IL SILLABARIO DELLA MORALE CRISTIANA (9)

IL SILLABARIO DELLA MORALE CRISTIANA (9)

FRANCESCO OLGIATI,

IL SILLABARIO DELLA MORALE CRISTIANA.

Soc. ed. Vita e Pensiero, XIV ed., Milano – 1956.

Imprim. In curia Arch. Med. Dic. 1956- + J. Schiavini Vic. Gen.

Capitolo QUARTO (1)

L’AMORE NEL SACRIFICIO

Fu un sogno, il nostro? La fiamma dell’amore di Dio, che incendi le anime e tutte le unisca in un’anima sola, nella generosità operosa dell’amore fraterno, non è forse un ideale roseo, fulgente nella credula fantasia come una stella lontana, ma in antitesi assoluta con la realtà delle cose? Oh, se tutti tenessero fisso lo sguardo ed il cuore in Dio e nel suo Cristo; se lo spirito dominante d’ogni individuo e d’ogni iniziativa fosse davvero lo Spirito Santo; se nessuno s’avvicinasse al prossimo senza pensare che si avvicina a Gesù velato da quelle apparenze; se la giustizia e l’amore non ottenessero solo il plauso della retorica e dell’ingenuità, ma fossero attuate nella vita quotidiana; se la pace fra i popoli non belasse nei Congressi o nelle Carte, e non fosse divorata immediatamente dai denti dell’odio e degli interessi; se uomini e Stati non facessero concorrenza alla concordia proverbiale che regna fra cani e gatti, oh, allora il mondo sarebbe pur bello e l’esistenza pur lieta. Ma, ahimè! è inutile che Gerolamo Savonarola predichi nella città di Lorenzo de’ Medici la morale cristiana e rizzi i suoi roghi. Ironicamente gli risponde in ogni tempo l’anima umana col verso di Ovidio:

aliudque cupio, Mens aliud suadet: video meliora proboque; Deteriora sequor.

(Met. VII, 19 e seg.)

Beffardo gli guarda il Rinascimento folgorante a da tutte le parti, da tutti i marmi scolpiti, da tutte le tele dipinte, da tutti i libri stampati in Firenze e in Italia », da mille e mille manifestazioni, in cui irrompeva la ribellione della carne contro lo spirito… Tra le ridde dei suoi piagnoni non vedeva, povero frate, in qualche canto della piazza sorridere pietosamente il pallido viso di Nicolò Machiavelli ». Il quale, in un famoso capitolo del suo Principe, ancor oggi mormora con malizia arguta: « Se gli uomini fossero tutti buoni… » …e dovunque poi, in ogni momento della sua vita ed in ogni passo delle sue opere, con viso severo ci rammenta il dovere di non perder d’occhio « la verità effettuale », ossia il ciò che è, per il ciò che dovrebbe essere e che non esiste. – Sarebbe forse l’etica dell’Amore un’utopia irrealizzabile? Lo scetticismo morale lo sostiene e lancia il grido disperato: “Virtù, tu non sei che un nome vano!”.. I vili vanno ripetendo una tale parola, rispondente alla debolezza del loro carattere e cedono le armi. Gli uomini ” pratici “, col loro caratteristico sussiego, rammentano che la vita è lotta, è contrasto, è cozzo di interessi; non è amore. La vita non è bacio di fratelli, bensì baci di Giuda, insidie, opposizioni, guerre. Come mai può il Cristianesimo dimenticare la realtà dura, sì, ma inesorabile? Si racconta che Carlo V, quando, verso il tramonto dei suoi anni, si ritirò in un monastero, talvolta si ricreava a regolare gli orologi; e constatando l’impossibilità di accordarne anche soltanto due di essi, esclamò: « Disgraziato! Non riesco ad accordare due orologi; ed ho preteso di accordare fra loro gli uomini! ». Non è forse, questa, l’utopia cristiana? La legge cristiana dell’Amore non teme simili obbiezioni. Noi esporremo brevemente come essa risolva l’antitesi fra reale e ideale, mediante il concetto di sacrificio e di formazione della propria volontà.

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I. – REALE ED IDEALE

Il Cristianesimo non è un ideale astratto; anzi è la negazione assoluta dell’astrattismo, di questa merce, bella in apparenza, ma ingannatrice, proprietà dell’umanitarismo illuministico, del democraticismo moderno e delle ideologie contemporanee. Appunto perché il Vangelo è il libro più alto per la soluzione del problema della vita, è anche il libro che ci infonde e cura in noi al massimo grado il senso della concretezza. La Chiesa di Cristo non è mai stata una bottega di lattemiele. E Gesù, se da un lato dice: « Amate », dall’altro soggiunge. « Son venuto a portare non la pace, ma la spada ». Svolgiamo l’idea principe dell’amore e tutto sarà chiaro.

1. – L’amore e la lotta

Il vero amore non ha nulla in comune con le sdolcinature sentimentali, che — ripetiamo ancora — hanno una origine fisiologica, più che psicologica. I genitori che amano i loro figli non li allevano a carezze solo ed a caramelle; ma quando è necessario, battono e castigano: e tale castigo non è l’antitesi dell’amore; anzi è esso stesso amore! Il chirurgo, che ama l’ammalato, non lo lusinga con paroline soavissime e con illusioni mendaci; ma prende il bisturi e taglia senza misericordia. Una nazione, che viene aggredita e minacciata nella sua esistenza, dal cancro d’un invasore ingordo, dev’essere difesa in nome del precetto stesso della carità; poiché, se noi amiamo Dio ed il prossimo, come possiamo permettere che un popolo venga ingiustamente schiacciato, iniquamente torturato e sfruttato? È l’amore ai fratelli, che nella guerra giusta può portare la guerra. È la spada, che dona la pace agli uomini di buona volontà, agli unici, ai quali il canto natalizio la augura. Un castigo necessario, una operazione chirurgica ben fatta, una guerra giusta possono essere la vera realizzazione concreta del precetto dell’amore, in quanto non sono un’ingiuria a Cristo nei nostri fratelli, ma uno sforzo legittimo e spesso doveroso per liberare gli altri dall’involucro esteriore, che nulla ha a che fare con Cristo ed attenta, anzi, all’amore cristiano nella vita o nella storia. Ciò che il Cristianesimo proibisce è, ad es., il castigo inflitto ad un figliolo, non perché lo meriti, ma perché il padre è di cattivo umore; la correzione, che tratta il prossimo come un nemico da distruggere e non un fratello da guarire; la guerra suscitata dall’ingordigia e dalla prepotenza. Ciò che vieta è lo stato d’animo passionale, per colpa del quale non ci poniamo più dal punto di vista di Cristo, ma dal punto di vista della nostra ira, delle nostre cattive tendenze e degli istinti brutali che in noi fremono ed urlano. Ed, in pari tempo, condanna una pace senza giustizia. È bello, è cristiano il voto del poeta che nei Canti da Castelvecchio diceva:

a’ piedi dell’odio che, alfine,

solo è con le proprie rovine,

piantiamo l’ulivo;

ma il solo ulivo vero della pace vien distribuito nella domenica delle palme ed accompagna il sereno trionfo di Gesù nella storia: in altre parole, il vero amore e la vera pace non sono se non l’amore e la pace di Cristo, che tutti — individui e nazioni — debbono affrettare, attuando la morale cristiana, ossia combattendo.

2. – La vita è una milizia

Nell’altro mondo non sarà così: ma quaggiù l’Amore è necessariamente connesso con la battaglia: ed è per questo che la Scrittura ci ammonisce: « La vita dell’uomo sulla terra è una milizia ».

Noi abbiamo bensì consapevolezza degli esseri; possiamo conoscere il loro ordine e le conseguenze pratiche che ne risultano; la coscienza e le tavole del Sinai ci gridano, l’una con la parola della ragione, l’altra con quella della rivelazione, la voce di Dio. Ma obbedire a questa voce significa sacrificarsi; seguirla importa spesso insorgere contro di noi, contro le consuetudini dell’ambiente, contro i suggerimenti di satana. L’ideale è bello; ma la lotta è aspra, e la passione è prepotente, e le insidie allettatrici sono numerose. Comincia a combattere il ragazzo, appena giunge all’età della ragione. Vedetelo là, dinanzi alla zuccheriera. La piccola coscienza gli intima: « Piccolo, quello zucchero non lo devi toccare »; ma l’acquolina in bocca gli sussurra: « Allunga la mano: è così dolce lo zucchero ». Tutta la vita è una ripetizione d’una simile scena. Invece della zuccheriera, sarà una cassaforte; e l’impiegato si soffermerà e si svolgerà nell’intimità del suo cuore il conflitto: « Allunga la mano… No; non rubare, sii onesto ». Invece dello zucchero dolce, sarà la dolcezza d’un’altra qualsiasi tentazione. Come a Cleopatra, il serpente sempre ci è presentato in un vaso di fiori. Il ruggito della belva, il fremito passionale, la tendenza malvagia ci sospingeranno verso l’abisso, mentre il comando del dovere echeggerà dentro di noi categorico e minaccioso. Siamo liberi; e possiamo scegliere. Non siamo solo intelligenza; da questa procede una volontà. Ed essa può indurci a fuggire dal pericolo. Può comandare all’intelligenza di rivolgere la sua attenzione ad uno o ad un altro motivo d’azione, che in tal modo diverrà prevalente, non già perchè i motivi siano come pesi posti sulla bilancia della nostra decisione per determinarci, ma, al contrario, perchè il nostro stesso libero volere li prende e li usa. La volontà decide, sovente immersa nella nube e nei miasmi della passione, talvolta nella serenità dell’animo tranquillo, talvolta sentendo che una mano l’afferra e la trascina; potrebbe resistere, ribellarsi, liberarsi; ma non sempre lo vuole. Non tanto sui campi sanguinosi delle guerre antiche e recenti occorre recarsi, quanto nel silenzio delle coscienze nostre: ecco qui il più spaventoso campo di battaglia che mai si possa immaginare. Spesso è la ferita, la morte, la desolazione della sconfitta; talora, il peana della vittoria.

IL SACRO CUORE (67)

IL SACRO CUORE (67)

P. SECONDO FRANCO

SACRO CUORE DI GESÙ (4)

TORINO – Tipografia di Giulio Speirani e fligli – 1875

V° per delegazione di Mons. Arciv. Torino, 1 maggio 1875, Can. Ferdinando Zanotti.

Il Verbo di Dio è Dio come il Padre, perché è generato da tutta l’eternità della divina sostanza. Dovendo esso eleggersi e formarsi un Cuore chi può pensare che non sel sia formato conforme alla sua SS. volontà? Molto più che nol formava se non per assumerlo nella sua divina Persona. – Uno sposo che potesse da sè formarsi la sposa, senza dubbio raccoglierebbe in lei tutte le immaginabili perfezioni. Or il Verbo che formava quel Cuore per unirlo a sé indissolubilmente nella sua Persona divina, che cosa avrà fatto? È dunque indubitato che quel Cuore è la delizia più cara del divin Verbo: e per convincervene pienamente investigate alquanto sino a qual punto Egli lo prediliga. Il che si scorge: 1° dall’elezione che ne ha fatto; 2° dall’unione a cui l’ha innalzato; 3° dagli uffici per cui l’ha assunto.

I. Dalla elezione che ne ha fatto. Il Verbo di Dio da tutta l’eternità aveva presenti tutti i cuori che avrebbe creato un giorno con tutti i gradi di bontà che avrebbero avuto o avrebbero potuto avere. Di più aveva presenti tutti quelli che la sua onnipotenza avrebbe per quanto è lunga l’eternità sempre potuto creare gli uni più degli altri perfetti . Qual immenso campo in cui scegliere una umanità, un cuore da farlo suo proprio! Ora al Verbo divino che è sapienza infinita toccava di fare la scelta, gli toccava di farla per sé, e doveva eleggere un cuore che fosse adatto al fine altissimo di glorificare degnamente il Padre, di servire nel mondo di modello di ogni immaginabile perfezione, di ristorare la rovina di unto l’universo. Che cosa ha eletto il Verbo divino? Ha eletta non l’umanità, degli Abrami, degli Isacchi, dei Giacobbi, dei Mosè e di tanti altri santi personaggi che illustrarono colla loro santità il mondo: ma elesse una umanità singolare che è quella del N. S. Gesù Cristo, elesse quel Cuore.sacrosanto in particolare che ora noi adoriamo. Egli vide nella sua sapienza tal modo di arricchirlo, nella sua potenza tal virtù da formarlo che rispondesse appieno a tutti i suoi altissimi disegni, e quindi colla sua dolcissima bontà lo elesse perché fosse il cuore suo in eterno. Ma deh! che cosa è questa? Quali perfezioni non dovette vedere la sapienza infinita di Dio in questo Cuore se lo elesse, se lo volle? Quale amore non fu quello che gli fece dare la preferenza sopra milioni di cuori che avrebbe potuto destinare a sì alto scopo? Ma se il Verbo divino ha fatto questa scelta, perché non la potremo fare anche noi? Se le perfezioni di esso poterono allettare quella infinita bontà, perché non alletteranno il cuor nostro? Ah Verbo divino, io voglio fare la scelta che avete fatto Voi e tutto conselacrarmi a questo Cuore sacrosanto.

II. Dall’unione a cui l’ha innalzato. Il Verbo divino ha scelta l’Umanità ed in essa quel Cuore peculiare di Gesù Cristo: ma a qual fine l’ha scelto? Qui si curvino riverenti gli Angeli e pii Arcangeli. Tutti i Dottori, tutti i Santi, perché non è dato a mente creata di penetrare sino all’intimo della dignità a cui fu esso innalzato. Noi diciamo che all’unione personale del Verbo e diciam bene. Ma forse che noi intendiamo quello che diciamo? Tutte le maniere più insigni di unione, con cui possiamo farci scala ad intendere questo innalzamento, qui fanno tutte difetto. La natura umana in Gesù Cristo è terminata sì fattamente dalla Persona divina che, sebbene non vi sia alcuna confusione della natura divina coll’umana, pure questa forma colla Persona divina un tutto così intero che Figliuolo dell’uomo è vero Figliuolo di Dio. La Divinità si dà, si dona all’umanità e tanto si intrinseca con lei che le azioni di Gesù si attribuiranno a Dio ugualmente che all’uomo. Sarà Dio quegli che converserà cogli uomini, che patirà, che morirà per loro. Saranno fatte proprie di Dio le membra del figliuolo dell’uomo, il capo di un Dio sarà coronato di spine, le mani di un Dio saranno trafitte da chiodi, le carni di un Dio saranno peste da flagelli, una bocca divina sarà amareggiata dal fiele, ed il Cuore di un Dio sarà angustiato, oppresso, trafitto, squarciato, e sarà innalzato un vero uomo alla gloria di Dio in compagnia delle Persone dell’Augustissima Trinità per tutti i secoli. Di che potete considerare quale sia la condizione del Cuore di Gesù, quale l’esaltamento che riceve dal Verbo, e quindi di quale compiacenza esso sia l’oggetto. Noi sospiriamo alla gloria che è riposta nella visione beatifica, la quale è un bene che eccede tutto quello che sappiamo immaginare. Ma questa non è più che un’unione accidentale. Il Cuore di Gesù ha una unione sostanziale colla divinità per mezzo del Verbo che lo sostenta e fin dal suo primo momento godette la pienezza della beatitudine. In noi questa sarà una ammiranda comunicazione che Dio farà di sé chiaramente scoperto al nostro intelletto ed al nostro cuore partecipandoci il bene supremo. A Gesù non è partecipato, ma è donato interamente il bene supremo nell’ipostasi divina. A noi il gaudio verrà comunicato a stille, a torrenti ancora se volete, da Dio. Gesù Cristo ha i torrenti in sè medesimo anzi possiede l’oceano d’infinita grandezza perché ha il mare smisurato della divinità. Vedete dunque a quale alto scopo sia rivolto il vostro culto quando è rivolto al Cuore del vostro Gesù. Mirate allora al Cuore del divin Verbo, ad un Cuore di cui ogni palpito ha un valore infinito per la dignità che in lui si riverbera dalla divina Persona. Eccovi, anime devote, il fondamento della vostra speranza, anzi l’àncora della vostra sicurezza. Potete star certe che mai non mancherà ivi nè la potenza nel soccorrervi, né i tesori di cui disporre in vostro favore.

111. E dagli uffici per cui ha preso quel Cuore, potete raccogliere che non gli manca neppure la volontà di comunicarvisi in tutte le guise. E per la verità, poteva Dio spargere sopra gli uomini ogni più eletto dono del cielo, poteva perdonar loro, poteva sollevarli alla grazia, poteva arricchirli di questa, senza mai porvi un termine, poteva elevarli alla gloria anche più sfolgorata: ma non poteva a rigor di parola sentir compassione, che è quanto dire provare quella pena in se stesso che prova un uomo al vedere gli altrui mali: ed è chiaro perciocchè Iddio come purissimo spirito non può andar soggetto a queste e somiglianti affezioni. Che cosa fece Dio pertanto? La seconda Persona della SS. Trinità prese un Cuore a bella posta per sentire tutte le umane infermità al pari di noi. Ed ecco che poté d’allora in poi compatire, intenerirsi, piangere, indegnarsi, provare tutte quelle affezioni che sogliono provare i cuori. Della quale potenza oh quanto ampiamente usò in tutta la sua vita mortale! Per poco che altri percorra l’Evangelio non può non vedere che niuna calamità vi ebbe mai al mondo che non commovesse subito quel Cuor pietoso. Le infermità del corpo, le tribolazioni dello spirito, l’ignoranza che fa la strada agli errori, le colpe che trascinano le anime all’inferno, le sventure anche temporali de’ genitori e dei figliuoli, dei grandi e dei popolani, tutto il commuove, lo intenerisce, lo eccita ad offrire pronto il soccorso dei suoi aiuti de’ suoi miracoli, e della sua dottrina. In quella guisa che il Creatore ha dato alle donne un cuore di madre acciocché in quel solo abbiano quanto è necessario per provvedere ai bamboli, ed assisterli e curarli in quanto loro abbisogna: così il Figliuolo di Dio ha voluto prendere un Cuore d’infinita tenerezza ed affetto, perché fosse lo strumento di tutte le sue beneficenze, ed un pegno sensibile che risvegliasse la nostra piena fiducia. – Dalle quali considerazioni voi comprenderete quanto sia vero che il Cuore di Gesù sia la delizia del Verbo divino. Lo star con noi, l’ha detto Egli stesso, essergli sommamente caro. Deliciae meae esse eum filiis hominum. Egli in niun modo è mai tanto affettuosamente con noi come per mezzo del suo Cuore che lo muove a diffondersi tutto in misericordia. Resterebbe solo che a compiere più pienamente la sua contentezza, noi c’incontrassimo felicemente con Lui in quella viva fornace di amore. E perché nol faremmo? Se Egli è il più alto di tutti gli oggetti cui possa poggiare la nostra debolezza, sarebbe somma nostra grandezza il farlo: se è il più dolce di tutti i cuori, sarebbe somma nostra felicità lo stringerci a Lui: se è tutto compassione, tutto misericordia sarebbe anche per noi di sommo vantaggio. Adeamus ergo ad thronum gratiae e non ci fermiamo fino ad averne riportato misericordia.

Iesu Fili Dei miserere nobis.

OSSEQUIO. Postoché Gesù sta tanto volentieri con noi, passate qualche momento di questo giorno con Lui.

Cuore di Gesù Delizia dello Spirito Santo.

È verità della Cattolica fede che il Figliuolo divino riceve la pienezza della natura divina dal Padre per mezzo dell’eterna generazione. Il Figliuolo si volge al Padre con immenso impeto di carità e dal Padre ne è in pari modo riamato: onde è che da ambendue, spiranti in unità di principio, procede lo Spirito Santo. Che cosa darà lo Spirito Santo al divin Figliuolo in cambio di quel che riceve? Ah il divino Spirito si sfoga, lasciatemi dir così, nelle diffusioni amorose che fa di sé stesso sul Cuore deificato di Gesù Cristo. Considerate ad intelligenza di questa verità: 1° come lo Spirito Santo formi quel Cuore; 2° come lo ricolmi di sè; 3° come da quel trono esso regni.

I. Come lo Spirito Santo si formi quel Cuore. Non conveniva, osservano i Padri, che il Figliuolo di Dio venisse sulla terra appena commessa la colpa per molte ragioni, ma soprattutto perché l’uomo facesse giusta estimazione del peccato, sentisse la necessità del rimedio, lo stimasse poi quanto si conveniva, ed intanto si disponesse a riceverlo. Chi però presiedette a tanto apparecchio se non lo Spirito Santo? Esso fu che venne ispirando i Profeti ad annunziarlo a mano a mano sempre più chiaramente, esso che ai Patriarchi fece conoscere in ispecie il popolo, la tribù, la famiglia, le circostanze della sua venuta. Egli che mosse i Giusti di tutti i secoli a quelle preghiere che dovevano affrettarne il tempo. E questo era un apparecchio remoto. Ma quando giunse la pienezza dei tempi e che doveva aver luogo si alto portento in sulla terra, lo Spirito Santo preparò la gran Vergine Maria con quella copia di grazie che alla dignità, cui doveva essere elevata di Madre di Dio, erano convenienti. La fortificò di tutti gli aiuti interiori necessari a sostenere sì grande dignità ed incarico. E poi adombrandola di sua infinita virtù compì in Lei i miracoli maggiori che mai abbia veduto e mai sia per vedere il mondo. Fece che Maria senza detrimento della sua illibata Verginità diventasse Madre. Formò del suo purissimo sangue un corpo al Figliuolo di Dio ed in quell’atto medesimo già organizzato il congiunse all’anima più perfetta che mai uscisse dalle mani creatrici, ed impedendo ogni umana personalità, l’anima ed il corpo ineffabilmente congiunse alla Persona del Verbo di Dio: sicché tutto in un punto si verificarono colla Verginità di Maria la formazione del corpo di Gesù, l’animazione e la deificazione. Fu allora che il dolce Cuore di Gesù palpitò per la prima volta, fu allora che lo Spirito Santo ricevette in riconoscimento il primo palpito di Gesù Verbo incarnato. Quali strette di amore fra quel Cuore dolcissimo e lo Spirito di amore! Oh Spirito divino per amore di quel Cuore degnatevi di avvivarne anche in noi una scintilla. Oh Gesù, per gloria dello Spirito Santo accendetene in noi una fiamma!

Il. Come lo ricolmi di sé;. Proseguite a considerare le opere dello Spirito Santo nel Cuore SS. di Gesù, e vedrete come ci lo ricolmi di sé medesimo. Gesù ha una grazia che è così singolare a Lui che mai non fu e mai non sarà ad altri comunicata, la grazia dell’unione personale. Grazia sostanziale e non accidentale, grazia che il santifica per eccellenza, che lo fa essere il Santo dei Santi, e che gli conferisce per sé sola con infinito vantaggio tutti i doni ed aiuti che sono proprii della grazia santificante. – Cionondimeno come le sostanze sono compiute da loro accidenti, il sole dal suo splendore, il fuoco dal suo calore, i fiori dalle proprie fragranze, così la grazia sostanziale di Gesù Cristo fu consumata dalla grazia santificante acciocchè Ei fosse perfetto secondo ogni ragione. In qual grado poi questa fosse, raccoglietelo da ciò che non essendo altro che un effetto, una dipendenza della grazia essenziale dell’unione dovette essere a quella unione in qualche modo proporzionata. Al comune dei Santi lo Spirito divino si comunica a misura, e l’Apostolo ci fa sapere che ognuno ha il suo proprio dono. Sopra Gesù Cristo non fu serbata alcuna misura. Non enim ad mensuram dat Deus spiritum: (Ioan. 3, 34,) ma si posò tutto sopra di Lui lo Spirito Santo. Requiescet super eum Spiritus Domini. (Is.11,1). E se bramate conoscere quali forme prendesse cotesto Spirito, Isaia le va enumerando così: spirito di sapienza e d’intelletto, spirito di consiglio e di fortezza, spirito di scienza e di pietà, spirito di timor divino. Quali ricchezze ineffabili che tutte adornano ed abbelliscono il Cuor divino! Se non ché non si contenta lo Spirito Santo di inabitare nel Cuore di Cristo co’ suoi doni più singolari. Egli inabita in Lui in modo non solo particolare ma unico. Conciossiache l’umanità santa di Cristo essendo congiunta con la Persona del Verbo, per la mutua inabitazione delle divine Persone, lo Spirito Santo si trova congiunto altresi ineffabilmente al Cuore divino: il quale ne riceve una vita di inesprimibile amore. A qual termine poi riferirà quel buon Cuore tasta comunicazione, se non a quello spirito medesimo da cui le sono provenute? Quale abisso di riconoscenza da una parte, quale effusione dall’altra, quale incendio di amore in unione sì intima e sì eccelsa! Nessuna lingua mortale oserà spiegare misteri che di tanto trapassano quel che possono escogitare gli uomini. Ci valga l’averli in qualche modo adombrati per concepire comecchessia in quali vortici di fiamme viva e respiri qutl Cuore sacrosanto. Oh Gesù fate che lo conosciamo perché ci riuscirà allora impossibile il non amarlo.

III. Come da quel Cuore esso regni. Lo Spirito Santo è l’autore della santificazione degli uomini e nulla tanto brama quanto di poter produrre nel mondo questo effetto da Lui tanto desiderato. Però il trono da cui Egli regna veramente è il Cuore SS. di Gesù. Quello che si oppone principalmente alla santificazione delle anime sono le colpe di cui sono cariche, sono le ripulse che dànno allo Spirito Santo, sono i demeriti che perciò sempre maggiormente accrescono. Chi è che toglie di mezzo tutte queste difficoltà, chi è che scioglie, lasciatemi dir così, le mani a quello Spirito vivificatore che tutti vorrebbe infiammare di sè medesimo? Non è se non Gesù Cristo il quale ai peccati che pongono ostacolo, sostituisce le lagrime sue che ne impetrano il perdono, ai demeriti nostri sostituisce i meriti suoi. Le lagrime de’ suoi occhi, i sospiri del suo Cuore, i gemiti del suo spirito sono quelli che tolgono tutti gli ostacoli alla santificazione che poi fa delle anime lo spirito santificatore. E Gesù tutti questi beni trae dal tesoro del suo Cuore sacrosanto, il quale nella grazia santificante, che possiede si smisurata, contiene quella che i Dottori chiamano grazia di essere capo della Chiesa per la quale piove di continuo a tutti i membri di S. Chiesa tutti quelli influssi divini che alla salute dei fedeli sono necessari. Così Gesù Cristo prepara la via allo Spirito Santo. E lo Spirito Santo poi dove conduce colla sua divina operazione i fedeli? Esso rende un contraccambio di amore a Gesù. Imperocehè tutto quel che persuade coll’unzione dolcissima della sua comunicazione non mira se non ad esprimere nei cuori umani una copia fedele del Cuor divino. Il nostro cuore è miseramente invischiato dalla meschinità della terra che sono quei beni che ci circondano, lo Spirito Santo ci muove al distacco di cui ci ha dato insegnamento e dottrina Gesù. Noi siamo proclivi a tutte le passioni del senso le quali ci travolgono troppo nelle colpe più vituperose: lo Spirito Santo mira a condurci invece all’amore di Dio secondochè ci ha tanto esortato Gesù. Noi siamo proclivi alla prevaricazione dello spirito colla nostra superbia, arroganza, invidia, infedeltà, e lo Spirito Santo mira a formare in noi il cuore umile e docile secondo il Cuore di Gesù. Sono adunque scambievolmente ragione del bene nostro, lo Spirito Santo e Gesù. Gesù ci merita quel dono e ce lo invia: lo Spirito Santo gli rende testimonianza e cel fa ricopiare. Gesù dopo d’avercelo meritato come Verbo divino che è, ce lo manda, e lo Spirito Santo mandato ristora nel mondo l’onore e la gloria di Gesù Verbo incarnato. Qual meraviglia se con tanti legami di amore, lo Spirito Santo formi di quel buon Cuore le sue delizie? – Ah la meraviglia è che noi ancora non sappiamo fare altrettanto. O Spirito divino traeteci a Gesù, fatecelo conoscere, fatecelo amare una volta.

Cor Iesu thronus gratiæ miserere nobis.

OSSEQUIO. Raccomandatevi allo Spirito S. che vi faccia conoscere il Cuore di Gesù.