TUTTO IL DENZINGER SENTENZA PER SENTENZA DAGLI APOSTOLI A S.S. PIO XII (36): “PIO IX, 1864-1870”

TUTTO IL DENZINGER SENTENZA PER SENTENZA DAGLI APOSTOLI A S.S. PIO XII (36)

HENRICUS DENZINGER

ET QUID FUNDITUS RETRACTAVIT AUXIT ORNAVIT

ADOLFUS SCHÖNMATZER S. J.

ENCHIRIDION SYMBOLORUM DEFINITIONUM ET DECLARATIONUM

De rebus fidei et morum

HERDER – ROMÆ – MCMLXXVI

Imprim.: Barcelona, José M. Guix, obispo auxiliar

(PIO IX, 1864- 1870)

1° CONCILIO VATICANO (20° ecumenico)

8 dicembre 1869-20 ottobre 1870.

3a sessione, 1870: Costituzione dogmaticaDei Filiussulla fede cattolica.

Preambolo.

3000. Ma ora, in mezzo ai Vescovi di tutto il mondo che siedono e giudicano con Noi, riuniti nello Spirito Santo per nostra autorità in questo santo Concilio Ecumenico, e sostenuti dalla Parola di Dio, abbiamo deciso, dalla cattedra di Pietro, di professare e dichiarare davanti agli occhi di tutti la dottrina salvifica di Cristo, proibendo e condannando, in nome dell’Autorità affidataci da Dio, gli errori contrari a questa dottrina.

Cap. 1. Dio creatore di tutte le cose

Il Dio unico e perfetto, distinto dal mondo.

3001. La Santa Chiesa Cattolica Apostolica Romana crede e professa che esista un solo Dio vero e vivente, Creatore e Signore del cielo e della terra, onnipotente, eterno, immenso, incomprensibile, infinito nell’intelligenza, nella volontà ed in ogni perfezione; poiché è una sostanza spirituale unica e singolare, assolutamente semplice e immutabile; si deve affermare che sia distinto dal mondo nella realtà e nell’essenza, che sia perfettamente felice in sé e per sé, e che sia ineffabilmente elevato al di sopra di tutto ciò che è e può essere concepito al di fuori di lui (cf. 3021-3024).

L’atto della creazione: la sua perfezione, il suo fine e il suo effetto.

3002. Questo unico vero Dio, per la sua bontà e la sua “onnipotenza”, non per accrescere la sua beatitudine né per acquisire la sua piena perfezione, ma per manifestarla con i beni che concede alle sue creature, ha, nel più libero dei disegni, “tutto insieme”, dall’inizio dei tempi, ha creato dal nulla le due specie di creature, quella spirituale e quella corporea, cioè gli angeli e il mondo, e poi la creatura umana, che è composta da entrambi, spirito e corpo” (IV Concilio Lateranense: 800; in ciò che segue : (cf. 3022 e 3025).

La Provvidenza divina.

3003. Con la sua Provvidenza, Dio custodisce e governa tutto ciò che ha creato, “giungendo con forza da un capo all’altro del mondo e disponendo di tutte le cose con dolcezza” (Sap VIII,1). Anzi, “tutte le cose sono messe a nudo e scoperte davanti ai suoi occhi” Eb. IV,13), comprese quelle che la libera azione delle creature produrrà.

Cap. 2 Rivelazione

Il fatto della Rivelazione soprannaturale.

3004. La stessa santa Chiesa, nostra Madre, ritiene e insegna che Dio, principio e fine di tutte le cose, può essere conosciuto con certezza alla luce naturale della ragione umana a partire dalle cose create, perché “fin dalla creazione del mondo, ciò che è invisibile è stato reso visibile alla mente attraverso le sue opere” Rm 1,20 . Tuttavia, è piaciuto alla sua sapienza e bontà rivelare se stesso e i decreti eterni della sua volontà agli uomini con un altro mezzo, soprannaturale: “Dopo aver parlato molte volte e in molte forme ai nostri padri per mezzo dei profeti, ora ha parlato a noi per mezzo del Figlio” )Eb 1,1); (cf. 3021).

La sua necessità.

3005. È infatti grazie a questa Rivelazione divina che tutti gli uomini sono in grado, nella condizione attuale del genere umano, di conoscere facilmente, con ferma certezza e senza alcuna mescolanza di errore, ciò che nelle cose divine non è di per sé inaccessibile alla ragione. Non per questo, però, si deve dire che la Rivelazione è assolutamente necessaria, ma perché Dio, nella sua infinita bontà, ha ordinato l’uomo a un fine soprannaturale, cioè la partecipazione ai beni divini che sono assolutamente al di là di ciò che la mente umana possa cogliere. Infatti, “occhio non ha visto, né orecchio ha udito, né è entrato nel cuore dell’uomo ciò che Dio ha preparato per coloro che lo amano” (1 Cor 2,9; cf.3022-3023).

Le sue fonti.

3006. Questa Rivelazione soprannaturale è contenuta, secondo la fede della Chiesa universale affermata dal Santo Concilio di Trento, “nei libri scritti e nelle tradizioni non scritte che, ricevute dagli Apostoli dalla bocca di Cristo stesso, o trasmesse per così dire di mano in mano dagli Apostoli sotto la dettatura dello Spirito Santo, sono giunte fino a noi”. (cf.1501). Questi libri dell’Antico e del Nuovo Testamento, come enumerati nel decreto di questo Concilio e come si trovano nell’antica edizione latina della Vulgata, devono essere accettati come sacri e canonici nella loro integrità con tutte le loro parti. La Chiesa li ritiene tali non perché siano stati composti dall’opera del solo uomo e poi approvati dalla sua autorità, né solo perché contengono la Rivelazione senza errori, ma perché, scritti sotto l’ispirazione dello Spirito Santo, hanno Dio come autore e sono stati trasmessi come tali alla Chiesa (cf. 3024).

Il suo interprete: la Chiesa.

3007. Poiché alcuni hanno travisato il decreto che il santo Concilio di Trento, allo scopo di correggere le menti impudenti, ha emanato circa l’interpretazione della Sacra Scrittura, Noi dichiariamo, rinnovando questo stesso decreto, che la sua intenzione è che, nelle questioni di fede e di morale che riguardino lo sviluppo della dottrina cristiana, il vero significato della Sacra Scrittura deve essere quello che è stato ed è ritenuto dalla nostra Madre, la Santa Chiesa, il cui compito è quello di giudicare il vero significato e l’interpretazione della Sacra Scrittura; e che, di conseguenza, a nessuno è permesso interpretare la Sacra Scrittura in modo contrario a questo significato, né al consenso unanime dei Padri.

Cap. 3. La fede.

Che cos’è la fede.

3008. Poiché l’uomo dipende totalmente da Dio come suo Creatore e Signore, e poiché la ragione creata è completamente soggetta alla Verità increata, siamo tenuti a presentare per fede a Dio che si rivela, la piena sottomissione della nostra intelligenza e volontà (cf. 3021). Questa fede, che è l’inizio della salvezza dell’uomo (cf. 1532), la Chiesa Cattolica la professa come una virtù soprannaturale con la quale, preavvisati da Dio e aiutati dalla grazia, crediamo vere le cose che Egli ci abbia rivelato, non per la loro intrinseca verità percepita dalla luce naturale della ragione, ma per l’autorità di Dio stesso che rivela, che non può ingannare né se stesso né noi (cf. 2778, 3022). La fede, infatti, dice l’Apostolo, è la sostanza delle cose che si sperano e l’evidenza delle cose che non si vedono” (Eb XI,1).

La fede è coerente con la ragione.

3009. Tuttavia, affinché l’omaggio della nostra fede sia conforme alla ragione, (Rm XII,1) Dio ha voluto che gli aiuti interiori dello Spirito Santo fossero accompagnati da prove esteriori della sua Rivelazione, cioè fatti divini e soprattutto miracoli e profezie che, mostrando in modo impressionante l’onnipotenza di Dio e la sua sconfinata conoscenza, sono segni certissimi della Rivelazione divina, adatti all’intelligenza di tutti (cf. 3023-3024). È per questo motivo che Mosè ed i profeti, e soprattutto Cristo nostro Signore, hanno compiuto molti ed eclatanti miracoli ed hanno profetizzato; e, per quanto riguarda gli Apostoli, leggiamo nella Scrittura: “Quando furono partiti, predicarono dappertutto, mentre il Signore collaborava con loro e confermava le loro parole” (Mc. XVI,20). È anche scritto: “Abbiamo una parola profetica più forte, sulla quale fate bene a fissare la vostra attenzione come su una lampada che brilla in un luogo oscuro” (2Pt 1,19).

La fede, dono di Dio

3010. Sebbene l’assenso di fede non sia affatto un movimento cieco della mente, nessuno può dare il suo assenso alla predicazione del Vangelo nel modo richiesto per ottenere la salvezza “senza l’illuminazione e l’ispirazione dello Spirito Santo, che dà a tutti la sua unzione quando aderiscono e credono nella verità” (2° Concilio di Orange: cf. 377). Per questo la fede in sé, anche se non opera attraverso la carità, è un dono di Dio; e l’atto di fede è un’opera salutare, con la quale l’uomo offre a Dio stesso la sua libera obbedienza acconsentendo e cooperando alla grazia alla quale potrebbe resistere (cf. 1525 e segg.).

L’oggetto della fede.

3011. Aggiungiamo che tutto ciò che è contenuto nella Parola di Dio, scritta o trasmessa dalla Tradizione, e che la Chiesa propone di credere come divinamente rivelato, o con un giudizio solenne o con il suo Magistero Ordinario e Universale, è da credere per fede divina e cattolica.

La necessità della fede.

3012. Poiché “senza la fede è impossibile piacere a Dio” (Eb X,6) e condividere la condizione di suoi figli, nessuno è mai giustificato senza di essa e nessuno, se non ha “perseverato in essa fino alla fine” (Mt X,22 Mt XXIV,13 ), otterrà la vita eterna. Ma affinché si possa adempiere al dovere di abbracciare la vera fede e di perseverare costantemente in essa, Dio, per mezzo del suo unico Figlio, ha istituito la Chiesa e l’ha dotata di chiari segni della sua istituzione, affinché possa essere riconosciuta da tutti come custode e maestra della Parola rivelata.

Gli aiuti esterni e interni della fede.

3013. È infatti alla sola Chiesa Cattolica che si riferiscono tutti questi segni, così numerosi e così mirabili, che Dio ha disposto per rendere evidente la credibilità della fede cristiana. Inoltre, la Chiesa, a causa della sua mirabile propagazione, della sua eminente santità e della sua inesauribile fecondità in ogni bene, per la sua unità cattolica e la sua invincibile fermezza, è in se stessa un grande e perpetuo motivo di credibilità e una testimonianza inconfutabile della sua missione divina.

3014. Di conseguenza, la Chiesa stessa, “come un vessillo innalzato tra le nazioni” (Is XI,12), da un lato chiama a sé coloro che non hanno ancora creduto, dall’altro accresce nei suoi figli la certezza che la fede che professano poggi su un fondamento molto solido. A questa testimonianza si aggiunge l’aiuto efficace della grazia dall’alto. Il Signore, infatti, pieno di benevolenza, da un lato suscita e aiuta con la sua grazia coloro che sono nell’errore, affinché “giungano alla conoscenza della verità” (1 Tm II,4), e dall’altro conferma con la sua grazia coloro che ha fatto uscire dalle tenebre verso la sua meravigliosa luce (1 Pt II,9 – Col I,13), affinché perseverino in questa luce, senza abbandonare nessuno, a meno che non sia abbandonato Lui (cf. 1537. Pertanto, la condizione di coloro che hanno aderito alla verità cattolica attraverso il dono celeste della fede non è in alcun modo simile a quella di coloro che, guidati da opinioni umane, seguono una falsa religione; infatti, coloro che hanno ricevuto la fede sotto il Magistero della Chiesa non possono mai avere un giusto motivo per cambiare o mettere in discussione tale fede (cf. 3026). Perciò, rendendo grazie a Dio Padre, che ci ha resi degni di partecipare alla sorte dei santi nella luce (Col 1,12), non trascuriamo una così grande salvezza (Col 2,3), ma “con gli occhi fissi su Gesù, autore della nostra fede e che la conduce alla perfezione” (Heb XII,2), “manteniamo la testimonianza incrollabile della nostra speranza” (Heb. X,23).

Capitolo 4. Fede e ragione.

Due ordini di conoscenze.

3015. La Chiesa Cattolica ha sempre sostenuto e continua a sostenere che esistano due ordini di conoscenza, distinti non solo per il loro principio, ma anche per il loro oggetto. Per il loro principio, perché in uno è la ragione naturale e nell’altro la fede divina a conoscere. Per il loro oggetto, perché, oltre alle verità che la ragione naturale può raggiungere, ci viene proposto di credere ai misteri nascosti in Dio, che non possono essere conosciuti se non sono divinamente rivelati 3021. Per questo l’Apostolo, che testimonia che Dio sia stato conosciuto dai Gentili “per mezzo delle sue opere” (Rm 1,20), quando parla della grazia e della verità che ci vengono da Gesù Cristo (Gv 1,17), dichiara: “Noi annunciamo la sapienza di Dio in mistero, una sapienza nascosta che Dio ha predestinato prima di tutti i secoli per la nostra gloria, che nessuno dei dominatori di questo mondo ha conosciuto… Dio ce l’ha rivelata per mezzo del suo Spirito, perché lo Spirito penetra tutte le cose, anche le profondità di Dio” (1 Cor 2,7ss.). E lo stesso Figlio unigenito ringrazia il Padre per aver nascosto queste cose ai sapienti ed ai prudenti e per averle rivelate ai piccoli (Mt XI,25).

Il ruolo della ragione nello sviluppo della verità soprannaturale.

3016. Quando la ragione, illuminata dalla fede, cerca con attenzione, pietà e moderazione, arriva per dono di Dio ad una certa comprensione molto fruttuosa dei misteri, sia per analogia con le cose che conosce naturalmente, sia per i legami che collegano i misteri tra loro e con il fine ultimo dell’uomo; mai, però, è resa capace di penetrarli allo stesso modo delle verità che costituiscono il suo stesso oggetto. Infatti, i misteri di Dio, per la loro stessa natura, sono talmente al di là della comprensione del creato che, anche se sono stati tramandati dalla Rivelazione e accolti per fede, sono ancora coperti dal velo della fede, come avvolti da una certa oscurità, finché, in questa vita mortale, camminiamo lontani dal Signore, perché è per fede che camminiamo, non per vista (2Co X,6 s.)

Nessuna opposizione tra fede e ragione.

3017. Ma sebbene la fede sia al di sopra della ragione, non ci può mai essere un vero disaccordo tra la fede e la ragione, poiché è lo stesso Dio che rivela i misteri e comunica la fede, e che ha fatto scendere nella mente umana la luce della ragione: Dio non potrebbe mai negare se stesso, né il vero potrebbe mai contraddire il vero. Questa vana apparenza di contraddizione si verifica soprattutto quando i dogmi della fede non siano stati compresi ed esposti secondo lo spirito della Chiesa, o quando si prendono per conclusioni della ragione opinioni false. “Definiamo quindi completamente falsa ogni affermazione contraria alla verità della fede illuminata” (V Concilio Lateranense 1441).

3018. Inoltre, la Chiesa, che insieme all’ufficio apostolico dell’insegnamento ha ricevuto il comandamento di custodire il deposito della fede, ha da Dio il diritto ed il dovere di proscrivere la falsa “scienza” (1Tm VI,20), perché nessuno sia ingannato dal vano richiamo della filosofia (Col 2,8 – cf. 3022). Per questo motivo, tutti i Cristiani, saldi nella loro fede, non solo non hanno il diritto di difendere come legittime le conclusioni della scienza le opinioni note contrarie alla fede, soprattutto se siano state ripudiate dalla Chiesa, ma sono rigorosamente tenuti a considerarle piuttosto come errori ornati da qualche ingannevole apparenza di verità.

L’aiuto reciproco di fede e ragione.

3019. Non solo la fede e la ragione non sono mai in disaccordo, ma si aiutano a vicenda (cf. 2776; 2811). La retta ragione dimostra i fondamenti della fede e, illuminata dalla luce della fede, si dedica alla scienza delle cose divine. Quanto alla fede, essa libera e protegge la ragione dall’errore e le fornisce una ricchezza di conoscenze. Per questo motivo, la Chiesa non si oppone alle scienze umane e alle arti liberali; al contrario, le aiuta e le fa progredire in molti modi. Non ignora né disprezza i benefici che apportano alla vita umana; riconosce persino che, provenendo da Dio, il padrone delle scienze (1S 2,3), esse possano condurre a Dio, con l’aiuto della sua grazia, se usate correttamente. Non vieta certo a queste scienze di utilizzare, ciascuna nel proprio campo, principi ed un metodo che non siano necessariamente gli stessi. Pur riconoscendo questa legittima libertà, è molto attenta a garantire che non ammettano errori contrari alla dottrina divina, o che non oltrepassino i loro confini ed invadano o disturbino il dominio della fede.

Il progresso della scienza teologica.

3020. D’altra parte, la dottrina della fede rivelata da Dio non è stata proposta come una scoperta filosofica da far progredire con la riflessione umana, ma come un deposito divino affidato alla Sposa di Cristo per essere fedelmente custodito e infallibilmente presentato. Di conseguenza, il significato dei sacri dogmi che deve essere conservato in perpetuo è quello che la nostra Madre, la santa Chiesa, ha presentato una volta per tutte, e non è mai lecito discostarsene con il pretesto o in nome di una comprensione più avanzata. (cf. 3023). “L’intelligenza, la conoscenza e la sapienza crescano e progrediscano ampiamente e intensamente, per ciascuno come per tutti, per un uomo come per tutta la Chiesa, secondo il grado proprio di ogni epoca e di ogni tempo, ma esclusivamente nel loro ordine, nella stessa convinzione, nello stesso senso e nello stesso pensiero”.

Canoni.

1. Dio, creatore di tutte le cose.

Contro tutti gli errori riguardanti l’esistenza di Dio creatore.

3021. 1 Se qualcuno rifiuta di ammettere che esista un solo vero Dio, creatore e signore delle cose visibili e invisibili, sia anatema (cf. 3001).

Contro il materialismo.

3022. 2 Se qualcuno non si vergogna di affermare che non esista nulla al di fuori della materia, sia anatema (cf. 3002).

Contro il panteismo e le sue varie forme.

3023. 3. Se qualcuno dice che la sostanza o l’essenza di Dio e di tutti gli esseri è una sola e unica, sia anatema (cf. 3001).

3024. 4. Se qualcuno dice che le cose finite, corporee o spirituali, o almeno quelle spirituali, siano emanate dalla sostanza divina, o che l’Essenza divina diventi tutte le cose manifestandosi o evolvendosi, o infine che Dio sia l’essere universale o indefinito, che, determinandosi, costituisca l’universalità delle cose, distinte in genere, specie e individui, sia anatema.

Contro i panteisti e i materialisti, contro i Güntheriani e gli Hermesiani.

3025. 5 Se qualcuno non confessa che il mondo e tutte le realtà in esso presenti, spirituali e materiali, siano state prodotte da Dio nella totalità della loro sostanza, o se dice che Dio non abbia creato con una volontà libera da ogni necessità, ma anche necessariamente che ami se stesso, o se nega che il mondo sia stato creato per la gloria di Dio, sia anatema.

2. Rivelazione.

Contro coloro che negano la teologia naturale.

3026. 1 Se qualcuno dice che l’unico vero Dio, nostro Creatore e Signore, non possa essere conosciuto con certezza dalle sue opere attraverso la luce naturale della ragione umana, sia anatema. (cf. 3004).

Contro il deismo.

3027. (2) Se qualcuno afferma che sia impossibile o inutile per l’uomo essere istruito dalla Rivelazione divina su Dio e sul culto da rendere a Lui, sia anatema.

Contro il razionalismo illimitato.

3028. 3 Se qualcuno dice che l’uomo non possa essere innalzato da Dio a una conoscenza e ad una perfezione superiori a quelle che gli sono naturali, ma che possa e debba arrivare da solo, alla fine, al possesso del vero e del bene attraverso un processo di auto-rivelazione, sia anatema.

Contro la critica alla Bibbia da parte dei razionalisti.

3029. 4. Se qualcuno non riceve i libri della Sacra Scrittura come sacri e canonici, nella loro integrità e con tutte le loro parti, come enumerati dal Santo Concilio di Trento (cf. 1501-1508), o se nega che siano divinamente ispirati, sia anatema (cf. 3006).

3. La fede.

Contro l’autonomia della ragione.

3031. (1) Se qualcuno dice che la ragione umana sia così indipendente che Dio non possa esigere da essa la fede, sia anatema (cf. 3008).

3032. (2) Se qualcuno dice che la fede divina non sia distinta dalla conoscenza naturale che si possa avere di Dio e delle regole della morale e che, di conseguenza, non sia richiesto per la fede divina che si creda nella verità rivelata a causa dell’autorità di Dio che rivela, sia anatema (cf. 3008).

Contro il fideismo.

3033. 3 Se qualcuno afferma che la Rivelazione divina non possa essere resa credibile da segni esterni e che quindi gli uomini debbano essere condotti alla fede solo dalla loro personale esperienza interiore o da un’ispirazione privata, sia anatema (cf. 3009).

Contro l’agnosticismo e il mitologismo.

3034. 4 Se qualcuno afferma che i miracoli non possano esistere e che quindi tutti i racconti che ne parlano, anche quelli che si trovano nella Sacra Scrittura, debbano essere respinti come favole o miti, o che i miracoli non possano mai essere conosciuti con certezza né servano a provare effettivamente l’origine della Religione cristiana, sia anatema. (cf.3009).

Contro gli Hermesiani.

3035. 5 Se qualcuno dice che l’assenso alla fede cristiana non sia libero, ma sia necessariamente prodotto dagli argomenti della ragione umana, o che la grazia di Dio sia necessaria solo per la fede viva che opera attraverso la carità, (Galati V,6), sia anatema (cf. 3010).

3036. 6 Se qualcuno dice che i fedeli siano nella stessa condizione di coloro che non sono ancora arrivati all’unica vera fede, così che i Cattolici potrebbero avere un giusto motivo, sospendendo il loro assenso, per revocare il dubbio della fede che hanno ricevuto sotto il Magistero della Chiesa fino a quando non avranno completato la dimostrazione scientifica della credibilità e della verità della loro fede, sia anatema (cf. 3014).

4. Fede e ragione.

3041. (1) Se qualcuno dice che la Rivelazione divina non contenga alcun vero mistero propriamente detto, ma che tutti i dogmi della fede possano essere compresi e dimostrati dalla ragione opportunamente coltivata, a partire dai principi naturali, sia anatema (cf. 3015).

3042. (2) Se qualcuno dice che le discipline umane debbano essere trattate con tale libertà che, anche se le loro affermazioni si oppongono alla dottrina rivelata, possano essere riconosciute come vere e non possano essere proibite dalla Chiesa, sia anatema (cf. 3017 s.)

3043. 3. se qualcuno dice che sia possibile che ai dogmi proposti dalla Chiesa venga dato a volte, in seguito al progresso della scienza, un significato diverso da quello che la Chiesa abbia inteso e intenda tuttora, sia anatema (cf. 3020).

Epilogo.

3044. Per questo motivo, adempiendo al nostro Ufficio pastorale, supplichiamo tutti i fedeli di Cristo, specialmente coloro che esercitono una certa autorità o abbiano il compito di insegnare agli altri, e comandiamo loro, per amore di Gesù Cristo e con l’Autorità del nostro Dio e Salvatore, di mettere in atto gli sforzi del loro zelo per rimuovere ed eliminare questi errori dalla santa Chiesa Cattolica e per diffondere la luce della fede più pura.

3045. Ma poiché non è sufficiente evitare la perversità dell’eresia se non si sia anche molto attenti a rifuggire dagli errori, avvertiamo tutti i fedeli del dovere di osservare anche le costituzioni ed i decreti con cui la Santa Sede proibisca e vieti le opinioni perverse non esplicitamente menzionate nel presente documento.

4a Sessione, 18 luglio 1870: prima Costituzione dogmatica Pastor Æternus

Preambolo sull’istituzione e la fondazione della Chiesa.

3050. L’eterno pastore e custode delle nostre anime, (1 Pt II,25) per perpetuare l’opera salvifica della redenzione, decise di fondare la Chiesa, nella quale, come nella casa del Dio vivente, tutti i fedeli sarebbero stati uniti dal vincolo di una sola fede e di un solo amore. Per questo, prima di essere glorificato, pregò il Padre suo non solo per gli Apostoli, ma anche per coloro che avrebbero creduto in Lui a causa delle loro parole, affinché fossero tutti una cosa sola, come il Figlio e il Padre sono una cosa sola (Gv XVII,20-21). Come ha mandato nel mondo gli Apostoli che aveva scelto (Gv XV,19), come Lui stesso era stato mandato dal Padre (Gv XX,21), così ha voluto che nella sua Chiesa ci fossero pastori e maestri “fino alla fine dei secoli” (Mt XXVIII,20).

3051. Affinché l’episcopato sia uno e non diviso e affinché, grazie alla stretta e reciproca unione dei Pontefici, tutta la moltitudine dei credenti sia mantenuta nell’unità della fede e della comunione, ponendo san Pietro al di sopra degli altri Apostoli, stabilì nella sua persona il principio duraturo e il fondamento visibile di questa duplice unità. Sulla sua solidità sarebbe stato costruito il tempio eterno e sulla fermezza di questa fede sarebbe sorta la Chiesa, la cui grandezza doveva toccare il cielo.

3052. Poiché le porte dell’inferno, con l’intento di abbattere se possibile la Chiesa, si ergono da ogni parte con odio sempre crescente contro questo fondamento stabilito da Dio, riteniamo necessario per la protezione, la salvaguardia e la crescita del gregge cattolico, con l’approvazione del santo Concilio, proporre a tutti i fedeli la dottrina che essi debbano credere e sostenere, secondo l’antica e costante fede della Chiesa, riguardo all’istituzione, al carattere perpetuo ed alla natura del primato della Sede Apostolica, su cui poggia la sua forza e la solidità di tutta la Chiesa, e anche di proscrivere e condannare gli errori contrari, così perniciosi per il gregge del Signore.

Cap. 1 – L’istituzione del primato apostolico in San Pietro.

3053. Insegniamo e dichiariamo dunque che, secondo la testimonianza del Vangelo, il primato di giurisdizione su tutta la Chiesa di Dio fu promesso e dato immediatamente e direttamente da Cristo nostro Signore all’Apostolo san Pietro. Fu infatti solo a Simone, al quale era già stato detto: “Il tuo nome sarà Cefa” (Gv 1,42), dopo che egli lo aveva confessato dicendo: “Beato te, Simone, figlio di Giona, perché non te lo ha rivelato la carne ed il sangue, ma il Padre mio che è nei cieli; e Io ti dico che tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa. E tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato in cielo, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto in cielo” (Mt XVI,16-49). E fu solo a Simon Pietro che, dopo la sua risurrezione, Gesù conferì la giurisdizione di pastore e guida suprema su tutto il suo gregge, dicendo: “Pasci i miei agnelli, pasci le mie pecore” (Gv XXI,15-17).

3054. A questa chiarissima dottrina della Sacra Scrittura, così come è sempre stata intesa dalla Chiesa Cattolica, si oppongono apertamente le false opinioni di coloro che, pervertendo la forma di governo istituita da Cristo nostro Signore, negano che, a preferenza degli altri Apostoli, o di coloro che affermano che questo primato non sia stato conferito direttamente e immediatamente a san Pietro, ma alla Chiesa e, attraverso la Chiesa, a Pietro come suo ministro.

3055. (Canone) Se dunque qualcuno dice che l’Apostolo Pietro non sia stato istituito da Cristo nostro Signore come capo di tutti gli Apostoli e capo visibile di tutta la Chiesa militante; o che questo stesso Apostolo abbia ricevuto direttamente e immediatamente da Cristo solo un primato di onore e non un primato di vera e propria giurisdizione, sia anatema.

Cap. 2. La perpetuità del primato di San Pietro.

3056. Ciò che Cristo nostro Signore, capo dei pastori e supremo Pastore delle pecore, ha istituito nel santo Apostolo per la salvezza e il bene eterno della Chiesa, deve necessariamente, grazie allo stesso promotore, continuare ininterrottamente nella Chiesa, che, fondata sulla roccia, resterà salda fino alla fine dei secoli. “Nessuno dubita e tutti i secoli sanno che il santo e beato Pietro, capo e principe degli Apostoli, abbia ricevuto le chiavi del Regno da nostro Signore Gesù Cristo, Salvatore e Redentore del genere umano: finora e sempre, è lui che, nella persona dei suoi successori, i Vescovi della Santa Sede di Roma da lui fondata e consacrata dal suo sangue, vive, presiede ed esercita il potere di giudizio.

3057. Da quel momento in poi, chiunque succeda a Pietro su questa cattedra riceve, per istituzione di Cristo stesso, il primato di Pietro su tutta la Chiesa. “Così rimane ciò che la verità ha comandato, e San Pietro, sempre a guardia della solidità della pietra che ha ricevuto, non ha abbandonato il timone della Chiesa”. Questo è il motivo per cui “è sempre stato necessario che ogni Chiesa, cioè i fedeli di ogni luogo, si rivolgessero alla Chiesa romana a causa della sua priorità preminente”, affinché fossero una cosa sola in questa Sede dalla quale “i diritti della venerabile comunione” scaturiscono su tutti, come le membra unite al capo nell’assemblea di un corpo.

3058. (Canone) Pertanto, se qualcuno dice che non è per istituzione di Cristo o per diritto divino che San Pietro abbia, e per sempre, dei successori nel suo primato sulla Chiesa universale, o che il Romano Pontefice non sia il successore di San Pietro in questo primato, sia anatema.

Cap. 3. Potere e natura del primato del Romano Pontefice.

3059. Pertanto, basandoci sulla chiara testimonianza delle Sacre Lettere e aderendo ai decreti esplicitamente definiti sia dai nostri predecessori, i Romani Pontefici, sia dai Concili generali, rinnoviamo la definizione del Concilio Ecumenico di Firenze, che richiede ai fedeli di credere “che la Santa Sede Apostolica ed il Romano Pontefice hanno il primato su tutto l’universo e che il Romano Pontefice sia il successore del Beato Pietro, Principe degli Apostoli e vero Vicario di Cristo, capo di tutta la Chiesa, Padre e Maestro di tutti i Cristiani …”; e che a lui sia stato trasmesso da nostro Signore Gesù Cristo, nel beato Pietro, il pieno potere di pascere, dirigere e governare la Chiesa universale, come è contenuto negli atti dei Concili ecumenici e nei sacri Canoni” (cf. 1307).

3060. Pertanto insegniamo e dichiariamo che la Chiesa romana, per disposizione del Signore, possieda un primato di potestà ordinaria su tutte le altre, e che questa potestà di giurisdizione del Romano Pontefice, che è veramente episcopale, è immediata. I pastori di tutti i riti e gradi, così come i fedeli, sia individualmente che tutti insieme, sono tenuti al dovere di subordinazione gerarchica e di vera obbedienza, non solo nelle questioni di fede e di morale, ma anche in quelle che riguardano la disciplina ed il governo della Chiesa diffusa in tutto il mondo; in modo tale che, mantenendo l’unità di comunione e di professione di fede con il Romano Pontefice, la Chiesa sia un solo gregge sotto un solo supremo pastore (Gv X,16). Questa è la dottrina della verità cattolica, dalla quale nessuno può allontanarsi senza pericolo per la fede e la salvezza.

3061. Ma questo potere del Sommo Pontefice non impedisce in alcun modo il potere ordinario e immediato della giurisdizione episcopale con cui i Vescovi, istituiti dallo Spirito Santo (At XX,28) successori degli Apostoli, pascono e governano come veri pastori ogni gregge loro affidato. Anzi, questo potere è affermato, rafforzato e difeso dal Pastore supremo e universale, come dice San Gregorio Magno: “Il mio onore è l’onore della Chiesa universale. Il mio onore è la solida forza dei miei fratelli. Sono veramente onorato quando a ciascuno viene reso l’onore che gli sia dovuto”.

3062. Inoltre, da questo potere supremo che il Romano Pontefice ha di governare tutta la Chiesa, deriva per lui il diritto di comunicare liberamente, nell’esercizio del suo ufficio, con i pastori e le greggi di tutta la Chiesa per poterli insegnare e governare nella via della salvezza. Per questo condanniamo e riproviamo le opinioni di coloro che affermano che questa comunicazione del capo supremo con i pastori e il gregge possa essere legittimamente impedita, o che la sottopongono al potere civile, sostenendo che ciò che è deciso dalla Sede Apostolica o dalla sua autorità, per il governo della Chiesa, non abbiia forza né valore se non è confermato dal placet del potere civile.

3063. E poiché, in virtù del diritto divino del primato apostolico, il Romano Pontefice è il capo della Chiesa universale, insegniamo e dichiariamo inoltre che egli sia il giudice supremo dei fedeli e che, in tutte le cause che riguardino la giurisdizione ecclesiastica, ci si possa appellare alla sua sentenza. (cf. 861). Il giudizio della Sede Apostolica, a cui nessuna autorità è superiore, non deve essere messo in discussione da nessuno e nessuno ha il diritto di giudicare le sue decisioni (cf. 638-642). Pertanto, coloro che affermano che sia lecito appellarsi alle sentenze dei Romani Pontefici presso il Concilio Ecumenico come ad un’autorità superiore a quel Pontefice, si allontanano dalla via della verità.

3064. (Canone) Se poi qualcuno dice che il Romano Pontefice abbia solo un ufficio di ispezione o di direzione e non un pieno e sovrano potere di giurisdizione su tutta la Chiesa, non solo in materia di fede e di morale, ma anche in materia di disciplina e di governo della Chiesa diffusa in tutto il mondo, o che abbia solo la parte più importante e non la piena pienezza di questo potere supremo; o che il suo potere non sia ordinario o immediato su ogni Chiesa e su ogni pastore e membro dei fedeli: che sia anatema.

Cap. 4. Il magistero infallibile del Romano Pontefice.

3065. Che nel primato apostolico che il Romano Pontefice, come successore di Pietro, Principe degli Apostoli, ha ricevuto sulla Chiesa universale, sia inclusa anche la suprema potestà di Magistero, è ciò che questa Santa Sede ha sempre sostenuto, ciò che l’uso perpetuo delle Chiese conferma e ciò che i Concili ecumenici hanno dichiarato, specialmente quelli in cui l’Oriente si è incontrato con l’Occidente nell’unione della fede e della carità.

3066. Infatti, i padri del VI Concilio di Costantinopoli, seguendo le orme degli antichi, emisero questa solenne professione di fede: “La prima condizione di salvezza è l’osservanza della regola della retta fede (…). E poiché non è possibile trascurare la parola di nostro Signore Gesù Cristo che ha detto: “Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa” (cf. Mt XVI,18), quanto detto è provato dai fatti, poiché la Religione Cattolica è sempre stata mantenuta senza macchia dalla Sede Apostolica e la dottrina cattolica sempre professata nella sua santità. Non volendo quindi separarci in alcun modo da questa speranza e da questa fede (…), ci auguriamo di meritare di entrare nella comunione con voi che la Sede Apostolica predica, una comunione in cui risiede la solidità della Religione cristiana, completa e vera” (cf. 363-365).

3067. E con l’approvazione del II Concilio di Lione, i Greci professarono: “La santa Chiesa romana possiede anche un primato e un’autorità sovrani e completi su tutta la Chiesa Cattolica. Essa riconosce sinceramente e umilmente di averlo ricevuto, con la pienezza del potere, dal Signore stesso, nella persona del beato Pietro, capo degli Apostoli, di cui il Romano Pontefice è il successore. E come deve, prima di ogni altro, difendere la verità della fede, così le questioni che possono sorgere riguardo alla fede devono essere definite dal suo giudizio” (cf. 861).

3068. Infine, il Concilio di Firenze definì: “Il Romano Pontefice è il vero Vicario di Cristo, il capo di tutta la Chiesa. Padre e maestro di tutti i Cristiani; e che a lui è stata trasmessa da nostro Signore Gesù Cristo nel beato Pietro, la potestà plenaria di pascere, dirigere e governare la Chiesa universale” (cf. 1307).

3069. Nell’adempimento del loro ufficio pastorale, i nostri predecessori hanno lavorato instancabilmente per diffondere la dottrina salvifica di Cristo tra tutti i popoli della terra, e hanno vegliato con altrettanta cura alla sua autentica e pura conservazione ovunque fosse accolta. Per questo i Vescovi di tutto il mondo, a volte singolarmente, a volte riuniti in sinodo, secondo l’antica consuetudine delle Chiese e le forme dell’antica regola, hanno comunicato alla Sede Apostolica i particolari pericoli che sono sorti in materia di fede, affinché i danni causati alla fede siano riparati laddove non si possa permettere che essa venga meno. I Romani Pontefici, secondo le condizioni del tempo e degli eventi, a volte convocando Concili ecumenici o sondando l’opinione della Chiesa in tutto il mondo, a volte per mezzo di Sinodi particolari, a volte con altri mezzi forniti dalla Provvidenza, hanno stabilito che si tenesse ciò che, con l’aiuto di Dio, avessero riconosciuto conforme alle sacre lettere ed alle tradizioni apostoliche.

3070. Infatti, ai successori di Pietro non fu promesso lo Spirito Santo di far conoscere, sotto la sua rivelazione, una nuova dottrina, ma di custodire ed esporre fedelmente, con la sua assistenza, la Rivelazione trasmessa dagli Apostoli, cioè il deposito della fede. La loro dottrina apostolica è stata accolta da tutti i venerabili Padri, venerata e seguita dai santi Dottori ortodossi; essi sapevano perfettamente che questa Sede di Pietro sarebbe rimasta pura da ogni errore, secondo la promessa divina del nostro Signore e Salvatore al capo dei suoi discepoli: “Ho pregato per voi, perché non venga meno la vostra fede; e quando vi convertirete, rafforzate i vostri fratelli” (Lc XXII,32).

3071. Questo carisma di verità e di fede, perennemente indefettibile, è stato concesso da Dio a Pietro ed ai suoi successori in questa cattedra, affinché adempiano al loro alto Ufficio per la salvezza di tutti; affinché il gregge universale di Cristo, sottratto al cibo velenoso dell’errore, sia nutrito con la dottrina celeste; affinché, eliminata ogni occasione di scisma, la Chiesa sia conservata nell’unità e, stabilita sul suo fondamento, stia salda contro le porte dell’inferno.

3072. Ma poiché in questo momento, in cui è più richiesta l’efficacia salutare dell’Ufficio Apostolico, non mancano uomini che ne contestano l’autorità, riteniamo assolutamente necessario affermare solennemente la prerogativa che l’unigenito Figlio di Dio si è degnato di attribuire al Supremo Ufficio pastorale.

3073. Pertanto, aderendo fedelmente alla tradizione ricevuta fin dall’inizio della fede cristiana per la gloria di Dio nostro Salvatore, per l’esaltazione della Religione Cattolica e per la salvezza dei popoli cristiani, con l’approvazione del Santo Concilio, insegniamo che si tratti di un dogma rivelato da Dio:

3074. … quando il Romano Pontefice parla ex cathedra, cioè quando, adempiendo al suo Ufficio di Pastore e Dottore di tutti i Cristiani, definisca, in virtù della sua suprema Autorità Apostolica, che una dottrina in materia di fede o di morale debba essere sostenuta da tutta la Chiesa, egli gode, in virtù dell’assistenza divina promessagli nella persona di San Pietro, di quell’infallibilità di cui il divino Redentore ha voluto che fosse dotata la sua Chiesa quando definisca la dottrina sulla fede o sulla morale; di conseguenza, queste definizioni del Romano Pontefice sono irreformabili di per sé e non in virtù del consenso della Chiesa.

3075. (Canone) Se qualcuno, Dio non voglia, osasse contraddire la nostra definizione, sia anatema.

TUTTO IL DENZINGER SENTENZA PER SENTENZA DAGLI APOSTOLI A S.S. PIO XII (37): “Da PIO IX (1872-1878) a LEONE XIII (1878-1886)