LO SCUDO DELLA FEDE (275)

LO SCUDO DELLA FEDE (275)

P. Secondo FRANCO, D.C.D.G.,

Risposte popolari alle OBIEZIONI PIU’ COMUNI contro la RELIGIONE (18)

4° Ediz., ROMA coi tipi della CIVILTA’ CATTOLICA, 1864.

CAPO XVIII

PROFEZIE

I. Le profezie sono oscure; II. Mai non si può aver certezza di esse. III. Un uomo si adattò a certe vaghe tradizioni e si spacciò come Dio.

Dopo i miracoli, le profezie sono, secondo affermazione di Gesù Cristo, un testimonio splendidissimo della verità cristiana. Ed il divin Salvatore che diceva che le opere che Ei faceva, cioè i miracoli, rendevano a Lui testimonianza, affermava pure che tutte le Scritture parlavano di Lui e lo annunziavano. Il perché la santa Chiesa fece sempre grandissimo conto di esse, e se ne valse i tutti tempi, sia presso i popoli gentileschi, cui annunziava la fede la prima volta, sia presso i fedeli che già l’avevano abbracciata, per confermarli viepiù in essa. Ma che? Anche queste dovevano essere dalla incredulità recate in dubbio. Ed in qual modo? Eccolo.

.I. Le profezie, dicono in primo luogo, sono piene di oscurità: come dunque venire in cognizione di cose oscure, per mezzo di ragioni anche più oscure? Per rispondere a questa difficoltà, chiediamo in primo luogo, sono esse oscure prima che si avverino, oppure se anche quando sono avverate? Se almeno dopo il loro compimento non fossero chiare, fossero manifeste, sicché al tutto non si potessero negare, non basterebbero a rendere piena testimonianza alla verità? Certo sì: allora si vedrebbe che quelle parole, che per un qualche tempo tenevano le menti incerte, avevano un chiaro significato, e riscontrandole coll’evento, sarebbero l’espressione di una verità: questa verità poi, dall’essere stata con profezia autenticata, riceverebbe tutta la sua forza. Così, a cagione di esempio, vien detto al serpente, dopo la caduta dei nostri primi padri, che la stirpe della donna gli schiaccerà il capo: similmente ad Abramo, ad Isacco, a Giacobbe, che nella loro stirpe, saran benedette tutte le genti. Ora poniamo che fino al Messia non si veda ancora chiarissimo, né chi sia quegli che debbe operare sì grandi fatti, né in qual modo debbano essere operati; tuttavia, dopoché Gesù Cristo figliuolo di Maria e discendente della stirpe di Abramo, d’lsacco, di Giacobbe è comparso al mondo ed è diventato fonte d’ogni benedizione, quelle profezie divengono chiarissime ed innegabili. Quanti detti arcani, misteriosi, non si ripetono tutto giorno di filosofi, di poeti, di oratori, i quali, al primo udirli, non s’intendono; ma poi, appressati ad un fatto, da tutti si comprendono, sicché più niuno dubita del loro significato! Ora se anche fossero misteriose le profezie in questo modo, non proverebbero ugualmente che è divino quello spirito che le ha dettate, poiché ha potuto per mezzo di esse indicare fatti lontani fuori di ogni umana cognizione? Ma la verità è poi che se vi sono alcune profezie di questa fatta, che cioè si schiariscono solo col metterle a confronto dei fatti, ve ne ha poi moltissime che sono sì chiare, che non possono non intendersi da chiunque le prenda a leggere: però il dire universalmente che le profezie sono oscure è fuori d’ogni verità. Il patriarca Giacobbe, per esempio, afferma che non uscirà la dominazione temporale dalla tribù di Giuda, prima che venga quello che dev’essere mandato. Mosè dice chiaro ai Giudei che Iddio loro susciterà un profeta simile a lui, e che se non l’ascolteranno, Iddio ne sarà vindice. Nel salmo 109 David parla chiaramente di un sacerdote secondo l’ordine di Melchisedecco. Il salmo 21 descrive a lungo tutte le pene del divino Salvatore, con tutte le più minute circostanze di esse. Lo stesso si ripete nel cap. 53 d’Isaia e con tanta esattezza che sembrano piuttosto due Evangelisti che scrivano dopo il fatto, che non due profeti che annunzino avvenimenti, che tarderanno tanti secoli ad avverarsi. Similmente qual cosa più chiara della profezia di Michea, che determina Betlem qual luogo della nascita del Messia? Qual Profezia più manifesta che quella di Daniele, il quale definisce 490 anni prima il momento della sua morte? Come poteva dirsi più chiaramente l’indole mansueta, le virtù, i prodigi d’ogni sorta che avrebbe fatti Gesù, di quello che lo scrivesse Isaia? La venuta nel tempio, che allora si stava solo fabbricando, fu scritta da Aggeo; la sostituzione del sacrifizio dei nostri altari alle antiche oblazioni, da Malachia; la risurrezione di Gesù Cristo, da David; le glorie della santa Chiesa, da Isaia; e ciò per tacere d’innumerevoli altre profezie chiare, solenni, autentiche, riconosciute come appartenenti al divin Redentore perfino dai Giudei. Né niun dica che se fossero state sì chiare, i Giudei le avrebbero riconosciute: perocché anzi se i Giudei le avessero riconosciute, già più non sarebbero vere le profezie. Imperocché quelle medesime profezie che annunciavano Gesù e la sua vita e le sue opere divine, annunziavano pure che il suo popolo non l’avrebbe riconosciuto, che per pena di ciò ne sarebbe stato ripudiato e disperso per tutta la terra, senza tempio, senza altare, senza sacerdote, senza sacrifizio: che in sua vece sarebbe subentrato il popolo gentile; che questo avrebbe riconosciuto Gesù, e che fra le genti sarebbe stato grande il nome di Dio, che esse avrebbero avuto l’oblazione monda, e che sarebbero state il popolo del Signore. – Le quali profezie tutte noi vediamo con alto nostro stupore pienamente e chiaramente verificate. Non può dunque in niun modo rifiutarsi la validità della prova che si trae dalle profezie in favore del Cristianesimo sotto il pretesto dell’oscurità.

II. Altri invece dicono che, qualunque cosa si tenga delle profezie, mai non si potrà avere certezze intorno ad esse. Imperocché onde faccia prova una profezia, si richiedono tre cose: che io sia testimone della profezia; che io sia testimone dell’avveramento di essa; che mi sia dimostrato che non per caso l’effetto si accordò col predicimento. Ora come posso io mai esser certo di tutto ciò, e senza questa certezza come posso fidarmi di una profezia? Questa difficoltà che viene ripetuta da vani increduli, quasi fosse senza replica, ha poi veramente qualche forza? Non è altro che una triplice falsità e gravissima chi ben la consideri. Perché io sia certo di una profezia, dicono in primo luogo, si chiede che io sia testimonio di essa: e questo è al tutto falso. Imperocché non accade menomamente che io l’abbia intesa coi miei orecchi, basta che mi sia testificata con prove al tutto certe che essa fu fatta. Ora nel caso nostro le profezie che riguardavano il Redentore, erano confermate da tutto il popolo giudeo diffuso e sparso per molte nazioni, erano scritte in molti libri, erano tradotte in molte lingue diverse, erano conosciute fino dai Gentili, e ciò molti secoli prima che il Redentore apparisse al mondo. Quindi, senza averle udite di proprio orecchio, io sono più sicuro che esse esistevano, che se le avessi udite. – Che io sia testimonio del loro compimento: e questa è una solennissima falsità. lmperocché il compimento di essa è un fatto, ed i fatti mi possono constare per mille prove al tutto indubitate, senza che io li abbia veduti cogli occhi miei, se già non vogliamo negare tutti i fatti della storia antica e moderna, ai quali noi non siamo intervenuti colla presenza. Nel caso poi speciale dei fatti che riguardano il divino Redentore, non solo noi abbiamo le storie sacre e le profane, diciotto secoli di testimonianze, ed ogni sorta di monumenti che ci fan fede di quanto gli appartiene; ma fino ai dì nostri rimangono in piedi le prove parlanti che Egli fu sulla terra, che operò, che fondò una Chiesa, che le diede leggi, che istituì riti, che stabilì una religione con sacrifizi, sacramenti e pratiche speciali di divin culto. Il perché non vi ha nessun bisogno di aver veduto cogli occhi proprio quello, di che rimangono prove così patenti: come non vi ha bisogno per credere che esista l’America, di averla veduta cogli occhi propri, in faccia a tante testimonianze che noi possediamo della sua esistenza. È falso finalmente che non si possa conoscere se l’avveramento di esse sia opera del caso; oppure di una sapienza provvida che l’abbia disposto. Imperocché si conosce invece benissimo che il caso non può operare con senno, e combinare insieme tante profezie così disparate, quali sono quelle che riguardano il Redentore con tutte le circostanze del suo tempo, della sua venuta, della sua nascita, della sua infanzia e gioventù, dei miracoli, della vita, morte e risurrezione, della fondazione della Chiesa, e somigliante. – Un caso che operasse con tanto senno, sarebbe infinitamente più meraviglioso che non qualunque profezia per quanto straordinaria. Inoltre, tanto è impossibile che il caso abbia verificate le profezie, quanto molte di queste profezie non si potevano verificare se non per una virtù al tutto superiore alla naturale, cioè miracolosa, ed i miracoli sono opera dell’onnipotenza divina. Il profetizzare eventi che non possono aver luogo senza miracolo, è lo stesso che dire, ché Iddio concorrerà a suo tempo con la sua onnipotenza a sostenere quello che il profeta prenunzia, cioè che l’opera dell’uomo si congiungerà con quella di Dio; e se la profezia fosse una pura invenzione umana, che Dio a suo tempo, per darle credito, si farà complice dell’umana perversità. Eppure è indubitato che le profezie, di cui parliamo, contengano il predicimento di molti eventi miracolosi, quali sono che Gesù sia per nascere di Madre Vergine, che sia per dare la vista ai ciechi, la favella ai intitoli, la dirittura agli storpi, agli infermi la sanità, che abbia da risorgere da morte a vita per virtù propria, che abbia a salire in cielo, ed andate dicendo. In tutti questi eventi il caso non poteva avere luogo, né la natura, poiché sono opere che superano la forza dell’uno e dell’altro: ed appare limpido che come Dio solo poteva sapere quello che avrebbe fatto liberamente; così Dio solo poteva ispirare ai profeti tanto tempo prima quello che avrebbe fatto. Resta dunque che la difficoltà, proposta con tanta sicumera, non sia altro che un sofisma da illudere le menti più grossolane.

III. Finalmente, ripiglian altri, un uomo della Galilea avendo osservato che il popolo giudaico, secondo certe tradizioni popolari, aspettava un liberatore, egli stesso si presentò qual desso, e adempiendo in sè alcune di quelle condizioni, che, secondo quelle menti rozze, dovevano accompagnare il sospirato liberatore, ottenne credito ed ingannò un popolo sempre vago di scuotere il giogo della straniera dominazione. Ecco tutta la forza dell’argomento tratto dalle profezie in favore del Cristianesimo. Così essi. Per verità ci voleva tutta la empietà del secolo passato ad apportare siffatta spiegazione, e tutta la leggerezza del presente per accettarla. – Vi erano certe tradizioni popolari che promettevano un futuro liberatore. Ma e dunque chi aveva formate queste tradizioni? Come si era destata una tale espettazione? E come aveva preso piede sì ampiamente che tutta la Giudea ne era piena? Come si era sparsa fra Gentili per modo che gli storici greci e romani la conoscessero? Come la cantavano i poeti sotto di Augusto, in Roma stessa, applicandola per adulazione ora all’uno ed ora all’altro dei Cesari? Un effetto così universale, così solenne. non dovette avere qualche fondamento? Sarebbe strano se dicessimo che vi erano veramente delle profezie? Ma come poi negarle, se il popolo giudeo aveva dei libri, nei quali era descritta profeticamente tutta la vita del futuro liberatore, e se questi libri erano noti a’ Gentili e trasportati già in lingua greca qualche centinaio d’anni prima che il liberatore comparisse? Come negare, io torno a chiedere, che vi fossero profezie? Gesù Cristo le applicò a sé senza che le appartenessero, dicono. È meraviglioso questo trovato. Se le applicò a sé, dunque vi erano; se vi erano, ad alcuno dovevano appartenere, e finora non si sa che nessuno, da Lui in fuori, le abbia in sé stesso verificate. Ma poi tanto è impossibile che altri le applicasse a sé per frode, quanto è impossibile che gli uomini abbiano azione prima di esistere. In queste profezie abbiamo appuntato il popolo, la tribù, la famiglia da cui sarebbe nato, la patria e la madre che avrebbe avuto, la fuga che fanciullo avrebbe dovuto fare in Egitto, il modo onde lo avrebbero perseguitato; la morte che avrebbe sostenuta, la sua risurrezione, la fondazione della sua Chiesa colle lotte e colle vittorie di lei. Or di grazia, come poteva un uomo far verificare di sé tutte quelle circostanze, che evidentemente non dipendevano dalla sua volontà? Come piegare e trarre tutte le volontà a cospirare colla sua? Era vaticinato che sarebbe nato in Betlemme dalla famiglia di David, morto nella settimana determinata da Daniele, nel termine del regno di Giuda annunziato da Giacobbe: come, dunque, prima di nascere ha potuto un uomo ordinare sì fattamente le predizioni a sé, o sé alle predizioni, sì che coincidessero per l’appunto? Come ha fatto ancor fanciulletto a combinare la persecuzione di Erode per dover fuggire in Egitto, secondo la profezia? Come ispirare ai suoi nemici il consiglio di dargli morte e dargliela di croce, colle circostanze tutte degl’insulti, del fiele, del dividersi le sue vesti e trarle a sorte, siccome esigevano le profezie? Abbiamo la vita di Gesù scritta nei profeti tanti secoli prima e con tanta minutezza, che sembra più una storia, narrata dopo il fatto, che un predicimento dell’avvenire; l’abbiamo sì autentica, che non la possono negare i Giudei medesimi, sfidati nemici di Gesù Cristo, e potè tuttavia Gesù Cristo fingere e mostrare in sé verificate quelle circostanze che non erano in sua mano, perché dipendevano dalla libera volontà di uomini svariatissimi nel pensare e negli interessi? – Per fermo non potrà negare di avere una fede molto robusta chi si sente la forza d’ammettere tali assurdi: noi Cattolici, per quanto siamo tacciati di troppa credulità, noi non sentiamo la forza di crederli. – Meno strani riuscivano gl’idolatri, i quali, al sentirsi recitare le antiche profezie, ed al vedersele mostrate così per l’appunto verificate nella persona di Gesù Cristo, dicevano che noi le avevamo inventate dopo il fatto; poiché rispondevano troppo esattamente all’evento: ma noi, che non possiamo dubitare dell’anteriorità di esse per la testimonianza che ce ne fanno i Giudei sfidati nemici di Gesù, per la testimonianza dei filosofi gentili, i quali già prima della morte di Gesù le conoscevano; noi, non potendo ricorrere allo spediente di negarle, non possiamo, finché vogliamo operare ragionevolmente, disconoscerne l’autorità. Che se le profezie sono di quel peso che ognun vede, quanto è dunque sicura quella fede che ne può vantare tante e così solenni in suo favore!