LA PREGHIERA DI PETIZIONE (9)
P- B. LAR – RUCHE
LA PREGHIERA DI PETIZIONE (8)
OSSIA IL MEZZO Più INDISPENSABILOE E NELLO STESSO TEMPO INFALLIBILE PER IMPETRARE DADIO OGNI BENE E SOPRATTUTTO L’ETERNA SALVEZZA.
ISTITUTO MISSIONARIO PIA SOCIETA’ S. PAOLO
N. H., Roma, 15 maggio 1942, Sac. Dott. MUZZARELLI
Imprim., Alba 25 maggio 1942. Cn. P. Gianolio, Vic. Gen.
Tipogr. – Figlie di S. Paolo. – Alba – giugno – 1942.
14 — Lo nostra grande armatura.
Così definisce la preghiera S. Girolamo: « Ecco — egli dice — la grande armatura che ci rende forti ». Non possono quindi recarci più stupore queste altre sentenze dei Ss. Padri: « Dio, promettendo di esaudirci, s’è fatto nostro debitore » (S. Agostino); « Per mezzo della preghiera t’è dato di meritare ciò che brami… Non così presto il ruggito del leone mette in fuga le altre fiere, come la preghiera del giusto sbaraglia i demoni » (Crisostomo); « La preghiera è il flagello dei demoni… La preghiera del giusto è la chiave del Paradiso » (S. Agostino)..« Molti dicono che manca loro la grazia — nota S. Bernardo —; ma la cercano poi essi e la domandano? » Gli Ebrei « invocavano il Signore ed Egli li esaudiva » (Salmo 98, 6). E noi? Noi non siamo esauditi e le nostre cose vanno male, perché non invochiamo l’aiuto del Signore e non ci raccomandiamo alla Madonna. Proprio cosi! Infatti « spesso si lavora molto e si prega poco o niente; e in tal modo si costruisce sulla sabbia! » (Olgiati). Il buon Dio non entra in tante opere nostre: non già perché Egli ne sia positivamente escluso, ma unicamente perché non è invitato ad intervenire. E così anche nel nostro campo si verificano moltissimi « Nisi Dominus cioè: Se il Signore non… », con vergognosi smacchi nostri e grandi gongolii tra le linee degli avversari. Sì, purtroppo è questa la misera storia di tante opere nostre che ci costarono molti soldi e immense fatiche. E questo vedremo ancor meglio quando parlerò della preghiera in relazione all’apostolato. – Ma via i rimpianti, e procediamo nell’esposizione. Il Signore ha promesso, si può dire, infinite volte di esaudire le nostre preghiere. Ascoltiamo alcune di queste promesse. « Domandate — Egli dice — e vi sarà dato, cercate e troverete, picchiate e vi sarà aperto. Poiché chiunque domanda, riceve, chi cerca trova ed a chi bussa sarà aperto. Chi è tra di voi che al figlio che gli chiede un pane, gli dia invece un sasso? o se chiede un pesce gli dia un serpente? Ora se voi, pur essendo cattivi, sapete dare doni buoni ai vostri figliuoli, quanto maggiormente il Padre vostro che è nei Cieli darà cose buone a coloro che gliele domandano? Tutte le cose che domandate nella preghiera, abbiate fede di ottenerle, e le otterrete… Se domanderete qualcosa al Padre nel mio nome, Egli ve la darà. Tutto ciò che chiederete al Padre in nome mio, io lo farò » (Matt. VII, 7-11; Marc. XI, 24; Matt. XCIV, 35; Giov. XIV, 12). E tantissime altre, alcune delle quali già riferite. Nell’Antico Testamento sono innumerevoli gl’inviti alla preghiera e le promesse divine di esaudirle. Specialmente i Salmi e i libri dei Profeti sono, si può dire, un continuo intreccio di accorate invocazioni a Dio, di esortazioni a raccomandarsi al Signore” e di assicurazioni che la preghiera sarà ben accolta ed esaudita con larga generosità. Poi « scorrete la storia del popolo ebreo per tutto il tempo in cui fu governato dai Giudici (ed anche prima ed in seguito): se da una parte vedete una catena di cadute, d’infedeltà, di delitti, d’idolatria e quindi di sciagure, di disastri e di schiavitù; dall’altra si ammira una sequela di perdoni, di benefici e di liberazioni rinnovantesi ogni qualvolta il pentimento gli toccò il cuore e gli aprì la bocca alla preghiera ». Così l’A Lapide, vale a dire uno dei più grandi interpreti della S. Scrittura. Ma non aveva già detta la stessa cosa anche il regal Profeta, quando cantò: « In te sperarono i nostri Padri, sperarono e li liberasti. A te, o Dio, levarono il grido, e furono salvi. Sperarono in te, e non furono delusi »? (Salm. XXI, 5-6). E Gesù a chi mai negò le sue grazie durante la sua amorosa dimora tra gli uomini? Quantunque fosse quasi sempre richiesto di favori materiali (cosa che purtroppo avviene tutt’ora, anche da parte di tante anime pie), pure, da quanto ho potuto rilevare, sol due o tre volte Egli si fece ripregare prima di concedere quanto gli veniva richiesto; e tre sole volte Egli non assecondò le preghiere fattagli: la prima quando si rifiutò di far discendere – sulla istanza degli Apostoli – il fuoco sopra un villaggio della Samaria che non aveva voluto accogliere la loro comitiva (Luc. 9, 51-56); la seconda quando, senza apertamente respingerla, non diede soddisfazione a quegli stessi discepoli che, a mezzo della madre, gli avevano fatto la richiesta di poter un giorno sedere uno alla sua destra ed uno alla sua sinistra (Matt. 20, 20-23); e la terza quando non volle intromettersi in una questione ereditaria (Luc. 12, 13-14). Fatte queste più che giustificate eccezioni, tutte le altre volte in cui fu richiesto di favori, di grazie ed anche di veri e grandi miracoli — e furono moltissime — Gesù esaudì più che generosamente le suppliche rivoltegli. Dopo ciò oso fare una domanda che metterà certamente più di uno nell’imbarazzo. Tanti si lamentano di non essere esauditi nelle loro preghiere. Ora è forse diverso Iddio? o Gesù non è più quale si manifestò quando visse tra gli uomini?… No, no; a costo di farmi lapidare, m’arrischio invece a dire che le disposizioni di questi « pregatori » non sono quelle di coloro che domandavano grazie a Gesù, e che appunto ed unicamente per questo le loro preghiere non sono ascoltate. Sì, per questo — dirò loro con S. Giacomo — proprio « per questo non ricevete: perchè pregate male » (1Giac. 4, 3). Ben può dunque il buon Dio, dopo tante promesse e dopo tanti segni della sua generosa fedeltà alle medesime, gettarci questa sfida: « Chi mai invocò il Signore, e ne fu disprezzato » e respinto? Si faccia avanti! (Eccli. II, 12). Eh, no! se siamo giusti e sinceri, dobbiamo riconoscere che « il Signore sta vicino a tutti coloro che lo invocano con sincerità » (Salm. CXIV, 18) e che ancor « me esaudirà il Signore, se griderò a Lui » (Salm. IV, 4). Iddio non disdice le sue promesse e non è estroso e volubile come noi! Ed allora ognuno di noi deve fare suo ciò che scrive l’Abate Rosmini : « Io sono intimamente persuaso che, se tutto il popolo cristiano pregasse, quel tanto che prega, con intelligenza di ciò che dice e con conseguente affetto del cuore, in breve tutta la Chiesa e la Società sarebbero rinnovate nello spirito di Cristo ». Si, è vero che « molti Dio non esaudisce secondo il loro desiderio, ma bensì secondo conviene alla loro salute » (S. Isidoro), e fa assai bene a diportarsi così, poichè « il medico conosce meglio dell’ammalato ciò che gli conviene » (S. Agostino). Dobbiamo però saldamente ritenere che, se è ben fatta, « tanta è l’efficacia della preghiera, tanta la sua forza e i suoi buoni effetti, che non v’è cosa che non possa essere impetrata e vinta dalla medesima (A Lapide). Perciò « pregate, pregate, pregate! La preghiera è la chiave dei tesori di Dio; è l’arma del combattimento, della vittoria in ogni lotta per il bene, contro il male » (Pio XII, il 5-X-1940). E non solo dobbiamo ritenere per certo che Dio esaudirà le nostre preghiere e suppliche; ma dobbiamo per giunta persuaderci che « quando noi domandiamo le grazie, Egli — che è il più buono dei padri — ci dà più di quello che gli domandiamo » (S. Alfonso). – Dunque — dirà qui taluno — Iddio per esaudirci sconvolgerà perfino l’ordine delle cose e muterà anche le ordinarie disposizioni della sua Provvidenza? — Si, « ove fosse pur necessario far mutare a Dio il consueto ordine della sua Provvidenza, costringerlo a cambiare in nostro favore le leggi generali, a sorgere e a stendere il suo braccio onnipotente, anche questo potere avrebbero le nostre preghiere, purchè animate dalla fede e continuate con invincibile pazienza » (P. Ramière S. J.). Ma allora dove se ne va la sua immutabilità? Oh! è presto provvisto. Quel Dio che ha preveduto da tutta l’eternità la nostra preghiera, ha pure predisposta da tutta l’eternità la grazia od — all’occorrenza — anche il miracolo che in tal tempo, in tale circostanza e in favore della tal persona avrebbe fatto. Per sostenere l’efficacia della preghiera, di qualunque preghiera, non è affitto necessario crearsi un Dio che si lasci sballottare di qua e di là, come un burattino, dai fili delle nostre preghiere. No; « la parola del Signore rimane in eterno. E questa è la parola che viene annunziata a voi: In verità, in verità vi dico: Qualunque cosa domanderete al Padre in nome mio, Egli ve la darà » 1 Pietr. 1, 25; Giov. XVI, 23).
15. — Quella che ci salva dai peccato e dall’inferno.
Ora se tanto si può dire dell’efficacia della preghiera in generale, tanto maggiormente si può sostenerlo quando essa vien fatta per impetrare la liberazione dal peccato, dai vizi, e dall’inferno. Ed è soprattutto a questo che io miro colla presente opera. Infatti che ci gioverebbe l’essere da Dio esauditi e prosperati in ogni cosa economica e materiale su questa terra, se poi non potessimo ottenere da Lui ciò che costituisce già quaggiù la nostra vera pace, e poi di là l’eterna gioia delle anime nostre? Mi pare che questo solo sarebbe piuttosto pochino per chi anela ad una felicità senza fine. – Ma no; noi dobbiamo invece senz’altro credere e ritenere che la preghiera è efficacissima soprattutto in questo: nell’impetrare cioè dal Signore l’aiuto che ci è necessario per liberarci dal peccato, per svincolarci dalle nostre cattive abitudini, per compiere atti virtuosi e meritori di premio soprannaturale, per conservarci in grazia di Dio, per resistere alle tentazioni, e per raggiungere infine l’eterna beatitudine del Paradiso. Si tratta, qui, dello scopo essenziale di tutta la nostra vita presente e futura; e quindi quel Dio, che ci provvede così bene di tutto ciò che sia necessario ed utile al nostro benessere materiale e temporale, certo non manca di provvederci anche di quei mezzi e di quegli aiuti che occorrono affinché possiamo raggiungere l’unico necessario per cui fummo creati. Ne va di mezzo anzitutto il suo onore e poi anche la nostra sorte eterna. – Iddio infatti ci vuole buoni e contenti quaggiù, per poterci poi rendere soprannaturalmente felicissimi per tutta l’eternità. E siamo pur destinati a formar la corona della sua gloria nel Paradiso. Noi però colle sole nostre forze non possiamo essere buoni nè quanto né come Egli vuole, e neppur ascendere a tanta altezza. Interviene allora Egli stesso colla sua grazia, costituendoci prima nello stato soprannaturale, ed aiutandoci in seguito — si può dire — atto per atto a raggiungere lo scopo della nostra esistenza. Ma per concederci un aiuto tale che consegua davvero il suo effetto, Egli esige — aiutandoci anche in questo — una cosa sola: che gli chiediamo con fiducia e confidenza tale aiuto e che ci sforziamo di assecondare le buone ispirazioni del suo Spirito in noi, giusta il detto del Salmista « Sta sottomesso al Signore, e pregalo… Mostra al Signore la tua via, confida in Lui, ed Egli farà » (Salmo XXXVI): ciò che sulle tracce di S. Agostino — insegna lo stesso, Concilio di Trento, là dove dice: « Iddio non comanda cose impossibili; ma — comandando — ammonisce di fare ciò che puoi e di domandare ciò che non puoi, ed Egli aiuta affinchè tu possa farlo ». È proprio così: « Dio guarisce infallibilmente l’anima senz’oro nè argento. Non esige altro che la preghiera, e guarisce sempre l’anima che prega e per cui si prega, per quanto grave e mortale sia il male che la travaglia. La preghiera risana i Malati spirituali. Essa è pronto ed efficacissimo rimedio per colui che è fortemente tentato dai vizi » (S. Lorenzo Giustiniani in De intern. confl.). Quando però siamo tentati al male, dobbiamo anzitutto umiliarci davanti a Dio, e se eventualmente avessimo dato luogo alla tentazione, anche pentirci e, per quanto ci è possibile, ritrarci dall’occasione. Ma poi ricordiamoci che se « il Signore non è sempre obbligato a darci una grazia che sia proporzionata alla tentazione », però « è obbligato, quando siamo tentati, e a Lui ricorriamo, di somministrarci, colla grazia, la forza bastante con cui possiamo, in quel caso, veramente resistere alla tentazione (Card. Gotti, citato da S. Alfonso). Per cui — conclude S. Alfonso stesso — se mai restiamo soccombenti e vinti « restiamo vinti solo per colpa nostra; perchè non preghiamo ». Perciò « quando ci troviamo in qualche pericolo di offender Dio o in altro affare di conseguenza, e confusi non sappiamo ciò che dobbiamo fare, raccomandiamoci a Dio; e siamo sicuri che Iddio allora ben c’illuminerà e ci salverà da ogni danno ». (S. Alfonso). Dobbiamo infatti ritenere che « come per mezzo dell’acqua si spegne il fuoco, così per mezzo della preghiera si supera l’impeto della disordinata concupiscenza », che in tanti è si forte e provocante al male (S. Lorenzo Giustiniani). – Anche l’A Lapide, che conosce la S. Scrittura nei suoi più intimi meandri, non è meno esplicito, quando dice: « Chi vuol liberarsi dal peccato e rompere le catene della sua vergognosa schiavitù, preghi. Dio spezzerà i suoi ceppi e gli userà misericordia. Il peccatore non può da solo convertirsi e ottenere salvezza; ma gli è necessaria la grazia di Dio. Ora per mezzo della preghiera si ottengono tutte le grazie ». « Preghiera e grazia — dice un altro — stanno in proporzione diretta: il giorno in cui avrete imparato a pregare, sarà assicurata la grazia, e, con la grazia, la salvezza eterna » (Sac. Giorg. Canale di Fossano). – Non son quindi esagerate le seguenti parole di S. Alfonso De’ Liguori : « Bisogna persuadersi che dal pregare dipende tutto il nostro bene: dal pregare dipende la mutazione della vita, dal pregare dipende il vincer le tentazioni, dal pregare dipende l’ottenere l’amore divino, la perfezione, la perseveranza, la salute eterna » (Prat. d’amar G. C. XVII, 14). E altrove: « Dico e replico e replicherò sempre, sino a che ho vita, che tutta la nostra salute sta nel pregare; e che perciò tutti gli scrittori nei loro libri, tutti i sacri oratori nelle loro prediche e tutti i confessori nell’amministrare il sacramento della penitenza, non dovrebbero inculcare altra cosa più di questa, cioè di pregare sempre; con sempre ammonire, esclamare e ripetere continuamente: Pregate, pregate e non lasciate mai di pregare » (Del gran mezzo della pregh. H p. c. 4). Così S. Alfonso, carico della sua esperienza di 90 anni, grande Santo, grande missionario, grande Vescovo, è definito dallo stesso Vicario di Gesù Cristo per « il gran Dottore della preghiera ». – Però la dottrina qui esposta a molti non sembra retta. Tanti infatti, imbevuti dello spirito razionalista, che oggi domina dappertutto, sentenziano: « Ma che pregar tanto! Bisogna sopratutto cooperare con tutte le nostre energie alla grazia, vigilare su noi stessi e su quanto ci attornia, fuggire le occasioni di peccato, intervenire ai catechismi e alle prediche per istruirci nei nostri doveri, bisogna specialmente confessarci bene, fare saldi propositi di virtù e frequentar la Sacra Mensa. Ecco ciò che bisogna fare! » — Sì, cari! bisogna proprio arrivare a far tutto questo ed altro ancora. Ma osservate un po’: Chi vi darà il lume e la forza per farlo? Non forse Dio stesso colla sua grazia efficace? E possiamo noi avere questa grazia efficace senza domandarla istantemente a Dio?… Convincetevi che noi « non soddisferemo mai le nostre obbligazioni, se non chiediamo a Dio l’aiuto per adempirle » (S. Alfonso). Ma non ci sono pure — oltre la preghiera — altri mezzi, atti ad impetrarci da Dio le grazie che ci occorrono per liberarci dalla colpa, mantenerci in grazia di Dio e preservarci dall’inferno? — Sì, ce ne sono, e tanti; ed io stesso in tempi precedenti mi sono già presa la non lieve .briga di raccoglierne i principali in un opuscolo. Però torno a ripetere con S. Alfonso che «gli altri segni (o mezzi) della nostra salvezza son tutti incerti e fallibili; ma che Dio esaudisca chi lo prega con confidenza è verità certa ed infallibile, come è infallibile che Dio non può mancare alle sue promesse ». – Ora, dopo quel poco che ho detto e di fronte al tantissimo che ancora potrei dire, mi sembra che tutti possiamo venire alla chiara conclusione alla quale venne l’esimio filosofo della Compagnia di Gesù, P. Gius. Mauri: «L’unica differenza che passa fra i Santi e noi — ei disse — è questa: i Santi hanno pregato di più. Se noi pregassimo come loro, diverremmo Santi come loro; se pregassimo più di loro, li supereremmo in santità ». Altro che evitare solo il peccato mortale e l’inferno! Divenire Santi possiamo, e grandi Santi; e ciò con poca spesa e fatica. – Ed allora?… Allora preghiamo, preghiamo, preghiamo!