LA PREGHIERA DI PETIZIONE (11)

LA PREGHIERA DI PETIZIONE (11)

P- B. LAR – RUCHE

LA PREGHIERA DI PETIZIONE (11)

OSSIA IL MEZZO Più INDISPENSABILOE E NELLO STESSO TEMPO INFALLIBILE PER IMPETRARE DA DIO OGNI BENE E SOPRATTUTTO L’ETERNA SALVEZZA.

ISTITUTO MISSIONARIO PIA SOCIETA’ S. PAOLO

N. H., Roma, 15 maggio 1942, Sac. Dott. MUZZARELLI

Imprim., Alba 25 maggio 1942. Cn. P. Gianolio, Vic. Gen.

Tipogr. – Figlie di S. Paolo. – Alba – giugno – 1942.

18. — Via da me, che son peccatore?

Esistono degli uomini che, simili a Simone il fariseo (Luc. V, 8), guardano i peccatori con disprezzo. Male! Chi si diporta così coi peccatori non sa ancora che, se egli non è caduto così in basso com’essi, questa non è minor grazia né più scarsa misericordia di quella che il buon Dio è disposto a concedere ai peccatori per sollevarli dallo stato di peccato. Oh davvero! È tutta misericordia ed immensa misericordia di Dio, se noi non siamo come loro ed anche peggiori. Quindi il meglio che si possa fare pei peccatori è di pregare per essi, ad imitazione di Gesù: « Padre, perdona loro, perché non sanno ciò che fanno! » (Luc. XXIII, 34), e zelare in tutti i modi e con tutti i mezzi possibili la loro sincera conversione a Dio. – Tuttavia, la condizione dei peccatori è oltre ogni dire miserabile e pericolosa, e suscita ribrezzo e commiserazione. Essi invece, od almeno gran parte di essi, sembrano del tutto inconsci di questa loro tristissima condizione; e se la passano quaggiù, dappresso a noi, ridendo scherzano e scialandosela allegramente, e talvolta perfino dandosi l’aria di essere essi soli i veri savi a questo mondo: neppur lontanamente sospettando che — se non avranno la fortunata grazia di convertirsi a tempo — essi dovranno, immediatamente dopo la morte e poi per tutta l’eternità, confessare angosciosamente: Ahimè! per la nostra insipienza « la luce della giustizia non rifulse ai nostri occhi, e il sole dell’intelligenza non si levò sopra di noi. Ci stancammo sulla via dell’iniquità e della perdizione, battemmo strade disastrose e non conoscemmo i sentieri che conducevano al Signore! Che ci apportò la superbia? e a che ci giovò l’ostentazione orgogliosa delle nostre ricchezze? Dunque abbiamo sbagliato e noi siamo stati dei grandi insensati » (Sap. V). – Ora però, finché sono ancora in vita e godono dell’uso della ragione, è sempre possibile che essi si convertano. È ben vero che essi, per le loro colpe, si trovano assai lontani da Dio, « in una regione longinqua » (Luc. XV, 13). Pure, se essi vogliono, coll’aiuto della divina grazia, che il Signore non lascia mai mancare a chi sinceramente la ricerca, ben potranno ritornare nell’amoroso amplesso del buon Dio. Basta che essi riconoscano il male fatto ed invochino il divino perdono, per subito ricongiungersi al Signore. Infatti chi di vero cuore dice al suo Dio: « O Signore, abbi pietà di me! Guarisci la povera anima mia, perchè ho peccato contro di Te » (Salm. XL, 5), è pur disposto a fare tutto ciò che Dio esige da lui per concedergli il perdono; e quindi lo avrà infallibilmente. Ed ecco così rilevata un’altra volta la mirabile efficacia della preghiera ben fatta. – Ma si decideranno essi a pregare? Ecco il punto! — Tanti purtroppo sentono per la preghiera un’avversione che si può dire diabolica; e sarà assai difficile che essi si pieghino a questa più che giusta esigenza di Dio. Però, volendo, essi possono vincere quest’avversione; poiché — come vedremo — « la grazia di pregare è data a tutti » (S. Alfonso). – Sonvi tuttavia dei peccatori, i quali — ancorché preghino — non saranno esauditi fino a quando non muteranno i propri sentimenti. Il Crisostomo, per esempio, avverte che « nessuno può essere così audace da accostarsi a Dio colla preghiera, finché cova l’odio e la vendetta nel suo cuore ». Ed ha ragione, poiché Dio non perdona i peccati a coloro che non perdonano ai nemici i torti da essi ricevuti (Matt. XVIII, 23-25, Marc. XI, 25-26), e se noi non ci manterremo nell’amore del nostro prossimo, Gesù non ci può riconoscere per suoi discepoli (Giov. XIII, 35). Altri poi (ed oggi son legioni) passano la vita dimentichi di Dio, in continuo peccato abituale, aggravato ogni giorno da nuove colpe attuali che commettono con massima disinvoltura come se fossero in pieno diritto di farlo; e ciononostante si lusingano, con folle persuasione, di potersi riconciliare con Dio al termine della loro vita spensieratamente delittuosa. Di costoro il beato Claudio De la Colombiere — pur tanto inclinato a pietà pei peccatori — scrive: « Bisogna confessare che questa fiducia dei peccatori è ancor più grande di quella d’Abramo. Abramo sperò contro la speranza, ma questi sperano contro la fede. Proprio sembra che questi vogliano dannarsi a bella posta, poiché è contrario al Vangelo che Dio loro perdoni in quell’ultimo punto ». Infatti non è proprio per essi il ben noto effetto: « Maledetto l’uomo che pecca nella speranza del perdono »? E si oserà ritenere che sia sicura la sorte eterna di questi tali, che pensano di darsi a Dio, sol quando avranno — come si dice — l’acqua alla gola?… Ah! Sordi come sono alle ispirazioni di Dio ed ai richiami dei buoni, saranno invece per loro queste tremende parole dello Spirito Santo: « Io vi chiamai, e voi ricusaste di seguirmi. Ebbene anch’io mi riderò di voi e vi schernirò nell’ora della vostra rovina! » (Prov. 1, 24-26). – Ma — torno a chiedere — pregano essi? — S. Alfonso prospetta il caso, e dice; « Vi sono alcuni infelici che amano le catene colle quali il demonio li tiene legati da schiavi. Le preghiere di costoro non sono esaudite da Dio, perchè son preghiere temerarie ed abbominevoli ». Ed anche il Salviano ritiene non essere « nessuna meraviglia che Dio non ci ascolti, se noi ci rifiutiamo di ascoltare Lui ». – Però in prevalenza essi non pregano, poiché ben intuiscono che la loro preghiera è inutile fino a quando non si decideranno seriamente ad abbandonare la loro vita di peccati e di disordini ed a ritornare a Dio. Essi capiscono assai bene che un continuo voler avere, senza essere pur disposti a dar qualcosa anch’essi, è una cosa che non va, è un controsenso. Oppure — se pregano — domandano a Dio e, più frequentemente, alla Madonna od a qualche Santo o Santa, quella ch’essi chiamano « la fortuna »: fortuna negli affari, nelle aziende, nei negozi, negli studi, nella stalla, in campagna, e specialmente la salute corporale; e non di rado il Signore li esaudisce per poterli premiare in questo mondo per quel po’ di bene che ancor essi compiono nel corso della loro vita. In fine poi, quando vuole Dio e non già quando si ripromettono essi, piomba sopra di loro quella morte subitanea ed improvvisa che il mondo chiama bella perchè non preceduta da lunghi disturbi, da grosse spese e da gravi sofferenze; ed essi piombano nel mondo di là carichi dei gravi peccati d’una lunga vita, senz’aver potuto esprimere sopra di essi neppure il minimo atto di pentimento. – Ah, quanti, quanti sono i casi identici a questo, od assai assomiglianti! E, dopo ciò, quel che segue: in questo mondo un funerale di primissima classe e la reposizione del corpo in un’artistica tomba o sotto una classica lapide laudatoria; e nel mondo di là una misera anima già giudicata e messa al suo posto per tutta l’eternità!.— Dove? — Non oso dirlo. Dio solo ha il dominio sull’eternità e su quanto avviene in essa. – Ed è pur verissimo che fra l’ultimo gemito d’un moribondo e l’inferno, c’è ancora l’oceano della divina misericordia. Ciononostante io non oso chiedere né a Dio, né ad alcun Santo, che « la mia fine sia somigliante a quella di costoro ».(Num. XXIII, 10). Ah, no! Prego invece, ed invito quanti mi leggono ad unirsi a me, affinché il Signore usi verso questa sorte di peccatori — che è la più bisognosa — non solo la sua grande, ma senz’altro la sua massima misericordia. Essi infatti, se pur intuiscono che li attende qualcosa di grosso nel mondo di là, pure non sospettano neanche lontanamente quanto « sia orrendo cadere nelle mani del Dio vivente » (Ebr. X, 31). Sì, sarebbe assai spaventosa la condizione di un uomo che si vedesse sospeso per un sottilissimo filo sopra un campo di baionette o sopra un serraglio di bestie feroci ed affamate; ma è mille volte più orribile la condizione del peccatore, il quale pel tenue filo della sua vita, che può spezzarsi ad ogni istante, è sospeso sopra le orrende fauci dell’inferno. Eppure questi disgraziati, anziché pensar di rimediare a sì spaventosa loro condizione, pensano solo — come già dissi — a far roba, a far denari, a godersela a più non posso, a ridere, a divertirsi. Ora si può essere più pazzi ed insensati di così? Quindi torno a dire: Preghiamo pei peccatori. « Le anime veramente innamorate di Dio dice S. Alfonso — non cessano di pregare per i poveri peccatori. E com’è possibile che un’anima che ama Dio, vedendo l’amore che porta alle anime e quel che ha fatto e patito Gesù Cristo per la loro salvezza e il desiderio che ha questo Salvatore che noi preghiamo pei peccatori, com’è possibile — dico — che possa poi vedere con indifferenza tante povere anime che vivono senza Dio, schiave dell’inferno, e non muoversi ed affaticarsi a pregare frequentemente il Signore a dar luce e forza a quelle infelici perché possano uscire dallo stato miserabile in cui dormono ,e vivono perdute »? — Sì, via il gretto egoismo! Pensiamo bene che « Dio comandò a ciascuno di aver pensiero del suo prossimo » (Eccli. XVII, 12). E ciò è anche nel nostro interesse; poiché a chi ritrae un peccatore dall’errore della sua cattiva via, salverà la di lui anima dalla morte eterna e coprirà una moltitudine di peccati propri » (Giac. V, 20). Sì, preghiamo per i poveri peccatori!

19. Signore, sii propizio a me peccatore!

Non però tutti i peccatori, per grazia di Dio, si trovano nelle tristi condizioni da me rilevate nel precedente capitolo. Ce ne sono tanti che « peccano per fragilità o per impeto di qualche gran passione, e gemono sotto il giogo del nemico, e desiderano di rompere quelle catene di morte ed uscire da quella misera schiavitù; e perciò domandano aiuto a Dio ». Orbene « l’orazione di costoro, s’ella è costante, ben sarà esaudita dal Signore, il quale dice che ognuno che domanda riceve, e chi cerca la grazia la ritrova. – Ognuno — spiega un autore — sia egli giusto, o sia peccatore » (S. Alfonso). Sta scritto infatti: « O Dio, tu non disprezzi un cuor contrito ed umiliato », e « tu, o Signore, rimetti i peccati di coloro che t’invocano » (Salm..50, 19; Tob. 3, 1 . E dopo aver Dio nella S. Scrittura in mille modi invitato i peccatori a rientrare in se stessi e a ritornare con tutta confidenza a Lui per poter dare loro il bacio del perdono e l’abbraccio dell’amore, Egli rivolge a ciascuno di essi queste paterne parole: « Se tu pregherai sarai sciolto dai peccati » (Eccli. XXVIII,.2). « Si, alzi le sue grida anche il peccatore; e la sua preghiera giungerà fino a Dio » (S. Gregorio M.). Ed invero « la preghiera in bocca al peccatore, sebbene non sia bella perché non accompagnata dalla carità, nondimeno è utile e fruttuosa per uscire dal peccato; poiché, come insegna S. Tommaso, la preghiera del peccatore è bensì senza merito, ma è ben atta ad impetrar la grazia del perdono, mentre la virtù d’impetrare è fondata non già sul merito di chi prega, ma sulla divina bontà e sui meriti e sulle promesse di Gesù Cristo » (S. Alfonso). Quindi « benchè sia desiderabile che chi prega si trovi in istato di grazia, tuttavia il peccatore… deve pregare anch’egli, e pregare molto, e più del giusto, per impetrare il perdono de’ suoi peccati e riconciliarsi con Dio » (A Lapide), poiché il Signore stesso mette in bocca a Davide queste parole che sembrano paradossali « Tu, o Dio, perdonerai al mio peccato, poichè esso è grande » (Salm. XXIV, 11). E qui osserva. Questa commossa supplica del Salmista non ha forse qualche somiglianza coll’accorata invocazione che il bambino ammalato o ferito rivolge alla mamma nei momenti di maggior sofferenza, dicendole: « O mamma, soffro tanto! Aiutami! »? E che non fa la mamma per alleviare i dolori del figlio, ancorché egli si fosse procurato il male colla sua sventatezza o per non averla voluta obbedire?… Orbene ascolta ciò che ti dice ora il Signore: « Potrà forse una donna — Ei dice — dimenticare il suo figliuolo in modo da non sentir più compassione del frutto delle sue viscere? Oh! se anche questa lo potesse dimenticare, Io invece non mi dimenticherò mai di te! » (Is. XLIX, 15). Anzi guarda fino a qual segno.arriva il buon Dio! « Se uno ripudia la moglie, e questa, allontanatasi da lui, prende un altro marito, il primo ritornerà forse nuovamente da lei?… Ma tu hai peccato con molti amanti! Tuttavia ritorna a me, ed io ti riceverò… Almeno ora dimmi: Padre mio, sei tu la guida della mia virtù! » (Ger. III, 1-3). E il peccatore avrà riguardo di mostrare al Signore le piaghe dell’anima sua, e di dirgli: « Sono stato uno sventato! non ho voluto obbedirti e sono stato molto cattivo verso di te! Ma tu, infinitamente buono, abbi pietà di me, rimedia ai guai da me stesso in me provocati, e guarisci la povera anima mia! » E il Signore non esaudirà una tal supplica? Ma allora a chi concederà Egli la sua misericordia, se non la concede ai miseri? Ah! « se Dio non esaudisce i peccatori — dice S. Agostino — indarno il Pubblicano avrebbe domandato il perdono. Ma il Vangelo ci attesta che il Pubblicano, col pregare, ben ottenne il perdono » (S. Alfonso). Ed invero « quando l’anima gli dice: Signore, io non cerco beni di questa terra, ricchezze, piaceri, onori; ma solo vi domando la grazia vostra: liberatemi dal peccato, datemi una buona morte, datemi il paradiso, datemi il santo amor vostro, datemi rassegnazione alla vostra volontà, com’è possibile che Dio non voglia esaudirla? E quali domande mai — dice S. Agostino esaudirete voi, o Dio, se non esaudite queste che son tutte secondo il vostro cuore? » (S. Alfonso). – Molto opportunamente perciò S. Alfonso mette in bocca a Gesù questa patetica esortazione ai peccatori: « Orsù, peccatori, non vi disanimate; non fate che i vostri peccati vi trattengano dal ricorrere al mio Padre e dallo sperare da Esso la vostra salute se la desiderate. Voi non avete già i meriti per ottenere le grazie che chiedete, ma avete solo i demeriti per riceverne castighi. Fate dunque così: Andate da mio Padre in nome mio, e per i meriti miei cercate le grazie che volete; ed Io vi prometto e vi giuro: In verità, in verità vi dico, che quanto domanderete, il Padre ve lo concederà. Dunque è colla preghiera che i peccatori possono impetrare il perdono delle proprie colpe, è colla preghiera ch’essi riescono a chiamare sopra di sé quell’umiltà e quel coraggio che è loro necessario per farne una fruttuosa Confessione sacramentale, ed è ancora colla preghiera che essi possono ottenere da Dio l’aiuto per conservarsi a Lui fedeli in seguito. Infatti, per mantenersi saldi nei loro buoni propositi, essi non devono mai tralasciare la preghiera, ma servirsene sempre con tutto il fervore possibile, specialmente in tempo di tentazioni. Quindi « non basta — dice il Bellarmino — chieder la grazia della perseveranza una volta o poche volte: dobbiamo domandarla sempre, ogni giorno, sino alla morte, se vogliamo ottenerla. Chi la cerca un giorno, per quel giorno l’otterrà; ma chi non la chiede anche domani, domani cadrà ». — Così S. Alfonso, il quale in un altro luogo ha pur queste parole: « Tante povere anime perdono la divina grazia, e seguono a vivere in peccato, e in fine si perdono perché non pregano e non ricorrono a Dio per aiuto ». — Purtroppo è così! E l’esperienza lo conferma. Io stesso ho spesso veduto che chi, dopo una Missione o un Triduo di predicazione continuò a pregare, si mantenne pur saldo nel bene, anzi divenne sempre migliore; e chi invece abbandonò la preghiera intrapresa, ricadde miseramente, anzi divenne peggiore di prima. E non son solo ad averlo notato. S. Alfonso assai prima di me scrisse: « Troppo lo dimostra l’esperienza, che chi ricorre a Dio nelle tentazioni non cade, e chi non ricorre cade ». – Attenti però ad una specialità (passi la parola). Per liberarsi dai peccati impuri e per preservarsi da essi, talvolta la sola preghiera non è sufficiente: ci vuole, in più, quello che Gesù chiama « il digiuno ». Infatti « questo genere di demoni non si scaccia se non colla preghiera e col digiuno » (Marc. IX, 28); e precisamente digiuno dello stomaco, degli occhi, dell’udito, della gola; e freno alla lingua, alla fantasia e soprattutto alla volontà, l’ufficio della quale è di regolare secondo la legge di Dio tutte le potenze dell’anima e di moderare i sensi e le membra del corpo, comprese le mani e i piedi. Poco può sperar di spegnere colla preghiera la lussuria chi poi volontariamente continua a darle esca da tutti i sensi, resi ancor più fini da una delicata nutrizione. Infatti, la purezza senza la cristiana mortificazione (anche questa però può essere impetrata dalla fervente e continuata preghiera) è impossibile. Invece « frena la gola, e più facilmente frenerai le inclinazioni della carne » (Imit. di Cristo). – Che ci resta dunque a fare dopo queste considerazioni? Due cose. Anzitutto dobbiamo sforzarci di scoprire ai poveri peccatori il grande tesoro della preghiera e di metterlo a loro disposizione, affinché se ne innamorino e ne approfittino. Se ne assumeranno sinceramente, cordialmente e stabilmente la pratica, essi si redimeranno e si salveranno. — E poi,… e poi — come già raccomadai nel precedente capitolo — pregare spesso e molto per essi. Ricordiamo che anche la Vergine Immacolata, che apparve a Lourdes, s’interessò in modo tutto particolare di essi, raccomandando vivamente a S. Bernardetta e — pel tramite di essa — a quanti erano presenti, di pregare per essi. « Pregate — disse — pei peccatori! )) E noi lasceremo cadere nel vuoto questo pio, amoroso ed accorato grido della nostra buona Madre Celeste? Essa, da quello speco benedetto non fece molte parole. Dobbiamo quindi ritenere che, se la dolce ed amabile nostra Signora credette opportuno farci questa raccomandazione in favore dei peccatori, il pregare per essi non solo dev’essere una grande opera di carità, ma anche di somma utilità per noi. Assecondiamo il suo desiderio, e saremo contenti.

LA PREGHIERA DI PETIZIONE (12)