LO SCUDO DELLA FEDE (260)
P. Secondo FRANCO, D.C.D.G.,
Risposte popolari alle OBIEZIONI PIU’ COMUNI contro la RELIGIONE (3)
4° Ediz., ROMA coi tipi della CIVILTA’ CATTOLICA, 1864
CAPO III.
SCIENZA, PICEDESTINAZIONi E BONTÀ DIVINA
I. Iddio sa se mi salverò. II. Mi salverò se sono predestinato. III. Iddio è buono. IV. Iddio non si vendica.
I. Oltre la giustizia, traggono alcuni in campo anche la scienza divina, per confondere sè ed altri. Si lasciano muovere soprattutto da quel sofisma che Iddio certamente ha già veduto se essi saranno salvi, oppure se andranno dannati: che accade dunque che si affatichino per salvarsi? Ad ogni modo quello che Dio ha veduto tanto accadrà. – Prima di rispondere direttamente a questo sofisma, io farò una domanda simile al mio lettore. Iddio certamente già sa se quest’oggi voi troverete imbandito il desinare, oppure se nol troverete: che accade adunque che spendiate denari, che diate ordini, che impieghiate il cuoco per ammannirlo? Similmente Iddio certamente vede se voi mai giungerete a raccozzare insieme qualche denaro, oppure se sempre sarete al verde: a che adunque struggervi in brighe e contratti e negozii per accumulare? Non sarà mai più di quello che Dio vede. Che cosa rispondereste a chi vi facesse un tal discorso? Sebbene non aveste in pronto la risposta, tuttavia né licenziereste il cuoco, né smettereste perciò il commercio. Or perché non fate altrettanto nel negozio di vostra salute? Perché non ve ne occupate con ogni serietà, come se al tutto dipendesse da voi? – Del resto sappiate che il veder di Dio le cose con la sua infinita sapienza, non fa che esse non siano ancora pienamente dipendenti dalla nostra libera volontà. Vel dichiarerò con una somiglianza. – Se vi trovaste a rimirare da un balcone una piazza tutta gremita di popolo, ché cosa vedreste? Altri, vendere le loro merci, altri comprarle, e cavalli che impennano, e donne che si bisticciano, e fanciulli che ruzzano, e sciagurati che bestemmiano, e così via via. Ora voi vedete certamente tutto quello che accade, ma ne siete voi la cagione? Forse perché voi lo vedete, essi non sono più liberi a proseguire od intrammettere le loro faccende? Nulla meno. Il vostro vedere nulla influisce sulla loro libertà. Ora, osservate, Iddio per la sua infinita sapienza ha un occhio, a cui sta presente tutto il passato, tutto Il presente e l’avvenire, e tutto con le sue circostanze più mirate e particolari. Che però? Sarà Egli la causa di quello che facciamo o diciamo? Niente affatto. Egli ci lascia fare e dire secondo quella libertà che ci ha dato, e non perché d ama, e solo perché Egli vede le cose, ma perché noi facciamo le cose, Egli le vede. – Di che venendo in nostro particolare, io vi dirò, la visione che Dio ha di quello che noi liberamente faremo in ordine alla nostra salute, non impedisce in nessun modo la nostra operazione. Se io osservo la divina legge, se io non pecco, oppur se fo penitenza dei miei peccati, Iddio vede che io mi salvo. Se io pecco, se io la duro nel peccato fino alla morte, Iddio vede che io mi danno. La sapienza di Dio è a guisa d’un tersissimo specchio, dove tutto quello che io fo e farò si trova rappresentato: ma a chi appartiene il fare che sia rappresentata più una cosa che un’altra? Egli è rimesso alla mia libertà. Similmente l’uomo in questa vita è a guisa di un attore sopra di un palco che dà una rappresentazione: che cosa vede il pubblico? Quel solo e quel tanto che l’attore finge: e, sebbene Iddio per la sua infinita sapienza la vegga anche prima che sia alzato il sipario, tuttavia la rappresentazione mai non sarà altra da quella che l’uomo, che è l’attore, la farà.
II. E con questo è spianata la via a sciogliere anche la difficoltà che si trae dalla predestinazione. Se sono predestinato, dicono alcuni, mi salverò; se non sono, qualunque cosa mi faccia, al tutto mi dannerò. Falso, falsissimo, Imperocché che cosa risulta dalla predestinazione? Che Dio ha veduto che voi, valendovi del vostro libero arbitrio ed usando le grazie che ci vi ha concedute, foste per continuare fino alla fine in un tenore di vita santo; e che foste conseguentemente per andar salvo. Se ha veduto per il contrario che voi foste per fare il male e farlo fino alla, morte, abusando della vostra libertà e delle sue grazie, ed Egli allora si è risoluto a lasciarvi perire : ma a quel modo che il veder Lui le cose avvenire non fa che le cose succedano, ed anzi perché succedono Egli le vede, come abbiam dichiarato sopra; così la determinazione divina non è cagione che voi facciate necessariamente il bene od il male, e che così acquistiate o perdiate il cielo. – Né niuno dica che non sa capire come dunque i decreti divini siano infallibili, mentre sta in nostra mano il far tuttavia che sortiscano il loro effetto o non lo sortiscano; perocché una tal difficoltà non ha special forza nella salute dell’anima, più che nella ricuperazione della sanità, nella conservazione della vita, nel conseguimento delle vittorie ed in tutti gli altri eventi da Dio previsti intorno alla nostra persona, ma previsti di modo che ancor dipendano dal nostro libero arbitrio. Or in tutti questi eventi naturali, benché scritti in cielo, noi crediamo che essi ancor dipendano dai nostri sforzi; e perciò per guarire pigliamo la medicina, per vivere usiamo il cibo, per vincere combattiamo; così nell’ordine soprannaturale, benchè sia scritta in cielo la nostra salvezza, tuttavia noi dobbiamo credere che ancora dipenda dalla nostra opera, e dobbiamo perciò orare, vigilare, osservare le divine leggi. E siccome niuno vi sarebbe che ragionevolmente non attribuisse la perdita della sanità, della vita, della vittoria a colui che non si fosse adoperato per conseguirla; sul pretesto che l’esito di essa già stava scritto in cielo; così la perdita della salute sarebbe al tutto da recarsi a colpa di chi sul pretesto medesimo avesse trascurati i mezzi della salute. E la ragione ultima di tutto ciò è che come Iddio, quando ha decretato di renderci la sanità, ha decretato di renderceli a modo debito, cioè con quei medicamenti che sono i proporzionati; così avendo decretato di darci l’eterna vita, non l’ha fatto se non a modo debito, cioè con tutti mezzi che noi avremmo praticati, per ottenere sì alto scopo. – Che se tutte queste ragioni non bastassero per ventura a quietarvi in proposito, e voi prendete quest’altra via, che sarà di richiamare alla mente alcune saldissime verità, dalle quali potrete trarre pieno conforto: 1.° Checché ne sia della divina predestinazione, riman sempre certo che Dio ha una volontà sincerissima di salvarvi, e questa sua volontà ci ha manifestata con ogni chiarezza, mentre è morto non solo per tutti in comune, ma per ciascuno di noi in particolare. Il perché qualunque cosa vi suggerisca la vostra immaginazione, voi e potete e dovete dire quel dell’Apostolo, che Gesù Cristo è morto per voi e per la vostra salute; Propter me et propter meam salutem. 2.° Gesù, per ragione di quella volontà sincerissima che ha di salvarvi, vi ha fornito con abbondanza di tutti quei mezzi che si richiedono per ottenere quell’alto scopo. Vi ha dato grazie interiori, alle quali acconsentendo voi, come potete, sarete salvo. 3.° Tutto il mistero della predestinazione, benché non l’intendiate, non vi toglie per verun modo la libertà che Dio vi ha data per fare il bene e fuggire il male. Così ve ne assicurano le sante Scritture, così le definizioni di santa Chiesa, così lo stesso buon senso, il quale vi fa sapere che sarebbe assurdo infligger castigo a chi ha commesso un male, che non poteva non commettere, come rimunerare con premio chi ha fatto un bene, che non poteva non operare. Finalmente, finché siete in vita, sempre potete col divino aiuto salvare l’anima vostra, mentre durandovi fino alla morte di credere, di sperare, di amare Iddio sopra tutte le cose, forza è il dire, che fino alla morte dovete avere la possibilità di soddisfare quest’obbligo: se già alcuno non volesse affermare stolidamente che si potesse senza colpa né credere, né sperare, né amare Iddio, come avverrebbe in chi non ne avesse la grazia necessaria. Questi principii essendo indubitati presso i Cattolici, son bastevoli a quietare qualunque turbazione dei fedeli più timidi, a chiudere al tutto la bocca ai libertini più impudenti.
III. Finalmente vi è un altro attribuito divino che somministra a non pochi cagion d’errore, e, chi lo crederebbe? questo è la stessa dolcissima divina bontà. Come i ragni cavano il veleno da quei fiori medesimi, dai quali le api suggono il miele, così alcuni iniqui si valgono di stimolo, a peccare più francamente, di quella bontà medesima, che ne allontana sì efficacemente i buoni. Non conviene, dicono essi perversamente, non conviene a quella immensa misericordia di condannare veruno; Iddio non si offende di nostre colpe; Iddio non si vendica; Iddio compatisce perché conosce la nostra fragilità. Nè si valgono già di questi pensieri per eccitarsi a pentimento di loro colpe, per risolversi a non più commetterle: tutto all’opposto; se ne valgono per rimuovere il timor dell’inferno che contrista, per adagiarsi più tranquillamente nel peccato, per attutire ogni rimorso. Il perché vuolsi fare un poco di esame a questi panegirici della divina bontà, che suonano sì alto sulle bocche dei peccatori. Iddio è buono sì, ma è forse solamente buono? Sarebbe non solo un’eresia il pensarlo, ma perfino una stolidità. Iddio è giusto, anzi la stessa giustizia; è santo, anzi la stessa santità; è puro, anzi la stessa purezza; ed i suoi occhi non possono vedere l’ingiustizia ed il suo cuore non può patirla, ed è obbligato dalle sue infinite perfezioni ad odiarla con tutto sè stesso. Il perché se non punisce subito il peccatore, se non istermina tosto il peccato dal mondo con tutte le sue folgori, il fa solo perché aspetta che vi rimedii con la penitenza chi sventuratamente l’ha ricettato nel cuore. Se non fosse così, Iddio non sarebbe buono, sarebbe stupido, sarebbe complice delle umane iniquità. Volete vederlo? Orsù: udite l’ elogio che io ho da farvi di un padre: Ha questi parecchi figliuoli, i quali sono disobbedienti, indisciplinati, protervi. Non danno retta al padre, si beffano della madre, fan mille dispetti ai vicini, sono lo scandalo di tutta la contrada. Il padre però è tanto buono, che non ha cuore di riprenderli e di castigarli; si contenta solo di avvertirli sempre amorevole, di pregarli, di supplicarli, ma poi tolga Iddio che metta mai mano al castigo, benché non si arrendano ai suoi avvisi. Similmente vi ha un giudice, il quale amministra la giustizia ad una città. Or in questa tutto è pieno di ladri, di omicidi, di sanguinarii, di malfattori, e però tutto è stragi ed ammazzamenti. Il giudice lo sa; che anzi gli vengono condotti dinanzi i rei, ma che volete? il giudice è così buono, che non sa indursi mai a castigarne veruno. Al più al più lo avvisa amorevolmente, e poi lo manda in pace rimettendolo in libertà. Ora che dite voi della bontà di questo giudice e di quel padre? Chiunque non abbia perduto il senno dirà certo che quel padre è uno stupido, è uno stolido, che quel giudice è complice di tutte le iniquità che si commettono per cagion sua. Bene sta; ma non è questo mai l’elogio che alcuni fanno a Dio? Se la sua bontà mai non castigasse, se le sue minacce fossero vane parole, se la sua folgore fosse solo un vano strepito per l’aria, dite, vi sarebbe più alcun motivo di temerlo? Quelli che gli fanno un tale elogio non l’onorano, ma l’insultano orribilmente. E poi se Dio è tanto buono, che non gl’importa di quel che facciamo, perché dunque ha dato una legge, perché ha fatto tante prescrizioni? È il colmo del ridicolo e dell’assurdo tanto raccomandare, tanto inculcare quello che non ha nessuna importanza. Più, perché aggiungervi tante minacce di sì severi castighi? O Iddio sarà diventato un vano parlatore, come noi vermi, che tanto parliamo più alto quanto ci sentiamo più impotenti a mantenere le nostre parole? – Il concetto che le sante Scritture ci danno della bontà divina, non va mai disgiunto da quello della sua infinità giustizia: Dulcis et rectus Dominus. Il Signore è buono, à dolce sì, ma è anche giusto, è anche retto. È buono, e perché è tale ha operata l’Incarnazione ed è morto per noi sulla croce; è buono, e perciò ci somministra grazie innumerabili per la salute; è buono, e perciò ci aspetta anche dopo la colpa al perdono; è buono, e perciò, se l’ameremo, ci tien preparato un premio eterno: tutto ciò è verissimo, ma la sua bontà non lo accieca, nol fa stupido, non lo rende complice delle nostre iniquità. È buono, e tuttavia ha creato un inferno a bella posta per migliaia d’angeli prevaricatori, e ve li ha subissati entro. È buono, ma distrugge quando i loro peccati sono giunti al colmo, e popoli e Nazioni. E buono, e tuttavia avventa sulla terra i suoi castighi privati e pubblici. È buono, e colpisce spesso il peccatore in mezzo alla colpa; è buono, ma non lascia per questo di precipitare nell’inferno tutti quelli che prima di morire non hanno placata la sua giustizia. Come il numero grande dei peccatori nol fa traballare sul suo soglio, così non lo smuovono lodi ipocrite, che gli empii tributano alla sua bontà, per rassicurarsi all’ombra di quella della sua tremenda giustizia.
IV. Ma allora, ripigliano certi sciocchi, Iddio si vendicherebbe; e non conviene alla sua infinita eccellenza il vendicarsi. Davvero conviene a noi vermi vili insultarlo, provocarlo ad ogni momento con ogni sorta di offese, e non conviene a Dio farsi portar rispetto! – Avvertite di grazia a quel che dite, quando parlate di vendette, e quando l’attribuite a Dio. A noi miseri mortali è proibita la vendetta privata per molte ragioni: perché mai non possiamo conoscere pienamente il grado di colpa che può avere il nostro prossimo, consistendo essa principalmente nel cuore veduto dal solo Dio. Ci è vietata, perché essa involge un atto di autorità che il privato non può esercitare sopra un altro privato, perché non la possiede. Ci è proibita, perché le passioni, a cui andiamo soggetti, ci travolgono pur troppo il giudizio in causa propria; ci è proibita, perché Iddio vuole per nostra perfezione che imitiamo la mansuetudine, la carità del nostro Gesù, e per altre ragioni gravissime che qui non è luogo di enumerare. Per tutte queste ragioni in noi la vendetta privata è colpa, è mancamento. Ma non avviene già lo stesso nell’altissimo Iddio. La colpa è un disordine gravissimo, perché viola la legge eterna di Dio, e deve essere riparata. Ogni qualvolta l’uomo non la ripara coll’espiazione volontaria, e non la ritratta, deve essere riparata con una pena forzata, e Dio, come autore d’ogni ordine, è obbligato a porvi mano. In Lui è piena cognizione della colpa e delle circostanze di essa, e quindi il può fare con infinita rettitudine; in Lui è suprema autorità, quindi non fa che esercitare il suo diritto; in Lui non cade, né può cadere torbido di passione, epperò giudica con somma tranquillità; punisce la colpa, perché così lo richiede la deformità d’essa e la sua infinita giustizia. – Niuno dunque s’illuda con questo pretesto, che Dio sia solamente buono, perché questo lo esporrebbe al pericolo di trovarlo solamente giusto. Ed a ciò sarebbe bene che ponessero mente soprattutto due sorti di peccatori. Quelli che fanno di ogni erba un fascio sulla fiducia smisurata che hanno nella divina bontà. Iddio dalla sua stessa misericordia è obbligato a colpire questi iniqui, affinché non si venga a stabilire nel mondo un principio così orribile, qual è quello, che sia lecito ornai d’insultare tanto più audacemente il Signore, quanto esso è più buono. L’altra classe è di quelli che guerreggiano ostinatamente i buoni, che li deprimono, che li conculcano, che li spogliano, che li sterminano dalla faccia della terra, perché essi prendono in pazienza tutti gli strapazzi che lor si fanno. Adesso sì i buoni non possono, non debbono vendicarsi: ma giorno verrà in cui, liberi dalle umane passioni, e per puro amore della giustizia, leveranno le mani al cielo e grideranno a Dio: Vindica sanguinem nostrum; e Dio che ha riserbata a sé la vendetta, ascolterà quelle voci e le esaudirà, e farà comprendere ad ognuno che né la sua bontà gli vieta di castigare la colpa, come pretendono gli iniqui, né alla sua giustizia disdice il vendicare le offese, che ne’ suoi servi a Lui sono state fatte.