IL CATECHISMO DI F. SPIRAGO (XX)

IL CATECHISMO DI F. SPIRAGO (XX)

CATECHISMO POPOLARE O CATTOLICO

SCRITTO SECONDO LE REGOLE DELLA PEDAGOGIA PER LE ESIGENZE DELL’ETÀ MODERNA

DI

FRANCESCO SPIRAGO

Professore presso il Seminario Imperiale e Reale di Praga.

Trad. fatta sulla quinta edizione tedesca da Don. Pio FRANCH Sacerdote trentino.

Trento, Tip. Del Comitato diocesano.

N. H. Trento, 24 ott. 1909, B. Bazzoli, cens. Eccl.

Imprimatur Trento 22 ott. 1909, Fr. Oberauzer Vic. G.le.

PRIMA PARTE DEL CATECHISMO:

FEDE (15).

6. LA RESURREZIONE DELLA CARNE.

Gli ebrei credevano già che i corpi dei morti sarebbero risorti un giorno; Giobbe si rallegrava in mezzo alle sue sofferenze al pensiero della sua futura risurrezione (Giobbe XIX, 35); così come i fratelli Maccabei (II. Macch. VII, 11). Anche Marta disse a Gesù: “So che mio fratello risorgerà alla risurrezione dell’ultimo giorno”. (S. Giovanni XI, 21).

1. CRISTO NELL’ULTIMO GIORNO RISUSCITERÀ DALLA MORTE I CORPI DI TUTTI GLI UOMINI E LI RICONGIUNGERÀ PER SEMPRE CON LE ANIME.

Cristo, infatti, ha spesso affermato che avrebbe risuscitato dalla tomba i corpi di tutti gli uomini, ed ha dimostrato con i miracoli di avere il potere di farlo. Inoltre, la risurrezione dei morti è il suo tipo in molti fenomeni della natura.

Cristo risusciterà tutti gli uomini; verrà a giudicare i vivi e i morti (Apoc. Symb.), cioè nell’ultimo giorno risusciterà i corpi degli uomini già morti (i morti) e quelli degli uomini ancora vivi (i vivi); ma questi ultimi si trasformeranno in un batter d’occhio; moriranno e risorgeranno nello stesso momento. (I. Tess. IV, 16). Cristo risusciterà sia coloro che sono in stato di grazia (vivi), sia coloro che sono in stato di peccato mortale (morti) (S. Giovanni V, 28; S. Matteo XXV, 31 e seguenti). Inoltre la resurrezione sarà istantanea ed universale (I. Cor. XV, 52); i buoni e i cattivi risorgeranno allo stesso tempo. – Cristo ha spesso dichiarato che avrebbe risuscitato i morti. “Verrà un’ora – disse – in cui tutti coloro che sono nei sepolcri udranno la voce del Figlio di Dio; quelli che hanno fatto il bene usciranno alla risurrezione della vita, quelli che hanno fatto il male, alla risurrezione del giudizio”. (S. Giovanni VI, 35). In un’altra occasione disse: “Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna ed Io lo risusciterò nell’ultimo giorno”. (S. Giovanni VI, 55). Il Cristo paragona spesso la morte ad un sonno: la figlia di Giairo (S. Matth. IX, 24} e Lazzaro (S. Giovanni XI, 11) secondo Lui erano solo addormentati. Ora la morte non essere comparate al sonno se non a causa della risurrezione. (1. Thess. IV, 13. – Cristo ha dimostrato che era in suo potere resuscitare i morti: risuscitò la figlia di Giairo nella sua casa, il giovane di Naim davanti alle porte della città e Lazzaro nella sua tomba. Risuscitò se stesso e la Beata Vergine, sua Madre. Egli può quindi dire in tutta verità: “Io sono la risurrezione e la vita” (S. Giovanni, XI, 2â). – Molti fenomeni della natura rappresentano la risurrezione dei morti: il nostro risveglio al mattino; il risveglio della natura in primavera, la metamorfosi del verme (attaccato come l’uomo alla gleba) in crisalide (immagine dell’uomo nel sepolcro), poi in farfalla (tipo di uomo risorto grazie alla sua bellezza e alle sue ali che lo liberano dal glebo); la schiusa della gallina dall’uovo (simbolismo delle uova); la germinazione del seme che sembra essere marcito (l. Cor, XV, 36); la guarigione dell’uomo dopo una grave malattia; il risveglio di certi animali intorpiditi durante l’inverno; il tramonto ed il sorgere del sole; il calare e il calare del sole; il calare e il calare del sole, la decrescita e la crescita della luna. Un altro simbolo della risurrezione è la rosa di Gerico (una pianta che cresce nei pressi di questa città e che Linneo chiama “fiore della resurrezione”). è un’immagine del potere di Dio di restituire la vita, perché questo fiore, anche se è stato secco per secoli, ricomincia a vivere non appena il suo stelo viene immerso nell’acqua.

2. DIO RISUSCITERÀ I CORPI PER RIVELARE L’INFINITÀ DELLA SUA GIUSTIZIA E PER GLORIFICARE IL SALVATORE.

Se l’anima da sola fosse punita o premiata, il castigo non sarebbe completo. “Infatti – dice Tertulliano – molte opere buone, come il digiuno, la castità, il martirio, possono essere compiute solo per mezzo del corpo. Perciò è giusto che esso partecipi alla felicità dell’anima”. Per rivelare l’infinito della sua giustizia, Dio estenderà la punizione all’anima, che è stata lo strumento del corpo. “Quando – dice Teodoreto – si erige una statua ad un generale vittorioso, ci piace rappresentarlo con l’armatura che indossava in battaglia. L’anima non dovrebbe forse essere glorificata nel corpo in cui ha sconfitto il suo nemico?”. La retribuzione è quindi la ragione ultima della risurrezione (Tert.) – La risurrezione porta alla glorificazione del Salvatore. Cristo ha voluto salvare tutto l’uomo, nel corpo come nell’anima. Se avesse salvato solo l’anima senza il corpo, la redenzione sarebbe stata incompleta (Tert); il diavolo nella sua opera di distruzione sarebbe stato più potente di Cristo nella sua opera di restaurazione; questo è impossibile: il trionfo di Cristo è stato completo: “Da un solo uomo la morte è entrata nel mondo, e da un solo uomo la resurrezione (I. Cor. XV, 21).

3. I CORPI RISORTI AVRANNO LE SEGUENTI QUALITÀ:

1° saranno identici a quelli di questa vita; 2° i corpi dei giusti saranno glorificati, quelli dei malvagi abbassati nell’obbrobrio. 3° i corpi dei risorti saranno senza mutilazione e immortali.

L’uomo risorgerà con il proprio corpo. “Questo corpo corruttibile si vestirà di incorruttibilità e questo (corpo) mortale, immortalità. (I. Cor. XV, 63). Tutti gli uomini risusciteranno (Simb. Ath.). Giobbe sapeva già che nella risurrezione avrebbe avuto lo stesso corpo che aveva in precedenza: “Risorgerò –  disse – dalla terra nell’ultimo giorno e sarò rivestito di nuovo della mia pelle e vedrò Dio nella mia carne”. (Giobbe XIX, 26). Al momento dell’esecuzione, uno dei sette fratelli Maccabei disse al tiranno che lo aveva condannato al taglio delle membra: “Li ho avuti da Dio e spero che me li restituisca (II. Macch. VII, 11). I pagani di Cartagine erano venuti alla prigione per osservare santa Perpetua e le sue compagne, e lei disse loro: “Guardateci bene e fissate bene le nostre figure, in modo da riconoscerci nel giorno del giudizio. “Questo commento li convertì. Noi avremo dunque gli stessi corpi e non di nuovi, in modo che ciascuno di noi possa ricevere ciò che gli spetta per le azioni buone o cattive che ha compiuto mentre era rivestito del suo corpo. (II. Cor. V, 10). La retribuzione è dovuta solo al corpo che ha partecipato all’azione e non ad un altro. “Per quanto un’altra anima deve ottenere il castigo, quanto un corpo diverso da quello che ha commesso l’azione (Tert) Non è impossibile che Dio ricostituisca il corpo disorganizzato; perché se Dio ha potuto fare ciò che non era, quanto più può ricostituire ciò che era già. “Anche se in 10 o 20 anni tutte le molecole materiali del nostro corpo sono cambiate, il nostro corpo rimane identico a se stesso, perché il principio e la sostanza rimangono gli stessi, manterranno la loro identità anche se non gli verranno restituite tutte le molecole materiali”. (S. Thom. Aq.). È perché speriamo di recuperare i nostri corpi alla risurrezione che li seppelliamo, che veneriamo le reliquie dei Santi. – I corpi risorti non avranno tutti le stesse qualità; tutti risorgeremo ma non saremo tutti trasformati (glorificati). (1. Cor. XV, 51). I corpi dei giusti saranno simili al corpo glorioso di Gesù Cristo (Fil. III, 21) e di conseguenza possiederanno le seguenti proprietà: saranno impassibili (Apoc. XXI, 4), luminosi come il sole (S. Matth. XIII, 43), agili come il pensiero e dotati di penetrabilità. I corpi gloriosi saranno trasformati come il ferro comune si trasforma nella fornace. “Cristo alle nozze di Cana trasformò l’acqua comune in vino prezioso, così nel giorno della risurrezione Egli nobiliterà l’attuale natura vile dell’uomo. (S. Amb.) Se Dio ha potuto concedere agli insetti il dono di brillare nel crepuscolo, perché non potrebbe concederlo anche al corpo umano? (S. Cir. di Gerus.) La brillantezza celeste del nostro corpo supererà quella del sole, proprio come quest’ultima supera attualmente la luce del nostro corpo (S. Aug.); ne abbiamo prova nella trasfigurazione di Gesù sul Monte Tabor e nello splendore del volto di Mosè quando scese dal Sinai dopo il colloquio con Dio. Se, dopo la sua risurrezione, Cristo si mostrò spogliato del suo splendore, fu perché gli Apostoli, con i quali doveva conversare, non avrebbero potuto sopportare il suo splendore. (S. Aug.) Il corpo risorto del giusto è spesso chiamato spirituale, perché sarà completamente soggetto allo spirito e libero da ogni concupiscenza terrena. (Luca XX, 35). La bellezza del corpo dipenderà da quella dell’anima (1. Rom.VIII, 11; 1. Cor. XV, 41). Lo storpio più miserabile che avrà vissuto piamente avrà un corpo splendido, mentre il peccatore più bello risusciterà con un corpo orrendo. (Alb. Stolz). I corpi dei peccatori più belli saranno mostruosi. (S. Matth. XXII, 13). – I corpi risorti recupereranno la loro integrità. I martiri recupereranno le loro membra mutilate, anche se le loro ferite rimangono, come quelle del Salvatore, superiori alla lucentezza dell’oro e delle pietre preziose. (S. Aug.) I Santi non porteranno alcuna traccia di età, di malattia o di qualsiasi macchia. Anche i dannati recupereranno l’integrità corporea, ma per la loro punizione: perché più membra avranno, maggiore sarà il tormento. – I corpi risorti saranno Immortali (I. Cor. XV, 42); nel paradiso il frutto dell’albero della vita avrebbe reso il corpo immortale, ora è la Comunione che è il pegno della risurrezione e dell’immortalità. (S. Giovanni VI, 55). Dio, che ha dato la vita ai patriarchi per 900 anni, sarà anche in grado di farci vivere in eterno. I dannati non moriranno tuttavia, difficilmente possono essere chiamati immortali, poiché, non potendo morire, è piuttosto la loro morte che non muore. (S. Aug.) La risurrezione dei morti è la speranza dei Cristiani. (Tert.)

4. LA FEDE NELLA RESURREZIONE CI CONSOLA NELLA SOFFERENZA E NELLA PERDITA DIBPARENTI ED AMICI.

Giobbe, nel mezzo dei più grandi dolori, era consolato dal pensiero della risurrezione (Giobbe XIX, 25); questo stesso pensiero diede ai primi Cristiani il loro coraggio, l’impavidità di fronte ai loro persecutori. – Chi ha una fede viva nella resurrezione, non si lascerà andare ad un dolore eccessivo quando i suoi moriranno, non più di quanto non ci disperiamo al tramonto, certi che il giorno dopo il sole sorgerà di nuovo. Noi Cristiani, dunque, non dobbiamo piangere sulle tombe dei nostri cari come i pagani che non hanno speranza. (I. Tess. IV, 12). Anche San Cipriano, Vescovo di Cartagine (f 258}, metteva in guardia i Cristiani da un lutto eccessivo che potrebbe far dubitare i pagani della fede dei Cristiani nella risurrezione; riteneva inopportuno piangere per coloro (i martiri) che davanti al trono di Dio indossano la veste della gioia; solo coloro che sono morti nel peccato dovrebbero essere pianti.

7. GIUDIZIO UNIVERSALE.

I. SUBITO DOPO LA RESURREZIONE DEI MORTI, AVRÀ LUOGO IL GIUDIZIO UNIVERSALE. CRISTO INFATTI HA SPESSO AFFERMATO CHE. DOPO LA RESURREZIONE DEI MORTI, AVREBBE RADUNATO TUTTI GLI UOMINI DAVANTI AL SUO TRONO PRR GIUDICARLI.

Il ritorno di Gesù per il giudizio è stato annunciato agli Apostoli da due Angeli subito dopo l’Ascensione. (Act. Ap. I, 11). Gesù stesso disse: 1° che la croce sarebbe apparsa in cielo per annunciare la venuta del Giudice e riempire di timore i malvagi (S. Matth. XXIV, 30); 2° che sarebbe venuto in grande maestà, non più nel suo abbassamento, il che non vuol dire che tutti gli uomini avranno la visione di Dio, che si può ottenere solo in cielo e che costituirebbe il paradiso per gli empi; essi sentiranno la presenza e la maestosità di Dio solo attraverso alcuni segni (S. Thom. Aq.); 3° che i SS. Angeli lo accompagneranno (S. Matth. XXV, 31): gli Angeli che hanno contribuito alla salvezza degli uomini saranno glorificati davanti a tutto l’universo; 4° che seduto sul suo trono raccoglierà attorno a sé tutti i popoli della terra (S. Matth. XXV, 32); 5° che li separerà, come un pastore separa i capri dalle pecore: i giusti saranno chiamati alla sua destra, gli empi alla sua sinistra (ib. 33). – La parola Giosafat in ebraico significa il giudizio di Jeowa. Se dunque il profeta (Gioele III, 2) dice che Dio raccoglierà e giudicherà tutti i popoli nella valle di Giosafat, non sta parlando della valle tra Gerusalemme ed il Monte degli Ulivi, ma del luogo designato da Dio per il giudizio universale. La piccolezza di questa parola non va presa in senso letterale. Chiamiamo questo giudizio universale o generale, perché tutti gli uomini che sono mai vissuti, ed anche gli Angeli, saranno giudicati lì; si chiama ultimo, perché avrà luogo nell’ultimo giorno. – Al giudizio di Dio non si può essere rappresentati come nei tribunali umani, ma si deve comparire di persona e rendere conto della sua vita (S. Vinc. Fer.). Io ho visto, dice l’Apocalisse, i grandi e i piccoli davanti al trono di Dio (XX, 12),

2. IL GIUDIZIO UNIVERSALE AVRÀ LUOGO PER RIVELARE A TUTTE LE CREATURE LA SAPIENZA E LA GIUSTIZIA DI DIO. ESSO SARÀ RESO DA GESÙ PER RESTITUIRGLI PUBBLICAMENTE L’ONORE DI CUI I PECCARI LO HANNO PRIVATO.

Nel giorno del giudizio universale, Dio rivelerà agli uomini la sapienza con cui ha diretto i destini di tutti e di ciascuno, affinché potessero raggiungere la loro felicità terrena. Gli uomini vedranno come Dio abbia fatto servire al bene il male, tanto le sofferenze degli uomini ed i loro peccati. – Al giudizio Dio rivelerà anche la sua giustizia, perché completerà ciò che è rimasto imperfetto nel giudizio particolare. Le azioni, le parole e gli scritti di molti uomini hanno ancora fatto del bene o del male dopo la loro morte, gli Apostoli e i missionari hanno benedetto molte generazioni con opere buone, così come gli eretici hanno corrotto non solo i loro contemporanei ma anche i posteri. Il seme seminato dall’uomo raggiunge la piena maturità solo al Giudizio Universale. Il tribunale sarà presieduto da Cristo stesso, perché giudicare è un atto di sapienza e, in quanto Figlio di Dio, il Figlio di Dio è la sapienza generata dal Padre (l’intelligenza eterna del Padre), e gli appartiene giudicare (S. Th. Aq.). Inoltre, Cristo verrà come giudice, perché i suoi contemporanei e molti empi nel corso dei secoli gli hanno negato l’onore che gli spetta. È stato condannato come criminale dall’iniqua sentenza di Pilato e, secondo l’Apostolo, divenne uno scandalo per i Giudei e una stoltezza per i Gentili (I. Cor. I, 23); il suo onore dovrà essergli restituito al momento del giudizio. I suoi nemici avranno paura di Lui, come i fratelli di Giuseppe quando egli si fece conoscere (Gen. XLV); “allora gli empi diranno ai monti: “Schiacciateci”, e ai colli: “Copriteci!” (S. Luc XXIII, 30). Così Cristo ha detto: “Il Padre non giudica nessuno; ha rimesso il giudizio al Figlio, perché tutti onorino il Figlio come onorano il Padre”. (S. Giovanni V, 22). Durante la sua vita, Cristo non esercitò il suo potere di giudice: “Io – disse – non giudico nessuno” (ibid. VIII, 15). Nell’ultimo giorno, Cristo renderà giustizia, perché si è fatto uomo. La razza umana risorta deve avere un giudice visibile. “Il Padre – ha detto Gesù per questo motivo – ha dato al Figlio il potere di giudicare, perché è il Figlio dell’uomo” (ib. V, 27). Dio ci dà anche un uomo come giudice per misericordia (S. Bernardo). “Accetto volentieri come giudice – grida San Tommaso di Villanova – Colui che è stato il mio Salvatore!” (ib. V, 27).

3. IL GIUDIZIO DI CRISTO NELL’ULTIMO GIORNO CONSISTERÀ NELLO SCOPRIRE CIÒ CHE È PIÙ NASCOSTO, ESIGERE CHE OGNI UOMO. RENDA CONTO DELLE SUE OPERE DI MISERICORDIA E. DI SEPARARE ETERNAMENTE I BUONI DAI MALVAGI.

In senso stretto, il Giudizio universale non sarà altro che una ripresa solenne del Giudizio particolare; “lo stato in cui ciascuno si trovava nell’ultimo giorno della sua vita – dice Agostino – sarà anche quello dell’ultimo giorno dell’universo. Si sarà allora giudicato nello stesso modo che al momento della morte”. Possiamo anche dire: l’ultimo giudizio sarà una ripresa della storia universale, perché tutti gli avvenimenti di tutti i secoli passeranno in un solo giorno davanti agli occhi degli uomini. Dio, nella sua onniscienza li ha, per così dire, scritti; per questo la Scrittura parla dell’apertura dei libri in base ai quali i morti saranno giudicati (Apoc. XX, 12). Le cose più segrete saranno rivelate; il Signore porterà la luce nelle tenebre più profonde (1 Cor. IV, 5), perlustrerà Gerusalemme con le torce (Sof. I, 12); secondo le parole di Gesù: “Non c’è nulla di segreto che non debba essere rivelato, né nulla di nascosto che non debba essere conosciuto e reso pubblico” (S. Luc. VIII, 17). Quando il sole appare, la neve si scioglie e tutto ciò che c’è sotto appare. Così, al Giudizio Universale, il sole della giustizia farà apparire tutto. Tutti i peccati saranno svelati, la vergogna dei dannati inizierà per loro; anche i peccati dei giusti saranno rivelati, non per loro vergogna, ma per la glorificazione della loro penitenza. I peccati non si riceveranno sulla veste della grazia santificante; lungi dall’essere macchie su di essa, saranno ornamenti preziosi (Santa Gertrude). Dio velerà i peccati espiati dei giusti come un abile artigiano sa nascondere una lacrima sotto un ricamo. (Osorio). Tutte le opere buone saranno portate alla luce (Eccl. XII, 14), così come le intenzioni di tutte le azioni (I. Cor. IV, 5). Le anime pie, in particolare i martiri, riceveranno davanti a tutti gli uomini gli onori di cui sono state ingiustamente private. Gli empi esclameranno: “Ecco coloro che abbiamo deriso e che abbiamo perseguito con le nostre beffe. Nella nostra follia abbiamo considerato la loro vita come una sciocchezza e la loro fine come una disgrazia. Ora sono annoverati tra i figli di Dio e la loro sorte è quella dei santi”. (Sap. V, 3). Al giudizio si distingueranno i Santi dai viziosi (ipocriti), cosa che ora non è possibile. “In inverno tutti gli alberi si assomigliano, ma in primavera si possono distinguere quelli che sono disseccati da quelli che sono vitali; ora anche gli uomini sembrano uguali, ma al giudizio si distingueranno i buoni e i cattivi ” (S. Aug.). Al giudizio, Cristo chiederà a ogni uomo di rendere conto delle sue opere di misericordia. (S. Matth. XXV, 34). Se facciamo bene attenzione alle parole che Egli pronuncerà al giudizio, capiremo perché i Santi e tutti i buoni Cristiani compiono queste opere con tanto zelo. Santa Elisabetta, interrogata sulle ragioni della sua carità, rispose: “Mi sto preparando per il giorno del giudizio”. Nell’ultimo giudizio non si terrà conto delle ricchezze e delle dignità, perché Cristo non avrà alcun riguardo per nessuno. (Rom. II, 11). Al contrario, si richiederà molto a coloro che hanno ricevuto molto. (S. Luc. XII, 48). – Il giudizio si concluderà con una sentenza che separerà eternamente i buoni dai malvagi. (S. Matth. XXV, 46). Questa separazione è rappresentata da Cristo nella parabola della zizzania e del grano, dove il padre di famiglia dice ai suoi servi: Prima raccogliete la zizzania, legatela in fasci e bruciatela, ma il grano lo raccoglierete nel mio granaio (ib. XIII, 30). Anche il Calvario, dove il ladro buono è a destra e quello cattivo a sinistra, è un’immagine del giudizio. (S. Aug.) Molti parenti e amici saranno eternamente separati lì. (S. Matth. XXIV, 49). L’uomo principale, potente e ricco sarà perduto, mentre il suo subordinato e colui che fu mendicante si salveranno, come ci mostra la parabola del ricco e di Lazzaro. Il giudizio sarà anche il segnale per il rinnovamento della creazione che assumerà una forma nuova, glorificata, in linea con la gloria dei corpi dei giusti. (S. Aug.) Così dice San Pietro: “Aspettiamo …. nuovi cieli una terra nuova dove regnerà la giustizia ” (II. S. Pietro III, 13). Questa metamorfosi avverrà per mezzo del fuoco (ib. 12), che sarà allo stesso tempo un fuoco di purificazione per gli uomini che hanno ancora dei peccati da espiare. Poiché dopo il giudizio non ci sarà più purgatorio, la violenza delle pene sostituirà la loro durata. I giusti saranno poco colpiti come i tre giovani nella fornace. (S. Aug.) – Il pensiero del giudizio è molto salutare. San Metodio dipinse il giudizio su una parete per il re Bogoris; il re non lo perse più di vista, divenne Cristiano e diffuse con zelo il Cristianesimo nei suoi Stati. (Mehler 1.406). Anche Felice, il procuratore romano, tremò quando S. Paolo gli parlò del giudizio. Paolo gli parlò del giudizio, ma egli non collaborò con la grazia e interruppe la conversazione. (Act. Ap. XXIV, 25).

4. IL GIORNO DEL GIUDIZIO NON È CONOSCIUTO, MA GESÙ CI FA CONOSCERE I SEGNI CHE LO PRECEDERANNO.

Quel giorno e quell’ora”, dice Gesù Cristo, “non sono noti a nessuno, nemmeno agli Angeli del cielo. Solo il Padre lo conosce. (S. Matth. XXIV, 36). Questa conoscenza sarebbe inutile per noi, come non lo è la conoscenza dell’ora della nostra morte. Ecco perché Gesù Cristo non ci ha rivelato nulla al riguardo. “È di poco conto conoscere o non conoscere il giorno del giudizio; fate ciò che fareste se esso avvenisse domani e non dovrete temere la venuta del Giudice. (S. Aug.) – Tuttavia, Gesù ci ha dato alcuni segni precursori del giudizio, quando, sul Monte degli Ulivi con i suoi discepoli, predisse la rovina di Gerusalemme di (S. Matth. XXIV, 3). Gesù Cristo ha rivelato alcuni di questi segni, affinché alla fine dei tempi i fedeli siano perseveranti e non si perdano di d’animo. Questi segni sono i seguenti:

1. La predicazione del Vangelo in tutto il mondo. (S. Matth. XXIV, 14). Oggi due terzi del mondo sono ancora pagani.

2. La maggior parte degli uomini sarà senza fede e sarà caduta nel materialismo. (S. Luca xvii, 26). Gli uomini assomiglieranno a quelli del tempo di Noè (S. Matth. XXIV, 38).

3. Apparirà l’anticristo.

L’anticristo sarà un uomo che pretenderà di essere il Messia e che farà miracoli con l’aiuto del diavolo. (Thess. Il, 9). Sarà pericoloso soprattutto per le persecuzioni e per i suoi mezzi di seduzione. (Apoc. XX, 3-9). È probabile che l’anticristo prenderà come campo d’azione Gerusalemme e i luoghi dove visse Gesù Cristo. (Massl.) Cristo, venendo, ucciderà l’anticristo (II. Tess. II, 8), che avrà avuto nel corso dei secoli precursori e figure tipiche. (I. S. Giovanni II, 18). Il mistero dell’iniquità getta le sue ombre davanti a lui (II. Tess. II, 13).

4. Enoch ed Elia torneranno per predicare la penitenza.

“Io vi manderò – è scritto in Malachia (IV, 5) – il profeta Elia, prima che venga il giorno grande e terribile del Signore, ed egli radunerà i padri con i figli, ed i cuori dei figli con i padri, cioè porterà nel cuore dei Giudei i sentimenti dei patriarchi. Cristo ha anche annunciato il ritorno e la predicazione di Elia per gli ultimi tempi (S. Matth. XVII, 11). “Enoch- dice l’Ecclesiastico (XLIV, 16) -piacque a Dio e fu trasferito in paradiso per predicare la penitenza al popolo. Enoch ed Elia predicarono per tre anni e mezzo. “La loro predicazione allontanerà molti uomini dall’anticristo, che li ucciderà. I loro corpi non saranno seppelliti, ma Dio li risusciterà dopo tre giorni e mezzo”. (Apoc. XI, 3-11).

5. I Giudei si convertiranno.

Secondo la profezia di Gesù Cristo sul Giudizio universale, il popolo giudaico rimarrà fino alla fine dei tempi. “Questa generazione (il popolo giudaico) non passerà finché tutto questo non sia avvenuto”. (S. Matth. XXIX, 34). “I figli di Israele – dice Osea, parlando della conversione dei Giudei – rimarranno a lungo senza re, senza principi, senza altare; ma poi torneranno e cercheranno il Signore loro Dio e negli ultimi giorni accoglieranno con riverenza il Signore e le grazie che Egli farà loro. (111, 4). Israele rimarrà cieco, dice S. Paolo, fino a quando la pienezza delle genti non sia entrata nella Chiesa (Rom. II, 25). Dovrà essere Elia a “ristabilire le tribù d’Israele”, cioè a convertirle alla fede cristiana (Eccl. XLVIII, 10); tale è sempre stata la convinzione della Chiesa (S. Aug.),

6. Appariranno segni terribili in cielo ed una grande tribolazione travolgerà gli uomini.

“Il sole si oscurerà e la luna rifiuterà la sua luce, le stelle cadranno e le virtù dei cieli saranno scosse”. (S. Matth. XXIV, 29) L’umanità sarà messa alla prova da guerre, pestilenze, carestie come al tempo della rovina di Gerusalemme. (S. Matth. XXIV, 7). “Gli uomini si inaridiranno per la paura in previsione di ciò che deve accadere in tutto l’universo”. (S. Luca XXI, 25). Lo scopo di questi segni è scuotere i peccatori e portarli al pentimento.

La speranza cristiana.

I. LA NATURA DELLA SPERANZA CRISTIANA.

Alla fine del Simbolo degli Apostoli, si nominano i beni in cui non solo crediamo, ma in cui dobbiamo anche sperare. È per questo che nel Credo della Messa diciamo: aspetto la risurrezione dei morti e la vita eterna.

LA SPERANZA CRISTIANA È L’ATTESA FIDUCIOSA DI TUTTE LE COSE BUONE CHE GESÙ CRISTO CI HA PROMESSO PER IL COMPIMENTO DELLA VOLONTÀ DI DIO.

Il pio vegliardo Simeone aveva ricevuto da Dio la promessa di vedere il Bambino Gesù, e desiderava ardentemente quel giorno. Sospirò perché era fermamente convinto dell’adempimento della promessa di Dio. (S. Luca II). L’aspettativa della vita eterna dopo la risurrezione diede ai fratelli Maccabei il coraggio di sopportare le crudeli torture di Antioco (Il, Macch. VII, 9). La speranza è quindi da un lato un desiderio certo, l’attesa di un bene promesso, dall’altro, la fiducia, la fedele convinzione che Dio sarà fedele alla sua parola. La speranza è come un telescopio che avvicina ai nostri occhi gli oggetti più lontani; la speranza ci rende presenti i beni celesti e ci dà gioia. “Attraverso la speranza abbiamo un’anticipazione delle gioie del paradiso”. (S. Paolino). “Voi avete reso Signore, piena e perfetta la tua dolcezza per coloro che sperano in te”. (Sal. XXX, 19). La speranza cristiana può anche essere chiamata santa, perché ha come oggetto Dio e i beni soprannaturali. (Col. III, 1).

1. IN CAMBIO DEL COMPIMENTO DELLA VOLONTÀ DIVINA, GESÙ CRISTO CI HA PROMESSO LA FELICITÀ ETERNA E CI HA DATO I MEZZI PER RAGGIUNGERLA, CIOÈ L GRAZIA DIVINA, I BENI TEMPORALI ESSENZIALI PER LA VITA, IL PERDONO DEI PECCATI, L’AIUTO NEL MOMENTO DEL BISOGNO E L’ACCOGLIENZA FAVOREVOLE DELLE NOSTRE PREGHIERE.

Gesù Cristo ci ha promesso la felicità eterna (I, S. Giovanni II, 25). “Nella casa del Padre mio – ha detto – ci sono molte dimore e io vado a prepararvi un posto”. (S. Giovanni XIV, 2). Ci fa questa promessa nella parabola del banchetto di nozze, del grande banchetto reale, degli operai nella vigna; ci ha promesso la risurrezione dei corpi (S. Giovanni V, 28). Il desiderio di felicità è innato in noi. – Gesù Cristo ci ha anche promesso la sua grazia, cioè l’aiuto dello Spirito per raggiungere la felicità. Egli vuole che tutti gli uomini siano salvati (I. Tim. II, 4); ora, la grazia è assolutamente necessaria per la salvezza, la grazia attuale di convertirsi e di compiere opere meritorie, la grazia santificante per entrare in paradiso. Gesù promette questa grazia al peccatore nella parabola della pecorella smarrita. – Gesù Cristo ci ha promesso i beni temporali indispensabili alla vita. “Non preoccupatevi troppo per la vostra vita di ciò che mangerete, né per il vostro corpo di ciò che indosserete. Perché il Padre vostro sa che avete bisogno di tutte queste cose”. Egli ci mostra con l’esempio degli uccelli del cielo nutriti da Lui, dei gigli e dell’erba dei campi da Lui vestita, che Egli si preoccupa ancora di più degli uomini (S. Matth. VI, 25-32). – Più di una volta i Santi si sono trovati in situazioni molto difficili. Mancavano di cibo, riparo, vestiti e così via. Forti della promessa di Dio, non hanno avuto paura e l’aiuto divino non è venuto meno. – Gesù Cristo ci ha promesso il perdono dei peccati, se ci convertiamo e modifichiamo le nostre vie. Egli dice: “Ci sarà più gioia in cielo per un peccatore che fa penitenza che per 99 giusti che non ne hanno bisogno1. (S. Luc XV, 7). Le parabole del figliol prodigo e della pecorella smarrita ci dimostrano quanto Dio sia disposto a perdonarci. “Dio non si preoccupa tanto di ciò che l’uomo ha fatto, ma di ciò che è disposto a fare” (S. Aug.). Per tutto il tempo che l’uomo possa vivere, il suo pentimento non è mai perduto (S. Cypr.), poiché il ladrone sulla croce ha ancora ottenuto il suo perdono. “Dio – dice Ezechiele (XVIII, 32) – non vuole la morte del peccatore, ma che questi si converta e viva “. Il Cristo ci ha promesso aiuto nel momento del bisogno. Quando, in mezzo alla tempesta, gli Apostoli tremarono, Gesù li rimproverò e disse loro: “Di che cosa avete paura, uomini di poca fede!”. (Matteo VIII, 26). Dio è chiamato nostro rifugio e nostra forza (Sal. XLV, 1). – Il Signore non viene subito ad aiutare nelle afflizioni, ed a volte ritarda il suo aiuto, come in occasione delle nozze di Cana, dove disse: “Non è ancora giunta la mia ora”: (S. Giovanni 11, 4). Ma quanto più a lungo ci fa aspettare più il suo aiuto diventa meraviglioso ed efficace. Se ne ha la prova nella congiura di Aman contro gli ebrei con il re di Persia, sventata dalla preghiera di Ester (V); nel placarsi della tempesta sul lago di Genezareth; nella liberazione di Paolo dalla prigione. – Cristo ha promesso di rispondere alle nostre preghiere: Se chiederete qualcosa nel mio nome, io ve la darò” (Gv XIV, 14). “Qualunque cosa chiederete al Padre mio nel mio nome, egli ve la darà” (ib. XVI 23).

Il Cristo ci ha insegnato, nel Padre nostro, a chiedere questi diversi beni al Padre celeste.

Nella seconda petizione chiediamo la felicità eterna, nella terza la grazia di raggiungerla, nella quarta i beni temporali indispensabili, nella quinta il perdono dei peccati, nella terza il perdono dei peccati, nella 6ª e 7ª l’aiuto nel momento del bisogno. La parola Amen esprime la fiducia che Dio ascolterà le nostre preghiere.

2 . LA SPERANZA CRISTIANA NASCE DALLA FEDE PROMESSA DA DIO, PERCHÉ LA FEDE CI INSEGNA CHE DIO È INFINITAMENTE FEDELE, POTENTE E BUONOE CHE GESÙ HA GUADAGNATO TUTTE QUESTE COSE PER NOI.

La speranza nasce dalla fede come il tronco dalle radici; sono due sorelle. (S. Greg. M.) La fede stabilisce l’esistenza dei beni e la possibilità di averli; la speranza ce li fa desiderare e attendere. – Siamo convinti che Colui che chi ha proibito la menzogna è Lui stesso incapace di ingannare (S. Clem. Rom.), per cui dice Paolo: “Restiamo saldi nella professione della nostra speranza, perché Colui che ci ha promesso è fedele (Eb. X. 23). – Siamo anche più convinti che Dio, al quale nulla è impossibile (S. Luc I, 37), sia abbastanza potente da adempiere la sua promessa (Rm IV, 18); che Dio, che è Amore (I. S. Giovanni IV, 8), dia anche più volentieri di quanto riceviamo (S. Ger.); che Gesù Cristo con il suo doloroso sacrificio abbia meritato per noi la felicità eterna e i mezzi per raggiungerla. – Agostino osserva: “Non potevo, a causa della grandezza dei miei peccati, sperare né nel perdono né nel paradiso, ma oso sperare per i meriti di Gesù Cristo di essere salvato con la penitenza e l’osservanza dei comandamenti. “Dio non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha dato per tutti noi: come non avrebbe potuto darci tutti con Lui?” (Rm VIII, 32). – Questa ferma convinzione che Dio sia sommamente fedele, potente e buono, che Cristo ci abbia meritato ogni bene, si chiama fiducia in Dio; questa virtù è la radice della speranza. Quanto più vigorosa è questa radice, tanto più salda è la nostra speranza. Questa fu la virtù della donna malata che toccò la frangia della veste di Gesù mentre questi si recava a casa di Giairo (Matteo IX, 22).

3. I BENE PROMESSI DA GESÙ CRISTO POSSONO ESSERE SPERATI SOLO DAL FEDELE OSSERVANTE DEI COMANDAMENTI O DAL PECCATORE PENTITO.

“Chi mi dice Signore! Signore! non entrerà nel regno dei cieli, ma solo chi fa la volontà del Padre mio che è nei cieli”. (S. Matth. VII, 21) I peccatori possono sperare in Dio solo quando si pentono seriamente delle loro colpe.

La speranza senza la virtù è presunzione. (S. Bern.) Il crudele re Antioco, il carnefice dei fratelli Maccabei, già divorato dai vermi, sperava nell’aiuto divino. (II. Macch. IX, 13). La stessa sorte toccò a Gerusalemme, assediata dai Romani (a. 70). Speriamo invano in Dio quando non facciamo il bene (S. Lor. Giust.). – Se al contrario l’empio fa penitenza per i suoi peccati ed esercita la giustizia e la rettitudine, Dio dimenticherà le sue iniquità. (Ezech. XVIII, 21). Manasse, re di Giuda, condusse il suo popolo all’idolatria e fece uccidere diversi profeti. Dio lo consegnò ai suoi nemici che lo portarono in catene a Babilonia e lo gettarono in una prigione. Poi si lamentò dei suoi crimini, promettendo sinceramente di correggersi; Dio lo liberò e gli restituì il trono, Manasse distrusse i templi dei falsi dei. (II. Paral. XXXIII). La storia di Giona ci insegna la stessa verità.

Il giusto, d’altra parte, può sperare che Dio provveda a tutte le sue necessità a tutti i suoi bisogni; tuttavia l’uomo giusto deve sforzarsi di acquisire i beni che spera da Dio.

“Cercate prima – disse Gesù – il regno di Dio e la sua giustizia, e tutto il resto vi sarà dato in aggiunta”. (Matteo VI, 33). Siamo servi di Dio; dobbiamo obbedire ai suoi comandi; Egli provvede alle nostre necessità e ci dà il nostro salario. “Spetta a noi servirlo, a Lui prendersi cura di noi. Dio non ha mai abbandonato chi ha osservato fedelmente i suoi comandamenti. (Eccli. Il, 12). Dio non abbandona i suoi. Lo offenderemmo se non avessimo piena fiducia in Lui (S. Aug.), per cui S. Pietro dice: “Gettate tutte le vostre preoccupazioni sul Signore. Affidate al Signore tutte le vostre preoccupazioni, perché Egli ha cura di voi.” (I. S. Pietro, V, 7). – Nonostante questa cura, noi stessi dobbiamo sforzarci di acquisire i beni promessi da Dio. “Il nostro corpo e la nostra anima hanno facoltà che sono come la chiave del cielo e della terra; chi rifiuta di usare questa chiave sarà indigente: Dio ci dà solo ciò per cui le nostre forze non bastano”. (Alb. Stolz). Dobbiamo sperare nel meglio, ma anche ottenerlo. (S. Car. Bor.) Aspettare l’aiuto divino senza fare ciò che possiamo è tentare Dio (S. Fr. di S.). Se, dunque, vogliamo recuperare la salute, dobbiamo prima usare i mezzi che la procurano. Dio farà il resto: non è lecito chiedere prima un miracolo. S. Paolo aveva il dono dei miracoli e tuttavia raccomandava a Timoteo di di prendere un po’ di vino nell’interesse della sua salute. (I Tim. V, 23). Il lavoratore senza deve prima cercare un lavoro; solo allora può sperare in un aiuto speciale da parte di Dio. Questa osservazione si applica a tutte le difficoltà in cui l’uomo possa trovarsi. Aiuta te stesso e il cielo ti aiuterà!

4. LA SPERANZA CRISTIANA DEVE ESSERE ACCOMPAGNATA DA UN SALUTARE TIMORE DEL PECCATO.

La speranza è un abito con due maniche: una è la fiducia nella misericordia di Dio, l’altra è il timore della sua giustizia (Santa Brigida). Dio vuole che noi lavoriamo alla nostra salvezza con timore e tremore (Fil. II, 12). Nessuno può essere sicuro di appartenere al numero degli eletti o di perseverare nella grazia fino alla morte. (Concilio di Tr. 6, can. 15, 16). Il marinaio in mare, fuori dal porto, ha sempre da temere, nel tempo più calmo, una tempesta che potrebbe farlo naufragare; il Cristiano, allo stesso modo, vive nel perpetuo timore della tentazione. (S. Macario). Navi eccellenti e molto grandi sono spesso naufragate davanti al porto, mentre sono arrivate navi vecchie. (S. Gugl.). Alcuni uomini favoriti dall’ispirazione divina, come Salomone, sono diventati empi in vecchiaia, mentre peccatori come Maria Maddalena, Agostino, sono diventati grandi Santi. Anche gli Angeli sono caduti molto in basso e sono stati riprovati in eterno. Il più abile dei costruttori di tetti è sempre sospeso nel pericolo di cadere. (S. G. Cris.) Chi pensa di essere in piedi, si guardi bene dal cadere. (I. Cor. X, 12). Portiamo il tesoro della grazia in vasi fragili. (II Cor. IV, 7). Il dubbio su se stessi è il protettore della speranza. (S. Aug.) Speranza e timore devono essere uniti; dove regnano, si conquista la corona del cielo. (S. G. Cris.) La speranza ci dà la forza di camminare, il timore ci rende lungimiranti; la speranza è il vento che soffia, la paura è la zavorra; il vento spinge la nave verso la meta, la zavorra mantiene l’equilibrio: entrambi sono necessari per il successo della navigazione. (Scaramelli). – Il timore non diminuisce la speranza, anzi la aumenta. Fiducia in Dio e la sfiducia in noi stessi sono come i piatti di una bilancia: quando uno sale l’altro scende; più abbiamo sfiducia in noi stessi, più abbiamo fiducia in Dio, e viceversa (S. Fr. di S.).

5. LA SPERANZA CRISTIANA È UN DONO DI DIO, PERCHÉ LA CAPACITÀ DI SPERARE SI OTTIENE DOLO CON LA GRAZIA SANTIFICANTE.

11. La speranza è come la fede. – È lo Spirito di Dio che risveglia in noi il desiderio dei beni eterni e ci riempie di fiducia in Dio. Più alto è il grado di grazia santificante (più una persona è cristiana), più perfetta è la facoltà di sperare. I Santi hanno la speranza più forte alla fine della loro vita; la speranza assomiglia ai fiumi più ampi vicino al mare. – Noi saremo obbligati a compensare in purgatorio ciò che manca alla nostra speranza quaggiù.

II. frutti della speranza cristiana

1. Chi spera in Dio gode di una speciale protezione da parte di Dio. Ne abbiamo una prova nei tre giovani nella fornace, in Giuseppe prigioniero in Egitto, nella Madre di Dio che sta per essere abbandonata da Giuseppe, nella liberazione di Vienna assediata dai Turchi nel 1683. Per due mesi (dal 16 giugno al 12 settembre) Vienna fu bloccata da 250.000 turchi e aveva solo una guarnigione di 16.000 uomini comandata dal valoroso Stahremberg. I turchi lanciarono diversi assalti e avevano fatto saltare una parte delle mura della città; ma più la situazione diventava

disperata, più cresceva la fiducia in Dio. E infatti, all’ultimo momento arrivò l’esercito liberatore, composto da soli 90.000 uomini, sotto il comando del re di Polonia Sobieski. La battaglia durò un giorno intero, ma i turchi furono completamente sbaragliati. – Una storia simile è raccontata nella vita di Ferdinando II, poi imperatore di Germania. All’inizio della Guerra dei Trent’anni (1619), questo principe fu fortemente minacciato a Vienna dagli insorti. Si gettò ai piedi di un crocifisso e pregò con fervore. Tuttavia, gli insorti erano penetrati in Hofburg e stavano cercando di strappare concessioni per i protestanti. Ma Ferdinando, confidando in Dio rifiutò di cedere, e all’improvviso si udì il suono delle trombe: erano 500 dragoni condotti da S. Ilario (Weiss IX; p. 186)..Dio salva coloro che sperano in Lui (Dan. XIII, 60). Un Cristiano che spera in Dio può essere attaccato, ma non sconfitto (S. Cipr.). Egli somiglia ad una armata solida garantita da una riserva (S. Fr. di S.) Chi confida in Dio è inamovibile come il monte Sion. (Sal. CXXIV, 1), una montagna, dice san Giovanni Crisostomo, una montagna che non può essere scossa o rovesciata, per quanto numerose siano le macchinazioni dirette contro di essa. Chi ripone tutta la sua fiducia in Dio, ottiene da Lui una protezione speciale; può essere sicuro di non essere colpito da nessun male reale (S. Vinc. de P.), e quanto maggiore è questa fiducia, tanto maggiore è l’aiuto divino in tutti i pericoli. (S. Fr. di S.) Nessuno di coloro che hanno fiducia in Dio sarà confuso (Eccli. II).

2. CHI SPERA IN DIO OTTERRÀ TUTTO DA DIO, PERCHÉ – DICE GESÙ CRISTO – È IN GRADO DI “SPOSTARE LE MONTAGNE “. (S. Marco XI, 23).

Spostare le montagne significa superare gli ostacoli più grandi. Si racconta di S. Gregorio il Taumaturgo che abbia realmente trasportato una montagna (+ 270). Confidando in Dio, Mosè divise il Mar Rosso con il suo bastone, ed Elia ottenne la pioggia dopo una lunga siccità. La speranza è una freccia che attraversa il Sacro Cuore e fa scorrere il fiume della misericordia sull’anima fiduciosa.(Mar. Lat.) L’uomo riceve in proporzione a ciò che spera. (S. Giov. della Croce). Chi spera è ricco prima di possedere ricchezze (S. Giov. Clim.).

3. CHI SPERA IN DIO È FORTIFICATO DA LUI; È IMPAVIDO DI FRONTE AGLI UOMINI, PAZIENTE E GIOIOSO NELLE TRIBOLAZIONI, SOPRATTUTTO DI FRONTE ALLA MORTE.

La speranza cristiana dà una forza sovrumana; agisce come una leva che solleva i carichi più pesanti. Quanto fu impavido Davide di fronte a Golia? Leone Mahno davanti ad Attila. (452). Una volta San Martino fu assalito da briganti e minacciato di morte. Wiesyi gli domandato perché non avesse paura, rispose: “Sono Cristiano e sono sotto la protezione divina. Io non ho motivo di temere, ma voi sì”. Colui che spera in Dio non si preoccupa né del favore dej potenti, né di ciò che dirà la gente (I. Cor. IV, 3). – Chi spera in Dio è paziente nelle sue sofferenze, perché sa che “le sofferenze di questa vita non sono paragonabili alla gloria futura che si rivelerà in noi (Rom. Vlll, 18). Giobbe era così paziente perché aspettava con ansia la resurrezione e la e la ricompensa che verrà. (XIX, 25). E come si può essere tristi quando si ha davanti la corona dell’eternità? Il cammello nel deserto riprende il cammino non appena sente l’odore dell’acqua, anche da lontano. E Paolo grida nelle sue tribolazioni: “Trabocco di gioia in mezzo ai miei dolori” (II Cor. VII, 4). Desidero liberarmi dal mio corpo ed essere con Cristo (Phil. 1, 21); non mi resta che attendere la corona di giustizia che mi è riservata e che il Signore, come giusto giudice, mi renderà nel gran giorno. (II Tim. IV, 8). 8. Andrea morì con la più grande gioia, quando vide la croce alla quale doveva essere legato e gridò: “Salve, o croce preziosa, santificata dalla morte del mio Dio! Vengo a te con gioia! Quanto ti ho desiderato!” (+62). S. Ignazio di Antiochia (+ 107) si rallegrava quando udì la sentenza di Traiano, e quando i Cristiani di Roma volevano liberarlo li pregò di non togliergli la corona dei martiri. “Non temo – disse -i denti delle bestie feroci, né lo strappo delle mie membra, purché io ottenga Cristo”. S. Lorenzo condannato ad essere arrostito su una griglia per non aver consegnato i tesori della Chiesa al Prefetto di Roma, rideva con il suo giudice mentre veniva torturato: “Puoi girarmi, perché da questa parte sono già abbastanza cotto”. (f+253). Santa Cecilia disse ai suoi carnefici: “Morire per Cristo è come scambiare il fango con l’oro, una capanna con un palazzo”. (+ 230). La speranza è un’ancora solida per l’anima (Eb. VJ, 19); come l’ancora protegge la nave dalla tempesta, così la speranza preserva l’anima dal naufragio, con questa differenza, che l’ancora riposa nelle profondità del mare e la speranza nelle altezze del cielo. (S. Th. Aq.) L’aquila durante la tempesta si alza sulle sue ali verso le regioni serene regioni serene dove splende il sole, così noi ci innalziamo sulla speranza al di sopra di tutte le preoccupazioni e i dolori terreni.

4. LA SPERANZA CRISTIANA CINPORTA CON FORZA A8LLE BUONE OPERE E ALLA VIRTÙ EROICHE.

È la speranza che conduce i missionari alle nazioni della terra. La speranza del raccolto, l’attesa della ricompensa, il desiderio di gloria, sostengono l’operaio, ma la speranza cristiana è molto più solida, perché speriamo in ciò che la verità stessa ha promesso (San Paolino). La nostra speranza è così certa come un avvenimento passato.(S. Aug.). Costruire sul Bene è costruire su un fondamento incrollabile.

5. LA SPERANZA CRISTIANA CONDUCE ALLA VITA ETERNA.

Chi ha speranza è sicuro della sua salvezza, come chi ha un nocciolo, è sicuro dell’albero che pianterà: perché la felicità eterna è contenuta nella speranza. (S. Th. Aq.) È attraverso la speranza che siamo salvati. (Rom. VIII, 24). S. Bernardo paragona la fede nell’onnipotenza, fedeltà, l’amore di Dio ad un triplice cordone indissolubile che dall’alto della patria si getta nella nostra prigione, lungo il quale dobbiamo salire fino alla visione della sua gloria. La casa di Dio (cioè la santità) è fondata sulla fede, è innalzata dalla speranza e completata dalla carità. (S. Aug.) – In cielo non ci sarà più speranza, perché lì possederemo i beni che abbiamo desiderato e atteso.

III. I difetti della speranza cristiana.

La speranza cessa di essere gradita a Dio se speriamo da Lui più o meno di quanto abbia promesso.

1. NON DOBBIAMO CONFIDARE NELLE NOSTRE FORZE, O NEI MEZXI UMANI PIÙ CHE IN DIO, ALTRIMENTI SUAMO SVERGOGNATI, PERCHÉ NILLA È SICURO AL DI FUORI DI DIO.

*Riportiamo qui, per semplicità, la etimologia della parola latina spes, speranza, citata da S. Isidoro. Egli mette questa parola in relazione con pes piede, e per il santo la speranza sarebbe altrettanto necessaria per la salvezza che il piede per camminare.

La speranza di chi si affida solo ai mezzi umani non è cristiana o divina, ma terrena. Pietro nell’Ultima Cena si vantò del suo coraggio e poi rinnegò il Maestro. Golia si fece beffe degli israeliti e fu presto ucciso. Napoleone si fece beffe della scomunica papale contrapponendovi i suoi eserciti, che presto perirono nella campagna di Russia (1812). Francesco Borgia aveva riposto tutta la sua fiducia nella sua protettrice, la regina Isabella; ma lei morì ed egli riconobbe il suo errore. È meglio affidarsi a Dio che agli uomini. (Sal. CXVII, 8). Non riporre la tua fiducia nei principi. (Sal. XLV, 2). Costruire su un fondamento umano è costruire sulla sabbia. (Discorso della Montagna). Coloro che ripongono la loro fiducia negli uomini, saranno svergognati come i sacerdoti di Baal sul Carmelo (III Re XVIII). Confidare in se stessi significa non avere altro protettore che se stessi. Dio non protegge chi non chiede il suo aiuto (S. Aug.). Solo chi ha la speranza cristiana può gridare: “È in te, Signore, che ho riposto la mia fiducia, non sarò confuso in eterno”. (Sal. XXX, 2).

2. NON DOBBIAMO MAI DISPERARE, CIOÈ NON DOBBIAMO MAI PERDERE LA FIDUCIA CHE DIO PERDONERÀ I NOSTRI PECCATI E CI AIUTERÀ NEL MOMENTO DEL BISOGNO.

Caino cadde nella disperazione quando disse: “Il mio crimine è troppo grande per essere perdonato”. (Gen. IV, 13). Allo stesso modo, Saul, quando i Filistei lo pressavano da tutte le parti in battaglia, si gettò sulla sua spada (I. Re XXXI). I Cristiani non devono mai disperare, perché la misericordia di Dio è infinita e l’aiuto divino è tanto più vicino quanto più è pressante il pericolo.

Prima del peccato, dobbiamo temere la giustizia; dopo il peccato, dobbiamo confidare nella misericordia. (S. Greg. M.). Chi dubiterebbe di poter pagare i propri debiti in presenza della tesoreria reale, dove gli sarebbe permesso di farlo? Chi, dunque, potrebbe dubitare della misericordia divina?

La malizia degli uomini di fronte alla bontà di Dio è meno di una scintilla che cade nell’oceano (S. G. Cris.). Dio sembra addirittura ricevere il peccatore pentito con maggiore gioia, perché questo perdono lo glorifica maggiormente.

La disperazione porta spesso al suicidio e quindi alla morte eterna.

Ne abbiamo una prova in Giuda. La disperazione è un peccato incurabile contro lo Spirito Santo. “La speranza apre il cielo, la disperazione lo chiude”. (S. Isid.) Chi dispera della misericordia di Dio lo offende come chi dubita della propria esistenza. (S. Aug.). Giuda offese il Maestro divino meno vendendolo che dubitando della sua bontà (S. Gir.); è morto meno per il suo crimine che per la sua disperazione. (S. Aug.) Peccare è uccidere l’anima, ma disperarsi è già gettarsi all’inferno. (S. Isid.)

3. LA PRESUNZIONE NELLA MISERICORDIA DIVINA È UN PECCATO, CIOÈ È PECCAMINOSO PERSEVERARE NELNPECCATO PENSANDO CHE DIO NELLA SUA MISERICORDIA NON CI DANNERÀ.

Fiducia in Dio e timore devono essere sempre in equilibrio. È una colpa quando la paura sopprime la speranza (disperazione), ma non è meno peccaminoso sopprimere del tutto la paura, quando ci convinciamo che la nostra salvezza

sia scontata (presunzione), o che Dio non ci rifiuterà mai il suo aiuto (tentazione di Dio). È sciocco credere solo alla misericordia di Dio e non alla sua giustizia. “Non abusiamo della bontà di Dio per

per non cadere sotto i colpi della sua giustizia” (S. Bern.) “Se non fate penitenza, dice Gesù Cristo, perirete tutti senza eccezione” (S. Luc. XIII, 3). Che nessuno dica: “Mi confesserò a questa colpa, mi convertirò alla fine della mia vita”. Al contrario, come san Gregorio di Nazianzo, dica: “Sono profondamente addolorato, o mio Gesù crocifisso, di averti disprezzato e offeso, proprio perché sei il mio Dio” perché avrei dovuto onorarti e amarti di più”.

4. NON DOBBIAMO MAI TENTARE DIO, CIOÈ NON DOBBIAMO MAI ESPORCI AD UN PERICOLO SENZA UN MOTIVO CON IL PENSIERO CHE DIO CI AIUTERÀ.

Solo chi fa ciò che Dio gli chiede può sperare nell’aiuto di Dio; quindi, chi non si preoccupa della volontà di Dio, chi agisce senza sufficiente motivazione, sarà abbandonato da Dio. La Scrittura dice quindi che chi ama il pericolo perirà in esso. (Eccli. III, 27). Il demonio voleva indurre Cristo a tentare Dio, suggerendogli di precipitarsi dalla terrazza del tempio. (S. Matth. IV, 6). Colui che, in una grave malattia, trascura di chiamare il medico o di prendere i rimedi, pensando che Dio lo guarirà senza farlo, offenderebbe Dio, a meno che non sappia per esperienza che il suo temperamento possa fare a meno di questi mezzi, a meno che i rimedi non siano al di là delle sue possibilità. Nella Chiesa, colui che presuntuosamente si gettava davanti al supplizio non era onorato come martire, anche se dava la vita per la fede. “La tentazione di Dio è un grande disprezzo di Dio.” (S. Alf. de Liguori).

Fine della prima parte.

IL CATECHISMO DI F. SPIRAGO (XXI)