorità affinché non siamo sballottati come le onde del mare (S. Isid.). Le autorità sono un’immagine del potere e della provvidenza divina sugli uomini (Leone XIII). – Come nel firmamento ci sono il giorno e la notte, così ci sono due poteri: il potere spirituale e il potere temporale. Il primo, come il sole, è superiore all’altro, perché conduce l’uomo al suo fine celeste ed eterno, mentre il potere dello Stato ha in vista solo il bene terreno e transitorio dei suoi cittadini. “Il regno di Cristo, come il sole, illumina il giorno del mondo delle anime; il potere secolare, come la luna, illumina la notte delle cose temporali. (Innoc. III.). Gli interessi terreni sono affidati all’impero, gli interessi del cielo al sacerdozio (S. G. Cris.). Pur avendo domini distinti, i due poteri si completano a vicenda, sono come i due cherubini che coprivano l’arca con le loro ali.
2. DIO HA AFFIDATO LA SUPREMA AUTORITÀ SPIRITUALE AL PAPA, LA SOVRANITÀ TEMPORALE AL CAPO DI STATO, CHE NELLA MAGGIOR PARTE DEI PAESI CONDIVIDE LA SUA AUTORITÀ CON IL POPOLO.
È un errore credere che le autorità derivino il loro potere dal popolo. Al contrario, tutte le autorità derivano il loro potere da Dio. È stato Gesù a dire a Pietro: “Pasci i miei agnelli, le mie pecore” (S. Giovanni XXI, 17). È dunque da Gesù che Pietro è stato costituito principe degli Apostoli e capo visibile di tutta la Chiesa militante (Concilio Vaticano 4,1), con un primato ed una supremazia di giurisdizione che per diritto divino sono perpetuati nel Vescovo di Roma (Id. 4, 2). – L’origine divina del potere secolare è dimostrata dalle parole di Gesù a Pilato: “Non avresti alcun potere su di me se non fosse ti fosse stato dato dall’alto”. (S. Giovanni XIX, 11). È attraverso Dio che i re regnano e che i legislatori decretano la giustizia (Eccli. VIII, 15). – Principi, è il Signore che vi ha dato la vostra autorità, è l’Altissimo che vi ha dato il vostro potere (Sap. VI, 4). Ogni potere viene da Dio, e quelli sono stabiliti da Dio (Rom. XIII, 1). È su questa base che i capi di Stato possono dire di esserlo per grazia di Dio. Nella maggior parte degli Stati il sovrano è solo costituzionale, cioè è obbligato a tenere in considerazione dei rappresentanti del popolo; in Europa i sovrani di Russia e Turchia sono assoluti. Ma il popolo deve ricordare che nel condividere il potere ne condividono anche la responsabilità.
3. ABBIAMO NEI CONFRONTI DEL PAPA E DEL CAPO DELLO STATO, DOVERI ANALOGHI A QUELLI CHE ABBIAMO NEI CONFRONTI DI DIO, PERCHÉ SONO I SUOI RAPPRESENTANTI.
I rappresentanti di Dio, siano essi Sacerdoti o laici, sono spesso chiamati servi di Dio (Sap. VI, 6), unti del Signore (Re XXIV, 7; XXVI, o) e persino dèi (Es. XXI, 6; XXII, 28), così come il rappresentante di un re è chiamato viceré. Il Papa è chiamato il servo dei servi di Dio. – A Dio dobbiamo adorazione e fedeltà (1° comm.), rispetto (2° comm.), servizio (3° comm.), così dobbiamo ai suoi rappresentanti obbedienza, fedeltà, rispetto e servizio. E dobbiamo adempiere a questi doveri con tanta più buona volontà in quanto il Papa e il Capo dello Stato hanno gravi e molteplici preoccupazioni nel loro governo, contrariamente all’opinione di coloro che ritengono la loro vita comoda e facile. Mentre i passeggeri chiacchierano e si divertono, il pilota si preoccupa e lavora costantemente. Ad ogni istante ha l’occhio puntato sull’orizzonte e sulla bussola, è esposto a tutti i tipi di condizioni atmosferiche e spesso privato del sonno. Lo stesso vale per i superiori. – A molti sembra che le autorità non abbiano altro che doveri ed i subordinati solo diritti.
I doveri verso il Papa sono i seguenti: obbedirgli in materia religiosa, essergli fedele, rispettarlo e sostenerlo nel suo difficile compito con le nostre preghiere e le nostre elemosine.
Il Papa deve essere obbedito nelle questioni religiose. “I fedeli di ogni rito e di ogni grado sono soggetti al Papa e tenuti alla sincera obbedienza nei suoi confronti” (Conc. Vatic. IV, 3). Il Papa è per il Corpo Mistico di Cristo, per la Chiesa (1. Cor. XII, 27) ciò che il capo è per il corpo umano: il capo governa tutte le membra, il Papa tutti i fedeli. Essendo il Vicario di Cristo, è attraverso di lui che impariamo la volontà di Dio; nessuno meglio del Papa può applicare a se stesso le parole di S. Paolo: … Noi siamo ambasciatori di Cristo, ed è Dio che vi esorta per mezzo di noi (II. Cor. V, 20). In materia civile non siamo sudditi del Papa ma dello Stato. – Dobbiamo rimanere fedelmente attaccati al Papa, perché egli è capo della Chiesa e la roccia su cui essa è costruita (S. Matth. XVI, 18); separarsi dal Papa, come fecero i greci (1053), è separarsi da Dio. Possiamo applicare ai poveri scismatici le lamentele di Dio a Samuele: “Non hanno risposto a te, ma a me, perché Io non perché non regni su di loro”. (I Re VIII, 7). – Dobbiamo rispettare il Papa, secondo il comando di Cristo che disse ai suoi Apostoli: “Chi disprezza voi disprezza me, e chi disprezza me disprezza il Padre mio che mi ha mandato” (S. Luc. X, 16). Ora, poiché il Papa è il primo tra i rappresentanti di Gesù Cristo, è a lui che si deve il più profondo rispetto. È a causa della sua dignità che lo chiamiamo Sua Santità. – Infine, dobbiamo sostenere il Papa con la preghiera e l’elemosina. I primi Cristiani pregavano già per Pietro in cattività (Atti degli Apostoli XII). I Papi non sono mai stati completamente esenti da persecuzioni. Bisogna quindi imitare l’esempio della Chiesa primitiva. Chi non prega per i propri genitori è un cattivo figlio, e chi non prega per il Papa è un cattivo Cristiano” (B. Clem. Hofbauer), perché è gradito a Dio che preghiamo per le autorità. (I. Tim. Il, 3). – Il Papa è tenuto a provvedere alle molteplici necessità della Chiesa e alla propagazione della fede tra gli infedeli, e a molte istituzioni e stabilimenti. L’elemosina gli è tanto più necessaria in quanto è stato privato dei suoi beni temporali. Queste elemosine sono chiamate denari di San Pietro. Se ogni Cattolico donasse questo semplice denaro, un centesimo! che milioni raccoglieremmo. Ma ci sono di quelli che trascurano questo dovere. – I nemici della Chiesa chiamano i Cattolici fedeli al Papa ultramontani, perché il Papa abita al di là delle montagne, oltre le Alpi; con questo appellativo pretendono di denunciarli come cattivi patrioti. Al contrario, i Cattolici sono cittadini tanto più devoti al loro Paese quanto più sono fedeli alla loro Religione. “Quanto più grande è il timore di Dio -diceva Origene – maggiori sono i servizi che un cittadino rende a Cesare. – I doveri verso il Papa sono la regola dei nostri doveri verso i nostri pastori. I fedeli sono anche obbligati a provvedere al loro sostentamento. Gesù ha ordinato che “chi predica il Vangelo vive del Vangelo” (I. Cor. IX, 14) e “l’operaio è degno del suo salario” (I. Tim. V, 18).
I doveri verso il Capo dello Stato (e lo Stato) consistono nell’obbedire alle leggi giuste che promulga, essergli fedeli, rispettarlo e nel pagare i contributi e l’imposta del sangue.
Le leggi dello Stato devono essere rispettate, perché gli ordini delle autorità sono ordini di Dio (Rm. XIII, 2), non solo per timore, ma per amore di Dio (id. 5), seguendo l’esempio di Maria e Giuseppe che si recarono a Betlemme per sottomettersi alla legge del censimento. (S. Luc. II). Ma quando le leggi prescrivono qualcosa di contrario alla volontà di Dio, dobbiamo agire secondo la regola degli Apostoli: è meglio obbedire a Dio che obbedire agli uomini“, una massima che già avevano messo in pratica i tre giovani nella fornace, i 7 fratelli Maccabei, e poi seguita da S. Maurizio e la Legione Tebana. Bisogna rimanere fedeli al proprio Paese, soprattutto durante la guerra e questo è ciò a cui ci impegna il giuramento alla bandiera. Non è mai permesso ribellarsi, perché resistere all’autorità (al di fuori della legge) significa resistere all’ordine di Dio (Rm. XIII, 1); per amore del bene generale, dobbiamo sottometterci non solo ai buoni padroni, ma anche a quelli sgradevoli (1 S. Pietro, II, 18). Poiché i cattivi governanti sono generalmente una punizione di Dio per i peccati del popolo (S. Aug.), le nazioni mal governate devono prima convertirsi e poi pregare per la conversione dei loro governanti. (S. Th. Aq.). – Siamo tenuti a rispettare il Capo dello Stato. Temete Dio, dice San Pietro, e onorate il re. (I e III, 17). Davide ci ha dato un bell’esempio di questo, risparmiando Saul che lo perseguitava, perché era lontano dal Signore, anche se ebbe due volte l’opportunità di ucciderlo. (I Re XXIV). È per rispetto al Capo dello Stato che l’inno nazionale viene suonato in sua presenza, che le case vengano pavimentate e illuminate, ecc. – Dobbiamo anche pregare per il sovrano, perché questa preghiera è gradita a Dio (I Tim. 11,3). Pregando per lui preghiamo per noi stessi, perché gli otteniamo la grazia di governarci utilmente. – Cristo ha approvato il pagamento delle tasse dicendo: “Date a Cesare ciò che è di Cesare” (S. Matth. XXII, 21) ed Egli stesso le pagò per se stesso e per Pietro, con la moneta portata in bocca dal pesce che Gesù aveva ordinato a Pietro di pescare (S. Matth. XVII, 26). È giusto che coloro che godono dei benefici della società contribuiscano alle spese per il mantenimento del buon ordine e della prosperità del Paese. Proprio come lo stomaco rimanda alle membra la forza del cibo, così il governo utilizza i proventi delle tasse per il bene pubblico: la costruzione di scuole, strade e ferrovie, ospedali, per il mantenimento dell’esercito e dei dipendenti pubblici. Questa apologia dello stomaco era l’argomento di Menenio Agrippa quando i plebei si erano ritirati sull’Aventino. L’evasione fiscale è quindi un atto colpevole (Rom. XIII, 6). Chiamano l’imposta del sangue il servizio militare che deve essere prestato da cittadini abili in tempo di pace, e di guerra, ed il cui scopo è quello di mantenere la pace e difendere la patria; sacrificare la propria vita, soprattutto in guerra, per il bene dei propri connazionali è un’azione molto meritoria davanti a Dio. Abbiamo un bell’esempio dello spirito di sacrificio patriottico nel re di Sparta, Leonida, e nei suoi trecento soldati che difesero le Termopili contro le immense forze dei Persiani, e che, traditi alla fine da Efialte morì eroicamente (481 a.C.). Le nazioni civilizzate esentano i Sacerdoti cattolici dal servizio militare, perché lo spargimento di sangue è incompatibile con il loro stato. – I doveri nei confronti del Capo dello Stato devono essere trasferiti proporzionalmente sui funzionari pubblici. “Siate soggetti sia al sovrano, perché ha il potere supremo, sia ai magistrati da lui nominati, perché questa è la volontà di Dio”. (I. S. Pietro II, 14).
I cittadini devono sostenere il Capo dello Stato anche inviando deputati capaci e di sentimenti cristiani in tutti gli organi elettivi.
Il sovrano costituzionale promulga solo le leggi deliberate e fatte dai deputati del popolo. Per questo la responsabilità di fronte a Dio è immensa per i parlamentari che fanno le leggi e per i cittadini che eleggono i deputati. Il vescovo di Annecy diceva questo agli elettori che hanno eletto deputati anticattolici: “Io, elettore cattolico, sono la causa di tutte le disgrazie e le persecuzioni della Chiesa in Francia. Io sono la causa della soppressione del Catechismo nelle scuole, della pratica della religione per i dipendenti pubblici, della morte dei malati senza i sacramenti, della messa al bando degli Ordini religiosi e di tutte le oppressioni della Chiesa”. – I cittadini sono vincolati dalla volontà del loro Dio e Signore, anche nell’esercizio dei loro diritti civici, cioè il diritto di voto, e renderà conto al tribunale di Dio del modo in cui lo ha esercitato. (Mons. Schobel di Leitmeritz). In tutte le relazioni umane dobbiamo essere guidati dalle verità cristiane. Perciò non si deve dire che la politica non abbia nulla a che fare con la religione. (Circolare dell’episcopato austriaco, 1 febbraio 1891). Ministri, funzionari, senatori, deputati, membri di qualsiasi consiglio, tutti, senza eccezione, dovranno un giorno rendere conto di tutte le parole che hanno pronunciato, di tutti i voti che hanno espresso, tutti, senza eccezioni, renderanno conto davanti a Dio di tutto ciò che hanno fatto ed ogni elettore, dei rappresentanti che ha eletto. (Vesc. d’Annecy). – Gli elettori sono quindi obbligati a votare per uomini esperti che conoscano le esigenze dei loro elettori, che abbiano le conoscenze ed i talenti necessari per il loro mandato; per uomini con convinzioni cristiane, perché quelli senza tali convinzioni sono raramente di carattere coscienzioso. Un membro del Parlamento che non sia fedele a Dio è raramente fedele ai suoi elettori. Inoltre, dal momento che i parlamenti spesso trattano gli interessi più diretti della religione e della Chiesa, i Cattolici sono particolarmente obbligati a mandare solo deputati che abbiano familiarità con le questioni religiose e siano sinceramente devoti alla Chiesa (Circ. de l’episc. austr. 1891).
Un cittadino che dà il suo voto ad un nemico della Religione o che lo favorisca astenendosi, si assume una grave responsabilità.
I Cattolici, dice il Vescovo già citato, non possono mai in coscienza eleggere un uomo che sia cattolico solo di nome, che disprezza le leggi della Chiesa, che non frequenti mai le funzioni religiose, che trascuri il dovere pasquale, che si abboni alla stampa antireligiosa senza essere obbligato a farlo dalla sua situazione personale, che forse si fa beffe anche delle istituzioni religiose; essi sono tenuti ad impedire l’elezione di un tale candidato con tutti i mezzi legittimi. Ne consegue che i Cattolici sono obbligati di dare al candidato un preavviso formale per spiegare la sua professione di Fede sulle scuole cristiane, sul matrimonio, sul riposo domenicale, ecc. Se le sue affermazioni sono insoddisfacenti o se dà solo risposte evasive, deve essere combattuto per evitare la responsabilità davanti al tribunale di Dio. – L’esercizio del diritto elettorale è obbligatorio davanti a Dio quando, facendolo, si può impedire il male e procurare il bene, soprattutto il bene morale. Che nessuno dica: “La mia voce non servirà a nulla! Perché spesso un voto è decisivo, e anche se non emerge il candidato giusto, anche se non dovesse emergere il candidato giusto, il nostro voto contribuirebbe ad accrescere il prestigio e l’influenza della minoranza. L’esperienza dimostra inoltre che l’astensionismo sia contagioso e che esso faciliti il trionfo del candidato sbagliato. – Al momento delle elezioni le stesse persone che non godono del diritto di voto non devono rimanere inattivi; devono pregare che le elezioni vadano a favore del bene dei singoli, della famiglia, del Paese e della Religione. Per questo motivo, molti Vescovi prescrivono preghiere pubbliche prima delle elezioni o delle sedute dei parlamenti.
4. CHIUNQUE DISOBBEDISCA GRAVEMENTE ALLE AUTORITÀ RELIGIOSE O CIVILI, SI ESPONE A GRAVI PUNIZIONI E ALLA DANNAZIONE ETERNA.
Coré e i suoi complici, che si erano ribellati ad Aronne, furono inghiottiti dalla terra davanti a tutto il popolo per dare loro un esempio salutare (Numeri XVI), ed è impossibile immaginare una fine più triste di quella di Assalonne che si era ribellato a suo padre e suo re (II Re XVIII). Semei aveva lanciato pietre a Davide quando era fuggito oltre il torrente di Ceron; Salomone gli vietò sotto pena di morte, di non passarlo mai: egli trasgredì questo divieto e fu giustiziato. (III. Re II, 16). I tribunali sono ancora oggi severi per i reati gravi. – Chi resiste alle potenze resiste all’ordine di Dio e si rende degno della dannazione eterna. (Rom. XIII, 2).
3. I DOVERI DELL’AUTORITÀ.
.1. UN CRISTIANO NON DEVE ASPIRARE AD UN UFFICIO PER IL QUALE NON ABBIA LE CAPACITÀ NECESSARIE. (Eccli. VII, 6).
In questo, Mosè deve essere il nostro modello: non si è arrogato l’incarico di guidare gli israeliti; lo accettò solo per ordine divino, dopo aver pregato Dio di dispensarlo da tale incarico a causa della sua debolezza; e spesso, appesantito dal peso della sua dignità, implorava il Signore di liberarlo. Gregorio Magno fuggì nel deserto per evitare di essere eletto Papa (590), seguendo l’esempio di Sant’Ambrogio e di S. Agostino, che accettarono la dignità episcopale solo contro la loro volontà. Eppure tutti questi grandi uomini avevano indubbiamente le capacità richieste per queste alte cariche. È quindi una presunzione colpevole cercare una dignità senza averne la forza e la capacità necessarie, senza essere chiamati ad essa da Dio (Card. Bona); è come cercare di governare una nave senza aver mai toccato un timone (S. Vinc. Ferr.), o portare un fardello troppo pesante (S. Ambr.). In queste condizioni non si compiono i doveri di stato e si assomiglia ad un grande candelabro non acceso: si è, come disse Gesù, il ladro che entra nell’ovile dalla finestra (San Giovanni X.). – Chiunque abbia le competenze necessarie per un lavoro e sia sicuro di fare del bene in esso, può desiderarlo: è, ad esempio, perfettamente legittimo per un Cattolico convinto, dotato di conoscenza e del dono della parola, candidarsi ad un seggio parlamentare od a qualsiasi altra carica. È anche permesso desiderare il Sacerdozio (1 Tim. III, 1).
2. CHI È STATO CHIAMATO DA DIO AD ESERCITARE UN’AUTORITÀ NON DEVE ESSERNE ORGOGLIOSO, MA CONDIDERARE LA PROPRIA RESPONSABILITÀ.
Si può essere sicuri di essere stati chiamati da Dio quando non si è fatto nulla per ottenere una dignità; un serio appello da parte del popolo o dei superiori equivale ad una chiamata di Dio. Quando San Gregorio si vide inseguito dal popolo nella foresta selvaggia dove si era ritirato, non esitò più a salire sul trono pontificio, poiché vide in questo la volontà di Dio. S. Alfonso accettò la sede vescovile di S. Agata (vicino a Napoli) quando fu costretto a farlo da Papa Clemente XIII (1762). Quando il padrone ordina al suo servo di salire, quest’ultimo non deve opporre resistenza. (S. Aug.). Le dignità sembrano essere conferite dagli uomini, ma in realtà vengono da Dio, da cui solo provengono i talenti. (S. Matth. XXV). Un giardiniere dirige l’acqua della sua fontana spesso su un albero molto piccolo, così Dio dirige spesso il favore di principi e grandi uomini su coloro che ha destinato agli onori ed alle dignità: il cuore del re è nella mano di Dio, che lo dirige come un ruscello la dove vuole. (Prov. XXI, 1). – È una follia essere orgogliosi di una carica, perché una carica non rende un uomo migliore agli occhi di Dio, solo la virtù lo rende veramente grande; poiché le dignità terrene sono effimere ed assomigliano al fumo e al sogno, che appaiono e scompaiono in un istante (S. Thom. Aq.), mentre l’onore della virtù è eterno. Molti di coloro che erano primi saranno ultimi e viceversa. (S. Matth. XIX, 30). Erode era un re, Maria e Giuseppe erano solo poveri; loro erano pii ed amati da Dio, l’altro era empio: essi oggi sono elevati alle più alte dignità del Cielo, ed Erode?! Il legno marcio brilla nelle nell’oscurità, ma alla luce si vede il suo stato miserabile; così anche molti di coloro che nell’ombra di questa vita appaiono nello splendore delle dignità, avranno il loro marcio al momento del giudizio, quando Dio scoprirà tutto ciò che è nascosto e rivelerà i sentimenti di tutti (S. Bonav.). – Coloro che sono costituiti in dignità subiranno un giudizio severo (Sap. VI, 6); più alta è la dignità, più grande è la responsabilità: questo pensiero dovrebbe ispirare i grandi della terra all’umiltà, coscienza e preoccupazione. – Dio chiede a coloro che detengono una carica, di adempierla come se non la possedessero, cioè di usarla come se si trattasse di una cosa affidata loro solo per un giorno o un’ora, a che essi sono pronti a rinunciare in qualsiasi momento (S. Gertrude).
3. CHI RICOPRE UN INCARICO DEVE FARE TUTTO CIÒ CHE È IN SUO POTERE PER IL BENE DEI SUOI SUBORDINATI, ESSERE GIUSTO ED IMPARZIALE.
Le autorità sono un riflesso del potere divino; devono quindi prendere a modello Dio (Leone XIII), soprattutto perché sono suoi rappresentanti. Quando un sovrano invia un ambasciatore, quest’ultimo può agire solo secondo le sue istruzioni. Se agisce di propria iniziativa, viene rimproverato: così è per i superiori. – I superiori devono essere buoni e preoccuparsi solo del bene dei loro inferiori, perché questo è l’unico scopo del loro ufficio. I vili adulatori persuadono i grandi che il popolo esiste solo per servirli; è vero il contrario: i grandi esistono solo per il bene del popolo. I principi sono ministri di Dio per il bene dell’umanità. (Rm XIII, 4), non devono favorire gli interessi di uno o più singoli, perché sono istituiti per il bene generale (Leone X III); è addirittura opportuno che sacrifichino i propri vantaggi all’interesse generale, come Cristo che ha dato la vita per le sue pecore (S. Giovanni X, 11). Il pastore è esposto a mille pericoli per gli animali destinati al macello, quanto più noi dobbiamo sacrificarci per le anime immortali, chiamate alla vita eterna, che Gesù ha redento con il suo sangue e per il quale un giorno renderemo conto (S. Giovanni Crisostomo.). – I superiori devono essere imparziali e trattare tutti con bontà, anche i poveri, ricordando che Dio non fa distinzione tra le persone (II. Paral. XIX; Rom. II, 11), che Dio è il Creatore, il Provveditore, l’aiutante dei grandi come dei piccoli e di coloro che sono nel bisogno, che è vicino a coloro i cui cuori sono nella tribolazione (Sal. XXXIII, 19), che quanto più un’anima è priva di consolazioni umane, più può contare sulla misericordia divina. – “Imparate a fare il bene – dice Geremia (I, 17) – cercate ciò che è giusto, aiutate gli oppressi, rendete giustizia all’orfano, difendete la vedova.” Purtroppo i potenti spesso abusano del loro potere, e prendono il loro potere come misura del loro diritto (S. Greg. M.); al contrario, dovrebbero stare molto attenti a far sentire il peso della loro autorità oltre lo stretto necessario. – I superbi considerano la benevolenza fraterna verso i loro inferiori come una mancanza di dignità; pensano di perdere il loro onore e sono altezzosi; ma la dignità si perde solo con la vanità e il vizio. – Le autorità devono essere giuste, cioè non devono lasciarsi corrompere (Es. XXIII, 8), né lasciarsi accecare dal fascino della ricchezza e della grandezza, fino al punto da commettere iniquità (Lev X, 15), come Pilato che, per paura di essere denunciato a Cesare, condannò Gesù, nonostante fosse convinto della sua innocenza, e che tuttavia cadde nell’onta che temeva: fu infatti accusato dai Giudei davanti all’imperatore che lo bandì a Vienne in Francia. Dio maledice i giudici ingiusti. (Deut. XXVII, 19). “Se il mio amato padre – disse Tommaso Moro – venisse al mio tribunale a perorare la causa di satana, che io odio con tutto il cuore, e satana avesse ragione, io giudicherei in suo favore”. – I superiori non devono mai condannare un inferiore senza averlo ascoltato. La leggenda narra di un sovrano che, quando qualcuno veniva accusato, si tappò un orecchio e disse: “Presto solo un orecchio all’accusatore, l’altro è per il difensore dell’accusato. Dio stesso ha condannato Adamo solo dopo averlo convinto per sua stessa ammissione.
4. I SUPERIORI SONO TENUTI A DARE IL BUON ESEMPIO.
L’obbligo di dare il buon esempio ha due ragioni. In primo luogo, tutti hanno un occhio aperto per coloro che sono costituiti in dignità: essi sono la città sul monte che non può essere nascosta (S. Matth. V, 14); tutti si regolano come essi: tali i superiori, tali gli inferiori (Ecclesiastico X, 2), e quelli daranno conto della loro condotta. Anche gli esempi dei grandi uomini hanno più influenza delle loro parole, che arrivano al cuore meno dei fatti. (S. Greg. M.). – I superiori sono anche obbligati a pregare per i loro inferiori: come il vignaiolo nel Vangelo, devono pregare il padrone della vigna di non tagliare e bruciare il fico sterile, ma di dargli del concime ed aspettare un altro anno per vedere se porta frutto. (S. Greg. Naz.). Il diritto ecclesiastico impone espressamente questo dovere ai pastori d’anime, che sono tenuti tutte le domeniche e feste, ad offrire il Santo Sacrificio per i loro parrocchiani vivi e defunti.