8 SETTEMBRE: FESTA DELLA NATIVITA DELLA B.V. MARIA.
Natività della B. V. Maria
(doppio di II classe)
La tua nascita, o Vergine Maria, ha portato la gioia a tutto l’universo!
I. LA NATIVITA’ DI MARIA. – Mentre la Chiesa considera, e celebra come giorno natale degli altri santi il giorno della loro morte, che li portò al cielo, per Maria e per S. Giovanni Battista fa una eccezione e celebra anche la festa del loro natale terreno. San Giovanni fu purificato dal peccato originale ancora prima della nascita; Maria fu concepita senza il peccato originale. Fin dalla nascita Ella fu la più santa fra tutte le creature. La festa che si celebra nella Chiesa fin dall’VIII secolo (ci viene dall’Oriente), è anzitutto una festa della Redenzione, una specie di avvento che annuncia la venuta del Signore e sta in linea con l’Annunciazione di Maria e con la nascita di S. Giovanni Battista. Essa è però anche una festa del cuore. Appartenenti alla famiglia di Dio, celebriamo con tanta intima gioia le nostre feste di famiglia; oggi è il genetliaco della Madre nostra! Maria è Madre di Cristo ed è Madre nostra, poiché Cristo ci ha fatti fratelli suoi.
2. DALLA MESSA (Salve, sancta). – Poiché la liturgia vede il santo del giorno presente alla Messa, noi possiamo oggi considerare la Messa come il momento in cui presentiamo le nostre felicitazioni alla santissima Madre di Dio. In ogni Messa presentiamo offerte e riceviamo doni: nella Messa dei catecumeni diamo la nostra parola e riceviamo la parola di Dio; nel Sacrificio diamo la nostra offerta e riceviamo il dono di Dio nella S. Comunione. Osserviamo come la liturgia compia in unione intima con il santo di cui ricorre la festa, i quattro atti della Messa che toccano da vicino quelli che vi partecipano (questi atti sono tutti legati ad una azione). Nell’Introito, ci indirizziamo oggi alla santa Madre di Dio : « Salve, santa Madre… ». Le rivolgiamo dunque una parola di felicitazione. E la Vergine ci risponde; Ella è tra noi e ci parla dei suoi antenati ed anche dei suoi figli; ci dà i suoi consigli. L’offerta che noi facciamo è preziosa e cara alla Madre: è l’Agnello divino, il Figlio suo che oggi presentiamo al Padre in suo onore; la Comunione è il banchetto nel quale la Madre ci ricambia il dono. Ed è il dono più prezioso che Ella possa darci: il Corpo e il Sangue del suo Figlio, carne della sua carne, sangue del suo sangue. La Messa è tolta in parte dalle Messe del Comune e in parte ha testi propri. Nell’Epistola Maria si presenta e parla sotto la figura della Sapienza; Ella era nella mente di Dio prima della creazione: « È delizia lo stare coi figli degli uomini ». Ascoltiamo anche le sue esortazioni: « Or dunque figliuoli, ascoltatemi: beati quelli che battono le mie vie. . Chi mi troverà, avrà trovata la vita e dal Signore riceverà la salvezza ». Il Vangelo ci presenta i grandi avi di Giuseppe ed anche di Maria; mentre l’Ufficio divino commemora continuamente la Natività di Maria, il testo della Messa non ne parla che nella Colletta. La Messa esalta Maria come Madre di Dio, secondo il Concilio di Efeso, e rileva la sua partecipazione speciale alla Redenzione. Vediamo oggi chiaramente come è cristocentrico il pensiero della Chiesa nelle feste di Maria. Osserviamo i cinque canti salmodici (Introito. Graduale, Alleluia, Offertorio, Communio): tutti passano dal pensiero della Madre a quello del Figlio suo, esprimendo in conclusione lo stesso concetto: Maria è degna di ogni più alta venerazione perché come Madre ha portato il Figlio di Dio nel suo seno.
3. DAL DIVINO UFFICIO. – Il divino Ufficio è tutto pervaso da sentimenti di intimo fervore; degni di speciale attenzione sono i bellissimi responsori del Mattutino, i quali salutano con grande giubilo l’anniversario della nascita della benedetta tra le donne: La tua natività, o Vergine, Madre di Dio, annunziò la gioia al mondo intero; poiché da te è sorto il Sole di giustizia, Cristo nostro Dio; il quale, distruggendo la maledizione, ci ha dato la benedizione; e confondendo la morte, ci ha donato la vita eterna. Benedetta tu sei fra le donne e benedetto è il Frutto del tuo seno ». Le lezioni del secondo Notturno sviluppano il paragone caro alla Chiesa: Maria — Eva o Ecco, o dilettissimi, il giorno desiderato dalla beata e venerabile Maria sempre Vergine. Si rallegri perciò e gioisca la nostra terra illuminata dalla nascita di tale Vergine. Ella infatti, è il fiore del campo, da cui è uscito il prezioso giglio delle valli; per la cui maternità si è cambiata la natura ereditata dai nostri progenitori e cancellata la loro colpa. Ella non ha subita la maledizione lanciata contro Eva: « Nel dolore darai alla luce i tuoi figli », avendo dato alla luce il Signore nella gioia. Eva pianse, Maria esultò: Eva portò la tristezza, Maria la gioia nel suo seno; poiché quella diede la vita a un peccatore; Maria ad un innocente. La madre del genere umano portò il castigo nel mondo; la Madre di nostro Signore ha portato la salvezza. Eva è sorgente del peccato, Maria è sorgente di grazia. Eva ci fu di danno portandoci la morte; Maria ci ha salvati portandoci la vita. Quella ci ha feriti, questa ci ha guariti. La disobbedienza è stata riparata dall’obbedienza; l’infedeltà compensata dalla fedeltà » (Sant’Agostino).
Incipit
In nómine Patris, ✠ et Fílii, et Spíritus Sancti.
V. Adjutórium nostrum ✠ in nómine Dómini.
R. Qui fecit cælum et terram.
Confíteor Deo omnipoténti, beátæ Maríæ semper Vírgini, beáto Michaéli Archángelo, beáto Joánni Baptístæ, sanctis Apóstolis Petro et Paulo, ómnibus Sanctis, et vobis, fratres: quia peccávi nimis cogitatióne, verbo et ópere: mea culpa, mea culpa, mea máxima culpa. Ideo precor beátam Maríam semper Vírginem, beátum Michaélem Archángelum, beátum Joánnem Baptístam, sanctos Apóstolos Petrum et Paulum, omnes Sanctos, et vos, fratres, oráre pro me ad Dóminum, Deum nostrum.
M. Misereátur tui omnípotens Deus, et, dimíssis peccátis nostris, perdúcat nos ad vitam ætérnam.
S. Amen.
S. Indulgéntiam, ✠ absolutiónem et remissiónem peccatórum nostrórum tríbuat nobis omnípotens et miséricors Dóminus.
R. Amen.
Introitus
Sedulius.
Salve, sancta Parens, eníxa puérpera Regem: qui cœlum terrámque regit in sǽcula sæculórum.
Ps 44:2
Eructávit cor meum verbum bonum: dico ego ópera mea Regi.
V. Glória Patri, et Fílio, et Spirítui Sancto.
R. Sicut erat in princípio, et nunc, et semper, et in sǽcula sæculórum. Amen.
Salve, sancta Parens, eníxa puérpera Regem: qui cœlum terrámque regit in sǽcula sæculórum.
[Salve, o Madre Santa, che hai dato alla luce il Re: che governa il cielo e la terra nei secoli dei secoli.
Ps 44:2
Erompe da mio cuore una fausta parola: io canto le mie opere al Re.
V. Gloria al Padre, e al Figlio, e allo Spirito Santo.
R. Come era nel principio e ora e sempre nei secoli dei secoli. Amen.
Salve, o Madre Santa, che hai dato alla luce il Re: che governa il cielo e la terra nei secoli dei secoli.]
Oratio
Orémus.
Fámulis tuis, quǽsumus, Dómine, cœléstis grátiæ munus impertíre: ut, quibus beátæ Vírginis partus éxstitit salútis exórdium; Nativitátis ejus votíva sollémnitas pacis tríbuat increméntum.
[O Signore, Te ne preghiamo, concedi ai tuoi servi il dono della grazia celeste, affinché, a quanti il parto della beata Vergine fu principio di salvezza, la votiva festa della sua natività procuri incremento di pace.]
Lectio
Léctio libri Sapiéntiæ.
Prov 8:22-35
Dóminus possédit me in inítio viárum suárum, ántequam quidquam fáceret a princípio. Ab ætérno ordináta sum, et ex antíquis, ántequam terra fíeret. Nondum erant abýssi, et ego jam concépta eram: necdum fontes aquárum erúperant: necdum montes gravi mole constíterant: ante colles ego parturiébar: adhuc terram nonfécerat et flúmina et cárdines orbis terræ. Quando præparábat cœlos, áderam: quando certa lege et gyro vallábat abýssos: quando æthera firmábat sursum et librábat fontes aquárum: quando circúmdabat mari términum suum et legem ponébat aquis, ne transírent fines suos: quando appendébat fundaménta terræ. Cum eo eram cuncta compónens: et delectábar per síngulos dies, ludens coram eo omni témpore: ludens in orbe terrárum: et delíciæ meæ esse cum fíliis hóminum. Nunc ergo, fílii, audíte me: Beáti, qui custódiunt vias meas. Audíte disciplínam, et estóte sapiéntes, et nolíte abjícere eam. Beátus homo, qui audit me et qui vígilat ad fores meas quotídie, et obsérvat ad postes óstii mei. Qui me invénerit, invéniet vitam et háuriet salútem a Dómino.
R. Deo grátias.
[Il Signore mi possedette dal principio delle sue azioni, prima delle sue opere, fin d’allora. Fui stabilita dall’eternità e fin dalle origini, prima che fosse fatta la terra. Non erano ancora gli abissi e io ero già concepita: non scaturivano ancora le fonti delle acque: i monti non posavano ancora nella loro grave mole; io ero generata prima che le colline: non era ancora fatta la terra, né i fiumi, né i cardini del mondo. Quando preparava i cieli, io ero presente: quando cingeva con la volta gli abissi: quando in alto dava consistenza alle nubi e in basso dava forza alle sorgenti delle acque: quando fissava i confini dei mari e stabiliva che le acque non superassero i loro limiti: quando gettava le fondamenta della terra. Ero con Lui e mi dilettava ogni giorno e mi ricreavo in sua presenza e mi ricreavo nell’universo: e le mie delizie sono lo stare con i figli degli uomini. Dunque, o figli, ascoltatemi: Beati quelli che battono le mie vie. Udite l’insegnamento, siate saggi e non rigettatelo: Beato l’uomo che mi ascolta e veglia ogni giorno all’ingresso della mia casa, e sta attento sul limitare della mia porta. Chi troverà me, troverà la vita e riceverà la salvezza dal Signore.]
Graduale
Benedícta et venerábilis es, Virgo Maria: quæ sine tactu pudóris invénta es Mater Salvatóris.
V. Virgo, Dei Génitrix, quem totus non capit orbis, in tua se clausit víscera factus homo. Allelúja, allelúja.
[Benedetta e venerabile sei tu, o Vergine Maria: che senza offesa al pudore diventasti Madre del Salvatore.
V. O Vergine, Madre di Dio, nelle tue viscere, fatto uomo, si chiuse Colui che tutto l’universo non può contenere. Allelúia, allelúia.
V. Beata sei, o santa Vergine Maria, e degnissima di ogni lode: poiché da te nacque il sole di giustizia, Cristo, Dio nostro. Allelúia.]
Evangelium
Initium +︎ sancti Evangélii secúndum Matthǽum.
R. Glória tibi, Dómine.
Matt 1:1-16
Liber generatiónis Jesu Christi, fílii David, fílii Abraham. Abraham génuit Isaac. Isaac autem génuit Jacob. Jacob autem génuit Judam et fratres ejus. Judas autem génuit Phares et Zaram de Thamar. Phares autem génuit Esron. Esron autem génuit Aram. Aram autem génuit Amínadab. Amínadab autem génuit Naásson. Naásson autem génuit Salmon. Salmon autem génuit Booz de Rahab. Booz autem génuit Obed ex Ruth. Obed autem génuit Jesse. Jesse autem génuit David regem. David autem rex génuit Salomónem ex ea, quæ fuit Uriæ. Sálomon autem génuit Róboam. Róboam autem génuit Abíam. Abías autem génuit Asa. Asa autem génuit Jósaphat. Jósaphat autem génuit Joram. Joram autem génuit Ozíam. Ozías autem génuit Jóatham. Jóatham autem génuit Achaz. Achaz autem génuit Ezechíam. Ezechías autem génuit Manássen. Manásses autem génuit Amon. Amon autem génuit Josíam. Josías autem génuit Jechoníam et fratres ejus in transmigratióne Babylónis. Et post transmigratiónem Babylónis: Jechonías génuit Saláthiel. Saláthiel autem génuit Zoróbabel. Zoróbabel autem génuit Abiud. Abiud autem génuit Elíacim. Elíacim autem génuit Azor. Azor autem génuit Sadoc. Sadoc autem génuit Achim. Achim autem génuit Eliud. Eliud autem génuit Eleázar. Eleázar autem génuit Mathan. Mathan autem génuit Jacob. Jacob autem génuit Joseph, virum Maríæ, de qua natus est Jesus, qui vocátur Christus.
R. Laus tibi, Christe.
[Libro della generazione di Gesú Cristo, figlio di Davide, figlio di Abramo. Abramo generò Isacco, Isacco generò Giacobbe, Giacobbe generò Giuda e i suoi fratelli. Giuda generò Fares e Zara da Tamar. Fares generò Esron, Esron generò Aram, Aram generò Amínadab, Amínadab generò Naasson, Naasson generò Salmon, Salmon generò Booz da Raab. Booz generò Obed da Ruth, Obed generò Iesse. Iesse generò il re Davide, Davide generò Salomone da colei che era stata di Uria. Salomone generò Roboamo, Roboamo generò Abia, Abia generò Asa, Asa generò Giosafat, Giosafat generò Ioram, Ioram generò Ozia, Ozia generò Ioatam, Ioatam generò Achaz, Achaz generò Ezechia, Ezechia generò Manasse, Manasse generò Amon, Amon generò Giosia, Giosia generò Geconia e i suoi fratelli al tempo della deportazione in Babilonia. Dopo la deportazione in Babilonia Geconia generò Salatiel, Salatiel generò Zorobabele, Zorobabele generò Abiud, Abiud generò Eliacim, Eliacim generò Azor, Azor generò Sadoc, Sadoc generò Achim, Achim generò Eliud, Eliud generò Eleazar, Eleazar generò Matan, Matan generò Giacobbe, Giacobbe generò Giuseppe, sposo di Maria, da cui nacque Gesù chiamato il Cristo.]
OMELIA
[OTTO HOPHAN: MARIA, Marietti ed. Torino, 1953 – imprim.]
L’annoso albero, fra i cui rami v’è misterioso stormir di Maria, ha fornita alla Vergine anche l’origine. Ella sta alla fine di quelle lunghe generazioni, è il frutto più squisito e regale dell’umanità precristiana. Quelle generazioni giunsero a maturare in Maria, il loro ultimo significato e la loro più intensa aspirazione han trovato compimento in Lei, poiché « da Lei nacque Gesù, che è detto il Cristo ». Maria è emersa dal fiume di sangue, che scorse attraverso Abramo, Giacobbe, Giuda, David, sì che il popolo israelitico non Le ha intessuto soltanto una immagine spirituale, ma anche la veste corporea; sia pure la sua dignità al di sopra del creato, Lei stessa non è una creazione eterea, dal cielo per caso libratasi quaggiù; Ella è sangue da quel sangue, figlia di quel popolo e vincolata in venerazione e fedeltà a quelle generazioni, alle quali deve il suo essere. Maria, secondo l’accenno dell’Evangelista stesso, dev’esser vista insieme con quelle generazioni; Ella non appartiene solo al Nuovo Testamento; è vero, è la prima del Nuovo Testamento, la prima cristiana; però è anche — già nel primo capitolo del Vangelo Ella annunzia la sua comunanza col popolo di Dio prima e dopo Cristo — il frutto più delicato dell’Antico Testamento, la perfetta donna israelita, la figlia di David, di Abramo, di Adamo. Maria.., la figlia di David. – La genealogia di Matteo presenta direttamente gli antenati di Giuseppe, non quelli di Maria; all’Evangelista infatti stava a cuore di provare subito, sin dall’inizio del Vangelo, ai suoi lettori giudeo-cristiani l’origine davidica di Gesù: solo se Gesù aveva per antenato David i Giudei potevano discutere se in linea di massima Egli fosse il Messia; a David infatti era stata fatta la profezia che “un frutto delle sue viscere avrebbe posseduto in eterno il trono di Israele”; ora i Giudei potevano ritenere Gesù quale “figlio di David” soltanto se suo ” padre ” Giuseppe discendesse dalla stirpe di David. Per questo Matteo fu costretto a proporre l’albero genealogico di Giuseppe, padre legale di Gesù, quale prova dell’origine di Lui da David; presso gli Ebrei la parentela e persino la paternità non si fondavano solo sul sangue, ma anche sul titolo giuridico. Non si tessevano genealogie per le donne, almeno dalla Sacra Scrittura non se ne può dedurre nessun esempio; però anche Maria per conto suo era una figlia di David. Paolo infatti sottolinea che Gesù « secondo la Carne » — non dunque solo secondo una discendenza legale! — « è figlio di David »; ma « secondo la carne » Gesù poteva risalire a David solo per mezzo di Maria, sua Madre fisica, perché Giuseppe non era padre di Gesù « secondo la carne », ma solo secondo la legge; anche Maria quindi doveva essere figlia di David; del resto, almeno sino a David, gli antenati di Giuseppe son pure gli antenati di Maria. « Noi riteniamo che Maria discenda dalla stirpe di David », scrive Agostino, « perché crediamo alle Scritture; or due cose dicono le Scritture: che Cristo secondo la carne è del seme di David, e che sua Madre Maria era una vergine, che non ebbe relazioni con nessun uomo ». I Vangeli stessi del resto alludono all’origine davidica di Maria in vari luoghi. Nel racconto, per esempio, dell’Annunciazione si dice: « Nel mese sesto l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nazaret, a una vergine fidanzata a un uomo di nome Giuseppe, della casa di David »; questo inciso « della casa di David » può riferirsi a Giuseppe, ma può ben, e più probabilmente, riferirsi anche a Maria, perché Lei è qui la protagonista del racconto. E questa impressione è confermata dal seguito del discorso angelico: « Il Signore Iddio Gli (a Gesù) darà il trono di David suo padre ». Anche l’altra circostanza notata dall’Evangelista: « Giuseppe ascese dalla Galilea, dalla città di Nazaret, in Giudea, alla città di David, chiamata Betlemme, perché era della casa e della famiglia di David, per farsi iscrivere insieme a Maria », fa pensare che Maria sia stata indotta ad ascendere a Betlemme per il censimento perché Lei pure « discendeva dalla casa e dalla famiglia di David ». A buon diritto quindi già nella prima epoca cristiana il martire Ignazio di Antiochia (+ 107), il martire Giustino (+ 165) sottolineavano che “Maria fosse una figlia di David”. Anzi l’antico profeta Isaia stesso richiamò l’attenzione sull’origine davidica della Vergine nel passo conosciuto: « Uscirà un pollone dalla radice di Jesse e un germoglio ascenderà dalla sua radice »; Jesse era padre di David. «Il Profeta », spiega Agostino, « dicendo ” pollone ” indica Maria la vergine, dicendo “germoglio dalla radice » indica il Figlio della Vergine, il Signore Gesù Cristo ». Perché questo lungo discorso per l’origine davidica di Maria? Perché aveva per Lei stessa una grande importanza. Ella manifesta sin dall’Annunciazione una regale riservatezza, prudenza, chiaroveggenza e magnanimità, e mai e poi mai si scopre traccia in Lei della minima scipitezza e affettazione. Donde in questa modesta fanciulla un portamento così elevato? Certamente dalla grazia; ma la grazia anche in Maria costruisce sopra la natura. Scorreva nelle sue vene sangue regale; per quanto la stirpe di David fosse divenuta nel corso dei secoli e povera e insignificante, in quella semplice fanciulla s’era conservata la regale nobiltà dei suoi lontani antenati. Quella fanciulla di stirpe regale fu scelta da Dio a Regina del Cielo e della terra: anche nel regno della grazia non si deve stimare da poco l’origine di una persona da una tribù e casa piuttosto che da un’altra. ,Il nostro tempo crea e vuole e assiste il “proletario “, non l’aristocratico, e così il livello dello spirito e del cuore si è abbassato, in qualche luogo sino alla barbarie. Forse il compito sociale più importante consiste oggi nel risvegliare nuovamente nel così detto “proletario” l’elemento aristocratico, la sua nobiltà interiore, e dalle banalità o anche dalle volgarità elevarlo di nuovo alla regalità, alla coscienza cioè della sua dignità e del suo valore. – Maria.., la figlia di Abramo. Abramo fu scelto a capostipite del popolo di Dio, e per questo la Scrittura lo dice « principe di Dio », « amico di Dio », « prediletto di Dio », « servo di Dio ». A lui fu fatta la promessa: «Nel tuo seme saranno benedette tutte le genti della terra ». Maria è Colei, che partorì al mondo questa Benedizione. Ella quindi non è una qualunque fra le molte figlie di Abramo, ma di quell’eletto è la più eletta, il preziosissimo nocciolo di quel venerando guscio. Il Vangelo ci mette dinanzi quanto questa Figlia eletta sia stata degna di quell’eletto padre. Abramo fu l’uomo della fede eroica e di una tale dedizione a Dio, che fu pronto a offrire in sacrificio al Signore persino il suo unico figlio Isacco, sul quale riposava tutta la divina promessa. Ancor più grande di suo padre Abramo nella fede e nel sacrificio fu la sua figlia Maria: Lei pure, sostenuta dalla fede, accompagnò al luogo del sacrificio il suo Unigenito; ma a Lei non venne in aiuto nessun Angelo, che impedisse col suo comando l’uccisione: Ella dovette condurre a termine il sacrificio nella persona del suo unico e amato Figlio. – Il quadro sarebbe degno d’un artista: Abramo e Maria, il canuto Patriarca con la sua benedetta Figlia; Abramo dovrebbe imporre le sue vecchie mani su questa Fanciulla per significare che le promesse a lui fatte si son adempiute in Lei; poi dovrebbe lentamente inginocchiarsi dinanzi a Maria e adorare in Lei, ostensorio vivente di Gesù, quel Sublime, che come vero Melchisedech offre a Dio “pane santo e vino consacrato”. Ancor più commovente, ancor più profondo è l’ultimo quadro: – Maria.., la figlia di Adamo. Le chiarissime parole del libro veterotestamentario della Sapienza riguardanti l’umana esistenza valgono anche per Maria: « Sono anch’io un uomo mortale al pari di tutti, e rampollo di colui che primo fu plasmato di terra. Nel seno di mia madre fui formato uomo, nello spazio di dieci mesi coagulato in sangue per virtù di uomo, secondo il piacere sensibile. Anch’io, nato che fui, respirai l’aria comune, e caddi sulla medesima terra di tutti gli altri, e la prima voce emessa, come quella di tutti, fu un vagito. Fui nutrito in fasce e con grandi cure. Nessun re ebbe altro principio del suo essere, ma tutti hanno lo stesso ingresso alla vita come anche uguale l’uscita ». Maria non fu una fanciulla favolosa, deposta su questa terra da un altro mondo; la sua origine umana è uguale alla nostra: non fu generata dai suoi genitori in modo miracoloso o addirittura senza uso del matrimonio, come van favoleggiando graziose leggende; il Mistero del suo immacolato concepimento e anche quello della virginale concezione di Gesù non han nulla da che vedere con questo fatto umano, come talora pensano delle anime pie. Maria, come ne fan cenno Matteo e Luca nelle genealogie, sta nella stessa fila con noi, anche Lei è un membro di quella lunga catena, che comincia col primo uomo; Adamo è suo padre e la povera Eva è sua madre. Maria è così perfettamente figlia di Adamo, che il Figlio di Dio per mezzo di Lei e solo per mezzo di Lei divenne pure Figlio dell’uomo; solo per mezzo di Lei la seconda Persona divina fece ingresso nella stirpe umana, per mezzo di Maria soltanto. Il Verbo eterno di Dio non ebbe nessun padre umano che Lo potesse congiungere con Adamo; anello di congiunzione col nostro progenitore fu per il Verbo Maria; Ella introdusse quell’augusto divino Germoglio nella nostra stirpe; senza Maria Gesù non sarebbe affatto in relazione con Adamo, non sarebbe uno di noi, sarebbe al di fuori della nostra schiatta. D’altra parte questo collegamento con Adamo fu per la redenzione del genere umano estremamente significativo e prezioso: il Figlio di Dio assunse la natura umana per strapparla al peccato e ricondurla alla grazia; come il medico deve entrare dagli ammalati, così e ancor più volle il Redentore entrare, penetrare nella discendenza ammalata di Adamo per poterla risanare sin dalla sua radice. Nessuna minaccia per Lui stesso, nessuna infezione rendeva pericoloso questo suo ingresso; Gesù è il Santo, il Figlio di Dio per natura; Egli, qual nuova creazione, fu miracolosamente plasmato in Maria dallo Spirito Santo. Ma come van le cose per Lei? Ella infatti è una figlia di Adamo, sangue del suo sangue, e lo dovette essere proprio a motivo di Gesù stesso; ora il torrente di questo sangue, cui Lei deve la sua origine, è avvelenato nella sua stessa sorgente, in Adamo ed Eva: potrà mai essere che non venga travolta in questo vortice intorbidato? Quanto il peccato abbia reso pesante il torrente del sangue umano da Adamo in poi lo prova, e non senza sconcertare, quella genealogia, che sfocia ansiosa nei sublimi nomi di Maria e di Gesù. Perché veramente in quei gruppi di generazioni non sfilano soltanto venerandi Patriarchi, nobili re e santi sacerdoti; non v’è anzi vizio, non v’è crimine, che non abbia insudiciato quel succedersi di generazioni. Persino i più eletti fra quei personaggi — Abramo, Giacobbe, Giuda, David — pagarono un grosso contributo al peccato; e questo vale in modo speciale per le donne che quell’albero genealogico ricorda; rimase sorpreso lo stesso Girolamo così competente in campo biblico, che la tavola genealogica di Matteo non nomini nessuna delle nobili donne d’Israele — non Sara, non Rebecca, non Rachele —, e invece ricordi Tamar, che commise incesto col proprio suocero Giuda; Rahab, che era una nota meretrice; Ruth, che non apparteneva al popolo eletto; la moglie di Uria, come Matteo stesso scrive con pudica riservatezza a causa del delitto che perpetrò David commettendo adulterio con Betsabea, il cui sposo egli fece poi vilmente uccidere. Che vi è mai in Maria di comune con questa società, perché il suo nome quale astro errante risplenda su quelle torbide generazioni? Noi solleveremmo dei gravi dubbi per un uomo, che ereditariamente fosse gravato di così triste carico. Maria discende da questo sangue curvo sotto la maledizione; David, Giuda, Giacobbe sono i suoi progenitori; Tamar, Rahab, Ruth, Betsabea son le sue progenitrici. Eva, l’infelice madre, abbraccia piangente la più eletta delle sue creature e le confessa la propria colpa; e Adamo tace e piange, perché non può trasmettere alla più nobile delle sue figlie se non un’eredità macchiata. Maria è intrecciata alla generazione di Adamo; come potrà sfuggire al suo destino? La radice è malata: avvizziranno anche i rami; la sorgente è inquinata: tutte le acque saranno contaminate… A questo punto però avvenne qualche cosa; proprio qui, alle origini di Maria, capitò qualche cosa: all’oscura ombra della sua genealogia sbocciò un giglio; a questo primo e importante capitolo del Vangelo si appoggia il suo primo soave Mistero, siccome un delicato fiore a una frana, che s’è arrestata improvvisamente dinanzi ad esso: un fiore tutto bianco, un fiore tutto miracolo, il fiore della sua Immacolata Concezione-
La Chiesa, sin dal secolo settimo, celebra con allegrezza e con giubilo la festa della nascita di Maria: « La tua nascita, o Genitrice di Dio, ha annunziato gioia al mondo tutto; da Te infatti è sorto il Sole della giustizia, Cristo, Iddio nostro. Egli tolse la maledizione e donò la benedizione; Egli annientò la morte e diede a noi la vita eterna ». – Egli tolse via questa comune maledizione anzitutto dalla Madre sua: quando venne sulla terra questa piccola Fanciullina, la gioia piena poté nuovamente, per la prima volta, accompagnare la nascita di un figlio degli uomini, perché allora fu concepita e nacque una creatura umana quale un dì era nel paradiso, senza peccato, nel radioso splendore della grazia precorritrice di Gesù, creatura che era per noi tutti promessa della futura grazia: « … fra tutt’i terreni altri soggiorni sola tu fosti eletta, Vergine benedetta, che il pianto d’Eva in allegrezza torni ». L’immacolato concepimento di Maria fu la prima preparazione di Dio per la divina Maternità; a ogni preparazione divina deve corrispondere la prontezza umana: Maria rispose al privilegio del suo immacolato concepimento con un grazie festante, emettendo il voto della sua verginità.
Offertorium
Orémus
Orémus.
Beáta es, Virgo María, quæ ómnium portásti Creatórem: genuísti qui te fecit, et in ætérnum pérmanes Virgo.
[Beata sei, o Vergine Maria, che hai portato il Creatore di tutti: hai generato chi ti ha fatta e resti Vergine in eterno.]
Secreta
Unigéniti tui, Dómine, nobis succúrrat humánitas: ut, qui natus de Vírgine, matris integritátem non mínuit, sed sacrávit; in Nativitátis ejus sollémniis, nostris nos piáculis éxuens, oblatiónem nostram tibi fáciat accéptam Jesus Christus, Dóminus noster:
[Ci soccorra, o Signore, l’umanità del tuo Unigenito: affinché, Egli, che nato da una Vergine non diminuí l’integrità della madre, ma la consacrò; nella festa solenne della sua Natività, spogliandoci delle nostre colpe, Ti renda accetta la nostra oblazione, Gesú Cristo nostro Signore:]
Præfatio …
V. Dóminus vobíscum.
R. Et cum spíritu tuo.
V. Sursum corda.
R. Habémus ad Dóminum.
V. Grátias agámus Dómino, Deo nostro.
R. Dignum et justum est.
… de Beata Maria Virgine
Vere dignum et justum est, æquum et salutáre, nos tibi semper et ubíque grátias ágere: Dómine sancte, Pater omnípotens, ætérne Deus: Et te in Festivitáte beátæ Maríæ semper Vírginis collaudáre, benedícere et prædicáre. Quæ et Unigénitum tuum Sancti Spíritus obumbratióne concépit: et, virginitátis glória permanénte, lumen ætérnum mundo effúdit, Jesum Christum, Dóminum nostrum. Per quem majestátem tuam laudant Angeli, adórant Dominatiónes, tremunt Potestátes. Cæli cælorúmque Virtútes ac beáta Séraphim sócia exsultatióne concélebrant. Cum quibus et nostras voces ut admítti jubeas, deprecámur, súpplici confessióne dicéntes:
[È veramente degno e giusto, conveniente e salutare, che noi, sempre e in ogni luogo, Ti rendiamo grazie, o Signore Santo, Padre Onnipotente, Eterno Iddio: Te, nella Festività della Beata sempre Vergine Maria, lodiamo, benediciamo ed esaltiamo. La quale concepì il tuo Unigenito per opera dello Spirito Santo e, conservando la gloria della verginità, generò al mondo la luce eterna, Gesù Cristo nostro Signore. Per mezzo di Lui, la tua maestà lodano gli Angeli, adorano le Dominazioni e tremebonde le Potestà. I Cieli, le Virtù celesti e i beati Serafini la celebrano con unanime esultanza. Ti preghiamo di ammettere con le loro voci anche le nostre, mentre supplici confessiamo dicendo:]
Sanctus,
Sanctus, Sanctus Dóminus, Deus Sábaoth. Pleni sunt cæli et terra glória tua. Hosánna in excélsis. Benedíctus, qui venit in nómine Dómini. Hosánna in excélsis.
Preparatio Communionis
Orémus: Præcéptis salutáribus móniti, et divína institutióne formáti audémus dícere:
Pater noster,
qui es in cælis. Sanctificétur nomen tuum. Advéniat regnum tuum. Fiat volúntas tua, sicut in cælo et in terra. Panem nostrum quotidiánum da nobis hódie. Et dimítte nobis débita nostra, sicut et nos dimíttimus debitóribus nostris. Et ne nos indúcas in tentatiónem:
R. Sed líbera nos a malo.
S. Amen.
Agnus Dei, qui tollis peccáta mundi: miserére nobis.
Agnus Dei, qui tollis peccáta mundi: miserére nobis.
Agnus Dei, qui tollis peccáta mundi: dona nobis pacem.
Panem cæléstem accípiam, et nomen Dómini invocábo.
V. Dómine, non sum dignus, ut intres sub tectum meum: sed tantum dic verbo, et sanábitur ánima mea.
V. Dómine, non sum dignus, ut intres sub tectum meum: sed tantum dic verbo, et sanábitur ánima mea.
V. Dómine, non sum dignus, ut intres sub tectum meum: sed tantum dic verbo, et sanábitur ánima mea.
Communio
Luc 1:48-49
Beáta víscera Maríæ Vírginis, quæ portavérunt ætérni Patris Fílium.
[Beate le viscere di Maria Vergine, che portarono il Figlio dell’eterno Padre.]
Postcommunio
Orémus.
Súmpsimus, Dómine, celebritátis ánnuæ votíva sacraménta: præsta, quǽsumus; ut et temporális vitæ nobis remédia præbeant et ætérnæ.
Per Dóminum nostrum Jesum Christum, Fílium tuum: qui tecum vivit et regnat in unitáte Spíritus Sancti Deus, per ómnia sǽcula sæculórum.
[Abbiamo ricevuto, o Signore, i sacramenti destinati a celebrare la votiva solennità; fa, Te ne preghiamo, che ci procurino i rimedii temporali e quelli della vita eterna]
R. Amen.
PREGHIERE LEONINE (dopo la Messa)