IL CATECHISMO DI F. SPIRAGO (XXIV)
CATECHISMO POPOLARE O CATTOLICO SCRITTO SECONDO LE REGOLE DELLA PEDAGOGIA PER LE ESIGENZE DELL’ETÀ MODERNA
DI
FRANCESCO SPIRAGO
Professore presso il Seminario Imperiale e Reale di Praga.
Trad. fatta sulla quinta edizione tedesca da Don. Pio FRANCH Sacerdote trentino.
Trento, Tip. Del Comitato diocesano.
N. H. Trento, 24 ott. 1909, B. Bazzoli, cens. Eccl.
Imprimatur Trento 22 ott. 1909, Fr. Oberauzer Vic. G.le.
SECONDA PARTE DEL CATECHISMO:
MORALE (5).
4. IL CULTO DEI SANTI.
Chiamiamo santi tutti coloro che sono morti in stato di grazia e che quindi sono in cielo ma soprattutto quelli che la Chiesa ha canonizzato.
La canonizzazione di per sé non ha il potere di ammettere nessuno in cielo; è la dichiarazione solenne del Papa, a nome della Chiesa, che una tale o tale persona (dopo un’indagine sull’intero corso della sua vita) ha vissuto una vita santa che (in base ai miracoli provati da essa operata) è in cielo e che dovrebbe essere venerata dalla Chiesa cattolica. La canonizzazione è sempre preceduta dalla beatificazione, che permette al santo di essere venerato da una parte della Chiesa, mentre la canonizzazione riguarda tutta la Chiesa. L’indagine sulla vita e sui miracoli di coloro che sono stati proposti per la canonizzazione è condotta da una giuria composta da cardinali, avvocati, medici e studiosi, e può avvenire solo 60 anni dopo la morte del santo. – A causa del loro numero, la differenza di luminosità e il fatto che la loro vita è più celeste che terrena, i santi possono essere paragonati alle stelle; alle pietre preziose, perché sono rari tra gli uomini, preziose agli occhi di Dio; a pecore, perché per carità si sono sacrificate per i loro simili; ai cipressi il cui legno non marcisce mai, perché hanno evitato la corruzione del peccato; ai cedri del Libano per la loro perfezione; al giglio odoroso, perché le loro virtù si diffondono come profumo tra gli uomini; all’incudine, che resiste ai colpi di martello, perché sono rimasti invariabilmente saldi, nonostante i colpi del destino (S. Efr.); al paradiso terrestre che era irrigato da 4 fiumi, perché possedevano le quattro virtù cardinali (S. Isid.); sono le colonne della Chiesa, perché la sostengono con le loro preghiere. (S. Cris.); sono per la Chiesa ciò che le torri sono per le città; le danno forza e grandezza.
La Chiesa desidera che veneriamo pubblicamente i Santi da essa canonizzati.
La Chiesa sa che il culto dei Santi è buono ed utile per noi (Conc. de Tr. 25); Perciò approfitta di ogni circostanza per incoraggiarci a farlo, dà ad ogni nuovo membro della Chiesa il nome di un Santo, come fa per la Cresima; in ogni giorno dell’anno, ricorda nel suo ufficio la memoria di uno o più santi; espone immagini di santi nelle sue chiese e li invoca nelle sue funzioni (messa, litanie, ecc.).
1. NOI ONORIAMO I SANTI PERCHÉ SONO GLI AMICI DI DIO, I PRINCIPI DEL CIELO ED I NOSTRI BENEFATTORI; IN PIÙ QUESTO ONORE CI PROCURA MOLTE GRAZIE DA DIO.
Onoriamo i santi perché saranno sempre amici e servitori di Dio. Chi onora un capo di Stato onora anche i suoi servitori, ministri, rappresentanti, ecc. Onoriamo i servitori perché questo onore si riflette sui padroni. Ed è questo il motivo per cui sono amati sopra ogni cosa sulla terra (Sant’Alfonso). Durante la loro vita, i Santi hanno rifuggito dagli onori; sono stati disprezzati, vituperati e perseguitati Dio vuole quindi che le loro virtù risplendano e che siano venerati da tutta la cristianità. (Cochem). Dio vuole anche che i fedeli di ordine inferiore ottengano la loro salvezza eterna per mezzo di quelli di ordine superiore. (S. Th. d’Aq.). Dio stesso onora i Santi ed opera meraviglie attraverso la loro intercessione e spesso punisce in modo eclatante coloro che li deridono. Gesù Cristo stesso ha detto: “Se qualcuno mi serve, il Padre mio lo onorerà”. (S. Giovanni, XÏJ, 26). – Noi onoriamo i Santi per il posto d’onore che occupano in cielo. Se già rendiamo onori così grandi ai governanti con cui Dio governa la terra, quanto più dovremmo onorare gli spiriti celesti di cui si serve per guidare la sua Chiesa, interi popoli, nonché per la salvezza degli uomini, e che di conseguenza sono di gran lunga superiori in dignità ai re (Cat. rom.). La maggior parte dei Santi hanno meritato il bene dell’umanità. Alcuni hanno estirpato il paganesimo nei nostri Paesi (come San Martino in Gallia, san Bonifacio in Germania); altri hanno preservato la fede per noi (Sant’Ignazio di Loyola fondando la Compagnia di Gesù) o hanno scritto libri di grande valore (ad esempio, sant’Agostino e san Francesco di S.). Dio spesso risparmia gli uomini per amore dei Santi: Sodoma sarebbe stata sarebbe stata risparmiata se ci fossero stati 10 giusti. (Gen. XVIlï, 32). Dio ha benedetto tutta la casa di Putifar a causa di Giuseppe (I. Gen. XXXIX( 5). 11 lasciò il suo regno a Salomone, Salomone, nonostante la sua perversione, a causa dei meriti di Davide (III Re XI, 12), e i giorni del giudizio saranno abbreviati a causa degli eletti. (S. Matth, XXIV, 22). I Santi pregano Dio dopo la loro morte per i loro parenti ed il loro popolo. Il profeta Geremia, dopo la sua morte, non smise di pregare per il popolo ebraico e per la città santa. (II. Mach. XV, 14). I Santi in cielo e i Cristiani sulla terra sono membri dello stesso corpo. Quando un membro soffre, tutti gli altri soffrono con lui e si sostengono a vicenda, ed è per questo che i Santi in cielo ci sostengono con le loro preghiere. (S. Bonav.). Grandi onori vengono tributati agli uomini che si sono dedicati ai loro contemporanei; si erigono loro statue, si celebrano i loro meriti in discorsi e canti, ed i loro nomi vengono dati ad istituzioni, città, monti e strade. Il faraone ha ricoperto Giuseppe di onori per i suoi servizi all’Egitto ed i Santi sono stati tra i maggiori benefattori dell’umanità. Certamente onoreremmo chi ci ha salvato da un naufragio, a maggior ragione dobbiamo onorare chi ha sopportato tanto dolore per salvarci dalla morte eterna. – Il culto dei Santi è sommamente utile (Concilio di Trento, 25); ci ottiene molti benefici da Dio e soprattutto la pronta risposta alle nostre preghiere. Quando desideriamo un favore da un sovrano della terra, lo otteniamo molto più sicuramente e prontamente attraverso uno dei suoi ministri. Così è con Dio, e più intercessori abbiamo, meglio è. DIO può concedere a molti Santi ciò che avrebbe rifiutato ad uno solo, così come un abate non rifiuterà facilmente un favore che gli viene chiesto da tutti i religiosi dell’abbazia. I mendicanti di una città chiedono il pane di strada in strada. Così nella città celeste dobbiamo passare per le strade degli Apostoli e dei martiri, vergini e confessori per chiedere la loro intercessione presso Dio. (S. Bonav.).
2. NOI ONORIAMO I SANTI, CHIEDENDO A DIO LA LORO INTERCESSIONE PRESSO DIO, CELEBRANDO ANNUALMENTE LE LORO FESTE, VENERANDO LE LORO IMMAGINI E RELIQUIE; PORTANDO I LORO NOMI, METTENDO LE COSE IMPORTANTI SOTTO LA LORO PROTEZIONE, LODANDO I LORO MERITI IN DISCORSI E NEGLI INNI. MA IL MODO MIGLIORE PER ONORARE I SANTI CONSISTE NELL’IMITAZIONI DELLE LORO VIRTÙ.
Dobbiamo essere compagni dei Santi in cielo, così da essere uniti a loro apparteniamo alla stessa grande famiglia, alla comunione dei santi; essi si interessano a noi, soprattutto se li invochiamo, cioè se chiediamo loro di intercedere per noi presso Dio. Invocandoli, riconosciamo il valore delle loro preghiere, è quindi allo stesso tempo un’espressione del nostro rispetto. – Celebriamo la festa dei Santi. I primi Cristiani annotavano il giorno della morte dei martiri, in modo da poterla celebrare annualmente. (S. Cipr. Il mondo celebra giubilei di eventi importanti; perché la Chiesa non dovrebbe farlo? Tuttavia, la maggior parte delle feste dei Santi sono celebrate senza solennità, solo alcune, secondo le usanze di ogni paese, sono giorni festivi. – Veneriamo i ritratti dei nostri genitori, quelli dei sovrani o degli uomini famosi ; ci piace ricordare i membri della nostra famiglia; custodiamo oggetti appartenuti a uomini famosi, della armi di eroi, l’aratro dell’imperatore Giuseppe II); i francesi hanno perfino un tempio a Parigi, il Panthéon, in cui sono sepolti i loro grandi uomini; questa venerazione dovrebbe a maggior ragione essere estesa alle immagini e alle reliquie dei Santi. – Ci piace dare a città, musei e istituzioni il nome di uomini famosi; quindi è giusto chiamarci con il nome di un Santo quando siamo battezzati, cresimati o ammessi a un ordine religioso. – Nel mondo, un’impresa importante è solitamente posta sotto il protettorato di un grande personaggio; ed è così che i Cristiani costruiscono le loro chiese, i loro altari, le loro città e i loro paesi sotto il protettorato dei Santi, che vengono chiamati “patroni”. – In tutto il mondo, gli uomini famosi sono ricordati con il loro nome e in loro onore si compongono cantate; la Chiesa fa lo stesso per i suoi Santi, celebrando la loro memoria con panegirici ed inni. – Ma la cosa più importante è imitare i Santi. “Onorare i santi senza imitarli significa adularli falsamente”. (S. Aug.) La lettura delle vite dei Santi è un modo perfetto per onorarli, se le leggiamo con il desiderio di prenderle a modello.
3. IL CULTO DEI SANTI NON È UNA RIDUZIONE DEL CULTO DOVUTO A DIO, PERCHÉ NOI ONORIAMO I SANTI SOLO A CAUSA DI DIO, NON LI ONORIAMO COME DIO, MA COME SERVI DI DIO.
Onorando i Santi, non diminuiamo in alcun modo il culto di adorazione che dobbiamo a Dio. Chi oserebbe affermare che il rispetto dovuto al sovrano sarebbe diminuito da quello accordato a sua madre, ai suoi figli, ai suoi amici? Al contrario, non farebbe che aumentarlo (S. Ger.). La venerazione dei Santi non è una diminuzione dell’adorazione di Dio come l’amore del prossimo non è una diminuzione della carità; l’una si rinforza con l’altra. (S. Ger.). Onoriamo i santi per Dio, perché sono l’immagine della sua santità, e come veneriamo l’immagine del sovrano, perché è una sua riproduzione, così veneriamo i Santi perché sono l’immagine fedele di Dio. La venerazione dei Santi vale anche per l’amore per il prossimo: noi amiamo il nostro prossimo solo perché è immagine e figlio di Dio. Inoltre, onoriamo i Santi perché sono stati strumenti di Dio per compiere azioni nuove e straordinarie. (S. Bern.). Non possiamo nemmeno onorare i Santi per se stessi, perché il merito delle loro opere appartiene a Dio, perché è stato Lui ad aiutarli a compierle. Non è il pennello a meritare il merito di un quadro, né la penna di una bella scrittura, né alla lingua quello di un bel discorso. Dio è dunque ammirevole nei suoi Santi (S. Bern.). Ecco perché la Beata Vergine non dice: “Ho fatto grandi cose”, ma “L’Onnipotente ha fatto grandi cose in me”. (S. Luc. I, 48). Quindi il disprezzo dei Santi è rivolto a Dio come loro culto. Gesù Cristo considera il disprezzo dei suoi Apostoli come diretto contro se stesso (S. Luc X, 10) e un atto di durezza verso il prossimo come commesso contro se stesso. (S. Matth. XXV, 40). A maggior ragione Dio dovrebbe risentire del disprezzo per i Santi, perché li ama molto più di tutti gli uomini della terra. “Chi onora i Santi onora Gesù Cristo stesso, e chi li disprezza disprezza Gesù Cristo” (S. Ambr.) – C’è un’altra ragione per cui il culto dei Santi non è un insulto a Dio: l’omaggio che rendiamo loro è assolutamente diverso da quello che rendiamo a Dio. Noi adoriamo Dio e non i Santi; sappiamo che c’è una distanza infinita tra Dio e i Santi, perché i Santi, che sono superiori a noi in dignità, sono tuttavia solo creature come noi. Noi ci limitiamo a venerare i santi come si fa sulla terra agli uomini di grande merito, o a quella che abbiamo per i pii servitori di Dio quaggiù, ma è tanto più profondo in quanto è rivolto ai Santi che sono entrati nella vita eterna come vincitori. (S. Aug.) I Santi rifiutano l’adorazione: quando Tobia e la sua famiglia si inginocchiarono davanti all’Arcangelo Raffaele, l’Arcangelo disse loro: “È Dio che dobbiamo glorificare e di cui dobbiamo cantare le lodi!” (Tob. XII, 18). Quando San Giovanni Evangelista cadde alle ginocchia dell’Angelo, quest’ultimo gli disse: “Non fare così, ma adora Dio”. (Apoc. XiX, 10). Quando ci inginocchiamo davanti alle tombe o alle immagini dei Santi, li adoriamo come un servo adora il suo padrone quando si inginocchia davanti a lui per ottenere un favore. Quando facciamo celebrare delle Messe in onore dei Santi, o dedichiamo loro chiese e altari, ci rivolgiamo a Dio solo, e chiediamo ai Santi di aiutarci con le loro preghiere ad ottenere da Lui le grazie di cui abbiamo bisogno che gli chiediamo in questa santa Messa, in questa chiesa e su questo altare; oppure ringraziamo Dio per aver condotto i suoi Santi in modo così mirabile alla santità.. Quindi il culto dei Santi non è idolatria. – Né la venerazione dei Santi è un atto di sfiducia nei confronti di Gesù Cristo, il nostro mediatore. È piuttosto un segno di sfiducia in noi stessi, un segno di umiltà. Non osando, vista la nostra indegnità, rivolgerci noi stessi a Gesù Cristo, ci rivolgiamo ad un intercessore le cui preghiere sono più potenti delle nostre.
4. È UTILE INVOCARE, NELLE DIVERSE CIRCOSTANZE DELLA VITA, DEI SANTI SPECIALI.
Questa utilità è dimostrata dai fatti. Per ottenere una buona morte, preghiamo S. Giuseppe (perché morì assistito da Gesù e Maria), per i bisogni materiali (fu il padre adottivo di Gesù Bambino); contro il pericolo del fuoco, S. Floriano (che annegò per la sua fede); S. Biagio (che ha miracolosamente guarito un bambino con una spina in gola) è invocato per le malattie del collo; S. Odile (che recuperò la vista quando fu battezzata) per le malattie degli occhi. S. Rocco (che curò e guarì gli appestati) contro la peste. S. Giovanni Nepomuceno (che morì come martire per il segreto della confessione), quando si è bersaglio di calunnie; S. Antonio di Padova (che si fece rubare un’opera finita e le cui preghiere ottennero che il rimorso costringesse il ladro a restituire l’oggetto rubato) a ritrovare le cose perdute, ecc. Sembra che Dio abbia concesso ad alcuni Santi un potere speciale per aiutare in certe necessità. (S. Th. d’Aq.). Possiamo concludere da alcune preghiere miracolosamente esaudite, che i Santi sono particolarmente interessati a persone che si trovano in una situazione simile alla loro, ai luoghi in cui vivevano o allo stato che professavano.
5. lL CULTO SOVRAEMINENTE DELLA MADRE DI DIO.
Le figure della Vergine nell’Antico Testamento erano l’albero della vita nel paradiso terrestre che doveva comunicare la vita all’umanità; l’Arca che salvò l’umanità dal diluvio; l’arca dell’alleanza che conteneva la manna; il tempio di Gerusalemme, che all’esterno era di un bianco abbagliante e risplendente (Maria era pura da ogni contaminazione e piena di amore divino); Giuditta, che uccise Oloferne, il nemico giurato del suo popolo; la regina Ester, esentata dalla legge comune (Maria era esentata dalla legge del peccato originale) e che, attraverso la sua mediazione salvò il suo stesso popolo in esilio; la madre dei sette fratelli Maccabei, che assistette alla morte dei suoi 7 figli e che (come Maria) ebbe il cuore trafitto da 7 frecce. – I santi evangelisti ci raccontano ben poco della vita della Beata Vergine. (Nel linguaggio teologico, questo culto superiore è chiamato iperdulico, dal greco per servizio superiore.). Di solito chiamiamo Maria la Madre di Cristo, Madre di Dio o Beata Vergine. – Già Santa Elisabetta chiamava Maria “Madre di Dio” (S. Luc. 1, 43), e il Concilio di Efeso (431) confermò il titolo di Madre di Dio contro l’eresia di Nestorio. Maria ha dato alla luce Colui che è Dio e uomo in una sola Persona. – Il bambino riceve la sua anima da Dio e tuttavia colei che lo partorisce è chiamata sua madre. Allo stesso modo Maria è giustamente chiamata Madre di Dio, anche se non ha dato la divinità a suo Figlio. – Maria è giustamente chiamata “Vergine beata”. Le parole rivolte all’Angelo provano la sua volontà di rimanere vergine (S. Luc I, 34)., e il profeta Isaia aveva già predetto che il Salvatore sarebbe nato da una vergine (Is. VII, 14). È il titolo che le conferisce il simbolo degli Apostoli: Maria concepì Gesù Cristo da vergine; partorì da vergine e rimase vergine. (S. Aug.). Così come il roveto ardente non fu distrutto dal fuoco, allo stesso modo la verginità di Maria non fu danneggiata dalla nascita di Cristo; così come Gesù Cristo è apparso in mezzo agli Apostoli, anche se le porte erano chiuse, allo stesso modo è venuto al mondo senza danneggiare la verginità di sua Madre. (S. Aug.). Egli è come un raggio di sole che passa attraverso il cristallo senza frantumarlo. (S. Aug.); questo cristallo rappresenta Maria, che è la finestra del cielo attraverso la quale Dio ha lasciato trasparire la vera luce (S. Cris.). Maria è la Vergine delle vergini (lit. lauret.). – I fratelli di Gesù Cristo (S. Matth. XIII, 55) sono i parenti di Cristo. Abramo chiamò suo nipote Lot suo fratello. (Gen. XIII, 8). Perché Gesù Cristo sulla croce avrebbe raccomandato sua Madre a San Giovanni, se avesse avuto altri figli che avrebbero potuto prendersi cura di lei? (S. Cris.). Gesù Cristo è stato chiamato il primogenito, cioè colui che secondo la legge (Esodo XIII, 2) doveva essere consacrato a Dio. Gesù Cristo era veramente il primo dei figli di Maria (Rm VIII, 29); Ella ne ha ancora molti altri, questi sono i Cristiani. (Sant’Alfonso). Maria sposò Giuseppe secondo un ordine divino solo per non essere lapidata e perché avesse qualcuno che si prendesse cura di lei e del divino Bambino. (S. Ger.). Si sottopose alla purificazione nel Tempio come Gesù alla circoncisione. Maria è una parola ebraica che significa donna o sovrana. (S. Pier Chris., Giovanni Dam.), Maria significa anche illuminata o illuminatore (S. Bern., S. Bonav.).
Noi onoriamo Maria, la Madre di Dio, con un culto diverso da quello degli altri Santi.
Maria era già molto onorata in vita dall’Angelo all’Annunciazione dell’Incarnazione: la chiamò piena di grazia e benedetta tra le donne (S. Luc I, 26). È un grande onore per l’uomo poter offrire i propri omaggi ad un Angelo che gli appare; nell’Annunciazione, non è l’uomo che onora l’Angelo, ma l’Angelo che saluta l’uomo. Ne consegue che Maria era una creatura superiore all’Angelo. (S. Th. Aq.). Maria non è stata meno onorata da santa Elisabetta: l’ha chiamata benedetta e Madre di Dio (Ibid. 42). Maria stessa aveva avuto una premonizione degli onori di cui sarebbe stata oggetto: “Tutte le generazioni – disse – mi chiameranno beata”. (Ibid. 48). La Chiesa ci esorta a questo culto speciale, poiché raramente dice il Padre Nostro senza aggiungere l’Ave Maria; suona la campana tre volte al giorno per ricordare l’Annunciazione dell’Incarnazione e il culto dovuto in suo onore; fa recitare le Litanie della Beata Vergine durante le funzioni pubbliche. Alla Madonna dedica due mesi, il mese di maggio, il più bello dell’anno, ed ottobre, come mese del Rosario; le ha dedicato numerose chiese, molte delle quali sono diventate famose come luoghi di pellegrinaggi, come Lourdes, Loreto, Maria Zell in Austria, Kevelær nella Prussia renana, Einsiedeln; titoli gloriosi come Mediatrice di tutte le grazie, Madre della Misericordia, Rifugio dei peccatori, Aiuto dei Cristiani, Regina del cielo, ecc. – Questo culto superiore (iperdulia) non è adorazione. “Noi onoriamo Maria -dice sant’Epifanio – ma adoriamo solo il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo”.
1. NOI ONORIAMO MARIA IN MODO SPECIALE PERCHÉ È LA MADRE DI DIO E LA NOSTRA MADRE.
Chi ama veramente Dio onora certamente la Madre di Dio, e più dei Santi che sono solo suoi amici.
Gli onori tributati alla madre di un re salgono al figlio stesso. Dalla devozione a Maria possiamo quindi dedurre il grado di carità (perfezione) di un Cristiano; e infatti i più grandi Santi sono stati i più devoti servitori di Maria. – Maria è veramente nostra madre, perché Gesù ce l’ha donata sulla croce. Le parole che rivolse a Giovanni: “Ecco tua madre” (S. Giovanni XIX, 27) vale per tutti i Cristiani, perché Giovanni li ha rappresentati tutti sul Calvario. (S. Aug.). Maria è la seconda Eva, quindi la seconda madre del genere umano. La prima l’ha persa con la sua disobbedienza, la seconda l’ha salvata con la sua sottomissione (S. Iren.). Una donna ha portato la morte nel mondo, un’altra ha riportato la vita. (S. Bern.). Maria è quindi anche la madre della Chiesa. – Maria, essendo nostra madre si preoccupa della nostra salvezza più di tutti gli altri Santi. (S. Germ.). L’amore di tutte le madri non arrivano all’amore di Maria per uno dei suoi figli (S. Bern.), e Maria ci ama tanto, perché tra tutti i Santi è animata dal più grande amore di Dio e di conseguenza dal più grande amore per il prossimo. Come la luna supera tutte le stelle, così l’amore di Maria per noi supera quello di tutti i Santi, e come il mare accoglie le acque di tutti i fiumi, il cuore di Maria contiene la carità di tutti i Santi. Maria conosce le nostre necessità; le conoscono anche gli Angeli (S. Luca XV, 7), e non è possibile che gli Angeli abbiano una conoscenza maggiore di quella della loro Regina. – Un bambino che ama sua madre. Ama la sua società, ed un buon Cristiano troverà piacere nella devozione a Maria.
2. NOI RENDIAMO UN CULTO SPECIALE A MARIA PERCHÉ DIO STESSO LA ONORA PIÙ DI TUTTI GLI ANGELI E DI TUTTI I SANTI.
I sovrani concedono privilegi alle città in cui sono nati o sono stati incoronati. Così il Re del cielo ha concesso a sua madre privilegi speciali.
Dio ha scelto Maria per essere la Madre di suo Figlio; l’ha preservata dalla macchia del peccato originale, risuscitò gloriosamente il suo corpo e la incoronò Regina del Cielo.
L’Angelo più perfetto non può dire a Dio: “Figlio mio!”. Che privilegio! Maria è veramente una madre ammirevole (Lit.), non solo perché è sia vergine che madre, perché è Madre degli uomini, ma anche perché è la Madre del Creatore e ha dato alla luce Colui che l’ha creata. Maria è il miracolo dei miracoli e nulla di ciò che esiste, tranne Dio, è bello come Lei (S. Isid.). – La sua purezza immacolata (preservazione da ogni peccato), è stata predetta nel Paradiso (Gen. III, 15) dalla maledizione rivolta al serpente: “Ti schiaccerà la testa”, e proclamata dall’Arcangelo Gabriele che la salutava piena di grazia..(Se Maria doveva schiacciare il serpente, non poteva prima essere sotto il suo dominio attraverso il peccato). Solo la dignità di Cristo esige questa purezza assoluta da Maria; quando Dio chiama qualcuno ad una posizione elevata, lo rende degno di essa, e il Figlio di Dio, che ha chiamato Maria alla maternità divina, non ha mancato di renderla degna di essa per grazia (S. Th. Aq.). Un uomo non abbandona al suo più mortale nemico la casa che ha costruito per sé, a maggior ragione lo Spirito Santo non ha consegnato Maria, il suo tempio, al principe dei demoni. (S. Cir. Al.). I Padri hanno sempre chiamato Maria la Vergine Immacolata; i Cristiani hanno sempre rivolto le loro preghiere alla Regina del cielo senza peccato, è per questo motivo che hanno eretto statue al riguardo. Dopo aver consultato i Vescovi di tutto il mondo, Pio IX ha proclamato l’8 dicembre 1854 che l’Immacolata Concezione1 di Maria è una verità rivelata da Dio e sempre creduta dalla Chiesa. Quando apparve a Lourdes nel 1858, Ella disse: “Io sono l’Immacolata Concezione”. (Preservazione, non remissione, del peccato originale fin dal primo momento dell’esistenza della Vergine). Maria è stata esente pure da ogni peccato attuale (Conc. Tr. VI, 23); ella è il cedro del Libano dal legno incorruttibile (Eccli. XXIV, 17), il giglio tra le spine (Cant. dei Cant. 11, 2), lo specchio (Sap. VII, 26). – Maria progredì rapidamente e ininterrottamente come la vite che cresce sempre (Eccli XXIV, 23) fino a raggiungere la cima dell’albero su cui poggia (S. Alf.). La luna completa la sua rivoluzione più rapidamente degli altri pianeti e Maria raggiunse la perfezione più velocemente degli altri Santi (S. Alf.); fece questo rapido progresso perché era più vicina a tutte le grazie e ne ha ricevute più di tutte le altre creature (S. Th. Aq.); Ella è quindi la creatura più santa e più perfetta. Fin dal primo momento della sua esistenza, Maria è stata più santa dei più grandi Santi alla fine della loro vita. (S. Greg. M.); per questo Maria è chiamata la torre di Davide, che si ergeva maestosa sulla collina più alta di Gerusalemme (Cant. dei Cant. IV, 4); è anche chiamata torre d’avorio (per la sua forza ib. VII,4), e specchio della giustizia (Lit.). Di tutte le creature Maria aveva il più grande amore per Dio ed il minore attaccamento alle cose terrene. Lo Spirito l’aveva incendiata come il ferro dal fuoco (S. Ildef.), da cui il titolo di casa d’oro (tempio della carità). – Maria si distinse in tutte le virtù, per questo è chiamata la rosa mistica perché, come la rosa è superiore a tutti gli altri fiori per la bellezza del suo colore e la dolcezza del suo profumo, così Maria è superiore a tutti i Santi per la perfezione della sua carità ed il profumo delle sue virtù, che la fanno anche paragonare ad una “Regina con una veste d’oro arricchita di vari ornamenti”. (Sal. XLIV, 8). – Dio ha dunque amato Maria più di tutti i Santi messi insieme. (Suar.). – Dio ha gloriosamente resuscitato il corpo di Maria. La tradizione racconta che San Tommaso, arrivato troppo tardi per la sepoltura di Maria, volle comunque vedere il suo sacro corpo. Quando il sepolcro fu aperto, il sudario fu trovato vuoto. La Chiesa universale celebra l’Assunzione il 15 agosto: qualsiasi reliquia del corpo della Vergine non può che essere una frode, Maria gode della gloria suprema in cielo; il sole, la luna e le stelle rappresentano Cristo, Maria e i Santi: la luna, per il suo splendore, è nella Scrittura l’immagine di Maria (Cant. dei Cant. VI, 9). È la Regina degli angeli, dei patriarchi, dei profeti, degli apostoli, martiri, confessori, vergini, di tutti i Santi (Lit.); è in grado, più di tutte le creature, di darci un’idea delle perfezioni divine (S. Isid.). La sua esaltazione ci dà una prova speciale della misericordia infinita di Dio che trae l’uomo dalla polvere della terra per elevarlo al di sopra di tutti i cori celesti. (Sal. CXII, 8).
3. RENDIAMO UN OMAGGIO PARTICOLARE A MARIA PERCHÉ LA SUA INTERCESSIONE È LA PIÙ POTENTE PRESSO DIO.
Questa intercessione è straordinariamente efficace, perché già qui sulla terra le sue preghiere sono state esaudite da Gesù Cristo, come vediamo al banchetto di nozze di Cana, Egli farà lo stesso in cielo. Il pagano Coriolano che i senatori ed i pontefici di avevano invano implorato di rinunciare ai suoi attacchi a Roma (49 a.C.), si lasciò piegare dalla preghiera della madre Veturia, anche se questa condiscendenza gli costò la vita; quanto più grande sarà la condiscendenza di Colui che ci ha ordinato di onorare nostra Madre. E se l’intercessione dei Santi, dei servi di Dio, è già così efficace; quale sarà quella della stessa Madre di Cristo? I desideri di Maria sono ordini per suo Figlio, (Sant’Antonino). Maria è la Vergine potente (Lit.), la supplicante onnipotente. (S. Bern.). – Ella può ottenere tutto per noi dal Re del cielo, proprio come una regina della terra ottiene favori per tutti coloro di cui prende in mano gli interessi. (S. Cir. Al.). Maria è la nostra speranza (Salve reg.), perché attraverso di Lei speriamo di ricevere ciò che non oseremmo promettere per noi stessi con le nostre preghiere. Maria è persino chiamata dispensatrice di tutte le grazie; come tutti i favori del re vanno ai suoi sudditi attraverso la porta del palazzo, così tutte le grazie dal cielo alla terra passano attraverso le mani di Maria. (S. Bern.). La luna riflette la luce del sole; e Maria riflette a noi i raggi del sole di giustizia (id.). Il Verbo non ha voluto incarnarsi senza il consenso della Beata Vergine, per farci conoscere che la salvezza di tutti gli uomini è nelle sue mani (S. P. Dam.). Ella stava sotto la croce per manifestare che senza la sua mediazione non si partecipa ai meriti del sangue di Gesù Cristo (Id.). Dio Padre decreta, Gesù Cristo concede e Maria distribuisce le grazie. Ella è dunque la Madre della divina grazia (Lit ). La preghiera della Madre di Dio è sempre esaudita, quando ciò è possibile con Dio. “Tuo figlio ascolta sua Madre: cosa si può dire di un tale Figlio e di una tale Madre!” diceva San Bernardo; È con questi sentimenti che ha composto il Memorare. Chi è colui che ha invocato Maria invano? Cessi per sempre di celebrare la sua clemenza!. “La sua invocazione è sempre così efficace che non è nemmeno necessario chiederle grazie specifiche, è sufficiente raccomandarsi in generale alla sua intercessione” (S. Ildef.). La più piccola preghiera a lui rivolta viene esaudita e colmata di grandi favori”. (S. Andr. Cors.). Non è così severa da lasciare un saluto senza risposta; Ella ci saluta ogni volta che la preveniamo (S. Bonav.). Maria è la Vergine clemente (Lit.); non c’è nulla di severo in Lei, è tutta bontà e dolcezza e saremmo noi ad avvicinarci a Lei con timore.. (Sant’Alfonso).
Da tempo immemorabile i Cristiani ricorrono a Maria nei pericoli.
Durante l’assedio di Vienna da parte dei Turchi nel 1683 (dal 16 luglio al 13 settembre) Vienna e tutto il mondo cattolico pregavano il Rosario. Il soccorso arrivò nel momento del maggior pericolo; ci fu la gloriosa vittoria del 12 settembre, di cui si ricorda l’anniversario nella festa del Santo Nome di Maria. Nome di Maria. – La Beata Vergine è l’ausilio dei Cristiani. (Lit.). – Anche i semplici fedeli amano rivolgersi a Lei nelle loro necessità. S. G. Nepomuceno ricorse all’immagine miracolosa di Altbunzlau nel suo terribile calvario (1393); Maria è la consolatrice degli afflitti. (Lit.). È a Lei che i Cristiani ricorrono nelle loro malattie. S. Giovanni Damasceno si fece tagliare la mano per ordine del Califfo, a causa dei suoi scritti sul culto delle immagini (+ 780); andò a gettarsi davanti a un’immagine della Vergine e fu guarito. Molti malati sono stati curati a Lourdes e dalla sua acqua, tra cui il famoso avvocato H. Lasserre, che fu guarito dalla cecità e scrisse la storia di questo pellegrinaggio. (1862): Maria è la salute degli infermi (Lit.). – I Cristiani si rivolgono a Maria anche quando, da peccatori sfortunati, desiderano convertirsi. L’invocazione di Maria invia su di loro lo Spirito Santo. È la stella del mattino (lit.) che precede il sorgere del sole; è l’alba (del perdono) (Cant. des Cant. VI, 9); “quando appare l’alba, le tenebre si dissolvono, così la devozione a Maria fa scomparire il peccato” (S. Alf.). – Il mese di maggio è particolarmente consacrato a Maria perché è il mese del rinnovamento. La devozione a Maria è la primavera dell’anima peccatrice. Santa Maria Egiziaca (+ 431) si convertì d’avanti ad un’immagine della Vergine nella Basilica della Croce a Gerusalemme. Maria è pronta a riconciliarci con Dio. Se una madre sapesse che i suoi due figli si odiano mortalmente, farebbe ogni sforzo per riconciliarli, ma Maria è la madre di Cristo, che odia il peccato, e la Madre di tutti gli uomini, anche dei peccatori che sono nemici di Cristo (Sant’Alfonso). – Come la luna si muove sempre tra il sole e la terra, così Maria è sempre tra Dio e il peccatore, e le sue preghiere placano facilmente la severità di Cristo. Alessandro Magno deve aver detto un giorno che una lacrima di sua madre avrebbe cancellato molte sentenze di morte; sarebbe un insulto a Gesù Cristo metterlo al di sotto di quest’uomo, di questo pagano, in termini di rispetto per sua madre. Maria è quindi il rifugio dei peccatori (Lit.); è la Madre della misericordia, rappresentata dall’albero d’ulivo (Eccles. XXIV, 29) che distilla su di noi l’olio del perdono. Maria è la nostra mediatrice. – I Cristiani invocano Maria nei momenti di tentazione. Gli israeliti, grazie all’arca dell’Alleanza, sono stati vittoriosi quando sono entrati nella Terra Promessa (Numeri X, 35) e contro i Filistei (I Re XIV); noi Cristiani siamo vittoriosi in tutte le nostre battaglie contro il diavolo grazie a Maria, l’Arca della Nuova Alleanza. -Maria è anche rappresentata dall’arca di Noè: in ella tutti trovano rifugio dal diluvio infernale. (S. Bern.). Così come la stella del mare guida i marinai attraverso le tempeste verso un porto sicuro, così Maria ci guida verso il cielo attraverso le tempeste della vita (S.Thom. Aq.). Maria è l’acero dei libri sapienziali (Eccli. XXIV, 19) che ci protegge dal sole e dalla pioggia; è un rifugio contro gli attacchi del diavolo, è la nostra protettrice contro di lui, è terribile per lui come un esercito schierato in battaglia (Cantico dei Cantici VI, 3). – Diamo a Maria diversi titoli per mostrare le ragioni della nostra fiducia nella sua potenza: la chiamiamo Nostra Signora del Buon Soccorso, Nostra Signora del Perpetuo Soccorso, Nostra Signora del Buon Consiglio, Nostra Signora dei Dolori, e così via.
La devozione alla Beata Vergine è un’eccellente mezzo per raggiungere la santità e la felicità nell’eternità.
È da notare che tutti i Santi avevano una devozione filiale verso la Vergine. È attraverso di Lei che hanno ottenuto da Dio le grazie più preziose. Tra i servi devoti di Maria vi sono S. Bernardo, abate di Chiaravalle (f 1158), S. Alfonso de Liguori, vescovo di S. Agata dei Goti (vicino a Napoli) e fondatore dei Redentoristi (+ 1787): egli recitava il rosario tutti i giorni, il sabato mangiava pane e acqua, recitava l’Ave Maria ogni ora, quando usciva e rientrava, all’inizio e alla fine delle sue azioni più importanti, al suono dell’Angelus. Fu lui a scrivere il bellissimo libro delle Glorie di Maria. – Maria è la porta del Paradiso. (Lit.). È la vera scala di Giacobbe sulla quale Gesù è sceso sulla terra e sulla quale noi saliamo a Gesù (S. Fulg.). L’inferno non può vantarsi di aver inghiottito un solo fedele servitore della Madre di Dio. (S. Alfonso). – Maria fu anche oggetto di venerazione da parte di molti uomini illustri. S. Bernardo credeva nella certezza della salvezza per coloro che quotidianamente onorano Maria; e S. F. Borgia teme per le anime di coloro che trascurano questa devozione.
6. IL CULTO DELLE IMMAGINI.
Il culto delle immagini risale ai tempi più antichi e risponde a un’esigenza della nostra natura. Il culto delle immagini è antico quanto il Cristianesimo (S. Bas.), come si può vedere nelle catacombe del mondo antico, dove si trovano immagini di Nostro Signore, della Beata Vergine con il Bambino, scene dell’Antico e del Nuovo Testamento, e soprattutto quelle che, in mezzo alle persecuzioni, ci ricordano la potenza di Dio e la futura risurrezione (La risurrezione di Lazzaro, Daniele nella fossa dei leoni, i tre giovani nella fornace, ecc.) Il culto delle immagini si diffuse con il Cristianesimo; crocifissi e statue di Santi decoravano non solo le chiese, ma anche i fori e le strade pubbliche (Eus.). – Questo culto trovò violenti oppositori tra gli imperatori d’Oriente (Leone III nell’anno 726 e altri) che fecero bruciare e distruggere le statue, cancellare le immagini imbrattate nelle chiese e martirizzare i difensori di questa tradizione: furono chiamati iconoclasti (rompitori di immagini). Ma il Concilio di Nicea del 787 dichiarò che solo l’idolatria fosse proibita e che il culto delle immagini fosse lecito. Il culto risponde perfettamente a un’esigenza della natura umana: noi onoriamo i ritratti dei nostri genitori, dei nostri amici, di uomini illustri, e la Divina Provvidenza vuole che l’uomo recuperi attraverso le cose sensibili la felicità effimera che gli hanno fatto perdere. (S. Greg. M.). – È vero che il culto delle immagini era severamente proibito agli Ebrei (Esodo XX, 4), perché gli Ebrei erano di natura molto sensuale, molto inclini all’idolatria e che il Figlio di Dio non era ancora diventato uomo. Ciononostante, c’erano dieci cherubini sull’arca dell’Alleanza nel Santo dei Santi e Mosè innalzò un serpente di bronzo nel deserto, il cui aspetto guarì gli israeliti avvelenati dai morsi di serpente (Num. XXI, 8).
Le immagini religiose sono quelle che rappresentano Cristo, i Santi o le verità religiose.
Cristo è generalmente rappresentato secondo un tipo uniforme; una figura al tempo stesso dolce e severa, con capelli lunghi e barba media; spesso ha il Sacro Cuore sul petto. Maria è rappresentata come Nostra Signora del Buon Soccorso con il Bambino Gesù in braccio, come la Madonna Addolorata (Pietà) con il corpo di Gesù sulle ginocchia, come Nostra Signora dell’Immacolata Concezione senza il Bambino Gesù, vestita di bianco e blu (ad esempio, la Madonna di Lourdes), come Regina del Cielo (Apoc. XII, 1), vestita d’oro, in piedi sulla luna e coronata di stelle. (Tra le immagini più famose della Vergine Maria c’è quella di Santa Maria Maggiore a Roma, dipinta secondo la leggenda da San Luca; la Madonna Sistina di Raffaello che porta in grembo il Bambino Gesù e appare a Papa Sisto: N. Signora del Perpetuo Soccorso, (41X52 ctm.) dipinto su tavola del XIII secolo, raffigurante Maria con il Bambino Gesù, a cui gli Angeli mostrano gli strumenti della Passione e che, spaventato, si aggrappa alla madre. Questa immagine si trova nella chiesa di di S. Alfonso, vicino a Santa Maria Maggiore e al Laterano). Le immagini del Santi si riconoscono dall’aureola: (questi effluvi di luce sono stati visti in molti Santi come Mosè, Santo Stefano e soprattutto Cristo alla Trasfigurazione). I Santi hanno anche i loro simboli caratteristici che indicano le loro funzioni (come i paramenti sacerdotali indossati da Papi e Pontefici), le loro virtù virtù (un giglio indica la purezza; un libro, la conoscenza; un cuore ardente, la carità; la palma, l’eroismo; l’ulivo, la dolcezza, e gli strumenti del loro martirio (spada, frecce, ruota). S. Pietro porta le chiavi. – I 4 Evangelisti traggono i loro simboli dall’inizio dei loro Vangeli: S. Matteo ha accanto a sé un uomo, perché inizia con la genealogia umana di Cristo; S. Marco, un leone, perché inizia con la predicazione di Giovanni, la voce nel deserto; S. Luca un bue, perché inizia con il sacrificio di Zaccaria nel tempio; S. Giovanni, un’aquila per la sublimità dell’inizio: In principio era il Verbo. La sua dottrina vola come un’aquila. Altre immagini simboleggiano i dogmi, come la Santissima Trinità, il Purgatorio, ecc. o rappresentano scene bibliche. (L’Annunciazione, il battesimo di Cristo, l’istituzione del Santissimo Sacramento, ecc.) – Le tre Persone divine sono rappresentate in base alle loro apparizioni (il Padre come un vecchio seduto su un trono, ecc.); è impossibile rappresentare Dio in sé, le immagini devono quindi solo simboleggiare le perfezioni e rendere percepibili gli atti. (Cat. rom.).
Alcune immagini sono chiamate miracolose.
Ci sono immagini miracolose della Vergine in molti luoghi di pellegrinaggio. Più di una di queste immagini è stata miracolosamente preservata dalla distruzione, o sono avvenute guarigioni davanti ad esse. Dio opera questi miracoli per proclamare la divinità della Chiesa, e qualunque cosa si pensi di ciascuno di essi nei dettagli, sarebbe quasi un’empietà negarli tutti in linea di principio; infatti, la Santa Sede controlla rigorosamente questi fatti soprannaturali e non incorona ufficialmente un’immagine fino a quando non sia stata perentoriamente provata.
La più vera di tutte le immagini è la Croce del Salvatore.
Le nostre chiese, i nostri altari, i nostri cimiteri sono tutti adornati con la croce; i Sacramenti non vengono mai amministrati, la Santa Messa non viene mai celebrata senza la presenza della croce, tanto grande è la venerazione della Chiesa per questo segno di salvezza. La croce brilla sulle corone dei principi, sui petti dei cittadini che si distinguono per il decoro; si erge nelle campagne, ai lati delle strade per consolare il viaggiatore e il contadino che bagna il suo campo con il sudore della sua fronte. La croce è la firma del povero ignorante incapace di scrivere; è l’ultimo oggetto che il morente stringe tra le mani e porta nella tomba: essa dovrebbe adornare la casa di tutti i Cristiani, ed è un cattivo segno quando vi si trovano solo immagini profane.
1. L’ADORAZIONE DELLE IMMAGINI CONSISTE NELL’ADORNARE LE PROPRIE ABITAZIONI, NEL PREGARE, SCOPRIRSI IL CAPO DAVABTI AD ESSE, DECORARLE O FARNE LA META DI UN PELLEGRINAGGIO.
Il culto che tributiamo alle immagini non si riferisce all’immagine materiale ma alla persona, Cristo o i Santi, che esse rappresentano (Conc. de Tr. 25). Con l’apparizione della croce, adoriamo Colui che è morto lì per noi (S. Ambr.). Non onoriamo quindi la materia, ma la persona (2° Concilio di Nicea). Alla presenza della croce, noi adoriamo Colui che è morto per noi (S. Ambr.) Così ne è per le immagini di Cesare: chi le insulta è considerato come se avesse insultato Cesare stesso. Baciamo i S. Vangeli per onorare la parola del Salvatore, indipendentemente dal lusso o dalla semplicità tipografica; se per qualche motivo il testo scomparisse, il libro cesserebbe di ricevere il nostro omaggio; è lo stesso delle immagini dei Santi. – Questo culto non è un’adorazione. Quando baciamo i nostri genitori o i nostri figli, non abbiamo altro scopo che mostrare l’affetto del nostro cuore; l’adorazione delle immagini non ha altro scopo che quello di mostrare il nostro amore per i Santi. (S. Nic.). Allo stesso modo in cui accendiamo candele o incenso davanti ai Santi, il culto delle immagini non ha altro scopo che mostrare il nostro amore per loro. Se accendiamo l’incenso davanti a loro, vogliamo solo simboleggiare il fuoco dello Spirito Santo e il profumo delle virtù dei santi. (S. Germ.). – Non è dall’immagine materiale che ci aspettiamo aiuto, ma da Dio per intercessione dei Santi. – Noi Cattolici, siamo ben lontani dal pensare, come fanno i pagani, che le immagini possiedano una virtù propria e di riporre in esse la nostra fiducia. Allo stesso modo, Mosè non confidava nella sua verga, ma nell’onnipotenza di Dio che gli ordinò di usarla.
2. L’ADADORAZIONE DELLE IMMAGINI È BENEFICA; CI DONA SPESSO DELLE GRAZIE STRAORDINARIE CHE CI AIUTANO AD EVITARE LE DISTRAZIONI E CI INCORAGGIANO A FARE IL BENE.
Le immagini di Dio e dei suoi amici, dice San Giovanni Dam., diffondono la grazia dello Spirito Santo. Il diavolo viene allontanato da ogni luogo in cui viene eretta una croce (Sant’Ambrogio). Più di un’anima immersa nel vizio è stata toccata e convertita alla vista dell’immagine come Santa Maria Egiziaca, ed i Santi, specialmente nella loro agonia, hanno amato fissare lo sguardo su un’immagine sacra. – Le immagini sacre ci proteggono dalle distrazioni; sono come una scala che ci permette di salire al cielo.(Alb. Stoltz); e poiché preghiamo meglio davanti alle immagini, queste preghiere sono più efficaci, come dimostrano i numerosi ex voto dei pellegrinaggi. – Le immagini sono un insegnamento, una lezione di dogma e di morale che dobbiamo imitare nei Santi, di cui queste immagini sono come una biografia (S. Germ.); le immagini insegnano ancora più efficacemente delle parole. – Ciò che colpisce l’occhio, diceva già Orazio (Art. poetica), ci commuove più profondamente delle parole. Per il popolo, le immagini sostituiscono i libri (S. Greg. M.); ecco perché, nel Medioevo, prima dell’invenzione della stampa, le immagini erano molto diffuse: i presepi e le stazioni della Via Crucis risalgono a questo periodo. Le immagini che i fedeli trovano nelle chiese sono come un riassunto per immagini della dottrina cristiana.
7. IL CULTO DELLE RELIQUIE.
Chiamiamo reliquie i resti dei corpi dei Santi o gli oggetti che sono stati in contatto intimo con Cristo o con i Santi.
Sono reliquie: l’intero corpo di un santo, un braccio, un piede o anche un pezzo di osso. Si trovano negli e sugli altari, o in possesso dei fedeli. Le reliquie autentiche portano sempre il nome del Santo e il sigillo di un Vescovo; il loro commercio è severamente vietato e solo il reliquiario può essere pagato. – Da sempre, l’uomo ha venerato oggetti che avevano un’intima relazione con Gesù Cristo e con i Santi; ad esempio, il Presepe, la vera Croce, la Veste di S. Pietro, la S. Sindone, il velo del Volto Santo, ecc. Il presepio di Gesù (frammenti) è conservata a Roma, a Santa Maria Maggiore; la Tunica senza cuciture a Treviri; una tunica di Gesù adolescente è ad Argenteuil; la tavola di cedro dell’Ultima Cena nella basilica Lateranense. C’è una S. Sindone a Torino ed il velo di Santa Veronica è a San Pietro a Roma. La Corona di spine a Parigi. La vera Croce fu trovata dall’imperatrice Sant’Elena nel 325: una parte di essa si trova nella chiesa del Santo Sepolcro a Gerusalemme, l’altra a Roma. – Noi consideriamo reliquie tutta la Terra Santa e le crociate (1096-1270) mostrano l’importanza che i Cristiani medievali vi annettevano. Il luogo dell’Annunciazione a Nazareth è particolarmente venerato, a Betlemme il luogo della Natività, a Gerusalemme il Cenacolo, la grotta dell’Agonia, il Calvario e il Santo Sepolcro, il luogo dell’Ascensione. Costantino e sua madre avevano costruito splendide basiliche in tutti questi luoghi. – Da tempo immemorabile sono venerati i paramenti, gli strumenti del martirio dei Santi, il luogo della loro nascita e della loro sepoltura. S. Girolamo riferisce che sant’Antonio eremita aveva ereditato da san Paolo eremita (+ 356) il suo mantello fatto di foglie di fico, che egli teneva in grande venerazione e che indossava solo nelle grandi feste dell’anno. La Chiesa primitiva costruiva già chiese ed erigeva altari sulle tombe dei Santi.
Le S. Reliquie sono venerabili, perché i corpi dei Santi erano templi e strumenti dello Spirito Santo che un giorno risorgeranno nella gloria. (Conc. di Tr. 25).
8. IL CULTO STRAORDINARIO DI DIO.
Onoriamo Dio anche con i giuramenti ed i voti.
Questo culto è chiamato straordinario perché il giuramento e il voto non fanno parte della vita ordinaria, ma si verificano solo in casi particolari: il giuramento, quando la testimonianza dell’uomo non è sufficiente; il voto, quando ci impegniamo liberamente. – Il giuramento onora Dio, perché riconosce la sua onnipotenza, giustizia e santità. Il voto è una sorta di sacrificio, perché sacrifichiamo la nostra volontà con la promessa di un’azione gradita a Dio (Gury).
I. Il giuramento.
A volte capita che la gente si rifiuti di credere ad un uomo. Questi allora porta un testimone che dice: Sì, l’asserzione è vera, ho visto il fatto, saremo più inclini a dare credito alla parola del primo. Questo sarà tanto più vero in quanto questo testimone sarà riconosciuto come più affidabile. Ora, può accadere che un uomo chiami Dio come testimone, cioè che chieda a Dio, che sa tutto, di provare con la sua parola la veridicità della persona che presta giuramento. In questo caso le parole dell’uomo passano come parola di Dio stesso. “Lo scopo del sigillo è quello di provare l’autenticità di un documento; e il giuramento è come un sigillo dato dalla divinità per confermare la verità (Marchant). Il giuramento è una preziosa moneta d’oro che porta l’impronta del Dio vivente (Stolberg). Gesù Cristo prestò giuramento davanti a Caifa, quando quest’ultimo gli chiese in nome di Dio di dire se fosse il Messia (giuramento di assertività). Esaù, al momento di scambiare la sua primogenitura, fece un giuramento che confermava la sincerità del suo impegno (giuramento promissorio).
1. PRESTARE UN GIURAMENTO SIGNIFICA CHIAMARE DIO A TESTIMONIARE CHE SI STA DICENDO LA VERITÀ O CHE SI È PRONTI A MANTENERE LA PROMESSA.
Nel fare un giuramento, si può chiamare direttamente Dio come testimone oppure delle cose sacre. Chiamiamo Dio direttamente come testimone quando diciamo ad esempio: Per Dio; certamente come Dio vive (Ger. XLII); Dio mi è testimone (Rm I, 9); che Dio mi punisca, se ecc.. – Le cose sacre che di solito vengono invocate nel giuramento sono i sacramenti, il crocifisso, il Vangelo, il cielo, ecc. Poiché questi oggetti sono di per sé incapaci di rendere testimonianza o di punire il bugiardo, è evidente che viene invocata la testimonianza di Dio. (S. Th. Aq.). Gesù Cristo stesso dichiara che si può giurare sul tempio, il cielo, il trono di Dio (S. Matth XXIII, 21). – Ma chi dice semplicemente certamente, per certo, sul mio onore, sulla mia coscienza, per quanto vivo, ecc. etc., rafforza solo la sua affermazione, ma non fa un giuramento. – Il giuramento è semplice o solenne; il primo si trova nei rapporti ordinari degli uomini, il secondo davanti alla legge o alle autorità (giuramento dei funzionari o delle truppe). Si giura a testa nuda davanti al crocifisso perché nulla sia nascosto agli occhi del crocifisso; si alzano le tre dita della mano destra in onore della Santissima Trinità. In alcuni paesi le parole alla formula del giuramento sono queste: Dio mi aiuti e il suo santo Vangelo, e si rinuncia alla grazia di Dio e alle promesse del Vangelo, se non dicono la verità. Gli ebrei giurano, a capo coperto, ponendo il palmo della mano sulla Thora (legge), a pagina 40. I maomettani alzano solo un dito, perché non credono nella Santissima Trinità.
2. NON SIAMO OBBLIGATI A RIFIUTARE ALCUN TIPO DI GIURAMENTO, PERCHÉ DI PER SÉ È PERMESSO E PERSINO ONOREVOLE PER DIO.
Se non fosse lecito giurare, Gesù Cristo non avrebbe giurato (S. Matth. XXVI,64), Dio non avrebbe giurato ad Abramo sul monte Moriah che la sua discendenza sarebbe stata numerosa come le stelle del cielo e i granelli di sabbia del mare (Gen. XXII, 16); S. Paolo non avrebbe giurato così spesso nelle sue lettere (Rm 1,9; I Cor 1,23). Inoltre, il giuramento ha uno scopo onesto, serve a risolvere le controversie (Eb. VI, 16).
– Il giuramento è gradito a Dio, perché attraverso di esso professiamo pubblicamente la sua conoscenza, la sua giustizia, il suo potere infinito. Gli atei non dovrebbero quindi essere ammessi al giuramento. Dio vuole che giuriamo in caso di necessità. Se Cristo ha detto:.”La vostra parola sia: sì, sì! no, no! ciò che è più è male” (S. Matth. V, 37), intendeva solo dissuadere i farisei dai giuramenti frivoli a cui erano molto inclini. I Cattolici non hanno quindi alcun motivo per rifiutare i giuramenti in linea di principio, come fanno alcune sette. – Tuttavia, nessuno dovrebbe estorcere il giuramento a chiunque; e chi sfida con un giuramento qualcuno che si induce a spergiurare, è peggiore di un assassino, perché quest’ultimo almeno uccide solo il corpo, mentre lo spergiuro uccide un’anima, anzi due anime: quella di chi giura e la propria, colpevole della morte del prossimo (S. Isid. di Pél.).
3. UN GIURAMENTO PUÒ ESSERE FATTO SOLO PER UN MOTIVO SERIO, IN VERITÀ. EQUITÀ E GIUSTIZIA (Ger. iv, 2.).
Il giuramento, dice Gesù Cristo, viene dal male (S. Matth. V, 37), cioè ha origine nelle cattive inclinazioni dell’uomo; se infatti egli si fosse mantenuto nella giustizia e nella santità originarie, il giuramento sarebbe inutile: è stato usato soltanto quando la sincerità e la fedeltà sono scomparse sempre di più dall’umanità. Quando il male ha corrotto l’universo, solo allora – dice S. J. Chr. – l’usanza del giuramento è stata introdotta; la menzogna e la malizia generale hanno distrutto la fiducia degli uomini nei confronti dei loro simili. La fiducia degli uomini nei loro simili era sparita, e cominciarono a prendere Dio come testimone delle loro parole. Il giuramento è un rimedio, dice S. Aug. usiamo l’uno o l’altro solo per motivi seri. Il giuramento è per un uomo ciò che il bastone è per uno storpio. Non è quindi permesso giurare per questioni banali, come fanno spesso alcuni commercianti. (Cat. rom.). L’abitudine di imprecare porta facilmente a giurare il falso. (S. Aug.). Chi giura spesso accumula crimini e le pene non spariranno dalla sua casa (Sap. XXIII, 12). Dobbiamo quindi giurare quando necessario; chi non parla non mente e chi si astiene dal giurare non dice il falso (S. Bern.). L’ordine di un’autorità è un motivo sufficiente per giurare. – Bisogna anche giurare in verità, cioè parlare come pensiamo o essere disposti a mantenere la parola data. Regolo ha dato un bell’esempio del mantenere la parola data. (250 A.C.). Egli fu fatto prigioniero dai Cartaginesi e tenuto in cattività per sei anni. Dopo avergli fatto giurare che sarebbe tornato in patria se le trattative non fossero andate a buon fine, Regolo si ritirò a Roma. Giunto a Roma, descrisse al Senato la debolezza di Cartagine e la esortò a entrare in guerra., poi tornò in prigionia anche se gli stessi pontefici volevano trattenerlo. S. Pietro, invece, spergiurò nel tribunale del sommo sacerdote (S. Matth. XXVI, 72). È vietato usare equivoci nel giuramento. (Innoc. XI). Tommaso Moro, cancelliere d’Inghilterra, fu imprigionato da Enrico VIII per ostilità contro la Chiesa; gli fu offerta la libertà se avesse giurato la seguente formula: “Mi sottometterò ai dettami del mio padrone e re”. Ebbene molte persone gli consigliarono di prestare questo giuramento al suo sovrano e re. “Questo non è permesso”, rispose, “devo giurare sulla verità”. Non è un peccato sbagliarsi, né essere incapaci di mantenere una promessa a causa di una malattia o di un rovescio. di fortuna. – devi giurare con riflessione, cioè prima di giurare dobbiamo esaminare attentamente la possibilità di mantenere la nostra promessa. Erode fece un giuramento avventato giurando a Erodiade che le avrebbe dato tutto ciò che lei chiedeva, perché allora ella chiese la testa di San Giovanni Battista (S. Marco VI, 23). – Si deve giurare nella giustizia, dire e promettere con giuramento solo ciò che sia permesso. I quaranta persecutori di S. Paolo si impegnarono con un giuramento a non mangiare o bere finché non avessero ucciso la loro vittima. (Atti XXIII, 12). I massoni oggi giurano di rifiutare i sacramenti sul letto di morte. Va da sé che tali giuramenti sono ingiusti e criminali,
2. LO SPERGIURO È UN ORRIBILE SACRILEGIO CHEVCOMPORTA MALEDIZIONE DIVINA E LA DANNAZIONE ETERNA.
Il falso giuramento è chiamato anche spergiuro. Lo spergiuro (cioè colui che giura il falso o che, giurando, intende non mantenere la sua promessa) è come un criminale che usa un sigillo ufficiale per commettere una falsificazione, un crimine degno di una severa punizione. (Marchant). Un falso giuramento è sempre un peccato mortale. (Innoc. XI). Nessun pugnale ferisce così mortalmente, nessuna spada uccide così crudelmente come lo spergiuro (S. G. Cris.). La maledizione di Dio cade sulla casa dello spergiuro (Zac. V, 3); Dio punisce spesso gli spergiuri con una morte improvvisa. Il re di Giud, aveva giurato fedeltà a Nabucodonosor e poi lo aveva tradito; Dio gli annunciò immediatamente, tramite il profeta Ezechiele (XVII), un castigo crudele e la sua morte a Babilonia, e infatti Nabucodonosor lo sconfisse, gli cavò gli occhi e lo portò a Babilonia dove morì (IV Re, XXV). Vladislao, re d’Ungheria, aveva concluso e giurato la pace con il sultano Murad II, nonostante ciò, riprese la guerra e nella battaglia di Varna fu ucciso con la maggior parte dei capi del suo regno (1444). Anche i codici penali umani puniscono molto severamente i giuramenti falsi. Carlo Magno ordinava che agli spergiuri venisse tagliata la mano destra; secondo altri codici, invece, agli spergiuri, venivano tagliate le tre dita con cui avevano giurato. – Chi giura senza un motivo sufficiente commette un peccato almeno veniale: Tuttavia, colui che ha la cattiva abitudine di giurare con leggerezza e che di conseguenza giura cose false, è, se è consapevole della sua abitudine, in stato di peccato mortale (Gury). – Se qualcuno ha giurato una promessa criminale, deve pentirsi e non mantenerla: questo è ciò che avrebbe dovuto fare Erode. – La rottura di una promessa è un peccato grave o leggero, a seconda dell’importanza della cosa promessa. Per questo giuramento è la stessa cosa che per un voto.
2. IL VOTO.
1. IL VOTO È UNA PROMESSA LIBERA FATTA A DIO DI COMPIERE UNA BUONA AZIONE.
Il voto è una promessa fatta a Dio; è quindi almeno un’invocazione mentale a Dio, perché gli diciamo, per così dire, che faremo una buona azione, con questo pensiero: Mio Dio! Te lo prometto, ecc. Il voto si differenzia essenzialmente dalla risoluzione, che non dà a nessuno, nemmeno a Dio, il diritto di esigere qualcosa da noi. Il voto è una promessa libera; nessuno è obbligato a farla (Deut. XXIII, 22), quindi nessuno può essere costretto a farlo. Un voto estorto con la forza è quindi nullo, ma non un voto fatto per paura di una malattia o sotto la pressione del bisogno, perché in questo caso la libertà non viene soppressa. – L’oggetto del voto deve essere gradito a Dio; e non si può promettere il male, come fece Iefte, che, prima di una battaglia, fece voto, in caso di vittoria, di offrire in olocausto la prima persona che uscisse dalla sua casa per andargli incontro: era sua figlia, che egli sacrificò. (Giudici XI). Un tale voto è sciocco ed empio (Ecclesiaste V, 3). Non è permesso adempiere ad un voto che può essere mantenuto solo con un crimine. Si promette generalmente un atto a cui non si è obbligati, ad esempio un pellegrinaggio; si può invece promettere un atto a cui si è già obbligati in altro modo, come l’osservanza dell’astinenza di domenica, la temperanza nel mangiare e nel bere. Se uno non adempie al suo voto, pecca doppiamente. L’unica figlia di un ricco produttore si ammalò; se fosse guarita, il padre promise di non farla lavorare la domenica e nei giorni festivi; la figlia guarì e tutti capiranno come e perché questo fabbricante è obbligato a osservare la domenica, in primo luogo per la legge generale, poi per l’obbligo personale contratto con il voto.
La maggior parte dei voti sono condizionati.
Questi voti sono come un contratto con Dio. Giacobbe ha fatto voto di offrire a Dio una decima dei suoi beni, se fosse tornato sano e salvo alla casa di suo padre. (Gen. XXVIII, 20). Le Rogazioni hanno la loro origine in un voto fatto durante una carestia da parte del santo Vescovo di Vienne, Mamerto (500); la processione di S. Marco, in un voto.voto di San Gregorio Magno; la rappresentazione della Passione, che si svolge ogni 10 anni a Oberammergau, ha anch’essa origine da un voto fatto (1633) dalla popolazione durante un’epidemia. Durante una grave malattia, Luigi di Francia si propose di intraprendere una crociata (1248). Molti Cristiani del nostro tempo durante una malattia o una prova fanno voto di recarsi in pellegrinaggio, “come testimoniano gli ex-voto esposti”, di fare una donazione ad una chiesa (come testimoniano gli ex-voto esposti) di far erigere una statua, di digiunare in determinati giorni, ecc.
I voti più importanti sono quelli religiosi, cioè la libera promessa fatta a Dio di seguire i consigli evangelici.
Questi voti sono quelli di povertà, castità e obbedienza. Sono molto salutari; ci separano completamente dal mondo per servire Dio in modo più perfetto. Sono anche molto graditi a Dio, perché con essi gli offriamo non solo le nostre azioni, ma tutta la nostra persona: dà di più chi dà non solo il frutto ma l’albero stesso (S. Ans.). C’è chi offre a Dio un ornamento, olio, cera, ecc., ma c’è un’offerta più perfetta e più gradita. (S. Aug.). – I voti della religione sono solenni (gli obblighi sono più gravi) o semplici. I voti solenni conferiscono una sorta di santificazione, di consacrazione interiore (S. Thom. Aq.); tuttavia, ciò che è una volta consacrato, non potrà mai più essere usato per scopi profani, a differenza di quanto avviene per la semplice benedizione. Chi ha fatto voti solenni è irrevocabilmente consacrato al servizio di Dio (Lehmkuhl). I voti solenni possono essere revocati solo dal Papa e per motivi molto seri. Prima di fare la professione, cioè di pronunciare i voti solenni, queste persone fanno prima un anno di noviziato e poi emettono i voti semplici per tre anni. (Pio IX, 19 marzo 1857). – Ci sono casi in cui il Vescovo e i superiori delle congregazioni possono revocare i voti semplici per motivi meno importanti.
2. IL VOTO RENDE PIÙ GRADITA A DIO LA BUONA AZIONE A CUI CI SI IMPEGNA. COLUI CHE QUINDI FA UN VOTO È PIÙ PRESTO ESAUDITO DA DIO E RAGGIUNGE LA PERFEZIONE PIÙ RAPIDAMENTE.
Il voto è un atto di fedeltà a Dio; è anche un sacrificio, perché si è rinunciato alla propria volontà a favore di una buona azione. Il digiuno praticato a causa di un voto è più perfetto del digiuno senza voto (S. Fr. di S.), per la stessa carità. Per questo Sant’Agostino scriveva: “La verginità non è tanto un onore, perché si è vergine, ma perché è consacrata a Dio”. – Ne consegue che i fedeli vincolati da un voto vengono esauditi prima: non appena gli abitanti di Oberammergau fecero il loro voto, la peste cessò immediatamente e nessuno morì. Anna, la madre di Samuele, fece un voto chiedendo al Signore un figliolo e ottenne questo grande profeta (I. Re I, 11). Queste grazie straordinarie sono la ragione di tanti ex-voto nei pellegrinaggi, di tante croci ai bordi delle strade, di tanti doni preziosi alle chiese. – Il voto porta più rapidamente alla perfezione (S. F. di S.); infatti, attraverso di esso otteniamo più forza per la pratica del bene, perché il voto rende la volontà più ferma (id). Il pensiero di aver promosso un atto di virtù al proprio Dio, ci spinge con più forza, al bene. “Molti santi – dice San Gregorio Magno -hanno fatto voti per imporsi i vincoli della disciplina divina”. Il voto ottiene anche grazie di scelta. Si può così, prima della festa di alcuni santi, obbligarsi con voto a fare delle novene, per la Quaresima e i mesi di maggio e di ottobre dedicati alla Vergine, e a fare digiuni, elemosine e varie devozioni. È sufficiente provare per vedere quali grazie speciali si ottengono.
3. NON ADEMPIERE AD UN VOTO, O RITARDARE IL SUO ADEMPIMENTO SENZA MOTIVO E UN’OFFESA A DIO (Deut, XXIII, 21).
Bisogna mantenere la parola data agli uomini, a maggior ragione a Dio. “È meglio non fare un voto che farne uno senza adempierlo”. (Eccles. V, 4). Il debitore negligente può essere consegnato alla giustizia, mentre chi inganna Dio rimarrebbe impunito? … (S. P. Dam). Chi viene meno ai suoi voti viene meno gravemente o leggermente, a seconda che l’oggetto sia più o meno importante o dell’intenzione di obbligarsi sotto pena di peccato mortale o veniale. – Un peccato contro un voto può costituire due colpe gravi, se l’atto è grave in sé e disonora Dio in particolare, ad esempio un peccato contro il voto di castità. – Una persona che non è in grado di adempiere al suo voto è dispensata da esso; è tuttavia obbligata a fare almeno ciò che può.
Prima di fare un voto, quindi, bisogna pensare seriamente alla possibilità di adempierlo.
Prima di costruire un edificio, si redige un preventivo e ci si chiede se si avranno i mezzi per finirlo (S. Luc XIV, 28). È quindi imprudente fare un voto perpetuo subito, è meglio iniziare con un voto temporaneo e poi prolungarlo. Francesco di Sales, che aveva fatto voto di recitare il rosario tutti i giorni fino alla sua morte, ammette di ammette di essersi pentito di essersi impegnato così presto. – S. Alfonso aveva fatto il voto di non rimanere mai inoccupato; ma prima di farlo aveva praticato per qualche tempo per verificarne la possibilità. – È quindi saggio consultare il suo confessore o un altro Sacerdote esperto. – Ecco perché la Chiesa impone a coloro che desiderano entrare in religione un intero anno di noviziato, che serve per esaminare la propria vocazione. Chiunque riconosca di non avere una vocazione e ciononostante abbraccia la vita religiosa, deve allora biasimare se stesso e non il suo stato.
Quando un voto non può essere adempiuto, bisogna farsene dispensare o farlo commutare dal suo Vescovo.
Gesù Cristo disse ai suoi Apostoli: “Ciò che sciogliete in terra sarà sciolto in cielo” (S. Matth. XVIII, 18); il Vescovo ha quindi il potere di commutare i voti. Di solito vengono commutati in opere più utili per la salvezza della persona interessata, come ad esempio la ricezione dei Sacramenti. – Ci sono cinque voti che il Papa ha riservato a se stesso per dispensarne: quello della castità perpetua, dell’ingresso in religione, del pellegrinaggio a Roma (tomba degli Apostoli), a Gerusalemme (Santo Sepolcro), a Compostela (tomba di San Giacomo). Il Vescovo può anche concedere queste dispense in casi urgenti, oppure quando questi voti sono solo condizionati, quando c’è un dubbio sulla libertà o la riflessione con cui il voto sia stato fatto o sulla disconoscenza delle sue conseguenze. – In tempo di Giubileo, i confessori hanno la facoltà di commutare i voti che non sono espressamente riservati. – Si è sempre liberi di commutare un voto più perfetto: Dio non si oppone alla generosità del debitore verso il suo creditore (S. Bern.).