LA PREGHIERA DI PETIZIONE (4)
P- B. LAR – RUCHE
LA PREGHIERA DI PETIZIONE (4)
OSSIA IL MEZZO Più INDISPENSABILOE E NELLO STESSO TEMPO INFALLIBILE PER IMPETRARE DADIO OGNI BENE E SOPRATTUTTO L’ETERNA SALVEZZA.
ISTITUTO MISSIONARIO PIA SOCIETA’ S. PAOLO
N. H., Roma, 15 maggio 1942, Sac. Dott. MUZZARELLI
Imprim., Alba 25 maggiio 1942. Cn. P. Gianolio, Vic. Gen.
Tipogr. – Figlie di S,. Paolo. – Alba – giugno – 1942.
5. — Qual è la mia forza? (Giob. 6, 11).
Scrissi dunque che i comandamenti di Dio si possono osservare tutti e sempre, anche nelle più violente tentazioni. Questo sostiene Iddio, questo insegna la Chiesa, questo confessano i peccatori e questo conferma l’intima coscienza di ognuno. Tutti infatti, dopo commesso un fallo volontario (in questo sta il peccato), dobbiamo riconoscere che, se proprio volevamo, potevamo evitarlo. Ma possiamo noi osservare i comandamenti di Dio colle sole nostre forze?… Le nostre naturali energie sono esse così perspicaci e così forti da poter reagire sempre efficacemente contro il peccato?… – Rispondo: L’uomo (e in questi nostri tempi non occorrerebbe neppur dirlo), l’uomo — dico — è libero. Egli, infatti, può fare una cosa od anche non farla; può fare una cosa od anche un’altra del tutto diversa e perfino opposta, fra le cose a lui possibili. Egli dunque si trova nella possibilità di fare ciò che vuole: tanto il bene, come il male. È però un fatto incontestabile, confermato dall’esperienza stessa, che i sensi e i pensieri del cuore umano sono inclinati al male fin dalla sua adolescenza» (Gen. 8, 21). Ma donde mai tal disordine in noi? È presto detto. Essendosi Adamo, nostro progenitore, ribellato al divino comando con la sua disobbedienza (in questo consiste effettivamente la sua colpa), egli perdette anzitutto la giustizia originale, che corrispondeva press’a poco a quella che è l’attuale grazia santificante; e così si costituì nemico di Dio e fu privato del diritto al premio del Paradiso. Fu pur privato di diversi doni preternaturali dei quali era stato da Dio arricchito nell’atto stesso della creazione; ed essendosi egli ribellato al Signore, avvenne che anche in lui la parte inferiore si ribellasse all’anima, portando così il disordine in tutto il suo essere. Ora questa triste e misera condizione in cui Adamo erasi precipitato per propria colpa, si trasfuse —per essere egli il capostipite del genere umano – in tutti i suoi discendenti, e quindi anche in noi. Questo disordine e questa debolezza alla quale siamo ora, si può dire, naturalmente soggetti, è assai ben ritratta da S. Paolo quando, gemendo, scrive di se stesso ai Romani: « Io non intendo ciò che faccio, poiché purtroppo io opero non quel bene che vorrei, ma bensì quel male che odio… Volendo io operare il bene, mi sta a fianco il male. Mi compiaccio bensì della legge di Dio nel mio interno, e pur vedo nelle mie membra un’altra legge che cozza colla legge della mente e mi rende schiavo del peccato. Disgraziato ch’io sono! chi mi libererà da questo corpo di morte? » (Rom. 7, 15-24). – Quindi benché sia di fede che il peccato di Adamo non abbia estinto il nostro libero arbitrio, tuttavia lo ha attenuato, indebolito e piegato al basso (Conc. Trid.) per modo che l’autore dell’Imitazione di Cristo può asserire che « la poca forza rimasta in noi è come una fievole scintilla nascosta sotto la cenere » (III, 55,. 2). Dopo ciò riescono chiare anche le seguenti gravi parole del Concilio Carisiaco : « Noi abbiamo il libero arbitrio, prevenuto ed aiutato dalla grazia, a fare il bene; ed abbiamo il libero arbitrio a fare il male, se esso è abbandonata dalla grazia » (Denz. n. 317); parole che spiegano in qual senso si debbano prendere queste altre di S. Pier Crisologo « Noi siamo inabili alla virtù, abili al vizio ». Dunque aveva pur ragione, quantunque corrottissimo, lo stesso Ovidio, quando scrisse: «Vedo il meglio e lo approvo, ma poi faccio il peggio » (Metamorfosi). Questa triste constatazione è infatti confermata da S. Agostino medesimo, quando gemendo confessa: « Se la tua bellezza, o mio Dio, mi rapiva verso di te, subito il mio peso me ne strappava via, facendomi precipitare, gemebondo, verso codeste cose infime… e sospiravo legato dalla mia ferrea volontà » (Conf. 7, c. 17). – In pratica qual è dunque la nostra condizione quaggiù?
1. Chi è in peccato mortale (od anche solo originale) non può colle sole sue forze naturali mettersi in condizione d’essere gradito a Dio, nè meritarsi il Paradiso. Infatti « nè il libero arbitrio dell’uomo, nè alcun capitale di natura basta per sè a sollevare l’uomo dal peccato alla grazia, se non interviene il braccio della divina potenza » (Ven. Luigi da Granata).
2. Chi è in peccato mortale non può colle sole sue forze naturali perseverare lungamente senza cadere in altri peccati mortali; e ciò per la ragione che adduco nel numero successivo.
3. Chi è in grazia di Dio, cioè chi ha la grazia santificante, non può colle sole sue forze naturali durare a lungo senza cader in peccato mortale. Così infatti devesi ritenere, poichè « è sentenza comune dei Teologi che quando le tentazioni sono gravi — e chi non ne ha? — senza l’aiuto di Dio nessuno può vincerne nemmeno una ». (In « Alcune note pratiche sul testo di catechismo: l’orazione e la liturgia ». Sono dell’Autore di « Ut vitam habeant » e di « Vivere in Cristo »).
4. Chi è in grazia di Dio non può compiere il minimo atto soprannaturale, cioè tale che in qualsiasi modo giovi alla salute eterna, senza l’aiuto di Dio che si chiama grazia attuale. Gesù infatti disse; « Senza di me voi non potete fare nulla » (Giov. 15, 5). E si potrebbe aggiunger dell’altro; ma questo solo basta per farci capire in che triste e misera condizione ci abbia precipitati il peccato di Adamo. – Ciò posto, come potremo noi metterci in condizione di non dovere ad ogni piè sospinto cadere e ricadere in peccato mortale? Infatti, dal momento che Dio ci vuole effettivamente salvi (è di fede) e che per noi Cristiani l’unico ostacolo alla salvezza eterna è il peccato mortale (e questo è pure di fede), noi dobbiamo fermamente ritenere che Dio, il quale è infinitamente buono e misericordioso, abbia per noi disposto uno o più mezzi tali che realmente ci liberino e preservino dal peccato mortale. Eh, già! chi vuol il fine, deve pur volere e disporre i mezzi necessari ed atti a raggiungerlo. E se tutti così, tanto più Iddio a cui tutto è possibile. (Anche i peccatori ammettono che Dio sia buono e misericordioso. Tant’è vero che essi per lo più peccano nella fiducia del suo incondizionato e facile perdono. Attenti però. C’è una sentenza che dice così: Maledetto l’uomo che pecca nella speranza del perdono. Se Dio è tanto buono, perché si ha a continuare ad offenderlo?). Ora quali sono questi mezzi?… Saranno forse l’istruzione e l’educazione religiosa, la fuga delle cattive occasioni, il frequentare le compagnie dei buoni, il leggere buoni libri, il meditare le massime morali ed eterne, il fare energici sforzi sopra se stessi, il controllare i propri sentimenti e le proprie azioni, il ribadire tenacemente i buoni propositi?… Tutti questi mezzi sono davvero utilissimi e mai abbastanza raccomandati. Vedremo anzi che, almeno in parte, essi devono pur ritenersi necessari. Ed è certo che chi li adopera con costanza dà a vedere ch’eì vuole seriamente intraprendere e continuare la riforma della propria vita secondo il gusto di Dio. – In pratica però — come ci sarà dato di vedere chiaramente in seguito — tutti i mezzi qui enumerati, tanto se adoperati ad uno ad uno, come se usati simultaneamente, sia perché non proporzionati al fine, sia per la connaturale fiacchezza ed incostanza umana nel loro uso, non sono per sè soli sufficientemente efficaci nè a farci risorgere dallo stato di colpa, nè a preservarci abitualmente dal peccato mortale. L’esperienza, infatti, ha dimostrato e tuttora dimostra come le suddette ottime e spesso necessarie pratiche morali e religiose, possono bensì attenuare, leggermente diminuire ed anche per breve tempo rimandare le nostre cadute e ricadute in peccato, ma non valgono a farcele abitualmente evitare. Ed i Ss. Sacramenti?… S. Alfonso, insieme con altri buoni autori, dubita perfino dell’efficacia dei Sacramenti, in quanto preservativi dalla colpa, come vedremo in seguito. E ciò, non perchè essi non siano necessari all’uomo, ma perché il loro fine primario è diverso: è quello d’infondere o di accrescere la grazia santificante; mentre nel caso di cui qui si tratta ci vuole la grazia attuale. Ma allora — dirà più di uno — abbiamo a perderci d’animo e a rassegnarci a vivere quasi abitualmente in istato di peccato mortale, cioè nell’inimicizia con Dio e nel rischio continuo d’andare all’inferno per tutta l’eternità?… No, caro! continua a leggere le successive pagine di questo libretto, e vedrai che Dio ha provveduto le cose in modo che a nessuno mai manchi il mezzo sicurissimo ed efficacissimo sia per liberarsi dal peccato sia per preservarsene in seguito. E tu stesso allora vedrai quanto sono ammirabili le sue invenzioni.
6. — Eureka: Ho trovato!
Ho già detto che Dio effettivamente vuole che tutti gli uomini si salvino e che per salvarli diede alla morte più ignominiosa perfino il suo Figliuolo Unigenito. Ora, dopo ciò, sarà mai credibile ch’Egli non abbia saputo trovare e poi voluto metterci a portata di mano un mezzo effettivamente efficace, col quale tutti, anche i più ignoranti e miseri — insomma tutti indistintamente — possano di fatto preservarsi stabilmente dalla colpa e meritarsi l’eterna salvezza?… Ah, no! Questo sarebbe un negare od almeno mettere in dubbio i suoi più grandi e nobili attributi, che sono la sua infinita sapienza e potenza, e sopratutto la sua infinita Provvidenza, bontà e misericordia. « Come mai Colui che non risparmiò il proprio Figliuolo, ma lo diede per noi tutti, non ci donò ogni cosa insieme con Lui? » (Rom. 8, 32). Dunque questo mezzo tutto divino dev’esserci; e a noi non resta altro da fare che ricercarlo, individuarlo e poi servircene. – Ora che si debba fare molta fatica a scoprirlo? Non credo. Anzitutto è certo che questo mezzo deve provenire da Dio stesso. Eh, già, dal momento che « se il Signore non edifica la casa, inutilmente s’affaticano i costruttori intorno ad essa » e che « se il Signore non custodisce la città, invano veglia su di essa il custode)) (Salmo 126, 1), non può essere diversamente. Gesù stesso infatti disse: « Niuno può venire a me, se il mio Padre non lo attira » e « Senza di me non potete fare nulla » (Giov. 6, 44 e 15, 5). Tal mezzo dunque deve provenire da Dio e non dagli uomini e dalle risorse ch’essi possono avere o porgere. Come Egli fu già l’autore della nostra vita naturale, così Dio stesso vuole pur essere l’autore della nostra virtù, della nostra santità, della nostra salvezza e della nostra gloria eterna. Vorrei poi soggiungere che tal mezzo dev’essere efficace all’uopo. Ma vale forse neppur la pena di dirlo?… Là dove mette mano il Signore, ivi è pure la sua forza, che è onnipotente. Quale sarà dunque questo gran mezzo che ci salverà dal peccato e ci procurerà la vita eterna? Che non sia forse quello che ci addita lo stesso S. Paolo immediatamente dopo le parole di lui da me riferite nel capitolo precedente? Là infatti, dopo aver detto con voce trambasciata : « Infelice ch’io sono! Chi mi libererà da questo corpo di morte? » — ecco che tosto, con tono che pare gioioso e festivo, soggiunge « La grazia di Dio per Gesù Cristo nostro Signore » (7, 24-25). Sì, caro Paolo, « ti basta la mia grazia » (II Cor. 12, 9). È proprio la grazia di Dio quel mezzo che ci libererà dal peccato, ci preserverà da colpe successive e ci aprirà le gioiose porte del bel Paradiso. – Infatti lo stesso San Paolo, poco più oltre, spiega assai bene quale sia nei suoi effetti, la divina grazia, scrivendo: « La saggezza carnale è nemica di Dio perché non sta sottomessa alla legge di Dio, essendole ciò impossibile; e perciò coloro che son carnali (cioè saggi secondo lo spirito mondano) non possono piacere a Dio. Voi però non siete carnali, ma bensì spirituali, se pur lo Spirito di Dio (che è la grazia) abita in voi. Se uno non ha lo Spirito di Cristo (anche qui è la grazia), non è dei suoi. Se invece Cristo è in voi, il corpo è bensì morto pel peccato, ma lo spirito è vita in virtù della giustificazione (operata dallo Spirito di Dio, dallo Spirito di Cristo, dalla grazia). E se abita in voi lo Spirito che risuscitò Cristo, Egli che risuscitò Gesù dai morti farà rivivere anche i vostri corpi mortali per mezzo del suo Spirito (grazia) che risiede in voi » (Rom. 8, 7-11). – Dunque — secondo S. Paolo — quella che ci trasforma, che anzi in certo modo ci divinizza dandoci lo stesso Spirito di Dio, ed illumina la nostra mente, muove la nostra volontà e dà forza alle nostre facoltà, ci purifica dalle nostre sozzure morali e spirituali e poi ci sostiene nell’amicizia e nell’amor di Dio, anzi —come vedremo meglio in seguito.— ci mantiene nella privilegiata condizione di figli adottivi di Dio stesso, è la grazia di Dio e soltanto la grazia di Dio. Si, disse S. Paolo — « è per la grazia di Dio, ch’io sono quello che sono » (I Cor. 15, 10). Anzi qui senz’altro soggiungo che, se i mezzi indicati poco fa come insufficienti, saranno prevenuti, assecondati, sostenuti e quindi valorizzati dalla divina grazia, essi porteranno eccellenti frutti e produrranno splendidi effetti nelle anime nostre; mentre invece, se quelle raccomandabilissime pratiche non saranno potenziate dalla grazia di Dio, esse saranno bensì delle buone opere naturali, ma nient’altro e nulla più che pure e semplici opere naturali, le quali in sè e per sè, quantunque attestino la buona volontà di chi le pratica e manifestino i suoi sforzi per raggiungere la virtù, tuttavia non hanno alcun valore per l’acquisto e l’aumento della vita soprannaturale, come non dànno neppure alcun diritto a merito soprannaturale, nè a premio nella vita eterna, neppure se chi le pratica fosse in istato di grazia santificante. Infatti (il paragone è di S. Agostino) come chi — pur avendo l’occhio sanissimo — non può vedere nulla se gli manca la luce; così anche chi ha la grazia santificante non può compiere alcun atto soprannaturale, cioè meritorio per la vita eterna, se non è prevenuto, mosso ed aiutato dalla grazia di Dio che si chiama attuale. – Quanto ho detto adesso potrà sembrare assai strano e forse perfino ostico a chi è imbevuto di naturalismo e di razionalismo (cosa, del resto, assai facile, per non dir comune, nei tempi attuali); ma per un vero Cristiano non può essere diversamente che così. Infatti non è possibile stabilire una qualsiasi proporzione fra il naturale ed il soprannaturale, poiché le cose indicate da questi due termini sono a distanza infinita tra di loro.
Qui — come conclusione di questo capitoletto — metto un tratto del sermone 156° di S. Agostino, nel quale è molto bene sviluppato il mio pensiero. Commentando egli le parole di S. Paolo: « Vivrete, se collo spirito Mortificherete i movimenti della carne)) (Rom. 8, 13), soggiunge: « Tu stavi per dire: Questo lo può fare la mia volontà, il mio libero arbitrio. Ma che volontà?! che libero arbitrio?! Se non ti regge lo Spirito di Dio, tu cadi; se esso non ti rialza, tu resti per terra. Come potrai fare col tuo spirito, se l’Apostolo ti dice: « Sono figli di Dio quanti son guidati dallo Spirito di Dio? » (Rom. 8, .14). E tu vuoi fare da te, lasciarti guidare da te stesso nel mortificare i movimenti della carne? Che ti giova il non essere forse un epicureo (materialista) se poi resti uno stoico (razionalista)? O epicureo o stoico che tu resti, non sarai tra i figli di Dio. Infatti sono figli di Dio quanti son guidati dallo spirito di Lui. Non sono dunque figli di Dio quelli che vivono secondo la loro carne o secondo il loro proprio spirito, né quelli che si lasciano condurre dai piaceri della carne o dallo spirito proprio, ma quanti sono guidati dallo Spirito di Dio ». Questo tratto del gran Dottore della grazia ha non lieve riflesso su quanto ho detto ed anche su quanto sanò per dirti nei tre seguenti capitoli. Quindi non dimenticarlo. E leggi pure la nota sulla grazia che qui faccio seguire.